SMS (Se Michael sapesse)

di MusicAddicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Devo imparare a dire di no (Rachel) ***
Capitolo 2: *** Capitolo II : Non chiamatemi stacanovista! (Michael) ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: E ora che faccio? (Rachel) ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: E adesso che faccio? (Michael) ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Devo imparare a dire di no (Rachel) ***


“New York57 in quattro minuti”.

La persona dall’altro capo della linea sembra abbastanza soddisfatta, tanto che, prima di riagganciare, mi ringrazia pure.

Non sarebbe nemmeno così male come lavoro, a parte il trascurabilissimo fatto che… non è il mio!

E pensare che, all’incirca cinque mesi fa, quando Rebecca me l’ha chiesto, aveva esordito con “Te lo chiedo solo per questa volta”.

Bene, deve avere un concetto un po’ personale di ‘solo per questa volta’, dato che è già la terza che siedo alla postazione di questo centralino, durante il turno che dovrebbe ricoprire lei.

Ed ecco l’ennesimo squillo di telefono che mi impedisce pure di pensare.

Ma dove accidenti se ne deve andare tutta San Francisco il lunedì mattina?

“The Fastest Taxi, buongiorno”.

Più ripeto questa frase, più sono curiosa di conoscere il pazzo che ha scelto il nome della compagnia, perché è più impronunciabile di uno scioglilingua!

“Buongiorno un corno! Ho una fretta indiavolata e non riesco a trovare nemmeno un sudicio taxi in tutta la città, quindi se non me ne trova subito lei uno per Folsom Street 78, io...” sbraita il mio poco cordiale interlocutore.

Anche se parecchio controvoglia, mi annoto il recapito di quello scorbutico, promettendo che farò il possibile.

E sto per farlo, quando dalla borsa semi-aperta che ho lasciato sulla mensola sotto il computer scorgo il mio cellulare che lampeggia, segnalandomi una chiamata in arrivo, per poi scoprire che chi la sta effettuando è la causa principale di tutti i miei guai di questa mattina.

Senza il benché minimo senso di colpa, digito dal telefono aziendale il cellulare di quell’uomo insopportabile.

“Mi scusi, Signore, sono spiacente, ma in questo momento non c’è nessun taxi disponibile in quella zona. Grazie per aver chiamato.” gli comunico non appena accetta la chiamata, riattaccando prudentemente, prima che abbia il tempo di abbaiarmi contro.

La mia azione successiva è isolare il telefono, almeno per qualche minuto.

Rispondo alla chiamata della mia colpevole amica a metà del sesto squillo.

“Ebbene, che cos’hai da dire a tua discolpa?”  

“E dai, non sarà poi così malaccio”.

“Tu dici? Ho fatto il pieno di energia negativa che mi è arrivata dal settanta percento degli utenti!”  la informo io.

“Bene. Questo vuol dire che ben il trenta percento ti ha inondato della sua energia positiva!”  ribatte gioiosamente lei.

Dannato l’ottimismo imperturbabile che si ritrova. Quando la finirà di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno?

Forse è meglio se cambio argomento.

“Dimmi che almeno è servito a qualcosa”.

“Oh, sì, eccome! Stamattina, quando ti ho avvisato alle sette, ci avevo proprio visto giusto. Il ragazzo che ho visto correre, mentre anch’io facevo il mio solito salutare jogging nel parco, era davvero lui: Jason!”  mi racconta, con un entusiasmo alle stelle.

“Vuoi dire niente più sosia, come le altre due volte?”  

“Sì, nessun sosia, era lui al cento percento. E dopo la corsa ho fatto colazione nel suo stesso bar”.

Ho quasi paura a chiederglielo.

“Intendi con lui? Al suo stesso tavolo?”  

“No! Che dici, sei impazzita? Il bar era lo stesso, ma il tavolo era quello più distante da lui che sono riuscita a trovare!” chiarisce lei.

Proprio come volevasi dimostrare.

“Però alla fine sei riuscita ad attaccar bottone con lui… vero?”  

Chissà perché, temo di conoscerla già la risposta.

“Beh, non proprio, però abbiamo respirato la stessa aria, io lo vedo già come un grande passo avanti!” commenta felice lei.

“Mi stai praticamente dicendo che mi hai piazzata qui al tuo posto... per niente?” la metto alle strette.

“Rachel, mettiti nei miei panni; ma con che coraggio mi potevo presentare? Io, una semplice impiegata con una vita monotona, e lui, un astro nascente, il leader di una band che entrerà nella storia del rock ...”  

“Rebecca, permettimi dir ricordarti che il tuo caro astro nascente è solo il leader di una band che si è esibita due mesi fa a una festa universitaria alla quale ti ha invitato tua sorella!”  

“D’accordo, ma ciò non toglie che è pur sempre un piccolo passo in più per farsi conoscere. E poi metti caso che quella sera fosse presente qualche manager o un presidente di una casa discografica, che ha notato lui e il resto dei Dust at Dawn e ...”  

“Dacci un taglio con l’ottimismo e i passi, grandi o piccoli che siano. Il risultato finale è che non hai concluso nulla!” la interrompo, al limite dell’esasperazione.

