La maschera di edison di briareos1982 (/viewuser.php?uid=74666)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** anima meccanica ***
Capitolo 2: *** La stella artificiale ***
Capitolo 1 *** anima meccanica ***
Ed era seduto in cucina, una cucina attrezzata a laboratorio
apparecchiata di cavi e bulloni, cacciaviti e piccoli compressori
ronzanti. Alla rinfusa si vedevano stecche di ferro che spuntavano da
un motore cilindrico, estratti dal telaio stavano i variatori di
trazione, gli ingranaggi di plastica dei limitatori e i fermi. Lacci di
gomma chiudevano sacchetti colmi di condensa. Un liquido celeste come
olio dei freni era mischiato al sangue, stagnando su un'asciugamano. Il
ragazzo lavorava con una mano in una carcassa divelta, stuzzicando con
un elettrodo un relè; il metallo saldato comprendeva una
giuntura e un manipolatore fitto di articolazioni, simile alle zampe di
un millepiedi, e alla base il pezzo sprofondava nella clavicola. Ed si
stava mettendo a posto il braccio, con le vene gonfie di flebo d'
antidolorifici.
Ingollando ogni cinque minuti una pastiglia d'antibiotici.
Tutta roba che gli avrebbe spaccato il fegato, se avesse avuto un
fegato. Proprio quando sentiva di aver trovato la giusta campanatura
del polso fu chiamato alla porta. Alzò lo sguardo dal tavolo
con un grugnito, mostrando il volto senza rivestimento. I muscoli del
viso se ne erano andati, i gruppi tumorali erano stati asportati e le
cicatrici erano come saldature, la pelle tirata sullo scheletro come
una maschera di halloweeen. Gli occhi, orbite splancate con due
macchine fotografiche, erano incastrate con viti e bulloni nell'osso,
attaccate al nervo ottico con l'operazione più cara che
avesse mai fatto. La bocca era senza labbra, un ghigno aperto sulle
gengive e sui denti grondanti di saliva.
-Chicazzo è a quest'ora!? Vai affanculo! -
Il campanello ronzava come un calabrone in fiamme , anche l'interfono
urlava.
- Ed smetti di fatti le seghe! Apri ! -
- Ora non posso, non rompere il cazzo! -
- Apri stronzo, sono Ulna! -
Ed cercò con il braccio buono la maschera di ferro, e la
incastrò con un clik al volto, coprì il tavolo
con un telo sporco d'olio e andò alla porta. Fu tirato
indietro come un elastico.
Non ci arrivava, il braccio era fissato al legno con delle morse.
- Dai Ed, apri, fa freddo qua fuori! -
- Aspetta un attimo, porco mondo! -
Trascinò il tavolo fino ad aprirgli. Un'attimo a
controllarsi nella cromatura della porta e via.
- Finalmente, pezzo di merda! -
Entrò nella stanza una ragazza bionda, i capelli bassi
sfumati come fossero solo disegnati. Vestiva una pelliccia sintetica
color argento sopra un completo di velluto nero e oro. Ed non glielo
aveva mai visto indosso.
- Ulna, ti trovo bene. A chi hai fregato stà roba? -
- Ho fatto il salto! Ora lavoro per un'azienda seria! -
- E come hai fatto, stronza!? Chi hai ammazzato? -
- Un colpo di culo, un miracolo! ho fatto domanda presso i loro
laboratori e paf! -
- E paf! Cazzo che culo! -
- Mi hanno dato pure un'anticipo, guarda che sono riuscita a prendermi!
-
- Vedo, vestiti da puttanona snob...-
- Ma smettila scemo! Ma si può sapere che stavi facendo con
stò tavolo? -
- Sto facendo un controllo al braccio sinistro, non è
niente...-
Insieme spostarono il tavolo al suo posto. Ulna si diresse verso il
frigo.
