MayGrey

di lilysol
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quello che chiamavo Passato ***
Capitolo 3: *** Parte della tua vita ***
Capitolo 4: *** La nuova te ***
Capitolo 5: *** Impossibile ***
Capitolo 6: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 7: *** Comunicare ***
Capitolo 8: *** Pensieri inopportuni ***
Capitolo 9: *** Attrazione ***
Capitolo 10: *** Lo scontro ***
Capitolo 11: *** Semplicemente Inaspettato ***
Capitolo 12: *** Domino ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Il coraggio non aveva mai fatto parte di lui.

Quando i suoi genitori erano morti, invece di reagire, si era chiuso in un silenzio ostinato.

Quando aveva messo incinta la sua ragazza, a diciassette anni, invece di affrontare la vita di sempre, era scappato con lei come un codardo in cerca di una nuova.

Quando aveva scoperto di amare Catherine, invece di tenersela stretta, l'aveva lasciata andare via..

E adesso aveva un ora e tre quarti di tempo.

Aveva ancora un ora e tre quarti di vita.

Si trovava davanti ad un bivio e doveva prendere la sua decisione in meno di una ora e tre quarti.

Ancora una volta, per scegliere la via più giusta, aveva bisogno di coraggio.

Quel maledetto coraggio che non aveva mai avuto.


Bene, salve a tutti e grazie per esservi soffermati a leggere la mia ficcy.

Non sono nuova del sito, ma è la prima originali.

Questo, ovviamente, è solo un piccolo inizio, ma la storia è ricca di colpi di scena.

Grazie a tutti.

Ci vediamo con il primo capitolo.

Un bacio.

lilysol

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Capitolo 2
*** Quello che chiamavo Passato ***


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Capitolo 1

    Quello che chiamavo " Passato"

 

Un uomo generoso, pieno di vita e amato da tutti...”

Il sacerdote continuava a parlare con quel suo tono stanco e strascicato e la sua voce si espandeva amplificata nella sala ghermita.

Il caldo era insopportabile e Christian May continuava ad allentarsi il colletto della cravatta per cercare di non soffocare, si era sempre chiesto perché i funerali si dovessero svolgere nelle ore più calde.

Lanciò uno sguardo alla bara in cui giaceva la salma. Sicuramente lui sarebbe stato contrario, svitato com'era, a causa del caldo, avrebbe di certo preferito che la cerimonia si svolgesse alle dieci di sera.

Sempre contro corrente, sempre pronto a fare qualcosa di diverso.

Altro che uomo generoso, quell'uomo era un pazzo, un esaltato, viveva ogni singolo istante conscio del fatto che non ce ne sarebbe stato un altro simile.

Eppure l'aveva amato tanto.

Un affetto profondo e sincero.

Come quello che lega un figlio ad un padre.

Una tragedia, non è vero?” - sentì mormorare alle sue spalle.

Si voltò un po' per capire da dove venisse il brusio.

Sì terribile”

Povera ragazza, prima la madre e adesso...”

Istintivamente portò lo sguardo poche file di banchi più avanti.

Povera ragazza

Lo pensava anche lui.

Aveva perso la madre quando era solo una bambina.

La dolce e pura Beth Lowell se ne era andata in punta di piedi, in silenzio in una notte di pioggia.

Beth sì che era un angelo.

Nessuna preoccupazione, nessun malessere, nessun segnale che avesse annunciato l'arrivo imminente della sua ora.

Prima un sorriso, una buona notte, poi nient'altro, solo il dolore del marito, stravolto e distrutto, e della figlia, allora di appena tre anni, che non riusciva a capire perché da quel giorno sua madre l'avrebbe potuta vedere solo nei suoi vaghi ricordi.

Adesso quella ragazza aveva diciassette anni, la ricordava bambinetta e l'aveva rivista già grande.

La vedeva di spalle, la lunga cascata corvina ondulata, le spalle esili fasciate di nero.

Chissà cosa avrebbe fatto da quel momento in avanti, ora che anche il padre l'aveva lasciata.

James Grey era morto.

Ancora non riusciva a crederci.

Scusi?!” - gli fece una voce irritata.

Si voltò alzando un sopracciglio - “Mi dica”

Un'anziana signora vestita tutta di nero lo guardava seccata - “Potrebbe farmi passare? Vorrei andare a dare le condoglianza a quella povera figliuola!”

Christian si mise su un fianco per creare un varco e, accompagnando il tutto con un sorriso rispose soltanto con un “Prego”.

Portò lo sguardo ancora sulla giovane che se ne stava immobile mentre la folla cominciava ad avvicinarla.

Era indeciso se andare o meno.

Ricordava con un certo imbarazzo misto a fastidio quel momento durante il funerale dei propri genitori più di dieci anni prima.

Decise di andare comunque, promettendosi di non fare come tutti gli altri.

Si porto in prossimità del primo banco evitando accuratamente di guardare la cassa di legno vicino l'altare, non ce l'avrebbe mai fatta.

La ragazza sembrava completamente assorta nei propri pensieri.

Gli occhi grandi e verdi erano opachi e vuoti, come se stesse inseguendo un ricordo lontano.

La gente la tirava verso di sè, piangendo e sussurrandole parole d'affetto, ma lei non rispondeva continuando a fissare un punto indefinito.

Arrivò il suo turno e cercò di fare tutto con il massimo della discrezione.

Le prese una mano stringendola un poco, giusto per farle capire che c'era lui adesso.

Mi dispiace” - mormorò.

Fu come se una frusta l'avesse colpita in pieno viso.

La giovane Grey si ridestò da quel sonno vuoto e le sue palpebre sbatterono più di una volta per cercare di mettere a fuoco il viso dell'uomo che le stava di fronte.

Tu...” - la voce era un soffio secco.

Si” - disse soltanto.

Christian...” - portò una mano tremante sul suo viso - “Sei tornato...”

Avrei dovuto farlo prima” - sovrappose la sua mano grande e callosa su quella piccola di lei.

La ragazza si tuffò fra le sue braccia singhiozzante - “Mi ha lasciata Christian! Mi ha lasciata!” - urlò disperata.

Ancora un po' confuso le cinse la vita stringendola a sé, condividendo il suo stesso dolore - “Mi dispiace, mi dispiace”

Non sapeva che altro dire, un semplice “mi dispiace” significava ugualmente tanto per entrambi.

Sono sola adesso! Voglio morire anche io! Mi manca la mamma, mi panca papà!Mi mancano Christian!”

Le baciò i capelli e poggiò il proprio mento sul suo capo - “Non te ne andare anche tu per favore Kate, non adesso, non ora che sono tornato”

Pianse anche lui tutto il proprio dolore, era un figlio che aveva perso il padre, per la seconda volta.

 

Appena tornato in albergo, Christian sospirò distrutto.

Andò in bagno con il preciso intento di farsi una doccia, perché non c'era niente di meglio di un bel getto di acqua fredda per riorganizzare le idee e liberarsi da quella sensazione appiccicosa che l'afa gli lasciava.

Aveva dimenticato come fosse calda la California, ormai aveva fatto il callo alla cupa e frenetica New York.

Mentre si svestiva, lo sguardo gli cadde sullo specchio che rifletteva il suo viso.

In un primo istante non si riconobbe, poi però sospirò ancora sconfitto.

Era del tutto normale che avesse un aspetto simile, e non era neanche a causa del lungo viaggio che aveva affrontato in fretta e furia.

No, quelle occhiaie sotto gli occhi scuri dal taglio gentile, quelle rughe profonde intorno alla bocca squadrata, in generale, quell'aspetto sconvolto dipinto sul suo giovane viso era il simbolo tangibile dei propri tormenti.

D'altronde in meno di ventiquattro ore, non solo aveva saputo della morte di James, ma aveva rivisto Catherine, ed era rimasto scosso fin nel profondo.

Si era ripromesso che nonostante avesse rivisto, luoghi, edifici e visi appartenenti alla sua vita passata, avrebbe frenato tutte le sensazioni correlate a quel posto, ma ecco i ricordi e i rimorsi tornare a farsi prepotentemente vivi in lui.

Distolse lo sguardo dallo specchio ed entrò nella cabina di vetro, desiderando che anche quella sgradevole sensazione di colpa che gli gravava sulle spalle e gli attanagliava il petto  scivolasse via dal suo corpo come le gocce d'acqua.

Aveva ancora impressi nella mente gli occhi di Kate perché avevano la stessa espressione vuota che sapeva assumessero anche i suoi, talvolta, fin da quella sera maledetta di dodici anni prima.

 

Quella sera, era con la tata, lo ricordava bene e c'era una fitta nebbia...

Ricordava ancora il campanello che suonava...

Il borbottare della tata su chi potesse essere a quell'ora tarda...

"Buonasera signora scusi il disturbo"

Una voce maschile profonda.

Lui che si affaccia confuso, stupito, curioso, dallo stipite della porta.

Il viso della donna che aveva il compito di occuparsi di lui, contratto in una smorfia di sorpresa causata dalla vista di due agenti della polizia stradale.

"Cosa è successo?" - domandò con voce tremante.

Il poliziotto si fece scuro in volto – "Signora, mi dispiace"

Di quello che disse dopo capì solo poche parole che gli cambiarono la vita per sempre.

Incidente frontale.

Morti sul colpo.

 

Christian girò la manopola e chiuse l'acqua.

Si poggiò grondante alla parete della doccia mentre i ricordi di una vita passata lo travolgevano.

 

"Ciao Christian..."

"Signor James..."

Neanche vedere James gli poteva essere d'aiuto.

James l'intimo amico di suo padre con il quale aveva passato tutte le domeniche, le feste e ogni singola cerimonia da quando era nato.

L'uomo migliore che avesse mai incontrato.

"Christian..."

"Non dire mi dispiace, per favore!" – lo interruppe subito, era tutto il giorno che se lo sentiva dire.

"Non sono venuto qui per questo"

Lo guardò stupito – "E per cosa allora?"

"Tuo padre è stato molto chiaro nelle sue ultime volontà..."

"Non capisco" – perché non si decideva a parlare chiaramente?

"Ha stabilito nel testamento che nel caso gli fosse successa una disgrazia, sarei stato io ad occuparmi di te"

Christian continuò a guardarlo perplesso – "Mi stai dicendo che..."

"Esatto, da oggi, se vuoi, sarò io a prendermi cura di te"

Il bambino continuò a fissarlo per qualche secondo incapace di dire anche solo una parola – "Non stai scherzando vero?" - chiese titubante poco dopo.

"No"

Si buttò fra le sue braccia piangendo.

Come era normale per un bambino di nove anni..

 

Erano passati molti anni, ormai, e in quel momento, a ventuno anni compiuti, gli sembrava che quei giorni, vissuti con così grande apatia, appartenessero ad un’altra persona.

Effettivamente era cambiato tanto negli otto anni che aveva vissuto con James.

Aveva trovato in lui e sua figlia quattro braccia pronte ad accoglierlo.

La piccola Catherine, Kate, come la chiamava lui, gli era sempre stata vicino.

Ricordava con tenerezza tutti i momenti passati con lei...

 

"Christian..."

Alzò lo sguardo irritato.

Non sopportava molto quella mocciosa petulante e viziata.

Ogni volta che i loro genitori passavano insieme splendidi pomeriggi, lui invece di divertirsi con i grandi, era costretto a giocare con quella scocciatrice, era una vera seccatura.

"Che vuoi?" - chiese un po' brusco.

Vide gli occhi della bambina allargarsi dalla sorpresa, poi però riprese il controllo.

"Quando è morta mia mamma..." - iniziò la piccola.

"Non mi interessa!" - sbottò girandosi su in fianco e tornando a leggere il libro che James gli aveva regalato.

"Non so come è successo" – continuò Kate – "Ma mi manca tanto, anche se non me la ricordo bene..."

"La vuoi smettere?!" - le urlò furioso contro.

"Però c'era il mio papà e anche la tua mamma e il tuo papà" – si fermò imbarazzata non sapendo come continuare – "E quando ci sei tu Christian, io mi sento meno sola"

Il ragazzino continuava a fissare il libro con occhi spalancati, non si aspettava parole simili da una bambina di cinque anni.

"E adesso tu hai papà...e me, se vuoi" – si lasciò sfuggire; poi, come se avesse detto una brutta parola, si mise le manine davanti alla bocca – "Scusa, dimentica tutto!" - sospirò – "Lo so che mi odi, bhè buona notte...""

"Non ti odio"

"Che cosa?"

"Non ti odio" – ripeté.

"Davvero?" - gli chiese sognante.

"Sì"

 

Non avrebbe mai dimenticato neanche tutte le loro piccole discussioni.

 

"Non mi piace!" - sbottò.

Christian alzò gli occhi al cielo – "E’ a me che deve piacere..."

"Si, ma..."

"Uffa!" - sospirò -"Lasciami in pace!"

"E poi...Michelle!Che razza di nome è?" - continuò ignorandolo.

"Un bellissimo nome!" - ribatté.

"Se lo dici tu"

Christian non rispose continuando a scrivere il messaggio sul cellulare indirizzato a Michelle.

"Ma non siete troppo giovani?" - continuò la ragazzina.

"Ho sedici anni!Posso fare quello che voglio!"

Lei lo guardò imbronciata poi alzandosi dal pavimento sul quale era seduta, ma prima di uscire dalla sua stanza non gli risparmiò un – "Ma proprio non mi piace!"

 

E poi, quell'errore che l'aveva allontanato per sempre dalla sua famiglia.

 

"Allora è vero?" - gli chiese tremante.

"Sì."

"Ma-"

"Ti prego non dire nulla!" - la interruppe.

Catherine lo guardò con aria sofferta e si avvicinò alla porta per uscire.

"Sto per partire..." - le disse lui non volendo fare quel gesto senza dirglielo.

La vide stringere la maniglia d'ottone con forza – "Capisco." – disse soltanto.

"Dobbiamo farlo, i genitori di Michelle la farebbero abortire, ce la caveremo non preoccuparti."

"Papà si arrabbierà tanto, avete già discusso e sai come la pensa."

"James capirà."

Kate si voltò a guardarlo, gli occhi improvvisamente umidi e gli angoli della bocca tirati in giù da quella forza che non riusciva a contrastare nonostante tutti i suoi sforzi – "Capirà..." - disse non molto convinta – "Buona fortuna." – si chiuse la porta alle spalle e lui non poté fermarla.

 

Non avrebbe dimenticato nemmeno le lacrime di Kate.

 

"Christian! Christian!" - urlava disperata mentre cercava di inseguire quel maledetto treno.

Il ragazzo si voltò verso il finestrino e fu sorpreso di vederla lì, a quell'ora tanto tarda.

Non c'era quasi nessuno, e quella piccola figura scarmigliata e urlante si distingueva benissimo.

"Christian!" - continuò a cercarlo con lo sguardo perso.

Si allontanò dal finestrino per non farsi vedere.

Sentì una leggera pressione sulla mano.

Il capo castano di Michelle si posò sulla sua spalla, lui si voltò per guardarla negli occhi.

"Che c'è?" - domandò accarezzandole il viso.

La ragazza lo incoraggiò con lo sguardo – "Forse è meglio se la vai a salutare"

"Il treno sta per partire" – disse risoluto, ma la voce rotta trapelò comunque.

"Un saluto ce la fai a farlo"

"Meglio di no!" - usò un tono tale da far intendere che la questione era chiusa.

Nel breve silenzio che intercorse le grida disperate di Kate lo lacerarono fin nel profondo.

Sentì Michelle sospirare, poi stringendogli più forte la mano gli sussurrò – "Sarà difficile, ma ce la faremo"

Christian annuì e proprio in quell'istante il treno partì.

Si concesse un ultimo sguardo a Kate.

La vide guardarsi ancora attorno, ma non lo chiamava più; poi, come se qualcuno gliel'avesse detto, si voltò e si diresse verso l'uscita, ormai l'aveva capito: lui  se ne era andato.

 

Quei ricordi erano stati accantonati con il passare del tempo; erano passati solo quattro anni dal giorno in cui se ne era andato, un tempo relativamente breve, ma ormai tutti i legami che lo univano con quella vita si erano sciolti.

James era morto.

Catherine  era ormai grande e soprattutto era divenuta una persona totalmente diversa da come se la ricordava.

Non solo per l’aspetto fisico, ma anche il cambiamento repentino che aveva avuto in Chiesa lo dimostrava. Dopo averlo abbracciato e dopo aver pianto con lui, si era improvvisamente ripresa, come se si fosse vergognata di aver perso il controllo; gli aveva dato le spalle, lasciandolo senza un parola, poi aveva rivolto la sua attenzione alle altre persone per accettare le loro condoglianze.

Non l'aveva più guardato e Christian aveva avuto l'impressione che quell'intimo momento che avevano condiviso fosse stato solo una piccola finestra che era stata aperta sulla sua vita passata, ma subito richiusa.

Uscì dalla doccia e mentre si avvolgeva in un candido accappatoio bianco, la sua attenzione fu catturata da un suono metallico proveniente dalla camera da letto.

Sollevò la cornetta del telefono dell'hotel.

"Pronto?" - rispose.

"Pronto, signor Grey c'è in linea per lei un certo signor Dowson, glielo passo?" - lo informò una delle ragazze addette al centralino.

L'avvocato Dowson, era il legale di James se non ricordava male.

"Sì, certo." – rispose incuriosito da una tale chiamata.

"Signor May?" - sentì poco dopo – "Sono l'avvocato Dowson scusi il disturbo."

"Si figuri, cos'è successo?"

"Potrebbe raggiungere il mio studio il più presto possibile? Si tratta di una faccenda piuttosto importante e non posso comunicargliela per telefono."

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia – "Qualcosa di grave?"

"No no, soltanto piuttosto strana... E complicata, ma è meglio parlarne di persona" – lo tranquillizzò.

"Ma almeno di che si tratta?"

"Riguarda la giovane figlia di James Grey."

"Catherine?!" - esclamò sorpreso.

"Esattamente, la aspetto nel mio ufficio sa dove si trova?".

"Se in questi quattro anni non si è trasferito, sì"

"Perfetto, la aspetto" – concluse il legale.

Il ragazzo continuò a fissare il telefono.

Cosa poteva c’entrare ancora Catherine con la sua vita?

 

 

,; Il salotto di lilysol ;,

 

Bene, bene. Eccoci al primo capitolo. Si inizia a capire un po' la storia, soprattutto, come dice il titolo del capitolo, la storia passata.

Penso che non ci sia molto da spiegare perché è un capitolo essenzialmente composto da ricordi.

Ambiguo, anche se solo accennato, è il comportamento della ragazza, Catherine, ma preparatevi ad avere a che fare con una tipetta incomprensibile, anzi come la definirà Christian più di una volta impossibile.

E adesso...

 

Anticipazioni:Capitolo 2: Parte della tua vita.

La colonna portante di questo capitolo, è quella di tutta la storia, così vi rimetto il pezzo che ho già inserito nell'introduzione.

"I documenti che devo firmare?"

Catherine sobbalzò – "Aspetta Christian! Non fare sciocchezze!"

Il ragazzo la ignorò prendendo in mano i documenti.

"Dove devo firmare?"

"Dove ci sono le crocette, ma signore ci pensi bene." - l'avvocato lo fissò con uno sguardo molto eloquente – "Benché si tratti solo di un anno, potrebbe essere, come dire, complicato..."

"Lo so!" - rispose sorridendo – "Ma saprò badare alla piccola Kate"

Le scoccò uno sguardo complice e lei rispose trucidandolo con gli occhi.

 

Ringraziamenti:

 

SweetCherry: Sono contenta che il prologo ti sia piaciuto, sapevo che era piuttosto breve e molto poco esauriente, quindi grazie per aver commentato. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Ci vediamo con il prox aggiornamento ciauz!

 

Kiravf: ciao! Wow una fan!eheh grazie tante davvero, sono contenta che le mie storie ti piacciano! Finirle tutte *colpo di tosse* ehm, immagino che ti riferisca soprattutto ad Inseguendo un sogno e lo so che sono in ritardassimo, in realtà mi sono portata qualche capitolo avanti rispetto all'ultimo aggiornamento, ma mi sono bloccata e vorrei prima superare questo muro di cemento contro cui mi sono schiantata =) Cmq sono contenta che la storia, questa, ti piaccia. Spero che sarà sempre così. Alla prox baci!

 

E ovviamente chi ha messo la storia nei preferiti e chi nelle seguite e anche chi ha semplicemente letto.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Alla prox

lilysol

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Capitolo 3
*** Parte della tua vita ***


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Capitolo 2

Parte della tua vita


Lo studio legale era reso abbastanza fresco dall'aria aria condizionata e Catherine ringraziò il genio di quella brillante invenzione.

Christian era arrivato circa dieci minuti dopo di lei, l'aveva fissata, sorpreso della sua presenza, lei si era limitata a rivolgergli un sorriso di circostanza.

"Bene signori." – esclamò Dowson – "Possiamo iniziare."

Dowson era un uomo sulla cinquantina, piuttosto panciuto e soggetto ormai alla calvizia, data l'età.

Suo padre diceva che era un uomo onesto, a lei sembrava un comunissimo avvocato di città.

"Mi sono appena giunte delle pratiche piuttosto singolari." – si fermò un attimo per controllare le espressioni dei due giovani – "Sono delle pratiche d'affido."

"Pratiche d'affido?!" - esclamarono i due in coro.

"Non capisco." – continuò confusa Catherine – "Chi riguarderebbero?"

"Lei signorina."

La giovane stava per ribattere, ma fu bloccata da Christian.

"Aspetti!Non starà mica dicendo che..."

L'avvocato gli lanciò uno sguardo furbo.

Quella situazione era maledettamente familiare.

Era come rivivere un lontano ricordo.

"Tuo padre è stato molto chiaro nelle sue ultime volontà."

"Insomma cosa sta succedendo?!" - sbottò Catherine irritata.

"Signorina, suo padre ha deciso che il qui presente Christian May sarà il suo tutore d'ora in avanti."

La sorpresa la colse in pieno e l'ammutolì.

"Non sta scherzando?" - chiese il giovane, dando voce alla stessa domanda che passava nella mente della ragazza.

"Sono serissimo, quello che colpisce è che i documenti sono stati compilati circa un anno fa, il che fa del signor Grey un uomo molto previdente, quasi come se sapesse che sarebbe dovuto morire a breve."

"Ma-" - cercò di dire Catherine – "Siamo quasi coetanei!"

"Questo è vero e proprio per questo la cosa è effettivamente fattibile. Il signor May è adulto e lei signorina compirà fra un anno diciotto anni. Se la differenza fosse stata maggiore credo che neanche un tipo come James." – e la sua voce perse quella formalità e pacatezza quando pronunciò il nome di suo padre - "Avrebbe pensato ad una cosa del genere!"

Quella situazione era assurda, innanzi tutto essere lì a diciassette anni orfana di entrambi i genitori era assurdo di per sè, ma che suo padre l'avesse affidata nelle mani di uno sconosciuto, quello proprio era impensabile.

Si stupì dei suoi stessi pensieri, Christian era uno sconosciuto per lei?

Era pur sempre Christian, il bambino con cui era cresciuta e che aveva amato come un fratello, ma era anche vero che adesso il ragazzo seduto accanto a lei, era un uomo di cui non sapeva nulla.

Questa certezza le faceva male.

Christian l'aveva vista nascere e adesso erano due estranei.

La loro conoscenza affondava le sue radici nei rispettivi genitori, James e Carter erano amici di infanzia e avevano conosciuto Beth e Linda al liceo.

James, matto da legare, aveva sposato Beth, dolce e pura, e Carter, mite e pacifico, Linda, scatenata e allegra.

Quasi come se si fossero scelti, il fuoco e l'acqua si erano incontrati nelle rispettive coppie, completandosi a vicenda, calmando i temperamento focoso di uno e accendendo l'animo temperato dell'altro.

Da quei matrimoni erano nati loro due ed erano stati fatti crescere insieme.

Da quel che ricordasse Catherine, Christian aveva sempre fatto parte della sua vita.

Ma erano cambiato tante cose, troppe.

"Lui ha una sua vita, lontano da qui!" - cercò un'altra scusa plausibile per contrastare quella decisione assurda.

"Ovviamente, la scelta dipende dal signor May" – rispose pacato il legale – "Lei cosa ne dice signore?"

Christian era stupito dal comportamento di Catherine, quel suo modo categorico di rifiutare lo lasciava piuttosto perplesso.

Non voleva calpestare le su decisioni, ma c'era un'altra questione che doveva chiarire prima di rispondere.

"Che cosa le accadrebbe se rifiutassi?"

Catherine si voltò a guardarlo con un'espressione compiaciuta in viso, bene, neanche lui aveva intenzione di accettare una cosa tanto assurda.

"Sinceramente, le possibilità sono due in questi casi. Se la giovane è minorenne, come nel caso della signorina Grey, o le si trova un parente in grado di poterla sostenere, oppure..."

"Oppure?" - chiesero nuovamente in coro.

Sapevano benissimo entrambi che Catherine non aveva nessuno.

"Oppure andrà in un istituto."

Christian sussultò.

Istituto?!

"Istituto?!" - domandò la ragazza con voce strozzata.

"Ma si tratterebbe solo per un anno, fino a che non raggiungerà la maggiore età..." - continuò Dowson sedando le loro reazioni.

"In istituto non ci vado!" - esclamò Catherine con forza.

Sembrava una bambina viziata, non voleva che Christian fosse il suo tutore e tanto meno voleva andare in istituto.

"Signorina." – cercò di farla ragionare l'avvocato – "Le leggi non le faccio io. So benissimo che lei è una ragazza responsabile e che se la caverebbe benissimo da sola, ma finché non compirà diciotto anni, secondo le normative, non può fare niente."

"Senta delle leggi non mi interessa niente! Quello che so è che in istituto non ci andrò mai e che non dipenderò da nessuno fino al giorno della mia morte!"

"Signor May, per favore, le dica qualcosa lei." – implorò Dowson.

Christian, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a riflettere, prese parola – "Potrei avere una penna?"

Sia l'avvocato che la giovane lo guardarono stupiti.

"C-certo..." - rispose ancora sbigottito Dowson porgendogli quello che aveva richiesto.

"I documenti che devo firmare?"

Catherine sobbalzò – "Aspetta Christian! Non fare sciocchezze!"

Il ragazzo la ignorò prendendo in mano i documenti.

"Dove devo firmare?"

"Dove ci sono le crocette, ma signore ci pensi bene." - lo fissò con uno sguardo molto eloquente – "Benché si tratti solo di un anno, potrebbe essere, come dire, complicato..."

"Lo so!" - rispose sorridendo – "Ma saprò badare alla piccola Kate"

Le scoccò uno sguardo complice e lei rispose trucidandolo con gli occhi.

"Kate, cerca di essere più allegra! Se non fosse stato per tuo padre adesso saresti in partenza per un istituto."

"Non saprei proprio cosa scegliere!" - rispose imbronciata.

Christian si scambiò uno sguardo esasperato con Dowson.

"Glie l'avevo detto che sarebbe stato complicato..." - disse infine il legale alzando le spalle.




Erano in macchina, la macchina di Catherine.

Una citroen piccola e maneggevole, perfetta per lei.

Ovviamente i finestrini erano sigillati e l'aria condizionata tenuta al massimo.

"Bella macchina." - cercò di esordire lui, affrontando quel mutismo ostinato di lei che durava da quando avevano lasciato lo studio legale.

"Grazie." - rispose secca troncando quel tentativo di approccio sul nascere.

Cavoli, se era testarda.

"Avevo dimenticato quanto fosse calda Santa Monica" – continuò ancora.

"Tutto sta nell'abitudine, che sicuramente hai perso!"

"E tu cosa ne sai? Chi ti dice che non mi sia trasferito ai Caraibi?"

Le si voltò con un sopracciglio inarcato – "E saresti bianco come una mozzarella ad Agosto inoltrato? Ma per favore!"

Christian ridacchiò divertito, era sempre stata troppo intelligente.