“Piuttosto, dimmi, ci ha scoperto qualcuno?” cambia argomento lei.

“No, non è passato nessuno a controllare, come sempre. Me lo spieghi come ci riesci ogni volta a farla franca?”  

“E’ semplice, al colloquio d’assunzione ho espressamente chiesto se c’era la possibilità di assentarmi senza alcuna giustifica, trasgredire impunemente ogni regola e farmi sostituire da personale non autorizzato!” scherza lei e anche se non posso vederla posso facilmente immaginare il sorriso furbetto sul suo viso.

“Ah-ah, divertente. Sta’ attenta perché questo personale non autorizzato potrebbe diventare così bravo da soffiarti il lavoro!”  

“Stai ammettendo che ci stai prendendo gusto?”  

“Vuoi scherzare? E’ un assillo continuo, mi chiedo come faccia a sopravvivere tu che lo fai da anni. Per non parlare degli orari. Perché credi che io abbia scelto un part-time pomeridiano?”  

“Oddio, Rachel, non mi dirai... per la radio?”  

“Certo. E grazie a te oggi li ho persi!”  

“E dai, che vuoi che sia? Ascoltata una puntata le hai ascoltate tutte!” sbuffa lei e io devo contare fino a dieci, prima di risponderle.

 

“Fingerò di non aver sentito. E ringrazia il cielo che di notte va in onda la replica, anche se ascoltarli in differita non è la stessa cosa!”  

“Sei patetica”.

“Scusami, potresti ripetere, Miss Abbiamo-Respirato-La-Stessa-Aria?” controbatto.

“Hai ragione. Siamo patetiche!” riconosce lei e scoppiamo a ridere entrambe.

“Bene. Almeno ci facciamo compagnia. Adesso però, da brava, chiudi e lasciami fare il tuo lavoro!”  

“Sì, hai ragione. Grazie infinite ancora. Lo sai che sei la migliore amica che esista?”  

“E tu la più rompiscatole, ma è l’ultima volta che mi freghi. Ciao, manipolatrice!” pongo fine alla conversazione.

Del resto, Rebecca sa meglio di me che scherzavo. È l’amica più cara che ho, fin dai tempi del Liceo. Infatti, è solo a lei che faccio favori del genere.

Ripongo il cellulare nella borsa e lo sguardo mi cade sull’orologio. Sono le dodici e un quarto.

Dannazione! C’è l’ultimo quarto d’ora di trasmissione. Sarei così tentata di mettermi ad ascoltarlo, se solo il segnale si prendesse anche qui.

Stupido, maledetto, insulso radiotaxi!

Ma che sto facendo? Inveisco contro un’apparecchiatura perché mi impedisce di sintonizzarmi su una stazione radio?

All’incirca un anno fa non avrei mai pensato che mi sarei ridotta così…

 

Ricordo ancora com’è successo. Un giorno piovoso a casa, costretta a letto da un’antipatica influenza, ero satura di televisione, leggere richiedeva troppo sforzo, così l’unica scelta utile per ingannare il tempo si era rivelata la radio, che fino ad allora avevo utilizzato solo ed esclusivamente quando mi era capitato di dover affrontare viaggi lunghi in macchina, per avere notizie sulla viabilità, da stazioni qualunque, non avevo mai avuto preferenze.

E pensavo di non averne anche quel giorno, dato che facevo distrattamente zapping da un programma all’altro. Di spostamento in spostamento, approdai su una frequenza, allora a me sconosciuta.

Stavo per cambiarla, ma poi decisi di ascoltare prima lo speaker che stava parlando. Disse una cosa molto divertente, tanto che mi ritrovai a ridere di gusto, come non succedeva da molto tempo.

Dopo di che la parola passò al suo collega … e fu lì che la mia vita fu sconvolta, a partire dall’improvviso aumento della febbre.

La prima cosa che mi colpì fu la voce, così calda, profonda, suadente e con un lieve accento Texano che non fa che renderla ancora più fascinosa.

La seconda è la sua risata, così limpida, aperta, libera, ha un che di contagioso.

Terza e non meno importante, le cose che aveva detto.

Sì rivelò divertente come il suo collega... e da quel momento in poi non persi più di vista quei due ragazzi.

Cominciai ad assalire internet, in cerca d’informazioni su di loro.

E scoprii che Eddie -il ragazzo che avevo sentito parlare per primo- e Mike, questi i loro nomi che avevo già imparato ascoltandoli di puntata in puntata, non sono solo speaker, ma anche attori/cabarettisti che si esibiscono in non poche serate e stanno anche muovendo i loro primi passi nel campo televisivo.

Ma io dove diamine ero vissuta fino a quel momento?

Ad ogni modo se già ero capitolata per quello che avevo solo ascoltato, quando vidi le loro foto fu la fine.

Anche Edward è bellissimo, ma Michael… che posso dire? Non ho mai visto un ragazzo così stupendo.