- Senti, Ed, stè cose non dovresti farle da solo...hai
qualcosa da bere? -
- Sì, in frigo dovrei avere venti, trenta litri di
cocacola... -
- E' vero! cazzo te ne fai di tutta stà roba? -
- Ci sgrasso le giunture, ci sturo i filtri in officina...-
- Senti, io ti apro una bottiglia nuova, ok? Te che prendi? -
- Tirami una birra. -
Ulna lo guardò imbrociata, - ma ti ammazzi se bevi alcolici!
ti va in merda il cervello! -
- Senti ragazza, ho il sistema immunitario a pezzi e il quaranta
percento del corpo di plastica. Se muoio mi faccio solo un favore.-
- Io te la dò solo metà, annaquata. Non voglio
che tu muoia. -
- Uuuuu, ecco la mammina.-
- E poi, ma da quando in quà ci si sventra in cucina? Devi
andare da un chiurgo ortopedico buono a fare stè cose! -
- E perchè? -
- Perchè rischi di spararti un embolo, perchè
magari non chiudi un'arteria e ti partono sei litri di sangue un un
secondo...-
- Biondina, ma te ce li hai quattromila dollari da spendere in una
visita? -
- No, ma ci sono sempre gli ambulatori! -
- Qui ti ci voglio! Quelli prendono, ti mettono sotto una macchina
autodiagnostica di venti anni fa e poi vanno a bersi un
caffè. O spararsi in vena qualche goccia di morfina,
così per gioco. Poi quando tornano ti infilano le mani alla
cieca e se schianti non è colpa di nessuno. La gente come me
è considerata come i vecchi di novantanni: se non crepi
oggi, saresti comunque crepato in settimana! -
- ...Ed...-
- Perciò preferisco fare da solo. -
Rimasero in silenzio per un'attimo, poi la ragazza si
avvicinò come facendo le fusa. Ed già conosceva
quella vecchia storia, che si ripeteva sempre.
- Signor Edison, mi fai vedere il tuo volto? -
- No, Ulna, non rompere. -
- Signor Edison, la prego....-
- No! e non chiamarmi "Signor Edison", che sembra il nome di una
lampadina! -
- Signor Edison, fammi vedere il braccio! -
- No, è uno schifo, lascialo stare! Ma sei fissata! -
- Dai, solo il braccio! -
- Uffa, smettila, non sei divertente. -
- Facciamo così, io ti faccio vedere una cosa mia, e tu mi
fai vedere quello che hai sopra il tavolo. -
- Vuoi barattare la tua figa per quel casino sul tavolo? -
- Tu la mia figa te la scordi! -
- E allora? -
- Prima dimmi di sì o no! -
- sì, facciamoci due risate.-
Ulna si tirò giù i pantaloni e gli slip coprendo
con una mano il fiore di carne che teneva fra le gambe. Così
in fretta che Ed ebbe un singulto; si schiaffeggiò
mentalmente per non aver pulito le lenti quella mattina. Voleva avere i
raggi x per vedergli attraverso quella mano, i servomotori degli zoom
sibilavano tormentati. Anche la ragazza li sentiva.
- ...Signor Edison, così diventa cieco...guarda che riesco a
fare. -
I riccioli dorati divennero scuri, come un'illusione. Edison era
sconcertato.
- Cazzo! -
Ora rossi, ora bruni. poi addirittura viola, celesti e infine porpora,
che era veramente troppo.
- Basta così, mi fa senso! ma come fai? -
Prima di tirarsi su i vestiti gli sembrò che la punta dell'
indice fosse scivolata dentro. Era solo un'illusione?
- E' l'ultima moda, innesti di peptidi bioluminescenti tra le radici
dei peli pubici! -
- Forte! Me lo fai rivedere? -
- No, ora tocca a te! togli questa roba! - Il telo volò dal
tavolo prima che Ed potesse ribattere.
Sul tavolo c'era quello che aveva lasciato, una vecchia protesi con i
muscoli arificiali all'aria. Come intestini di pesce su un banco.
La ragazza sembrava affascinata.
