housebreakers; yoonmin|taekook

di minsugasbitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** introduction. ***
Capitolo 2: *** tempter. ***
Capitolo 3: *** brotherhood. ***



Capitolo 1
*** introduction. ***


0.introduction

24.01.17

Taehyung fece scorrere la mano lungo la superficie del mobile laccato in vernice nera presente nel salone del lussuoso appartamento in cui si trovava. Addosso, soltanto un soffice accappatoio bianco che copriva a stento la sua pelle ambrata e deliziosamente nuda. Due braccia robuste gli cinsero i fianchi, facendolo sussultare.
"Ti piace questa casa?" Taehyung non aveva idea di quanti anni avesse quell'uomo, ma suppose che, a giudicare dalla foto posta di fronte a lui che lo ritraeva con una bambina sulle spalle, non dovesse avere più di una quarantina d'anni. Afferrò il portafoto, osservando attentamente l'immagine, non curandosi di rispondere all'uomo. "Questa è mia figlia, Sarah."
"E ha una mamma, questa Sarah?" parlò finalmente il biondo, che si sforzò di suonare sensuale, dolce, nonostante in quel momento avesse i brividi. 
"Uhm, sì. Mia moglie è in vacanza con le amiche, al momento." borbottò l'uomo.
"E Sarah? Lei dov'è?" chiese ancora il giovane ragazzo.
"Con la tata."
Aveva sempre trovato ripugnanti gli uomini che tradivano le proprie mogli, specialmente se lo facevano con ragazzi molto più giovani. Però, del resto, era proprio da queste persone che Taehyung traeva il suo sostentamento. Era il suo lavoro, quello: sedurre uomini ricchi, preferibilmente sposati, andarci a letto, farli sentire speciali, magari intascare subito qualcosina -glielo diceva sempre, Jimin, che tra i due era lui la vera puttana-; ma, soprattutto, era fondamentale ottenere più informazioni possibili sulle loro abitudini, vita privata, o magari -giusto per rendere più facile il lavoro di Jungkook- riuscire a sottrarre un mazzo di chiavi, codici bancari, password. 
"Prendete tutto quello che riuscite a prendere, ma non date mai nell'occhio. Se sospettano qualcosa, allora fategli un bel pompino. Funzionerà." Erano queste le "sagge" parole di Min Yoongi, ovvero colui che stava a capo di ogni operazione.

Più tardi, Taehyung uscì da quella casa con un bigliettino con su scritti dei codici bancari, duecento dollari in contanti e un magnifico anello d'oro.
Quando raggiunse finalmente l'abitazione che condivideva con gli altri tre ragazzi, il biondo si sfilò la larga camicia bianca che l'uomo gli aveva lasciato, facendola cadere per terra. Al suo posto, indossò un comodo maglioncino rosa, probabilmente appartenente a Jimin. Proprio in quel momento, il suddetto Jimin fece il suo ingresso in casa; sotto il suo zigomo sinistro, Taehyung scorse un segno rosso.
"Jiminie, che diavolo è successo?"
"Quel porco è stato piuttosto violento." disse l'altro, sedendosi poi sul divano. Nel modo di sedersi, il ragazzo sussultò, portando entrambe le mani sul fondoschiena.
"Oh, lo vedo."
Jimin lo fulminò con lo sguardo. Una voce lo fermò dal rispondere alla provocazione del biondo.
"Siete voi?" una massa di capelli azzurri fece capolino dal corridoio della piccola casa. Vedendo che il proprietario di quella voce aveva indosso soltanto un paio di boxer grigi, Taehyung si leccò le labbra con una lentezza ridicola -questo, almeno, secondo Jimin-, mentre quest'ultimo distolse lo sguardo sbuffando. "Cazzo, Jiminie, che ti ha fatto quel coglione?" l'azzurro si inginocchiò di fronte al ragazzo, accarezzandogli il segno rossastro che rovinava quel viso così perfetto.
Jimin, per tutta risposta, tirò fuori dalla tasca dei jeans chiari una chiave e quella che sembrava essere la tessera di un golf club.
"Massacriamo questo stronzo." fu tutto ciò che disse, porgendo al più grande i due oggetti.
"Cazzo, Yoongi, dovresti stare più attento a chi scegli." una quarta voce parlò, e i tre ragazzi si voltarono verso la direzione da cui era venuto anche l'azzurro. Poggiato contro lo stipite della porta, con le braccia incrociate e un sorriso stronzo sul volto, Jeon Jungkook rivolse una veloce occhiata a Jimin e Yoongi, prima di soffermarsi sulla figura di Taehyung. Il biondo gli fece l'occhiolino, prima di voltarsi nuovamente verso il migliore amico. Jungkook rimase un attimo interdetto; succedeva sempre così, quando il biondo gli riservava uno sguardo più malizioso del solito.
"Non è affatto colpa di Yoongi, Kookie. Lui non poteva mica saperlo." disse Taehyung. Sempre pronto a difenderlo, eh?
"Sì, beh, come vi pare." il più piccolo scrollò le spalle, sistemandosi poi con un dito gli occhiali che gli erano leggermente scivolati sul naso. "Vieni, Chim, è meglio disinfettarlo."
Jimin si alzò, superando con noncuranza l'azzurro, che rimase in ginocchio.
"Fai presto, Jungkookie, dobbiamo buttare giù il piano."

Era questo che facevano, quei quattro: Jimin e Taehyung erano quelli che si occupavano di sedurre i bersagli, così da finire in casa loro e poterla perlustrare indisturbati, e racimolare materiale che sarebbe stato utile al fine di commettere la successiva rapina. Si trattava sempre di uomini ricchi, importanti, e soprattutto sposati. In quel modo, anche nel caso in cui avessero potuto sospettare di loro, non l'avrebbero mai detto ad anima viva. In fondo, come potevano giustificare il fatto di essere andati a letto con dei ragazzi poco più che maggiorenni?
Jungkook, poi si occupava del passo successivo. A lui spettava il compito di sfruttare al meglio tutti gli elementi raccolti dai due ragazzi, per creare un piano che si rivelava essere sempre infallibile. Era la mente dell'operazione, insomma.
Yoongi, invece, era colui che muoveva le fila di ogni cosa. Era lui ad indicare ai due ragazzi i presunti bersagli, e, soprattutto, era lui che stava a capo di ogni rapina. A volte, addirittura, non richiedeva nemmeno l'aiuto degli altri tre, avventurandosi in quelle case vuote da solo.
Era stato lui a trovare Jungkook, cinque anni prima, quando il ragazzo era ancora minorenne. Non gli aveva fatto domande, quando l'aveva visto seduto su una panchina con un borsone sulle gambe. L'aveva semplicemente preso per mano e l'aveva condotto in casa sua, dandogli l'opportunità di riscattarsi da una vita insulsa che l'aveva privato di così tanto a soli diciassette anni.
Jimin e Taehyung, invece, si aggiunsero al duo un anno più tardi, quando entrambi cercarono di derubare Yoongi in uno squallido bar. A Jimin era toccato il compito di sedurlo sulla pista da ballo, mentre intanto Taehyung cercava di sfilargli il portafogli dalla tasca dei jeans. Inutile dire che l'azzurro, all'epoca ancora castano naturale, se n'era accorto subito. 
Nonostante la loro giovane età, quei quattro erano i migliori in quel campo. Nessuno sospettava di loro, non avevano mai commesso alcuno scivolone. Nonostante le dinamiche non fossero particolarmente "comuni", dietro quella banda criminale si celava un solido rapporto di amicizia, di rispetto reciproco. Ognuno era diventato per l'altro la famiglia che nessuno di loro aveva mai avuto.