"Sul serio..." - continuò lei poco dopo e Christian fu lieto che fosse stata lei a prendere l'iniziativa – "Dove sei stato per tutti questi anni?"

"A New York."

"La grande mela, wow..." - disse ritornando a guardare fuori dal finestrino.

Non c'era entusiasmo nella sua voce, se non l'avesse conosciuta, avrebbe detto che si trattava di semplice ironia, ma non era neanche quella.

Ogni volta che in passato aveva discusso con lei, quando non aveva avuto più voglia di parlare, aveva usato quel tono.

"Kate..." - aveva bisogno di sentire la sua voce, le era mancata così tanto.

La giovane rispose con un mugolio.

"Parlami di lui"

Vide il corpo della giovane irrigidirsi.

"Lo conoscevi, cosa vuoi che ti dica?!" - continuava a fissare ostinata le belle stradine di Santa Monica.

"Dimmi come è successo..."

Sapeva di provocarle dolore, ma doveva sapere.

Aveva abbandonato James, colui che gli aveva offerto una seconda vita e aveva convissuto con quel rimorso fino al giorno prima, quando il suo migliore amico, Daniel, lo aveva chiamato affannato per comunicargli che quel grande uomo era morto.

Non aveva afferrato tutti i concetti di quella conversazione, proprio come era successo la sera che erano morti i suoi genitori.

Quello che ricordava, riguardava solamente la valigia, riempita alla rinfusa delle prime cose che trovava, e la corsa all'aeroporto, senza neanche sapere se avrebbe trovato un volo disponibile.

Sapeva soltanto che in un modo o nell'altro avrebbe presenziato al suo funerale.

Vedendo che la ragazza non rispondeva le prese la mano, ma lei la ritirò come se si fosse scottata.

"Scusami." – sussurrò dispiaciuto – "Non dovrei evocare ricordi simili, hai ragione a non volerne parlare."

Catherine sospirò – "Infarto." – disse soltanto.

Infarto.

Era impensabile che James Grey, tanto forte e invincibile, fosse stato stroncato da un infarto.

"Mi sembra impossibile." – constatò dando vita ai propri pensieri.

"Non parlare senza conoscere i fatti"

"In che senso?"

Finalmente Catherine lo degnò di uno sguardo – "Il James Grey che hai conosciuto tu è morto il 16 Maggio di quattro anni fa!"

Sgranò gli occhi, come poteva dimenticare quel giorno?

Il 16 Maggio di quattro anni addietro era fuggito come un codardo, senza dare spiegazioni.

"C-cosa..." - si rischiarò la voce – "Cosa vuoi dire?"

La ragazza lo fissò ancora per qualche secondo con un espressione indecifrabile, poi senza degnarlo neanche di una risposta, si voltò, tornando ad osservare i palazzi che scorrevano veloci al di là del finestrino, come se il susseguirsi di cemento, alberi e visi, fosse molto più interessante del parlare con lui.




"Allora aspettami in macchina intesi?" - le disse dopo aver parcheggiato di fronte all'Hotel per prendere le proprie cose.

Come poco prima, non ricevette risposta.

Gli sembrava strano tornare dopo quattro anni in quella casa che l'aveva visto crescere.

Ancora più strano, quasi impossibile, era tornarci e non trovarci James.

Per tanti anni aveva pensato al proprio ritorno immaginando ogni singolo movimento, l'imbarazzo nell'aprire la porta di casa, lo stupore di Kate subito tramutato in gioia e infine l'ombra scura sul viso di James mentre gli si avvicinava. Le sue scuse e poi quella pacca che lui sicuramente gli avrebbe dato mormorando – "Bentornato figliolo".

Così sarebbe dovuta andare, e così sarebbe andata se avesse avuto un minimo di coraggio in più per affrontare le ombre del passato e tornare prima.

Quel coraggio gli era mancato, non era mai stato un cuor di leone come James, lui, in fondo, era il figlio di Carter.

Si diede mentalmente dello stupido, suo padre quel coraggio l'avrebbe trovato.

Salì nella camera che aveva affittato.

Era pulita e profumata, come tra l'altro ci si doveva aspettare in un Hotel di Santa Monica.

Rifece le valige sistemando quel poco di roba che aveva uscito, dato che era solo mezza giornata che alloggiava lì.

Più tempo invece lo impiegò nel disdire il contratto che aveva fatto con l'Hotel, aveva programmato di rimanere a Santa Monica qualche giorno, per il funerale e poi magari per trovare tutte quelle vite che si erano intrecciate con la sua durante gli anni in cui aveva vissuto lì, ma delle quali non aveva saputo più niente dopo la sua partenza.

Quando uscì, si avviò con passo veloce verso la macchina.

Kate sarebbe stata furiosa anche se, per una volta, non era stata colpa sua.

Era già pronto a partire con le scuse, quando si accorse che la macchina era vuota.

Per una manciata di secondi rimase con lo sguardo pieno di orrore a fissare il sedile del viaggiatore, poi presa coscienza che Catherine non c'era, iniziò a guardarsi intorno.

E se fosse scappata?

Non aveva preso con entusiasmo la notizia dell'affido.

Si maledisse, non avrebbe dovuto lasciarla così!

"Ehi, sono qui!" - si sentì chiamare alle spalle.

Sospirò di sollievo mentre si voltava dopo aver sentito la sua voce.

"Porca miseria, Kate mi hai fatto prendere un colpo!" - si portò una mano sul cuore cercando di calmarlo.

"Avevo caldo idiota!"

In fondo aveva ragione, avendo spento la macchina, si era spenta anche l'aria condizionata.

Proprio in quel momento passò un ragazzo in moto che suono a Catherine, lei gli rispose un cenno della mano e lui iniziò ad impennare per mettersi in mostra.

"Chi era?" - domandò Christian curioso.

"Un mio amico"

Mentre salivano in macchina lui continuò a farle domande.

"Lo conosco?"

"Possibile"

Christian si raddubbiό – "Mi puoi dire come si chiama?"

La ragazza sbuffò sonoramente – "Nicolas Cook, ma a te cosa importa?!"

"Cook?" - esclamò sorpreso lui – "Quel Cook?!"

"Si Christian, quanti Nicolas Cook conosci?"

Nicolas Cook, aveva due anni in meno di lui, ma già in giovane età aveva dimostrato che tipo di persona era, e non gli piaceva.

Fino ai dodici, tredici anni, è concesso fare il bulletto, ma quando si comincia ad essere più grandi, in quel caso è solo volersi mettere in mostra.

"Non mi piace Kate" – sbottò.

"E a me che deve piacere..."

Quella conversazione sembrava essere già avvenuta, solo che a parti invertite.

"Ma tu non lo sopportavi!"

"La gente cambia" – tagliò corto lei.

"Spero solo che quella testa calda che aveva, si sia raffreddata!" - si concentrò sulla strada per un po', poi incapace di starsene zitto e buono riprese il discorso – "Kate, dovresti smettere di frequentarlo e trovarti un ragazzo come si deve!"

La sentì agitarsi sul posto – "Senti Christian" - disse risoluta – "Gli amici sono i miei e me li scelgo io! Tu goditi quest'anno e poi ritornatene a New York da tua moglie!"

Aveva parlato prima di pensare, ma effettivamente c'era la questione della moglie da chiarire.

Prima che potesse fare ulteriori domande sull'argomento, Christian la corresse.

"Non è mia moglie, non ci siamo mai sposati"

"Quello che diavolo è!" - replicò lei – "A proposito, come la prenderà?"

"Non lo so, ma non penso che gliene importi poi molto"

C'era qualcosa che non andava nelle sue parole, ma ancora una volta Christian la precedette.

"É finita un paio di anni fa, non abbiamo resistito molto."

Ricordava le parole di Michelle – "Ce la faremo"

Alla fine non ce l'avevano fatta.

"E- e il bambino?" - chiese Catherine shockata.

"Abbiamo stabilito che vivrà con lei, ma che io ho il pieno diritto di vederlo quando voglio."

Era stranamente tranquillo quando parlava, ma Catherine sapeva bene che dentro non lo era per niente.

"Come l'avete chiamato?"

"Lucas..."

"Lucas" – ripeté Catherine sorridendo – "Ti somiglia?"

"Un po'..."

Non fece più domande, ma invece di voltarsi verso il finestrino, continuò a fissare quegli occhi scuri coperti da qualche ciuffo nero, il naso diritto, la bocca sottile, la curva del mento che seguiva la linea mascolina della mascella.

"Che c'è?" - le chiese lui.

La ragazza alzò le spalle – "Niente..." - disse, ma neanche dopo essere stata colta in flagrante smise di guardarlo, beandosi del suo viso per tutto il resto del viaggio.



,; Il salotto di lilysol ;,


E dopo una giornata di mare, non c'è niente ti meglio di una aggiornamento, così ecco sfornato anche il secondo capitolo. Fin qui le cose sono andate più o meno lisce, ma d'ora in poi il povero Christian dovrà affrontare piccoli e grandi problemi che Catherine gli porterà. Inoltre, non dimentichiamo il passato che continuerà a ritornare, e Michelle e Lucas che sono stati importanti per Christian. Per quanto riguarda Catherine, scopriremo cosa l'ha portata a cambiare tanto.

Spero che la storia comincia ad essere di vostro gradimento e ovviamente spero in un piccolo commentino per sapere che ne pensate, se vi piace, se vi fa schifo ecc... Come ho scritto nel mio profilo, questa storia è molto importante per me, perché è nata dopo un periodo buio in cui aveva abbandonato tutte le mie altre storie.

Accidenti quando parlo!

Vi metto le anticipazioni, và, che le gradirete sicuramente di più =).


Anticipazioni:Capitolo 3: La nuova te

Ci sono convinzioni che sono radicate in noi ed è sempre dura rivoluzionarle. Osservandola bene, Christian inizia a vedere una Catherine nuova, e la cosa non gli piace.


La vide sorridere, più che altro era un distendere le labbra e si chiese se non stesse solamente cercando eventuali sbavature nel rossetto.

Le ricordava molto Michelle, anche lei lo faceva spesso.

Questa somiglianza non gli piaceva, aveva sempre visto Michelle come una ragazza appartenente al gruppo “ragazze carine abbordabili”, Catherine era un'altra storia, non era abituato a vederla come una qualsiasi ragazza, non voleva vederla così.


E adesso i ringraziamenti che sono fatti sempre dal profondo del cuore =)


Ringraziamenti:


smemorato:grazie, grazie, grazie! Sono veramente contenta che ti piaccia, spero di non averti fatto aspettare troppo, ci vediamo con il prox aggiornamento. BACI.


SweetCherry:grazie mille per i complimenti. Sono arrossita per i complimenti fatto al mio stile =) grazie davvero, io cerco solo di scrivere il più semplice possibile per rendere il tutto più scorrevole, sono contenta che ti piaccia. Eccolo l'aggiornamento. Ti piace anche questo capitolo? Alla prox smak.


kilavf: sono contenta che ti piaccia =) la storia effettivamente sarà piena di colpi di scena e spero che ti appassionerà. Ci vediamo con il prox capito. Ciauz!



E ovviamente, le 3 persone che hanno messo la storia nei preferiti, le 9 che invece la stanno seguendo e le 110 persone che ci hanno cliccato sopra e mi hanno dedicato cinque minuti del loro tempo, sperando anche in vostro parere. =)

Al prossimo capitolo.

Baci

lilysol.

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Capitolo 4
*** La nuova te ***


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Capitolo 3:

              La nuova te


La piccola villetta bianca, a due piani, in perfetto stile americano, non era cambiata per niente nel corso degli anni.

Gli era mancata quella casa, quel piccolo giardino testimone dei suoi giochi infantili e soprattutto Catherine con cui quei giochi li aveva condivisi.

Una cosa però era cambiata.

Non c'erano più rose.

Beth adorava quei fiori e aveva curato con amore il proprio giardino, dopo la sua morte l'aveva fatto James, aiutato da Catherine che poi l'aveva completamente sostituito.

"Kate, dove sono finite tutte le rose?" - chiese scrutando tutto il giardino alla ricerca anche solo di un esemplare.

"Oh... Erano troppo difficili da curare e col tempo ho preferito toglierle"

"Capisco, però è un gran peccato eri davvero brava."

"Già... Ma è meglio così" – concluse mettendo la parola fine a quel discorso – "Ad ogni modo" – disse poi per sormontare quel momento di imbarazzo – "Bentornato a casa..."

Aprì la porta e gli fece segno di entrare.

All'interno tutto era esattamente come quattro anni prima, ma Catherine gli illustrò comunque la disposizione.

"Allora, qui c'è l'ingresso, da quella parte" – disse indicando a destra – "C'è lo studio di mio padre e il ripostiglio, dalla parte opposta, il salotto e la cucina e sopra" – si spostò facendo segno alle scale – "I bagni, la mia camera, la tua e quella di mio padre."

"Lo so Kate, ci ho vissuto qui!"

"Giusto per rinfrescarti la memoria" – rispose lei alzando le spalle.

"In questo caso, grazie"

"Prego" – sorrise, uno dei suoi soliti sorrisi di convenienza – "Per quanto riguarda le stanze, la tua non è stata toccata, ma puoi usare quella che preferisci. Però ti consiglio di usare quella di mio padre per sta notte, non mi aspettavo una cosa del genere e la tua ha bisogno di una spolverata."

"Va bene..."

"Ah Christian, un'ultima cosa" – disse improvvisamente.

"Dimmi"

"Fino ad ora non ti ho corretto perché non mi sembrava molto carino, comunque chiamami Catherine, questo è il mio nome" – il suo sguardo non ammetteva repliche.

Christian ne rimase sorpreso, l'aveva sempre chiamata Kate, fin da quando erano bambini.

"Si lo so che non sei abituato, ma io mi chiamo così e gradirei essere chiamata con il mio nome!" - continuò come se gli avesse letto nel pensiero.

"Va bene, scusami se ti ho dato fastidio" – le disse ancora perplesso.

"Figurati..." - lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso – "Bene, vado in camera mia, tanto la casa la conosci già. Se hai bisogno, sai dove trovarmi"

Salì per le scale, scomparendo presto dalla visuale del ragazzo ancora incredulo sia per il comportamento di Catherine, sia per il fatto di essere finalmente a casa dopo quattro lunghi anni.




Appena lasciate le valige sul letto di James, Christian fuggì via da quella stanza.

Nonostante Catherine gli avesse detto che la sua camera aveva bisogno di una sistemata, decise comunque di darci almeno uno sguardo per riscoprire il suo vecchio mondo.

Appena aprì la porta capì quanto le parole di Catherine fossero vere, la sua stanza non era stata toccata, tutto era esattamente identico a quando era andato via.

Non un libro o un poster era stato spostato e il pensiero che qualcuno non ci fosse più entrato dopo la sua fuga l'assalì.

Chissà se James aveva avuto il coraggio di mettere piede nella stanza del figlio traditore, perché era quello che era in realtà, no? Un figlio traditore.

E un fratello traditore?

Anche Catherine non c'era mai più entrata?

Respirò forte e sentì il profumo di Catherine anche se leggero.

No, lo avvertiva chiaramente, la ragazza aveva curato quella stanza, quasi come se si aspettasse il suo ritorno da un giorno all'altro.

Non era vero che la stanza era impresentabile.

Forse c'era un po' di polvere sulle mensole e le lenzuola andavano cambiate, ma sicuramente se quella stanza fosse stata abbandonata a se stessa per quattro anni, non si sarebbe ripresentata così.

Si sedette sul letto adiacente al muro su cui erano appesi i poster di grandi personaggi del surf.

Un tempo era stato realmente patito di quello sport, tutti gli ripetevano che avrebbe raggiunto grandi livelli.

Effettivamente aveva ereditato quella passione dal padre e in più, aveva anche talento.

Aveva smesso quando aveva scoperto che Michelle era incinta, con un bambino a cui badare e con una vita da ricominciare, aveva accantonato il proprio sogno.

Distolse i pensieri da argomenti tanto dolorosi e, mentre lo sguardo vagava nella stanza, la mente scovava vecchi ricordi.

C'era il libro che James gli aveva regalato quando si era trasferito da lui – "Le avventure di Tom Sawyer" -  i modellini di moto che gli piacevano tanto e che aveva collezionato con cura, i fumetti che amava leggere e dietro di essi poteva scorgere, anche se non si vedevano, ma lui sapeva che c'erano, le riviste erotiche che un tempo leggeva di nascosto non da James, ma da Catherine.

Rise divertito, all'epoca tutti gli oggetti presenti in quella stanza avevano rappresentato la sua vita, avevano fatto parte di lui, ma in quel momento li vedeva come si vedono le fotografie, semplici ritratti di momenti lontani.




Intorno alle nove gli venne fame, dopo aver sfogliato i vecchi libri di scuola e aver ritrovato alcune foto dei compagni di classe, degli amici, della sua vita in generale.

Decise di andare da Catherine per domandarle se anche lei avesse appetito.

Si fermò davanti alla sua stanza e bussò, ma nessuno rispose.

Decise di entrare ugualmente, ben consapevole che non era proprio la migliore delle azioni, ma troppo curioso di scoprire il mondo di Catherine, le evoluzioni che c'erano state, se c'erano state, i cambiamenti, tutto quello che avrebbe potuto raccontargli qualcosa in più su Catherine.

Anche la camera della ragazza non era poi tanto diversa, tant'è che inizialmente gli sembrò di essere tornato a quattro anni prima, quando spesso e volentieri si intrufolava nella sua camera.

Di nuovo, c'era un computer portatile poggiato sul letto e qualche accessorio femminile in più che prima non usava.

Le pareti però erano spoglie, le ricordava piene di poster di personaggi televisivi che Catherine adorava, adesso però non c'era più niente.

In fondo era normale, la bambina che ricordava lui era cresciuta, aveva diciassette anni adesso.

"Ehi, cercavi me?" - si sentì dire.

"Si volevo sapere se avev..." - si bloccò di colpo appena lo sguardo gli cadde sul corpo della ragazza.

"Che c'è?" - fece perplessa.

"Come diavolo sei vestita?"

Effettivamente i suoi vestiti non erano certo dei più informali.

Catherine aveva addosso un piccolo vestito rosso aderente, molto corto, troppo forse poiché le arrivava esattamente sotto il sedere, dove si stringeva mettendo in risalto le forme sinuose e lasciando scoperte le belle gambe.

"Come una che sta per uscire" – gli rispose semplicemente lei.

Come poteva uscire il giorno dopo la morte del padre? Era... impensabile, assurdo, blasfemo quasi!

"Ah..." - fece soltanto – "Ma non ti sembra un look esagerato?"

Gli pareva strana vestita in quel modo.

"No, per niente!"

Si avvicinò allo specchio lungo, appeso alla parete, si squadrò per un po' e poi si rivolse nuovamente a Christian – "Sto male?"

"No, no!" - si affrettò a precisare lui – "Solo che...Lascia perdere!" - decise di dire alla fine per evitare figure.

"Come vuoi tu..." - prese i trucchi che aveva poggiato su una mensola e diede inizio anche a quella fase della preparazione.

Christian rimase a fissarla sorpreso, anche vederla truccarsi gli faceva uno strano effetto, era come se allo stesso tempo avesse davanti Catherine, ma anche una persona totalmente diversa, sconosciuta.

"Dove vai?" - chiese dopo un po' guardandosi intorno per non farla sentire troppo braccata.

"Mha non lo so, in giro... Dipende da cosa decidono gli altri"

"Gli altri?" - chiese.

"Si, i miei amici"

"C'è anche Cook?"

Aveva cercato di fingersi disinteressato, ma sapere se Cook ci fosse o meno, lo avrebbe reso più tranquillo.

"Se ha deciso di uscire, ci sarà anche lui"

Tornò a guardarla mentre finiva di mettersi la matita e passava al mascara.

"Capito" – decise di non esporre i propri pensieri, conscio del fatto che l'avrebbero infastidita – "Vai ancora a scuola Catherine?"

"Si, per questo cerco di divertirmi il più possibile adesso, tra un po' ricomincia!" - disse allegra.

Christian si infastidì un po', ma non lo diede a vedere.

"Vai al liceo giusto?"

"Si, al Samo"

Quello che aveva frequentato lui.

Quanti ricordi.

Sospirando si sedette sul letto – "E come te la cavi?"

"Me la cavo..." - rispose soltanto – "Tu invece cosa fai nella vita?" - lasciò perdere per un attimo quello che stava facendo per guardarlo.

"Scrivo per un piccolo giornale."

"Giornalista?!" - chiese scettica, poi arricciò il naso disgustata.

"Non ti piace come lavoro?" - cercò di leggere la sua espressione, ma si era già rigirata verso lo specchio.

"Assolutamente no, e poi non ti ci vedo proprio!" - gli rispose convinta.

"E perché, di grazia?"

"I giornalisti non hanno rispetto, sempre pronti ad usare un storia personale per fare quattrini, che schifo!" - sibilò irata.

"Non sono tutti così!" - cercò di difendesi lui.

"Invece si"

"Io non sono così" – sottolineò a quel punto.

"Se sei un giornalista, il discorso vale anche per te!"

Sembrava odiare profondamente i giornalisti, chissà perché.

Da quando era tornato non aveva fatto altro che porsi domande, la maggior parte delle quali, ne era certo, non avrebbe avuto risposta.

"Va bene, credi a quello che ti pare" – si arrese lui, tanto avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, ma non l'avrebbe smossa dalla sua idea.

La vide sorridere, più che altro era un distendere le labbra e si chiese se non stesse solamente cercando eventuali sbavature nel rossetto.

Le ricordava molto Michelle, anche lei lo faceva spesso.

Questa somiglianza non gli piaceva, aveva sempre visto Michelle come una ragazza appartenente al gruppo ragazze carine abbordabili, Catherine era un'altra storia, non era abituato a vederla come una qualsiasi ragazza, non voleva vederla così.

"Cosa succede?" - chiese improvvisamente Catherine notando che la fissava con cipiglio serio.

"Niente, niente"

La ragazza non gli diede più di tanto peso e tornò a specchiarsi, il suo sguardo era soddisfatto, proprio come quello di Michelle, buttò indietro due o tre volte i capelli, proprio come faceva Michelle, si girò sorridente verso di lui chiedendogli - "Come sto?" - proprio come faceva Michelle.

"Bene" – grugnì.

Lei lo guardò sorpresa - "Davvero?" - chiese ancora conferma.

"Si, davvero stai benissimo." - cercò di assumere un topo più normale.

Era stupido irritarsi per certi atteggiamenti.

Cosa credeva di trovare? La quattordicenne che aveva lasciato?

"Bene, allora io vado." - gli comunicò mentre metteva in ordine gli oggetti che aveva utilizzato.

"A che ora torni?"

Catherine si irrigidì per un attimo poi, voltandosi lentamente, gli rispose - "Dipende, tu non mi aspettare in piedi!"

Christian fece incontrare le sopracciglia nere con aria perplessa – "Ma orientativamente?"

Lei alzò le spalle – "Tu non mi aspettare, tanto le chiavi ce le ho!" - ripeté.

Certo che era proprio strana, ad ogni modo decise di non continuare, tanto come tutte le discussioni che fino a quel momento aveva affrontato con lei, sarebbe stato inutile.

Catherine indossò le scarpe, un paio di decoltè nere col tacco abbastanza alto, e una borsetta anch'essa nera.

"Ma almeno ci sai camminare con quelle?" - la prese in girò riferendosi alle scarpe.

La ragazza si finse offesa – "Certo che ti credi!" - si avviò alla porta facendogli una linguaccia – "A dopo!" - disse prima di uscire.

"A dopo..." - mormorò Christian più con se stesso che con lei.

Rimase a fissare la porta finché non senti quella dell'ingresso chiudersi.

Decise di analizzare la situazione.

Innanzi tutto c'era Kate, la bambina dolce e premurosa, forse un po' viziata, che aveva conosciuto e con cui era cresciuto, colei che considerava sua sorella e i cui occhi pieni di lacrime l'avevano perseguitato in quei quattro anni.

Poi c'era Catherine, la ragazza che aveva rivisto in lacrime in Chiesa e con cui aveva diviso lo stesso dolore. La ragazza silenziosa della macchina, che si irrigidiva se sentiva nominare il nome del padre e che gli aveva sorriso teneramente quando aveva saputo di Lucas.

Infine c'era una seconda Catherine, una ragazza che ancora non aveva ben inquadrato, una ragazza che si comportava come se nulla le importasse seriamente, compresa la morte del padre, la ragazza che frequentava Cook che si vestiva provocante e si truccava ricordandogli Michelle.

Sicuramente la personalità che predominava in Catherine, e, ironia della sorte, quella che gli piaceva meno perché non faceva altro che fuggire da lui.



,; Il salotto di lilysol ;,


E siamo giunti anche alla fine del terzo capitolo. Ma chi sarà mai questa Catherine tanto complicata? Lo vedrete presto, nel prossimo capitolo, sapremo un po' cosa è successo, ovviamente, non senza una litigata con i fiocchi.

Per quanto riguarda la scuola frequentata da Catherine, il Samo è un Liceo di Santa Monica,il Santa Monica Hight School, chimato informalmente SaMoHi o più semplicemente SaMo. Il mio più grande sogno è visitare la California, per questo ho ambientato lì questa storia, quindi non essendoci ancora stata, potrei commettere qualche errore correlato a luoghi o edifici, vi prego di perdonarmelo ^^'.

Per quanto riguarda il surf invece, non so molto di questo sport, inizialmente volevo che la più grande passione di Christian fosse il basket, ma poi, cercando informazioni, ho scoperto che Santa Monica è praticamente presa di mira dai Surfisti e mi è balenata in mente un'ideuzza carina carina che vedrete in seguito.

E visto che ne stiamo già parlando vi metto le...


Anticipazioni: Capitolo 4 – Impossibile.

Conscio del fatto che Catherine ormai non è più la Kate che conosceva, Christian vuole andare in fondo al problema. Vuole aiutarla, ma troverà davanti a sè solo un invalicabile barriera.


Christian la scansò di malo modo – "Smettina!" - aveva lo sguardo allucinato – "Ma cosa ti è successo? Non ti riconosco più!"

Catherine perse tutto il suo buon umore e scattò come se Christian l'avesse punta nel vivo – "Non mi riconosci?!" - urlò anche lei – "Non mi hai mai conosciuta! Ha capito? MAI!"

"Allora perchè non ti fai conoscere?"

"Ma tu cosa vuoi da me?" - gli chiese allargando le graccia in un gesto teatrale.

"Voglio solo aiutarti..."


E adesso, come al solito, ringrazio tutti colore che anno messo la storia nei preferiti (6) chi la sta seguendo (13) e chi l'ha semplicemente letta (192).

E naturalmente chi me l'ha recensita, grazie vi adoro.


kiravf: sono contenta che la storia ti piaccia sempre più, ma adesso inizieranno i veri problemi. Christian ti piace? Bhè per una volta ho voluto che il protagonista non fosse il solito stronzo stra figo, Christian è bello, ma è anche buono e premuroso, anche se a volte... Non ti dico altro xD... vedrai vedrai. Grazie per aver recensito un bacio.


morgana92: innanzi tutto grazie per i complimenti (che sono sempre tanto graditi =)) sono contenta che la storia ti abbia incuriosita, per quanto riguarda la frase che ti ha colpita, nel prossimo capitolo ci sarà una piccolissima spiegazione, ma la situazione verrà chiarita nel 5° capitolo. Grazie per la recensione, alla prossima ciauz!


clodiina85:sono contenta che la storia ti incuriosisca, speriamo che sia sempre così =)che dici, ti è piaciuto questo capitolo? Secondo il mio personale parere, il prox è mooooolto meglio ;)ci leggiamo la prox volta baci!


BBV: grazi per i complimenti, anche il 3 capitolo è stato pubblicato, che dici la storia si sta facendo interessante? Speriamo che ti piaccia, intanto ci leggiamo con il 4° la prox volta. Baci baci e ancora grazie.


Bene, spero sempre di ricevere i vostri pareri, lo so che è scontato e banale da dire, ma anche commenti negativi e critiche sono ben accette.

