Dream 2 Fly (& down to the Oblivion) - 2018

di Son of Jericho
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Awaken ***
Capitolo 2: *** 02. Bad News Never Wait ***
Capitolo 3: *** 03. All Onboard ***
Capitolo 4: *** 04. The Manor & The Emperor [part 1] ***
Capitolo 5: *** 05. The Manor & The Emperor [part 2] ***
Capitolo 6: *** 06. Off, You Go [part 1] ***
Capitolo 7: *** 07. Off, you go [part 2] ***
Capitolo 8: *** 08. Hell Ain’t Waiting For Nothing ***



Capitolo 1
*** 01. Awaken ***


01. Awaken

 

Sentiva l’intera città sotto di lei.

Un volo verso la linea dell’orizzonte, un senso di libertà e di supremazia a pervaderla.

Sospesa nel vuoto fendeva l’aria come un’aquila, mentre il vento le sferzava i capelli e un brivido le correva lungo la schiena.

Dall’alto, riscaldata dai raggi del sole, si ritrovò ad osservare il tetto di villa Halliwell. Un ultimo sguardo e ripartì, a tutta velocità.

Il potere di levitare le permetteva di fare qualsiasi cosa, di andare in qualsiasi posto. Senza chiedere niente a nessuno, bastava desiderarlo.

Il Golden Gate Bridge si ergeva maestoso sullo specchio d’acqua della Baia di San Francisco, offrendo una visuale mozzafiato.

Più in là, seduto sull’angolo di una delle torri di sospensione, c’era un ragazzo. Bello, tenebroso, con gli occhi profondi della madre. Sembrava volesse nascondersi. Un angelo fuori luogo e al di là del tempo, fissava il traffico inseguendo i suoi pensieri.

Poi apparve l’oscura presenza che le impediva di raggiungerlo. Una figura imponente, misteriosa, circondata da un’aura di fuoco. Le dava le spalle e si rifiutava di mostrarsi in viso.

Eppure, c’era qualcosa di familiare in quell’ombra. La malvagità della Sorgente, la violenza di un demone, un magnetismo a cui sembrava impossibile resistere.

Tanto era sufficiente a richiamare un ricordo, che faceva male come una pugnalata al petto.

All’improvviso, si sentì afferrare alle spalle da una forza invisibile, sopraggiunta per ricacciarla indietro. Trascinata da una parte all’altra, senza controllo. Fino alla caduta in picchiata verso il tetto di villa Halliwell.

Un impatto devastante. E fu il buio.

Il suo corpo tornò a toccare la terra, dove realmente si trovava.

Distesa, priva di sensi, al suolo.

 

Phoebe aprì lentamente gli occhi, risvegliandosi dal pesante torpore.

Sbatté un paio di volte le palpebre, nel tentativo di smaltire quel senso di smarrimento che la possedeva. Un sonno disturbato, che aveva avvolto la sua mente in una fitta coltre di nebbia.

Era tutto così confuso. Non riusciva ancora a capire dove fosse, e la vista appannata rendeva ogni sagoma distorta e informe.

Si sentiva male, debole. Gli occhi bruciavano, e poteva a stento controllare i suoi movimenti, come se fosse separata dal suo stesso corpo.

Le dita tastarono istintivamente il suolo, percependo un tessuto spesso e morbido. Un tappeto?

Phoebe rimase, per alcuni interminabili secondi, immobile, rannicchiata in posizione fetale, fino a che l’ambiente intorno a lei non cominciò ad acquistare dei contorni ben definiti.

Riconobbe un baule, una vecchia sedia a dondolo, le travi di legno delle pareti. E infine, il treppiede che custodiva il Libro delle Ombre.

Provò un certo sollievo, nella consapevolezza di essere in soffitta, nella sua soffitta.

Ma come ci era finita in quelle condizioni?

Fece appello alle poche forze che aveva e si tirò su in ginocchio. La testa le stava scoppiando, un bombardamento continuo contro le pareti del cranio.

Si portò le mani alle tempie e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Trasse dei profondi respiri.

Non si ricordava assolutamente nulla.

D’un tratto, Phoebe si sentì travolgere da un tanfo pestilenziale, che le causò un attacco di nausea e le fece smarrire il senso dell’orientamento. Un odore aspro, che si insinuò nelle narici incendiandole la gola e accentuando l’irritazione agli occhi. Un odore che lei conosceva molto bene.

Zolfo.

Sapeva cosa significava. Aveva imparato a riconoscere lo zolfo nell’aria, ogni volta che un demone veniva dato alle fiamme.

Che diavolo era successo?

Ma stavolta, fu un rumore ad interrompere bruscamente la sua ricerca di risposte. Lo squillo furioso di un clacson, nel panico della strada. Il silenzio, poi un boato. Il fragore di vetri rotti, lamiere accartocciate, le grida disperate dei passanti che avevano assistito ad un pericoloso incidente.

Phoebe si piegò in avanti e serrò i denti, mentre il mal di testa si intensificava.

In quel momento, dei passi frettolosi rimbombarono per le scale, sempre più vicini.

- Phoebe! –

Si voltò di scatto verso la porta. Sulla soglia erano comparse Piper e Paige, visibilmente agitate e col fiatone. Spaventate, le due si precipitarono immediatamente da lei.

- Phoebe! – ripeté Piper, accovacciandosi di fronte a lei. – Come stai? –

Phoebe si guardò intorno, frastornata ma felice di sentire la voce apprensiva della sorella maggiore. – Non… non lo so. – balbettò.

Piper le accarezzò i capelli con tenerezza, cercando di calmarla. – Tesoro… - mormorò.

Le prese la mano per stringerla tra le sue, ma nel compiere quel gesto, un sottile lamento sfuggì dalla bocca di Phoebe.

Una fitta al braccio sinistro, e solo allora, notò una macchia di sangue che spuntava dalla camicetta, poco sotto la spalla.

Piper sgranò gli occhi, allarmata. – Ma tu sei ferita! –

Phoebe aggrottò la fronte. Evidentemente sì, era stata ferita, ma se non fosse stato per la sorella, non se ne sarebbe neanche accorta. Non doveva essere niente di grave.

- E’ solo un graffio. – dichiarò, ostentando sicurezza. Il dolore non era intenso, e non la preoccupava certo quanto non sapere come se lo fosse procurato.

- Ma è pur sempre sangue. – insistette Piper.

– E tu non farci caso. –

- Stai scherzando? E come dovrei fare? – poi si rivolse a Paige. – La puoi guarire, vero? –

La minore si avvicinò per dare un’occhiata. - Certamente. -

- Piper, ti ho detto di non preoccuparti. –

- Impossibile. – roteò gli occhi. - Pronto? Con chi credi di parlare? Avanti, Paige, cura questa testona. –

Phoebe abbozzò un sorriso affaticato. – Io, eh… -

Paige si inginocchiò accanto a lei e impose le mani sopra la ferita, emanando un caldo bagliore dorato. Trascorsi alcuni secondi, però, l’espressione della ragazza si fece alquanto dubbiosa. – E’ strano. –

Piper la guardò ansiosa. – Che c’è? Non sta funzionando? –

- Sì, ma ci sta mettendo più del solito. –

Fu necessario un ulteriore sforzo, per completare l’intervento. Ancora perplessa per la parziale inefficienza del suo potere, Paige aiutò la sorella a rimettersi in piedi, sorreggendola per la vita.

Adesso Phoebe si sentiva meglio, ma era ancora a secco di memoria e con il fiato corto. – Potete raccontarmi cos’è successo? –

Piper contrasse le labbra. – In che senso? –

- Voglio dire, come ci siamo ritrovate qui… così. –

- Non lo ricordi? – le chiese, stupita.

Phoebe scosse il capo.

- Lo dicevo io, che avevi preso una bella botta. –

- Siamo state attaccate da un demone. – intervenne Paige con un bisbiglio.

- E dove sarebbe la novità? – replicò Phoebe nello stesso modo.

- Che stavolta avevi previsto tutto. –

Il sopracciglio balzò in alto. – Sul serio? –

- Già. – fece Piper. – Avevi avuto una premonizione sull’attacco di quel demone. E da come l’avevi descritta, non era così che doveva andare. –

Phoebe cercò chiarezza negli sguardi di entrambe. – Ovvero? –

- Ci è apparso alle spalle, in soggiorno. – proseguì Paige. – Ci ha colto di sorpresa e ci ha assalito. Era feroce e molto forte, e prima che potessimo difenderci, ha scaraventato me e Piper contro il muro. Per fortuna, tu sei riuscita a schivare il colpo. Lo sentivamo lanciare urla atroci, ben più rabbiose di quelle delle solite creature degli inferi. Sei corsa su in soffitta per combatterlo, e in qualunque modo tu abbia fatto, se con le arti marziali, con un incantesimo o con una pozione, a quanto pare l’hai sconfitto. –

Phoebe ascoltò la storia con particolare attenzione. Aveva senso.

Il demone l’aveva seguita in soffitta, dove avevano avuto un primo scontro e lui l’aveva ferita al braccio.

Poi, lei doveva essere riuscita a raggiungere il Libro delle Ombre e pronunciare un incantesimo per eliminarlo. Questo spiegava l’odore di zolfo.

Infine, per qualche strana ragione, forse era svenuta. Era caduta, aveva battuto la testa e aveva perso la memoria.

Ed eccoci qua.

- Quello che non capisco. – riprese la maggiore. – E’ perché non sia stato rispettato ciò che veniva mostrato nella premonizione. Ci aspettavamo un attacco frontale, ai piedi delle scale, e per giunta tra un paio d’ore. So che è già accaduto in passato, ma eravamo sempre state noi a modificare il corso degli eventi, mai un demone. –

Paige annuì convinta, fino a quando un lampo di genio non le fece spalancare gli occhi. L’espressione speranzosa era rivolta tutta verso Phoebe. – Perché non provi a rievocare la visione? –

Chiamata in causa, Phoebe risollevò il sopracciglio. – Ricordo a malapena perché fino a venti minuti fa stavo dormendo sul tappeto, e dovrei ricordarmi cosa c’era nella premonizione? –

- Non è una brutta idea. – la esortò anche Piper, posandole una mano sulla spalla. – Prova a concentrarti, potrebbe essere importante. –

Un po’ controvoglia, Phoebe chiuse gli occhi.

C’erano stati dei precedenti, in realtà. E ogni volta che la linea temporale era stata sfalsata, erano finite ad affrontare esseri estremamente potenti.

Cercò di focalizzarsi solo sul suo potere. Come aveva imparato qualche anno prima, durante lo scontro con il demone dei dejà-vu, il dono di vedere nel passato e nel futuro era in grado di resistere a qualsiasi manipolazione della memoria.

Per cui, se Paige aveva ragione, quella premonizione doveva essere lì, da qualche parte.

Si preparò a trasalire, ma anziché una sequenza di immagini, ciò che riuscì ad ottenere fu soltanto un fulmineo senso di vertigine.

Respirò a fondo, prima di fare un secondo tentativo. Ma brancolava nel buio, e anche questo andò miseramente a vuoto.

Phoebe tornò a incrociare lo sguardo delle sorelle. Stavano aspettando qualcosa da lei, qualcosa che però al momento non era in grado di dare. Scosse il capo, rassegnata e delusa.

- Va bene così, non ti affaticare troppo. – la rincuorò Piper.

Nella testa di Paige, invece, era balenata un’altra idea. – Il Libro delle Ombre! – esclamò.

- E' lì, dov’è sempre stato. – fece la maggiore, indicandoglielo col dito.

- Ma no, intendevo che Phoebe ha avuto la premonizione mentre sfogliava il Libro. – si voltò verso di lei. – Ricordi? –

Phoebe ci pensò un attimo. C’era ancora troppa nebbia. – Purtroppo no. –

- Allora perché non ci riprovi? Potrebbe funzionare. –

Anche Piper sembrò interessata. – Te la senti? –

Phoebe scrollò le spalle. – Perché no. –

Tanto, ormai, peggio di così non poteva andare.

Barcollante, si diresse verso il treppiede. Il Libro delle Ombre era aperto sugli incantesimi del destino, con beffarda ironia.

Non ce la faceva proprio, a condividere la fiducia delle sue sorelle.

Appoggiò il palmo della mano sulla carta e svuotò la mente.

Niente.

Sfogliò un paio di pagine, cambiando punto, e ripeté il gesto.

Niente, per l’ennesima volta.

- Ragazze… – rialzò lo sguardo, mentre un inarrestabile brivido di paura si impadroniva di lei. Si era rifiutata di crederci fino alla fine, ma era esattamente come temeva.

- Il mio potere non funziona. -

 

*****

 

Era diventato facile osservarle.

Spezzate le catene, rientrato in pieno possesso degli antichi poteri, sentiva di non avere più barriere a ostacolarlo.

A scaldarlo, solo le fiamme dell’inferno.

Era finalmente libero di muoversi lungo quella dimensione tormentata, che per un essere come lui, si sarebbe rilevata ben presto troppo stretta.

La sua unica ragione, la caccia ai sogni di gloria perduti, ai desideri infranti. Ai rancori del mondo e ai propri rimpianti, per quell’immensità che non aveva mai raggiunto.

Nessun limite.

La sua strada avrebbe incrociato quella delle Sorelle, solenni paladine della giustizia. Era destino che fosse così, fino all’ultimo dei suoi giorni.

Studiava le loro mosse. Niente era cambiato.

Vedeva un’opportunità.

Conosceva la minaccia che stava per abbattersi su San Francisco, il flagello che avrebbe travolto e rovinato le Halliwell.

E sapeva che, stavolta, non sarebbero state forti abbastanza da sopravvivere.








A.d.A. - In occasione del reboot della serie, previsto per il 2018, ho deciso anch'io di fare la stessa cosa con una storia già completata. Sono particolarmente affezionato a Dream 2 Fly, per tanti motivi, per cui riprenderla in mano significa innanzitutto cercare di migliorarla, e rivivere ciò che ho provato mentre la stavo scrivendo la prima volta. Spero di fare un buon lavoro.
Un ringraziamento in particolare va a Syriana94, che mi ha sostenuto personalmente nel portare avanti questa idea.
Buona lettura a tutti!

Il vostro,

S.o.J.

 

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Capitolo 2
*** 02. Bad News Never Wait ***


02. Bad News Never Wait

 

Piper si affacciò in soggiorno con un vassoio di caffè e biscotti. Porse la prima tazza fumante a Phoebe.

- Va meglio, tesoro? –

Phoebe annuì, esibendo un sorriso stanco. Voleva tranquillizzare la sua apprensiva sorella, anche se il cerotto sulla spalla e il bernoccolo sulla fronte dicevano il contrario.

- Non sono andata a lavoro, ho eliminato un demone e mi è rimasta un po’ di emicrania. Non ci vedo niente di strano. –

Piper si accomodò sul divano, accanto a Leo. – Bene, una giornata come le altre, insomma. –

Il marito si sporse in avanti per servirsi dal vassoio. – Idee sul perché il potere di Phoebe abbia smesso di funzionare? –

- Paige ci sta lavorando. – rispose Phoebe. – E’ di sopra che consulta il Libro delle Ombre. –

Leo aggrottò la fronte. – Però è strano… -

Lei roteò gli occhi. – Sì, lo abbiamo già detto tutti: è strano, è stato cambiato il corso degli eventi, eccetera, eccetera… per favore, non ripeterlo anche tu. –

- Ok, scusa. – rise. – Lasciamo lavorare Paige. –

- Già, e potrebbe pure scoprire qualcosa. – lanciò un’occhiata alla sorella. – Anche se forse sarebbe più facile, se si mettessero in due a controllare sul Libro. –

Piper si strinse nelle spalle. – Io devo prendermi cura della mia cara sorellina. Altrimenti, chi lo fa? –

- Allora perché non cominci raccontandomi com’era fatto questo demone? –

– Dovrai scusarmi se, impegnata com’ero ad essere scagliata da una parte all’altra della stanza, non ho prestato molta attenzione al suo aspetto fisico. – agguantò un paio di biscotti. – Ma posso dirti che non ti sei persa niente. –

- Era brutto? –

- Di sicuro non bello come il mio maritino. – gli sorrise dolcemente. – E poi, abbiamo mai incontrato un demone carino? –

Per un istante, l’espressione di Phoebe si fece sognante. – Uno sì, inutile negarlo. Era per metà umano, ma aveva quel fascino del male che… -

- Alt! – gli intimò Piper. – Non voglio sentire più parlare di lui. Mi pare che ce ne abbia fatte passare già abbastanza. –

Mentre Phoebe si fermava ad osservare quella che per lei era la coppia più felice del mondo, Paige irruppe sulla soglia.

- Ragazze! E… Leo, scusa non ti avevo visto. – esordì. – Penso di aver trovato qualcosa. –

Phoebe si voltò speranzosa. – Hai scoperto come far tornare il mio potere? –

– In realtà no. - fece una smorfia. – Anzi, dopo un po’ mi sono stancata di leggere e ho smesso. Non c’era niente di utile! Piuttosto, mi stavo riferendo al demone. –

- Che, se non vado errata, è già stato eliminato. – alzò i pollici, compiaciuta. – Dalla sottoscritta, tra l’altro. -

- Giusto. Però non abbiamo pensato alle ragioni del suo attacco. –

- Vuoi provare a entrare nella psicologia di quel demone? Facile: “entro, spacco tutto e mi libero delle Halliwell”. Sai, alla Posta del Cuore mi capita di trovare casi più complicati. -

- E se non fosse tutto qua? –

Phoebe posò la tazza sul tavolino. – Andiamo, Paige. Lo abbiamo eliminato, e sicuramente in futuro altri demoni entreranno da quella porta. Di solito è Piper quella che si preoccupa… -

- Ehi! – squillò risentita la maggiore.

- Su, lo sai benissimo che è così. – sorrise, girandosi verso di lei. – Diciamo che ti piace fare da mamma non solo con Wyatt e Chris. –

- E va bene, te la faccio passare solo perché sei ferita. – accordò, mentre Leo le stringeva la spalla per confortarla.

Phoebe riprese. - Stavo dicendo… di solito è Piper quella che si preoccupa, e in questo momento non lo sta facendo. Quindi perché vuoi farlo a tutti i costi tu? –

- Perché potrei aver ragione. E se per una volta potessimo evitare di ritrovarci all’ultimo minuto a rincorrere il Libro delle Ombre, per combattere una creatura magari invincibile, sarebbe tutto di guadagnato, no? –

Piper fece un cenno alla sorella, suggerendole che forse aveva ragione. – D’accordo, di cosa stiamo parlando? –

Paige acquisì sicurezza. – Un indizio. Mi è tornata in mente una cosa che il demone ha detto mentre si divertiva a giocare a dodgeball con i nostri corpi. Voi ve la ricordate? –

– Ma perché continuate a fare questa domanda? - Phoebe alzò le mani, rassegnata. – Considerate che nella mia memoria sia rimasta soltanto la colazione di ieri mattina, ok? –

- Io dovevo essere già al tappeto. – scosse il capo anche la maggiore.

Paige sospirò. Toccava sempre a lei fare tutto. – Ha gridato “il Magno sta arrivando!”, “il Magno vi annienterà!”, o qualcosa del genere. –

Piper sollevò un sopracciglio. – E questo cosa dovrebbe significare? –

- Che anche questo demone ha un ego talmente smisurato da parlare di se stesso in terza persona. – ironizzò Phoebe.

- Secondo me no. – si rifece sotto Paige. – Pensaci, hai appena descritto la filosofia del demone medio, quella del “entro e spacco tutto”. Non ce li vedo a perdere tempo dietro ragionamenti o proclami ufficiali. Credo invece che ci possa essere qualcuno, più in alto di lui. –

Piper assottigliò lo sguardo. Iniziava a capire dove volesse andare a parare. – Che fosse soltanto un tramite, allora? –

Paige scrollò le spalle. – Perché no? Magari inviato proprio da questo “Magno”. Potrebbe pure aver fatto tutto di sua spontanea volontà, come altre migliaia di creature che ci hanno attaccato prima di lui, ma vale la pena indagare. –

- Hai già dato un’occhiata sul Libro delle Ombre? –

- No, appena mi sono ricordata di quella frase sono venuta da voi. –

Convinta dalla teoria della sorella, Piper annuì decisa. Se un essere infernale poteva permettersi degli scagnozzi, doveva essere potente. E visto com’era iniziata la giornata, doveva già esserci un mirino puntato sulle loro schiene. Si alzò in piedi. - Va bene, ci pensiamo noi. –

Phoebe distese le gambe e tornò a sorseggiare il suo caffè. Aveva ancora bisogno di riposo. – Piper non mi sorprende per niente, ma per me continuate a preoccuparvi troppo. Insomma, chiunque ci sia dietro, nessuno ha scampo contro il famoso Trio. C’è Piper, la persona più ansiosa dell’universo, Prue, quella più intelligente, e la sottoscritta, la più combattiva. Se non vinciamo noi, chi può farlo? –

- Si vede quanto sei combattiva in questo istante, soprattutto con le gocce di cioccolato tra le dita. – la prese in giro la sorella maggiore, provocando un’ampia risata.

Ognuno la affrontava a modo suo, ma la caccia al demone era ufficialmente iniziata.

- Io faccio un salto alla scuola di magia. – propose Paige con determinazione. Quel luogo era da sempre fonte di ispirazione per le sue idee e i suoi incantesimi. Sentiva che, un giorno, avrebbe potuto fare qualcosa di veramente grande là dentro.

- Aspetta! – Phoebe sobbalzò. – Avete davvero intenzione di andargli incontro? Voglio dire, perché dobbiamo correre a ficcarci nei guai, quando possiamo benissimo aspettare che siano i guai a venire da noi? –

- Perché come ha detto la nostra esperta. – Piper la tirò di forza su dal divano. – Noi siamo il famoso Trio. Perciò tu adesso verrai con me a controllare il Libro delle Ombre. Tra l’altro, chissà che anche il black-out del tuo potere non sia collegato a questo. –

Phoebe sbuffò, imbronciandosi come una bambina. – E va bene, ma se qualcuno dovrà cancellarmi di nuovo la memoria, spero almeno che mi faccia dimenticare questa conversazione. –

- Quanto sei polemica. – continuò l’altra, trascinandola con sé verso le scale. La sua indole battagliera, e la voglia di far saltare qualche testa vuota, stavano emergendo ad ogni secondo che passava.

Phoebe sghignazzò di nascosto. Nel suo immaginario, a volte anche Piper sembrava abbracciare in pieno la filosofia del “vai e spacca”.

Poi, tutte e tre si voltarono verso Leo. – Tu che fai? – gli domandò la moglie.

- Io me ne starò qui a mangiare altri pasticcini, mentre voi fate il lavoro sporco. D’altronde, senza poteri, che altro potrei fare? –

- Per esempio, potresti accompagnare Paige alla scuola di magia, per dare a Wyatt e Chris un bacio da parte mia. –

Con il classico tono di Piper, sembrava tutto tranne che una richiesta.

Rassegnato, anche Leo si tirò su, reggendosi sulle ginocchia. – Agli ordini. Andiamo. –

- Dovrai pur renderti utile anche tu, no? – continuò a canzonarlo la moglie.

- Certo, tesoro. –

Phoebe, intanto, si era seduta su uno scalino e teneva le mani incrociate sotto il mento. Tra tutti, era senza dubbio quella che meno fremeva per entrare in azione. E nonostante fosse uscita peggio delle altre, dall’ultimo attacco, sembrava anche l’unica a voler prendere la questione con un po’ di leggerezza. – Ok, vedo che siete tutti pronti e avete un sacco di voglia di battervi con qualche mostro brutto e cattivo. Volete ripassare questo nuovissimo piano? Io e Piper ci consumeremo gli occhi sul Libro delle Ombre, mentre Prue e Leo metteranno a soqquadro la scuola di magia. Tutto chiaro? –

Non si aspettava certo un coro di applausi. Ciò che notò, piuttosto, fu lo sguardo contrariato di Paige, fisso su di lei.