 

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Capitolo 2
*** tempter. ***


1.tempter

24.01.17

"Certo che sono proprio un coglione." borbottò Yoongi, quando lui e Taehyung rimasero soli.
Prese posto sul divano, non molto distante dal biondo, e poggiò i gomiti sulle ginocchia, il mento sulle mani chiuse in due pugni. Sospirò.
"Dai, Yoongi, non vorrai dirmi sul serio che ti senti responsabile per quello che è successo a Jimin." il silenzio rispose al posto suo. "Hyung, sul serio, è soltanto un graffietto. Ci penserà Jungkook a leccargli le ferite, se sai che intendo." nonostante gli occhi dell'azzurro fossero chiusi, il tono malizioso di Taehyung glielo fece immaginare intento a fargli l'occhiolino, magari con le gambe accavallate.
Il pensiero di Jungkook e Jimin insieme gli causò una smorfia.
"Non dire cazzate, Tae, lo sai che mi dà fastidio." disse, infatti.
"Ti dà fastidio solo perché sai anche tu che non è una cazzata, Yoongi. Non ho il sonno così pesante, lo sento quando sgattaiola in camera di Kookie." disse il biondo, con estrema leggerezza. 
L'azzurro aprì gli occhi, giusto in tempo per vederlo sollevare le spalle e sorridergli.
Quel sorriso bellissimo gli procurava i brividi.

Min Yoongi, il cui unico vizio era sempre stato il fumo, da un po' ormai era diventato dipendente dalla droga bella quanto letale che era Kim Taehyung.
Con le sue movenze, con quelle labbra piene, gli occhi grandi da cerbiatto, i capelli biondi, e le fattezze di un angelo, Taehyung rappresentava il diavolo tentatore sotto le sue vesti più magnifiche.
E Yoongi, Yoongi aveva semplicemente ceduto alla tentazione. 
Non molto tempo prima, si era lasciato baciare da quelle labbra, si era lasciato bucare la pelle da quegli sguardi, si era fatto corrompere.

Si erano conosciuti circa quattro anni prima, all'interno di uno squallido bar, in cui all'epoca l'azzurro lavorava. Troppo squallido, a detta di Yoongi, per essere anche solo degno di ospitare al suo interno i due angeli a cui tanto rassomigliavano Taehyung e Jimin.
All'epoca, lui e Jungkook si occupavano soltanto di piccole truffe, giusto il necessario per non arrivare a fine mese con l'acqua alla gola.
Forse fu anche a causa del suo animo truffaldino, che Yoongi riuscì a sentire immediatamente una mano scivolare all'interno della tasca posteriore dei suoi pantaloni, quella sera, mentre stava ballando con Jimin. Si era voltato di scatto, cogliendo immediatamente sul fatto il biondo, che non era riuscito ad indietreggiare in tempo. Contrariamente ad ogni loro aspettativa, Min Yoongi gli aveva rivolto un sorriso sghembo, che metteva in mostra le gengive, e aveva ordinato al biondo di seguirlo fuori dal locale.
Era stato in quel modo, che si erano conosciuti. A partire da quella sera, quello che fino a quel momento era stato soltanto un duo di truffatori part-time, divenne un vero e proprio gruppetto ben organizzato, uno di quelli che scioccamente sottovaluti, ma che sa decisamente il fatto suo.

"Hyung." Taehyung lo richiamò, il tono di voce basso e seducente. Yoongi non si era nemmeno accorto di quanto il biondo si fosse già avvicinato a lui; abbassò lo sguardo, notando la mano del minore accarezzargli l'interno coscia.
"Devo parlare con Jungkookie, Tae, fai il bravo." gli disse il maggiore, cercando di farlo quantomeno sembrare un ordine.
Ma, quando i due erano soli, quelli che l'azzurro gli rivolgeva non erano mai ordini, semmai, erano spesso suppliche.
Taehyung esercitava un potere spaventoso su di lui, e ne erano entrambi perfettamente coscienti.
"Ma Jungkook non è qui." soffiò il biondo sul suo orecchio, baciandogli il lobo subito dopo. Yoongi socchiuse gli occhi. Insistere non sarebbe servito a nulla, non con Taehyung.
"Non sono dell'umore, Tae." provò comunque il maggiore. 
Nonostante il suo tono fosse piuttosto esasperato, il suo corpo sembrava non voler obbedire al cervello, non rispondeva ai comandi, continuando a propendersi verso il biondo, desiderando un maggiore contatto.
"Mh, ne sei proprio sicuro?" gli chiese il ragazzo, sfiorandogli il collo con le labbra, per poi fare risalire la mano dall'interno coscia fino al cavallo dei pantaloni del maggiore. "Non si direbbe." ridacchiò. L'azzurrò non rispose alla provocazione del biondo. Quando riaprì gli occhi, trovò quelli del più piccolo già puntati su di lui. Lo stava letteralmente mangiando con gli occhi. Se c'era una cosa che mandava veramente in bestia Taehyung, era la mancata risposta da parte del maggiore alle sue azioni. "Oh, andiamo Yoongi, ho voglia di giocare." insistette il biondo, con finta dolcezza, prima di mettersi a cavalcioni su di lui, cingendogli il collo con le braccia. "Credo di poterti distrarre a sufficienza, se me lo permetti." parlava quasi come se l'azzurro avesse effettivamente un'alternativa.