Ci leggiamo la prox volta.

Bacioni.

lilysol


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Capitolo 5
*** Impossibile ***


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Capitolo 4:

Impossibile


L'ennesimo sguardo all'orologio, l'ennesima imprecazione, l'ennesimo sguardo al telefono, l'ennesima indecisione, l'ennesimo concederle altri dieci minuti.

Finalmente la toppa della serratura scattò e la porta si aprì.

Nel medesimo istante, anche lui scattò in piedi ringraziando il cielo e si precipitò all'ingresso.

"Catherine?!" - esclamò con la voce traboccante di sollievo.

"Christian?!" - fece quella sorpresa – "Che ci fai già sveglio?"

Passati i cinque minuti in cui aveva ringraziato tutti gli Dei e i Santi di questo mondo, il ragazzo sentì salire dentro di sé una rabbia mai provata prima.

"No Catherine! Sono ancora sveglio! C'è differenza!"

Cercava di contenersi, ma era veramente arrabbiato e aveva i nervi a fior di pelle.

Catherine lo guardò a metà fra la sorpresa e la seccata – "Dai, mi hai aspettato! Ti avevo detto che non ce n'era bisogno!"

"Catherine sono le sei del mattino!" - fece esasperato – "Le sei del mattino!" - ripeté.

"Lo so benissimo che ore sono Christian!"

Quel suo atteggiamento non facilitava la situazione.

"Non credere che poiché sono io il tuo tutore, puoi concederti tutte le libertà che vuoi!"

Lei scosse le testa divertita da tutta quella situazione – "Davvero Christian non riesco a seguirti! Facciamo così io ti ignoro, tu mi ignori e tutto andrà per il meglio, va bene?"

"Non che non va bene!" - urlò lui a quel punto – "Cosa direbbe tuo padre se ti vedesse in questo momento?"

Lei scoppiò a ridere di gusto – "Niente Christian! Assolutamente, non è la prima volta che faccio così tardi, anzi ormai il mio letto non lo conosco più!" - continuò a guardarlo ancora con quell'aria beffarda – "Bene, se non devi dirmi altro, io vado in camera mia!"

Stava già per salire le scale, quando lui la bloccò.

"Aspetta un attimo! Dimmi almeno dove sei stata!"

Lei alzò gli occhi al cielo – "A casa di un mio amico!"

"Un amico?!" - urlò furioso – "Fino alle sei del mattino?!"

Catherine continuò a sorridere e scese quei pochi scalini che aveva fatto in precedenza.

"Perché..." - gli si avvicinò con fare sensuale divertendosi a prenderlo in giro – "Io le cose me le godo lentamente..." - gli sussurrò all'orecchio.

Christian la scansò di malo modo – "Smettila!" - aveva lo sguardo allucinato – "Ma cosa ti è successo? Non ti riconosco più!"

Catherine perse tutto il suo buon umore e scattò come se Christian l'avesse punta nel vivo – "Non mi riconosci?!" - urlò anche lei – "Non mi hai mai conosciuta! Ha capito? MAI!"

"Allora perché non ti fai conoscere?"

"Ma tu cosa vuoi da me?" - gli chiese allargando le braccia in un gesto teatrale.

"Voglio solo aiutarti..."

Aveva cambiato completamente tono.

Era vero, voleva soltanto aiutarla, voleva capire quale era il problema che la tormentava e che la spingeva a comportarsi in quel modo.

"Non ho bisogno del tuo aiuto!" - sbottò la ragazza in tutta risposta e alzò anche il mento in segno di sfida.

"Non vuoi il mio aiuto, va bene!" - le concesse – "Ma io ho bisogno di sapere cosa ti succede!"

"Una storia? É una storia quella che vuoi?!"

"Ma cosa dici?!"

"Sei un giornalista no? La vuoi una vera storia ?" - urlò furiosa.

Christian non le rispose, stupito da quel tono e ancora arrabbiato per il suo comportamento da incosciente.

"Va bene te la racconto!" - soffiò – "C'era una volta un giovane, anzi quattro, due ragazzi e due ragazze..."

"Smettila" – sibilò lui.

"E perché? La storia è davvero bella lo sai?" - si sedette sui primi gradini e accavallò le gambe – "Allora dove ero rimasta? Ah... i quattro giovani, James, Carter, Beth e Linda, ragazzi come tanti che si erano incontrati e innamorati al liceo, rispettivamente James di Beth e Carter di Linda, così innamorati da sposarsi il prima possibile benché non ci fosse fretta." - si fermò sorridendogli senza allegria – "Bhè in realtà i primi furono Carter e Linda, James e Beth, invece, ci misero un po' di più a capire i loro sentimenti, ma comunque si sposarono..."

"Non ti permetto di parlare di loro usando quel tono! Come se stessi raccontando una storia da quattro soldi!" - ruggì a quel punto lui – "Erano i nostri genitori!"

Quel suo modo di raccontare l'amore e l'amicizia che avevano legato i loro genitori era disgustoso, niente lo poteva mandare più in bestia della loro memoria infangata.

Catherine continuò con quel sorriso beffardo sul viso – "No aspetta!" - esclamò con cattiveria – "Adesso c'è la parte più bella, entriamo in scena noi!" - gli fece l'occhiolino.

Il giovane vibrò di rabbia e strinse i pugni per controllarsi – "Va bene se non vuoi smetterla, me ne vado io!"

Avanzò verso le scale con ampie falcate, pronto già a catapultarsi per fuggire da quelle parole piene di veleno. Come poteva ascoltarle anche solo un minuto di più, se a pronunciarle era lei, lei , l'unica che poteva condividere il suo stesso dolore?

"Morirono tutti."

Christian si bloccò con con un piede ancora sul gradino sul quale si era seduta Catherine, aveva riassunto tutto il dramma di quella vicenda in due parole, e facevano male.

"Morirono tutti" – ripeté lei – "La prima fu Beth, mia madre, se ne andò lasciandoci tutti stupiti, perché non aveva dato neanche un spiegazione. James era disperato e con una figlia piccolissima a cui dover badare, ma non era solo, c'erano i suoi amici che l'avrebbero aiutato..." - la voce le si ruppe – "La bambina... la bambina sarebbe cresciuta nell'amore, anche se il vuoto lasciato dalla madre sarebbe stato incolmabile" – si asciugò con il dorso di entrambe le mani, le lacrime che avevano cominciato a scendere impertinenti.

"Catherine ti prego..." - la supplicò.

Che senso aveva ricordare?

"Però poi..." - proseguì lei ignorandolo – "Morirono anche Carter e Linda, in un incidente stradale. Era come una maledizione si fosse abbattuta su di loro, forse perché erano troppo felici. James stava quasi per impazzire, ma poi ecco quel raggio di sole necessario per farlo continuare a vivere..."

"Catherine..."

"Tu..." - si alzò dalla sua postazione e gli si avvicinò piano – "Tu, il figlio che aspettava con ansia, la persona degna del suo amore..."

"Lui ti voleva bene, lo sai! Ti amava sopra ogni altra cosa al mondo!" - le urlò contro disperato.

Catherine storse il naso – "Lo so... Ma non trovi anche tu che sia stato estremamente difficile per lui amare me, il ritratto di mia madre?" - era calma mentre parlava – "Tu invece eri perfetto, il figlio di Carter, il suo migliore amico, avreste potuto fare tutto quello che faceva con lui, come se Carter fosse ancora li con lui..." - ormai l'aveva raggiunto e lo fronteggiava senza timore – "Ma mi andava bene, davvero!" - lo incatenò con gli occhi verdi e umidi – "Non mi sentivo sola perché tu mi volevi bene e saresti rimasto sempre con me , o almeno era quello che pensavo io... che sciocca!"

"Kate..." - gemette lui lasciandosi scivolare con la schiena contro il muro e prendendosi la testa fra le mani.

"Però il destino fu nuovamente crudele con il povero James. Per un errore il tanto amato Christian se ne andò senza nemmeno salutarlo. Oh povero James, povero, povero James..." - cantilenò utilizzando nuovamente quel tono beffardo che aveva lasciato per poco – "Come avrebbe fatto adesso? Che destino avverso!"

Christian sollevò lo sguardo non potendo credere alle sue orecchie – "Era tuo padre, è tuo padre!" - la accusò.

"Tu non c'eri Christian, non hai visto come si era ridotto dopo la tua partenza!" - gli disse la ragazza in risposta.

"Questo non giustifica il tuo comportamento nei suoi confronti, Catherine!"

"Vedi Christian, le persone cambiano a seconda di quello che succede durante la loro vita..."

"Ma tu non sei semplicemente cambiata!Sei completamente un'altra persona!"

"Lo sai perché Christian?" - si inginocchiò fino a raggiungere la sua altezza per poterlo guardare bene negli occhi – "Perché, quello che ha perso realmente in questa storia, non è stato James, o Carter, o Linda, o Beth." - scosse la testa divertita da quell'idea – "Loro hanno avuto la fortuna di andarsene alla fine. E tu Christian, lontano, in fuga da i ricordi e da noi, sei riuscito a vivere più o meno tranquillamente."

"Noi puoi sapere quello che ho passato!"

"Alla fine ho perso io, ho perso mia madre, la mia seconda famiglia, mio padre e anche te. Sono rimasta sola e non avevo nessuno. Abbandonata da tutti, con un padre che invece di consolarmi, si è chiuso in muto dolore. Ignorata e lasciata sola a se stessa."

Vacillò per un attimo infrangendo le sue difese.

Per un momento aveva posato quella sua maschera raccapricciante ed era uscita allo scoperto la vera Kate.

Una bambina terribilmente bisognosa d'affetto.

"Non guardarmi così Christian."

Anche la sua voce era cambiata, niente più ironia, niente più disprezzo, solo una triste e frustrante agonia.

Come aveva potuto aver provato disgusto per lei? Come aveva potuto credere di trovarsi di fronte un altra persona?

Eccola la sua Kate.

La tirò a sé stringendola forte – "Perdonami, perdonami ti prego!"

"Non sono arrabbiata con te, non sono arrabbiata con nessuno" – si divincolò dall'abbraccio a cui neanche aveva risposto – "E non sto neanche cercando il tuo bene, o la tua comprensione."

Si alzò lanciandogli un ultimo sguardo -"Spero solo che tu abbia capito quanto le cose siano cambiate."

Christian le afferó la mano – "Vi ho pensato ogni istante, te lo giuro! Ti ho pensato ogni singolo secondo in questi quattro anni!"

La tirò giù stringendosi nuovamente al suo corpo caldo – "Non puoi neanche immaginare quanto mi tu mi sia mancata!"

La ragazza era agghiacciata.

Che cosa significava adesso quel gesto?

Pietà.

Non voleva fare pietà a nessuno, men che meno a lui.

Però...

Quanto aveva desiderato quell'abbraccio? Quanto aveva desiderato sentirsi stringere così, sentirsi amata, protetta, rassicurata?

"Siamo ancora in tempo, tu hai solo diciassette anni, possiamo ricominciare tutto da capo!"

Era davvero possibile?

Certo che no.

"É tardi ormai..."

Christian l'allontanò un po' dal suo corpo per poterla guardare negli occhi e le prese il viso fra le mani – "No che non è tardi! Non ti lascio più Catherine, non sarai più sola..."

Che bella parole.

Se ne andrà di nuovo, lo sai.

Lo sapeva.

Sorrise stanca mentre anche lei incorniciava il suo viso con le proprie mani.

Prima che lui potesse rendersene conto, le labbra di Catherine furono sulle sue.

Avvertiva le sue labbra morbide stringersi forte contro le proprie.

Gli si mozzò il respiro sentendo il corpo di Catherine contro il proprio, ma non rispose, troppo confuso e stupito per farlo.

Catherine si staccò poco dopo, rimanendo pericolosamente vicina alle sue labbra.

"Kate, ma cosa..." - chiese incredulo.

Lei continuava a sorridere, ma era spenta, velata di tristezza – "Non puoi darmi quello che cerco." - si staccò completamente e si alzò, pronta ad andarsene – "Sei l'unico che avrebbe potuto salvarmi, Christian, ma come mi hai dimostrato, non ci riesci neanche tu."

Salì di corsa le scale, lasciando il ragazzo con una tempesta dentro di sé.




Erano le dieci e il sole splendeva alto nel cielo.

Catherine dormiva.

Dopo la loro discussione, si era rintanata in camera sua e non era più uscita.

Christian era ancora nel pieno di una confusione interiore che gli stava anche procurando un mal di testa senza precedenti.

Cosa aveva voluto dimostrare con quel bacio?

E cosa significavano alla fine quelle ultime parole lasciate in sospeso?

Si sedette sul divano nel salotto in cerca di pace.

Aveva sonno, dato che non aveva chiuso occhio tutta la notte, ma proprio non riusciva a dormire e tra l'altro come avrebbe potuto dopo tutto quello che era accaduto?

Accese la televisione, profondamente spossato dalla lotta furibonda che imperversava nella sua testa, sperava che ascoltando una voce esterna si sarebbe potuto distrarre dalle proprie, inutili, discussioni interiori.

"Oh buongiorno!" - sentì esclamare alle proprie spalle.

Era Catherine.

Istintivamente si irrigidì.

"Hai già fatto colazione?" - gli chiese la ragazza.

Christian scosse il capo.

Non aveva proprio pensato al cibo.

"Bene, hai qualche richiesta in particolare?"

Si riferiva al cibo, ma avrebbe tanto voluto risponderle – "Si, delle risposte!" – oppure – "Si, un po' di pace interiore!" - ma si limitò ad una semplice alzata di spalle.

"Come siamo silenziosi sta mattina!" - gli disse prendendolo in giro.

Il ragazzo si voltò furibondo verso di lei.

Come poteva essere così tranquilla? Era stata lei a baciarlo!

"Perché mi hai baciato?" - il suo tono fu stranamente pacato.

Catherine, che si stava dirigendo in cucina, si bloccò sul posto – "Non ti ho baciato!" - rispose riprendendo il cammino.

Che cavolo di risposta era?

Si alzò di scatto seguendola come un segugio.

"Si che l'hai fatto!" - l'accusò.

Catherine sospirò e si poggiò al lavabo con la schiena, poi lentamente alzò lo sguardo facendolo incontrare con quello di Christian ancora immobile sull'ingresso della stanza.

"Andiamo Christian! Quello non era un bacio!" - gli disse con aria divertita.

"Ah no?! E tu come lo chiameresti?" - le rispose profondamente irritato.

La ragazza ci pensò su – "Un semplice sovrapporsi di labbra!" - rispose e si voltò verso i fornelli.

Sovrapporsi di labbra...

Come era brava a semplificare i fatti.

Quello non era stato un semplice sovrapporsi di labbra, perché altrimenti in lui non si sarebbe scatenato un inferno simile.

Senza neanche la voglia di ribattere si sedette poggiando i gomiti sul tavolo e aspettò la colazione con aria corrucciata.




Mangiavano in silenzio il pasto che consisteva in bacon e uova, lei con aria tranquilla, lui sempre con quell'espressione scura in volto.

"Christian seriamente, qual'è il problema?" - esordì Catherine ad un certo punto, stufa di quel silenzio pesante.

Se fosse stato un silenzio normale del tipo non parlo perché mangio o non parlo perché non ne ho voglia l'avrebbe anche capito, in fondo lei era spesso silenziosa e si irritava profondamente se qualcuno la disturbava, ma non era il caso di Christian.

Poteva leggere chiaramente nei suoi occhi, i dubbi e la necessità di avere una risposta, e sapeva anche perché non dava voce a quelle domande: non aveva voglia di parlare con lei.

Il ragazzo le scoccò un'occhiata veloce e riprese a mangiare come se non l'avesse neanche sentita .

"Nessun problema" – rispose dopo un paio di bocconi poiché lei non smetteva di fissarlo.

Non convinta la giovane continuò – "La mia è una faccia che dice non ho nessun problema, non la tua!"

Christian lasciò cadere le posate che rumorosamente cozzarono con il piatto.

"E non dovrebbe essere così, ti pare?" - le urlò contro.

"Ma perché ti arrabbi? Non ti capisco proprio!"

"Perché? Perché?!" - le disse in risposta alzando il tono della voce ulteriormente – "Forse perché sei davvero impossibile!"

"Io? Ma se sei tu quello che si è alzato con la luna storta, io sono tranquillissima!"

Il ragazzo prese dei sospiri profondi – "Catherine." – sibilò fissando il piatto, se avesse alzato gli occhi su di lei e avesse visto la sua tipica espressione beffarda, non avrebbe resistito – "Ci rivediamo dopo quattro anni e mi abbracci con si abbraccia un persona a cui si vuole realmente bene..."

"Ma io ti voglio bene." – lo interruppe lei.

Christian incrociò i suoi occhi, erano sinceri e ne rimase sconvolto.

Certo non gli rendeva le cose facili!

Avrebbe tanto voluto risponderle in modo carino, ma dovevano mettere le cose in chiaro.

Non voleva usare la propria autorità in modo brusco, ma era il suo tutore, aveva delle responsabilità su di lei e doveva esigere un minimo di rispetto.

"Non è questo il punto Catherine!" - sbottò – "Ci dicono che io sarò il tuo tutore e ti ribelli con tutta te stessa preferendo quasi finire in un Istituto!" - ragazza stava per ribattere, ma non le diede modo – "Mi ignori, fai quello che ti pare, rientri a che ora preferisci e... E mi baci! Ti svegli tutta allegra e sorridente, come non ti ho mai vista da quando sono tornato, e non solo ignori quello che è successo, ma lo neghi pure!E poi mi dici quale è il problema? Sei tu, Catherine, il problema!"

Aveva evitato accuratamente di menzionare tutto il discorso su suo padre che gli aveva fatto la mattina, sperando che quelle parole fossero state dettate da un momento di rabbia.

"Hai ragione, sono un problema..." - la semplicità con cui lo disse invece di intenerirlo, lo irritò.

"Mi riferisco a questo ragazzina! Smettila di prendermi in giro!" - sbatte le mani sul tavolo che vibrò sotto il suo colpo.

Catherine sospirò esasperata, intrecciò le mani sotto al mento e vi si poggiò con il capo.

"Mi dispiace che tu pensi queste cose di me, ma non ti sto prendendo in giro. Questa sono io." – gli sorrise – "Se non ci credi, chiedi alla gente che mi conosce"

Il ragazzo si ricompose, dato che durante la furia si era sporto in avanti e l'aveva quasi raggiunta con il viso.

"Va bene!" - le concesse – "Se non vuoi dirmi perché mi hai baciato, fa niente! Ma almeno ti spiacerebbe spiegare perché lo neghi?"

"Certo che ti sei proprio fissato!"

Almeno aveva ammesso che qualcosa era successa.

"Non lo dico perché sono fissato, ma cerco solo di capirti!" - addolcì il tono – "Se riuscissi a capirti potrei aiutarti..."

Vide un ombra velare gli occhi verdi della ragazza seduta di fronte a lui, ma fu passeggera.

"Ok..." - iniziò e Christian finalmente si rilassò contento di aver ottenuto qualcosa da lei – "La qui presente Catherine Grey dichiara che sta mattina circa intorno alle sei ha baciato il qui presente Christian May... soddisfatto?"

Ancora quel sorriso.

Ancora quel tono.

Stava riuscendo a tirar fuori la sua parte peggiore.

Si alzò con irruenza facendo capovolgere la sedia.

"Basta!" - sbraitò – "Facciamo come hai detto tu va bene? Io ti ignoro, tu mi ignori!"

Si fiondò fuori da quella stanza, lontano da quel sorriso beffardo, prima che potesse compiere azione di cui si sarebbe poi pentito.




Il cellulare che era poggiato al proprio orecchio emetteva suoni sordi, segno che la il telefonino della persona che stava chiamando, squillava.

"Christian?!" - esclamò improvvisamente una voce.

"Si Daniel sono io..." - mormorò.

Daniel, il suo migliore amico, l'unico a cui aveva lasciato un recapito per mantenersi in contatto, colui che l'aveva chiamato per informarlo della morte di James, l'unico di cui si potesse realmente fidare.

"Amico non ti sei fatto più sentire!" - lo rimproverò Daniel.

"Si hai ragione, ma... Vedi, sono stato piuttosto impegnato..."

"Si l'avevo pensato, la notizia si è diffusa in fretta!"

Christian l'aveva immaginato, d'altronde la morte di James, il suo ritorno, l'affido di Catherine, non erano cose che accadevano tutti i giorni.

"E cosa si dice?" - chiese prendendo tempo prima di affrontare la questione per cui l'aveva chiamato.

"Mha... Le solite cose, c'è chi ti appoggia, chi no!" - disse come se gli stesse comunicando una partita di football.

Christian sorrise alla sua allegria, era davvero contagiosa.

"Ovviamente..." - continuò l'amico – "I tuoi cari suoceri, sono quelli più accaniti"

"Ex suoceri e neanche legali se vogliamo essere precisi" – lo corresse.

L'altro rise di gusto – "Hai ragione, pardon!"

"Ti sei messo a parlare francese?"

"Si, sai com'è il corso di studi prevede anche quello..."

"Già... gli studi" – ripeté Christian in tono neutro.

Lui un futuro in un prestigioso college se l'era visto sfumare in un attimo.

"Ma non è per fare quattro chiacchiere che mi hai chiamato" – disse ad un certo punto Daniel.

"Infatti"

"Si tratta di Catherine vero?"

Entrambi avevano perso il tono scherzoso.

"Si" – confermò Christian – "Sei in città?"

"Si, perché?"

"Ti secca parlare un po'? Ti giuro che ho provato in tutti modi a capirla, ma non ci riesco proprio! Se magari parlassi con te, tu l'hai..."

"Certo" – lo interruppe Daniel – "Trattandosi di Catherine, un po' di aiuto ti ci vuole!"

"Che ne dici del solito posto?" - propose Christian.

"Non potevo chiedere di meglio"



,; Il salotto di lilysol ;,

Eccoci ad uno dei capitoli più importanti di tutta la storia.

Catherine può sembrare odiosa, ma finalmente nel prossimo capitolo sapremo cosa diavolo è successo.

Christian, che fino ad ora non ha capito niente poverino, finalmente avrà le sue risposte.

A dargliele sarà... *rullo di tamburi * Daniel, il mio Daniel il personaggio a cui mi sono affezionata di più, e lo amerete anche voi, ve lo garantisco. Perché non è Daniel il protagonista? Perché Christian conquista, Daniel... ahhhh :Q un secondo mi riprendo. Ok ho finito di sbavare.

Credo che non ci sia nient'altro da spiegare... quindi pronti per le anticipazioni?


Anticipazioni:Capitolo 5: Questione di fiducia

Ah la fiducia è una parola importante. Per Christian è il primo passo in avanti, verso Catherine, per Catherine è il primo passo indietro, verso Christian. A volte però abbiamo bisogno di un aiuto esterno per comprendere chi ci sta davanti e, di conseguenza, fidarci di lui. E chi meglio di Daniel può concedere questo aiuto?


"Christian..." - disse piano Daniel – "Lo accetti un consiglio su come devi comportarti con Catherine?"

"Magari ce l'avessi Daniel, io non so più cosa devo fare con lei!"

"Qualsiasi cosa faccia, per quanto ti possa far saltare i nervi, non essere mai troppo duro con lei, non se lo merita"

"Lo so che ne ha passate tante, lo so quanto sta soffrendo!"

Certo che lo sapeva, anche lui aveva sofferto dello stesso dolore, un dolore che non l'avrebbe mai abbandonato, ma lei non poteva neanche rifugiarsi dietro quella scusa.

"No Christian, non puoi immaginare neanche per un secondo quello che lei ha dovuto passare..." - sembrava così serio in quello che diceva che era quasi innaturale.

Neanche nei momenti più importanti della loro vita Christian aveva visto una tale espressione sul viso di Daniel.

"Sei sai qualcosa parla!" - lo incitò allora, incapace di aspettare solo un secondo di più.

Daniel iniziò a giocare con il bordo del bicchiere, facendo scorrere il dito lungo la superficie liscia.

"Daniel..."

"Sono cambiate tante cosa da quando te ne sei andato..."


Bene e adesso, come sempre, i ringraziamenti!

Ringrazio ovviamente chi mi ha recensito, grazie davvero, finchè ci sarà anche solo una recensione, io continuerò questa storia, ve lo prometto.

Quindi un mega grazie a:


BBV: spero di non averti fatta aspettare molto! Come hai potuto leggere la situazione fra Christian e Catherine, se non è proprio cambiata, si è almeno riscaldata. Nel prossimo capitolo, che ti invito a non perdere, ci sarà finalmente un momento di tenerezza =) Grazie per aver recensito alla prox!


___Yuki___: ed eccolo il 4 capitolo, innanzi tutto grazie per aver recensito, sono contenta che il mio modo di scrivere ti piaccia. Il personaggio di Catherine ti ha colpito in maniera positiva? Bene, non ti nascondo che la cosa mi fa piacere, può risultare odiosa, ma in realtà vedrai che non è proprio la terribile ragazza di questi primi capitoli. Il mio timore è che avendola creata così difficile e complessa, poi con il tempo possa annoiare o diventare banale, quindi spero che lei continui ad interessarti fino alla fine. Spero anche che questo capitolo sia di tuo gradimento! Ancora grazie e ci leggiamo con il prox aggiornamento!


kiravf:ti lascio sempre con l'amaro in bocca? Muahahaha io sono crudele! No a parte gli scherzi, anche questa volta ho concluso il capitolo in maniera un po' enigmatica, sorry, ma è più forte di me. Il capitolo è abbastanza lunghetto e come hai potuto vedere, la situazione si è scaldata anche se ancora non siamo arrivati a temperature equatoriali! Alla prox e grazie per la recensione!


E naturalmente un grazie alle 9 persone che hanno inserito la storia nei preferiti e alle 18 che la stanno seguendo e ovviamente a tutti coloro che hanno solo letto.


Vi aspetto numerosi con il prox capitolo!

Un bacio a tutti.

lilysol


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Capitolo 6
*** Questione di fiducia ***


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Capitolo 5 :

       Questione di fiducia


Sull'insegna in legno, il logo azzurro "Dream" disegnava delle onde con le proprie lettere.

Il bar Dream era il testimone della sua vita da adolescente.

Lì ad undici anni, insieme agli amici si era divertito a commentare le gambe, e non solo, delle ventenni che passavano, lì con la complicità del bar man, aveva iniziato ad ordinare gli alcolici leggeri e a sentirsi grande, lì aveva conosciuto Michelle, lì aveva detto addio al suo migliore amico Daniel.

Cercava proprio Daniel con lo sguardo e quando lo vide, si chiese se quello fosse davvero lui o no.

Nonostante si fossero sentiti, anche se non con costanza, non si erano più rivisti.

Ricordava un ragazzino paffuto e brufoloso, timido e impacciato e si ritrovava davanti un uomo dal viso affilato con il pizzetto sul mento, i capelli lunghi fino alla nuca erano lisci e castani, corpo snello e sicuramente tenuto in forma grazie a qualche attività sportiva. Gli occhi però erano li stessi, grandi e marroni, caldi come un tempo.

Daniel stava parlando con una ragazza niente male.

Non poteva essere la ragazza, Daniel sapeva che dovevano parlare di cose private, non se la sarebbe mai portata appresso.

"Daniel." – lo chiamò.

Il giovane si voltò dalla sua parte - "Christian!" - disse con gioia, l'aveva riconosciuto subito, evidentemente lui non era cambiato poi tanto.

"In persona!" - era felice finalmente di poterlo dire.

Daniel si voltò verso la biondina vicino a lui – "Scusami tesoro, ma è arrivato un mio amico e dobbiamo parlare di faccende assolutamente noiose..." - si rigirò verso Christian e gli fece l'occhiolino.

La ragazza però mise il muso, imbronciando il bel visino.

"Dai bambolina non fare così. Ti richiamo io!"

"Però chiamami!" - gli rispose la ragazza.

"Certo che ti chiamo, ma adesso lasciami parlare con questo signore, è importante."