- E non ti fa male? -
- No. per me è come fosse una pinza, o un qualsiasi altro
strumento. -
- Riesci a rimetterti insieme? -
- Sarebbe il minimo! Dai, fammi finire, che domani ho da lavorare con
tutte e due le mani. -
- Senti Ed, ma ache l'altro braccio è...? -
- Sì, gran parte del busto e delle gambe. -
- Ma per fare...pipì? -
- scusa, ma perchè sei così curiosa? -
- e dimmelo, daì! -
- Sì, è tutto ok. Vuoi provarlo? -
- Ma che maiale che sei! -
Lei andò alla porta, poi si girò. - Ed, mi
dispiace, ma devi cancellare quella registrazione...-
- Di che cavolo parli? -
- Lo sai. Su, voglio fidarmi di te. -
- va bene, va bene, ho capito. - Edison cancellò quei pochi
minuti. Meglio così, avrebbe passato la nottata a
masturbarsi.
Quando la porta si chiuse e fu certo che la ragazza se ne fosse andata
si tolse la maschera. Gli piaceva la sensazione d'aria sulla pelle, gli
faceva bene. Si mise al lavoro e verso le tre di notte ebbe finito, la
messa a punto terminata. Se ne andò in camera svestendosi
nel percorso, fino a rimanere in mutande.
Sì, era ridotto veramente male.
Il torace era come rinchiuso in una gabbia di plastica, sotto stavano
le riproduzioni artificiali di un polmone, dello sterno e di svarate
costole. Entrambe le gambe erano andate, dovettero amputargliele per
via di quella fottuta malattia che aveva preso chissà dove.
Bh 132, "Necromitosi cronica" la cura del cancro, una cura che
prevedeva l' inserimento di un virus che fagocitasse le cellule
impazzite prima che queste riuscissero a riprodursi, poi quando non
trovavano più cibo, si estinguevano. Andò bene
per trent' anni, poi il virus comprese che poteva indurre l'organismo
stesso a creare il suo cibo, e divenne così bravo a farlo
che si trasformò in una piaga biblica. Per fortuna era un
patogeno che si trasmetteva solo tramite inoculazione, così
solo coloro che erano stati vaccinati erano nelle sue stesse
condizioni. Altrimenti se erano stati fortunati erano morti.
Estrasse due cilindri dai fianchi e li mise in carica. La colazione dei
guarrieri.
Il suo corpo era divenuta una specie di compressore elettrico, mancando
la pressione osmotica data dai piedi l'intero sistema circolatorio
doveva essere fatto refluire a forza. Edison aveva due cuori, un motore
bioelettrico e una placca di ceramica ficcata in fronte. I muscoli
delle gambe rimasti erano aggrappati a ossa di titanio, dal ginocchio
in giù i polpacci e le caviglie erano composte da pezzi
più o meno rabberciati, visto che sostituire l'intera
protesi era impensabile. Il ragazzo continuava a fissare altri dadi,
altre bulloni e altre viti.
Diede il comando ai suoi occhi di chiudersi, così le
quadruple lenti d'iridio bifocali spensero il proprio sistema operativo.
Grugnì contro l'odioso simbolo in dissolvenza della
Microsoft Humanolgy che gli ricordava che aveva ancora dodici rate da
pagare.
Poi fu solo, nel buio.
Fuori dal mondo...
Fuori
O dentro?
spinto al centro di un qualcosa
aldilà del fiume
all'interno del guscio
sull' argine di una scoperta.
E oltre?
Più in profondità,
oltre
il corpo cadavere
la rana elettrica di Voltaire
Il fulmine.
Oltre, più in profondità,
Nelle geometrie dei silicati che tengono insieme il mio corpo.
Oltre c'è il Cuore.
Oltre c'è il Cuore.
Forse si era addormentato, o forse no. Difficile dirlo senza palpebre.
Intanto il cervello veniva lacerato dall'attivazione repentina degli
occhi, che intasavano di informazioni una parte del cervello che non si
era ancora svegliata. Alla fine Ed ci aveva fatto l'abitudine, anche se
la sensazione era quella di vedere, sì, ma non capire
assolutamente quale fosse l'alto o il basso, o riconoscere dove fosse.
Si alzava in piedi automaticamente, senza aspettare di capire che
effettivamente aveva le gambe sul terreno, prendeva alla cieca le pile
ad alta capacità e le inserì negli slot ai
fianchi. Proprio come un giocattolo; prese una pasticca d'integratori e
iniziò a cambiarsi, l' avere un intestino di plastica lo
aiutava a stare in linea. Voleva sorridere, ma sentiva che fuori
pioveva e questo non gli piaceva per niente. Si stava pulendo i denti,
facendo i conti con il suo terribile profilo, quando sentì
un fulmine e si fermò in attesa del tuono.