Nell'esatto momento in cui le loro labbra si sfiorarono, quasi in automatico, come se non ne avesse avuto realmente il controllo, le mani del più grande si strinsero attorno ai suoi fianchi, mentre l'ormai irrefrenabile ondata di desiderio lo costrinse a fare scontrare le sue labbra con quelle del più piccolo, che non aspettava altro.
Taehyung sorrise nel bacio, compiaciuto, mentre abbandonava con una mano il collo dell'altro, solo per portarla all'altezza della nuca, per affondarla tra i suoi capelli azzurri.
Lottare con Kim Taehyung era un po' come affogare, si era ritrovato spesso a pensare Yoongi. Sì perché, quella lì, era una vera e propria lotta per la dominanza. Una lotta che, puntualmente, Taehyung riusciva a vincere senza troppe difficoltà.
Stargli accanto era come infilare la testa sott'acqua, lasciarsi toccare da lui era come restare in apnea per minuti infiniti, respingendo e ritardando l'inevitabile, mentre baciarlo, beh, baciare Kim Taehyung era davvero come annegare.
Le mani del maggiore non ci misero molto a scendere dai fianchi al fondoschiena del biondo, che per tutta risposta gli morse le labbra, sorridendogli ancora una volta. E, ancora una volta, al cospetto di quel sorriso, a Yoongi vennero i brividi.
L'inferno ha un sapore delizioso.

Quando Taehyung avvertì la presa del maggiore farsi più lenta, la lingua più pigra, decise che era il momento di darsi una mossa. Si staccò da lui, le labbra umide e gonfie, e si chinò sul suo collo, prendendo a morderlo e baciarlo. Il maggiore portò indietro la testa, abbastanza da lasciargli lo spazio necessario per fare ciò che voleva. Faceva sempre ciò che voleva, Taehyung. 
Con lentezza estenuante, la lingua del biondo risalì lungo il suo collo, e, quando fu abbastanza vicino al suo orecchio, si premurò di respirare troppo, troppo pesantemente.
"Non ora, Tae, non qui." sussurrò il maggiore, con la voce tremante. Come se avessi davvero una scelta, eh?
Taehyung aveva studiato quella dolce tortura come un vero e proprio copione, che da mesi ormai perfezionava, rendendola sempre più irresistibile, letale.
Gli bastarono due semplici parole, solo quelle, per costringere, ancora una volta, il più grande a fare esattamente ciò che voleva lui.
"Ti prego." 
Quelle parole, sussurrate al suo orecchio, fecero perdere totalmente il controllo all'azzurro, che spinse Taehyung sul divano, obbligandolo a stendersi, per poi posizionarsi sopra di lui.
Lo baciò con forza, come una belva affamata. Perché, in fondo, Min Yoongi era esattamente questo. Quel ragazzo lo rendeva famelico, era capace di tirar fuori tutti gli istinti più animaleschi che il maggiore, prima che arrivasse lui, aveva passato tutta la vita a tenere soffocati, incatenati negli angoli più remoti del suo cervello. Lo sentì ridere sotto di sé.
"Stai zitto." lo ammonì, ma, ovviamente, il biondo non lo ascoltò minimamente.
"Che c'è, hyung, non pensi più a Jungkook?" sussurrò sulle sue labbra, prima che il maggiore gliele mordesse per l'ennesima volta. 
"Ti ho detto di stare zitto." insistette l'azzurro, per poi fare scontrare i loro bacini con un movimento che, in effetti, fece ammutolire il biondo, ma solo per un istante.
"E se ci trovasse Jiminie?" bastò quella semplice frase per farlo alterare. 
Taehyung conosceva ogni sua debolezza, da quella più visibile ed intuibile fino a quella più intima. 
Era anche quello, che intendeva, quando aveva detto di voler giocare. Preferiva di gran lunga il Min Yoongi violento, quello che lo scopava fino a fargli perdere il fiato solo perché era tremendamente incazzato con lui.
Anche in quelle occasioni, seppure potesse sembrare il contrario, era sempre lui, Taehyung, ad avere il controllo. 
"Chiudi la bocca, Taehyung, oppure te la tappo a modo mio." gli disse, per l'appunto. L'altro, per niente intimidito, si leccò le labbra, prima di unirle alle sue ancora una volta. "Non costringermi a punirti." aggiunse, prima di sollevare di poco il maglioncino che il ragazzo stava indossando. L'aveva riconosciuto: apparteneva a Jimin.
"Fallo." disse il biondo in un sospiro, rabbrividendo al contatto delle dita del maggiore con la sua pelle. "Puniscimi."

