Demigod Island

di Classicboy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: il risveglio - La ballerina e il predatore ***
Capitolo 2: *** Il risveglio - Costa pacifica, pianura agitata ***
Capitolo 3: *** Il risveglio - Una montagna di guai ***
Capitolo 4: *** Il risveglio - Foresta del dubbio, foresta di incontri ***
Capitolo 5: *** Il risveglio - Rovine, misteri, amicizie e paure ***
Capitolo 6: *** Ciò che c'è di più caro - Primi passi, primi incontri, primi problemi ***
Capitolo 7: *** Ciò che c'è di più caro - Dialoghi e... alleanze? ***
Capitolo 8: *** Ciò che c'è di più caro - Situazioni spiacevoli ***



Capitolo 1
*** Prologo: il risveglio - La ballerina e il predatore ***


PROLOGO: IL RISVEGLIO

LA BALLERINA E IL PREDATORE

 

Evelyn aprì gli occhi e subito scattò a sedere mentre si guardava attorno confusa. Quella non era decisamente la sua camera, né tantomeno la capanna di Eolo al Campo Mezzosangue.

Si trovava in una semplice stanza con le pareti formate da blocchi di pietra squadrata incassati uno sull'altro, dentro non c'era nessun tipo di arredo e lungo le pareti correvano una serie di decorazioni geometriche.

La ragazza si portò una mano alla testa. Le faceva un male cane, e inoltre era tutta indolenzita per il fatto di aver dormito per terra. Chissà per quanto era rimasta priva di sensi.

Minuti? Ore? Giorni?

La prospettiva le seccò la gola, lasciandole uno sgradevole retrogusto amaro in bocca.

Facendo attenzione la semidea cercò di rimettersi in piedi, evitando di perdere l'equilibrio e di finire col naso schiacciato a terra. Fece alcuni passi incerti e solo quando i suoi arti si furono riabituati prese a guardarsi meglio attorno.

Fu in quel momento che notò la porta.

Anzi, più che porta era meglio definirlo un semplice uscio che, dopo un corridoio di pochi metri, portava a delle scale che salivano fino ad un rettangolo di luce, l'unico motivo per cui non era immerso nell'oscurità più totale.

La castana si avvicinò titubante all'uscita della stanza, per poi sporgersi. In quel momento notò che sul lato era presente una porta con delle sbarre all'altezza della testa, come quella di una prigione. A giudicare dai segni probabilmente era stata divelta dalla sua sede originaria. Deglutendo la giovane si voltò e aguzzò la vista. Solo dopo alcuni minuti finalmente vide le catene abbandonate negli angoli della camera.

Si trovava in una cella.

La sola idea le diede il voltastomaco. Era un tratto comune di tutti i discendenti di Eolo soffrire di claustrofobia, in maniera più o meno acuta a seconda, e la sola idea di dover restare per un tempo indefinito chiusa in cella probabilmente sotterranea senza poter vedere più la luce del sole e senza poter sentire il vento sulla pelle...

La ragazza si dovette appoggiare alla parete per non cadere. Scosse la testa. Non doveva farsi prendere dal panico!

Inspirò, si voltò e uscì nello stretto corridoio che portava verso l'alto. Diede un'ultima occhiata alla porta e notò che il legno era marcio e che le sbarre e i cardini erano arrugginiti.

Aggrottò la fronte. Quindi quella cosa era lì da tempo. Si diede un'occhiata ai vestiti, e solo allora notò che erano coperti di polvere.

Con fare schizzinoso si diede una ripulita, mentre ragionava che quel posto era quasi sicuramente abbandonato da tempo.

Ma allora perché portarla lì? Se volevano tenerla prigioniera non avrebbe avuto più senso una cella nuova e funzionante protetta da sofisticati sistemi di allarme? E poi dov'era “lì” di preciso?

La ragazza alzò lo sguardo sul rettangolo di luce che si stagliava sopra la sua testa.

“C'è un solo modo per scoprire la verità” pensò decisa, prima di prendere a salire le scale verso la luce.

 

 

Colin si muoveva in mezzo a quello strano bosco, in fretta e cercando di fare meno rumore possibile, una mano strettamente serrata intorno all'elsa della spada trovata poco prima.

Erano passati più o meno una quindicina di minuti da quando si era risvegliato in quello spiazzo nel bel mezzo della foresta eppure ancora non aveva capito cosa fosse successo e come fosse arrivato fino a lì.

Dopo essersi svegliato e aver ripreso pieno controllo delle sue gambe si era messo a guardarsi attorno alla ricerca di eventuali pericoli o indizi che gli dicessero come era giunto fino a quel posto. Ed era stato durante la sua ispezione che l'aveva vista: conficcata fino a metà della lama in un tronco d'albero poco distante se ne stava una spada. Facendo attenzione si era avvicinato. Sembrava una spada regolare, senza nessun tipo di potere particolare, l'unica cosa strana era il fatto che fosse conficcata nella pianta, come se qualcuno l'avesse messa lì apposta, in un'assurda replica della spada nella roccia. Dopo essersi assicurato che l'arma non fosse legata in alcun modo ad una trappola l'aveva tirata fuori con uno sgradevole risucchio, facendo uscire anche una quantità spropositata di linfa dall'albero.

A vederla subito il rosso aveva fatto un salto indietro, mentre l'aria si riempiva di un odore dolce e nauseante. Colin intuì subito che era l'odore della linfa, e capì anche che era l'albero stesso ad essere la trappola!
Un odore così intenso avrebbe senz'altro attirato l'attenzione di un qualche animale o di qualcosa di molto peggiore.

In quel momento da un punto imprecisato alle sue spalle giunse quello che pareva essere a tutti gli effetti un richiamo, uno che non apparteneva a nessun animale catalogato dagli uomini.

Colin si gelò sul posto per poi sfilarsi in fretta e furia la felpa grigia (per fortuna la temperatura era abbastanza mite, anzi quasi afosa, come quella di una giungla) e pulire alla bell'e meglio la lama, per poi scagliare il vestito a terra il più distante possibile e correre via nella direzione opposta rispetto a dove era giunto il richiamo.

Non era sicuro di come fosse giunto fin lì, né chi ce lo aveva portato, ma di una cosa era certo: chiunque lo avesse fatto lo voleva morto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Allora gente, salve!

Come potete facilmente vedere mi sono alla fine lanciato in un'altra interattiva, come avevo anticipato nell'ultimo capitolo de “Il ritorno di Medea” (anche se non era questa la mia idea iniziale, ma sono contento di questa nuova iniziativa), ma ripeto che questo non significa affatto che sto abbandonando la mia precedente storia, tutt'altro! In un certo senso lavorando a questa spero anche di riuscire a trovare ispirazione per portare avanti l'altra.

Come potete vedere questa storia sarà una SurvivalGame!AU, ciò significa che saranno presenti scene di VIOLENZA e che I PERSONAGGI CHE PARTECIPERANNO AVRANNO ALTE POSSIBILITÀ DI MORIRE, NESSUNO ESCLUSO! Quindi non vi lamentate se il vostro frugoletto/a oppure uno dei personaggi che vi piacciono morirà.

Quindi passando alle cose serie: per questa storia mi sono ispirato abbastanza ai videogiochi (maledetti Danganronpa e Undertale!), quindi proprio per via di questo come storia sarà molto interattiva! In alcuni casi a fine paragrafo o capitolo metterò il vostro personaggio di fronte ad una scelta e sarete VOI a decidere cosa farà! Oppure può essere che vi scriva in privato per farvi delle domande sempre di questo tipo nel caso in cui sia indeciso a riguardo.

Ora, la scheda personaggio ha un particolarità, in quanto vi metterò subito di fronte ad una scelta! Nella scheda proprio alla fine troverete la sezione “dati per la storia” in cui troverete delle voci. Due di queste saranno “luogo del risveglio” e “arma”. Come avrete capito leggendo il prologo Evelyn e Colin si sono svegliati in due sezioni diverse di quella che, dal titolo, avrete intuito essere un isola. L'isola presenta 5 sezioni separate (di cui una, avrete capito, è la foresta di Colin), che a loro volta si suddividono in delle sottosezioni. Ebbene, voi, a scatola chiusa, dovrete dirmi in quale sezione volete che il vostro personaggio si risvegli, e a quel punto vi manderò un'altra richiesta per decidere la sottosezione, che sarà sempre segreta. Oltre a questo dovrete anche scegliere un'arma che sarà a caso come la posizione!

Ovviamente può succedere che nel caso in cui troppe persone vogliano andare nella sezione A e ci siano troppo poche nella sezione C, per esempio, sposterò le ultime persone che mi hanno mandato la scheda dalla sezione A a quella C, stesso dicasi per la sottosezione. Stesso discorso vale per le armi.

Oltre a ciò per l'ultima voce dovrete dirmi se il vostro è un personaggio da “Azione” oppure uno da “Riflessione”. Cosa vuol dire questo? Oltre che affrontare i mostri i nostri semidei si dovranno destreggiare anche tra enigmi, indovinelli e trappole, quindi scegliendo tra “Azione” o “Riflessione” mi direte se il vostro è un personaggio che preferirebbe affrontare una manticora a mani nude oppure se all'incontrario troverebbe di gran lunga più facile risolvere gli indovinelli della sfinge, per esempio. Ovviamente la scelta deve essere coerente col carattere del vostro personaggio, non ditemi una cosa per poi sceglierne l'opposto, eh?

Ultima voce di questa categoria è “oggetto”, cioè un qualcosa a cui tengono di dimensioni modeste, non eccessive, come una foto, una collana regalatagli da qualcuno e così via, o anche qualcosa di non troppo valore ma che sanno appartenere loro, come un taccuino su cui hanno scritto qualcosa o un braccialetto che hanno comprato un giorno perché gli piaceva. Questo oggetto verrà poi affidato ad un altro dei personaggi a caso, così per aggiungere un altro alone di mistero alla storia.

I personaggi tra loro non si conosceranno, spiegherò nel secondo capitolo perché e per come più o meno, ma se volete far sì che si conoscano perché sono cugini, amici di infanzia, fidanzati o cose così accetto comunque, sia se si tratta di vostri personaggi sia se vorrete metterli in rapporto con i personaggi di altri autori dopo esservi messi d'accordo.

Con le schede SIATE PRECISI, NON METTETEMI COSE TANTO PER METTERLE PER FINIRE IN FRETTA IL PERSONAGGIO, O PERCHÈ SIETE TROPPO PIGRI PER SCRIVERLE!!!!!! Nel caso in cui manchiate di tempo basta dirmelo, ve ne darò di più. Basta chiedere.

Numero di personaggi che accetto: ???

Esatto, non ho un limite, come si dice: “più siamo meglio è”, TUTTAVIA: questo non significa che accetterò ogni personaggio che mi manderete! Alcuni potrei non trovarli adatti per la storia, e in tal caso non li prenderò in considerazione!

Potrete mandarmi fino ad un massimo di tre personaggi, non tutti dello stesso sesso, e cercate di evitare figli dello stesso dio/dea a meno che non abbiate buone motivazioni dietro!

Accetto figli di qualunque divinità (tranne le solite tre: Estia, Era e Artemide), ciò significa anche figli dei tre pezzi grossi a patto che li trovi adatti. Preferisco divinità greche ma potete mandarmi anche figli di divinità romane.

I personaggi non avranno relazioni coi sette o con qualunque personaggio della serie di Rick Riordan, sono stato chiaro?

Nel caso in cui a qualcuno sembri familiare il modello di scheda il motivo è semplice: ho “preso in prestito” il modello usato da Fe_ per la sua interattiva “Battle Divine” (storia interattiva che vi consiglio di leggere, scritta molto bene e che vi tiene incollati allo schermo - messaggi subliminali a go go). Ovviamente ho cambiato alcune cose qua e là, ma il modello di base è il suo.

 

 

 

Scheda

Dati anagrafici

- Nome e cognome, eventuale soprannome:
- Età e compleanno:
- Nazionalità e città di nascita: (la città non è necessaria, diciamo che mi può dare un'idea migliore riguardo i semidei)
- Genitore divino:
- Rapporto con lui/lei:
- Famiglia mortale:
- Rapporto con loro:

 

Dati psico-fisici

- Aspetto fisico:
- Descrizione caratteriale: (non si accettano Mary Sue o Gary Stu, ma neppure personaggi più sfigati di Edipo. Qui potrete scrivere quello che vorrete sul personaggi, dicendomi anche magari come si trova di fronte alla situazione che starà per vivere, cioè risvegliarsi in un luogo sconosciuto senza sapere come è arrivato/a fin lì, e come si sente di fronte alla prospettiva di dover uccidere qualcuno)
- Pregi e difetti:
- Difetto fatale:

 

Dati sociali

- Modo di porsi e rapportarsi con gli altri:
- Persone con cui potrebbe/non potrebbe andare d'accordo: (ci tengo di nuovo a precisare che generalmente i personaggi tra loro non si conosceranno! Tuttavia se vorrete mandarmi che per qualche motivo Personaggio A conosce B accetterò comunque la cosa)
- Persone importanti: (possono essere sia famigliari sia amici, insomma: persone del loro passato - ancora in vita chiaramente - a cui tengono)
- Orientamento sessuale:
- Storia personale:

 

Dati generali

- Abilità: (le cose che sono capaci di fare, es: arrampicarsi, nuotare particolarmente bene, fare i nodi, ecc, tutto ciò che non rientra nella categoria poteri)
- Poteri: (le abilità che hanno ereditato dai loro genitori, nulla di troppo esagerato)
- Cosa ama/odia:
- Desiderio più grande: (sarà uno dei punti cardine della storia, quindi dateci dentro! Può essere sia qualcosa di personale, come l'amore, essere normali ecc, sia qualcosa di fisico, come ad esempio soldi, fama, ecc)
- Frase di presentazione: (qualcosa che lo rappresenti e che lo riassuma)
- Altro:

 

Dati per la storia

- Oggetto: (può essere sia un oggetto prezioso che possiedono e a cui sono legati sia un oggetto qualunque a cui non sono particolarmente affezionati ma che sanno con certezza appartenere loro, es: un bracciale, una taccuino con su scritto qualcosa, un nastro per capelli ecc)
- Luogo del risveglio: A B C D E
- Arma: A B C D
- Tipo di personaggio: Azione (armi o scontro diretto, si trova meglio a combattere, il braccio insomma) o Riflessione (un personaggio più a suo agio con indovinelli e trappole, la mente)

 

 

 

Credo, e spero, di aver detto tutto, e direi di concludere qui l'angolo che sta diventando seriamente più lungo del capitolo stesso, maledizione!

Per partecipare potrete farlo o tramite messaggio privato o lasciandomi una recensione (che sia effettivamente una recensione, quindi non cose della serie “ciao, bel capitolo voglio partecipare con X e Y, ci sentiamo”, se fate così tanto vale che mi mandiate un messaggio privato, no? Ha più senso). Cercherò di rispondervi il prima possibile ma voi iniziate pure a lavorare alla scheda prima di avere il mio assenso, come ho detto accetto praticamente di tutto.

Nel caso in cui abbiate dubbi o vogliate chiarimenti per qualsiasi cosa chiedete pure! Sarò più che felice di dissipare i vostri dubbi ^.^

Avete tempo fino al 31 Marzo per iscrivervi e fino al 8 aprile per mandarmi la/e scheda/e. Vi ripeto: se avete bisogno di una proroga basta che me lo scriviate, non ci sono problemi, non mordo, giuro! XP

E ora concludo (seriamente) con la presentazione dei miei due personaggi, ci sentiamo belli, bye.

 

 

# Evelyn Green #
# figlia di Eolo #
#
16 anni #
# “La tempesta fuori infuria, ma la ballerina continua a danzare” #

 

 

+ Colin Hall +
+ figlio di Ares +
+ 17 anni +
+ “Con la giusta determinazione anche un cucciolo può diventare un predatore” +

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Capitolo 2
*** Il risveglio - Costa pacifica, pianura agitata ***


IL RISVEGLIO -
COSTA PACIFICA, PIANURA AGITATA






 

Hai sbloccato una nuova area: Costa

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Spiaggia

 

Raphael aprì le braccia al sole e prese un profondo respiro. Un sorriso passò sul volto giovane mentre una brezza gli scompigliava i corti capelli neri tagliati alla militare.
Il ragazzo aprì gli occhi castani e prese a guardarsi attorno: la spiaggia era carina, questo era certo.
Sabbia bianca e fine, mare di un blu profondo, e gli alberi che crescevano lì vicino fornivano anche un riparo dalla calura delle ore centrali.
Doveva ammetterlo: si sarebbe potuto svegliare in posti peggiori! Certo non aveva idea di dove fosse né tantomeno chi lo avesse portato fino a lì, ma almeno sembrava avere ancora tutti gli arti al loro posto. Aveva sentito di storie di ragazzi a cui non era andata altrettanto bene.
O quelli erano racconti dell'orrore...?
Il giovane prese a guardarsi un attimo pensieroso il tatuaggio che gli correva lungo l'avambraccio: una vite d'uva con sotto sei linee orizzontali, il suo simbolo di appartenenza al Campo Giove.
Chissà se i suoi commilitoni lo stavano cercando in quel momento...
Scrollò le spalle.
Non che gli importasse davvero dopotutto, non gli era mai piaciuto il clima rigido e severo del campo, cosa che più di una volta lo aveva cacciato nei guai.
Poteva considerare quell'improvvisa svolta degli eventi una vacanza, ecco!
Una cosa che invece leggermente lo seccava era il fatto che non avesse il suo anello d'argento!
Il volto si contrasse in una smorfia infastidita mentre si osservava la mano sinistra nuda dell'ornamento. E in cambio cosa aveva trovato in tasca? Un nastro per capelli di colore celeste! Cosa se ne faceva? Lui aveva i capelli praticamente rasati a zero per colpa di quelle stupide regole al Campo.
Il ragazzo scrollò la testa sbuffando, prima di mettersi le mani in tasca e prendere a passeggiare per la spiaggia per sbollire il nervoso. Si stava appunto domandando se fosse il caso di togliersi i vestiti e andare a farsi un tuffo quando vide una cosa poco più avanti che attirò la sua attenzione.
Quello non può essere...
Si avvicinò con circospezione.
Eppure sembra davvero...
Affrettò il passo fino a che non se lo trovò davanti.
Eh già, è proprio uno scheletro... Che figata!
Il figlio di Bacco si chinò e prese ad osservare incuriosito il mucchio di ossa. Era poggiato a pancia in giù, a poca distanza dall'acqua, come se fosse stato portato fino a riva dalla corrente. Vestiva con un'antica armatura da guerra rovinata, forse di bronzo, composta da pettorale e schinieri. Attorno al teschio era presente un elmo ormai rovinato ed eroso dall'acqua marina e da quelli che sembravano essere i simboli di un'enorme mandibola.
Ad un certo punto il moro assunse un'aria confusa.
Possibile che fosse...
Allungò una mano e con l'unghia picchiettò su una delle ossa del braccio.
No, era uno scheletro vero al cento per cento.
Facendo attenzione lo voltò.
La parte davanti non era ridotta molto meglio del retro.
Il ragazzo prese ad esaminare il corpo fino a che i suoi occhi non caddero su di un rovinato cinturone di pelle che sporgeva da sotto l'armatura. Con curiosità lo ispezionò e trovò una doppia fodera nella quale erano adagiati dei coltelli gemelli.
Oh cavolo, avrebbe di gran lunga preferito la spada, uffa!
Scrollando le spalle prese le fodere e con un leggero sforzo tirò fuori una delle due armi.
Ammirò la lama: era di uno strano materiale, una sorta di lega sconosciuta di bronzo e oro forse? Non lo sapeva, mica era un figlio di Efesto lui! Comunque, al contrario del resto dell'armatura era perfettamente conservata, e sembrava ancora avere il filo. Stesso dicasi per la sua gemella.
Beh, un'arma è sempre meglio di nessun arma, no?
Fischiettando mise i foderi alla cintura e si guardò attorno, perdendo subito interesse per le ossa portate dalla corrente.
Poco distante gli sembrava di scorgere qualcosa, qualcosa di grosso...
Con l'aria di chi non aveva un solo pensiero al mondo Raphael si diresse in quella direzione.
Quella vacanza si stava facendo sempre più eccitante!





 

Hai sbloccato una nuova area: Pianura

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Prato

 

Un vento caldo sfiorò la pelle facendole aggrottare le sopracciglia.
Con fare confuso Andromeda si mosse a disagio.
Si era per caso dimenticata di chiudere la finestra della camera da letto ieri sera?
Si spostò per cercare la coperta da rimettersi sulla testa. Era decisamente troppo presto per svegliarsi, voleva dormire almeno un altro po'.
La mano sinistra si mosse, ma invece di incontrare la soffice e delicata superficie del materasso e delle coperte provò invece la sensazione di qualcosa di ruvido che le solleticò la mano, come...
All'istante la ragazza scattò a sedere con gli occhi sgranati.
Luce.
Troppa luce.
Subito li richiuse.
Con calma e facendo attenzione li aprì di nuovo, sbattendo un paio di volte le palpebre per scacciare i puntini luminosi dalla retina.
Quando finalmente la sua vista si fu riabituata la mora poté constatare che i suoi dubbi erano esatti. Non si trovava nel suo letto, ma nel bel mezzo di quello che pareva a tutti gli effetti essere un gigantesco prato che si stendeva a vista d'occhio in tutte le direzioni. Dietro di lei, distante, svettava un'enorme montagna, mentre diverse decine di metri di fronte iniziava una foresta.
Facendo attenzione si mise in piedi. Un delicato vento estivo le sfiorò le guance. Aveva un odore salato, di mare.
La figlia di Apollo si portò una mano al viso. Basandosi sui pochi dati che era riuscita a raccimolare in quei minuti poteva azzardare a dire che si trovava vicino al mare. Forse addirittura su di un'isola?
Scosse la testa: non poteva ancora dirlo.
Ma come ci era arrivata fin lì?
Fece per passarsi una mano tra i lunghi capelli neri quando le dita incontrarono qualcosa.
La giovane aggrottò la fronte confusa prima di mettersi una mano in testa.
Era talmente sorpresa dell'improvvisa sveglia che neanche si era accorta di avere addosso un berretto.
Se lo tolse e prese ad esaminarlo con fare curioso. Pareva essere piuttosto vecchio, ma ben tenuto. Era decorato con una fantasia mimetica militare, sembrava quasi un cappellino standard dell'esercito. Non recava nomi né sigle.
Perché ce lo aveva in testa? Suo di sicuro non era. Però poteva aiutarla e proteggerla dal sole quando questo sarebbe stato allo zenit.
Se lo rimise in testa e in quel momento notò con orrore una cosa: il suo bracciale d'oro, quello su cui era inciso il suo nome, il regalo di suo padre... era scomparso!
Subito si accovacciò e prese a esaminare la porzione di prato dove sino a poco prima era sdraiata.
No. No. No. No. E ancora no!
Non lo trovava!
Si costrinse a prendere un profondo respiro e a calmarsi.
Doveva concentrarsi.
Ragionando a mente fredda qualcuno doveva averla probabilmente rapita e portata fin lì, per poi lasciarla da sola in mezzo ad un prato, togliendole il bracciale e consegnandole il berretto.
Ma perché?
Il movente continuava a sfuggirle.
Si guardò attorno e alla fine decise di muoversi un po', almeno per tenere attive le gambe.
Ma dove andare? In che direzione?
Poteva decidere di rivolgersi verso la foresta, probabilmente così sarebbe arrivata vicina al mare.
Oppure poteva andare verso la montagna, un punto di osservazione elevato, sicura che nessuno avrebbe potuto prenderla di sorpresa, cosa che invece poteva succedere se andava nella foresta.
O ancora poteva continuare a passeggiare nel prato, sperando prima o poi di incontrare un'eventuale abitazione o qualcosa del genere.
Cosa fare? Verso dove andare?