Lo schianto fu notevole, e come sempre si ripercosse con le sue
telecamere.
Era una cosa che lo esasperava.
Sopratutto non capiva perchè un impianto ottico da
trentamila dollari avesse gli stessi problemi di un televisore degli
anni cinquanta. Il servizio clienti gli diceva che è
normale, una botta di elettroni che insomma, non lo sapevano neppure
loro. Gli altri clienti non ci facevano caso.
Lui rimaneva al buio per un paio di secondi poi tornava a vederci.
Uscendo di casa, immegendosi nella folla di Hope, fu quasi scaraventato
via dal frastuono infernale della strada. Alle sette del mattino si
potevano incontrare trecento persone in pochi metri, quartieri stipati
come spugne intrise d'acqua. Sulla strada asfaltata gli schianti e le
strida dei motori elettrici mischiati a quelli a carburante, urla e
clacson e bestemmie e frenate e segnali di manovra a coprire il suono
dei tuoni e dei fulmini. Ed procedeva spedito anche se ogni tanto la
vista gli andava in black out, gomitate su gomitate verso la sua
officina. Qualcuno dava un'occhiata curiosa alla sua maschera, poi
tirava dritto.
Edison aveva lo stesso pensiero: cazzo volete stronzi? non vi sta bene
la mia faccia? ringraziate il cielo che non sto a viso scoperto. L'
acqua scendeva giù con gocce puzzolenti come pergolato di
una discarica, spesso prima di toccare il suolo lavavano via l'
immondizia dai muri, quando arrivava ad altezza uomo era quasi
certamente tossica.
Le lenti erano antigoccia, per cui a parte i soliti problemi vantava
una vista pari a quarantatrè decimi; tra le centinaia di
persone vide i segni distintivi dei Benedettini che gli giravano
intorno. Metalmente chiese la ripetizione degli ultimi cinque secondi
in un'angolo della visuale, rallentamento, centratura.
I bastardi gli stavano girando intorno come squali. Non era la prima
volta che cercavano di beccarlo, ma ora erano in tanti, cinque forse
più.
Senza escludere che qualcuno fra quegli stronzi lo stava tracciando
dall' alto. Cazzo se avevano soldi e tempo da buttare!
Doveva spostarsi senza mai lasciare la folla, e se poi raggiungeva l'
officina era al sicuro.
Ma lo presero ugualmente, all' entrata di un vicolo. Lo tirarono
dentro, buttato a terra come un sacco di patate.
Giovani, puliti, sadici bastardi i Benedettini, chirichetti dediti al
massacro di gruppo di tutti coloro che indossavano protesi, in nome di
una qualche strofa della bibbia. Ma Edison sapeva che nessuno di quegli
stronzi aveva mai neppure sentito nominare Gesù, volevano
solo sfogarsi. Massacrare senza sporcarsi le mani; forse ci poteva
ancora parlare.
- Ragazzi, quanto volete? - Ma quelli gli stavano intorno. In un
silenzio blindato dietro i loro completi neri.
Si sentì mancare l'appoggio quando uno fra questi lo
colpì con una spranga al polpaccio, qualcosa si ruppe, lo
sentiva. La terra era un' acquitrino velenoso d'asfalto e olio di
scarico, si coprì il volto ma gli scaricarono addosso una
grandinata di colpi, di sputi e calci. Non era tanto il dolore, ma
l'umiliazione lo bruciava nell'anima di stare a strisciare nella merda
senza un motivo. Quando ebbero finito lo lasciarono lì, a
leccarsi le ferite; alzandosi cercò di capire cosa si fosse
rotto, ma cadde in avanti. La gamba era andata.
Edison arrivò all'officina incazzato nero, il suo socio
Fernandez lo vide entrare a passo di carica come fosse il capitano
Achab.
- FERNANDEEEZ, pezzo di merda, DOVE CAZZO STA IL MARTELLO? -
- Che martello? -
- Il MARTELLO Fernadez, il MARTELLO, quel coso con cui si battono gli
oggetti, porca puttana! - Lo trovò subito, si
alzò i pantaloni e iniziò a svitare lo stinco.
