MayGrey di lilysol (/viewuser.php?uid=33797)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quello che chiamavo Passato ***
Capitolo 3: *** Parte della tua vita ***
Capitolo 4: *** La nuova te ***
Capitolo 5: *** Impossibile ***
Capitolo 6: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 7: *** Comunicare ***
Capitolo 8: *** Pensieri inopportuni ***
Capitolo 9: *** Attrazione ***
Capitolo 10: *** Lo scontro ***
Capitolo 11: *** Semplicemente Inaspettato ***
Capitolo 12: *** Domino ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Il
coraggio non aveva mai fatto parte di lui.
Quando
i suoi genitori erano morti, invece di reagire, si era chiuso in un
silenzio ostinato.
Quando
aveva messo incinta la sua ragazza, a diciassette anni, invece di
affrontare la vita di sempre, era scappato con lei come un codardo in
cerca di una nuova.
Quando
aveva scoperto di amare Catherine, invece di tenersela stretta,
l'aveva lasciata andare via..
E
adesso aveva un ora e tre quarti di tempo.
Aveva
ancora un ora e tre quarti di vita.
Si
trovava davanti ad un bivio e doveva prendere la sua decisione in
meno di una ora e tre quarti.
Ancora
una volta, per scegliere la via più giusta, aveva bisogno di
coraggio.
Quel
maledetto coraggio che non aveva mai avuto.
Bene,
salve a tutti e grazie per esservi soffermati a leggere la mia ficcy.
Non
sono nuova del sito, ma è la prima originali.
Questo,
ovviamente, è solo un piccolo inizio, ma la storia
è ricca di colpi
di scena.
Grazie
a tutti.
Ci
vediamo con il primo capitolo.
Un
bacio.
lilysol
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Capitolo 2 *** Quello che chiamavo Passato ***
Capitolo
1
Quello
che
chiamavo " Passato"
“Un
uomo
generoso, pieno di vita e amato da tutti...”
Il
sacerdote
continuava a parlare con quel suo tono stanco e strascicato e la sua
voce si
espandeva amplificata nella sala ghermita.
Il
caldo era
insopportabile e Christian May continuava ad allentarsi il colletto
della
cravatta per cercare di non soffocare, si era sempre chiesto
perché i funerali
si dovessero svolgere nelle ore più calde.
Lanciò
uno
sguardo alla bara in cui giaceva la salma. Sicuramente lui
sarebbe stato
contrario, svitato com'era, a causa del caldo, avrebbe di certo
preferito che
la cerimonia si svolgesse alle dieci di sera.
Sempre
contro
corrente, sempre pronto a fare qualcosa di diverso.
Altro
che uomo
generoso, quell'uomo era un pazzo, un esaltato, viveva ogni singolo
istante
conscio del fatto che non ce ne sarebbe stato un altro simile.
Eppure
l'aveva
amato tanto.
Un
affetto
profondo e sincero.
Come
quello
che lega un figlio ad un padre.
“Una
tragedia,
non è vero?” - sentì mormorare alle sue
spalle.
Si
voltò un
po' per capire da dove venisse il brusio.
“Sì
terribile”
“Povera
ragazza, prima la madre e adesso...”
Istintivamente
portò lo sguardo poche file di banchi più avanti.
Povera
ragazza
Lo
pensava
anche lui.
Aveva
perso la
madre quando era solo una bambina.
La
dolce e
pura Beth Lowell se ne era andata in punta di piedi, in silenzio in una
notte
di pioggia.
Beth
sì che
era un angelo.
Nessuna
preoccupazione, nessun malessere, nessun segnale che avesse annunciato
l'arrivo
imminente della sua ora.
Prima
un
sorriso, una buona notte, poi nient'altro, solo il dolore del marito,
stravolto
e distrutto, e della figlia, allora di appena tre anni, che non
riusciva a
capire perché da quel giorno sua madre l'avrebbe potuta
vedere solo nei suoi
vaghi ricordi.
Adesso
quella
ragazza aveva diciassette anni, la ricordava bambinetta e l'aveva
rivista già
grande.
La
vedeva di
spalle, la lunga cascata corvina ondulata, le spalle esili fasciate di
nero.
Chissà
cosa
avrebbe fatto da quel momento in avanti, ora che anche il padre l'aveva
lasciata.
James
Grey era
morto.
Ancora
non
riusciva a crederci.
“Scusi?!”
- gli
fece una voce irritata.
Si
voltò
alzando un sopracciglio - “Mi dica”
Un'anziana
signora vestita tutta di nero lo guardava seccata - “Potrebbe
farmi passare?
Vorrei andare a dare le condoglianza a quella povera
figliuola!”
Christian
si
mise su un fianco per creare un varco e, accompagnando il tutto con un
sorriso
rispose soltanto con un “Prego”.
Portò
lo
sguardo ancora sulla giovane che se ne stava immobile mentre la folla
cominciava ad avvicinarla.
Era
indeciso
se andare o meno.
Ricordava
con
un certo imbarazzo misto a fastidio quel momento durante il funerale
dei propri
genitori più di dieci anni prima.
Decise
di
andare comunque, promettendosi di non fare come tutti gli altri.
Si
porto in
prossimità del primo banco evitando accuratamente di
guardare la cassa di legno
vicino l'altare, non ce l'avrebbe mai fatta.
La
ragazza
sembrava completamente assorta nei propri pensieri.
Gli
occhi
grandi e verdi erano opachi e vuoti, come se stesse inseguendo un
ricordo
lontano.
La
gente la
tirava verso di sè, piangendo e sussurrandole parole
d'affetto, ma lei non
rispondeva continuando a fissare un punto indefinito.
Arrivò
il suo
turno e cercò di fare tutto con il massimo della discrezione.
Le
prese una
mano stringendola un poco, giusto per farle capire che c'era lui adesso.
“Mi
dispiace” -
mormorò.
Fu
come se una
frusta l'avesse colpita in pieno viso.
La
giovane
Grey si ridestò da quel sonno vuoto e le sue palpebre
sbatterono più di una
volta per cercare di mettere a fuoco il viso dell'uomo che le stava di
fronte.
“Tu...”
- la
voce era un soffio secco.
“Si”
- disse
soltanto.
“Christian...”
- portò una mano tremante sul suo viso - “Sei
tornato...”
“Avrei
dovuto
farlo prima” - sovrappose la sua mano grande e callosa su
quella piccola di
lei.
La
ragazza si
tuffò fra le sue braccia singhiozzante - “Mi ha
lasciata Christian! Mi ha
lasciata!” - urlò disperata.
Ancora
un po'
confuso le cinse la vita stringendola a sé, condividendo il
suo stesso dolore -
“Mi dispiace, mi dispiace”
Non
sapeva che
altro dire, un semplice “mi dispiace” significava
ugualmente tanto per
entrambi.
“Sono
sola
adesso! Voglio morire anche io! Mi manca la mamma, mi panca
papà!Mi mancano
Christian!”
Le
baciò i
capelli e poggiò il proprio mento sul suo capo -
“Non te ne andare anche tu per
favore Kate, non adesso, non ora che sono tornato”
Pianse
anche
lui tutto il proprio dolore, era un figlio che aveva perso il padre,
per la
seconda volta.
Appena
tornato
in albergo, Christian sospirò distrutto.
Andò
in bagno
con il preciso intento di farsi una doccia, perché non c'era
niente di meglio
di un bel getto di acqua fredda per riorganizzare le idee e liberarsi
da quella
sensazione appiccicosa che l'afa gli lasciava.
Aveva
dimenticato come fosse calda la California, ormai aveva fatto il callo
alla
cupa e frenetica New York.
Mentre
si
svestiva, lo sguardo gli cadde sullo specchio che rifletteva il suo
viso.
In
un primo
istante non si riconobbe, poi però sospirò ancora
sconfitto.
Era
del tutto
normale che avesse un aspetto simile, e non era neanche a causa del
lungo viaggio
che aveva affrontato in fretta e furia.
No,
quelle
occhiaie sotto gli occhi scuri dal taglio gentile, quelle rughe
profonde
intorno alla bocca squadrata, in generale, quell'aspetto sconvolto
dipinto sul
suo giovane viso era il simbolo tangibile dei propri tormenti.
D'altronde
in
meno di ventiquattro ore, non solo aveva saputo della morte di James,
ma aveva
rivisto Catherine, ed era rimasto scosso fin nel profondo.
Si
era
ripromesso che nonostante avesse rivisto, luoghi, edifici e visi
appartenenti
alla sua vita passata, avrebbe frenato tutte le sensazioni correlate a
quel
posto, ma ecco i ricordi e i rimorsi tornare a farsi prepotentemente
vivi in
lui.
Distolse
lo
sguardo dallo specchio ed entrò nella cabina di vetro,
desiderando che anche
quella sgradevole sensazione di colpa che gli gravava sulle spalle e
gli
attanagliava il petto scivolasse
via dal
suo corpo come le gocce d'acqua.
Aveva
ancora
impressi nella mente gli occhi di Kate perché avevano la
stessa espressione
vuota che sapeva assumessero anche i suoi, talvolta, fin da quella sera
maledetta di dodici anni prima.
Quella
sera,
era con la tata, lo ricordava bene e c'era una fitta nebbia...
Ricordava
ancora il campanello che suonava...
Il
borbottare
della tata su chi potesse essere a quell'ora tarda...
"Buonasera
signora scusi il disturbo"
Una
voce
maschile profonda.
Lui
che si
affaccia confuso, stupito, curioso, dallo stipite della porta.
Il
viso della
donna che aveva il compito di occuparsi di lui, contratto in una
smorfia di
sorpresa causata dalla vista di due agenti della polizia stradale.
"Cosa
è
successo?" - domandò con voce tremante.
Il
poliziotto
si fece scuro in volto – "Signora, mi dispiace"
Di
quello che
disse dopo capì solo poche parole che gli cambiarono la vita
per sempre.
Incidente
frontale.
Morti
sul
colpo.
Christian
girò
la manopola e chiuse l'acqua.
Si
poggiò
grondante alla parete della doccia mentre i ricordi di una vita passata
lo
travolgevano.
"Ciao
Christian..."
"Signor
James..."
Neanche
vedere
James gli poteva essere d'aiuto.
James
l'intimo
amico di suo padre con il quale aveva passato tutte le domeniche, le
feste e
ogni singola cerimonia da quando era nato.
L'uomo
migliore che avesse mai incontrato.
"Christian..."
"Non
dire
mi dispiace, per favore!" – lo interruppe subito, era tutto
il giorno che
se lo sentiva dire.
"Non
sono
venuto qui per questo"
Lo
guardò
stupito – "E per cosa allora?"
"Tuo
padre è stato molto chiaro nelle sue ultime
volontà..."
"Non
capisco" – perché non si decideva a parlare
chiaramente?
"Ha
stabilito nel testamento che nel caso gli fosse successa una disgrazia,
sarei
stato io ad occuparmi di te"
Christian
continuò a guardarlo perplesso – "Mi stai dicendo
che..."
"Esatto,
da oggi, se vuoi, sarò io a prendermi cura di te"
Il
bambino
continuò a fissarlo per qualche secondo incapace di dire
anche solo una parola
– "Non stai scherzando vero?" - chiese titubante poco dopo.
"No"
Si
buttò fra
le sue braccia piangendo.
Come
era
normale per un bambino di nove anni..
Erano
passati molti anni, ormai, e in quel momento, a ventuno anni compiuti,
gli
sembrava che quei giorni, vissuti con così grande apatia,
appartenessero ad
un’altra persona.
Effettivamente
era cambiato tanto negli otto anni che aveva vissuto con James.
Aveva
trovato
in lui e sua figlia quattro braccia pronte ad accoglierlo.
La
piccola
Catherine, Kate, come la chiamava lui, gli era sempre stata vicino.
Ricordava
con
tenerezza tutti i momenti passati con lei...
"Christian..."
Alzò
lo
sguardo irritato.
Non
sopportava
molto quella mocciosa petulante e viziata.
Ogni
volta che
i loro genitori passavano insieme splendidi pomeriggi, lui invece di
divertirsi
con i grandi, era costretto a giocare con quella scocciatrice, era una
vera
seccatura.
"Che
vuoi?" - chiese un po' brusco.
Vide
gli occhi
della bambina allargarsi dalla sorpresa, poi però riprese il
controllo.
"Quando
è
morta mia mamma..." - iniziò la piccola.
"Non
mi
interessa!" - sbottò girandosi su in fianco e tornando a
leggere il libro
che James gli aveva regalato.
"Non
so
come è successo" – continuò Kate
– "Ma mi manca tanto, anche se non
me la ricordo bene..."
"La
vuoi
smettere?!" - le urlò furioso contro.
"Però
c'era il mio papà e anche la tua mamma e il tuo
papà" – si fermò
imbarazzata non sapendo come continuare – "E quando ci sei tu
Christian,
io mi sento meno sola"
Il
ragazzino
continuava a fissare il libro con occhi spalancati, non si aspettava
parole
simili da una bambina di cinque anni.
"E
adesso
tu hai papà...e me, se vuoi" – si
lasciò sfuggire; poi, come se avesse
detto una brutta parola, si mise le manine davanti alla bocca
– "Scusa,
dimentica tutto!" - sospirò – "Lo so che mi odi,
bhè buona
notte...""
"Non
ti
odio"
"Che
cosa?"
"Non
ti
odio" – ripeté.
"Davvero?"
- gli chiese sognante.
"Sì"
Non
avrebbe mai
dimenticato neanche tutte le loro piccole discussioni.
"Non
mi
piace!" - sbottò.
Christian
alzò
gli occhi al cielo – "E’ a me che deve piacere..."
"Si,
ma..."
"Uffa!"
- sospirò -"Lasciami in pace!"
"E
poi...Michelle!Che razza di nome è?" - continuò
ignorandolo.
"Un
bellissimo nome!" - ribatté.
"Se
lo
dici tu"
Christian
non
rispose continuando a scrivere il messaggio sul cellulare indirizzato a
Michelle.
"Ma
non
siete troppo giovani?" - continuò la ragazzina.
"Ho
sedici anni!Posso fare quello che voglio!"
Lei
lo guardò
imbronciata poi alzandosi dal pavimento sul quale era seduta, ma prima
di
uscire dalla sua stanza non gli risparmiò un – "Ma
proprio non mi
piace!"
E
poi,
quell'errore che l'aveva allontanato per sempre dalla sua famiglia.
"Allora
è
vero?" - gli chiese tremante.
"Sì."
"Ma-"
"Ti
prego
non dire nulla!" - la interruppe.
Catherine
lo
guardò con aria sofferta e si avvicinò alla porta
per uscire.
"Sto
per
partire..." - le disse lui non volendo fare quel gesto senza dirglielo.
La
vide
stringere la maniglia d'ottone con forza – "Capisco."
– disse
soltanto.
"Dobbiamo
farlo, i genitori di Michelle la farebbero abortire, ce la caveremo non
preoccuparti."
"Papà
si
arrabbierà tanto, avete già discusso e sai come
la pensa."
"James
capirà."
Kate
si voltò
a guardarlo, gli occhi improvvisamente umidi e gli angoli della bocca
tirati in
giù da quella forza che non riusciva a contrastare
nonostante tutti i suoi
sforzi – "Capirà..." - disse non molto convinta
– "Buona fortuna."
– si chiuse la porta alle spalle e lui non poté
fermarla.
Non
avrebbe
dimenticato nemmeno le lacrime di Kate.
"Christian!
Christian!" - urlava disperata mentre cercava di inseguire quel
maledetto
treno.
Il
ragazzo si
voltò verso il finestrino e fu sorpreso di vederla
lì, a quell'ora tanto tarda.
Non
c'era
quasi nessuno, e quella piccola figura scarmigliata e urlante si
distingueva
benissimo.
"Christian!"
- continuò a cercarlo con lo sguardo perso.
Si
allontanò
dal finestrino per non farsi vedere.
Sentì
una
leggera pressione sulla mano.
Il
capo
castano di Michelle si posò sulla sua spalla, lui si
voltò per guardarla negli
occhi.
"Che
c'è?" - domandò accarezzandole il viso.
La
ragazza lo
incoraggiò con lo sguardo – "Forse è
meglio se la vai a salutare"
"Il
treno
sta per partire" – disse risoluto, ma la voce rotta
trapelò comunque.
"Un
saluto ce la fai a farlo"
"Meglio
di no!" - usò un tono tale da far intendere che la questione
era chiusa.
Nel
breve
silenzio che intercorse le grida disperate di Kate lo lacerarono fin
nel
profondo.
Sentì
Michelle
sospirare, poi stringendogli più forte la mano gli
sussurrò – "Sarà
difficile, ma ce la faremo"
Christian
annuì e proprio in quell'istante il treno partì.
Si
concesse un
ultimo sguardo a Kate.
La
vide
guardarsi ancora attorno, ma non lo chiamava più; poi, come
se qualcuno
gliel'avesse detto, si voltò e si diresse verso l'uscita,
ormai l'aveva capito:
lui se ne era
andato.
Quei
ricordi
erano stati accantonati con il passare del tempo; erano passati solo
quattro
anni dal giorno in cui se ne era andato, un tempo relativamente breve,
ma ormai
tutti i legami che lo univano con quella vita si erano sciolti.
James
era
morto.
Catherine era ormai grande e
soprattutto era divenuta
una persona totalmente diversa da come se la ricordava.
Non
solo per
l’aspetto fisico, ma anche il cambiamento repentino che aveva
avuto in Chiesa
lo dimostrava. Dopo averlo abbracciato e dopo aver pianto con lui, si
era
improvvisamente ripresa, come se si fosse vergognata di aver perso il
controllo; gli aveva dato le spalle, lasciandolo senza un parola, poi
aveva rivolto la sua attenzione alle altre persone per accettare le
loro condoglianze.
Non
l'aveva
più guardato e Christian aveva avuto l'impressione che
quell'intimo momento che
avevano condiviso fosse stato solo una piccola finestra che era stata
aperta
sulla sua vita passata, ma subito richiusa.
Uscì
dalla
doccia e mentre si avvolgeva in un candido accappatoio bianco,
la sua attenzione fu catturata da un suono metallico proveniente dalla
camera
da letto.
Sollevò
la
cornetta del telefono dell'hotel.
"Pronto?"
- rispose.
"Pronto,
signor Grey c'è in linea per lei un certo signor Dowson,
glielo passo?" -
lo informò una delle ragazze addette al centralino.
L'avvocato
Dowson, era il legale di James se non ricordava male.
"Sì,
certo." – rispose incuriosito da una tale chiamata.
"Signor
May?" - sentì poco dopo – "Sono l'avvocato Dowson
scusi il disturbo."
"Si
figuri, cos'è successo?"
"Potrebbe
raggiungere il mio studio il più presto possibile? Si tratta
di una faccenda
piuttosto importante e non posso comunicargliela per telefono."
Il
ragazzo
aggrottò le sopracciglia – "Qualcosa di grave?"
"No
no,
soltanto piuttosto strana... E complicata, ma è meglio
parlarne di
persona" – lo tranquillizzò.
"Ma
almeno di che si tratta?"
"Riguarda
la giovane figlia di James Grey."
"Catherine?!"
- esclamò sorpreso.
"Esattamente,
la aspetto nel mio ufficio sa dove si trova?".
"Se
in
questi quattro anni non si è trasferito, sì"
"Perfetto,
la aspetto" – concluse il legale.
Il
ragazzo
continuò a fissare il telefono.
Cosa
poteva c’entrare
ancora Catherine con la sua vita?
,;
Il
salotto di
lilysol ;,
Bene,
bene. Eccoci al primo capitolo. Si inizia a capire un po'
la storia, soprattutto, come dice il titolo del capitolo, la storia
passata.
Penso
che non ci sia molto da spiegare perché è un
capitolo
essenzialmente composto da ricordi.
Ambiguo,
anche se solo accennato, è il comportamento della
ragazza, Catherine, ma preparatevi ad avere a che fare con una tipetta
incomprensibile, anzi come la definirà Christian
più di una volta impossibile.
E
adesso...
Anticipazioni:Capitolo
2: Parte della tua vita.
La
colonna portante di questo capitolo, è quella di tutta la
storia, così vi rimetto il pezzo che ho già
inserito nell'introduzione.
"I
documenti che devo firmare?"
Catherine
sobbalzò – "Aspetta Christian! Non fare
sciocchezze!"
Il
ragazzo la
ignorò prendendo in mano i documenti.
"Dove
devo
firmare?"
"Dove
ci
sono le crocette, ma signore ci pensi bene." - l'avvocato lo
fissò con uno
sguardo molto eloquente – "Benché si tratti solo
di un anno, potrebbe
essere, come dire, complicato..."
"Lo
so!" - rispose sorridendo – "Ma saprò badare alla
piccola Kate"
Le
scoccò uno
sguardo complice e lei rispose trucidandolo con gli occhi.
Ringraziamenti:
SweetCherry:
Sono
contenta che il prologo ti sia piaciuto, sapevo che era piuttosto breve
e molto
poco esauriente, quindi grazie per aver commentato. Spero che questo
capitolo
ti sia piaciuto. Ci vediamo con il prox aggiornamento ciauz!
Kiravf:
ciao!
Wow una fan!eheh grazie tante
davvero, sono contenta che le mie storie ti piacciano! Finirle tutte
*colpo di
tosse* ehm, immagino che ti riferisca soprattutto ad Inseguendo
un sogno e
lo so che sono in ritardassimo, in realtà mi sono portata
qualche capitolo
avanti rispetto all'ultimo aggiornamento, ma mi sono bloccata e vorrei
prima superare
questo muro di cemento contro cui mi sono schiantata =) Cmq sono
contenta che
la storia, questa, ti piaccia. Spero che sarà sempre
così. Alla prox baci!
E
ovviamente chi ha messo la storia nei preferiti
e
chi nelle seguite
e
anche chi ha semplicemente letto.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto.
Alla
prox
lilysol
|
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Capitolo 3 *** Parte della tua vita ***
Capitolo
2
Parte
della tua vita
Lo
studio legale era reso abbastanza fresco dall'aria aria condizionata
e Catherine ringraziò il genio di quella brillante
invenzione.
Christian
era arrivato circa dieci minuti dopo di lei, l'aveva fissata,
sorpreso della sua presenza, lei si era limitata a rivolgergli un
sorriso di circostanza.
"Bene
signori." – esclamò Dowson – "Possiamo
iniziare."
Dowson
era un uomo sulla cinquantina, piuttosto panciuto e soggetto ormai
alla calvizia, data l'età.
Suo
padre diceva che era un uomo onesto, a lei sembrava un comunissimo
avvocato di città.
"Mi
sono appena giunte delle pratiche piuttosto singolari." – si
fermò un attimo per controllare le espressioni dei due
giovani –
"Sono delle pratiche d'affido."
"Pratiche
d'affido?!" - esclamarono i due in coro.
"Non
capisco." – continuò confusa Catherine –
"Chi
riguarderebbero?"
"Lei
signorina."
La
giovane stava per ribattere, ma fu bloccata da Christian.
"Aspetti!Non
starà mica dicendo che..."
L'avvocato
gli lanciò uno sguardo furbo.
Quella
situazione era maledettamente familiare.
Era
come rivivere un lontano ricordo.
"Tuo
padre è stato molto chiaro nelle sue ultime
volontà."
"Insomma
cosa sta succedendo?!" - sbottò Catherine irritata.
"Signorina,
suo padre ha deciso che il qui presente Christian May sarà
il suo
tutore d'ora in avanti."
La
sorpresa la colse in pieno e l'ammutolì.
"Non
sta scherzando?" - chiese il giovane, dando voce alla stessa
domanda che passava nella mente della ragazza.
"Sono
serissimo, quello che colpisce è che i documenti sono stati
compilati circa un anno fa, il che fa del signor Grey un uomo molto
previdente, quasi come se sapesse che sarebbe dovuto morire a breve."
"Ma-"
- cercò di dire Catherine – "Siamo quasi coetanei!"
"Questo
è vero e proprio per questo la cosa è
effettivamente fattibile. Il
signor May è adulto e lei signorina compirà fra
un anno diciotto
anni. Se la differenza fosse stata maggiore credo che neanche un tipo
come James." – e la sua voce perse quella
formalità e
pacatezza quando pronunciò il nome di suo padre - "Avrebbe
pensato ad una cosa del genere!"
Quella
situazione era assurda, innanzi tutto essere lì a
diciassette anni
orfana di entrambi i genitori era assurdo di per sè, ma che
suo
padre l'avesse affidata nelle mani di uno sconosciuto, quello proprio
era impensabile.
Si
stupì dei suoi stessi pensieri, Christian era uno
sconosciuto per
lei?
Era
pur sempre Christian, il bambino con cui era cresciuta e che aveva
amato come un fratello, ma era anche vero che adesso il ragazzo
seduto accanto a lei, era un uomo di cui non sapeva nulla.
Questa
certezza le faceva male.
Christian
l'aveva vista nascere e adesso erano due estranei.
La
loro conoscenza affondava le sue radici nei rispettivi genitori,
James e Carter erano amici di infanzia e avevano conosciuto Beth e
Linda al liceo.
James,
matto da legare, aveva sposato Beth, dolce e pura, e Carter, mite e
pacifico, Linda, scatenata e allegra.
Quasi
come se si fossero scelti, il fuoco e l'acqua si erano incontrati
nelle rispettive coppie, completandosi a vicenda, calmando i
temperamento focoso di uno e accendendo l'animo temperato dell'altro.
Da
quei matrimoni erano nati loro due ed erano stati fatti crescere
insieme.
Da
quel che ricordasse Catherine, Christian aveva sempre fatto parte
della sua vita.
Ma
erano cambiato tante cose, troppe.
"Lui
ha una sua vita, lontano da qui!" - cercò un'altra scusa
plausibile per contrastare quella decisione assurda.
"Ovviamente,
la scelta dipende dal signor May" – rispose pacato il legale
–
"Lei cosa ne dice signore?"
Christian
era stupito dal comportamento di Catherine, quel suo modo categorico
di rifiutare lo lasciava piuttosto perplesso.
Non
voleva calpestare le su decisioni, ma c'era un'altra questione che
doveva chiarire prima di rispondere.
"Che
cosa le accadrebbe se rifiutassi?"
Catherine
si voltò a guardarlo con un'espressione compiaciuta in viso,
bene,
neanche lui aveva intenzione di accettare una cosa tanto assurda.
"Sinceramente,
le possibilità sono due in questi casi. Se la giovane
è minorenne,
come nel caso della signorina Grey, o le si trova un parente in grado
di poterla sostenere, oppure..."
"Oppure?"
- chiesero nuovamente in coro.
Sapevano
benissimo entrambi che Catherine non aveva nessuno.
"Oppure
andrà in un istituto."
Christian
sussultò.
Istituto?!
"Istituto?!"
- domandò la ragazza con voce strozzata.
"Ma
si tratterebbe solo per un anno, fino a che non raggiungerà
la
maggiore età..." - continuò Dowson sedando le
loro reazioni.
"In
istituto non ci vado!" - esclamò Catherine con forza.
Sembrava
una bambina viziata, non voleva che Christian fosse il suo tutore e
tanto meno voleva andare in istituto.
"Signorina."
– cercò di farla ragionare l'avvocato –
"Le leggi non le
faccio io. So benissimo che lei è una ragazza responsabile e
che se
la caverebbe benissimo da sola, ma finché non
compirà diciotto
anni, secondo le normative, non può fare niente."
"Senta
delle leggi non mi interessa niente! Quello che so è che in
istituto
non ci andrò mai e che non dipenderò da nessuno
fino al giorno
della mia morte!"
"Signor
May, per favore, le dica qualcosa lei." – implorò
Dowson.
Christian,
che fino a quel momento era rimasto in silenzio a riflettere, prese
parola – "Potrei avere una penna?"
Sia
l'avvocato che la giovane lo guardarono stupiti.
"C-certo..."
- rispose ancora sbigottito Dowson porgendogli quello che aveva
richiesto.
"I
documenti che devo firmare?"
Catherine
sobbalzò – "Aspetta Christian! Non fare
sciocchezze!"
Il
ragazzo la ignorò prendendo in mano i documenti.
"Dove
devo firmare?"
"Dove
ci sono le crocette, ma signore ci pensi bene." - lo fissò
con
uno sguardo molto eloquente – "Benché si tratti
solo di un
anno, potrebbe essere, come dire, complicato..."
"Lo
so!" - rispose sorridendo – "Ma saprò badare alla
piccola Kate"
Le
scoccò uno sguardo complice e lei rispose trucidandolo con
gli
occhi.
"Kate,
cerca di essere più allegra! Se non fosse stato per tuo
padre adesso
saresti in partenza per un istituto."
"Non
saprei proprio cosa scegliere!" - rispose imbronciata.
Christian
si scambiò uno sguardo esasperato con Dowson.
"Glie
l'avevo detto che sarebbe stato complicato..." - disse infine il
legale alzando le spalle.
Erano
in macchina, la macchina di Catherine.
Una
citroen piccola e maneggevole, perfetta per lei.
Ovviamente
i finestrini erano sigillati e l'aria condizionata tenuta al massimo.
"Bella
macchina." - cercò di esordire lui, affrontando quel mutismo
ostinato di lei che durava da quando avevano lasciato lo studio
legale.
"Grazie."
- rispose secca troncando quel tentativo di approccio sul nascere.
Cavoli,
se era testarda.
"Avevo
dimenticato quanto fosse calda Santa Monica" –
continuò
ancora.
"Tutto
sta nell'abitudine, che sicuramente hai perso!"