- Che c’è? Adesso non si può più scherzare sui demoni, in questa casa? –

- Non è per quello. – i lineamenti si erano contratti. – Sono stata zitta la prima volta, ma è appena risuccesso. –

- Che cosa? –

- Mi hai chiamata col nome di Prue. – Un’affermazione secca, senza appello, d’istinto.

Piper scoccò un’occhiata stupefatta al marito. Phoebe, dal canto suo, fu presa alla sprovvista.

- Scusa, non me ne sono accorta. – cercò di giustificarsi, tra l’imbarazzo generale.

- Entrambe le volte? – Suonava inespressiva, fin troppo calma. Per quanto si trattasse di un semplice errore, sembrava avere molta importanza per lei.

- Sai com’è, la botta alla testa, lo svenimento, l’amnesia… -

- Ne sei sicura? –

- Stai scherzando? – il tono si stava acuendo per l’evidente difficoltà. – Che altro dovrebbe essere? Non essere ridicola! –

Paige serrò le labbra. L’impressione era che, in un modo o nell’altro, a questo punto preferisse contenersi e tagliare corto.

I demoni non potevano attendere, le faccende familiari sì. Raggiunse Leo a rapide falcate e lo afferrò per la manica della camicia. Alzò lo sguardo al soffitto. – Forza, abbiamo un lavoro da fare. –

L’uomo fece appena in tempo a salutare la moglie, prima di orbitare insieme a Paige e sparire nell’alone di luci bianche e azzurre.
 

**

 

Riapparve nel corridoio principale della scuola di magia, quello che portava al salone della biblioteca.

Nella quiete che regnava, poteva comunque sentire le voci svagate dei ragazzi provenire dalle classi a lezione, e alcune piccole esplosioni dal laboratorio di pozioni. Wyatt e Chris dovevano essere nella nursery.

Si voltò verso Paige, e notò come lei continuasse a mantenere la morsa al braccio.

- Io vorrei andare dai bambini. – sussurrò.

Ma lo sguardo della ragazza non si muoveva. Puntava a qualche volume lontano, come se utilizzasse la ricerca del demone per estraniarsi. Era più infastidita di quanto immaginasse. In quell’istante, era difficile persino capire se stesse realmente pensando a qualcosa.

- Paige, è tutto ok? –

- Mai stata meglio. – giunse immediata la risposta.

Sembrava essersela legata al dito. Evidentemente, il nervo era ancora scoperto e in superficie.

No, non era tutto ok.

 

**

 

Piper si sentiva ancora confusa. Dopo che Paige e Leo se ne furono andati, dovette far trascorrere dei secondi, prima di poter rompere il silenzio con Phoebe. Ne aveva viste di stranezze, e certo, i litigi tra sorelle non erano una novità, ma era la prima volta che accadeva per una ragione simile.

- Mi spieghi che è successo? – le domandò, curiosa.

Phoebe, assorta, scosse il capo. – Succede che Paige è sempre stata la più permalosa fra noi. Anche più di Prue. –

- Ok, ma non capisco. –

- C’è poco da capire. - si tirò su. - Ha avuto una reazione esagerata. E’ stato un lapsus, punto e basta. –

Magari, doveva ammetterlo, non era così normale fare quella confusione, ma discutere con Paige era l’ultima cosa che aveva in mente. Inutile sollevare un polverone per niente.

Cominciò a salire le scale verso la soffitta, lasciando indietro anche Piper. – Dai, andiamo a scovare questo demone. Improvvisamente, ho voglia di prendere a calci qualcuno. - ripensò all’attacco di quella mattina, alla perdita dei sensi e della memoria, al malfunzionamento del suo potere, alla ferita al braccio. E, inevitabilmente, all’incomprensione con la sorella.

– Metterò pure questo sul suo conto. -

 

*****

 

Il mondo sotterraneo era in fermento.

Demoni, angeli neri, mostri e arpie, erano tutti riuniti in una delle grotte più grandi e profonde che gli inferi avessero da offrire. Chiunque fosse sopravvissuto fino ad allora era stato convocato, nessuno escluso.

Tutta la forza del male era rinchiusa in quello sterminato esercito.

Torce sistemate in mezzo alle rocce appuntite conferivano una luce soffusa alle pareti polverose della caverna. I presenti bisbigliavano tra loro, senza mai alzare troppo la voce.

Gli angeli neri stringevano fieri le loro balestre, i demoni si destreggiavano in giochi di prestigio con le sfere di energia, mentre le entità più occulte continuavano a fissare il vuoto ripetendo frasi esoteriche.

Regnava una calma apparente, nell’impazienza del suo arrivo.

D’un tratto, il suolo iniziò a tremare sotto i colpi di una veemente scossa. Il brusio diffuso tacque, lasciando ad echeggiare nella caverna soltanto il crepitio delle torce.

Una colonna di fuoco emerse lentamente dalla terra. Ruotava su se stessa come un vortice, sollevando e facendo volteggiare a mezz’aria pietre e tizzoni incandescenti.

Quando si fermò, al suo interno comparve la figura di un uomo, uno stregone. Esile, calvo, aveva la carnagione pallida di un vampiro. Gli occhi rossi e spiritati, le dita adunche come artigli e un portamento impeccabile. Indossava una lunga tunica nera, con una fascia color oro intorno alla vita.

Dopo qualche secondi di sguardi perplessi, il mormorio riprese in sottofondo. Evidentemente, non era lui quello che l’armata degli inferi stava aspettando. O perlomeno, non solo lui.

L’uomo sollevò la mano. – Silenzio! – gridò, richiamando l’attenzione. L’effetto fu immediato.

- So che vi aspettavate di vedere Lui, ma stavolta, ha deciso di mandare solo me proprio perché la questione è di fondamentale importanza. – il tono era squillante ma deciso. - L’ultimo messaggero ha fallito. –

Mosse un passo verso la schiera, osservando chi gli stava di fronte. – Il nostro sovrano è molto deluso. Gli era stato promesso un successo, che invece, per l’ennesima volta, non è stato raggiunto. L’angelo nero che conoscevate come Hoock è caduto, nello scontro con le Prescelte. Uno di voi, però, aveva garantito per lui. Si faccia avanti! –

Nessuno muoveva un muscolo, tra riverenza e timore. Alla fine, dalla folla, fu un ragazzo a rispondere all’appello. Biondo, vestito di un completo scuro, si muoveva con palese insicurezza. Lasciò la balestra e si portò davanti allo stregone, con le mani giunte dietro la schiena e il capo chinato.

- Sei stato tu a raccomandare Hoock per la missione, se non ricordo male. Eravate molto amici. -

Il giovane annuì.

- Bravo, almeno hai dimostrato coraggio. – lo fissava con aria inquisitoria. – Ci hai chiesto di fidarci di te, e noi lo abbiamo fatto. Ma ci troviamo in guerra, sono sicuro che non te ne sia dimenticato. E certi errori non possono essere tollerati. –

Arrivò faccia a faccia con l’angelo nero. – Ricordi cosa gli fu detto, prima di partire? –

- Che se non avesse portato dei risultati… - esitò. – Sarebbe stato eliminato. –

Lo stregone sorrise. – Bravo, di nuovo. E che cosa ha fatto? –

- Ha… fallito. –

- Non solo, ma ha anche rischiato di rivelare i nostri intenti al Trio. – la voce si stava facendo sempre più fredda e minacciosa. – E quando ti trovi in una posizione di potere, devi prendere i giusti provvedimenti. –

Gli occhi del ragazzo si riempirono di terrore. – Ma… se è già stato eliminato dalle Halliwell… -

Lo stregone gli posò la mano sul petto e si sporse per sussurrargli all’orecchio. – Allora dovrà essere punito qualcun altro. –

Un brivido, una scintilla di calore. Una sfera di fuoco che trafisse l’angelo nero alla bocca dello stomaco, mozzandogli il fiato.

Il fumo lo avvolse rapidamente, mentre lui si contorceva in smorfie e rantoli di dolore. La pelle sfigurata dal viola di vene e arterie gonfiate e spinte in superficie, fino ad esplodere e disintegrarsi in un mucchio di cenere.

Condannarne uno per educarne mille”, pensò con superbia lo stregone, ad opera compiuta.

Sfregandosi la tunica, tornò a rivolgersi ai sudditi.

- Mantenere la parola deve essere considerato un onore. – dichiarò. – Una battaglia è andata, ma la guerra è ancora lontana dall’essere conclusa. Preparatevi, perché un nuovo attacco verrà sferrato molto presto! –

L’esercito si profuse in uno scroscio di applausi, conquistato dal proclamo e allettato dalla prospettiva di potersi liberare, una volta per tutte, delle Prescelte.

C’era un individuo, però, che sembrava non condividere tutto quell’entusiasmo. Alto e imponente, le spalle coperte da un ampio soprabito nero, il volto celato dal cappuccio. L’aria tenebrosa, un passato che apparteneva all’oscurità.

Si fece largo dalle retrovie, tra l’indifferenza generale, fino ad arrivare a pochi metri dallo stregone.

- State commettendo un errore. – disse, con tono profondo.

Il silenzio si abbatté sulla grotta.

L’altro si voltò di scatto, lo sguardo pieno d’odio. – Che cosa ti conferisce tanto ardire? –

- La consapevolezza che la vostra strategia è sbagliata. Non riuscirete mai a prevalere sulle sorelle in questo modo. –

Lo stregone sorrise indispettito. – Ci sono potenze, di gran lunga superiori alla tua, che possiedono la conoscenza necessaria per comandare e vincere questa guerra. Osi contraddirle, senza neppure avere idea di cosa stai parlando. -

- Lo so benissimo, invece. So chi sei tu, so chi è il tuo Padrone e conosco ognuno dei demoni presenti. Questo è anche il mio mondo. –

- Tanta sicurezza mi sorprende. – si trattenne dallo scagliarli contro una sfera di fuoco, perché nonostante l’irriverenza, quell’essere emanava una forza con pochi eguali. – Dici di conoscere tutto, eppure continui a nascondere la tua natura. Chi sei? –

- Uno che conosce molto bene le Halliwell. Per adesso, è tutto ciò che devi sapere. -

 

 

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Capitolo 3
*** 03. All Onboard ***


03. – All Onboard

 

Perché le sue sorelle non erano state in grado di capire cosa l’avesse disturbata?

Era un legame, il loro, che non aveva mai avuto bisogno di troppe parole. Nessun bisogno di sforzarsi, di chiedere scusa, di mentire. Un’unione spirituale, fondata sul sangue e sulla magia.

E proprio per questo, non avrebbe dovuto essere così difficile da comprendere, la sua paura di non farne effettivamente parte.

Per lungo tempo, Paige aveva fatto fatica a sentire una famiglia come realmente sua.

Nata da genitori che non aveva conosciuto, come ombre svanite nel nulla, era stata risucchiata dal vortice dei tribunali e dei servizi sociali, per arrivare infine all’agognato affidamento. Aveva trovato calore, ma anche tanta sofferenza.

Poi erano arrivate le Halliwell, e la sua vita era come ricominciata.

Piper e Phoebe, Leo, Viktor e Chris, persino uno come Cole. Ognuno di loro le aveva lasciato qualcosa.

Ed era stato anche grazie a loro, che Paige aveva scoperto le sue origini, la sua vocazione, la sua vera natura.

Eppure, fin dall’inizio, non aveva potuto ignorare il fatto di essere l’ultima arrivata. Nessuno glielo aveva mai rinfacciato, ma ciò non leniva la consapevolezza che fosse così.

In fondo, era la più giovane, l’ultima sorella acquisita, l’ultima a entrare in possesso del proprio potere. Non portava nemmeno lo stesso cognome, e condivideva con Piper e Phoebe appena la metà degli ancestrali.

Aveva incontrato le Halliwell nel loro momento di maggior dolore. La perdita di Prue sembrava insopportabile, un ostacolo invalicabile, la sconfitta definitiva delle Prescelte.

Invece, Paige era riuscita ad entrare nelle loro vite, ad essere amata e accettata.

Ma la presenza di Prue non l’aveva mai abbandonata. Aveva l’impressione che fosse sempre lì, ad osservare le sue sorelle e soprattutto lei, a giudicare il suo operato. Come se non fosse degna di aver preso il suo posto.

Era la quarta del Trio.

Quindi non doveva sorprendere nessuno, se non voleva accettare di essere chiamata col nome della sorella perduta.

Perché, sebbene un indizio non costituisse una prova, quello poteva essere il colpo di grazia alle sue insicurezze.

 

*****

 

Lasciato Leo alla nursery con Wyatt e Chris, e baciati i bambini, Paige si era diretta indisturbata in biblioteca.

Con secoli di esperienza e conoscenza alle spalle, quella della scuola di magia era la più fornita che lei avesse mai visto. In confronto, persino il Libro delle Ombre impallidiva.

Tra quelle pagine correvano ogni genere di aneddoto e leggenda, racconti di battaglie, profezie e persino pratiche proibite.

Ecco perché, quando aveva bisogno di risposte, non c’era luogo migliore di quello.

Paige afferrò dallo scaffale un paio di volumi che trattavano di demoni, e si sedette al banco.

Distante da lei c’era un gruppo di giovani studentesse, che tra bisbigli e risolini, non sembravano molto concentrate sulla ricerca che stavano svolgendo. Vicino alla finestra, due santoni stavano osservando la sezione sulla magia occulta, mentre più in là, un leprecauno stava prendendo appunti su un incantesimo curativo. La sala era tranquilla, e le permetteva di concentrarsi senza problemi.

Iniziò a sfogliare il primo libro, nella speranza di ricavare qualche indizio che provasse la sua teoria. Era convinta, era sicura di averci visto giusto.

Poco dopo, una voce maschile ruppe il silenzio.

- Di nuovo qui? –

Paige sollevò la testa e sorrise, ancora assorta. – Già. –

- Sai, ci sono studentesse nel mio corso che studiano molto meno di te. –

Paige si passò una mano fra i capelli. – Solo perché sono una strega, non significa che abbia smesso di imparare. –

Lui la fissò divertito. – Potrebbe essere una forma di compensazione, invece. Posso chiederti come andavi a scuola? –

- Male, malissimo. – rispose con una smorfia. – Non ne ho mai azzeccata una. –

Tornò in fretta a puntare lo sguardo verso la lettura. La stava distraendo, anche se, doveva ammetterlo, avrebbero potuto esserci distrazioni peggiori.

Hunter Myers era ritenuto uno degli insegnanti più carismatici dall’intera scuola. Era entrato a far parte dell’istituto da appena un anno, ma si era conquistato velocemente il rispetto di tutti.

Con un passato come cacciatore di angeli neri, dimostrava di aver acquisito grande sicurezza e padronanza dei propri poteri. Alla cattedra del corso sulle arti magiche e le pratiche di difesa, durante la sua attività era riuscito a mantenere un polso fermo e a non eccedere. Nonostante le richieste dei ragazzi, che sapevano di cosa fosse capace, Hunter non si era mai spinto oltre a ciò che credeva fosse giusto imparassero. Nessuna tecnica letale era mai stata sfoderata tra le mura di una classe.

Inoltre, e questo andava a favore della sua figura, poteva essere considerato senza dubbio un bell’uomo. Sui trentacinque anni, di presenza affascinante, abbinava il castano dei capelli mossi all’espressivo verde degli occhi, e ad un leggero strato di barba incolta.

Non era così strano, che ogni tanto una ragazza si prendesse una cotta per il professore.

Hunter prese posto di fronte a lei e incrociò le mani. – A cosa stai lavorando? – le chiese.

Paige aggrottò lievemente la fronte. Dopotutto, uno con la sua competenza avrebbe potuto darle una mano.

Così, approfittando della sua disponibilità, iniziò a raccontargli dell’attacco di quella mattina, della frase che aveva sentito, e di ciò che, almeno secondo lei, poteva averle prese di mira.

Hunter parve rifletterci a lungo, impassibile. Aveva senso.

Lanciò un’occhiata scettica al libro che Paige stava leggendo, e batté col dito sulla pagina. – Qualcosa mi dice che stai cercando nel posto sbagliato. –

Lei inclinò la testa di lato, interessata. – Che intendi? –

L’uomo si appiattì contro lo schienale. – Che se questo essere è talmente potente che può avvalersi di una schiera di demoni al proprio servizio, significa che forse non si è mai dovuto esporre in prima linea. E se non si è mai esposto in prima persona, vuol dire che non è mai arrivato a scontrarsi con le forze del Bene. E se non si è mai scontrato con le forze del Bene, allora potrebbe non essere mai stato sconfitto. Mi segui? –

- Credo di sì. –

Hunter annuì, prima di alzarsi e dirigersi verso lo scaffale alle spalle di Paige. Dopo aver scorso vari titoli, afferrò un volume piuttosto pesante e lo portò sul tavolo.

- Questo potrebbe aiutarti. –

Paige lo osservò meglio: Leggende e minacce perdute.

- Perché proprio lui? –

Il docente si mise a tamburellare sulla copertina. – Da come ne hai parlato, ho pensato a uno dei tanti sovrani del mondo degli inferi, lì da un’eternità. L’appellativo che hai sentito, “Magno”, è un buon punto di partenza. Non saranno in molti, a fregiarsi di quel soprannome. Sono convinto che qui dentro potrai trovare qualcosa di utile. –

Gli occhi di Paige si erano accesi, e un largo sorriso le adornava il volto. – Allora che posso dirti, se non grazie? –

- L’unico problema, forse – la smorzò Hunter – E’ che queste cronache ormai sono un po’ datate. Dovessi riuscire a identificare il demone, le informazioni che avresti non sarebbero comunque abbastanza da garantirti uno scontro alla pari. A quel punto, per come la vedo io, l’unico modo per saperne di più sarebbe andare direttamente da lui. –

D’un tratto si era fatta perplessa. – Il tuo consiglio sarebbe quello di provare a infiltrarsi? -

Hunter fece balzare in alto le sopracciglia. – No, assolutamente no! Niente contro le vostre abilità di Streghe, ma non riuscireste mai a spacciarvi per la loro razza. In realtà, mi stavo riferendo più ad una semplice opera di ricognizione. Sai, studiare le sue abitudini, la sua reggia, magari la potenza di fuoco di cui dispone. Può essere rischioso, ma se non conosci il tuo nemico, diventa difficile sconfiggerlo. –

Non servì altro per convincerla. Era esattamente ciò che stava cercando.

Soddisfatto dell’incontro, Hunter Myers si congedò per tornare alle sue classi. E mentre si allontanava lungo il corridoio principale della scuola, Paige si era già immersa nella lettura, a caccia di Leggende e minacce perdute.

 

*****

 

Con così poco su cui lavorare, far uscire qualcosa di buono dal Libro delle Ombre sembrava un’impresa tutt’altro che semplice.

Per quanto continuasse a credere alla teoria di Paige, la vista si stava davvero consumando, alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto anche non esistere.

Mezz’ora a testa, si stava alternando con Phoebe per passare in rassegna ogni paragrafo, ed erano ormai arrivate al quinto turno.

- Eccolo! – esclamò d’un tratto Piper, schiacciando il palmo sulla pagina. Finalmente poteva mettere un punto.

Era una sorta di liberazione. Perlomeno, dimostrava che né Paige né il Libro delle Ombre si sbagliavano.

Phoebe, che stava riposando sulla poltrona, si portò la mano alla fronte e sospirò stancamente. – Sul serio? Meno male. –

- Evidentemente, già altre Halliwell dovevano essersi imbattute in lui. -

Phoebe sorrise, le palpebre ancora socchiuse. – Spero solo che ci avessero messo di meno a trovarlo. –

L’altra sollevò un sopracciglio. – E così sarei io quella lenta? –

- Dico solo che l’attesa mi stava uccidendo. –

- Sbaglio o anche tu ha cercato a vuoto? –

- Tu hai fatto un turno in più. –

- Per il quale dovresti ringraziarmi, visto che ti stavi per addormentare. –

- Sento ancora gli effetti del colpo di stamattina. –

- Questa scusa finirà, prima o poi. -

- Non te la prendere. – fece spallucce. – E’ solo la vecchiaia che avanza. –

- Io non sono affatto vecchia! – squillò Piper, punta sul vivo.

Phoebe annuì ripetutamente. - Ma sei la sorella più grande, il che significa che sarai comunque la prima ad invecchiare. –

Piper agitò la mano sopra il Libro. Questi erano i battibecchi che le piacevano. – Perché invece non mi lasci finire? Abbiamo un problema da risolvere. E se non lo facciamo, nessuna di noi potrebbe avere la possibilità di invecchiare. –

- Prego, prego. – le fece un cenno con la mano.

Piper si sporse in avanti per leggere meglio. L’illustrazione, di un copricapo rosso che nascondeva l’intero volto, non era di alcun aiuto.

- Oh-oh. – mormorò, dopo alcuni secondi.

Phoebe si girò di scatto. – “Oh-oh”? Piper, perché hai fatto “oh-oh”? Lo sai che non mi piace quando fai “oh-oh”! –

- Questo lo merita. –

- Perché, che c’è scritto? –

- Vieni a vedere. –

Phoebe balzò giù dalla poltrona e si precipitò al treppiede. Sembravano preoccupate.

Piper inspirò a fondo. – Siamo di fronte a un imperatore. –

– “Imperatore” del tipo… cioè, un… - aggrottò la fronte. - In che senso, scusa? –

- Un demone imperatore. Si chiama Jiroke. E aveva sentito bene Paige, è soprannominato “Magno”, il grande, in onore di Alessandro Magno. – le lanciò un’occhiata, stavolta era il suo turno di prenderla in giro. - Ne hai mai sentito parlare? –

- Del demone o di Alessandro Magno? –

- Tu che dici? Sai chi era, no? –

Phoebe arricciò le labbra. – Non ho mai avuto il piacere di incontrarlo, ma credo di ricordare qualcosa dalla scuola. Era nell’antica Roma, giusto? –

- Quasi. Era Greco, e aveva costruito uno degli imperi più vasti della storia. Ecco, pare che il nostro Jiroke abbia le stesse manie di grandezza. –

- Ti pareva, uno dei soliti demoni assetati di potere e malati di megalomania. –

- Dritta al punto. Il suo obiettivo è quello di fondare uno sconfinato impero, degno dei più antichi sovrani, conquistando entrambi i mondi, sotterraneo e di superficie. -

Phoebe sbuffò e gettò lo sguardo fuori dalla finestra. – Chissà perché non mi sorprende. Ma, se davvero ha le mani così impegnate, perché non abbiamo mai avuto a che fare con lui? –

Piper le indicò una riga sulla pagina, e la invitò a leggere. – La sua personale guerra è in corso da quasi due secoli, ma qui dice che Jiroke approda in superficie soltanto ogni quarant’anni. Probabilmente, sia la mamma che Penny hanno combattuto contro di lui. –

- E a noi, ovviamente, toccherà fare lo stesso. – strinse il pugno, lo sguardo malinconico.

Piper proseguì nel racconto. - Nel frattempo, si è scontrato e ha sconfitto molti altri esseri degli inferi, impadronendosi dei loro poteri e dei loro territori. –

- Quali capacità ha? –

– Non si sa, non c’è scritto. Ma di sicuro sarà di alto livello. - Piper scosse la testa. – E non è finita, senti qua: proprio come gli imperatori che venera, Jiroke si serve di un esercito, formato da demoni di vario tipo, per combattere contro i rivali e presidiare i confini. In più, ha formato una piccola legione per la sua difesa personale. –

Phoebe allargò le braccia. – Certo, giusto per stare tranquilli. –

- Almeno adesso sappiamo chi andremo ad affrontare. –

- Capirai la consolazione. -

Piper provò a sbirciare le pagine successive. – Fammi vedere se c’è qualche appunto… -

Finì appena di pronunciare quella frase, che due aloni di fumo comparvero al centro della stanza. Avevano le sembianze minacciose di due demoni, grossi e vestiti di un inquietante viola scuro. Uno armato di coltello, l’altro senza armi, con la barba e l’aria ancora più arrabbiata.

