The Nymph Hunt [traduzione di Kit_05]

di AkashaTheKitty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Buona estate! :P
Eccomi di ritorno con una nuova autrice, AkashaTheKitty, una delle più note e più prolifiche fanwriter nel fandom Dramione inglese.

Affacciatasi al fandom nel 2007, conosciuta in primis per le sue due longfiction Silencio e The Bracelet (quest'ultima ancora WIP), The Nymph Hunt rappresenta il suo primo tentativo di partecipazione ad un ficexchange.

Questa short story, come la chiamerebbero nel fandom inglese, è una fic che si articola su cinque capitoli e si basa sulla seguente citazione di Mark Twain: Non c'è potere senza vestiti. E' il potere che governa la razza umana. Denuda i suoi capi, e nessun Stato potrebbe essere governato; gli ufficiali nudi non potrebbero esercitare alcuna autorità; sembrerebbero (e sarebbero) come tutti gli altri - comuni, irrilevanti.

The Nymph Hunt, infine, è stata nominata negli ultimi (e ancora in corso, i risultati si sapranno settimana prossima) dramione_awards, nelle categorie "Best Draco [Characterization]" e "Best Short Story".

Buona lettura,

Kit_05


Titolo: The Nymph Hunt
Titolo del capitolo: Capitolo 1
Autore: AkashaTheKitty
Link alla versione originale: Link
Rating: PG13
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Romantico, Commedia
Note: EWE! *epilogo ignorato*



Hermione trasse un lungo respiro e tentò di calmarsi. Non c’era motivo per cui essere tristi. Sì, c’erano stati alcuni piccoli effetti collaterali, certo. L’aveva saputo che ci sarebbero stati, quando aveva rifiutato il trattamento preferenziale che le avevano offerto per il suo essere stata un’eroina di guerra. Aveva saputo che il suo rifiuto avrebbe significato doversi fare un nome partendo da zero e aveva previsto che le sarebbero servite parecchie notti al lavoro per dimostrare il suo valore a gente che non credeva per nulla che lei fosse la Strega Più Brillante della Loro Era.

Quello che non aveva predetto era che ciò avrebbe significato dover rispondere al Più Grande Stronzo della Loro Epoca.

Non era iniziata così. In principio il suo lavoro era stato quasi piacevole. Lunghe ore di lavoro e paga bassa, ma era riuscita a intraprendere la strada per farsi sentire nel Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche. Aveva pensato che, tempo uno o due anni, grazie alla sua esperienza e ai suoi contatti, sarebbe riuscita davvero a fare la differenza nel campo dei diritti degli elfi domestici e delle altre specie oppresse.

Nulla del genere. Era ormai lì da diciotto mesi, e l’unico cambiamento che le era stato permesso di fare riguardava la marca del caffè che doveva fare per i suoi capi.

Capi.

All’inizio, nella sua sottodivisione, c’erano stati solo lei e il suo capo, un vecchio mago piuttosto scorbutico, inamovibile rispetto alle sue idee e per nulla interessato ad ascoltare le sue proposte. Ma per quanto irritante fosse stato alle volte, specie quando voleva indottrinarla sul ‘modo in cui gira il mondo’ e su come lei avesse bisogno di qualche ‘esperienza di vita’ per ‘dare una scrollata al suo idealismo’, era stato un qualcosa che poteva sopportare.

Poi, circa nove mesi prima, lui era arrivato a occupare una posizione parallela alla sua. Lui non aveva voluto essere lì e aveva reso chiaro ben alla svelta che, se avesse avuto possibilità di parola al riguardo, non ci sarebbe stato affatto. Il caso Malfoy aveva finalmente raggiunto la rete della giustizia e l’intera famiglia – senza alcuna sorpresa in proposito – l’aveva fatta franca con nulla più che una multa, una prolungata vacanza all’estero per Lucius e Narcissa Malfoy, e qualche tempo di ‘lavoro correttivo’ forzato per Draco Malfoy, che si era rifiutato di lasciare il Paese fino a quando il resto della comunità non si fosse dimenticato dei suoi crimini.

Invece di fare alcun lavoro, però, aveva deciso di fare amicizia con il capo. Non era stata una cosa difficile da fare per lui, perché, sebbene al vecchio bigotto non potesse fregare di meno dei diritti di quelle povere creature che avrebbe dovuto difendere, gli interessavano molto sia i soldi sia il potere, e queste erano cose che i Malfoy avevano in abbondanza. Sfortunatamente.

Hermione avrebbe potuto essere in grado di ignorare quello sviluppo se non fosse stato per il fatto che Malfoy non solo non faceva alcun lavoro, ma continuava pure ad accettare irragionevoli incarichi, trovando poi sempre modo di sobbarcarli sulle sue spalle, non lasciandole più nemmeno il tempo per dormire, figurarsi per fare altro. Sapendo che lamentarsi con il loro capo sarebbe stato futile, aveva scavalcato la gerarchia e aveva fatto giungere le proprie rimostranze direttamente al Capo Dipartimento.

Il capo non aveva ben accolto quell’essere stato messo da parte e, come meschina vendetta – senza dubbio per “darle una regolata” –, aveva promosso Draco, dandogli persino un piccolo ufficio personale. E questo aveva dato a Malfoy la possibilità di tiranneggiarla senza più temere alcuna ripercussione. E lo faceva. A ogni piè sospinto. E sorridendo.

Naturalmente, Hermione aveva verificato se quella promozione, assurda com’era, non fosse contro le regole del Ministero. Sfortunatamente, non lo era. Fino a quando il suo capo fosse stato dentro il budget della sua sezione, era libero di organizzare il personale come meglio preferiva. Questo includeva il creare nuove posizioni per convitti che si deliziavano tiranneggiando terze persone.

S’era lamentata con Harry su quale cattivo colpo di sfortuna fosse stato l’aver destinato Draco Malfoy proprio al suo dipartimento, ma vedendo le sue orecchie rosse, s’era resa conto, ancor prima che lui potesse dire alcunché, che non era stata affatto una coincidenza. “Mi dispiace, Hermione,” aveva detto, “ma sapevo che tu saresti riuscita a tenerlo in riga, quindi ho spinto io perché venisse messo lì…” Con difficoltà aveva evitato una scenata sul posto, e Harry, probabilmente l’Auror Più Arrogante della Loro Era, era rimasto testardamente sulla sua linea, e Hermione sapeva che né le minacce di lasciare il lavoro né le lacrime sarebbero servite a fargli cambiare idea. “Inoltre,” aveva aggiunto, “tra un anno se ne andrà, e sono sicuro che allora tutto tornerà alla normalità.” Cercare di spiegare a Harry che Malfoy aveva ora il potere di farla rimanere in quell’ingrata e futile posizione per un altro anno ancora grazie a un menzognero commento alla sua performance lavorativa, tutto questo ben prima che se ne andasse felicemente per la sua strada (e la sola prospettiva le faceva venire voglia di fare una strage), sarebbe stato inutile, così aveva tenuto la bocca chiusa. Ma il suo comportamento verso Harry era stato molto più freddo da allora. Quando lui le aveva chiesto per quanto avesse intenzione di andare avanti così, lei aveva seccamente risposto: “Fino a quando la sua influenza sulla mia vita non sarà svanita,” e se ne era andata con il naso all’aria.

Naturalmente, quell’atteggiamento era stato un darsi la zappa sui piedi, visto come non aveva né il tempo né l’opportunità di fare nuove amicizie al Ministero e ora non aveva nemmeno Harry con cui condividere il suo prezioso e centellinato tempo libero.

“Sei terribilmente tranquilla, Granger.” Quell’irritante strascichio interruppe i suoi pensieri.

“Scordatelo!” sibilò. “Non passerò tutto il mio weekend a catalogare le minime differenze accettabili nel prezzo di vendita dei Vermicoli in Gran Bretagna solo perché a te gira così!”

“Oh, e che altro vorresti fare? Scopare quel tuo perdente dalla testa rossa?” chiese, indossando il mantello tre ore prima dell’ora in cui sarebbe dovuto tornare a casa. Di nuovo. “Magari se facessi il tuo lavoro, potrei vergare un commento carino tra due mesi.”

Il suo ghigno era malignità pura, e sapevano entrambi che non aveva alcuna intenzione di commentarla in un modo tale da poter permettere una promozione. Merlino, sarebbe stata fortunata a mantenere il suo lavoro una volta che lui avesse finito di scrivere tutte le sue menzogne.

La cosa più irritante era che non sembrava nemmeno farlo perché la odiava. No, lo faceva perché poteva e lo divertiva essere un bastardo totale.

“Non posso farlo questo finesettimana, Malfoy,” controbatté, spingendo verso di lui la pila di documenti. Calcolò male, però, la forza della propria spinta e spedì anche la boccetta d’inchiostro oltre il bordo della scrivania, imbrattando con il liquidi nero l’impeccabile vestito di seta grigia di Malfoy. Gli occhi di Hermione si sbarrarono per l’orrore nel vedere il disastro irreparabile. Le macchie di inchiostro non venivano facilmente tolte da un Gratta e Netta, e l’inchiostro che si usava al Ministero era della specie più duratura. Ed ecco come se ne andavano tanti, tanti dei suoi futuri weekend. Non c’era possibilità che Malfoy non cogliesse quell’opportunità per punirla.

Perché poteva.

Lui abbassò lo sguardo sul pasticcio che lei aveva combinato sui suoi costosi vestiti. “Pagherai per questo,” osservò.

Oh, lei ne era certa. Si chiese se la sua carriera valesse davvero tutto quello. Poteva andarsene e trovare un perfetto e idealistico lavoro – magari come giornalista per la Gazzetta del Profeta – che non le avrebbe richiesto di sgobbare quattordici ore al giorno, sette giorni a settimana, agli ordini di un ex Mangiamorte e per un salario da serva.

Ma se avesse mollato, lui avrebbe vinto. E non poteva lasciarlo vincere. Se solo fosse riuscita a sopportare tutto quello per solo un paio di mesi ancora, poi lui se ne sarebbe andato.

Solo un paio di mesi. Poteva farcela… giusto?

L’espressione pensierosa di Draco si aprì improvvisamente in un minaccioso sorriso. “Sì, proprio così. Tu mi pagherai un nuovo completo. E non di quel materiale spazzatura che indossi tu, ma uno come questo.”

Hermione lo guardò con espressione vacua. I suoi vestiti costavano probabilmente più del suo stipendio annuale. “Ne hai a centinaia come quello!” ribatté. “Probabilmente non l’avresti nemmeno indossato più.”

Il suo sorriso si allargò e lei ebbe conferma ancora una volta della sua convinzione che lui fosse completamente e intrinsecamente malvagio. La malvagità era la mancanza di coscienza o rimorso, giusto? La descrizione calzava sicuramente a pennello. “Tu e quelli come te non sostenete l’importanza dei principi?” chiese lui con voce vellutata. “Beh, è il principio che conta, no? Tu hai distrutto una mia proprietà, quindi devi compensare. E visto che non sono davvero interessato ad alcun altro tipo di compensazione che potresti offrire, il denaro è l’unica soluzione, no?”

Perfetto. Non aveva mai messo in dubbio la possibilità di mangiare, ma probabilmente per un po’ di tempo sarebbe stata a corto anche di cibo. E dire che non pensava di aver bisogno di mettersi a dieta. “Quanto?” gemette.

Lui parve rimuginarci su. “Pensandoci meglio, non sono dell’umore adatto per comprarmi vestiti nuovi, quindi lo farai tu al posto mio.”

“Non posso comprare dei vestiti per te.”

“Certo che puoi. Madama McClan conosce le mie misure.”

Hermione soffocò un altro gemito. “Colore e tessuto come quelli di questo?” chiese, atona.

“Ora, perché mai dovrei volere un completo identico a uno che ho già avuto? Lascia andare a briglie sciolte l’immaginazione.”

“Perfetto. Verde a pois viola.”

Guardò con un minimo di soddisfazione l’espressione orrificata che fece capolino sul volto di Malfoy.

Lui la guardò dall’alto in basso.

“E crederesti anche di aver avuto buon gusto, eh?” Hermione boccheggiò, indignata. Ma prima che potesse ribattere, lui fece un cenno noncurante con una mano. “Come se potessi permettere che una con il tuo pessimo senso dello stile provasse anche solo a comprarmi dei vestiti. Vedi solo di smetterla di buttarmi addosso l’inchiostro e di farmi avere quei numeri per lunedì.”

Hermione lottò contro la voglia di alzare gli occhi al cielo. “Non stavi andando da qualche parte?” chiese, non vedendo l’ora di sbarazzarsi di lui, fosse stato anche solo per poco tempo.

Lui osservò il proprio completo. “Stavo, prima che tu decidessi di farmi ritardare terribilmente. Ora, sarò costretto a cancellare l’impegno.” E con quell’affermazione, tornò a bighellonare nell’ufficio che non si era guadagnato.

Non più sotto il suo sguardo, Hermione alzò gli occhi al cielo, ma riuscì comunque a trattenere la lingua. Non ne valeva la pena. Ancora un poco e se ne sarebbe andato. Solo un paio di mesi… All’improvviso le tornò in mente una cosa. “Non posso farlo davvero in questo finesettimana,” gridò. “Ho una cosa.”

La figura di lui riprese il suo posto sotto lo stipite della porta, con indosso un nuovo completo. Blu. Pavone. Appropriato. “Allora cancella la tua cosa. Ho bisogno di quei numeri.”

Hermione lo fissò torva. “Tieni un cambio di vestiti in ufficio?”

“Beh, devo, considerando che gente stordita mi circonda, no?”

Hermione scosse la testa, scacciando i motivi che l’avrebbero fatta sentire parecchio a disagio sul perché aveva bisogno di completi extra in ufficio, visto che di certo lui non lavorava mai fino a tardi. “Io, um, non posso cancellare la cosa, perché è la cosa obbligatoria a cui dobbiamo presenziare tutti.”

“Oh. Giusto. Quella.” Draco si accigliò. “Buffo, sapevo che c’era, ma non credevo saresti venuta… Senza offesa, ma non sei veramente tipo da andare dove ci sia del vero divertimento.”

Senza offesa davvero. Hermione digrignò i denti. Era vero che lei non era esattamente una farfallina sociale – non aveva il tempo per esserlo – ma odiava come lui denigrasse sempre le sue apparenze e la sua dedizione al lavoro. Non poteva permettersi di vestire completi costosi e non aveva molto tempo libero al di fuori del lavoro, era vero, ma almeno aveva un obiettivo, una meta nella vita. Lui no. A volte sentiva persino della compassione per lui, ma di solito Malfoy faceva sparire ogni caritatevole sentimento che avesse mai avuto nei suoi confronti con uno dei suoi commenti taglienti.

Prevedibile come sempre, Malfoy iniziò a ridacchiare. “Ti vestirai da megera, vero? Probabilmente sei l’unica donna in tutto il pianeta che desidererebbe essere nata sfoggiando gobba e verruche.”

Lei lo guardò, nera, senza degnarlo di una risposta. Ovvio che non desiderasse nulla del genere. Solo perché non si metteva in mostra tutto il tempo, non significava che non avesse i suoi momenti di vanità! Aveva solo imparato a non darli a vedere in ufficio da quando Malfoy sembrava accorgersi di tutti i suoi cambiamenti e denigrarli in ogni singola occasione. Non era che la sua opinione contasse un qualcosa, ma visto che lui era l’unico ad accorgersi di quei cambiamenti, tanto valeva non sforzarsi nemmeno.

Lui aspettò per qualche istante per vedere se lei avesse una qualche replica da fare, ma quando rimase zitta, si limitò a scrollare le spalle. “Va bene, che siano pronti per martedì, allora,” disse, chiudendo la porta e dirigendosi al proprio ufficio. Lei non riusciva a immaginarsi a fare cosa, visto che di certo non si trattava di lavoro. Magari aveva bisogno di un sonnellino; dopotutto, doveva essere una vita così difficile essere ricco e coccolato da tutti.

**********


La ragazza dai capelli scuri, aliena persino a se stessa, lisciò con le mani il leggero tessuto argento che le copriva solamente mezza coscia. Era troppo corto, davvero. Non le era sembrato così corto quando il negoziante gliel’aveva mostrato, al negozio. E combinato con le spalline che le lasciavano le spalle scoperte e la scollatura che mostrava generosamente il petto, la faceva sentire nuda. O avrebbe dovuto farla sentire nuda. In realtà le sembrava solo che ad essere nuda fosse la donna riflessa dallo specchio. Lei, se stessa, si sentiva bizzarramente alienata da quella persona. La donna che le stava restituendo lo sguardo non sembrava reale.

Si toccò pigramente un boccolo nero perfettamente arricciato e fissò i suoi occhi verde smeraldo.

Dubitava che ci fosse qualcuno che avesse davvero occhi di quel colore. Persino quelli di Harry non erano di un verde così intenso, e non conosceva nessuno che non facesse commenti sugli occhi di Harry. Era strano essere fissata da iridi del colore sbagliato. Bizzarro ed esilarante allo stesso tempo. Come se lei fosse tutt’altra persona, qualcuno che potesse fare tutto quello che voleva, perché nessuno aveva delle aspettative nei suoi confronti.

Si sentiva libera.

Si toccò il viso troppo grazioso. La faceva sentire strana far scorrere le dita sulla pelle, quella sensazione familiare che non trovava corrispondenza su quanto vedeva allo specchio. I suoi tratti erano fin troppo regolari e la pelle aveva un aspetto perfetto e una brillantezza perlacea che non assomigliava affatto a quello che vedeva ogni mattina, quando usciva dalla doccia. Probabilmente non avrebbe dovuto continuare a sperimentare troppo su quel suo nuovo aspetto, o si sarebbe infilata qualcosa negli occhi.

“Oh, per amor del cielo, Hermione,” sbottò. “Non è poi diverso dalla Pozione Polisucco!”

Era una ninfa. Aveva davvero voluto mascherarsi da megera; Malfoy ci aveva visto giusto su quello, sebbene per tutti i motivi sbagliati. Al negozio, però, il padrone aveva fatto una scenata su come sarebbe stato un peccato lasciare che le sue sembianze giovanili venissero buttate al vento e di come sarebbe stato molto più semplice se la maschera avesse avuto un corrispettivo nella figura di chi l’avesse indossata. Si era ostinatamente rifiutato di darle un costume da megera, affermando di vantarsi su come i suoi costumi calzassero sempre a pennello e di come quel costume non sarebbe affatto stato bene. Era ridicolo. Non che avesse qualcosa in contrario ad essere una ninfa, a parte il fatto che probabilmente ci sarebbero state altre trecento ninfe o simili costumi di donne ridicolamente belle e che avrebbero pensato che lei fosse come loro.

La sua esperienza le diceva di non avere nulla in comune con le streghe che volevano apparire come ninfe.

Aveva molta più affinità con le megere.

Ma ora le megere avrebbero pensato che lei fosse una ninfa.

Hermione si accigliò. Non aveva molto senso. Inoltre lo scopo di quella festa era presentarsi come non si era, e di certo lei non era una ninfa vanitosa, splendida e senza cervello. Magari sarebbe stato interessante provare a cambiare, per una volta. Nessuno l’avrebbe saputo, a meno che lei non trovasse un motivo per rimanere lì tutta la notte. Questa stupida cosa congeniata dal Ministro per fare colpo su un diplomatico francese, alloggiato temporaneamente al Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale avrebbe potuto anche essere obbligatoria, ma nessuno aveva specificato nei dettagli per quanto tempo sarebbe dovuta rimanere lì o quanto avrebbe dovuto intrattenersi con gli altri.