"Siete disgustosi, lo sapete?" Jeon Jungkook, con le mani in tasca, aveva appena fatto il suo ingresso all'interno della stanza. Estrasse da una delle tasche un pacchetto di sigarette, per poi sedersi a gambe incrociate sul tappeto presente al centro della stanza. L'azzurro si alzò con tutta calma dal corpo del biondo. Nonostante sentisse una punta di disagio, si sforzò di non darlo a vedere. Si passò una mano tra i capelli arruffati, per poi raggiungere il più piccolo, sedendosi di fronte a lui. Prima che Jungkook potesse accendere la sigaretta, il maggiore gliela rubò dalle labbra, per poi afferrare anche l'accendino. "Ma certo, hyung, fai pure!" commentò sarcasticamente il castano, scuotendo la testa. Poi, rivolse uno sguardo al biondo, adesso in piedi.
"Io vado da Chimchim." disse solo.
Yoongi, che gli dava le spalle, si limitò ad annuire. 
Prima di uscire dalla stanza, Taehyung rivolse al castano un sorriso, quel sorriso che avrebbe messo i brividi all'azzurro, se solo l'avesse visto.
Jungkook distolse lo sguardo dalla figura del biondo, cercando di ignorare il fatto che, quando era entrato pochi minuti prima, Taehyung, a differenza di Yoongi, si era accorto immediatamente di lui. L'aveva guardato, gli aveva sorriso, e poi aveva detto quelle parole che avevano fatto tremare le gambe di Jungkook.
Diavolo tentatore.
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Jungkook poggiò lentamente il batuffolo di cotone, precedentemente inzuppato nel disinfettante, sulla parte sfregiata del volto di Jimin, che si contorse sotto il suo tocco, non appena cominciò a tamponare. 
"Piano, Kookie." il castano si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso. Poi, afferrò il mento dell'altro con una mano, e lentamente portò il suo viso dritto verso di sé, per osservare bene se avesse altri lividi o graffi. Sbuffò, vedendo un altro segno appena sotto la mandibola, ma quello aveva l'aria di essere tutt'altro che un livido. "Non è colpa sua." aggiunse poi il maggiore, che poggiò una gamba su quella di Jungkook, cercando di tenerselo più vicino possibile. 
Se c'era una cosa che Jimin amava, era il contatto fisico con il castano, e quest'ultimo lo sapeva bene; sapeva del costante bisogno delle sue attenzioni e premure.
Jungkook si occupava del rosso ogni giorno, in qualsiasi senso possibile. Amava prendersi cura di lui, era stato così sin dal primo momento in cui aveva messo piede in quella casa, insieme a Taehyung.
Jungkook aveva appena diciotto anni, quando si erano incontrati per la prima volta. 
"Certo che non lo è. È colpa mia: ti lascio andare ogni volta che Yoongi apre bocca." disse il ragazzo, poi accarezzò il ginocchio spigoloso dell'altro. 
"Abbiamo tutti un compito preciso, Jungkook, e questo è il mio, lo sai bene." il diretto interessato non rispose, si limitò a guardare il suo amico, notando quanto fosse bello sotto le luci soffuse del bagno di camera sua. Erano entrambi seduti sul bordo della vasca. Il moro allungò le mani verso la camicia larga e azzurrina di Jimin ed iniziò a sbottonarla con estrema lentezza. "Adesso?" sussurrò Jimin, mordendosi il labbro inferiore e cercando lo sguardo del più piccolo, che si nascondeva sotto quegli occhiali tondi. 
Jungkook sorrise e diede un bacio sul naso al maggiore, poi infilò una mano fra i capelli folti della sua nuca, avvicinando le loro teste e attaccando le fronti. 
"Volevo solamente aiutarti a darti una ripulita, Chim, o preferisci fare tutto da solo?" 
Jimin sospirò, togliendosi velocemente l'indumento leggero dalle braccia, prima di gettarlo per terra. Il castano osservò ogni movimento del maggiore. Quest'ultimo si alzò e tolse velocemente ogni indumento, lasciando solo la collana che portava al collo da almeno un anno. Era stato un regalo di Taehyung, per il suo compleanno.

Jungkook se lo ricordava bene, quel giorno, quando quei due si erano baciati proprio davanti ai suoi occhi per la prima volta, sotto l'effetto dell'alcol. 
Ricordava anche la gomitata che Yoongi gli diede sul costato, intimandogli di darsi almeno un minimo di contegno, visto che li stava fissando un po' troppo. La verità era che anche l'azzurro li aveva fissati tanto quanto lui, con lo stesso desiderio negli occhi, ma doveva sempre metterlo in cattiva luce, come al solito.

Jimin, libero dalle sue vesti, entrò nella vasca guardando Jungkook, prima di porgergli il bagnoschiuma e la sua spugna.
Il castano lo osservò, da capo a piede, non tralasciando alcun dettaglio. Il busto magro e definito, le curve poco sporgenti dei fianchi, le cosce piene e lisce. Si inumidì velocemente le labbra, prima di poggiare la spugna di lato e insaponarsi le mani con il bagnoschiuma, bagnandole prima con un po' d'acqua.
"Girati." ordinò il più piccolo, e Jimin fece come gli era stato detto. 
Jungkook iniziò a massaggiargli e insaponargli le spalle, poi la schiena, e poi le braccia. Quando si decise ad abbassare un altro po' lo sguardo, ritrovandosi davanti al paradiso, il castano si lasciò scappare ad alta voce ciò a cui stava pensando. "Se solo Yoongi-hyung potesse vedere ciò che vedo io." la schiena del rosso si irrigidì sotto le mani del più piccolo, che continuava ad accarezzarlo. 
"Lui e Taehyung avranno di meglio da fare, di sicuro." 
Jungkook si fermò improvvisamente. L'immagine di quei due, da soli, in salotto, gli apparve nitida, fin troppo per i suoi gusti. 
Riusciva a vedere -e, purtroppo, anche sentire- Taehyung nella sua testa, mentre pregava il ragazzo dalla chioma azzurra per avere di più, di più. Odiò la sua immaginazione, odiò Jimin e odiò se stesso per le sensazioni che quel pensiero gli stava procurando, ma, soprattutto, odiò i diretti interessati. 
Jungkook aprì il getto d'acqua tiepida della doccia, costringendo il rosso in seguito ad appoggiarsi con metà busto al muro, mentre gli dava ancora le spalle. 
L'acqua scorreva veloce lungo il corpo del maggiore, quando il castano gli allargò le gambe senza alcun preavviso. Jimin gemette dalla sorpresa e, quando sentì due dita insinuarsi dentro di lui, dovette tapparsi la bocca con una mano. 
"Di meglio?" Jungkook ripetè le parole del rosso, guardandolo attentamente con un mezzo sorriso. 
Spingendo dentro fin oltre le nocche, cominciò a toccare il punto debole del ragazzo, per poi andare più velocemente. Non ci volle molto prima che Jimin si abituasse, avendo spesso rapporti di quel genere -che fossero con Jungkook, o meno-.
"Kook." gemette il rosso, la voce soffocata dalla mano ferma sulla sua bocca. 
"C'è di meglio, Jiminie? Lo credi davvero?" chiese ancora l'altro ragazzo, insistendo, mentre aveva preso ad accarezzarlo anche sul davanti, lungo la sua virilità. 
"No." Jimin negò col capo violentemente, come preso da uno spasmo, mentre tentava invano di contenersi.

Dopo non molto, il rosso venne nella vasca da bagno di Jungkook, non appena quest'ultimo aveva cominciato ad andare più veloce, sia davanti che dietro, dando lo stesso ritmo. 
Il maggiore chiuse poi il getto d'acqua e si voltò verso il castano, mentre le goccioline che partivano dai suoi capelli, scivolavano sul viso sconvolto. Allo stesso modo, la sua schiena scivolò lungo il marmo del muro, prima di sedersi sul bordo della vasca. Lo sguardo ancora perso nel vuoto, le labbra carnose erano incastrate fra i denti.
"Bravo, Jiminie." disse l'altro, prima di baciarlo sulla bocca, sporgendosi un po' di più. Fu un bacio casto, fugace, ma entrambi ebbero i brividi. Perché entrambi sapevano che Jungkook, se baciava qualcuno dopo esserci andato a letto, o quasi, lo faceva per un unico e solo motivo: marcare il territorio. "Risciacquati, mh? Ci vediamo più tardi, devi ricambiare il favore." Appunto, pensò Jimin.
Jungkook non si voltò a guardarlo, uscì semplicemente dal bagno e da camera sua.