-Foresta                                                          -Montagna
-Prato

 

 

 

 

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Lago

 

Emma afferrò un sasso e prese a guardarlo. Era di un grigio intenso e le stava completamente nel palmo della mano. Lo lanciò un paio di volte in aria prima di gettarlo in acqua.
Con un sordo “plonf” la pietra si inabissò nel bacino d'acqua, compiendo nella discesa movimenti lenti, quasi ipnotici. La superficie del lago di fronte a lei divenne tutto ad un tratto agitata mentre cerchi concentrici via via più grandi si spandevano a vista d'occhio.
La ragazza si portò i palmi delle mani di fronte agli occhi prima di stendersi contro i sassi della riva con un sospiro.
Magari poteva provare a dormire ancora un po'. Forse quello era solo un brutto sogno che non riusciva a controllare...
“Non ne sono molto sicura, sai? E non penso che dormire sia una buona idea. Cosa succederebbe se qualche mostro orribile spuntasse fuori mentre dormi e cercasse di farti qualcosa?
La figlia di Ipno sbuffò prima di esclamare: “Smettila, così mi metti solo ansia e basta. E poi cosa altro dovrebbe essere se non un sogno, anzi un incubo? Mi risveglio sulle rive di un lago mai visto prima, non ho idea di come sono finita qui e soprattutto perché. Come fa questo a non essere un sogno?”
“Tutte giuste osservazioni, però ti ricordo che i sogni tu li puoi controllare”
“O per i papaveri degli Inferi - disse solo la castana prima di spostare le mani e alzarsi a sedere, mentre scoccare un'occhiata alla sua interlocutrice - Devi per forza ricordarmi tutte queste cose? Non dovresti cercare di farmi stare meglio?”
Seduta al suo fianco una ragazza con lunghi capelli biondi fece ruotare il parasole aperto sulla spalla mentre assumeva un'aria dispiaciuta: “Emma, sai che sono sempre pronta a sostenerti, ma purtroppo in questo caso devi affrontare la realtà. So che è una cosa che non ti piace, ma ho paura che potremmo essere in serio pericolo” mormorò mentre si guardava attorno con fare nervoso.
La ragazza sospirò: “Lo so Evelyn, lo so, ma... non ho idea di cosa fare. Voglio solo dormire...”
“Concordo con Evelyn, non è il momento di dormire questo”
Emma si portò una mano al cuore, mentre si voltava di scatto: “Xander! Mi hai fatto prendere uno spavento...”
Un ragazzo dai capelli scuri scrollò le spalle: “Scusa. Ma devi concentrarti. Non mi piace questo posto. Sembra quasi che da un momento all'altro qualcosa debba spuntare fuori per assalirci. Anche questo lago trasuda malvagità”
Emma annuì. Capiva perfettamente cosa intendesse l'amico.
Anche lei avrebbe voluto allontanarsi il prima possibile dalla scura massa d'acqua e trovare un posto sicuro, ma non sapeva dove andare.
Portò le ginocchia al petto e se le abbracciò. Si sentiva così sperduta, era tutto così nuovo, così destabilizzante...
Ad un certo punto le sembrò di percepire qualcosa sulla spalla. Alzò la testa e vide che Xander le aveva messo una mano sulla spalla e ora la stava guardando diritta negli occhi.
“Emma, guardami: non devi spaventarti, ce la puoi fare. Può non sembrare, ma sei sempre una semidea, una figlia di Ipno, sei stata addestrata per affrontare queste situazioni. Tutto ciò che devi fare ora è trovare la forza in te stessa per andare avanti”
La ragazza annuì: aveva ragione, ovviamente.
Si tirò in piedi e si passò una mano sul volto.
Doveva riuscire a trovare il modo per tornare a casa, dovunque fosse.
Ma come fare?
Inconsciamente la mano corse alla tasca dei pantaloni. Ancora una volta tirò fuori l'oggetto che si era trovata addosso appena svegliata al posto del suo nastro per capelli.
Era il ciondolo di una collana a forma di bussola, probabilmente d'argento a giudicare dal materiale. Passò un dito sulla superficie. Era tenuto bene, ma si notavano comunque segni di graffi e aloni opachi, quindi doveva per forza essere stata usata e quindi automaticamente appartenere a qualcuno. Ma a chi?
Inoltre, se ce l'aveva lei addosso... possibile che da qualche parte lì, dovunque fosse, ci fosse anche il proprietario di quel pendente? Allora forse poteva cercare di trovarlo e...!
E poi cosa?
Cercare di trovare il modo di andarsene da lì assieme? Aiutarsi a vicenda?
Scosse la testa. No, decisamente no.
Ma doveva trovare la persona del ciondolo, almeno per restituirglielo! Glielo imponevano le buone maniere!
Ecco: lo avrebbe trovato e gli avrebbe chiesto informazioni, come se lui si ricordava come fosse finito lì oppure se sapeva dove si trovavano.
Sì, ecco, quello era un buon piano!
Ma dove trovare questa persona?
La giovane si diede un paio di schiaffi.
Se rimaneva ancora un po' lì a pensare le esplodeva la testa.
Doveva muoversi, punto e basta, non poteva starsene lì per sempre, per quanto la tentasse molto l'opzione di fare un pisolino...
“Concentrati” le urlò praticamente nell'orecchio Evelyn, distogliendola dai suoi pensieri.
Emma annuì: “Sì scusa, stavo solo... riflettendo ecco”
A volte avere degli amici immaginari era utile, ti aiutavano a stare concentrata su ciò che davvero contava, come salvarsi la vita, in quel caso.
La ragazza prese un profondo respiro prima di chinarsi e raccogliere l'arma che aveva trovato in precedenza.
Lanciò un'occhiata obliqua mentre esaminava la lunga asta di legno della lancia che teneva in mano.
Poco prima quando si era svegliata aveva preso a fare un giro della riva, per vedere se ci fosse qualcun altro, e per poco non era inciampata nell'arma.
Era più grande di lei (non che ci volesse molto dopotutto), al punto che aveva qualche difficoltà nel maneggiarla, e la punta invece che essere di bronzo celeste come tutte le armi semidivine che aveva visto era di uno strano materiale bronzeo-dorato, come una sorta di lega metallica sconosciuta.
L'ennesimo mistero di quel posto.
Sospirò. Ora che fare?
Poteva continuare a passeggiare vicino alla riva, magari avrebbe incontrato qualcuno inoltre avrebbe avuto sempre a portata una risorsa di acqua potabile.
Oppure poteva scostarsi e andare verso la foresta poco distante seguendo il corso del fiume che partiva dal lago, lì forse c'erano più possibilità di incontrare eventuali persone.
Dove andare?

-Continuare lungo la riva                                               -Seguire il corso del fiume

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Bonjour (o bonsoir nel caso stiate leggendo questo capitolo la sera)!

Ben ritrovati con il nuovo capitolo della storia, cosa ne pensate? Il mio piano iniziale era di fare un capitolo introduttivo per area, cioè uno per l'area A, poi uno per la B e così via, piano rovinato da voi. Perché ora mi spiegate: com'è possibile che su 9 persone che mi mandano dei personaggi nessuno ha scelto la zona A? Avete idea di quanto anti-statistico sia tutto ciò? XP

Ad ogni modo visto che l'idea era sfumata ho pensato di concentrare questa prima parte unendo le due zone che hanno avuto meno successo, cioè la A e la E, aka Costa e Pianura, con eventuali sottosezioni.

Come avete visto ho cercato di farla molto simile ai videogiochi, mettendo in grassetto le notifiche sulla zona del vostro personaggio e mettendo una scelta multipla a fine paragrafo. In questo caso ho messo una scelta a praticamente tutti i personaggi visto che erano pochi, ma nei prossimi capitoli non sarà così, e saranno al massimo un paio i personaggi che sceglieranno.

Ogni volta che i personaggi esploreranno nuove aree dell'isola metterò gli avvisi di “sblocco nuova sezione”, e poi a fine capitolo vi metterò i posti scoperti e come orientarvi.

I primi tre semidei fanno la loro comparsa, che ne pensate? Spero di averli resi bene, e nel caso non sia così allora ditemelo che casomai vedo di correggerli.

Ed ora una richiesta: come vi ho già specificato sin dalla scheda oltre ai mostri i nostri semidei dovranno affrontare anche degli indovinelli e delle prove, essendo però io uno solo c'è il rischio che non riesca a trovarne uno, quindi ecco la mia richiesta/domanda/proposta: se avete degli indovinelli, delle prove, degli enigmi che vi vengono in mente non siate timidi e proponetemeli tramite messaggio privato! Ovviamente non sarà il vostro personaggio (voi) a doverlo risolvere, ma almeno così facendo mi dareste una grande mano. Se siete interessati e avete qualcosa in mente fatemelo sapere.

Spero che abbiate apprezzato il capitolo, il prossimo dovrei riuscire ad aggiornarlo spero entro il 22 o poco oltre, nel frattempo peace and love, ed ecco le schede dei tre semidei rappresentati:




 

+ Raphael Perry +
+ figlio di Bacco +
+ 17 anni +
+ oggetto posseduto: nastro per capelli di colore celeste +
+ “Tutti ti chiedono sempre cosa hai fatto, nessuno è mai curioso di sapere il perché” +




# Andromeda Jones #
# figlia di Apollo #
# 20 anni #
# oggetto posseduto: berretto militare #
# “Tutti i nostri sogni possono realizzarsi se abbiamo il coraggio di inseguirli" #


 

§ Emma Stevens §
§ figlia di Ipno §
§17 anni §
§ oggetto posseduto: ciondola d'argento a forma di bussola §
§ “Io voglio vivere e stupirmi sempre; è di avventure che vivrei. Sono io la prima che, già da tempo, crede che questo non sia il posto adatto a me” §

 

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Capitolo 3
*** Il risveglio - Una montagna di guai ***


IL RISVEGLIO -
UNA MONTAGNA DI GUAI

 




 

Hai sbloccato una nuova area: Montagna

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Grotta

 

Katrina spalancò le palpebre prima di rizzarsi a sedere annaspando e prendendo profonde boccate d'aria.
Subito la giovane fece ricorso al suo potere e mandò le correnti d'aria a perlustrare l'ambiente circostante facendo così arricciare le estremità dei lunghi capelli biondo platino. L'aria si espanse in fretta intorno a lei per poi ritornare quasi subito. La semidea fece un rapido calcolò mentale e capì di essere in un luogo chiuso, come una sala, grande in totale forse poco meno di una decina di metri sopra di lei, alla sua destra e alla sua sinistra. Davanti e dietro si aprivano quelli che potevano essere due corridoi.
Nel corso del tragitto il vento aveva poi incontrato diverse sporgenze, alcune che si alzavano avendo origine direttamente dal terreno, e altre che invece sembravano calare dal soffitto.
Un dubbio le attanagliò il petto mentre cercava di non andare nel panico.
Spostò una delle due mani che si era portata davanti al petto e la appoggiò a terra facendo attenzione.
La figlia di Favonio percepì nettamente la superficie liscia e fredda della pietra contro il palmo della mano.
No, non poteva essere davvero...
Ad un certo punto sentì qualcosa che cadeva dietro di lei, come delle pietre, presto seguite da un fievole eco.
E lì la giovane semidea capì che aveva ragione.
Era in un grotta.
Subito iniziò a prendere profondi respiri mentre cercava con tutta sé stessa di non lasciarsi prendere dal panico. Cosa non facile visto che la sua mente continuava a presentarle l'immagine di tonnellate e tonnellate di pietre sopra di lei che avrebbero potuto schiacciarla da un momento all'altra.
La ragazzina si diede uno schiaffo.
“Concentrati, va tutto bene...” mormorò mentre costringeva il suo cuore a calmare i propri battiti.
Doveva pensare a qualcosa di allegro, doveva riuscire a vedere cosa c'era di positivo in quella vicenda.
Tra sé e sé ridacchiò un attimo.
“Vedere” cosa c'era di positivo, questa era carina.
Subito dopo aver pensato alla battuta le spalle si rilassarono.
Beh, come punto positivo si poteva dire che se anche era in una grotta la cosa non le costituiva più di tanto un handicap. Altri semidei avrebbero avuto problemi con l'assenza totale o pressoché totale di luce, lei no vista la sua cecità.
La ragazza facendo attenzione si tirò in piedi prima di prendere a mandare ulteriori flussi d'aria attorno a sé.
Le sensazioni che provava erano sempre quelle, quindi ciò che ora doveva fare era pensare dove fosse l'uscita, davanti o dietro di lei?
Si voltò verso dove era uno dei corridoi e concentrò il vento in quella direzione. La corrente d'aria proseguì indisturbata, provocando durante il suo passaggio un suono lugubre e profondo.
Come l'ululato di un lupo...” pensò la ragazzina. Ma al contrario dei figli di Lupa coi quali aveva vissuto così a lungo, quello sembrava più l'ululato di un lupo mannaro assetato di sangue.
“Va bene, e su questa nota allegra direi che è il caso di andare dall'altra parte” mormorò la giovane prima di voltarsi.
Fece la stessa identica cosa, solo che stavolta dopo alcuni metri l'ululato cessò.
Katrina si aprì in un sorriso. Dopo circa una ventina di metri c'era un'uscita!
Certo, sarebbe anche potuta essere l'entrata di un'ulteriore e più grande caverna sotterranea, ma preferiva essere positiva e pensare che invece fosse l'uscita.
La ragazza prese a correre, salvo fermarsi di colpo a metà strada.
Le sembrava di aver sentito...
Mandò un nuovo flusso d'aria, questa volta più intenso, alla sua destra.
Percepì distintamente un sibilo.
Si avvicinò verso la fonte del rumore e si accovacciò, per poi sporgere la mano.
Le dita percepirono qualcosa di freddo e metallico.
“Non ci credo...” mormorò la romana mentre la mano correva lungo la superficie fino a trovare qualcosa di più ruvido e duro.
Facendo attenzione tirò su la spada appena trovata.
Non poteva credere alla sua fortuna!
Cosa ci faceva una spada in una grotta?
A quel punto aggrottò le sopracciglia.
Aspetta un attimo... cosa ci faceva lei in una grotta?!
Presa com'era dal panico di trovarsi lì dentro non aveva neanche pensato a quanto quella situazione fosse assurda. Era certa di essere andata a dormire nella sua branda la sera prima, e l'ultima volta che aveva controllato il suo letto non si trovava in una caverna.
Chi l'aveva portata fino a lì?
In quel momento percepì anche l'assenza di qualcos'altro contro la pelle. La mano corse alla gola e prese a tastarsi il petto.
La sua collana con la targhetta... era scomparsa!
“Mi prendi in giro?!” esclamò seccata, prima di sbuffare.
Era un regalo di sua madre, ci teneva a quella collana.
La mano continuò a tastare il petto fino a che non sentì qualcosa di anomalo.
Si fermò mentre assumeva un'aria confusa.
Perché aveva una spilla attaccata alla felpa?
Pareva essere una spilla a forma di fiore, con otto petali e quattro piccoli punti ad formarne il centro.
Lei una cosa del genere non la possedeva, ne era abbastanza sicura.
Scosse la testa. Non ci stava capendo nulla.
Una nuova sensazione di disagio prese ad insinuarsi nella sua mente.
In fretta la bionda la scacciò con un gesto nervoso della testa.
Non sapeva cosa stesse succedendo, come fosse arrivata lì, né tantomeno il perché dell'assenza/presenza di oggetti, ma sarebbe andata avanti comunque.
E chiunque le avesse rubato la targhetta avrebbe dovuta vedersela col ciclone Katrina!

 

 




 

Hai sbloccato una nuova sezione: Sentiero

 

Christian si rizzò a sedere, mentre il volto assumeva un'espressione confusa.
Era sveglio solo da pochi minuti, ma ciò che vedeva non gli piaceva affatto.
Si trovava nel bel mezzo di un sentiero di montagna, dietro di lui una parete di roccia insormontabile che gli dava la netta impressione di poter crollare da un momento all'altro, e lo spettacolo che si trovava davanti, per quanto mozzafiato, non era certo molto più incoraggiante: uno strapiombo pressoché verticale che cadeva per decine e decine di metri verso la pianura sottostante.
Almeno aveva una bella vista.
Infatti se alzava lo sguardo dallo strapiombo poteva vedere una pianura verde e florida, e riusciva anche a distinguere il profilo di un lago, e poco distante degli animali forse? La pianura era circondata completamente da un anello di alberi, una foresta, e nel mezzo di quel bosco gli sembrava quasi di poter scorgere degli edifici in pietra che svettavano sopra le chiome. Infine dall'altezza su cui si trovava riusciva anche a notare in lontananza il riflesso del sole sul mare. E a giudicare dal fatto che il bagliore si diffondeva tutto attorno era decisamente portato a pensare di trovarsi su di un'isola.
Ma in fondo tutti quelli erano fattori secondari, la cosa più importante era: come diavolo ci era finito lui lì?!
Si portò una mano al viso mentre assumeva un'aria meditativa.
Dopo pochi minuti si aprì in un lieve sorriso, prima di esclamare rivolto a nessuno in particolare: “Ah, ora ho capito! Ahahah, papà, molto divertente davvero. Non ti fai sentire per anni e poi pensi di organizzare questo scherzo. Molto carino, me la sono davvero fatta sotto per un momento. Però lo scherzo è bello quando dura poco, pertanto che ne dici se adesso compari e mi porti via da qui? Sto iniziando ad avere fame”
Rimase in attesa di una risposta, ma niente.
Aggrottò le sopracciglia: che si fosse sbagliato? Ma no, impossibile. Però forse poteva trattarsi di sua madre. Ma come avrebbe fatto sua madre a portarlo su di una montagna nel bel mezzo di un'isola senza che lui se ne accorgesse?
Scosse la testa. Si sbagliava, non erano stati i genitori a portarlo lì. Era senz'altro uno scherzo dei suoi vecchi compagni del Campo Mezzosangue!
Ma sì, era certo che lo avessero preso e portato lì usando la magia. Magari era uno scherzo organizzato per il suo compleanno!
Non poteva che essere quella la soluzione.
Anche se erano a Giugno.
E lui gli anni li compiva in Novembre.
“Divertente ragazzi, so che siete stati voi. Guardatemi, mi sto sbellicando dalle risate. Ora però smettiamola e torniamo a casa, vi offro anche la colazione, a patto che non siate in venti”
Sempre silenzio.
E va bene, le cose stavano incominciando a farsi preoccupanti.
Si alzò in piedi e prese a guardarsi attorno. In quel momento un riflesso fastidioso gli centrò il viso, facendogli socchiudere gli occhi in una smorfia.
Spostò lo sguardo e vide che poco distante era adagiata una lancia.
Il giovane si avvicinò e la prese con un'espressione confusa. E quella cosa ci faceva lì?
“Cosa dovrei farci ragazzi? Usarla come uno stuzzicadenti gigante?” domandò ad alta voce, sempre convinto che si trattasse di uno scherzo organizzato dagli amici.
La mosse in aria, facendola ruotare tra le mani. Per quanto avesse passato poco tempo al Campo qualcosa comunque l'aveva imparata, compreso l'uso della lancia.
Certo, preferiva arco e frecce, come tutti i figli di Apollo, ma anche con la lancia non se la cavava male.
Stava per rimetterla a posto e a urlare di nuovo ai suoi amici che non era divertente e che avrebbero dovuto smetterla subito se non volevano che si arrabbiasse, quando un verso stridulo gli trapassò i timpani.
Subito alzò la testa e vide che esattamente sopra la sua testa volavano quelli che sembravano essere un incrocio tra un leone, un cavallo e un'aquila.
Impallidì: erano grifoni.
Ma cosa ci facevano delle creature del genere là, e perché sembravano interessate proprio a lui?
Il riflesso del sole sulla punta bronzo-dorata della lancia gli fece socchiudere gli occhi, e in quel momento capì.
I grifoni erano come le Gazze Ladre: attratti da tutto ciò che luccicava.
E la punta di quella lancia scintillava più di una monetina da un penny!
Non ci sarebbe voluto molto prima che quei pennuti troppo cresciuti decidessero di saltargli addosso, pertanto doveva prendere una decisione in fretta.
Poteva provare a correre via di lì scendendo dalla montagna. Magari lo avrebbero seguito per un po', ma non si sarebbero mai distanziati troppo dai loro nidi.
Oppure poteva rimanere lì a combattere. Dopo che ne avesse uccisi un paio forse avrebbero preso paura e se ne sarebbero andati.
Cosa fare? Restare o andare?


- Scappare via                                                        - Restare a combattere

 

 




 

Hai sbloccato una nuova sezione: Piedi della montagna

 

Polly si stiracchiò mentre la bocca si apriva in un largo sbadiglio.
La giovane si passò le manine sugli occhi mentre cercava di scacciarsi il tepore lasciatole dal sonno. Aveva fatto davvero una bella dormita, non l'aveva neanche disturbata la conchiglia che annunciava la colazione.
La figlia di Persefone si tolse le mani dagli occhi e prese a guardarsi attorno.
Il suo volto assunse un'aria confusa.
Quella non era la sua cabina.
No, la ragazza si trovava all'aperto, proprio all'inizio di quello che pareva essere un sentiero sassoso che saliva probabilmente fino alla cima della gigantesca montagna alle sue spalle. Davanti a lei si apriva un prato che dopo poco più di una decina di metri diventava una foresta fitta e rigogliosa.
Seraphina sbatté un paio di volte i magnetici occhioni verdi da cerbiatto mentre inclinava la testa confusa.
Cosa ci faceva lei lì?
Era abbastanza sicura di essere andata dormire nel suo letto la sera prima.
La giovane si portò una mano al viso: qui c'era qualcosa di strano...
Scrollò le spalle: ci avrebbe pensato dopo.
Senza pensarci due volte saltò in piedi per poi fare una piroetta su sé stessa. I lunghi capelli castano scuri le ruotarono attorno, donando alla sua magra figura un che di fiabesco. Doveva ricordarsi di acconciarseli nelle sue due solite trecce alla prima occasione utile.
“Ed ora cosa faccio?” rifletté ad alta voce. Alle lezioni di sopravvivenza al Campo le avevano sempre insegnato che quando ci si risvegliava in un posto sconosciuto la prima cosa da fare era controllare di non essere in pericolo e poi attendere i soccorsi. Ma lei a dover stare ferma lì si annoiava!
Ad un certo punto la sua attenzione venne catturata da una macchia di fiori giallo brillante che crescevano poco distanti. Con un versetto deliziato la ragazzina si avvicinò per poi chinare la testa e annusarne a fondo il delicato profumo.
La castana si rizzò in piedi, inspirò ancora una volta il profumo, lo trattenne nelle narici, e poi espirò
“Arnica...” mormorò sorridendo riconoscendo la varietà.
In quel momento vide qualcosa risplendere in mezzo alla macchia di fiori. Chinandosi sporse la mano. Le dita toccarono qualcosa di freddo e metallico.Sorpresa la ragazzina tirò fuori una lunga spada bronzo-dorata.
Si aprì in un largo sorriso: che bello, aveva una spada!
Però chissà che ci faceva lì?
Magari poteva chiederlo a Berry!
Subito la mano libera si fiondò nella tasca nella quale teneva il prezioso coniglietto di pezza, ma tutto ciò che trovò... fu il nulla.
Subito prese a guardarsi attorno alla ricerca dell'oggetto, con la paura di averlo perso, ma per quanti sforzi facesse proprio non riusciva a vederlo.
Si lasciò sfuggire uno sbuffo e batté indispettita il piede per terra.
E nel fare quel movimento sentì qualcosa batterle delicatamente contro il petto.
Con fare confuso notò il ciondolo d'argento che teneva legato attorno al collo da una semplice catenina d'argento. Lo osservò curiosa e notò che come pendaglio aveva un'ametista dal brillante colore violetto.
La ragazzina si perse ad ammirare la tonalità fredda e le righe che correvano lungo la superficie della pietra.
Era... affascinante.
Chissà perché ce l'aveva addosso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Come va?

Finalmente riesco a pubblicare anche la terza parte del prologo, presentando anche i personaggi.

Devo essere sincero? La sezione Montagna è quella che meno mi piace. L'ho inserita perché mi pareva carina l'idea di mettere in mezzo all'isola una montagna, così da dare un posto elevato da cui poter vedere l'intero ambiente circostante. E poi dovevo da qualche parte mettere anche una grotta, un'ambientazione che mi sembrava poterci stare bene in questo contesto.

Detto questo forse sono un po' in ritardo, ma vi avevo promesso entro il 22 o pochi giorni dopo, ed oggi è il 25 quindi ho mantenuto la mia promessa.

Anche in questo capitolo ho presentato 3 personaggi, ma già vi avverto che a partire dal prossimo ne verranno fuori una marea, quindi è possibile che ci metta un po' più di tempo ad aggiornare, per quanto alcuni paragrafi di alcuni personaggi ce li ho già in mente.

I personaggi da scrivere di questo capitolo sono stati difficili, dal primo all'ultimo. Katrina è stata difficile perché ho dovuto adottare il punto di vista di un cieco, quindi non sono potuto andare per immagini nel descrivere l'ambiente in cui si trovava, Christian ha un carattere particolare che mi ha impegnato non poco nel scriverlo (tra l'altro non sono riuscito a mettere l'oggetto che possiede, ma lo trovate comunque citate nelle schede a fondo pagina), ed infine per Polly stavo iniziando ad essere a corto di idee sul come farla svegliare, inoltre anche lei è un po'... complicata da gestire.

Ora un avviso: vi ricordo che non è detto che accetti tutti i personaggi che mi avete mandato. Per quanto vi spedisca la domanda “il tuo personaggio si sveglierà in...” si tratta di una cosa pressoché automatica che non garantisce la partecipazione del suddetto al gioco. Quindi tenetelo a mente, per favore.