"E
tu cosa ne sai? Chi ti dice che non mi sia trasferito ai Caraibi?"
Le
si voltò con un sopracciglio inarcato – "E saresti
bianco
come una mozzarella ad Agosto inoltrato? Ma per favore!"
Christian
ridacchiò divertito, era sempre stata troppo intelligente.
"Sul
serio..." - continuò lei poco dopo e Christian fu lieto che
fosse stata lei a prendere l'iniziativa – "Dove sei stato per
tutti questi anni?"
"A
New York."
"La
grande mela, wow..." - disse ritornando a guardare fuori dal
finestrino.
Non
c'era entusiasmo nella sua voce, se non l'avesse conosciuta, avrebbe
detto che si trattava di semplice ironia, ma non era neanche quella.
Ogni
volta che in passato aveva discusso con lei, quando non aveva avuto
più voglia di parlare, aveva usato quel tono.
"Kate..."
- aveva bisogno di sentire la sua voce, le era mancata così
tanto.
La
giovane rispose con un mugolio.
"Parlami
di lui"
Vide
il corpo della giovane irrigidirsi.
"Lo
conoscevi, cosa vuoi che ti dica?!" - continuava a fissare
ostinata le belle stradine di Santa Monica.
"Dimmi
come è successo..."
Sapeva
di provocarle dolore, ma doveva sapere.
Aveva
abbandonato James, colui che gli aveva offerto una seconda vita e
aveva convissuto con quel rimorso fino al giorno prima, quando il suo
migliore amico, Daniel, lo aveva chiamato affannato per comunicargli
che quel grande uomo era morto.
Non
aveva afferrato tutti i concetti di quella conversazione, proprio
come era successo la sera che erano morti i suoi genitori.
Quello
che ricordava, riguardava solamente la valigia, riempita alla rinfusa
delle prime cose che trovava, e la corsa all'aeroporto, senza neanche
sapere se avrebbe trovato un volo disponibile.
Sapeva
soltanto che in un modo o nell'altro avrebbe presenziato al suo
funerale.
Vedendo
che la ragazza non rispondeva le prese la mano, ma lei la
ritirò
come se si fosse scottata.
"Scusami."
– sussurrò dispiaciuto – "Non dovrei
evocare ricordi
simili, hai ragione a non volerne parlare."
Catherine
sospirò – "Infarto." – disse soltanto.
Infarto.
Era
impensabile che James Grey, tanto forte e invincibile, fosse stato
stroncato da un infarto.
"Mi
sembra impossibile." – constatò dando vita ai
propri
pensieri.
"Non
parlare senza conoscere i fatti"
"In
che senso?"
Finalmente
Catherine lo degnò di uno sguardo – "Il James Grey
che hai
conosciuto tu è morto il 16 Maggio di quattro anni fa!"
Sgranò
gli occhi, come poteva dimenticare quel giorno?
Il
16 Maggio di quattro anni addietro era fuggito come un codardo, senza
dare spiegazioni.
"C-cosa..."
- si rischiarò la voce – "Cosa vuoi dire?"
La
ragazza lo fissò ancora per qualche secondo con un
espressione
indecifrabile, poi senza degnarlo neanche di una risposta, si
voltò,
tornando ad osservare i palazzi che scorrevano veloci al di
là del
finestrino, come se il susseguirsi di cemento, alberi e visi, fosse
molto più interessante del parlare con lui.
"Allora
aspettami in macchina intesi?" - le disse dopo aver parcheggiato
di fronte all'Hotel per prendere le proprie cose.
Come
poco prima, non ricevette risposta.
Gli
sembrava strano tornare dopo quattro anni in quella casa che l'aveva
visto crescere.
Ancora
più strano, quasi impossibile, era tornarci e non trovarci
James.
Per
tanti anni aveva pensato al proprio ritorno immaginando ogni singolo
movimento, l'imbarazzo nell'aprire la porta di casa, lo stupore di
Kate subito tramutato in gioia e infine l'ombra scura sul viso di
James mentre gli si avvicinava. Le sue scuse e poi quella pacca che
lui sicuramente gli avrebbe dato mormorando – "Bentornato
figliolo".
Così
sarebbe dovuta andare, e così sarebbe andata se avesse avuto
un
minimo di coraggio in più per affrontare le ombre del
passato e
tornare prima.
Quel
coraggio gli era mancato, non era mai stato un cuor di leone come
James, lui, in fondo, era il figlio di Carter.
Si
diede mentalmente dello stupido, suo padre quel coraggio l'avrebbe
trovato.
Salì
nella camera che aveva affittato.
Era
pulita e profumata, come tra l'altro ci si doveva aspettare in un
Hotel di Santa Monica.
Rifece
le valige sistemando quel poco di roba che aveva uscito, dato che era
solo mezza giornata che alloggiava lì.
Più
tempo invece lo impiegò nel disdire il contratto che aveva
fatto con
l'Hotel, aveva programmato di rimanere a Santa Monica qualche giorno,
per il funerale e poi magari per trovare tutte quelle vite che si
erano intrecciate con la sua durante gli anni in cui aveva vissuto
lì, ma delle quali non aveva saputo più niente
dopo la sua
partenza.
Quando
uscì, si avviò con passo veloce verso la macchina.
Kate
sarebbe stata furiosa anche se, per una volta, non era stata colpa
sua.
Era
già pronto a partire con le scuse, quando si accorse che la
macchina
era vuota.
Per
una manciata di secondi rimase con lo sguardo pieno di orrore a
fissare il sedile del viaggiatore, poi presa coscienza che Catherine
non c'era, iniziò a guardarsi intorno.
E
se fosse scappata?
Non
aveva preso con entusiasmo la notizia dell'affido.
Si
maledisse, non avrebbe dovuto lasciarla così!
"Ehi,
sono qui!" - si sentì chiamare alle spalle.
Sospirò
di sollievo mentre si voltava dopo aver sentito la sua voce.
"Porca
miseria, Kate mi hai fatto prendere un colpo!" - si portò
una
mano sul cuore cercando di calmarlo.
"Avevo
caldo idiota!"
In
fondo aveva ragione, avendo spento la macchina, si era spenta anche
l'aria condizionata.
Proprio
in quel momento passò un ragazzo in moto che suono a
Catherine, lei
gli rispose un cenno della mano e lui iniziò ad impennare
per
mettersi in mostra.
"Chi
era?" - domandò Christian curioso.
"Un
mio amico"
Mentre
salivano in macchina lui continuò a farle domande.
"Lo
conosco?"
"Possibile"
Christian
si raddubbiό – "Mi puoi dire come si chiama?"
La
ragazza sbuffò sonoramente – "Nicolas Cook, ma a
te cosa
importa?!"
"Cook?"
- esclamò sorpreso lui – "Quel Cook?!"
"Si
Christian, quanti Nicolas Cook conosci?"
Nicolas
Cook, aveva due anni in meno di lui, ma già in giovane
età aveva
dimostrato che tipo di persona era, e non gli piaceva.
Fino
ai dodici, tredici anni, è concesso fare il bulletto, ma
quando si
comincia ad essere più grandi, in quel caso è
solo volersi mettere
in mostra.
"Non
mi piace Kate" – sbottò.
"E
a me che deve piacere..."
Quella
conversazione sembrava essere già avvenuta, solo che a parti
invertite.
"Ma
tu non lo sopportavi!"
"La
gente cambia" – tagliò corto lei.
"Spero
solo che quella testa calda che aveva, si sia raffreddata!" - si
concentrò sulla strada per un po', poi incapace di starsene
zitto e
buono riprese il discorso – "Kate, dovresti smettere di
frequentarlo e trovarti un ragazzo come si deve!"
La
sentì agitarsi sul posto – "Senti Christian" -
disse
risoluta – "Gli amici sono i miei e me li scelgo io! Tu
goditi
quest'anno e poi ritornatene a New York da tua moglie!"
Aveva
parlato prima di pensare, ma effettivamente c'era la questione della
moglie da chiarire.
Prima
che potesse fare ulteriori domande sull'argomento, Christian la
corresse.
"Non
è mia moglie, non ci siamo mai sposati"
"Quello
che diavolo è!" - replicò lei – "A
proposito, come la
prenderà?"
"Non
lo so, ma non penso che gliene importi poi molto"
C'era
qualcosa che non andava nelle sue parole, ma ancora una volta
Christian la precedette.
"É
finita un paio di anni fa, non abbiamo resistito molto."
Ricordava
le parole di Michelle – "Ce la faremo"
Alla
fine non ce l'avevano fatta.
"E-
e il bambino?" - chiese Catherine shockata.
"Abbiamo
stabilito che vivrà con lei, ma che io ho il pieno diritto
di
vederlo quando voglio."
Era
stranamente tranquillo quando parlava, ma Catherine sapeva bene che
dentro non lo era per niente.
"Come
l'avete chiamato?"
"Lucas..."
"Lucas"
– ripeté Catherine sorridendo – "Ti
somiglia?"
"Un
po'..."
Non
fece più domande, ma invece di voltarsi verso il finestrino,
continuò a fissare quegli occhi scuri coperti da qualche
ciuffo
nero, il naso diritto, la bocca sottile, la curva del mento che
seguiva la linea mascolina della mascella.
"Che
c'è?" - le chiese lui.
La
ragazza alzò le spalle – "Niente..." - disse, ma
neanche
dopo essere stata colta in flagrante smise di guardarlo, beandosi del
suo viso per tutto il resto del viaggio.
,;
Il salotto di lilysol ;,
E
dopo una giornata di mare, non c'è niente ti meglio di una
aggiornamento, così ecco sfornato anche il secondo capitolo.
Fin qui
le cose sono andate più o meno lisce, ma d'ora in poi il
povero
Christian dovrà affrontare piccoli e grandi problemi che
Catherine
gli porterà. Inoltre, non dimentichiamo il passato che
continuerà a
ritornare, e Michelle e Lucas che sono stati importanti per
Christian. Per quanto riguarda Catherine, scopriremo cosa l'ha
portata a cambiare tanto.
Spero
che la storia comincia ad essere di vostro gradimento e ovviamente
spero in un piccolo commentino per sapere che ne pensate, se vi
piace, se vi fa schifo ecc... Come ho scritto nel mio profilo, questa
storia è molto importante per me, perché
è nata dopo un periodo
buio in cui aveva abbandonato tutte le mie altre storie.
Accidenti
quando parlo!
Vi
metto le anticipazioni, và, che le gradirete sicuramente di
più =).
Anticipazioni:Capitolo
3: La nuova te
Ci
sono convinzioni che sono radicate in noi ed è sempre dura
rivoluzionarle. Osservandola bene, Christian inizia a vedere una
Catherine nuova, e la cosa non gli piace.
La
vide sorridere, più che altro era un distendere le labbra e
si
chiese se non stesse solamente cercando eventuali sbavature nel
rossetto.
Le
ricordava molto Michelle, anche lei lo faceva spesso.
Questa
somiglianza non gli piaceva, aveva sempre visto Michelle come una
ragazza appartenente al gruppo “ragazze carine
abbordabili”,
Catherine era un'altra storia, non era abituato a vederla come una
qualsiasi ragazza, non voleva vederla così.
E
adesso i ringraziamenti che sono fatti sempre dal profondo del cuore
=)
Ringraziamenti:
smemorato:grazie,
grazie, grazie! Sono veramente contenta che ti piaccia, spero di non
averti fatto aspettare troppo, ci vediamo con il prox aggiornamento.
BACI.
SweetCherry:grazie
mille per i complimenti. Sono arrossita per i complimenti fatto al
mio stile =) grazie davvero, io cerco solo di scrivere il
più
semplice possibile per rendere il tutto più scorrevole, sono
contenta che ti piaccia. Eccolo l'aggiornamento. Ti piace anche
questo capitolo? Alla prox smak.
kilavf:
sono contenta che ti piaccia =) la storia effettivamente
sarà
piena di colpi di scena e spero che ti appassionerà. Ci
vediamo con
il prox capito. Ciauz!
E
ovviamente, le 3 persone che hanno messo la storia
nei
preferiti, le 9 che invece la stanno seguendo e le 110
persone che ci hanno cliccato sopra e mi hanno dedicato cinque minuti
del loro tempo, sperando anche in vostro parere. =)
Al
prossimo capitolo.
Baci
lilysol.
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Capitolo 4 *** La nuova te ***
Capitolo
3:
La
nuova te
La
piccola villetta bianca, a due piani, in perfetto stile americano,
non era cambiata per niente nel corso degli anni.
Gli
era mancata quella casa, quel piccolo giardino testimone dei suoi
giochi infantili e soprattutto Catherine con cui quei giochi li aveva
condivisi.
Una
cosa però era cambiata.
Non
c'erano più rose.
Beth
adorava quei fiori e aveva curato con amore il proprio giardino, dopo
la sua morte l'aveva fatto James, aiutato da Catherine che poi
l'aveva completamente sostituito.
"Kate,
dove sono finite tutte le rose?" - chiese scrutando tutto il
giardino alla ricerca anche solo di un esemplare.
"Oh...
Erano troppo difficili da curare e col tempo ho preferito toglierle"
"Capisco,
però è un gran peccato eri davvero brava."
"Già...
Ma è meglio così" – concluse mettendo
la parola
fine a quel discorso – "Ad ogni modo" – disse poi
per
sormontare quel momento di imbarazzo – "Bentornato a casa..."
Aprì
la porta e gli fece segno di entrare.
All'interno
tutto era esattamente come quattro anni prima, ma Catherine gli
illustrò comunque la disposizione.
"Allora,
qui c'è l'ingresso, da quella parte" – disse
indicando
a destra – "C'è lo studio di mio padre e il
ripostiglio, dalla parte opposta, il salotto e la cucina e sopra"
– si spostò facendo segno alle scale –
"I bagni, la
mia camera, la tua e quella di mio padre."
"Lo
so Kate, ci ho vissuto qui!"
"Giusto
per rinfrescarti la memoria" – rispose lei alzando le spalle.
"In
questo caso, grazie"
"Prego"
– sorrise, uno dei suoi soliti sorrisi di convenienza
– "Per
quanto riguarda le stanze, la tua non è stata toccata, ma
puoi
usare quella che preferisci. Però ti consiglio di usare
quella
di mio padre per sta notte, non mi aspettavo una cosa del genere e la
tua ha bisogno di una spolverata."
"Va
bene..."
"Ah
Christian, un'ultima cosa" – disse improvvisamente.
"Dimmi"
"Fino
ad ora non ti ho corretto perché non mi sembrava molto
carino,
comunque chiamami Catherine, questo è il mio nome"
– il
suo sguardo non ammetteva repliche.
Christian
ne rimase sorpreso, l'aveva sempre chiamata Kate, fin da quando erano
bambini.
"Si
lo so che non sei abituato, ma io mi chiamo così e gradirei
essere chiamata con il mio nome!" - continuò come se gli
avesse letto nel pensiero.
"Va
bene, scusami se ti ho dato fastidio" – le disse ancora
perplesso.
"Figurati..."
- lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso
–
"Bene, vado in camera mia, tanto la casa la conosci già.
Se hai bisogno, sai dove trovarmi"
Salì
per le scale, scomparendo presto dalla visuale del ragazzo ancora
incredulo sia per il comportamento di Catherine, sia per il fatto di
essere finalmente a casa dopo quattro lunghi anni.
Appena
lasciate le valige sul letto di James, Christian fuggì via
da
quella stanza.
Nonostante
Catherine gli avesse detto che la sua camera aveva bisogno di una
sistemata, decise comunque di darci almeno uno sguardo per riscoprire
il suo vecchio mondo.
Appena
aprì la porta capì quanto le parole di Catherine
fossero vere, la sua stanza non era stata toccata, tutto era
esattamente identico a quando era andato via.
Non
un libro o un poster era stato spostato e il pensiero che qualcuno
non ci fosse più entrato dopo la sua fuga
l'assalì.
Chissà
se James aveva avuto il coraggio di mettere piede nella stanza del
figlio traditore, perché era quello che era in
realtà,
no? Un figlio traditore.
E
un fratello traditore?
Anche
Catherine non c'era mai più entrata?
Respirò
forte e sentì il profumo di Catherine anche se leggero.
No,
lo avvertiva chiaramente, la ragazza aveva curato quella stanza,
quasi come se si aspettasse il suo ritorno da un giorno all'altro.
Non
era vero che la stanza era impresentabile.
Forse
c'era un po' di polvere sulle mensole e le lenzuola andavano
cambiate, ma sicuramente se quella stanza fosse stata abbandonata a
se stessa per quattro anni, non si sarebbe ripresentata così.
Si
sedette sul letto adiacente al muro su cui erano appesi i poster di
grandi personaggi del surf.
Un
tempo era stato realmente patito di quello sport, tutti gli
ripetevano che avrebbe raggiunto grandi livelli.
Effettivamente
aveva ereditato quella passione dal padre e in più, aveva
anche talento.
Aveva
smesso quando aveva scoperto che Michelle era incinta, con un bambino
a cui badare e con una vita da ricominciare, aveva accantonato il
proprio sogno.
Distolse
i pensieri da argomenti tanto dolorosi e, mentre lo sguardo vagava
nella stanza, la mente scovava vecchi ricordi.
C'era
il libro che James gli aveva regalato quando si era trasferito da lui
– "Le
avventure di Tom Sawyer" - i modellini di moto
che
gli piacevano tanto e che aveva collezionato con cura, i fumetti che
amava leggere e dietro di essi poteva scorgere, anche se non si
vedevano, ma lui sapeva che c'erano, le riviste erotiche che un tempo
leggeva di nascosto non da James, ma da Catherine.
Rise
divertito, all'epoca tutti gli oggetti presenti in quella stanza
avevano rappresentato la sua vita, avevano fatto parte di lui, ma in
quel momento li vedeva come si vedono le fotografie, semplici
ritratti di momenti lontani.
Intorno
alle nove gli venne fame, dopo aver sfogliato i vecchi libri di
scuola e aver ritrovato alcune foto dei compagni di classe, degli
amici, della sua vita in generale.
Decise
di andare da Catherine per domandarle se anche lei avesse appetito.
Si
fermò davanti alla sua stanza e bussò, ma nessuno
rispose.
Decise
di entrare ugualmente, ben consapevole che non era proprio la
migliore delle azioni, ma troppo curioso di scoprire il mondo di
Catherine, le evoluzioni che c'erano state, se c'erano state, i
cambiamenti, tutto quello che avrebbe potuto raccontargli qualcosa in
più su Catherine.
Anche
la camera della ragazza non era poi tanto diversa, tant'è
che
inizialmente gli sembrò di essere tornato a quattro anni
prima, quando spesso e volentieri si intrufolava nella sua camera.
Di
nuovo, c'era un computer portatile poggiato sul letto e qualche
accessorio femminile in più che prima non usava.
Le
pareti però erano spoglie, le ricordava piene di poster di
personaggi televisivi che Catherine adorava, adesso però non
c'era più niente.
In
fondo era normale, la bambina che ricordava lui era cresciuta, aveva
diciassette anni adesso.
"Ehi,
cercavi me?" - si sentì dire.
"Si
volevo sapere se avev..." - si bloccò di colpo appena lo
sguardo gli cadde sul corpo della ragazza.
"Che
c'è?" - fece perplessa.
"Come
diavolo sei vestita?"
Effettivamente
i suoi vestiti non erano certo dei più informali.
Catherine
aveva addosso un piccolo vestito rosso aderente, molto corto, troppo
forse poiché le arrivava esattamente sotto il sedere, dove
si
stringeva mettendo in risalto le forme sinuose e lasciando scoperte
le belle gambe.
"Come
una che sta per uscire" – gli rispose semplicemente lei.
Come
poteva uscire il giorno dopo la morte del padre? Era... impensabile,
assurdo, blasfemo quasi!
"Ah..."
- fece soltanto – "Ma non ti sembra un look esagerato?"
Gli
pareva strana vestita in quel modo.
"No,
per niente!"
Si
avvicinò allo specchio lungo, appeso alla parete, si
squadrò
per un po' e poi si rivolse nuovamente a Christian – "Sto
male?"
"No,
no!" - si affrettò a precisare lui – "Solo
che...Lascia perdere!" - decise di dire alla fine per evitare
figure.
"Come
vuoi tu..." - prese i trucchi che aveva poggiato su una mensola e diede
inizio anche a quella fase della preparazione.
Christian
rimase a fissarla sorpreso, anche vederla truccarsi gli faceva uno
strano effetto, era come se allo stesso tempo avesse davanti
Catherine, ma anche una persona totalmente diversa, sconosciuta.
"Dove
vai?" - chiese dopo un po' guardandosi intorno per non farla
sentire troppo braccata.
"Mha
non lo so, in giro... Dipende da cosa decidono gli altri"
"Gli
altri?" - chiese.
"Si,
i miei amici"
"C'è
anche Cook?"
Aveva
cercato di fingersi disinteressato, ma sapere se Cook ci fosse o
meno, lo avrebbe reso più tranquillo.
"Se
ha deciso di uscire, ci sarà anche lui"
Tornò
a guardarla mentre finiva di mettersi la matita e passava al mascara.
"Capito"
– decise di non esporre i propri pensieri, conscio del fatto
che
l'avrebbero infastidita – "Vai ancora a scuola Catherine?"
"Si,
per questo cerco di divertirmi il più possibile adesso, tra
un
po' ricomincia!" - disse allegra.
Christian
si infastidì un po', ma non lo diede a vedere.
"Vai
al liceo giusto?"
"Si,
al Samo"
Quello
che aveva frequentato lui.
Quanti
ricordi.
Sospirando
si sedette sul letto – "E come te la cavi?"
"Me
la cavo..." - rispose soltanto – "Tu invece cosa fai
nella vita?" - lasciò perdere per un attimo quello che
stava facendo per guardarlo.
"Scrivo
per un piccolo giornale."
"Giornalista?!"
- chiese scettica, poi arricciò il naso disgustata.
"Non
ti piace come lavoro?" - cercò di leggere la sua
espressione, ma si era già rigirata verso lo specchio.
"Assolutamente
no, e poi non ti ci vedo proprio!" - gli rispose convinta.
"E
perché, di grazia?"
"I
giornalisti non hanno rispetto, sempre pronti ad usare un storia
personale per fare quattrini, che schifo!" - sibilò
irata.
"Non
sono tutti così!" - cercò di difendesi lui.
"Invece
si"
"Io
non sono così" – sottolineò a quel
punto.
"Se
sei un giornalista, il discorso vale anche per te!"
Sembrava
odiare profondamente i giornalisti, chissà perché.
Da
quando era tornato non aveva fatto altro che porsi domande, la
maggior parte delle quali, ne era certo, non avrebbe avuto risposta.
"Va
bene, credi a quello che ti pare" – si arrese lui, tanto
avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, ma non l'avrebbe smossa dalla sua
idea.
La
vide sorridere, più che altro era un distendere le labbra e
si
chiese se non stesse solamente cercando eventuali sbavature nel
rossetto.
Le
ricordava molto Michelle, anche lei lo faceva spesso.
Questa
somiglianza non gli piaceva, aveva sempre visto Michelle come una
ragazza appartenente al gruppo ragazze carine abbordabili,
Catherine era un'altra storia, non era abituato a vederla come una
qualsiasi ragazza, non voleva vederla così.
"Cosa
succede?" - chiese improvvisamente Catherine notando che la
fissava con cipiglio serio.
"Niente,
niente"
La
ragazza non gli diede più di tanto peso e tornò a
specchiarsi, il suo sguardo era soddisfatto, proprio come
quello
di Michelle, buttò indietro due o tre volte i
capelli,
proprio come faceva Michelle, si girò
sorridente verso
di lui chiedendogli - "Come sto?" - proprio come faceva
Michelle.
"Bene"
– grugnì.
Lei
lo guardò sorpresa - "Davvero?" - chiese ancora
conferma.
"Si,
davvero stai benissimo." - cercò di assumere un topo
più
normale.
Era
stupido irritarsi per certi atteggiamenti.
Cosa
credeva di trovare? La quattordicenne che aveva lasciato?
"Bene,
allora io vado." - gli comunicò mentre metteva in ordine
gli oggetti che aveva utilizzato.
"A
che ora torni?"
Catherine
si irrigidì per un attimo poi, voltandosi lentamente, gli
rispose - "Dipende, tu non mi aspettare in piedi!"
Christian
fece incontrare le sopracciglia nere con aria perplessa – "Ma
orientativamente?"
Lei
alzò le spalle – "Tu non mi aspettare, tanto le
chiavi
ce le ho!" - ripeté.
Certo
che era proprio strana, ad ogni modo decise di non continuare, tanto
come tutte le discussioni che fino a quel momento aveva affrontato
con lei, sarebbe stato inutile.
Catherine
indossò le scarpe, un paio di decoltè nere col
tacco
abbastanza alto, e una borsetta anch'essa nera.
"Ma
almeno ci sai camminare con quelle?" - la prese in girò
riferendosi alle scarpe.
La
ragazza si finse offesa – "Certo che ti credi!" - si
avviò alla porta facendogli una linguaccia – "A
dopo!"
- disse prima di uscire.
"A
dopo..." - mormorò Christian più con se stesso
che
con lei.
Rimase
a fissare la porta finché non senti quella dell'ingresso
chiudersi.
Decise
di analizzare la situazione.
Innanzi
tutto c'era Kate, la bambina dolce e premurosa, forse un po' viziata,
che aveva conosciuto e con cui era cresciuto, colei che considerava
sua sorella e i cui occhi pieni di lacrime l'avevano perseguitato in
quei quattro anni.
Poi
c'era Catherine, la ragazza che aveva rivisto in lacrime in Chiesa e
con cui aveva diviso lo stesso dolore. La ragazza silenziosa della
macchina, che si irrigidiva se sentiva nominare il nome del padre e
che gli aveva sorriso teneramente quando aveva saputo di Lucas.
Infine
c'era una seconda Catherine, una ragazza che ancora non aveva ben
inquadrato, una ragazza che si comportava come se nulla le importasse
seriamente, compresa la morte del padre, la ragazza che frequentava
Cook che si vestiva provocante e si truccava ricordandogli Michelle.
Sicuramente
la personalità che predominava in Catherine, e, ironia della
sorte, quella che gli piaceva meno perché non faceva altro
che
fuggire da lui.
,;
Il salotto di lilysol ;,
E
siamo giunti anche
alla fine del terzo capitolo. Ma chi sarà mai questa
Catherine
tanto complicata? Lo vedrete presto, nel prossimo capitolo, sapremo
un po' cosa è successo, ovviamente, non senza una litigata
con
i fiocchi.
Per
quanto riguarda
la scuola frequentata da Catherine, il Samo
è un Liceo
di Santa Monica,il Santa Monica Hight School, chimato
informalmente SaMoHi o più semplicemente SaMo. Il mio
più
grande sogno è visitare la California, per questo ho
ambientato lì questa storia, quindi non essendoci ancora
stata, potrei commettere qualche errore correlato a luoghi o edifici,
vi prego di perdonarmelo ^^'.
Per
quanto riguarda
il surf invece, non so molto di questo sport, inizialmente volevo che
la più grande passione di Christian fosse il basket, ma poi,
cercando informazioni, ho scoperto che Santa Monica è
praticamente presa di mira dai Surfisti e mi è balenata in
mente un'ideuzza carina carina che vedrete in seguito.
E
visto che ne
stiamo già parlando vi metto le...
Anticipazioni:
Capitolo 4 –
Impossibile.
Conscio
del fatto
che Catherine ormai non è più la Kate che
conosceva,
Christian vuole andare in fondo al problema. Vuole aiutarla, ma
troverà davanti a sè solo un invalicabile
barriera.
Christian
la scansò di malo modo – "Smettina!" - aveva lo
sguardo allucinato – "Ma cosa ti è successo? Non
ti
riconosco più!"
Catherine
perse tutto il suo buon umore e scattò come se Christian
l'avesse punta nel vivo – "Non mi riconosci?!" -
urlò
anche lei – "Non mi hai mai conosciuta! Ha capito? MAI!"
"Allora
perchè non ti fai conoscere?"
"Ma
tu cosa vuoi da me?" - gli chiese allargando le graccia in un
gesto teatrale.
"Voglio
solo aiutarti..."
E
adesso, come al
solito, ringrazio tutti colore che anno messo la storia nei preferiti
(6) chi la sta seguendo (13) e
chi l'ha semplicemente
letta (192).
E
naturalmente chi
me l'ha recensita, grazie vi adoro.
kiravf:
sono contenta che la storia ti
piaccia sempre più, ma adesso inizieranno i veri problemi.
Christian ti piace? Bhè per una volta ho voluto che il
protagonista non fosse il solito stronzo stra figo, Christian
è
bello, ma è anche buono e premuroso, anche se a volte... Non
ti dico altro xD... vedrai vedrai. Grazie per aver recensito un
bacio.
morgana92:
innanzi tutto grazie per i
complimenti (che sono sempre tanto graditi =)) sono contenta che la
storia ti abbia incuriosita, per quanto riguarda la frase che ti ha
colpita, nel prossimo capitolo ci sarà una piccolissima
spiegazione, ma la situazione verrà chiarita nel 5°
capitolo. Grazie per la recensione, alla prossima ciauz!
clodiina85:sono
contenta che la storia ti incuriosisca, speriamo che sia sempre
così
=)che dici, ti è piaciuto questo capitolo? Secondo il mio
personale parere, il prox è mooooolto meglio ;)ci leggiamo
la
prox volta baci!