Dirigendosi verso il salone, sentì le voci dei due ragazzi farsi più vicine e, con loro, anche il suono dei loro ansiti. 
Il castano entrò con disinvoltura, ritrovandosi davanti l'esatta scena che era comparsa nella sua testa qualche minuto prima, o comunque molto simile. Solo che, in quel momento, era tutto reale. 
Taehyung si era accorto di lui, e lo stava fissando di proposito, con un sorrisino; poi aprì le labbra per dire qualcosa, e Jungkook credette che stesse parlando con lui, per qualche secondo. 
"Puniscimi." disse, chiaramente riferito a Yoongi, che intanto lo sovrastava. 
Ma a Jungkook tremarono le gambe comunque, perché in quel momento, mentre pronunciava quell'unica parola, era lui che stava guardando.
Oh, te lo meriteresti, rispose il castano al posto del più grande. Per fortuna, solo nella sua testa. Anche se il suo corpo, di certo, non lo stavo aiutando a tenerlo nascosto. 
"Siete davvero disgustosi." disse invece, attirando finalmente l'attenzione del più grande, che non si era ancora accorto di lui. 
I due si ricomposero piuttosto velocemente.

Una volta che Taehyung li lasciò soli, la tensione nell'aria fu chiaramente percepibile.
"Come sta Jimin?" chiese il ragazzo dai capelli azzurri.  
"Tu che dici?" Jungkook ammiccò nella direzione del suo hyung; poi, prese una sigaretta dal suo pacchetto, un'altra, perché la prima gli era stata "gentilmente" rubata dal ragazzo di fronte a sé. 
"Mi riferivo alle ferite, Jungkook." ovviamente, pensò il più piccolo. Riusciva a vedere la sua irritazione anche attraverso quell'espressione indifferente che aveva indossato, solo per non far trapelare nulla. Ma non poteva mentire, non a Jungkook. 
"Niente di grave, hyung, ma non per questo mi è passata la voglia di spaccare la faccia a quel figlio di putt-"
"Frena, frena. Usa quella testolina furba per rovinarlo in un'altra maniera, okay? La sua faccia non mi interessa." Jungkook portò la sigaretta alle labbra e annuì, prima di accenderla. 
Fece un primo tiro; quando lo buttò fuori, il fumò finì dritto dritto in faccia a Yoongi. 
"Non preoccuparti, hyung, so già cosa fare."

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Capitolo 3
*** brotherhood. ***


2.brotherhood

 

20.10.13

Erano le tre passate del mattino a Busan, quando la madre di Jungkook aveva aperto la porta della camera del figlio, non trovando più nulla di lui, se non un biglietto sulle lenzuola spiegazzate con su scritto "Mi dispiace, ma devo farlo". 
Il ragazzino di diciassette anni era già fuggito via un paio di volte da casa, ma la polizia lo aveva sempre ritrovato, a qualche isolato da lì, intento a nascondersi a casa di qualche amico di scuola.
Quella volta però, faceva sul serio. Prese il primo treno che lo avrebbe portato verso Seoul quella notte, pronto a ricominciare da capo. 
La situazione in casa sua era insostenibile. Jungkook amava sua madre con tutto se stesso, ma aveva smesso di stare zitto, in silenzio, in un angolo, mentre uomini di tutte le età entravano fra le sue lenzuola, in cambio di soldi. Soldi che servivano per pagare le bollette, per pagargli gli studi, per pagare da mangiare. Ma il ragazzino avrebbe preferito vivere di elemosina, a quel tempo, piuttosto che usare quei soldi per mangiare un pezzo di pane.

Quando fu arrivato a Seoul, la città gli sembrò molto più dinamica di Busan, ma non si sentiva a casa. D'altronde, non conosceva nessuno lì, significava ripartire da zero. 
Cominciò a girovagare a vuoto e, dalla stazione, arrivò ad un motel, le luci al neon dell'insegna illuminavano la strada, leggermente umida per via della pioggerella che stava cominciando a cadere. Una donna anziana sedeva aldilà di un bancone di legno, dietro di lei erano appese al muro delle chiavi arrugginite con attaccati dei numeri scritti a mano su delle targhette in plastica. La donna segnò qualcosa sul suo cruciverba, poi iniziò a brontolare in una lingua sconosciuta. 
Jungkook si schiarì la voce, cercando di attirare la sua attenzione. Lei non lo degnò di uno sguardo, ma rispose lo stesso a quel richiamo. 
"Siamo pieni, ragazzino." la voce graffiata dalla vecchiaia fece accapponare la pelle al giovane, che fece d'istinto un passo indietro.
"Ma vedo delle chiavi appese dietro di lei."
"Ho detto che siamo pieni, fuori di qui." Jungkook non osò obiettare, la figura macabra di quella donna lo spinse oltretutto a darsela a gambe levate.

Si ritrovò di nuovo fra le strade sconosciute, ma era esausto. I piedi doloranti gli impedirono di camminare ancora a lungo, così, alla prima panchina disponibile, fu costretto ad arrestarsi e sedersi per riposare un attimo. 
Col borsone poggiato sulle gambe, iniziò a guardarsi intorno. La zona sembrava essere molto moderna, non doveva trovarsi troppo lontano dal centro città. Si dedicò ad osservare le macchine che passavano davanti a sé, non trovando nient'altro di meglio da fare. Erano già le cinque del mattino, quando vide una figura a piedi camminare verso la sua direzione. Un ragazzo non molto alto, dai capelli color cioccolato si fermò proprio davanti a lui. 
"Sei tu Jeon Jungkook?" il diretto interessato si alzò dalla panchina velocemente, prendendo la sua borsa da sopra la gambe e cominciando a camminare nella direzione opposta. Non era possibile. Non potevano averlo trovato anche lì. "Aspetta un secondo, dove stai andando?" il ragazzo lo raggiunse velocemente, afferrandogli una spalla, Jungkook iniziò a correre, staccandosi dalla presa della mano dello sconosciuto, ma, ancora una volta, l'altro lo raggiunse, placcandolo. 
Il ragazzino inciampò sul suo stesso borsone e cadde per terra, sul pavimento freddo. Girò su stesso, finendo con la schiena sul marciapiede e il fronte verso l'alto. Guardò il ragazzo che stava in piedi davanti a sé con il respiro pesante e lo sguardo pieno di scuse.
"Io non ci torno a Busan, lasciatemi in pace, vi prego, non voglio!" erano delle preghiere vere e proprie quelle che stava rivolgendo all'altro, ma quest'ultimo sembrava avere uno sguardo confuso. 
Si piegò sulle ginocchia, per poi osservare bene il castano di fronte a sé. Jungkook si spinse ancora un po' indietro, terrorizzato.
"Hai perso il documento d'identità, durante il tragitto dal Motel a qui. Ero dietro di te, ma eri troppo lontano per poterti fermare in tempo." lo sconosciuto gli mostrò il documento nelle sue mani, poi glielo porse. 
Jungkook parve togliersi un peso dallo stomaco, nel momento in cui sospirò con una mano poggiata sul torace. Poi afferrò il foglietto di carta plastificato. 
"Oh, grazie." disse il castano.
Entrambi si rialzarono in piedi, il ragazzo aiutò Jungkook a sistemarsi. 
"Hai bisogno di un alloggio? A quanto ho capito non sei di qui." il ragazzino si grattò la nuca, poi prese il suo portafogli, guardando i suoi risparmi.
"Non ho molti soldi, avevo solo il necessario per una notte in un motel." l'altro ragazzo sorrise, arruffando la sua chioma sbarazzina. 
"Ti offro il mio divano gratis, va bene ugualmente?" Jungkook non parlò, ma guardò quel ragazzo come se fosse stato un angelo caduto dal cielo. "Lo prendo come un sì." il castano sorrise davvero, dopo mesi. "Sono Yoongi, comunque. Adesso andiamo?"
Si indirizzarono entrambi verso l'abitazione di Yoongi, la quale sarebbe presto divenuta anche casa sua.