La ragazza sbuffò ancora, ma si allontanò salutandolo con la mano.

Christian si sedette al tavolino – "La tua ragazza?" - chiese conoscendo già la risposta.

"Secondo te?" - gli disse infatti l'amico.

"Ne dubito fortemente..." - sorrise continuando a fissarlo – "Hai successo con le donne e assomigli a Jhonny Depp, certo che sei cambiato!"

Daniel rise – "Tu invece sei sempre uguale, sembri solo un po' più vecchio di come ti ricordavo."

Arrivò un cameriere che posò due bicchieri di vetro pieni di un liquido arancio e tre ciotoline di salatini – "Ecco a voi!" - rispose posando il tutto.

"Mi sono permesso di ordinare, ho fatto male?"

"No no, anzi! Martini?" - azzardò.

"Esatto" – prese un bicchiere e l'alzò leggermente – "A cosa brindiamo?"

Christian fece lo stesso – "A noi ovviamente!"

"A noi!" - gli fece eco Daniel facendo incontrare i bicchieri.

Diedero un paio di sorsi in silenzio, Daniel aspettando che Christian parlasse, Christian incapace di trovare il coraggio per iniziare.

"Grazie per essere venuto Daniel..." - non era mai stato così sincero.

"Dovere"

"Pensavo davvero che ce l'avrei fatta con Catherine, ma più mi sforzo di capirla, di starle vicino, più lei mi fa saltare i nervi!"

"Christian..." - disse piano Daniel – "Lo accetti un consiglio su come devi comportarti con Catherine?"

"Magari ce l'avessi Daniel, io non so più cosa devo fare con lei!"

"Qualsiasi cosa faccia, per quanto ti possa far saltare i nervi, non essere mai troppo duro con lei, non se lo merita"

"Lo so che ne ha passate tante, lo so quanto sta soffrendo!"

Certo che lo sapeva, anche lui aveva sofferto dello stesso dolore, un dolore che non l'avrebbe mai abbandonato, ma lei non poteva neanche rifugiarsi dietro quella scusa.

"No Christian, non puoi immaginare neanche per un secondo quello che lei ha dovuto passare..." - sembrava così serio in quello che diceva che era quasi innaturale.

Neanche nei momenti più importanti della loro vita Christian aveva visto una tale espressione sul viso di Daniel.

"Sei sai qualcosa parla!" - lo incitò allora, incapace di aspettare solo un secondo di più.

Daniel iniziò a giocare con il bordo del bicchiere, facendo scorrere il dito lungo la superficie liscia.

"Daniel..."

"Sono cambiate tante cosa da quando te ne sei andato." - smise di prendersela con il bicchiere e lo incatenò con lo sguardo – "Quello che più soffrì per la tua partenza fu James, Catherine mi disse che lo sapeva già e che non si poteva occupare del proprio dolore perché doveva pensare al padre. James però era diverso, credo il tuo abbandono abbia fatto scattare in lui qualcosa, qualcosa che non ti riesco a spiegare, ma so per certo che quel qualcosa l'ha fatto diventare un altro uomo."

"In che senso?"

"Non parlava quasi mai, aveva anche cominciato a non andare più a lavoro. Tu lo sai quanto ci teneva a quel ristorante, l'aveva progettato, costruito, inaugurato con tuo padre. Iniziò anche a ignorare Catherine, a volte si dimenticava persino di prepararle il pranzo, la vedevo sempre più spesso in giro nei fast food, ma non volevo intromettermi" – si fermò a ripescare quel ricordo lontano – "Un giorno però la vidi piangere, era lì che mangiava il suo panino e mentre lo addentava piangeva, più tardi mi disse che stava piangendo perché le mancavi tu, ma tuttora credo che non sia vero, o meglio che non gli mancassi solo tu, ma tutti quanti, anche suo padre. Però in quel momento non ci pensai più di tanto, la presi fra le braccia e la strinsi a me, non potevo vederla in quello stato."

"Tu le hai sempre voluto bene" – si intromise Christian.

Lo ricordava bene, tutte le volte che litigava con Catherine, Daniel era sempre ponto a difenderla, le voleva davvero bene.

"Si, ma il mio bene non era sufficiente, le dissi che le avrei insegnato a cucinare, così non avrebbe più dovuto mangiare in posti del genere." - sorrise divertito – "Era un disastro! Però con il tempo imparò." - il suo viso si inscurì di colpo.

"Che altro c'è?" - chiese Christian sentendo salire l'ansia e attanagliarli in petto.

"Era così felice, sembrava che finalmente avesse superato lo shock..."

"E poi?!" - chiese con irruenza poi, resosi conto di aver esagerato, si risedette e mormorò – "Scusa, continua."

"Circa un anno fa, il giorno del suo compleanno. Mi chiamò per ringraziarmi di averle insegnato a cucinare perché per quell'evento tanto importante stava preparando una cenetta coi fiocchi al padre. Però James non ci andò mai a quella festa. Erano le quattro di notte e vidi Catherine che disperata suonava al mio campanello. Mi presi un tale spavento, pensavo che le fosse successo qualcosa di terribile. Mi disse che James non era ancora rientrato, che non sapeva cosa fare perché, benché il padre nell'ultimo periodo avesse preso l'abitudine di fare tardi, così tardi non era mai tornato. Stava pensando al peggio. Chiamai mio padre e la polizia, insieme ad altri uomini che volevano bene a James si misero a cercarlo, io intanto stavo con Catherine cercando di tranquillizzarla." - sopirò aspettando una domanda di Christian, ma il ragazzo era troppo scosso per parlare, così Daniel riprese – "Lo trovarono vero le sette, ubriaco fradicio, vicino al molo. Diceva di aver visto Beth e che questa gli avrebbe detto di raggiungerla presto. Quando io e Catherine arrivammo sul posto, lei si precipitò fra le sue braccia, ringraziando il cielo." - strinse i pugni furioso – "Lui invece di stringerla diceva: "Avete visto non sono pazzo, vedete ecco Beth!", quando gli fecero capire che quella era la figlia, la spinse via: "Se non sei Beth che senso ha che tu le somigli tanto, non ti voglio neanche vedere se non sei la mia Beth!"

"James non può aver detto questo!" - fece disperato Christian – "Lui amava Catherine più di ogni altra cosa al mondo!"

"Ma non trovi che per lui sia stato estremamente difficile amare me, la fotocopia di mia madre?"

Catherine gli aveva risposto così, solo in quel momento comprese il senso di quelle parole.

"Cosa è successo poi?" - chiese con voce strozzata.

"Andò sempre peggio, James continuava ad ubriacarsi per rivedere Beth, se per un periodo si era completamente disinteressato a Catherine, adesso non la voleva neanche vedere. Una sera venne da me, questa volta non piangeva, mi chiese solamente se poteva rimanere a dormire perché aveva paura a stare da sola in casa. Dormì da me per parecchie notti di parecchi mesi, poi iniziò a venire sempre più raramente, mi disse un giorno che stava frequentando quel Nicolas Cook! Cook?!" - fece incredulo – "Lei che lo odiava! Ma era chiaro che non era più lei, non voleva più essere lei. Voleva lasciarsi alle spalle la vecchia Catherine, per diventarne una nuova. Si è allontanata da me piano piano, alla fine non ho potuto fare niente." - concluse riprendendo a sorseggiare il Martini.

"Perché non mi hai chiamato? Se avessi saputo quello che stava accadendo qui sarei tornato subito!" - protestò.

Daniel lo fissò per qualche secondo con sguardo colpevole – "Christian, scusami, ma non sapevo neanche io che fare in quel periodo. Nessuno sapeva cosa fare!"

"Pensi sia tardi? Per Catherine intendo..."

"Non lo so Christian, secondo me tu ce la puoi fare." - forzò un sorriso per incoraggiarlo.

"Ti devo ringraziare Daniel, se non ci fossi stato tu con Catherine, sarebbe finita molto peggio."

Daniel abbassò lo sguardo mortificato – "Avrei voluto fare molto di più per lei, ma non ci sono riuscito..."

Il modo in cui lo disse, la sua espressione rassegnata, non gli piacquero, tuttavia si limitò a sorridergli grato.

"E grazie a te adesso so finalmente che cosa è successo alla Kate che conoscevo."

"Kate..." - mormorò Daniel – "É tanto che non la sentivo chiamare così. Chissà se Kate esiste ancora..."

"Lei lo nega, ma io sono sicuro che c'è ancora da qualche parte."

Daniel lo fisso intensamente – "Spero tanto che tu abbia ragione Christian... Lo spero proprio!"

Ripresero entrambi i propri bicchieri, ricominciando a bere.

Nessuno dei due però, troppo preso dai propri pensieri, scambiò più una parola, fino a quando, dopo che Christian si offri di pagare, non si salutarono.




Christian rincasò verso le sette.

Prima di tornare a casa aveva deciso di fare un giro per rivedere la sua città Natale si era detto, ma di Santa Monica aveva visto ben poco, solo il cimitero.

Si era spinto lì preso da un istinto irrefrenabile e aveva fatto visita, dopo tanto tempo, alle tombe di Carter, Linda e Beth.

Aveva privato un fremito quando su una lapide bianca adiacente a quella dei genitori aveva letto: "James Grey”

"James..." - aveva sussurrato – "Hai sbagliato con tua figlia, ma io lo so che non volevi. Ti chiedo scusa James, è stata colpa mia. Mi prenderò cura di Catherine, di Kate, perché lei è ancora la nostra Kate vero?"

Era rimasto così a fissare quelle quattro lapidi, incapace di muoversi, mentre intanto il tempo scorreva.

Aprì la porta di casa, era aperta, meglio, avrebbe chiarito la questione con Catherine subito.

"Catherine?" - chiamò, ma non ricevette risposta.

Andò in cucina che era stata sistemata e pulita, quasi come se la scena della mattina non fosse mai avvenuta.

Salì le scale che conducevano alle stanze da letto e ai bagni, ma non la trovò ugualmente.

Perplesso ritornò al piano inferiore – "Catherine?" - provò con un tono un po' più alto-

Niente.

Forse era uscita.

Tentò la stanza meno probabile, la stanza che aveva scartato in partenza, lo studio di James.

Bussò leggermente – "Catherine sei qui?" - domandò, poi entrò dato che non aveva ricevuto risposta.

La stanza era vuota, ma c'era qualcosa di diverso rispetto a tutte le altre.

Era in disordine, specialmente la scrivania, come se qualcuno l'avesse appena utilizzata.

Non essendoci ancora entrato da quando era tornato, non aveva potuto constatare se era stato James a ridurla così, o se era stata Catherine.

Si richiuse la porta alle spalle ed entrò completamente, si era tenuto accuratamente lontano da quella stanza, ma adesso, visto che già c'era, decise di affrontare una volta per tutte il ricordo di James.

Si sedette sulla sedia imbottita di fronte alla scrivania di legno scura e lucida.

La sua attenzione fu catturata da una foto, l'unica presente.

"Mamma, papà..." - sussurrò sorpreso, fece scorrere gli occhi sul resto dei visi – "Beth, James..." - tutti così giovani, così sorridenti.

Più in basso c'era lui piccolissimo che tentava di tenere in braccio Catherine, aiutato naturalmente dalle braccia di Beth e di sua madre.

Non la ricordava quella foto, chissà dove era stata fatta e da chi.

Controllò il retro, ma non c'era scritto niente.

Ritornò a guardare l'immagine e dovette ammettere che sotto quel grande albero che offriva l'oro l'ombra, illuminati da un solo raggio di sole, erano tutti quanti perfetti.

Suo padre, scuro come lui, gli occhi neri che guardavano con amore la moglie, riconoscibilissima per i capelli rossi e i grandi occhi azzurri, e il figlio, entrambi intenti nell'ardua missione di mantenere Catherine, e poi James i capelli quasi biondi, gli occhi castani con una mano sulla spalla di Beth , identica alla figlia in tutto e per tutto, inginocchiata anche lei come Linda.

Assolutamente perfetti.

Sorrise ancora mentre distoglieva lo sguardo.

Vide una lettera sotto di sé, scritta con una grafia elegante e tondeggiante.

Era indirizzata a James e portava la firma di Beth.


"James,

non so come ho trovato il coraggio di scriverti, ma l'ho fatto.

Solo poche parole, non voglio rubarti troppo tempo.

Sto per partire, ritorno a Londra.

Non so quando ritornerò, probabilmente terminerò lì i miei studi, forse visiterò anche tutto il continente, ma per il momento non mi voglio esaltare troppo.

Ti ricordi quando decidemmo di allearci per conquistare rispettivamente Carter e Linda?

Alla fine loro due si fidanzarono e noi due rimanemmo di sasso.

Ti ho sempre detto che avevo accettato la cosa di buon grado perché, se quello era ciò che desideravano la mia migliore amica e il tuo migliore amico, noi non avevamo alcun diritto di intrometterci.

In realtà...

Il vero motivo è che in questi mesi passati con te a progettare di conquistare i nostri belli, io...

Mi sono innamorata di te.

Ecco l'ho scritto e neanche bene a dir la verità.

Guarda le parole come sono tutte storte...

Quanto vorrei essere come Linda, lei non si impaccia solo per poche parole scritte su un foglio di carta.

Ti avevo promesso poche parole e mi sono già dilungata troppo.

Quando leggerai questa lettera io sarò già su un aereo.

Perdonami se non ho avuto il coraggio di dirtelo in faccia.

Ti amo.

Tua Beth


Alla fine però James era riuscita a fermarla.

Chissà, forse era andato a riprendersela direttamente da Londra, conoscendolo, ne sarebbe stato capace.

Sentì un rumore proveniente dalla porta e scattò come una molla.

"Che ci fai qui?" - gli chiese Catherine.

"Ti cercavo e sono entrato in questa stanza."

"Ah." – disse soltanto.

Stava per uscire ma lui la bloccò.

"Catherine..."

"Che c'è?"

"Hai intenzione di dormire ancora fuori sta notte?"

La ragazza si voltò lentamente – "Non lo so, perché?"

"Non voglio che tu vada da altri a cercare protezione" – le rispose in tutta onestà.

I suoi grandi occhi verdi si allargarono dallo stupore, ma non disse nulla.

"Catherine, fidati di me."

Le si avvicinò piano, mentre lei ancora non era riuscita a riacquistare la capacità di parlare.

"Kate..." - le sussurrò prendendola e stringendola a sé – "Lo vuoi capire, non sei sola, non più..."

Le alzò il viso e le baciò la fronte.

Come se avesse perso completamente la forza di lottare, combattere, difendersi, la ragazza si lasciò andare a quelle attenzioni.

"Dormirai qui sta notte?" - le chiese.

La ragazza annuì.

"Proverai a fidarti di me?"

La risposta arrivò con un po' più di esitazione, ma fu positiva.

"Mi vorrai di nuovo bene, Catherine?"

Questa volta non si limitò a dei semplici cenni – "Te l'ho già detto Christian, io ti voglio bene"

Si strinse a lei con più forza – "Anche io Catherine, ti voglio bene"

Forse quelle parole non gliele aveva mai dette.

Forse non si era mai aperto in quel modo con lei, con nessuno.

Ma in quella stanza, in quel momento, con Catherine fra le braccia e i visi sorridenti dei loro genitori che li fissavano dalla foto, non avrebbe potuto trovare parole più adatte.


,; Il salotto di lilysol ;,


Hola gente! Come va? Ecco il nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto.

Diciamo che con questi ultimi avvenimenti si sono sistemate alcune cosette, ma non disperate, se siete come me appassionati di grandi macelli e incomprensioni universali, vedrete che le cose non saranno sempre così tranquille.


Anticipazioni: Capitolo 6: “Comunicare”

Capitolo di passaggio, giusto per smorzare un po' la tensione accumulata sino a questo punto.

Per il momento so solo questo perché il capitolo ancora lo devo terminare. Sarà molto... soft questo è sicuro, ma ci vuole ogni tanto no?


Bene come al solito ringrazio chi ha recensito:


BBV:eccolo qui il continuo! Spero di non averti fatta attendere molto. Grazie per i complimenti, sono contenta che apprezzi il mio stile. Come vedi le cose si sono sistemate, almeno per ora (la mia mente perfida ne sta escogitando di tutti i colori). Grazie ancora per la recensione, al prox aggiornamento!


ninasakura:tutta d'un fiato?! Wow sono contenta che la storia ti abbia preso fino a questo punto! Che ne dici di questo capitolo, piaciuto? Grazie per i complimenti, mi fa piacere che trovi la storia interessante, spero che sarai sempre di questa opinione. Bè non mi resta che dirti ancora grazie per aver recensito e ovviamente darti appuntamento con il prox capitolo! Ciauz!


___Yuki___:bene bene, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, speriamo che anche questo non sia stato da meno. Finalmente si è saputo cosa è successo a Catherine, ma non basta semplicemente conoscere i fatti no? Quello che è accaduto ha segnato Catherine in maniera irrimediabile e Christian si scontrerà spesso contro il muro del passato. Per quanto riguarda i miei dati e il mio aspetto, mi sa che è meglio tenerli nascosti nel caso tu attui veramente il tuo piano. (me ha paura). Hihihi a parte gli scherzi ti lascio il mio indirizzo msn: lilysol46@hotmail.it così se vuoi puoi sempre venirmi a cercare lì per massacrarmi ^.^. Grazie mille per la recensione, alla prossima.


E con questo si conclude anche il sesto capitolo. Ringrazio anche le 14 persone che hanno inserito la storia nei preferiti e le 19 che la stanno seguendo e ovviamente tutti coloro che hanno semplicemente letto.

Vi aspetto con il prossimo capito e spero che mi lasciate un commentino piccino piccino così sarò tanto contenta ^.^.

Bene, alla prox.

lilysol

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Capitolo 7
*** Comunicare ***


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Capitolo 6:

              Comunicare


Christian non riusciva a dormire, il che era molto strano dato che si sentiva profondamente spossato.

I suoi occhi seguivano attenti le linee che la leggera stoffa della camicia da notte disegnava sul corpo di Catherine.

Era sollevato, perché finalmente aveva ottenuto qualcosa da lei, ma la sentiva ancora troppo distante.

Anche la posizione che aveva assunto la ragazza, di spalle e al bordo del letto, il più lontano possibile da lui, confermava la sua tesi.

Si chiese se anche quando dormiva fuori, si comportava allo stesso modo, se anche con quel Cook era così distante, o se lo diventava dopo...

Strinse i pugni e la stoffa candida del cuscino si stropicciò dentro i suoi palmi.

Non riusciva proprio ad immaginarla in certi atteggiamenti, eppure sia Daniel che lei stessa glie l'avevano detto, passava spesso la notte fuori casa.

Strisciò piano fino a raggiungerla.

"Catherine?" - bisbigliò all'orecchio.

Lei emise un mugolio stanco.

"Dormi?" - le chiese.

La ragazza si voltò, stropicciandosi gli occhi – "Che c'è?" - domandò con voce assonnata.

Nel momento in cui si guardarono, gli fece una tale tenerezza che si pentì di averla svegliata.

"Niente..." - le rispose.

La ragazza annuì richiudendo gli occhi, evidentemente ancora confusa dai fumi del sonno.

Christian si tirò su il viso facendo perno sul un gomito e l'osservò mentre dormiva.

Altro che donna di mondo, quella che aveva davanti era ancora un bambina.

Presa coscienza di ciò, riposò il capo sul cuscino, continuando a fissarla, finché vinto finalmente da quella stanchezza profonda, non si addormentò.



Da quella notte i rapporti con Catherine migliorarono notevolmente, gli parlava di più, soprattutto del passato, ricordando quei giorni felici e non rincasò più tardi perché tutte le notti dormivano insieme.

Seppe anche che aveva mollato Cook, non glielo disse lei direttamente, ma lo seppe da Daniel.

Più passavano i giorni, più Christian riusciva a strappare un pezzo di Kate a quella Catherine fredda e cinica.

Una mattina la ritrovò addirittura vicinissima al proprio corpo, con il viso e la mano quasi a sfiorargli il fianco.

Era rimasto un po' smarrito da quella posizione e non si mosse per paura di svegliarla, finché non fu lei stessa ad aprire gli occhi.

L'argomento bacio era stato completamente accantonato, alla fine anche lui aveva cominciato ad accettare l'opzione sovrapporsi di labbra, ben consapevole che non si era trattato semplicemente di quello.

Aveva deciso quindi di non porsi più il problema e di cercare di dimenticare quella sera carica di tensioni.

In quel periodo Christian poté anche apprezzare il talento culinario della ragazza che ormai era l'addetta alla cucina.

Il momento che preferiva in assoluto della giornata era la cena, momento in cui poteva assaggiare i nuovi esperimenti della ragazza, particolarmente ispirata durante il pomeriggio.

Dopo aver mangiato rimanevano a guardare la televisione, o, come spesso accadeva, andavano a dormire, ma prendevano sonno solo a tarda notte, perché prima si divertivano a parlare, a raccontarsi esperienze di cui, a causa della lontananza, non erano a conoscenza,

Fu così che una sera le confidò perché la sua storia con Michelle era finita.

"Eravamo troppo giovani ed inesperti, non eravamo pronti ad affrontare la vita che ci eravamo scelti." - rispose così alla domanda che gli aveva posto.

"E il piccolo Lucas come l'ha presa?"

Christian si fece scuro in volto – "Lui non è mai stato molto legato a me. Ha preferito sempre la madre, per questo vado a trovarlo raramente, vedo che lui vorrebbe stare con Michelle."

"E quindi hai colto la palla al balzo!" - fece lei indignata.

"Ma che dici!" -si difese – "Anche io vorrei passare del tempo con lui, ma ogni volta mi chiede dov'è sua madre, perché non c'è... Perché lo dovrei forzare a vivere con me?"

"Non è una buona scusa!" - era così arrabbiata che scattò a sedere – "Tu lo ignori!"

"Ma perché ti arrabbi tanto?" - si alzò anche lui, ma molto più lentamente.

"Perché non vuoi prenderti le tue responsabilità di padre!"

Lo rimproverava come se fosse un ragazzino.

"Shh! Abbassa la voce!" - la zittì – "E poi, cosa posso fare se lui vuole stare con la madre?!"

"Christian..." - si lamentò lei – "Ma almeno gli hai mai detto che gli vuoi bene?"

Istintivamente il ragazzo distolse lo sguardo dagli occhi accusatori di Catherine.

Non gli piaceva la piega che stava prendendo il discorso, sapeva che aveva torto, sapeva che Catherine aveva ragione, quelle parole se le era sentite ripetere mille volte da Michelle.

La ragazza gli prese il viso e lo girò dalla sua parte per fissarlo attentamente – "Christian, a te può sembrare banale, o stupido, o inutile, ma per lui sentirti dire quelle parole sarebbe molto importante"

Faceva male guardarla in quel momento, stava parlando di Lucas o di se stessa?

"Io... Lo chiamerò.."

Il suo bel visino si illumino – "Quando?"

"Presto."

Catherine annuì soddisfatta, sapeva benissimo che non poteva forzarlo con i tempi.

Si distesero entrambi riprendendo una posizione più comoda.

Catherine stava ancora sorridendo contenta, poi una luce negli occhi le si accese come se improvvisamente si fosse ricordata di fare qualcosa, gli si avvicinò e mormorandogli – "Sono davvero orgogliosa di te!" - gli scoccò un bacio veloce sulla guancia.

Sia per il bacio, che per tutto il discorso che avevano affrontato aveva bisogno di sentirla vicina.

L'argomento Lucas era molto delicato per lui, onestamente non si era ancora reso conto che quell'esserino che cresceva velocemente, che aveva parte di se nel viso e nel corpo, era suo figlio, generato da lui, parte di lui.

"Catherine..."

"Dimmi"

Sospirò cercando le parole giuste – "Se tu vedessi i tuoi occhi, o alcuni atteggiamenti tipici di te, su un'altra persona, non ti sentiresti stranamente smarrita?" - si rese conto di non essere stato limpido e chiaro, ma lei lo capì ugualmente.

"Se quella persona fosse un passante o una commessa di un negozio di cui non so nulla, vedere me in qualcun altro, mi lascerebbe perplessa." - cercò di essere anche lei il più chiara possibile perché l'argomento era difficile – "Ma se quella persona facesse parte di me, sapere che mi somiglia, anche se solo per una percentuale piccolissima, mi renderebbe estremamente felice." - gli si avvicinò poggiando il capo sul suo petto e lo abbracciò forte – "Devi solo accettare che è tuo figlio, Christian, niente di più."

Il ragazzo inspirò forte riempendosi del suo profumo – "Grazia Catherine"

"Di niente" – si staccò tornado al suo posto.

Christian ne sentì improvvisamente la mancanza.

"Catherine..." - la richiamò prima di riuscire a frenare le parole.

"Dimmi" – gli rispose sempre paziente.

"Potresti... Potresti abbracciarmi?"

Non gli fece domande, non gli chiese niente, semplicemente poggiò la testa nell'incavo del suo collo e lo strinse come se fosse lui un piccolo bambino bisognoso di protezione.



"Catherine, come mai hai iniziato a frequentare Cook?" - le domandò una sera.

"Perché lo vuoi sapere?".

Era circospetta, quasi come se si aspettasse un colpo basso da un momento all'altro.

"Mha così... Io ti ho raccontato di Michelle e Lucas, mi piacerebbe sapere cosa ti univa a Cook."

"Niente" – rispose lei sbrigativa.

Evidentemente non le piaceva parlare di quella storia.

"Come niente?!" - insistette lui – "L'hai frequentato per quasi un anno, qualcosa ci doveva essere."

"Proprio perché non c'era niente che ci legasse ho iniziato ad uscire con lui."

"Non ti seguo." - ammise il giovane.

"Tutto quello che volevo in quel periodo, era cambiare. Non volevo più essere Catherine Grey, la figlia di James e Beth, volevo essere ricordata per qualcos'altro. Nicolas Cook capitava a proposito, non volevo legami importanti, mi bastava solo il suo nome. Non eravamo poi una grande coppia, fidati!" - ridacchiò affondando meglio il capo nel cuscino.

"Però..."

"Christian, entrambi facevamo quello che volevamo e stavamo davvero poco insieme, la mia storia con lui è stato solo un capriccio!"

Gli piaceva come risposta, sapere che Cook non era importante per lei voleva dire che dentro di sé non era cambiata tanto.

"E Daniel?" - chiese improvvisamente.

La ragazza strabuzzo gli occhi – "Daniel?! Che c'entra?"

"So che ti è stato molto vicino e che ti ha aiutato molto mentre ero via"

"Daniel è solo un amico che, come hai detto tu, mi ha aiutato davvero tanto, punto!" - disse risoluta.

"Ma perché ti innervosisci sempre quando parli come me?"

Proprio non la capiva, all'inizio, quando lo sbeffeggiava, era sempre gentile e sorridente, e adesso che finalmente avevano iniziato a comunicare, si innervosiva con niente.

"Perché fai domande idiote!"

Prima che avesse anche solo il tempo di rispondere, Christian si ritrovò un cuscino in faccia.

"E questo cosa significa?" - domandò togliendoselo si dosso.

La ragazza lo guardò con un sorrisetto furbo – "Guerra!" - disse soltanto, iniziando una battaglia di cuscini epica.


,; Il salotto di lilysol ;,


Bene bene, innanzi tutto scusate il ritardo, sono stata a casa a mare e lì non ho la connessione ad internet, però ho una bella notizia, ne ho approfittato per scrivere e mi sono portata abbastanza avanti con la storia =).

Come avevo già detto l'altra volta, questo capitolo è un capitolo di passaggio scritto per smorzare un po' di tensione, nel prossimo arriveranno già le prime sorprese.

Quindi bando alle ciancie ed eccovi le anticipazioni:


Anticipazioni: Capitolo 7: “Pensieri inopportuni”

Cominciano ad arrivare le prime nuvole eccovi un piccolo assaggio...


Catherine è più bella.

Si ritrovò a pensare prima ancora di rendersene conto.