Dopodiché: qualcuno di voi ha familiarità con i giochi di ruolo? Io così così, ci ho giocato un paio di volte, ma ho parenti a cui piace. Ad ogni modo ve ne parlo perché nel caso di alcune scelte che dovranno compiere i vostri personaggi dovrete farli agire come se fossero i personaggi e non i giocatori. Cosa vuol dire? Mettiamo che il vostro personaggio (A) si fidi ciecamente di un altro (B) che vuole ingannarlo. Il personaggio B conduce A fino ad un punto in cui c'è un trabocchetto che ha scoperto la volta prima e di cui voi lettori siete a conoscenza. Il personaggio A tuttavia non sa di suddetta trappola. Io vi porrò di fronte alla scelta “fare come dice B o essere dubbiosi”, e in questo caso voi non dovrete subito andare per la seconda perché sapete che lì c'è un tranello letale, invece dovrete pensarla dal punto di vista del vostro OC e decidere di conseguenza, sono stato chiaro? Spero di sì.

Parlando di scelte in questo capitolo non avevo molte idee quindi ho dato solo una scelta multipla. Speriamo bene.

Ora una cosa che vi avevo promesso già alla fine dello scorso capitolo ma di cui mi sono dimenticato:

 

 

Aree di Demigod Island
A
) Costa: Spiaggia, ???, ???, ???
B) ???
C) ???
D) Montagna: Grotta, Sentiero, Piedi della Montagna, ???
E) Pianura: Prato, Lago, ???

 

 

Questa è una mappa con delle indicazioni delle aree fino ad ora scoperte con le seguenti sottosezioni. I “???” indicano sia le aree che mancano sia le sezioni in quell'area che non sono ancora comparse. La aggiornerò di capitolo in capitolo in base alle scoperte che faranno i vostri personaggi.
E sì: il gioco di parole nel titolo è voluto.

Penso non ci sia altro da dire, quindi vi lascio con le schede dei personaggi presentati nel corso del capitolo:

 

 

§ Katrina Seffir §
§ figlia di Favonio §
§ 15 anni §
§ oggetto posseduto: medaglia Arcobaleno §
§ “Run with my hands on my eyes / Blind, but I'm still alive” §

 

 

 

] Christian “Chris” Lawrence Augustus Wright [
] figlio di Apollo [
] 23 anni  [ 
] oggetto posseduto: nastro bianco rosato [
] “Se vuoi capire una persona non ascoltare le sue parole osserva il suo comportamento” [

 

 

 

- Seraphina “Polly” Gracie Sanders -
- figlia di Persefone -
- 15 anni -
- oggetto posseduto: ciondolo d'argento con ametista come pendaglio -
- “Non chiederti perché la gente diventa pazza, chiediti perché non lo diventa. Davanti a tutto quello che possiamo perdere in un giorno, in un istante, è meglio chiedersi che cos’è che ti fa restare intero” -

 

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Capitolo 4
*** Il risveglio - Foresta del dubbio, foresta di incontri ***


IL RISVEGLIO -
FORESTA DEL DUBBIO, FORESTA D'INCONTRI

 

 

Hai sbloccato una nuova area: Foresta

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Bosco

 

Colin si muoveva con passo veloce per la foresta, schivando come se niente fosse alberi caduti e rami bassi. Dopo l'iniziale momento di panico e confusione il figlio di Ares era riuscito a riprendere il suo solito sangue freddo e la sua capacità di giudizio. Era stato uno stupido a lasciare che le emozioni prendessero il sopravvento, in fondo sarebbe dovuto essere abituato a situazioni del genere, no? Suo padre gliele faceva vivere in continuazione, sin da quando aveva sette anni...
Scosse la testa. Non doveva distrarsi.
Con un gesto seccato spostò di lato una cortina di fronde salvo poi fermarsi di botto. Di fronte a lui la schiena arcuata in una posa intimidatoria e la coda da scorpione già pronta a sparare i suoi micidiali aculei, c'era una manticora. Il mostro gli soffiò contro con la sua brutta faccia mentre prendeva a girargli attorno pensando che fosse chissà quale semidio alle prime armi che si era paralizzato dalla paura nel vederlo.
Colin sbuffò mentre alzava gli occhi al cielo: ma per favore.
Per un attimo pensò di tirare fuori la spada dal passante della cintura e tagliare di netto la coda della creatura, ma il rumore non avrebbe fatto altro che attirare altri mostri ed eventuali scocciatori umani.
Poteva scappare, ma la manticora gli sarebbe venuta dietro rompendogli le scatole.
Pertanto gli restava solo quella cosa.
Chiuse gli occhi, inspirò a fondo, e lasciò che il potere di suo padre fluisse nel suo corpo.
La manticora vide il corpo del giovane iniziare ad emanare un'inquietante fumo rossastro, prima in ciuffi quasi invisibili ad occhi nudo, poi mano mano sempre più massicci, fino a che il semidio non fu completamente circondato da un vapore color sangue.
Senza sapere perché il mostro prese ad arretrare, colto da una sensazione di gelo simile a panico primordiale. I soffi di vittoria nell'aver trovato la preda si tramutarono in versi simili a guaiti, emessi nel vano tentativo di farlo andare via.
Colin aprì di scatto gli occhi. Le iridi solitamente azzurre erano diventate di un profondo rosso cremisi.
“Fila via” ringhiò sottovoce e il mostro fuggì con la coda tra le gambe.
Il figlio di Ares la guardò andare via per poi rilassarsi e permettere al suo corpo di tornare normale. Non gli piaceva usare l'aura intimidatoria ereditata dal padre, certo era utile, ma come tutti i “superpoteri divini” consumava molte energie, e poi non era un potere circoscritto. Qualunque creatura nelle vicinanze aveva sicuramente sentito l'alone predatorio di terrore puro con cui si era circondato, e se da una parte era un bene in quanto teneva distanti mostri come manticore o uccelli dello Stinfalo, dall'altra funzionava peggio con creature più intelligenti che davano meno retta all'istinto e più alla ragione, come dracene o altro.
Il semidio si lasciò sfuggire un sospiro mentre si passava una mano tra i corti capelli rossi. Sentiva molto la mancanza del suo berretto militare, era uno dei pochi averi a cui era veramente attaccato. Avrebbero potuto privarlo di tutto: vestiti, zaino, anche la spada, ma non il suo cappellino. E in cambio cosa aveva ricevuto? Con un smorfia tirò fuori riluttante l'oggetto che qualcuno gli aveva messo nella tasca dei pantaloni.
La luce colpì l'anello di ferro del portachiavi mentre ombre inquietanti donavano alla piccola marionetta e alla maschera attaccata un'aria inquietante. Non appena il figlio di Ares aveva visto la maschera intagliata nel legno completamente bianca e la statuina grande poco più di cinque centimetri subito aveva provato un profondo senso di disagio. Una sensazione di gelo si era impadronita di lui, e il suo istinto gli aveva urlato di buttare via quella cosa il prima possibile.
Ma la sua parte curiosa aveva insistito per tenerlo.
Chissà a chi apparteneva? Chiunque fosse Colin si era ripromesso una cosa: mai e poi mai si sarebbe fidato del suo proprietario.
Con un sospiro si rimise il portachiavi in tasca per poi prendersi a guardare attorno.
Doveva uscire da quella dannata foresta al più presto, trovare un posto dove mangiare e poi tornare alla patetica vita di tutti giorni. O almeno fino a che suo padre non gli avesse offerto un'altra delle sue solite sfide.
Sbuffando il giovane andò avanti facendosi spesso largo nella vegetazione usando la spada come un machete.
Dopo una decina di minuti di arrancare in mezzo al nulla sentì un rumore provenire dalla boscaglia alla sua destra. Non parevano i passi di un mostro, pareva più... una persona che stava correndo. E nella sua direzione.
Il ragazzo si mise in posizione di guardia preparando la spada.
Chiunque fosse, amico o nemico, avrebbe ottenuto delle risposte.
Anche se ciò significava usare misure drastiche per ottenerle.

 

 



 

Hai sbloccato una nuova sezione: Palude

 

Madison...
La ragazza voltò la testa con un lieve verso di fastidio, mentre un sussurro si intrometteva nei suoi sogni.
Madison.... svegliati....
La mora si mosse a disagio sul suo giaciglio mentre la voce si ripeteva.
Madison, ti prego... svegliati....
Lei non si voleva svegliare. Svegliarsi significava passare un'altra giornata al Campo, in compagnia degli altri semidei, in compagnia di altri esseri umani, in compagnia di altre persone false che non si sarebbero mai mostrate per quello che erano.
Madison, svegliati... ti prego, svegliati...
La voce si stava facendo più insistente, tanto che non sembrava più sussurrare, ma parlare, per quanto comunque ad un tono di voce basso. Ma lei non la voleva ascoltare, lei voleva dormire, perché solo nel caldo rifugio del sonno poteva pretendere che la vita non fosse come nella realtà.
Bambina mia, ti prego... ascoltami... svegliati...
Bambina? Perché la voce la chiamava bambina?
Figlia mia... sei in pericolo... svegliati...
Figlia? Ma allora quella era...
Svegliati.
Madison si rizzò a sedere di scatto, una mano tesa in avanti, le labbra che prendevano a formare la parola “madre!”, ma che rimasero mute.
La ragazza si portò una mano al cuore. Batteva all'impazzata, e poteva capirlo. Sua madre di tanto in tanto le parlava, ma non le era mai successo così, inoltre... si era quasi manifestata nel suo sogno, e si ricordava che le aveva detto, durante il loro unico pseudo incontro, che non possedeva quei poteri, e che aveva dovuto chiedere un favore a Ipno e a Morfeo. Però quella che aveva sentito era la voce di sua madre, di fatto non l'aveva vista di persona, quindi valeva comunque come cosa?
Scosse la testa. I dilemmi filosofici li avrebbe riservati per un altro momento. Aveva altre cose, cose più importanti, di cui occuparsi prima.
Sua madre le aveva chiaramente detto che era in pericolo. Cosa voleva dire? Che qualcuno ce l'aveva con lei? Oppure che il Campo stava per essere attaccato da qualche entità oscura?
“Devo parlarne subito con Chirone” pensò la ragazza alzando la testa pronta a scattare in piedi... per poi fermarsi di botto vedendo dove si trovava.
Non era al Campo, ma seduta nel bel mezzo di una piccola isoletta sotto i rami di un albero dall'aspetto malato. L'acqua stagnante a pochi metri da lei rifletteva quel poco di luce che filtrava dalla volta di rami. Mangrovie spuntavano qua e là dall'acquitrino assieme a canne palustri, e riusciva a scorgere in mezzo alla nebbia naturale di quel posto altre piccole isolette come quella in cui si trovava.
Deglutendo la giovane si alzò in piedi per poi prendere a guardarsi attorno.
Quella era decisamente una palude, il mistero era come ci era finita lei lì. Era abbastanza sicura che la foresta del Campo non ospitasse luoghi come quello, quindi dov'era?
Si mosse vicino all'acqua con circospezione, mentre con gli occhi si guardava attorno per accertarsi che quel luogo non le riservasse qualche sorpresa inaspettata. Uno dei vantaggi di essere nata a New Orleans era che sin da piccola ti abituavi agli ambienti palustri e imparavi a conoscerne ben presto i pericoli. Soprattutto se eri una semidea.
In quel momento il suo sguardo venne catturato da un luccichio che proveniva da sotto la superficie dell'acqua.
Lentamente si avvicinò e, facendo attenzione a non bagnare l'orlo della gonna, entrò in acqua. Per fortuna era alta solo una ventina di centimetri, e non le arrivava neppure alle ginocchia.
Arrivò fino a sopra l'oggetto luccicante e si fermò. Con fare attento si tirò su la manica del giubbotto per poi infilare prudentemente la mano sott'acqua. Era abbastanza tiepida, e se fosse stata un po' più schizzinosa non avrebbe esitato a definirla disgustosa.
Finalmente le sue mani toccarono l'oggetto. Era lungo e scivoloso al tatto. Fece correre la mano verso l'alto fino a che non incontrò qualcosa di più ruvido e leggermente più grosso.
Sorrise. Avrebbe riconosciuto ovunque un oggetto del genere.
Facendo forza tirò fuori con un risucchio la spada mezza affondata nel fango della palude.
La osservò per qualche secondo incuriosita. A prima vista poteva sembrare di bronzo celeste, ma era leggermente più scuro, e poteva riconoscerne delle venature nere lungo la lama
Deglutì.
Quell'arma non le piaceva, era pericolosa. Ma era anche l'unica a sua disposizione, visto che qualche infame si era divertito a rubarle la spada. Almeno la sua amata conchiglia era ancora lì. Ma non era abbastanza come protezione, quindi fino a che non avesse trovato un'altra arma si sarebbe accontentata di quella strana spada.
In quel momento sentì qualcosa tuffarsi nell'acqua alle sue spalle. Subito la semidea si bloccò, mentre si concentrava per captare altri rumori.
In apparenza la palude sembrava silenziosa, ma lei era brava ad ascoltare. E forse fu proprio per questo che lo sentì: il sibilo lieve di un serpente.
Anzi, più lo ascoltava più si rendeva conto che erano più sibili assieme.
E lei sapeva benissimo a chi appartenevano. Un nemico contro cui avrebbe avuto poche possibilità in quel momento.
Cercando di fare il più piano possibile la figlia di Stige si mosse verso la terraferma.
Quella creatura non l'avrebbe seguita fuori dalla palude, lei lo sapeva, quindi doveva solo trovare un modo per andarsene da quel luogo. E Tiche sembrò ricordarsi all'improvviso della sua esistenza, facendole trovare praticamente subito l'uscita.
Madison innalzò una veloce e muta preghiera agli dei, per poi prendere a correre.
Di tanto in tanto lanciava sguardi dietro di sé per accertarsi che il mostro, o qualunque altra cosa, non la stesse seguendo, continuando a correre per mettere quanto più spazio possibile tra lei e quel posto.
Ad un certo punto scostò una fronda e si bloccò.
Di fronte a lei, in posizione di guardia, se ne stava un ragazzino. Indossava una canottiera rosso fuoco e dei semplici jeans. Le braccia e il viso erano coperte di graffi, e gli avambracci riportavano varie cicatrici. I capelli erano dello stesso rosso fiammante della canottiera ed erano tagliati molto corti. Gli occhi celesti erano freddi, anche se lievemente curiosi. E, cosa che più la colpiva, era basso. Raggiungeva a stento il metro e sessanta. Ma dal modo in cui stringeva la spada, rilassato ma pronto, si capiva che non era un tipo con cui scherzare né tantomeno da sottovalutare.
I due se ne stavano in silenzio, uno di fronte all'altra, nessuno sembrava disposto a fare la prima mossa.
Cosa poteva fare Madison?
Da come la vedeva lei aveva tre possibilità: poteva rimanersene lì in silenzio e aspettare che fosse l'altro a parlare. Da come lo aveva trovato era chiaro che la stesse aspettando, e se non era scappato si capiva che voleva un dialogo. Anche vero però che avrebbe potuto attaccarla.
Poteva provare a scappare, era veloce, e forse lo avrebbe seminato, ma quella foresta era insidiosa e quasi sicuramente il ragazzo l'avrebbe inseguita, e per quanto basso non le erano sfuggiti i muscoli che facevano bella mostra sulle braccia.
Oppure poteva contare sull'effetto sorpresa e provare ad attaccarlo lei. Anche l'altro pareva allenato, ma magari sarebbe riuscita a distrarlo quel tanto che bastava per poi scappare a gambe levate.
Cosa fare? Restare per parlare, scappare o combattere?
 

- Parlare                                                       - Scappare

- Combattere

 

*****

 

Dire che Darren fosse confuso era un eufemismo.
Il giovane si guardava attorno, grattandosi la testa e cercando di capire come avesse fatto a finire nel bel mezzo di quella palude così lercia e putrescente.
Con un gesto stizzito schiacciò l'ennesima zanzara che gli si era posata sul collo.
Doveva uscire da lì, il prima possibile. Non è che avesse paura o altro, ma l'umidità gli aveva attaccato i capelli castani sul cranio, e gli insetti lo stavano mangiando vivo.
Ad un certo puntò gli sembrò di scorgere un movimento nella nebbia.
Senza pensarci due volte urlò: “C'è nessuno?!” per poi tapparsi la bocca e darsi mentalmente del deficiente.
Va bene che aveva passato solo un estate al Campo, ma avrebbe dovuto usare il buon senso, diamine! Andiamo: chi, svegliatosi in un luogo chiaramente pericoloso come un'isoletta al centro di una palude e con una visibilità ridotta a causa dalla nebbia, si metteva ad urlare ai quattro venti la sua posizione ad eventuali nemici e mostri come se niente fosse? Era un idiota!
Infatti ben presto sentì qualcos'altro che si muoveva nell'acqua, qualcosa di veloce, e decisamente poco raccomandabile.
Istintivamente prese ad arretrare, mentre pensava ad un'eventuale via di fuga.
In quel momento i suoi primi nemici uscirono dalla nebbia. A prima vista sembravano solo dei tronchi, ma il figlio di Selene non ci mise molto a localizzare gli occhietti malvagi ed affamati e la coda coperta di scaglie.
Coccodrilli.
O almeno credeva fossero coccodrilli. I coccodrilli abitavano nelle paludi? O quelli erano gli alligatori? Oppure i caimani?
Il giovane scosse la testa: era in momenti come quelli che detestava la sua iperattività.
Cosa fare? I bestioni, almeno due metri di lunghezza, si avvicinavano sempre più in fretta, pronti a banchettare con la sua carne, e lui non aveva idea su come scappare.
Senza accorgersi urtò con la schiena contro l'albero che cresceva al centro dell'isolotto. Stupito alzò la testa. Non l'aveva notato.
Un piano andò a formarsi nella sua testa.
“Beh, come si dice in questi casi: o la va, o la spacca” mormorò prima di flettere le gambe e saltare in aria per appendersi al ramo più basso della pianta.
Ovviamente era scivoloso a causa dell'umidità, e una mano perse la presa. Darren si lasciò sfuggire un'imprecazione a mezza voce, mentre osservava il palmo graffiato dalle schegge. Con uno sbuffo la rimise sopra e, cercando di fare forza nelle braccia, si issò sopra l'albero.
Mentalmente ringraziò i figli di Ares per la loro insistenza nelle arrampicate sul muro di lava e il fatto che avesse iniziato ad allenarsi per conto suo.
Ma non era ancora il momento di cantare vittoria, i coccodrilli (li avrebbe chiamati in quel modo fino a quando qualcuno non avesse risolto il suo dubbio amletico) ormai erano sulla spiaggia e si stavano dirigendo in fretta verso l'albero. Non era uno zoologo e non ci teneva a scoprire quanto in alto saltassero su quelle tozze zampette.
Facendo attenzione a non scivolare si arrampicò lungo il tronco, guardando di tanto in tanto verso il basso e cercando di ignorare i graffi e le schegge sulle mani e sulle braccia.
Alla fine si fermò ad un'altezza di una dozzina di metri e si sedette a cavalcioni sul ramo, guardando in basso col fiatone. I coccodrilli erano ancora lì, che aprivano le fauci reclamando la loro preda.
Tutto ciò che Darren doveva fare ora era aspettare che quei lucertoloni troppo cresciuti lo lasciassero in pace e andassero a tormentare qualche altro animaletto indifeso.
Istintivamente alzò il braccio per vedere l'orologio e calcolare così più o meno quanto ci avrebbero messo per andarsene, ma si fermò non appena vide che il polso era nudo.
Subito si gelò e prese a darsi pacche sul corpo per vedere se per caso ce lo avesse addosso da qualche parte o in qualche tasca. Guardò anche verso il basso, pregando che non gli fosse caduto durante l'arrampicata, ma per quanto aguzzasse la vista, proprio non riusciva a vederlo

“Maledizione” mormorò dando un leggero pugno contro il tronco dell'albero.
E in quel momento lo vide.
All'indica della mano destra aveva un anello d'argento. Aggrottò le sopracciglia. Cosa ci faceva con un anello? Se lo tolse e lo osservò meglio: era semplice, solo un cerchietto senza scritte o decorazioni. Come mai ce l'aveva addosso?
Perso com'era nel contemplare l'oggetto non si accorse del sibilo fino a che non divenne insistente. Il ragazzo si irrigidì mentre si appiattiva contro il tronco. Guardò verso il basso e vide che i coccodrilli avevano smesso di dimenarsi e ora stavano scappando in fretta verso l'acqua, per poi dileguarsi.
Peccato che uno non fu abbastanza veloce.
Stava per inabissarsi quando dalla nebbia spuntò fuori la gigantesca testa di un serpente che lo afferrò e trascinò con sé.
Il castano chiuse gli occhi e pregò tutti gli dei che gli venivano in mente, mentre sentiva il verso disperato del coccodrillo che cercava di liberarsi e il rumore della sua carne squartata dalle molte bocche dell'idra che abitava quei luoghi.
Quando ritornò la pace e si fu accertato che il mostro se ne fosse andato, il semidio si arrischiò a guardare di nuovo verso il basso. Non sembrava esserci nessuno lì sotto, ma l'acqua era tinta del sangue dello sventurato animale.
Darren rigettò indietro un contato di vomito.
Dove diavolo era finito?

 

 



 

Hai sbloccato una nuova sezione: Giungla

 

Anna non era felice. Affatto.
Ma in fondo, pensava, quanti lo sarebbero stati nel risvegliarsi nel bel mezzo di una giungla dopo essere stati, probabilmente, drogati e rapiti? Che poi si chiedeva come fosse possibile, al Campo avevano un sistema di sicurezza di prim'ordine, il semplice malintenzionato di turno non avrebbe potuto certo fare una cosa del genere.
La castana prese un profondo respiro. Non era il momento di farsi domande del genere, ora la cosa più importante era capire dove fosse, e soprattutto quanto fosse distante dal Campo.
Doveva essere calma e razionale, mettere da parte la confusione, analizzare l'ambiente circostante e...
Dove Ade siamo finite?!?!
Sospirò. Ecco appunto, così i suoi piani andavano a farsi benedire, con pace all'anima loro.
No, sono seria: andiamo a dormire nella nostra capanna e ci risvegliamo in una giungla?! Sul serio?! Cosa diavolo hai fatto ieri?! Mi assento per un attimo e tu subito fai casini, sei impossibile.
La figlia di Ecate assunse un'aria stizzita, prima di mormorare: “Io non ho fatto assolutamente niente, sono confusa quanto te. Ora, se non ti spiace, vorrei avere un po' di silenzio qui, sto cercando di...”
Mi stai dicendo che neanche tu sai come siamo finite qui e perché?! Ah, stupendo! Allora, che si fa, capo?! Aspettiamo che un giaguaro ci salti addosso? Vaghiamo senza meta fino a morire di fame? Andiamo in giro per poi trovare un cadavere impiccato che ci farà perdere punti sanità e che ci trascinerà sempre di più verso il baratro della follia?
Anna alzò gli occhi al cielo: “Sia maledetto il giorno in cui ti hanno convertita ai giochi di ruolo e fatto scoprire l'esistenza di Kthulu”
Lovecraft è un genio del horror fantascientifico, portagli rispetto.
“Strygha, qui abbiamo un problema serio, pertanto basta fare casino, devo concentrarmi per tirarci fuori da questa situazione”
Posso vedere?
“Cosa? No!”
Ma ormai era troppo tardi. La castana non ebbe neppure il tempo di finire la frase che sentì un dolore lancinante alla testa. Un verso roco uscì dalla gola, mentre si muoveva in maniera scomposta andando a sbattere contro gli alberi circostanti, senza però dare segno di avvertire le botte. Alzò il volto al cielo e per un attimo gli occhi bicromatici, nero e azzurro, divennero entrambi neri. Abbassò di nuovo la testa e lanciò un urlo profondo.
Poi, così come era iniziato, quel violento raptus si fermò, lasciandola sfinita a riprendere fiato appoggiata contro il tronco di un albero, gli occhi di nuovo di due colori diversi.
“Ti odio - ringhiò sottovoce - Non farlo mai più”
Detestava quella situazione, e l'ultima cosa che le serviva in quel momento era che la sua personalità irrazionale e avventata prendesse il sopravvento facendole uccidere entrambe.
Raddrizzò la schiena e si guardò attorno con fare circospetto. Sicuramente il rumore fatto aveva attirato l'attenzione degli abitanti di quei luoghi, pertanto l'unica cosa che poteva sperare in quel momento era di trovare qualcosa con cui difendersi dai loro attacchi.
Alzò la testa, e vide qualcosa splendere in mezzo alle fronde.
Pensi sia saggio andare fin lassù?
“Potrebbe essere un'arma. La nostra unica arma, visto che apparentemente qualcuno si è divertito a toglierci il nostro ciondolo”
Cosa?! E me lo dici così?!
“Non mi sembrava importante che tu lo sapessi”
E ci sono altre cose che non mi hai detto e di cui dovrei sapere l'esistenza?
La personalità dominante scrollò le spalle mentre la mano correva alla tasca del giubbotto e tirava fuori il peluche di un coniglietto di colore bianco sporco: “Avevo questo in tasca, e apparentemente appartiene a qualcuno visto che ha il nome riportato sull'etichetta”
Awww, ma è carinissimo! Come si chiama?
“Berry”
Ma è tenerissimo! E poi guarda, ha per occhi due bottoni di colori diversi, come i tuoi!
La figlia di Ecate scosse la testa. Non aveva tempo per sentire i vaneggiamenti dell'altra. Con cautela prese ad arrampicarsi lungo il tronco dell'albero, ignorando le schegge che le si infilavano nei palmi e cercando di non farsi prendere dal panico quando perdeva la presa, cosa a cui ci pensava già Strygha.
Alla fine arrivò fino all'oggetto luccicante, e nel vederlo si lasciò sfuggire un sorriso. Bingo, una spada. Certo, era strano trovare una spada appesa a delle liane nel bel mezzo della foresta, ma visto la situazione in cui si trovava si accontentava di qualunque cosa passasse il convento. Anche se, ora che la guardava meglio, era diversa dalle spade del Campo, con quel colore bronzo scuro e la sensazione simile a quella che le davano le armi in ferro dello Stige.
In quel momento sentì qualcosa muoversi sotto di lei e subito si nascose meglio tra i rami, mentre stringeva la presa sul manico.
Vide farsi avanti sotto di lei una ragazza, l'altezza non troppo superiore alla media e dei corti capelli castani abbastanza arruffati. La nuova venuta si guardò per un attimo attorno con circospezione, come se stesse cercando qualcosa. Dalla sua posizione Anna riuscì a vedere che portava alla cintura una spada, leggermente diversa dalla sua, di un colore bronzo dorato.
La sconosciuta si portò una mano alla testa, e lei si bloccò. Dall'avambraccio in giù sulla mano destra non c'era carne, ma solo freddo bronzo celeste. Una protesi, che le confermava anche un'altra cosa: quella ragazza era una semidea.
Deglutì, mentre cercava di pensare a cosa fare.
Poteva provare a seguire la giovane, nascondendosi tra le fronde o in mezzo ai cespugli, magari lei sapeva cosa stava succedendo e dove si trovavano (anche se lo dubitava fortemente).
Oppure poteva farla andare via e poi proseguire nell'altra direzione. In fondo non sapeva se si trattava di un'amica o di una nemica.
Cosa fare? Seguirla di nascosto o lasciarla andare via?