Tornò con lo sguardo allo specchio, meravigliandosi di quanto totale fosse il suo travestimento. Suppose che questo fosse il motivo per cui dovesse avere dei collegamenti con il suo aspetto, per non farla sentire troppo diversa dal solito, visto come quella fosse solo una maschera e non alterasse davvero il suo corpo al modo in cui operava la Polisucco. Non che qualcuno si sarebbe immaginato che quella fosse lei, ma rimaneva comunque un dettaglio piacevole.

Aveva quasi ceduto al desiderio di non andare del tutto, passando in rassegna malattie rare che avrebbero potuto giustificarla. Malfoy aveva quasi visto giusto anche in quello. Sarebbero state presenti molte persone che conosceva, ma l’invito dichiarava a chiare lettere come solo chi partecipava congiuntamente al coniuge potesse rivelare alle loro altra metà la proprie identità prima della mezzanotte, quindi, essenzialmente, sarebbe stata da sola. Non le piaceva essere sola.

Ma anche tutti gli altri sarebbero stati soli.

Eppure, come era diventato palese, nessun'altra sarebbe stata una megera intrappolata nel corpo di una ninfa.

Stava andando in circolo ed era una questione irrilevante. Era determinata a dimostrare la propria utilità e il proprio valore davanti ai propri datori di lavoro per poter ottenere quella promozione, e andare a uno stupido party era il minimo che potesse fare per dimostrare la propria dedizione.

Era ora di andare.

******


Il ballo in maschera si teneva in un vecchio e imponente maniero. Rabbrividì al pensare a quanti snob purosangue sarebbero stati presenti, ma quando si lavorava per il Ministero era praticamente impossibile evitare i diplomatici. O i purosangue snob. Le due categorie erano pressoché intercambiabili, l’aveva imparato alla svelta. Era una buona cosa che non avesse mai voluto diventare una diplomatica perché, eroe di guerra o meno, di certo non aveva il pedigree necessario per farsi strada in quel campo.

A volte si chiedeva davvero se valesse la pena sorbirsi tutto quello. Forse avrebbe fatto meglio ad arraffare la posizione più alta, quando le era stata offerta. Forse, con il tempo, sarebbe riuscita a convincere gli altri che quello era il posto che si meritava.

Se non fosse stato che la realtà le gridava che no, non ci sarebbe riuscita. Era giovane, era una donna, era idealista, ed era una Nata Babbana… non avrebbero dato retta a una singola cosa di quelle che avrebbe potuto dire, elencando tutte le sue mancanze. Aveva bisogno di provare di meritarsi una posizione dove avrebbe potuto fare dei cambiamenti, e quello sembrava l’unico modo possibile per farlo.

Porse l’invito al vampiro alla porta, chiedendosi se fosse vero o un travestimento. Lui gesticolò con la bacchetta, facendo sparire l’invito, e lei poté ufficialmente considerarsi una partecipante dell’evento. La presenza della bacchetta suggeriva come quello fosse, probabilmente, un costume. Quello sguardo affamato, però…

Decise di affrettarsi.

Le fu indicata una grande sala da ballo, dove i presenti erano lasciati liberi di mischiarsi tra loro. C’erano delle porte ai lati, Hermione dedusse che conducessero alle stanze private dei padroni di casa. Alcune erano aperte, però, per coloro che desiderassero spazi un po’ più tranquilli e silenziosi dove conversare.

Doveva tenerli a mente.

Il salone era affollato di gente, e si rese conto ben presto di non aver affatto sbagliato la sua stima sulla presenza di altri costumi da ninfe, Veela, o simili. Non c’erano due travestimenti identici, però, e anche solo rimanere ad osservare i costumi degli altri era un passatempo che quasi ripagava l’ignoranza sulle identità altrui. Senza contare il cercare di indovinare chi fosse veramente travestito e chi, invece, fosse semplicemente un rappresentante di un'altra specie. Dopotutto, erano riusciti a decretare la venuta in maschera obbligatoria solo per gli impiegati del Ministero.

Il costume più interessante era quello di un Quintaped. Beh, o era un costume o qualcuno aveva deciso di portarsi dietro il proprio animale. Portare a una festa un animale con un notorio appetito per la carne umana non sembrava, però, una cosa molto probabile – o sicura – così optò per il travestimento.

Era così intrigata dal giochino che stava intrattenendo con se stessa che, un paio d’ore più tardi, quando la folla aveva raggiunto il proprio picco, si dimenticò di guardare dove stesse andando e cozzò contro qualcuno.

Delle braccia si allungarono per sostenerla, e lei alzò lo sguardo sugli occhi dal più incredibile color azzurro che avesse mai visto. Le si mozzò il respiro in gola, e fissò lo sconosciuto, le pupille leggermente allargate per la sorpresa. Poi gli angoli di quei bellissimi occhi azzurri si raggrinzirono per il divertimento nel rendersi conto di quello che lei stava facendo. Ovvero gli occhi dolci a un qualcosa che non era altro che parte di un costume. Quegli occhi non erano più veri dei suoi, e un’indagine più accurata le permise di decidere che erano veramente troppo. Avrebbero potuto essere fatti di vetro per tutto il realismo e l’interesse che ora suscitavano in lei.

Imbarazzata, fece un passo indietro e, accigliandosi, tentò di capire quale fosse la maschera del mago. Era alto, ma non troppo. Era slanciato, e di sicuro non aveva sentito alcuna sporgenza morbida quando aveva colliso con il suo addome. Era abbronzato e aveva capelli di un castano chiaro, tagliati a una lunghezza tale che solo per poco non gli cadevano sugli occhi. Naturalmente, i suoi tratti erano impossibilmente belli. E come per gli occhi, erano artificiali e non irradiavano alcun fascino. Era come guardare un ritratto o, forse, una scultura romana – esteticamente piacevole, ma senza alcuna vera profondità sotto l’aspetto esteriore.

Ovviamente, non sapeva chi ci fosse dietro a quell’aspetto esteriore, ma, chiunque fosse, stava indossando una maschera, come lei. Dedusse che l’uomo che si celava sotto quell’aspetto dovesse essere l’esatto opposto di come appariva: pallido e con capelli e occhi scuri, e piuttosto insignificante da guardarsi.

E per quello che il costume dovesse rappresentare… Lasciò che i suoi occhi scorressero lungo tutta la sua figura, ma non avrebbe saputo dire cosa lui dovesse incarnare.

“Ti piace quel che vedi?” L’uomo era divertito dalla sua curiosità. Beh, che lo fosse. Si chiese se potesse conoscerlo di persona, visto come la sua voce le sembrava vagamente familiare. Non si era chiesta se anche la voce venisse modificata. Supponeva di no, visto che quella maschera cambiava solo gli aspetti visivi.

“Cosa sei?” chiese, sfacciatamente.

Lui inarcò un sopracciglio, tradendo dell’arroganza. Beh, almeno metà dei presenti erano arroganti. “Vuoi dirmi che non riesci a capirlo?”

Lei scosse il capo. “No…”

“Indovina.”

“Un uomo.”

“Oh,” commentò lui tra sé, inarcando ora entrambe le sopracciglia. “Le piace fare l’intelligente, allora.”

“Beh, ho ragione?” Inarcò anche lei le sopracciglia. Anche lei sapeva essere arrogante, quando ce n’era bisogno.

Le labbra di lui si arricciarono, ricordando nuovamente a Hermione qualcuno o qualcosa. “Per la grande disperazione di quel negoziante, hai ragione. Completamente. Sono solo un uomo.”

“Beh, è stupido.” Hermione si stava davvero calando nel personaggio. Di norma sarebbe stata più educata, ma perché avrebbe dovuto esserlo? Andare a una festa in maschera vestiti da “solo un uomo” era stupido.

“Forse. Ma è quello che volevo essere per questa sera. Nessun intricato demone, nessuna creatura o mago famoso mi stuzzicavano.”

Tra sé e sé, Hermione pensava che il diavolo che aveva notato appena entrata fosse abbastanza interessante da osservare. Più interessante di un uomo, non importava quanto affascinanti fossero i suoi tratti. “Quindi… cosa?” Notò i pantaloni che aveva addosso. “Vuoi essere un Babbano?”

Lui parve nuovamente essere preso in contropiede dalla sua schiettezza. “Voglio essere un Babbano?” rimuginò. “Beh… hanno la vita facile loro, no? Niente complicazioni sul sangue e su tutto quello che conduce alle guerre, e la politica e le infinite e noiose polemiche.”

Quindi non era di certo un Nato Babbano, visto come sembrava ignaro del fatto che ci fossero problemi simili anche là fuori. Sembrava, però, più che altro annoiato da quelle problematiche, quindi non era un idealista, a favore o contro quelle questioni. Solo un altro mago più interessato a vivere la propria vita che a fare una differenza in quella degli altri. Suppose che non ci fosse nulla di male in quello.

“Le complicazioni ci sono solo se le vuoi,” replicò, cercando di suonare il più neutrale possibile.

Lui scosse il capo con tristezza. “Le complicazioni sono solo una piccola parte. C’è stato un tempo dove corteggiare una strega non purosangue mi avrebbe fatto guadagnare la disgrazia eterna. Una volta ho pensato di farlo comunque, ma non sono mai stato molto coraggioso, quindi ho deciso di lasciar perdere. Ora… Non arriverei a dire che alla gente non interessi più, ma “disgrazia eterna” ha perso praticamente tutto il suo significato nel vortice della guerra e… dell’impatto che ha avuto su alcuni di noi. Il sangue misto è diventato all’improvviso una cosa così triviale, eppure c’è ancora chi sembra parlare e parlare su come sia importante averlo puro piuttosto che no.”

Hermione strabuzzò gli occhi alle candide parole di quell’estraneo che le stava di fronte. “Tu eri… con chi ha perso,” disse lentamente. Chiunque vivesse rispettando i vecchi standard purosangue doveva essersi o alleato con Voldemort o essere rimasto neutrale, ma l’amarezza nelle sue parole… lui non era rimasto neutrale, allora. Non che fosse un grande shock. C’erano molte persone che doveva vedere ogni giorno che avevano preso allora la decisione sbagliata. Il mondo non era in bianco e nero, e lei aveva imparato da tempo che la gente faceva quel che faceva per le ragioni più diverse, e non tutte erano buone o malvagie. Non significava che lei condonasse l’essersi schierati per un genocida psicopatico, ma tenere viva la fiamma dell’odio non sarebbe servito a nulla.

Lui le scoccò una cauta occhiata, fece una smorfia e poi sospirò in segno di rassegnazione. Sembrava aver carpito la sua censura. C’erano delle cose che lei non sapeva nascondere molto bene. “Ero un bambino allora,” mormorò. “Non avevo una parte mia. Ho fatto quello che mi è stato detto di fare.”

Hermione alzò gli occhi al cielo davanti alla sua debole difesa. “La guerra è stata vinta da dei bambini, sai.”

Lui annuì, sembrava un poco sovrappensiero. “Già, ma non erano me, però. Te l’ho già detto, non sono mai stato molto coraggioso. Non sarei mai andato contro i miei genitori. Avrei fatto tutto quello che loro mi avessero chiesto di fare. Anche se avesse significato uccidermi da solo.”

Lei ci rimuginò su per un secondo. “Magari non è mancanza di coraggio,” disse infine, sentendosi magnanima. “Magari è solo eccessiva lealtà.” Si rese conto di crederci davvero. Non si poteva certo dar la colpa a qualcuno per l’amore verso la propria famiglia e il volerla difendere. Anche lei aveva fatto alcune cose questionabili nel corso degli anni per aiutare genitori e amici.

Stranamente, lui scoppiò a ridere. “Non mi hanno mai accusato di essere mai stato eccessivamente leale, prima d’ora, ma grazie. È un piccolo passo avanti rispetto all’essere chiamato codardo.” Lui la guardò, soppesandola. “Non sei quello che mi sarei aspettato.”

Hermione inarcò un sopracciglio. “Avevi delle aspettative sulle persone che ti sarebbero venute addosso?”

Lo sguardo di lui scivolò sulla sua figura, dicendole chiaramente che era così. Quello era il problema dell’essere una megera in un corpo da ninfa. La gente si aspetta che tu sia una ninfa, e Hermione non aveva idea di come interpretarla – anzi, aveva solo la certezza di non volerlo essere.

“Quindi, qual è il tuo nome?” chiese lui.

Lei scosse il capo. “Lo sai che non posso dirtelo.”

Le labbra di lui si arricciarono di nuovo in un modo che Hermione sapeva di doversi ricordare. “Dimmi un nome qualunque, allora.”

Lei ci pensò su un momento. “Lethe.”

“Che nome strano,” osservò lui.

“Beh, è il nome di una ninfa.” Hermione incrociò le braccia al petto, sentendosi una ninfa molto secchiona che ne sapeva davvero di mitologia antica. La mitologia non era un argomento molto conosciuto nel mondo magico, ma i maghi non ne erano nemmeno completamente digiuni. Era solo che la vedevano in maniera diversa rispetto ai Babbani e avevano le loro versioni di alcuni miti, e Hermione aveva trovato alquanto intrigante comparare le diverse interpretazioni. Non solo, probabilmente poteva scrivere una tesi sulle influenze sociali, religiose e culturali dietro ad ogni singola similitudine e differenza tra le società Babbana e Magica del giorno d’oggi, e dei, se era secchiona non importava in che costume fosse.

Lui inclinò un poco il capo. “Che tipo di ninfa?”

Lei dovette dargli la spiegazione veloce per non essere colta in flagrante in fatto di secchiosità. “Lavora negli Inferi. Coloro che bevono dal fiume Lethe ottengono l’oblio dalle loro vite mortali.”

Qualcosa brillò nei suoi finti occhi azzurri. “Credo che mi piacerebbe molto farlo.”

All’inizio, Hermione non capì, poi all’improvviso si rese conto di quello che lui volesse dire e aprì la bocca per protestare su come quello non fosse un invito e su come di certo non ci sarebbero state bevute di alcun tipo. Poi vide una traccia di divertimento nelle sue iridi e nella linea delle sue labbra. La stava prendendo in giro? Si accigliò.

“Non sei abituata a questo,” disse, il tono pensieroso. “Non sei abituata a qualcuno che flirti con te.”

Lei arrossì, pregando che la maschera nascondesse almeno un poco del suo imbarazzo. Tempo di cambiare argomento. “E come posso chiamarti io, invece?”

Lui scrollò le spalle. “Qual è un nome comune da Babbano?”

“John?” suggerì lei.

Lui fece una smorfia. “Non è per nulla bello quanto Lethe, eh?”

“Credevo avessi detto che Lethe era un nome strano.”

“E’ strano, ma comunque bello.”

Già, già. Si doveva sicuramente sentire in dovere di dirlo. “John è comune, ma… comune,” replicò lei.

“Ed è quello che ho chiesto io, vero?” I suoi occhi brillarono, divertiti. “Tu non vorresti essere qui,” aggiunse poi, all’improvviso.

Quell’affermazione la colse di sorpresa. “Um, sicuro che lo voglio. Stiamo avendo una conversazione perfettamente piacevole -”

“Non volevo dire che non volessi parlare con me. Ma qui, al party. Andiamo.” La prese per mano e iniziò a sospingerla verso una porta.

“Cosa stai facendo?” chiese lei, senza sapere se dovesse opporsi o meno. Probabilmente avrebbe dovuto, ma cosa avrebbe mai potuto farle di male a una festa con così tanta gente?


*continua*


Al prossimo capitolo, e se nell'attesa volete lasciare un commento, come sempre sarà più che apprezzato (sia da me, sia da Akasha :) ) ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***



Salve! :p

Per prima cosa, un grazie enorme a tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo, spero vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito abbastanza da continuare a seguire questa fic ^^

Un ringraziamento in più per chi ha poi lasciato anche un commento, come sempre mi ha fatto un enorme piacere leggere le vostre parole :)

So, grazie a trixina (E' Malfoy? :P E, soprattutto, questo ha dato a Hermione elementi per pensare che fosse lo stesso bastardo che le rende la vita difficile in ufficio? ;)), Ainel (Grazie! A discolpa di Hermione dobbiamo anche chiederci quante volte lei l'ha visto sorridere, però XDD ;)), semplicementeme ( *bellissimo nick! XD* Grazie mille per i complimenti ^^ Non se se meritarmeli davvero, ma grazie :) E sì, Hermione è più che nevrotica - praticamente sempre lo è, nella versione di Akasha XD - avrebbe bisogno di una dose oraria di camomilla :p John purosangue lo è di sicuro, ma... siamo sicuri che lui abbia capito chi sia lei? ^^ Grazie ancora!), liven (*blush* Grazie mille ^^ Non sono sicura di meritarmi tanti complimenti, ma grazie ^^ E spero che anche questa fic ti possa piacere ^^), FukoChan (Nessun rischio di doversi insultare da sola, non ti preoccupare XD E figurati se devi scusarti ^^ Più che altro grazie a te per i complimenti - complimenti girati anche ad Akasha ^^), stefy89d (grazie ^^), Manu (*O* uso nome che tanto anche se gli orgisti si imbattessero su queste pagini, ormai le coperture sono saltate *O* XD Ho proposto a Hermione di prendere il posto di Becky come consulente di moda, che ne dici? XDDD *prova a fischiare, ma come al solito non le riesce bene ^^'*), Emily Doe - Moglia! (stoica! Masochista! Stoica! *O* *controlla polso mogliaesco per vedere se è ancora viva o ha raggiunto Nick dopo aver affrontato tale prova *O* * :p Vai! Fila a riprendere in mano C-6pprova che io sto aspettando un nuovo capitolo da mesi! *cry* *cosa appassionatamente e senza pudore *O*)

Settimana scorsa avevo inoltre annunciato nelle note di come The Nymph Hunt fosse stata nominata negli ultimi dramione_awards in due categorie. Bene, oggi posso aggiungere che questa fic si è aggiudicata il premio come "Best 2008 Short Story" e si è piazzata in seconda posizione (dietro alla splendida fic di Floorcoaster, Gravity) nella categoria "Best Draco".

E ora, al capitolo: buona lettura ^^

Kit 05

Titolo: The Nymph Hunt
Titolo del capitolo: Capitolo 2
Link alla versione originale: Link
Rating: PG13
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Romantico, Commedia
Note: EWE! *epilogo ignorato*


“La gente si sta ubriacando,” disse lui, facendole aggirare una coppia di centauri particolarmente realistici. Probabilmente erano reali. Aveva anche scorto alcuni goblin poco prima, e aveva creduto di riconoscerne uno. “Presto diventerà un fastidio,” continuò lui. “Specie visto come alcuni uomini apprezzeranno l’anonimato e i tuoi… attributi. Suppongo che o tu sia veramente ripugnata da me, o che tu non sia affatto interessata a quel tipo di attenzione.”

“E tu credi che io non sia ripugnata da te, quindi.”

Avevano raggiunto un atrio che pareva far parte dell’ala privata della dimora, e lui si voltò verso di lei con un’espressione arrogante. “Non lo sei.”