 

Accidenti a me! Ho tenuto il telefono occupato per quasi un quarto d’ora. Persa com’ero nei miei pensieri, mi sono dimenticata di ripristinare la linea, provvedo subito.

No, Rebecca non ha nulla da temere, non credo proprio di essere portata per questo lavoro.

TBC
 

Salve a chiunque passi da qui ^^.

Questa è una storia che ho intrappolata nei quaderni da.. beh ormai dieci anni, ogni volta succede qualcosa, la riprendo, la riabbandono.. così ho deciso di provare a pubblicarla online... chissà mai che a qualcuno piaccia e mi sproni a continuarla...

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Capitolo 2
*** Capitolo II : Non chiamatemi stacanovista! (Michael) ***


“E anche per oggi siamo giunti ai saluti!” esclama Eddie, con l’entusiasmo che lo contraddistingue sempre.

“Ma no, di già? Il tempo è volato!” commento io e non è una frase fatta, davvero mi sembra di aver cominciato da non più di dieci minuti fa.

E’ Edward a continuare.

“‘Two With You’ vi dà appuntamento a domani”.

“Noi ci saremo di sicuro...speriamo anche voi!” aggiungo io, prima che entrambi ci congediamo con un lungo ‘ciao’ collettivo.

“E anche oggi è andata!” sorride Eddie, mentre ci togliamo le cuffie.

“Sì, però dobbiamo ancora pensare agli argomenti per domani, controllare la playlist, il...”  

“Mike, stacanovista maledetto, esistono quelle cose chiamate ‘pause’. E ora, che ti piaccia o no, tu ed io ce ne prendiamo una. Anzi ti dirò di più, ce ne andiamo a mangiare qualcosa!” decide il mio amico, trascinandomi fuori dalla cabina.

A lui non lo dirò mai, nemmeno sotto tortura, ma sono contento che l’abbia fatto.

Forse è vero che a volte lavoro un po’ troppo.

“Vuoi un argomento per domani? Eccolo: siete drogati di lavoro, per voi non esistono orari, straordinario è la vostra parola preferita? Cosa mettere in scaletta non lo so ancora, ma nella playlist non dovrebbero mancare ‘Relax’ , sia quella di Frankie Goes to Hollywood, sia il ‘Take It Easy ‘ di Mika!” mi prende in giro Eddie, due panini ultra imbottiti e un piatto di patatine fritte dopo.

Io dall’alto della mia bistecca con insalata non posso far altro che guardarlo e chiedermi come diavolo faccia a trangugiare sempre tutte quelle schifezze, a ogni ora del giorno, senza mettere su nemmeno un etto.

“Hai finito?” alzo gli occhi io.

“Di mangiare sì, di sfotterti certo che no!” ribatte lui, con fare scanzonato.

Certe volte lo strangolerei, ma a parte questo lui è il mio migliore amico da quasi una vita ormai.

 

Almeno da quando, tanti anni e ancora più chilometri fa, un bambino al suo primo giorno di Scuola Elementare chiese ad un altro bambino se il posto accanto al suo era libero.

Un posto che da quel giorno in poi ha continuato a essere occupato, in un percorso fatto di giochi, studi, confidenze, momenti gioiosi e altri più difficili.

E ancora più importante è la passione che abbiamo sempre condiviso: far divertire la gente.

L’abbiamo capito fin da quando i nostri compagni di scuola ridevano, quando io ed Edward facevamo il verso ai professori delle rispettive classi.

Oppure ci esibivamo per un pubblico di amici, solitamente sotto casa di qualcuno a tirar tardi, con imitazioni varie, parodie e qualche scenetta improvvisata.

Finché qualcuno credette in noi e cominciammo a esibirci in dei locali e non più per soli amici, avevamo i nostri primi veri pubblici.

Certo, i primi locali erano dei buchi in cui a stento potevano entrarci non più di cinquanta persone, e non vedevamo nemmeno mezzo dollaro, ma era comunque una cosa meravigliosa.

Eravamo ancora intenti a convincerci che fosse vero, quando qualcuno a una di quelle serate ci notò.

Così avvenne l’impatto col magico mondo della radio. Sia io che Edward, per nulla intimoriti nemmeno quando vedemmo illuminarsi la scritta ‘On air’ e la spia rossa per la primissima volta, interagimmo subito tra noi con una naturalezza assoluta, quasi come se non avessimo mai fatto altro in vita nostra.

 

 

 

“Michael Russel Roadway, sei ancora fra noi? Se ci sei, batti un colpo!” mi richiama all’attenzione Edward, chiudendo gli occhi e portandosi le mani sulle tempie, con fare concentrato, alla stregua di un medium.

Tranquillo, amico, che so come farti passar la voglia di far tanto lo spiritoso…

“Ecco!” esclamo, pestandogli un piede con fare piuttosto deciso. “Vedi che l’ho battuto il colpo?”  aggiungo con aria di sfida.

“Ouch! Dannazione, Mike, perché devi essere sempre così violento?” piagnucola, guardandosi il piede indolenzito.

“E tu perché devi essere sempre così idiota?”  

“Perché tu ogni tanto sembra che decidi di abbandonare il pianeta!” ribatte lui.