Rimase un po' interdetto dei suoi stessi pensieri, come gli era venuta in mente una cosa del genere?


Ed ora i ringraziamenti

grazie mille a:


BVV:mi dispiace tantissimo per averti fatta aspettare. Giuro che non era mia intenzione! Tu che mi sostieni dall'inizio. Perdonamiiiiiii. Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, il momento di tenerezza? Bhè che dirti, ce ne saranno tanti altri, ma altrettanti... in cui è meglio mettersi al riparo =).Ci leggiamo con il prox aggiornamento! Baci.


___Yuki___: scusa scusa scusa scusa scusa!!!! E meno male che avevi scritto aggiorna presto, e invece guarda quanto ti ho fatta aspettare! Chiedo umilmente perdono! Catherine è così, un po' mansueta, un po' dolce, un po' pazza, un po' irritabile. Però le è mancata una guida nel momento in cui stava formando il suo carattere e quindi sta a Christian farle (anche) da padre. Se aspetti la rissa, oh bhè, sarai accontentata più volte, come hai già capito, questi due sono capaci di far scintille (in tutti i sensi... XD) Spero che tu abbia gradito anche questa ultima sfornata ( XD ) alla prossima! Baci.


E naturalmente anche alle 17 persone che l'hanno inserita nell preferite alle 23 che la stanno seguendo e a tutti quelli che ci hanno cliccato sopra concedendomi un po' del loro tempo.


Mi raccomando fatemi sentire le vostre voci perché ne ho bisogno.

Un bacio a tutti.

lilysol












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Capitolo 8
*** Pensieri inopportuni ***


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Capitolo 7

Pensieri inopportuni


Era passato quasi un mese da quando Christian aveva accettato l'incarico di tutore di Catherine.

Era già settembre inoltrato e l'apertura delle scuole si stava avvicinando.

Inoltre anche il trigesimo della morte di James era ormai prossimo, ma la ragazza non sembrava turbata né per l'una che per l'altra cosa.

"Insomma, non sei neanche un po' nervosa? Questo è il tuo ultimo anno!" - le chiese un giorno mentre consumavano il pranzo preparato come sempre da lei.

"No!" - rispose le giovane - "Piuttosto lo dovresti essere tu."

"E per quale motivo?"

"L'inizio della scuola equivale ad impegni, impregni a meno tempo e meno tempo ad addio specialità preparate da Catherine..." - fece un gesto di saluto con una mano mentre con l'altra enumerava il tutto sulle dite.

"Oh, i tuoi splendidi piatti come farò a vivere senza!" - la prese in giro.

"Bravo, bravo, ridi di me! - stette al gioco lei mentre sparecchiava – "Ma non venire a piangere da me poi!"

Christian rise divertito, era così bello scherzare con lei, anche se in genere si concedevano poco momenti come quello.

"Non mi lascerai morire di fame spero!" - disse poi osservandola lavare i piatti.

"No, certo che no! Non permetterei mai che accadesse una cosa simile al mio tutore. Dovrai solo rinunciare alle mie specialità ed accontentarti di qualche piatto ordinario"

"Sopravviverò..." - le rispose in tono vago – "Tu invece, ce la farai quest'anno?"

Aveva cambiato improvvisamente tono e anche la sua espressione si era fatta più scura, benché la ragazza non la potesse vedere.

"É già passato un mese, la gente ha parlato a sufficienza!" - disse come se la cosa non le importasse minimamente.

"Questo è vero, però io e te non ci siamo fatti vedere per niente in questo mese, ma appena ti vedranno, ricominceranno a parlare."

Catherine si asciugò le mani e si sedette accanto a lui.

"Hanno già parlato molto di me l'anno scorso, se hanno un po' di decenza, lasceranno mio padre e le sue scelte fuori dai pettegolezzi. E anche se non dovessero farlo" – aggiunse subito dopo vedendo che Christian stava per ribattere – "Sopporterò."

Il ragazzo le prese una mano e notò con piacere che Catherine non fuggiva più il suo tocco – "Non dovrai sopportare da sola." - le promise in tono grave.

Non l'aveva mai visto parlare così, con tanta sicurezza e con quell'espressione seria dipinta sul viso.

Sorrise grata ricambiando la stretta – "Allora preparati a sopportare i pianti copiosi di una diciassettenne infelice!"

Sorrise anche lui – "Sopravviverò anche a questo!"

Le sembrava estremamente fragile in quel momento, ma era perfetta nel proprio dolore.

Avrebbe tanto voluto sapere cosa stesse pensando in quel momento, ma sapeva chiedere troppo.

"Mi sembra impossibile che papà sia già morto da un mese..."

Erano state parole appena udibili, ma Christian le sentì bene e la guardò confuso.

Erano così strane quelle parole dette all'improvviso come se niente fosse.

Ma era proprio il tono vago con cui l'aveva detto, come se le avesse ripetute chissà quante volte, a renderle stupefacenti.

Non parlavano molto di James e ancora meno della sua morte.

All'inizio, Christian aveva anche provato a ricordarlo insieme a lei, ma aveva sempre evitato l'argomento in modo brusco e con il tempo ci aveva rinunciato.

"A me continua a sembrare tutto strano." - le fece eco cercando di non far trapelare il proprio stupore.

"Già..." - ammise la ragazza – "É incredibile come la vita possa cambiare da un giorno all'altro."

"Credo che noi due siamo gli unici individui al mondo che possano veramente dirlo!"

Catherine tirò su senza allegria un angolo della bocca - "Però almeno siamo insieme."

"Almeno." - ripeté lui. Avrebbero potuto aggiungere tante altre parole, ma sarebbero state inutili.

Catherine ancora sono si fidava completamente di lui, benché avesse accettato la convivenza, viveva nel terrore di una sua possibile fuga.

Christian non sapeva ancora come comportarsi con lei, senza sapere che se la giovane a volte tirava il freno nei suoi confronti, non era per cattiveria, ma solo per paura, se invece la vedeva gioiosa ed espansiva, in quei momenti era invasa da quell'antico sentimento che la inondava fin da piccola ogni volta che si trovava in sua compagnia, se infine era pensierosa ed assente, lo era perché i ricordi di quel periodo buio che aveva vissuto in sua assenza l'assalivano e non sa ne sarebbero mai andati.

Ma Christian tutte queste cose non le poteva sapere e, nel profondo, anche lui era angosciato dal timore che, il giorno in cui Catherine avrebbe compiuto diciotto anni, se ne sarebbe andata, ormai libera di vivere la propria vita.



"Hai preso tutto quello che ti serve?"

Alla fine il primo giorno di scuola era arrivato.

"Si tutto, compresa l'attenzione per le macchine e per i ragazzi!" - rispose anticipando le solite raccomandazioni.

"Sei sicura che non vuoi essere accompagnata?"

Catherine alzò gli occhi al cielo – "No."

Forse era la trecentocinquantesima volta che ripetevano quelle battute.

"Guarda che non mi secca accompagnarti." - provò ancora.

"Tranquillo, sono grande e grossa e so badare a me stessa." - incrociò le dita sperando che lui lasciasse perdere.

"E va bene..." - si arrese poco dopo – "Però fa' attenzione!"

"Come sempre!"

Libera da qualsiasi altra pressione, finalmente uscì di casa, ma non poteva mai immaginare che gli occhi vigili di Christian l'avevano seguita finché non sparì dietro l'angolo.



Doveva ammetterlo, la giornata senza Catherine passava lenta!

Di solito si alzavano tardi e finché si riprendevano dalla sonnolenza e si preparavano, era arrivata già ora di pranzo.

Sebbene non fosse uscito più da quando si era incontrato con Daniel, non si era annoiato neanche per un secondo in compagnia di Catherine.

A volte si limitava a guardarla mentre cucinava, si divertiva a seguirla con lo sguardo mentre svolazzava per tutta la cucina e si rilassava ad osservarla mentre eseguiva i passaggi più complicati con quell'aria concentrata.

In quei pochi momenti la vedeva davvero tranquilla e senza pensieri, ed era un piacere guardarla.

Sospirando annoiato, spense la televisione,

Era inutile marcire in casa, decise quindi di fare un giro per prendere un po' d'aria..

Andò senza pensarci al molo, famoso in tutto il mondo per la sua ruota panoramica.

Quel posto gli era sempre piaciuto, era lì che suo padre l'aveva messo per la prima volta su una tavola da surf.

La spiaggia era quasi deserta e si sentì sollevato.

Sapeva di essere al centro dell'attenzione da quando era tornato e certo non ne era felice.

"Ma tu sei Christian May!" - cinguettò qualcuno alle suo spalle.

Ma possibile che fra le dieci persone parse su un kilometro abbondante di spiaggia, qualcuno lo aveva riconosciuto?

Si voltò un po' scocciato – "Si sono io , e lei?"

Davanti a lui vi era una ragazza più o meno della sua eta, biondina, occhi scuri.

"Sono Kelly, Kelly Jefferson, non ti ricordi di me? Eravamo in classe insieme al liceo."

Kelly Jefferson.

Effettivamente gli suonava famigliare.

"Ora ricordo, scusa, sono passati tanti anni!"

In realtà non l'aveva ancora inquadrata, ma preferì mentire.

La ragazza gli sorrise – "Già, quattro anni sono abbastanza! Sei cresciuto, sei più carino!"

Ma ci stava provando con lui?

Improvvisamente si ricordò di lei.

Kelly Jefferson era una delle ragazze più carine della sua classe, la ricordava castana però, non bionda, ma per il resto corrispondeva ai suoi ricordi.

Ai suoi tempi, anche lui aveva pensato che Kelly fosse una bella ragazza, però adesso non riusciva proprio a capire cosa gli piacesse in lei.

Aveva un fisico slanciato, questo lo doveva ammettere, e anche il viso con gli occhi allungati e le labbra grandi, non era male.

Ma allora perché quella ragazza non gli diceva nulla?

Catherine è più bella.

Si ritrovò a pensare prima ancora di rendersene conto.

Rimase un po' interdetto dei suoi stessi pensieri, come gli era venuta in mente una cosa del genere?

"Tutto bene?" - gli chiese la ragazza notando che lui non parlava.

"Si" – rispose riscuotendosi – "Devo andare!"

Si alzò scattando e si ripulì dalla sabbia depositata sui vestiti.

"Ma mi lasci così?" - gli domandò corrucciata Kelly, il suo tentativo di abbordare il ragazzo di cui si parlava tanto, era andato a vuoto.

Christian che si era già precipitato lontano dalla ragazza si scusò.

"Vado proprio di fretta!" - le spigò – "Ci si vede!"

Non aveva più voglia di camminare e decise di tornare a casa.

Aveva pensato che Catherine fosse bella.

Non era tanto il pensiero in se a lasciarlo sbigottito, quanto la naturalezza con cui l'aveva pensato.

Non poteva pensare certe cose, era il suo tutore dopo tutto!

Che cosa avrebbe pensato James che gli aveva dato fiducia affidandogliela?

Appena tornato a casa, bevve velocemente un bicchiere d'acqua, prese un bel respiro e cercò di calmarsi.

Vide la cosa sotto un altro punto di vista.

Che male c'era, in fondo?

Se una ragazza è bella, e Catherine lo era, anche un padre lo ammette, perché lui non avrebbe dovuto farlo?

Più tranquillo si sedette sul divano e accese la televisione.

Mancavano ancora tre ore prima che Catherine rincasasse.

Sbuffò contrariato, che cosa avrebbe fatto intanto?



,; Il salotto di lilysol ;,


Olè! Sono tornata presto eh? Però visto che questo capitolo era già pronto era inutile tenermelo caro caro no? Allora per quanto il capitolo possa sembrare molto tranquillo e non importante ai fini della storia, non lasciatevi ingannare. Ormai il dubbio si è insinuato in Christian e d'ora in avanti lo tormenterà sempre fino a fargli credere di non essere la persona più adatta a prendersi cura di Catherine. Inoltre, dopo due capitoli così soft, preparatevi ad un capitolo molto... ehm come dire... scottante ;)

L'altra volta non l'ho detto, però Lucas, che si è solo nominato, sarà un personaggio molto importante. Kelly Jefferson, invece, è solo una comparsa, quindi se a qualcuno stava già antipatica nonostante le poche battute, non si deve preoccupare.

E adesso, visto che parlo sempre troppo, vi metto le anticipazioni!

Anticipazioni – Capitolo 8: “Attrazione”


Già, già, come si capisce dal titolo, in questo capitolo i pensieri appena accennati inizieranno a prendere forma e Catherine??? Secondo voi quali sono i suoi sentimenti?


"Io sarei persa senza di te."

Lo aveva detto con tanto ardore che la voce le si incrinò e gli occhi si accesero di una luce che non aveva mai visto prima.

Ne rimase spiazzato.

Vedeva i suoi occhi.

Vedeva e sue labbra.

I suoi occhi erano grandi e verdi, aveva le ciglia molto lunghe e la linea delle sopracciglia era elegante.

La labbra erano piene e dischiuse, il labbro superiore disegnava un cuore e aveva un piccolo neo sull'arco sinistro.

Non aveva mai notato queste piccolezze.

Forse perché non l'aveva mai vista da così vicino.

"Sei molto bella." - disse di getto.


Inoltre (ma quanto sto spoleirando????) tornerà, anche se non proprio fisicamente, una vecchia conoscenza di Catherine...


Ma adesso vi ringrazio come sempre dal più profondo! GRAZIE

grazie per aver recensito a:


BBV: Si si, sono molto teneri quando vogliono!ehehe Lucas? Io lo adoro, comparirà fra un po' a dir la verità, ma aiuterà molto Christian e Catherine e sarà profondamente legato a loro. Sono contenta che la storia continui a piacerti =) ci vediamo al prox capitolo che se mi sbrigo a correggere, arriverà abbastanza presto =) Baci


___Yuki___: Una storia??? Appena pubblico vado subito a leggerla! Purtroppo sono molto impegnata e mi limito a pubblicare e quando posso cerco di leggere le storie nuove, quindi hai fatto bene a dirmelo perché non essendo molto presente, molte volte mi sfuggono... Cmq collegare i due capitoli? Sai inizialmente era così, poi ho pensato che fino allo scorso, Christian era più impegnato a cercare di capire Catherine ed ad indagare sul suo passato, da questo vi è una svolta che segna una linea netta, magari il pathos è un po' calato, però mi sembrava una scelta più appropriata. Inoltre le emozioni forti ritorneranno già dal prox capitolo! Le scintille? Ci saranno, ci saranno, però scintille pacifiche, per adesso facciamoli andare d'accordo, arriverà il momento in cui si scanneranno! Al prox capitolo Baci


BlueSmoke: Sono contenta che l'idea ti piaccia anche perché è piuttosto particolare e le tematiche non sono certo delle più leggere. Ovviamente apprezzo anche i complimenti sullo stile, ehm, penso che sia una delle cose più belle che un autore si possa sentir dire. Christian è nato per fare tenerezza, è vero che gli uomini strafighi piacciono, però lui tutto coccoloso fa la sua figura!Meno male che non trovi antipatica Catherine, era uno dei miei più grandi timori perché se non piace la protagonista che storia è? Grazie ancora per la recensione alla prox!Baci


Bene e ovviamente un grande grazie alle 19 persone che hanno inserito la storia nelle preferite e alle 27 che la stanno seguendo e anche a chi ha semplicemente letto.

Un grande bacio vi do appuntamento al prox capitolo.

lilysol



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Capitolo 9
*** Attrazione ***


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Capitolo 8

Attrazione

 

Verso le cinque del pomeriggio, Catherine rincasò.

 "Ma insomma!" - sbottò subito Christian quando le fu subito davanti – "Dove diavolo sei stata? Ero già sul punto di chiamare la polizia!"

"Scusami, ho avuto da fare..." - rispose lei abbassando la testa – "Vado un attimo in bagno e ti preparo qualcosa da mangiare, sarai affamato!"

"Non è per il pranzo, ma ti rendi conto di che ore sono? Potevi almeno avvertire no?"

"Si hai ragione, scusami." -rispose, poi si guardò attorno in cerca di una via di fuga. Era nervosa e gli stava sicuramente nascondendo qualcosa – “Vado.” – esclamò poi  e si precipitò verso le scale.

“Ehi aspetta!” – la bloccò – “Cos’è tutta questa fretta?”

“E cos’è tutto questo sospetto?” – ribatté lei dandogli le spalle.

Christian prontamente la fermò ancora. Non era da lui essere così insistente e noioso, ma quando si trattava di Catherine, cambiava totalmente diventando un’altra persona. Per questo le pose una mano all’altezza della spalla per fermarla, un gesto semplice e da cui mai si sarebbe aspettato l’urlo di dolore che seguì.

“Cosa… Cos’hai?!” - chiese sgomentato.

“Niente.” – rispose la giovane massaggiandosi un po’ il punto incriminato.

“Non prendermi in giro!”Cosa ti è successo?”

La fece voltare, questa volta però, prendendola delicatamente per le braccia.

“Ti ho detto che non ho niente!” – si inviperì a quel punto Catherine e strattonò con forza le sue mani per divincolarsi dalla sua presa.

“Dimmi subito cos’hai Catherine, o davvero mi vedrai arrabbiato come mai prima d’ora.”

La gentilezza che lo aveva sempre caratterizzato, l’aveva abbandonato in quel preciso istante, non si trattava più di girare intorno al problema, quello era un ordine in piena regola.

La mora se ne accorse e si voltò nella sua direzione, cedette alle sue pressioni, ma le fiamma dell’orgoglio erano ancora vive nei suo occhi.

“Avanti!” – ordinò ancora Christian vedendo che lei non faceva altro che guardarlo come una gatta irosa.

Sempre con quello sguardo pieno di sfida, la ragazza si portò entrambe le mani sull’orlo della maglia – “Perché non vedi con i tuoi stessi occhi?” – sibilò e prima che lui ebbe modo di comprendere le sue parole, la maglietta era già ai suoi piedi.

In un primo momento Christian distolse lo sguardo imbarazzato.

Cosa pensava di concludere con quell’atteggiamento?

Di metterlo in difficoltà?

Di averla vinta ancora una volta?

No, questa volta sarebbe stato diverso.

Si avvicinò cercando di controllare il nervosismo che gli aveva attanagliato lo stomaco che aveva reso i suoi nervi un fascio pronto a scattare.

Lì, fra la scapola e il braccio vi era un ematoma pesto e gonfio che deturpava il candore di quella pelle e più in giù all’altezza dello stomaco, un altro genere di ferita, un graffio abbastanza lungo, ma fortunatamente poco profondo, che percorreva il ventre fino a quasi l’ombelico.

“Ti prego, calmati.” – lo anticipò Catherine vedendo che l’espressione sconvolta  stava lasciando posto ad una maschera furiosa.

“Chi è stato?” – sibilò Christian in risposta.

“Se non ti calmi …”

“Chi ti ha ridotto così?!” – urlò a quel punto non riuscendo più a controllarsi.

Catherine sobbalzò e arretrò per istinto – “Christian …”

Ma il giovane ormai vedeva solo quel livido nero e la ferita sulla pancia, la violenza l’aveva sempre disgustato, la violenza sulle donne e sui bambini, poi, lo rendeva una bestia. Tuttavia l’espressione terrorizzata di Catherine sembrò sedare buona parte della sua ira. Non voleva farle paura, voleva solo sapere e poi ridurre in polvere colui che aveva osato anche solo sfiorarla.

“Catherine.” – disse addolcendo il tono della voce, ma dato che la ragazza non accennava ad avvicinarsi, le andò lui incontro. La prese per le spalle, attento a non toccarle la zona deturpata e fece posare il capo corvino sul suo petto – “Scusami se ti ho spaventato, ma quei segni su di te.” – su fermò perché parlare gli costava parecchio.

“Io non pensavo che arrivasse a tanto, mi aveva chiesto di parlare, pensavo che mi fossi liberata di lui. Non credevo che arrivasse a tanto.” – ripeté nel pieno di una confessione dettata per buona parte dall’allentarsi dello shock.

“Chi? Chi è stato?”

“Nicolas.” – ammise in un soffio.

“Nicolas? Nicolas Cook?”

“Si.”

In un primo momento l’idea che gli balenò in mente fu quella di prendere le chiavi della macchina, mettersi alla guida e cercare quel verme anche se avesse dovuto rovistare nell’angolo più sconosciuto di Santa Monica. Rovistare, sì, come si fa con i rifiuti. Poi però il corpo di Catherine che teneva stretto fra le braccia gli ricordò che non poteva lasciarla sola.

“Forse è meglio se vai in camera tua Catherine.” – riuscì a biascicare strisciando le parole con fatica.

“No, voglio stare con te.”

Christian inarcò le sopracciglia sorpreso – “Cosa?”

La ragazza sollevo lo sguardo puntando gli occhi verdi e screziati in quelli scuri di lui – “Adesso voglio stare solo con te.” – ripeté con decisione.

Christian annuì, incapace di fare altro, poi dandosi mentalmente dell’idiota si rese conto che la stava fissando senza dire nulla  da circa qualche minuto anche se neanche lei sembrava essersi  accorta del tempo che scorreva.

“S-sarà… Sarà meglio medicare quelle.” – si riprese indicando con un cenno sbrigativo della mano i segni che quell’idiota le aveva lasciato – “Aspettami in salotto arrivo subito.”

“Le medicine sono nel secondo cassetto del mobile del bagno.” – gli ricordò Catherine.

Il giovane si fermò con un piede già sul primo scalino, sorrise furbo, ricordando tutte le volte che Catherine gli aveva medicato le piccole ferite in un tempo che ormai sembrava che non fosse mai appartenuto a loro – “Lo so.” – le rispose mentre gli occhi gli brillavano di nostalgia  e lei gli regalò un piccolo sorriso confuso e imbarazzato.

 

“Eccomi!” – esclamò Christian dopo circa un quarto d’ora mentre portava fra le braccia bende, pomate, disinfettante e cerotti – “Scusa il ritardo, ma non sapevo bene cosa prendere.”

Catherine non gli risparmiò un occhiata di scherno, anche se vedendo rosso in viso, non osò commentare.

“Lo sai che sono apprensivo e quando centri tu mi lascio prendere la mano!” – si sentì in dovere di giustificare.

“Non ho detto nulla!”

“Allora vedi di far tacere i tuoi occhi! Sono sempre maledettamente troppo sinceri!” – continuò boccheggiando a disagio.

“Agli ordini!” – scherzò la mora stendendosi meglio sul divano –“Allora cosa devo fare dottore?”

Il rumore sordo dei medicinali soffocato dal parquet fece capire che Christian non aveva preso bene la provocazione.

Catherine alzò lo sguardo intimidita – “Scusami.” – mormorò – “Prometto che faccio la buona, ma non ti arrabbiare.”

Christian sospirò, evidentemente lo scatto di ira precedente doveva averla segnata molto più di quanto avesse potuto immaginare.

“Non preoccuparti.” – la rassicurò anche se il suo tono era vagamente sconosco lato – “È solo che questo tuo modo di reagire, mi lascia completamente spiazzato. Ti sento così distante Catherine. Ogni singolo istante ti vedo sempre più cambiata da come di ricordavo io. Anche quel tuo mesto tentativo di nascondermi la verità, non l’avresti mai fatto in passato.”

“Sono cambiate tante cose.” – si giustificò lei.

“Lo so, e non ti sto chiedendo di far finta che il tempo si sia fermato a quattro anni fa, ma pensavo che avessi cominciato a fidarti di me. Per esempio, perché non ti sfoghi con me, perché ti ostini a far finta che vada tutto bene?” – aveva un tono stranamente pacato, rassegnato, ma le sue parole perforarono i timpani di Catherine più delle grida più acute.

“Mi aveva semplicemente chiesto di parlare.” – mormorò stropicciando fra le sue mani un angolo del cuscino posato sul divano.

“Non devi sentirti costretta Catherine, non è quello che voglio.” – si sedette vicino a lei con quell’aria afflitta che ancora gli intristiva lo sguardo.

“Ho acconsentito perché pensavo che in pieno giorno, fra tutta quella gente, ma anche perché non mi sarei mai aspettata niente di simile da lui.” – continuò imperterrita nel suo racconto. Le era difficile dirgli  - non lo faccio perché costretta, ma perché è vero, ho dannatamente bisogno di te. – e sperò con tutta se stessa che almeno in parte lui potesse cogliere il vero motivo che la stava spingendo a raccontare tutto.

Christian non fece più domande e imbevendo un batuffolo di ovatta di disinfettante iniziò a medicarla.

“Mi ha detto che era disposto a dimenticare tutto, del mio tradimento intendo, che se fossi stata disposta a tornare con lui, sarei stata ancora la sua preferita.” – sibilò con disgusto.

“Tradimento?” – soffiò il giovane senza smettere di curarla, per qualche strana ragione la sua mente si era inceppata a quella parola. Agli occhi della gente dovevano sembrare una coppietta felice, soprattutto dal momento in cui Catherine aveva lasciato Cook e la voce si era sparsa.

“Lui tende ad identificare ciò che lo riguarda strettamente come suo. Sarebbe anche romantico e indice di un amore passionale, se questa sua tendenza non implicasse trattare alla stregua di oggetti le persone che sono disposte a stare con lui.”

“Continua.”

“Gli ho detto che poteva scordarselo.” – soffiò – “Cos’è quel mezzo sorrisetto?” – chiese inviperita notando il ghigno sarcastico del giovane.

“Niente, è che sei terribile!” – scosse la testa metà fra il divertito e il costernato – “Continua.” – ripeté poi.

“E ha tentato di baciarmi.”

La mano di Christian si fermò  e senza parlare le fece capire che attendeva il seguito del racconto.

“Ovviamente mi sono ribellata!Cosa credi?!” – esclamò scandalizzata dall’espressione accusatoria dipinta sul viso a cui tanto voleva bene.                                                                                

“Cosa hai capito?!” – si difese lui – “Voglio sapere cosa è successo dopo.”                              

“Bhè, si è incavolato, non ricordo bene cosa abbia detto. Se l’è presa anche con te.  Per fortuna che è arrivato Daniel…”                                                                                                            

“Daniel?” – si strozzò – “E che diavolo ci faceva lì?” – chiese appena riprese l’auto controllo.                            

 “Ha detto che era venuto a parlarmi perché voleva vedere come andavano le cose fra me e te.” – si lasciò sfuggire un sbuffo contrariato – “In certe cose è proprio come te! Seccante, pesate e con l’aria da vecchietto vissuto!”                                                                                                            

“Perché anche lui ti vuole molto bene. Ricordami di fargli una statua per tutti i momenti in cui ti è stato vicino.”                                                                                                                                    

E che a quanto continuino ad essere piuttosto frequenti anche adesso.”                                                             

Questo però non lo disse,adesso voleva dire presente e il presente era lui, ci avrebbe pensato lui d’ora in avanti.                                                                                                                                     

 “Christian?” – lo chiamò Catherine sovrapponendo la sua mano piccola a quella grande di lui – “Tutto bene? Sembri pensieroso?”                                                                                                             

Il giovane sobbalzò – “Tutto bene.” – sorrise – “Bene questo sulla pancia è andato, passiamo ala spalla.”                                                                                                                                       

“Ma è solo un livido!”                                                                                                       

“Fino a prova contraria il dottore sono io, tu limitati a fare quello che ti dico!”                          