18.04.14

"Fatto. La somma prestabilita sta per essere accreditata sul nostro conto, senza alcuna traccia." 
Yoongi fissò il procedimento sul pc del giovane, mentre quest'ultimo fumava distrattamente una sigaretta, l'ennesima di quella giornata. A volte, l'azzurro si pentiva di avergli trasmesso quel vizio.
"Tu sei un fottuto genio." annunciò il maggiore, stringendo la spalla dell'altro. 
Jungkook sorrise, muovendosi sulla sua sedia girevole, prima di girarsi completamente verso il maggiore, con le braccia dietro la testa. 
"Modestamente, potrei derubarti anche delle mutande che indossi e non te ne accorgeresti nemmeno." Yoongi gli pizzicò una guancia, prima di poggiare le mani sulle ginocchia dell'altro. 
"Vuoi derubare chi ti ha portato al caldo, Jungkook-ah? Devo ricordarti dove ti trovavi prima di conoscere me?" il castano per qualche motivo arrossì. 
Non erano mancate le volte in cui Jungkook gli avesse espresso la sua gratitudine, eppure Yoongi sembrava sempre voler puntualizzare che, senza di lui, Jungkook sarebbe stato una nullità. 
"Non oserei mai, hyung." rispose, il tono serio e improvvisamente meno sicuro. 
L'altro si rialzò, togliendo le mani dalle ginocchia del più piccolo.
"Lo so." un bacio sulla fronte riuscì a bruciare in Jungkook il minimo che gli restava della sua dignità.

14.05.14

"Jeno, tocca a te." 
Un pomeriggio, seduti al casinò di Seoul, Yoongi e Jungkook stavano giocando a Poker -o meglio, Yoongi stava giocando- mettendo a rischio tutti i loro averi, tra cui un diamante inesistente. 
Il minore si trovava alzato dietro il ragazzo dai capelli scuri, a massaggiargli le spalle, per farlo concentrare.
In realtà, il suo obiettivo era tutt'altro: il partecipante alle sua destra aveva delle buone carte e buone possibilità di vincita. Il cellulare si trovava sul tavolo, molto spesso gli arrivavano notifiche di sms, ma non lo sbloccava mai. Jungkook aspettava solo che quell'idiota digitasse il codice per poter aver accesso alle credenziali dell'account del suo cellulare, per poi poter entrare così in possesso dei codici delle carte in cui sarebbero stati accreditati i soldi del casinò. 
Passarono ore e ore di gioco ma, alla fine, Jeno si lasciò andare alla tentazione di rispondere a quei messaggi, sbloccando il telefono con il codice numerico segreto: 344902. 
Jungkook continuò a ripeterselo in mente. 
Come previsto, Yoongi perse, e Jeno vinse la partita. 
Il maggiore finse di prenderla con filosofia, e, consegnando la cifra da versare sul conto dell'avversario, prese il suo cappotto e insieme al castano si diresse verso la strada del ritorno.

Quando furono in macchina, accese il motore, sorridendo verso il più piccolo, il quale stava torturando il proprio labbro con gli incisivi, nel tentativo di trattenere un sorriso vittorioso.
"Allora?" osò Yoongi, la mano sul cambio di marcia. 
"Siamo ricchi, Min Yoongi." Jungkook gli dimostrò di essersi appuntato il codice sulle note del proprio cellulare. 
"Ti ho cresciuto bene, Jeon Jungkook." rispose l'altro.

La sera stessa, per festeggiare, i due comprarono due bottiglie di champagne, il più costoso in circolazione. 
Passarono la serata a guardare film d'avventura e a bere direttamente dalla bottiglia. 
A mezzanotte, Jungkook era completamente andato, Yoongi solo un po' brillo.
"Ho scoperto una cosa, hyung." disse il più piccolo, ridendo come un bambino. 
"Cosa, Kookie?"
"Ho scoperto che tutte le ragazze che ho avuto mi facevano schifo!" urlò poi, battendo i pugni per terra, rischiando di farsi male sul serio.
"Erano antipatiche? Brutte?" chiese, innocentemente l'altro. 
"No, no!" dopo aver spento la televisione di fronte a loro, Yoongi sembrò pensare alla prossima domanda da porgli, ma Jungkook cantò come un uccellino prima del previsto. "Il problema è che erano ragazze." il maggiore guardò il castano battendo le palpebre più volte, realizzando che avesse rivelato ciò proprio davanti a lui.
"E da cosa lo deduci che il problema fosse la loro natura?" Jungkook inizialmente non rispose. 
"Perché probabilmente preferirei baciare un ragazzo che una di loro?"
Yoongi però sembrava volersi togliere ogni dubbio, e non se lo fece ripetere due volte. Si avvicinò ulteriormente al più piccolo, poi unì le loro labbra in un bacio breve, intenso, ma quel giusto attimo per capire meglio se Jungkook si fosse innamorato di lui. 
"Non farlo più." disse il più giovane, una volta tappatosi la bocca con una mano. 
"E perché no?" rispose l'altro, alzando le spalle con non chalance.
"Perché mi confondi; io voglio essere tuo amico." Yoongi lo guardò per qualche secondo, capendo quanto in realtà volesse bene a quel ragazzo. Lo abbracciò forte, poggiando la sua testa sul proprio petto. 
Da quel giorno, Jungkook cominciò a cambiare atteggiamento nei confronti dell'amico.