BBV:
grazi per i complimenti, anche
il 3 capitolo è stato pubblicato, che dici la storia si sta
facendo interessante? Speriamo che ti piaccia, intanto ci leggiamo
con il 4° la prox volta. Baci baci e ancora grazie.
Bene,
spero sempre di ricevere i vostri pareri, lo so che è
scontato
e banale da dire, ma anche commenti negativi e critiche sono ben accette.
Ci
leggiamo la prox volta.
Bacioni.
lilysol
|
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Capitolo 5 *** Impossibile ***
Capitolo
4:
Impossibile
L'ennesimo
sguardo all'orologio, l'ennesima imprecazione, l'ennesimo sguardo al
telefono, l'ennesima indecisione, l'ennesimo concederle altri dieci
minuti.
Finalmente
la toppa della serratura scattò e la porta si
aprì.
Nel
medesimo istante, anche lui scattò in piedi ringraziando il
cielo e si precipitò all'ingresso.
"Catherine?!"
- esclamò con la voce traboccante di sollievo.
"Christian?!"
- fece quella sorpresa – "Che ci fai già sveglio?"
Passati
i cinque minuti in cui aveva ringraziato tutti gli Dei e i Santi di
questo mondo, il ragazzo sentì salire dentro di
sé una
rabbia mai provata prima.
"No
Catherine! Sono ancora sveglio! C'è
differenza!"
Cercava
di contenersi, ma era veramente arrabbiato e aveva i nervi a fior di
pelle.
Catherine
lo guardò a metà fra la sorpresa e la seccata
– "Dai,
mi hai aspettato! Ti avevo detto che non ce n'era bisogno!"
"Catherine
sono le sei del mattino!" - fece esasperato – "Le sei del
mattino!" - ripeté.
"Lo
so benissimo che ore sono Christian!"
Quel
suo atteggiamento non facilitava la situazione.
"Non
credere che poiché sono io il tuo tutore, puoi concederti
tutte le libertà che vuoi!"
Lei
scosse le testa divertita da tutta quella situazione –
"Davvero
Christian non riesco a seguirti! Facciamo così io ti ignoro,
tu mi ignori e tutto andrà per il meglio, va bene?"
"Non
che non va bene!" - urlò lui a quel punto – "Cosa
direbbe tuo padre se ti vedesse in questo momento?"
Lei
scoppiò a ridere di gusto – "Niente Christian!
Assolutamente, non è la prima volta che faccio
così
tardi, anzi ormai il mio letto non lo conosco più!" -
continuò a guardarlo ancora con quell'aria beffarda
– "Bene,
se non devi dirmi altro, io vado in camera mia!"
Stava
già per salire le scale, quando lui la bloccò.
"Aspetta
un attimo! Dimmi almeno dove sei stata!"
Lei
alzò gli occhi al cielo – "A casa di un mio amico!"
"Un
amico?!" - urlò furioso – "Fino alle sei del
mattino?!"
Catherine
continuò a sorridere e scese quei pochi scalini che aveva
fatto in precedenza.
"Perché..."
- gli si avvicinò con fare sensuale divertendosi a prenderlo
in giro – "Io le cose me le godo lentamente..." - gli
sussurrò all'orecchio.
Christian
la scansò di malo modo – "Smettila!" - aveva lo
sguardo allucinato – "Ma cosa ti è successo? Non
ti
riconosco più!"
Catherine
perse tutto il suo buon umore e scattò come se Christian
l'avesse punta nel vivo – "Non mi riconosci?!" -
urlò
anche lei – "Non mi hai mai conosciuta! Ha capito? MAI!"
"Allora
perché non ti fai conoscere?"
"Ma
tu cosa vuoi da me?" - gli chiese allargando le braccia in un
gesto teatrale.
"Voglio
solo aiutarti..."
Aveva
cambiato completamente tono.
Era
vero, voleva soltanto aiutarla, voleva capire quale era il problema
che la tormentava e che la spingeva a comportarsi in quel modo.
"Non
ho bisogno del tuo aiuto!" - sbottò la ragazza in tutta
risposta e alzò anche il mento in segno di sfida.
"Non
vuoi il mio aiuto, va bene!" - le concesse – "Ma io ho
bisogno di sapere cosa ti succede!"
"Una
storia? É una storia quella che vuoi?!"
"Ma
cosa dici?!"
"Sei
un giornalista no? La vuoi una vera storia ?" - urlò
furiosa.
Christian
non le rispose, stupito da quel tono e ancora arrabbiato per il suo
comportamento da incosciente.
"Va
bene te la racconto!" - soffiò – "C'era una volta
un giovane, anzi quattro, due ragazzi e due ragazze..."
"Smettila"
– sibilò lui.
"E
perché? La storia è davvero bella lo sai?" - si
sedette sui primi gradini e accavallò le gambe –
"Allora
dove ero rimasta? Ah... i quattro giovani, James, Carter, Beth e
Linda, ragazzi come tanti che si erano incontrati e innamorati al
liceo, rispettivamente James di Beth e Carter di Linda, così
innamorati da sposarsi il prima possibile benché non ci
fosse
fretta." - si fermò sorridendogli senza allegria –
"Bhè
in realtà i primi furono Carter e Linda, James e Beth,
invece,
ci misero un po' di più a capire i loro sentimenti, ma
comunque si sposarono..."
"Non
ti permetto di parlare di loro usando quel tono! Come se stessi
raccontando una storia da quattro soldi!" - ruggì a quel
punto lui – "Erano i nostri genitori!"
Quel
suo modo di raccontare l'amore e l'amicizia che avevano legato i loro
genitori era disgustoso, niente lo poteva mandare più in
bestia della loro memoria infangata.
Catherine
continuò con quel sorriso beffardo sul viso – "No
aspetta!" - esclamò con cattiveria – "Adesso
c'è
la parte più bella, entriamo in scena noi!" - gli fece
l'occhiolino.
Il
giovane vibrò di rabbia e strinse i pugni per controllarsi
–
"Va bene se non vuoi smetterla, me ne vado io!"
Avanzò
verso le scale con ampie falcate, pronto già a catapultarsi
per fuggire da quelle parole piene di veleno. Come poteva ascoltarle
anche solo un minuto di più, se a pronunciarle era lei, lei
, l'unica che poteva
condividere il suo stesso dolore?
"Morirono
tutti."
Christian
si bloccò con con un piede ancora sul gradino sul quale si
era
seduta Catherine, aveva riassunto tutto il dramma di quella vicenda
in due parole, e facevano male.
"Morirono
tutti" – ripeté lei – "La prima fu Beth,
mia
madre, se ne andò lasciandoci tutti stupiti,
perché non
aveva dato neanche un spiegazione. James era disperato e con una
figlia piccolissima a cui dover badare, ma non era solo, c'erano i
suoi amici che l'avrebbero aiutato..." - la voce le si ruppe
–
"La bambina... la bambina sarebbe cresciuta nell'amore, anche se
il vuoto lasciato dalla madre sarebbe stato incolmabile" – si
asciugò con il dorso di entrambe le mani, le lacrime che
avevano cominciato a scendere impertinenti.
"Catherine
ti prego..." - la supplicò.
Che
senso aveva ricordare?
"Però
poi..." - proseguì lei ignorandolo – "Morirono
anche Carter e Linda, in un incidente stradale. Era come una
maledizione si fosse abbattuta su di loro, forse perché
erano
troppo felici. James stava quasi per impazzire, ma poi ecco quel
raggio di sole necessario per farlo continuare a vivere..."
"Catherine..."
"Tu..."
- si alzò dalla sua postazione e gli si avvicinò
piano
– "Tu, il figlio che aspettava con ansia, la persona degna
del
suo amore..."
"Lui
ti voleva bene, lo sai! Ti amava sopra ogni altra cosa al mondo!"
- le urlò contro disperato.
Catherine
storse il naso – "Lo so... Ma non trovi anche tu che sia
stato
estremamente difficile per lui amare me, il ritratto di mia madre?"
- era calma mentre parlava – "Tu invece eri perfetto, il
figlio di Carter, il suo migliore amico, avreste potuto fare tutto
quello che faceva con lui, come se Carter fosse ancora li con
lui..." - ormai l'aveva raggiunto e lo fronteggiava senza timore
– "Ma mi andava bene, davvero!" - lo incatenò con
gli occhi verdi e umidi – "Non mi sentivo sola
perché
tu mi volevi bene e saresti rimasto sempre con me , o almeno era
quello che pensavo io... che sciocca!"
"Kate..."
- gemette lui lasciandosi scivolare con la schiena contro il muro e
prendendosi la testa fra le mani.
"Però
il destino fu nuovamente crudele con il povero James. Per un errore
il tanto amato Christian se ne andò senza nemmeno salutarlo.
Oh povero James, povero, povero James..." - cantilenò
utilizzando nuovamente quel tono beffardo che aveva lasciato per poco
– "Come avrebbe fatto adesso? Che destino avverso!"
Christian
sollevò lo sguardo non potendo credere alle sue orecchie
–
"Era tuo padre, è tuo padre!" - la accusò.
"Tu
non c'eri Christian, non hai visto come si era ridotto dopo la tua
partenza!" - gli disse la ragazza in risposta.
"Questo
non giustifica il tuo comportamento nei suoi confronti, Catherine!"
"Vedi
Christian, le persone cambiano a seconda di quello che succede
durante la loro vita..."
"Ma
tu non sei semplicemente cambiata!Sei completamente un'altra
persona!"
"Lo
sai perché Christian?" - si inginocchiò fino a
raggiungere la sua altezza per poterlo guardare bene negli occhi
–
"Perché, quello che ha perso realmente in questa storia,
non è stato James, o Carter, o Linda, o Beth." - scosse
la testa divertita da quell'idea – "Loro hanno avuto la
fortuna di andarsene alla fine. E tu Christian, lontano, in fuga da i
ricordi e da noi, sei riuscito a vivere più o meno
tranquillamente."
"Noi
puoi sapere quello che ho passato!"
"Alla
fine ho perso io, ho perso mia madre, la mia seconda famiglia, mio
padre e anche te. Sono rimasta sola e non avevo nessuno. Abbandonata
da tutti, con un padre che invece di consolarmi, si è chiuso
in muto dolore. Ignorata e lasciata sola a se stessa."
Vacillò
per un attimo infrangendo le sue difese.
Per
un momento aveva posato quella sua maschera raccapricciante ed era
uscita allo scoperto la vera Kate.
Una
bambina terribilmente bisognosa d'affetto.
"Non
guardarmi così Christian."
Anche
la sua voce era cambiata, niente più ironia, niente
più
disprezzo, solo una triste e frustrante agonia.
Come
aveva potuto aver provato disgusto per lei? Come aveva potuto credere
di trovarsi di fronte un altra persona?
Eccola
la sua Kate.
La
tirò a sé stringendola forte –
"Perdonami,
perdonami ti prego!"
"Non
sono arrabbiata con te, non sono arrabbiata con nessuno" – si
divincolò dall'abbraccio a cui neanche aveva risposto
– "E
non sto neanche cercando il tuo bene, o la tua comprensione."
Si
alzò lanciandogli un ultimo sguardo -"Spero solo che tu
abbia capito quanto le cose siano cambiate."
Christian
le afferó la mano – "Vi ho pensato ogni istante,
te lo
giuro! Ti ho pensato ogni singolo secondo in questi quattro anni!"
La
tirò giù stringendosi nuovamente al suo corpo
caldo –
"Non puoi neanche immaginare quanto mi tu mi sia mancata!"
La
ragazza era agghiacciata.
Che
cosa significava adesso quel gesto?
Pietà.
Non
voleva fare pietà a nessuno, men che meno a lui.
Però...
Quanto
aveva desiderato quell'abbraccio? Quanto aveva desiderato sentirsi
stringere così, sentirsi amata, protetta, rassicurata?
"Siamo
ancora in tempo, tu hai solo diciassette anni, possiamo ricominciare
tutto da capo!"
Era
davvero possibile?
Certo
che no.
"É
tardi ormai..."
Christian
l'allontanò un po' dal suo corpo per poterla guardare negli
occhi e le prese il viso fra le mani – "No che non
è
tardi! Non ti lascio più Catherine, non sarai più
sola..."
Che
bella parole.
Se
ne andrà di nuovo, lo sai.
Lo
sapeva.
Sorrise
stanca mentre anche lei incorniciava il suo viso con le proprie mani.
Prima
che lui potesse rendersene conto, le labbra di Catherine furono sulle
sue.
Avvertiva
le sue labbra morbide stringersi forte contro le proprie.
Gli
si mozzò il respiro sentendo il corpo di Catherine contro il
proprio, ma non rispose, troppo confuso e stupito per farlo.
Catherine
si staccò poco dopo, rimanendo pericolosamente vicina alle
sue
labbra.
"Kate,
ma cosa..." - chiese incredulo.
Lei
continuava a sorridere, ma era spenta, velata di tristezza –
"Non
puoi darmi quello che cerco." - si staccò completamente e
si alzò, pronta ad andarsene – "Sei l'unico che
avrebbe
potuto salvarmi, Christian, ma come mi hai dimostrato, non ci riesci
neanche tu."
Salì
di corsa le scale, lasciando il ragazzo con una tempesta dentro di
sé.
Erano
le dieci e il sole splendeva alto nel cielo.
Catherine
dormiva.
Dopo
la loro discussione, si era rintanata in camera sua e non era
più
uscita.
Christian
era ancora nel pieno di una confusione interiore che gli stava anche
procurando un mal di testa senza precedenti.
Cosa
aveva voluto dimostrare con quel bacio?
E
cosa significavano alla fine quelle ultime parole lasciate in
sospeso?
Si
sedette sul divano nel salotto in cerca di pace.
Aveva
sonno, dato che non aveva chiuso occhio tutta la notte, ma proprio
non riusciva a dormire e tra l'altro come avrebbe potuto dopo tutto
quello che era accaduto?
Accese
la televisione, profondamente spossato dalla lotta furibonda che
imperversava nella sua testa, sperava che ascoltando una voce esterna
si sarebbe potuto distrarre dalle proprie, inutili, discussioni
interiori.
"Oh
buongiorno!" - sentì esclamare alle proprie spalle.
Era
Catherine.
Istintivamente
si irrigidì.
"Hai
già fatto colazione?" - gli chiese la ragazza.
Christian
scosse il capo.
Non
aveva proprio pensato al cibo.
"Bene,
hai qualche richiesta in particolare?"
Si
riferiva al cibo, ma avrebbe tanto voluto risponderle – "Si,
delle risposte!" – oppure – "Si,
un po' di pace
interiore!" - ma si limitò ad una semplice alzata
di
spalle.
"Come
siamo silenziosi sta mattina!" - gli disse prendendolo in giro.
Il
ragazzo si voltò furibondo verso di lei.
Come
poteva essere così tranquilla? Era stata lei a baciarlo!
"Perché
mi hai baciato?" - il suo tono fu stranamente pacato.
Catherine,
che si stava dirigendo in cucina, si bloccò sul posto
– "Non
ti ho baciato!" - rispose riprendendo il cammino.
Che
cavolo di risposta era?
Si
alzò di scatto seguendola come un segugio.
"Si
che l'hai fatto!" - l'accusò.
Catherine
sospirò e si poggiò al lavabo con la schiena, poi
lentamente alzò lo sguardo facendolo incontrare con quello
di
Christian ancora immobile sull'ingresso della stanza.
"Andiamo
Christian! Quello non era un bacio!" - gli disse
con aria
divertita.
"Ah
no?! E tu come lo chiameresti?" - le rispose profondamente
irritato.
La
ragazza ci pensò su – "Un semplice sovrapporsi di
labbra!" - rispose e si voltò verso i fornelli.
Sovrapporsi
di labbra...
Come
era brava a semplificare i fatti.
Quello
non era stato un semplice sovrapporsi di labbra, perché
altrimenti in lui non si sarebbe scatenato un inferno simile.
Senza
neanche la voglia di ribattere si sedette poggiando i gomiti sul
tavolo e aspettò la colazione con aria corrucciata.
Mangiavano
in silenzio il pasto che consisteva in bacon e uova, lei con aria
tranquilla, lui sempre con quell'espressione scura in volto.
"Christian
seriamente, qual'è il problema?" - esordì
Catherine ad un certo punto, stufa di quel silenzio pesante.
Se
fosse stato un silenzio normale del tipo non parlo
perché
mangio o non parlo perché non ne ho
voglia
l'avrebbe anche capito, in fondo lei era spesso silenziosa e si
irritava profondamente se qualcuno la disturbava, ma non era il caso
di Christian.
Poteva
leggere chiaramente nei suoi occhi, i dubbi e la necessità
di
avere una risposta, e sapeva anche perché non dava voce a
quelle domande: non aveva voglia di parlare con lei.
Il
ragazzo le scoccò un'occhiata veloce e riprese a mangiare
come se non l'avesse neanche sentita .
"Nessun
problema" – rispose dopo un paio di bocconi poiché
lei
non smetteva di fissarlo.
Non
convinta la giovane continuò – "La mia
è una
faccia che dice non ho nessun problema, non la tua!"
Christian
lasciò cadere le posate che rumorosamente cozzarono con il
piatto.
"E
non dovrebbe essere così, ti pare?" - le urlò
contro.
"Ma
perché ti arrabbi? Non ti capisco proprio!"
"Perché?
Perché?!" - le disse in risposta alzando il tono della
voce ulteriormente – "Forse perché sei davvero
impossibile!"
"Io?
Ma se sei tu quello che si è alzato con la luna storta, io
sono tranquillissima!"
Il
ragazzo prese dei sospiri profondi – "Catherine." –
sibilò fissando il piatto, se avesse alzato gli occhi su di
lei e avesse visto la sua tipica espressione beffarda, non avrebbe
resistito – "Ci rivediamo dopo quattro anni e mi abbracci con
si abbraccia un persona a cui si vuole realmente bene..."
"Ma
io ti voglio bene." – lo interruppe lei.
Christian
incrociò i suoi occhi, erano sinceri e ne rimase sconvolto.
Certo
non gli rendeva le cose facili!
Avrebbe
tanto voluto risponderle in modo carino, ma dovevano mettere le cose
in chiaro.
Non
voleva usare la propria autorità in modo brusco, ma era il
suo
tutore, aveva delle responsabilità su di lei e doveva
esigere
un minimo di rispetto.
"Non
è questo il punto Catherine!" - sbottò
– "Ci
dicono che io sarò il tuo tutore e ti ribelli con tutta te
stessa preferendo quasi finire in un Istituto!" - ragazza stava
per ribattere, ma non le diede modo – "Mi ignori, fai quello
che ti pare, rientri a che ora preferisci e... E mi baci! Ti svegli
tutta allegra e sorridente, come non ti ho mai vista da quando sono
tornato, e non solo ignori quello che è successo, ma lo
neghi
pure!E poi mi dici quale è il problema? Sei tu, Catherine,
il
problema!"
Aveva
evitato accuratamente di menzionare tutto il discorso su suo padre
che gli aveva fatto la mattina, sperando che quelle parole fossero
state dettate da un momento di rabbia.
"Hai
ragione, sono un problema..." - la semplicità con cui lo
disse invece di intenerirlo, lo irritò.
"Mi
riferisco a questo ragazzina! Smettila di prendermi in giro!" -
sbatte le mani sul tavolo che vibrò sotto il suo colpo.
Catherine
sospirò esasperata, intrecciò le mani sotto al
mento e
vi si poggiò con il capo.
"Mi
dispiace che tu pensi queste cose di me, ma non ti sto prendendo in
giro. Questa sono io." – gli sorrise – "Se non ci
credi, chiedi alla gente che mi conosce"
Il
ragazzo si ricompose, dato che durante la furia si era sporto in
avanti e l'aveva quasi raggiunta con il viso.
"Va
bene!" - le concesse – "Se non vuoi dirmi perché
mi hai baciato, fa niente! Ma almeno ti spiacerebbe spiegare
perché
lo neghi?"
"Certo
che ti sei proprio fissato!"
Almeno
aveva ammesso che qualcosa era successa.
"Non
lo dico perché sono fissato, ma cerco solo di capirti!" -
addolcì il tono – "Se riuscissi a capirti potrei
aiutarti..."
Vide
un ombra velare gli occhi verdi della ragazza seduta di fronte a lui,
ma fu passeggera.
"Ok..."
- iniziò e Christian finalmente si rilassò
contento di
aver ottenuto qualcosa da lei – "La qui presente Catherine
Grey dichiara che sta mattina circa intorno alle sei ha baciato il
qui presente Christian May... soddisfatto?"
Ancora
quel sorriso.
Ancora
quel tono.
Stava
riuscendo a tirar fuori la sua parte peggiore.
Si
alzò con irruenza facendo capovolgere la sedia.
"Basta!"
- sbraitò – "Facciamo come hai detto tu va bene?
Io ti
ignoro, tu mi ignori!"
Si
fiondò fuori da quella stanza, lontano da quel sorriso
beffardo, prima che potesse compiere azione di cui si sarebbe poi
pentito.
Il
cellulare che era poggiato al proprio orecchio emetteva suoni sordi,
segno che la il telefonino della persona che stava chiamando,
squillava.
"Christian?!"
- esclamò improvvisamente una voce.
"Si
Daniel sono io..." - mormorò.
Daniel,
il suo migliore amico, l'unico a cui aveva lasciato un recapito per
mantenersi in contatto, colui che l'aveva chiamato per informarlo
della morte di James, l'unico di cui si potesse realmente fidare.
"Amico
non ti sei fatto più sentire!" - lo rimproverò
Daniel.
"Si
hai ragione, ma... Vedi, sono stato piuttosto impegnato..."
"Si
l'avevo pensato, la notizia si è diffusa in fretta!"
Christian
l'aveva immaginato, d'altronde la morte di James, il suo ritorno,
l'affido di Catherine, non erano cose che accadevano tutti i giorni.
"E
cosa si dice?" - chiese prendendo tempo prima di affrontare la
questione per cui l'aveva chiamato.
"Mha...
Le solite cose, c'è chi ti appoggia, chi no!" - disse
come se gli stesse comunicando una partita di football.
Christian
sorrise alla sua allegria, era davvero contagiosa.
"Ovviamente..."
- continuò l'amico – "I tuoi cari suoceri, sono
quelli
più accaniti"
"Ex
suoceri e neanche legali se vogliamo essere precisi" – lo
corresse.
L'altro
rise di gusto – "Hai ragione, pardon!"
"Ti
sei messo a parlare francese?"
"Si,
sai com'è il corso di studi prevede anche quello..."
"Già...
gli studi" – ripeté Christian in tono neutro.
Lui
un futuro in un prestigioso college se l'era visto sfumare in un
attimo.
"Ma
non è per fare quattro chiacchiere che mi hai chiamato"
–
disse ad un certo punto Daniel.
"Infatti"
"Si
tratta di Catherine vero?"
Entrambi
avevano perso il tono scherzoso.
"Si"
– confermò Christian – "Sei in
città?"
"Si,
perché?"
"Ti
secca parlare un po'? Ti giuro che ho provato in tutti modi a
capirla, ma non ci riesco proprio! Se magari parlassi con te, tu
l'hai..."
"Certo"
– lo interruppe Daniel – "Trattandosi di Catherine,
un po'
di aiuto ti ci vuole!"
"Che
ne dici del solito posto?" - propose Christian.
"Non
potevo chiedere di meglio"
,;
Il salotto di lilysol ;,
Eccoci
ad uno dei
capitoli più importanti di tutta la storia.
Catherine
può
sembrare odiosa, ma finalmente nel prossimo capitolo sapremo cosa
diavolo è successo.
Christian,
che fino
ad ora non ha capito niente poverino, finalmente avrà le sue
risposte.
A
dargliele sarà...
*rullo di tamburi * Daniel, il mio Daniel
il
personaggio a cui mi sono affezionata di più, e lo amerete
anche voi, ve lo garantisco. Perché non è Daniel
il
protagonista? Perché Christian conquista, Daniel... ahhhh :Q
un secondo mi riprendo. Ok ho finito di sbavare.
Credo
che non ci sia
nient'altro da spiegare... quindi pronti per le anticipazioni?
Anticipazioni:Capitolo
5: Questione di fiducia
Ah
la fiducia è
una parola importante. Per Christian è il primo passo in
avanti, verso Catherine, per Catherine è il primo passo
indietro, verso Christian. A volte però abbiamo bisogno di
un
aiuto esterno per comprendere chi ci sta davanti e, di conseguenza,
fidarci di lui. E chi meglio di Daniel può concedere questo
aiuto?
"Christian..."
- disse piano Daniel – "Lo accetti un consiglio su come devi
comportarti con Catherine?"
"Magari
ce l'avessi Daniel, io non so più cosa devo fare con lei!"
"Qualsiasi
cosa faccia, per quanto ti possa far saltare i nervi, non essere mai
troppo duro con lei, non se lo merita"
"Lo
so che ne ha passate tante, lo so quanto sta soffrendo!"
Certo
che lo sapeva, anche lui aveva sofferto dello stesso dolore, un
dolore che non l'avrebbe mai abbandonato, ma lei non poteva neanche
rifugiarsi dietro quella scusa.
"No
Christian, non puoi immaginare neanche per un secondo quello che lei
ha dovuto passare..." - sembrava così serio in quello che
diceva che era quasi innaturale.
Neanche
nei momenti più importanti della loro vita Christian aveva
visto una tale espressione sul viso di Daniel.
"Sei
sai qualcosa parla!" - lo incitò allora, incapace di
aspettare solo un secondo di più.
Daniel
iniziò a giocare con il bordo del bicchiere, facendo
scorrere
il dito lungo la superficie liscia.
"Daniel..."
"Sono
cambiate tante cosa da quando te ne sei andato..."
Bene
e adesso, come sempre, i ringraziamenti!
Ringrazio
ovviamente chi mi ha recensito, grazie davvero, finchè ci
sarà
anche solo una recensione, io continuerò questa storia, ve
lo
prometto.
Quindi
un mega grazie a:
BBV:
spero di non averti
fatta
aspettare molto! Come hai potuto leggere la situazione fra Christian
e Catherine, se non è proprio cambiata, si è
almeno
riscaldata. Nel prossimo capitolo, che ti invito a non perdere, ci
sarà finalmente un momento di tenerezza =) Grazie per aver
recensito alla prox!
___Yuki___:
ed eccolo il 4 capitolo,
innanzi tutto grazie per aver recensito, sono contenta che il mio
modo di scrivere ti piaccia. Il personaggio di Catherine ti ha
colpito in maniera positiva? Bene, non ti nascondo che la cosa mi fa
piacere, può risultare odiosa, ma in realtà
vedrai che
non è proprio la terribile ragazza di questi primi capitoli.
Il mio timore è che avendola creata così
difficile e
complessa, poi con il tempo possa annoiare o diventare banale, quindi
spero che lei continui ad interessarti fino alla fine. Spero anche
che questo capitolo sia di tuo gradimento! Ancora grazie e ci
leggiamo con il prox aggiornamento!
kiravf:ti
lascio sempre con l'amaro in bocca? Muahahaha io sono crudele! No a
parte gli scherzi, anche questa volta ho concluso il capitolo in
maniera un po' enigmatica, sorry, ma è più forte
di me.
Il capitolo è abbastanza lunghetto e come hai potuto vedere,
la situazione si è scaldata anche se ancora non siamo
arrivati
a temperature equatoriali! Alla prox e grazie per la recensione!
E
naturalmente un grazie alle 9 persone che hanno inserito la storia
nei preferiti e alle 18 che la stanno seguendo e ovviamente a tutti
coloro che hanno solo letto.
Vi
aspetto numerosi con il prox capitolo!
Un
bacio a tutti.
lilysol
|
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Capitolo 6 *** Questione di fiducia ***
Capitolo
5 :
Questione
di fiducia
Sull'insegna
in legno, il logo azzurro "Dream" disegnava delle
onde con le proprie lettere.
Il
bar Dream era il testimone della sua vita da adolescente.
Lì
ad undici anni, insieme agli amici si era divertito a commentare le
gambe, e non solo, delle ventenni che passavano, lì con la
complicità del bar man, aveva iniziato ad ordinare gli
alcolici leggeri e a sentirsi grande, lì aveva conosciuto
Michelle, lì aveva detto addio al suo migliore amico Daniel.
Cercava
proprio Daniel con lo sguardo e quando lo vide, si chiese se quello
fosse davvero lui o no.
Nonostante
si fossero sentiti, anche se non con costanza, non si erano
più
rivisti.
Ricordava
un ragazzino paffuto e brufoloso, timido e impacciato e si ritrovava
davanti un uomo dal viso affilato con il pizzetto sul mento, i
capelli lunghi fino alla nuca erano lisci e castani, corpo snello e
sicuramente tenuto in forma grazie a qualche attività
sportiva. Gli occhi però erano li stessi, grandi e marroni,
caldi come un tempo.
Daniel
stava parlando con una ragazza niente male.
Non
poteva essere la ragazza, Daniel sapeva che dovevano parlare di cose
private, non se la sarebbe mai portata appresso.
"Daniel."
– lo chiamò.
Il
giovane si voltò dalla sua parte - "Christian!" -
disse con gioia, l'aveva riconosciuto subito, evidentemente lui non
era cambiato poi tanto.
"In
persona!" - era felice finalmente di poterlo dire.
Daniel
si voltò verso la biondina vicino a lui – "Scusami
tesoro, ma è arrivato un mio amico e dobbiamo parlare di
faccende assolutamente noiose..." - si rigirò verso
Christian e gli fece l'occhiolino.
La
ragazza però mise il muso, imbronciando il bel visino.
"Dai
bambolina non fare così. Ti richiamo io!"