Tutti i purosangue erano così pieni di sé? “Che cosa te lo fa pensare?” chiese, incrociando le braccia sul petto.

“Sei venuta qui, no?” Con una torsione del braccio aprì la porta dietro di sé, diretto in una stanza dove lei era sicura che non si sarebbero dovuti trovare, ma prima che potesse dar voce ai propri dubbi, lui la prese e la trascinò all’interno, per poi chiudere l’uscio alle sue spalle.

“Stai assumendo un po’ troppe cose,” commentò seccamente, meravigliandosi nel frattempo su quanto bene sembrava che lui conoscesse quel luogo.

Lui arricciò un labbro. Lo faceva spesso. “Sono già stato qui,” disse in risposta alla domanda non posta. “E tutti questi manieri sono costruiti con lo stampo. Puoi rilassarti. Non sto assumendo cose del genere. Se fosse stato quello, ciò che stavo cercando, non sarebbe stato difficile trovare una strega accomodante, tanto felice nel poter essere splendida per una notte da voler condividere i suoi… attributi.”

Il punto era che aveva ragione. Era stato evidente persino a Hermione come le persone stessero usando i loro travestimenti per dar sfogo alle proprie pulsioni più edonistiche. “Che cosa stai cercando, allora?” chiese lei, osservando la stanza. Sembrava trattarsi di una sorta di biblioteca privata, fornita di diversi scaffali ricolmi di libri, di una poltrona confortevole e di un camino. Scommettere che nessuno avrebbe voluto andare in quella stanza, quella sera, sarebbe stata una vincita sicura. Decidendo che lei avrebbe di gran lunga preferito essere lì dentro che non fuori, in mezzo a centinaia di streghe e maghi ubriachi alla ricerca di vuoti piaceri, si incamminò verso il sofà e si sedette.

Lui scrollò le spalle e la seguì. “Magari ho voglia solo di parlare con te.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Sicuro. Questo è esattamente quello che gli uomini cercano alle feste. Qualcuno con cui parlare. Sono certa che questo vestito ti abbia appena comunicato ‘conversiamo’.”

Quando lo guardò di nuovo, fu sorpresa nello scorgere una lieve irritazione nella sua espressione. “Hai idea di quanto sia facile trovare del sesso e di quanto sia difficile trovare qualcuno con cui avere una conversazione decente? Lasciamo perdere l’impossibilità di trovare qualcuno che si qualifichi per entrambe le cose.”

Hermione distolse nuovamente lo sguardo. Lo sapeva. La comunicazione era stata parte di quello che era fallito tra lei e Ron. Lei s’era dimenticata di parlare, lui di farla ascoltare, e avevano entrambi condotto vite così separate da diventare null’altro che estranei che condividevano uno stesso appartamento. Non che questo avesse reso le cose più facili, quando lui se ne era andato lasciandola veramente sola.

Naturalmente, non aveva pubblicizzato il fallimento della sua relazione, motivo per cui la maggior parte delle persone che non la conoscevano da vicino credeva ancora che fossero insieme. Non aveva mai corretto quell’idea errata, e aveva sempre finto di non sentire quando qualcuno ne parlava. Non c’era bisogno che lo sapessero. Non c’era bisogno che la compatissero. Certo, Malfoy non l’avrebbe compatita, si sarebbe solo divertito da qui all’eternità a fare battute su come non fosse nemmeno riuscita a tenere vivo l’interesse di un ragazzo come Ron. Aveva optato di non dargliene l’opportunità, non informandolo del reale stato delle sue relazioni.

“Dall’espressione che hai in volto, deduco che capisci perfettamente quello che voglio dire,” commentò il suo compagno, sedendosi accanto a lei. “Cos’è successo?”

“E’ una cosa un po’ personale, non credi?” mormorò Hermione.

“Sì, e non dirò a nessuno quello che una ragazza sconosciuta di cui non conosco né nome né volto mi ha confidato.”

Hermione scrollò le spalle, accettando il suo punto di vista. “L’ultima mia relazione è stata distrutta dalla mancanza di comunicazione.”

Lui inarcò un sopracciglio. “Non dalla mancanza di sesso?”

Hermione avvertì il rossore spandersi dalla base del collo verso il volto. “Alla fine anche da quella,” borbottò, sperando che lui non sentisse la risposta.

“Quindi era un idiota che non sapeva ascoltare?” si avventurò lui.

“Non esattamente,” replicò Hermione, sospirando. “Io ero così coinvolta da tutto il resto di quello che volevo che mi sono dimenticata di apprezzare quello che avevo già. Ed è finita non avendolo più. Non credo di aver mai capito quanto grandi fossero i nostri problemi fino a quando non se n’è andato. Lui disse che erano mesi che non funzionava. Io… non avevo mai notato quanto infelice fosse. Avevo creduto che sarebbe migliorato tutto non appena avessi raggiunto i miei obiettivi. Mi sbagliavo.”

“E’ ingiusto, vero? Alcune persone sembrano aver tutto facile, mentre il resto di noi…”

Lei scosse il capo. “Non credo che qualcuno l’abbia davvero facile. È solo che alcuni di noi hanno bisogno di fare di meglio. Molto meglio.”

“Quindi, vorresti che lui tornasse?”

Hermione si fermò. Lo voleva? Non lo sapeva più. Era vero che si sentiva sola e le mancava non avere nessuno da cui tornare la sera, ma le mancava tornare a casa da Ron? “Non credo,” sospirò infine. “Credo… credo che forse fossi solo abituata all’idea di me e lui.”

“Una signora conservatrice,” mormorò lui con un piccolo sorriso. “Io lavoro con questa donna. Davvero irritante. Crede di aver motivo di essere infelice perché il suo lavoro non è ancora quello che vorrebbe e desidererebbe che la sua carriera si muovesse più velocemente. Ma ha tutto quello che conta. Buon per lei, suppongo, ma mi fa venire veramente voglia di torcerle il collo per come non se ne rende conto.”

Hermione non poté trattenersi dal ridacchiare un pochino. Le persone con una vita perfetta erano davvero irritanti. Decise di provar comunque a essere equa. “E’ nella natura umana concentrarsi su quello che non si ha. Nessuno si rende veramente conto di quello che ha fin quando non l’ha più. Magari anche tu dovresti essere più felice per quello che hai.

Lui sbuffò. “E che sarebbe? Voglio dire, non soffro la fame. Ho i soldi. Ma anche questo sembra solo essere un’altra cosa che mi tira giù – gli altri vogliono sempre qualcosa da me e io non ho alcuna motivazione a far nulla. Perché dover lavorare quando non ne hai bisogno e nulla ti interessa?”

“E non c’è altro per te? Nulla che ti importi?”

Il ragazzo si accigliò e scosse lentamente il capo. “La mia famiglia s’è trasferita all’estero. Non ho amici. Il tipo di ragazza con cui solitamente esco non mi gira intorno per la mia personalità vincente. Non ho bisogno di nulla di materiale, ma non ho nemmeno nessuno con cui condividere quello che ho. Ogni volta che qualcuno mi avvicina, devo andare a cercare quali siano le motivazioni nascoste. Vorrei solo, per una volta, non trovarne nessuna. Voglio dire, non è che non ci abbia fatto l’abitudine, ma alla fine non c’è nulla che voglia o nessuno con cui voglia farlo. È deprimente.”

“Quindi hai i soldi e poco altro.”

Lui inarcò un sopracciglio e si voltò a guardarla. “Scommetto che stai riconsiderando il far sesso, ora, huh?”

“Non fare l’idiota,” disse lei, arricciando il naso. “Alcune persone non ragionano così.”

Lui scrollò le spalle. “Io sono un idiota. Questo è un altro punto. Non sono per nulla una persona gradevole… Non mi è mai stato insegnato ad esserne una, e le poche volte che ci ho provato, ho fallito miseramente. Credo che nemmeno questo aiuti nelle relazioni, che dici?”

“Non mi sembri così male,” controbatté lei.

“Solo perché non sai chi io sia e quindi non ti aspetti che io sia… me. Non è che voglia fare il bastardo, ma non servono troppi rifiuti prima che un uomo impari a tenere le distanze…”

“Chi ti ha respinto?” Era strano quanto fosse attratta dal parlare con questo estraneo.

Lui distolse lentamente lo sguardo. “Non lo so,” mormorò. “Nessuno in particolar modo. Solo… ho tentato alcune volte di propormi e non ha mai funzionato. Non hanno mai visto al di là di chi sono. Quando ho detto di aver considerato l’idea di frequentare qualcuno che non fosse una purosangue… non l’ho detto come considerazione teorica. Mi è piaciuta una ragazza Babbana per un po’, da ragazzino. Ma lei non ha mai capito che nel mio modo leggermente contorto stavo cercando di essere gentile con lei. Lei mi ha sempre odiato per principio, così come… come tutti gli altri che non fossero guidati dal denaro o dall’orgoglio. Non ho mai avuto veramente una possibilità con lei o con gli altri. Nessuno ha mai notato i miei tentativi e così ad un certo punto ho smesso e ho iniziato a respingerli io prima che loro respingessero me. Suppongo sia stato meglio così, visto come la maggior parte di quelle persone si siano schierate dall’altra parte, durante la guerra. Avrei odiato doverli combattere, ma l’avrei fatto comunque se me l’avessero chiesto. Persino contro di lei.”

“E’ triste.”

“Non ho bisogno che tu mi compatisca.”

Lei si fece pensierosa per un secondo. “Non lo faccio.”

Lui le rivolse un’occhiata che proclamava chiaramente come non le credesse.

“I ragazzini sanno essere stupidi e crudeli e probabilmente non ti meritavi quello che ti è capitato, ma alla fine ognuno di noi è responsabile per le proprie azioni. Hai detto che avresti scelto di combattere comunque contro di loro e, in questo caso, è stato davvero un bene che non ti abbiano mai considerato come amico. Se non vuoi essere un bastardo, allora non comportarti da tale. Se vuoi che le persone siano tue amiche, allora devi essere un amico per loro. E gli amici non combattono contro gli amici.”

Lui sospirò. “Non è così semplice.”

“Alle volte lo è.”

Lui la guardò accigliato. “Non dovresti darmi dei buffetti sulla testa e concordare con me su come tutto il mondo mi sia contro?”

“Credevo non volessi compassione.”

“Suppongo di aver mentito.”

Lei grugnì una risata al suo tono secco. Chiunque fosse, era davvero una persona singolare. “Oh, andiamo,” commentò, appoggiandosi contro il sofà. “Non puoi mettere il broncio e aspettarti che io mi senta immediatamente dispiaciuta per te e sia disposta a stringerti al mio petto per consolarti.”

“Perché no?” chiese lui, guardandola senza cercare di nascondere il sorriso storto che aveva in viso, o dove, esattamente, i suoi occhi stessero puntando. Lei incrociò istintivamente le braccia sul petto fin troppo scollato. “Potrei persino mostrarti cos’altro mi darebbe conforto…”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Giusto. Ora ti stai comportando solo da marmocchio.”

Gli occhi di lui si allargarono un poco. “Ouch.”

Hermione non riuscì a capire se fosse serio o meno, così gli scoccò un’occhiata fugace. Quel momento di incertezza fu troppo lungo per consentirgli di prolungare l’espressione seria che aveva in viso, e lei si scoprì un po’ seccata dall’essere stata tratta in inganno. “Ugh, adesso stai facendo davvero il marmocchio!”

Lui scrollò leggermente le spalle. “Magari volevo solo che mi confortassi.”

“Sogna.”

Il sorriso che le rivolse fu un poco triste. “Potrei. Mi piace. Sei davvero diversa dalle altre donne lì fuori, eh?”

Hermione ripensò alle streghe con cui stava momentaneamente ‘condividendo’ il costume. “Spero di sì.”

“Lo spero anch’io. A dispetto della tua profonda malvagità nel non volermi tenere contro il tuo petto, sembra che riesci a comprendermi… ma magari me lo sto solo immaginando.”

“Credo di capirti,” mormorò lei. “Penso solo che tu possa fare di più.”

Lui sospirò profondamente. “Forse potrei. Ci provo, a volte, sai? O almeno voglio provarci. Un paio di mesi fa ho iniziato il mio nuovo lavoro e volevo davvero andare d’accordo con tutti. Ma… è più facile a dirsi che a farsi. Le vecchie abitudini muoiono a fatica, suppongo. E le persone sanno già chi sono e cosa sono… Non c’è voluto molto perché le cose tornassero ad essere esattamente come erano prima. Io avevo veramente voluto – lascia perdere.”

“Cosa?”

“Nulla.”

“Beh, ora devi dirmelo.”

Lui scosse il capo. “Non è nulla. Avevo solo sperato veramente di formare relazioni più amichevoli al lavoro, tutto qui. Non è successo.”

“Beh, magari potreste essere ancora amici.”

Lui sorrise e scosse lentamente la testa. “Come? Miss Perfezione che si dimenticherà all’improvviso di odiarmi e mi inviterà al suo matrimonio? Non credo proprio. C’è più carne al fuoco in questa storia di quanto non possa dirti.”

“Le persone cambiano,” insisté Hermione. “E la maggior parte delle persone sono disposte a dare una seconda chance se vedono che dall’altra parte c’è qualcuno disposto a fare qualche sforzo.”

“Non sono sicuro di volere che qualcuno lo veda.”

Questo fece fermare bruscamente Hermione. “Huh?”

“E’ passato troppo tempo, Lethe. Sono successe troppe cose nel corso degli anni. Non voglio che gli altri vedano quanto miserabile io sia. Non voglio che mi vedano come uno che sta disperatamente cercando di cambiare perché è solo e vuole che gli altri lo apprezzino. Ho ancora un po’ d’orgoglio, sai, e ho ancora bisogno di essere me.”

“Hai davvero bisogno di irritare così tanto le persone?” chiese lei, inarcando un sopracciglio.

Lui sorrise. “Sì.”

Quando si rese conto che lui non aveva intenzione di elaborare, Hermione alzò gli occhi al cielo. “Quindi, in pratica, continuerai a fare lo sgambetto ai ragazzi e a tirare le trecce delle ragazze? Maturo, davvero.”

Negli occhi dell’uomo apparve un divertito luccichio. “Ma funziona. Alcune ragazze si eccitano, persino, quando tiri loro le trecce. Non ti notano se sei gentile, ma se sei un bastardo, ti vengono tutte dietro, o perché vogliono solo farsi un giro e perché vogliono cercare di sistemarti. Naturalmente, una volta che capiscono che non sono tipo facile da mettere a posto, potrebbero comunque andarsene, o potrebbero restare per i molto convenienti milioni di galeoni che sistemano tutto quello che non va in un ragazzo, ai loro occhi.”

“E queste sono le ragazze che vuoi?” chiese acidamente lei. “Davvero salutare.”

Lui rimase in silenzio per un momento. “Sarebbe bello provarci con te, Lethe? Ti piace avere attorno uomini sani?”

“Sì,” rispose lei senza esitazione, non gradendo dove stesse volgendo il discorso. “Santi, ancor meglio.”

“No, non ti piacerebbero,” controbatté a bassa voce lui, studiandola con un’espressione indecifrabile. “Non ti andrebbe bene nemmeno il ‘buono’. Sicuro, ti piace che in un mago ci sia del buono, nascosto da qualche parte, nessun killer di gattini per te, ma per avere quell’eccitazione extra… hai bisogno di qualcuno che ti faccia stare sulle punte dei piedi, o perdi l’interesse. Hai bisogno di una sfida e di qualcuno che ti renda sicura di non essere tu quella troppo buona. Scommetto che anche il tuo ex aveva le sue tendenze non troppo buone.”

Hermione scosse il capo. “No, ti sbagli. Non sono mai stata con nessun cattivo ragazzo. Ro- uh, il mio ex era ed è una brava persona.”

“Mai fantasticato di come sarebbe darsi alla follia con qualcuno che potrebbe non essere buono?” chiese lui, la voce che si faceva più bassa, più roca. “Qualcuno che non puoi controllare? Qualcuno che potrebbe non spedirti un gufo il giorno successivo? Qualcuno che potrebbe rivoltare completamente la tua vita e potrebbe fartelo piacere?”

Lei aprì la bocca per negare, ma ci mise un secondo di troppo e il ghigno di lui la sbugiardò. “Qualunque cosa tu pensi di star facendo, smettila!” disse lei infine. “Mi piacciono uomini maturi e responsabili e non sognerei mai di -”

“Io non sto facendo nulla,” la interruppe lui, persino mentre si allungava verso di lei e la faceva sedere sul proprio grembo. “Almeno, nulla che non vuoi che faccia. Potrai anche nasconderti dietro a una maschera e a un finto nome, ma i tuoi occhi ti tradiscono.”

Lei scosse il capo e cercò di sistemarsi in una posizione più consona, finendo con il mettersi a cavalcioni sulle sue gambe. “No, io non -” iniziò, spingendo leggermente contro di lui per allontanarsi.

Lui la baciò. Un bacio che arrivò come uno shock, anche se non avrebbe dovuto. Una scossa che le percosse il corpo – un sussulto… Era pazzia. Erano due estranei, non conoscevano nemmeno i volti o i nomi dell’altro. Non aveva senso quello che stavano facendo! E di certo le mani di lui non avrebbero dovuto trovarsi sulle sue cosce, a sostenerla mentre i pollici disegnavano cerchi sulla sua pelle nuda.

Ma erano passati più mesi di quanto non le piacesse ricordare dall’ultima volta che era stata baciata, e le stava regalando emozioni troppo buone per fermarsi subito.

Le labbra di lui carezzavano dolcemente le sue, smentendo la foga iniziale. La sua lingua stava tracciando la grinza delle labbra di lei, chiedendole il permesso per entrare, ed esplorò piano la sua bocca quando lei lo concesse. Non si stava imponendo su di lei; Hermione aveva la sensazione che se l’avesse spinto via, lui l’avrebbe lasciata andare.

Sapeva che lui avrebbe probabilmente mal interpretato la sua risposta, ma in quel momento non le importava. Voleva solo ricordare come fosse sentire il mondo che scivolava via. Voleva ricordare come fosse sentirsi desiderata. Non importava se colei che lui voleva fosse un’altra, con perfetti boccoli corvini e lucenti, occhi verde smeraldo e una pelle perlacea – sembrava che volesse lei, ed era una sensazione che dava alla testa.

Lui emise un basso gemito di frustrazione e bisogno, e la portò più vicino a sé prima di approfondire il bacio. Lei sapeva che avrebbe dovuto fermarlo. Sapeva che quella situazione non poteva svilupparsi in nulla di buono. Lei non voleva qualcuno che sentiva il bisogno di essere ‘cattivo’, e lui non avrebbe voluto la noiosa, ambiziosa Hermione Granger, che non era riuscita nemmeno a far funzionare una relazione con qualcuno di fidato e sicuro come Ron Weasley.

Quindi, naturalmente, cinse con più forza le braccia attorno a lui, bloccando tutti i pensieri, concentrandosi solo sulle sensazioni.

Una mano del ragazzo si mosse sul suo basso schiena, premendola maggiormente contro di sé, mente l’altra scorse ancor più su lungo la sua coscia, portandosi con sé il vestito. Lei non lo fermò. Era talmente persa che si stava a mala pena ricordando di respirare. Il suo battito era impazzito, e lei si ricordava a stento il suo stesso nome. Oh, Merlino, se quello era come i cattivi ragazzi baciavano, allora lei aveva davvero bisogno di iniziare a cercarli.