Con una gamba sola iniziò a raddrizzare a suon di martellate
il piede storto sibilando maledizioni.
Stronzi!
SBAM!
Bastradi!
SBAM!
Figli di troia!
SBAM!
- Fernandez, ma lo sai che gli faccio, la prossima volta che mi
capitano a tiro?! -
- Di chi stai parlando Ed? -
- DI CHI?! Dei bendettini, dei benemerdosi, dei
befiglidiuna-gran-puttana, ecco di chi parlo! -
- Ti hanno messo sotto ancora una volta...-
- Sì cazzo, ma te ne rendi conto? Come se non avessi un
cazzo di niente a cui pensare! Come se la mia vita fosse un' isola
felice! -
Fernandez era un uomo appesantito sulla quarantina. Malinconico e
stanco, di poche parole. Non gli importava nulla di quello che era
successo a Edison, ma non glielo avrebbe detto . - Ed mettiamoci al
lavoro, abbiamo da cambiare i convertitori ad un paio di PlasmaBuster e
poi c'è uno che dice che gli è scoppiato in
faccia il gruppo di continuità mentre era in carica...-
- O ma vaffanculo pure tu. -
La giornata si dissanguò nella pioggia battente, ora dopo
ora. Ed per distrarsi pensava spesso ad Ulna, era la sua ancora di
salvezza da quel mondo orribile. Sarebbe stato meraviglioso se fosse
stata la sua ragazza, ma era un sogno irrealizzabile.
No, era un'incubo, lui era un mostro, una bambola gonfiabile piena di
acciacchi, di cicatrici.
Oltre c'è il cuore.
Alle cinque chiuse i battenti e andò a casa, le mani e il
corpo che puzzavano d'olio e gel per batterie - Essence of Ed -
pensò il ragazzo malinconico. Era un odore che aveva addosso
più o meno sempre.
Sulla strada sempre la solita gente, il solito niente a riempire il
vuoto del mondo, miliardi di persone di voci e pensieri sono inutili se
non vengono in contatto gli uni con gli altri. E le persone non
parlavano più, si scambiavano monologhi. Fu facile per i
Benedettini prenderlo alla sprovvista depresso com'era, trascinandolo
ancora in un' angolo. Uno di quelli aveva una borsa di pelle, aprendola
Ed vide strumenti di dissezione: volevano derubarlo di qualcuna delle
sue protesi. Ma quale? Nessuna valeva il disturbo, se non...
Gli occhi.
Due lo tenevano fermo, in silenzio, mentre la pinza estrattrice si
avvicinava. Gli erano costati una vita di sacrifici, e inoltre erano
attaccati alla viva carne, direttamente ai nervi. Lo avrebbero reso per
sempre cieco, in un'abisso di dolore. Possibile che la vita potesse
fare così' schifo? Ma in fondo, cosa c'era da vedere?
Ulna
Sentì le pinza che si chiudevano sulle orbite, pronte a
strappare gli innesti dal cranio, e fu preso dal panico - se devo
finire a pezzi, mi spacco da solo - urlò il suo cervello.
Impose un movimento impossibile alle spalle e scivolò fuori
dalle mani dei suoi aguzzini. - Mi volete? Eccomi bambini, guardatemi!
-Per la prima volta in vita sua Edison si tolse la maschera in
pubblico, e l'effetto fu devastante. Fuggirono come se avessero il
fuoco al culo, ma riuscì a catturarne uno, forse il capo.
In quel momento non era un buon leader, piangeva e frignava di fronte
al mostro scarnificato. Edison tolse i limitatori ai motori elettrici
delle braccia, e gli afferrò la lingua - Stai fermo che ti
devo insegnare una cosa: se cerchi di scappare ti sfilo la trachea
dalla bocca, insieme alla lingua. -
Poi gli strappò un dito dalla mano, fermando immediatamente
l'emorrargia con un laccio emostatico che faceva parte del suo kit
d'emergenza. Il benedettino muggì a lungo, fino a sbiancare;
prima di liberarlo il mostro gli disse: - ora sei come me. -
Ed non era tipo di persona violenta, ma in quel caso scoprì
che aveva solo comunicato con il suo aguzzino con il più
antico e primitivo linguaggio: il dolore. Chissà se davvero
aveva capito qualcosa.