- Seguirla                                                                - Rimanere nascosti

 

*****

 

Pamela si grattò la testa con la mano. La sinistra, ben inteso, la destra per quanto tecnologica, rischiava di strapparle i capelli se ci provava. Lo sapeva, le era successo.
La figlia di Efesto si guardò attorno. Poco prima, dopo che aveva trovato quella strana spada, aveva sentito il rumore di qualcuno che si agitava e un urlo gutturale, quasi demoniaco, che proveniva da quella zona.
Certo, personalmente non era una codarda, tutt'altro, ma doveva ammettere che il verso le aveva messo non poca ansia.
Il buon senso le aveva suggerito di scappare a gambe levate, ma la sua curiosità aveva avuto, di nuovo, la meglio, e così, stringendo quella nuova arma e facendosi coraggio, era andata verso dove aveva sentito il rumore. Peccato che non appena arrivò tutto ciò che riuscì a trovare fu il nulla.
Certo, le sarebbe potuta andare molto peggio, avrebbe potuto incontrare un qualche mostro bavoso, ma non poteva fare a meno di sentirsi leggermente delusa.
La giovane sospirò mentre guardava meglio la spada trovata poco prima. Cosa diavolo era? Erano anni che si addestrava al Campo, e aveva passato buona parte del suo tempo lì nell'officina, ma un'arma del genere... era la prima volta che la vedeva.
Diede un colpetto sulla lama, e il rumore che confermò i suoi sospetti oltre che aumentare il suo stupore.
Quella spada non era bronzo celeste, né oro imperiale, né tantomeno ferro dello Stige. Quella spada era formata da una lega, una lega di bronzo e oro. Ma, com'era possibile? Sapeva di suoi fratelli e di “cugini” di Vulcano al Campo Giove che avevano progettato un'ipotetica lega nata dalla fusione dei due metalli semidivini, ma a quanto ne sapeva lei era ancora un progetto puramente teorico.
Ed ora, ecco tra le mani il prodotto fatto e finito.
Storse la bocca in una smorfia. Se avesse avuto più tempo l'avrebbe sicuramente esaminata, ma aveva altre cose di cui occuparsi prima, in primis restare in vita.
Quella giungla non le piaceva, ed era quasi sicura di aver visto le sagome di creature che si muovevano nell'ombra.
E poi c'era l'urlo di prima.
Doveva uscire da quel luogo il prima possibile.
Con un sospiro rimise la spada nel fodero e si incamminò tra gli alberi, senza accorgersi degli occhi che, sopra di lei, la seguivano passo passo.

 

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Tempio abbandonato

 

Jonathan chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Mentalmente iniziò a contare. Arrivato a venti si fermò e socchiuse le palpebre. Abbassò le spalle per lo sconforto.
Niente da fare, si trovava ancora in quel posto, non era un sogno.
Non aveva senso: la sera prima era andato a dormire in camera sua, e ora si risvegliava in un gigantesco gazebo di pietra. O almeno gli sembrava un gazebo di pietra.
Si grattò i corti capelli castani mentre ruotava la testa per guardarsi meglio in giro. Era stato così sorpreso che non aveva neanche analizzato bene l'ambiente circostante.
Sospirò: se sua madre fosse venuta a saperlo gli avrebbe fatto una lavata di capo coi fiocchi. E anche i suoi istruttori. Ne aveva di strada da fare per diventare un vero agente segreto come i suoi.
Il ragazzo prese a perlustrare l'ambiente. Lo “stanzone” nel quale si trovava era un gigantesco rettangolo, forse dodici metri per cinque, e non presentava pareti. Lungo il perimetro erano presenti solo una serie di colonne, Jonathan ne contò quattro sui lati corti e nove su quelli lunghi. Da fuori poteva vedere che si trovava nel bel mezzo di una giungla. La faccenda si stava facendo sempre più strana. Alzò la testa. Il soffitto era privo di ornamenti, ma pareva ancora in buono stato e doveva essere alto più o meno sei metri.
Il giovane si girò e sgranò gli occhi. Dietro di lui si trovava un enorme piedistallo con sopra le gambe di quella che un tempo doveva essere la gigantesca statua che troneggiava in quel luogo. Il piedistallo doveva essere più o meno due metri. Di fronte ai resti della statua c'era un tavolo alto circa un metro, forse poco più. Per terra, mezzi distrutti e coperti di polvere e ragnatele, se ne stavano due vecchi bracieri di bronzo.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. Vuoi vedere che si trovava...
I suoi pensieri vennero interrotti da un'improvvisa luce bianca che prese a risplendere sopra la sua testa. Prima che potesse riprendersi dallo shock la luce mutò, diventando nera come la notte, e poi di nuovo di un bianco abbagliante. Il ragazzo alzò la testa e vide che sopra di lui risplendeva chiara l'immagine di una veste, un vecchio chitone greco, che passava dal bianco al nero ad intermittenza. Dopo pochi secondi l'ologramma prese a sbiadire fino a scomparire del tutto.
Il giovane deglutì. Stava tremando.
Jonathan sapeva bene di essere un semidio, ma nel corso dei suoi diciotto anni di vita non aveva mai scoperto chi fosse il suo vero padre. Certo, ci aveva parlato nel mondo dei sogni, e sapeva che era una divinità legata al mondo onirico. Assieme a sua cugina Emily era anche riuscito a capire più o meno di chi si trattasse. Ma la cosa appena successa...
Emily gliene aveva parlato, era una cosa che succedeva spesso ai semidei al Campo. Lui era.. era appena stato riconosciuto da suo padre. Suo padre aveva finalmente ammesso che fosse suo figlio.
Ma perché ora? E perché in quel posto, poi?
Il giovane riportò lo sguardo sul tavolo e sulla statua distrutta. Probabilmente tutto ciò, tutto quel luogo e quella strana situazione, aveva a che fare con il lato divino della sua famiglia, pertanto probabilmente si trovava in un tempio. Ma perché proprio in mezzo alla foresta? E poi un tempio dedicato a chi? Di certo non a suo padre! Aveva fatto delle ricerche su di lui (più che altro: Emily le aveva fatte, mentre lui se ne stava in panciolle sul divano a sonnecchiare. A volte sembrava che fosse più curiosa sua cugina della sua discendenza di lui), ed era arrivato alla conclusione di essere figlio di Oniro, personificazione dei sogni (come il simbolo di poco prima gli aveva confermato, in quanto una veste bianca ed una nera erano il suo emblema), e pertanto un luogo di culto nel bel mezzo di un bosco era completamente fuori luogo.
Aggirò l'altare (questo era il piccolo tavolo) e si portò di fronte al piedistallo. Inclinò la testa e prese guardare la base, per poi iniziare a farne il giro. Inutile, non riportava iscrizioni di alcun genere. Si alzò sulle punte e afferrò il bordo con la punta delle dita per poi provare a sbirciare sopra. Il basamento doveva essere più basso di quanto aveva calcolato inizialmente visto che riuscì a vedere cosa c'era sopra. E a quel punto assunse un'aria confusa. Di fronte a lui, davanti ai piedi della statua, se ne stava una lunga asta di legno scuro, completamente liscia.
Dubbioso tornò a terra, per poi stendere la mano e prenderla. Quando poté guardarla meglio non riuscì a trattenere un verso di sconforto. Tra le mani se ne stava la più bella e leggere lancia che avesse mai visto, con la punta fatta di un curioso materiale bronzeo-dorato. Osservò meglio la lama.
“Che sia questo... il bronzo celeste di cui mi ha parlato Emily” pensò confuso, per poi darsi un leggero schiaffo. Ci avrebbe pensato dopo. Piuttosto doveva trovare il modo di sostituire quella cosa il prima possibile. Andare in giro completamente disarmato non se ne parlava, ma vista la sua dimestichezza con la lancia...
Diciamo solo che prima trovava un pugnale prima si sarebbe sentito davvero sicuro.
Con un sospirò il semidio si voltò verso l'altare. Era coperto di polvere e su di un lato era presente una scodella sbeccata, forse di legno, che un tempo doveva custodire le offerte. Sovrapensiero passò un dito sulla superficie per poi guardarsi il polpastrello. Era nero di polvere. Se lo pulì distrattamente sui pantaloni mentre si guardava attorno alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa, che potesse essergli d'aiuto. I suoi occhi ricaddero sul tavolo e si bloccò. Doveva aveva passato il dito si intravedeva la superficie del ripiano, e da lì facevano capolino una serie di righe.
Subito prese il bordo della maglietta e iniziò a pulire l'altare, fino a che non fu lucidò come uno specchio. Un sorriso passò sul volto olivastro. Aveva fatto centro, c'erano delle parole lì sopra! Aguzzò la vista e prese a leggerle, sillabandole sottovoce.
Offro la mia vita a te, per il più grande dei tuoi doni... ma che diavolo significa?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Scusate se ci ho messo un po', diciamo che ero pronto a concludere il capitolo con la parte di Jonnhy già un quattro giorni fa ma... diciamo solo che sono successe un paio di cose che mi hanno costretto a rimandare conclusione e pubblicazione.

Ad ogni modo, spero che abbiate apprezzato l'avventura e questo capitolo un po' più lungo del normale per via delle maggiori presentazioni.

Devo essere sincero? Non mi è pesato scriverlo, si è praticamente costruito da solo. Sarà stato che avevo già un paio di idee per qualche personaggio su cosa fargli fare, sarà che in un modo o nell'altro mi sono sentito più a mio agio visto che parlava anche di Colin, ma sono abbastanza soddisfatto di come è uscito fuori.

Pareri personali di Charles sui personaggi: ritroviamo Colin dopo averlo lasciato il primo capitolo e vediamo anche un piccolo accenno del suo potere, spero che sia chiaro e in caso non lo sia basta che me lo diciate e cercherò di spiegarvelo meglio, ho cambiato la sua descrizione fisica, nel primo capitolo aveva i capelli neri, ma ho cambiato e invece di farlo il solito armadio ne ho fatto un piccolo armadio di circa un metro e sessanta dai capelli rossi, spero che lo apprezzerete anche così; Madison è un personaggio difficile da scrivere, ma la sua parte è stato in assoluto la più facile, è stata tra i primissimi personaggi ad arrivarmi e forse per questo mi ero già bene costruito cosa farle fare, il suo incontro con Colin era una cosa voluta sin dall'inizio; Darren forse non viene molto messo in evidenza come carattere, ma anche lui è stato facile da gestire, ho avuto una sorta di illuminazione mentre scrivevo la sua parte che mi ha portato a quello che siete riusciti a leggere; mi sono divertito a scrivere le parti di Anna e Strygha, e per chi non lo avesse capito Anna soffre di personalità multipla, e le parti in corsivo sono i pensieri della sua controparte; Pamela non avevo idee su come presentarla, sono sincero, e forse è per questo che la sua parte è un po' più breve di quella degli altri; Jonathan come Darren è abbastanza bidimensionale nel corso del capitolo e probabilmente un po' OOC, ma spero di riuscire a renderlo meglio nelle sue prossime comparse.

Metterò ora le nostre solite conclusioni, visto che non mi viene in mente altro da dire, solo se trovate degli errori nella grammatica per favore indicatemeli, sono stanco e con la testa sulla ormai sempre più prossima sessione estiva (che ritarderà la pubblicazione dell'ultimo capitolo del prologo, quindi siate pazienti) davvero non ce la faccio a controllare e correggere.

Ci sentiamo gente, al prossimo capitolo:

 

 

 



+ Colin Hall +
+
Figlio di Ares +
+
17 anni +
+
Oggetto posseduto: Portachiavi con una maschera di legno intagliata e una piccola marionetta +
+
“Con la giusta determinazione anche un cucciolo può diventare un predatore” +

 


 

^ Madison “Fos” Foster ^
^ Figlia di Stige ^
^ 18 anni ^
^ Oggetto posseduto: Collana con targhetta con un nome in braile ^
^ “Non è ironico? Una persona può amare alla follia una melodia che scaturisce dalle mani di colui per cui, però, prova un odio innato” ^


 

 

\ Darren Entrall \
\ Figlio di Selene \
\ 16 anni \
\ Oggetto posseduto: Anello d'argento \
\ "Ognuno di noi ha in se una parte buona e una malvagia,ma sta a noi decidere quale far prevalere sull’altra" \

 


 

§ Anna “Annie” Ethel Debenham§
§ Figlia di Ecate §
§ 17 anni §
§ Oggetto posseduto: Pupazzetto a forma di coniglio §
§ “Guarda gli occhi: capirai con chi stai parlando” §

 


 

# Pamela “Pam” Clarke #
# Figlia di Efesto #
 # 18 anni #
# Oggetto posseduto: Coletllino multiuso con strumenti #
# “ Ci sono cose che vale la pena ricostruire e rendere migliori” #


 

 

% Jonathan “Jonny” Lightman %
% Figlio di Oniro %
% 18 anni %
% Oggetto posseduto: Moneta da 500 Yen %
% “Ad una mente tranquilla l'universo intero si arrende” %



 

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Capitolo 5
*** Il risveglio - Rovine, misteri, amicizie e paure ***


IL RISVEGLIO -
ROVINE, MISTERI, AMICIZIE E PAURE

 

 

Hai sbloccato una nuova area: Rovine

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Arena

 

Rosemary sbatté un paio di volte gli occhi mentre cercava di placcare il rumore sordo nelle orecchie e il dolore lancinante alla testa. La vista era sfocata, e il sapore in bocca era amaro, sgradevole, come se avesse da poco vomitato. I suoi sensi erano completamente sballati, le sembrava di non riuscire a sentire nulla, vedere nulla o provare nulla.
La giovane donna chiuse gli occhi e si concentrò con tutte le sue forze sull'unico senso che le sembrava essere rimasto: il tatto.
A quanto riusciva a capire era distesa a pancia in giù. Contro le mani sentiva qualcosa di freddo e duro. Delle piastrelle forse? No, presentavano troppe irregolarità lungo la superficie per poterlo essere. Che fosse allora... pietra?
La ragazza fece un profondo respiro e provò di nuovo ad aprire gli occhi. Questa volta riusciva a mettere a fuoco l'ambiente e notò che aveva ragione. Si trovava distesa su un pavimento formato da blocchi di pietra, come quelli di un antico castello. Poco distante riusciva a scorgere schegge di pietra e batuffoli di polvere. Quindi quel posto era abbandonato?
Facendo forza sulle braccia la semidea si mise a sedere, per poi guardarsi attorno confusa.
Era in un corridoio, probabilmente sotterraneo vista l'assenza di finestre. L'ambiente era solo lievemente illuminato dal fioco bagliore di alcune torce appese lì vicino.
Rosemary aggrottò la fronte: torce accese in un luogo apparentemente abbandonato? Ma questo non aveva senso!
Si voltò, e vide che dietro di lei dopo una decina di metri il corridoio saliva.
La figlia Philophrosyne si alzò in piedi, appoggiandosi al muro vicino a lei per non cadere con la faccia a terra.
Dove Ade si trovava?
Senza che se ne rendesse conto il suo corpo prese a muoversi in direzione delle scale.
Grazie al cielo ora che aveva recuperato l'uso delle gambe finalmente poteva muoversi un po', rimanere lì ferma la stava uccidendo.
Era a metà strada verso la fine del corridoio che notò una cosa per terra di fronte a lei. Assumendo un'aria confusa si accovacciò. Un... pugnale? La lama era abbastanza lunga, e pareva essere anche decisamente affilata. L'elsa non era decorata in alcun modo, e alla luce delle fiamme sembrava essere fatta di qualcosa di diverso rispetto al bronzo celeste o all'oro imperiale, ma poteva anche essere un gioco di luce...
Si rialzò, mettendo l'arma nel passante della cintura.
In quel momento notò che i capelli castano dorati erano sciolti e le ricadevano scompostamente contro le guance rosee, impedendole parzialmente la vista. Subito la mano corse alla tasca dei pantaloni dove tirò fuori un elastico nero. Con gesti veloci e precisi la ragazza si acconciò i capelli in una coda. Dovunque si trovasse non era al sicuro, e avere i capelli di mezzo voleva dire uno svantaggio in più contro eventuali mostri.
Dopo essersi acconciata i capelli la giovane si rimise in marcia in direzione delle scale. Erano relativamente brevi e presto arrivò alla fine, solo per trovarsi in un altro corridoio, diverso però dal precedente. Era molto più grande, quasi imponente, e non c'erano fiaccole appese alle pareti. L'unica fonte di luce era costituita da una enorme arcata alla fine del corridoio.
“Un'uscita?” pensò confusa la giovane.
Non sapendo perché la mano corse al pugnale e lo tirò fuori, per poi avanzare circospetta in direzione della porta. Riusciva a sentire dei rumori non meglio definiti, e la cosa non faceva che aumentarle la sensazione di disagio.
Chissà cosa c'era lì fuori...

 

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Prigioni

 

La prima cosa che provò Lily nello svegliarsi in quell'enorme stanzone privo di finestre fu... confusione.
Come ci era finita lei lì? Quella non le sembrava la sua camera a Sidney? Era per caso la cantina della villa, magari un'area che non aveva esplorato o che i suoi genitori le avevano tenuto nascosto? Ma se era così: come ci era arrivata fin lì? Soffriva per caso di sonnambulismo e non se ne era mai accorta? Oppure qualcuno le aveva fatto un qualche tipo di scherzo?
In quel momento venne distratta da un refolo d'aria che entrò dalla porta e che le fece sbattere un paio di volte gli occhi.
Vento? Strano...
Si prese a guardare attorno mentre un senso di apprensione sempre maggiore le montava nel petto. Quella non era decisamente la cantina di casa sua!
A meno che la sua cantina non fosse come una replica delle prigioni medievali che vedeva nei libri della biblioteca, con tanto di catene appese alle pareti e ciotole sbeccate che dovevano forse essere servite un tempo per portare da mangiare agli sfortunati prigionieri.
La ragazza si portò una mano alla bocca e prese dei profondi respiri. Non poteva permettere alla paura di prendere il sopravvento.
Di certo se qualcuno l'aveva portata fin lì aveva avuto i suoi motivi, no? Del resto, perché mai qualcuno vorrebbe fare del male ad un'altra persona? Era assolutamente ridicolo! Forse... forse l'avevano portata fin lì per proteggerla, sì!
Certo, era senz'altro così! Volevano proteggerla da qualcosa e per fare in fretta non l'avevano svegliata e l'avevano messa lì.
Certo, questo non spiegava perché indossasse ancora i vestiti di tutti i giorni e non il suo adorato pigiama, ma comunque! Nessuno voleva farle del male ecco!
Facendo attenzione si mise in piedi e si guardò attorno con occhio attento. Ora che il senso di confusione e disagio era sparito era pervasa da un'altra sensazione, stavolta ben più familiare: curiosità!
Subito si avvicinò alle pareti e prese a guardarsi attorno, per capire qualcosa di più sul luogo in cui si trovava. Era decisamente una cella, ma non c'era molto che saltava all'occhio... beh, non che si vedesse poi molto con la poca luce che c'era. Se avesse avuto una torcia, o un fiammifero, o un qualunque strumento del genere le cose forse sarebbero state diverse.
In quel momento vide che in un angolo, abbandonato a prendere polvere, c'era un vecchio coltello. Si avvicinò e lo prese, per poi alzarlo confusa.
Sembrava un coltello come un altro, anche se era fatto di uno strano materiale. Aggrottò le sopracciglia. Era bronzo? Oro? Un miscuglio di entrambi? Certo era strano.
Ad un tratto le sembrò di sentire una voce che le sussurrava nell'orecchio “prendilo” e, riluttante, decise di tenerlo. Magari avrebbe potuto darlo a chi l'aveva portata fin lì, anche perché era pericoloso lasciare un coltello senza custodia per terra ne bel mezzo di una stanza. Qualcuno rischiava di farsi male senza volerlo.
In quel momento i suoi occhi furono catturati dal pavimento. Era coperto di polvere, ma nei punti dove era passata si riusciva a scorgere le pietre sottostanti. Anzi non erano semplici pietre...
Le sembrava quasi di scorgere le linee di un disegno.
Stava per chinarsi e spazzare via con la mano lo strato di polvere quando sentì dall'esterno qualcuno urlare: “Ehi, c'è nessuno?!”
Subito scattò in piedi e si diresse verso l'uscita rispondendo: “Quaggiù!”
Salì in fretta le scale e non appena sbucò fuori dovette socchiudere gli occhi per la luce improvvisa.
Quando si fu riabituata sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco e si trovò davanti una ragazza. Aveva i capelli castano chiari che le arrivavano circa alle scapole, vestiva come una semplice ragazza qualunque, con jeans e maglietta. Nulla di lei era fuori dall'ordinario, a parte forse l'arco che teneva in mano e la faretra piena di frecce.
La nuova venuta si morsicò il labbro inferiore mentre la esaminava completamente da capo a piedi con degli occhi di un azzurro talmente chiaro da ricordarle un cielo primaverile.
“Chi sei tu? E cosa ci fai qui?” domandò circospetta la ragazza rompendo il silenzio mentre saldava impercettibilmente la presa sull'arco.
Lily sbatté un paio di volte le palpebre, prima di aprirsi in un ampio e sincero sorriso e cinguettare: “Mi chiamo Lily Blossom, piacere di fare la tua conoscenza!”