24.01.17

"È povero." il castano premette un tasto sul proprio computer e, come al solito, Yoongi osservò i numeri scorrere veloci sul display del suo portatile. "E ho incentivato quelle ricerche sul suo conto per quanto riguarda il traffico illegale di medicinali con una mail innocente."
"Jungkook." lo richiamò l'azzurro, questa volta senza stringergli alcuna guancia. 
"Hyung?"
"Sei il nostro asso nella manica."
"Senza di me saresti perso, hyung." sottolineò l'altro. 
Yoongi non rispose, si limitò ad una semplice pacca sulla spalla.
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"Devi ricambiare il favore." gli aveva detto Jungkook, prima di uscire dal bagno e lasciarlo solo.

Jimin, a quel punto, si era già rivestito. 
Si era sciacquato una seconda volta, facendo scivolare insieme all'acqua anche il senso di vergogna che provava verso se stesso, si era asciugato con una tovaglia pulita, e poi aveva indossato i vestiti che Jungkook aveva riposto con cura sul piccolo mobile posto accanto la vasca. I suoi vestiti.
"Come sempre." mormorò tra sé e sé.
I vestiti dell'amico risultavano incredibilmente grandi su di lui, che -nonostante fosse più grande- appariva davvero minuto in confronto a Jungkook.
Inspirò a pieni polmoni il profumo di cui era impregnata la larga maglia a maniche corte grigia che l'altro gli aveva fornito. 
Lo mandava fuori di testa. Jungkook lo mandava fuori di testa.
Con quel tocco delicato, tutte quelle attenzioni e premure che riservava a lui e lui soltanto.
Jungkook amava Jimin, e il rosso questo lo sapeva bene. L'amava in modo ossessivo e malsano.
Quando lo accarezzava, Jimin riusciva a percepire come quel tocco volesse essere in realtà più simile ad uno schiaffo. Tutto quell'amore che gli vomitava addosso, era più frutto di un'ossessione, ossessione che non era nemmeno indirizzata a lui. 
Lo sapeva, Jimin, che il più piccolo non faceva altro che proiettare l'amore che provava per Taehyung su di lui.

Lui, che di Taehyung era sempre stato l'ombra. 
Lui, che per tutta la vita si era sempre ritrovato ad accettare gli scarti che l'altro gli riservava quasi come fossero regali.
Taehyung, che era capace di distruggere tutto ciò che toccava, per tutta la vita aveva riservato al maggiore briciole di ciò che lasciava quando ormai era semplicemente troppo sazio.
E Jimin, Jimin li accettava di buon grado, quei resti, con gli occhi colmi di gratitudine.
Quello che i due condividevano era più di un amore che puoi provare per un amico, più di quello che puoi provare per un fratello. Jimin amava Taehyung quasi quanto l'odiava, provava tanta stima quanta invidia, tanto disgusto quanto desiderio.
Taehyung, che l'aveva sempre difeso da tutti ma che era sempre stato il primo a distruggerlo.
Taehyung, che l'aveva privato di amor proprio perché "ti amo io, il resto non ha importanza".
Taehyung, che era sempre sembrato il più grande tra i due.
Taehyung, che aveva sempre affermato di volerlo proteggere, perché "Jimin, tu hai bisogno di me", ma che era quello che tra i due più necessitava dell'altro.

Jimin, se si concentrava abbastanza, poteva ancora ricordare ogni singolo dettaglio, forse anche i più insignificanti, del loro incontro.

"Chi è questo bambino, signore?" aveva chiesto Taehyung, all'epoca bambino di appena nove anni, tirando leggermente la manica dell'uomo che lo stava tenendo per mano. Quello che, da quel giorno, sarebbe stato il nuovo padre di Jimin.
Jimin, che di famiglie affidatarie ne aveva già cambiate almeno una dozzina, non si soffermò nemmeno per un secondo su quell'uomo. Ripose, invece, tutta la concentrazione sul bambino che, con solo una larga camicia addosso e i piedi scalzi, gli stava perforando l'anima con quei suoi grandi occhi marroni.
"Sono tuo fratello." gli aveva risposto Jimin, porgendogli una manina tozza. Taehyung aveva guardato quella piccola mano, poi aveva guardato lui, e infine aveva sollevato lo sguardo verso l'uomo.
Jimin rimase in quella casa solo per una notte.

"Chim?" la voce calda di Taehyung, contestualmente ad una mano che il biondo gli poggiò sulla spalla, lo fece sussultare. "Va tutto bene?"
"Non ti ho sentito entrare, ero sovrappensiero." borbottò il rosso, voltandosi verso l'amico.
Una serie di segni violacei risaltavano sulla pelle ambrata di Taehyung. Lo sguardo di Jimin rimase a lungo su quei segni, e l'azione non passò di certo inosservata all'altro. Taehyung sorrise, prima di leccarsi le labbra.
"Jungkook ti ha dato una ripulita, vero?" Jimin annuì. "E anche una ripassata, direi."
"Tu e Yoongi avete giocato a carte, invece, vero?" Jimin inarcò un sopracciglio, superando l'amico e dandogli una spallata. Uscì dal bagno, sedendosi sul letto di Jungkook.
Dal loro arrivo in quella casa, tante cose erano cambiate tra i due. La sottomissione di Jimin al biondo si era fatta meno palese, mentre il bisogno che il ragazzo nutriva nei confronti del rosso si era fatto fin troppo forte e doloroso per poterlo ignorare o nascondere.
Jimin odiava Taehyung, ma l'amava più della sua stessa vita.
Per Taehyung, invece, Jimin era la sua vita.

"Ti dà per caso fastidio, fratellino?" Taehyung saltò sul letto, posizionandosi accanto a lui. "Non eri tu quello che diceva di odiare Yoongi?" gli chiese, strizzandogli una guancia.
Lo sguardo di Jimin cadde di nuovo sui segni di Taehyung, poi si portò una mano al collo, accarezzandolo, pensando ai suoi, di segni, quelli che gli erano stati lasciati dall'uomo che gli aveva fatto del male. 
Odiava Yoongi? Probabilmente no.
Ma, nei suoi confronti, nutriva davvero molto, molto rancore. Così tanto che, forse, odiarlo sarebbe stato meglio.
"Tu e Yoongi potete fare il cazzo che volete, Tae, lo sai. Se riesce a scoparti senza paura che tu gli passi le piattole, cazzi suoi." Jimin scrollò le spalle, sollevando lo sguardo verso il volto dell'altro, rovinato da un'espressione furiosa.
La mano di Taehyung si sollevò con velocità, e il rosso chiuse gli occhi, aspettando di sentirla entrare in contatto con la sua guancia in uno schiaffo.