Infine, lui si fermò e si scostò un poco. Quanto bastava per parlare. “Quando mi avresti fermato?” chiese, la sua voce impregnata dal bisogno represso, e i suoi occhi… non sembravano più così finti, a dispetto del loro assurdo colore.

“Non lo so,” rispose onestamente.

Lui scosse la testa, con una traccia di apparente tristezza. “Ti stavo solo provocando. Sappiamo entrambi che non volevi davvero far questo. Non così. Non quando non sei te stessa.”

Lei lo sapeva, sì. Il suo corpo no. Abbassò il capo sul suo collo e fece scorrere la lingua sulla vena divenuta ora visibile. Lui sibilò, stringendola contro di sé, rendendola particolarmente consapevole dei loro corpi uniti. Non era affatto una sensazione cattiva. Lei avvertiva il potere che aveva su di lui, esattamente come il potere che lui aveva su di lei. Sarebbe potuto diventare una dipendenza. “Importa?” chiese con voce roca, baciandogli nuovamente le labbra. “Non fa parte dell’essere cattivi il fregarsene?”

Per un istante sembrò che anche lui si fosse dimenticato delle sue stesse obiezioni, ma poi, all’improvviso, il calore del suo corpo sparì, e lei si ritrovò seduta da sola sul divano, mentre lui si era alzato in piedi un paio di metri più in là; un ‘espressione frustrata ma determinata in volto.

“No,” disse lui, gli occhi selvaggi e i capelli scompigliati. “Se avessi voluto una veloce scopata con un’estranea, l’avrei cercata con qualcuno di più facile. Te l’ho detto. Non voglio farlo.”

Hermione si sentì un po’ ferita, ma soprattutto… incredula e confusa. “Non mi vuoi?”

“Ti voglio. Esci con me come te stessa. Magari dopo un paio di appuntamenti potremmo fare il passo successivo in un posto diverso da questo. Magari potremmo persino conoscere i nostri veri nomi. Non voglio che questa sia solo un’altra… cosa. Sono stanco di vivere così.”

Lei sbatté le palpebre. “Ti ho definito un marmocchio e tu mi hai baciata, e poi mi hai respinta: niente sesso… e ora vuoi darmi un appuntamento?”

“Sembra che riusciamo a parlare bene e quel bacio…” Deglutì. “Non posso uscire da qui e non rivederti mai più.”

“Okay…” mormorò lei, mentre lo stordimento svaniva e si faceva largo il panico. Quella non era lei. Lui avrebbe anche potuto voler rischiare la possibilità di essere se stesso, ma lei non era nulla di simile alle ragazze a cui lui era abituato, nulla di simile alle ragazze che si sarebbero vestite da ninfe, indossando un costume che lasciava ben poco all’immaginazione e che baciavano completi estranei. Sarebbe rimasto deluso.

“Quindi, qual è il tuo nome?” chiese lui, la voce che diventava nuovamente roca.

Lei scosse il capo. Non poteva dirglielo. Avrebbe rovinato tutto.

“Sarebbe più facile per me contattarmi se conoscessi il tuo nome e magari anche il tuo indirizzo,” sottolineò lui a bassa voce. “Spedire un gufo alla ‘ragazza che si è fatta chiamare Lethe al Ballo in Maschera del Ministero’ potrebbe non funzionare.”

“Io… non posso,” mormorò Hermione, scuotendo il capo. “Mi dispiace.”

Lui si accigliò. “Non puoi o non vuoi?”

“Non posso… non voglio… fa differenza?”

Lui serrò la mascella e la sua espressione si chiuse. “Quindi saresti stata disponibile a far sesso con me, ma non sei interessata a un semplice appuntamento. Suppongo di aver compreso male la tua personalità. Facile quando non si aspettano nulla da te e la gente recita ruoli diversi dai propri.”

Hermione boccheggiò. “Non c’è stata nessuna recita!”

“Non ci sono poi molte ragioni per cui qualcuno possa essere così deciso a non svelare la propria identità. Quindi probabilmente significa che c’è qualcuno che vorresti rimanga all’oscuro di questo. Un fidanzato. Magari persino un marito. Solitamente fanno parte della categoria di chi non apprezzerebbe che tu uscissi per un appuntamento con un altro uomo, no?”

“Non c’è nessuno,” negò con calma lei.

“Perché mi hai preso in giro, allora?”

Lei scosse la testa.

“Era davvero così difficile pensare che avrei voluto rivederti? O è stato così facile dimenticarti di tutto quello che ti ho detto?”

“Questa qui non sono nemmeno io. Non mi conosci.”

“Mi piacerebbe poterti conoscere. Questo è il punto!”

“No, non ti piacerebbe.”

“Dovrei essere io a decidere, no?”

“A te piacerebbe conoscere Lethe. Io non sono Lethe. E nemmeno tu sei John.”

“Magari tu credi solo di non essere Lethe. Magari tu non sei quello che credi di essere.”

“Io so chi sono, John, tu no.”

“Servirebbe se ti dicessi io, per primo, il mio nome?”

“No. Non voglio saperlo.”

“Perché a quel punto potrei essere una persona vera e non un qualche sconosciuto con cui puoi stare per una sera e dimenticartelo il giorno dopo, perché tanto non dovrai rivederlo mai più.”

“Non è giusto.”

Lui distolse lo sguardo. “Va bene. Se è quello che vuoi… Suppongo di non poterti costringere.”

Hermione non seppe come rispondere a quell’affermazione. Desiderava credere che potesse esserci di più, ma preferiva conservare la fantasia di una notte, che sopportare l’amara delusione del giorno dopo. Sì, quel ragazzo aveva alcune tendenze infantili, ma tutto sommato le era parso dolce e sincero. Un mix che alcuni uomini erano bravi a sostenere per una notte soltanto, e poi mai più.

Si alzò in piedi, ed era sul punto di uscire quando fu fermata da una mano sulla spalla. “Un ultimo bacio?” le mormorò lui nell’orecchio.

Confusa, Hermione non oppose resistenza quando lui la voltò e ricoprì le sue labbra con le proprie. Chiuse di nuovo gli occhi e una volta ancora si sentì viva. C’era alchimia tra loro, quello era certo.

Il fascino dell’ignoto, razionalizzò la sua mente.

La mano dell’uomo premette un poco contro la sua schiena, portandola più vicina, il suo bacio increbbe d’intensità. Era difficile pensare, ma una parte di Hermione si chiese come mai la stesse baciando così, quando aveva affermato chiaramente di come non fosse interessato ad andare oltre, quella sera, e quando lei si era rifiutata di vederlo ancora.

Poi quando l’altra sua mano giocherellò con una spallina del suo vestito, abbassandola fino a scoprire la spalla e la parte superiore del seno, la sua diffidenza prese il sopravvento. Che cosa stava facendo? Aveva deciso di ottenere comunque il massimo da quell’incontro? Gli occhi di Hermione si aprirono e lo sguardo le cadde sull’orologio posto sul frontale del caminetto. Era quasi mezzanotte.

I travestimenti di tutti i partecipanti sarebbero magicamente spariti allo scoccare del nuovo giorno. Lui la stava distraendo, bloccandola lì, in modo da costringerla a rivelare la propria identità.

Stava tentando di manipolarla, fingendo di voler altro per non lasciarle più una possibilità di scelta.

Stava pianificando di scoprire chi fosse contro la sua volontà. Per la prima volta percepì nel carattere di quello sconosciuto una vera mancanza di scrupoli. L’ostacolo era la sua identità, e lui stava procedendo a eliminare quell’ostacolo.

Rovinando tutto il resto nel farlo.

Sentendo il retrogusto del tradimento, lo scostò da sé, forse con più forza del necessario, e disse: “Devo andare, adesso.”

Le diede una certa soddisfazione vedere che anche a lui servirono alcuni secondi per riprendere le redini dei suoi pensieri e poter rispondere. Perlomeno nemmeno lui era immune ai suoi stessi giochetti. “Credevo lo volessi.”

“Il tempo è finito.” Hermione non si sforzò di nascondere come avesse capito il suo piano.

Lui, a sua volta, non fece finta di non capire a cosa lei si stesse riferendo. “Speravo che non lo notassi.”

“Ho detto che non volevo, e così hai provato a imbrogliarmi?” chiese freddamente lei, rimettendosi a posto la spallina e il vestito, leggermente delusa. Si rese conto di aver sperato di essersi sbagliata.

“Non capisco perché sei così spaventata dal lasciarmi capire chi tu sia. Non cambierebbe nulla per me e se fosse questo quello che ti sta trattenendo…”

“Vado, ora.” Hermione gli volse nuovamente la schiena.

“Mercoledì,” riprese lui, facendola fermare, una mano sulla maniglia. “Sarò a Diagon Alley per quasi tutto il giorno. C’è un café accanto alla Gringott dove lavorerò per gran parte del pomeriggio e probabilmente persino dopo cena. Io, uh, non mi trovo bene a lavorare in ufficio, e non c’è motivo per andare a casa. Dovrebbe essere facile trovarmi anche senza una descrizione fisica: sarò l’unico ad essere solo. A lavorare. Ad aspettare te.”

“Perché dovrei venire lì?” chiese Hermione.

“E’ tra quattro giorni. Per allora, spero, ti convincerai che non ho intenzione di affatturarti. Ma per piacere, se verrai e non ti piacerà chi vedrai, non sparire di nuovo senza dirmi almeno un ‘ciao’. Anche se decidessi di detestarmi a prima vista.”

Lei emise uno sbuffo, senza impegnarsi.

“Ti prego, non mancare.”

Hermione si morse il labbro per un momento. “Forse.”

Lo sentì esalare il fiato in un lungo sospiro. Voleva davvero che lei andasse a quell’appuntamento. Forse era lei a starsi comportando da stupida a non voler sapere chi fosse. Guardò di sfuggita l’orologio – ancora solo un paio di minuti. Aprì la porta. Quattro giorni avrebbero potuto essere abbastanza per convincersi che poteva funzionare, sicuramente quattro minuti non lo sarebbero stati.

Si affrettò fuori dalla stanza e da quel maniero, in modo da potersi Smaterializzare nel proprio appartamento. Non si era ancora Materializzata completamente che avvertì il travestimento svanire.

Era tornata a essere se stessa.

*continua*



Grazie di nuovo a tutti coloro che hanno commentato il primo capitolo e a chi vorrà lasciare un commento a questo ^^
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Buon mercoledì :p

Ecco a voi il terzo capitolo di questa short story. Grazie mille alla Moglia (resisterai a un altro capitolo? :p), a Manu (stavolta provo a fischiare meglio XD :p), a VaniaLoVe (Figurati se devi chiedere perdono ^^ Piuttosto sono felice se ti sono piaciute, e se sono piaciute anche a tua sorella :p Come reagirà Hermione? XD Beh, direi che in questo capitolo avremo la risposta ^^), semplicementeme (quattro giorni per Hermione, nove per voi, ma intanto oggi iniziano a scoprirsi le carte :P E su John caro... beh, non mosso mica spoilerare troppo, no? XD ^^ Grazie ancora a te ;) ).

Buona lettura ^^

Kit 05


Titolo: The Nymph Hunt
Titolo del capitolo: Capitolo 3
Autore: AkashaTheKitty
Link alla versione originale: Link
Rating: PG13
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Romantico, Commedia
Note: EWE!


Una mano si intromise ai bordi del suo campo visivo. Hermione alzò gli occhi sul suo proprietario e sospirò. “Cosa vuoi?”

“Il rapporto,” rispose altezzosamente Malfoy.

“Avevi detto che non era necessario che te lo consegnassi prima di martedì!”

“Sì, ma so che l’hai già preparato.”

Hermione fece una smorfia ma gli passò il documento.

Lui scosse il capo. “Sempre così prevedibile, Granger… Non riesci proprio a esimerti, eh?”

“Non vedo mai che ti lamenti per questo.”

“Certo che no. Il tuo essere nevrotica per qualunque cosa riguardi il lavoro – tanto da non poter procrastinare neppure un minuto – rende la mia vita immensamente più facile.”

“Io non sono nevrotica per il lavoro!”

“Certo che lo sei. Eri uguale, anche a scuola. Sempre a stressarti perché non potevi fare tutto contemporaneamente, a credere che il mondo sarebbe finito se non avessi saputo ogni singolo dettaglio insignificante. È già un mistero come tu sia riuscita ad alzare abbastanza il capo per notare e fidanzarti con quella tua Donnola.”

“Il suo nome è Ron,” sibilò lei a denti stretti.

“E come sta? Cos’è che fa per vivere? Produce scherzi?” Sbuffò, deridente. “Perché non si trova un vero lavoro? O aspira davvero a rimanere un povero in canna, come i suoi genitori?”

Hermione incrociò le braccia, con atteggiamento difensivo. “Sta piuttosto bene, in effetti. Lui e George apriranno il loro terzo negozio il prossimo mese e al momento sta guadagnando più del doppio di quanto non avrebbe preso come Auror.”

Malfoy inarcò un sopracciglio. “Davvero? Quindi è solo spilorcio? Non può nemmeno spendere qualche galeone per regalare alla sua promessa qualcosa di carino da mettersi, così che lei non debba andare in giro con indosso…” fece un gesto disgustato, “… questo.”

Hermione arrossì, più per la rabbia che per l’imbarazzo. Non c’era nulla che non andasse nei suoi vestiti. Erano neri e comodi, e comunque non erano molte le persone che si facevano vedere lì attorno. “Gli ho detto di mettere da parte i suoi soldi,” bofonchiò. “Renderanno molto più in investimenti oculati a lungo termine che non le spese in frivolezze.”

Malfoy sogghignò. “Ti prego, dimmi che gliel’hai detto dopo che lui t’ha portato un regalo.”

Il rossore di Hermione si acuì. Come era riuscito a capirlo?

Il suo ghigno si allargò. “E gliel’hai fatto portare indietro? Mi sento quasi in pena per quel povero ragazzo.”

Hermione fece una smorfia, non gradendo affatto dove la discussione stava andando a parare. “Non poteva permetterselo. Era troppo. Ovvio che gliel’abbia fatto portare indietro.”

“Quindi, a un certo punto, il tuo fidanzato ha deciso di farti un gran regalo per mostrarti che teneva a te, prendendo qualcosa che non si poteva veramente permettere e che avrebbe significato il suo dover rinunciare ad alcune cose, e tu l’hai rifiutato mettendoti a parlare di denaro e investimenti, invece che apprezzare il gesto come qualsiasi altra persona normale? Ora mi sento davvero in pena per lui. Ti prego, riferiscigli le mie condoglianze.”

E con questo andò a bighellonare fuori dall’ufficio, lasciando Hermione in uno stato di shock. Quel fatto era accaduto tempo addietro, prima che le cose iniziassero ad andare seriamente male. Aveva sempre creduto che Ron non avesse mai tentato veramente di colpirla, ma magari si era sbagliata. Magari era sempre stata solo colpa sua. Forse lui aveva tentato davvero di mostrarle che ancora teneva a lei, e lei aveva disdegnato ogni suo tentativo.

Quando le lacrime giunsero, fu incapace di fermarle, e per una volta fu grata che Malfoy evitasse il lavoro come la peste.

******


Che cosa era peggio? Essere un fallimento in amore o essere un fallimento sul lavoro? Hermione trascorse una buona parte del suo martedì mattina ponderando le due opzioni. Se avesse potuto esserlo solo in un campo, cosa avrebbe scelto? Il bene più grande o la sua felicità? E poteva separare le due cose? Lei voleva fare del bene. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sapere che il mondo sarebbe stato anche solo un poco migliore grazie al suo operato.

Ma fare bene sul lavoro doveva veramente significare il sacrificio della sua vita privata? Aveva mandato a rotoli le cose con Ron, ma ora sapeva che cosa aveva sbagliato. Non avrebbe rifatto due volte lo stesso errore.

Avrebbe potuto avere una relazione felice.

Non si sarebbe solo fatta del male da sola, e per nessuna ragione, se l’indomani non fosse andata a incontrare quel John, finto Babbano? Era vero, magari non sarebbe nato nulla tra loro, ma avrebbero comunque potuto essere amici. Sarebbe stato davvero un comportamento codardo stargli lontano solo perché avrebbe potuto non funzionare. Magari era veramente una persona dolce, qualcuno che avrebbe reso la sua vita un po’ più sopportabile.

Sarebbe andata. Doveva riconsegnare il suo costume, in ogni caso.

“Sogni a occhi aperti durante le ore d’ufficio. Attenta, qualcuno potrebbe notare che non stai salvando il mondo tra un memorandum e l’altro.”

Hermione guardò torva la persona che meno preferiva in questo lato dell’esistenza. Stava interiorizzando delle rivelazioni profonde e significanti, come osava interromperla?

Lui ignorò bellamente la sua smorfia. “Mi stavo chiedendo, esattamente quante arpie c’erano alla festa?”

“Come posso saperlo?”

“Beh, con chi altri avresti potuto socializzare?” Parve rifletterci su. “Non possono essercene state molte. Voglio dire, ne ho viste alcune, ma sono pronto a scommettere che metà di quelle fossero vere arpie… Le persone normali desiderano apparire meglio del solito. Non che voglia sottintendere che il tuo aspetto sia migliore di quello di una megera, non vorrei mai offendere così la tua sensibilità.”

Hermione emise un sonoro sospiro. Quando Malfoy iniziava, non c’era modo di fermarlo. “Hai ragione, dovrei smetterla di sognare a occhi aperti e tornare al lavoro. È stato un piacere parlarti.”

Fu, nuovamente, completamente ignorata. “Prendi Brunhilde, del Dipartimento dei Trasporti Magici. La conosci, giusto? Oscenamente obesa. Ottime doti in cucina, però.”

Hermione lo guardò, truce.

“Già, vedo che la conosci.” Era rimasto completamente imperturbato. “Non ho dubbi che tu abbia lasciato le danze prima del ‘giù le maschere’, perché se non vai a letto per le dieci Babbo Natale non ti porterà quelle verruche, ma Brunhilde, ahimè, è rimasta.”

Hermione si chiese dove volesse andare a parare.

“Bene! Ci contavo sul fatto che non l’avessi saputo!” Si mise seduto. Un segno pessimo. Significava che aveva intenzione di rimanere per più di un minuto. “Vedi, Brunhilde non è una persona triste, ma è comunque vanitosa come chiunque altra strega – tranne te, ovviamente – e non voleva presentarsi vestita da Erumpent, quindi ha imbrogliato. Con il piccolo aiuto di un simpatico ragazzo, giù a Knockturn Alley, ha affittato un costume che era più che un semplice travestimento: inglobava una variante a base di Polisucco.”

“Vuoi arrivare da qualche parte?”

“Lo so che non vedi l’ora che arrivi alla mia brillante conclusione, ma dovrai pazientare, per ora. Quindi, la variante Polisucco ha funzionato esattamente come avrebbe dovuto, e lei stava trascorrendo la più bella serata della sua vita nelle vesti di una splendida Veela, un qualcosa che non assomigliava probabilmente a nulla di quanto vissuto da Brunhilde fino ad allora. Tuttavia, non aveva fatto i conti con una cosa.”