Del resto, Edward ama avere sempre l’ultima parola, ma io non sono da meno.

“Stavo solo ricordando i bei vecchi tempi andati. Ti capita mai?”  

“Raramente, il passato è per i pappamolla. La vera sfida sta nel presente! E ancor di più nel chiedersi che cosa ci riservi il futuro.”  

“Se continui così, a te di sicuro riserverà una carriera solista!” ribatto io, con una punta di acidità nel tono.

“Perché? Cos’ho fatto?” domanda sconcertato lui, con la migliore espressione innocente che riesce ad assumere.

“Mi hai appena dato del pappamolla, vedi un po’ tu!” gli rinfaccio io.

“Ah, ma no, quello era un discorso in generale, non mi riferivo a te.” finge di giustificarsi lui, perché lo so che sta fingendo.

“Certo che se ti sei sentito chiamato subito in causa… significa che allora lo sei davvero!”  aggiunge Edward.

Lo sapevo che aveva in serbo un’altra frecciatina.

“Eddie, a te la trasferta fa male, diventi insopportabile a livelli indicibili!” sbotto io, mentre lasciamo il ristorante.

“La nostalgia mi fa questo strano effetto. Quanto mi manca la mia Grande Mela!”  sospira lui.

“Ma sentilo! Smettila di atteggiarti da Newyorkese, rimani pur sempre un ragazzo dell’Oklahoma.”    gli ricordo io.

“Un ragazzo che però da più di un anno si è trasferito a New York, innamorandosi del suo caos, dei suoi ritmi frenetici, dei suoi strampalati abitanti...”  commenta lui, varcando la porta dello studio.

“Basta che tra i suoi abitanti strampalati non ce ne sia una che metta le sue grinfie su di te, perché, amore, ricordati che tu sei mio!” esclama Daisy, saltando al collo di Edward.

Ecco. Giusto quello che mi mancava per rendere questa giornata ancora più perfetta. Nel caso non si fosse capito, sono ironico.

“Amore, che sorpresa! Che bello averti qui!” esclama gioioso il mio compare, prima di stamparle un bacio da fare invidia ai più svenevoli film romantici, mentre io vorrei dar di stomaco.

E non è certo per la bistecca.

“E’ che mi mancavi troppo, ho preso un paio di giorni di ferie e sono salita sul primo aereo disponibile.”  rivela lei, con fare smielato. “E poi così posso controllarti meglio!” aggiunge subito dopo, mentre Eddie si limita solo ad alzare gli occhi, rassegnato.

Non importa quante volte lui l’abbia rassicurata su quanto la ami, lei è convinta che prima o poi lui la lascerà per un’altra ed è per questo che vede una potenziale rivale in ogni ragazza che lo avvicini.

Certo, perché una così ha molto da temere: fisico minuto ma perfetto, seno prosperoso, capelli rossi fluenti dai riflessi dorati, che sembrano usciti direttamente da uno spot per shampoo, bocca piena e sensuale, occhi grandi e ciglia lunghissime per uno sguardo da cerbiatta...

Insomma, che posso dire? E’ tanto bella quanto... detestabile!

Sul serio, il nostro odio reciproco è l’unica cosa su cui ci troviamo d’accordo.

Oltre a quanto a entrambi stia a cuore Eddie… ovvio, in due modi drasticamente diversi!

Non ci posso credere, si stanno baciando di nuovo!

Almeno stavolta Eddie non si è accorto che mi son perso ancora fra i miei pensieri.

“Hey, piccioncini, spiacente di disturbarvi, ma Eddie e io abbiamo una trasmissione da mandare avanti.” li interrompo io.

“Ah, ciao, Michael. Ci sei anche tu. Tu ci sei sempre!” esclama lei, con un tono che definire acido non basterebbe a darne l’idea.

“Anche per me è sempre una gioia rivederti.” replico io allo stesso modo.

“Accidenti, verrà mai il giorno in cui voi due andrete d’accordo?” domanda esasperato Eddie.

“Mai!” rispondiamo Daisy ed io all’unisono.

“Beh, questo è già qualcosa!” sorride lui.

“Amore, non badare a questo stacanovista rompiscatole,” si lamenta lei, prendendolo per mano e portandolo al bancone del corridoio.

E’ già la seconda volta che mi prendo dello stacanovista. Ma questi due si leggono nel pensiero?

“Sai, passavo dal bar e… guarda cosa ti ha portato la tua fidanzata modello?” sorride lei, porgendogli una fetta di torta al cioccolato.

“Te l’ho già detto che ti amo, vero?” sorride lui, mangiandosela senza fare troppi complimenti.

“Prima che tu ti azzardi a chiedermelo, no, per te non c’è niente. Mettiti bene in testa che quando ho scelto lui non ti ho mai considerato compreso nel pacchetto!” mette in chiaro lei, sbuffando.

“E ti prego di non farlo mai! Come minimo mi porteresti una fetta di torta avvelenata!” ribatto io, fulminandola con gli occhi.