- Abbiamo compagnia! – esclamò Phoebe, mettendosi in guardia.

Piper fece un passo indietro, ma non si scompose. Non si faceva certo intimorire da quelli.

I demoni, affiancati, fissavano le sorelle con odio e disprezzo. All’unisono, sferrarono l‘attacco per cui si erano presentati.

Il primo lanciò il coltello in direzione di Phoebe, che però fu brava a tuffarsi alla sua sinistra e schivarlo. La lama, con un rumore sordo, andò a conficcarsi nella cornice di legno della finestra.

Lei si mosse in fretta, la prossima mossa era la sua. Mantenendo gli occhi sul bersaglio, scivolò agilmente sul pavimento e, in un baleno, gli fu abbastanza vicina da colpirlo e atterrarlo con un calcio.

Intanto, l’altro aveva generato una sfera di energia e l’aveva scagliata contro Piper. Veloce e violenta, ma troppo poco per impensierirla. La Strega aveva bloccato la sfera e l’aveva fatta esplodere a mezz’aria, riservando poi lo stesso trattamento anche al demone.

- Piper! – sentì dal lato opposto.

Si voltò e, per concludere la faccenda, ridusse in mille pezzi anche il demone che Phoebe aveva immobilizzato.

Mentre il fumo si diradava e la tranquillità riprendeva in mano la soffitta, Piper sorrise, soddisfatta per la vittoria. – Brutti e inceneriti, come piacciono a me. –

Si diresse poi dalla sorella e la aiutò a rialzarsi. – Tutto ok? –

Phoebe spazzò via la polvere dai pantaloni. – Ottimo lavoro di squadra. –

- Erano chiaramente di bassa lega. – si scambiarono il cinque.

Piper, presa ancora dall’adrenalina, si portò le mani sui fianchi e batté il piede per terra. Sembrava volersi rivolgere a qualunque entità ci fosse sopra o sotto di loro. – Qualcun altro ha voglia di fare una bella visita guidata a Villa Halliwell? –

- Comunque, questa soffitta avrebbe bisogno di una ripulita. – commentò Phoebe, tornando verso la finestra. – Ogni volta che un demone viene a trovarci, lascia una gran confusione. Qualcuno dovrebbe insegnargli l’educazione! –

Estrasse il pugnale del demone dal legno e ne osservò l’intarsiatura del manico. Poteva essere il souvenir di una giornata speciale. Due attacchi in meno di sei ore, non erano la normalità.

- Credi che questo possa essere un assaggio del famigerato esercito? – domandò a Piper.

- Sembrerebbe proprio di sì. –

I demoni che avevano sconfitto erano piuttosto deboli, ma erano già riusciti a causare dei danni, e chissà che altro c’era ad aspettarle.

- Allora sarà meglio prepararci, perché sarà un’invasione. –

 

*****

 

L’essere misterioso, forgiato nel male, aveva trovato il suo personale rifugio in una piccola caverna abbandonata nelle profondità degli inferi.

Non aveva bisogno di altro. La muta pietra era la sua nuova casa, e il calore di una torcia l’unico sollievo. La propria ombra, proiettata dal fuoco sulle pareti, era l’unica compagnia che poteva accettare.

Nella sua vita precedente, era passato dall’avere tutto, anche di più di ciò che avesse desiderato, al perdere fino all’ultima cosa. C’erano notti, ancora, in cui un rigido freddo lo assaliva, al solo pensiero di cosa aveva abbandonato.

Non era mai stato veramente né vittima né carnefice. E ora, poteva solo contemplare il nulla in cui era costretto a trascorrere il resto dei suoi giorni.

Stava meditando, con gli occhi chiusi e impegnati a scorrere le immagini del mondo che conosceva, quando qualcuno si palesò alle sue spalle.

Percepì una presenza estremamente potente.

Qualunque demone sapeva che non era permesso avvicinarsi a quella caverna, per non andare incontro ad una fine certa. Questa regola valeva per tutti, tranne che per lo stregone con una lunga tunica nera e una banda dorata intorno alla vita.

L’essere non si girò, la testa sempre coperta dal cappuccio. – Benvenuto, Hewon. – si pronunciò, atono.

- Non è esattamente un piacere. -

L’altro si sfregò le mani. - Che cosa ti porta qui, da me? –

Lo stregone abbozzò un sorriso diabolico. – Sapevi che anche gli ultimi due messaggeri avrebbero fallito. –

- Certo. –

- Eri sicuro di non sbagliare, così come eri sicuro che non ti avrei incenerito. -

- Come ho detto, conosco le Prescelte da molto tempo. – il ricordo del passato tornò a tormentarlo, e la voce si indurì. – Le ho viste combattere contro tutto, persino contro loro stesse. Ho visto la loro forza e la loro debolezza, la parte migliore di loro e la peggiore. -

Infine, si voltò verso Hewon e lo puntò con aria di sfida. – Potrei rappresentare una valida risorsa per la battaglia. –

- Ti uniresti a noi? – Lo squadrò beffardo. C’era qualcosa, in lui, che non lo avrebbe mai reso un suddito come gli altri. - E cosa vorresti in cambio? –

- Niente. Per adesso, chiedo solo di poter incontrare il vostro Sovrano, colui che tiene in mano tutte le carte. –

Hewon lo fissò imperturbabile. C’era il buio, negli occhi di chi gli stava di fronte.

Annuì lentamente. – Permesso accordato. –

 

*****

 

L’aveva trovato, ma Hunter Myers aveva ragione.

Le cronache che c’erano alla scuola di magia non le erano state molto d’aiuto, e per certi versi, sembravano addirittura voler esaltare le gesta di quell’essere, nonostante la sua natura malefica.

Narravano di battaglie epiche tra fazioni di demoni, furti di poteri, scontri apocalittici e, soprattutto, devastazione. Tante creature degli inferi erano cadute, altre si erano ribellate, altre ancora erano sparite nel nulla. Il tutto, però, era riportato ai limiti della leggenda, come fosse una strana storia da raccontare ai nipoti.

Eppure, Paige era sicura di non sbagliare, a sentirlo così reale.

Era da qualche parte, e doveva essere fermato.

Per quanto rischiosa, le piaceva l’idea di Hunter. Ciò che Piper e Phoebe, nel frattempo, potevano aver trovato sul Libro delle Ombre non sarebbe comunque bastato. Almeno, non stavolta.

Conoscevano ancora troppo poco del loro nuovo nemico, per poter sviluppare un piano o una strategia. In fin dei conti, non sapevano nulla di lui. Non potevano sapere quando le avrebbe attaccate di nuovo, o se, vista la forza, al prossimo scontro se la sarebbero cavata con un graffio e un mal di testa.

Avevano bisogno di ulteriori informazioni, se non volevano finire ad affrontarlo alla cieca.

Era un punto di partenza, il suo, ma convincere anche Piper e Phoebe non sarebbe stato semplice. Si trattava di entrare dritti nella tana del lupo, spiare il mondo degli inferi, muoversi come fuggiasche.

Era pericoloso, ma era una cosa che andava fatta. E il Trio poteva riuscirci.

Il buio era già calato sulla città, quando Paige tornò a casa, orbitando davanti alla porta d’ingresso.

Sbirciò in soggiorno e in soffitta. Sbirciò in soggiorno e in soffitta. Il Libro delle Ombre non era sul treppiede, e per terra erano visibili segni di lotta. C’erano stati altri attacchi durante la sua assenza.

Poi, provenienti dal piano di sotto, udì le voci delle sorelle. Scese di corsa e andò verso la cucina.

Phoebe e Piper erano al bancone, di fronte ai fornelli, a preparare pozioni. Tante pozioni. Il pentolone fumava e scoppiettava ripetutamente, a ogni ingrediente aggiunto.

Paige si domandò a cosa potessero servire, dopodiché, si fermò sulla soglia. Le sorelle non si erano accorte del suo arrivo, e stavano discutendo di qualcosa.

Esitante, si nascose dietro lo stipite e si mise in ascolto. Evidentemente, era arrivata al momento giusto.

- Hai intenzione di parlare con lei? – Piper, da maggiore delle tre, si sentiva in dovere di risolvere anche quella questione.

- In realtà no. - Phoebe trasse un lungo sospiro, mentre riempiva l’ennesima boccetta. – Ma se è davvero così importante per te, va bene, lo farò. –

- Dovresti, sul serio. – aggiunse, severa. – Paige non ha preso bene che tu l’abbia chiamata col nome di Prue. –

- Lo so, c’ero anch’io. Ma penso ancora che la sua reazione sia stata sopra le righe. –

- Sai cos’ha passato, non è facile per lei. –

- Non volete proprio lasciar correre, vero? -

- Per me dovresti chiederle scusa. –

- Sì, ho capito. –

- Bene, e allora fallo presto. Non mi piace vedervi così. -

Paige era rimasta immobile, con le dita che grattavano il muro. Era combattuta. Forse, le sue preoccupazioni non erano così infondate.

La conversazione tra le altre due sorelle proseguì, quando il fuoco fu spento e tutte le pozioni messe in una borsa.

- Queste dovrebbero essere abbastanza, in modo da stare tranquille per un po’. – commentò Piper.

- Almeno con i demoni dovremmo essere a posto. – fece Phoebe. - Con Jiroke, invece, come ci comportiamo? –

- Qualcosa ci inventeremo, come sempre. Non ho avuto molto tempo a disposizione, ma potrei già avere una mezza idea. –

- Ci servirà il Potere del Trio? –

– No, non credo. Per ora, possiamo benissimo occuparcene tu ed io. –

Paige sentiva una fiamma divampare alla bocca dei polmoni. Il cuore aveva accelerato i battiti, la mano appoggiata alla parete tremava per il veleno che stava scorrendo nelle vene.

Le palpebre socchiuse, a mascherare quell’unica lacrima di rabbia.

Stava per dirgli che, per ciò che dovevano fare, non avrebbe voluto nessun altro al suo fianco, che non fosse la sua famiglia. Avrebbe chiesto di fidarsi di lei.

Non lo avrebbe più fatto.

E un istante prima che Phoebe e Piper uscissero dalla cucina, Paige si dissolse tra le scintille.

Cambio di programma. Se le sue sorelle pensavano di non aver bisogno di lei, bene, allora avrebbe fatto tutto da sola.

 

 

 

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Capitolo 4
*** 04. The Manor & The Emperor [part 1] ***


04. The Manor & The Emperor [part 1]


 

Ci aveva pensato tutta la notte.

Piper e Phoebe dovevano aver trovato qualcosa sul Libro delle Ombre, e adesso credevano di essere abbastanza preparate per cavarsela senza di lei?

D’accordo, sfida accettata. Avrebbe dimostrato a entrambe di essere una Halliwell autentica quanto loro, e di poter fare anche da sola.

Non erano mica obbligate a fare tutto sempre insieme, giusto?

Dopotutto, per come si erano messe le cose, probabilmente avrebbero finito per bocciare sul nascere la sua idea. Avevano già la situazione in pugno, non valeva la pena correre un pericolo, se non erano loro a decidere. E in due contro una, c’era ben poco che potesse fare.

Perché aveva la sensazione che il Trio esistesse solo quando faceva comodo?

Paige si accostò al vetro della finestra. Il chiarore dell’alba si stava innalzando per abbracciare i tetti della città.

Piper e Phoebe dormivano ancora, ne era certa. E le avrebbe lasciate lì, non le avrebbe disturbate.

Finì di vestirsi e, senza fare rumore, scese giù per le scale.

Era magica, l’atmosfera di quiete che avvolgeva la villa, quando tutto sembrava a posto e non c’erano demoni da combattere.

Sotto il tavolo del soggiorno, Paige notò il borsone in cui Phoebe aveva riposto tutte le pozioni che avevano preparato la sera prima.

Allargò la cerniera. Non si sarebbero mai accorte di qualche boccetta in meno.

Se ne infilò quattro nelle tasche, giusto per sicurezza, e si preparò a ripartire.

Ora le serviva solo un rinforzo nel caso in cui la faccenda si fosse fatta troppo seria. Voleva occuparsi del demone da sola, ma non era certo stupida.

Sorrise tra sé. Aveva già in mente chi le avrebbe dato volentieri una mano.

Orbitò alla scuola di magia, comparendo poco fuori dalla biblioteca.

Era presto, ma c’erano già dei ragazzi che sacrificavano il sonno per nutrire la loro sete di conoscenza, oppure per ripassare fino all’ultimo minuto prima di una verifica. Non era poi così diversa dalle scuole normali.

Paige si diresse verso una delle aule dell’ala ovest, percorrendo l’infinito corridoio, e immaginandosi per l’ennesima volta con una tunica da professoressa indosso.

Bussò con due dita e aprì la porta con cautela. Nella stanza vuota c’era solo lui, alla cattedra, intento a sfogliare il registro.

Sorridente, rimase sulla soglia ad osservarlo. Perfetto. – Buongiorno, Hunter. –

L’uomo si voltò sorpreso, ricambiando il largo sorriso. – Paige! E’ un ottimo modo per cominciare la giornata, devo ammettere. Cosa ti porta qui? –

- Ti disturbo? – Si guardò intorno. Conosceva già la risposta.

- Nient’affatto, entra pure. – indicò il registro. – Stavo solo preparando la lezione di oggi. Tu piuttosto, stai diventando sempre più mattiniera. –

Paige scrollò le spalle. – Non riuscivo a riposare. –

- Così hai pensato bene di passare a farmi un saluto. –

- In realtà… - si morse il labbro inferiore. – Volevo proporti una cosa. –

Hunter incrociò le braccia, divertito. – Parla pure, ti ascolto. –

Paige afferrò una sedia e la sistemò accanto alla cattedra, con lo schienale rivolto al contrario. Ci si sedette, sotto lo sguardo incuriosito del professore.

- Ti andrebbe un po’ d’azione? –

Hunter corrugò la fronte, e cercò di capirne di più da quei bellissimi occhi color nocciola.

- Ha per caso a che fare con il demone che cercavi ieri? –

- Esatto! – annuì. – L’ho trovato, sai, ed è come avevi detto tu. Ricordi il consiglio che mi hai dato, di andare direttamente alla fonte, per ottenere le informazioni che ci servono per sconfiggerlo? –

- Certo. –

- E’ sempre valido? –

- Perché non dovrebbe? –

- Perché vorrei che venissi con me. –

Hunter sollevò un sopracciglio, colpito. Era proprio vero, che a volte le Streghe sapevano essere più imprevedibili dei demoni stessi.

- Non ci sono le tue sorelle? –

- No, loro… - prese tempo per mascherare il tasto dolente. – Hanno altri impegni. –

- E quando partiresti? –

- Adesso. –

- Adesso? –

Paige batté con le nocche contro lo schienale. – Non c’è tempo da perdere! I demoni continuano ad attaccarci. Lo hanno fatto anche ieri, mentre stavo chiacchierando con te. –

Hunter scosse il capo. – E come dovrei fare con la scuola? Non posso certo sparire così nel nulla. –

La Strega lo riprese con un cenno della mano. – Oh, andiamo. I ragazzi apprezzeranno una giornata di vacanza. E sarai di ritorno per cena, te lo prometto. –

Lui le lanciò un’occhiata indulgente. – Come ti dicevo, potrebbe essere rischioso. –

- Lo so, ma sei l’unico a cui potevo rivolgermi. So che non ci conosciamo da molto, e avresti tutte le ragioni per rispondermi di no… -

- Io, veramente, lo dicevo per te. – la interruppe, l’espressione sorniona. - Hai mai sentito delle storie sul mio conto? –

- Sentito? Mi sa che qualcuno ci ha pure scritto un libro. –

- Semplice esuberanza di uno studente. Comunque, saprai che ho affrontato avventure ben peggiori, in passato. –

- Ecco di cosa stavo parlando. – si alzò. – Allora, ci stai? –

Il vantarsi delle proprie imprese serviva a qualcosa, oltre che a tentare di impressionare la Strega. Aprì la sua valigetta e ne estrasse una bacchetta magica, forgiata in un legno scuro. Fiero, ne strinse la ruvida impugnatura e la fece roteare un paio di volte.

La sua fedele arma.

- E’ un po’ che non la uso per cacciare. Andiamo. -

 

*****

 

- E’ pericoloso! – la voce apprensiva di Leo rimbombò tra le pareti della soffitta.

Piper distolse lo sguardo e gesticolò vistosamente, indispettita. - Andiamo, lo sai anche tu come si sconfigge un demone. –

- Esatto, ed è proprio per questo che la ritengo una pessima idea. –

Spesso e volentieri, quando si trattava di dare battaglia ai demoni, la prudenza che aveva caratterizzato il suo passato da Anziano e Angelo Bianco, andava a scontrarsi con la testardaggine e l’impulsività della moglie. Forse era soprattutto questo, il segreto del loro successo come coppia. Ma in certi casi, sia lei che le sue sorelle, nonostante la forza e l’esperienza, avevano ancora bisogno di qualcuno che le tenesse con i piedi per terra.

Stavolta non era d’accordo con la loro strategia. Gli sembrava fin troppo irruenta, poco ragionata, stilata in fretta. Rischiavano di correre troppi pericoli inutili.

- Tu hai un’idea migliore? – gli fece Phoebe, spalleggiando Piper.

- Avete controllato sul Libro delle Ombre? –

- Secondo te? – lo schernì. – E’ stata la prima cosa che abbiamo fatto. –

Evidentemente non era stato abbastanza, pensò Leo.

Il piano di Piper e Phoebe prevedeva che, come primo passo, evocassero il demone, facendolo comparire nella soffitta, al centro di una gabbia di cristalli. Una volta bloccato e, se ce ne fosse stato bisogno, colpito con le pozioni, avrebbero infine pronunciato l’incantesimo per eliminarlo.

Sembrava facile, almeno sulla carta. E se non fossero riuscite a far apparire il demone nel punto giusto, o se i cristalli non avessero funzionato? Se i poteri di Piper non fossero stati sufficienti per bloccarlo, o se le pozioni che avevano preparato si fossero rivelate inefficaci?

Erano un sacco di se, per andare ad affrontare un demone di quel livello.

- E Paige? – domandò bruscamente.

Piper scambiò un’occhiata complice con la sorella. – Paige non è qui, deve essere uscita stamattina presto. Ce la vediamo io e Phoebe. –

Leo scosse il capo. Sapeva cosa diceva il Libro delle Ombre a proposito di Jiroke, e ne aveva sentito parlare tra gli Anziani. Non poteva essere preso così alla leggera. – Quindi siete in due, e questo è il meglio che avete ottenuto? –

Phoebe si strinse nelle spalle. – Perché no? –

- Perché è pericoloso. –

Piper roteò lo sguardo. – Lo hai già detto. Ma se pronunciassimo direttamente l’incantesimo, da qui, non funzionerebbe. Jiroke si nasconde nelle profondità degli inferi, chissà dove, e sarebbe impossibile raggiungerlo. Dobbiamo averlo qui. –

- Già, spalancando le porte di casa nostra a un demone potentissimo. – obiettò ancora Leo, sospirando.

- Almeno lo avremmo diviso dal suo esercito. –

- Che non attenderà molto, prima di seguire il suo leader scomparso. –

- Ora basta. – s’impuntò Piper, battendo il piede. – Dimmi solo una cosa: è fattibile? –

Leo aggrottò la fronte. Non gli stavano chiedendo il permesso, lo stavano mettendo alla prova. Perché, a malincuore, doveva dare una risposta che già conoscevano.

- Sì. – borbottò. – Ma il demone è di livello superiore, per cui vi servirà il Potere del Trio, sia per evocarlo che per eliminarlo. –

- Perfetto, allora è deciso. – dichiarò Phoebe, tornando a studiare sul Libro delle Ombre, mentre Piper mostrava la sua migliore espressione da “te l’avevo detto”.

Leo annuì rassegnato. Odiava dover lasciare sua moglie in occasioni come quella, dove oltretutto, sapeva di non poter aiutare in alcun modo. La salutò con un delicato bacio sulle labbra.

- Che ne dici se porto Chris e Wyatt alla scuola di magia, per proteggerli? – era l’unica cosa di cui si sentiva sicuro.

Piper gli sorrise dolcemente. – Ottima idea. –

- State attente. – sussurrò, fissandola negli occhi.

- Andrà tutto bene. -

Leo si incamminò verso le scale, ma poco fuori dalla soglia, la voce della moglie lo richiamò. – Nel frattempo, se vedi Paige alla scuola, potresti chiederle di raggiungerci qui? E’ da stamattina che non risponde al cellulare. –

- D’accordo. –

Una volta che l’uomo fu uscito dalla soffitta e dalla visuale, Phoebe lasciò il treppiede e si accostò a Piper.

– Lo sai, vero, che se dovesse realmente succedere qualcosa, sarebbe Wyatt a dover proteggere Leo? –

Piper si voltò verso la sorella. – Si, e sono sicura che lo sa anche lui. –

 

*****

 

La residenza dell’imperatore Jiroke si trovava in un angolo remoto degli inferi, una località sconosciuta. Il castello, imponente e che richiamava vagamente lo stile Medievale, sorgeva in una radura di terra rossa, poco al di fuori di una piccola e oscura selva di arbusti e cespugli di rovi.

Il portone principale, in legno e sprangato da una barriera di magia nera, indicava l’unica via d’accesso. Una soglia invalicabile, contro la quale si erano spenti gli assalti di decine di legioni nemiche. E quei pochi temerari che erano riusciti a superarla, non vi erano mai usciti per poterlo raccontare.

Ai versanti delle mura si ergevano due torri, merlate e gemelle, affidate ciascuna a una coppia di demoni vedetta. E sui lati est e ovest, erano issate le tende dei guerrieri dell’esercito personale di Jiroke.

L’interno della reggia era costruito nello sfarzo e nell’ostentazione di potere e ricchezza, come i più antichi piaceri terrestri. Erano stati generati arazzi e affreschi, gioielli, dipinti, tutto ciò che si addiceva al tenore di un sovrano.

Il piano inferiore era stato riservato alle segrete. Le gabbie avevano ospitato, e continuavano ad ospitare, prigionieri appartenenti sia al mondo sotterraneo che di superficie, sia del Bene che del Male. In guerra non venivano fatte distinzioni.

Le stanze erano molteplici, dai locali per l’addestramento dei soldati a quelle per le riunioni, passando per le camere blindate in cui concentrare l’essenza demoniaca.

Infine, nella parte più protetta del castello, c’era la sala del trono, il cui accesso era consentito soltanto ad un ristretto gruppo di eletti.

Tra questi, chi non aveva bisogno di chiedere il permesso era certamente Hewon, braccio destro dell’imperatore, potente stregone e sacerdote custode della magia nera.

Quel giorno, dopo gli ultimi avvenimenti e dopo aver presieduto l’incontro con il resto dell’armata degli inferi, desiderava conferire con il proprio sovrano. Avvolto in una fitta colonna di fumo, si presentò a una trentina di passi dal trono. Jiroke lo stava aspettando.

Hewon si avvicinò adagio e chinò il capo, con sicurezza e rispetto.