Si fermò, guardando con aspettativa Hermione fino a quando quest’ultima non roteò gli occhi e chiese: “Quale?”

“Lo smascheramento,” rispose lui con un ghigno soddisfatto. “Ha fatto immediatamente svanire gli effetti della Polisucco e, essendo circa sei volte la taglia dei vestiti che aveva addosso, il costume e tutto il resto non hanno retto. Si sono lacerati e distrutti, lasciandola nuda come mamma l’ha fatta, a cercare di nascondersi dietro a quel suo marito, magro come un fusto di canna e che – ovviamente – non apprezza le sue doti culinarie.”

“Povera donna”, commentò seccamente Hermione. “Sebbene sia pronta a scommettere che tu ti sia divertito da matti.”

“E’ stato divertente,” concesse lui. “Ma Brunhilde non è mai stata tipa da lasciarsi deprimere. Inoltre, sia lei che i suoi fantastici dolci piacciono troppo alla gran parte delle persone perché qualcuno le ricordi la disavventura a lungo. Sopravvivrà.”

“Ma non sei ancora arrivato alla tua conclusione.”

Il sorriso di Malfoy fu lento e calcolato, e le fece capire che stava solo aspettando la sua domanda. “Credi che, a posteriori, Brunhilde avrebbe preferito mascherarsi da Erumpent e non dover sottostare ad alcun momento di imbarazzo, o pensi che – datale la possibilità – si sarebbe comunque presentata come Veela?”

“Continuo a non vedere dove tu voglia arrivare,” insisté Hermione, mentendo.

“Nascosta con le arpie mentre gli altri si stavano divertendo, Granger? Di cosa hai paura?”

“Oh, non lo so,” rispose Hermione con un sospiro. “Magari temo le persone che mi annoiano a morte con i loro stupidi racconti e la loro psicologia da quattro zellini.”

Malfoy si limitò a sorridere. Sembrava immune a qualsiasi offesa. Era irritante. “O magari hai paura tanto del successo quando del fallimento. Non sarebbe divertente, questo?”

Lei gli rivolse la sua migliore occhiata assassina.

“Non farmi quegli occhi dolci che poi chissà cosa penserebbe Weasley. Su, al lavoro!” E finalmente si alzò e se ne andò.

Hermione sospirò e ricordò a se stessa che doveva resistere pochi mesi ancora e poi non avrebbe dovuto mai più vedere Malfoy. Mai. E se l’avesse rivisto, avrebbe potuto affatturarlo senza rischiare il licenziamento.

*****


“Quindi vi siete goduta il vostro costume?”

Hermione rivolse al compiaciuto negoziante un sorriso tirato. Non le piaceva davvero quando le persone pensavano di saperla lunga e la costringevano a fare di testa loro – specialmente quando poi si rivelava che avevano avuto ragione. Le rendeva sempre intollerabili. “Sono sopravvissuta,” disse con voce neutra.

Lui la guardò a sopracciglia inarcate e le rivolse un’occhiata scettica. “Non vi siete divertita? Vi ho dato tutti gli strumenti, tutto quello che dovevate -”

“Fortunatamente, non era responsabilità vostra,” mormorò Hermione, ignorando lo sguardo offeso che lui le scoccò.

Abbandonando il suo succinto costume nelle mani capaci di quel fastidioso negoziante, Hermione si accorse di avere ancora del tempo a propria disposizione prima di accingersi a raggiungere il café. Non sapendo cosa fare, decise, già che si trovava in quel negozio, poteva dare un’occhiata ai vestiti. Infatti, oltre che costumi, in quel negozio era possibile noleggiare anche abiti formali. Un servizio a cui la stessa Hermione si era appellata, di tanto in tanto, quando non aveva potuto permettersi di comprare un completo nuovo. Con il suo stipendio attuale, si poteva a mala pena permettere l’affitto. Avrebbe davvero avuto bisogno di trovarsi un appartamento nuovo, adesso che Ron s’era trasferito, ma… In ogni caso, voleva vedere se sarebbe stato conveniente usufruire ancora di quel negozio per l’evento ministeriale successivo, a dispetto dell’irritante negoziante.

Non avrebbe dovuto lasciare l’ufficio così presto. Ma quando Malfoy se n’era andato per pranzo, aveva deciso di andarsene prima che lui ritornasse, in modo da evitare i suoi interrogatori. O, beh, nel caso in cui fosse tornato indietro. Non lo faceva sempre. Con la fortuna che aveva, quel giorno sarebbe tornato, e inoltre lei si sentiva troppo agitata per portare a termine qualsiasi cosa.

Si addentrò nel negozio e stava tentando di identificare un indumento molto strano che sembrava essere solo una serie di pezze di tessuto unite senza alcun ordine e con fin troppi buchi per poter adattarsi a un corpo umano, quando sentì entrare un altro cliente. All’inizio non vi pose alcuna attenzione, ma poi credette di riconoscere la voce, e gelò.

No, non poteva essere! Sbirciò oltre lo scaffale, e poi scattò indietro. Perfetto, proprio quello di cui aveva bisogno – che Malfoy la scoprisse lì. Non che stesse facendo qualcosa di proibito – era pur sempre ancora la sua pausa pranzo, dopotutto – ma lui aveva una tale abitudine a intromettersi e curiosare in affari che non avrebbero dovuto interessargli affatto, e sarebbe senza dubbio riuscito a trovare un modo per ridicolizzarla, se l’avesse scoperta.

“Vi siete divertito con il vostro costume, signore?” chiese il negoziante con un tono piuttosto piatto. Hermione dedusse che Malfoy dovesse avergli fatto perdere le staffe, in un qualche momento passato. Era un asso nel riuscirci.

“Immensamente,” rispose Malfoy con un trillo allegro chiaramente finalizzato a irritare ancor più.

“Felice di sentirlo,” fu la secca risposta. “Quindi, esattamente che cosa avete trovato divertente? Il mimetizzarsi con lo sfondo? O solo la totale mancanza di immaginazione che avete esibito?”

“Vorrei che sapesse che sono stato il solo a indossare un costume del genere. Ero unico.”

“Sì, siete un fiocco di neve.”

Hermione dovette soffocare una risata davanti a quell’atteggiamento offeso da parte del negoziante, mentre si chiedeva per la prima volta che cosa Malfoy avesse indossato.

“Ascolti,” disse all’improvviso Malfoy con voce molto più seria. “Nessuna possibilità che mi dica chi ha noleggiato un altro costume? Una ninfa con capelli scuri e occhi verdi. Un vestito argenteo.”

Ci fu una breve pausa, enfatizzata ancor più dall’immobilità in cui anche il cuore di Hermione era sprofondato e in cui il respiro le si era mozzato in gola, mentre respingeva l’impossibile.

“Sapete che abbiamo una politica di completa discrezione,” rispose l’altro uomo, il tono leggermente incredulo. “Scusate.”

“Andiamo, farebbe un favore a tutti. Potrei persino rendervi gradito lo sforzo, se lo vorrete.”

“Sono sicuro che se la vostra ninfa volesse farsi trovare, lo farebbe,” disse il negoziante, la voce indignata. “Senza contare che ne abbiamo noleggiati così tanti, che non potrei dirvi con sicurezza un nome.”

“Sa esattamente chi era!” Malfoy sembrava irritato, ora.

“Se la vedessi di nuovo, potrei dirle che la state cercando,” offrì l’uomo, la sua voce che non lasciava spazio a discussioni, ma conoscendo Malfoy, avrebbe dovuto discutere comunque.

Hermione smise di ascoltare. Non avrebbe dovuto nemmeno iniziare. Era sinonimo di cattive maniere. Davvero, a cosa stava pensando? Fece un paio di attenti passi indietro. C’erano state così tante donne mascherate da esseri bellissimi alla festa. Probabilmente era solo una coincidenza che lui avesse incontrato una ninfa, quella sera. Una coincidenza che lui avesse indossato un costume che il negoziante trovava stupido.

Un centinaio di altre coincidenze si riversarono sulla mente di Hermione, facendole venire un capogiro. Si strinse lo stomaco, temendo di essere sul punto di rimettere.

Non lui. Chiunque, ma non lui.

Le aveva mentito. Doveva averle mentito. Per esempio, aveva parlato di lavoro. Hah. C’era da ridere. E… e…

Hermione sentì gli occhi colmarsi di lacrime.

L’aveva ingannata. Le aveva fatto credere che fosse qualcuno che valeva la pensa conoscere, qualcuno con cui avrebbe potuto formare un legame. Non lo era. Lo conosceva abbastanza da sapere che non era la persona che aveva fatto finta di essere. Se avesse scoperto che lei era stata Lethe, l’avrebbe solamente presa in giro. Certo, se fosse riuscito a sopravvivere alla nozione di averla baciata. E si sarebbe arrabbiato pensando che lei avesse ingannato lui, e avrebbe reso la sua vita un inferno fino al momento in cui non se ne fosse andato. Non poteva permetterlo.

Il più silenziosamente possibile, tentò di dirigersi alle porte del negozio, in modo da poter sgattaiolare fuori, non vista. Sarebbe stato probabilmente più sicuro aspettare, ma si stava sentendo soffocare. Aveva bisogno di aria fresca.

Aveva quasi raggiunto la porta, quando all’improvviso Malfoy si arrese e smise di discutere, per poi girarsi di colpo e avviarsi all’uscita. Hermione si immobilizzò, sperando contro ogni logica che lui fosse uno di quei predatori capaci di vedere la propria preda solo se questa si muoveva.

“Granger?” disse, un sottofondo di rabbia ancora presente nella sua voce. “Stiamo riportando il costume da megera, eh? Sai, la maggior parte delle persone prima se lo sarebbero tolto.”

Lo stomaco di Hermione si strinse pericolosamente, e lei dovette imporsi di non stringere le braccia attorno a sé. “Parla il pavone.”

Malfoy si mise le mani in tasca e oscillò sui tacchi delle proprie scarpe. “Era un party dove presentarsi come non si è di solito, ricordi? Perché sarei dovuto venire come me stesso?”

“Eppure continui a fare battute sulle megere. O non lo sono, o non sono venuta al ballo vestita come tale. Deciditi.” I suoi occhi si posarono fugacemente sul negoziante, che non tentò nemmeno di nascondere il suo interesse per quello scambio di battute.

“Tu vorresti essere una megera,” rispose allora Malfoy. “Ti stavo meramente prendendo in giro. Ma cos’ha provato Weasley a tornare a casa con una megera?”

Lo stomaco di Hermione si contorse di nuovo e lei dovette soffocare un gemito. Si stava per sentire male, sul serio. “Perché… perché non lo chiedi a lui?” si sforzò di dire.

Malfoy la guardò accigliato e fece un passo indietro, anche se c’era già spazio a sufficienza tra loro. “Stai per star male?”

Hermione rise, a dispetto di se stessa. “Forse.”

Il cipiglio di Draco si acuì e una veloce espressione confusa si fece largo sui suoi tratti. Hermione suppose che il suo atteggiamento potesse apparire un poco strano. “Bene, stammi lontano allora,” disse. “Vai a casa e fa’ ammalare, invece, quel tuo miserabile uomo.”

Hermione si limitò ad annuire debolmente, mentre lui la aggirava e usciva dalla porta. Andare a casa le sembrava davvero un ottimo piano.

Alzò gli occhi e incrociò lo sguardo del negoziante, che inarcò un sopracciglio. “Pare che qualcuno si sia divertito, dopotutto.”

*****


Hermione avanzò lentamente lungo Diagon Alley, incapace di tranquillizzarsi abbastanza per Smaterialiazzarsi – anche se la destinazione era semplicemente casa. Magari esisteva la possibilità che si fosse sbagliata. Non poteva essere lui. Semplicemente, non poteva essere lui. Non contavano i racconti di solitudine – lui l’aveva baciata e toccata e loro avevano quasi… lei aveva quasi…

Non riusciva nemmeno a pensarci.

Cosa sarebbe successo se fosse andata al café e lui l’avesse vista e si fosse reso conto di chi fosse? Poteva solo immaginare l’espressione che avrebbe colorato il suo volto, e il pensiero la fece stare ancor più male.

Desiderò non aver mai voluto andare lì in primo luogo. Se fosse rimasta al lavoro, scartando quella cosa come un’innocente pazzia di una notte – come avrebbe dovuto –, non sarebbe stata affossata con quella consapevolezza estremamente spiacevole, adesso.

Come sarebbe mai riuscita a guardarlo di nuovo negli occhi?

Alzò lo sguardo e scoprì di essere vicino alla Gringotts. E se fosse stata tutta un’incomprensione da parte sua e lui non fosse, in realtà, John? E se fosse stato un altro il mago che la stava aspettando all’interno di quel café?

Doveva esserne certa.

Sentendosi alla stregua di una stalker, si avvicinò di soppiatto al locale a cui lui doveva essersi riferito. Con grandi contorcimenti per non essere scorta dall’interno, sbirciò in una delle grandi vetrate. Era l’ora di pranzo e quindi la gente seduta ai tavoli era numerosa. Ma lei sapeva cosa cercare, e non ci vollero molti secondi prima che scovasse nella massa la testa bionda. Era da solo, e apparentemente stava lavorando – ci mise diversi secondi prima che riuscisse ad interiorizzare quella realtà – ma peggio ancora, continuava ad alzare lo sguardo ogni volta che qualcuno entrava. Come se stesse aspettando qualcuno da un momento all’altro.

Magari doveva incontrare un amico, o aveva un incontro di lavoro con qualcuno, o… Hermione si diede uno scrollone mentale. Basta con le scuse. Non c’era nessun altro che corrispondeva alla descrizione che John aveva dato di se stesso.

Tremando leggermente, fece alcuni passi indietro e poi si Smaterializzò nel proprio appartamento.

*****


Il giorno dopo, mandare un gufo al lavoro, dichiarando di essere malata, fu un’idea estremamente tentatrice, ed Hermione fu quasi sul punto di farlo. Si ricompose all’ultimo minuto, però, sgridandosi per essere una tale codarda. L’avrebbe dovuto comunque incontrare nuovamente, un giorno o l’altro. Rimanere a casa avrebbe solo posticipato l’inevitabile e reso ancor più duro il confronto quando questo fosse avvenuto.

Così, andò al lavoro.

Quando Malfoy arrivò – in ritardo, naturalmente – Hermione si agitò a tal punto da rovesciare, quasi, il proprio inchiostro. E quando riuscì a salvare l’inchiostro, all’ultimo istante, spedì goffamente sul pavimento un’intera pila di documenti. Lui la guardò con un cipiglio di disapprovazione, e lei fece del proprio meglio per nascondere l’evidente rossore che sentì spandersi sulle sue gote, mentre scattava a raccogliere le pergamene. Naturalmente, l’operazione richiese molto più tempo del necessario, visto il tremore delle sue mani.

Malfoy si limitò a guardare senza proferire parola. Era sconcertante. Malfoy aveva sempre da commentare qualcosa. Non stava bene? Quella era la spiegazione preferibile che riuscì a trovare, non volendo prendere in considerazione la possibilità che lui sapesse.

Infine, rimise le proprie cose in ordine e si sedette nuovamente, facendo del proprio meglio per ignorare il suo silenzioso sguardo. Funzionò per un gran totale di cinque minuti.

“Che c’è?” scattò infine, alzando gli occhi su di lui. Era davvero, davvero felice che il suo aspetto non avesse nulla di simile all’uomo con cui era stata quella notte. Se non fosse stato così, avrebbe potuto dover pensare al modo in cui le sue mani l’avevano carezzata e in cui le sue labbra… Oh, Dio. Era messa male.

“Perché sei qui?” le chiese lui.

“Perché… lavoro qui?” provò a rispondere lei.

“Sei malata. Va’ a casa prima di infettare chiunque ti stia attorno.”

“Non c’è nessuno qui attorno a parte te, e immagino che tra pochi secondi tu te ne andrai nel tuo ufficio, a far finta di lavorare per un paio d’ore, e poi te ne andrai e non ti vedrò più per il resto della giornata. Non credo proprio che ti prenderai qualcosa.”

“E che mi dici del nostro capo? E di tutti gli altri?” insisté lui.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Il capo non è qui, oggi. È fuori per degli incontri, ovvero starà vendendo la sua anima a chiunque abbia un minimo di influenza sociale a spese dei non-umani. E per quanto riguarda tutti gli altri, beh, ci sono sempre così tante persone che vengono in questo ufficio, vero?”

Nessuno andava lì, se poteva evitarlo, e lo sapevano entrambi.

Malfoy sospirò. “Va’ a casa, Granger. Non importa nulla se oggi tu sia qui o meno. Non farà la minima differenza. C’è più nella vita che il lavoro, non c’è motivo per cui tu debba ammazzarti per questo.”

Mentre si voltava per andarsene, Hermione notò come il suo volto sembrasse segnato e come lui avesse un’espressione sfibrata. Non l’aveva ancora nemmeno offesa.

Sbriciolò con determinazione il senso di colpa. Probabilmente quell’atteggiamento non aveva nulla a che fare con ‘Lethe’.

*****


Nei giorni successivi, la preoccupazione e il senso di colpa di Hermione crebbero. Malfoy non sembrava più se stesso. Non cercava di rendere la sua vita miserabile, il che era – in realtà – un bel miglioramento, ma il punto era il modo in cui non faceva nulla. Sembrava solo perso nei suoi pensieri, e per lo più si barricava da solo in ufficio.

Poteva davvero essere che si fosse preso una cotta così forte per una ragazza sconosciuta incontrata una sola volta? Lei non era nemmeno stata reale! Nulla lo era stato. Non il parlare, né il baciare. Era stato l’anonimato che aveva dato loro alla testa, facendo far loro cose che altrimenti non avrebbero fatto. Tutto qui.

Magari non c’entrava nulla, quello. Magari… il suo basilisco domestico era appena morto.

Aveva bisogno di lavorare meglio sulle sue teorie, ultimamente facevano acqua da tutte le parti.

Il segreto la stava soffocando.

Ma cosa poteva fare? Non poteva dirgli che Lethe era stata lei. Non sarebbe servito a nessuno. Lui si sarebbe persino arrabbiato e intristito ancor più, e lei non avrebbe più avuto un lavoro al Ministero. No, ci doveva essere un’altra soluzione.

Fu ridestata dai suoi pensieri da un fascicolo di documenti che veniva sbattuto sulla sua scrivania. Sorpresa, alzò lo sguardo su un Malfoy dall’espressione determinata. Perfetto. Eccolo di ritorno a subissarla di lavoro.

“Quanto conosci delle persone che lavorano qui, Granger?” chiese.

Lei strabuzzò gli occhi. “Uh, quanto basta, credo… Perché?”

Lui srotolò una pergamena. “Questo è l’elenco completo degli ospiti presenti alla festa del Ministero. Ho bisogno di trovare ogni strega sotto… diciamo i quarant’anni… che lavori al Ministero. Se sei in dubbio, estrai anche quei nomi.” Spinse la pila verso di lei e si sedette all’altro capo della scrivania, poi iniziò a controllare un foglio.

Hermione lo fissò a bocca aperta. “Dove diavolo sei riuscito a ottenerlo?”