"Però
chiamami!" - gli rispose la ragazza.
"Certo
che ti chiamo, ma adesso lasciami parlare con questo signore,
è
importante."
La
ragazza sbuffò ancora, ma si allontanò
salutandolo con
la mano.
Christian
si sedette al tavolino – "La tua ragazza?" - chiese
conoscendo già la risposta.
"Secondo
te?" - gli disse infatti l'amico.
"Ne
dubito fortemente..." - sorrise continuando a fissarlo – "Hai
successo con le donne e assomigli a Jhonny Depp, certo che sei
cambiato!"
Daniel
rise – "Tu invece sei sempre uguale, sembri solo un po'
più
vecchio di come ti ricordavo."
Arrivò
un cameriere che posò due bicchieri di vetro pieni di un
liquido arancio e tre ciotoline di salatini – "Ecco a voi!"
- rispose posando il tutto.
"Mi
sono permesso di ordinare, ho fatto male?"
"No
no, anzi! Martini?" - azzardò.
"Esatto"
– prese un bicchiere e l'alzò leggermente
– "A cosa
brindiamo?"
Christian
fece lo stesso – "A noi ovviamente!"
"A
noi!" - gli fece eco Daniel facendo incontrare i bicchieri.
Diedero
un paio di sorsi in silenzio, Daniel aspettando che Christian
parlasse, Christian incapace di trovare il coraggio per iniziare.
"Grazie
per essere venuto Daniel..." - non era mai stato così
sincero.
"Dovere"
"Pensavo
davvero che ce l'avrei fatta con Catherine, ma più mi sforzo
di capirla, di starle vicino, più lei mi fa saltare i nervi!"
"Christian..."
- disse piano Daniel – "Lo accetti un consiglio su come devi
comportarti con Catherine?"
"Magari
ce l'avessi Daniel, io non so più cosa devo fare con lei!"
"Qualsiasi
cosa faccia, per quanto ti possa far saltare i nervi, non essere mai
troppo duro con lei, non se lo merita"
"Lo
so che ne ha passate tante, lo so quanto sta soffrendo!"
Certo
che lo sapeva, anche lui aveva sofferto dello stesso dolore, un
dolore che non l'avrebbe mai abbandonato, ma lei non poteva neanche
rifugiarsi dietro quella scusa.
"No
Christian, non puoi immaginare neanche per un secondo quello che lei
ha dovuto passare..." - sembrava così serio in quello che
diceva che era quasi innaturale.
Neanche
nei momenti più importanti della loro vita Christian aveva
visto una tale espressione sul viso di Daniel.
"Sei
sai qualcosa parla!" - lo incitò allora, incapace di
aspettare solo un secondo di più.
Daniel
iniziò a giocare con il bordo del bicchiere, facendo
scorrere
il dito lungo la superficie liscia.
"Daniel..."
"Sono
cambiate tante cosa da quando te ne sei andato." - smise di
prendersela con il bicchiere e lo incatenò con lo sguardo
–
"Quello che più soffrì per la tua partenza fu
James, Catherine mi disse che lo sapeva già e che non si
poteva occupare del proprio dolore perché doveva pensare al
padre. James però era diverso, credo il tuo abbandono abbia
fatto scattare in lui qualcosa, qualcosa che non ti
riesco a
spiegare, ma so per certo che quel qualcosa l'ha fatto diventare un
altro uomo."
"In
che senso?"
"Non
parlava quasi mai, aveva anche cominciato a non andare più a
lavoro. Tu lo sai quanto ci teneva a quel ristorante, l'aveva
progettato, costruito, inaugurato con tuo padre. Iniziò
anche
a ignorare Catherine, a volte si dimenticava persino di prepararle il
pranzo, la vedevo sempre più spesso in giro nei fast food,
ma
non volevo intromettermi" – si fermò a ripescare
quel
ricordo lontano – "Un giorno però la vidi
piangere, era
lì che mangiava il suo panino e mentre lo addentava
piangeva,
più tardi mi disse che stava piangendo perché le
mancavi tu, ma tuttora credo che non sia vero, o meglio che non gli
mancassi solo tu, ma tutti quanti, anche suo padre. Però in
quel momento non ci pensai più di tanto, la presi fra le
braccia e la strinsi a me, non potevo vederla in quello stato."
"Tu
le hai sempre voluto bene" – si intromise Christian.
Lo
ricordava bene, tutte le volte che litigava con Catherine, Daniel era
sempre ponto a difenderla, le voleva davvero bene.
"Si,
ma il mio bene non era sufficiente, le dissi che le avrei insegnato a
cucinare, così non avrebbe più dovuto mangiare in
posti
del genere." - sorrise divertito – "Era un disastro!
Però
con il tempo imparò." - il suo viso si inscurì di
colpo.
"Che
altro c'è?" - chiese Christian sentendo salire l'ansia e
attanagliarli in petto.
"Era
così felice, sembrava che finalmente avesse superato lo
shock..."
"E
poi?!" - chiese con irruenza poi, resosi conto di aver
esagerato, si risedette e mormorò – "Scusa,
continua."
"Circa
un anno fa, il giorno del suo compleanno. Mi chiamò per
ringraziarmi di averle insegnato a cucinare perché per
quell'evento tanto importante stava preparando una cenetta coi
fiocchi al padre. Però James non ci andò mai a
quella
festa. Erano le quattro di notte e vidi Catherine che disperata
suonava al mio campanello. Mi presi un tale spavento, pensavo che le
fosse successo qualcosa di terribile. Mi disse che James non era
ancora rientrato, che non sapeva cosa fare perché,
benché
il padre nell'ultimo periodo avesse preso l'abitudine di fare tardi,
così tardi non era mai tornato. Stava
pensando al
peggio. Chiamai mio padre e la polizia, insieme ad altri uomini che
volevano bene a James si misero a cercarlo, io intanto stavo con
Catherine cercando di tranquillizzarla." - sopirò
aspettando una domanda di Christian, ma il ragazzo era troppo scosso
per parlare, così Daniel riprese – "Lo trovarono
vero
le sette, ubriaco fradicio, vicino al molo. Diceva di aver visto Beth
e che questa gli avrebbe detto di raggiungerla presto. Quando io e
Catherine arrivammo sul posto, lei si precipitò fra le sue
braccia, ringraziando il cielo." - strinse i pugni furioso –
"Lui invece di stringerla diceva: "Avete visto non sono
pazzo, vedete ecco Beth!", quando gli fecero capire che quella
era la figlia, la spinse via: "Se non sei Beth che senso ha che
tu le somigli tanto, non ti voglio neanche vedere se non sei la mia
Beth!"
"James
non può aver detto questo!" - fece disperato Christian
–
"Lui amava Catherine più di ogni altra cosa al mondo!"
"Ma
non trovi che per lui sia stato estremamente difficile amare me, la
fotocopia di mia madre?"
Catherine
gli aveva risposto così, solo in quel momento comprese il
senso di quelle parole.
"Cosa
è successo poi?" - chiese con voce strozzata.
"Andò
sempre peggio, James continuava ad ubriacarsi per rivedere Beth, se
per un periodo si era completamente disinteressato a Catherine,
adesso non la voleva neanche vedere. Una sera venne da me, questa
volta non piangeva, mi chiese solamente se poteva rimanere a dormire
perché aveva paura a stare da sola in casa. Dormì
da me
per parecchie notti di parecchi mesi, poi iniziò a venire
sempre più raramente, mi disse un giorno che stava
frequentando quel Nicolas Cook! Cook?!" - fece incredulo –
"Lei che lo odiava! Ma era chiaro che non era più lei,
non voleva più essere lei. Voleva lasciarsi alle spalle la
vecchia Catherine, per diventarne una nuova. Si è
allontanata
da me piano piano, alla fine non ho potuto fare niente." -
concluse riprendendo a sorseggiare il Martini.
"Perché
non mi hai chiamato? Se avessi saputo quello che stava accadendo qui
sarei tornato subito!" - protestò.
Daniel
lo fissò per qualche secondo con sguardo colpevole
–
"Christian, scusami, ma non sapevo neanche io che fare in quel
periodo. Nessuno sapeva cosa fare!"
"Pensi
sia tardi? Per Catherine intendo..."
"Non
lo so Christian, secondo me tu ce la puoi fare." - forzò
un sorriso per incoraggiarlo.
"Ti
devo ringraziare Daniel, se non ci fossi stato tu con Catherine,
sarebbe finita molto peggio."
Daniel
abbassò lo sguardo mortificato – "Avrei voluto
fare
molto di più per lei, ma non ci sono riuscito..."
Il
modo in cui lo disse, la sua espressione rassegnata, non gli
piacquero, tuttavia si limitò a sorridergli grato.
"E
grazie a te adesso so finalmente che cosa è successo alla
Kate
che conoscevo."
"Kate..."
- mormorò Daniel – "É tanto che non la
sentivo
chiamare così. Chissà se Kate esiste ancora..."
"Lei
lo nega, ma io sono sicuro che c'è ancora da qualche parte."
Daniel
lo fisso intensamente – "Spero tanto che tu abbia ragione
Christian... Lo spero proprio!"
Ripresero
entrambi i propri bicchieri, ricominciando a bere.
Nessuno
dei due però, troppo preso dai propri pensieri,
scambiò
più una parola, fino a quando, dopo che Christian si offri
di
pagare, non si salutarono.
Christian
rincasò verso le sette.
Prima
di tornare a casa aveva deciso di fare un giro per rivedere la sua
città Natale si era detto, ma di Santa Monica aveva visto
ben
poco, solo il cimitero.
Si
era spinto lì preso da un istinto irrefrenabile e aveva
fatto
visita, dopo tanto tempo, alle tombe di Carter, Linda e Beth.
Aveva
privato un fremito quando su una lapide bianca adiacente a quella dei
genitori aveva letto: "James Grey”
"James..."
- aveva sussurrato – "Hai sbagliato con tua figlia, ma io lo
so che non volevi. Ti chiedo scusa James, è stata colpa mia.
Mi prenderò cura di Catherine, di Kate, perché
lei è
ancora la nostra Kate vero?"
Era
rimasto così a fissare quelle quattro lapidi, incapace di
muoversi, mentre intanto il tempo scorreva.
Aprì
la porta di casa, era aperta, meglio, avrebbe chiarito la questione
con Catherine subito.
"Catherine?"
- chiamò, ma non ricevette risposta.
Andò
in cucina che era stata sistemata e pulita, quasi come se la scena
della mattina non fosse mai avvenuta.
Salì
le scale che conducevano alle stanze da letto e ai bagni, ma non la
trovò ugualmente.
Perplesso
ritornò al piano inferiore – "Catherine?" -
provò
con un tono un po' più alto-
Niente.
Forse
era uscita.
Tentò
la stanza meno probabile, la stanza che aveva scartato in partenza,
lo studio di James.
Bussò
leggermente – "Catherine sei qui?" - domandò, poi
entrò dato che non aveva ricevuto risposta.
La
stanza era vuota, ma c'era qualcosa di diverso rispetto a tutte le
altre.
Era
in disordine, specialmente la scrivania, come se qualcuno l'avesse
appena utilizzata.
Non
essendoci ancora entrato da quando era tornato, non aveva potuto
constatare se era stato James a ridurla così, o se era stata
Catherine.
Si
richiuse la porta alle spalle ed entrò completamente, si era
tenuto accuratamente lontano da quella stanza, ma adesso, visto che
già c'era, decise di affrontare una volta per tutte il
ricordo
di James.
Si
sedette sulla sedia imbottita di fronte alla scrivania di legno scura
e lucida.
La
sua attenzione fu catturata da una foto, l'unica presente.
"Mamma,
papà..." - sussurrò sorpreso, fece scorrere gli
occhi sul resto dei visi – "Beth, James..." - tutti
così
giovani, così sorridenti.
Più
in basso c'era lui piccolissimo che tentava di tenere in braccio
Catherine, aiutato naturalmente dalle braccia di Beth e di sua madre.
Non
la ricordava quella foto, chissà dove era stata fatta e da
chi.
Controllò
il retro, ma non c'era scritto niente.
Ritornò
a guardare l'immagine e dovette ammettere che sotto quel grande
albero che offriva l'oro l'ombra, illuminati da un solo raggio di
sole, erano tutti quanti perfetti.
Suo
padre, scuro come lui, gli occhi neri che guardavano con amore la
moglie, riconoscibilissima per i capelli rossi e i grandi occhi
azzurri, e il figlio, entrambi intenti nell'ardua missione di
mantenere Catherine, e poi James i capelli quasi biondi, gli occhi
castani con una mano sulla spalla di Beth , identica alla figlia in
tutto e per tutto, inginocchiata anche lei come Linda.
Assolutamente
perfetti.
Sorrise
ancora mentre distoglieva lo sguardo.
Vide
una lettera sotto di sé, scritta con una grafia elegante e
tondeggiante.
Era
indirizzata a James e portava la firma di Beth.
"James,
non
so come ho
trovato il coraggio di scriverti, ma l'ho fatto.
Solo
poche parole,
non voglio rubarti troppo tempo.
Sto
per partire,
ritorno a Londra.
Non
so quando
ritornerò, probabilmente terminerò lì
i miei
studi, forse visiterò anche tutto il continente, ma per il
momento non mi voglio esaltare troppo.
Ti
ricordi quando
decidemmo di allearci per conquistare rispettivamente Carter e Linda?
Alla
fine loro due
si fidanzarono e noi due rimanemmo di sasso.
Ti
ho sempre detto
che avevo accettato la cosa di buon grado perché, se quello
era ciò che desideravano la mia migliore amica e il tuo
migliore amico, noi non avevamo alcun diritto di intrometterci.
In
realtà...
Il
vero motivo è
che in questi mesi passati con te a progettare di conquistare i
nostri belli, io...
Mi
sono innamorata
di te.
Ecco
l'ho scritto e
neanche bene a dir la verità.
Guarda
le parole
come sono tutte storte...
Quanto
vorrei
essere come Linda, lei non si impaccia solo per poche parole scritte
su un foglio di carta.
Ti
avevo promesso
poche parole e mi sono già dilungata troppo.
Quando
leggerai
questa lettera io sarò già su un aereo.
Perdonami
se non ho
avuto il coraggio di dirtelo in faccia.
Ti
amo.
Tua
Beth
Alla
fine però James era riuscita a fermarla.
Chissà,
forse era andato a riprendersela direttamente da Londra,
conoscendolo, ne sarebbe stato capace.
Sentì
un rumore proveniente dalla porta e scattò come una molla.
"Che
ci fai qui?" - gli chiese Catherine.
"Ti
cercavo e sono entrato in questa stanza."
"Ah."
– disse soltanto.
Stava
per uscire ma lui la bloccò.
"Catherine..."
"Che
c'è?"
"Hai
intenzione di dormire ancora fuori sta notte?"
La
ragazza si voltò lentamente – "Non lo so,
perché?"
"Non
voglio che tu vada da altri a cercare protezione" – le
rispose
in tutta onestà.
I
suoi grandi occhi verdi si allargarono dallo stupore, ma non disse
nulla.
"Catherine,
fidati di me."
Le
si avvicinò piano, mentre lei ancora non era riuscita a
riacquistare la capacità di parlare.
"Kate..."
- le sussurrò prendendola e stringendola a sé
– "Lo
vuoi capire, non sei sola, non più..."
Le
alzò il viso e le baciò la fronte.
Come
se avesse perso completamente la forza di lottare, combattere,
difendersi, la ragazza si lasciò andare a quelle attenzioni.
"Dormirai
qui sta notte?" - le chiese.
La
ragazza annuì.
"Proverai
a fidarti di me?"
La
risposta arrivò con un po' più di esitazione, ma
fu
positiva.
"Mi
vorrai di nuovo bene, Catherine?"
Questa
volta non si limitò a dei semplici cenni – "Te
l'ho già
detto Christian, io ti voglio bene"
Si
strinse a lei con più forza – "Anche io Catherine,
ti
voglio bene"
Forse
quelle parole non gliele aveva mai dette.
Forse
non si era mai aperto in quel modo con lei, con nessuno.
Ma
in quella stanza, in quel momento, con Catherine fra le braccia e i
visi sorridenti dei loro genitori che li fissavano dalla foto, non
avrebbe potuto trovare parole più adatte.
,;
Il salotto di lilysol ;,
Hola
gente! Come va?
Ecco il nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Diciamo
che con
questi ultimi avvenimenti si sono sistemate alcune cosette, ma non
disperate, se siete come me appassionati di grandi macelli e
incomprensioni universali, vedrete che le cose non saranno sempre
così tranquille.
Anticipazioni:
Capitolo 6:
“Comunicare”
Capitolo
di
passaggio, giusto per smorzare un po' la tensione accumulata sino a
questo punto.
Per
il momento so
solo questo perché il capitolo ancora lo devo terminare.
Sarà
molto... soft questo è sicuro, ma ci
vuole ogni tanto
no?
Bene
come al solito
ringrazio chi ha recensito:
BBV:eccolo
qui il continuo! Spero di non averti fatta attendere molto. Grazie
per i complimenti, sono contenta che apprezzi il mio stile. Come vedi
le cose si sono sistemate, almeno per ora (la mia mente perfida ne
sta escogitando di tutti i colori). Grazie ancora per la recensione,
al prox aggiornamento!
ninasakura:tutta
d'un fiato?! Wow sono contenta che la storia ti abbia preso fino a
questo punto! Che ne dici di questo capitolo, piaciuto? Grazie per i
complimenti, mi fa piacere che trovi la storia interessante, spero
che sarai sempre di questa opinione. Bè non mi resta che
dirti
ancora grazie per aver recensito e ovviamente darti appuntamento con
il prox capitolo! Ciauz!
___Yuki___:bene
bene, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, speriamo
che anche questo non sia stato da meno. Finalmente si è
saputo
cosa è successo a Catherine, ma non basta semplicemente
conoscere i fatti no? Quello che è accaduto ha segnato
Catherine in maniera irrimediabile e Christian si scontrerà
spesso contro il muro del passato. Per quanto
riguarda i miei
dati e il mio aspetto, mi sa che è meglio tenerli nascosti
nel
caso tu attui veramente il tuo piano. (me ha paura). Hihihi a parte
gli scherzi ti lascio il mio indirizzo msn: lilysol46@hotmail.it
così se vuoi puoi sempre venirmi a cercare lì per
massacrarmi ^.^. Grazie mille per la recensione, alla prossima.
E
con questo si
conclude anche il sesto capitolo. Ringrazio anche le 14 persone che
hanno inserito la storia nei preferiti e le 19 che la stanno seguendo
e ovviamente tutti coloro che hanno semplicemente letto.
Vi
aspetto con il
prossimo capito e spero che mi lasciate un commentino piccino piccino
così sarò tanto contenta ^.^.
Bene,
alla prox.
lilysol
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Capitolo 7 *** Comunicare ***
Capitolo
6:
Comunicare
Christian
non riusciva a dormire, il che era molto strano dato che si sentiva
profondamente spossato.
I
suoi occhi seguivano attenti le linee che la leggera stoffa della
camicia da notte disegnava sul corpo di Catherine.
Era
sollevato, perché finalmente aveva ottenuto qualcosa da lei,
ma la sentiva ancora troppo distante.
Anche
la posizione che aveva assunto la ragazza, di spalle e al bordo del
letto, il più lontano possibile da lui, confermava la sua
tesi.
Si
chiese se anche quando dormiva fuori, si comportava allo stesso modo,
se anche con quel Cook era così distante, o se lo diventava
dopo...
Strinse
i pugni e la stoffa candida del cuscino si stropicciò dentro
i
suoi palmi.
Non
riusciva proprio ad immaginarla in certi atteggiamenti, eppure sia
Daniel che lei stessa glie l'avevano detto, passava spesso la notte
fuori casa.
Strisciò
piano fino a raggiungerla.
"Catherine?"
- bisbigliò all'orecchio.
Lei
emise un mugolio stanco.
"Dormi?"
- le chiese.
La
ragazza si voltò, stropicciandosi gli occhi – "Che
c'è?" - domandò con voce assonnata.
Nel
momento in cui si guardarono, gli fece una tale tenerezza che si
pentì di averla svegliata.
"Niente..."
- le rispose.
La
ragazza annuì richiudendo gli occhi, evidentemente ancora
confusa dai fumi del sonno.
Christian
si tirò su il viso facendo perno sul un gomito e
l'osservò
mentre dormiva.
Altro
che donna di mondo, quella che aveva davanti era ancora un bambina.
Presa
coscienza di ciò, riposò il capo sul cuscino,
continuando a fissarla, finché vinto finalmente da quella
stanchezza profonda, non si addormentò.
Da
quella notte i rapporti con Catherine migliorarono notevolmente, gli
parlava di più, soprattutto del passato, ricordando quei
giorni felici e non rincasò più tardi
perché
tutte le notti dormivano insieme.
Seppe
anche che aveva mollato Cook, non glielo disse lei direttamente, ma
lo seppe da Daniel.
Più
passavano i giorni, più Christian riusciva a strappare un
pezzo di Kate a quella Catherine fredda e cinica.
Una
mattina la ritrovò addirittura vicinissima al proprio corpo,
con il viso e la mano quasi a sfiorargli il fianco.
Era
rimasto un po' smarrito da quella posizione e non si mosse per paura
di svegliarla, finché non fu lei stessa ad aprire gli occhi.
L'argomento
bacio era stato completamente accantonato, alla fine anche lui aveva
cominciato ad accettare l'opzione sovrapporsi di labbra,
ben
consapevole che non si era trattato semplicemente di quello.
Aveva
deciso quindi di non porsi più il problema e di cercare di
dimenticare quella sera carica di tensioni.
In
quel periodo Christian poté anche apprezzare il talento
culinario della ragazza che ormai era l'addetta alla cucina.
Il
momento che preferiva in assoluto della giornata era la cena, momento
in cui poteva assaggiare i nuovi esperimenti della ragazza,
particolarmente ispirata durante il pomeriggio.
Dopo
aver mangiato rimanevano a guardare la televisione, o, come spesso
accadeva, andavano a dormire, ma prendevano sonno solo a tarda notte,
perché prima si divertivano a parlare, a raccontarsi
esperienze di cui, a causa della lontananza, non erano a conoscenza,
Fu
così che una sera le confidò perché la
sua
storia con Michelle era finita.
"Eravamo
troppo giovani ed inesperti, non eravamo pronti ad affrontare la vita
che ci eravamo scelti." - rispose così alla domanda che
gli aveva posto.
"E
il piccolo Lucas come l'ha presa?"
Christian
si fece scuro in volto – "Lui non è mai stato
molto
legato a me. Ha preferito sempre la madre, per questo vado a trovarlo
raramente, vedo che lui vorrebbe stare con Michelle."
"E
quindi hai colto la palla al balzo!" - fece lei indignata.
"Ma
che dici!" -si difese – "Anche io vorrei passare del
tempo con lui, ma ogni volta mi chiede dov'è sua madre,
perché
non c'è... Perché lo dovrei forzare a vivere con
me?"
"Non
è una buona scusa!" - era così arrabbiata che
scattò a sedere – "Tu lo ignori!"
"Ma
perché ti arrabbi tanto?" - si alzò anche lui, ma
molto più lentamente.
"Perché
non vuoi prenderti le tue responsabilità di padre!"
Lo
rimproverava come se fosse un ragazzino.
"Shh!
Abbassa la voce!" - la zittì – "E poi, cosa posso
fare se lui vuole stare con la madre?!"
"Christian..."
- si lamentò lei – "Ma almeno gli hai mai detto
che gli
vuoi bene?"
Istintivamente
il ragazzo distolse lo sguardo dagli occhi accusatori di Catherine.
Non
gli piaceva la piega che stava prendendo il discorso, sapeva che
aveva torto, sapeva che Catherine aveva ragione, quelle parole se le
era sentite ripetere mille volte da Michelle.
La
ragazza gli prese il viso e lo girò dalla sua parte per
fissarlo attentamente – "Christian, a te può
sembrare
banale, o stupido, o inutile, ma per lui sentirti dire quelle parole
sarebbe molto importante"
Faceva
male guardarla in quel momento, stava parlando di Lucas o di se
stessa?
"Io...
Lo chiamerò.."
Il
suo bel visino si illumino – "Quando?"
"Presto."
Catherine
annuì soddisfatta, sapeva benissimo che non poteva forzarlo
con i tempi.
Si
distesero entrambi riprendendo una posizione più comoda.
Catherine
stava ancora sorridendo contenta, poi una luce negli occhi le si
accese come se improvvisamente si fosse ricordata di fare qualcosa,
gli si avvicinò e mormorandogli – "Sono davvero
orgogliosa di te!" - gli scoccò un bacio veloce sulla
guancia.
Sia
per il bacio, che per tutto il discorso che avevano affrontato aveva
bisogno di sentirla vicina.
L'argomento
Lucas era molto delicato per lui, onestamente non si era ancora reso
conto che quell'esserino che cresceva velocemente, che aveva parte di
se nel viso e nel corpo, era suo figlio, generato da lui, parte di
lui.
"Catherine..."
"Dimmi"
Sospirò
cercando le parole giuste – "Se tu vedessi i tuoi occhi, o
alcuni atteggiamenti tipici di te, su un'altra persona, non ti
sentiresti stranamente smarrita?" - si rese conto di non essere
stato limpido e chiaro, ma lei lo capì ugualmente.
"Se
quella persona fosse un passante o una commessa di un negozio di cui
non so nulla, vedere me in qualcun altro, mi lascerebbe perplessa."
- cercò di essere anche lei il più chiara
possibile
perché l'argomento era difficile – "Ma se quella
persona facesse parte di me, sapere che mi somiglia, anche se solo
per una percentuale piccolissima, mi renderebbe estremamente felice." -
gli si avvicinò poggiando il capo sul suo petto e lo
abbracciò forte – "Devi solo accettare che
è tuo
figlio, Christian, niente di più."
Il
ragazzo inspirò forte riempendosi del suo profumo
– "Grazia
Catherine"
"Di
niente" – si staccò tornado al suo posto.
Christian
ne sentì improvvisamente la mancanza.
"Catherine..."
- la richiamò prima di riuscire a frenare le parole.
"Dimmi"
– gli rispose sempre paziente.
"Potresti...
Potresti abbracciarmi?"
Non
gli fece domande, non gli chiese niente, semplicemente
poggiò
la testa nell'incavo del suo collo e lo strinse come se fosse lui un
piccolo bambino bisognoso di protezione.
"Catherine,
come mai hai iniziato a frequentare Cook?" - le domandò
una sera.
"Perché
lo vuoi sapere?".
Era
circospetta, quasi come se si aspettasse un colpo basso da un momento
all'altro.
"Mha
così... Io ti ho raccontato di Michelle e Lucas, mi
piacerebbe
sapere cosa ti univa a Cook."
"Niente"
– rispose lei sbrigativa.
Evidentemente
non le piaceva parlare di quella storia.
"Come
niente?!" - insistette lui – "L'hai frequentato per quasi
un anno, qualcosa ci doveva essere."
"Proprio
perché non c'era niente che ci legasse ho iniziato ad uscire
con lui."
"Non
ti seguo." - ammise il giovane.
"Tutto
quello che volevo in quel periodo, era cambiare. Non volevo
più
essere Catherine Grey, la figlia di James e Beth, volevo essere
ricordata per qualcos'altro. Nicolas Cook capitava a proposito, non
volevo legami importanti, mi bastava solo il suo nome. Non eravamo
poi una grande coppia, fidati!" - ridacchiò affondando
meglio il capo nel cuscino.
"Però..."
"Christian,
entrambi facevamo quello che volevamo e stavamo davvero poco insieme,
la mia storia con lui è stato solo un capriccio!"
Gli
piaceva come risposta, sapere che Cook non era importante per lei
voleva dire che dentro di sé non era cambiata tanto.
"E
Daniel?" - chiese improvvisamente.
La
ragazza strabuzzo gli occhi – "Daniel?! Che c'entra?"
"So
che ti è stato molto vicino e che ti ha aiutato molto mentre
ero via"
"Daniel
è solo un amico che, come hai detto tu, mi ha aiutato
davvero
tanto, punto!" - disse risoluta.
"Ma
perché ti innervosisci sempre quando parli come me?"
Proprio
non la capiva, all'inizio, quando lo sbeffeggiava, era sempre gentile
e sorridente, e adesso che finalmente avevano iniziato a comunicare,
si innervosiva con niente.
"Perché
fai domande idiote!"
Prima
che avesse anche solo il tempo di rispondere, Christian si
ritrovò
un cuscino in faccia.
"E
questo cosa significa?" - domandò togliendoselo si dosso.
La
ragazza lo guardò con un sorrisetto furbo –
"Guerra!"
- disse soltanto, iniziando una battaglia di cuscini epica.
,;
Il salotto di lilysol ;,
Bene
bene, innanzi tutto scusate il ritardo, sono stata a casa a mare e
lì
non ho la connessione ad internet, però ho una bella
notizia,
ne ho approfittato per scrivere e mi sono portata abbastanza avanti
con la storia =).
Come
avevo già
detto l'altra volta, questo capitolo è un capitolo di
passaggio scritto per smorzare un po' di tensione, nel prossimo
arriveranno già le prime sorprese.
Quindi
bando alle
ciancie ed eccovi le anticipazioni:
Anticipazioni:
Capitolo 7: “Pensieri inopportuni”
Cominciano
ad
arrivare le prime nuvole eccovi un piccolo assaggio...
Catherine
è più bella.
Si
ritrovò a
pensare prima ancora di rendersene conto.