Eddie è troppo preso dalla sua torta per accorgersi che stiamo litigando un’altra volta.

“Basta. Direi che di pause ce ne siamo prese fin troppe. Ora tu, vipera, sei pregata di lasciarci soli, e tu, pozzo senza fondo, seguimi e preparati a tirar fuori le idee!” sbotto io, trascinando Eddie nella nostra cabina, sotto lo sguardo stizzito di Daisy.

Vittoria su tutti i fronti.

 

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“Grandioso! Abbiamo finito prima del previsto!” esclama festoso Eddie, uscendo con me dalla cabina, all’incirca un’ora dopo.

“Per quanto riguarda la radio sì, ma sai che oggi pomeriggio abbiamo le prove per…”  

“Sì, sì, lo sa, non c’è bisogno che glielo ricordi. Piuttosto, perché non ti rendi utile e chiami un taxi?” esordisce annoiata Daisy.

E io che pensavo che si fosse stancata di aspettarci e fosse andata in Hotel.

Devo riconoscere che questa ragazza ha tenacia da vendere.

“Buona fortuna! Io prima volevo prenotarne uno, ma non sono nemmeno riuscito a trovare la linea libera, di nessuna compagnia!” mi informa Edward.

“Vedrai che io ci riuscirò e al primo colpo!”  

“Ecco, bravo. A Eddie intanto penso io, anche perché...dobbiamo parlare!” annuncia Daisy e il mio amico avverte già una minaccia in quelle parole.

“Di cosa, amore?” domanda con una nonchalance che però non è affatto convincente.

“Del fatto che all’ascoltatrice che ha chiamato alle undici e ventiquattro hai risposto in un modo un po’ troppo caloroso!” sbotta lei, mentre si allontanano.

Quella non è una donna. E’ un palinsesto vivente. E non invidio certo Eddie.

Estraggo il mio cellulare e mi accingo a comporre il numero. Caro taxi, sarai mio!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III: E ora che faccio? (Rachel) ***


L’orologio segna solo poco più di due minuti alle 14:00.

L’ora della fuga si avvicina.

Beh, fuga da un lavoro all’altro.

Raccolgo tutte le mie cose nella borsa, sono quasi tentata di avvicinarmi già all’uscita, quando il telefono si mette a suonare.

La ragazza del prossimo turno, già informata da Rebecca della mia sostituzione, ancora non s’è vista, quindi c’è poco da fare, tocca di nuovo a me rispondere.

“The Fastest Taxi, buongiorno.” ripeto per la trecentesima volta nella giornata, mentre continuo a guardarmi attorno per vedere se arriva la ragazza.

“Ciao. Io sono convinto che tu possa riuscire nel miracolo…”

Oh, mio Dio. Non può essere.

Io questa voce la conosco. La conosco eccome!

Ma com’è possibile? Sono morta e questo è il Paradiso?

In effetti, lui ha parlato di miracolo…

“Pronto? Hey, ci sei ancora?” mi richiama lui.

“Sì, scusa, stavo prendendo un appunto. Dimmi pure.” mi giustifico io. Che scusa idiota, potevo scegliere qualcosa di più credibile.

“Avrei bisogno di un taxi…” 

Ma dai? Pensavo ti servisse un chilo di pane!

“Direi che hai fatto il numero giusto.” è la reale risposta che gli do.

Deve essere la mia immaginazione, o la stanchezza, che mi fa brutti scherzi.

Probabilmente è solo una voce che somiglia un po’ alla sua.

Come ho potuto anche solo immaginare che fosse… lui?

“Eh, già, direi di sì. Allora, noi siamo a Gough Street, al numero 284, presso JW Network...”  

Oh, mio Dio. Non solo mi ha detto la via, ma addirittura la radio. Allora è davvero Michael!

Michael Roadway sta davvero parlando con me.

Michael Roadway ha bisogno di un taxi.

Che cosa aspetto a trovargliene uno?

“Certo. Farò il possibile… se serve anche l’impossibile!” spergiuro io, mentre vedo la collega di Rebecca avvicinarsi, pronta a sostituirmi.

Le faccio segno di attendere fuori.

Lei la scambia per una grande disponibilità ad accalcarmi anche del lavoro che a quest’ora dovrebbe essere suo.

Peccato che le mie intenzioni non siano così altruiste come crede.

Bella mia, te lo scordi di occuparti di questa telefonata!

Quanto adoro la prassi di questo lavoro.

“Scusami, siccome le linee al momento sono molto intasate, ho bisogno di un tuo recapito, così non ti faccio attendere… “

“Certo. Ti lascio il mio cellulare. Segna… “  

Oh, mio Dio.

Michael Roadway ora mi sta dando il suo numero di telefono.

Cioè, non lo sta dando esattamente a me, ma alla società, ragione per cui non dovrei appuntarmelo anche sulla mia agendina personale, come sto facendo.

“Ok. Mi metto subito all’opera!” lo saluto, contattando i vari taxi con una rapidità che non mi sono certo sognata di usare nel corso della mattina.

 

E riesco nel miracolo. In breve rintraccio un taxista che è nei pressi di quella zona.