 

*****

 

Evelyn rilassò le spalle mentre si metteva di nuovo in spalla l'arco.
Erano passati cinque minuti ormai da quando aveva incontrato la ragazzina uscita dalle prigioni che si era presentata a lei come Lily e ormai ne aveva l'assoluta certezza: quella ragazzina non avrebbe potuto fare del male ad una mosca, ed era all'oscuro quanto lei sulla loro situazione.
Beh, a dire il vero già a vederla si capiva che non era poi così pericolosa: era di poco più bassa di lei, i lunghi capelli color mogano erano lasciati selvaggi lungo la schiena e le iridi smeraldine trasudavano gioia come il largo sorriso.
Subito dopo che si era presentata le aveva detto sconfortata di non sapere dove si trovavano e che, come lei, si era risvegliata in una delle prigioni sotterranee, per poi prendere a bombardarla di domande.
Evelyn lasciò vagare un attimo lo sguardo sull'ambiente circostante. Si trovavano ai margini di quella che pareva essere una città, anche se, a giudicare dalle condizioni degli edifici con i rampicanti e l'erba che man mano stava prendendo il sopravvento sulle abitazioni, doveva essere abbandonata da un bel pezzo.
Passò poi a guardare nell'altra direzione, portando lo sguardo sui quadrati nel terreno che erano le scale che portavano alle celle sotterranee. Aveva contato sette quadrati, quindi sette celle, ciascuna delle quali che poteva contenere forse tre, massimo quattro prigionieri. Ventotto in tutto quindi in tempi di “sovraffollamento”. Le sembravano troppo pochi.
Inoltre le prigioni di per loro per come erano state costruite, quasi scavate nella nuda terra, erano opere di alta ingegneria! Certo non era una figlia di Atena, ma sapeva distinguere tra ciò che era fattibile e ciò che invece sembrava appartenere più al reame del libro o del videogioco.
Quel posto era strano...
Come era stato strano il ritrovamento di quell'arco e di quella faretra piena di frecce proprio di fronte alle scale della sua cella.
Chi ce le aveva messe?
“Ehi, Eve, tutto bene?”
La voce di Lily le fece sbattere un paio di volte gli occhi prima che riuscisse a focalizzarsi di nuovo sull'altra che la guardava con aria preoccupata.
La ragazza sorrise nervosa: “Certo, scusami, ma stavo... pensando”
La giovane si aprì in un sorriso: “Tranquilla, lo immaginavo. Il mio papà si morsica la guancia proprio come fai tu quando riflette. Hai un'aria davvero matura quando lo fai”
E rieccoci” pensò la ragazza mentre sentiva di nuovo una sensazione di piacevole tepore invaderle il corpo. Si conoscevano da neanche dieci minuti ma Lily le aveva già fatto almeno una dozzina di complimenti sul suo aspetto, sul suo nome e sul suo modo di porsi. Ed era... destabilizzante! Quando ti rapiscono e ti svegli in una prigione ti aspetti l'assalto di un mostro o che qualcuno ti attacchi a suon di spada, non... un'adolescente che ti sommerge di complimenti e che sembra considerarti quasi la sua nuova migliore amica!
“Ah, te lo volevo chiedere: sai per caso di che materiale è fatto il tuo arco? Non sembra corrispondere a nessuno di quelli che conosco o di cui ho letto...” domandò incuriosita la giovane.
“Ah, beh, ecco, non ne sono sicurissima neanch'io. A vederlo sembrerebbe bronzo celeste, ma in alcuni punti assomiglia più all'oro imperiale”
Lily sbatté le palpebre confusa: “Bronzo celeste? Oro imperiale? Che materiali sono? Non li ho mai sentiti prima”
La figlia di Eolo la guardò sorpresa. Aveva dato per scontato che la maggiore (perché tra le due era Lily la più grande, nonostante tutto) fosse una semidea, proprio come lei, ma dalla sua reazione forse era solo una mortale.
Urgeva verificare.
“Senti, Lily, posso farti una domanda un po' personale? Mi serve per verificare una cosa”
“Oh, sì, certo, fai pure!” esclamò con un sorriso la castano rossiccia.
“Va bene: come si chiamano i tuoi genitori?”
“Richard e Rosamary Blossom”
“E sei sicurissima che sono entrambi i tuoi genitori di sangue, e non un patrigno o una matrigna? Al cento per cento?”
Lily la osservò confusa ma rispose: “Sì, certo... perché?”
“Nulla, tranquilla...”
Il fatto che diceva che fossero i suoi genitori naturali faceva pensare che fosse una mortale, ma poteva anche essere che i due non le avessero mai detto niente. Inoltre c'era il fatto che aveva con sé un pugnale (che subito aveva provato a darle, dicendo che non voleva tenerlo) e che riuscisse a vedere quelle armi chiaramente semidivine e che sarebbero dovute essere protette dalla Foschia.
“Ancora un paio di domande, va bene?”
“Okay”
“Soffri per caso di cose come dislessia e disturbo da deficit dell'attenzione?”
Lily spalancò la bocca stupita: “Sì, ma tu come fai a saperlo?!”
La figlia di Eolo non riuscì a trattenere un lieve sorriso compiaciuto di fronte alla reazione dell'altra: “Chiamalo intuito. Ora un'ultima domanda, e per favore non prendermi per pazza: hai per caso mai manifestato... degli strani poteri? Tipo levitare, respirare sott'acqua, essere capace di influenzare i sentimenti altrui o cose così?”
Lily assunse un'aria ancora più colpita, prima di prendere a giochicchiare con una ciocca di capelli e mormorare: “Beh, ecco a dire il vero... sì. Talvolta le piante, quando sono vicino a loro, tendono a crescere meglio! Sembra quasi che in mia presenza abbiano un power up di energia”
Parlava sottovoce e con tono concitato, come se stesse rivelando per la prima volta ad un'altra persona un segreto tenuto nascosto da una vita. Faceva quasi tenerezza.
Gli occhi di Evelyn si illuminarono: controllo delle piante, bene! Forse era una figlia di Demetra, oppure di Dioniso.
Comunque nessuno che in prima battuta potesse crearle eventuali problemi. Suo padre era Eolo in fondo, il signore di tutti i venti. Viveva in un reame completamente diverso da quello dell'altra.
“Perché? Hai un potere anche tu?”
La domanda eccitata dell'altra ragazza la riportò coi piedi per terra. Quel giorno si stava distraendo decisamente troppo per i suoi gusti, che le stava succedendo? Solitamente cercava di essere sempre vigile e attenta, ma quel giorno... sembrava quasi che il suo corpo si rilassasse senza che lei potesse farci niente. Si sentiva tranquilla e sicura senza nessun apparente motivo.
Sorrise lievemente: “Beh, sì. Ho un discreto controllo dei venti. Posso levitare e volare, e oltre a ciò controllare il vento stesso per creare raffiche o piccoli tornado”
“Oh, che bello, un potere davvero eccezionale!” esclamò entusiasta l'altra, mettendo di nuovo la figlia di Eolo leggermente a disagio.
Ora aveva la conferma che la ragazza fosse una semidea di qualche tipo, però era anche sicura che non avesse avuto nessun genere di addestramento né che sapesse la verità sugli antichi dei.
Si morsicò l'interno della guancia. Parlargliene non le sembrava una buona idea, quella ragazza probabilmente già stava facendo fatica a metabolizzare l'intera situazione, e non voleva aggiungere troppa carne al fuoco.
“Ehi, che ne dici se andiamo ad esplorare un po' la città? E stammi vicina mi raccomando, non vorrei che ti perdessi” esclamò la castana mettendo su un sorriso nervoso.
Avrebbe aiutato quella ragazza ad uscire da quella situazione e l'avrebbe protetta a costo della vita.
Lo giurava sullo Stige.

 

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Piazza

 

Lionel non riuscì a trattenere la risatina che scappò dalle sue labbra.
Il giovane figlio di Panacea trovava la situazione che stava vivendo particolarmente intrigante: svegliarsi nel bel mezzo di un'antica città abbandonata senza nessuna memoria di come ci era arrivato fin lì e privato di alcuni dei suoi effetti personali.
Per riuscire a portare a termine quel piano lo dovevano aver tenuto d'occhio abbastanza a lungo. Forse doveva rivedere la sua routine una volta tornato alla civiltà, non voleva certo che una cosa del genere si ripetesse, era abbastanza seccante. Oh, e una volta uscito si sarebbe anche dovuto occupare a dovere di chi l'aveva personalmente rapito. Magari poteva provare a testare l'effetto della belladonna, non aveva ancora trovato la giusta cavia...
La cosa che però più incuriosiva il finlandese era con che cosa lo avessero drogato per portarlo fin lì. Non aveva nessuno strano sapore in bocca, tranne quello tipico di una volta svegliati, la testa gli girava e gli arti erano leggermente atrofizzati, come se non li usasse da un po' di tempo. Conosceva decine di erbe e droghe con cui avrebbero potuto dargli questo effetto, eppure sapeva per certo che non era nessuna di loro.
Il figlio di Panacea si scrocchiò il collo, prima di alzare gli occhi e assumere una smorfia infastidita. In mezzo al cielo splendeva un sole cocente, e la pietra rimandava indietro il calore aumentando la sensazione di secchezza. Con un soffio simile a quello di un gatto il finlandese si andò a rifugiare in una delle abitazioni più vicine, sperando di fuggire a quella fastidiosa calura e alla luce.
Non appena i suoi occhi si furono abituati alla penombra della stanza il moro lanciò un'occhiata veloce all'ambiente. In un primo momento lo sguardo era annoiato, ma subito cambiò non appena notò che sparse in giro per la stanza c'erano vari pezzi di metallo e legno. Pezzi che non ci mise molto a identificare come armi.
“Jackpot” sussurrò tra sé e sé con un sorrisetto di trionfo. A giudicare dal forno scavato nel muro e dall'incudine quel posto un tempo doveva essere una fucina o qualcosa del genere, oppure una stanza riconvertita in seguito a deposito di armi. Subito il semidio si inginocchiò e prese a perlustrare la stanza alla ricerca di qualcosa che potesse andargli a genio. Peccato che rimase deluso, visto che tutto ciò che trovava erano armi mezze distrutte, incomplete o completamente inutilizzabili.
Imprecando nella sua lingua madre continuò a scavare fino a che i suoi occhi non furono colpiti da uno scintillio diverso da quelli di prima. Un scintillio più dorato. Si avvicinò incuriosito, scosto un po' di paglia e trovò per terra le lame gemelle di due corti e affilati pugnali.
“Venite da papà...” sussurrò con uno scintillio avido negli occhi mentre raccoglieva una delle due armi. Tirata su la mise controluce per osservarla meglio. Non era un materiale mortale, e riusciva a riconoscerne delle venature bronzee. Un qualche tipo di bronzo celeste probabilmente.
Senza pensarci due volte appoggiò il filo della lama contro il polpastrello dell'indice della mano destra e lo mosse con velocità.
Subito l'arma di tinse del rosso del sangue del semidio.
Un sorriso crudele si formò sul volto del figlio di Panacea, mentre si appropriava anche dell'altro coltello e si metteva il dito in bocca per disinfettare la ferita.
Molto bene le cose stavano iniziando a farsi interessanti.
Stava per rialzarsi in piedi quando sentì delle voci che si stavano avvicinando.
Subito si nascose e calmò il respiro, mentre si concentrava sui suoni dell'ambiente circostante.
“... così grande! È davvero enorme!”
“Concordo, una città di dimensioni notevoli. Mi domando tuttavia che fine abbiano fatto gli abitanti. Pare difficile credere che un luogo così grande sia andato in rovina”
“Beh, forse c'è stata una carestia o un impoverimento della terra, oppure le acque non sono state più pescose, oppure c'è stata l'esplosione di una qualche epidemia che ha decimato la popolazione portando gli indigeni a cambiare zona, oppure c'è stata una qualche calamità naturale, o ancora la città è stata invasa da forze nemiche e gli abitanti sono stati costretti a fuggire per ripararsi da qualche parte. Molte sono le cause che possono nascondersi dietro l'abbandono di una città”
“...”
“Che c'è?”
“Niente è che... mi stupisce questa considerazione. Senza offesa, ma non mi sembravi una molto intellettuale”
“Oh, leggo molto, è il mio passatempo preferito. Beh, a dire il vero è più o meno il mio unico passatempo. Comunque guarda siamo arrivate in una piazza”
Le due voci si fermarono. Erano decisamente femminili, una leggermente più acuta e energetica, un'altra più bassa e cauta.
Ragazze, eh? Le cose stavano andando di bene in meglio...
“Ehi, guarda, un obelisco!”
“Uh, strano. Cosa ci fa un obelisco in un posto del genere?”
“Beh, non è poi così strano se ci pensi. Molte città antiche ne costruivano uno, lo usavano come metodo per celebrare gli dei”
“Già, ma gli dei sbagliati...”
“Come scusa?”
“Niente, ad ogni modo non ti pare che ci sia qualcosa scritto sopra?”
A sentire quelle parole Lionel si irrigidì. Scritte? Come aveva fatto a non notarle? Probabilmente era ancora stordito, inoltre la presenza del sole lo aveva distratto.
“Oh, è vero! Ma le parole sono strane...”
“Greco”
“Oh, riesci a capirlo?”
“È... complicato”
Senti senti... allora la ragazza cauta era una semidea come lui. E la compagna invece?
“Va bene. Ehi, però se guardi sui lati l'alfabeto cambia”
“Davvero? Hai ragione, ma questo sembra...”
“Latino! L'ho studiato un po' da autodidatta. Oh, ma tu guarda”
“Cosa c'è?”
“C'è il mio nome”
“Cosa?”
“Sì, proprio lì, in alto, e... oh, c'è anche il tuo!”
“Non è possibile... vuoi vedere che...”
“Ehi, che fai?”
“Come temevo...”
“Che succede?”
“Proprio lì: Evelyn Green, figlia di Eolo. E poco sopra... Lily Blossom, figlia di Rea”
“Figlia di Rea? Come l'antica titanide?”
“Esattamente”
“Ma che significa?”
“Temo... temo sia un elenco. Penso che questi che stiamo leggendo siano i nomi delle persone che sono con noi in questo posto”
“Uao, ma sono tantissimi!”
“Ne ho contati diciotto”
“Diciotto? Cioè qualcuno ha rapito diciotto persone e le ha portate in un posto in mezzo al nulla? Mi pare impossibile da credere”
“Fidati, a volte le cose che riteniamo impossibili sono più reali di quanto crediamo”
“Uao, che frase profonda”
“Vieni, Lily, dobbiamo andarcene. Se ci sono altre persone qui dobbiamo trovarle e capire se ci sono ostili o meno”
“Oh, andiamo: perché mai qualcuno vorrebbe farci del male?”
Man mano le voci si affievolirono lasciando Lionel completamente solo.
Il moro si batté il dito sul labbro con fare pensieroso: cosa fare?
Poteva provare a seguire quelle due ragazze, magari si rivelavano fonte di qualche divertimento.
Oppure poteva restare lì e esaminare meglio l'obelisco o per cercare se c'era qualcos'altro di interessante lì attorno.
Oppure poteva andare nella direzione opposta rispetto alle due e esplorare la città per conto proprio.
Cosa fare, cosa fare, cosa fare?
Seguire, restare o esplorare?

- Seguire Evelyn e Lily                                             - Restare nella piazza

- Esplorare la città per conto proprio

 

 

 

Hai sbloccato una nuova sezione: Cittadella greca

 

Fu il vento a svegliare August.
Era forte, e il rumore era difficile da non notare. Forse qualche figlio di un dio dei venti si stava esercitando con il suo potere la mattina presto?
Aspetta... almeno era mattina presto?
Sentiva il sole che gli pungeva e bruciava la pelle del viso, un sole un po' troppo forte per poter essere quello di prima mattina.
Subito spalancò gli occhi e si rizzò a sedere, salvo doversi distendere di nuovo per evitare un conato di vomito.
Disteso su di una superficie granulosa e fredda il figlio di Venere si trovò a guardare, stupito, il cielo sopra la sua testa.
Okay, decisamente non era nella sua brandina al Campo Giove. Ma allora dove si trovava? Dopo un paio di minuti si arrischiò a rialzarsi, facendo comunque attenzione. Non appena ebbe assunto una posizione seduta si mise a guardarsi attorno con le sopracciglia aggrottate per la confusione.
Si trovava sul tetto di una casa.
Casa però forse non rendeva bene l'idea, sembrava più... una capanna ecco, un blocco squadrato di pietra e calce. Vicino c'erano altre case e davanti a lui si apriva il panorama della cima di edifici di gran lunga più grandi e maestosi.
Quindi... si trovava in un posto elevato rispetto al suolo normale? La cosa lo confondeva non poco.
Facendo attenzione strisciò fino al limitare del tetto e vide che due metri più sotto c'era una piccola stradina che correva tra le case.
Due metri a prima vista non sarebbero potuti sembrare più di tanto, ma vista la sua altezza, e il fatto che probabilmente era appena stato drogato, la cosa gli avrebbe potuto creare non pochi problemi. Facendo attenzione si lasciò cadere per terra, cercando poi di ritrovare l'equilibrio sulle gambe addormentate. Quando si fu ripreso incominciò a guardarsi bene attorno... e subito sentì chiudersi la bocca dello stomaco.
La via era stretta, a malapena ci passavano due persone una affianco all'altra, ed era completamente circondata da casette basse e squadrate di colore bianco, come quella su cui si era risvegliato. Di tanto in tanto qua e là si aprivano delle stradine. Le case sulla destra avevano anche delle scale che scendevano verso una porta d'ingresso situata poco sotto.
Il posto forse sarebbe anche potuto risultare rustico e carino, ma sinceramente il moro si stava trattenendo dal non gridare.
Non c'erano proporzioni, le case cambiavano in altezza e in dimensioni senza seguire nessun criterio logico. Oltre a ciò le strade erano tutte o in salita o in discesa, con continue svolte e angoli ciechi. Quel posto sembrava un labirinto, e l'impulso simmetrico del figlio di Venere stava dichiarando guerra a quel luogo.
Il ragazzo scosse la testa. Doveva ignorare l'urgenza di mettere tutto a posto e concentrarsi invece sui problemi importanti, come chi lo aveva portato lì e perché. Ma in mezzo a quelle casette proprio non riusciva a concentrarsi!
“Basta, devo andarmene. Poco più sotto, nella parte bassa della città credo, l'architettura sembra essere un po' più logica. E magari trovo anche qualcuno” borbottò tra sé e sé il ragazzo ragionando a voce alta.
Più facile a dirsi che a farsi, visto che non aveva la più pallida idea di come raggiungere quella parte della città.
Ma stare lì a commiserarsi non lo avrebbe portato da nessuna parte. Gli antichi dicevano che tutte le strade portavano a Roma, magari se aveva fortuna sarebbe riuscito a trovarne una che lo portasse in un posto diverso da lì.
E con questo pensiero in testa, August McKane fece i primi passi per uscire da quel posto.

 

*****


 

Charlotte sbatté un paio di volte le palpebre mentre cercava di mitigare la sensazione di nausea e di confusione che le invadeva il corpo.
Dove Ade era finita? E dov'era Tyki?
Quando si fu accertata di stare meglio la figlia di Atena si mise prima seduta e poi, lentamente e con fatica, in piedi.
“Tyki?” chiamò a mezza voce leggermente dubbiosa.
Per quanto intrigante la situazione la giovane non poteva fare a meno di sentirsi in ansia, come se qualcosa le stesse opprimendo il petto.
Seguendo la logica due erano le conclusioni a cui poteva arrivare sulla sua situazione di svegliarsi in luogo che non aveva mai visto prima: qualcuno le aveva fatto uno scherzo oppure... era stata rapita.
Per quanto con tutto il cuore sperasse che tra le due fosse la prima conclusione a essere quella corretta la sensazione di nausea (effetto di qualche droga probabilmente) e il fatto che per quanto cercasse non vedeva da nessuna parte indizi di nessuno dei suoi compagni del Campo, le facevano pensare al peggio.
La giovane prese un profondo respiro, ma non riusciva a calmarsi, perché se era vero che l'avevano rapita significava anche che l'avevano prelevata nel sonno, nel bel mezzo del Campo, e le probabilità che qualcuno riuscisse a portare a termine questo genere di impresa senza che nessun campeggiatore se ne accorgesse erano minime.
E se i suoi misteriosi nemici erano arrivati al punto da rapire una quattordicenne non vedeva perché non avrebbero dovuto prendere misure drastiche nel caso in cui i colpevoli venissero scoperti.
Ad un tratto le balenò nella mente l'immagine di un urlo che squarciava la mattina altrimenti pacifica del Campo Mezzosangue, i ragazzi ancora in pigiama che si radunavano per poi impallidire alla vista del corpo di un adolescente steso in mezzo al prato, due fori di proiettile che macchiavano la maglietta altrimenti candida. E nella sua mente si immaginò il corpo di un suo amico, di Ferdinand, oppure... oppure di Tyki.
Charlotte si dovette di nuovo sedere, per poi prendere un profondo respiro e prendere ad elencare sottovoce tutti i libri di Agatha Christie per calmarsi.
Alla quarta volta riaprì gli occhi e si rialzò in piedi.
Pensare a queste cose non l'avrebbe portata da nessuna parte, e poi non era mica una donzella in difficoltà, che diamine! Era una semidea, una figlia di Atena addestrata da Chirone in persona, e una detective rinomata con diversi casi alle spalle. Se c'era qualcuno che poteva chiarire dove si trovasse quella era lei.
Con quel pensiero in testa e rinnovata fiducia prese a guardarsi intorno certa di risolvere in quattro e quattrotto i misteri dietro al suo rapimento.
Era in quello che sembrava un monolocale squadrato con le pareti di pietra e calcestruzzo, sporco e poco curato, e con un'unica finestra dalla quale entrava la luce e che dava sul panorama di quelli che parevano essere edifici molto più imponenti. Qua e là sparse per la stanza c'erano diverse sedie mezze distrutte e al centro un tavolo vecchio e rovinato con qualcosa appoggiato sopra.
Charlotte si alzò in piedi e si accostò al mobile. Sorpresa prese la spada che era stata appoggiata lì sopra e la guardò, colpita. Facendo attenzione la sguainò e osservò incuriosita la lama. Non era bronzo celeste, né l'oro imperiale di cui aveva sentito parlare.
“Una lega di bronzo e oro” mormorò mentre un lieve sorriso le passava sul volto.
Ora che si era calmata, e soprattutto che aveva un'arma in mano, stava iniziando a vedere le cose sotto un'altra luce. Stava iniziando a vedere quell'intera situazione come il più grande mistero nel quale fosse mai capitata.
Un brivido di eccitazione le corse lungo la spina dorsale.
Attaccò il fodero della spada nella cintura. Non c'era nient altro lì dentro che potesse interessarla.
Charlotte Walker a quel punto girò i tacchi e si diresse verso l'uscita, ansiosa e intrigata nello scoprire di più sulla situazione nella quale si stava trovando a vivere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL RISVEGLIO

- FINE -

 

 

PROSSIMA PARTE

 

 

CIÒ CHE C'È DI PIÙ CARO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Salve.

Dopo un silenzio di oltre quattro mesi (se si esclude il messaggio che ho inviato ai partecipanti verso luglio) ritorno con finalmente l'ultimo capitolo del prologo di questa fic.

Sono davvero dispiaciutissimo per il ritardo, soprattutto se si considera che vi avevo promesso che avrei tentato di scrivere questo cap entro la fine di luglio o agosto e ora siamo già a settembre, ma tra le sessioni sia estive che di settembre, il caldo che non fa venire voglia di scrivere, un blocco dell'autore, problemi vari e alcune difficoltà per alcune schede riesco appena ora ad aggiornare la mia interattiva.

Spero che valga il detto “meglio tardi che mai” e che sia rimasto almeno qualcuno a seguire questa fic. Ricordate sempre: meno recensioni più possibilità che il vostro pg muoia o che compia le scelte sbagliate XP

Ora, a parte gli scherzi, spero che mi perdonerete per il ritardo.

Passando al capitolo: finalmente vediamo qualcosa delle misteriose rovine che popolano il centro dell'isola, e soprattutto vediamo l'ultimo gruppetto di semidei che si svegliano (scusate se alcuni dei vostri pg non sono comparsi, ma o non si adattavano alla storia oppure non mi convincevano, ho comunque cercato di metterne uno per autore). Come vi sembrano? Avete già visto il vostro preferito? È forse Rosemary che non è ancora riuscita ad esprimere appieno il suo potenziale? È forse la dolce e ingenua Lily? Oppure la più seria e matura Evelyn? Avete avuto un brivido quando è comparso l'inquietante Lionel? Oppure vi schierate con August e il suo senso dell'ordine? O ancora siete curiosi di scoprire i misteri dell'isola come l'intelligente Charlotte?

Spero di non aver reso nessuno OOC e se è così vi prego di farmelo notare.

Curiosità sul capitolo: tecnicamente non esisteva la cittadella greca, ma il colle dei templi, tuttavia dopo il viaggio di quest'estate a Karpatos e una gita alla cittadina di Olimpos mi hanno fatto venire voglia di inserire questo ambiente all'interno della storia, spero lo apprezzerete.

Ed ora concludiamo con l'elenco (pressoché completo orami) delle aree dell'isola:

 

Aree di Demigod Island
A) Costa: Spiaggia, ???, ???, ???
B) Rovine: Prigioni, Cittadella greca, Arena, Piazza
C) Foresta: Bosco, Giungla, Palude, Tempio abbandonato
D) Montagna: Grotta, Sentiero, Piedi della Montagna, ???
E) Pianura: Prato, Lago, ???

 

 

E con la presentazione degli ultimi semidei. Ci si vede nel prossimo capitolo, dove finalmente i nostri semidei potranno entrare in azione.
Attenzione! La voce "oggetto posseduto" non è stata ancora inserita in questi personaggi causa contrattempi, appena possibile l'autore provvederà ad inserire le voci mancanti.

Ci si vede gente, bye!