Rimase
un po'
interdetto dei suoi stessi pensieri, come gli era venuta in mente una
cosa del genere?
Ed
ora i ringraziamenti
grazie
mille a:
BVV:mi
dispiace tantissimo per averti fatta aspettare. Giuro che non era mia
intenzione! Tu che mi sostieni dall'inizio. Perdonamiiiiiii. Sono
contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, il momento di
tenerezza? Bhè che dirti, ce ne saranno tanti altri, ma
altrettanti... in cui è meglio mettersi al riparo =).Ci
leggiamo con il prox aggiornamento! Baci.
___Yuki___:
scusa scusa scusa scusa scusa!!!! E meno male che avevi scritto
aggiorna presto, e invece guarda quanto ti ho fatta aspettare! Chiedo
umilmente perdono! Catherine è così, un po'
mansueta,
un po' dolce, un po' pazza, un po' irritabile. Però le
è
mancata una guida nel momento in cui stava formando il suo carattere
e quindi sta a Christian farle (anche) da padre. Se aspetti la rissa,
oh bhè, sarai accontentata più volte, come hai
già
capito, questi due sono capaci di far scintille (in tutti i sensi...
XD) Spero che tu abbia gradito anche questa ultima sfornata ( XD )
alla prossima! Baci.
E
naturalmente anche alle 17 persone che l'hanno inserita nell
preferite alle 23 che la stanno seguendo e a tutti quelli che ci
hanno cliccato sopra concedendomi un po' del loro tempo.
Mi
raccomando fatemi sentire le vostre voci perché ne ho
bisogno.
Un
bacio a tutti.
lilysol
|
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Capitolo 8 *** Pensieri inopportuni ***
Capitolo
7
Pensieri
inopportuni
Era
passato quasi un mese da quando Christian aveva accettato l'incarico
di tutore di Catherine.
Era
già settembre inoltrato e l'apertura delle scuole si stava
avvicinando.
Inoltre
anche il trigesimo della morte di James era ormai prossimo, ma la
ragazza non sembrava turbata né per l'una che per l'altra
cosa.
"Insomma,
non sei neanche un po' nervosa? Questo è il tuo ultimo
anno!"
- le chiese un giorno mentre consumavano il pranzo preparato come
sempre da lei.
"No!"
- rispose le giovane - "Piuttosto lo dovresti essere tu."
"E
per quale motivo?"
"L'inizio
della scuola equivale ad impegni, impregni a meno tempo e meno tempo
ad addio specialità preparate da Catherine..."
-
fece un gesto di saluto con una mano mentre con l'altra enumerava il
tutto sulle dite.
"Oh,
i tuoi splendidi piatti come farò a vivere senza!" - la
prese in giro.
"Bravo,
bravo, ridi di me! - stette al gioco lei mentre sparecchiava
– "Ma
non venire a piangere da me poi!"
Christian
rise divertito, era così bello scherzare con lei, anche se
in
genere si concedevano poco momenti come quello.
"Non
mi lascerai morire di fame spero!" - disse poi osservandola
lavare i piatti.
"No,
certo che no! Non permetterei mai che accadesse una cosa simile al
mio tutore. Dovrai solo rinunciare alle mie specialità ed
accontentarti di qualche piatto ordinario"
"Sopravviverò..."
- le rispose in tono vago – "Tu invece, ce la farai
quest'anno?"
Aveva
cambiato improvvisamente tono e anche la sua espressione si era fatta
più scura, benché la ragazza non la potesse
vedere.
"É
già passato un mese, la gente ha parlato a sufficienza!"
- disse come se la cosa non le importasse minimamente.
"Questo
è vero, però io e te non ci siamo fatti vedere
per
niente in questo mese, ma appena ti vedranno, ricominceranno a
parlare."
Catherine
si asciugò le mani e si sedette accanto a lui.
"Hanno
già parlato molto di me l'anno scorso, se hanno un po' di
decenza, lasceranno mio padre e le sue scelte fuori dai pettegolezzi.
E anche se non dovessero farlo" – aggiunse subito dopo
vedendo
che Christian stava per ribattere – "Sopporterò."
Il
ragazzo le prese una mano e notò con piacere che Catherine
non
fuggiva più il suo tocco – "Non dovrai sopportare
da
sola." - le promise in tono grave.
Non
l'aveva mai visto parlare così, con tanta sicurezza e con
quell'espressione seria dipinta sul viso.
Sorrise
grata ricambiando la stretta – "Allora preparati a sopportare
i pianti copiosi di una diciassettenne infelice!"
Sorrise
anche lui – "Sopravviverò anche a questo!"
Le
sembrava estremamente fragile in quel momento, ma era perfetta nel
proprio dolore.
Avrebbe
tanto voluto sapere cosa stesse pensando in quel momento, ma sapeva
chiedere troppo.
"Mi
sembra impossibile che papà sia già morto da un
mese..."
Erano
state parole appena udibili, ma Christian le sentì bene e la
guardò confuso.
Erano
così strane quelle parole dette all'improvviso come se
niente
fosse.
Ma
era proprio il tono vago con cui l'aveva detto, come se le avesse
ripetute chissà quante volte, a renderle stupefacenti.
Non
parlavano molto di James e ancora meno della sua morte.
All'inizio,
Christian aveva anche provato a ricordarlo insieme a lei, ma aveva
sempre evitato l'argomento in modo brusco e con il tempo ci aveva
rinunciato.
"A
me continua a sembrare tutto strano." - le fece eco cercando di
non far trapelare il proprio stupore.
"Già..."
- ammise la ragazza – "É incredibile come la vita
possa
cambiare da un giorno all'altro."
"Credo
che noi due siamo gli unici individui al mondo che possano veramente
dirlo!"
Catherine
tirò su senza allegria un angolo della bocca -
"Però
almeno siamo insieme."
"Almeno."
- ripeté lui. Avrebbero potuto aggiungere tante altre
parole,
ma sarebbero state inutili.
Catherine
ancora sono si fidava completamente di lui, benché avesse
accettato la convivenza, viveva nel terrore di una sua possibile
fuga.
Christian
non sapeva ancora come comportarsi con lei, senza sapere che se la
giovane a volte tirava il freno nei suoi confronti, non era per
cattiveria, ma solo per paura, se invece la vedeva gioiosa ed
espansiva, in quei momenti era invasa da quell'antico sentimento che
la inondava fin da piccola ogni volta che si trovava in sua
compagnia, se infine era pensierosa ed assente, lo era
perché
i ricordi di quel periodo buio che aveva vissuto in sua assenza
l'assalivano e non sa ne sarebbero mai andati.
Ma
Christian tutte queste cose non le poteva sapere e, nel profondo,
anche lui era angosciato dal timore che, il giorno in cui Catherine
avrebbe compiuto diciotto anni, se ne sarebbe andata, ormai libera di
vivere la propria vita.
"Hai
preso tutto quello che ti serve?"
Alla
fine il primo giorno di scuola era arrivato.
"Si
tutto, compresa l'attenzione per le macchine e per i ragazzi!" -
rispose anticipando le solite raccomandazioni.
"Sei
sicura che non vuoi essere accompagnata?"
Catherine
alzò gli occhi al cielo – "No."
Forse
era la trecentocinquantesima volta che ripetevano quelle battute.
"Guarda
che non mi secca accompagnarti." - provò ancora.
"Tranquillo,
sono grande e grossa e so badare a me stessa." - incrociò
le dita sperando che lui lasciasse perdere.
"E
va bene..." - si arrese poco dopo – "Però fa'
attenzione!"
"Come
sempre!"
Libera
da qualsiasi altra pressione, finalmente uscì di casa, ma
non
poteva mai immaginare che gli occhi vigili di Christian l'avevano
seguita finché non sparì dietro l'angolo.
Doveva
ammetterlo, la giornata senza Catherine passava lenta!
Di
solito si alzavano tardi e finché si riprendevano dalla
sonnolenza e si preparavano, era arrivata già ora di pranzo.
Sebbene
non fosse uscito più da quando si era incontrato con Daniel,
non si era annoiato neanche per un secondo in compagnia di Catherine.
A
volte si limitava a guardarla mentre cucinava, si divertiva a
seguirla con lo sguardo mentre svolazzava per tutta la cucina e si
rilassava ad osservarla mentre eseguiva i passaggi più
complicati con quell'aria concentrata.
In
quei pochi momenti la vedeva davvero tranquilla e senza pensieri, ed
era un piacere guardarla.
Sospirando
annoiato, spense la televisione,
Era
inutile marcire in casa, decise quindi di fare un giro per prendere
un po' d'aria..
Andò
senza pensarci al molo, famoso in tutto il mondo per la sua ruota
panoramica.
Quel
posto gli era sempre piaciuto, era lì che suo padre l'aveva
messo per la prima volta su una tavola da surf.
La
spiaggia era quasi deserta e si sentì sollevato.
Sapeva
di essere al centro dell'attenzione da quando era tornato e certo non
ne era felice.
"Ma
tu sei Christian May!" - cinguettò qualcuno alle suo
spalle.
Ma
possibile che fra le dieci persone parse su un kilometro abbondante
di spiaggia, qualcuno lo aveva riconosciuto?
Si
voltò un po' scocciato – "Si sono io , e lei?"
Davanti
a lui vi era una ragazza più o meno della sua eta, biondina,
occhi scuri.
"Sono
Kelly, Kelly Jefferson, non ti ricordi di me? Eravamo in classe
insieme al liceo."
Kelly
Jefferson.
Effettivamente
gli suonava famigliare.
"Ora
ricordo, scusa, sono passati tanti anni!"
In
realtà non l'aveva ancora inquadrata, ma preferì
mentire.
La
ragazza gli sorrise – "Già, quattro anni sono
abbastanza! Sei cresciuto, sei più carino!"
Ma
ci stava provando con lui?
Improvvisamente
si ricordò di lei.
Kelly
Jefferson era una delle ragazze più carine della sua classe,
la ricordava castana però, non bionda, ma per il resto
corrispondeva ai suoi ricordi.
Ai
suoi tempi, anche lui aveva pensato che Kelly fosse una bella
ragazza, però adesso non riusciva proprio a capire cosa gli
piacesse in lei.
Aveva
un fisico slanciato, questo lo doveva ammettere, e anche il viso con
gli occhi allungati e le labbra grandi, non era male.
Ma
allora perché quella ragazza non gli diceva nulla?
Catherine
è più bella.
Si
ritrovò a pensare prima ancora di rendersene conto.
Rimase
un po' interdetto dei suoi stessi pensieri, come gli era venuta in
mente una cosa del genere?
"Tutto
bene?" - gli chiese la ragazza notando che lui non parlava.
"Si"
– rispose riscuotendosi – "Devo andare!"
Si
alzò scattando e si ripulì dalla sabbia
depositata sui
vestiti.
"Ma
mi lasci così?" - gli domandò corrucciata Kelly,
il suo tentativo di abbordare il ragazzo di cui si parlava tanto, era
andato a vuoto.
Christian
che si era già precipitato lontano dalla ragazza si
scusò.
"Vado
proprio di fretta!" - le spigò – "Ci si vede!"
Non
aveva più voglia di camminare e decise di tornare a casa.
Aveva
pensato che Catherine fosse bella.
Non
era tanto il pensiero in se a lasciarlo sbigottito, quanto la
naturalezza con cui l'aveva pensato.
Non
poteva pensare certe cose, era il suo tutore dopo tutto!
Che
cosa avrebbe pensato James che gli aveva dato fiducia
affidandogliela?
Appena
tornato a casa, bevve velocemente un bicchiere d'acqua, prese un bel
respiro e cercò di calmarsi.
Vide
la cosa sotto un altro punto di vista.
Che
male c'era, in fondo?
Se
una ragazza è bella, e Catherine lo era, anche un padre lo
ammette, perché lui non avrebbe dovuto farlo?
Più
tranquillo si sedette sul divano e accese la televisione.
Mancavano
ancora tre ore prima che Catherine rincasasse.
Sbuffò
contrariato, che cosa avrebbe fatto intanto?
,;
Il salotto di lilysol ;,
Olè!
Sono
tornata presto eh? Però visto che questo capitolo era
già
pronto era inutile tenermelo caro caro no? Allora per quanto il
capitolo possa sembrare molto tranquillo e non importante ai fini
della storia, non lasciatevi ingannare. Ormai il dubbio si è
insinuato in Christian e d'ora in avanti lo tormenterà
sempre
fino a fargli credere di non essere la persona più adatta a
prendersi cura di Catherine. Inoltre, dopo due capitoli così
soft, preparatevi ad un capitolo molto... ehm come dire... scottante
;)
L'altra
volta non
l'ho detto, però Lucas, che si è solo nominato,
sarà
un personaggio molto importante. Kelly Jefferson, invece, è
solo una comparsa, quindi se a qualcuno stava già antipatica
nonostante le poche battute, non si deve preoccupare.
E
adesso, visto che
parlo sempre troppo, vi metto le anticipazioni!
Anticipazioni
–
Capitolo 8: “Attrazione”
Già,
già,
come si capisce dal titolo, in questo capitolo i pensieri appena
accennati inizieranno a prendere forma e Catherine??? Secondo voi
quali sono i suoi sentimenti?
"Io
sarei persa senza di te."
Lo
aveva detto con tanto ardore che la voce le si incrinò e gli
occhi si accesero di una luce che non aveva mai visto prima.
Ne
rimase spiazzato.
Vedeva
i suoi occhi.
Vedeva
e sue labbra.
I
suoi occhi erano grandi e verdi, aveva le ciglia molto lunghe e la
linea delle sopracciglia era elegante.
La
labbra erano piene e dischiuse, il labbro superiore disegnava un
cuore e aveva un piccolo neo sull'arco sinistro.
Non
aveva mai notato queste piccolezze.
Forse
perché non l'aveva mai vista da così vicino.
"Sei
molto bella." - disse di getto.
Inoltre
(ma quanto
sto spoleirando????) tornerà, anche se non proprio
fisicamente, una vecchia conoscenza di Catherine...
Ma
adesso vi
ringrazio come sempre dal più profondo! GRAZIE
grazie
per aver
recensito a:
BBV:
Si si,
sono molto teneri quando vogliono!ehehe Lucas? Io lo adoro,
comparirà
fra un po' a dir la verità, ma aiuterà molto
Christian
e Catherine e sarà profondamente legato a loro. Sono
contenta
che la storia continui a piacerti =) ci vediamo al prox capitolo che
se mi sbrigo a correggere, arriverà abbastanza presto =) Baci
___Yuki___:
Una storia??? Appena pubblico vado subito a leggerla! Purtroppo sono
molto impegnata e mi limito a pubblicare e quando posso cerco di
leggere le storie nuove, quindi hai fatto bene a dirmelo
perché
non essendo molto presente, molte volte mi sfuggono... Cmq collegare
i due capitoli? Sai inizialmente era così, poi ho pensato
che
fino allo scorso, Christian era più impegnato a cercare di
capire Catherine ed ad indagare sul suo passato, da questo vi
è
una svolta che segna una linea netta, magari il pathos è un
po' calato, però mi sembrava una scelta più
appropriata. Inoltre le emozioni forti ritorneranno già dal
prox capitolo! Le scintille? Ci saranno, ci saranno, però
scintille pacifiche, per adesso facciamoli andare d'accordo,
arriverà
il momento in cui si scanneranno! Al prox capitolo Baci
BlueSmoke:
Sono contenta che l'idea ti piaccia anche perché
è
piuttosto particolare e le tematiche non sono certo delle
più
leggere. Ovviamente apprezzo anche i complimenti sullo stile, ehm,
penso che sia una delle cose più belle che un autore si
possa
sentir dire. Christian è nato per fare tenerezza,
è
vero che gli uomini strafighi piacciono, però lui tutto
coccoloso fa la sua figura!Meno male che non trovi antipatica
Catherine, era uno dei miei più grandi timori
perché se
non piace la protagonista che storia è? Grazie ancora per la
recensione alla prox!Baci
Bene
e ovviamente un grande grazie alle 19 persone che hanno inserito la
storia nelle preferite e alle 27 che la stanno seguendo e anche a chi
ha semplicemente letto.
Un
grande bacio vi do appuntamento al prox capitolo.
lilysol
|
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Capitolo 9 *** Attrazione ***
Capitolo
8
Attrazione
Verso le cinque del pomeriggio,
Catherine rincasò.
"Ma
insomma!" - sbottò subito
Christian quando le fu subito davanti – "Dove diavolo sei
stata? Ero già
sul punto di chiamare la polizia!"
"Scusami, ho avuto da
fare..." - rispose lei abbassando la testa – "Vado un attimo
in bagno
e ti preparo qualcosa da mangiare, sarai affamato!"
"Non è per il pranzo, ma
ti
rendi conto di che ore sono? Potevi almeno avvertire no?"
"Si hai ragione,
scusami." -rispose, poi si guardò attorno in cerca di una
via di fuga. Era
nervosa e gli stava sicuramente nascondendo qualcosa –
“Vado.” – esclamò poi e si precipitò
verso le scale.
“Ehi aspetta!”
– la bloccò –
“Cos’è tutta questa fretta?”
“E
cos’è tutto questo sospetto?”
– ribatté lei dandogli le spalle.
Christian prontamente la
fermò ancora.
Non era da lui essere così insistente e noioso, ma quando si
trattava di
Catherine, cambiava totalmente diventando un’altra persona.
Per questo le pose
una mano all’altezza della spalla per fermarla, un gesto
semplice e da cui mai
si sarebbe aspettato l’urlo di dolore che seguì.
“Cosa…
Cos’hai?!” - chiese
sgomentato.
“Niente.”
– rispose la giovane massaggiandosi
un po’ il punto incriminato.
“Non prendermi in
giro!”Cosa ti è
successo?”
La fece voltare, questa volta
però, prendendola delicatamente per le braccia.
“Ti ho detto che non ho
niente!”
– si inviperì a quel punto Catherine e
strattonò con forza le sue mani per
divincolarsi dalla sua presa.
“Dimmi subito
cos’hai Catherine,
o davvero mi vedrai arrabbiato come mai prima
d’ora.”
La gentilezza che lo aveva sempre
caratterizzato, l’aveva abbandonato in quel preciso istante,
non si trattava
più di girare intorno al problema, quello era un ordine in
piena regola.
La mora se ne accorse e si
voltò
nella sua direzione, cedette alle sue pressioni, ma le fiamma
dell’orgoglio
erano ancora vive nei suo occhi.
“Avanti!”
– ordinò ancora
Christian vedendo che lei non faceva altro che guardarlo come una gatta
irosa.
Sempre con quello sguardo pieno
di sfida, la ragazza si portò entrambe le mani
sull’orlo della maglia –
“Perché
non vedi con i tuoi stessi occhi?” –
sibilò e prima che lui ebbe modo di
comprendere le sue parole, la maglietta era già ai suoi
piedi.
In un primo momento Christian
distolse lo sguardo imbarazzato.
Cosa pensava di concludere con
quell’atteggiamento?
Di metterlo in
difficoltà?
Di averla vinta ancora una volta?
No, questa volta sarebbe stato
diverso.
Si avvicinò cercando di
controllare il nervosismo che gli aveva attanagliato lo stomaco che
aveva reso
i suoi nervi un fascio pronto a scattare.
Lì, fra la scapola e il
braccio
vi era un ematoma pesto e gonfio che deturpava il candore di quella
pelle e più
in giù all’altezza dello stomaco, un altro genere
di ferita, un graffio
abbastanza lungo, ma fortunatamente poco profondo, che percorreva il
ventre
fino a quasi l’ombelico.
“Ti prego,
calmati.” – lo
anticipò Catherine vedendo che l’espressione
sconvolta stava
lasciando posto ad una maschera furiosa.
“Chi è
stato?” – sibilò Christian
in risposta.
“Se non ti calmi
…”
“Chi ti ha ridotto
così?!” – urlò
a quel punto non riuscendo più a controllarsi.
Catherine sobbalzò e
arretrò per
istinto – “Christian …”
Ma il giovane ormai vedeva solo
quel livido nero e la ferita sulla pancia, la violenza
l’aveva sempre
disgustato, la violenza sulle donne e sui bambini, poi, lo rendeva una
bestia.
Tuttavia l’espressione terrorizzata di Catherine
sembrò sedare buona parte della
sua ira. Non voleva farle paura, voleva solo sapere e poi ridurre in
polvere
colui che aveva osato anche solo sfiorarla.
“Catherine.”
– disse addolcendo
il tono della voce, ma dato che la ragazza non accennava ad
avvicinarsi, le
andò lui incontro. La prese per le spalle, attento a non
toccarle la zona
deturpata e fece posare il capo corvino sul suo petto –
“Scusami se ti ho
spaventato, ma quei segni su di te.” – su
fermò perché parlare gli costava
parecchio.
“Io non pensavo che
arrivasse a
tanto, mi aveva chiesto di parlare, pensavo che mi fossi liberata di
lui. Non
credevo che arrivasse a tanto.” – ripeté
nel pieno di una confessione dettata
per buona parte dall’allentarsi dello shock.
“Chi? Chi è
stato?”
“Nicolas.”
– ammise in un soffio.
“Nicolas? Nicolas
Cook?”
“Si.”
In un primo momento
l’idea che
gli balenò in mente fu quella di prendere le chiavi della
macchina, mettersi
alla guida e cercare quel verme anche se avesse dovuto rovistare
nell’angolo
più sconosciuto di Santa Monica. Rovistare,
sì, come si fa con i rifiuti. Poi però
il corpo di Catherine che teneva
stretto fra le braccia gli ricordò che non poteva lasciarla
sola.
“Forse è
meglio se vai in camera
tua Catherine.” – riuscì a biascicare
strisciando le parole con fatica.
“No, voglio stare con
te.”
Christian inarcò le
sopracciglia
sorpreso – “Cosa?”
La ragazza sollevo lo sguardo
puntando gli occhi verdi e screziati in quelli scuri di lui –
“Adesso voglio
stare solo con te.” – ripeté con
decisione.
Christian annuì,
incapace di fare
altro, poi dandosi mentalmente dell’idiota si rese conto che
la stava fissando
senza dire nulla da
circa qualche minuto
anche se neanche lei sembrava essersi
accorta del tempo che scorreva.
“S-sarà…
Sarà meglio medicare quelle.”
– si riprese indicando con un
cenno sbrigativo della mano i segni che quell’idiota le aveva
lasciato –
“Aspettami in salotto arrivo subito.”
“Le medicine sono nel
secondo
cassetto del mobile del bagno.” – gli
ricordò Catherine.
Il giovane si fermò con
un piede
già sul primo scalino, sorrise furbo, ricordando tutte le
volte che Catherine
gli aveva medicato le piccole ferite in un tempo che ormai sembrava che
non
fosse mai appartenuto a loro – “Lo so.”
– le rispose mentre gli occhi gli
brillavano di nostalgia e
lei gli regalò
un piccolo sorriso confuso e imbarazzato.
“Eccomi!”
– esclamò Christian
dopo circa un quarto d’ora mentre portava fra le braccia
bende, pomate,
disinfettante e cerotti – “Scusa il ritardo, ma non
sapevo bene cosa prendere.”
Catherine non gli
risparmiò un
occhiata di scherno, anche se vedendo rosso in viso, non osò
commentare.
“Lo sai che sono
apprensivo e
quando centri tu mi lascio prendere la mano!” – si
sentì in dovere di
giustificare.
“Non ho detto
nulla!”
“Allora vedi di far
tacere i tuoi
occhi! Sono sempre maledettamente troppo sinceri!”
– continuò boccheggiando a
disagio.
“Agli ordini!”
– scherzò la mora
stendendosi meglio sul divano –“Allora cosa devo
fare dottore?”
Il rumore sordo dei medicinali
soffocato dal parquet fece capire che Christian non aveva preso bene la
provocazione.
Catherine alzò lo
sguardo
intimidita – “Scusami.” –
mormorò – “Prometto che faccio la buona,
ma non ti
arrabbiare.”
Christian sospirò,
evidentemente
lo scatto di ira precedente doveva averla segnata molto più
di quanto avesse
potuto immaginare.
“Non
preoccuparti.” – la
rassicurò anche se il suo tono era vagamente sconosco lato
– “È solo che questo
tuo modo di reagire, mi lascia completamente spiazzato. Ti sento
così distante
Catherine. Ogni singolo istante ti vedo sempre più cambiata
da come di
ricordavo io. Anche quel tuo mesto tentativo di nascondermi la
verità, non
l’avresti mai fatto in passato.”
“Sono cambiate tante
cose.” – si
giustificò lei.
“Lo so, e non ti sto
chiedendo di
far finta che il tempo si sia fermato a quattro anni fa, ma pensavo che
avessi
cominciato a fidarti di me. Per esempio, perché non ti
sfoghi con me, perché ti
ostini a far finta che vada tutto bene?” – aveva un
tono stranamente pacato,
rassegnato, ma le sue parole perforarono i timpani di Catherine
più delle grida
più acute.
“Mi aveva semplicemente
chiesto
di parlare.” – mormorò stropicciando fra
le sue mani un angolo del cuscino
posato sul divano.
“Non devi sentirti
costretta
Catherine, non è quello che voglio.” –
si sedette vicino a lei con quell’aria
afflitta che ancora gli intristiva lo sguardo.
“Ho acconsentito
perché pensavo
che in pieno giorno, fra tutta quella gente, ma anche perché
non mi sarei mai
aspettata niente di simile da lui.” –
continuò imperterrita nel suo racconto.
Le era difficile dirgli -
non lo faccio perché costretta, ma
perché è
vero, ho dannatamente bisogno di te. – e
sperò con tutta se stessa che
almeno in parte lui potesse cogliere il vero motivo che la stava
spingendo a
raccontare tutto.
Christian non fece più
domande e
imbevendo un batuffolo di ovatta di disinfettante iniziò a
medicarla.
“Mi ha detto che era
disposto a
dimenticare tutto, del mio tradimento intendo, che se fossi stata
disposta a
tornare con lui, sarei stata ancora la sua preferita.”
– sibilò con disgusto.
“Tradimento?”
– soffiò il giovane
senza smettere di curarla, per qualche strana ragione la sua mente si
era
inceppata a quella parola. Agli occhi della gente dovevano sembrare una
coppietta felice, soprattutto dal momento in cui Catherine aveva
lasciato Cook
e la voce si era sparsa.
“Lui tende ad
identificare ciò
che lo riguarda strettamente come suo. Sarebbe anche romantico e indice
di un
amore passionale, se questa sua tendenza non implicasse trattare alla
stregua
di oggetti le persone che sono disposte a stare con lui.”
“Continua.”
“Gli ho detto che poteva
scordarselo.” – soffiò –
“Cos’è quel mezzo sorrisetto?”
– chiese inviperita
notando il ghigno sarcastico del giovane.
“Niente, è che
sei terribile!” –
scosse la testa metà fra il divertito e il costernato
– “Continua.” –
ripeté
poi.
“E ha tentato di
baciarmi.”
La mano di Christian si
fermò e
senza parlare le fece capire che
attendeva il seguito del racconto.
“Ovviamente mi sono
ribellata!Cosa credi?!” – esclamò
scandalizzata dall’espressione accusatoria
dipinta sul viso a cui tanto voleva bene.
“Cosa hai
capito?!” – si difese
lui – “Voglio sapere cosa è successo
dopo.”
“Bhè, si
è incavolato, non
ricordo bene cosa abbia detto. Se l’è presa anche
con te. Per fortuna
che è arrivato Daniel…”
“Daniel?”
– si strozzò – “E che diavolo
ci faceva lì?” – chiese appena
riprese l’auto controllo.
“Ha
detto che era venuto a parlarmi perché
voleva vedere come andavano le cose fra me e te.” –
si lasciò sfuggire un
sbuffo contrariato – “In certe cose è
proprio come te! Seccante, pesate e con
l’aria da vecchietto vissuto!”
“Perché anche
lui ti vuole molto
bene. Ricordami di fargli una statua per tutti i momenti in cui ti
è stato
vicino.”
E che a quanto continuino ad essere
piuttosto frequenti anche
adesso.”
Questo però non lo disse,adesso voleva dire presente e il presente era lui, ci avrebbe pensato
lui d’ora in avanti.
“Christian?”
– lo chiamò Catherine
sovrapponendo la sua mano piccola a quella grande di lui –
“Tutto bene? Sembri
pensieroso?”
Il giovane sobbalzò
– “Tutto
bene.” – sorrise – “Bene questo
sulla pancia è andato, passiamo ala spalla.”
“Ma è solo un
livido!”
“Fino a prova contraria
il dottore sono io, tu limitati a
fare
quello che ti dico!”
Catherine sbuffò,
tuttavia non poté trattenere un sorriso divertito. Stava
per rispondergli, ma le parole le morirono in gola quando aveva sentito
la mano
di Christian toccarle delicatamente la spalla e spalmare la pomata su
tutta la
zona pesta.
“Dimmi se ti faccio
male.” – si
premurò il ragazzo che cercava come sempre di
non causarle il minimo dolore.
La giovane annuì senza
neanche capire
bene cosa lui le avesse detto. Chiuse gli occhi ispirando forte, era
piacevole
ricevere da lui tutte quelle attenzioni, sentire quella mano grande e fredda strofinarsi con
la sua pelle calda e
insieme creare un rilassante e tiepido benessere che si diffondeva in
tutto il
suo corpo.
Nel momento in cui Christian le
toccò un punto particolarmente sensibile, per riflesso
inarcò la schiena verso
di lui e le sfuggì dalle labbra un gemito.
“S-scusa…” - rantolò lui
con la voce improvvisamente più
roca.