Ed è un taxista uomo. Doppio motivo per esultare. Non avrei mai tollerato che la fortuna di avere lui a bordo della propria autovettura capitasse ad una donna.

Sollevo la cornetta e col cuore in gola mi affretto a comporre quel numero magico di cui ancora stento a credere di essere a conoscenza.

“Sì, pronto?” risponde Michael, al terzo squillo.

“E’ ‘The Fastest Taxi ‘. Missione compiuta! Spagna 29 in due minuti.” lo avviso io.

“Sei stata grandiosa. Grazie!”  

Sto per sciogliermi. Sta ringraziando proprio me.

“Beh, grazie a te, per aver scelto noi. Buona giornata!” sorrido io, riagganciando.

Accidenti, suonavo come uno spot pubblicitario.

Ma cosa me ne importa? Ho appena parlato con l’uomo dei miei sogni… e ho pure il suo numero!

Però è anche vero che ho un ufficio che devo raggiungere tra meno di un’ora.

Faccio segno alla collega di Rebecca che può entrare, la saluto e mi dileguo.

 

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“Io ti adoro!” esclamo al culmine della gioia, sorseggiando il mio Mojito.

“Ma non sei quella che stamattina mi odiava?” domanda Rebecca, agguantando una manciata di noccioline dalla ciotola.

Solitamente ci troviamo un giorno a settimana per un aperitivo insieme. Fortunatamente questa settimana il giorno è proprio oggi e altrettanto fortunatamente il nostro posto preferito, il Blue Lamp, è aperto anche il lunedì.

“Ho i miei buoni motivi per aver cambiato idea. Sai, del resto è un lavoro che ti dà modo di parlare con tanta gente...”  

“Sì, i clienti imbestialiti di cui mi hai detto...” mi interrompe lei.

“Sì, ma non solo...” faccio la misteriosa io.

“Rachel, ti decidi a dirmi che accidenti è successo o devo farti ubriacare per saperlo?” dà chiari segni di impazienza lei.                  

“Ho parlato con Mike!” confesso io.

“Mike chi?”  

“Mike di ‘Eddie&Mike’!” rincaro la mia dose di entusiasmo.

“Ah. Nel senso che hai chiamato in radio e… No, aspetta, se mi coprivi il turno, non potevi… oh!”  comincia a trarre le giuste conclusioni.

“Vuoi dire che...”

“Sì.” rispondo, leggendole il pensiero.

“Lui? Lì?”

“Sì. Nel senso che ha chiamato per cercare un taxi e io gliel’ho trovato!”  

“E quindi avete parlato un po’.”

“Non abbiamo fatto chissà che grande chiacchierata, giusto il tempo di trovargli il taxi.” 

“Beh, dici nulla? Sono felice per te.” sorride Rebecca.

Glielo dico o non glielo dico?

Glielo dico.

“Rebecca, c’è di più”, proseguo io. “Ho il suo numero.” 

La mia amica per poco non mi sputa addosso quel che resta del suo Capirinha.

“Tu hai il numero di Mike?!” ripete ad alta voce, troppo ad alta voce.

“Dovevi urlare di più. A Seattle non ti hanno sentito!” commento ironica io, alzando gli occhi.

“Scusami. Quindi, cosa farai?” 

“Niente! “  

“Cosa? Hai il suo numero e non provi nemmeno a chiamarlo?” 

“Non è così semplice. Non è che l’ha dato direttamente a me, era solo per rintracciare il taxi…” 

“E allora? Che importa come? L’importante è che ce l’hai. Hai un’occasione d’oro e devi sfruttarla!” mi interrompe lei.

“Da che pulpito! Parla quella che stamattina era nello stesso bar del suo adorato Jason e non ha fatto niente. E poi ti devo ricordare il discorso del ‘cosa ci fa lui con una come me?’ Per non parlare dei due mondi drasticamente diversi e via dicendo?” la metto in difficoltà io.

“Quella è una situazione completamente diversa e poi riguarda me. Con te è diverso. Tu devi chiamarlo!”

“Sì, e per dirgli cosa? ‘Ciao, non ti spaventare ma ho il tuo numero, che ho ottenuto solo infrangendo ogni regola sulla privacy... di un lavoro che, per la cronaca, non ero neppure autorizzata a svolgere!’? Beh, di sicuro non sarei banale...”

“Spiritosa. Non lo so, ma qualcosa ti devi inventare.”  

Al termine dell’aperitivo io e Rebecca ci lasciamo con la solenne promessa che almeno ci penserò.

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Non faccio in tempo a girare le chiavi nella porta di casa, perché Nancy mi anticipa, aprendola, e già da lì riesco a scorgere un elegante ragazzo seduto sul divano.

In un primo momento credo che parli da solo e gesticoli come un pazzo, poi capisco che ha l’auricolare del cellulare… e scommetto qualunque cosa che si tratta di lavoro.

Perché conosco Nancy e lei frequenta solo gente come lei: ossessionata dal fare carriera.

Insomma, l’unica cosa che condividiamo io e lei... è l’appartamento, da ormai quasi tre anni.