Quando fu per mettersi la maschera qualcosa si bloccò in
lui.
dietro la maschera non c'è una persona
c'è solo una maschera.
Ed non riusciva più a indossarla, si rifiutava. Mai gli era
sembrato ingiusto come adesso dover coprire il proprio volto per non
offendere gli altri. Forse stava inziando a comprendere che la maschera
lo nascondeva da sè stesso, gli offriva un rifugio sicuro.
Con un terribile sforzo di volontà s'impose di indossarla
per un'ultima volta.
Così arrivò fino a casa, estraneo a sè
stesso, confuso al punto da non riconoscere Ulna che lo aspettava sulla
porta.
- Ciao Ed ti ho fatto un'improvvisata. -
- Ulna non è stata una gran giornata... -
- Ancora i benedettini? -
- Già, ma stavolta facevano sul serio, volevano cavarmi le
mie Nikon per rivendersele... -
- Oddio! E tu? -
- ...gli ho strappato un dito. -
- Hai fatto male! Dovevi spaccargli il cranio, rompergli l'osso del
collo! -
- E poi? mica posso ammazzarli tutti! -
- Hai fatto la denuncia alla polizia, almeno? -
- ...figurati...- Edison stava aprendo la porta, fermando la ragazza
sulla soglia.
- No, Ulna, ho bisogno di stare un pò da solo. -
- Ed, tu stai SEMPRE da solo! Lasciati...curare un pò. -
- "curare"? -
- Sì, daì, non mettermela giù dura,
non è facile! -
- Senti, grazie ma voglio stare da solo! -
- Edison, quando smetterai di avere paura?! - Entrò nell'
appartamento, usurpandolo.
- Ulna, ESCI! Di che cazzo avrei paura?! -
- Hai paura di tutto! Anche di te stesso! -
Chiusero la porta alle loro spalle, Ed era incazzato e voleva stare un
pò tranquillo, togliersi quella cavolo di maschera, si
sentiva scomodo e fuori posto. Qualcosa non andava in lui, un qualcosa
di odioso e ruvido. Ulna era di mezzo, ma non mollava.
- Togliti la maschera, mostrati per quel che sei.- Edison decise di
giocarsela. D' accordo, e si sfilò la protezione dal viso.
Ulna sarebbe corsa via? sarebbe scappata per sempre dal suo mondo? E
cosa sarebbe rimasto di lui?
Eccomi
oltre la maschera
c'è il cuore.
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Capitolo 2 *** La stella artificiale ***
Ulna assorbì il suo sguardo di carne con
tranquillità. Non sembrava si trattenesse o che lo facesse
per compassione. Infrangendo le leggi inalterabili della repulsione si
avvicinò ad Edison, e per la prima volta nella sua vita
qualcuno lo accarezzò.
Ed si sentiva sospeso in un mondo nuovo, imprevisto. Un terreno sacro
pronto a spezzarsi al primo sospiro. La sua pelle martoriata dalle
operazioni gli stava regalando sensazioni nuove, era come rinscere a
nuova coscienza, una nuova innocenza con cui osservare il mondo.
Era così vulnerabile, sentì quasi dolore quando
lei iniziò a spogliarlo, facendo scivolare via la tuta da
lavoro come una crisalide. Sotto, i solchi lucidi delle cicatrici, la
plastica e le viti, accarezzate da una mano nuova e curiosa. Una mano
inesperta, che imparava cose nuove centimetro dopo centimetro.
Era come gettarsi nell'abisso, entrambi con la paura di ciò
che sarebbe stato, di cosa avrebbero trovato nel fondo, oltre le
tenebre. Edison l'abbracciò, sperando di non essere troppo
freddo, lei lo accolse tra i suoi seni.
Negli elettrodi,
nello scambio di potenze,
oltre il canto
dello spettro sismico dell' Idrogeno,
Al limitare dell'antimateria,
spense i suoi occhi artificiali e nell'oscurità la vide.