 

 

§ Rosemary "Mommy" Belcher §
§ figlia di Philophrosyne §
§ 22 anni §
§ “Quando la misura e la gentilezza si aggiungono alla forza, quest’ultima diventa irresistibile” §

 


 

* Lily “Disney” Melody Blossom *
* figlia di Rea
*
* 17 anni
*
* “Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso” *

 



# Evelyn Green #
# figlia di Eolo
#
# 16 anni
#
# “La tempesta fuori infuria, ma la ballerina continua a danzare” #

 

 

\ Lionel HeikkilÄ \
\ figlio di Pancea
\
\ 19 anni
\
\ “Scriviamo sulle corna sono un angelo e subito il diavolo ci apparirá meno spaventoso” \

 

 

+ August McKane +
+ figlio di Venere
+
+ 16 anni +
+ “Amare, soffrire, vivere; a volte basta un attimo per ricordare chi siamo davvero” +

 

 

- Charlotte “Lottie” Walker Grey -
- figlia di Atena -
- 14 anni -
- “Se escludiamo l'impossibile, ciò che resta del quanto probabile è pur sempre possibile” -

 

 

 

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Capitolo 6
*** Ciò che c'è di più caro - Primi passi, primi incontri, primi problemi ***


CIÒ CHE C'È DI PIÙ CARO -
PRIMI PASSI, PRIMI INCONTRI, PRIMI PROBLEMI

 

 

 

 

Costa

 

Hai sbloccato una nuova area: Relitto Abbandonato

 

Raphael ci mise diversi minuti a raggiungere la costruzione vista da lontano. Le distanze in quel luogo erano insidiose...
Quando fu abbastanza vicino il giovane si fermò e prese ad osservare ciò che aveva di fronte: era una nave arenata. Un tempo forse, quando solcava fiera i mari, avrebbe potuto dare una sensazione di potere e dominio, ma ora, capovolta quasi completamente su di un fianco senza più vele e con lo scafo completamente rovinato dalle intemperie, era circondata solo da un desolato alone di miseria e sconfitta. Lo scafo un tempo lucido presentava ora un enorme squarcio che faceva pensare che fosse andata a schiantarsi contro degli scogli... o che un drago marino si fosse svegliato con la luna storta, stessa cosa.
Non conosceva il modello (per il figlio di Bacco era già difficile distinguere un gommone da una canoa) ma gli ricordava in qualche modo le immagini che aveva visto di alcune galere romane sui libri del campo.
Il semidio venne distolto dai suoi pensieri quando sentì qualcosa che si muoveva e vide la sabbia nelle vicinanze della nave muoversi. Subito la mano corse a sfoderare uno dei pugnali mentre il castano prendeva ad avvicinarsi con fare circospetto.
Una volta giunto in prossimità dello squarcio si acquattò e trattenne il respiro. Inizialmente non sentì nulla, poi, però, man mano realizzò che quelli che in un primo momento gli erano sembrati il rumore delle onde contro la spiaggia o lo stormire del vento tra le foglie degli alberi erano in realtà dei bassi grugniti misti a biascicate parole umane e gorgogli. Facendo attenzione si sporse un po' dall'apertura e si diede un'occhiata attorno. Dopo alcuni secondi gli occhi si abituarono alla penombra e riuscì a scorgere quattro figure raccolte in un simil cerchio che gli davano le spalle e che discutevano animatamente a bassa voce tra loro. Erano piccoli e tozzi e parevano un miscuglio tra foche, segugi e esseri umani.
Telchini.
“Ormai dovrebbero essere giunti qui. Il periodo è quello...”
“Dovremmo andare a cercarli per banchettare con la loro carne, invece di stare qui a perdere tempo”
“Pazienza amici miei, pazienza...”
“Non ce la faccio! È quasi un anno che non mi gusto un semidio”
“E pertanto puoi aspettare ancora”
“Fino a quando però?”
“Non molto, ve lo prometto. Una volta scesa la notte saranno talmente stanchi che crolleranno senza prestare la dovuta attenzione all'ambiente circostante e a quel punto arriveremo noi e gli piomberemo addosso”
“Così?”
“Esattamente. Aspetta, cosa...?”
Rapahael fece roteare la lama di uno dei pugnali e ridusse in polvere quello che pareva essere il capo dei telchini. Dopodiché scattò in avanti e infilzò nel petto altri due che non poterono fare altro che guardare sorpresi il semidio spuntato da chissà dove. A quel punto il figlio di Bacco alzò la testa e sorrise al quarto membro del gruppo che lo osservava sgomento.
“Sorpresa” cinguettò, al che il mostro si voltò e corse, per modo di dire, il più velocemente possibile in direzione del mare. Il moro gli scattò subito dietro per afferrarlo per la gola e alzarlo da terra tenendolo in aria col braccio teso di fronte a sé.
“Non sai che è maleducazione andarsene senza salutare? Ora, che ne dici se ci facciamo quattro chiacchiere in compagnia?” domandò con un sorriso allegro il romano.
“Mollami subito, feccia semidivina! Lasciami andare, o giuro che ti strappo gli occhi e ti mangio la lingua!” ringhiò il mostro marino mentre gli graffiava il braccio e la mano con gli artigli per liberarsi dalla presa dell'altro.
Raphael scosse la testa, mentre sospirava con aria afflitta: “No no no, così non andiamo proprio. Risposta sbagliata amico mio” e prese a stringergli sempre di più la mano intorno alla gola, mentre il telchino strabuzzava gli occhi e annaspava in cerca d'aria.
Dopo un po' il semidio rallentò la presa.
“Ora riproviamo: io ti farò delle domande e tu mi risponderai con la più completa sincerità, va bene capo?” e gli sorrise con fare amichevole. Il telchino annuì terrorizzato.
“Stupendo! Allora, domanda numero uno: dove ci troviamo?”
“Su... su di un'isola”
“E come si chiama quest'isola?”
“N-non lo so”
Raphael strinse la presa.
“Non lo so, lo giuro! So solo che non è presente sulle mappe e che è lontana da qualunque tipo di rotta commerciale. Il mio popolo chiama questo posto – e si esibì in una serie di latrati e grugniti – Che tradotto nella lingua umana vuol dire più o meno 'Isola dei semidei', non so altro!”
“Isola dei semidei, eh? Bene bene... okay ecco la seconda domanda: ci sono altri semidei qui oltre a me per caso? E se sì dove si trovano in questo momento?”
“Cre-credo che ce ne siano altri, sì”
“Credi?”
“Solitamente ne arrivano tra la dozzina e la ventina, ma non so quanti di preciso, e non so dove si trovino ora”
“Domanda tre, stai andando forte sai?, come facevate a sapere che ci sono dei semidei sull'isola?”
“Ogni anno, intorno a questo periodo, arrivano dei semidei sull'isola. Non sappiamo come, da dove né perché, sappiamo solo che ci sono e che prendono a combattere tra loro, basta”
“L'isola è abitata?”
Il telchino scosse la testa: “Sono decenni che non ci sono più abitanti, forse non ci sono mai stati, ci sono solo gli animali e noi mostri. E i semidei quando compaiono”
Raphael prese a riflettere in silenzio sulle notizie appena apprese. Il telchino si dimenò: “O-ora mi lasci andare, vero? Ho-ho risposto a tutte le tue domande, no?”
Il figlio di Bacco lo guardò sorridendo con dolcezza: “Ma ovvio che no”
Il mostro sgranò gli occhi per l'incredulità e per il terrore.
“Ho ucciso tre dei tuoi compagni, mi sembra logico che, se ti lasciassi andare, alla prima occasione torneresti per vendicarti. Inoltre io i mostri li odio. Sayonara, sei stato davvero utile, grazie ancora”
Il telchino si muoveva come un forsennato mentre si esibiva in ululati disperati. Raphael caricò il braccio indietro e lo lanciò in aria, come se fosse un pallone da pallavolo, per poi tirare fuori il coltello dal passante della cintura, prendere la mira, e lanciarlo, colpendo con precisione il mostro marino e facendolo dissolvere in una nebbia dorata con un ultimo guaito.
Il romano andò a riprendersi con calma l'arma mentre rifletteva in silenzio.
Aveva ricevuto un sacco di notizie utili, ora l'unica cosa che doveva fare era pensare alla sua prossima mossa. Portò di nuovo lo sguardo sul gigantesco relitto di fronte ai suoi occhi. Quella sarebbe potuta essere la sua nuova base operativa, gli bastava solo modificare qualcosa qua e là, aggiustare qualche buco e premunirsi di trappole nel caso in cui qualche ospite indesiderato avesse deciso di fargli visita e sarebbe stato perfetto!
Magari riusciva anche a ricavare un angolo bar e una zona allenamento...
Una cosa era certa: ora che era stato tirato in ballo, Raphael Perry avrebbe ballato fino allo sfinimento.

 

 

Pianura

 

Prato

 

Andromeda camminava decisa con la mente intenta a immagazzinare quanti più dati possibile sull'ambiente circostante, mentre sentiva i fili d'erba solleticarle le caviglie lasciate leggermente scoperte.
Dopo un'attenta riflessione sulle sue possibilità aveva deciso di rimanere nel prato e di proseguire in quella direzione, ritenendosi così più sicura da eventuali attacchi di mostri o agguati di possibili nemici. Inoltre col berretto in testa non aveva neanche necessità di cercare un'eventuale riparo.
La figlia di Apollo rifletteva in silenzio, la testa che elaborava e rifletteva, fino a che non vide qualcosa che scintillava alla sua destra.
La giovane si fermò e aggrottò la sopracciglia per poi avvicinarsi con fare circospetto. Una volta giunta di fronte alla fonte dello scintillio alzò le sopracciglia in segno di sorpresa.
Adagiati di fronte a lei, praticamente nel mezzo del prato, c'erano un arco e una faretra piena fino all'orlo di frecce.
La ragazza si accucciò e prese a studiare l'arma e il contenitore da tutte le angolature possibili alla ricerca di sensori, fili o eventuali trappole collegate ad essi. Dopo essersi accertata che fossero sicuri prese in mano l'arco e lo sollevò in aria, esaminandolo meglio in controluce. Era bello, leggero, elegante e resistente, si sarebbe anche potuto usare come arma a sé stante per dare botte in testa a mostri indesiderati. Sicuramente era l'opera di un artigiano o di un fabbro esperto, quasi sicuramente un figlio di Efesto. L'unica cosa che non la convinceva era il materiale. Di cosa era fatto? Bronzo? Oro? Entrambi?
Non lo sapeva, non riusciva a capirlo. E lei detestava non capire le cose.
Sospirò e se lo mise in spalla mentre prendeva da terra la faretra. La tirò su e guardò le frecce all'interno.
E lì la notò.
Aggrottò la fronte confusa mentre metteva dentro la mano e la tirava fuori.
Una... lettera?” pensò stupita e turbata. Cosa ci faceva una lettera lì?
La voltò per vedere se c'era scritto il destinatario, e trattenne il fiato mentre spalancava gli occhi per lo stupore.
Scritto con chiare lettere dietro la busta era riportato: 'Andromeda Jones, figlia di Apollo'.
La giovane boccheggiò un paio di volte mentre guardava meglio l'esterno della busta, ma niente. A parte il suo nome e la sua discendenza divina, cosa che non aveva mai detto a nessuno, non c'era altro. La ragazza sentì un fastidioso prurito dietro la nuca, come se qualcuno le stesse puntando addosso qualcosa e d'istinto, e con un po' di razionalità, seppe che qualunque cosa ci fosse lì dentro, qualunque cosa ci fosse scritta, non era niente di buono. Le avrebbe detto dove si trovava e come ci era arrivata fin lì, questo sicuramente, ma ogni informazione aveva un prezzo.
Stava per aprire la busta quando tutto ad un tratto venne la sua visione venne abbagliata da un flash: delle pecore dorate, una ragazzina che la guardava con aria incuriosita, lei che puntava l'arco addosso a qualcuno, una spada sporca di sangue.
Subito staccò la mano e prese profondi respiri.
Non le era mai capitato di avere visioni con una tale intensità...
Ma per quanto terribili non poteva certo tirarsi indietro.
Con mano tremante aprì la busta.

 

 

Foresta

 

Bosco

 

Emma si fermò un attimo e appoggiò una mano sul tronco dell'albero lì vicino per riprendere fiato.
Alla fine aveva deciso di seguire il suo istinto e la sua voglia di avventura e seguire la foce del fiume per andare in direzione del bosco. In fondo l'atmosfera cupa ed eventuali pericoli non avevano certo fermato Belle, quindi perché avrebbero dovuto fermare lei?
“Ehi, stai bene?” domandò preoccupata Evelyn.
“Sì, tranquilla, sono solo un po' senza fiato” la rassicurò con un mezzo sorriso la figlia di Ipno. Alzò la testa e prese a guardarsi attorno incuriosita: i rami degli alberi circostanti proiettavano ombre cupe e fosche tutto attorno a lei, smorzando il calore delle ore centrali e causandole, forse involontariamente, un brivido freddo lungo la schiena. Il fiume alla sua sinistra scorreva placido unendo il rumore delle sue acque a quello del vento tra le foglie e degli uccelli che cinguettavano sui rami. Ma persino il canto degli uccellini, che solitamente dava pace e serenità, in quel luogo così tetro pareva suonare lugubre, come un avvertimento di pericolo imminente e inevitabile.
“Ho-ho paura” balbettò Evelyn attaccandosi ad Emma.
Xander invece si avvicinò con fare protettivo, facendo arrossire un po' la giovane semidea.
In quel momento si sentì il rumore di un ramo spezzato e tutti e tre si voltarono, con Emma che sfoderava la lancia e la puntava in quella direzione, deglutendo e cercando di smorzare la paura. Però assieme alla paura sentiva qualcos'altro scorrerle nelle vene. Quella stretta allo stomaco, le mani che non riuscivano a smetterle di tremare, il sangue che le rombava nelle orecchie, il gusto sanguigno in bocca.
Quella non era solo paura, quella era anche... eccitazione.
Senza volerlo un lieve sorriso le curvò le labbra.
Sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino e la presa sulla lancia si rinsaldò.
Mancava sempre meno, lo sentiva. Tra poco sarebbe stato lì, di chiunque si trattasse... mancava poco... ancora pochi metri... giusto un poco... ancora un po'...
Detto fatto da dietro una curva a qualche metro di distanza comparve un ragazzo dai capelli biondo scuri (o forse erano castano chiari? Non si riusciva bene a capire anche nella penombra della foresta), il fisico era allenato ed anche abbastanza alto (o almeno ad Emma sembrava abbastanza alto, ma non è che lei facesse molto testo vista la ridotta statura che si trovava). Il giovane si fermò di scatto e spalancò gli occhi per lo stupore, mentre assumeva una posizione incurvata, come un gatto che ha visto qualche intruso nel suo territorio e sta cercando di capire se gli è ostile o meno.
“Fa attenzione, è armato!”
La voce di Xander la raggiunse nel momento stesso in cui i suoi occhi finivano sulla lancia che teneva stretta in mano. Era leggermente più corta della sua, e sembravano predominare le tinte dorate invece di quelle bronzee, ma anche lì, come per i capelli, sarebbe potuto essere un semplice gioco di luce.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto a guardarsi, entrambi armati, mentre cercavano di capire se l'altro gli era ostile o meno. Alla fine il ragazzo sospirò e lentamente adagiò l'arma a terra, prima di alzare le mani in gesto di resa.
“Non voglio farti del male, per favore non ti sono nemico - le disse con voce ferma - Metti giù la lancia e cerchiamo di parlare”
Emma aguzzò la vista mentre lo esaminava meglio. Aveva i jeans bagnati fino alle ginocchia, i palmi delle mani erano leggermente escoriati ed i vestiti erano talmente sporchi che pareva aver appena perso una lotta nel fango con un troll.
“Che facciamo, ci fidiamo?” domandò a mezza voce ad Evelyn e Xander.
“Non saprei, ha effettivamente poggiato per terra la lancia...” mormorò la ragazza.
“Però se guardi bene la postura è chiaro che sia ancora sul chi vive. È pronto a saltarci addosso se ci distraiamo” ribatté Xander.
“Anche questo è vero... Però sembra messo parecchio male, non pare ostile” borbottò la figlia di Ipno.
“Con chi parli?”
La voce dello sconosciuto la distolse dai suoi pensieri.
Emma rinsaldò la presa e puntò la lancia mentre esclamava manifestando una sicurezza più grande di quella che aveva: “Chi sei? Come ti chiami?”
Il ragazzo prese un profondo respiro, e la guardò negli occhi: “Mi chiamo Darren Entrall, e credimi se ti dico che non ho cattive intenzioni. Mi sono svegliato poco fa in una palude circondato da coccodrilli, o caimani o quello che erano, e l'unica cosa che voglio è capire dove mi trovo e come ci sono finito qui. Per favore, ragioniamo”
I due ragazzi si fissarono a lungo negli occhi, e alla fine la semidea sospirò abbassando la lancia e assumendo una posa rilassata.
Darren si lasciò sfuggire un sorrisetto: “Sapevo che eri una tipa a posto. Come ti chiami?”
“E-Emma. Emma Stevens” borbottò la giovane, maledicendosi poi mentalmente per aver balbettato.
“E comunque - proseguì la ragazza - Il fatto che io ti abbia detto il mio nome non significa che siamo amici o che mi fidi completamente di te, ma solo che siamo temporanei alleati, va bene?”
Darren la fissò colpito, prima di annuire, un sorriso scaltro che gli curvava le labbra: “Ricevuto capitano. Ora, che mi dici se mi racconti la tua storia?”

 

 

Montagna

 

Sentiero

 

Katrina prese il primo passo fuori dalla caverna, e subito sentì i suoi sensi aprirsi, mentre l'aria si espandeva attorno a lei come un ventaglio.
La giovane prese un respiro profondo mentre si inebriava della sensazione del calore contro la sua pelle. Dopo il freddo umido della caverna era un vero e proprio toccasana per i suoi sensi.
La semidea si concesse ancora qualche secondo di pausa a crogiolarsi nel calore del sole, prima di tornare a concentrarsi sull'ambiente circostante e usare i suoi poteri per capire dove si trovasse. Era di sicuro in una posizione abbastanza sopraelevata rispetto al livello del mare, sentiva un leggero vento freddo contro la pelle e l'odore frizzante che solitamente associava a quando durante l'addestramento con Lupa era finita da qualche parte in montagna. Sotto di lei il terreno era sempre in terra battuta, con dei sassi qua e là che rendevano il percorso abbastanza friabile, avrebbe dovuto fare attenzione. Alla sua destra la strada scendeva leggermente mentre alla sua sinistra saliva, inoltre il vento andava dritto di fronte a lei per circa cinque metri prima di scendere di botto per parecchie decine.
Facendo due più due pertanto si trovava su di un percorso di montagna, abbastanza largo, e in una posizione decisamente sopraelevata, vista anche l'assenza di vegetazione.
Doveva esserci proprio una bella vista lì attorno, però forse avrebbe dovuto portarsi gli occhiali. Non avrebbe certo voluto che il sole le ferisse gli occhi, no?
La ragazza sghignazzò. Era più forte di lei, doveva fare battute quando era nervosa.
Ad un certo punto sentì un rumore estraneo a quello del vento, un verso stridulo e decisamente stonato, come se un gigantesco pappagallo si fosse arrabbiato per qualcosa e ora stesse andando in giro a lamentarsi. Oltre a quello inoltre sentiva anche qualcos'altro.
Un rumore di passi. Qualcuno che correva.
Si voltò verso sinistra e mandò i suoi venti. In quel momento percepì una figura spuntare da dietro l'angolo e correre verso di lei. Peccato che chiunque fosse non doveva averla notata, visto che le finì addosso e la mandò a gambe all'aria.
“Ma che...! E tu da dove sbuchi?!”
“Dalla grotta” fu l'unica cosa che replicò la giovane. La voce era decisamente quella di un ragazzo e ora che poteva esaminarlo meglio tramite i venti sentiva che era alto, molto più alto di lei, aveva i capelli tenuti lunghi e vestiva con jeans, felpa e maglietta. Alla mano forse aveva un anello. Odorava di buono, di dolce con panna e cioccolato.
Stava per aggiungere qualcos'altro, una battuta per sdrammatizzare la tensione probabilmente, ma in quel momento sentì il verso farsi ancora più forte e oltre a quello anche un basso e costante ronzio, come di un elicottero. O di qualcosa che sbatteva le ali.
Subito spalancò gli occhi prima di espandere attorno a sé i venti, togliendosi così di dosso il nuovo venuto che protestò con un'esclamazione di sorpresa.
In quel momento entrarono nel suo “campo visivo” due figure. Erano piccole, slanciate, volavano e stavano urlando come degli ossessi.
Grifoni.
La giovane scatto subito in piedi mentre tirava la spada fuori dalla cintura e assumeva una posizione di guardia. Percepì il ragazzo alle sue spalle che si alzava e guardava nella sua direzione, forse sorpreso. Non ebbe tempo di pensarci che subito uno dei due mostri le planò addosso mentre l'altro andava contro il ragazzo. Katrina rimase ferma nel suo posto fino a che il grifone non si trovò a un paio di metri, dopodiché scattò di lato e colpi col piatto il fianco della mezza aquila, che si esibì in un verso che la figlia di Favonio non avrebbe esitato a definire offeso. Rotolò di lato e si mise in ginocchio, mentre il grifone tornava a volare attorno a lei lontano dalla portata della sua spada.
Katrina sorrise.
Subito puntò la mano libera di fronte a sé, il palmo rivoltò verso il basso. I venti presero a raccogliersi tenendosi bassi. A quel punto, quando sentì di averne accumulati abbastanza, voltò il braccio e con un gesto secco del polso puntò il palmo verso di sé. All'istante i venti radunatisi livello terra scattarono verso l'alto investendo non solo il suo di grifone ma anche l'altro che stava giocando ad acchiapparello con il suo nuovo amico.
I due mostri vennero sbalzati in aria a diversi metri prima di riuscire a riprendere il controllo e andarsene con pigolii di sconfitta.
La semidea riprese a respirare, prima di rialzarsi e spolverarsi i vestiti. Dopodiché si voltò verso il nuovo arrivato mentre metteva via la spada. Il ragazzo era seduto per terra e aveva il viso rivolto verso di lei, i capelli scompigliati e la felpa che cadeva scompostamente contro il corpo magro. Sentiva chiaramente che aveva il fiatone. La romana si esibì in un lieve sorrisetto mentre guardava nella sua direzione. Riusciva quasi ad immaginarsi il volto contratto in un'espressione di stupore e incredulità dell'altro semidio.
Gli sorrise angelica: “Molto piacere, io sono Katrina Seffir, figlia di Favonio, membro della terza coorte. Mi piacciono il mare, mangiare e le creepypasta. Spero che andremo d'accordo!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Ma salve! Spero che qualcuno stia ancora leggendo questa storia, visto le eternità che passano tra un aggiornamento e l'altro. Mi dispiace, va bene? Non voglio che trascorra così tanto, ma tra una cosa e l'altra il tempo si accumula e questo è il risultato.

Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Alla fine la maggioranza di voi mi ha chiesto un capitolo un po' più corto ma con un aggiornamento fatto prima, e questo è il risultato, spero che non sia troppo corto. In un primo momento di sicuro aveva meno robe: innanzitutto non c'era proprio la parte incentrata di Katrina che volevo riservare per il prossimo capitolo, la parte su Raphael mancava delle ultime sei righe circa, quella su Andromeda si fermava con “Andromeda Jones, figlia di Apollo”, e la parte dedicata a Emma aveva tutt'altro finale in cui però mi sono reso secondo in un secondo momento la nostra figlia di Ipno aveva il carattere di un'altra persona. A questo proposito per favore ditemi se ho sbagliato la caratterizzazione di qualcuno, cosa che sento è accaduta soprattutto in questo capitolo, e ditemi come posso fare per migliorare.

Come i più attenti di voi avranno forse notato i personaggi protagonisti sono i primi quattro personaggi che ho presentato nella storia! Perché? Semplice: i personaggi presentati nel corso della storia (salvo eventuali eccezioni con scene o avvenimenti particolari o particolarmente importanti) seguiranno tutti lo stesso identico ordine, che sarà l'ordine con il quale li ho presentati. Quindi prima del pov di Raphael ci sarà sempre quello di Charlotte, e dopo sempre il pov di Andromeda, e così via (ripeto salvo eccezioni). Spero che vada bene come metodo, ma cercate di capire, ponendovi delle scelte e cose così risulta difficile dare una trama unitaria al tutto, e quindi devo avere almeno una razionalità dietro per le scelte. Ovviamente però come avete visto interverranno anche personaggi che si vedranno più avanti (Chris ne è l'esempio perfetto in questo capitolo), quindi non abbiate paura. Inoltre questo metodo mi permette di darvi eventualmente più tempo per rispondere alle domande che vi farò e mi permetterà di farmi un'idea migliore di come far comportare il vostro personaggio.

Ora, che ne pensate del capitolo. Corto, vero? Cercherò di fare il prossimo più denso di avvenimenti e di personaggi, anche se non prometto nulla. Sono sincero: gli ultimi due paragrafi gli ho scritti di getto, quindi è probabile che non siano un granché. Per favore, indicatemi qualunque errore di grammatica/di battitura che trovate, grazie!

E con questo si conclude, nel prossimo vedremo sicuramente la reazione di Chris ad una ragazzina spuntata chissà dove che gli salva la vita e le fiabesche avventure di Seraphina per l'isola, non perdeteveli!

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Capitolo 7
*** Ciò che c'è di più caro - Dialoghi e... alleanze? ***


CIÒ CHE C'È DI PIÙ CARO -
DIALOGHI E... ALLEANZE?