"Voglio tornare a casa." Jimin, con uno zaino sulle spalle che pesava più di lui, continuava a piagnucolare.
"Così attirerai l'attenzione." sibilò Taehyung, continuando a tirare la mano del bambino.
"Tete, ho tanta fame! Voglio tornare a casa!" il fratellino acquisito lo strattonò di nuovo, prima di dargli uno schiaffo in pieno volto. Le lacrime di Jimin si arrestarono immediatamente.
"Chim, noi non abbiamo una casa." gli disse il bambino. Jimin, quel suo nuovo fratello, proprio non lo capiva. Nonostante avessero la stessa età, Taehyung gli sembrava molto, molto più grande di lui. Qualcosa si rifletteva nei suoi grandi occhi marroni, qualcosa che metteva i brividi al piccolo Jimin. "Quindi, d'ora in poi, qualsiasi posto in cui andremo insieme sarà casa nostra." Taehyung gli accarezzò la guancia morbida appena colpita, rivolgendogli un sorriso. "Mi hai capito?" Jimin annuì, ricambiando il sorriso del fratello. Non voleva piangere, non voleva renderlo ancora più triste. Avrebbe fatto di tutto per lui, pur di non vedere più quella strana luce nei suoi occhi.

Quello che avvertì sulla pelle poco dopo, però, non fu affatto uno schiaffo.
Taehyung gli stava accarezzando la guancia sfregiata. 
Passò un dito sul taglio posto al di sotto dello zigomo, facendo avvertire al maggiore un leggero pizzicore.
"Non posso prendermi sempre cura di te, Jiminie." gli disse in un sussurro. 
"Lo so." gli rispose il rosso. "Non ho bisogno che tu lo faccia. Non abbiamo più nove anni."
"Stai cercando di dirmi che non hai più bisogno di me, forse?" Jimin commise l'errore di riaprire gli occhi.

Con lui, solo con lui, Taehyung riusciva, anche se solo per brevi istanti, a mettere da parte tutte quelle buffonate su cui ormai si basava la sua immagine, la sua vita intera.
In momenti del genere, quando lui e Jimin erano da soli, il suo sguardo si faceva più dolce, tornando a somigliare incredibilmente a quello del Taehyung bambino che, per il suo amato fratellino, rubava le cose più buone dalla sezione dolciumi dei supermercati. 
Ma, di conseguenza, riaffiorava nel suo sguardo ancora quella luce strana.
Con gli anni, Jimin aveva finalmente capito perché lo terrorizzasse fino a quel punto, quello sguardo: quella luce negli occhi di Taehyung, altro non era che paura. Una paura fottuta.
La stessa che, adesso, aveva riempito i suoi grandi occhi di lacrime.

Jimin scostò la mano del più piccolo dal suo viso, prendendola poi tra le sue mani.
"Non dire cazzate, Tete." sentendo il maggiore chiamarlo con lo stesso nomignolo con cui lo chiamava quando erano bambini, gli occhi di Taehyung si illuminarono improvvisamente, e, istintivamente, sorrise, nonostante le sue labbra stessero tremando.
"Io e Yoongi..." provò a dire il più piccolo, ma Jimin lo attirò a sé, facendolo finire col viso contro il suo petto. Le lacrime silenziose di Taehyung bagnarono la maglietta di Jimin.
"Stai zitto." fece il maggiore, baciandogli la nuca e accarezzandogli i capelli biondi. "Non m'importa nulla di Yoongi." una fitta al petto lo costrinse a fare un attimo di silenzio, prima di poter continuare a parlare. "Mi interessa solo che t-"
"So benissimo cosa provi per lui, Jimin." riuscì a dire il più piccolo, che era ormai ancorato alla maglietta del rosso.
"Io non provo nulla per Min Yoongi, Taehyung." insistette il più grande, prima di afferrarlo per le spalle e allontanarlo da sé, costringendolo a guardarlo. 
Taehyung tirò su col naso, per poi asciugarsi le lacrime che erano rimaste intrappolate ai lati degli occhi ancora lucidi.
"E per Jungkook, invece?" Jimin scosse la testa.
"Se lo vuoi, è tutto tuo." di nuovo, il petto gli fece male. 
Un dolore più lieve del precedente, questa volta forse più simile solo ad un fastidio. Sarebbe stato davvero capace di rinunciare anche a Jungkook, per il fratello?
"Jungkook mi odia." gli rispose il biondo, facendo spallucce.
"Non dire così, Taehyungie, sai bene che Jungkook ti vuole molto bene." forse anche troppo, forse più di quanto potrà mai volerne a me, pensò il rosso, che sapeva bene di essere più un semplice cerotto che una vera e propria cura per il moro.
"E tu? Tu mi odi?" gli chiese il più piccolo. 
Il viso arrossato dal pianto, se possibile, lo rendeva ancora più bello del normale.
Jimin pensò per un attimo a Yoongi, alla prima volta che l'aveva visto, quando il fratello l'aveva obbligato a tentare di sedurlo.
"Ci farebbero comodo un po' di soldi, Jiminie, e lui sembra avere il portafogli pieno. E poi, è veramente carino." gli aveva detto Taehyung, ammiccando. E lo era davvero, carino.
"Ti devo la mia vita, Tae, lo sai. Non potrei mai odiarti." gli disse il maggiore, scostandogli dalla fronte qualche ciocca bionda che vi era rimasta appiccicata. "E avrò sempre bisogno di te, mi hai capito?" aggiunse poi, sollevandogli il mento con l'altra mano. Fu una bugia, quella. Quello che avrebbe sempre avuto bisogno dell'altro, tra i due, era Taehyung. Ma, pur di renderlo felice, Jimin avrebbe vissuto una vita di menzogne, una vita di ombre. Avrebbe fatto di tutto per lui, pur di non vedere più quella strana luce nei suoi occhi. Taehyung socchiuse gli occhi, beandosi di quelle carezze. Poi, il rosso si chinò su di lui, lasciandogli un casto bacio sulle labbra gonfie. "Ti amo, Tete."

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