“Contatti. A quanto pare è più facile ottenere una lista di partecipanti a una festa internazionale del Ministero da un diplomatico che ha fatto voto di segretezza, che non ottenere un singolo nome da un tizio con un negozio di costumi, giù a Diagon Alley. Ti fa davvero interrogare su come vada il mondo.”

Era alquanto sconvolgente, in effetti. “Non lo farò,” proclamò Hermione. “Non fa parte del mio lavoro e, sai, ho del vero lavoro da fare.”

Lui le scoccò un’occhiata irritata. “Il tuo lavoro può aspettare. Non stai facendo nulla di importante, in ogni caso. Questo è importante. Questo potrebbe cambiare qualcosa.”

“Cosa? Stai cercando qualcuno per un appuntamento?” Hermione stava prendendo tempo. Anche sapendo che le probabilità che lui trovasse qualcosa di utile erano quasi nulle, non le piaceva vedere quanto determinato fosse nel tentare.

E se l’avesse scoperto?

“Potresti dire così,” rispose lui, la mente chiaramente concentrata su altro. Aveva già estratto i nomi di dodici donne.

“Non sarebbe più facile, sai, andare a chiedere a qualcuno?”

L’occhiataccia che le rivolse avrebbe arso qualunque materiale meno tosto. “Sto cercando una strega in particolare, Granger. Di cui non conosco il nome. O il volto. Se stringo la lista, magari riuscirò comunque a trovarla, e tu mi aiuterai perché sai che ti ho in pugno, almeno finché il tuo lavoro non sarà valutato.”

Aveva ragione. A Hermione non piaceva essere in pugno di chicchessia, e di sicuro non le piaceva dover aiutare Malfoy nella sua ricerca. Magari avrebbe potuto… imbrogliare un pochino.

Sì, ecco quello che doveva fare. Imbrogliare. Convincerlo in qualche modo che ‘Lethe’ non fosse una persona che valesse la pena conoscere. Ma per il momento, suppose, doveva piegarsi al suo volere.

Sospirò. “Quindi… credi che Brunhilde abbia passato già i quaranta?”

Il suo basilisco domestico non era di certo morto, concluse Hermione, perché con uno sguardo come quello che le stava rivolgendo, chi avrebbe mai avuto bisogno di un basilisco? Gli rivolse il sorriso più zuccherino che riuscì a trovare, felice che, per una volta, fosse lui quello ad essere irritato.

*continua*



Grazie per aver letto e al prossimo capitolo ^^ Come sempre qualunque commento sarà più che apprezzato :p

Kit 05

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Buon lunedì :p

Ed ecco qui anche il quarto capitolo di questa fic ^^

Grazie a poppi (e già, Hermione non si può certo lamentare XD), a semplicementeme (Sveglia, Hermione, ma mica troppo XD Io sostengo sempre che lei è scema e lui cretino, quindi sono perfetti l'uno per l'altra *O* :p), alla Moglia (tuuuuuuuuuuuuuuuuutto per te, quello stalker *O* XD Non sono sempre più idioti, questi due? *O* Credo che riconoscerei i "Draco" e le "Hermione" di Akasha dappertutto solo vedendo a quanto siano idioti *annuisce* XD :p) e a Manu (*riprova a sputacchiare *O* * Draco sa sempre come descrivere Ron con parole precise e puntuali *O* Per questo lo amiamo tutte tanto *O* XD *saluta Elena!*) per i loro commenti ^^

Buona lettura :)

Kit 05


Titolo: The Nymph Hunt
Titolo del capitolo: Capitolo 4
Autore: AkashaTheKitty
Link alla versione originale: Link
Rating: PG13
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Romantico, Commedia
Note: EWE!


“Quindi… hai detto che l’ha consegnata un gufo marrone?”

Hermione annuì. “Sì.”

“Che specie?”

“Adesso dovrei sapere le specie a cui può appartenere un ‘gufo marrone’?” Hermione guardò di sfuggita Malfoy, facendo in modo che la sua espressione comunicasse una certa dose di fastidio.

Lui sospirò con irritazione. “E’ il tuo lavoro saperlo!”

“I gufi non sono così magici, ma se dovessi mai avere l’incarico di catalogare i gufi marroni indigeni della Gran Bretagna, te lo farò sapere.”

“Va bene. Quanto grande era?”

Hermione si massaggiò stancamente le tempie. Creare un falso messaggio da parte di ‘Lethe’ non era probabilmente stata la sua idea migliore. “Direi che fosse… grande come un gufo.”

“Grande come un gufo?” Appoggiò le mani sulla scrivania e si chinò in avanti, una postura alquanto intimidatoria, in effetti. Di certo non era divertito. “Ti stai prendendo gioco di me, Granger?” La sua voce aveva quel tono di calma serica che avvisava di come fosse giunto il momento di scappare.

“Cosa vuoi che ti dica?” chiese lei.

“Voglio che tu mi dica di quel maledetto gufo, ecco cosa voglio!”

Era veramente infuriato. Hermione era ancora piuttosto scioccata dalla sua reazione. Non perché ci fosse rimasto male, ma per la pura intensità delle sue emozioni. A quanto pareva, ‘Lethe’ era riuscita davvero a entrargli sotto pelle.

E ora ‘lei’ gli aveva spedito un messaggio in cui dichiarava di sapere benissimo chi lui fosse e di come avessero passato una serata piacevole insieme, ma non era davvero interessata ad andare oltre, e gli chiedeva quindi di non cercarla ulteriormente.

Era palese che Malfoy avesse deciso di ignorare l’ultima parte.

“Ti ho detto quello che so!”

“Aveva delle macchie?”

“Macchie?”

“Sì, macchie, striature, qualunque cosa che possa aiutarmi a identificarlo!”

Hermione lo fissò, incredula. “Era un gufo. Vai in guferia e probabilmente troverai duecento gufi marroni, ma non riuscirei a distinguerne uno dall’altro!”

“Maledettamente inutile,” grugnì. “Come hai potuto non osservare un semplice gufo?”

“Magari perché non sono così ossessionata come te!”

Hermione aveva sperato di sentirsi meglio dopo aver spedito quel messaggio, ma così non era. La porta dell’ufficio di Malfoy era stata aperta quando lui aveva letto la nota, e lei aveva visto l’espressione sul suo volto. Per un lungo istante era rimasto immobile, a fissare quel rifiuto – che ora Hermione rimpiangeva di non aver scritto con un tono più gentile, ma il suo unico obiettivo era stato quello di farlo desistere – e poi quell’orribile espressione di abbattimento si era nuovamente impressa sul suo viso.

Naturalmente, il passo successivo era stato la rabbia. Hermione suppose di doversi ritenere fortunata che avesse trascorso le fasi peggiori vandalizzando il suo ufficio, prima di marciarne fuori e pretendere delle risposte da lei.

“Io potrei essere ossessionato, ma tu sei un inutile spreco di spazio!” le urlò di rimando. “Va’, torna a preoccuparti dei documenti per i tuoi folletti e per i tuoi gnomi da giardino! A chi importa delle persone, giusto?”

Hermione fissò la porta a lungo, dopo che lui l’aveva sbattuta dietro di sé, con gli occhi sbarrati per lo shock e una sensazione che sembrava sospettosamente simile al dolore.

*****


Le cose non migliorarono molto nei giorni successivi. Hermione scoprì che un Malfoy lunatico era definitivamente peggio di un Malfoy deridente. Fortunatamente, non sfogò più la sua furia su di lei, ma l'atteggiamento nei suoi confronti rimase indubbiamente glaciale.

Quell’ufficio era diventato un posto davvero freddo e solitario in cui lavorare.

Capiva il suo bisogno di incolpare qualcuno per quel messaggio e, in quel momento, lei era il bersaglio più facile – il fatto che fosse anche il bersaglio giusto era pura ironia.

Ogni giorno era peggiore del precedente. Non perché fosse effettivamente peggiore di per sé, ma perché non cambiava nulla, e la situazione la stava divorando. Non le piaceva quell’ambiente improvvisamente ostile. Non che in passato fosse stato amichevole, ma era indubbiamente diverso, ora. Era molto più freddo. Perché Malfoy non riusciva a lasciarsi alle spalle quella storia e tornare al normale? Lei avrebbe dato di tutto pur di vederlo tornare a sbuffare sullo stato dei suoi capelli.

Poteva solo immaginare la sua reazione se gli avesse rivelato la propria identità. Se riusciva a odiarla così appassionatamente solo per non aver notato dei segni peculiari su di un gufo, l’avrebbe assassinata se avesse scoperto che era stata lei a imbrogliarlo, fin dall’inizio. A chi importava che lei non avesse avuto intenzione di imbrogliare nessuno?

Non credeva che sarebbe stata in grado di gestire la forza di un odio del genere.

Sentendosi miserabile, si preparò per un altro pranzo solitario alla propria scrivania. Di norma, quando si sentiva così, cercava Harry, ma era da un paio di settimane che non si faceva vedere al Ministero. Era sicuramente via, in una qualche missione, a raggiungere la sua quota mensile di avventure. Inoltre, lei avrebbe dovuto mantenere il muso nei suoi confronti, per aver assegnato Malfoy al suo dipartimento, in primo luogo.

Che disastro.

Il fatto che Malfoy fosse lì presente rendeva le cose ancora peggiori. Non era semplice ignorare il silenzio come quando era da sola.

Non poteva fare assolutamente bene alla sua digestione.

“Perché non esci mai?”

Hermione quasi si strozzò sul panino quando Malfoy le parlò. Era un’esperienza così nuova e scioccante dopo giorni di silenzio prolungato. “Alcuni di noi lavorano, qui,” riuscì a dire, prima di ingoiare il boccone che aveva in bocca.

“Voglio dire, per pranzo. C’è un bar, sai. Con delle persone. Che pranzano.”

Lei lo guardò torva a quel sottolineare l’ovvio, ignorando quell’inspiegabile sollievo eccitato per il fatto che lui le stesse parlando. “Non ho mai visto te andare lì.”

Lui si limitò a inarcare le sopracciglia. “Dubito, sinceramente, che stessi aspettando che ci andassi io, il che significa che stai evitando di rispondere.”

Hermione scrollò le spalle, troppo mentalmente esausta per preoccuparsi di quello che lui sapesse. “Non conosco nessuno, lì, comunque. Qui, almeno, posso portarmi avanti con il lavoro, mentre mangio.”

Lui la guardò scuotendo il capo. “Non tutto gira attorno al lavoro, Granger. Perché non riesci a capirlo?”

Si voltò per andarsene, ma lei lo fermò. “Perché non ci vai mai tu, a quel bar, allora?”

Un’esitazione, e per un momento lei pensò che non avrebbe risposto.

“Non mi vogliono, lì.”

Hermione sbatté le palpebre e aggrottò la fronte. “Chi? Cosa?”

Malfoy si voltò, parzialmente, con un ghigno sardonico. “Non fare la sorpresa, Granger. Nemmeno tu mi vuoi qui. Tutti sanno che sono stato costretto a lavorare in questo posto, e tutti sanno perché. È un affare di pubblico dominio. Chiunque può andare a guardare ogni singolo dettaglio, e immagino che la maggior parte della gente l’abbia fatto mesi fa.”

“Quindi?” chiese lei, sempre più perplessa. “Non sei l’unico che era schierato dall’altra parte, durante la guerra. Non sei nemmeno l’unico che ha cambiato parte. Non sei neanche l’unico che lavora temporaneamente al Ministero, in un posto di basso profilo, come punizione.”

“No,” mormorò lui. “Ma io sono l’unico Malfoy. ‘I Malfoy non hanno cambiato le proprie alleanze per ambizione o guadagno. Anzi, hanno rinunciato all’ambizione personale per aiutare il lato della luce. La logica avrebbe dovuto suggerire a Narcissa Malfoy néé Black di tradire Harry James Potter nel momento del bisogno a fronte di una promessa per una posizione di gloria, e il fatto che non l’abbia fatto mostra chiaramente come abbia riconosciuto lo sbaglio delle proprie posizioni e abbia cercato di porvi rimedio. E non dimentichiamo: se non avesse coraggiosamente mentito di fronte a Tom Marvolo Riddle, a.k.a. Lord Volemort -” sussultò a quelle parole “- allora la conclusione della guerra sarebbe stata, in tutta probabilità, del tutto indesiderabile.”

Hermione si limitò a fissarlo.

Malfoy alzò gli occhi al cielo. “Credevo fossi stata una delle prima a guardare la documentazione del processo. È parte dell’arringa difensiva che ha scagionato la mia famiglia da gran parte delle accuse. Un’accozzaglia di assurdità, naturalmente. Non c’è mai stata una ‘posizione di gloria’ per noi, ma è stato abbastanza per convincere i nostri vecchi ‘amici’ che, oltre che essere stati determinanti per la conclusione delle ostilità, siamo anche degli imprevedibili voltagabbana – molto meno desiderabili dei voltagabbana prevedibili, te lo assicuro – e l’altra parte non è poi così pronta al perdono quanto ci si potrebbe aspettare dai cosiddetti bravi ragazzi. Non si fidano ancora di noi.”

“I peccati della madre?”

“Oh credimi, anche i peccati del padre e del figlio hanno giocato una parte. A quanto pare, avrei dovuto assistere all’assassinio della mia famiglia, invece che seguire gli ordini.” Non tentò nemmeno di nascondere l’amarezza per quel giudizio.

“Ma ti ho visto andare d’accordo con gli altri,” insisté debolmente Hermione.

“Posso sempre rendere la loro vita tutt’altro che piacevole se non fanno i bravi. Non significa che vogliano farlo davvero. Inoltre… i miei motivi per non pranzare al bar battono senza dubbio i tuoi.”

Hermione non poteva controbattere a quella affermazione. Se le sue parole erano vere, allora probabilmente aveva detto la verità a ‘Lethe’ su quanto si sentisse solo. La disturbava in un modo che non avrebbe saputo spiegare.

Ma ancor più inquietante – al punto da continuare a distrarla – era l’euforia che sentiva per il fatto che le avesse parlato di nuovo.

******


Hermione alzò lo sguardo su Malfoy, incappottato di fronte a lei. “Te ne stai andando via presto. Di nuovo. Che sorpresa. Sai, il giorno in cui rimarrai qui un giorno lavorativo intero, il Ministero indirà una festa.” Fu alquanto orgogliosa del tono asciutto della propria voce. Non troppo fugace, non troppo evidente. La pratica rendeva davvero perfetti.

“Ho un appuntamento per il pranzo.”

“No, non è vero. Conosco la tua agenda, sai?”

Lui le scoccò un sorriso accondiscendente. “Ho un appuntamento per il pranzo.”

“Oh.” Hermione quasi cadde dalla sedia. “Oh.” Aggrottò la fronte, sgomenta. “Ti arrendi per quell’altra donna elusiva, allora? Hai perso la sua scarpetta di cristallo?”

“Huh?”

“Lascia perdere, una fiaba Babbana,” mormorò lei. “Hai smesso di cercare quella strega?”

Malfoy scrollò le spalle con noncuranza. “Non vuole essere trovata e me l’ha detto chiaramente. Avrebbe potuto venire qui, se l’avesse voluto, e farmi almeno vedere chi fosse, ma non l’ha fatto. Che cosa posso fare? Non so chi sia, non so dove sia, e di certo non so perché preferisca comportarsi da stronza frigida che venire a dirmelo in prima persona. Quindi, ho pensato che invece che aspettare senza avere nulla in cambio, potevo anche procacciarmi un appuntamento.”

“Capisco,” mormorò Hermione, un po’ a disagio. Lei non era una stronza frigida! Solo… non aveva visto altra via d’uscita.

Malfoy la guardò a sopracciglio alzato. “Come? Tutto qui? Nessuno appassionata difesa della strega? Niente dichiarazione su come possa sbagliarmi? È una prima volta. Solitamente salti in difesa di chiunque i cui motivi non siano perfettamente conosciuti.”

Hermione scosse la testa, sentendosi a disagio. “E’ la tua vita.”

“Davvero, Granger, mi deludi,” commentò lui, sistemandosi un polsino. “Potresti almeno aver ribattuto su come sia possibile che sia malata o trattenuta contro la sua volontà dal vedermi.”

“Non spiegherebbe il biglietto, no?” Suppose, con una sensazione avvilente che affondò nel suo stomaco, che probabilmente quello era potuto sembrare un comportamento glaciale.

“No, non lo spiegherebbe. E ho controllato.”

“Cosa?” Hermione dovette concentrarsi per non fissarlo con sguardo vacuo.

Malfoy scrollò nuovamente le spalle. “Dovevo considerare tutte le possibilità. Ma non ci sono stati seri incidenti che hanno coinvolto qualche impiegato del Ministero, né nessuno dei loro familiari – sebbene Eric del Dipartimento degli Sport e Giochi Magici, o meglio sua moglie, abbia avuto un bambino – quindi ho dovuto dedurre che non fosse quello il caso. Certo, il messaggio ha confermato i risultati delle mie indagini.”

“Beh, buon per te,” replicò vagamente lei, portando l’attenzione sul foglio che aveva davanti e tentando di non mostrare il proprio disagio. “Significa che sarai di ritorno dopo pranzo, o no?”

Lui si limitò a un sogghigno. “Non aspettarmi in piedi.”

Non ci pensava proprio. Malfoy non tornava praticamente mai, una volta uscito. Andare a degli appuntamenti galanti durante le ore di lavoro, però, era una novità. Che sperasse che ‘Lethe’ lo scoprisse e reagisse? Ma non aveva senso. Gli aveva detto che non lo voleva vedere e di smettere di cercarla, perché mai avrebbe dovuto interessarle se lui usciva con altre?

Trascorse il resto del pomeriggio alternando il farsi domande su quanto fosse carina la donna con cui era uscito Malfoy e il ricordarsi che non le interessava affatto saperlo.

******


Hermione osservò Malfoy prepararsi per il terzo appuntamento di fila. Naturalmente, nemmeno quella volta aveva programmato un colloquio di lavoro. Non che solitamente ne avesse mai molti, di quelli. Più che altro, quando usciva, era solo per svicolare il lavoro senza altro scopo che il bighellonare.

Ma lei aveva notato la cura extra con cui curava il suo aspetto, in quei giorni.

Quindi era un altro appuntamento.

“Deve piacerti davvero, allora,” osservò con tono più neutro possibile.

“Piacermi, chi?” chiese con fare assente lui, attento a non spiegazzare il suo mantello. Perché mai, Hermione non ne aveva idea. Onestamente, non pensava che lui credesse nei vantaggi di indossare lo stesso vestito per due volte.

“La strega che stai vedendo, ovviamente.”

Malfoy la guardò con un’espressione perplessa. “Quale strega?”

“Okay, qualcosa non sta funzionando in questa conversazione,” borbottò Hermione. “Stai andando ad un appuntamento, giusto?”

“Beh, sì.”

“Quindi perché non capisci quello che sto dicendo?”

Finalmente il barlume della comprensione si fece largo nella sua espressione. “Ah, stai assumendo che si tratti della stessa persona.”

A Hermione cadde la mascella. “Sei uscito con tre streghe diverse in tre giorni?”

“No, in realtà,” la corresse lui, finalmente pronto per andarsene, “sono sei. Avevo pensato di farne tre al giorno, ma al meglio delle mie possibilità, posso gestirne sole due.”

Hermione scosse la testa, non riusciva a comprendere le parole che provenivano dalle labbra di quel ragazzo. “Tre… sei… due… perché?”