“Non, non mi hai fatto
niente è
che sono tutta un fascio di nervi.”
I loro sguardi erano incatenati,
si guardavano rapiti, come se si stessero vedendo per la prima volta.
Christian
si sentì andare a fuoco, le orecchie gli bruciavano e non
riusciva più a
distinguere bene forme e colori, come se in quel momento lui e
Catherine si
trovassero in una bolla di sapone. Abbassò lo sguardo
rompendo l’atmosfera, ma
incapace di sostenere ancora un secondo in più quegli occhi
verdi che ardevano
come braci. Tuttavia se ne pentì subito, aveva completamente
dimenticato che
Catherine era senza maglietta e la vista di quel candore troppo
vicino, lo travolse come un ciclone.
“Christian, sei tutto
rosso e
stai tremando!” – gli fece notare lei.
“Sarà per lo
spavento che mi hai
fatto prendere!” – cercò una scusa
plausibile, ma le parole gli uscirono
confuse e tradirono il suo turbamento.
“Sono un vero
disastro”
Quattro parole appena
pronunciate, ma così cariche di rammarico che il giovane non
poté fare a meno
di guardarla.
Aveva un’espressione
corrucciata
e il labbro inferiore era sospinto in avanti in un tenero broncio.
“Catherine, non dire
così!” –
cercò di dire. Era completamente in difficoltà e
in più non capiva a cosa si
stesse riferendo la ragazza, ma probabilmente in quella situazione non
l’avrebbe capita nemmeno se si fosse messa a fare lo spelling
di ogni singola
parola
“Allora mi
perdoni?” – allargò
gli occhi fissandolo supplichevole.
“Per cosa?”
La giovane fece forza sui gomiti
e si mise seduta avvicinandosi a lui con il busto, Christian
arretrò impaurito,
ma aveva ancora una mano sulla spalla di Catherine e lei ne
approfittò
mettendoci sopra la propria per bloccarlo.
“Catherine”
– perché aveva la
sensazione che lei lo avesse incastrato un’atra volta?
“Ti creo sempre tanti
problemi,
ma tu continui a rimanermi vicino e a tirarmi fuori dai guai, grazie
Christian,
davvero.”
I suoi occhi erano sinceri, non
ce la faceva a credere che lo stesse ingannando ancora.
“Io…”
– trascinò con fatica, ma
si ammutolì subito dopo, non sapendo che altro dire.
Senza che se ne fosse neanche
reso conto, si era sporto anche lui e la fissava diritta negli occhi.
“Catherine.”
– riuscì a esordire
con voce tremante – “Tu non sei un problema per
me, ti cacci spesso nei guai e mi fai preoccupare
altrettante volte, ma
io lo so che anche se appari forte, tu hai ancora bisogno di me e
questo mi
rende immensamente felice, dico davvero.”
"Io sarei persa senza di te."
Lo aveva detto con tanto ardore che
la voce le si
incrinò e gli occhi si accesero di una luce che non aveva
mai visto prima.
Ne rimase spiazzato.
Vedeva i suoi occhi.
Vedeva e sue labbra.
I suoi occhi erano grandi e verdi,
aveva le ciglia
molto lunghe e la linea delle sopracciglia era elegante.
La labbra erano piene e dischiuse,
il labbro
superiore disegnava un cuore e aveva un piccolo neo sull'arco sinistro.
Non aveva mai notato queste
piccolezze.
Forse perché non l'aveva
mai vista da così vicino.
"Sei molto bella." - disse di getto.
Vide la sorpresa prendere il
sopravvento nei
suoi occhi e riflessa in essi vedeva la propria.
“Grazie.”
– mormorò imbarazzata
Catherine abbassando lo sguardo in un gesto
pudico.
Libero dall’incantesimo
con cui lei lo aveva incatenato,
il ragazzo si rese conto della portata delle proprie parole.
Quei pensieri che lo avevano
lasciato perplesso
poche ore prima e che l’avevano assillato per tutto il tempo
seguente, alla
fine si erano rivelati.
Vide gli occhi timidi di lei salire
fino ad
incrociare i propri – “Tu sei sempre stato bello
per me.”
E adesso che fare?
Perché i suoi occhi
continuavano a vagare senza
sosta su quelli verdi di lei, sulla sua bocca rosea, poi ancora su
quelle pozze
umide e nuovamente su quei boccioli dischiusi.
La vedeva vicina.
Gli bastava sporgersi un poco per
poter condividere
con lei la stessa aria e poi ancora un poco…
Il rumore metallico di un cellulare
li interruppe
bruscamente ed entrambi sobbalzarono. Questa volta la bolla era
scoppiata per
davvero.
Christian continuava a fissare la
ragazza ammaliato
e confuso, non capiva bene la situazione, soprattutto non capiva il
perché di
quanto stava per succedere.
“Faresti meglio a
rispondere.”
La voce di Catherine lo
riportò con i piedi per
terra. Scrollò la testa sperando di liberarsi
dall’ultima traccia di
confusione, estrasse il cellulare dalla tasca e lesse silenziosamente
il nome
sul display.
Daniel
“Scusa un
attimo.” – disse dirigendosi in cucina,
sia per allontanarsi da quel corpo tentatore, sia per potersi calmare,
almeno
in minima parte, durante il breve tragitto.
“Pronto?”
“Christian!”
– urlò praticamente il suo amico
- “Stavo per riattaccare!”
“Si scusami, avevo
lasciato il telefono in un’altra
stanza e ci ho messo un po’”
“Catherine?”
– chiese all’improvviso
il suo amico, forse neanche
aveva ascoltato le sue giustificazioni, aveva fretta, l’aveva
capito dal tono e
Daniel a differenza sua, non tergiversava mai se l’argomento
gli stava
piuttosto a cuore.
“È di
là, in salotto.” – rispose secco, poi
resosi
conto di essere stato un po’ troppo brusco, si affretto a
chiedere – “Vuoi che
te la passi?”
“No no! Volevo parlare
con te.” – lo sentì prendere
un bel respiro –“Oggi è successo
qualcosa che devi assolutamente sapere.”
“So già
tutto.” – lo interruppe usando nuovamente
quel tono scortese, ma gli dava fastidio sapere che anche Daniel
dubitasse
della fiducia che Catherine nutriva nei propri confronti. Era vero,
aveva
dovuto insistere un po’ per sapere la verità, ma
alla fine lei aveva confessato
tutto.
“Bene, allora le
spiegazioni non servono.”
Se il tono che Christian aveva
usato l’aveva in
qualche modo ferito, non lo diede a vedere.
“Ti devo ringraziare
Daniel, se non ci fossi stato
tu…”
“Non è per
questo che ti ho chiamato, non voglio
spiegazioni.” – il suo tono era diretto, sotto
questo aspetto erano molto
simili lui e Daniel. Quanto una cosa li infastidiva diventavano di
ghiaccio
entrambi, e il fatto che Cook avesse osato toccare Catherine doveva
aver
infastidito il suo amico parecchio.
“So già cosa
stai per chiedermi, la risposta è no,
me ne occuperò io.”
“Insisto Christian, per
me non sarebbe un problema
accompagnarla e andarla a prendere.”
“No.” -
ripeté
Christian ancora più risoluto – “Lui si
è sfogato su Catherine, ma vuole me.
Gli darò quello che si merita e dopo ci lascerà
in pace, ma finché non lo
affronto, questa storia non si potrà mai dire
conclusa.”
Rimasero entrambi in silenzio per
qualche istante,
fu Daniel a parlare per primo.
“Non
so…” – fece con tono pensoso –
“Sei sicuro di
poter reggere la situazione, la gente parlerà molto,
più di quanto già non stia
facendo.”
“La gente può
dire quello che vuole. Sono stanco di
fuggire dalle sue cattiverie. Il veleno sputato dai pettegoli
è tanto più
mortale quanto più ci si agita, alla fine basta solo
accettare di essere stati
morsi e tutto torna a posto, dopo un po’.”
“Sono più
tranquillo.” – disse Daniel allentando la
tensione della voce – “Ora so che posso affidartela
senza problemi, cerca di
mantenere sempre questo atteggiamento, Christian, qualunque cosa
accada.”
“Farò
qualunque cosa per ridarle la serenità.”
“Chissà che tu
non ci stia già riuscendo.” –
mormorò quasi in un sussurro e le sue parole si persero
all’interno della
cornetta.
“Che cosa?”
“No, niente lascia
perdere. Bene amico devo proprio
andare. Fatti sentire più spesso e tienimi informato, anche
se in questa
cittadina di pettegoli non tarderò a sapere se combini
qualcosa.” – scherzò un
po’.
Christian sorrise, anche se avevano
affrontato una
questione tanto serie, anche se le sue promesse erano sembrati
più dei giuramenti
solenni, il suo amico era riuscito a farlo sorridere ancora una volta.
“Ciao Daniel e grazie
ancora.”
“Non
c’è di che. Ciao amico.”
Riattaccò sospirando e
percorse a ritroso il
tragitto per arrivare in salotto.
In quei brevi istanti la sua mente,
che fino a
dieci minuti prima si era completamente svuotata, riprese a pensare
febbrilmente a quanto accaduto con Catherine. O meglio a quanto stava
per
accadere. Fin dove si sarebbero spinti se il cellulare non gli avesse
interrotti?
Non voleva ammettere la risposta,
ma continuava ad
avere davanti gli occhi e le labbra dischiuse di Catherine.
Si avviò in salotto
raccogliendo un briciolo di
lucidità.
“Eccomi, scusami
tanto.” – esordì.
Tuttavia non ricevette risposta e
mentre si
avvicinava notò che la ragazza si era assopita.
Poverina
, si
ritrovò a pensare.
Lo stress che aveva subito doveva
essere stato
sfiancante. Fremette soltanto al pensiero di Nicolas Cook che la
toccava, ma
ricacciò indietro quel pensiero molesto, si doveva occupare
solo di Catherine
in quel momento.
Prese la ragazza in collo e si
avviò su per le
scale verso la camera di James che ormai da qualche tempo condividevano.
“Christian”
– si lamentò.
Evidentemente il movimento
ondulatorio doveva
causarle fastidio, diminuì l’andatura e le
sussurrò dolce – “Dormi
Catherine.”
“Ma il pranzo.”
“Dormi.”
– ripeté.
Entrò nella stanza
cercando di scuoterla il meno
possibile e la depose sul letto.
Stava per uscire, quando ci
ripensò.
Aveva ancora il busto scoperto, non
che facesse
freddo, ma ottobre era comunque alle porte e i raffreddori di quel
periodo
erano frequenti.
Così prese un lenzuolo
dall’armadio e la coprì
sorridendo intenerito.
“Christian.”
– lo chiamò lei.
“Dimmi.”
– rispose pensando che si fosse svegliata,
ma Catherine non disse più nulla.
Le accarezzò una guancia
e le scostò un ciuffo
corvino che era ricaduto sulla bocca semi aperta.
Era premuroso con lei, come un
fratello maggiore,
era geloso di lei, come un fratello maggiore, si preoccupava per lei,
come un
fratello maggiore.
Era solo questo per lei, questi i
sentimenti nei
suoi confronti, nulla di più.
Quell’atmosfera che si
era creata poco prima non
significava nulla.
Catherine era molto bella, era
normale che si
sentisse attratto da lei. Certo, i fratelli maggiori non avrebbero
dovuto
sentirsi così, ma lui non era propriamente suo fratello,
quindi tutto normale,
tutto lecito, niente di cui preoccuparsi.
Sorrise soddisfatto di aver trovato
un compromesso
che di logico, in realtà, aveva ben poco.
Uscì da quella stanza
apparentemente sedato dalle
spiegazioni che era riuscito a darsi.
Catherine dal canto suo
dormì per tutto il resto
del pomeriggio e buona parte della sera. Si destò verso le
due di notte e
subito controllò che
Christian fosse
vicino a lei.
Tirò un sospiro di
sollievo scorgendo nel buio la
sagoma del corpo del ragazzo, poggiò il capo sul cuscino e
la sua attenzione fu
attratta dalla mano del ragazzo a pochi centimetri dal suo viso. Si
incantò a
guardarla e le parve, a metà fra il ricordo e il sogno, di
aver sentito il
tocco leggero di quelle dita sulla sua guancia quando Christian
l’aveva
depositata sul letto nel pomeriggio.
Chiuse gli occhi cercando di
riaddormentarsi, si
disse che probabilmente era stato tutto frutto della sua immaginazione
aiutata
dai fumi del sonno.
Sì, doveva
essere sicuramente così… O forse no?
:.
Il
salotto di lilysol.:
Ho quasi
paura di entrare… ODDIO SCUSATE IL RITARDONE. Non
cercherò scuse, è vero che il
computer si era guastato e che i miei dati mi hanno fatto ciao ciao, ma
il
ritardo è dovuto soprattutto alla scarsa voglia di
riscrivere qualcosa che
avevo ormai già steso nero su bianco. Inoltre mi ero anche
allontanata dal
sito, ma grazie al vostro incoraggiamento a non mollare, la voglia mi
è
tornata.
Bene
diciamo che per farmi perdonare ho postato un capitolo bello lungo e
denso di
eventi. Spero che mi riaccoglierete fra di voi (la figlia prodiga) e
che
continuerete a seguire la storia.
Vi metto
le anticipazioni del prossimo capitolo.
Capitolo 9
– Lo scontro.
“Che
diavolo ci fai qui?” –
sbraitò la mora – “Pensavo che dopo
ieri…”
“Così
tu saresti Cook!” – la voce
dura di Christian la interruppe.
“E
tu saresti quello che mi ha
rubato la mia bambolina preferita!” – gli rispose
quello a tono.
“Non
ti azzardare a chiamarla
così!”
Ecco chi
è la conoscenza di cui vi avevo parlato la scorsa volta e
che in questo
capitolo è stata introdotta. Nel prossimo avrete anche il
piacere (o il
dispiacere dipende dai punti di vista) di conoscerlo.
Ma passiamo
ai nostri due protagonisti, finalmente si stanno avvicinando un
po’, speriamo
che non vadano a fuoco ogni volta che incrociano gli sguardi altrimenti
mi
costringeranno ad alzare il raiting che NB
ho già alzato da Giallo ad Arancione per via delle tematiche che si affronteranno. In
ogni caso, a
parte gli scherzi, la storia non è stata proprio concepita a
raiting rosso
quindi potrete continuare a seguirla tutti.
E adesso
passiamo ai ringraziamenti.
Innanzi
tutto un caloroso grazie grande come il mondo a DreamsBecameTrue,
xsemprenoi,
___Yuki___ e Marie_92 che mi
hanno cercata interessandosi alla fan fiction anche quando oramai
sembravo
dispersa.
Una statua in marmo
di Carrara sta
arrivando pronta pronta per Marie_92 che
ieri mi ha dedicato il suo tempo e ha ideato quella bellissima firma di
MayGrey
che avevo in mente da un po’, ma che data la mia ignoranza
nell’uso di Photoshop,
non ho mai potuto realizzare e invece lei appena ho dato le foto
è riuscita a
rendere esattamente la mia idea al primo colpo. Davvero grazie
tantissimo e
complimenti! A prposito lei è Evangeline Lilly
la "Kate" (sarà un caso ?) di LOST lui
invece è Josh Hartnett , l'indimenticabile "Danny" di Pearl
Harbor, ma ovviamente sono volti indicativi voi potete immagginarli
come meglio credete.
E poi ovviamente un
grazie che ne
vale 1000 a coloro che hanno recensito:
___Yuki___
: alla fine non sono scomparsa ed eccomi
qui! Mi sa tanto che per Christian ne dovrai sventolare di bandierine
se vuoi
che ci dia dentro, è proprio un broccolo, ma gli vogliamo
bene anche per
questo. Grazie per non aver abbandonato la ficcy e spero vivamente che
continuerai
a seguirla. Grazie davvero al prossimo capitolo. Baci
DreamsBecameTrue:
ADORO, no che dico? AMO (xD) le recensioni
come le tue riempiono di soddisfazione. Davvero è stata una
delle prime fiction
che hai letto? Sono contenta che tutto ti piaccia, soprattutto
Christian che
non è il solito figo che fa stare male e se per caso ferisce
Catherine, lui è
il primo a soffrirne. Bene scusa come sempre il ritardo
cercherò di non farlo
più!Grazie per la recensione alla prossima!Baci
Marie_92:
Allora come ho già detto la statua la
stanno portando xD va bè a parte gli scherzi sono contenta
di averti fatto
venire gli occhi lucidi qualche volta, significa che almeno non scrivo
piatto
come una tavola xD spero di averti fatto felice pubblicando finalmente
questo
capitolo. Adesso ci occuperemo della
RPR
(ricerca personaggi reali) [noi non ci arrenderemo mai!
è_é] ahahahahxD baci
E ovviamente le 20
persone che hanno
continuato a tenere la storia nei preferiti, le 30 che la stanno
seguendo e
tutti coloro che l’anno letta.
Un
bacio a tutti e vi aguro di trascorrere bellissime feste.
BUON NATALE A
TUTTI
Alla prossima!
lilysol
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Capitolo 10 *** Lo scontro ***
Capitolo
9
Lo
scontro
La
mattina seguente entrambi evitarono accuratamente di
parlare del pomeriggio precedente e consumarono in silenzio la colazione.
“Oggi
ti accompagno io.” – esordì Christian alzandosi e prendendo le
chiavi della
macchina.
“È
per quello che è successo ieri, vero?E dai non ce
n’è
bisogno!”
“Per
una volta potresti essere d’accordo con me?”
–
imprecò -
“Ad ogni modo, vuoi o non
vuoi, oggi ti accompagno io e la questione è
chiusa!”
Sentì
solo uno sbuffo seccato provenire dalle labbra
della ragazza, ma lo ignorò ed uscì dicendole
–“Ti aspetto in macchina!”
Lo
guardavano tutti, proprio come era successo la
mattina.
Quando
erano arrivati nei pressi della scuola tutti
avevano cominciato a fissarli, alcuni l’avevano riconosciuto,
altri avevano
dedotto chi fosse, alla fine, Santa Monica aveva conosciuto il
Christian May di
cui tanto si parlava.
E
adesso la situazione si stava riproponendo, alcuni avevano
anche la faccia tosta di indicarlo.
Non
osava nemmeno immaginare quello che era costretta a
subire Catherine.
Proprio
quest’ultima si avvicinò con passo
veloce alla macchina e salì sbattendo la
portella con violenza.
“A
questo mi riferivo quando ti supplicavo di rimanere a
casa!
imbarazzante!”
– sbraitò.
“Di
loro non mi importa e non dovrebbe importare neanche
a te, o sbaglio?”
Non
era lei quella che si lasciava scivolare addosso le
chiacchiere della gente?
“L’imbarazzo
c’è comunque e tu lo fomenti!”
– lo accusò.
“Catherine
non mi interessa! Quello che voglio è che tu
ritorni a casa possibilmente tutta intera!”
“A
volte sei veramente noioso, non ti ricordavo
così.” –
gonfiò le guance offesa e si voltò a guardare il
finestrino.
“Con
il tempo si cambia.” – disse con naturalezza
mettendo
in moto, ma in realtà, dentro di sé, si
congratulò con se stesso per averle
rifilato la frase che Catherine ripeteva in continuazione.
“Immagino
che io sia l’ultima sulla faccia della Terra
che possa discutere su questo!” – rispose infatti
lei facendogli intendere che
aveva colto l’allusione nei suoi confronti.
Christian
le rispose alzando le spalle per simulare un
gesto vago, ma la sua espressione era piena di soddisfazione, era
così raro
riuscire a metterla nel sacco.
“Ti
decidi a partire si o no?” – urlò a quel
punto lei
per cercare stendere un velo sul colpo basso subito.
“Ehi,
ehi! Non così in fretta!” –
esclamò una voce
proveniente fuori dall’abitacolo ed entrambi si voltarono
verso il finestrino.
“Nicolas…”
-
constatò con orrore Catherine e si
portò una mano alla bocca.
Quello
sorrise sarcastico in risposta.
“Che
diavolo ci fai qui?” – sbraitò la mora
– “Pensavo
che dopo ieri…”
“Così
tu saresti Cook!” – la voce dura di Christian la
interruppe.
“E
tu saresti quello che mi ha rubato la mia bambolina
preferita!” – gli rispose quello a tono.
“Non
ti azzardare a chiamarla così!”
Era
calmo mentre parlava, ma la sua voce era tagliente
come le lame di un rasoio.
“Perché
non scendi dalla macchina e facciamo due
chiacchiere?” – lo provocò.
“Va
bene, però poi tu lasci in pace me, Catherine e
tutto quello che ci riguarda.”
Stava
per scendere, ma la mano di Catherine lo bloccò.
“Non
andare Christian, non ne vale la pena.”
“Tranquilla,
lo sistemo e ce ne andiamo.” – cercò di
rassicurarla, ma si vedeva che era tesa e per niente tranquilla.
“Allora,
Cook, di cos’è che volevi parlarmi?”
– gli
chiese quando lo fronteggiò.
“Sai
May, ti ho promesso che ti avrei lasciato in pace,
ovviamente se ne uscirai vivo.”
“È una minaccia?”
Non
gli era mai piaciuto quel tipo e non era cambiato
per niente in quei quattro anni.
Stessi
capelli biondi tenuti sempre rasati, il piercing
sull’arco dell’occhio destro, i tatoo tribali e
gemelli su entrambe le braccia
e quegli occhi chiari e pieni di sé.
“Una
minaccia? No, le minacce sono un po’ troppo
enigmatiche, io invece sono chiaro come il sole. Mi stavo appunto
chiedendo se
prima ti gonfio e poi mi riprendo la bambolina o il
contrario.”
“Che
ne dici, invece, se io ti gonfio, tu sparisci e io
mi riprendo Catherine che non è e non sarà mai la
tua bambolina?”
Cook
sghignazzò sguaiato tirandosi dietro i suoi amici
colossi che osservavano la scena in disparte – “
divertente vero? Ha dello
spirito questo May!”
Christian
sorrise di rimando.
“Bene
May, Catherine ti ha mai raccontato come ci davamo
da fare insieme?”
“Catherine
non sventola ai quattro venti gli errori di
cui si vergogna.”
Questa
volta Nicolas non rise – “È davvero un
peccato!
Ogni volta con lei era speciale per questo non te la voglio cedere
tanto
facil…”
Si
ritrovò Christian improvvisamente vicino e che lo
afferrava per il colletto – “Non ti permetto di
parlare di lei in questo modo.”
– gli soffiò.
Lo
prese di peso e lo sbatté violentemente contro il
cofano della macchina – “E ti consiglio di dire ai
tuoi amici di starsene buoni
ai loro posti se non vuoi fare davvero un brutta fine!”
Cook
perse metà della sua sicurezza –
“Ragazzi non c’è
bisogno del vostro aiuto.”
Christian
sapeva benissimo che tipo di persona fosse
Cook, uno di quei bulli che si gonfiano facendo leva sulle paure
altrui, ma che
di fronte a qualcuno che ha il coraggio di affrontarli, si sgonfiano
come
palloncini.
“Ora
stammi bene a sentire Cook!” – continuò
il moro –
“Lascia in pace Catherine, non mi interessa cosa
sia successo fra voi in passato, ma
adesso lei non vuole avere più niente a che fare con te,
intesi?”
“Ma
tu che cavolo vuoi?!” – esclamò il
biondino
raccogliendo quel briciolo di orgoglio rimastogli –
“È per caso la tua
ragazza?”
Christian
sentì immediatamente che tutti gli occhi erano
puntati su di lui.
Il
chiacchiericcio, le urla spaventate, i
mormorii della gente che in discreta quantità
si era radunata intorno per assistere alla scena, erano cessati e
l’attenzione
si era spostata sulla possibile risposta che avrebbe dato.
“Pensatela
come vi pare! Se volete considerarla tale,
fatelo pure, ma lasciatela in pace!”
Non
si stava occupando più solamente di Nicolas Cook, ma
ce l’aveva con chiunque
avesse dato
fastidio a Catherine.
“Quanto
a te…” – si riconcentrò sul
ragazzo che aveva in
pugno ed aumentò la presa sul colletto –
“Toccala ancora e prega di non
incontrarmi più sulla tua strada! Sono stato
chiaro?” – urlò con tono
minaccioso e con un lampo d’ira negli occhi che non gli
appartenevano e che,
proprio per questo, lo rendevano ancora più inquietante.
Nicolas
Cook, ferito nell’orgoglio e messo con le spalle
al muro, usò quel minimo di buon senso di cui era dotato e
annuì come un
agnellino indifeso.
“Un
ultima cosa…”
Un
gancio ben assestato e repentino colpì in pieno viso
il biondo che cadde rovinosamente a terra prima ancora di poter mettere
ben a
fuoco la scena.
“Questo
è per averle messo le mani addosso ed esserti
riempito la bocca di malignità nei suoi confronti! E adesso
sparisci!” – urlò
in fine.
Cook,
ancora per terra, fece qualche passo indietro, poi
si alzò e senza curarsi di asciugare il rivolo di sangue che
gli colava dal
labbro se la diede a gambe paonazzo in volto e con gli occhi lucidi di
umiliazione.
Christian
salì frettolosamente in macchina, ignorò i
fischi d’assenso della gente e anche quel sentimento di
soddisfazione che gli
trionfava nel petto, aveva voglia di allontanarsi il prima possibile da
quel
luogo e sentire il parere che più gli interessava, quello di
Catherine.
“Va
tutto bene?” – chiese alla ragazza poco dopo,
quando
fu sicuro di essere lontano da orecchie indiscrete.
“Sì.”
– disse soltanto lei, ma la sua voce era
tranquilla.
Il
giovane tirò un sospiro di sollievo, temeva che si
fosse potuta arrabbiare per qualche suo gesto o parola. Non era stato
affatto
padrone di sé in quei momenti, la rabbia, per cui tanto
provava repulsione, gli
aveva annebbiato ogni facoltà razionale accrescendo quel
desiderio di violenza
che aveva come fine Cook.
Che
stranezza! Lui, Christian May, noto per la sua
tranquillità e mitezza aveva provato il desiderio di fare
realmente male ad
un’altra persona. Non gli era mai successo e temeva che
Catherine avendolo
visto sotto questo nuovo punto di vista, si fosse spaventata, o peggio
ancora,
fosse rimasta disgustata di lui.
“Quindi
non sei arrabbiata?”
“No.” - disse lei
in un sospiro – “E tu? Sei arrabbiato?”
Christian
strabuzzò gli occhi – “Certo che no!
Perché
dovrei essere arrabbiato?!” – esclamò
con impeto.
“Per
quello che ha detto Nicolas. Io sapevo che ti
avrebbe propinato tutto… sì, insomma, quel
genere di cose. Per questo non volevo che fossi coinvolto in
questa storia,
ecco perché non ti ho detto niente ieri.”
“Non
pensarlo neanche per un secondo Catherine!” – la
rassicurò, ma una fitta dolorosa gli chiuse comunque lo
stomaco e salì fino
all’altezza del cuore.
Ogni
volta con lei era speciale…
Questo
era stato detto e al solo ricordo sentì
nuovamente quella sensazione di gelo diffondersi dentro di
sé.
Strinse
con forza le mani sul volante, no, doveva
calmarsi, anche se tutto quello che Cook gli aveva detto fosse stato
vero,
ormai era il passato, non contava più nulla.
Sentì
la mano piccola di Catherine posarsi su una delle
sue, gli fece allentare la presa e con la forza irresistibile della sua
delicatezza l’allontanò dallo sterzo e la
intrecciò con la propria.
“Christian,
ti giuro che per me lui non ha
significato nulla
e…”
“Non
devi darmi spiegazioni.”
- disse netto.
“Ti
prego, lasciami finire. Avevo soltanto bisogno di
qualcuno su cui appoggiarmi, ero distrutta e se anche Nicolas mi avesse
tradito, sapevo che non avrei mai sofferto a causa sua. Io ho usato lui
e lui
ha usato me, il nostro rapporto non andava oltre questo.”
Vedendo
che Christian non proferiva parola, Catherine si
portò alla bocca la mano del ragazzo che aveva imprigionato
nella sua. Chiuse
gli occhi e baciò una per una le dita lunghe,
notò che esse tremavano ogni
volta che venivano in contatto con le sue labbra e si sorprese quando
sentì
quella mano forte schiudersi sotto le sue attenzioni permettendole di
baciare
anche il palmo e il polso.
Quando
sollevò le palpebre vide che Christian la
fissava, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Erano
due pozze nere,
profonde e lucide, ma non c’era soltanto desiderio. Quella
luce che brillava
come una fiaccola in un bosco ombroso era solo per lei e illuminava il
suo
sguardo di una adorazione profonda paragonabile quasi a devozione.
La
mano di Christian lasciò le sue labbra e viaggio fino
alla sua guancia dove si chiuse, e benché il tragitto fosse
breve, per entrambi
sembrò durare un’eternità.
“Sai
Catherine, dovresti stare più attenta, se continui
finiremo col fare un incidente.” – la sua voce era
graffiata quasi
irriconoscibile ma almeno lui riuscì a biascicare qualcosa,
Catherine aveva
completamente perso la facoltà di parola.
Il
giovane riportò lo sguardo sulla strada prima che
i suoi timori si
trasformassero in
realtà, fu costretto anche ad allontanare la mano dal viso
della ragazza per
poter guidare meglio, ma anziché riportarla sul manubrio la
intrecciò
nuovamente con quella di Catherine.
I
minuti scorrevano lenti e silenziosi, solo i battiti
irregolari e sordi dei loro cuori scandivano il tempo e surclassavano
anche il
rumore del motore.