 

 

Montagna

 

Sentiero

 

Chris si rimise in piedi e si spazzolò la felpa mentre cercava di assumere un'aria disinteressata, come se risvegliarsi sulla cima di una montagna, essere inseguiti da dei polli giganti, andare a sbattere contro una ragazzina e poi essere salvati dalla stessa che si presentava come una semidea romana fosse una cosa tipica che gli capitava praticamente ogni giorno. Tuttavia non riuscì a trattenere gli sguardi nervosi che di sottecchi lanciava alla sua salvatrice.
Aveva detto di chiamarsi Katrina, se non sbagliava. In quel momento era ferma a pochi metri da lui, teneva gli occhi chiusi e la testa inclinata di lato, in una sorta di stato di profonda concentrazione. Le mani erano tenute dietro la schiena, e si stava dondolando sul posto, come se stesse ascoltando una qualche misteriosa melodia. A guardarla sembrava impossibile che poco prima avesse messo in fuga dei mostri tutta da sola. L'incarnato chiaro, troppo chiaro a suo parere, donava un aspetto innocente alla sua figura, aiutato forse dai lunghi capelli biondi che le arrivavano a metà del busto e dalla statura minuta. Era così piccolina e gracile che un “gigante” come lui sembrava quasi comico al suo fianco.
Alla fine prese il coraggio a due mani e si schiarì la gola.
La ragazza sussultò sorpresa e aprì gli occhi, guardando incuriosita nella sua direzione: “C'è qualcosa che non va?”
“Ehm, ecco io... io ti volevo ringraziare” borbottò rosso il ragazzo mentre si portava una mano dietro la testa e distoglieva lo sguardo. Quegli occhi azzurri lo mettevano a disagio. Soprattutto per la sfumatura che avevano. Parevano slavati, come se qualcuno avesse tolto loro luminosità.
Katrina si aprì in un ampio sorriso: “Ma ti pare?! Mica poteva permettere a quei cosi di sbranarti no? E poi diciamocelo: essere uccisi da dei grifoni sarebbe stato un modo molto stupido di morire, no?” e rise.
Chris accennò una risata incerta.
“Comunque come ti chiami? Io la mia presentazione l'ho fatta, ora è solo giusto che la faccia anche tu!” intervenne la giovane. Sembrava quasi saltare sul posto, come se non riuscisse a contenere l'eccitazione di fronte alla prospettiva che stava per conoscere una persona nuova.
Il ragazzo lo trovava estremamente destabilizzante.
“Ehm... Chris. Chris Wright” borbottò alla fine.
“Ooooh, che cognome curioso! Chris è il diminutivo di qualcosa, vero? Christian immagino, ma forse vuol dire anche Kristoff, magari tu lo pronunci Kris con la k e io non lo so. Magari se ce l'avessi scritto lo saprei. Beh, anche se lo scrivessi però per me non farebbe differenza, no? Eh eh, scusa, battutina per alleviare la tensione. Comunque hai un cognome davvero strano, si pronuncia come “right”, che in inglese vuol dire “esatto”. Tu sei un tipo esatto? Io per niente, spesso e volentieri sono imbranata, devi sentire il centurione della mia coorte come mi sgrida a volte. Comunque tu sai dove ci troviamo? Io mi sono svegliata poco fa dentro quella grotta, e non ho la più pallida idea di come ci sia finita lì. Sono però abbastanza sicura che non siamo vicini al Campo Giove. Oh, forse siamo vicini al Campo Mezzosangue? Non l'ho mai visitato, quindi non so come sia il paesaggio circostante, e anche se lo sapessi non potrei dirlo, però magari se riconosci qualcosa possiamo provare a fare congetture su dove ci troviamo. Mhm, ma perché ci sono dei grifoni, a quanto ne sapevo non vivono negli Stati Uniti, si trovano molto più a nord solitamente. Cosa ci fanno qui? Potremmo provare a...”
“Okay okay okay, stop, miss Lingua-da-competizione, stop, per favore. Mi stai facendo venire il mal di testa, parli troppo” la interruppe il figlio di Apollo senza mezzi termini, mentre sentiva l'emicrania premere contro le tempie.
“Oh, scusa. Colpa mia” si scusò la figlia di Favonio tirando un po' fuori la lingua e assumendo un'aria dispiaciuta.
“E di chi altri?” grugnì il greco mentre la guardava confuso e infastidito.
La giovane lo aveva bombardato, ma almeno era riuscito a capire qualcosa da quel racconto sconclusionato. Primo, la ragazza si era svegliata nelle sue stesse identiche condizioni, senza avere memoria di come fosse arrivata lì. Secondo, non sapeva dove si trovavano. Terzo, dovunque fossero era probabilmente distante dai luoghi di competenza di entrambi, visto che, come aveva fatto notare, gli Stati Uniti non erano il luogo in cui si potevano solitamente trovare colonie di grifoni.
Poi c'erano anche un altro paio di cose che aveva detto che gli premevano.
...anche se lo scrivessi però per me non farebbe differenza, no?...”
“...anche se lo sapessi non potrei dirlo...”

La guardò per un secondo. Si stava dondolando di nuovo sui talloni, le mani che giocavano col davanti della maglia, lo sguardo era puntato circa all'altezza del suo petto, senza una ragione specifica. Inoltre non pareva metterlo a fuoco, sembrava quasi perso nel vuoto...
Con uno shock finalmente capì.
“Tu sei cieca!” esclamò incredulo.
Katrina assunse un'aria sorpresa: “Non l'avevi ancora capito?”
“Ehm, no – rivelò imbarazzato – Da come ti comportavi non sembravi avere nessun tipo di problema. E poi visto il modo in cui sei riuscita a sconfiggere i grifoni...”
“Oh, quello – la romana liquidò la faccenda con un gesto della mano – Quello è merito dei venti, una mia caratteristica dovuta all'essere figlia di Favonio. Mi permettono di vedere il mondo esterno come se non avessi problemi, anche se sono limitati, ad esempio a volte non riesco a cogliere i particolari, e non so come sono i colori. Ma per il resto mi permettono di condurre una vita senza problemi!” e sorrise.
Sembrava sincera, ma a Chris sembrava impossibile che qualcuno riuscisse a parlare così bene e con un sorriso sulle labbra di un problema del genere.
In fretta cercò qualcos'altro da dire: “Ehm, allora... hai detto di esserti svegliata in una grotta, vero?”
Katrina annuì: “Sì, quella lì” e la indicò con una mano.
Chris percepì il lieve spostamento d'aria che indicava l'uso dei poteri da parte della ragazza. Se ci facevi caso sentivi quanto ne faceva uso.
Senza motivo apparente il semidio si diresse verso la caverna indicatagli dall'altra, seguito dalla giovane che gli ballonzolava dietro, come un cucciolo eccitato.
Era uno squarcio simile ad una bocca aperta in una smorfia mostruosa, la luce illuminava a stento i primi metri dell'entrata. Facendo attenzione vi entrò. Subito percepì il cambio di temperatura e non riuscì a trattenere lo starnuto che gli nacque sulle labbra.
“Salute!” esclamò con allegria la compagna.
“Grazie. Ehi senti Katrina, che ne dici se tu rimani qui a fare la guardia mentre io esploro un po' la caverna? Credo, ehm, di essere più adatto, magari visto che riesco a vedere posso notare cose che a te sono sfuggite” borbottò il giovane. In realtà non voleva che la ragazza corresse qualche rischio inutile. Era più probabile venir attaccati lì dentro piuttosto che da una minaccia esterna.
La giovane rimase stupita, ma si disse d'accordo. Chris si avviò con circospezione all'interno, facendo attenzione a non scivolare sul terreno accidentato. Aguzzò la vista e cercò di perlustrare l'ambiente umido della caverna. Fece avanti e indietro, tocco pareti alla ricerca di eventuali bottoni, leve o simili, si accovacciò e studio dietro le stalagmiti, come se fosse convinto che da qualche parte qualcuno avesse dimenticato qualcosa, un indizio che gli dicesse dove si trovavano o chi fossero i loro misteriosi rapitori.
“Allora? Trovato nulla?” domandò la voce di Katrina dall'ingresso.
“Nulla, solo pietre – si lamentò il biondo mentre si spolverava le mani e si guardava attorno distrattamente – Solo stupide, inutili, fastidiose pietre. Avrei avuto più successo nel cercare di convincere un segugio infernale a fare danza cla...” le parole gli morirono in gola mentre vedeva finalmente l'indizio che tanto aveva cercato.
Nascosto sotto una pietra un lembo di carta faceva capolino, come un piccolo fiore che spuntava da un marciapiede.
In fretta si avvicinò e scostò con cura il masso.
“Ehi, tutto bene? Trovato qualcosa?”
“Sì” esclamò riuscendo a stento a trattenere la soddisfazione nella voce. Erano due rettangoli di carta di dimensioni uguali, uno leggermente più pesante dell'altro. Parevano bene conservati nonostante l'ambiente umido nei quali si trovavano.
C'era scritto qualcosa sopra, ma nella penombra aveva difficoltà a leggerlo. Si alzò in piedi e raggiunse l'uscita.
“Allora? Cos'hai trovato?” domandò incuriosita Katrina.
“Dei fogli di carta. Non so cosa siano però sembra esserci scritto qualcosa sopra”
“E cos'è? Cos'è?”
“Calmati un po', molla in miniatura, ora leggo. Ecco c'è scritto...” si bloccò di colpo mentre impallidiva.
“Ehi, che c'è? Tutto ad un tratto il tuo cuore ha preso a battere all'impazzata” mormorò preoccupata la ragazza.
“Christian Wright figlio di Apollo...”
“Cosa?”
“Sono lettere. Su una c'è scritto il mio nome: Christian Wright figlio di Apollo, mentre sull'altra... - tirò su la busta più pesante – Katrina Seffir, figlia di Favonio”
La romana trattenne il fiato mentre alzava lo sguardo sperduta sull'altro.
“Cosa significa?”
“Non lo so...”
Dove Ade erano finiti?

 

 

 

Pianura

 

Prato

 

Polly canticchiava a bocca chiusa mentre si guardava attorno, la spada nella mano destra che andava avanti e indietro tra i lunghi fili d'erba circostanti, come se fosse un semplice bastoncino e non un'arma mortale, mentre la sinistra giocava con la strana collana con la pietra che aveva trovato poco prima e che si era prontamente messa al collo.
Era incuriosita su cosa fosse, ma questo sentimento era velocemente scemato, e ora andava in giro per quel prato così bello e pieno di fiori, in cerca di qualcos'altro da fare o che attirasse la sua attenzione.
I vantaggi dell'iperattività...
Cosa poteva fare ora? Quel posto era bello, però non le sembrava il Campo Mezzosangue. Magari qualche figlio di Demetra aveva usato i suoi poteri e aveva trasformato completamente il campo in un prato fiorito? Annuì. Era una possibilità da prendere in considerazione, sì.
Uffa, ora la pancia stava anche iniziando a brontolarle e non aveva neppure uno straccio di cibo con sé, che scocciatura!
Ad un tratto percepì il terreno sotto ai suoi piedi cambiare consistenza e le scarpe incontrare una superficie improvvisamente regolare. Si bloccò e guardò incuriosita sotto di sé. Era praticamente del tutto nascosto da una fitta vegetazione e in più punti era rovinato se non addirittura distrutto, ma si trovava su di un sentiero pavimentato. Alzò la testa e si guardò bene attorno. Ora che sapeva della sua esistenza riusciva anche a scorgerlo abbastanza bene mentre si snodava in direzione della foresta poco distante oppure verso la montagna.
Si voltò verso il bosco. Il sentiero procedeva dritto infilandosi tra gli alberi che lo circondavano e lo ombreggiavano donandogli un aspetto invitante.
Dall'altra parte invece si snodava andando prima verso la montagna per poi costeggiarla e svanire dietro di essa, forse di nuovo in direzione del bosco oppure verso un punto che i suoi occhi non riuscivano a scorgere da quella posizione.
Mhm, aveva trovato un sentiero, la cosa più logica - o almeno la cosa che più persone le avrebbero suggerito di fare - era seguirlo, ma per andare dove?
Sarebbe potuta andare in direzione della foresta, dove avrebbe potuto trovare un po' di riparo e frescura, e forse lì in mezzo magari anche qualche albero da frutto o qualcos'altro da mangiare. Oppure sarebbe potuta dirigersi in direzione della montagna, in fondo le sarebbe bastato andare oltre per vedere dove conduceva, e nel caso in cui avesse visto che era qualcosa di noioso o di pericoloso avrebbe sempre potuto fare marcia indietro.
Quindi dove andare? Bosco o montagna?

- Bosco                                                         - Montagna

 

 

 

Foresta

 

Bosco

 

Colin era fermo, la spada stretta in mano, gli occhi puntati addosso alla ragazza che poco prima era uscita dalla foresta completamente inzaccherata di fango. Con calma analizzò bene il suo aspetto: poteva avere sì no la sua età, forse più grande? Difficile dirlo. I capelli erano neri e tenuti corti, oltre che parecchio arruffati, come se si fosse appena svegliata e non avesse ancora avuto modo di sistemarseli per bene. Il volto era pallido e metteva quasi in risalto i profondi e scuri occhi grigi come un cielo una mattina nuvolosa. L'abbinamento dei vestiti era particolare: un giubbetto scuro sotto cui faceva capolino una maglietta arancione, una lunga gonna che le arrivava quasi alle scarpe e al collo quello che sembrava un collarino con un pendaglio a forma di nota musicale.
Ma erano altre due le cose che lo incuriosivano e che lo facevano stare all'erta: il marsupio legato attorno alla vita e che avrebbe potuto nascondere chissà che cosa - diciassette anni da semidio gli avevano insegnato ad essere sospettoso di tutto e tutti - e, soprattutto, la spada dai colori scuri che reggeva in mano. Aveva visto un'altra sola arma simile a quella, e in quel momento era stretta tra le sue mani
Da quando era comparsa nessuno dei due aveva ancora detto una sola parola, tutto ciò che avevano fatto era fissarsi negli occhi, ciascuno con la lama puntata addosso all'altro.
Colin soppesò le sue possibilità. La ragazza non sembrava rappresentare un pericolo immediato, e se non era ancora fuggita forse cercava, come lui, un dialogo.
Alla fine socchiuse le labbra e parlò: “Chi sei? Una semidea?”
La giovane sobbalzò appena, come se le fosse saltato addosso urlando come un ossesso invece di fare una semplice domanda, ma quando parlò la sua voce era ferma: “Madison Foster, figlia di Stige”
Il figlio di Ares annuì in maniera impercettibile, apparentemente per nulla turbato dal fatto che la ragazza si fosse limitata a dire lo stretto indispensabile: “Colin Hall, figlio di Ares - si presentò a sua volta - Sai dove ci troviamo?”
La ragazza si morse il labbro, ma alla fine scosse la testa: “Tu?”
“No. Sai come ci sei finita qui?”
“No”
Il silenzio scese di nuovo tra loro, ma nessuno dei due pareva turbato dalla cosa, anzi Colin era... incuriosito. Non si trovavano spesso semidei così calmi e silenziosi (l'iperattività e il disturbo da deficit dell'attenzione non aiutavano), eppure quella ragazza sembrava conoscere a fondo l'importanza del silenzio, come se quella situazione non la disturbasse più di tanto. Certo, era nervosa, si capiva dagli spasmi involontari delle mani strette attorno all'elsa, e dal fatto che non sembrava essere capace di togliergli gli occhi di dosso, in cerca del primo segnale di ostilità da parte sua. Eppure, nonostante il nervosismo e la chiara paura, era rimasta. Forse era solo perché le sembrava la soluzione meno pericolosa, oppure era perché non aveva altro in testa, ma di fatto non era arretrata quando si erano trovati faccia a faccia.
Aveva dimostrato coraggio, e Colin rispettava le persone coraggiose.
“Un'ultima domanda” mormorò con voce roca.
Madison strinse la mano sulla spada ma annuì.
“Hai intenzione di attaccarmi o farmi del male?”
La domanda sembrò cogliere di sorpresa la semidea, che prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro.
“Permettimi di dire... - riprese il rosso prima che l'altra avesse modo di proferire parola - Che onestamente non credo lo farai. Sai che sono un figlio di Ares, e oltre a questo è chiaro che c'è un lieve dislivello fisico tra noi due che mi vede in vantaggio pertanto attaccarmi direttamente sarebbe da sciocchi. Non sembri neppure una tipa da attacchi alle spalle o simili. Tuttavia - lo sguardo si indurì e per un attimo le iridi si macchiarono di rosso - Nel caso prima o poi ti venga la malsana idea di provare a fare un azione del genere ti consiglio vivamente di essere pronta a mettere in campo tutte le armi a tua disposizione. Non lo dico per vantarmi: sono un tipo pericoloso, è un dato di fatto, e non mi faccio remore a infilzare con la spada chi mi è ostile, anche se si tratta di una ragazza o di un altro semidio”
Non c'era arroganza nelle sue parole, solo fredda determinazione e consapevolezza delle proprie capacità. Colin non sembrava avere paura a mettere in mostra i suoi difetti e i lati più sgradevoli del suo carattere. E forse fu proprio questo a colpire così violentemente Madison.
Il giovane abbassò la spada e assunse una posizione più rilassata: “Per conto mio non ho motivo di volerti fare del male, quindi non avere paura”
La mora lo studiò per qualche secondo: “Come faccio a fidarmi di te?”
“Non puoi - fu la schietta risposta del figlio di Ares - E non ho intenzione di fare qualcosa di talmente stupido come giurare sullo Stige che rispetterò una qualche promessa. La mia parola pura e semplice è tutto ciò che hai, può non sembrare bello, ma a volte la vita non ci offre seconde alternative”
Madison pareva combattuta, ma alla fine anche lei abbassò la spada, ma al contrario di Colin continuò a mantenere un'aria circospetta. Il ragazzo non se la prese. Era più che naturale per lei non fidarsi di lui, non c'era nulla di cui rimproverarla.
“Da dove vieni?” le chiese invece facendo cenno con la testa alle scarpe sporche di fango.
“Più in là c'è una palude. È lì che mi sono svegliata”
Una palude, eh? Beh, decisamente non il primo posto verso cui dirigersi, doveva ricordarselo.
Stava per fare qualche altra domanda ma in quel momento i due vennero raggiunti dal rumore di qualcosa che si muoveva verso di loro. Qualcosa di diverso di un umano che correva. Qualcosa di molto più grosso... e quindi molto più pericoloso.
Subito si voltò verso l'altra semidea, e a giudicare dall'espressione allarmata di Madison anche lei doveva aver sentito quei rumori ed essere giunta alla sua stessa conclusione.
In fretta si guardò attorno. Alla fine fece un cenno alla figlia di Stige. Quando questa si voltò a guardarlo lui accennò ai rami alti di un albero lì vicino, nascosti da delle foglie. Dopo un paio di secondi la semidea afferrò cosa l'altro le stesse dicendo e annuì. Subito si affrettarono verso la pianta. Colin si inginocchiò e mise le mani a formare uno scalino. Madison lo fissò nervosa, insicura se fidarsi o meno. Colin le fece un gesto irato con le mani per spingerla a muoversi, e alla fine la ragazza cedette. Con l'aiuto dell'altro si arrampicò sul ramo più basso dell'albero per poi aiutare l'altro a salire. I due si arrampicarono un altro po' e, una volta raggiunta una posizione tale da sentirsi finalmente sicuri, si fermarono e presero a guardare in basso dalle fronde dell'albero, col cuore che batteva a mille.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

L'ultimo aggiornamento risale al 6 di novembre, ciò significa che sono passati poco più di due mesi dall'ultimo aggiornamento. Uao, sto migliorando.

Ad ogni modo, come va? Spero che non vi siate stufati di seguire questa interattiva che viene aggiornata ogni morte di papa (ma viene aggiornata, teniamo conto di questo, eh?!) e che invece abbiate letto con piacere il nuovo capitolo.

Forse un po' corto come l'ultimo? Forse sì, ma sono onesto: non avevo idea su cosa altro scrivere per questo cap, complice anche la suddivisione. Come vi avevo già accennato seguo lo stesso ordine di pov della presentazione dei personaggi, pertanto il pg che seguiva Colin dovrebbe essere Madison, ma se avessi messo subito lei avrei perso la possibilità di fare questo fantastico cliffhanger a fine capitolo. Certo, potevo prendere in considerazione la possibilità di invertire Madison con il pg successivo, peccato che si trattasse di Darren. Gli voglio bene come pg, ma sarebbe stato troppo presto presentarlo a mio parere, visto che ha fatto la sua comparsa appena nel capitolo precedente con Emma. Una cosa tira l'altra e alla fine ho deciso di aggiornare ora così com'è la storia.

Le cose iniziano ad andare un po' avanti, Katrina e il suo nuovo compagno iniziano a muoversi assieme e a fare i primi passi e scoprono qualcosa di moooolto interessante e che ai lettori forse risulta familiare...

Prima che iniziate a tartassarmi dicendomi che pare leggermente forzato o conveniente che i due trovino lettere a loro indirizzate così, in una maniera molto meno probabile rispetto a quello che è successo ad Andromeda nello scorso capitolo, però vi invito a cambiare il vostro modo di pensare e a farvi un'altra domanda: in che modo ciò non sarebbe forzato? La risposta forse vi inquieterà se ci pensate bene...

La parte di Polly è breve, lo so, e mi dispiace, anche perché rileggendo la sua precedente anche erano poche righe in cui non succedeva praticamente nulla, ma sul serio non ho praticamente idee per lei scusate (in particolare chiedo scusa all'autrice)! Il mio scopo è quello di farla incontrare con qualcuno il prima possibile e da lì magari le parti su di lei inizieranno a diventare un po' più consistenti.

Infine la parte su Colin e Fos, che una persona in particolare aspettava da un bel po' col cuore in gola (a chiunque mi stia riferendo sai che questo messaggio è per te XD). Vediamo un po' più di Colin (il personaggio che per ovvie ragioni riesco a gestire meglio) e notiamo che si sono di nuovo ficcati in un guaio, maledizione!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se è così lasciate una recensione. Nel prossimo capitolo scopriremo che cose si sta avvicinando a Colin e a Fos (voi cosa ne pensate? Che cosa sarà?), e come si evolverà invece il rapporto tra Darren e Emma lasciato in sospeso nello scorso capitolo, più qualche altra roba.
Se i vostri personaggi sono ooc per favore fatemelo notare e vi prometto che cercherò di correggere il prima possibil, grazie! (PS: ho corretto un paio di cose che non mi convincevano nel cap precedente, cioè lo strapotere di Katrina e il problema della spada di Emma per chi è interessato alla cosa, grazie per avermeli fatti notare.)

Ci sentiamo gente, bye!