Anni in cui lei è entrata nel mondo delle revisioni bancarie, salendo progressivamente di posizione.

Mentre io... sto passando da un lavoro all’altro, non ho stabilità, ma soprattutto non ho ancora le idee chiare su cosa voglia fare effettivamente da ‘grande’ ... e ho già ventisette anni compiuti.

Per ora non mi dispiace correggere bozze presso una casa editrice, ma la verità è che vorrei che ci fosse qualcuno a correggere le bozze del libro che un giorno scriverò.

E ho perso il conto delle volte che Nancy mi ha consigliato di lasciar perdere e puntare a cose più reali, che diano sicurezza.

Sicurezza non solo sul piano lavorativo.

Da quasi quattro anni, è fidanzata con un pezzo grosso di un’azienda cliente, ma per una questione di spazi personali non si sono ancora decisi a convivere.

Il punto è che a Nancy non va giù che io sia single da più di due anni ormai e, anche se nessuno gliel’’ha chiesto, s’è messa in testa che lei mi debba trovare un compagno a tutti i costi.

Per questo, qualche volta mi propone appuntamenti con uomini che a suo dire sono perfetti per me.

E temo che questa sia una di quelle volte.

“Lui è Richard, è un Investor Relator e… poche storie, escici assieme e dopo mi ringrazierai!” mi spiega, senza farsi sentire da lui.

Nancy ancora non ha capito né quanto tutto questo sia veramente umiliante per me, né quanto io poco sopporti i suoi amici.

Ma so che è animata da buone intenzioni, è una brava ragazza e le voglio bene.

“Nancy, non lo so... e poi sono appena tornata da un aperitivo maestoso, non ho più molta fame…”  

“Non m’importa, fatti tornare l’appetito e va’ a cenare con lui!” insiste lei e capisco di non avere scelta.

“E così, tu sei Rachel piacere di conoscerti. Andiamo!” mi degna della sua attenzione Richard, per il semplice motivo che ha concluso la sua conversazione al cellulare.

Le premesse non sono delle migliori per cominciare la nostra serata.

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Il mio sesto senso non si è sbagliato.

Ho resistito a tutte le mirabolanti azioni che Richard ha intrapreso quand’era Rappresentante d’Istituto nella sua scuola, a quanto è determinante ogni suo intervento nelle varie convention, affinché tutto sia pianificato al meglio, alla sua abilità nel risollevare le sorti di un’azienda che ormai era sull’orlo del fallimento; ma allo spocchiosissimo resoconto delle sue recenti vacanze in Kenya a bordo della Subaru nuova di zecca che gli ha regalato suo padre… non ce l’ho più fatta.

Come la più classica delle Cenerentole sono fuggita, ma senza lasciare alcuna scarpina e non certo perché la mia carrozza stesse per tramutarsi di nuovo in una zucca.

Al contrario, non era nemmeno mezzanotte. Tutt’altro, sono rincasata poco prima delle 23:00, giusto in tempo per riascoltare la replica di ‘Two With You’.

Nancy stava azzardandosi a chiedermi spiegazioni, ma l’ho zittita con un ‘Ne parleremo domani!’, accompagnato da uno sguardo più che eloquente.

Mi sono fiondata in camera e ho acceso la radio, rigorosamente con le cuffiette, per non disturbare Nancy.

Come al solito, le due ore son volate, la trasmissione è finita giusto ora.

Spengo la radio e, distesa sul letto, ripenso all’evento principale della giornata, poi alla chiacchierata con Rebecca, al suo consiglio.

Mi rialzo e prendo dalla borsa due cose: la mia agendina e il mio cellulare.

Mi rimetto a letto, apro l’agendina e osservo per qualche secondo quel numero, dopodiché comincio a comporlo sulla tastiera del cellulare, ma smetto prima di giungere all’ultima cifra.

Non posso farlo… e poi non a quest’ora di notte.

Ma mi conosco: se non trovo il coraggio di farlo adesso, non lo troverò mai più.

Ripeto la precedente sequenza di cifre, ma stavolta aggiungo anche l’ultima, la più determinante, e faccio partir la chiamata.

Non che voglia parlarci, non riuscirei mai ad essere così invadente, voglio solo assicurarmi che sia acceso.

E appena sento che inizia a squillare, spengo, soddisfatta da quella conferma.

Senza pensarci troppo, invio ‘Ciao’. Il più semplice degli SMS.

Ormai è fatta, non si torna più indietro.

Spengo il cellulare e lo ripongo sul comodino, assieme all’agendina.

E subito dopo, mi sdraio, spegnendo la luce, anche se… chi riuscirà più a chiudere occhio?

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: E adesso che faccio? (Michael) ***


“Complimenti, ragazzi, avete riempito il locale. E i clienti sono più che entusiasti!” si congratula con noi il proprietario dell’EO Trading Co, il posto dove ci siamo esibiti stasera.

Ci avrà ripetuto il suo nome quelle cinquanta/sessanta volte in due giorni, ma niente da fare, non c’è verso che io me lo ricordi.