Malfoy strinse le labbra, all’apparenza piuttosto divertito. “Beh, visto che sto cercando, tanto vale che cerchi con impegno, no?”

Prima che lei potesse pensare a una risposta idonea, se ne andò.

Che cosa stava succedendo?

*****


Un paio di giorni più tardi, Hermione era quasi completamente certa di sapere cosa stesse succedendo.

Malfoy non si era arreso.

Stava facendosi strada attraverso tutte le donne disponibili – e alcune che tecnicamente non erano poi così disponibili – che lavoravano al Ministero il più velocemente possibile. Un numero sorprendente di streghe sembrava non dare peso al pazzo susseguirsi dei suoi appuntamenti, perché con lui uscivano comunque.

Hermione suppose che dargli corda fosse più facile che non discutere con lui. Di solito era così. Inoltre, si era sparso il pettegolezzo che stesse cercando una partner per una posizione molto più lucrativa di quanto il Ministero non avrebbe mai potuto offrire. Non si potevano certo incolpare quelle donne se volevano almeno provare a vedere se avessero potuto andare d’accordo con lui, visto come il premio poteva essere così sensazionale.

Ma Hermione sapeva che lui stava solo cercando ‘Lethe’. Non l’aveva detto esplicitamente, ma stava diventando sempre più ovvio da come la sua frustrazione crescesse a ogni appuntamento. E lei aveva il sospetto che, in realtà, lui fosse più interessato a scoprire chi avesse rifiutato il suo appuntamento, piuttosto che chi l’avesse accettato.

Naturalmente, Malfoy non si sarebbe mai sognato di chiedere a lei di uscire, quindi era al sicuro. Per quanto lo riguardava, lei era felicemente fidanzata con Ron, e quindi non una candidata probabile. Senza contare che la vedeva tutti i giorni. Un pranzo con lei non gli avrebbe certo rivelato nulla sul suo conto.

No, lui stava assumendo che non conoscesse già ‘Lethe’ e che avrebbe capito chi fosse anche dopo una sola ora passata in sua presenza. Naturalmente non era possibile – perché ‘Lethe’ era una fantasia. Quanto desiderava che anche lui lo capisse.

All’accorciarsi sempre più dell’elenco, anche la pazienza di Malfoy divenne più corta. Era diventato irragionevole e maleducato a un punto tale che raramente Hermione aveva visto in precedenza. Iniziò a temere i momenti in cui si presentava in ufficio, perché le sue parole la ferivano come non credeva avrebbero mai potuto, ma si sentiva così in colpa che accettò ogni sfogo senza opporre resistenza. Gli coprì persino le spalle, un paio di volte, quando il capo venne a cercarlo. Non che Malfoy sarebbe finito davvero nei guai, ma… Prima dell’inizio di quel suo piano scellerato, faceva sempre in modo di farsi vedere un paio di pomeriggi a settimana, e se l’Ufficio per l’Applicazione della Legge Magica avesse avuto sentore di quanto lassismo ci fosse da quelle parti, avrebbe potuto diversificare la sua punizione.

Dovette chiedersi perché mai non volesse più che ciò accadesse, ma finì con il concludere che fosse ancora per il senso di colpa. Era l’unica possibile ragione logica a cui riusciva a pensare sul perché non volesse che lui affrontasse le conseguenze delle sue stesse azioni.

Un giorno, settimane più tardi, Malfoy si lasciò cadere nella sedia all’altro lato della sua scrivania, lo sguardo perso nel vuoto. Hermione sussultò al suo sedersi, ma quando rimase zitto, decise di dar lei il via alla conversazione e farla finita alla svelta.

“Fammi indovinare: vai fuori a pranzo?” chiese, notando con esasperazione quanto il suo sarcasmo fosse scaduto rispetto a un tempo. Suonava piatto e atono.

“No,” mormorò lui.

“Hai finalmente concluso l’elenco, allora?” domandò.

Lui volse lo sguardo incolore su di lei. “Non c’è davvero speranza, no? Sono tutte sbagliate. E sono stufo marcio di andare avanti con questa cosa.”

“E se la tua ragazza misteriosa fosse una di quelle che hai saltato?” non poté fare a meno di chiedere. Quando lui la guardò con un’espressione tagliente, lei alzò gli occhi al soffitto, in una pallida imitazione del gesto che un tempo tanto bene aveva padroneggiato. “Sì, sei stato così ovvio. Perché mai avresti dovuto ‘cercare’ con così tanto impegno?”

“Non ti sfugge nulla,” borbottò lui tra sé, poi si accigliò. “Credo di aver bisogno del tuo aiuto.”

“Non è stata una deduzione così brillante,” mormorò lei.

“No, dico sul serio. Sei una delle persone più intelligenti che io conosca. Probabilmente la più intelligente. Tu potresti trovarla.”

“Io non credo che -”

“Se mi aiuti, potrai scrivere tu la tua valutazione.”

Lei lo fissò, più che scioccata. “C-Cosa? No, non potrei davvero -”

“Tu e Weasley state mettendo da parte i soldi per una casa, vero? Ve ne comprerò io una. Naturalmente, se vuoi puoi non dirgli da dove arriva il denaro. Inventati qualcosa, lui non lo saprà mai.”

Hermione continuò a fissarlo.

“Trovala, e io ti darò tutto quello che vuoi, se è in mio potere – e ho ancora un potere considerevole.”

Hermione non sapeva come rispondere.

“Non ho intenzione di perseguitarla, o di costringerla a fare alcunché. Non devi preoccuparti della morale e dell’etica. Ho bisogno solo di vederla una volta e tentare di persuaderla che non sono poi così orribile come lei pare credere che io sia. Lo giuro, se mi chiedesse di andarmene, lo farei.”

Hermione perlustrò la propria mente, alla disperata ricerca di una valida scusa per rifiutare l’incarico di scovare ‘Lethe’ per conto suo, ma trovò una gran vagonata di nulla.

“Lo so di essere stato… difficile, ultimamente. Lo so di non saper gestire bene la frustrazione e che sono un bastardo la maggior parte del tempo. Ma mi odi davvero così tanto da dirmi comunque di no quando hai tutto da guadagnare e nulla da perdere?”

Hermione era nei guai fino al collo.

*****


Hermione gli aveva chiesto del tempo per pensarci su. Tempo per considerare se l’avrebbe aiutato a trovare ‘Lethe’. Hah. Stava usando quel tempo per cercare furiosamente di pensare a una ragione – una qualsiasi ragione – che potesse dargli sul perché non poteva aiutarlo.

Non riusciva a pensare a nulla che lui non avrebbe immediatamente disdegnato.

Quindi, poteva o continuare a mentire, e a fingere, e a lasciargli credere che stesse cercando ‘Lethe’, o… poteva dirgli la verità e farla finita.

Da così tanto Malfoy stava cercando una ragazza inesistente che meritava davvero di sapere la verità.

Lo sapeva. Da qualche parte dentro di sé, lo sapeva perfettamente. Adesso aveva solo bisogno di racimolare il suo coraggio e dirglielo.

Non avrebbe mai dovuto lasciare che le cose andassero avanti così a lungo. Avrebbe dovuto dirglielo al negozio, o al cafè, o, almeno, non appena si era resa conto che la stava ancora seriamente cercando.

Ma lei non gliel’aveva detto. Invece, aveva permesso che le cose sfuggissero di mano. Aveva visto Malfoy soffrire per questa elusiva ragazza, settimana dopo settimana, e non aveva mai considerato la possibilità di parlargli. Lo aveva visto cambiare durante quella ricerca, incurante di come apparisse alle persone che aveva intorno, concentrato solo nel cercare una persona con cui credeva potesse costruire qualcosa di speciale.

Le aveva promesso di comprare a lei e a Ron – di certo non due delle persone che più preferiva al mondo – una maledetta casa, se lei fosse solo riuscita a fargli incontrare quella ragazza. Aveva giurato che non intendeva costringere quella strega a più di un incontro. Aveva solo voluto una possibilità.

E ora lei doveva dirgli che la ragazza dei suoi sogni non esisteva. Che era stata semplicemente lei, con indosso un travestimento. Che lo sapeva ormai da tanto tempo e aveva scelto di non dirglielo.

Non avrebbe voluto dirglielo nemmeno ora, ma Malfoy non si meritava di cercare ancora qualcuno che non esisteva. Non meritava di soffrire perché pensava che una perfetta ragazza di fantasia l’aveva rigettato, l’aveva buttato da parte senza un secondo pensiero, per nessun altro motivo che la sua identità. Non era poi una persona così cattiva, e non si meritava di pensare di esserlo. Sicuro, era indisponente, manipolatore, e a volte maleducato, ma… non aveva mai fatto veramente del male a nessuno. Sospettava, persino, che non volesse nemmeno davvero che i suoi commenti ferissero.

Con sconcerto, si trovò a desiderare di poter essere la ragazza dei sogni che lui stava cercando. Desiderava poter essere ‘Lethe’. Desiderava poter essere qualcuno che non fosse Hermione Granger e che, se fosse entrato lì, l’avrebbe visto reagire alla rivelazione con gioia e sollievo, e non con rabbia e disgusto.

Chiuse gli occhi, desiderando di non sentire le lacrime rivelatrici sulle sue guance. Quei pensieri non avrebbero dovuto farle male.

*continua*



Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un commento, e al prossimo (e ultimo) capitolo ^^

Kit 05

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Salve! ^^
Ed ecco qui anche l'ultimo capitolo di questa breve commedia :)

Grazie mille per i loro commenti allo scorso capitolo a:
semplicementeme: Hermione sa essere di un'ottusità indicibile quando si parla di rapporti interpersonali XD Specie, poi, quando le convinizioni che si hanno sull'altro sono così radicate :P Grazie mille per i complimenti ^^ E no, niente genitori (o parenti, o altro) inglesi, purtroppo. Solo tante, tante letture in lingua da qualche anno in qua ^^
MOGLIA!: *notare il maiuscolo *O* * Sì, lo so, ti starai disperando per non poter leggere oggi questo capitolo XD :p *cosuccio per la pazienza*
Shenhazai: Grazie mille ^^ E si scoprirà a breve :p
giuliabaron: Su, su, come dico sempre, le traduzioni che ho postato non scappano (credo *unsure*) XD Grazie anche a te :)
Manu: No, tu ti sbagli *annuisce* Hai sempre adorato, sempre, l'Hermione di Akasha *sìsì* In ogni singolo momento *O* XD :p
canfly: Lol! Credo, in effetti, che il capitolo scorso fosse molto "scenografico", si prestava bene alla visualizzazione a mo' di film XD Grazie anche a te :)
PikkulaSere: Povera Hermione! Credo ci sia la fila di gente che voglia ucciderla XD (dici che è colpa sua? *unsure* Dettagli *annuisce*) Comprendo lo sbavamento XD Draco è sempre adorabile. Sì, anche quando è stronzo, imbecille e non capisce nulla (cioè nella maggior parte del tempo *O*) Grazie mille ^^
poppi: Accetterà? Non accetterà? Questo è il dilemma :P E purtroppo *o per fortuna*, per le relazioni interpersonali non basta l'intelligenza... specie quando si hanno convinzioni che si sono solidificate nel tempo (e magari neanche troppo a torto :p) E credo che, al di là di Draco in sé, a molte di quelle donne piacesse soprattutto il suo cognome... e i suoi forzieri XD :p
Yellow_B: Spero di non averti fatto aspettare troppo ^^ Grazie anche a te :)

Approfitto di questo spazio anche per ringraziare, caso mai passassero di qui, anche tutti coloro che negli ultimi giorni hanno commentato le mie altre traduzioni: grazie mille anche a voi! :)

E ora, buona lettura!

Kit_05


Titolo: The Nymph Hunt
Titolo del capitolo: Capitolo 5
Autore: AkashaTheKitty
Link alla versione originale: Link
Rating: PG13
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Romantico, Commedia
Note: EWE!


“Deciso se vuoi aiutarmi o meno?”

Hermione sobbalzò nel sentire quell’impaziente richiesta. Non avrebbe dovuto continuare a posticipare l’inevitabile, e ormai lo stava facendo da giorni. Ma in quel momento Malfoy sembrava irritato. Magari avrebbe dovuto aspettare fino a quando non fosse stato di umore migliore…

Fece finta di essere profondamente concentrata su alcuni documenti che aveva sulla scrivania.

“Non è una decisione così difficile!” esplose Malfoy. “Che cos’hai da perdere? Firmerò un maledetto contratto se è quello che ti serve! Perché fai così? Te l’ho detto, se la vedessi e lei dicesse ancora di no, lo rispetterei! Non devi proteggerla!”

Ma lei doveva. Doveva davvero. Chi altri l’avrebbe fatto?

“Perché non vuoi che io abbia quello che tu hai con il tuo Weasley?” chiese.

“Smettila di menzionarlo!”

Non era stata intenzione di Hermione dirlo, e di certo non con così tanto ardore, ma una volta pronunciate, quelle parole erano piuttosto difficili da ignorare.

Lui la guardò e lei capì che non c’era più modo di tornare indietro. “Non… Non sono più con Ron.”

Gli occhi di Malfoy si addolcirono per quella che assomigliava terribilmente a una grande comprensione. Lei distolse lo sguardo, odiando quella situazione. Era tanto più semplice trattare con lui quando si comportava da idiota indisponente.

“Quando?” chiese lui.

Bene, i dadi erano tratti. “Dieci mesi, circa,” udì se stessa dire con voce atona.

La comprensione fu rimpiazzata dalla confusione, e Malfoy aggrottò la fronte, cercando di assimilare quanto gli aveva detto.

Hermione sospirò, sentendosi sull’orlo della disfatta. “Non te l’ho detto perché avresti reso la mia vita un inferno, e lo sai. Avresti fatto un milione di battute sulla mia incapacità di tenermi stretto persino Ron e poi… Non erano affari tuoi.”

“Ma ora lo sono?”

Lei si sentiva così stanca. Voleva solo lasciarsi tutto alle spalle. “Questa storia non ti ricorda nulla?” chiese.

Lui aprì la bocca, come per rispondere, ma poi aggrottò nuovamente la fronte e scosse la testa.

“Suppongo di no. Ma hai sempre avuto ragione. Ho preso troppo seriamente questo lavoro del cavolo, e non ho mai saputo apprezzare davvero quello che avevo. Alla fine, Ron, che tu credi sia la Testa più Dura dei Nostri Tempi, ne ha avuto abbastanza della mia mancanza di attenzione per la nostra relazione e se n’è andato. Non l’ho più visto da allora.”

Malfoy non rispose.

“E nemmeno questo ti suona familiare? Non hai già sentito questa storia?”

Lui continuò a rimanere zitto, ma Hermione notò come avesse la mascella serrata e come il suo corpo apparisse improvvisamente più rigido.

“Non sono andata alla festa travestita da megera,” continuò a bassa voce lei. “Voglio dire, avrei voluto. Avevi ragione su quello. Ma quel negoziante ficcanaso non me l’ha permesso. Aveva quest’altro costume, una ninfa con occhi verdi e pelle lucente…”

Quando guardò gli occhi di Malfoy, desiderò non averlo fatto. Furia glaciale. Ma lui perdurava nel silenzio.

Hermione sbatté rapidamente le palpebre un paio di volte. Quello sguardo le stava facendo più male di quanto non avrebbe dovuto. L’aveva saputo e non era che le importasse così tanto. Se la sarebbe cavata comunque senza un lavoro, e l’aveva saputo da tempo che quell’incontro non era stato reale, quindi non era come se avesse sperato in qualcosa. “Mi dispiace,” sussurrò. “Non sono riuscita -”

“Questo è il punto in cui mi dici che io ho compreso male quello che tu hai appena detto,” la interruppe lui.

“Beh, questo dipende da cosa hai compreso,” rispose Hermione a voce a mala pena udibile.

“Tu non mi hai appena detto che… che…” Sembrava a corto di parole. “E tu lo sapevi. Per tutto questo tempo sei rimasta seduta qui, sapendo che tutto quello che volevo io era trovarla e… Con una sola parola avresti potuto farmelo sapere! Avresti potuto risparmiarmi un sacco di tempo, guai e agonia, e farmi sapere perché Lethe non era interessata, e invece hai scelto di lasciare che mi umiliassi completamente!”

Hermione sussultò, come colpita da una sferza. “Lo so, ma giuro che non credevo che avresti continuato a cercarla. Pensavo -”

“E non è nemmeno la parte peggiore!” continuò lui, ignorando la sua debole difesa. “Per settimane mi sono chiesto cosa ci fosse sbagliato in me per farmi odiare così tanto da lei, persino dopo quello che le avevo detto, da non darmi nemmeno una possibilità o almeno dirmi in faccia perché non volesse più vedermi. Sai come ci si sente? Cosa si prova? E poi... eri tu!”

Il disprezzo in quelle ultime parole la ferì profondamente. Molto profondamente. Capì di aver sperato contro ogni logica che lui non la odiasse veramente per quello che era successo. Ma era ovvio che non fosse così. “Ti prego… Non volevo -”

Malfoy si allontanò di un passo, interrompendola. “Ma l’hai fatto. Non voglio vederti mai più.”

Lei aprì la bocca, cercando qualcosa da dire per migliorare la situazione, ma lui era già sparito. Se ne era andato, senza nemmeno degnarsi di andare a prendere il suo cappotto.

Hermione si rese conto che in un qualche punto di quell’incontro si era alzata dalla sedia, e lentamente si sedette di nuovo, sentendosi terribilmente persa.

****


Malfoy non si presentò al lavoro il giorno successivo. O quello dopo. O quello dopo ancora. In effetti non sembrava incline a mostrarsi nuovamente da quelle parti.

E Hermione non aveva ancora ricevuto notizia del proprio licenziamento. Non sapeva se considerarlo un buon segno o meno.

Aveva tentato di coprire l’assenza di Malfoy al meglio delle sue capacità. Dopotutto, non doveva rimanere lì ancora molto e non c’era motivo per cui dovesse scontare ulteriori pene a causa… beh, sua.

Anzi, se doveva dire la propria, pensava che avesse già scontato fin troppo per le sue colpe. Che senso aveva costringerlo a fare lavori inutili quando lui era stato solo un bambino che aveva cercato di non farsi uccidere e di non far uccidere i suoi genitori, durante la guerra? Se avessero dovuto punire tutti coloro che avevano tentato di non farsi ammazzare durante quegli anni, sarebbe stato davvero un lungo elenco.

Non che importasse davvero quello che lei credeva. Il Wizengamot la pensava diversamente ed erano le loro opinioni quelle che contavano.

Non significava che lei dovesse abbracciare il loro punto di vista, però.

Gli Auror, invece, lo facevano.

Fu colta leggermente di sorpresa quando, un giorno, Harry fece capolino nel suo ufficio. Harry non faceva mai un salto dalle sue parti. Specialmente non da quando lei aveva preso a tenergli il muso. Il suo modo di affrontare la questione era stato lasciarla a piagnucolarsi addosso da sola e ripartire da dov’erano rimasti, una volta che lei avesse finito.

Quindi perché era venuto lì?

“Che cosa sta combinando Malfoy?” le chiese.