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Capitolo 8
*** Ciò che c'è di più caro - Situazioni spiacevoli ***


CIÒ CHE C'È DI PIÙ CARO -
SITUAZIONI SPIACEVOLI

 

 

Foresta

 

Bosco

 

Madison non si sentiva al sicuro, per niente.
In silenzio sulla cima dell'albero su cui si era rifugiata sentiva il cuore batterle a mille nel petto, quasi al punto da farle male, rombandole sordo nelle orecchie. Inoltre aveva le mani sudate e sentiva quasi un tic all'occhio per il nervosismo; ma nonostante questo la presa sulla spada era salda ed era più pronta che mai a dare battaglia contro qualunque cosa si stesse avvicinando.
Deglutì nervosa e lanciò uno sguardo al ragazzino incontrato poco prima. Era accovacciato vicino a lei, una mano che reggeva la spada di bronzo celeste, l'altra che teneva scostate delle foglie così da avere una visione della piccola radura sotto di sé. Anche lui pareva pronto a combattere, e per quanto le avesse affermato di non avere intenzione di farle del male Fos proprio non riusciva a fidarsi. Si sentiva costantemente sulle spine, si aspettava quasi che da un secondo all'altro la buttasse di sotto rompendole così l'osso del collo.
“Una chimera...”
Il sussurro roco di Colin la distolse dai suoi pensieri e le trasmise un brivido gelido lungo tutta la spina dorsale. Aveva ragione: sotto di loro c'era proprio il mostro che millenni fa affrontò Bellerofonte. O per meglio dire: una sua discendente. Era più piccola di come Madison se la era immaginata - poco più grande di una mucca - e non sembrava avere nessuna testa di capra che le spuntasse dalla schiena, ma a parte quello quel mix di leone, capra e drago le trasmetteva terrore solo a guardarlo.
Il mostro stava annusando l'aria, sbuffando, come se stesse seguendo una traccia, per poi abbassare il muso da leone sull'erba e prendere ad annusare con fare smanioso.
Colin imprecò in greco antico.
“Cosa succede?” Sussurrò Madison.
“Non la vedi? Sta fiutando: ha sentito le nostre tracce, non ci vorrà molto prima che ci individui qua sopra.” Soffiò il ragazzo mentre si guardava attorno, come alla ricerca di una invisibile via di fuga.
Alla fine sospirò affranto, prima di alzare la spada di fronte a sé: “Non ci resta che fare la prima mossa...”
“Aspetta... non starai per caso proponendo di affrontare la chimera?” Domandò incredula.
“Che altre possibilità abbiamo? Non possiamo fuggire, e mi rifiuto di starmene fermo qui ad aspettare che ci trovi e ci riduca arrosto. Senti, tu puoi fare quello che vuoi. Ade, puoi anche scappartene a gambe levate per quel che mi interessa. Io la affronto.” E chiuse gli occhi prima di prendere un profondo respiro.
La mente di Madison lavorò ad una velocità folle mentre metteva insieme ciò che stava succedendo, e cercava di pensare a quale fosse effettivamente la scelta migliore.
“Andiamo...” Sussurrò il semidio tra sé prima di accovacciarsi pronto a saltare di sotto. Stava quasi per lanciarsi quando sentì una mano poggiarsi sulla spalla. Si voltò stupito. Madison lo stava fissando con aria decisa.
“Non prendermi per una codarda.” Sussurrò solo, mettendosi in posizione di guardia.
Il figlio di Ares la guardò colpito prima di scoprire i denti in un ghigno: “Divertente... Va bene, allora stammi a sentire: appena è a portata gli saltiamo addosso. Io sono più grosso, quindi mi occupo della parte davanti e del leone; tu invece pari più agile quindi pensa alla coda. Ricordati che la chimera sputa fiamme, la prima cosa da fare è metterle fuori uso i sensi. E fa' attenzione al veleno.”
Fos si limitò ad annuire, troppo tesa per l'imminente battaglia per badare davvero a ciò che il rosso le stava dicendo.
Il mostro si avvicinò sempre di più, la coda-serpente che sibilava, probabilmente eccitata alla prospettiva di banchettare con dei semidei.
Passarono solo pochi secondi, anche se a Madison parvero interminabili. Alla fine Colin sussurrò “ora” e i due saltarono giù dall'albero ruggendo.
Durante il breve salto Madison arrivò a due conclusioni. Una che nonostante tutto erano riusciti a cogliere di sorpresa il mostro. La seconda invece che, nonostante fosse riuscita a mozzarle la coda e Colin a darle una spadata sul muso, non erano riusciti a ucciderla.
La chimera ruggì al cielo la sua rabbia puntando il muso verso il figlio di Ares. Madison sentì un basso gorgoglio e l'attimo dopo vide l'albero su cui erano accampati fino a poco prima andare a fuoco. Per fortuna l'altro semidio era riuscito a scostarsi per tempo, ottenendo solo una lieve arrossatura dovuta al calore delle fiamme della chimera.
Colin si rialzò impolverato prima di riprendere la sua offensiva urlando di rabbia. Madison, vedendo il suo accanimento, decise di attaccare il mostro da dietro. Ma ormai era tutto inutile: la creatura era in posizione difensiva; ruggì di nuovo sputando fiamme addosso al rosso, costringendolo ad interrompere il suo attacco per salvarsi, per poi spostarsi verso la figlia di Stige. Madison si buttò in avanti con una capriola, e sentì le fiamme sfiorarle la pelle e ringraziò di avere i capelli corti, certa che se fossero stati anche solo di pochi centimetri più lunghi se li sarebbe trovati bruciati. Si rialzò in fretta e accucciata sferrò un fendente alla cieca di fronte sé.
La ragazza sentì di nuovo il mostro ruggire e lo vide inarcare la schiena mentre qualcosa di caldo e appiccicoso le cadeva sul viso. Non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo che con una zampata la chimera la mandò diritta addosso ad un albero.
La violenza del colpo le svuotò l'aria dai polmoni e le fece perdere la presa sulla spada. Sentiva la testa pulsarle e faceva fatica a mettere a fuoco l'ambiente circostante. Il braccio destro era intorpidito dallo scontro con il tronco dell'albero, se non peggio, e sentiva in bocca un gusto ferroso. Cercò di riportare lo sguardo sulla chimera, ma le immagini sfocate continuavano a sovrapporsi e Colin era diventato solo una macchia rossa illuminata dalle fiamme.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e lentamente li riaprì. Questa volta riuscì bene o male ad inquadrare di nuovo la scena di fronte a lei. Peccato che non fosse una scena molto incoraggiante.
Per quanto Colin fosse un figlio di Ares - e pertanto naturalmente portato alla battaglia - non riusciva a trovare un'apertura nella guardia del mostro, che nonostante fosse accecato da un occhio, poteva comunque contare sull'altro e sulle sue fiamme.
Se solo avessero avuto un arco, o una qualunque altra arma che potesse danneggiare la creatura a distanza quel tanto che bastava per distrarla e permettere così al semidio di finirla...
Un momento: lei quell'arma ce l'aveva!
Con mani tremanti e le orecchie che fischiavano prese a frugare nel piccolo marsupio pregando gli dei che il ragazzo riuscisse a resistere quel tanto che bastava per permetterle di portare a termine il suo piano.
A un certo punto le dita toccarono una superficie liscia, e Madison riuscì a tirarla fuori: la sua arma finale.
Pareva una semplice conchiglia, di quelle coniche, ma era decisamente più grande, al punto che per reggerla c'era bisogno di entrambe le mani. Era di un bianco opaco, e, se si accostava l'orecchio, all'interno si poteva sentire sciabordare dell'acqua.
La ragazza la raccolse, la posizionò a fatica di fronte a sé come se fosse una pistola e prese la mira.
Madre, ti prego, aiutami” fu l'unico pensiero che le passò per la testa prima di concentrarsi e sparare. Sulla valva si formò una bolla nera come inchiostro, grande più o meno come una palla da baseball. La bolla si staccò e prese a fluttuare pigra, spostandosi in direzione della chimera; quando finalmente raggiunse il muso della creatura si posò contro l'unico occhio ancora buono, prima di scoppiare con un lieve “pop”.
La chimera ruggì, un verso di puro dolore, ancora più straziante di quello emesso in precedenza quando era stata accecata, e si inarcò sulle zampe posteriori.
Colin, dopo un paio di secondi di stupore di fronte a quella reazione, approfittò dell'apertura e con un balzo in avanti infilzò il mostro dritto al cuore con un urlo roco, conficcando la spada fino all'elsa. Il verso si spense, e il mostro si bloccò come una statua, prima di tremare e accasciarsi all'indietro, la lingua fuori dalle fauci.
Madison si rialzò dolorante sostenendosi all'albero, ancora stordita dalla botta.
Colin si voltò a guardarla: “Tutto bene?”
Non c'era quasi traccia di emozione nella sua voce, e gli occhi non tradivano né ansia né preoccupazione, come se quanto aveva appena fatto fosse qualcosa di naturale per lui. Stava ansimando in cerca d'aria, l'orlo sinistro dei pantaloni era bruciato, gli avambracci arrossati dal calore e i capelli erano completamente attaccati al cranio dal sudore.
La figlia di Stige si limitò ad annuire, le labbra strette in una linea sottile, mentre continuava a tenere la conchiglia stretta in mano.
Il semidio si limitò ad emettere un grugnito, e si diresse a spegnere uno dei piccoli incendi accesi dal mostro: “Direi che ci è andata bene. L'albero era abbastanza distante dal resto, quindi possiamo sperare che gli dei per una volta ce la mandino buona e la foresta non vada a fuoco. Tutti altri sono incendi facilmente domabili.” Borbottò solo pestando gli stivali sugli arbusti.
La ragazza distolse lo sguardo e riportò l'attenzione sulla chimera, o meglio su ciò che ne era rimasto: un cumulo di sabbia dorata, una spada e una macchia di sangue nero come inchiostro.
Aggrottò le sopracciglia confusa.
“Che c'è?” Le chiese l'altro, notando l'espressione.
“Mi pare ci sia qualcosa...” mormorò.
Colin si avvicinò ai resti della chimera riprendendo la spada, e si inginocchiò: “Ma che...?”
“Cosa c'è?”
Il ragazzo tornò da lei. Tra le mani stringeva quello che pareva essere un collare extra large, formato da un'unica catena arrugginita, a cui era attaccato un piccolo scrigno di metallo.
“Evidentemente era coperto dalla criniera e non ce ne siamo mai accorti.” Borbottò Colin.
“Ma cos'è? E chi l'ha messo lì?” domandò Madison.
Non aveva senso, perché mettere una cosa del genere attorno al collo di un mostro sanguinario? Ma, soprattutto, chi poteva averlo fatto? E come?
Il figlio di Ares si portò il piccolo contenitore all'orecchio e lo agitò: “C'è qualcosa dentro.”
Tastò alla ricerca di un'apertura. Alla fine trovò una fessura e fece forza con le dita, aprendo in due il piccolo scrigno.
Madison sbirciò curiosa: dentro c'erano una chiave di ferro annerita dal tempo, e un piccolo quadrato di carta.
“Ti spiace prenderlo tu? Sai com'è, le mani...” Mormorò impacciato il ragazzo.
Madison sobbalzò e solo in quel momento notò che le mani del semidio erano completamente zuppe del sangue nero della chimera. Qualche goccia era finita anche sul viso e sulla canottiera.
Si limitò ad annuire e lo prese.
“Che c'è scritto?”
“Io... io non ne sono sicura, è molto piccolo. È greco mi pare. Se non sbaglio c'è scritto... 'un penny per i tuoi pensieri, una chiave per i tuoi ricordi'. Che significa?”

 

 

...

 

 

Darren la fissò colpito, prima di annuire, un sorriso scaltro che gli incurvava le labbra: “Ricevuto, capitano. Ora che mi dici se mi racconti la tua storia?”
Il semidio vide la ragazzina irrigidirsi, mentre le mani che reggevano la lancia si stringevano con forza. Spostò leggermente la testa di lato mentre assumeva un'espressione confusa; aveva per caso detto qualcosa di male?
Emma strinse le labbra prima di borbottare stizzita: “N-non mi paiono domande da fare, i-impiccione.”
Darren alzò un sopracciglio colpito. Okay, questa non se l'aspettava.
Probabilmente aveva sbagliato lui a formulare la domanda - forse era un po' troppo personale come cosa da chiedere - ma di fatto tutto ciò che voleva sapere era solo in che condizioni si era svegliata e se sapeva che costa stava succedendo.
Era sul punto di per aprire bocca per chiarire l'intera questione quando vide che la piccola ragazzina di fronte a lui aveva assunto un'aria concentrata, mentre guardava di lato. Il figlio di Apollo seguì il suo sguardo ma non vide nulla. Che avesse sentito un mostro? Stava per chiederglielo quando la sentì borbottare: “Ma se l'è cercata...”
“Come scusa?”
La ragazza sobbalzò per l'ennesima volta, prima di balbettare: “N-niente. Comunque è-è per caso tuo questo? Me lo sono trovato poco fa addosso e...”
Detto questo prese a frugarsi nelle tasche dei pantaloni prima di tirare fuori un medaglione circolare d'argento.
Il semidio aguzzò la vista, prima di avvicinarsi. Emma si irrigidì di nuovo. Darren notò il gesto, ma si limitò a sbuffare divertito: “Tranquilla, non voglio farti niente. Voglio solo dare un'occhiata più da vicino, posso?” E porse la mano.
Ancora un po' diffidente la ragazza gli affidò l'oggetto. Il figlio di Apollo prese a esaminarlo: era d'argento, probabilmente un pendente a giudicare dal piccolo buco posizionato sopra attraverso il quale si sarebbe dovuta far passare l'eventuale collana, e non era un semplice medaglione. Era una bussola, o per meglio dire un ciondolo a forma di bussola. Era anche estremamente accurato, con le lettere e le linee incise con cura, ma i graffi e gli aloni di ditate facevano capire che il proprietario era solito portarlo addosso con frequenza.
Scosse la testa mentre glielo riporgeva: “Spiacente, non mi dice niente.”La ragazza sospirò: “Speravo in un pizzico di fortuna...”
“Capisco... Ehi, questo mi fa venire in mente: è tuo questo per caso?” E le mostrò l'anello che si era trovato addosso al posto del suo prezioso orologio.
Emma lo fissò confusa: “No, non l'ho mai visto, scusa.”
“Tranquilla. Ad ogni modo...”
Stava per dire qualcosa quando vennero raggiunti dal rumore di un ruggito.
Subito entrambi alzarono le rispettive armi mentre si guardavano attorno allarmati.
“C-cos'era?” balbettò Emma mentre stringeva con forza l'asta della lancia.
“Un mostro?”
“Grazie mille, ma da dove veniva?”
“Non lo so, forse...”
Un nuovo ruggito, stavolta ancora più forte.
Darren deglutì: “Direi che non è il caso di farci troppe domande, dobbiamo scappare.”
“Dobbiamo? Noi due?”
“Sei la prima persona che incontro da quando mi sono svegliato in mezzo a quella palude infernale, e siamo entrambi semidei. Qui c'è qualcosa in gioco e mi rifiuto di lasciare una ragazzina senza protezione in un posto pieno di mostri.”
“Ragazzina? Sappi che ho diciassette anni.” Esclamò indignata la semidea.
Mea culpa, chiedo scusa, ma dobbiamo andarcene. Ora.”
Si voltò a guardarla, un'espressione preoccupata e ansiosa sul viso. Emma si morse il labbro, indecisa, prima di annuire, forse un po' controvoglia.
I due si voltarono e corsero via alla cieca, diretti verso un posto qualunque, il più lontano possibile dalla fonte di quel rumore.

 

 

 

Giungla

 

Anna si muoveva in silenzio spostandosi di ombra in ombra, gli occhi incollati sulla ragazzina con la protesi.
Felpata come un coguaro, vedo. Sai chi mi ricordi: gli stalker dei film.
Il commento di Strygha le fece storcere la bocca, ma si limitò ad ignorarla mentre cercava con tutta sé stessa di non farsi scoprire. La giovane non sembrava essersi accorta di loro, ma qualcosa doveva averlo percepito, visto che continuava a guardarsi attorno con aria nervosa, la mano che di tanto in tanto continuava a correre all'elsa della spada.
Anna assottigliò lo sguardo. Anche quel particolare non le era sfuggito; la ragazzina aveva una spada di bronzo celeste, dove se l'era procurata? L'aveva trovata da qualche parte in giro come lei? Ma in tal caso: chi l'aveva messa lì? E soprattutto: perché? Lasciare armi mortali in giro non le sembrava esattamente la cosa più intelligente da fare.
Sai cosa mi ricorda questo tuo atteggiamento furtivo? Quel passo della canzone di 'Nightmare before Christmas', hai presente? 'Sono l'ombra che di notte va/ Semino il panico giù in città'.
Per una buona volta: taci! Sono impegnata in un appostamento qui.” Pensò stizzita la ragazza.
Erano ormai dieci minuti che le andava dietro, ed era andata molto vicino a farsi scoprire quando, ad un certo punto, era risuonato a distanza il rumore di quello che pareva essere un ruggito. Anche la ragazza l'aveva sentito e si era voltata proprio verso di lei con aria spaventata. Per fortuna gli alberi e le ombre della giungla l'avevano riparata impedendo che la potesse vederla.
Però chissà cos'era quel rumore. Che ci fosse anche qualcun altro lì?
Ad un tratto la ragazza si fermò e la sentì trattenere il fiato.
“Per gli dei, e questo cosa sarebbe?” La sentì mormorare rivolta a qualcosa al di fuori del suo campo visivo.
Rimase ferma lì per un minuto buono, prima di sfoderare la spada e avvicinarsi titubante.
In silenzio Anna la seguì, per poi bloccarsi come aveva fatto l'altra poco prima, capendo il motivo del suo stupore. Gli alberi si erano diradati, lasciando spazio ad una radura in mezzo alla quale sorgeva un tempio antico. Non sembrava avere pareti, e i muri erano sorretti da colonne di marmo che un tempo dovevano essere state di un bianco abbagliante, ma che ora erano completamente ricoperte da muschio e rampicanti. Il tetto era sfasciato e dall'aspetto trasandato si capiva che era stato abbandonato da tempo. Da dove si trovava le sembrava di riuscire a scorgere un piedistallo che forse un tempo aveva ospitato una statua, ma che ormai era sgombro.
Anna si perse per qualche secondo ad ammirare l'edificio, prima di essere riportata bruscamente coi piedi per terra dal commento di Strygha.
Uoah, che figata. Ha proprio l'aria di qualcosa di antico e abbandonato.
“Sarà perché è antico e abbandonato?”
Non c'è bisogno di essere così acidi, miss cuore di ghiaccio.
“Stammi a sentire. - Soffiò stizzita togliendo lo sguardo dal tempio - Ti rendi conto della situazione in cui ci troviamo? Siamo in un posto sconosciuto, non abbiamo la più pallida idea di come ci siamo arrivate, ci hanno tolto armi e oggetti magici per farci trovare questa cosa. - E sventolò la spada - Probabilmente su quest'isola ci sono parecchi mostri e parecchio pericolosi a giudicare dal ruggito di poco prima e non abbiamo la più pallida idea di cosa stia succedendo. Quindi ora tu le tue crisi da diva isterica te le fai venire da qualche altra parte e mi lasci pensare. Qui o usiamo la testa e non perdiamo il controllo o siamo morti. E io non ho nessuna intenzione di crepare, grazie tante.”
Poteva quasi immaginarsi Strygha che tratteneva il respiro prima di rispondere a tono, ma vennero interrotte da una voce che ordinò: “F-ferma dove sei!”
La semidea si irrigidì.
“Voltati.”
La ragazza seguì l'ordine con una calma innaturale. Di fronte a lei se ne stava la semidea con la protesi di bronzo, la spada in mano e un'espressione cauta sul volto.
Ops, ci siamo fatte beccare. Chiedo scusa.

 

 

...

 

 

Pamela era quasi certa che qualcuno la stesse seguendo.
Un paio di volte le era sembrato di intravedere un'ombra con la coda dell'occhio, ma ogni volta che cercava di focalizzarsi su quel punto non vedeva niente. Le prime volte l'aveva scambiato come un gioco di luce causato dalle ombre degli alberi misto all'ansia dell'intera situazione che stava vivendo.
Ansia accresciuta ancora di più quando aveva sentito quell'ululato risuonare per tutto il bosco. Qualunque cosa l'avesse fatto sicuramente non aveva le dimensioni di un innocuo gattino, poco ma sicuro.
Si portò con fare nervoso una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre gli occhi saettavano sul terreno per impedirle di inciampare da qualche parte e rompersi così l'osso del collo.
Alzò la testa al cielo: chissà che ora era? Stava iniziando ad avere fame, e se non trovava qualcosa di commestibile al più presto sarebbero stati guai. Forse avrebbe dovuto seguire di più le lezioni di sopravvivenza al campo, ma la fucina aveva un richiamo troppo forte per lei, non ce la faceva! Però tutto questo le aveva fatto venire in mente un'idea fenomenale: una bussola auto-orientante, sul modello dei moderni navigatori GPS. Sarebbe stata capace di calcolare la tua posizione sulle stelle e sul movimento del sole e indicarti così facendo la strada da prendere per raggiungere il punto sicuro più vicino.
Se lo doveva assolutamente segnare, sarebbe stata una buona idea...
Era talmente presa dai suoi pensieri che quasi non si accorse quando il bosco finì. Si arrestò di colpo e alzò gli occhi dal terreno per poi lasciarsi sfuggire: “Per gli dei, e questo cosa sarebbe?”
Il tempio di fronte a lei probabilmente non incontrava lo sguardo di un essere umano almeno da mezzo secolo, ma era di per sé un'opera notevole. Certo, lei era una figlia di Efesto, e non una di Atena, ma non poteva fare a meno di ammirare il mix di ingegneria e tecnica usate per montare su l'intera struttura. Il numero di colonne adatto per sostenere il peso del tetto, la loro altezza, la distanza...
Tutte quelle cose aggiungevano un non so ché di magico. Inoltre poteva sentire qualcosa dentro, il suo sesto senso semidivino le diceva che all'interno della costruzione c'era qualcosa di parecchio interessante.
Si avvicinò con passo svelto, cercando di dare un significato a quella sensazione di ansia e aspettativa. Era quasi arrivata che la intravide di nuovo. Un'ombra proprio ai margini della piccola radura.
Rallentò il passo e deviò leggermente la sua traiettoria mentre si lanciava occhiate furtive alle spalle. Questa volta ne era certa, aveva visto una figura nascondersi dietro ad un albero alle sue spalle.
Con fare attento si nascose di nuovo nella vegetazione per poi correre verso il punto dove si trovava poco prima. Quando lo raggiunse scostò delle foglie e guardò. Attaccata ad un albero c'era una ragazza che le dava le spalle. Stava gesticolando, come se stesse avendo una conversazione fitta fitta con qualcuno, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani.
Pam si passò la lingua sulle labbra secche. Cosa fare? Quella ragazza evidentemente la stava seguendo, ma per quale ragione? Che volesse farle del male? Che fosse semplicemente una persona che si era trovata nelle sue stesse condizioni e che stava ora riflettendo su cosa fosse meglio fare? Oppure era un mostro camuffato da mortale che aveva intenzione di tenderle una trappola.
C'era un solo modo per scoprirlo. Facendo attenzione impugnò la spada per poi uscire silenziosamente dal suo nascondiglio, avvicinarsi e esclamare fingendo sicurezza: “F-Ferma dove sei!”
Vide le spalle della ragazza tendersi.
“Voltati.” Ordinò perentoria.
L'altra fece come le era stato detto e Pamela vide in volto la sua inseguitrice. Aveva un'incarnato chiaro, lineamenti affilati e naso aquilino, gli occhi erano uno nero e l'altro azzurro. Ora che vedeva i vestiti poteva notare un certo stile goticheggiante, ma la sua attenzione era portata dalla maglietta di un accesso colore arancione.
“Come ti chiami?”
La ragazza sembrò pensarci un po' su prima di dichiarare: “Anna Debenham. Ed io con chi ho il piacere di parlare?”
“Pamela, Pamela Clarke. Sei... sei una semidea anche tu?”
Forse ci fu qualcosa sul suo viso che tradì il desiderio di una risposta affermativa a quella domanda, perché fu quasi certa di vedere uno scintillio inquietante negli occhi della nuova venuta prima che replicasse con un lieve sorriso: “Figlia di Ecate.”
Pamela abbassò la spada con un sospiro prima di rispondere con un sorriso sincero: “Figlia di Efesto. Scusa se sono stata così sospettosa, ma sai com'è...”
“Non c'è problema, apprezzo chi è cauto e attento.” La rassicurò con un sorriso la ragazza.”
Pam si schiarì la gola: “Allora, figlia di Ecate, giusto? Sai per caso come ci sei arrivata qui? Sai dove ci troviamo?”
“Temo di no, mi dispiace. Sono all'oscuro tanto quanto te.”
“Oh, peccato... E perché mi stavi seguendo?”
Anna si irrigidì di nuovo: “Mi hai vista?”
“No, cioè non proprio. Avevo notato qualcosa alle mie spalle, è stato solo quando siamo arrivate al tempio che ti ho proprio vista.”
L'altra si morse il labbro, e Pamela poteva quasi vedere il lavoro che stava facendo il suo cervello. Alla fine sospirò: “Volevo capire se potevi avere delle risposte o se eri coinvolta con l'intera faccenda del mio rapimento.”
Era una risposta abbastanza essenziale e non la soddisfaceva per nulla. Stava per premere quando sentì qualcuno esclamare: “Ferme dove siete, e giratevi lentamente.”
La figlia di Efesto sgranò gli occhi sorpresa; era stata talmente occupata col suo dialogo con Anna che non aveva notato che erano state raggiunte da un nuovo venuto, un ragazzo alto e muscoloso, dalla pelle olivastra e i corti capelli castani.
Il giovane stava puntando loro addosso una lancia di bronzo e oro, un'aria guardinga sul volto.
Con calma aprì la bocca e mormorò: “Identificatevi, e ditemi dove ci troviamo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Salve.

Dopo quanto? Un anno? Poco meno? Finalmente riesco ad aggiornare la storia. Ad essere sincero questo capitolo ce lo avevo pronto dopo un mese che avevo fatto uscire l'ultimo ma non sono riuscito a pubblicarlo. Mi dispiace ma stavo vivendo una fase davvero giù che mi ha portato praticamente a portare a zero le mie attività di autore sul sito. Ora forse riesco a riprendermi e a scrivere qualcosa a riguardo, ma non contateci troppo, non si sa mai.

La prima parte mi è stata betata da Itzi (andate a leggere le sue interattive se già non lo avete fatto!!!!!!), in quanto io faccio schifo nel raccontare scene di combattimento.

Spero che la storia vi sia piaciuta, nel caso degli autori di Anna, Pam e Johnny stessa domanda fatta per gli altri: dal poco che sanno gli uni degli altri come si relazionano tra loro? Oltre a questo fatevi sentire perché ho una domanda da farvi su loro per far andare avanti la storia.

Ci sentiamo gente, bye.

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