- Signore, porto notizie delle sentinelle. –

La voce cavernosa di Jiroke echeggiò tra le pareti. – Perché non si sono presentati loro in prima persona? –

- Le Prescelte li hanno eliminati. Ma sono comunque riusciti a svolgere il loro compito. –

- Con quale risultato? Parla. –

- Come temevo, le Halliwell adesso sanno di noi. – esitò, a volte pure lui sembrava intimorito. – Sanno di voi. –

Jiroke rimase impassibile, come se la rivelazione l’avesse appena sfiorato. – Se è solo di questo che si tratta, puoi mantenere la calma. Non è un problema. –

- Ma stanno cercando sul Libro delle Ombre un modo per eliminarvi. – ribatté cautamente Hewon. – E presto potrebbero trovarlo. –

- Ti ho detto di non preoccuparti. – il tono era perentorio, quasi minaccioso. – Ho tutto sotto controllo. –

- Sì, signore. –

In quel momento, alle spalle di Hewon, fece la sua comparsa anche il demone dall’identità celata, a cui era stata concessa udienza. Elegante e composto, mentre il mantello svolazzava per i sottili fili d’aria, si sistemò in disparte con le mani conserte.

La fronte coperta dal cappuccio e lo sguardo fisso davanti a sé, mostrava riverenza ma anche la consapevolezza di essere nel posto giusto.

L’attenzione di Jiroke si spostò immediatamente su di lui.

- Chi è costui? – domandò a Hewon.

Lo stregone si voltò per presentarlo. – Mi sono permesso di portare un ospite al suo cospetto. –

- E’ il demone di cui mi avevi parlato? – la strana aura di energia che emanava lo incuriosiva.

- Esatto. –

Jiroke scavalcò con lo sguardo il suo fido sacerdote e si rivolse al terzo misterioso personaggio. – Hewon ha commesso un’eccezione, facendoti entrare qui. Evidentemente ha visto qualcosa, io ancora no. Abbiamo intere fazioni di demoni al nostro servizio, perché credi di essere tanto speciale? –

L’individuo mosse un passo verso il trono. – Io non sono mai stato speciale. Io non sono nessuno. Ma posso darvi una mano a entrare nella testa delle Halliwell. –

L’imperatore esibì una risata sadica. – Questa non è una qualità da Nessuno. Avverto le tenebre, nel tuo passato. –

- Mi hanno conosciuto in molti modi, e dato la caccia in altrettante forme. –

- Eppure, sento che il lato umano è quello a cui sei rimasto più attaccato. –

- Ha ragione, perché per certi versi ne vado estremamente fiero. E se è il mio vero volto che vi interessa vedere, allora potete anche chiamarmi con il nome che porto dalla nascita. – lentamente, si sfilò il cappuccio. – Cole. Cole Turner, al vostro servizio. -



 


[Fine prima parte]

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Capitolo 5
*** 05. The Manor & The Emperor [part 2] ***


05. The Manor & The Emperor [part 2]

 

In una saletta della scuola di Magia, riservata agli insegnanti, Paige e Hunter si stavano preparando per partire.

La Strega si stava assicurando di avere ancora le pozioni che aveva sottratto a casa, mentre Hunter si stava scaldando nell’uso della sua arma.

Paige osservò incuriosita i suoi movimenti, tanto sinuosi quanto letali. – Posso chiederti una cosa? –

Hunter interruppe l’attacco simulato e si voltò. – Certo. –

- Quanti angeli neri sono passati da quella bacchetta? –

Lui pareva addirittura felice della domanda. – Tutti quelli che ho incontrato. –

La fronte di Paige si contrasse in un’espressione vagamente dubbiosa. - Questa dovrebbe essere una semplice missione di ricognizione, hai intenzione di combattere? –

- No, è vero. Ma stiamo pur sempre per entrare, dalla porta principale, nella casa di un demone. Meglio farci trovare preparati. –

Il libro di Leggende e Minacce perdute giaceva aperto sopra il bancone. L’aiuto di Hunter era stato decisivo anche in quel caso.

Si trattava di muoversi quasi attraverso un’altra dimensione, ed era difficile per loro conoscere l’esatta posizione del castello di Jiroke. Tuttavia, grazie a vari indizi contenuti nelle cronache, erano riusciti a individuare almeno l’area in cui sorgeva. L’orbitazione di Paige, unita a un incantesimo di teletrasporto ben mirato, li avrebbe portati a destinazione.

- Se sei preoccupata per qualcosa, dillo ora. – la spronò Hunter.

Lei annuì con determinazione, mentre le ciocche di capelli svolazzavano e le ricadevano sul viso. – Sono pronta. –

- Allora partiamo. –

Dopo che Hunter ebbe pronunciato la formula, Paige gli afferrò la mano e, insieme, orbitarono nel regno dell’imperatore Jiroke.

Il viaggio fu insolitamente lungo e turbolento. Atterrarono in un fazzoletto d’erba rada, ai piedi di un boschetto di alberi dalle folte chiome e frasche. Era buio, e l’aria umida forzava i sensi.

- Siamo nel posto giusto? – sussurrò Paige. Erano immersi nel silenzio più totale.

Hunter si accostò a un tronco e la invitò a fare lo stesso. – Direi di sì, guarda. –

Attraverso i rami e le foglie, riuscivano a intravedere le torri del castello e il bagliore del fuoco, tra torce e falò.

- Però, si tratta bene per essere un mostro. – commentò impressionata la ragazza. Non ne aveva viste molte, di regge nel sottosuolo, e doveva dire che non sembrava niente male. Se proprio avesse deciso di trovare una nuova sistemazione, non le sarebbe dispiaciuto occupare quel castello.

- Ok, torniamo a noi. – la richiamò sottovoce Hunter, accigliato. – Dimmi che hai un piano migliore di quello che mi hai accennato a scuola. –

- Assolutamente no. – rispose Paige, orgogliosa del suo intento. – Ci intrufoliamo, troviamo un punto in cui nasconderci e osserviamo. Non ci trovo nulla di sbagliato. –

Lui le lanciò un’occhiata stupefatta. – Quindi non scherzavi? –

- Mai stata più seria. – Scrollò le spalle. Per fare una cosa del genere, non aveva certo bisogno di essere accompagnata per mano.

Intanto, lo sguardo di Hunter si era posato con ammirazione su di lei. Sorrideva. - Sono contento che tu non sia venuta qui da sola. –

Paige serrò le labbra e replicò di getto. – Era una cosa che dovevo fare. –

- Lo capisco, è ciò che sei. Non so cosa sia successo con le tue sorelle, ma… -

Lei gli fece cenno di fermarsi, sospirando. – Non mi sembra il momento adatto per parlarne. -

– Per via della missione? –

- No, perché sarei venuta quaggiù comunque. –

Hunter parve riflettere sulle parole successive. – Paige. -

- Sì. -

- Credi che, una volta finito tutto questo, potremmo rivederci, magari per parlarne? –

- Assolutamente, certo che mi rivedrai. – non si voltò nemmeno. - Sai quanti altri demoni dovrò venire a cercare nella vostra biblioteca? –

- Veramente, io… - esitò, divertito nel vederla così concentrata. – Io intendevo fuori dalla scuola. –

Dovettero trascorrere interi secondi, prima che Paige realizzasse e razionalizzasse ciò che Hunter le aveva appena detto. Si girò di scatto verso di lui, le sopracciglia balzate in alto.

Ci fu un istante, in cui lo fissò nei suoi occhi color nocciola. Era la prima volta che si scambiavano uno sguardo simile.

Alla fine, non fu più in grado di trattenere una risata, imbarazzata per quanto fosse fuori luogo.

- Sarebbe un invito a cena? –

- Potrei dimostrarti che anche noi professori sappiamo cucinare, oltre a preparare infusi e pozioni. –

- E’ una promessa? –

- E’ una promessa. –

Per quanto fosse inappropriato, Paige non poteva definirsi sorpresa, né tantomeno delusa.

Impossibile negare una certa complicità fra loro. Hunter era un uomo molto interessante, e se non altro, non avrebbe avuto alcun bisogno di nascondere la sua magia con lui. In un momento come quello, poteva essere un’altra piacevole avventura.

Semplicemente, non immaginava che il maniero di un demone, nelle profondità degli inferi, ispirasse tanto romanticismo.

- Ci sto. Quando tutto sarà finito. – ripeté.

Mentre Hunter si godeva questa piccola vittoria, Paige, nascondendo il delicato sorriso dipinto in volto, tornò al motivo originale per cui si era recata lì. Premendo con i polpastrelli sulla corteccia, cercò di capire se ci fossero demoni nelle vicinanze e se, per caso, si fossero accorti di loro.

- Dovremmo utilizzare l’incantesimo dell’invisibilità? –

- Buona idea. – rispose l’insegnante. - Ricorda però che, se ce ne fosse bisogno, da occultati non saremo in grado di attaccare. –

Era tanto che Paige non ricorreva a quella tecnica, ma ricordava benissimo le controindicazioni. – Speriamo allora di non averne bisogno. –

Hunter recitò un’altra formula, più breve, e fece roteare la bacchetta un paio di volte su se stessa, fino a farne brillare le estremità. Un sottile fascio d’energia e una lieve scossa andarono a colpire i loro corpi, certificando l’efficacia dell’incantesimo.

Paige appoggiò nuovamente le mani sul tronco. – Adesso vediamo quanto possiamo avvicinarci. –

Con cautela, i due uscirono dalla radura, incamminandosi verso il castello all’orizzonte. Invisibili si sentivano più al sicuro, ma non dovevano comunque dimenticare dove si trovavano.

Le tende, nell’accampamento dell’esercito personale di Jiroke, erano sparite.

C’era uno strano silenzio. Troppo silenzio.

Anche ai più esperti poteva andare storto qualcosa. Bastava poco, per trasformare una missione in una corsa per la sopravvivenza. Per loro, l’errore era stato sottovalutare l’avversario.

D’un tratto furono circondati dai demoni. Un’orda, almeno due dozzine di creature infernali erano apparsi dal nulla e li avevano accerchiati. C’erano sfere di fuoco, pugnali e balestre armate contro di loro.

Il tempo per pensare era poco. Hunter e Paige si guardarono intorno allarmati. Si trovavano in un prato, in mezzo al nulla. Non avevano scampo.

- Come facevano a sapere che saremmo venuti qui? -

- Non ne ho idea, ma ci stavano aspettando. E’ una trappola! – gridò Paige.

Hunter sfoderò la bacchetta magica e si portò in posizione di guardia. – Non capisco, possono vederci? –

- O hanno intenzione di accendere un barbecue, o evidentemente sì. – andò schiena contro schiena con Hunter, in modo da fronteggiare tutti e quattro i lati. – Magari qua sotto la tua formula non funziona. –

- Ok, vuol dire che farò un ripasso generale, una volta tornato indietro. Ma adesso cerchiamo una via d’uscita! –

Si scatenò il finimondo. Paige e Hunter si gettarono al suolo per evitare il primo lancio di frecce avvelenate e sfere d’energia. I due si separarono presto, si persero di vista in mezzo al caos, e dovettero fare affidamento solo sulle loro forze.

Lo scontro infuriò senza pietà. Hunter faceva volteggiare la sua bacchetta come una sciabola, respingendo i colpi dei demoni e contrattaccando con tutto ciò che gli veniva in mente. Le sue prede preferite, gli angeli neri, caddero sotto incantesimi di tortura, mentre i demoni bruciavano trafitti da fulmini e saette.

Combatteva abilmente, con una velocità inaudita, e nonostante l’inferiorità numerica, sembrava poter tenere a bada più nemici contemporaneamente.

Paige, invece, era decisamente più in difficoltà. Non possedendo alcun potere d’assalto, una volta esaurite le pozioni, doveva sfruttare ciò che aveva intorno. Per sua sfortuna, niente.

Senza oggetti da orbitare e scagliare contro i demoni, la sua strategia si basava tutta sullo schivare i colpi, rispedendo al mittente quelle frecce o quelle sfere che ogni tanto riusciva a intercettare.

I lampi della battaglia squarciavano l’oscuro cielo degli inferi. Non c’era un attimo di sosta.

Hunter si librava e puntava la sua arma da ogni parte, si difendeva e ripartiva.

Paige, intanto, aveva trovato il modo di mettere qualche metro tra sé e gli assalitori, e sfruttando la sua esperienza, con un abile gioco di sponda era riuscita a far esplodere tre demoni con le loro stesse sfere di fuoco. Scansando un’altra freccia, rotolò per terra e si ritrovò vicino a Hunter.

L’uomo, con la coda dell’occhio, notò la Strega in pericolo. Si voltò di scatto e, disegnando in aria un arco, sferrò un raggio d’energia che incenerì l’angelo nero.

La bacchetta gli vibrò tra le mani. Un urlo liberatorio si levò, insieme a una lingua di fuoco. L’attacco decisivo, e gli ultimi due demoni rimasti furono eliminati.

Una cortina di fumo e cenere sancì la fine delle ostilità. Il silenzio tornò presto ad abbracciare le tenebre.

Paige si rialzò a fatica, toccandosi il fianco dolorante. Non era andata come aveva immaginato, eppure, per orgoglio personale, non avrebbe mai rimpianto la presenza delle sue sorelle. Dopotutto, erano ancora vivi, no?

Cercò con lo sguardo il suo compagno. Aveva bisogno almeno di sapere che lui fosse ancora lì.

Intravide la sua figura, di spalle, la bacchetta rivolta verso il basso. Sembrava attratto dal castello, quasi ne fosse attratto, e lo fissava immobile.

- Paige… - Il nome della Strega gli sfuggì dalle labbra, un flebile sussurro, prima di crollare in ginocchio senza forze.

Presa dall’agitazione, Paige si precipitò da lui. – Hunter! –

Gli si accovacciò accanto, scivolando sull’erba. – Stai bene? -

Hunter mollò la presa sulla bacchetta, che cadde al suolo, e abbozzò un sorriso stanco. – Un po’ fuori allenamento, magari, ma direi che non ce la siamo cavata affatto male. –

Paige annuì, rispondendo al sorriso. - Sei stato grande. –

Hunter chinò il capo, e subito dopo, l’espressione sul suo viso si tramutò in una smorfia di dolore. – Forse non abbastanza. –

Scostò il mantello, portando la mano poco sotto il costato. Le dita si macchiarono di sangue. La sottoveste, perforata da uno strale, scopriva una porzione di pelle viva e profondamente lacerata.

- Ma tu sei ferito! – esclamò Paige.

E in quel preciso istante, la situazione trovò il modo di peggiorare ulteriormente.

Una nuova ondata di demoni cominciò a schierarsi dinanzi a loro, prendendo posizione come un cacciatore con la sua preda. Rispetto ai primi che Paige e Hunter avevano sconfitto, questi erano più possenti e inquietanti, erano ben armati e protetti da corazze.

Stavano per conoscere l’esercito privato di Jiroke.

Paige li osservò inorridita. Impensabile rimettersi a combattere, stavolta non avrebbero resistito nemmeno cinque minuti.

Tornò a preoccuparsi di Hunter. Così erano un bersaglio troppo facile.

Lo afferrò sotto il braccio e cercò di sorreggerlo. – Andiamo, ce la fai ad alzarti? –

- Certo… - bisbigliò, ma fu il suo stesso fisico a contraddirlo. Nonostante l’aiuto di Paige, il movimento forzato gli provocò soltanto un debole gemito.

Tremava, il viso era pallido e le palpebre si stavano facendo sempre più pesanti. Sembrava sul punto di perdere i sensi.

Paige raccolse la sua bacchetta, e lo strinse più forte a sé. – Si torna a casa. –

O almeno era quello che sperava di fare. Senza l’incantesimo di Hunter a ritroso, stava solo a lei. Pregò che il suo potere di orbitare fosse abbastanza forte da riportarli indietro, senza intrappolarli da qualche parte in chissà qual dimensione.

I demoni marciavano inarrestabili, e si trovavano ormai a circa una ventina di metri da loro.

Non c’era più tempo, doveva provare. Se qualcosa fosse andato storto, non avrebbero avuto più modo di difendersi.

Chiuse gli occhi. Con il pesante rumore di passi che le rimbombava nelle orecchie, si concentrò più che poté, fino a smaterializzare se stessa e Hunter tra le scintille.

Non fu il viaggio più comodo della sua vita, ma giunse a destinazione.

Riapparvero al centro della biblioteca, sotto gli sguardi sorpresi e impauriti degli studenti. Hunter era svenuto e aveva perso molto sangue.

- Presto, è ferito! – invocò aiuto Paige. – Mi serve qualcuno per curarlo! –

Mentre una ragazza si lanciava in direzione delle aule, alla ricerca di un professore con tale capacità, due giovani sollevarono di peso il corpo esanime di Hunter per portarlo al sicuro.

Paige li seguì zoppicando vistosamente, il fiato corto e il cuore che le batteva all’impazzata.

La signora Winterbourne, tutrice della nursery, allertata da tanto clamore, uscì nel corridoio e intravide la Strega.

- Paige! – la chiamò, andandole incontro. – Quello era Myers? Cos’è successo? –

- Siamo stati attaccati. – replicò piuttosto concisa, senza alcuna intenzione di scendere nei particolari.

La donna continuò ad accompagnarla, trafelata. - Tu stai bene? –

- Sì, ho solo qualche graffio. –

- Lascia che diano un’occhiata anche a te. Sanno quello che fanno. –

- Ho detto che sto bene. – la interruppe, secca. Adesso, non le interessava altro che non fosse la salute di Hunter.

Paige si trascinò fino alla porta dell’aula, dove Hunter era stato condotto e affidato alle cure di un Anziano. Si aggrappò allo stipite e sbirciò all’interno.

- Se la caverà, vedrai. – le fece la Winterbourne. – E’ forte. –

Paige appoggiò la fronte contro il muro, socchiudendo gli occhi. Voleva solo un po’ di riposo. – Lo so. –

La donna le concesse alcuni secondi, poi le posò una mano sulla spalla. – Ascolta, Paige, so che forse questo non è il momento migliore, ma prima è passato Leo. –

Paige si voltò lentamente verso di lei, gli occhi gonfi e la fronte contratta. – Leo? –

La Winterbourne annuì. - Ti cercava. Ha lasciato i bambini alla nursery, e mi ha chiesto di dirti, non appena ti avessi vista, di tornare subito a casa dalle tue sorelle. -

- Ti ha detto anche di cosa si trattava? –

– No, ma sembrava importante. –

 

*****

 

Gli sguardi stupefatti di Piper e di Phoebe si posarono sulla sorella, non appena questa ebbe superato soglia della soffitta.

Aveva i vestiti tutti impolverati, i capelli in disordine e l’aria distrutta. Il tessuto della maglietta era abraso all’altezza del bacino, su entrambi i fianchi, mentre i pantaloni presentavano un ampio strappo sul ginocchio e diverse macchie di terra. Gli occhi erano gonfi e stanchi, marchiati da due cerchi scuri che le conferivano una sorta di involontario trucco gotico.

E nonostante il tentativo di nasconderlo, camminava barcollando.

La voce stridula di Piper spezzò quell’attimo di gelido silenzio. – Paige! –

- Presente. – rispose lei, svogliatamente.

Non aveva idea del perché Piper e Phoebe volessero vederla così urgentemente, ma importante o meno, il copione si era ripetuto per l’ennesima volta. Aveva dovuto interrompere ciò che stava facendo, qualunque cosa fosse, per rispondere alla chiamata alle armi delle sorelle.

Era stata costretta a lasciare Hunter, ancora privo di conoscenza, alla scuola di magia, nelle mani di un Anziano che nemmeno conosceva. Non aveva avuto il tempo di aiutarlo, né di sapere come stava.

Perciò, francamente, o il mondo stava per crollare, o le condizioni di Hunter rimanevano la sua priorità.

- Mio Dio, Paige, che ti è successo? – la squadrò Phoebe, col suo solito atteggiamento canzonatorio. – Hai fatto baldoria ieri sera, o sei stata investita da un camion? –

- Peggio: demoni. – rispose secca l’altra.

Al sentir nominare quella parola, Piper drizzò le antenne. – Sei stata attaccata? –

Paige abbassò gli occhi sulla maglietta lacerata. Non era forse abbastanza evidente? – Già. –

La più grande si precipitò verso di lei, mentre la sua classica espressione apprensiva prendeva il sopravvento. Era chiaro, oramai, che i loro sospetti sull’armata di Jiroke fossero giusti. L’invasione proseguiva senza sosta, e non guardava in faccia nessuno. Dovevano fare presto.

- Quanti erano? –

- Tanti. –

Piper spinse la poltroncina verso la sorella. – Avanti, siediti e raccontami cos’è accaduto. –

Paige accolse l’invito e ne approfittò per riposarsi, ma non aveva molta voglia di parlare. – Lascia perdere, dai, sto bene. – sospirò.

- Veramente? –

Paige esibì un sorrisetto forzato ma compiaciuto. – Dovresti vedere gli altri. –

Piper le schiaffeggiò la coscia. – Ma dove diavolo ti eri cacciata? Ci hai fatto stare in pensiero tutta la mattina! –

La minore si strinse nelle spalle. A volte, parlare con Piper e parlare con sua madre sembravano la stessa cosa.

Inoltre, aveva visto quanto le altre due avevano sentito la sua mancanza.

- Ero andata alla scuola di magia. – omise volontariamente ulteriori particolari, sapeva che l’avrebbero criticata. – Volevo scoprire qualcosa in più sul nostro demone. –

- E? – le chiese Piper.

- Qualche informazione è saltata fuori. –

Poi, voltandosi, vide il Libro delle Ombre aperto, con sopra il sacchetto dei cristalli magici e un blocchetto, e il borsone di pozioni in fondo al treppiede.

Lanciò un’occhiata anche a Phoebe. – Voi a cosa stavate lavorando? –

Cominciava a intuire il motivo della convocazione, e certo, sapeva benissimo cosa avevano fatto le sue sorelle durante la sua assenza.

- Noi abbiamo fatto passi da gigante. – rispose Phoebe, con fare un po’ altezzoso, dando l’impressione di voler sottolineare quel “noi”. – E lo sapresti, se non fossi sgattaiolata fuori all’alba. –

Paige lasciò cadere quella provocazione al leggero retrogusto di vetriolo. – Scusate tanto, se ho provato a dare una mano in maniera diversa. –

- Dai, ragazze, non è il momento per i battibecchi. – intervenne Piper, allargando le braccia in direzione delle due contendenti, quasi a volerle separare. – Ci aggiorniamo dopo su chi ha scoperto cosa, ok? Adesso abbiamo un lavoro da fare. -

Paige si sollevò dallo schienale e si sporse in avanti. – E’ per questo che mi avete fatto chiamare? Di che si tratta? –

Piper si girò nuovamente verso di lei. – Ora ti spiego. Ci serve il Potere del Trio. –

Le illustrò ciò che avevano trovato sul Libro delle Ombre a proposito di Jiroke, e il loro piano d’azione. Le raccontò anche delle preoccupazioni di Leo, della teoria secondo la quale anche Patty e Penny dovevano aver affrontato il demone imperatore, e dell’incantesimo che avevano trascritto per eliminarlo.

Dopodiché, mentre Phoebe cominciava a sistemare i cristalli per terra a formare un cerchio, Piper raccolse alcune pozioni dal borsone e ne porse un paio a Paige. – Prendile, giusto per sicurezza. –

Paige sorrise. Negli inferi, quelle pozioni avevano funzionato davvero bene, doveva ammetterlo, e quasi le dispiaceva non poter dare soddisfazione a chi le aveva preparate.

Quando Phoebe ebbe finito, chiamò le altre due a raccolta intorno al Libro delle Ombre. - Allora, se siete pronte, possiamo cominciare. –

Mise al centro il blocco degli appunti, sul quale erano scritti a mano gli incantesimi per evocare e, possibilmente, per eliminare Jiroke, e si armò anche lei di pozioni.

Ombrosa e claudicante, Paige fu l’ultima a raggiungere il treppiede.

Per come era stata studiata la strategia, i compiti erano divisi in maniera tutt’altro che equa. A quanto pareva, Phoebe si occupava di organizzare la trappola con i cristalli e di scrivere gli incantesimi, Piper di bloccare o di disintegrare qualunque cosa fosse apparsa. E lei?