Catherine sbuffò, tuttavia non poté trattenere un sorriso divertito. Stava per rispondergli, ma le parole le morirono in gola quando aveva sentito la mano di Christian toccarle delicatamente la spalla e spalmare la pomata su tutta la zona pesta.                                                                          

“Dimmi se ti faccio male.” – si premurò il ragazzo che cercava come sempre di  non causarle il minimo dolore.                                                                                                                       

La giovane annuì senza neanche capire bene cosa lui le avesse detto. Chiuse gli occhi ispirando forte, era piacevole ricevere da lui tutte quelle attenzioni, sentire quella mano grande  e fredda strofinarsi con la sua pelle calda e insieme creare un rilassante e tiepido benessere che si diffondeva in tutto il suo corpo.                                                                                                                          

Nel momento in cui Christian le toccò un punto particolarmente sensibile, per riflesso inarcò la schiena verso di lui e le sfuggì dalle labbra un gemito.                                                              

“S-scusa…”  - rantolò lui con la voce improvvisamente più roca.                                                

“Non, non mi hai fatto niente è che sono tutta un fascio di nervi.”                                             

I loro sguardi erano incatenati, si guardavano rapiti, come se si stessero vedendo per la prima volta. Christian si sentì andare a fuoco, le orecchie gli bruciavano e non riusciva più a distinguere bene forme e colori, come se in quel momento lui e Catherine si trovassero in una bolla di sapone. Abbassò lo sguardo rompendo l’atmosfera, ma incapace di sostenere ancora un secondo in più quegli occhi verdi che ardevano come braci. Tuttavia se ne pentì subito, aveva completamente dimenticato che Catherine era senza maglietta e la vista di quel candore troppo vicino, lo travolse come un ciclone.                                                                                                                        

“Christian, sei tutto rosso e stai tremando!” – gli fece notare lei.                                                                         

“Sarà per lo spavento che mi hai fatto prendere!” – cercò una scusa plausibile, ma le parole gli uscirono confuse e tradirono il suo turbamento.

“Sono un vero disastro”

Quattro parole appena pronunciate, ma così cariche di rammarico che il giovane non poté fare a meno di guardarla.

Aveva un’espressione corrucciata e il labbro inferiore era sospinto in avanti in un tenero broncio.

“Catherine, non dire così!” – cercò di dire. Era completamente in difficoltà e in più non capiva a cosa si stesse riferendo la ragazza, ma probabilmente in quella situazione non l’avrebbe capita nemmeno se si fosse messa a fare lo spelling di ogni singola parola

“Allora mi perdoni?” – allargò gli occhi fissandolo supplichevole.

“Per cosa?”

La giovane fece forza sui gomiti e si mise seduta avvicinandosi a lui con il busto, Christian arretrò impaurito, ma aveva ancora una mano sulla spalla di Catherine e lei ne approfittò mettendoci sopra la propria per bloccarlo.

“Catherine” – perché aveva la sensazione che lei lo avesse incastrato un’atra volta?

“Ti creo sempre tanti problemi, ma tu continui a rimanermi vicino e a tirarmi fuori dai guai, grazie Christian, davvero.”

I suoi occhi erano sinceri, non ce la faceva a credere che lo stesse ingannando ancora.

“Io…” – trascinò con fatica, ma si ammutolì subito dopo, non sapendo che altro dire.

Senza che se ne fosse neanche reso conto, si era sporto anche lui e la fissava diritta negli occhi.

“Catherine.” – riuscì a esordire con voce tremante – “Tu non sei un problema per  me, ti cacci spesso nei guai e mi fai preoccupare altrettante volte, ma io lo so che anche se appari forte, tu hai ancora bisogno di me e questo mi rende immensamente felice, dico davvero.”

"Io sarei persa senza di te."

Lo aveva detto con tanto ardore che la voce le si incrinò e gli occhi si accesero di una luce che non aveva mai visto prima.

Ne rimase spiazzato.

Vedeva i suoi occhi.

Vedeva e sue labbra.

I suoi occhi erano grandi e verdi, aveva le ciglia molto lunghe e la linea delle sopracciglia era elegante.

La labbra erano piene e dischiuse, il labbro superiore disegnava un cuore e aveva un piccolo neo sull'arco sinistro.

Non aveva mai notato queste piccolezze.

Forse perché non l'aveva mai vista da così vicino.

"Sei molto bella." - disse di getto.

Vide la sorpresa prendere il sopravvento  nei suoi occhi e riflessa in essi vedeva la propria.

“Grazie.” – mormorò imbarazzata  Catherine abbassando lo sguardo in un gesto pudico.

Libero dall’incantesimo con cui lei lo aveva incatenato, il ragazzo si rese conto della portata delle proprie parole.

Quei pensieri che lo avevano lasciato perplesso poche ore prima e che l’avevano assillato per tutto il tempo seguente, alla fine si erano rivelati.

Vide gli occhi timidi di lei salire fino ad incrociare i propri – “Tu sei sempre stato bello per me.”

E adesso che fare?

Perché i suoi occhi continuavano a vagare senza sosta su quelli verdi di lei, sulla sua bocca rosea, poi ancora su quelle pozze umide e nuovamente su quei boccioli dischiusi.

La vedeva vicina.

Gli bastava sporgersi un poco per poter condividere con lei la stessa aria e poi ancora un poco…

Il rumore metallico di un cellulare li interruppe bruscamente ed entrambi sobbalzarono. Questa volta la bolla era scoppiata per davvero.

Christian continuava a fissare la ragazza ammaliato e confuso, non capiva bene la situazione, soprattutto non capiva il perché di quanto stava per succedere.

“Faresti meglio a rispondere.”

La voce di Catherine lo riportò con i piedi per terra. Scrollò la testa sperando di liberarsi dall’ultima traccia di confusione, estrasse il cellulare dalla tasca e lesse silenziosamente il nome sul display.

Daniel

“Scusa un attimo.” – disse dirigendosi in cucina, sia per allontanarsi da quel corpo tentatore, sia per potersi calmare, almeno in minima parte, durante il breve tragitto.

“Pronto?”

“Christian!” – urlò praticamente il suo amico  - “Stavo per riattaccare!”

“Si scusami, avevo lasciato il telefono in un’altra stanza e ci ho messo un po’”

“Catherine?” – chiese  all’improvviso il suo amico, forse neanche aveva ascoltato le sue giustificazioni, aveva fretta, l’aveva capito dal tono e Daniel a differenza sua, non tergiversava mai se l’argomento gli stava piuttosto a cuore.

“È di là, in salotto.” – rispose secco, poi resosi conto di essere stato un po’ troppo brusco, si affretto a chiedere – “Vuoi che te la passi?”

“No no! Volevo parlare con te.” – lo sentì prendere un bel respiro –“Oggi è successo qualcosa che devi assolutamente sapere.”

“So già tutto.” – lo interruppe usando nuovamente quel tono scortese, ma gli dava fastidio sapere che anche Daniel dubitasse della fiducia che Catherine nutriva nei propri confronti. Era vero, aveva dovuto insistere un po’ per sapere la verità, ma alla fine lei aveva confessato tutto.

“Bene, allora le spiegazioni non servono.”

Se il tono che Christian aveva usato l’aveva in qualche modo ferito, non lo diede a vedere.

“Ti devo ringraziare Daniel, se non ci fossi stato tu…”

“Non è per questo che ti ho chiamato, non voglio spiegazioni.” – il suo tono era diretto, sotto questo aspetto erano molto simili lui e Daniel. Quanto una cosa li infastidiva diventavano di ghiaccio entrambi, e il fatto che Cook avesse osato toccare Catherine doveva aver infastidito il suo amico parecchio.

“So già cosa stai per chiedermi, la risposta è no, me ne occuperò io.”

“Insisto Christian, per me non sarebbe un problema accompagnarla e andarla a prendere.”

“No.”   - ripeté Christian ancora più risoluto – “Lui si è sfogato su Catherine, ma vuole me. Gli darò quello che si merita e dopo ci lascerà in pace, ma finché non lo affronto, questa storia non si potrà mai dire conclusa.”

Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante, fu Daniel a parlare per primo.

“Non so…” – fece con tono pensoso – “Sei sicuro di poter reggere la situazione, la gente parlerà molto, più di quanto già non stia facendo.”

“La gente può dire quello che vuole. Sono stanco di fuggire dalle sue cattiverie. Il veleno sputato dai pettegoli è tanto più mortale quanto più ci si agita, alla fine basta solo accettare di essere stati morsi e tutto torna a posto, dopo un po’.”

“Sono più tranquillo.” – disse Daniel allentando la tensione della voce – “Ora so che posso affidartela senza problemi, cerca di mantenere sempre questo atteggiamento, Christian, qualunque cosa accada.”

“Farò qualunque cosa per ridarle la serenità.”

“Chissà che tu non ci stia già riuscendo.” – mormorò quasi in un sussurro e le sue parole si persero all’interno della cornetta.

“Che cosa?”

“No, niente lascia perdere. Bene amico devo proprio andare. Fatti sentire più spesso e tienimi informato, anche se in questa cittadina di pettegoli non tarderò a sapere se combini qualcosa.” – scherzò un po’.

Christian sorrise, anche se avevano affrontato una questione tanto serie, anche se le sue promesse erano sembrati più dei giuramenti solenni, il suo amico era riuscito a farlo sorridere ancora una volta.

“Ciao Daniel e grazie ancora.”

“Non c’è di che. Ciao amico.”

Riattaccò sospirando e percorse a ritroso il tragitto per arrivare in salotto.

In quei brevi istanti la sua mente, che fino a dieci minuti prima si era completamente svuotata, riprese a pensare febbrilmente a quanto accaduto con Catherine. O meglio a quanto stava per accadere. Fin dove si sarebbero spinti se il cellulare non gli avesse interrotti?

Non voleva ammettere la risposta, ma continuava ad avere davanti gli occhi e le labbra dischiuse di Catherine.

Si avviò in salotto raccogliendo un briciolo di lucidità.

“Eccomi, scusami tanto.” – esordì.

Tuttavia non ricevette risposta e mentre si avvicinava notò che la ragazza si era assopita.

Poverina , si ritrovò a pensare.

Lo stress che aveva subito doveva essere stato sfiancante. Fremette soltanto al pensiero di Nicolas Cook che la toccava, ma ricacciò indietro quel pensiero molesto, si doveva occupare solo di Catherine in quel momento.

Prese la ragazza in collo e si avviò su per le scale verso la camera di James che ormai da qualche tempo condividevano.

“Christian” – si lamentò.

Evidentemente il movimento ondulatorio doveva causarle fastidio, diminuì l’andatura e le sussurrò dolce – “Dormi Catherine.”

“Ma il pranzo.”

“Dormi.” – ripeté.

Entrò nella stanza cercando di scuoterla il meno possibile e la depose sul letto.

Stava per uscire, quando ci ripensò.

Aveva ancora il busto scoperto, non che facesse freddo, ma ottobre era comunque alle porte e i raffreddori di quel periodo erano frequenti.

Così prese un lenzuolo dall’armadio e la coprì sorridendo intenerito.

“Christian.” – lo chiamò lei.

“Dimmi.” – rispose pensando che si fosse svegliata, ma Catherine non disse più nulla.

Le accarezzò una guancia e le scostò un ciuffo corvino che era ricaduto sulla bocca semi aperta.

Era premuroso con lei, come un fratello maggiore, era geloso di lei, come un fratello maggiore, si preoccupava per lei, come un fratello maggiore.

Era solo questo per lei, questi i sentimenti nei suoi confronti, nulla di più.

Quell’atmosfera che si era creata poco prima non significava nulla.

Catherine era molto bella, era normale che si sentisse attratto da lei. Certo, i fratelli maggiori non avrebbero dovuto sentirsi così, ma lui non era propriamente suo fratello, quindi tutto normale, tutto lecito, niente di cui preoccuparsi.

Sorrise soddisfatto di aver trovato un compromesso che di logico, in realtà, aveva ben poco.

Uscì da quella stanza apparentemente sedato dalle spiegazioni che era riuscito a darsi.

Catherine dal canto suo dormì per tutto il resto del pomeriggio e buona parte della sera. Si destò verso le due di notte e subito controllò  che Christian fosse vicino a lei.

Tirò un sospiro di sollievo scorgendo nel buio la sagoma del corpo del ragazzo, poggiò il capo sul cuscino e la sua attenzione fu attratta dalla mano del ragazzo a pochi centimetri dal suo viso. Si incantò a guardarla e le parve, a metà fra il ricordo e il sogno, di aver sentito il tocco leggero di quelle dita sulla sua guancia quando Christian l’aveva depositata sul letto nel pomeriggio.

Chiuse gli occhi cercando di riaddormentarsi, si disse che probabilmente era stato tutto frutto della sua immaginazione aiutata dai fumi del sonno.

Sì, doveva essere sicuramente così… O forse no?

 

:. Il salotto di lilysol.:

Ho quasi paura di entrare… ODDIO SCUSATE IL RITARDONE. Non cercherò scuse, è vero che il computer si era guastato e che i miei dati mi hanno fatto ciao ciao, ma il ritardo è dovuto soprattutto alla scarsa voglia di riscrivere qualcosa che avevo ormai già steso nero su bianco. Inoltre mi ero anche allontanata dal sito, ma grazie al vostro incoraggiamento a non mollare, la voglia mi è tornata.

Bene diciamo che per farmi perdonare ho postato un capitolo bello lungo e denso di eventi. Spero che mi riaccoglierete fra di voi (la figlia prodiga) e che continuerete a seguire la storia.

Vi metto le anticipazioni del prossimo capitolo.

Capitolo 9 – Lo scontro.

“Che diavolo ci fai qui?” – sbraitò la mora – “Pensavo che dopo ieri…”

“Così tu saresti Cook!” – la voce dura di Christian la interruppe.

“E tu saresti quello che mi ha rubato la mia bambolina preferita!” – gli rispose quello a tono.

“Non ti azzardare a chiamarla così!”

Ecco chi è la conoscenza di cui vi avevo parlato la scorsa volta e che in questo capitolo è stata introdotta. Nel prossimo avrete anche il piacere (o il dispiacere dipende dai punti di vista) di conoscerlo.

Ma passiamo ai nostri due protagonisti, finalmente si stanno avvicinando un po’, speriamo che non vadano a fuoco ogni volta che incrociano gli sguardi altrimenti mi costringeranno ad alzare il raiting che NB ho già alzato da Giallo ad Arancione per via delle tematiche  che si affronteranno. In ogni caso, a parte gli scherzi, la storia non è stata proprio concepita a raiting rosso quindi potrete continuare a seguirla tutti.

E adesso passiamo ai ringraziamenti.

Innanzi tutto un caloroso grazie grande come il mondo a DreamsBecameTrue, xsemprenoi, ___Yuki___ e Marie_92 che mi hanno cercata interessandosi alla fan fiction anche quando oramai sembravo dispersa.

Una statua in marmo di Carrara sta arrivando pronta pronta per Marie_92 che ieri mi ha dedicato il suo tempo e ha ideato quella bellissima firma di MayGrey che avevo in mente da un po’, ma che data la mia ignoranza nell’uso di Photoshop, non ho mai potuto realizzare e invece lei appena ho dato le foto è riuscita a rendere esattamente la mia idea al primo colpo. Davvero grazie tantissimo e complimenti! A prposito  lei è Evangeline Lilly  la "Kate" (sarà un caso ?) di LOST  lui invece è Josh Hartnett , l'indimenticabile "Danny" di Pearl Harbor, ma ovviamente sono volti indicativi voi potete immagginarli come meglio credete.

E poi ovviamente un grazie che ne vale 1000 a coloro che hanno recensito:

___Yuki___ : alla fine non sono scomparsa ed eccomi qui! Mi sa tanto che per Christian ne dovrai sventolare di bandierine se vuoi che ci dia dentro, è proprio un broccolo, ma gli vogliamo bene anche per questo. Grazie per non aver abbandonato la ficcy e spero vivamente che continuerai a seguirla. Grazie davvero al prossimo capitolo. Baci

DreamsBecameTrue: ADORO, no che dico? AMO (xD)   le recensioni come le tue riempiono di soddisfazione. Davvero è stata una delle prime fiction che hai letto? Sono contenta che tutto ti piaccia, soprattutto Christian che non è il solito figo che fa stare male e se per caso ferisce Catherine, lui è il primo a soffrirne. Bene scusa come sempre il ritardo cercherò di non farlo più!Grazie per la recensione alla prossima!Baci

Marie_92: Allora come ho già detto la statua la stanno portando xD va bè a parte gli scherzi sono contenta di averti fatto venire gli occhi lucidi qualche volta, significa che almeno non scrivo piatto come una tavola xD spero di averti fatto felice pubblicando finalmente questo capitolo. Adesso ci occuperemo della  RPR (ricerca personaggi reali) [noi non ci arrenderemo mai! è_é] ahahahahxD baci

E ovviamente le 20 persone che hanno continuato a tenere la storia nei preferiti, le 30 che la stanno seguendo e tutti coloro che l’anno letta.

Un  bacio a tutti e vi aguro di trascorrere bellissime feste.

BUON NATALE A TUTTI

Alla prossima!

lilysol

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Capitolo 10
*** Lo scontro ***


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Capitolo 9

Lo scontro

 

La mattina seguente entrambi evitarono accuratamente di parlare del pomeriggio precedente e consumarono in silenzio  la colazione.

“Oggi ti accompagno io.” – esordì Christian  alzandosi e prendendo le chiavi della macchina.

“È per quello che è successo ieri, vero?E dai non ce n’è bisogno!”

“Per una volta potresti essere d’accordo con me?” – imprecò  - “Ad ogni modo, vuoi o non vuoi, oggi ti accompagno io e la questione è chiusa!”

Sentì solo uno sbuffo seccato provenire dalle labbra della ragazza, ma lo ignorò ed uscì dicendole –“Ti aspetto in macchina!”

 

Lo guardavano tutti, proprio come era successo la mattina.

Quando erano arrivati nei pressi della scuola tutti avevano cominciato a fissarli, alcuni l’avevano riconosciuto, altri avevano dedotto chi fosse, alla fine, Santa Monica aveva conosciuto il Christian May di cui tanto si parlava.

E adesso la situazione si stava riproponendo, alcuni avevano anche la faccia tosta di indicarlo.

Non osava nemmeno immaginare quello che era costretta a subire Catherine.

Proprio quest’ultima si avvicinò con passo  veloce alla macchina e salì sbattendo la portella con violenza.

“A questo mi riferivo quando ti supplicavo di rimanere a casa! imbarazzante!” – sbraitò.

“Di loro non mi importa e non dovrebbe importare neanche a te, o sbaglio?”

Non era lei quella che si lasciava scivolare addosso le chiacchiere della gente?

“L’imbarazzo c’è comunque e tu lo fomenti!” – lo accusò.

“Catherine non mi interessa! Quello che voglio è che tu ritorni a casa possibilmente tutta intera!”

“A volte sei veramente noioso, non ti ricordavo così.” – gonfiò le guance offesa e si voltò a guardare il finestrino.

“Con il tempo si cambia.” – disse con naturalezza mettendo in moto, ma in realtà, dentro di sé, si congratulò con se stesso per averle rifilato la frase che Catherine ripeteva in continuazione.

“Immagino che io sia l’ultima sulla faccia della Terra che possa discutere su questo!” – rispose infatti lei facendogli intendere che aveva colto l’allusione nei suoi confronti.

Christian le rispose alzando le spalle per simulare un gesto vago, ma la sua espressione era piena di soddisfazione, era così raro riuscire a metterla nel sacco.

“Ti decidi a partire si o no?” – urlò a quel punto lei per cercare stendere un velo sul colpo basso subito.

“Ehi, ehi! Non così in fretta!” – esclamò una voce proveniente fuori dall’abitacolo ed entrambi si voltarono verso il finestrino.

“Nicolas…” -  constatò con orrore Catherine e si portò una mano alla bocca.

Quello sorrise sarcastico in risposta.

“Che diavolo ci fai qui?” – sbraitò la mora – “Pensavo che dopo ieri…”

“Così tu saresti Cook!” – la voce dura di Christian la interruppe.

“E tu saresti quello che mi ha rubato la mia bambolina preferita!” – gli rispose quello a tono.

“Non ti azzardare a chiamarla così!”

Era calmo mentre parlava, ma la sua voce era tagliente come le lame di un rasoio.

“Perché non scendi dalla macchina e facciamo due chiacchiere?” – lo provocò.

“Va bene, però poi tu lasci in pace me, Catherine e tutto quello che ci riguarda.”

Stava per scendere, ma la mano di Catherine lo bloccò.

“Non andare Christian, non ne vale la pena.”

“Tranquilla, lo sistemo e ce ne andiamo.” – cercò di rassicurarla, ma si vedeva che era tesa e per niente tranquilla.

“Allora, Cook, di cos’è che volevi parlarmi?” – gli chiese quando lo fronteggiò.

“Sai May, ti ho promesso che ti avrei lasciato in pace, ovviamente se ne uscirai vivo.”

“È  una minaccia?”

Non gli era mai piaciuto quel tipo e non era cambiato per niente in quei quattro anni.

Stessi capelli biondi tenuti sempre rasati, il piercing sull’arco dell’occhio destro, i tatoo tribali e gemelli su entrambe le braccia e quegli occhi chiari e pieni di sé.

“Una minaccia? No, le minacce sono un po’ troppo enigmatiche, io invece sono chiaro come il sole. Mi stavo appunto chiedendo se prima ti gonfio e poi mi riprendo la bambolina o il contrario.”

“Che ne dici, invece, se io ti gonfio, tu sparisci e io mi riprendo Catherine che non è e non sarà mai la tua bambolina?”

Cook sghignazzò sguaiato tirandosi dietro i suoi amici colossi che osservavano la scena in disparte – “  divertente vero? Ha dello spirito questo May!”

Christian sorrise di rimando.

“Bene May, Catherine ti ha mai raccontato come ci davamo da fare insieme?”

“Catherine non sventola ai quattro venti gli errori di cui si vergogna.”

Questa volta Nicolas non rise – “È davvero un peccato! Ogni volta con lei era speciale per questo non te la voglio cedere tanto facil…”

Si ritrovò Christian improvvisamente vicino e che lo afferrava per il colletto – “Non ti permetto di parlare di lei in questo modo.” – gli soffiò.

Lo prese di peso e lo sbatté violentemente contro il cofano della macchina – “E ti consiglio di dire ai tuoi amici di starsene buoni ai loro posti se non vuoi fare davvero un brutta fine!”

Cook perse metà della sua sicurezza – “Ragazzi non c’è bisogno del vostro aiuto.”

Christian sapeva benissimo che tipo di persona fosse Cook, uno di quei bulli che si gonfiano facendo leva sulle paure altrui, ma che di fronte a qualcuno che ha il coraggio di affrontarli, si sgonfiano come palloncini.

“Ora stammi bene a sentire Cook!” – continuò il moro – “Lascia in pace Catherine, non mi interessa  cosa sia successo fra voi in passato, ma adesso lei non vuole avere più niente a che fare con te, intesi?”

“Ma tu che cavolo vuoi?!” – esclamò il biondino raccogliendo quel briciolo di orgoglio rimastogli – “È per caso la tua ragazza?”

Christian sentì immediatamente che tutti gli occhi erano puntati su di lui.

Il chiacchiericcio, le urla spaventate, i  mormorii della gente che in discreta quantità si era radunata intorno per assistere alla scena, erano cessati e l’attenzione si era spostata sulla possibile risposta che avrebbe dato.

“Pensatela come vi pare! Se volete considerarla tale, fatelo pure, ma lasciatela in pace!”

Non si stava occupando più solamente di Nicolas Cook, ma ce l’aveva con chiunque  avesse dato fastidio a Catherine.

“Quanto a te…” – si riconcentrò sul ragazzo che aveva in pugno ed aumentò la presa sul colletto – “Toccala ancora e prega di non incontrarmi più sulla tua strada! Sono stato chiaro?” – urlò con tono minaccioso e con un lampo d’ira negli occhi che non gli appartenevano e che, proprio per questo, lo rendevano ancora più inquietante.

Nicolas Cook, ferito nell’orgoglio e messo con le spalle al muro, usò quel minimo di buon senso di cui era dotato e annuì come un agnellino indifeso.

“Un ultima cosa…”

Un gancio ben assestato e repentino colpì in pieno viso il biondo che cadde rovinosamente a terra prima ancora di poter mettere ben a fuoco la scena.

“Questo è per averle messo le mani addosso ed esserti riempito la bocca di malignità nei suoi confronti! E adesso sparisci!” – urlò in fine.

Cook, ancora per terra, fece qualche passo indietro, poi si alzò e senza curarsi di asciugare il rivolo di sangue che gli colava dal labbro se la diede a gambe paonazzo in volto e con gli occhi lucidi di umiliazione.

Christian salì frettolosamente in macchina, ignorò i fischi d’assenso della gente e anche quel sentimento di soddisfazione che gli trionfava nel petto, aveva voglia di allontanarsi il prima possibile da quel luogo e sentire il parere che più gli interessava, quello di Catherine.

 

“Va tutto bene?” – chiese alla ragazza poco dopo, quando fu sicuro di essere lontano da orecchie indiscrete.

“Sì.” – disse soltanto lei, ma la sua voce era tranquilla.

Il giovane tirò un sospiro di sollievo, temeva che si fosse potuta arrabbiare per qualche suo gesto o parola. Non era stato affatto padrone di sé in quei momenti, la rabbia, per cui tanto provava repulsione, gli aveva annebbiato ogni facoltà razionale accrescendo quel desiderio di violenza che aveva come fine Cook.

Che stranezza! Lui, Christian May, noto per la sua tranquillità e mitezza aveva provato il desiderio di fare realmente male ad un’altra persona. Non gli era mai successo e temeva che Catherine avendolo visto sotto questo nuovo punto di vista, si fosse spaventata, o peggio ancora, fosse rimasta disgustata di lui.

“Quindi non sei arrabbiata?”

“No.”  - disse lei in un sospiro – “E tu? Sei arrabbiato?”

Christian strabuzzò gli occhi – “Certo che no! Perché dovrei essere arrabbiato?!” – esclamò con impeto.

“Per quello che ha detto Nicolas. Io sapevo che ti avrebbe propinato tutto… sì, insomma, quel genere di cose. Per questo non volevo che fossi coinvolto in questa storia, ecco perché non ti ho detto niente ieri.”

“Non pensarlo neanche per un secondo Catherine!” – la rassicurò, ma una fitta dolorosa gli chiuse comunque lo stomaco e salì fino all’altezza del cuore.

Ogni volta con lei era speciale…

Questo era stato detto e al solo ricordo sentì nuovamente quella sensazione di gelo diffondersi dentro di sé.

Strinse con forza le mani sul volante, no, doveva calmarsi, anche se tutto quello che Cook gli aveva detto fosse stato vero, ormai era il passato, non contava più nulla.

Sentì la mano piccola di Catherine posarsi su una delle sue, gli fece allentare la presa e con la forza irresistibile della sua delicatezza l’allontanò dallo sterzo e la intrecciò con la propria.

“Christian, ti giuro che per me lui non ha significato  nulla e…”

“Non devi darmi spiegazioni.”  - disse netto.

“Ti prego, lasciami finire. Avevo soltanto bisogno di qualcuno su cui appoggiarmi, ero distrutta e se anche Nicolas mi avesse tradito, sapevo che non avrei mai sofferto a causa sua. Io ho usato lui e lui ha usato me, il nostro rapporto non andava oltre questo.”

Vedendo che Christian non proferiva parola, Catherine si portò alla bocca la mano del ragazzo che aveva imprigionato nella sua. Chiuse gli occhi e baciò una per una le dita lunghe, notò che esse tremavano ogni volta che venivano in contatto con le sue labbra e si sorprese quando sentì quella mano forte schiudersi sotto le sue attenzioni permettendole di baciare anche il palmo e il polso.

Quando sollevò le palpebre vide che Christian la fissava, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Erano due pozze nere, profonde e lucide, ma non c’era soltanto desiderio. Quella luce che brillava come una fiaccola in un bosco ombroso era solo per lei e illuminava il suo sguardo di una adorazione profonda paragonabile quasi a devozione.

La mano di Christian lasciò le sue labbra e viaggio fino alla sua guancia dove si chiuse, e benché il tragitto fosse breve, per entrambi sembrò durare un’eternità.

“Sai Catherine, dovresti stare più attenta, se continui finiremo col fare un incidente.” – la sua voce era graffiata quasi irriconoscibile ma almeno lui riuscì a biascicare qualcosa, Catherine aveva completamente perso la facoltà di parola.