Oh. Ecco perché. “Um, è fuori. Vuoi lasciare un messaggio?” Era piuttosto patetico cercare di imbrogliare un Auror. Specialmente quando detto Auror era Harry ed era particolarmente abile a comprenderla. Non significava che non potesse tentarci, in ogni caso.

“Lo stai coprendo?” Harry parve divertito e perplesso allo stesso tempo. “Non devi. Ci ha spedito lui un gufo. Siamo stati informati che ha smesso di venire al lavoro a causa di differenze inconciliabili in ufficio – con te – e che avrebbe accettato quali che fossero le conseguenze purché non coinvolgessero, ehm, te.”

Da quell’ultima esitazione, Hermione ricavò la sensazione che Malfoy non si era riferito a lei con il suo nome. Di bene in meglio. Poteva solo immaginare il lessico colorito che aveva di certo usato. “Bene, eccoti servito,” commentò con una scrollata di spalle, fingendo indifferenza. “Te l’avevo detto fin dall’inizio.”

“Non cercare di darmela a bere. Avete lavorato insieme più che bene per quasi un anno. Cos’è successo?”

“Non abbiamo lavorato insieme più che bene,” controbatté lei. “Semplicemente, nessuno si è degnato di prestare attenzione a quello che stava succedendo. Te l’avevo detto che non avrebbe funzionato.”

Harry scrollò le spalle. “Mi salverebbe da un’oscena quantità di noiosissimo lavoro da scrivania se riusciste a mettere da parte le vostre differenze per un paio di settimane ancora, però. Ha quasi finito di scontare la sua sentenza, qui.”

“Non possiamo.”

“Non puoi nemmeno provare a parlargli?”

Lui non vuole nemmeno parlarmi! “Non credo che servirebbe a qualcosa. Perché non parli tu con lui?”

“Già, ha sempre reagito così bene nei miei confronti. E, inoltre, non sono io quello con cui ha dei contrasti, qui. Io sono quello che deve compilare i documenti.”

“Che cosa dovrei dirgli?”

“Digli solo che se mi risparmia quel tedioso lavoro, io farò finta che lui non è mai rimasto a casa né abbia mai spedito quel gufo, e lui sarà un uomo libero tra meno di un mese. Altrimenti, mi farà venire un gran mal di capo e – no aspetta, non dirgli questo o potrebbe essere tentato a non tornare. Digli solo che rischierà un nuovo processo per aver violato i termini della sentenza precedente, e gli daranno una nuova punizione. Qualunque sia il motivo per cui voi due stiate litigando, non può essere così importante da rischiare questo.”

“Odi davvero il lavoro di scrivania, huh?”

“Lo odio davvero.”

*****


Per la centesima volta, Hermione fissò incredula il pezzo di pergamena che Harry le aveva dato. Non poteva essere giusto. Doveva esserci un errore.

Ma, guardando il lato positivo, se lui non fosse stato lì, lei non avrebbe dovuto sostenere nuovamente il suo sguardo.

Con esitazione, sollevò una mano e bussò alla porta.

Passarono un paio di secondi, e poi la porta si aprì, facendole balzare il cuore in gola.

Era lui. Non riusciva a credere che vivesse veramente . Al Paiolo Magico. Non possedeva un maniero? E se non avesse voluto vivere lì, non aveva abbastanza galeoni da comprarsi altri tre manieri, se l’avesse desiderato? O almeno prendere in affitto una stanza in un luogo un po’ più, beh, salutare?

Lui parve intenzionato a sbatterle la porta in faccia, e Hermione si rese conto che avrebbe dovuto dire qualcosa per impedire che accadesse. Aprì la bocca per parlare.

“Ehi, cucciolo! Se lei entra, è un extra!”

Hermione strabuzzò gli occhi e guardò lungo la rampa di scale dove il barista – ben poco attraente – li stava osservando. Malfoy sbuffò e all’improvviso Hermione si ritrovò all’interno, la porta che veniva sbattuta dietro di lei.

“Cosa vuoi?”

“E’ per il lavoro -”

“Scrivi tu la tua valutazione. Non mi interessa. Non lavoro più lì.”

Lei sbatté le palpebre davanti ai suoi modi bruschi. “Beh, Harry è passato in ufficio e -”

“Potter ti ha mandato qui? Quindi non nemmeno sei tu a voler che ritorni. Perfetto. Puoi dire a Potter che hai fallito.”

Lei scosse la testa. “Preferiresti davvero rischiare una nuova sentenza che lavorare con me per un paio di settimane ancora?”

“Sì.”

Lei incrociò le braccia sul petto. “Beh, è stupido.”

Lui scrollò le spalle. “Beh, a quanto pare, io sono stupido. Altro?”

“Torna e rimani lì per il tempo che ti manca. Non devi nemmeno parlarmi o altro. Hai persino il tuo ufficio personale.”

“Perché ti importa così tanto quello che accadrà?”

“Perché è stupido!”

Lui non replicò, ma la guardò con espressione altezzosa.

“Ascolta, mi odi. Va bene. Ma non c’è motivo di… tagliarti un piede per ripicca,” tentò di farlo ragionare.

“Ti odio,” fece eco lui.

Hermione fece una smorfia. “Già, l’ho capito. Grazie.”

“Adesso sei tu quella che si sta comportando da maledetta stupida.”

Calma, nulla di quello che stava dicendo aveva più senso. Inarcò le sopracciglia. “Mi hai persa.”

“Non si può perdere quello che non si ha mai avuto. Credi davvero che voglia starti attorno, ogni giorno?”

“No, ma abbiamo già affrontato questo aspetto… Non dovrai parlare con me. Nemmeno vedermi, se non vuoi.” La confusione di Hermione stava crescendo sempre più.

“Merlino, non l’hai capito davvero, eh?” Sospirò. La rabbia sembrava aver ceduto spazio alla rassegnazione. “Non posso starti attorno perché è umiliante.”

“Non ho mai avuto intenzione di umiliarti,” disse a bassa voce lei. Desiderava davvero poter tornare indietro e disfare tutto quello che aveva fatto e che gli aveva fatto pensare che volesse ridicolizzarlo. Semplicemente non aveva mai pensato che lui potesse essere così serio nei confronti di ‘Lethe’. Ora era solo profondamente dispiaciuta che lui ne fosse rimasto così deluso.

“No.” Malfoy prese fiato. “Lo so. Ma lascia che ti chieda… quante ragazzine Babbane pensi che abbia conosciuto da bambino?”

“Oh.” Le guance di Hermione si imporporarono al ricordo della sua confessione. “Non ci avevo pensato.”

“No. Nemmeno io ci ho pensato, per molto tempo. La vita va avanti, le cose cambiano. Ma ho scoperto che non erano cambiate tanto quanto avevo creduto. Non importava, però. La situazione era definita e tu avevi il tuo Weasley, realtà che credevo immutabile… e poi ho incontrato Lethe.”

Il rossore di Hermione si acuì. Era riuscito a prendersi due cotte, indipendenti l’una dall’altra, per lei? Il pensiero era stranamente confortante. Non ne era solo lusingata, era anche… felice.

“Ho creduto che finalmente ci fosse qualcuno anche per me. Qualcuno che potessi avere. Ogni volta che lei mi allontanava, pensavo fosse solo perché era spaventata, e che magari sarei riuscito a farle cambiare idea, e poi… lei era te. Di nuovo.”

La delusione nella sua voce era tagliente. Ovviamente non era felice di aver fantasticato su di lei. Beh, nemmeno lei avrebbe dovuto esserlo. “Non ti ho mai respinto quando eravamo bambini!” obiettò, invece.

“Certo che l’hai fatto. Non l’hai mai notato, però. E poi eri irrevocabilmente impegnata, o così credevo io. Ma non avrebbe fatto differenza se non l’avessi creduto, no? Come Lethe sei scappata in direzione opposta ancor prima di sapere chi fossi.”

Perché doveva farlo sempre sembrare come se fosse colpa sua? Non era colpa di Hermione se lui sembrava voler così tanto non desiderarla da provare dell’attuale sollievo trovando un’altra ragazza. “Lethe non era reale,” insisté lei. “Non esiste nemmeno!”

Lui sospirò, l’espressione sconfitta. “Allora com’è che eri nuovamente tu? Quali sono le probabilità che vedendoti con un altro volto, in un oceano di altri volti, provassi le stesse cose se non è reale?”

Non sapeva come rispondergli. Stava confessando di provare qualcosa per lei o per qualche creatura di fantasia?

Malfoy chiuse gli occhi. “Non hai idea di quanto vorrei che non fossi stata tu. Come vorrei di poter provare le stesse cose per un’altra strega. Quanto sia stato felice per un po’ a pensare che fosse possibile. E a come non possa più starti attorno, perché tu eri Lethe, non sei più con Weasley, e non c’è comunque nulla che io possa fare.”

Ci fu un breve silenzio, mentre Hermione non riusciva a trovare nulla da dire o da fare. Non voleva rendersi ridicola, ma non voleva nemmeno rischiare di mandare tutto all’aria.

“Per piacere, vattene,” le disse lui con voce calma.

La stava sbattendo fuori. Avrebbe dovuto andarsene. E quello che voleva fare era stupido, in ogni caso… “No,” rispose.

“Non tornerò.”

“Sì che lo farai.” Sollevò il mento e lo guardò con un’espressione testarda, pregando gli alti cieli di non starsi per coprire di ridicolo.

“Non mi hai ascoltato? O ti diverti a torturare le persone?” le chiese, sfibrato. Da lei.

“Sei stupido.” Dovette soffocare lei stessa un sussulto.

“Oh, ma grazie!” commentò lui sarcasticamente. “Tu sì che sai come fare sentire un ragazzo speciale.”

Tu hai respinto me!” Fatto. La questione più importante di tutte. Se lui le avesse risposto ‘certo che l’ho fatto, idiota’, sarebbe dovuta andare in cerca di una fiala di veleno davvero potente.

“Non l’ho fatto!” La sua sorpresa e l’indignazione indicarono chiaramente come stesse dicendo la verità, dal suo punto di vista, e Hermione si prese un secondo per ringraziare qualunque divinità fosse in ascolto per quelle parole. Non avrebbe gradito affatto bere del veleno.

“Ti ho detto che ero io e tu mi ha risposto che non volevi vedermi mai più!” continuò poi, determinata a scoprire tutte le carte.

“Sì, beh, ma -”

“Mi hai guardata come se fossi un insetto disgustoso che era appena strisciato fuori da sotto un sasso!” Non aveva intenzione di permettergli di negare le sue responsabilità in quello che era successo.

“Ero triste!”

Lui era triste? Fece una smorfia. “E come avrei mai potuto sapere che ti fossi mai piaciuta quando tutto quello che hai sempre fatto è stato dire che i miei capelli sono crespi -”

Sono crespi.”

“- e che i miei vestiti sono orribili e brutti -”

“Sono estremamente orribili.” Stava persino sorridendo nel dirlo, l’idiota.

“- e seppellirmi di lavoro -”

“Non volevo che passassi troppo tempo con Weasley.”

Lei lo guardò torva. “- e allo stesso tempo deridermi per la mia dedizione al lavoro -”

“Devi prendere le cose più alla leggera e divertirti di più.”

“- e mi hai sempre reso la vita difficile, criticando questo o quello!”

“Non far finta che la mia opinione ti sia mai interessata.”

“Come puoi dire che ti sia mai piaciuta quando tutto quello che hai sempre fatto è stato sottolineare tutto quello che c’è di sbagliato in me?” O ancor meglio: come poteva piacergli e pensare comunque che lei fosse così… indesiderabile. Non poteva porgli quella domanda, però.

“Perché quelle cose sono quisquilie e non hanno nulla a che fare con quello che rende te te… e hai un aspetto adorabile quando sei indispettita,” le disse, piano.

Lei gli rivolse una nuova occhiataccia torva, avvertendo anche in quel momento parte di quell’indispettimento. Era un tale cretino, a volte. Magari se non lo fosse stato, non si sarebbero ritrovati in quella situazione, adesso.

“E perché, se fossi stato carino con te, avresti potuto capire cosa c’era dietro. E mi avresti compatito, ma non mi avresti voluto comunque. Inoltre, io credevo di averla superata. Avevo davvero accettato lo stato delle cose. Quando ho incontrato Lethe, pensavo fosse finita davvero, ed ero stato così sollevato…”

“Ma non lo era…” osservò con tono piatto lei. Doveva proprio continuare a riferirsi a lei come se fosse stata una sorta di malefico raffreddore?

“No. A quanto pare non ne sono capace.”

“Quindi cosa facciamo ora?”

Malfoy distolse lo sguardo. “Starti lontano. Lasciarti in pace. È quello che mi hai chiesto tu stessa di fare, dopotutto. Te l’avevo detto che avrei rispetto i suoi – tuoi – desideri, e intendo farlo. Volevo solo vedere se davvero non potesse esserci alcuna possibilità.”

C’era? Lui voleva che ci fosse? Dall’espressione che aveva in volto, lei credeva di sì. Ma perché non ci provava, allora? Perché si era ritratto non appena aveva scoperto che lei era stata ‘Lethe’? E per quanto avesse dichiarato di aver avuto una cotta per lei, in passato, non aveva mai tentato di avvicinarla.

Era davvero così inavvicinabile?

Suppose che l’unica cosa che rimaneva da fare fosse prendere la situazione nelle proprie mani.

“Questo mi sembra davvero un piano ridicolo,” dichiarò.

Lui sbuffò, non pareva particolarmente divertito. “Ne hai uno migliore?”

“Sì, ad essere sinceri ce l’ho: esposizione.”

Lui aggrottò la fronte a quelle parole: “Cosa?”

Gli stava bene se era confuso. “Dovremo esporti alla mia presenza tutti i giorni.”

“Non ha funzionato fin qui.”

“Beh, allora dovremo intensificare il trattamento. Esporti alla mia presenza per molte più ore al giorno. Magari in situazioni diverse e molteplici.” Si guardò attorno, osservando il mobilio di quella stanza in affitto. “Vivi davvero qui?”

“E’ conveniente. E di cosa stai parlando?” La sua confusione stava diventando sempre più evidente, ma Hermione pensò di scorgere qualcosa che assomigliava alla speranza nei suoi occhi.

“Davvero?” rispose lei, fingendo di essersi distratta. “Voglio dire, la stanza va bene, più o meno, ma il barista lì sotto… Credo di averlo visto sputare in un bicchiere.”

“Hermione!”

Bene. Era in ansia. “Ti esporremo alla mia presenza fin quando non sarai stufo marcio di avermi attorno,” spiegò con la pazienza di un’insegnante di lunga data.

Lui scosse il capo, senza che gli occhi perdessero il contatto visivo con il suo volto. “Non è un piano molto buono,” disse lentamente.

Lei lo guardò dall’alto in basso. “Oh, dici? Perché no?”

Il labbro di Draco si arricciò un poco. Stava iniziando a capire. “Non succederà. Non mi stancherò mai di te.”

“Beh,” mormorò lei, aggrottando la fronte. “C’è sempre questo rischio, certo. Ma magari dovremmo provare a correrlo.”

“Stai…” esitò. “Stai dicendo che vuoi provare a stare con me?”

Hermione spalancò gli occhi, innocentemente. “Non oserei mai suggerire una cosa del genere.”

Draco le si avvicinò e le prese una mano. “Hai detto che non era vero. Mi hai nascosto la tua identità. Hai mentito sull’avere un fidanzato per quasi un anno. Mi hai spedito un messaggio dicendomi di stare lontano. Anche tu hai respinto me. Come potevo pensare che sarebbe mai cambiato qualcosa?”

Hermione si morse il labbro e lo guardò con un poco di ritrosia. Okay, il testone aveva ragione su quel punto. “Magari dovremmo smetterla di respingerci.”

Lui annuì, il sollievo che si faceva improvvisamente largo sui suoi tratti. “Ti prego, fallo.” Con esitazione, come se temesse un altro rifiuto, la portò più vicina a sé.

D’un tratto, Hermione aggrottò la fronte, facendolo fermare e guadagnandosi uno sguardo perplesso. “Ehi, mi comprerai comunque una casa?” gli chiese.

Lui le rivolse un’occhiata allo stesso tempo stremata e divertita. “Sono sicuro che ci sia un motivo che non riesco a vedere dietro a questa domanda.”

“Non è sempre così?” Non c’era motivo per andarci leggera con lui solo perché aveva deciso di avere una cotta per lui.

Lui le scoccò un’occhiata esasperata. “Quindi vuoi che ti compri una casa, huh?”

“Voglio qualcosa da te. Ma abbiamo bisogno di una casa.”

“Cosa, allora?”

“Lo scoprirai. Naturalmente, potrai venire a trovarmi quando vorrai nella mia nuova dimora.”

“Oh, che cosa generosa da parte tua.” Ecco lì, la perfetta quantità di sarcasmo. Avrebbe imparato anche lei la giusta dose, prima o poi.

“Sì, lo credo anch’io,” replicò. “Naturalmente non potremo passare troppo tempo qui, a causa del rumore.”

“Non si sente quasi nulla di quello che succede da basso.”

“Già… non quel rumore.”

Lui sbatté le palpebre, era palese che non riuscisse a seguirla. “E cosa c’è che non va con il posto dove vivi adesso?”

“Stesso rumore, vicini molto meno tolleranti.”

Gli occhi di Malfoy scintillarono. “Adesso, io so quale tipo di rumore mi piacerebbe farti…”

“Anche quello,” concesse lei. “Fa sicuramente parte di quello che voglio da te. Ma ci saranno anche gli inevitabili litigi.”

Lui scosse il capo. “No. Non litigherò con te.”

“Certo che sì,” ribatté lei con un tono che non ammetteva repliche. Era così naif, a volte, Malfoy. “Spesso, direi.”

“No!”

“Lo stai facendo, ora.” Sogghignò nel portare a casa quel punto.

Lui fece una smorfia imbronciata. “Questo non è un litigio. È una discussione accesa.”

“Va bene, allora avremo delle discussioni accese.” E lui poteva anche preferire essere definito un fagiano, non significava che non rimanesse un pollo.

“E potrebbero concludersi con un altro tipo di rumore?” chiese, speranzoso.

Ecco, quella era un’idea a cui non era totalmente contraria. “Beh, questo dipende.”

“Da cosa?”

Hermione sogghignò di nuovo. “Dalla valutazione della mia performance, naturalmente.”

“Ed esattamente quale tipo di performance vuoi che sia valutata?” Oh, doveva davvero imparare a dosare quel tono asciutto, e farlo presto.

“Ehi, dovrà pur esserci qualche vantaggio per l’andare a letto con il capo,” mormorò, eliminando la distanza che li separava e guardandolo da sotto le ciglia con un piccolo sorriso suggestivo.

Draco ricambiò lo sguardo e il sorriso. “Ci sarà da divertirsi.”


*fine*


E anche questa è andata :p
Spero, naturalmente, che questa breve storia vi sia piaciuta ^^
Un enorme grazie a chiunque abbia letto e commentato (o che vorrà farlo prossimamente :P)
Per qualunque domanda, curiosità, insulto o altro, potete come sempre contattarmi usando il mio account qui su EFP o il mio topic di presentazione sul forum.

Alla prossima! (con un'altra shot di SunnyJune, o un'altra storia breve di empathapathique, o magari una mastodontica e infinita fic di Akasha stessa... devo decidermi *mumble*)

Kit_05 :)

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