Ecco quanto avevano bisogno di lei. Non aveva dimenticato ciò che aveva sentito la sera prima, al di là delle mura della cucina. Lei non era prevista nel piano. Si trovava lì solo perché il Trio aveva bisogno di una voce del coro in più.

- Piuttosto – intervenne Piper, rivolgendosi nuovamente a Phoebe. – Sei sicura di aver sistemato bene i cristalli? Perché se Jiroke o il suo esercito di demoni sono stati in grado di entrare nella scuola di magia, se non stiamo attente potrebbero spezzare anche la nostra gabbia. –

- Certo – rispose sicura. – Anche se non capisco perché abbiano scelto proprio un posto così protetto per attaccare. Insomma, non hanno ancora imparato niente in questi anni? –

Si voltò poi verso la terza sorella. – Tu hai idea di come abbiano fatto a superare le barriere magiche della scuola? -

Paige la fissò impassibile. Per come erano andate le cose, valeva ancora la pena di sforzarsi di mentire?

- Non ci sono riusciti, infatti. – ammise, senza battere ciglio.

Phoebe aggrottò la fronte. Non era sicura di aver compreso. – Come sarebbe a dire? Non sei stata attaccata dai demoni? –

- Sì – non vedeva più ragione per nasconderlo. – Ma non alla scuola di magia. –

Stavolta fu Piper a farsi sospettosa e intervenire. – Non hai appena detto di essere tornata da… - d’un tratto realizzò e inclinò il capo, lo sguardo inquisitorio. C’era qualcosa che non tornava. – Paige, che cosa hai fatto? –

- Ho provato a sistemare la faccenda a modo mio. – C’era un velo di orgoglio e di appagamento personale, nelle sue parole.

- Paige, che cosa hai fatto? – ripeté Piper, sempre più severa.

- Sono risalita alla fonte. Sapete come si dice, no? Estirpare il male direttamente dalla radice. Ho rintracciato il nostro caro demone imperatore, e sono andata a prenderlo. –

- Da sola? – esclamò Phoebe, sbalordita.

Paige incrociò le braccia. – Ero con Hunter. –

Phoebe mantenne le palpebre spalancate. - Almeno sei riuscita a eliminarlo? –

- Non sono nemmeno arrivata alla porta d’ingresso. -

- Quindi, non solo ce l’hai nascosto – tuonò Piper, d’istinto. – Ma invece di chiamare noi, hai preferito coinvolgere in un fallimento un insegnante della scuola di magia? Paige, ti rendi conto di quello che hai fatto, di cosa avete rischiato? –

- Siamo tornati indietro, no? –

- Sì, tu zoppicando… e Hunter? – a quella domanda, notò l’esitazione negli occhi della sorella. – Gli è successo qualcosa, vero? Ti prego, dimmi è semplicemente rimasto ferito. –

- Ora è alla scuola. – tagliò corto, scansando l’argomento.

Tuttavia, Piper non aveva intenzione di lasciar correre. Qualunque fosse stata la ragione, sentiva di aver sbagliato a difenderla. – E se fosse capitato qualcosa anche a te? Chi vi avrebbe aiutato? –

Di nuovo, per Paige fu come confrontarsi con la madre. – Risparmiati pure le prediche, Piper, non sono una bambina. –

- Sì, lo sei, se non pensi alle conseguenze di ciò che fai! –

- E’ per questo che esiste il Trio. – intervenne anche Phoebe, spalleggiando la sorella maggiore. – Qui non si tratta di fare da soli, si tratta di averci escluse dalla nostra missione. –

Paige le scagliò un’occhiata di fuoco. – Proprio tu, vieni a dire a me una cosa del genere? –

L’altra contrasse i muscoli della fronte. – Che intendi? –

Paige scosse la testa, buttando fuori il fiato. Faceva sul serio, o stava solo fingendo di non capire?

Respirò a fondo un paio di boccate, mentre sentiva ancora gli sguardi delle sorelle puntati su di sé. Ripensò ad Hunter. Il suo dovere di Strega doveva ritornare in primo piano.

- Lascia perdere. –

Irritata, strappò frettolosamente il blocco dalle mani di Phoebe e lo sollevò in aria. – E adesso, visto che mi avete fatto venire qua solamente per questo, che ne dite di compiere questo maledetto rituale e liberarci una volta per tutte di questo stra-maledetto demone? -

Era ciò che doveva essere fatto fin dall’inizio. Le altre due acconsentirono, ma la tensione era ancora nell’aria. Sapevano che non era ancora finita.

Le voci delle Streghe si levarono all’unisono, ognuna macchiata da una diversa emozione.

 

Le grandi forze noi invochiamo

Alla magia ci affidiamo

Perché il male possa scovare

In qualunque terra o mondo lo possa trovare

Per tutta la storia e l’onore

Compaia davanti a noi il demone imperatore.

 

Trascorsero i secondi, interminabili per loro. Piper aveva già posizionato le mani in direzione del cerchio di cristalli, assumendo la posizione da battaglia, Phoebe aveva estratto le pozioni e stava mirando nel solito punto.

Aspettarono che l’essere malvagio comparisse davanti a loro.

Niente.

Ripresentarono l’incantesimo, alzando il tono. Nessun effetto.

Non era un buon segno.

Piper lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, indispettita, mentre le tornavano in mente le preoccupazioni di Leo. – Adesso ce l’abbiamo il Potere del Trio, quindi perché non sta funzionando? –

Phoebe scosse il capo, perplessa, pensando a cosa potesse esserci di errato nella formula.

Invece, in disparte, nel suo angolino, Paige sembrava avere le idee dannatamente chiare.

- Forse perché non è così che dovrebbe funzionare un Trio. – una stilettata avvelenata, ben assestata e dritta al cuore.

Piper fu la prima a girarsi di scatto, confusa. Paige si stava comportando in maniera davvero strana. – Che cosa hai detto? –

Paige non si scompose di un millimetro. Aveva capito benissimo.

Avrebbe potuto rinfacciare alle sue sorelle tutto quanto, così come avevano fatto loro nei suoi confronti. Ma non lo fece. Perlomeno, non subito.

Le bastò pronunciare un solo nome, per assaporare una certa rivalsa.

- Forse con Prue le cose funzionavano diversamente. Magari funzionavano meglio. –

Stavolta fu Phoebe a guardarla storta. – Che c’entra adesso Prue… - la frase sfumò a metà. Lentamente, iniziò a rendersi conto di cosa intendesse la sorella. Si sporse verso di lei, accentuando lo stupore. – Ancora con questa storia? Credevo ti fosse passata! –

L’espressione disegnata sul volto di Paige si era incattivita. – Dimmi come sarebbe stato possibile, visto che niente è cambiato di una virgola. –

- Ma di che stai parlando? Si può sapere perché fai così? –

L’altra esibì una smorfia, l’aria provocatoria. – Giusto, probabilmente dovrei tornarmene alla Scuola di Magia e rimettermi in silenzio a leggere, che ne dite? –

Piper si portò le mani sui fianchi. – Ok, non ti seguo. Di cosa staremmo discutendo, esattamente? –

- Del fatto che, se mi chiamassi Prue, non ci sarebbero tutti questi problemi. – rispose Paige, volgendole un’occhiata di sfida.

- Non è possibile, non ci credo. – sbuffò Phoebe, in un risolino nervoso. – Non puoi avercela ancora con me perché ho fatto un po’ di confusione. Andiamo, tu non hai mai combinato casini? Che mi dici della tua caccia segreta al demone, allora? –

- Ho fatto ciò che andava fatto. –

- E hai sbagliato. – la pungolò severamente.

Paige scosse la testa. - Come al solito, no? –

L’altra proseguì a testa bassa, senza mezzi termini o, ancora peggio, scrupoli. – Non è colpa mia se soffri di complessi di inferiorità. –

- Mio Dio, Paige… - intervenne Piper, bisbigliando, lo sguardo deluso. – E’ per questo, che hai tirato su tutto il teatrino? –

La sorella più giovane si limitò a fissarla, senza replicare. Era molto più difficile discutere con Piper, e odiava quello sguardo, anche quando era certa di avere ragione.

- Insomma, Paige, tu ti stai lamentando di non essere tenuta in considerazione. Eppure, sei stata tu a sparire da casa e, senza dirci assolutamente nulla, hai preso e sei partita per gli inferi. Mettendo, oltretutto, a rischio la vita di un insegnante della scuola! Ti rendi conto di ciò che hai rischiato facendo, ancora una volta, tutto di testa tua? –

Paige incassò il colpo e, pronta, lo rispedì al mittente. – Se vi avessi proposto un’idea del genere, sareste venute? –

- Non è questo il punto! – ribatté la maggiore.

- E invece è proprio questo. Perché io non sarò perfetta, ma almeno il nostro legame per me conta qualcosa. – il tono si stava accendendo. – Fosse stato solo per il nome, ci sarei passata sopra. Ma siccome sappiamo benissimo, tutte noi, che nei vostri piani io non avrei dovuto nemmeno trovarmi qui, allora, se permetti, c’è qualcosa che proprio non mi va giù. –

Riuscì a spiazzarle. Le altre due si scambiarono un’occhiata indecisa, chiedendosi a cosa si riferisse. Paige si accorse che stavano prendendo tempo. - Vi risparmio la fatica. So cosa avevate in mente per il demone, ero qui ieri sera, vi ho sentito. Non mi avete ritenuta necessaria, volevate escludermi. Ma se non ricordo male, il potere del Trio si realizza in tre. E sono convinta che, se ci fosse stata Prue, non vi sareste comportate in questo modo. –

Piper contrasse i muscoli della fronte. Il confronto tra Prue e Paige, forse, era un argomento che avevano evitato per troppo tempo. – Ora stai esagerando. Vogliamo bene a te esattamente quanto ne volevamo a lei. Non hai il diritto di metterlo in dubbio, soprattutto dopo quello che abbiamo passato. –

- Ce l’ho, invece, se vedo che non è così. – A questo punto, non poteva più lasciarsi impressionare.

Phoebe, intanto, si era scaldata e dimostrava di non accettare minimamente le parole della sorella minore. – Il tuo ragionamento è ridicolo. E tu ti stai comportando in maniera infantile. –

– Forse siete voi a vedermi così. – annuì, sicura di sé. - Pensate sempre che non valga la pena ascoltarmi. E’ successo più di una volta, come con Cole, quando dicevo che era diventato la nuova Sorgente, o quando cercavo di avvertirvi sulle reali intenzioni delle Incarnazioni. Ve le ricordate, no? – prese il silenzio come un tacito assenso. – Ogni volta c’erano di mezzo i vostri sentimenti, ma indovinate un po’? Avevo sempre ragione! –

- Quindi stai dando a noi la colpa di tutto? – continuò ad attaccarla Phoebe.

L’aria era asfissiante. Le tre ragazze stavano reagendo al contrasto in modi completamente diversi. Phoebe tamburellava nervosamente sul Libro delle Ombre, irritata dal vittimismo di Paige. Piper era rimasta senza parole, e per carattere, poteva percepire ciò che Paige stava esprimendo. Quest’ultima, infine, era perfettamente consapevole della bomba che aveva appena lasciato cadere su villa Halliwell.

- Mi chiamate sempre e solo quando non potete farne a meno. – proseguì Paige, ormai decisa a sfogarsi per intero. – Quando c’è da curare qualcuno o fare da babysitter. –

Piper, tra le tre, sembrava l’unica disposta a conciliare, o almeno a provarci. – Non puoi pensarlo veramente. – era un sussurro fievole, amaro.

- Invece sì. – anche il tono di Paige si stava lentamente incrinando, per quanto cercasse di mascherarlo. - Io non ho mai voluto passare avanti a nessuno, e non ho mai osato mettere in discussione il rapporto che avevate con Prue. So cosa significa perdere la persona che ami di più al mondo, e so di essere arrivata fino a qui come rimpiazzo. Ma ne ho abbastanza. Io ho sempre dato il meglio di me, e sono stanca di essere sempre l’unica a beccarsi le critiche, o l’unica che sbaglia. –

Era davvero stanca, ed era ora di finirla. L’incantesimo non funzionava, i loro piani erano falliti. E Hunter aveva bisogno di lei.

Lasciandosi sorelle e Libro delle Ombre alle spalle, Paige si incamminò verso la porta della soffitta. Ogni passo pesava come un macigno.

- Dove stai andando? Abbiamo un demone di cui occuparci. - Il richiamo energico di Phoebe la fermò sulla soglia. Non l’avrebbe lasciata andare via così. – Che vorresti fare, mollare tutto per la tua insicurezza… di nuovo? –

Paige trasse un lungo sospiro, ma non si voltò neanche. – Non è per mollare che sono diventata una Strega. Troveremo il modo di eliminare quel demone, lo facciamo sempre. E forse, prima o poi, capirete che non sono io quella egoista. –

Chiuse gli occhi, non aveva più voglia di parlare. Si lasciò avvolgere da un’aura di scintille bianche e azzurre, svanendo e orbitando diretta alla scuola di magia.

Il silenzio ripiombò sulla soffitta e sulle sorelle rimaste. Villa Halliwell aveva visto giorni migliori.

Il Libro delle Ombre giaceva sul treppiede, chiuso, in una delle rare volte in cui non era stato d’aiuto.

Ma c’era un altro dettaglio, ancora più importante, che in mezzo a tutto ciò che era successo, purtroppo, era passato inosservato.

Il simbolo della Triquetra, sulla copertina del Libro, aveva cambiato forma.

 

*****

 

Esisteva uno strumento, chiamato La Carta del Tempo, che permetteva di osservare tutto il presente, qualunque cosa stesse accadendo, in qualunque parte del mondo.

Era stato creato da un demone potentissimo, con lo scopo di controllare il continuum spazio-temporale. Le cronache narravano che fosse andato smarrito durante una violentissima battaglia contro le supreme del Bene. La fazione malvagia ne era uscita debellata, e da allora, non c’era più notizie né della Carta del Tempo né del demone stesso.

In molti si erano lanciati alla ricerca di questo misterioso oggetto, tra creature assetate di potere, e Anziani che miravano a conservare l’equilibrio. Tutti senza successo.

Nessuno poteva immaginare che la Carta del Tempo fosse finita tra le mani di Jiroke.

Quel giorno, in una delle sale segrete del castello, l’imperatore la stava consultando con grande interesse.

Aveva visto tutto quello che era successo nella soffitta delle Prescelte. Il loro destino si stava compiendo, e lui era sempre più fiducioso per l’esito dello scontro.

D’un tratto, la figura di Hewon si materializzò alle sue spalle, in una cortina di fumo. In sottile soggezione, sperando di non disturbare, si avvicinò mantenendo il silenzio e il riguardo.

Nonostante il prestigioso ruolo che ricopriva, a volte, rimaneva ancora impressionato dall’imponenza del suo sovrano. Maestoso in confronto agli altri esseri, la pelle forgiata nella lava dell’inferno, capace di incenerire chi gli stava di fronte con un solo sguardo.

- Aveva ragione, signore. -

- Lo so. – Il tono di Jiroke era profondamente soddisfatto. Avere occhi anche in superficie non poteva che ripagarlo con la crescita del suo dominio. – Proprio come avevo previsto. Il Potere del Trio si è spezzato. -

 

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Capitolo 6
*** 06. Off, You Go [part 1] ***


06. Off, you go [part 1]

 

Tremava. Sentiva i nervi a fil di pelle, il sangue che continuava a pompare rabbiosamente nelle vene, pronte a scoppiare da un momento all’altro.

Orbitando via da casa, si era precipitata subito alla Scuola di Magia. Non esisteva altro posto in cui avrebbe voluto essere, dopo ciò che era successo.

Le discussioni con le sue sorelle non erano niente di nuovo, ma raramente avevano raggiunto un tale livello di avvelenamento. Erano stati tirati in ballo argomenti delicati, personali, affettivi, e ognuna di loro aveva una propria verità. Sembrava molto più complicato del solito, far cambiare idea a chi era convinto di aver ragione. In pratica, a tutte e tre.

Paige si guardò intorno, nel silenzio che avvolgeva la biblioteca. Tra gli scaffali, si vedevano ancora chiare le facce impaurite e agitate degli studenti.

Doveva essere stato scioccante, per loro, veder apparire all’improvviso un professore, in fin di vita tra le braccia di una delle Prescelte.

Senza un reale motivo, Paige si immaginò come potesse essere una lezione a proposito di questo, mentre si incamminava lungo l’infinito corridoio. Adesso doveva gestire la sua, di preoccupazione.

Varcò la soglia della nursery, rallentando immediatamente il passo con fare circospetto. Leo era dal lato opposto, vicino alla finestra, a giocare con Wyatt e Chris.

Si concesse un leggero sorriso, osservando un padre che si prendeva cura dei propri figli con tanta devozione. Era una qualità che aveva sempre amato in Leo.

Ma non si fermò. Lui non l’aveva vista, e non voleva che lo facesse.

Attraversò la sala, dirigendosi spedita verso l’ufficio della signora Winterbourne. Non la entusiasmava molto, dover parlare con lei, ma non aveva alternative.

- Paige! – la tutrice la accolse con un’esclamazione, appena la vide. – Sei già tornata? –

Paige serrò le labbra, contenendo una smorfia. – Non me ne sarei mai voluta andare. –

La donna notò nella Strega un’aria particolarmente scossa e insistette. – E’ tutto ok? –

- Ho fatto quello che dovevo fare. – annuì Paige, risoluta. Non voleva perdere altro tempo. – Come sta Hunter? –

- Meglio, ora sta riposando. - rispose la Winterbourne, indicandole col dito una stanza un po’ più avanti. – Vieni con me. –

La accompagnò fino alla porta, chiusa, e le fece cenno di aspettare prima di proseguire.

- Senti – sussurrò a bassa voce. – L’Anziano che l’ha curato ha rilevato tracce di veleno nella ferita. Ho chiesto a Hunter cos’era successo, ma è stato piuttosto vago con le spiegazioni. Prima che qualcun altro faccia domande scomode, lo chiedo anche a te. Sappiamo che eri con lui, Paige. In che guaio vi siete cacciati? –

Paige assottigliò gli occhi e scosse il capo. - E’ una lunga storia. – rispose laconica, afferrando la maniglia e lasciandosi la signora Winterbourne alle spalle.

Trovò Hunter disteso sul divano, con le mani incrociate dietro la nuca e le palpebre socchiuse. Sembrava essersi appena svegliato.

Gli si avvicinò piano, senza fare troppo rumore. – Ehi. – esordì.

L’uomo si girò verso di lei e le rivolse un sorriso affaticato. – Ciao, Paige. Sono contento di rivederti. –

Tra loro, sembrava fosse trascorsa un’eternità, dall’ultima volta in cui si erano lasciati. Anche lei era felice di trovarlo tutto intero. – Come stai? –

- Me la sono cavata bene, a quanto pare. – Hunter si sistemò meglio il cuscino. – Però mi hanno costretto a rimanere qui fermo ancora per un po’. Sai come sono fatti gli Anziani, no? Non importa che tu sia un professore o un elfo, o quanto tu sia forte e rispettato, gli ordini sono ordini. –

Paige spostò un bicchiere d’acqua e si sedette sul tavolino, di fronte a lui. Abbassò per un istante lo sguardo sul pavimento, deglutendo nervosamente. – Mi dispiace. –

Hunter aggrottò le sopracciglia. – Per cosa? –

- Mi sento responsabile per quello che ti è accaduto. Non avrei dovuto coinvolgerti in una missione così rischiosa. – Forse Piper non aveva torto, si era davvero comportata da irresponsabile.

- Ehi, ascoltami bene. – la riprese teneramente Hunter, invitandola a rialzare la testa. – Non sono arrivato dove sono oggi facendomi convincere dagli altri. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per una mia decisione. Credi che, nella mia posizione, non mi sia mai trovato in situazioni di pericolo? Ho visto di peggio, fidati. Ho visto innocenti perdere il respiro davanti ai miei occhi, madri non avere il tempo di piangere i propri figli, Angeli Bianchi cadere in ginocchio sotto il veleno di una freccia. –

Lesse un’esitazione negli occhi impressionati di Paige. – Non è nella mia natura tirarmi indietro, neanche tra le quattro mura di una scuola. Fin dall’inizio, ho capito che avevi bisogno di qualcuno. E quel qualcuno potevo essere io. –

Paige si trovò in difficoltà per rispondere, pure per ringraziarlo. Le era chiara, la ragione per cui era corsa lì. Non solo perché voleva assicurarsi che Hunter stesse bene, ma perché dopo tutto quello che le era capitato negli ultimi giorni, aveva veramente bisogno di sentirsi apprezzata. E Hunter era la persona giusta.

- Le mie sorelle non erano molto d’accordo. – ammise, cercando di apparire disinvolta. – Quando sono tornata a casa, me l’hanno dimostrato in maniera piuttosto esplicita. Avevano ben altri piani in mente, piani di cui io non avrei fatto neanche parte. –

Hunter la scrutò perplesso. – Non sapevano che saremmo andati negli inferi? –

Paige gli fece cenno di no con la testa.

Hunter annuì, comprensivo, e sollevò lo sguardo al soffitto. – Quindi non è vero che erano impegnate. – sussurrò. – E avevo ragione, a pensare che c’era qualcosa che non andava. –

Interpretò il silenzio della ragazza come affermativo. – Hai voglia di parlarne? –

- E’ una lunga storia. – ripeté per la seconda volta.

- Considerato che non tornerò in azione per un po’, direi che ho tutto il tempo del mondo per ascoltarla. -

Paige si lasciò sfuggire un sorriso, imbarazzato ma anche molto amaro. Confidarsi sui problemi che aveva con le sue sorelle era più difficile di quanto immaginasse. Ma Hunter valeva un tentativo.

- Tu mi hai fatto una promessa, ricordi? –

Hunter si voltò verso di lei, l’espressione maliziosa. – Non sono sicuro che conti davvero, se fatta negli inferi, ma sì. Quando tutto questo sarà finito. –

- Esatto, e questa storia è ancora lontana da una conclusione. - dichiarò, sicura della sua scelta. - Ma con o senza le mie sorelle, non ho intenzione di fermarmi finché non avrò distrutto quel maledetto demone. -

 

*****

 

Hewon aveva risposto alla convocazione del suo sovrano immediatamente, e senza dire una parola. In un periodo come quello, tutto sembrava importante per lui.

Jiroke sedeva sul trono, in fondo alla sala. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, e non fece una piega, quando il sacerdote si inchinò al suo cospetto. Gli fece cenno di rialzarsi e di attendere.

Poco dopo furono raggiunti da Cole, ultimo invitato. Portamento fiero, braccia incrociate dietro la schiena, testa alta. Lui non si sarebbe inchinato, non lo aveva mai fatto di fronte a nessuno.

Jiroke accese le due torce ai lati del trono, con la sola imposizione della mano. Il concilio poteva avere inizio.

- Il piano per la conquista del mondo in superficie procede come previsto. Il Potere del Trio, il nostro più grande nemico, si è spezzato. – dichiarò, colmo di una piacevole rabbia. – Si è incrinato sotto i colpi di ciò che gli umani credono una ragione di vita: i sentimenti. Tre anime umane sono difficili da gestire, soprattutto se ognuna deve completare le altre due. E’ questo che le rende deboli. –

Si voltò verso Cole, gli occhi dalle iridi incandescenti. – Ed è questa la ragione per cui ti trovi qui. –

- Non credo di capire. – replicò Cole, impassibile.