Il giovane riportò lo sguardo sulla strada prima che i  suoi timori si trasformassero in realtà, fu costretto anche ad allontanare la mano dal viso della ragazza per poter guidare meglio, ma anziché riportarla sul manubrio la intrecciò nuovamente con quella di Catherine.

I minuti scorrevano lenti e silenziosi, solo i battiti irregolari e sordi dei loro cuori scandivano il tempo e surclassavano anche il rumore del motore.

“Comunque la prossima volta che hai intenzione di frequentare qualcuno, devi prima avere la mia benedizione.” – scherzò un po’ lui per alleviare la tensione, ma se ne pentì subito. Come poteva parlare di qualcun altro dopo quell’atmosfera di fuoco che avrebbe incendiato anche il Polo Nord?

Catherine capì ugualmente le sue intenzioni e non si soffermò molto sulle sue parole.

 “Ma smettila! E poi scommetto che non te ne andrebbe bene uno!” – usò lo stesso tono di Christian, ma la voce le tremava ancora.

“Non ho standard molto alti.” – le spiegò – “Deve essere un bravo ragazzo, tanto per cominciare.”

“Ovviamente.”

“E poi deve avere tanta, tanta pazienza.” – modulò la voce per far capire quanto lei fosse complicata.

“Altro?”

“Ti deve volere veramente bene.” – disse riprendendo il tono serio, su quel punto lo scherzo stonava, anche se era utilizzato solo per calmare gli animi in tumulto.

“Qualcuno come… Come Daniel?” – avanzò lei.

Al mondo conosceva solo due persone che corrispondevano pienamente alla descrizione. Una era Daniel.                                                                                                                                                              L’altra era... Ma non avrebbe mai proposto il suo nome, così di impulso. I tempi non erano ancora maturi, c’era ancora troppa confusione nel loro rapporto.

“Che c’entra Daniel!” – esclamò Christian dopo un attimo di smarrimento – “Possibile che spunti fuori ogni volta che si parla di te!”

Il suo tono era stizzito, era consapevole di dover essere molto grato all’amico per quello che aveva rappresentato per Catherine in quegli anni bui, ma continuava a trovarselo davanti in ogni situazione.

“Ho capito, non va bene neanche Daniel.” – cercò di sedarlo la ragazza – “Allora rimarrò zitella.”

“Non è che Daniel non mi vada bene.” – riprese subito il controllo notando che la sua reazione era stata esagerata – “Ma è il mio migliore amico!”

“Proprio per questo dovresti fidarti di lui.”

“Non so…”  - tagliò corto – “Sarebbe strano.”

 Calò nuovamente il silenzio perché entrambi non sapevano come ribattere.

Christian ogni tanto le lanciava occhiate ripensando alla naturalezza con cui aveva avanzato il nome dell’amico, si sentì stranamente irritato.

“Davvero ti piace Daniel?” – chiese poco dopo intimorito da una possibile risposta positiva.

“Daniel è solo un amico, non l’ho mai visto in maniera diversa.”

“Perché se ti piacesse, non vi ostacolerei.” – continuò ormai risollevato.

Vide un lampo di irritazione attraversare gli occhi di Catherine  - “No, ti ripeto che è solo un amico!”

“Va bene, va bene.” – esclamò lui e tornò a concentrarsi sulla strada.

Daniel e Catherine.

Insieme? No, sarebbe stato impossibile.

Troppo strano.

Impensabile.

Continuò a ripetersi per tutto il resto del tragitto verso casa, ridendo del timore che lo aveva assalito.

 

:. Il salotto di Lilysol .:

Bene bene come vi avevo anticipato, questi due non possono stare vicini senza far scattare l’allarme anti incendio.

Questo capitolo lancia spunti molto importanti per quelli successivi. Lasciando da parte lo scontro con Nicolas Cook che è andato a finire come molti si aspettavano, o quanto meno volevano, la conversazione avvenuta fra Catherine e Christian è mooooolto importante.

Innanzi tutto si cominciano a capire i sentimenti che legano i due, Catherine forse era chiara fin dal principio, ma Christian comincia a svelarsi. Inoltre l’intesa, fisica e non, che li unisce si sta piano piano intensificando e le atmosfere, per citare il capitolo, farebbero incendiare perfino il Polo  Nord  xD

E poi, altro punto importante, l’onnipresenza di Daniel. Una figura scomoda per certi versi che continua a spuntare ovunque e comunque.

Che ne pensate di questo baldo giovane??? E Christian, adesso che ha cominciato a capire i suoi sentimenti, come reagirà se Daniel continuerà a comparire? Inoltre non dimentichiamoci che Christian teme i suoi sentimenti, sia perché convinto di non meritare Catherine e timoroso di poterla far soffrire, sia perché ancora deve abituarsi a vederla sotto questa nuova luce.

Eh sì ragazzuoli, le cose non saranno per niente semplici U_U (sospiro di frustrazione)

Annuncio: Mi è stato fatto notare che il mio stile di scrittura potrebbe migliorare affidandomi alle dritte di un Beta reader  e io ho deciso accogliere questo consiglio ed avvalermi di un aiuto. Ho già preso contatti con una Beta che reputo molto brava e che si occupa del betaggio di alcune delle mie storie preferite (oltre che autrice molto stimata). Ovviamente è molto richiesta e altrettanto piena e quindi mi ha garantito che leggerà la storia e mi farà sapere. Spero davvero di poter migliorare e penso che lei potrà essere un valido aiuto.

Anticipazioni: Mmm ecco sapete com’è le feste, le scorpacciate ( e che scorpacciate) i parenti, i cuginetti mocciosi e scassa balle che si amano tanto…. Va bè fatto sta che il capitolo non l’ho ancora finito. È un capitolo piuttosto complicato e lungo e sfiancante…xD sul titolo sono anche abbastanza sicura: Semplicemente inaspettato  e ve lo dico dai, per farmi perdonare, accadrà quello che un po’ tutti stanno aspettando da un po’.

A dire il vero aspettatevi due capitoli di assoluto fuego  xD.

E adesso i ringraziamenti:

___ Yuki___: hai centrato esattamente il problema. Christian vede Catherine come una sorellina, come una persona da proteggere, ma adesso che ha iniziato a provare questi sentimenti, non sa più come comportarsi perché è diventato per ironia del dentino lui stesso la persona da cui proteggere Catherine. Ovviamente questi sono soltanto i suoi giri mentali contorti. Per noi potrebbe prendersela senza problemi, non lo giudichiamo! U_U. Per quanto riguarda lo strano comportamento di Catherine, va bè che è strana di suo, ma è anche vero che è tormentata dal suo passato che non è certo stato dei più luminosi e teme che ogni singola rivelazione possa allontanare Christian. Daniel e il pugno a Cook? Può darsi pure che gliel’abbia dato, ma ero così presa nel sottolineare lo spavento di Daniel e la gelosia di Christian che me ne sono dimenticata xD (poi diciamo a Catherine che è strana! ) Spero che questo  capitolo ti sia piaciuto e ci leggiamo con il prox! Baci

DreamesBecameTrue:  si hai pienamente ragione, neanche io tollero la violenza sulle donne ed infatti Cook la sua bella lezione se l’è presa. Volevo creare un personaggio antipatico e quindi il tuo odio è giustificato. Neanche il lo stavo sopportando più di dato e infatti lo spazio dedicatogli non è che sia largo! xD Daniel, Daniel, da amare o non amare? Questo è il problema xD Sì, qualcosa sotto c’è, ma vedrai, vedrai… Bene spero che ti piaccia questo capitolo, grazie ancora e alla prossima. Baci

Marie_92: Ahahahah Christian la lezione gliel’ha data. Cook si è tolto davanti alle ***** non ha nessuna importanza ai fini della storia, se non quella di far incavolare un po’ Christian che già lo chiamo broccolo io, se  poi non mostra neanche un po’ i muscoli che uomo è??? Comunque Daniel forse a bastonate l’avrebbe pure preso ma mi sono concentrata su rapporto Daniel-Catherine e sulla conseguente gelosia di Christian e… mi è uscito ti mente xD . Il momento per quei due arriverà presto, ormai mi sembra inutile continuare a farli penare se è quello che vogliono. Il problema nascerà quando il “danno” sarà fatto e scoppierà il vero putiferio. Ma accidenti a me e alla mia linguaccia xD bene ci leggiamo con il prossimo capitolo spero che questo ti sia piaciuto. Baci

eda91:grazie mille per i compimenti sono contenta che la storia ti piaccia e spero vivamente che rimarrai di questa opinione anche in futuro. Grazie ancora e ci leggiamo con il prossimo capitolo. Baci

Ringrazio anche le 23 persone che hanno inserito la storia nei preferiti, le 38 che la stanno seguendo e tutti coloro che l’hanno letta.

Inoltre (ma quanto parlo oggi) permettetemi di ringraziare anche coloro che hanno commentato la shot-pensierino di Natale: Yellow-Perché il Natale è giallo:

Marie_92: grazie cara, w il giallo allora! Non sapevo che fosse il tuo colore prefeirto. Stefy è così: pazza, nient’altro da dire. Purtroppo non mi riesce di  creare personaggi normali xD. Sono contenta che ti sia piaciuta che ti abbia fatto sorridere tutto il tempo era quello l’intento. Grazie ancora.Baci

___ Yuki___: Sisi hai reso l’idea e in un certo senso potrebbe essere paragonata a quei film con tanto di musica di sassofono di sottofondo… mmm ecco mi balza un’altra ideuzza in mente xD Comunque grazie sono contenta che ti sia piaciuta, era una storia senza pretese giusto per rendere onore al clima natalizio e creata come pensierino per voi. Alla prossima idea matta! Baci

E ringrazio anche tutti coloro che l’hanno letta sperando che l’abbiate gradita.

E per oggi è veramente tutto.

Al prossimo capitolo.

Baci

lilysol

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Semplicemente Inaspettato ***


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Capitolo 10

Semplicemente inaspettato

 

Dopo lo spiacevole incontro con Cook, la situazione sembrò sistemarsi.

Catherine era più serena perché con il tempo la gente si era stancata di parlare di lei e  probabilmente si era dedicata a qualcun altro.

Con la ragazza il rapporto era stabile, a volte la vedeva persa nei propri pensieri e si stupiva della voglia che aveva di conoscere fino al più piccolo dettaglio quello che le passava per la testa.

Avevano anche cominciato a farsi vedere in pubblico, stanchi ormai di rifugiarsi in casa come criminali latitanti quando invece non avevano nessuna colpa. Ormai parevano due sposini novelli ed essendo tali, non mancavano certo le continue discussioni che nella maggior parte dei casi erano vere e proprie scenate di gelosia.

Christian sapeva che Catherine era molto conosciuta, oltre che molto bella, tuttavia si incuriosiva ogni volta che la giovane scambiava saluti con membri appartenenti al sesso maschile, ma dato che lei rispondeva sempre con fare vago, finiva per insistere ed inevitabilmente discutevano.

Per fortuna erano litigate da poca cosa, niente a confronto al primo periodo di convivenza che ormai entrambi avevano accantonato ed etichettato come un momento buio da cui risorgere.

Con il tempo aumentò anche quell’attrazione di cui si vergognava profondamente, ma che  continuava a pulsare come un organo vitale dentro sé e che l’aveva costretto ad accettare la realtà: Catherine ormai era una donna, una donna molto bella.

Tuttavia cercava di contrastare con tutto se stesso quella forza misteriosa che lo spingeva inesorabilmente verso lei, certo, non che la cosa fosse facile, dato che già il semplice fatto di  averla accanto ogni notte, nello stesso letto, non aiutava per niente.

“Che c’è Christian?” – gli chiese lei una sera di novembre.

Il ragazzo sobbalzò sorpreso poiché la credeva dormiente e si era concesso uno di quei momenti in cui si incantava ad osservarla senza il rischio di essere scoperto.

“Niente, pensavo.” – alzò le spalle con fare vago.

“E a cosa?”

Si alzò su un gomito per guardalo meglio, ma nel farlo la spallina della camicia da notte si abbassò e alcune ciocche di capelli le ricaddero sul viso.

Questi piccoli dettagli in passato non li avrebbe mai notati, perché adesso, ogni suo minimo gesto catturava la propria attenzione?

“Niente di importante.”

Si voltò per mettere più spazio possibile fra di loro.

Perché quella confusione?

Che senso aveva?

Non poteva sopportare di sentirsi così, quell’inquietudine continua che gli attanagliava lo stomaco, quel fuoco che divampava dal petto fino alle guance erano insopportabili.

“Ehi Christian…” – gli soffiò nell’orecchio. Era così dannatamente vicina e la strana sfumatura che aveva nella voce non gli piaceva.

“Che c’è?”

“Dai dimmi a che pensavi.” – insistette lei con tono cantilenante.

“Dormi Catherine!”

“Domani è Domenica, possiamo parlare.” – si fermò per qualche istante, giusto il tempo per far aderire ulteriormente i loro corpi –“E’ da tanto che non lo facciamo.”

Forse l’allusione c’era davvero, forse se l’era solo immaginata, tuttavia non poté fare a meno di andare letteralmente a fuoco.

Si voltò esasperato con quella bestia pulsante che ancora si agitava nel suo petto.

“Catherine sei una rompiscatole!”

La ragazza rise di gusto mentre posava la testa sul cuscino, su quello di Christian per la precisione.

Adesso sì che erano realmente vicini, tanto da condividere la stessa aria, tanto da poter distinguere i lineamenti benché fosse buio.

“Christian…”- iniziò lei esitando – “Ti devo dire una cosa.”

“Dimmi.”

Catherine si agitò sul posto, si sistemò i capelli dietro l’orecchio, poi lo fissò con tale intensità che gli si mozzò il fiato.

“Catherine…” – la riprese iniziandosi a preoccupare.

Lei gli sorrise – “Niente, lascia stare.”

Il loro rapporto era fatto soprattutto di questo: un “niente” continuo, frasi lasciate in sospeso, silenzi insormontabili.

Sarebbero mai riusciti a superare queste barriere?

“Sei sicura?” – chiese ancora – “Sembravi molto seria.”

Catherine annuì  - “Niente di importante.”

Christian aveva la sensazione di seguire un copione dato che ogni discorso si concludeva con tali battute. Giunti a questo punto, avrebbe dovuto lasciar perdere e la questione sarebbe stata automaticamente archiviata; per questo motivo la sua decisione di indagare ancora sulla faccenda fu alquanto insolita.

“Avanti! Lo so che i tuoi ‘niente’ in realtà vogliono dire ‘tutto’!”

“Accontentati dei miei ‘niente’ allora!”

Gli fece la linguaccia con fare scherzoso per prendersi gioco di lui.

“Ah è così?” – si finse offeso – “E tu accontentati di questo!”

Prima che la ragazza potesse anche solo avere il tempo di ribattere, lui la colpì in pieno viso con un cuscino.

Catherine lo scostò lentamente dal volto – “Sei consapevole di quello che hai fatto?” – sibilò cercando di contenere la rabbia.

“Oh certo, ma è stata una soddisfazione troppo grande e non me ne pento.” – disse Christian  assumendo un tono naturale. Sapeva che era tutta scena, non era la prima volta che si prendevano a cuscinate e anche in passato quello era uno dei loro giochi infantili preferiti.

“Bene.” – disse lei secca – “Ma io ho un asso nella manica!”

Gli fu addosso e iniziò a solleticargli i fianchi sapendo bene che quello era suo il tallone d’Achille.

“No, ti prego!” – la implorò infatti lui fra le risate – “Tutto ma non questo!”

Catherine scoppiò a ridere divertita – “Chiedimi scusa allora!” – gli intimò mentre il povero Christian si contorceva e scalciava.

“Va bene, va bene! Scusa, scusa, scusa!” – si arrese – “Hai vinto tu!”

La ragazza allentò la presa mentre ancora rideva - “E ancora una volta l’imbattibile Catherine ha trionfato!” – iniziò a vantarsi  subito dopo agitando le braccia in segno di vittoria.

“Ancora non hai imparato la lezione, Catherine?”

“Cosa intendi…”

Si ritrovò in posizione supina e quando alzò lo sguardo vide il corpo di Christian che la sovrastava.

“Presa.” – le soffiò a pochi centimetri dal viso – “Ti arrendi?”

“Non vale!” – si lamentò lei – “Mi hai preso alle spalle!”

Christian ridacchiò – “Mai sottovalutare un May, te l’ho sempre detto!”

“Ma tu sei un May scorretto però!”

“E tu sei sempre la solita testona.” – sbuffò contrariato – “Stavamo solo giocando no? Perché devi sempre essere così maledettamente ostinata!”

“Senti chi parla, quello che bara anche in un gioco!” – ribatté.

Christian la fissò con cipiglio offeso, ma ben preso si rese conto della posizione imbarazzante in cui si trovavano. Notò anche che Catherine aveva gli occhi umidi per le troppe risate e che il seno le si alzava e le si abbassava al ritmo del  respiro affannoso.

“Ehm…” – brancolò spiazzato mentre ancora la copriva con il proprio corpo – “Buona notte.” – riuscì solo a dire.

Cercò di tornare al proprio posto, ma la mano della ragazza lo bloccò trattenendolo per il braccio.

Si voltò verso di lei confuso, ma quello che vide lo sconvolse. Ancora quello sguardo tanto intenso da togliergli il respiro, da costringerlo a interrompere il contatto visivo per non rischiare di impazzire.

“Christian guardami.”

Obbedì automaticamente.

Nell’istante in cui incrociarono gli occhi, si sentì come un naufrago disperso in un mare di smeraldo. Non era ancora riuscito a dare un nome a quella forza misteriosa che lo trascinava in acque sempre più profonde e sconosciute; tuttavia sapeva che se non avesse lottato, se si fosse lasciato sopraffare, si sarebbe ritrovato solo, in apnea, travolto da un mulinello di passione.

Si ritrovò ad un soffio dalle labbra di Catherine, ormai il corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Come era accaduto quel pomeriggio di ottobre, quando lei si era abbandonata totalmente alle proprie cure, vedeva soltanto quegli occhi lucidi e quelle labbra dischiuse.

“Christian.” – lo incitò lei desiderosa di quel bacio almeno quanto lui.

Poteva opporsi o sottomettersi.

Poteva resistere o cedere.

E cedette.

Non era la prima volta che le loro labbra venivano in contatto, ma quella volta non aveva precedenti e, probabilmente, sarebbe stata irripetibile anche in futuro.

Questa volta Christian era partecipe, complice di quell’eccitante follia.

Mentre baciava Catherine non pensava  se fosse giusto o meno, si sentiva semplicemente in pace.

Quando Catherine sospirò nella sua bocca, capì che non c’era niente di più bello che averla palpitante fra le braccia.

E mentre il bacio continuava scandito dal bisogno crescente, Christian si rese conto che non aveva mai provato niente di simile in vita sua e si abbandonò totalmente contro di lei senza più pensare.

Si allontanarono giusto il tempo per riprendere fiato, ma continuarono a guardarsi con aria languida attraverso le ciglia.

Poi accadde tutto in un momento.

Christian sgranò gli occhi e vide davanti a sé il viso sorridente di Catherine, aveva la stessa espressione di quando, da bambina, gli diceva quanto gli volesse bene.

Il respirò si fece ancora più affannoso, mentre la consapevolezza di quello che aveva fatto lo colpì come uno schiaffo.

Fu come se l’ossigeno fosse tornato a circolare dopo troppo tempo all’interno del suo corpo e mentre il suo petto, la sua gola, le sue labbra bruciavano, si sentì il più meschino degli uomini.

 “P-perdonami.” – riuscì a dire in un rantolo sommesso staccandosi in maniera forse troppo brusca da lei.

Catherine annuì confusa come se avesse appena ricevuto una botta in testa; poi, però fece qualcosa di molto lucido, lo afferrò per il colletto e lo riportò nuovamente sulle proprie labbra dove era giusto che fosse in quel momento.

“N-no…” – fu quello che riuscì a dire il ragazzo a fior di labbra, ma poi fu nuovamente inghiottito da quella bocca tentatrice e ripresero a baciarsi come se non vi fosse stata alcuna interruzione.

Christian sentì il corpo di Catherine fremere quando la sua mano le sfiorò un fianco, allo stesso modo i suoi muscoli guizzarono quando la ragazza avvinghiò le proprie gambe attorno alla sua vita, rendendo quel contatto ancora più intimo.

A questo punto toccava a lui fare qualcosa secondo le regole silenziose del gioco che avevano scelto, ma Christian prese nuovamente coscienza dei suoi gesti e il senso di colpa tornò a strisciare come un serpente in lui.

“Basta. Basta!” – urlò mentre si divincolava da quell’abbraccio.

“Che c’è?” – domandò la ragazza interdetta.

Aveva ancora il suo sapore di uomo sulle labbra e il suo corpo reclamava la solidità di quello di Christian.

“E’ meglio che sta notte io dorma in un’altra stanza.”

Era così scuro in volto, sembrava che avesse appena compreso  che tutti problemi del mondo fossero causa sua. Era visibilmente scosso.

“Non capisco.” – ammise Catherine, ma le sue erano parole morte che cadevano per inerzia dalle labbra.

Come poteva rifiutarla così?

Quel bacio era stato…

Incredibile.

“Buona notte.” – replicò lui con gli occhi ancora vuoti.

“Non puoi andartene così!” – urlò lei, ma Christian ormai non l’ascoltava più – “Christian!” – lo chiamò più incollerita che stupita.

Il giovane strinse i pugni e tornò sui propri passi; le baciò la fronte sussurrandole con voce tremante  – “Perdonami se puoi.”

Uscì lasciando Catherine con il rumore dei suoi passi sordi soffocati dal pavimento a riempirle le orecchie.

 

:.Il salotto di Lilysol .:

Buon giorno gente!

Complice un mal tempo da diluvio, sono rimasta a casa e ne ho approfittato per dedicare del tempo a MayGrey.

Suonano le campane? Finalmente il bacio tanto atteso c’è stato, ma come avevo anticipato il vero problema saranno le conseguenze di tale gesto.

Christian piace molto da quello che ho visto, bene sono felicissima, perché in realtà spesso si trova a fare la parte del cretino. Questa volta per esempio,  oh cielo, come è tragico! E io che mi stavo per complimentare con lui per l’audacia! E’ proprio caduto sul finale…

 Ma forse è anche giusto così. Innanzi tutto si parla ancora di attrazione, anche se noi abbiamo capito che c’è qualcosa di più, inoltre, tutti i problemi avuti non possono sparire con un bacio e le sue insicurezze tornano prepotentemente a galla.

Catherine, invece, è molto impulsiva. Stentate a riconoscerla vero? Il suo vero problema è abbandonarsi totalmente alle emozioni, ha capito che Christian è lì con lei e per lei, ha abbandonato la diffidenza e si completamente fatta travolgere da quel sentimento che come vedremo non è poi tanto nuovo. Infatti c’è da chiedersi come reagirà a questo nuovo rifiuto…

Il prossimo capitolo è più o meno su questa lunghezza d’onda.

E quindi posto alle Anticipazioni:

Capitolo 11: Domino

Il Domino è un gioco affascinante. Non importa quante pedine si posizionino, basta che ne cada anche solo una per innescare un effetto a catena che coinvolga tutte le altre.

Fra di loro la prima tessera era già caduta e la prima grande conseguenza fu che da quella notte, Catherine non dormì più nello stesso letto con Christian.

Guai, guai, sempre guai in casa MayGrey. Ci tengo a dirvi che la causa che ha innescato questo disastro non è il bacio di questo capitolo. Di fatti, l’anticipazione è proprio la frase finale del prossimo!

Ho notato un incremento delle recensioni. Adesso mi commuovo, grazie! Grazie davvero! E quindi non vi faccio attendere oltre e vi ringrazio personalmente:

Marie_92: all’epoca hai recensito sfidando un pullman in moto, una posizione scomoda e il buio pesto. Io ti rispondo comodamente stravaccata sulla poltroncina con sottofondo il diluvio universale che imperversa fuori dalla finestra, il tuo sforzo è da apprezzare, il mio non di può neanche definire sforzo. Ma va bhè, passiamo alle cose ‘serie’: Cook se ne è andato, non ci darà più problemi. Per quanto riguarda la scena della macchina, sì, hanno rischiato seriamente di investire qualcuno xD anche se ovviamente la scena è stata descritta dal loro punto di vista e quindi il lasso temporale è sembrato immenso. Questa volta Catherine ha avuto il buon senso di sedurre Christian a casa, per fortuna! Daniel, Daniel, Daniel che in questo capitolo non c’è perché mi sembrava giusto dedicarlo alla coppia principale, c’entra e non c’entra. Nel senso che in seguito vedremo quanto sarà importante. Bene tesoro a recensione lunga, graditissima fra l’altro, risposta lunga!Grazie tantissimo per il tempo che mi dedichi e ci sentiamo. Baci.

eda91: oh non preoccuparti, la mia testa sta messa peggio della tua! Sì, Cook è completamente uscito fuori dai giochi… Daniel ti spaventa? Fai bene c’è da spaventarsi! Sono contenta che la scena della macchina ti sia piaciuta, spero che anche quella del bacio sia stata all’altezza delle tue aspettative. Baci al prossimo capitolo!

DreamsComeTrue: ahahahah che risate quando ho letto la “scenetta” con la mamma. Anche io mi esalto quando leggo scene che mi colpiscono particolarmente. Sclera pure quanto vuoi, stai parlando con una che la sua sclerata se la fa ogni giorno. Cooomunque (citandoti) parliamo del capitolo, o meglio dei capitoli, la scena della macchina sì toccante è il termine giusto perché per cinque minuti ( nei quali hanno seriamente rischiato di uccidere qualcuno) sono cadute tutte le loro barriere e i loro timori sono stati lasciati da parte. Come hai visto una situazione simile è accaduta anche in questo aggiornamento, non è un caso che questi due si stiano lasciando andare così tanto spesso. Ormai sono giunti al capolinea e non possono più negare i loro sentimenti. Christian in realtà lo sta facendo e la cosa non fa bene a nessuno dei due, anzi a nessuno dei tre visto che c’è anche di mezzo la mia mente malata. Daniel&Cath preferisci Chris? Anche io cara ;) anche perché se Daniel rimane solo, lo posso sempre consolare io… xD Grazie per a recensione alla prossima! Baci

Afrodite heart:  ciao anche a te! Che bello una new entry, sono contenta che la storia ti abbia coinvolta a tal punto da tenerti al PC fino a quell’ora così tarda! Christian è il nome del tuo ragazzo? Guarda i casi della vita! Spero proprio che il tuo boy non ti esasperi come questo carciofino che ho creato io, perché sempre più spesso mi sto chiedendo come ho fatto a renderlo così pesante! Ahahah comunque un po’ di tenerezza la fa no? Sono contentissima che la storia ti stia piacendo, grazie per la recensione e per i complimenti, Purtroppo mi devo scusare perché sono un po’ lumachina a scrivere, però spero che tu possa perdonare i miei ritardi!Al prossimo capitolo. Baci

berry345: innanzi tutto grazie per i complimenti sia a me che alla storia. Hai fatto un’analisi molto dettagliata e anche molto corretta dei personaggi. Catherine è strana, l’ho sempre detto anche io, complice una vita di certo non facile ed il carattere che si ritrova. Per capirla meglio si deve per forza tener conto del suo passato, ognuno reagisce a suo modo alle disgrazie della vita, c’è chi si chiude in un muto silenzio e chi invece finge di stare bene. Catherine ha scelto entrambe le vie, fingendosi tranquilla all’esterno e soffrendo terribilmente dentro sé. Christian invece ha adottato un ulteriore tattica, si è fatto carico di tutti i problemi come se fosse stato lui a causarli. Quindi vive con la convinzione di essere capace solo di far soffrire la gente. E questi due non possono fare a meno di vivere insieme, perché non ce li vedrei con nessun altro. Per quanto riguarda il consiglio che mi hai dato in parte approvo la tua opinione, però posso garantirti che la mia beta non è per niente invadente, anzi è molto brava, più che correzioni i suoi sono semplici consigli :) grazie comunque perché le opinioni sono importanti. L’attore che ho ‘scelto’ per Christian si chiama Josh Hartnett che io ho conosciuto con Pearl Harbor. Ci leggiamo con il prossimo capitolo. Baci alla prossima.