Senza colori, senza forme, ma presente. Si distesero sul tavolo di
legno, con il ronzio incessante dei motori elettrici.
La ragazza ondeggiava in nuovo oceano...stelle d'argento brillavano
intermittenti, rami di zinco avvolti in diodi di carbonio, capillari di
rame nascosti tra i capelli. La sua pelle non era fredda, l'alluminio
si univa alle ossa come un gioiello d'avorio e argento.
Nel volto senza labbra la scoprì la lingua morbida, viva.
Edison la sorreggeva senza peso, scivolando lungo le sue gambe.
Ulna era vergine.
Sentì la paura della ragazza, ma lei lo tratteneva. - Ti
prego, voglio che sia tu...-Io?
- Sì, ho deciso così...-
- Perchè io...?-
- Perchè sei l'unica persona che non vorrei mai perdere...-Il
suo sangue era di un rosso violento, scivolò sul tavolo
ancora macchiato di olio.
Sentì il suo universo di lampi statici e bagliori azzurri,
di fulmini e linee di codice, e non seppe distinguere se fu per averlo
toccato o per l'emozione che stava provando che sentiva l'atmosfera
satura di elettroni; si compenetrarono, unirono i loro mondi sotto
l'eco di un nuovo miracolo.
Poi Ed si sdraiò accanto a lei nel letto, nudi, Adamo ed Eva
di un dio folle e perverso.
- Signor Edison... -
- ...Ulna...-
- Sai non credevo che...-
- ..che potessi "farlo?" -
- Sì... -
- E' una di quelle parti che si possono sostituire più
facilmente. -
- Davvero?! -
Risero - Sì, anzi basta andare da un qualsiasi chiurgo
plastico! Gli porti il metro e lui te lo modella in laboratorio! -
- Oddio...e poi? -
- Poi scegli gli optional! Bitorzoluto, curvo, gobbo...ad alta
vibrazione, a stantuffo, liscio o ruvido...-
- E tu che hai scelto? -
- Nulla, non ci sono mai andato! -
- No?! -
- No, non ne ho avuto bisogno. O credi che forse dovrei? -
- Bè Signor Edison, non credo che per adesso ci siano
problemi...assolutamente. -
- Sai Ulna...vorrei che tu stessi con me...per più di una
giornata...-
- Certo...che scemo che sei... -
- Perchè? - Ma Ulna si era addormentata. Così Ed
spense le luci e si abbandonò a sè stesso.
Ci fu uno schianto e le lenti brancolarono nella messa a fuoco,
qualcosa stava avvenendo nella stanza. Forse stava sognando.
No, stava succedendo qualcosa, l'orecchio registrava delle voci che non
riconosceva.
Vide le divise dei benedettini all'interno della stanza, in casa sua. -
Non potete entrare qui! NON POTETE! -
E Ulna dov'era? Non era accanto a lui, non c'era. - ULNA DOVE SEI!?
Bastardi figli di puttana, se solo avete PENSATO di farle del male...
io vi vi...-
- No, lei non c'entra nulla...anche se si accoppia con i Mostri...- Era
il tizio del dito. Se lo era già rimpiazzato, una bella
protesi indistinguibile da un dito vero. Niente punti di sutura,
nessuna infezione.
- ED! - La ragazza si divincolava dietro un armadio in cravatta. - ED
SPACCAGLI IL CULO! -
Il dito ferito la guardò con calma - Certo troia, potrebbe
strapparci il cuore a tutti noi...se avesse ricaricato le batterie,
vero Mostro? -
Era vero, il sistema era in riserva, non aveva forze per poter
contrastare tutta quella gente. Magari uno o due, ma non tutti.
- Che cosa volete figli di puttana? volete ammazzarmi? volete punirmi?
Eccomi, sono qui. Ma non fate male a quella ragazza, lei non c'entra
nulla. Vi prego. -
- E' tardi per pregare, Mostro. E poi non vogliamo ammazzarti, noi non
siamo inquisitori, noi Perdoniamo coloro che non camminano nella Via. -
- Allora cosa...? -
- Vogliamo i tuoi occhi. -
Ladri, ladri sadici e assassini. Edison ebbe un'attimo di esitazione,
forse gli veniva data un'ultima possibilità. - D'accordo, ma
non voglio che Ulna veda. Portatela nell'altra stanza. -
- D'accordo. Forza fate come ha detto, che non si dica che siamo
crudeli.- La ragazza fu trascinata via a forza da due persone grosse il
doppio di lei, poi la porta si chiuse e l'area divenne insonorizzata.