- Dovresti, invece. – la voce cavernosa di Jiroke prese il sopravvento. – Sono lieto che tu abbia voluto unirti alla nostra causa, la tua potenza è superiore a quella di tutti gli altri demoni degli inferi. Esclusi i presenti, ovviamente. –

Sembrava volerlo studiare nella profondità della sua anima. - Dici di conoscere tutto, Cole, ma anch’io conosco te. Conosco il tuo passato, so cos’hai combattuto. Metà umano e metà demone. Persino i tuoi genitori appartenevano a due universi perennemente in guerra. –

Cole si chiuse nel silenzio. I giorni di Belthazor erano dimenticati, e quelli da umano decisamente finiti. Per quanto riguardava i suoi genitori, erano come parte di una vita non più sua. Ma probabilmente, tutto questo Jiroke lo ignorava.

- So che, nella tua vita precedente, la tua mente è stata obnubilata dall’amore, le tue azioni guidate dalla passione, la tua anima rovinata dalla dannazione. – proseguì l’imperatore, sempre più persuasivo. – E questo per me è un problema. In battaglia non c’è spazio per sentimenti da deboli, né tantomeno per avere dubbi sulla fedeltà di un soldato. -

Lanciò una fugace occhiata a Hewon, quasi di rimprovero. – Non posso fidarmi dell’esercito che abita gli inferi. Solo io so a quanti fallimenti siamo andati incontro, e nessuno di loro ha ciò che serve per sconfiggere le forze del Bene. –

Poi ruotò gli occhi nuovamente su Cole, l’aria severa. – Ma tu sei diverso. E perché tu possa stare dalla mia parte, è mio assoluto dovere metterti alla prova. –

A quelle parole, Cole aggrottò la fronte e contrasse i muscoli del corpo. Non importava come, c’era sempre qualcosa che tornava a tormentarlo. – Il mio legame con le Prescelte affonda radici più antiche di quanto possa immaginare, e ne ho viste tutte le facce. I suoi dubbi sono leciti, anch’io al suo posto avrei fatto lo stesso. Ma se c’è una cosa da aggiungere a proposito della guerra, è che chi ne prende parte, deve saper imparare dai propri errori. E io non commetterò di nuovo gli stessi errori. –

- Come puoi esserne tanto sicuro? – gli chiese Jiroke, inquisitorio.

- Perché l’amore non è una cosa bella, porta soltanto a soffrire. – Adesso era il suo tono a essersi indurito. – Non dovreste preoccuparvi. Ditemi che cosa devo fare. –

- Parteciperai alla prossima missione. Hewon recluterà un paio di demoni per accompagnarti. – Si rivolse poi al suo sacerdote. – Potenti, mi raccomando. Dovranno eliminare una delle Halliwell. –

Hewon chinò il capo. - Sì, Signore. –

- Potrei sapere quale? – domandò Cole. Nonostante mantenesse una certa rigidità, l’idea pareva averlo seriamente intrigato.

Le labbra del sovrano si piegarono in un sottile sorrisetto sadico. – Lascio a te la scelta. Scommetto che ne hai già una in mente. –

Cole annuì in maniera impercettibile. - Mai avuto dubbi. –

 

*****

 

Stavano sfogliando il Libro delle Ombre da così tanto tempo, che ormai non sapevano più nemmeno cosa cercare. Oltre a quelle che già avevano trovato, non sembravano esserci altre informazioni utili su Jiroke, sulla sua armata o sui suoi prossimi obiettivi.

Avevano impostato la loro prima linea di difesa, e avevano fallito.

Piper appoggiò il Libro sul tavolino e sprofondò con la schiena sul divano, portandosi una mano sulla fronte. Le si stavano incrociando gli occhi, a forza di leggere. – Secondo te che cosa c’era di sbagliato nella formula che abbiamo usato? – domandò a Phoebe.

La sorella, seduta sulla poltrona alla sua destra, si massaggiò le ginocchia. – Nella formula? Niente. In nostra sorella? Un sacco di cose. –

- Dai, non dire così. – mormorò la maggiore, tenendo le palpebre socchiuse. – Te l’avevo detto, che avresti dovuto parlarle. –

- Per sentirmi dire quelle cose? No, grazie. – gesticolò l’altra, stizzita. – Non starai mica pensando che avesse ragione, vero? –

Piper scattò su con la testa. Forse era stata troppo dura con Paige, ma era difficile dire quale, tra le due sorelle, avesse più ragione dell’altra. – Sì e no, forse… non lo so, ecco. Sembrava parecchio arrabbiata, però. E se non volesse tornare? –

- Ritornerà. – affermò Phoebe, con aria provocatoria. – Oh, andiamo, è come al suo solito. Farà un po’ di scena, e tra un po’ la rivedremo qui. –

- Ma questo non risolverà il problema. – insistette la più grande, lanciando un’occhiata al Libro delle Ombre.

- Vorrà dire che faremo come ha detto Paige: troveremo un altro modo per eliminare il demone imperatore. Con o senza il Potere del Trio. – indicò anche lei il Libro. – Ci sarà pur qualcosa che ci possa aiutare, no? –

- Speriamo. – borbottò Piper, contraendo le labbra in una smorfia. – Tu sei riuscita ad avere qualche premonizione? –

- Non ne ho più avute dal primo attacco. – ammise Phoebe, sconsolata. – A proposito, il Libro non dice nulla sul perché il mio potere abbia deciso di spengersi all’improvviso? –

La sorella scosse il capo. – Niente di niente, sul tuo black-out. –

Era semplicemente l’ennesimo problema che andava a sommarsi agli altri. Avevano una sorella che le odiava, incantesimi e poteri che non funzionavano, il Libro delle Ombre che faceva fiasco nel momento del bisogno. Era chiaro come il sole, che c’erano molte cose che non andavano.

Nelle loro battaglie con i demoni, raramente si erano trovate senza idee chiare sulla prossima mossa da fare.

L’esercito di Jiroke, invece, sapeva benissimo come rendere le giornate delle Halliwell un vero inferno.

D’un tratto, il soggiorno della villa fu preso d’assedio dai demoni.

Due ragazzoni alti e robusti, equipaggiati e corazzati di tutto punto. Il primo, biondo e con i capelli raccolti in una coda di cavallo, richiamava delle lontane sembianze umane. Indossava un’armatura di cuoio, che gli proteggeva spalle, petto e gambe, e brandiva una grossa spada.

L’altro, di carnagione più scura, quasi tendente al violaceo, rappresentava in pieno il prototipo di mostro del sottosuolo. Aveva il corpo coperto di scaglie, le zanne aguzze e un paio di corna che spuntavano da sopra le orecchie.

E accanto a loro, nella tenebrosa eleganza di un abito nero, c’era Cole. Rigido, lo sguardo glaciale, a mascherare tutta l’eccitazione di essere di nuovo lì.

Era stata fin troppo facile, la domanda di Jiroke su quale sorella andare a prendere per prima. Avrebbe preferita trovarla da sola, ma la presenza di Piper non sarebbe stata d’intralcio.

Un sottile ghigno gli si dipinse in volto.

Le Halliwell erano schizzate in piedi. La sua comparsa doveva essere una sorpresa, qualcosa di inspiegabile. Eppure, era come se si rifiutassero anche solo di guardarlo…

Il demone biondo digrignò i denti e agitò la spada, il mostro emise uno spaventoso ruggito.

Piper, con una reazione poco impressionata, sollevò un sopracciglio e si voltò verso la sorella. – E questi due da che film sarebbero usciti? –

Cole sentì i muscoli della fronte contrarsi. Come “due”?

- Nuovo round, immagino. – osservò Phoebe.

- D’accordo. – proseguì carica Piper. – Vediamo di cosa sono capaci. –

I demoni scelti da Hewon si prepararono all’assalto, per uno scontro che, almeno nella mente del sacerdote e del suo sovrano, avrebbe dovuto risultare epico.

Invece, le due creature infernali ebbero appena il tempo di fare mezzo passo, che Piper, con una mossa fulminea, li aveva già inchiodati a terra. Immobilizzati dal collo in giù, lasciando la testa libera di contorcersi con gemiti primitivi.

Piper scosse il capo irridendoli. – Continuano a mandarli sempre più grossi e sempre più lenti. Possibile che, dopo tutti questi anni, non ci abbiano ancora capito nulla? –

- Più grossi sono, più rumore fanno quando cadono. – commentò Phoebe. Si avvicinò al biondo, squadrando da cima a fondo il suo fisico scultoreo, mentre lui le ringhiava contro. – Questo è più carino del solito, però. –

- Non avevo dubbi. – rispose Piper, sorridendo.

Anche Cole si sentiva pietrificato, ma per un’altra ragione.

Era strano, nessuna reazione… Nessuno stupore, nessuna rabbia, nessuna paura.

E lui poteva muoversi. Il potere di Piper non aveva avuto effetto su di lui, ma nessuno sembrava essersene accorto. Le Halliwell non lo stavano degnando nemmeno di uno sguardo.

Un terribile sospetto iniziò a farsi largo.

Armò la mano destra con tutta l’energia che aveva, e la scagliò con violenza contro le Streghe.

Sperò di sbagliarsi. Ma la sfera attraversò come un fantasma la spalla di Phoebe, per poi dissolversi nel nulla oltre il vetro della finestra.

Faceva fatica a respirare. Era impossibile, non poteva accadere veramente.

Intanto, i due demoni che lo avevano accompagnato si erano voltati verso di lui, in una disperata richiesta di soccorso. La fase della tortura era terminata, e Piper era ormai pronta per eliminarli.

- Aiutaci. – mormorò, roco, il biondo.

Cole lo ignorò, ancora sbigottito. Non c’era niente che potesse fare. Né per aiutare loro, né se stesso.

Non gli restava altra mossa che l’ennesima fuga, come quando era Belthazor. Nessuno sarebbe stato felice dell’esito della missione.

Un’ultima, istintiva, occhiata a Phoebe, prima di abbandonare la villa delle Halliwell, e lasciare che Piper disintegrasse definitivamente gli altri demoni.

Fece una promessa a se stesso: avrebbe capito come non renderlo un addio.

La densa nuvola di fumo, che si era sparsa nel soggiorno a seguito dell’esplosione, iniziò lentamente a diradarsi.

Phoebe andò a sedersi sul bracciolo della poltrona, mentre Piper continuava a fissare il punto in cui erano apparsi i demoni. Si portò le mani sui fianchi e corrugò la fronte. C’era qualcosa di strano, nell’attacco appena sventato.

- Secondo te con chi stavano parlando? – chiese infine alla sorella minore.

Phoebe fece spallucce. - Probabilmente con il loro super imperatore massimo. –

Piper scosse leggermente il capo, accigliata. – Già… -

Come immaginava.

Forse stavano sbagliando strategia. Inutile sperare di ottenere maggiori informazioni da due demoni come quelli, ennesimi pedoni sullo scacchiere di Jiroke.

Stavano combattendo alla cieca, aspettando ogni volta l’invasione successiva, senza avere un’idea delle risorse su cui poter fare affidamento.

Non erano al sicuro. E senza una mossa decisa, le cose non sarebbero migliorate.

Pensò di essere stata troppo severa con Paige. In fondo, anche se aveva sbagliato, le sue intenzioni erano giuste. Aveva cercato di dare una mano, senza chiedere nulla a nessuno. Ormai non era più la Strega timida e inesperta dei primi tempi.

- Forse dovremmo ritentare col Potere del Trio. – propose, quasi in un sussurro. Immaginava che Phoebe sarebbe stata contraria.

La sorella, infatti, le lanciò una rigida occhiata. Era ancora troppo presto.

Trattenendo a fatica una smorfia, si tirò su dalla poltrona. L’idea non la faceva impazzire, ma volle fidarsi dell’intuito di Piper. Si trattava pur sempre del loro dovere, no?

- D’accordo. - soppresse un sospiro d’orgoglio. - Andiamo a prendere Paige. –

 

 

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Capitolo 7
*** 07. Off, you go [part 2] ***


07. Off, you go [part 2]




La furia di Cole si stava scatenando sotto forma di esplosioni che rimbombavano per tutti i sotterranei.

Abbandonata la casa delle Halliwell, aveva deciso di rifugiarsi nella sua vecchia grotta, lontano da ogni altra cosa. Da allora, non faceva altro che scagliare sfere d’energia contro le pareti.

Una, un’altra e un’altra ancora, tra le urla di frustrazione e le mura di pietra che tremavano. La violenza era il metodo più efficace che conosceva, per sfogare la sua rabbia.

Rabbia che in quel momento appariva folle e incontrollabile, ma che in realtà non era mai stata così lucida.

Era stato un fallimento, in ogni senso.

Al diavolo la missione, non era quello che lo impensieriva. Aveva scoperto di non essere veramente libero. Si era convinto di aver sconfitto la morte, di aver spezzato le catene, di essere riuscito a beffare il destino e alle grandi forze del Bene, sfuggendo al Limbo.

Invece era stata tutta una farsa, tutta un’illusione.

C’era qualcosa che ancora lo teneva bloccato. Riusciva a interagire, a usare i suoi poteri con tutti gli esseri di entrambi i mondi, ma non con le tre Prescelte. E questo lo stava facendo impazzire.

Dannazione, perché proprio loro?

Scaraventò un’altra sfera contro le rocce.

Non doveva andare così. Se ancora non esisteva, allora aveva lottato, aveva sofferto, aveva ucciso per nulla.

Si fermò un istante, inspirando a fondo per riprendere fiato. Le fiamme delle torce ardevano possenti, e rischiaravano l’angusta caverna.

Phoebe.

Sapeva che non sarebbe stato facile. Ma dopo anni trascorsi lontano, il loro primo incontro non solo non era stato come lo aveva immaginato, ma se possibile era andato pure peggio.

O forse, non esisteva proprio un modo giusto per immaginarlo.

D’un tratto, la figura ingessata di Hewon fece la sua comparsa. Inquieto e inquietante, composto e con le mani conserte dietro la schiena, si mise ad osservare lo strano comportamento di Cole. Utilizzando la Carta del Tempo, aveva assistito a quello che era successo a casa delle Streghe.

- Perché sei sparito in quel modo? – chiese infine il sacerdote, vedendo però ignorato, come un ospite non invitato. – Cosa c’è che non va? –

Cole digrignò i denti, facendo scoppiare un ultimo boato. Poi si voltò verso Hewon.

- Perché loro non riescono a vedermi? –

Il demone santone si fece ancora più cupo. Si era posto la stessa domanda. – Non ti so rispondere. –

Cole scosse il capo e andò a sedersi, con la mente che viaggiava verso immagini lontane, passate e future.

Abbassò lo sguardo a terra, e chiese a Hewon di lasciarlo da solo.

Per nessuna ragione si sarebbe mostrato debole, non poteva permetterselo.

Ma come avrebbe fatto a ottenere ciò che desiderava, restando invisibile proprio ai loro occhi?

 

*****

 

La scuola di magia fu il primo posto in cui Piper e Phoebe, andarono a cercare la sorella. Non avevano dubbi che, con tutto quello che era successo, Paige si fosse rintanata lì.

Iniziando dalla biblioteca, dove sapevano che Paige trascorreva gran parte del suo tempo, le due Streghe chiesero letteralmente a qualunque studente, insegnante o elfo capitasse a tiro, se avessero visto la loro sorella minore.

In realtà, fu soprattutto Piper a farsi avanti, mentre Phoebe passeggiava controvoglia nello stanzone, lanciando occhiate qua e là. Aveva scelto di seguire l’idea di Piper, certo, ma ciò non significava essere d’accordo su tutto col sorriso sulle labbra.

Aleggiava una strana aria nella scuola, con molti ragazzi ancora preoccupati per ciò a cui avevano assistito poco prima. Molti di loro non sapevano dove altro sentirsi veramente al sicuro.

L’unica, oltre ovviamente alle alte cariche, che sembrava in grado di mantenere l’ordine e dare delle risposte, era la signora Winterbourne.

La donna, intenta a raccogliere libri per la nursery, si voltò di scatto quando udì il suo nome, richiamato dalla maggiore delle Halliwell.

- Salve, ragazze. – esordì, notando anche Phoebe, qualche passo più indietro. – In un certo senso vi stavo aspettando. Sapete, i ragazzi sono ancora piuttosto spaventati. Siete qui per Paige o per capire cos’è successo? –

Piper inarcò lievemente un sopracciglio. – Diciamo per entrambe. –

- Immaginavo. – annuì laconica la Winterbourne.

- Sa dirci dove possiamo trovare nostra sorella? – proseguì diretta Piper. Prima avrebbero eliminato il demone imperatore, prima avrebbero trovato tempo e modo di sistemare i loro problemi familiari. E questo era ciò che le importava di più.

L’insegnante si risistemò gli occhiali e allungò il braccio di fronte a sé. – Perché non provate a chiedere al professor Myers? Pare che ultimamente stiano passando molto tempo insieme… -

- Perfetto, la ringrazio. – le rispose tra i denti.

Ripartì a passo svelto in direzione del corridoio, seguita dalla sorella minore. Mentre attraversavano la biblioteca, alcuni studenti si fermarono a guardarle, l’aria ancora intimorita. Piper annuì verso ognuno di loro, cercando di infondergli fiducia, perché sapeva che era proprio di quella che avevano bisogno.

Fiducia, un concetto messo evidentemente a dura prova, negli ultimi giorni.

Superate le porte di tre aule, lanciò una breve occhiata alla sorella. Aveva preferito ignorare il tono malizioso della Winterbourne, riguardo un possibile coinvolgimento tra Paige e Hunter, mentre era sicura che Phoebe, a giudicare dal sorrisetto appena accennato, non aveva fatto lo stesso.

Mettere in mezzo anche un uomo, significava soltanto aggiungere, ad un contesto già problematico di suo, una distrazione in più. Paige aveva commesso un errore, e Piper sperò di non doversene più preoccupare.

Le due Halliwell arrivarono alla porta dello studio di Hunter Myers. Piper ci si fermò davanti, esitante.

- Credi che dovremmo bussare? –

Phoebe scosse il capo con veemenza. – Via il dente, via il dolore. – rispose secca, allungando il braccio di fronte a Piper e afferrando la maniglia. Spalancò la porta, e invitò la sorella ad andare avanti.

- Prima gli anziani. –

Piper le rivolse una smorfia e varcò la soglia. Lo studio del professore era una sorta di piccolo soggiorno. Una parete era interamente coperta da scaffali, mentre quella opposta ospitava la scrivania in legno, con tanto di lampada, e un leggio. Situati quasi al centro, c’erano il divano di pelle, con un paio di cuscini appoggiati sul bracciolo, e il tavolino in rovere.

Hunter non stava riposando. Leggeva, in piedi accanto alla finestra. Le pagine del libro erano rischiarate dalla luce del giorno.

Si era accorto di non essere più solo. - Di solito chiedo ai miei studenti di bussare, prima di entrare. – esordì, senza spostare lo sguardo di un millimetro. Rispetto alla mattina, il colorito della sua pelle stava rientrando nella norma, e stava riacquistando le forze.

- Noi non siamo più studenti da un bel pezzo. – replicò Phoebe, il tono abbastanza tagliente.

L’uomo abbozzò un sorriso, ma proseguì imperterrito nella lettura.

Piper si richiuse la porta alle spalle, e fece un altro passo nella stanza. – Hunter. –

Lo conosceva da un po’ di tempo, ormai. Su consiglio di Leo, si era rivolta a lui per aggiornarsi sulle tecniche di combattimento e sulle strategie dei demoni, e si era rivelata la persona giusta. Inoltre, spesso le aveva dato una mano per studiare in maniera più approfondita i poteri di Wyatt.

- Abbiamo saputo cos’è successo. –

L’uomo richiuse il libro e lo lasciò sul davanzale. – Siete qui per questo, o per Paige? –

Piper sospirò. Era già la seconda volta che le ripetevano quella domanda. – Per entrambe. –

- E’ qui? – intervenne diretta Phoebe.

- No. – le rispose, altrettanto diretto, Hunter.

Sembrava un pista cieca. Fosse stato per Phoebe, sarebbero già state fuori dalla scuola di magia. Piper, invece, non se ne sarebbe andata prima di aver chiarito anche con lui.

- Come stai? – gli chiese, infine.

Hunter si spostò verso la scrivania, l’aria sempre composta e sicura di sé. – Meglio, mi sono quasi ristabilito. Ma, sapete, non ce la faccio proprio a stare disteso tutto il giorno a riposare. Non sono né malato né moribondo. –

Piper annuì. D’un tratto, si sentiva come la madre che deve difendere la figlia di fronte alla commissione scolastica. Hunter non le stava rinfacciando niente, eppure si sentiva lo stesso in quel modo.

- Non siamo riuscite a parlare molto con Paige. Non ci ha detto cos’è andato storto nella vostra missione. -

Intanto, lui si era messo a sistemare distrattamente il piano della scrivania, in disordine tra pergamene, registri e ampolle. Gli capitò in mano la bacchetta che aveva usato per combattere i demoni. Sollevò gli occhi e li puntò verso la parete.

- E’ stato un peccato che ci abbiano sorpreso. Erano tanti, ma non imbattibili. – raccontò, aumentando il trasporto. – Altrimenti, avremmo potuto farcela. –

- Avremmo dovuto esserci noi. – fece Piper, cercando poi supporto nello sguardo della sorella, appoggiata con la spalla contro uno degli scaffali. L’espressione era seria, ma era d’accordo con lei. – Però… -

- Lo so. – la anticipò lui. – Però c’ero io. -

- Purtroppo Paige non si è resa conto della gravità della situazione. Il demone è più potente di quanto avessimo immaginato, e questa battaglia ci è sfuggita un po’ di mano. Ha sbagliato, non avrebbe dovuto coinvolgerti. Non è da lei mettere in pericolo altre persone. –

Finalmente, Hunter si girò verso di lei. – Capisco di cosa stai parlando, e capisco le tue apprensioni, ma lei non mi ha costretto a fare niente. Aveva bisogno di una mano, così l’ho aiutata. Sarebbe andata comunque, e piuttosto lasciarla andare da sola, ho deciso di accompagnarla. –

Dal suo angolo, Phoebe sbuffò rumorosamente. L’impressione era che Hunter non le andasse proprio a genio. – Il tuo compito non sarebbe quello di proteggere i ragazzi di questa scuola, invece di incoraggiarli nelle loro imprese incoscienti? –

Hunter respirò a fondo. Nonostante l’attacco appena subito, non aveva intenzione di perdere il controllo e risultare sgarbato. La voce si fece comunque più dura. – Ascolta, so che le volete bene. Ma è evidente che ci sono dei problemi irrisolti tra di voi. Questioni tra sorelle, nelle quali non voglio trovarmi in mezzo. Io ho fatto ciò che dovevo. Era lei quella che non volevo mettere in pericolo. –

S’interruppe quando sentì la porta aprirsi di nuovo. Tutti e tre si voltarono nella stessa direzione.

Paige.

Si era bloccata sulla soglia, con la mano ancora attorno alla maniglia. Alla vista delle sorelle, la reazione della minore delle Halliwell fu istintiva. Era andata alla scuola di magia proprio per ritagliarsi del tempo per se stessa, e loro avevano avuto la brillante idea di seguirla?

– Che ci fate voi qui? –

Phoebe incrociò le braccia. In fin dei conti, non si aspettava niente di diverso. Le fece un cenno col mento. – Andiamo. –

Paige assottigliò le palpebre, perplessa. – Come hai detto? –

- Dobbiamo andare. – le ripeté, ottenendo però in cambio il medesimo sguardo.

- Il demone, Paige. – intervenne Piper, il tono turbato. Continuava a non piacerle, quella situazione. – Dobbiamo eliminarlo, e ci serve il Potere del Trio. Abbiamo bisogno di te. –

Paige sembrò fermarsi a riflettere. Sosteneva il contatto visivo con fermezza.

- No. – Glaciale.