KELLINA: oh cielo se tu mi dici che sono capace di scrivere e che il mio stile ti piace, arrossisco. Ho una vera venerazione per le tue storie che non sono mai banali e immergono il lettore nel mondo che scegli di raccontare, quindi sono onoratissima dei tuoi complimenti. La psicologia dei personaggi cerco di renderla al meglio, anche se questi due mi stanno sfiancando perché mi rendo conto di quanto possano risultare complessi. Per questo sapere che la storia è interessante e che questi due disgraziati mantengano vivo l’interesse mi rincuora molto. Per quando riguarda la discrezione fisica io sono molto per l’immaginazione, nel senso cerco di dare poche linee generali e il resto lo fa la mente di ogni singolo lettore. Anche la scelta di far interpretare Christian a Josh Hartnett è molto indicativa, perché appunto è indice del mio gusto personale. Possiamo dire che aspettiamo gli aggiornamenti altrui a vicenda anche se io sono più tranquilla quando si parla di te perché sei molto regolare e anche per questo ti ammiro. Bene al prossimo capitolo!Baci e grazie perla recensione.

_Bella Swan_ : cara non preoccuparti qui c’è sempre posto, quindi non è proprio mia intenzione liberarmi di te. Eccolo qui l’aggiornamento, spero che la tua voglia di sapere come la storia continua non si plachi. Sapere che Christian piace è stata una bella sorpresa, avevo il timore che potesse risultare troppo bamboccio, perché un po’ lo è, ma sapere che cattura lo stesso mi rende molto felice. Catherine inizialmente non sapevo neanche da dove  fosse uscita, poi mi sono resa conto che, paradossalmente, è anche più tenera di Christian. Grazie mille per i complimenti. La storia è strana, cioè le situazioni passate e presenti sono molto complesse e difficili, hanno condizionato inevitabilmente i caratteri dei protagonisti e proprio per questo Christian non potrebbe stare con nessun’altra che non sia Catherine e viceversa. L’idea de flashback ti piace? Bene allora ti farà piacere sapere che quelli del primo capitolo non sono gli unici :) Daniel? E’ complicato anche il suo discorso, vuole molto bene a Catherine e a Christian e non interferirebbe mai fra loro due… Ma c’è sempre un ma. Al prossimo capitolo, attendo anche io per la tua storia, baci e grazie per la recensione e per i complimenti.  

E un grazie speciale alle 34 persone che hanno inserito questa storia nei preferiti e le 54 che la stanno seguendo. Un bacio anche a chi ha letto.

Per concludere vi linko il blog di MayGrey dove potete trovare già le schede di Christian e Catherine e dove presto posterò un piccolo spoiler sul prossimo capitolo.

http://ilsalottodililysol.blogspot.com/

 Vi aspetto in numerosi.

Al prossimo capitolo.

lilysol

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Domino ***


Capitolo 11

Domino

 

La mattina seguente, Christian se ne stava in cucina con lo sguardo perso nel vuoto e una tazza di caffè ormai non più fumante fra le mani.

Continuava a domandarsi se tutti gli eventi avvenuti la sera precedente non fossero stati soltanto frutto dei suoi sogni, ma poi prontamente si rispondeva che, se così fosse stato, si sarebbe svegliato nel letto con Catherine, e non in quella che un tempo era stata la sua camera, che avrebbe potuto respirare il  profumo dolce della ragazza e non avrebbe avvertito il suo sapore ormai impresso sulle labbra.

Si chiedeva inoltre se fossero realmente giunti ad un punto di non ritorno, se davvero c’era ancora la speranza di rimanerle accanto.

Si era anche detto – “Ma è stato solo un bacio.”  - per trovare una soluzione comoda a quella situazione assurda, ma non poteva continuare a negare l’evidenza. Nello stesso istante in cui le loro bocche si erano incontrate, Christian aveva desiderato avere di più, di più, e ancora di più fino ad essere sazio di lei.

Anche in quel momento, lontano da Catherine, nonostante fossero trascorse ore intere, il ricordo di quelle labbra morbide, di quella bocca calda che l’aveva accolto lo spingeva a catapultarsi in camera della ragazza, spalancare la porta, avventarsi su di lei e baciarla ancora; e poi si sarebbe strinto bisognoso al suo corpo che non chiedeva altro che essere accarezzato e…

Si prese la testa fra le mani emettendo un gemito strozzato.

Aveva superato ogni limite possibile. Anche solo pensarla, lo faceva diventare completamente un’altra persona. Non aveva mai sentito nulla di simile e per questo aveva paura.

Temeva di non poterle dare la vita che si meritava perché non era mai riuscito a rendere felice nessuno, anzi, aveva sempre fatto soffrire tutti coloro che avevano provato ad amarlo:James, Daniel, Michelle, Lucas e anche Catherine; con lei aveva già fallito come fratello e lei non poteva più accettare sofferenze dalla vita.

Emise un profondo sospiro e gettò una rapida occhiata all’orologio  appeso al muro adiacente alla porta.

Quasi mezzogiorno e Catherine non si era fatta ancora viva.

All’improvviso un pensiero molesto lo sopraggiunse: che fosse scappata?

Daniel gli aveva detto che la ragazza aveva paura di rimanere sola la notte.

No, impossibile – si disse cercando di calmarsi, non sarebbe mai arrivata a tanto e poi l’avrebbe sentita dato che si era addormentato solo alle prime luci dell’alba.

Era riuscito a darsi una spiegazione logica, ma non era capace di rimanere buono e fermo lì, in cucina, a fissare in maniera altalenante le lancette dell’orologio e la tazza di caffè che aveva fra le mani.

Decise quindi di andare a controllare cosa stesse facendo Catherine, anche perché, in ogni caso, era ora di alzarsi.

Salì le scale a due a due e si fiondò come un pazzo nella camera di James che per qualche mese era stata la loro.

“Catherine sei qui, vero?!” – urlò ancora prima di entrare nella stanza.

La ragazza si voltò di scatto portandosi le mani al petto e fissandolo come un cerbiatta impaurita.

Aveva i capelli umidi, il corpo avvolto soltanto da un candido telo che stringeva furiosamente a sé.

Semplicemente bellissima.- si ritrovò a pensare con la mente improvvisamente vuota e la gola secca.

“Che c’è?”

“Ecco io… Tu… cioè, non scendevi.” – balbettò confuso.

Come al solito la sua mania di trarre conclusioni affrettate lo aveva messo in un bel pasticcio: Catherine semi nuda, dannatamente eccitante.

“Ho fatto una doccia e ho perso la condizione del tempo.”

“Una doccia.” – ripetè lui  - “P-per questo hai i capelli bagnati.”

Stava facendo la figura del cretino, se ne rendeva conto perfettamente, infatti Catherine alzò un sopracciglio perplessa.

“Ti aspetto fuori, ok? E’ meglio così.”

Quella era decisamente la scelta ottimale, forse non la più coraggiosa, ma almeno gli evitava la vista di una Catherine coperta soltanto da un telo.

“Christian dobbiamo parlare.” -  lo prese così, in contro piede, prima ancora che lui potesse uscire.

“Catherine, sarebbe meglio parlare più tardi.”

“No.” – secca e concisa – “Ho paura che se non affrontiamo adesso l’argomento, poi non ne parleremo più.”

E non sarebbe meglio cosi?! – avrebbe voluto gridare il giovane, ma si concesse un lungo ed esasperato silenzio.

“Va bene, parliamo. Cosa devi dirmi?”

“Ieri sera … “  - iniziò Catherine.

“Sarebbe meglio dimenticare quanto è accaduto ieri sera.”

La ragazza, che fino a quel momento aveva mantenuto toni pacati, esplose – “Vuoi dire che dovrei dimenticare che ci siamo baciati?”

Christian sospirò abbassando il capo – “Sì Catherine, sarebbe meglio così.”

 “Non voglio.”

Christian alzò la testa di scatto – “Che cosa?!”

“Non voglio, hai capito?” – urlò lei – “Non voglio e non lo farò!”

“Catherine ragiona!” – aveva alzato anche lui i toni – “Ci faremmo solo del male!”

Ma perché doveva essere tutto sempre così complicato, maledizione!

Perché doveva sempre ferirla, perché doveva vedere sempre la delusione più nera mischiata in quegli occhi verdi?

La ragazza non gli rispose subito, lo fisso ferita, ma non piangeva. Christian per un momento pensò che sarebbe stato meglio vedere le sue lacrime che quello sguardo misto di rabbia e sconfitta.

Forse aveva vinto lui per una volta, forse finalmente era riuscito a tenerle testa, ma poi capì che in realtà avevano perso entrambi.

“Catherine …” – mormorò addolcendo i toni.

“Zitto! Stai zitto maledizione!” – lo respinse lei  -  “Zitto!”

Fu come se una secchiata di acqua gelida fosse caduta improvvisamente sulla testa del giovane Christian May.

Quanto aveva voluto che lei capisse che non erano fatti per stare insieme e lo rifiutasse? Ecco era successo, ma la consapevolezza di aver sbagliato ancora lo invase.

“Sei tu che mi fai del male!” – sibilò irata Catherine – “Non capisci che comportandoti così non fai altro che ferirmi?”

“Catherine, io sono il tuo tutore! Ho il dovere di prendermi cura di te, non c’è posto per … per questo!

“Scuse, scuse, sono solo scuse!” – urlava lei, ma lo faceva soltanto per colmare quel senso di vuoto che il rifiuto di Christian aveva provocato.

Christian deglutì nervoso - “Il bacio di ieri è stato un errore, Catherine.”  - cercò di spiegarle in tono sommesso.

“Il bacio di ieri è stato perfetto!”

Non c’era verso di farle capire che tutto quello che era successo, era sbagliato. Christian si era reso conto che il loro rapporto andava ben oltre il lecito da molto tempo ormai. Quasi con doloroso piacere aveva continuato a ricambiare quegli sguardi languidi che ogni tanto Catherine gli lanciava, aveva continuato a bramare in silenzio il contatto con le sue mani quando di sfuggita incrociavano le proprie, sapeva che era tutto un grave errore, ma non era riuscito a privarsene. Ed ora doveva pagare le conseguenze del suo mancato coraggio.

“Stammi bene a sentire, Catherine.” – iniziò Christian portandosi una mano fra i folti capelli neri – “Tuo padre ha scelto di affidarti a me, donandomi la sua più completa fiducia. E anche se così non fosse, io la vedo in questo modo. Tu sei Catherine! Sei la bambina con cui sono cresciuto, certo sei cambiata, guardati, sei stupenda. Sarei un ipocrita se negassi l’attrazione che mi spinge verso di te, ma ai miei occhi rimarrai sempre la mocciosa che conoscevo e questo non cambierà solo perché mi sono fuso il cervello ultimamente o perché non riesco a controllare i miei istinti.”

“E’ solo attrazione per te?” – domandò lei in un soffio. Doveva saperlo, le era necessario come l’aria.

Christian boccheggiò sorpreso, spesso si era posto anche lui quel quesito, ma mai avrebbe pensato che Catherine glielo ponesse.

Abbassò nuovamente il capo, come se la risposta si trovasse incisa sulle tavole del pavimento – “Sì, Catherine, è solo attrazione.” – rispose con un tono di voce non suo.

“Bene.” – uscì dalle labbra della ragazza.

Il giovane alzò la testa con uno scatto sorpreso.

Che cosa voleva dire con quel bene?

“Però Christian devi darmi la possibilità di dire la mia.”

“C-certo.” – acconsentì lui, sembrava che finalmente la ragazza avesse compreso le sue giustificazioni.

“Baciami.”

“Stai scherzando?!” – rantolò sgomento.

“Non scherzo.”

“Hai sentito tutto quello che ho detto? Perché mi chiedi  questo?!”

“Ho ascoltato fino all’ultima parola. Voglio soltanto che tu mi dimostri che è solo attrazione per te.” – spiegò con un tono di voce innaturale – “Ti sto chiedendo solo un bacio, Christian.  Ti lascerò in pace dopo questo, te lo prometto.”

“Tu vuoi solo farmi uscire fuori di testa!”

“Baciami.” – ripetè  Catherine, questa volta però il suo tono era vellutato, come quello di una sirena che con l’inganno conduce alla morte i marinai.

E d’altronde, a che cosa lo stava spingendo se non a sfracellarsi contro una roccia?

Christian le si avvicinò piano, tremando ad ogni singolo passo verso di lei. A metà fra lo sconfitto e l’eccitato pose una mano sul viso della giovane e lasciò che i loro sguardi di incrociassero prima di compiere una nuova colpa.

“Adesso devi stare fermo.” – mormorò Catherine con le labbra a un centimetro  da quelle di lui.

Christian non rispose, la morsa allo stomaco gli fece chiudere gli occhi, mentre con ansia aspettava il fatidico momento.

Appena le loro bocche vennero in contatto fu invaso dalla voglia di stringerla furiosamente, ma le sue intenzioni rimasero tali quando sentì le labbra di Catherine schiudersi dolcemente sulle sue.

Era tutto diverso dalla sera precedente.

Il bacio era diverso.

Non c’era niente della fretta, della fame che lo aveva fatto impazzire la prima volta che si erano baciati.

Sentiva solo le labbra di Catherine muoversi sulle proprie, in una carezza sensuale e dolce al contempo.

Affondò maggiormente la mano sulla guancia di lei per rendere il contatto più intimo, la sua coscienza, i suoi buoni propositi ormai tacevano, soffocati dalla soffice bocca di Catherine.

Disobbedendo alla raccomandazione che lei gli aveva fatto, posò l’altra mano  sulla nuca della giovane, dove si impigliò fra i capelli bagnati.

Era splendido baciarla.

Non c’era altro modo per definire quello che stava provando.

Improvvisamente si ritrovò a sovrastarla con il proprio corpo, sul letto, mentre ancora si cercavano con le labbra.

Non si era nemmeno reso conto  di essersi mosso.

“Christian.” – sussurrò lei a fior di labbra facendogli venire i brividi – “Il tuo cuore …”

Batteva forte, il giovane lo sapeva benissimo, pulsava quasi fino a scoppiare. D’altronde anche quello di Catherine non era da meno, lo sentiva chiaramente.

Le baciò una guancia, poi l’altra, poi ancora le labbra e giù sul collo.

Assaporò con la bocca tutta la pelle che trovava a disposizione, finchè si rese conto che ce n’era anche fin troppa scoperta dato che l’asciugamano che l’avvolgeva si era aperto, lasciandola quasi totalmente esposta al suo sguardo.

“Christian.” – la voce di lei lo riscosse e lui riuscì a staccare lo sguardo da quel corpo sinuoso – “Da come mi baci, da come mi guardi, anche ora, non c’è solo desiderio, Christian.”

Catherine lo aveva capito. Tutte le attenzioni che le aveva rivolto, non voleva, non poteva credere che erano stata mosse solo dall’attrazione. C’era qualcos’altro. Ci doveva essere.

Gli accarezzò piano il volto dato che lui non accennava a muoversi, era come in trance.

Lo raggiunse alzandosi con il busto, il telo di spugna abbandonò definitivamente il suo corpo, ma non ci fece caso.

Mantenendo sempre lo sguardo immerso in quello di Christian, gettò le braccia intorno al suo collo e l’abbracciò forte.

“Ti amo, Christian. Da sempre.”

Gliel’aveva detto finalmente. Aveva finalmente confessato il sentimento che la struggeva da anni.

Dopo la fuga del ragazzo aveva cercato di dimenticarlo, in parte c’era riuscita, spinta anche dal desiderio di riconquistare un altro uomo, suo padre. Quando anche l’uomo che l’aveva messa al mondo l’aveva rifiutata, lasciandola completamente abbandonata a se stessa, Catherine si era ripromessa che mai avrebbe permesso all’amore di impossessarsi nuovamente di lei, perché non voleva essere ancora una volta rifiutata, non voleva essere lasciata sola.

Ma poi suo padre era morto, Christian era tornato nella sua vita e tutti gli antichi sentimenti, stipati da qualche parte dentro di lei, erano usciti prepotentemente con tutta la loro irruenza.

E a quel punto, dopo la sua coraggiosa confessione, toccava a Christian l’ultima parola.

Catherine, con il cuore in gola, sentì le mani di giovane posarsi sulla sua schiena nuda che si inarcò sotto quel contatto.

Rincuorata dalla sua reazione, Catherine cercò ancora le sue labbra e quando le trovò capì che non sarebbe mai stata sazia dei suoi baci, di lui.

Come se le avesse letto nel pensiero Christian iniziò a saggiarle la spalle e la pelle delicata alla base del collo, scese giù, più giù e, quando si trovò all’altezza del suo seno, si abbandonò contro di lei, affondando la testa fra le sue morbide curve.

“Così …” – sussurrò estasiata Catherine, mentre avvolgeva con le braccia il capo nero del giovane – “Stringimi forte …”

 

Un lampo illuminò la stanza immersa nella semi oscurità. Poco dopo arrivò anche il fragoroso rumore del tuono.

La pioggia non accennava a diminuire e batteva con violenza contro i vetri della finestra.

“Christian. Christian!” – riuscì a scorgere una vocina debole e spaventata in mezzo a quello scrosciare insistente.

Si mise a sedere, un po’ spaventato, e assottigliò gli occhi cercando di vedere qualcosa anche se era buio.

“Kate!” – esclamò poi sorpreso quando scorse la figura della bambina che si era rannicchiata vicino alla porta della sua stanza – “Che ci fai in camera mia?”

La bambina si avvicinò piano, tanto che anche il rumore dei suoi piedi nudi fu completamente inghiottito dal pavimento – “Christian, posso dormire con te? Per favore.”

“Non avrai mica paura del temporale?!” – la schernì, ma dato che Kate non accennava una riposta continuò – “Andiamo Kate è solo un po’ di luce e rumore, quanti anni hai? Otto? Sei grande per spaventarti!”

La piccola Catherine si avvicinò ancora, a capo chino – “Ti prego Christian, solo per questa notte.”

Il ragazzino cercò di scrutarla in volto, ma era troppo buio per vedere la sua espressione. Non aveva tanta voglia di condividere il letto con lei. Certo erano praticamente come fratello e sorella, ma cominciava a provare un po’ di disagio ogni volta che dormivano o facevano il bagno insieme. Forse perché i loro corpi stavano cominciando a cambiare, soprattutto il suo, che stava prendendo sempre di più le fattezze di un giovane uomo. Anche James aveva cominciato a non vedere di buon occhio certe pratiche, che in passato gli erano sembrate del tutto naturali.

Però, quella sera, Catherine sembrava davvero spaventata e non se la sentì di rifiutarla.

“Va bene Kate, ma questa è l’ultima notte.”

Si aspettava un urlo di gioia per la gentile concessione, ma la bimba si limitò ad annuire e si infilò silenziosa sotto le coperte.

“Kate.” – la chiamò Christian dopo essersi disteso – “Perché hai così tanta paura questa sera?”

“Il temporale.” – rispose lei con la voce sottile di spavento – “Ho paura che mi porti via, come ha fatto con la mamma.”

Christian non riprese subito a parlare. Fissò per qualche secondo il soffitto in silenzio.

Beth era morta in una notte simile a quella.

“Non ti porterà via.” – la rassicurò – “Non glielo permetterò.”

Un lampo più luminoso dei precedenti squarciò il cielo.

Catherine prontamente si tappò le orecchie e fece appena in tempo prima che il rombo del tuono irrompesse in tutta la sua potenza facendo vibrare anche i vetri della finestra.

“Va tutto bene, Kate.” – le sussurrò abbracciandola per darle protezione – “Ti terrò così stretta che neanche il temporale riuscirà a portarti via.

Catherine annuì e si abbandonò fra quelle braccia – “Stringimi forte, Christian.” – biascicò poi, prima di cadere in un sonno tranquillo.

 

Stringimi forte.

Anche a quel tempo gli aveva fatto quella richiesta.

Però il tono di voce era totalmente diverso.

In entrambi casi lo aveva supplicato di non lasciarla.

Ma se da bambina gli aveva chiesto di proteggerla, in quel momento  la giovane si aspettava che lui l’amasse appieno.

“Christian …” – sospirò ancora lei, mentre lo avvolgeva anche con le gambe.

“No, no, NO!” – quasi urlò lui, sciogliendosi da quella dolce prigione.

Il giovane le diede le spalle e si portò le mani al volto, disgustato dal suo comportamento. “Mio Dio, a che punto siamo arrivati!” – continuò a lamentarsi in preda allo sconforto – “Perdonami, ti prego.”

Catherine, che aveva recuperato il telo, gli si avvicinò prendendolo per le mani – “Sono stata io a chiederti di farlo, sapevo a cosa andavamo in contro! E mi sta bene, lo voglio.” – il viso arrossato sia per la concitazione che per l’eccitazione la rendevano irresistibile.

Christian scosse la testa  - “Non sai cosa stai dicendo!”

“Sì lo so invece! So che voglio che tu mi baci come prima, che mi stringa a te come prima e voglio molto altro ancora!”

“Basta! Basta ti prego!” – la supplicò.

“Io ti voglio.” – continuò lei ignorandolo – “Perché tu continui a respingermi?”

Anche dopo che lei gli aveva confessato i suoi sentimenti, lui continuava a scappare.

“Catherine, io non… non ci capisco più niente!” – si prese la testa con le mani, sciogliendole dalla stretta della ragazza – “E’ sbagliato, maledizione! Sento che è sbagliato!”

“No Christian è più che giusto, invece!” – ribattè Catherine – “Io ti amo e voglio che accada, anche tu lo vuoi, perché non dovremmo lasciarci andare?”

La ragazza si sporse verso di lui, facendo sfiorare le loro fronti e i loro nasi – “Vedi Christian, è tutto perfetto.” – mormorò ed entrambi riuscirono ad avvertire il calore delle bocche dell’altro.

“NO!” – voltò di scatto la testa lui – “ Come sarebbe andata a finire se non fossi riuscito a fermarmi?!”

“Christian …”

“Forse, forse dovrei parlare con l’avvocato Dawson e rivedere le procedure dell’affido.” – mormorò più a se stesso, stroncando sul nascere le proteste di Catherine.

“Cosa? Cosa stai cercando di dirmi?”

Christian riportò il proprio sguardo su quello della giovane – “Forse non sono la persona più adatta per questo compito.”

“No …” – mormorò strozzata Catherine – “Hai promesso che saresti rimasto con me, per me!”

“Catherine guarda fin dove ci siamo spinti! E non mi riferisco solo a poco fa!” – avrebbe voluto urlare per cercare di liberarsi da tutta quella agonia, ma era consapevole che tanto non sarebbe servito a nulla – “Ultimamente non faccio che pensare a te e mi vergogno dei miei pensieri! Ma la cosa più spaventosa è che, pur essendo certo che sia sbagliato, il bacio e il resto mi sono piaciuti!”

“Ed è giusto così!”

“NO! Non è affatto giusto Catherine.” – la bloccò nuovamente lui con fare sempre più concitato.

Catherine abbassò lo sguardo e Christian gliene fu grato, non avrebbe sopportato di vederla ancora una volta delusa dal suo comportamento.

Dopo attimi di silenzio fu la ragazza a parlare di nuovo - “Non andartene, non mi lasciare sola!” – lo supplicò con gli occhi pieni di lacrime – “Ti prego non abbandonarmi anche tu!” – si aggrappò al suo petto e incrociò le braccia intorno alla sua spalla larga.

“Ho paura di non essere in grado di controllarmi una prossima volta!”

Catherine si allontano bruscamente da lui - “Non ci sarà una prossima volta!- gli promise - “Non ti metterò mai più in una situazione simile, non ti darò mai più problemi, non ti provocherò, non dormiremo neanche più insieme se questo ti disturba, ma ti prego, ti scongiuro non andartene!”

Christian la fissò basito.

Non si aspettava di certo una reazione simile. Le lacrime che scendevano a gocce grandi lungo le sue guance, gli occhi allucinati come se fosse impazzita, il modo in cui si contorceva le mani lo turbarono nel profondo.

“Non, non fare così.”

“E come dovrei fare?!”  - urlò lei di rimando – “Vuoi lasciarmi anche tu! Perché? Perché ve ne andate tutti da me?!”

Christian allungò spiazzato le mani verso di lei, la prese per le spalle e l’attirò verso di sé – “Era solo un’idea.”

“Ma lo farai! Partirai di nuovo!” – singhiozzò isterica contro il suo petto.

Il giovane continuava a non capire il perché di una reazione tanto esagerata, ma vederla così, senza controllo, era insostenibile – “Non me ne andrò Catherine e non lo dirò mai più.” – la rassicurò accarezzandole i capelli ormai quasi asciutti – “Troveremo una soluzione a questa situazione così strana.”

Catherine si strinse fra le sue braccia – “Non te ne andare.” – mormorò ancora, come se neanche avesse sentito quello che Christian le aveva appena detto.

“Non lo farò.” – le ripetè ancora – “Adesso calmati. Io ti aspetto giù, sarà meglio che ti rivesta prima che ti ammali sul serio.”

Il moro le accarezzò piano il capo, fece un po’ di fatica a sciogliere la presa delle sue braccia intorno alla propria vita e quando ci riuscì le scostò un ciuffo dal viso e le sorrise.

Si avviò verso la porta e, una volta raggiunto l’uscio, si voltò verso di lei – “Andrà tutto bene.” – le disse prima di uscire.

In realtà da quel giorno le cose non andarono affatto bene.

Il domino è un gioco affascinante.

Non importa quante pedine si usino, non importa in che modo si dispongano, basta che anche una sola di essa cadi e tutte le altre cadranno.

Nel loro rapporto la distruttiva reazione a catena era stata innescata.

E la prima grande conseguenza fu che, da quella notte, Catherine non condivise più lo stesso letto di Christian.

 

 

 

;il salotto di lilysol;

 

Allora quali sono le parole migliori per poter iniziare?

Innanzi tutto credo che siano doverose un bel po’ di scuse per tutto il tempo che vi ho fatto attendere. Questa storia la scrissi tutta di getto, ma poi dopo aver perso il mio computer, persi con lui tutti i capitoli della storia, e si sa quanto sia difficile ricominciare a scrivere ex novo qualcosa che già era nato e aveva preso forma. Mi sembrava una scrittura forzata e non ero soddisfatta del risultato.

Così la storia è stata accantonata, ogni tanto ho provato ad aprire il file, a scrivere qualche riga, ma niente.

Alla fine però, sollecitata da molte di voi che mi hanno scritta sia privatamente, sia recensendo, ho deciso di non cancellare la storia e di riprovare a darle nuova vita.

Ora, dopo questo capitolo abbastanza intenso, spero di essermi fatta perdonare.

Cercherò di aggiornare con la massima regolarità, impegni universitari permettendo .

Che altro dire?

Lasciamoci con un sorriso e diamoci appuntamento al prossimo capitolo.

A proposito… ecco le anticipazioni:

 

Cap. 12: Perturbazione francese.

“Maxime?” – domandò Daniel a Christian quando fu sicuro di essere fuori dalla portata di Catherine.

Stranamente aveva usato lo stesso tono scettico di Christian quando la ragazza gli aveva parlato per la prima volta di questo Maxime.

Decise di non soffermarsi troppo su questo dettaglio, c’era altro a cui pensare.

“Un francese.” – tagliò cortò.

Daniel lo fissò per qualche istante, con l’espressione di chi ha capito tutto; si accarezzo la barba lasciata un po’ incolta, storcendo leggermente le labbra. Era evidente che era alquanto contrariato.

“Che c’è?”  - gli domandò Christian.

“Se lo vuoi proprio sapere amico, penso che se la lasci ad un francese, sei davvero un idiota!”.

 

Grazie a “veterani” che continuano a seguire con passione questa storia e grazie a qualsiasi possibile “novello” che deciderà di avventurarsi in questa contorta, ma spero piacevole lettura.

Un bacio grande a tutti J

lilysol

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