“Comunque
la prossima volta che hai intenzione di
frequentare qualcuno, devi prima avere la mia benedizione.”
– scherzò un po’
lui per alleviare la tensione, ma se ne pentì subito. Come
poteva parlare di
qualcun altro dopo quell’atmosfera di fuoco che avrebbe
incendiato anche il
Polo Nord?
Catherine
capì ugualmente le sue intenzioni e non si
soffermò molto sulle sue parole.
“Ma smettila! E
poi scommetto che non te ne andrebbe bene uno!” –
usò lo stesso tono di
Christian, ma la voce le tremava ancora.
“Non
ho standard molto alti.” – le spiegò
– “Deve essere
un bravo ragazzo, tanto per cominciare.”
“Ovviamente.”
“E
poi deve avere tanta, tanta pazienza.” –
modulò la
voce per far capire quanto lei fosse complicata.
“Altro?”
“Ti
deve volere veramente bene.” – disse riprendendo il
tono serio, su quel punto lo scherzo stonava, anche se era utilizzato
solo per
calmare gli animi in tumulto.
“Qualcuno
come… Come Daniel?” – avanzò
lei.
Al
mondo conosceva solo due persone che corrispondevano
pienamente alla descrizione. Una era Daniel.
L’altra
era... Ma non avrebbe mai proposto il suo nome, così di
impulso. I tempi non
erano ancora maturi, c’era ancora troppa confusione nel loro
rapporto.
“Che
c’entra Daniel!” – esclamò
Christian dopo un attimo
di smarrimento – “Possibile che spunti fuori ogni
volta che si parla di te!”
Il
suo tono era stizzito, era consapevole di dover
essere molto grato all’amico per quello che aveva
rappresentato per Catherine in
quegli anni bui, ma continuava a trovarselo davanti in ogni situazione.
“Ho
capito, non va bene neanche Daniel.” –
cercò di
sedarlo la ragazza – “Allora rimarrò
zitella.”
“Non
è che Daniel non mi vada bene.” –
riprese subito il
controllo notando che la sua reazione era stata esagerata –
“Ma è il mio
migliore amico!”
“Proprio
per questo dovresti fidarti di lui.”
“Non
so…” -
tagliò corto – “Sarebbe
strano.”
Calò nuovamente
il silenzio perché entrambi non sapevano come ribattere.
Christian
ogni tanto le lanciava occhiate ripensando
alla naturalezza con cui aveva avanzato il nome dell’amico,
si sentì
stranamente irritato.
“Davvero
ti piace Daniel?” – chiese poco dopo intimorito
da una possibile risposta positiva.
“Daniel
è solo un amico, non l’ho mai visto in maniera
diversa.”
“Perché
se ti piacesse, non vi ostacolerei.” –
continuò
ormai risollevato.
Vide
un lampo di irritazione attraversare gli occhi di
Catherine -
“No, ti ripeto che è solo un
amico!”
“Va
bene, va bene.” – esclamò lui e
tornò a concentrarsi
sulla strada.
Daniel
e Catherine.
Insieme?
No, sarebbe stato impossibile.
Troppo
strano.
Impensabile.
Continuò
a ripetersi per tutto il resto del tragitto
verso casa, ridendo del timore che lo aveva assalito.
:.
Il salotto
di Lilysol .:
Bene
bene come vi avevo anticipato, questi due non
possono stare vicini senza far scattare l’allarme anti
incendio.
Questo
capitolo lancia spunti molto importanti per
quelli successivi. Lasciando da parte lo scontro con Nicolas Cook che
è andato
a finire come molti si aspettavano, o quanto meno volevano, la
conversazione
avvenuta fra Catherine e Christian è mooooolto importante.
Innanzi
tutto si cominciano a capire i sentimenti che
legano i due, Catherine forse era chiara fin dal principio, ma
Christian
comincia a svelarsi. Inoltre l’intesa, fisica e non, che li
unisce si sta piano
piano intensificando e le atmosfere, per citare il capitolo, farebbero incendiare perfino il Polo Nord
xD
E
poi, altro punto importante, l’onnipresenza di Daniel.
Una figura scomoda per certi versi che continua a spuntare ovunque e
comunque.
Che
ne pensate di questo baldo giovane??? E Christian,
adesso che ha cominciato a capire i suoi sentimenti, come
reagirà se Daniel
continuerà a comparire? Inoltre non dimentichiamoci che
Christian teme i suoi
sentimenti, sia perché convinto di non meritare Catherine e
timoroso di poterla
far soffrire, sia perché ancora deve abituarsi a vederla
sotto questa nuova
luce.
Eh
sì ragazzuoli, le cose non saranno per niente
semplici U_U (sospiro di frustrazione)
Annuncio:
Mi
è stato fatto notare che il mio stile di scrittura potrebbe
migliorare
affidandomi alle dritte di un Beta reader
e io ho deciso accogliere questo consiglio ed avvalermi di
un aiuto. Ho
già preso contatti con una Beta che reputo molto brava e che
si occupa del
betaggio di alcune delle mie storie preferite (oltre che autrice molto
stimata). Ovviamente è molto richiesta e altrettanto piena e
quindi mi ha
garantito che leggerà la storia e mi farà sapere.
Spero davvero di poter
migliorare e penso che lei potrà essere un valido aiuto.
Anticipazioni:
Mmm
ecco sapete com’è le feste, le scorpacciate ( e
che scorpacciate) i parenti, i
cuginetti mocciosi e scassa balle che si amano tanto…. Va
bè fatto sta che il
capitolo non l’ho ancora finito. È un capitolo
piuttosto complicato e lungo e
sfiancante…xD sul titolo sono anche abbastanza sicura: Semplicemente inaspettato
e
ve lo dico dai, per farmi perdonare, accadrà quello che un
po’ tutti stanno
aspettando da un po’.
A
dire il vero aspettatevi due capitoli di assoluto fuego
xD.
E
adesso i ringraziamenti:
___
Yuki___:
hai centrato esattamente il problema. Christian vede
Catherine come una sorellina, come una persona da proteggere, ma adesso
che ha
iniziato a provare questi sentimenti, non sa più come
comportarsi perché è
diventato per ironia del dentino lui stesso la persona da cui
proteggere
Catherine. Ovviamente questi sono soltanto i suoi giri mentali
contorti. Per
noi potrebbe prendersela senza problemi, non lo giudichiamo! U_U. Per
quanto
riguarda lo strano comportamento di Catherine, va bè che
è strana di suo, ma è
anche vero che è tormentata dal suo passato che non
è certo stato dei più
luminosi e teme che ogni singola rivelazione possa allontanare
Christian.
Daniel e il pugno a Cook? Può darsi pure che
gliel’abbia dato, ma ero così
presa nel sottolineare lo spavento di Daniel e la gelosia di Christian
che me
ne sono dimenticata xD (poi diciamo a Catherine che è
strana! ) Spero che
questo capitolo ti
sia piaciuto e ci
leggiamo con il prox! Baci
DreamesBecameTrue: si hai pienamente ragione,
neanche io tollero
la violenza sulle donne ed infatti Cook la sua bella lezione se
l’è presa.
Volevo creare un personaggio antipatico e quindi il tuo odio
è giustificato.
Neanche il lo stavo sopportando più di dato e infatti lo
spazio dedicatogli non
è che sia largo! xD Daniel, Daniel, da amare o non amare?
Questo è il problema
xD Sì, qualcosa sotto c’è, ma vedrai,
vedrai… Bene spero che ti piaccia questo
capitolo, grazie ancora e alla prossima. Baci
Marie_92:
Ahahahah
Christian la lezione gliel’ha data. Cook si è
tolto davanti alle ***** non ha
nessuna importanza ai fini della storia, se non quella di far
incavolare un po’
Christian che già lo chiamo broccolo io, se
poi non mostra neanche un po’ i muscoli che uomo
è??? Comunque Daniel
forse a bastonate l’avrebbe pure preso ma mi sono concentrata
su rapporto
Daniel-Catherine e sulla conseguente gelosia di Christian e…
mi è uscito ti
mente xD . Il momento per quei due arriverà presto, ormai mi
sembra inutile
continuare a farli penare se è quello che vogliono. Il
problema nascerà quando
il “danno” sarà fatto e
scoppierà il vero putiferio. Ma accidenti a me e alla
mia linguaccia xD bene ci leggiamo con il prossimo capitolo spero che
questo ti
sia piaciuto. Baci
eda91:grazie
mille per i compimenti sono contenta che la storia ti piaccia e spero
vivamente
che rimarrai di questa opinione anche in futuro. Grazie ancora e ci
leggiamo
con il prossimo capitolo. Baci
Ringrazio
anche le 23 persone che hanno inserito la storia nei preferiti, le 38
che la
stanno seguendo e tutti coloro che l’hanno letta.
Inoltre
(ma quanto parlo oggi) permettetemi di
ringraziare anche coloro che hanno commentato la shot-pensierino di
Natale: Yellow-Perché il Natale
è giallo:
Marie_92:
grazie
cara, w il giallo allora! Non sapevo che fosse il tuo colore prefeirto.
Stefy è
così: pazza, nient’altro da dire. Purtroppo non mi
riesce di creare
personaggi normali xD. Sono contenta
che ti sia piaciuta che ti abbia fatto sorridere tutto il tempo era
quello
l’intento. Grazie ancora.Baci
___
Yuki___: Sisi
hai reso l’idea e in un certo senso potrebbe essere
paragonata a quei film con tanto di musica di sassofono di
sottofondo… mmm ecco
mi balza un’altra ideuzza in mente xD Comunque grazie sono
contenta che ti sia
piaciuta, era una storia senza pretese giusto per rendere onore al
clima
natalizio e creata come pensierino per voi. Alla prossima idea matta!
Baci
E
ringrazio anche tutti coloro che l’hanno letta sperando che
l’abbiate gradita.
E
per oggi è veramente tutto.
Al
prossimo capitolo.
Baci
lilysol
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Capitolo 11 *** Semplicemente Inaspettato ***
Capitolo
10
Semplicemente
inaspettato
Dopo
lo spiacevole incontro con Cook, la situazione sembrò
sistemarsi.
Catherine
era più serena perché con il tempo la gente si
era
stancata di parlare di lei e
probabilmente si era dedicata a qualcun altro.
Con
la ragazza il rapporto era stabile, a volte la vedeva
persa nei propri pensieri e si stupiva della voglia che aveva di
conoscere fino
al più piccolo dettaglio quello che le passava per la testa.
Avevano
anche cominciato a farsi vedere in pubblico, stanchi
ormai di rifugiarsi in casa come criminali latitanti quando invece non
avevano
nessuna colpa. Ormai parevano due sposini novelli ed essendo tali, non
mancavano certo le continue discussioni che nella maggior parte dei
casi erano
vere e proprie scenate di gelosia.
Christian
sapeva che Catherine era molto conosciuta, oltre
che molto bella, tuttavia si incuriosiva ogni volta che la giovane
scambiava
saluti con membri appartenenti al sesso maschile, ma dato che lei
rispondeva
sempre con fare vago, finiva per insistere ed inevitabilmente
discutevano.
Per
fortuna erano litigate da poca cosa, niente a confronto
al primo periodo di convivenza che ormai entrambi avevano accantonato
ed
etichettato come un momento buio da cui risorgere.
Con
il tempo aumentò anche quell’attrazione di cui si
vergognava profondamente, ma che
continuava a pulsare come un organo vitale dentro
sé e che l’aveva
costretto ad accettare la realtà: Catherine ormai era una
donna, una donna
molto bella.
Tuttavia
cercava di contrastare con tutto se stesso quella
forza misteriosa che lo spingeva inesorabilmente verso lei, certo, non
che la
cosa fosse facile, dato che già il semplice fatto di averla accanto ogni notte,
nello stesso
letto, non aiutava per niente.
“Che
c’è Christian?” – gli chiese
lei una sera di novembre.
Il
ragazzo sobbalzò sorpreso poiché la credeva
dormiente e
si era concesso uno di quei momenti in cui si incantava ad osservarla
senza il
rischio di essere scoperto.
“Niente,
pensavo.” – alzò le spalle con fare vago.
“E
a cosa?”
Si
alzò su un gomito per guardalo meglio, ma nel farlo la
spallina della camicia da notte si abbassò e alcune ciocche
di capelli le
ricaddero sul viso.
Questi
piccoli dettagli in passato non li avrebbe mai
notati, perché adesso, ogni suo minimo gesto catturava la
propria attenzione?
“Niente
di importante.”
Si
voltò per mettere più spazio possibile fra di
loro.
Perché
quella confusione?
Che
senso aveva?
Non
poteva sopportare di sentirsi così,
quell’inquietudine
continua che gli attanagliava lo stomaco, quel fuoco che divampava dal
petto
fino alle guance erano insopportabili.
“Ehi
Christian…” – gli soffiò
nell’orecchio. Era così
dannatamente vicina e la strana sfumatura che aveva nella voce non gli
piaceva.
“Che
c’è?”
“Dai
dimmi a che pensavi.” – insistette lei con tono
cantilenante.
“Dormi
Catherine!”
“Domani
è Domenica, possiamo parlare.” – si
fermò per
qualche istante, giusto il tempo per far aderire ulteriormente i loro
corpi
–“E’ da tanto che non lo
facciamo.”
Forse
l’allusione c’era davvero, forse se l’era
solo
immaginata, tuttavia non poté fare a meno di andare
letteralmente a fuoco.
Si
voltò esasperato con quella bestia pulsante che ancora si
agitava nel suo petto.
“Catherine
sei una rompiscatole!”
La
ragazza rise di gusto mentre posava la testa sul cuscino,
su quello di Christian per la precisione.
Adesso
sì che erano realmente vicini, tanto da condividere
la stessa aria, tanto da poter distinguere i lineamenti
benché fosse buio.
“Christian…”-
iniziò lei esitando – “Ti devo dire una
cosa.”
“Dimmi.”
Catherine
si agitò sul posto, si sistemò i capelli dietro
l’orecchio, poi lo fissò con tale
intensità che gli si mozzò il fiato.
“Catherine…”
– la riprese iniziandosi a preoccupare.
Lei
gli sorrise – “Niente, lascia stare.”
Il
loro rapporto era fatto soprattutto di questo: un
“niente” continuo, frasi lasciate in sospeso,
silenzi insormontabili.
Sarebbero
mai riusciti a superare queste barriere?
“Sei
sicura?” – chiese ancora –
“Sembravi molto seria.”
Catherine
annuì -
“Niente di importante.”
Christian
aveva la sensazione di seguire un copione dato che
ogni discorso si concludeva con tali battute. Giunti a questo punto,
avrebbe
dovuto lasciar perdere e la questione sarebbe stata automaticamente
archiviata;
per questo motivo la sua decisione di indagare ancora sulla faccenda fu
alquanto insolita.
“Avanti!
Lo so che i tuoi ‘niente’ in realtà
vogliono dire
‘tutto’!”
“Accontentati
dei miei ‘niente’ allora!”
Gli
fece la linguaccia con fare scherzoso per prendersi
gioco di lui.
“Ah
è così?” – si finse offeso
– “E tu accontentati di
questo!”
Prima
che la ragazza potesse anche solo avere il tempo di
ribattere, lui la colpì in pieno viso con un cuscino.
Catherine
lo scostò lentamente dal volto – “Sei
consapevole
di quello che hai fatto?” – sibilò
cercando di contenere la rabbia.
“Oh
certo, ma è stata una soddisfazione troppo grande e non
me ne pento.” – disse Christian
assumendo un tono naturale. Sapeva che era tutta scena,
non era la prima
volta che si prendevano a cuscinate e anche in passato quello era uno
dei loro
giochi infantili preferiti.
“Bene.”
– disse lei secca – “Ma io ho un asso
nella manica!”
Gli
fu addosso e iniziò a solleticargli i fianchi sapendo
bene che quello era suo il tallone d’Achille.
“No,
ti prego!” – la implorò infatti lui fra
le risate –
“Tutto ma non questo!”
Catherine
scoppiò a ridere divertita – “Chiedimi
scusa
allora!” – gli intimò mentre il povero
Christian si contorceva e scalciava.
“Va
bene, va bene! Scusa, scusa, scusa!” – si arrese
– “Hai
vinto tu!”
La
ragazza allentò la presa mentre ancora rideva - “E
ancora
una volta l’imbattibile Catherine ha trionfato!”
– iniziò a vantarsi
subito dopo agitando le braccia in segno di
vittoria.
“Ancora
non hai imparato la lezione, Catherine?”
“Cosa
intendi…”
Si
ritrovò in posizione supina e quando alzò lo
sguardo vide
il corpo di Christian che la sovrastava.
“Presa.”
– le soffiò a pochi centimetri dal viso
– “Ti
arrendi?”
“Non
vale!” – si lamentò lei –
“Mi hai preso alle spalle!”
Christian
ridacchiò – “Mai sottovalutare un May,
te l’ho
sempre detto!”
“Ma
tu sei un May scorretto però!”
“E
tu sei sempre la solita testona.” –
sbuffò contrariato –
“Stavamo solo giocando no? Perché devi sempre
essere così maledettamente
ostinata!”
“Senti
chi parla, quello che bara anche in un gioco!” –
ribatté.
Christian
la fissò con cipiglio offeso, ma ben preso si rese
conto della posizione imbarazzante in cui si trovavano. Notò
anche che
Catherine aveva gli occhi umidi per le troppe risate e che il seno le
si alzava
e le si abbassava al ritmo del respiro
affannoso.
“Ehm…”
– brancolò spiazzato mentre ancora la copriva con
il
proprio corpo – “Buona notte.”
– riuscì solo a dire.
Cercò
di tornare al proprio posto, ma la mano della ragazza
lo bloccò trattenendolo per il braccio.
Si
voltò verso di lei confuso, ma quello che vide lo
sconvolse. Ancora quello sguardo tanto intenso da togliergli il
respiro, da
costringerlo a interrompere il contatto visivo per non rischiare di
impazzire.
“Christian
guardami.”
Obbedì
automaticamente.
Nell’istante
in cui incrociarono gli occhi, si sentì come un
naufrago disperso in un mare di smeraldo. Non era ancora riuscito a
dare un
nome a quella forza misteriosa che lo trascinava in acque sempre
più profonde e
sconosciute; tuttavia sapeva che se non avesse lottato, se si fosse
lasciato
sopraffare, si sarebbe ritrovato solo, in apnea, travolto da un
mulinello di
passione.
Si
ritrovò ad un soffio dalle labbra di Catherine, ormai il
corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Come era accaduto
quel pomeriggio di
ottobre, quando lei si era abbandonata totalmente alle proprie cure,
vedeva
soltanto quegli occhi lucidi e quelle labbra dischiuse.
“Christian.”
– lo incitò lei desiderosa di quel bacio almeno
quanto lui.
Poteva
opporsi o sottomettersi.
Poteva
resistere o cedere.
E
cedette.
Non
era la prima volta che le loro labbra venivano in
contatto, ma quella volta non aveva precedenti e, probabilmente,
sarebbe stata
irripetibile anche in futuro.
Questa
volta Christian era partecipe, complice di
quell’eccitante follia.
Mentre
baciava Catherine non pensava se
fosse giusto o meno, si sentiva
semplicemente in pace.
Quando
Catherine sospirò nella sua bocca, capì che non
c’era
niente di più bello che averla palpitante fra le braccia.
E
mentre il bacio continuava scandito dal bisogno crescente,
Christian si rese conto che non aveva mai provato niente di simile in
vita sua
e si abbandonò totalmente contro di lei senza più
pensare.
Si
allontanarono giusto il tempo per riprendere fiato, ma
continuarono a guardarsi con aria languida attraverso le ciglia.
Poi
accadde tutto in un momento.
Christian
sgranò gli occhi e vide davanti a sé il viso
sorridente di Catherine, aveva la stessa espressione di quando, da
bambina, gli
diceva quanto gli volesse bene.
Il
respirò si fece ancora più affannoso, mentre la
consapevolezza di quello che aveva fatto lo colpì come uno
schiaffo.
Fu
come se l’ossigeno fosse tornato a circolare dopo troppo
tempo all’interno del suo corpo e mentre il suo petto, la sua
gola, le sue
labbra bruciavano, si sentì il più meschino degli
uomini.
“P-perdonami.”
–
riuscì a dire in un rantolo sommesso staccandosi in maniera
forse troppo brusca
da lei.
Catherine
annuì confusa come se avesse appena ricevuto una
botta in testa; poi, però fece qualcosa di molto lucido, lo
afferrò per il
colletto e lo riportò nuovamente sulle proprie labbra dove
era giusto che fosse
in quel momento.
“N-no…”
– fu quello che riuscì a dire il ragazzo a fior di
labbra, ma poi fu nuovamente inghiottito da quella bocca tentatrice e
ripresero
a baciarsi come se non vi fosse stata alcuna interruzione.
Christian
sentì il corpo di Catherine fremere quando la sua
mano le sfiorò un fianco, allo stesso modo i suoi muscoli
guizzarono quando la
ragazza avvinghiò le proprie gambe attorno alla sua vita,
rendendo quel
contatto ancora più intimo.
A
questo punto toccava a lui fare qualcosa secondo le regole
silenziose del gioco che avevano scelto, ma Christian prese nuovamente
coscienza dei suoi gesti e il senso di colpa tornò a
strisciare come un
serpente in lui.
“Basta.
Basta!” – urlò mentre si divincolava da
quell’abbraccio.
“Che
c’è?” – domandò la
ragazza interdetta.
Aveva
ancora il suo sapore di uomo sulle labbra e il suo
corpo reclamava la solidità di quello di Christian.
“E’
meglio che sta notte io dorma in un’altra stanza.”
Era
così scuro in volto, sembrava che avesse appena
compreso che tutti
problemi del mondo
fossero causa sua. Era visibilmente scosso.
“Non
capisco.” – ammise Catherine, ma le sue erano
parole
morte che cadevano per inerzia dalle labbra.
Come
poteva rifiutarla così?
Quel
bacio era stato…
Incredibile.
“Buona
notte.” – replicò lui con gli occhi
ancora vuoti.
“Non
puoi andartene così!” – urlò
lei, ma Christian ormai
non l’ascoltava più –
“Christian!” – lo chiamò
più incollerita che stupita.
Il
giovane strinse i pugni e tornò sui propri passi; le
baciò la fronte sussurrandole con voce tremante –
“Perdonami se puoi.”
Uscì
lasciando Catherine con il rumore dei suoi passi sordi
soffocati dal pavimento a riempirle le orecchie.
:.Il
salotto
di Lilysol .:
Buon
giorno gente!
Complice
un mal tempo da diluvio, sono rimasta a casa e ne ho approfittato per
dedicare
del tempo a MayGrey.
Suonano
le campane? Finalmente il bacio tanto atteso c’è
stato, ma come avevo
anticipato il vero problema saranno le conseguenze di tale gesto.
Christian
piace molto da quello che ho visto, bene sono felicissima,
perché in realtà spesso
si trova a fare la parte del cretino. Questa volta per esempio, oh cielo, come
è tragico! E io che mi stavo
per complimentare con lui per l’audacia! E’ proprio
caduto sul finale…
Ma forse è anche
giusto così. Innanzi tutto si
parla ancora di attrazione, anche se noi abbiamo capito che
c’è qualcosa di
più, inoltre, tutti i problemi avuti non possono sparire con
un bacio e le sue
insicurezze tornano prepotentemente a galla.
Catherine,
invece, è molto impulsiva. Stentate a riconoscerla vero? Il
suo vero problema è
abbandonarsi totalmente alle emozioni, ha capito che Christian
è lì con lei e
per lei, ha abbandonato la diffidenza e si completamente fatta
travolgere da
quel sentimento che come vedremo non è poi tanto nuovo.
Infatti c’è da
chiedersi come reagirà a questo nuovo rifiuto…
Il
prossimo capitolo è più o meno su questa
lunghezza d’onda.
E
quindi posto alle Anticipazioni:
Capitolo
11: Domino
Il
Domino
è un gioco affascinante. Non importa quante pedine si
posizionino, basta che ne
cada anche solo una per innescare un effetto a catena che coinvolga
tutte le
altre.
Fra
di
loro la prima tessera era già caduta e la prima grande
conseguenza fu che da
quella notte, Catherine non dormì più nello
stesso letto con Christian.
Guai,
guai, sempre guai in casa MayGrey. Ci tengo a dirvi che la causa che ha
innescato questo disastro non è il bacio di questo capitolo.
Di fatti, l’anticipazione
è proprio la frase finale del prossimo!
Ho
notato un incremento delle recensioni. Adesso mi commuovo, grazie!
Grazie
davvero! E quindi non vi faccio attendere oltre e vi ringrazio
personalmente:
Marie_92:
all’epoca
hai recensito sfidando un pullman in moto, una posizione scomoda e il
buio pesto.
Io ti rispondo comodamente stravaccata sulla poltroncina con sottofondo
il
diluvio universale che imperversa fuori dalla finestra, il tuo sforzo
è da
apprezzare, il mio non di può neanche definire sforzo. Ma va
bhè, passiamo alle
cose ‘serie’: Cook se ne è andato, non
ci darà più problemi. Per quanto riguarda
la scena della macchina, sì, hanno rischiato seriamente di
investire qualcuno
xD anche se ovviamente la scena è stata descritta dal loro
punto di vista e
quindi il lasso temporale è sembrato immenso. Questa volta
Catherine ha avuto
il buon senso di sedurre Christian a casa, per fortuna! Daniel, Daniel,
Daniel
che in questo capitolo non c’è perché
mi sembrava giusto dedicarlo alla coppia
principale, c’entra e non c’entra. Nel senso che in
seguito vedremo quanto sarà
importante. Bene tesoro a recensione lunga, graditissima fra
l’altro, risposta
lunga!Grazie tantissimo per il tempo che mi dedichi e ci sentiamo. Baci.
eda91:
oh
non
preoccuparti, la mia testa sta messa peggio della tua! Sì,
Cook è completamente
uscito fuori dai giochi… Daniel ti spaventa? Fai bene
c’è da spaventarsi! Sono
contenta che la scena della macchina ti sia piaciuta, spero che anche
quella
del bacio sia stata all’altezza delle tue aspettative. Baci
al prossimo
capitolo!
DreamsComeTrue:
ahahahah
che risate quando ho letto la “scenetta” con la
mamma. Anche io mi esalto
quando leggo scene che mi colpiscono particolarmente. Sclera pure
quanto vuoi,
stai parlando con una che la sua sclerata se la fa ogni giorno.
Cooomunque
(citandoti) parliamo del capitolo, o meglio dei capitoli, la scena
della
macchina sì toccante è il termine giusto
perché per cinque minuti ( nei quali
hanno seriamente rischiato di uccidere qualcuno) sono cadute tutte le
loro
barriere e i loro timori sono stati lasciati da parte. Come hai visto
una
situazione simile è accaduta anche in questo aggiornamento,
non è un caso che
questi due si stiano lasciando andare così tanto spesso.
Ormai sono giunti al
capolinea e non possono più negare i loro sentimenti.
Christian in realtà lo
sta facendo e la cosa non fa bene a nessuno dei due, anzi a nessuno dei
tre
visto che c’è anche di mezzo la mia mente malata.
Daniel&Cath preferisci
Chris? Anche io cara ;) anche perché se Daniel rimane solo,
lo posso sempre
consolare io… xD Grazie per a recensione alla prossima! Baci
Afrodite
heart:
ciao anche a te!
Che bello una new entry, sono contenta che la storia ti abbia coinvolta
a tal
punto da tenerti al PC fino a quell’ora così
tarda! Christian è il nome del tuo
ragazzo? Guarda i casi della vita! Spero proprio che il tuo boy non ti
esasperi
come questo carciofino che ho creato io, perché sempre
più spesso mi sto
chiedendo come ho fatto a renderlo così pesante! Ahahah
comunque un po’ di
tenerezza la fa no? Sono contentissima che la storia ti stia piacendo,
grazie
per la recensione e per i complimenti, Purtroppo mi devo scusare
perché sono un
po’ lumachina a scrivere, però spero che tu possa
perdonare i miei ritardi!Al
prossimo capitolo. Baci
berry345:
innanzi tutto grazie per i complimenti sia a me che alla storia. Hai
fatto un’analisi
molto dettagliata e anche molto corretta dei personaggi. Catherine
è strana, l’ho
sempre detto anche io, complice una vita di certo non facile ed il
carattere
che si ritrova. Per capirla meglio si deve per forza tener conto del
suo
passato, ognuno reagisce a suo modo alle disgrazie della vita,
c’è chi si chiude
in un muto silenzio e chi invece finge di stare bene. Catherine ha
scelto
entrambe le vie, fingendosi tranquilla all’esterno e
soffrendo terribilmente
dentro sé. Christian invece ha adottato un ulteriore
tattica, si è fatto carico
di tutti i problemi come se fosse stato lui a causarli. Quindi vive con
la
convinzione di essere capace solo di far soffrire la gente. E questi
due non
possono fare a meno di vivere insieme, perché non ce li
vedrei con nessun
altro. Per quanto riguarda il consiglio che mi hai dato in parte
approvo la tua
opinione, però posso garantirti che la mia beta non
è per niente invadente,
anzi è molto brava, più che correzioni i suoi
sono semplici consigli :) grazie
comunque perché le opinioni sono importanti.
L’attore che ho ‘scelto’ per
Christian si chiama Josh Hartnett che io ho conosciuto con Pearl
Harbor. Ci
leggiamo con il prossimo capitolo. Baci alla prossima.