- Come sarebbe a dire “no”? – ribatté di getto Piper, inarcando un sopracciglio. Aveva sperato davvero di non dover ripetere quella discussione. Ma forse, tra tutte e tre, era stata l’unica.

- Posso cavarmela anche da qui. Rientrerò quando avrò finito. -

Phoebe appoggiò la nuca all’indietro, contro lo scaffale, e sospirò stizzita. – Avanti, Paige, smettila di fare la bambina capricciosa e torna a casa. Abbiamo un lavoro da fare. –

Paige si sbatté la porta alle spalle. - Esatto, è proprio questo il punto. Voi continuate a considerarmi come una bambina, e invece non lo sono più. – gesticolava, e si stava inasprendo. – Non avete il diritto di piombare qui e dirmi cosa devo fare. Non stavolta. –

Phoebe scosse la testa, poi le indicò Hunter. – E’ forse per lui? Perché non mi pare proprio il momento di correre dietro alle cotte adolescenziali. Ci sono delle vite in ballo, quelle degli innocenti e le nostre. –

La rossa spostò gli occhi prima sull’uomo, poi fuori dalla finestra, rassegnata. - Continuate a non capire. –

- No, forse sei tu che non capisci di cosa si tratta. Non è uno scherzo. Non possiamo utilizzare il Potere del Trio senza di te. Lo sai. –

Paige annuì, per poi lanciare un’occhiata di sfida a entrambe le sorelle. – Non ha funzionato comunque, l’ultima volta. Non è detto che sia per forza io, a sbagliare la strategia per sconfiggere questo demone. – fece una pausa per riprendere fiato. - Sapete una cosa? Magari non avete bisogno di me, così come io non ho bisogno di voi. Avevate già un piano che non mi comprendeva, no? Quindi potete fare benissimo a meno di me. La mamma e la nonna sono sopravvissute da sole, lo faremo anche noi. –

Piper non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva addirittura tirato in ballo la mamma e la nonna? Era davvero quello che pensava? Non potevano continuare così. Da qualche parte, Paige era ancora il terzo vertice del Trio.

- Vuoi davvero che ce ne andiamo? – Suonava come un ultimatum, a cui sperava con tutta se stessa che l’altra rispondesse di no. Eppure, non riusciva a capire perché non potevano rimettere le cose a posto. Soprattutto, perché lei non ci riusciva.

Il silenzio valeva come un sì.

Phoebe si accostò alla sorella maggiore. Ne aveva abbastanza. – D’accordo, se vuole restare qui, che ci resti fino a quando non si sarà schiarita le idee. – le prese la mano, indicando la porta da cui erano entrate. – Vieni, troveremo qualcos’altro sul Libro delle Ombre. –

Piper però non si era data per vinta. Lei e Paige non smisero di guardarsi, di cercare qualcosa, una risposta o qualunque cosa fosse, l’una negli occhi dell’altra. Ma nessuno impedì alle due Halliwell di lasciare la stanza e la scuola di magia.

Rimasta da sola con Hunter, Paige si lasciò cadere sul divano e si portò le mani sulla fronte, in cerca di riposo e tranquillità. Su una cosa sola aveva ragione Phoebe: c’era molto lavoro da fare.

Hunter tornò ad affacciarsi alla finestra, sbirciando pensieroso oltre il vetro.

- Voglio aiutarti, Paige, ma niente sorprese. Perché non mi racconti cos’è successo? –

Stavolta, Paige non poté rifiutare.

 

*****

 

Lasciata la grotta di Cole, Hewon era tornato al castello del suo sovrano e si era diretto immediatamente nella sala del trono.

Trovò Jiroke chino su una tavola di pietra, intento a incidere dei simboli astratti, quasi a comporre un mosaico o un ideogramma. Sembravano appunti di viaggio, magari note sui suoi piani e sulle sue imprese.

Odiava disturbarlo, ma Hewon pensò che ci fosse una buona ragione per farlo. – Signore, potremmo avere un problema. – esordì, con estrema prudenza.

Jiroke tirò appena su la testa, lanciandogli un’occhiata rigida e inquisitoria. Non voleva sentir parlare di problemi in casa sua e, soprattutto, durante la sua guerra. - Di che si tratta? -

- Cole, signore. –

L’imperatore posò ciò che aveva in mano sul trono e si schiarì la gola. – Anche tu hai dubbi sulla nostra alleanza con lui? –

- Assolutamente no. – si affrettò a rispondere Hewon, accigliato. – E’ ben altro. –

- Spiegati. – lo invitò Jiroke, assottigliando lo sguardo. – Che notizie mi porti? -

Il sacerdote annuì, pensando bene alle parole da usare. – Durante lo scontro con le Prescelte… Cole non è potuto intervenire. –

- Cosa intendi? Che lo hanno neutralizzato? – lo interrogò il sovrano.

- No, il punto è che le Halliwell non riuscivano a vederlo né a percepirlo, come fosse incorporeo. Gli altri due demoni sono stati eliminati facilmente. Lui non poteva essere colpito, ma non poteva nemmeno attaccare. I suoi poteri sembrano non avere alcun effetto sulle Sorelle, e questo gli ha fatto perdere il controllo. Ha abbandonato il campo e si è isolato nella sua antica dimora. –

Jiroke parve incuriosito dalla notizia. – Come credi sia possibile? –

- Non ne sono sicuro, signore. Io l’ho visto in azione più di una volta, siamo in grado di avvertire i suoi poteri e la sua aura. Per questo non riesco proprio a capire. –

L’espressione del demone imperatore non mutò di una virgola. Per quanto la sua natura infernale gli impedisse di dimostrarlo, si fidava delle valutazioni del suo braccio destro. Lentamente, si limitò a scendere i due scalini che lo separavano da lui, per poi posargli una mano sulla spalla.

- Vieni, facciamo una passeggiata nei sotterranei. – gli sussurrò, roco, fissandolo nelle pupille.

Fumo e fiamme avvolsero i loro corpi in un vortice, trasportandoli nelle profondità delle segrete del castello.

Era un labirinto di cunicoli, bui e umidi. I suoni echeggiavano tra le pareti e le sbarre delle celle, ancora più scure.

Con uno schiocco di dita, Jiroke accese una fila di torce appese, affinché mostrassero loro la via. Si incamminò, affondando i passi nella terra e nelle pozze, con Hewon che lo seguiva poco dietro.

- Sono sorpreso di vederti così preoccupato. – esordì il sovrano, imperturbabile. – Soprattutto per una ragione che non riguarda direttamente il nostro obiettivo. –

- Io invece penso di sì. – replicò deciso l’altro. – Questo imprevisto potrebbe complicare i nostri piani, signore. –

Jiroke si fermò all’incrocio di due gallerie, come se dovesse decidere lungo quale proseguire. Si voltò verso Hewon, e il suo tono sembrò abbandonare per un istante quell’inflessione cavernosa. – Puntavi molto su Cole, non è vero? –

Il sacerdote drizzò la schiena. – Dico solo che, di quelli che abbiamo reclutato dagli inferi, nessuno si è rivelato all’altezza. Non le mento, sono rimasto affascinato dalla sua storia, dai suoi immensi poteri, da quello che potrebbe fare al nostro fianco. – s’interruppe. - Purtroppo, però, temo che questo non accadrà mai. Ha intrapreso la sua personale campagna contro gli Anziani, e ne è uscito sconfitto. Credo che siano stati proprio gli Anziani a fargli questo, in qualche modo, a mantenere un certo controllo su di lui. Non se lo lasceranno scappare tanto facilmente. Cole è ancora un condannato, forse per l’eternità. –

Jiroke annuì, dimostrando di aver compreso. Subito dopo, senza proferire una parola, imboccò il tunnel a sinistra, e invitò il ministro a fare lo stesso.

- Sai, Hewon, è esattamente per questo che, in guerra, non ci si deve mai lasciare una sola mossa da giocare. Altrimenti, diventiamo prevedibili nei confronti dei nostri nemici. –

Come cominciavano ad avvicinarsi alle prigioni, i gemiti e i lamenti aumentavano d’intensità. – Io non ho mai avuto bisogno di Cole. Anche prima del suo arrivo, avevo già individuato la mia arma definitiva. –

 

 

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Capitolo 8
*** 08. Hell Ain’t Waiting For Nothing ***


08. Hell Ain’t Waiting For Nothing

 

I sotterranei del castello di Jiroke ospitavano anime perdute, creature condannate, ed esseri ritenuti non abbastanza forti o degni per vivere in superficie.

Una luce soffusa avvolgeva come un manto i cunicoli e le gallerie che si diramavano sotto le stanze dell’imperatore. Mozzi di legno, agganciati alle pareti, bruciavano di fiamme eterne, color rubino e cobalto. Il sinistro crepitio delle torce andava a mescolarsi ai gemiti dei rinchiusi.

Le celle, incavate nella pietra, ospitavano due prigionieri ciascuna, per volere di Jiroke. Comandava il buio, mentre per alcuni il massimo della fortuna era qualche stralcio di luce che filtrava attraverso le fessure. Le gocce di umidità che cadevano dalle rocce echeggiavano come un interminabile e frustrante tamburellare sul metallo. Nessun carceriere.

Due figure si muovevano lentamente in una delle celle. La prima, alta e robusta, se ne stava in silenzio con gli occhi puntati nel nulla. Forse un demone. L’altra, arrivata da poco, si contorceva per il dolore delle torture e sprecava il fiato in lamenti. Il sangue aveva imbrattato i vestiti e la terra. Forse un umano.

Le catene, strette attorno alle caviglie di entrambi, sferragliavano e stridevano ad ogni sussulto.

- Se la sorte ti ha sorriso, sei finito nel posto giusto. – sussurrò il demone. – Altrimenti, puoi anche smettere di gridare. Non ti sentirà nessuno. –

L’umano balbettò qualcosa, per poi cedere alle lacrime.

- Il pianto, che strano modo di manifestare la sofferenza. Solo i protetti dai celesti potevano inventare qualcosa di così stupido. Ricordo che mentre la mia razza veniva massacrata dalla vostra, noi sentivamo rabbia e sete di sangue. A loro, invece, interessava solo piangere i caduti. -

Non gli importava che il suo nuovo compagno di sventura lo stesse effettivamente ad ascoltare. Si immerse nel suo racconto, in un sibilo disgustato.

- Di sicuro comandano ancora loro, lassù. Fanno le regole, rendono il mondo un posto peggiore, ci costringono a vivere nell’ombra. Era così anche tanti anni fa. –

Ma allora anche noi eravamo forti e numerosi. Arrivammo a un passo dal conquistare il loro trono. Volevamo sovvertire l’ordine delle cose, volevamo eliminare gli Anziani e riprenderci ciò che era nostro. Potevamo farcela. Gli Anziani non si sarebbero aspettati un attacco così diretto, li avremmo colti di sorpresa. Nemmeno i demoni più infimi avevano paura di sfidare le forze del cielo. C’era il potere in palio.

L’uomo disteso al suolo, intanto, taceva. Probabilmente era svenuto.

Scatenammo l’inferno. Il primo giorno che forzammo i cancelli, urlavamo tutti. Eravamo già sicuri della vittoria. Entrammo e iniziammo a distruggere quello che trovavamo. Le colonne dei loro templi venivano giù come fossero di cartone. All’inizio non trovammo nessuna opposizione. C’era un gruppo di Angeli Neri al comando. Furbi, forse fin troppo. Erano convinti che avessimo a che fare con dei vecchi dalla barba bianca che non facevano altro che ripetere filastrocche. Ci facevano attaccare in massa, senza tregua. Ne abbiamo uccisi parecchi, di Anziani. Mi ricordo com’era, camminare in mezzo a quei corpi inermi e disgustosi, mentre cercavamo di avanzare. Ma la strategia del comando era sbagliata. Anche loro sapevano come combattere. Presto fu chiaro che l’effetto sorpresa si era esaurito appena varcato il primo cancello. Noi eravamo di più, loro avevano più poteri e una migliore organizzazione. Fu l’inizio di una strage. Avevamo l’illusione di salire verso porte del Cielo, in realtà continuavano a respingerci e a eliminarci. Fu sparso molto sangue. Non saremmo durati a lungo così, ma il comando non cambiava. Scontrarsi era inutile. Decisi allora di andarmene per conto mio. Formai una squadra e ci allontanammo, almeno per restare in vita. Ci muovevamo in fretta. Con la mia Carta del Tempo, intanto, potevo vedere che il resto dell’armata, guidata solo dalla voglia di staccare la testa agli esseri celesti, non ascoltava, non si ferma, non si rendeva conto di andare incontro all’eliminazione. Gli Angeli Neri scapparono come codardi. Finì in un massacro. Mentre gli ultimi della mia gente venivano sterminati, noi ci spostavamo di continuo, anticipando le mosse che riuscivo a vedere. Ma fu tutto inutile. Loro ci sorpresero e ci annientarono. Il mio potere fu la mia unica fortuna…

- A proposito, non ti ho ancora detto qual è il mio potere? – Si voltò lentamente verso l’umano. La pozza di sangue in cui versava si era allargata e inscurita. Il respiro si era spento.

Peccato che il tuo soggiorno sia durato così poco, pensò il demone. Ti perderai la fine della storia.

Ero circondato da quei bastardi. Avevo visto i miei compagni disintegrarsi sotto i loro colpi, uno dopo l’altro. Ero rimasto solo io, non ce la facevo più. Loro mi fissavano, erano pronti a farmi fuori e a fare piazza pulita. Eppure in qualche modo riuscii a fuggire. Con le ultime forze che avevo, riuscii ad aprire un varco nello spazio e a proiettarmi indietro sulla Terra. Ma ero distrutto, non fui in grado di controllare la caduta. Mi ritrovai al suolo, in un luogo che non apparteneva né agli inferi né al cielo. C’era silenzio, non potevo muovermi. Credevo fosse la fine. Invece, all’improvviso, una figura annebbiata si avvicinò a me. Avvolto nelle tenebre, ricordo solo che aveva la pelle rossa come il fuoco dell’Inferno.

Tirò un rabbioso strattone alla catena, facendola tuonare. – Non so di cosa essere più grato a quell’essere, se di avermi salvato la vita, o di avermi richiuso qui. –

Il rumore ovattato di passi si fece sempre più vicino alla cella. La porta si schiuse, i cardini cigolarono come il latrato di una bestia morente.

Una figura imponente, la stessa di cui aveva parlato il demone, si presentò sulla soglia. Giudice, giuria, boia. – E’ tempo di novità, Kronos. –

 

*****

 

- Immaginavi che sarebbe andata così con Paige? –

Piper stava sbirciando fuori dalla finestra della soffitta. Le braccia conserte, lo sguardo inquieto. C’era tanto traffico, quella mattina. Il sole rifletteva sulle carrozzerie delle auto, scintillando prepotentemente nei suoi occhi fino quasi ad accecarla.

- Voglio dire, mandarci via in quel modo… -

Senza staccare lo sguardo dal Libro delle Ombre, Phoebe aggrottò lievemente la fronte. – Devo dire che non sono del tutto sorpresa. E’ fatta così, quando si mette in testa una cosa, è dura fargliela passare. –

- E’ proprio una di noi. – sorrise amaramente Piper. – Non credi anche tu che dovremmo riprovare a parlarle? –

L’altra sollevò il capo e posò le mani sul treppiede. – Per cosa, per farci cacciare via di nuovo come due ospiti indesiderati? – il tono risentito. – Paige è arrabbiata, è chiaro. Ce l’ha con noi, anzi, vuole avercela con noi. E stare accanto, in questo momento, non mi sembra l’idea migliore. –

Piper si girò verso di lei, stringendo ancora di più le braccia al petto. – E se non volesse più tornare? –

Phoebe esalò un sospiro. Dopo anni, le discussioni tra sorelle sembravano ormai tutte uguali. – Me l’hai già chiesto, sai come la penso. Vedrai che, una volta sconfitto questo demone, tutto tornerà alla normalità. –

- Sei ancora convinta di poter eliminare Jiroke anche senza il Potere del Trio? – le domandò la maggiore, indicando il Libro delle Ombre. Piper stava dando vita a tutte le sue insicurezze riguardo le due cose che la interessavano più da vicino: i demoni e la famiglia. E per quanto si stesse sforzando, aveva l’impressione di non riuscire a combinare nulla per nessuna delle due.

- Ne sono sicura. – annuì decisa l’altra. – Non posso credere che qui non esista niente per fermare un demone, imperatore, fantino o giullare che sia. Ok, magari la prima formula non ha funzionato, vorrà dire che ne scriveremo un’altra. In fondo, rimaniamo pur sempre due Prescelte, no? –

Piper piegò le labbra in una smorfia. – E’ solo che non mi va di aver lasciato Paige lì da sola. –

Phoebe replicò scuotendo la testa. Non sarebbe andata a rincorrere Paige, pregandola di prendere parte al loro incantesimo, soltanto perché la sorellina magari aveva bisogno di sentirsi la star del proprio film. Almeno, non se potevano farne a meno. – Lei ha fatto la sua scelta. Sa cavarsela benissimo da sola. E poi, non è esattamente da sola. C’è Hunter che le guarda le spalle, e probabilmente anche qualcos’altro… -

- Phoebe! – la riprese la più grande con disappunto.

Phoebe fece spallucce, l’espressione maliziosa. – E’ difficile che mi sbagli su certe cose. -

Piper preferì lasciar cadere il commento. Con il piede, iniziò nervosamente a disegnare archi di circonferenza sul pavimento, in entrambe le direzioni.

- Sono preoccupata per Wyatt e Chris. – ammise infine. – Insomma, fino ad ora hanno provato ad attaccare solo noi. Ma se decidessero di prendersela anche con gli innocenti, con i miei bambini? –

- I bambini stanno bene. – addolcì l’intonazione, cercando di tranquillizzarla. – Finché rimarranno alla scuola di magia con Leo, saranno al sicuro. –

- E se i demoni riuscissero ad arrivare anche lì? Lo so, Paige ha detto che non sono stati attaccati alla scuola, ma… -

- Paige ha detto un sacco di cose, è vero. – la interruppe Phoebe. – Ma non ho ragione di dubitare che la scuola sia ancora off-limits per i demoni. Non ci entreranno, ne sono certa. –

Tornò poi a consultare sul Libro delle Ombre, dando di nuovo le spalle alla sorella. Le aveva comunque dato un motivo in più per sbrigarsi a trovare qualcosa di utile.

Intanto, Piper continuava ad osservare pensierosa la soffitta. Sì, magari Wyatt, Chris e Leo non correvano pericoli. Almeno per ora. Magari Paige avrebbe resistito all’invasione anche da sola, grazie all’aiuto di Hunter. Almeno per ora. Magari non avrebbero fatto niente di impulsivo e stupido. Per ora. Il punto era che, nonostante tutto, non avevano ancora uno straccio d’idea su come sconfiggere quel maledetto imperatore.

Il suo esercito avanzava e sferrava colpi sempre più violenti, mentre loro pensavano solo a difendersi.

L’ultima riflessione le uscì ad alta voce. – Chissà come hanno fatto la mamma e la nonna ad eliminarlo le altre volte. –

Phoebe si voltò di scatto, incuriosita. In fin dei conti, aveva perfettamente senso. – Perché non proviamo a chiederlo direttamente a loro? –

Piper esitò. – Credi sul serio che le lasceranno venire quaggiù? –

- Mi pare che la situazione sia critica abbastanza da poter fare uno strappo alla regola. –

Piper la guardò perplessa per un istante, salvo poi realizzare l’effettiva bontà dell’idea. Le sfuggì un sorriso colorato di speranza, prima di lanciarsi improvvisamente verso la porta.

Phoebe allargò le braccia. – E adesso dove stai andando? Piper! –

La sorella stava già per sparire oltre la soglia. – E’ un’ottima idea, Phoebe, ci sto. – la risposta giunse lontana. - Ma prima devo fare una cosa. –

 

*****

 

Quella mattina, Hunter Myers aveva addirittura annullato una lezione, per stare con Paige.

Si era fatto sostituire dal primo insegnante che gli era capitato a tiro. Gli era sembrato più importante aiutare le Prescelte, o perlomeno una, che cercare di insegnare come far esplodere una mela. Poteva benissimo farlo un altro giorno. Male che vada, gli studenti avrebbero incendiato la lavagna piuttosto che il frutto.

Paige era stranamente taciturna. La ragazza che aveva conosciuto fino ad allora alternava spesso momenti di esuberanza ad altri fatti di poche parole, ma non l’aveva mai vista così.

Era chiaro come il sole che era concentrata, immersa nei suoi pensieri, nella volontà di eliminare quel demone a tutti i costi, nel ricordo della lite con le sue sorelle. Una personalità forte, che a lui piaceva particolarmente, messa a dura prova.

I due si erano riuniti nello studio del professore, avevano adibito la scrivania a piano di studio, e avevano messo insieme tutti, ma proprio tutti, i libri che parlavano o potevano parlare di Jiroke.

Hunter scrutò l’espressione di Paige mentre leggeva, con le pupille che scorrevano da una parte all’altra come un flipper.

Incrociò le mani davanti a sé e appoggiò i gomiti sul tavolo. – Tra questo e ciò che ti hanno raccontato le tue sorelle, dovremmo avere abbastanza informazioni. Perché non ti riposi un po’? –

Paige parve ignorare la domanda. – E’ strano, non c’è scritto da nessuna parte quali siano le origini di Jiroke. – commentò ad alta voce, assorta.

Sfogliò qualche pagina in maniera casuale. – Ci sono due secoli di imprese, battaglie, conquiste e perdite. Negli inferi e in superficie. Sembra di leggere un libro di storia. Qui dice che il suo esercito, uno dei più vasti del mondo sotterraneo, si rinnova continuamente, andando a reclutare demoni o Angeli Neri anche di altre fazioni. –

Hunter sollevò un sopracciglio e piegò le labbra in un ghigno. – Non mi sorprende, mercenari. Vedendo come combattono, molti di quei demoni non durano più di ventiquattro ore. –

Paige si passò una mano tra i capelli. – Parla anche di un castello, il suo quartier generale. Deve essere quello che abbiamo visto quando siamo andati là. –

C’erano diverse storie a proposito di chi aveva affrontato Jiroke e i suoi seguaci, eppure quasi tutte si interrompevano appena arrivavano a menzionare le segrete del castello. Nessuna notizia e nessuna voce, una volta entrata, sembrava uscire da quel posto.

– Paige, posso chiederti una cosa? – Hunter si sporse in avanti, il tono discreto.

Lei si girò a guardarlo, impassibile, e annuì.

- Sei davvero sicura di volerlo affrontare senza le tue sorelle? –

Non aveva dubbi sulla preparazione di Paige, l’aveva vista in azione e si era reso conto che era forte almeno quanto le altre due. Ma come tutti conosceva il Potere del Trio delle Halliwell, e sapeva che, unito, era pressoché invincibile.

La ragazza non aveva bisogno di rifletterci ancora. Aveva sentito quella domanda, anche nella sua testa, fin troppe volte ultimamente. – Mia madre e mia nonna ce l’hanno fatta da sole, posso riuscirci anch’io. –

Fu ripetendo quell’inciso, che cercò di far capire a Hunter che lei non aveva paura. Le Halliwell non avevano mai paura.

Hunter aggrottò la fronte e fece un cenno verso la pila di libri sulla scrivania. – Buon sangue non mente, devono essere state tra le poche a sopravvivere. Possibile che non ci sia nulla su come hanno fatto a sconfiggerlo? –

Paige scosse stancamente il capo.

- Tu, piuttosto. – gli lanciò un’occhiata enigmatica. – Sei sicuro di voler continuare ad aiutarmi? -

- Combattere il Male è ciò che faccio. – le rispose sicuro.

Un leggero sorriso gli si disegnò poi in volto. – E poi, temo sia l’unico modo per fare fede alla mia promessa. Quell’appuntamento diventa sempre più lontano, per cui mi sta bene anche una caccia ai demoni insieme a te. –

Paige non riuscì a trattenere una risata, che le allentò notevolmente la tensione.