Intorno a lui sguardi eccitati dilatavano gli occhi torcendosi le mani:
il lavoretto che sta per operare il loro capo non sarebbe stato uno
spettacolo per stomaci deboli. La pinza estrattrice fece la sua
comparsa scintillando sotto la luce dei neon. - Bene Mostro, ora...stai
fermo. -
Il sistema mandò messaggi di errore appena la pressione
della morsa si fece più intensa; quando l'innesto
iniziò ad essere strappato via dall'osso la visuale
ondeggiò mandando una pioggia di punti esclamativi
lampeggianti. Le diagnosi di danni irreversibili si alernavano
schizzofreniche su ogni angolo, come quasi implorasse che la torura
avesse fine. Edison urlò fino a schiumare dalla bocca,
dentro il suo cervello gli scricciolii delle placche divelte erano rami
che schiantavano, si aprirono le vecchie terribili ferite delle
asportazioni, lacerando i tessuti rimasti. Dentro la sua mente il
dolore esplodeva in lampi bianchi frantumando la coscienza, e l'unico
appiglio era il pensiero ossessivo, un mantra a cui affidava tutto
sè stesso - Più tempo, più tempo, ho
bisogno di più tempo ancora più tempo. -
Più tempo per sovraccaricare il gel nelle celle
d'alimentazione delle sue batterie, farle bruciare come fosforo.
Brillare come una supernova al magnesio.
- Ecco, abbiamo finito. Ragazzi, date una pulita ai connettori e per
l'amor di Dio, togliete quei brandelli di carne. Mostro, mi senti, ci
sei...?
Il corpo squarciato era immobile come un manichino ma Dito Ferito non
era ancora soddisfatto.
- O signore ma cosa che ti sta uscendo dal viso...- Uno dei suoi
tentò di rispondere - Credo che sia cervello. Non avendo
più la placca frontale...la materia celebrale fuoriesce.
- ...già, dev' essere quello. Ma ...CAZZO! - fu l'unico a
rendersene conto, forse perchè il più sveglio; si
lanciò verso la porta, ma era sbarrata.
il Cuore ,
Su un piedistallo d'avorio
alle porte d'orialco,
Immerso
nel prisma luce.
Nella stanza si diffuse immediatamente il panico, la prima esplosione
mandò in fiamme coloro che avevano intorno in una vampa
azzurra. Il gel aveva preso fuoco come napalm corrodendo i corpi come
divorandoli; l' evaporazione repentina degli oli e delle frizioni lo
accesero d'una luce blu accecante, e mentre camminava il metallo si
fondeva strato dopo strato.
Li prese a sè, nonostante l' orrendo buco sul viso,
strappando la spina dorsale come edere su un albero, svuotando i loro
stomaci sul pavimento. La carne si piegava debole e fragile alla
brutalità delle viti e delle plastiche; le loro ossa si
spezzavano, la loro pelle raggrinziva e si accartocciava come carta.
Il sistema antincendio non riuscì a spengere le fiamme.
- Ed, fammi entrare, ti prego! - Ulna era libera, i benedettini erano
scappati da quell'inferno, sconvolti.
Edison rimase dietro la porta, senza aprire.
Il leader dei corpi spaccati che ricoprivano il pavimento stava
ranicchiato in angolo, rompendosi le mani nella porta blindata.
Edison andava verso di lui, con la maschera in mano; non era
più un uomo, del suo corpo rimaneva il telaio incandescente
avvolto nelle scintille elettriche.
La Sicurezza venne solo quando non ci fu nulla da salvare. Il quartiere
di Hope neppure si accorse delle cicatrice scure che il fuoco aveva
lasciato sulla strada, delle urla della ragazza e delle sue lacrime.
Fernandez frugò tra le macere in cerca di qualcosa da
salvare, ma l'unica cosa che trovò fu la sua maschera.
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