KELLINA:
oh
cielo se tu mi dici che sono capace di scrivere e che il mio stile ti
piace,
arrossisco. Ho una vera venerazione per le tue storie che non sono mai
banali e
immergono il lettore nel mondo che scegli di raccontare, quindi sono
onoratissima dei tuoi complimenti. La psicologia dei personaggi cerco
di
renderla al meglio, anche se questi due mi stanno sfiancando
perché mi rendo
conto di quanto possano risultare complessi. Per questo sapere che la
storia è
interessante e che questi due disgraziati mantengano vivo
l’interesse mi
rincuora molto. Per quando riguarda la discrezione fisica io sono molto
per l’immaginazione,
nel senso cerco di dare poche linee generali e il resto lo fa la mente
di ogni
singolo lettore. Anche la scelta di far interpretare Christian a Josh
Hartnett
è molto indicativa, perché appunto è
indice del mio gusto personale. Possiamo
dire che aspettiamo gli aggiornamenti altrui a vicenda anche se io sono
più
tranquilla quando si parla di te perché sei molto regolare e
anche per questo
ti ammiro. Bene al prossimo capitolo!Baci e grazie perla recensione.
_Bella
Swan_ : cara
non preoccuparti qui c’è sempre posto, quindi non
è
proprio mia intenzione liberarmi di te. Eccolo qui
l’aggiornamento, spero che
la tua voglia di sapere come la storia continua non si plachi. Sapere
che
Christian piace è stata una bella sorpresa, avevo il timore
che potesse
risultare troppo bamboccio, perché un po’ lo
è, ma sapere che cattura lo stesso
mi rende molto felice. Catherine inizialmente non sapevo neanche da
dove fosse uscita,
poi mi sono resa conto che,
paradossalmente, è anche più tenera di Christian.
Grazie mille per i
complimenti. La storia è strana, cioè le
situazioni passate e presenti sono
molto complesse e difficili, hanno condizionato inevitabilmente i
caratteri dei
protagonisti e proprio per questo Christian non potrebbe stare con
nessun’altra
che non sia Catherine e viceversa. L’idea de flashback ti
piace? Bene allora ti
farà piacere sapere che quelli del primo capitolo non sono
gli unici :) Daniel?
E’ complicato anche il suo discorso, vuole molto bene a
Catherine e a Christian
e non interferirebbe mai fra loro due… Ma
c’è sempre un ma. Al prossimo
capitolo, attendo anche io per la tua storia, baci e grazie per la
recensione e
per i complimenti.
E
un
grazie speciale alle 34 persone che hanno inserito questa storia nei
preferiti
e le 54 che la stanno seguendo. Un bacio anche a chi ha letto.
Per
concludere vi linko il blog di MayGrey dove potete trovare
già le schede di
Christian e Catherine e dove presto posterò un piccolo
spoiler sul prossimo
capitolo.
http://ilsalottodililysol.blogspot.com/
Vi
aspetto in numerosi.
Al
prossimo capitolo.
lilysol
|
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Capitolo 12 *** Domino ***
Capitolo
11
Domino
La mattina seguente,
Christian
se ne stava in cucina con lo sguardo perso nel vuoto e una tazza di
caffè ormai
non più fumante fra le mani.
Continuava a
domandarsi se
tutti gli eventi avvenuti la sera precedente non fossero stati soltanto
frutto
dei suoi sogni, ma poi prontamente si rispondeva che, se
così fosse stato, si
sarebbe svegliato nel letto con Catherine, e non in quella che un tempo
era
stata la sua camera, che avrebbe potuto respirare il profumo
dolce della ragazza e non avrebbe
avvertito il suo sapore ormai impresso sulle labbra.
Si chiedeva inoltre
se fossero
realmente giunti ad un punto di non ritorno, se davvero c’era
ancora la
speranza di rimanerle accanto.
Si era anche detto
– “Ma è stato
solo un bacio.”
- per trovare una soluzione comoda a quella
situazione assurda, ma non poteva continuare a negare
l’evidenza. Nello stesso
istante in cui le loro bocche si erano incontrate, Christian aveva
desiderato
avere di più, di più, e ancora di più
fino ad essere sazio di lei.
Anche in quel
momento, lontano
da Catherine, nonostante fossero trascorse ore intere, il ricordo di
quelle
labbra morbide, di quella bocca calda che l’aveva accolto lo
spingeva a
catapultarsi in camera della ragazza, spalancare la porta, avventarsi
su di lei
e baciarla ancora; e poi si sarebbe strinto bisognoso al suo corpo che
non
chiedeva altro che essere accarezzato e…
Si prese la testa
fra le mani
emettendo un gemito strozzato.
Aveva superato ogni
limite
possibile. Anche solo pensarla, lo faceva diventare completamente
un’altra
persona. Non aveva mai sentito nulla di simile e per questo aveva
paura.
Temeva di non
poterle dare la
vita che si meritava perché non era mai riuscito a rendere
felice nessuno,
anzi, aveva sempre fatto soffrire tutti coloro che avevano provato ad
amarlo:James, Daniel, Michelle, Lucas e anche
Catherine; con lei aveva già fallito come
fratello e lei non poteva più
accettare sofferenze dalla vita.
Emise un profondo
sospiro e
gettò una rapida occhiata all’orologio
appeso al muro adiacente alla porta.
Quasi
mezzogiorno e Catherine
non si era fatta ancora viva.
All’improvviso
un pensiero
molesto lo sopraggiunse: che fosse scappata?
Daniel gli aveva
detto che la
ragazza aveva paura di rimanere sola la notte.
No,
impossibile – si disse
cercando di calmarsi, non sarebbe mai arrivata a tanto e poi
l’avrebbe sentita
dato che si era addormentato solo alle prime luci dell’alba.
Era
riuscito a darsi una spiegazione logica, ma non era capace di rimanere
buono e
fermo lì, in cucina, a fissare in maniera altalenante le
lancette dell’orologio
e la tazza di caffè che aveva fra le mani.
Decise
quindi di andare a controllare cosa stesse facendo Catherine, anche
perché, in
ogni caso, era ora di alzarsi.
Salì
le scale a due a due e si fiondò come un pazzo nella camera
di James che per
qualche mese era stata la loro.
“Catherine
sei qui, vero?!” – urlò ancora prima di
entrare nella stanza.
La
ragazza si voltò di scatto portandosi le mani al petto e
fissandolo come un
cerbiatta impaurita.
Aveva
i capelli umidi, il corpo avvolto soltanto da un candido telo che
stringeva
furiosamente a sé.
Semplicemente
bellissima.- si
ritrovò a pensare con la mente
improvvisamente vuota e la gola secca.
“Che
c’è?”
“Ecco
io… Tu… cioè, non scendevi.”
– balbettò confuso.
Come
al solito la sua mania di trarre conclusioni affrettate lo aveva messo
in un
bel pasticcio: Catherine semi nuda, dannatamente eccitante.
“Ho
fatto una doccia e ho perso la condizione del tempo.”
“Una
doccia.” – ripetè lui
- “P-per questo hai
i capelli bagnati.”
Stava
facendo la figura del cretino, se ne rendeva conto perfettamente,
infatti
Catherine alzò un sopracciglio perplessa.
“Ti
aspetto fuori, ok? E’ meglio così.”
Quella
era decisamente la scelta ottimale, forse non la più
coraggiosa, ma almeno gli
evitava la vista di una Catherine coperta soltanto da un telo.
“Christian
dobbiamo parlare.” - lo
prese così, in
contro piede, prima ancora che lui potesse uscire.
“Catherine,
sarebbe meglio parlare più tardi.”
“No.”
– secca e concisa – “Ho paura che se non
affrontiamo adesso l’argomento, poi
non ne parleremo più.”
E
non sarebbe meglio cosi?! – avrebbe voluto
gridare il giovane, ma si
concesse un lungo ed esasperato silenzio.
“Va
bene, parliamo. Cosa devi dirmi?”
“Ieri
sera … “ -
iniziò Catherine.
“Sarebbe
meglio dimenticare quanto è accaduto ieri sera.”
La
ragazza, che fino a quel momento aveva mantenuto toni pacati, esplose
– “Vuoi
dire che dovrei dimenticare che ci siamo baciati?”
Christian
sospirò abbassando il capo –
“Sì Catherine, sarebbe meglio
così.”
“Non
voglio.”
Christian
alzò la testa di scatto – “Che
cosa?!”
“Non
voglio, hai capito?” – urlò lei
– “Non voglio e non lo farò!”
“Catherine
ragiona!” – aveva alzato anche lui i toni
– “Ci faremmo solo del male!”
Ma
perché doveva essere tutto sempre così
complicato, maledizione!
Perché
doveva sempre ferirla, perché doveva vedere sempre la
delusione più nera
mischiata in quegli occhi verdi?
La
ragazza non gli rispose subito, lo fisso ferita, ma non piangeva.
Christian per
un momento pensò che sarebbe stato meglio vedere le sue
lacrime che quello
sguardo misto di rabbia e sconfitta.
Forse aveva vinto
lui per una
volta, forse finalmente era riuscito a tenerle testa, ma poi
capì che in realtà
avevano perso entrambi.
“Catherine
…” – mormorò addolcendo
i toni.
“Zitto!
Stai zitto
maledizione!” – lo respinse lei
- “Zitto!”
Fu come se una
secchiata di
acqua gelida fosse caduta improvvisamente sulla testa del giovane
Christian
May.
Quanto aveva voluto
che lei
capisse che non erano fatti per stare insieme e lo rifiutasse? Ecco era
successo, ma la consapevolezza di aver sbagliato ancora lo invase.
“Sei tu
che mi fai del male!”
– sibilò irata Catherine –
“Non capisci che comportandoti così non fai altro
che ferirmi?”
“Catherine,
io sono il tuo
tutore! Ho il dovere di prendermi cura di te, non
c’è posto per … per questo!”
“Scuse,
scuse, sono solo
scuse!” – urlava lei, ma lo faceva soltanto per
colmare quel senso di vuoto che
il rifiuto di Christian aveva provocato.
Christian
deglutì nervoso -
“Il bacio di ieri è stato un errore,
Catherine.” -
cercò di spiegarle in tono sommesso.
“Il bacio
di ieri è stato
perfetto!”
Non c’era
verso di farle
capire che tutto quello che era successo, era sbagliato. Christian si
era reso
conto che il loro rapporto andava ben oltre il lecito da molto tempo
ormai.
Quasi con doloroso piacere aveva continuato a ricambiare quegli sguardi
languidi che ogni tanto Catherine gli lanciava, aveva continuato a
bramare in
silenzio il contatto con le sue mani quando di sfuggita incrociavano le
proprie,
sapeva che era tutto un grave errore, ma non era riuscito a privarsene.
Ed ora
doveva pagare le conseguenze del suo mancato coraggio.
“Stammi
bene a sentire,
Catherine.” – iniziò Christian
portandosi una mano fra i folti capelli neri –
“Tuo padre ha scelto di affidarti a me, donandomi la sua
più completa fiducia.
E anche se così non fosse, io la vedo in questo modo. Tu sei
Catherine! Sei la
bambina con cui sono cresciuto, certo sei cambiata, guardati, sei
stupenda.
Sarei un ipocrita se negassi l’attrazione che mi spinge verso
di te, ma ai miei
occhi rimarrai sempre la mocciosa che conoscevo e questo non
cambierà solo
perché mi sono fuso il cervello ultimamente o
perché non riesco a controllare i
miei istinti.”
“E’
solo attrazione per te?” –
domandò lei in un soffio. Doveva saperlo, le era necessario
come l’aria.
Christian
boccheggiò sorpreso,
spesso si era posto anche lui quel quesito, ma mai avrebbe pensato che
Catherine glielo ponesse.
Abbassò
nuovamente il capo,
come se la risposta si trovasse incisa sulle tavole del pavimento
– “Sì,
Catherine, è solo attrazione.” – rispose
con un tono di voce non suo.
“Bene.”
– uscì dalle labbra
della ragazza.
Il giovane
alzò la testa con
uno scatto sorpreso.
Che cosa voleva dire
con quel bene?
“Però
Christian devi darmi la
possibilità di dire la mia.”
“C-certo.”
– acconsentì lui,
sembrava che finalmente la ragazza avesse compreso le sue
giustificazioni.
“Baciami.”
“Stai
scherzando?!” – rantolò
sgomento.
“Non
scherzo.”
“Hai
sentito tutto quello che
ho detto? Perché mi chiedi questo?!”
“Ho
ascoltato fino all’ultima
parola. Voglio soltanto che tu mi dimostri che è solo
attrazione per te.” –
spiegò con un tono di voce innaturale –
“Ti sto chiedendo solo un bacio,
Christian. Ti
lascerò in pace dopo questo,
te lo prometto.”
“Tu vuoi
solo farmi uscire
fuori di testa!”
“Baciami.”
– ripetè Catherine,
questa volta però il suo tono era
vellutato, come quello di una sirena che con l’inganno
conduce alla morte i
marinai.
E
d’altronde, a che cosa lo
stava spingendo se non a sfracellarsi contro una roccia?
Christian le si
avvicinò
piano, tremando ad ogni singolo passo verso di lei. A metà
fra lo sconfitto e
l’eccitato pose una mano sul viso della giovane e
lasciò che i loro sguardi di
incrociassero prima di compiere una nuova colpa.
“Adesso
devi stare fermo.” –
mormorò Catherine con le labbra a un centimetro
da quelle di lui.
Christian non
rispose, la
morsa allo stomaco gli fece chiudere gli occhi, mentre con ansia
aspettava il
fatidico momento.
Appena le loro
bocche vennero
in contatto fu invaso dalla voglia di stringerla furiosamente, ma le
sue
intenzioni rimasero tali quando sentì le labbra di Catherine
schiudersi
dolcemente sulle sue.
Era tutto diverso
dalla sera
precedente.
Il bacio era diverso.
Non c’era
niente della fretta,
della fame che lo aveva fatto impazzire la prima volta che si erano
baciati.
Sentiva solo le
labbra di
Catherine muoversi sulle proprie, in una carezza sensuale e dolce al
contempo.
Affondò
maggiormente la mano
sulla guancia di lei per rendere il contatto più intimo, la
sua coscienza, i
suoi buoni propositi ormai tacevano, soffocati dalla soffice bocca di
Catherine.
Disobbedendo alla
raccomandazione che lei gli aveva fatto, posò
l’altra mano sulla
nuca della giovane, dove si impigliò
fra i capelli bagnati.
Era splendido
baciarla.
Non c’era
altro modo per
definire quello che stava provando.
Improvvisamente si
ritrovò a
sovrastarla con il proprio corpo, sul letto, mentre ancora si cercavano
con le
labbra.
Non si era nemmeno
reso
conto di essersi
mosso.
“Christian.”
– sussurrò lei a
fior di labbra facendogli venire i brividi – “Il
tuo cuore …”
Batteva forte, il
giovane lo
sapeva benissimo, pulsava quasi fino a scoppiare. D’altronde
anche quello di
Catherine non era da meno, lo sentiva chiaramente.
Le baciò
una guancia, poi
l’altra, poi ancora le labbra e giù sul collo.
Assaporò
con la bocca tutta la
pelle che trovava a disposizione, finchè si rese conto che
ce n’era anche fin
troppa scoperta dato che l’asciugamano che
l’avvolgeva si era aperto, lasciandola
quasi totalmente esposta al suo sguardo.
“Christian.”
– la voce di lei
lo riscosse e lui riuscì a staccare lo sguardo da quel corpo
sinuoso – “Da come
mi baci, da come mi guardi, anche ora, non c’è
solo desiderio, Christian.”
Catherine lo aveva
capito.
Tutte le attenzioni che le aveva rivolto, non voleva, non poteva
credere che
erano stata mosse solo dall’attrazione. C’era
qualcos’altro. Ci doveva essere.
Gli
accarezzò piano il volto
dato che lui non accennava a muoversi, era come in trance.
Lo raggiunse
alzandosi con il
busto, il telo di spugna abbandonò definitivamente il suo
corpo, ma non ci fece
caso.
Mantenendo sempre lo
sguardo
immerso in quello di Christian, gettò le braccia intorno al
suo collo e
l’abbracciò forte.
“Ti amo,
Christian. Da sempre.”
Gliel’aveva
detto finalmente.
Aveva finalmente confessato il sentimento che la struggeva da anni.
Dopo la fuga del
ragazzo aveva
cercato di dimenticarlo, in parte c’era riuscita, spinta
anche dal desiderio di
riconquistare un altro uomo, suo padre. Quando anche l’uomo
che l’aveva messa
al mondo l’aveva rifiutata, lasciandola completamente
abbandonata a se stessa,
Catherine si era ripromessa che mai avrebbe permesso
all’amore di impossessarsi
nuovamente di lei, perché non voleva essere ancora una volta
rifiutata, non
voleva essere lasciata sola.
Ma poi suo padre era
morto,
Christian era tornato nella sua vita e tutti gli antichi sentimenti,
stipati da
qualche parte dentro di lei, erano usciti prepotentemente con tutta la
loro
irruenza.
E a quel punto, dopo
la sua
coraggiosa confessione, toccava a Christian l’ultima parola.
Catherine, con il
cuore in
gola, sentì le mani di giovane posarsi sulla sua schiena
nuda che si inarcò
sotto quel contatto.
Rincuorata dalla sua
reazione,
Catherine cercò ancora le sue labbra e quando le
trovò capì che non sarebbe mai
stata sazia dei suoi baci, di lui.
Come se le avesse
letto nel
pensiero Christian iniziò a saggiarle la spalle e la pelle
delicata alla base
del collo, scese giù, più giù e,
quando si trovò all’altezza del suo seno, si
abbandonò contro di lei, affondando la testa fra le sue
morbide curve.
“Così
…” – sussurrò estasiata
Catherine, mentre avvolgeva con le braccia il capo nero del giovane
–
“Stringimi forte …”
Un
lampo illuminò la stanza immersa nella semi
oscurità. Poco dopo arrivò anche il
fragoroso rumore del tuono.
La
pioggia non accennava a diminuire e batteva con violenza contro i vetri
della
finestra.
“Christian.
Christian!” – riuscì a scorgere una
vocina debole e spaventata in mezzo a
quello scrosciare insistente.
Si
mise a sedere, un po’ spaventato, e assottigliò
gli occhi cercando di vedere
qualcosa anche se era buio.
“Kate!”
– esclamò poi sorpreso quando scorse la figura
della bambina che si era
rannicchiata vicino alla porta della sua stanza –
“Che ci fai in camera mia?”
La
bambina si avvicinò piano, tanto che anche il rumore dei
suoi piedi nudi fu
completamente inghiottito dal pavimento –
“Christian, posso dormire con te? Per
favore.”
“Non
avrai mica paura del temporale?!” – la
schernì, ma dato che Kate non accennava
una riposta continuò – “Andiamo Kate
è solo un po’ di luce e rumore, quanti
anni hai? Otto? Sei grande per spaventarti!”
La
piccola Catherine si avvicinò ancora, a capo chino
– “Ti prego Christian, solo
per questa notte.”
Il
ragazzino cercò di scrutarla in volto, ma era troppo buio
per vedere la sua
espressione. Non aveva tanta voglia di condividere il letto con lei.
Certo
erano praticamente come fratello e sorella, ma cominciava a provare un
po’ di
disagio ogni volta che dormivano o facevano il bagno insieme. Forse
perché i
loro corpi stavano cominciando a cambiare, soprattutto il suo, che
stava
prendendo sempre di più le fattezze di un giovane uomo.
Anche James aveva
cominciato a non vedere di buon occhio certe pratiche, che in passato
gli erano
sembrate del tutto naturali.
Però,
quella sera, Catherine sembrava davvero spaventata e non se la
sentì di
rifiutarla.
“Va
bene Kate, ma questa è l’ultima notte.”
Si
aspettava un urlo di gioia per la gentile concessione, ma la bimba si
limitò ad
annuire e si infilò silenziosa sotto le coperte.
“Kate.”
– la chiamò Christian dopo essersi disteso
– “Perché hai così tanta
paura
questa sera?”
“Il
temporale.” – rispose lei con la voce sottile di
spavento – “Ho paura che mi
porti via, come ha fatto con la mamma.”
Christian
non riprese subito a parlare. Fissò per qualche secondo il
soffitto in
silenzio.
Beth
era morta in una notte simile a quella.
“Non
ti porterà via.” – la
rassicurò – “Non glielo
permetterò.”
Un
lampo più luminoso dei precedenti squarciò il
cielo.
Catherine
prontamente si tappò le orecchie e fece appena in tempo
prima che il rombo del
tuono irrompesse in tutta la sua potenza facendo vibrare anche i vetri
della
finestra.
“Va
tutto bene, Kate.” – le sussurrò
abbracciandola per darle protezione – “Ti
terrò così stretta che neanche il temporale
riuscirà a portarti via.
Catherine
annuì e si abbandonò fra quelle braccia
– “Stringimi forte, Christian.”
–
biascicò poi, prima di cadere in un sonno tranquillo.
Stringimi
forte.
Anche a quel tempo
gli aveva
fatto quella richiesta.
Però il
tono di voce era
totalmente diverso.
In entrambi casi lo
aveva
supplicato di non lasciarla.
Ma se da bambina gli
aveva
chiesto di proteggerla, in quel momento
la giovane si aspettava che lui l’amasse appieno.
“Christian
…” – sospirò ancora
lei, mentre lo avvolgeva anche con le gambe.
“No, no,
NO!” – quasi urlò
lui, sciogliendosi da quella dolce prigione.
Il giovane le diede
le spalle
e si portò le mani al volto, disgustato dal suo
comportamento. “Mio Dio, a che
punto siamo arrivati!” – continuò a
lamentarsi in preda allo sconforto –
“Perdonami, ti prego.”
Catherine, che aveva
recuperato il telo, gli si avvicinò prendendolo per le mani
– “Sono stata io a
chiederti di farlo, sapevo a cosa andavamo in contro! E mi sta bene, lo
voglio.” – il viso arrossato sia per la
concitazione che per l’eccitazione la
rendevano irresistibile.
Christian scosse la
testa -
“Non sai cosa stai dicendo!”
“Sì
lo so invece! So che
voglio che tu mi baci come prima, che mi stringa a te come prima e
voglio molto
altro ancora!”
“Basta!
Basta ti prego!” – la
supplicò.
“Io ti
voglio.” – continuò lei
ignorandolo – “Perché tu continui a
respingermi?”
Anche dopo che lei
gli aveva
confessato i suoi sentimenti, lui continuava a scappare.
“Catherine,
io non… non ci
capisco più niente!” – si prese la testa
con le mani, sciogliendole dalla
stretta della ragazza – “E’ sbagliato,
maledizione! Sento che è sbagliato!”
“No
Christian è più che
giusto, invece!” – ribattè Catherine
– “Io ti amo e voglio che accada, anche tu
lo vuoi, perché non dovremmo lasciarci andare?”
La ragazza si sporse
verso di
lui, facendo sfiorare le loro fronti e i loro nasi –
“Vedi Christian, è tutto
perfetto.” – mormorò ed entrambi
riuscirono ad avvertire il calore delle bocche
dell’altro.
“NO!”
– voltò di scatto la
testa lui – “ Come sarebbe andata a finire se non
fossi riuscito a fermarmi?!”
“Christian
…”
“Forse,
forse dovrei parlare
con l’avvocato Dawson e rivedere le procedure
dell’affido.” – mormorò
più a se
stesso, stroncando sul nascere le proteste di Catherine.
“Cosa?
Cosa stai cercando di
dirmi?”
Christian
riportò il proprio
sguardo su quello della giovane – “Forse non sono
la persona più adatta per
questo compito.”
“No
…” – mormorò strozzata
Catherine – “Hai promesso che saresti rimasto con
me, per me!”
“Catherine
guarda fin dove ci
siamo spinti! E non mi riferisco solo a poco fa!” –
avrebbe voluto urlare per
cercare di liberarsi da tutta quella agonia, ma era consapevole che
tanto non
sarebbe servito a nulla – “Ultimamente non faccio
che pensare a te e mi
vergogno dei miei pensieri! Ma la cosa più spaventosa
è che, pur essendo certo
che sia sbagliato, il bacio e il resto mi sono piaciuti!”
“Ed
è giusto così!”
“NO! Non
è affatto giusto
Catherine.” – la bloccò nuovamente lui
con fare sempre più concitato.
Catherine
abbassò lo sguardo e
Christian gliene fu grato, non avrebbe sopportato di vederla ancora una
volta
delusa dal suo comportamento.
Dopo attimi di
silenzio fu la
ragazza a parlare di nuovo - “Non andartene, non mi lasciare
sola!” – lo
supplicò con gli occhi pieni di lacrime –
“Ti prego non abbandonarmi anche tu!”
– si aggrappò al suo petto e incrociò
le braccia intorno alla sua spalla larga.
“Ho paura
di non essere in
grado di controllarmi una prossima volta!”
Catherine si
allontano bruscamente
da lui - “Non ci sarà una prossima volta!- gli
promise - “Non ti metterò mai
più in una situazione simile, non ti darò mai
più problemi, non ti provocherò,
non dormiremo neanche più insieme se questo ti disturba, ma
ti prego, ti
scongiuro non andartene!”
Christian la
fissò basito.
Non si aspettava di
certo una
reazione simile. Le lacrime che scendevano a gocce grandi lungo le sue
guance,
gli occhi allucinati come se fosse impazzita, il modo in cui si
contorceva le
mani lo turbarono nel profondo.
“Non, non
fare così.”
“E come
dovrei fare?!” -
urlò lei di rimando – “Vuoi lasciarmi
anche
tu! Perché? Perché ve ne andate tutti da
me?!”
Christian
allungò spiazzato le
mani verso di lei, la prese per le spalle e
l’attirò verso di sé –
“Era solo
un’idea.”
“Ma lo
farai! Partirai di
nuovo!” – singhiozzò isterica contro il
suo petto.
Il giovane
continuava a non
capire il perché di una reazione tanto esagerata, ma vederla
così, senza
controllo, era insostenibile – “Non me ne
andrò Catherine e non lo dirò mai
più.”
– la rassicurò accarezzandole i capelli ormai
quasi asciutti – “Troveremo una
soluzione a questa situazione così strana.”
Catherine si strinse
fra le
sue braccia – “Non te ne andare.”
– mormorò ancora, come se neanche avesse
sentito quello che Christian le aveva appena detto.
“Non lo
farò.” – le ripetè
ancora – “Adesso calmati. Io ti aspetto
giù, sarà meglio che ti rivesta prima
che ti ammali sul serio.”
Il moro le
accarezzò piano il
capo, fece un po’ di fatica a sciogliere la presa delle sue
braccia intorno
alla propria vita e quando ci riuscì le scostò un
ciuffo dal viso e le sorrise.
Si avviò
verso la porta e, una
volta raggiunto l’uscio, si voltò verso di lei
– “Andrà tutto bene.”
– le disse
prima di uscire.
In realtà
da quel giorno le
cose non andarono affatto bene.
Il domino
è un gioco
affascinante.
Non importa quante
pedine si
usino, non importa in che modo si dispongano, basta che anche una sola
di essa
cadi e tutte le altre cadranno.
Nel loro rapporto la
distruttiva reazione a catena era stata innescata.
E la prima grande
conseguenza
fu che, da quella notte, Catherine non condivise più lo
stesso letto di
Christian.
;il
salotto di lilysol;
Allora quali sono le
parole
migliori per poter iniziare?
Innanzi tutto credo
che siano
doverose un bel po’ di scuse per tutto il tempo che vi ho
fatto attendere.
Questa storia la scrissi tutta di getto, ma poi dopo aver perso il mio
computer, persi con lui tutti i capitoli della storia, e si sa quanto
sia
difficile ricominciare a scrivere ex novo qualcosa che già
era nato e aveva
preso forma. Mi sembrava una scrittura forzata e non ero soddisfatta
del
risultato.
Così la
storia è stata
accantonata, ogni tanto ho provato ad aprire il file, a scrivere
qualche riga,
ma niente.
Alla fine
però, sollecitata da
molte di voi che mi hanno scritta sia privatamente, sia recensendo, ho
deciso
di non cancellare la storia e di riprovare a darle nuova vita.
Ora, dopo questo
capitolo
abbastanza intenso, spero di essermi fatta perdonare.
Cercherò
di aggiornare con la
massima regolarità, impegni universitari permettendo .
Che altro dire?
Lasciamoci con un
sorriso e
diamoci appuntamento al prossimo capitolo.
A
proposito… ecco le
anticipazioni:
Cap.
12: Perturbazione francese.
“Maxime?”
– domandò Daniel a Christian quando fu sicuro di
essere fuori dalla portata di
Catherine.
Stranamente
aveva usato lo stesso tono scettico di Christian quando la ragazza gli
aveva
parlato per la prima volta di questo Maxime.
Decise
di non soffermarsi troppo su questo dettaglio, c’era altro a
cui pensare.
“Un
francese.” – tagliò cortò.
Daniel
lo fissò per qualche istante, con l’espressione di
chi ha capito tutto; si
accarezzo la barba lasciata un po’ incolta, storcendo
leggermente le labbra.
Era evidente che era alquanto contrariato.
“Che
c’è?” -
gli domandò Christian.
“Se
lo vuoi proprio sapere amico, penso che se la lasci ad un francese, sei
davvero
un idiota!”.
Grazie a
“veterani” che
continuano a seguire con passione questa storia e grazie a qualsiasi
possibile “novello”
che deciderà di avventurarsi in questa contorta, ma spero
piacevole lettura.
Un bacio grande a
tutti J
lilysol
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