Subito dopo, però, fu di nuovo il momento di pensare alla guerra in atto e di studiare un nuovo piano.

Ci aveva pensato e ripensato, da quando era tornata dalla loro prima missione. Aveva rivissuto mentalmente le immagini di quella foresta, di quel maniero all’orizzonte. E ancora, dello scontro con i demoni, dell’armata che marciava verso di loro, e di Hunter a terra ferito.

Ma dopotutto, l’idea di fondo continuava a non sembrarle così pessima. Magari la prima volta avevano sbagliato qualche dettaglio nella strategia, ma non sarebbe risuccesso. Sì, poteva ancora funzionare.

La prima volta, appena avevano iniziato ad avanzare, erano finiti dritti nella trappola delle milizie di difesa. Difficile, attraversare quella sterminata radura passando inosservati. L’incantesimo li aveva sicuramente fatti apparire troppo distanti dal castello. Non che la formula fosse sbagliata, ma non conoscendo nulla di Jiroke o del suo regno, era inevitabile dover fare un salto nel buio.

Bene, adesso sapeva tutto ciò di cui avevano bisogno. Avrebbe indirizzato meglio l’orbitazione, superando le prime linee della retroguardia e arrivando direttamente dentro le mura.

Stavolta, ne era convinta, era lei a poter contare sull’effetto sorpresa. Non si sarebbero mai aspettati due attacchi al forte così ravvicinati, e soprattutto, che fosse la Strega a fare la prima mossa.

- Io entrerò in quel castello. – dichiarò alla fine, facendo valere il suo spirito combattivo.

Hunter la guardò di traverso. – Come sarebbe a dire “io”? –

Paige storse un po’ la bocca. – Ti ho già detto che le mie sorelle non saranno con me. –

- Non mi stavo riferendo a loro. –

Occorse qualche secondo di troppo a Paige per capire cosa intendesse. Dopodiché, assottigliò gli occhi come un felino e gli agitò energicamente l’indice davanti alla faccia. – Fuori discussione, tu non vieni stavolta. –

- Perché? – esclamò stupito Hunter, allargando le mani.

- Guarda com’è andata, non sei ancora guarito del tutto. –

- Io sto benissimo. – sorrise.

- Non sei nelle condizioni per tornare a combattere così presto. –

- Cosa c’è, hai paura che ti rallenti? – la stuzzicò, spingendola verso la verità.

- No, è che non posso rischiare di metterti di nuovo in pericolo. – frenò al termine della frase. – Non voglio farlo. –

- Non devi preoccuparti per me. – le lanciò un’occhiata molto più morbida. – Ti stai addossando colpe che non hai. Ci siamo dentro insieme, ormai. E se credi che ti lascerò tornare là da sola, ti sbagli. –

Si alzò e, senza dare tempo a Paige di replicare, si diresse verso la porta. – Ho preso un impegno, e intendo onorarlo. – posò il palmo sulla maniglia. – Tu aspettami qui, vado a prendere il libro che fa per noi. -

 

*****

 

Cole stava vagando da ore, senza meta, tra le terre del mondo sotterraneo.

Non riusciva a capire, non aveva perso i suoi poteri. I demoni che aveva incontrato e che aveva usato come cavie lo avevano provato sulla loro pelle, anche se non sarebbero mai andati a testimoniarlo. Due di loro, colpiti dalle sfere d’energie, avevano preso fuoco in un baleno, come fiammiferi imbevuti di benzina. Era stato uno spettacolo molto piacevole. Non aveva lasciato tracce. Il teletrasporto gli permetteva ancora di spostarsi tranquillamente da una dimensione all’altra senza essere individuato.

Aveva addirittura iniziato a temere che i suoi poteri non funzionassero in superficie. Bene, il ladro che aveva immobilizzato, ferito e abbandonato in un vicolo buio e deserto aveva dimostrato il contrario.

Quindi restavano solo le Halliwell. Poteva andare ovunque, poteva fare qualsiasi cosa, poteva colpire chiunque. Chiunque, ma non loro.

Doveva capire cosa stava succedendo. Non era più nel limbo, almeno di quello era sicuro. Ma per qualche oscura ragione, qualcuno o qualcosa lo stava trattenendo lontano dalle Prescelte. Perché?

Se non potevano avvertire nemmeno la sua presenza, allora tutto ciò che stava cercando di fare era inutile? Si rispose di no. Non era nella sua natura arrendersi, né in quella di demone né in quella di umano. In passato aveva fallito troppe volte, aveva gettato all’aria tutte le occasioni che gli si erano presentate. Stavolta avrebbe fatto il possibile, e l’impossibile, perché il finale cambiasse.

In un modo o nell’altro, avrebbe portato a termine la sua missione. Adesso, non gli rimaneva che scoprire cos’era ancora in grado di fare.

Arrivò al castello di Jiroke, superando in silenzio e a capo chino le guardie a protezione delle porte. Approdò nella sala che precedeva quella del trono. C’era il solo Hewon ad attenderlo. Il ministro si voltò a fissarlo, appena sentì i cardini della porta stridere.

- Chiedo di poter parlare con Jiroke. – esordì Cole, senza indugi.

- In questo momento è impegnato. – rispose Hewon, le mani giunte dietro la schiena. – Sta consultando la Carta del Tempo, non credo voglia essere disturbato. –

- E’ importante. –

- Riguarda te o la missione? – gli domandò in un sibilo.

Cole parve rifletterci un secondo di troppo. – Entrambe. –

Hewon annuì. – Ti ascolto. –

Cole sentì il sangue scaldarsi nelle vene. Un po’ per rabbia, un po’ per una strana tensione. - Non era così che doveva andare. Non potevo prevedere… quello. –

- Ti credo. – lo stoppò sul nascere, con tono flemmatico. - Nessuno avrebbe potuto. –

Cole drizzò la schiena, quasi si trovasse di fronte al giudice di un tribunale. - Non ho avuto l’opportunità di mostrarvi di cosa sono capace, ma la prossima volta… -

- Non ci sarà una prossima volta. – lo interruppe di nuovo Hewon. – Jiroke è rimasto piuttosto deluso dall’esito della missione. –

Lo sguardo di Cole mutò in un istante, andando a richiamare molto quello di Belthazor. – Che significa? Che sono fuori? –

Il ministro mosse qualche passo alla sua destra. – Vedi, Cole. – iniziò a voce bassa. – Tu sei un essere profondamente tormentato, te l’ho letto negli occhi fin dalla prima volta che ci siamo incontrati. Capisco che tu nutra un forte desiderio di vendetta, ed è giusto per un demone della tua caratura e del tuo passato aspirare sempre a qualcosa di più. Ma questa è la guerra di Jiroke, non la tua. –

- Ma posso sempre combattere al vostro fianco. – il tono si alzò, quasi in un urlo. – Non potete tagliarmi fuori. Io vi servo! –

Hewon non vacillò di un millimetro. L’ultimo colloquio con Jiroke lo aveva convinto su ciò che doveva fare. – Hai tentato di dimostrare la tua lealtà nei nostri confronti, questo te lo riconosco. Ma se non puoi colpire le Prescelte, non vedo come tu possa esserci utile. –

Cole strinse il pugno. - Ditemi qual è il vostro piano, ci sarà pur qualcosa che posso ancora fare! –

D’un tratto, la porta dall’altro lato della stanza, quella che dava sulla sala del trono, si aprì. Il legno scricchiolò, e un filo d’aria calda gli passò attraverso. Jiroke apparve sulla soglia, il mantello svolazzante sul pavimento, il copricapo tirato fin sopra la fronte.

Cole girò la testa nella sua direzione. Da lontano, non riuscì a vedergli gli occhi. C’erano solo le tenebre, su quel volto.

La voce cavernosa del demone imperatore tuonò tra le pareti, andando a rispondere alla domanda di Cole. Aveva visto nuovi sviluppi sulla Carta del Tempo.

- Non ti considerare congedato. – dichiarò, sorprendendo anche Hewon. - I tuoi poteri possono ancora servirci. –

 

*****

 

Quando vide Piper camminare a passo svelto verso di lei, dall’altra parte del corridoio, Paige sospirò estenuata e piantò i piedi a terra, quasi fossero mattoni.

Aspettò che le fosse abbastanza vicina. – Mi sembrava di essere stata chiara… -

- Frena, non sono qui per discutere. – tagliò corto la maggiore. – Voglio solo parlare. Ti voglio bene. Lo sai, Paige. –

Usò quell’ultima frase, apparentemente sconnessa, per appianare subito i toni e anticipare l’eventuale nuova bufera. Non sapeva effettivamente cosa aspettarsi. Suppose che anche la sorella volesse dirle una cosa simile, ma che allo stesso tempo si trovasse a combattere con il proprio orgoglio.

- Allora perché sei qui, Piper? –

- Come sta andando? – decise di prenderla larga, notando il libro sotto il braccio di Paige. – Con il demone, intendo. Hai trovato qualcosa? –

- Abbiamo qualche idea, sì. – rispose Paige, sottolineando il plurale.

- Avete già un piano? -

– Quello di non restare con le mani in mano, aspettando chissà cosa. – concluse in tono neutro.

Piper annuì laconica. La sorella si stava mantenendo volontariamente sul vago, come se non fossero affari suoi, come se non dovesse importarle. Si sbagliava.

Non glielo avrebbe mai detto in faccia, ma era dell’opinione che lei e Phoebe avessero molte più possibilità di sconfiggere Jiroke. Nel suo immaginario, nonostante l’aiuto di Hunter, Paige avrebbe dovuto limitarsi a resistere agli attacchi.

- Torna a casa, Paige, per favore. – le mormorò, cercando di suonare il più tenera possibile.

La più piccola si passò nervosamente una mano tra i capelli. – Piper, io… -

- Ascolta. – la fermò con la mano. – Potrei darti una buona, anzi, un’ottima ragione per farlo. –

- Quale, il Libro delle Ombre, per esempio? Non mi pare che abbia offerto granché, stavolta. – commentò Paige, con un filo di polemica.

- Non esattamente. – l’espressione di Piper si era fatta un po’ più sorridente, quasi ammiccante. Sperava di convincerla, anche se la sorellina non era per niente facile da comprare. – E’ una sorpresa. -

Paige la interrogò con un’occhiata sospettosa, ma da qualche parte anche incuriosita.

- Io e Phoebe vogliamo evocare la mamma e la nonna. – rivelò con entusiasmo. - Per capire cosa possiamo fare per eliminare Jiroke. –

Lo sguardo di Paige fu chiaramente tormentato, nei secondi che seguirono. Impossibile non accorgersi che ci stava pensando. Scosse leggermente il capo, mordendosi il labbro inferiore. – Mi dispiace. -

Il sorriso di Piper svanì. – Andiamo, perché no? –

Perché no? Perché lei invece continuava a insistere? Perché non riusciva a capire che questo riguardava lei anche come Paige Matthews, e non solo come parte delle Halliwell, del Trio, delle Prescelte. Tutte le sue certezze erano state minate, e aveva bisogno di ricostruirle. Ma soprattutto, perché doveva farle una cosa del genere?

- Non dovevate arrivare a tirare in ballo addirittura la mamma, per darmi un ultimatum. O torno a casa, o non potrò vederla, giusto? – la voce non era arrabbiata, era incrinata come un vetro. – Sempre che ci sia sul serio. -

Piper era rimasta spiazzata. Si sentiva profondamente delusa, e soprattutto, dispiaciuta che Paige non avesse capito quali erano le sue reali intenzioni. Quando Phoebe aveva avuto quell’idea, volta all’eliminazione del demone, lei ci aveva visto un’opportunità. Non voleva essere un ultimatum, un trucco, né tantomeno un ricatto. Sperava soltanto di far leva sull’amore di Paige per sua madre. Avrebbe dovuto essere l’occasione perfetta per riunire la famiglia.

- Potrebbe aiutarci. – tentò una strada parallela.

Paige inspirò a fondo. – Io non ho bisogno di aiuto, dovete smetterla di pensare il contrario. Vi ho detto che me la caverò da sola. –

Piper serrò le labbra. Evidentemente, non era ancora il momento giusto. Forse aveva ragione Phoebe, dovevano prima lasciare che la questione del demone imperatore facesse il suo corso, per poi risolvere le loro, di questioni.

- Le dirò che l’hai salutata. – fu tutto ciò che le venne in mente, di fronte all’ennesimo tentativo fallito. Un fallimento che non poteva accettare. In fondo al cuore, aspettava ancora che lei cambiasse idea.

Il silenzio era calato tra loro. Non era quella l’aria che avrebbe dovuto tirare tra sorelle, eppure, nessuna delle due sembrava in grado di fare nulla per cambiarla.

Piper resistette all’istinto di stringere le mani di Paige tra le sue. – Io torno da Phoebe, mi starà aspettando per l’incantesimo. – in un modo o nell’altro, non riusciva a lasciarla completamente sola. – Promettimi almeno che starai attenta. –

Paige annuì seria. – Lo farò. –

La maggiore delle Halliwell capì che, almeno da quel round, non avrebbe ottenuto molto di più. Per certi versi, le andava bene anche così.

Salutò la sorella e, a mani vuote, riprese il corridoio nella direzione opposta a quella da cui era provenuta.

Probabilmente il dubbio le sarebbe rimasto per sempre, ma mentre si allontanava ad ogni passo di più, poté giurare di aver sentito alle sue spalle la voce di Paige, che pronunciava piano un “grazie”.

 

*****

 

Mentre Jiroke controllava gli avvenimenti nel mondo di superficie, Hewon continuava a girellargli nervosamente intorno. Era da quando erano tornati dalle segrete, che il sacerdote si era chiuso in un pensieroso silenzio.

- Qualcosa ti turba? – gli domandò l’imperatore.

Hewon gli voltò le spalle, si allontanò di un paio di passi e inspirò rumorosamente. – E’ a proposito di Kronos. –

Il sovrano non staccò l’attenzione dalla Carta del Tempo. – Di che si tratta? –

Hewon aveva visto le guardie trascinarlo fuori dalla cella. Incatenato dal collo alle caviglie, strisciava i piedi per terra con lo sguardo fisso di fronte a sé, senza dire una parola. Il mento appuntito, un piccolo paio di corna dorate che gli spuntavano da sopra le orecchie, un carapace blu a coprirgli tutta la pelle. Percorreva il tunnel con l’aria minacciosa di chi non teme più nulla. Le guardie lo avevano portato in uno dei locali di combattimento, per poi tornare nei sotterranei a recuperare il corpo di quello che, per pochissimo tempo, era stato il suo compagno di cella.

Jiroke gli aveva raccontato la storia che si celava dietro quel demone. Adesso, Hewon era molto meno sorpreso che l’avesse definito “l’arma finale”. Era un essere estremamente pericoloso.

- Non sono convinto che affidarsi a Kronos sia una buona idea. –

- Per quale ragione? Sai di cos’è capace. –

- Esatto, è proprio per questo. E’ imprevedibile, poco incline a sottostare agli ordini. Secondo me corriamo un rischio, soprattutto arrivati a questo punto. Potrebbe essere una scheggia impazzita. –

- Kronos è una risorsa troppo importante per non essere sfruttata. E’ un demone incredibilmente potente. – si voltò repentino verso Hewon. – Anche più forte di Cole. –

Lesse ancora la perplessità negli occhi del sacerdote. – E ti assicuro che sarà determinante, nell’esito della guerra. Questa volta, potrà condurre l’esercito alla vittoria. –

Hewon chinò lo sguardo e annuì remissivo. Che fosse d’accordo o meno aveva poca importanza. – Che cosa facciamo con le Halliwell? Hanno sventato l’ultimo attacco, devo inviare altri demoni? –

- No. – ribatté risoluto. – Meglio non perdere altri elementi dell’esercito. Avevi ragione, nessuno di loro è all’altezza di uno scontro diretto con le Prescelte, ma almeno sono numerosi. Mandarne altri a morire sarebbe solo uno spreco. –

Tornò poi a concentrarsi sulla Carta del Tempo e sulle preziose informazioni che gli passavano davanti. – Il Potere del Trio non è più unito. Dobbiamo solo attendere finché una delle sorelle non commetterà un errore. – strinse il pugno vicino al petto. - E credimi, succederà molto presto. -

 

*****

 

Piper era tornata a casa con l’aria scura e assorta, e Phoebe se n’era accorta subito.

Mentre sistemava le ultime candele intorno al treppiede, osservava con la coda dell’occhio la sorella maggiore, che se ne stava con le braccia conserte al petto, senza dire una parola. La curiosità di sapere cosa fosse corsa a fare, cosa l’avesse spinta a scappare così all’improvviso dalla soffitta, la stava divorando.

- Che succede? – le domandò alla fine, spostando un cero sul tappeto.

Piper sospirò delicatamente. – Sono preoccupata per Paige. –

Phoebe si voltò verso di lei, e la colse un’esitazione. – Lo so. –

- Voglio dire… - proseguì la più grande, scuotendo il capo. – Continua a ripetere che, visto che la mamma e la nonna sono riuscite a respingere Jiroke, allora può farcela anche lei. Paige è forte, è vero, ma… -

- Non è il Potere del Trio. – Phoebe terminò quella frase cautamente, quasi sottovoce.

- Esatto. – Piper usò un tono un po’ più alto. – La mamma e, prima ancora, la nonna avevano tutto il potere delle Halliwell concentrato dentro di loro. In un’unica Strega, capisci? Paige, invece, è come se in confronto ne avesse solo un terzo. –

- O addirittura un quarto. – puntualizzò seria l’altra, rialzandosi per tornare sul Libro delle Ombre.

Piper le lanciò un’occhiata confusa. – Nella peggiore delle ipotesi. Il punto è che almeno noi siamo insieme, lei è da sola. Non dico che si stia sopravvalutando, però… -

- Ho capito. – annuì Phoebe, serrando le labbra. Comprendeva perfettamente i timori della sorella. – E’ anche per questo che faremmo meglio a sbrigarci, a chiedere alle nostre antenate qualche consiglio utile. –

Sfogliò alcune pagine del Libro delle Ombre, prima di fermarsi su quella che conteneva il rituale per richiamare uno spirito perduto. Estrasse dalla tasca un foglio piegato a metà, lo aprì e lo distese sulla pagina adiacente. Raccolse poi tre cristalli da un piccolo sacchetto di tessuto rosso: tenne il primo per sé, porse il secondo a Piper, e lasciò l’ultimo sul treppiede, accanto al Libro.

- Pensi davvero che le lasceranno scendere? – chiese con un briciolo d’impazienza la maggiore delle Halliwell.

- Ne sono convinta. –

Piper scrutò il pezzo di carta scritto a mano. – Per chi hai preparato la formula? –

- Per entrambe. – dichiarò fiera l’altra. – Non si sa mai. -

- Perfetto. Allora da chi iniziamo? –

- Scegli tu. –

Un accenno di sorriso si presentò timidamente sul viso di Piper. – La mamma. E’ da più tempo che non la vediamo, muoio dalla voglia di salutarla. –

- D’accordo. – Phoebe ripiegò nuovamente il foglio, lasciando solo un lato a vista. – Avanti, cominciamo. –

Chiamò la sorella con un cenno della mano, affinché la raggiungesse al suo fianco.

La soffitta calò nel silenzio per un lunghissimo istante. C’era una strana tensione nell’atmosfera. Era passato parecchio dall’ultima volta in cui avevano eseguito il rito. E in quell’occasione, lo ricordavano entrambe, c’era anche Paige.

Le due Halliwell si presero per mano, stringendo a pugno i cristalli nell’altro palmo. Le loro voci si levarono all’unisono, nel pronunciare l’incantesimo di evocazione.

- … attraversi la dimensione infinita, ci assista l’origine della nostra vita. -

Le fiammelle delle candele raddoppiarono l’intensità, mosse da un impercettibile filo di vento. I cristalli s’illuminarono. Tutti, tranne quello appoggiato sul treppiede.

Una manciata di scintille brillò a mezz’aria, per poi sparire subito dopo. Nessuna donna apparve di fronte a Piper e Phoebe.

Le due si guardarono stupite, interrogandosi su cosa fosse appena successo. Insieme, spostarono gli occhi sul Libro delle Ombre.

- Abbiamo sbagliato qualcosa? – ventilò Piper, accigliata.

- Non credo. – replicò Phoebe, ricontrollando perplessa ciò che aveva composto. – Riproviamo. –

Ripeterono più forte le stesse frasi, ma con il medesimo risultato. Nessuno.

- Magari è… impegnata. – azzardò Piper in una smorfia.

- Vuoi tentare con la nonna? – propose Phoebe, dubbiosa, come se in realtà non ne fosse convinta neppure lei.

L’altra acconsentì, scrollando le spalle.

La formula per Penny Halliwell era di base simile alla precedente, solo di un paio di versi più lunga e con l’aggiunta di alcuni termini arcaici. Le due Streghe trassero un profondo respiro, recuperando la concentrazione.

Solito effetto. Solito cristallo che rimaneva spento, solite scintille che vorticavano sospese e dopo un istante scomparivano. Ancora niente.

Piper sganciò la mano da quella della sorella, e se la passò nervosamente tra i capelli. - Perché non funziona? –

Phoebe continuava a fissare aggressiva il Libro delle Ombre. - Non capisco. – sospirò.

Da quello che avevano visto, sembrava come se, a un certo punto dell’incantesimo, la magia subisse una brusca interruzione. Come se il loro potere venisse ostacolato da qualcosa, che gli impediva di raggiungere l’obiettivo.

- Che sia per quello? – ipotizzò Piper, riferendosi all’unica pietra che non si era accesa. Era forse legato al Potere del Trio, e l’assenza di Paige non permetteva loro di completare il rituale?

- Non saprei. –

Mentre parlavano, Leo fece il suo ingresso nella soffitta. Dopo aver sentito del confronto tra Piper e Paige, nei corridoi della scuola di magia, aveva deciso di passare per controllare come stava. Nonostante l’espressione pacata, il momento non era dei migliori e Piper, vedendolo, pensò subito al peggio.

- Leo, che ci fai qui? – squillò. – La scuola di magia, i bambini… -

- I bambini stanno bene, tranquilla. – la placò immediatamente con un tenero sorriso.

Intanto, Phoebe aveva abbandonato la postazione e si era messa a spengere il cerchio di candele. - “Tranquilla” a lei? – ironizzò. – Di’ un po’, non conosci ancora tua moglie? –

Leo fece viaggiare lo sguardo per la stanza, incuriosito. – Che stavate combinando? -

Piper allungò il braccio e richiuse il Libro delle Ombre con disappunto e la veemenza di uno schiaffo. – Un altro buco nell’acqua, ecco cosa. –

Riunì i cristalli, li ripose nel sacchetto e ne strinse il cordoncino all’estremità. Mentre passeggiava inquieta lungo le assi di legno del pavimento, lo faceva volteggiare in modo da gesticolare ancora più apertamente.

Farlo volteggiare la aiutò a gesticolare ancora più apertamente, mentre passeggiava inquieta lungo le assi di legno del pavimento.

- Perché gli Anziani ci stanno facendo questo? Voglio dire, cosa gli costava permettere alla mamma o alla nonna di venire quaggiù? – protestò verso un interlocutore non ben definito. – Prima Paige, adesso questo, che altro dobbiamo fare? Voler eliminare uno stramaledetto demone è forse diventato troppo? –

- Ragazze! – la voce allarmata di Leo andò prepotentemente a interrompere lo sfogo della moglie. - Com’è potuto accadere? -

Le Halliwell si girarono verso di lui.

Leo, immobile davanti al treppiede, stava osservando con occhi inorriditi la copertina del Libro delle Ombre.

 

 

 

 

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