“Si figuri, Signore, abbiamo solo cercato di fare del nostro meglio.” sorrido io ed evidentemente lui lo deve aver preso come un invito a trattenersi con noi.

Infatti, prende una sedia e si accosta al nostro tavolo, raccontandoci per una buona mezz’ora vita, morte e miracoli del suo locale.

Eddie ed io ci fingiamo uno più interessato dell’altro, altrimenti che attori saremmo?

Tuttavia, a un certo punto il mio amico ha la bella idea di allontanarsi per fare una telefonata importante, quindi io rimango da solo a sorbirmi un altro quarto d’ora di quegli aneddoti   ‘divertenti ‘… peccato che il narratore sia l’unico a considerarli tali.

Finché, non so per concezione di quale magnanima bontà divina, quel signore si allontana, forse perché la cameriera ha portato le nostre pizze.

Per la cronaca, le pizze non rientrano nemmeno nel loro menù abituale, ma per nostra esplicita richiesta hanno fatto questo strappo alla regola.

Dopotutto ce le siamo meritate!

 

“Che bello, si mangia!” si materializza come per incanto Eddie, prendendo posto sulla sua sedia.

“Scusa, ma tu non eri tutto assorto nella tua importantissima telefonata? Mi sembra un po’strano che tu l’abbia conclusa proprio ora. Dì la verità, hai riattaccato il telefono in faccia!” insinuo io.

“Ebbene sì, confesso. Però sai, la ragazza del disco registrato che mi informa sul mio credito telefonico rimanente … non se l’è presa a male più di tanto!” fa spallucce lui.

“Vuoi dire che... hai fatto solo finta?” incalzo io, promettendo a me stesso che il coltello che sto stringendo in mano lo userò solo e soltanto per tagliar la pizza.

A proposito, credevo che la Quattro Stagioni che ho preso fosse parecchio farcita, ma quella che si è scelto Eddie … beh, è già tanto che io riesca ancora a vederlo in faccia.

“Certo. E un altro quarto d’ora di aneddoti chi ce la faceva a reggerlo?” si difende lui, tagliandosi la prima fetta.

“Io me li sono dovuti reggere!” gli faccio notare.

“Non è colpa mia se non sei furbo!” ribatte lui.

No, Michael, giù quel coltello. Respira…

“Spero ti vada di traverso la cena!” borbotto, mentre mangio.

“Piuttosto, devi dirmi come hai fatto a convincere Daisy a non venire con noi stasera. Cioè, io la amo e tutto… ma manca poco che lei mi metta un guinzaglio!” sbuffa lui.

“Beh, non è stato difficile. Le ho semplicemente dato la mia parola che domani, dopo la trasmissione, ti lascerò completamente libero…” 

“Questa è un’ottima notizia!” sorride l’ingenuo, non sa ancora cosa lo aspetta.

“Libero di affrontare con lei un intero pomeriggio di shopping!” aggiungo e non riesco a nascondere una punta di soddisfazione un po’ sadica.

“Che cosa?! Tu lo sai cosa significa un intero pomeriggio con lei che mi trascina per ogni dove e mi costringe ad assisterla, mentre mi sfila davanti provandosi tutto quello che c’è in negozio, manca poco che chieda anche gli abiti delle commesse!” brontola lui.

“Certo che lo so. E povero te se ti azzardi a trovarle qualche difetto in quello che indossa!” rincaro la dose io.

“Ecco, sarai contento. Ora mi è passata la fame!”  

“Così impari a inventarti le telefonate. Bisogna assecondarli i proprietari dei locali in cui ci esibiamo…”

“Certo. E il miglior modo per assecondarli è dimenticarsi di continuo come si chiamano. Che cosa ci vuole a ricordarsi Shattenburg?” mi punzecchia lui.

Dannazione, ecco come si chiama!

“Se siamo bravi, e siamo stati bravi, ci rivorrà qui nel suo locale, poco importa se non mi ricordo quel diavolo di nome che si ritrova!” replico io.

“E poco importa se a me non va di sorbirmi tutti i suoi aneddoti. Vedi che è lo stesso discorso?”   puntualizza lui.

“Insomma, alla fine hai sempre ragione tu!” mi arrendo io.

“Ce ne hai messo di tempo per capirlo!” sorride soddisfatto lui, dedicando nuovamente l’attenzione al suo piatto, con un appetito rinnovato.

La serata prosegue piacevolmente, tra altre chiacchiere, ma soprattutto qualche persona che ha assistito allo spettacolo e si avvicina per farci i complimenti o anche per scattare una foto insieme.

Per noi non è certo un problema, peccato che però ci sia anche qualcuno che è convinto che essere comico sia come essere una sorta di juke-box che se inserisci una monetina automaticamente ti dice qualcosa di divertente.

E ancora peggio, peccato che ci siano ragazze che non capiscono che non siamo a loro disposizione per tutta la serata.

Che dire? Inconvenienti del mestiere.

Tuttavia, io e il mio socio ormai siamo diventati bravissimi a districarci in questo tipo di situazioni.

Talmente bravi che già poco prima dell’una riusciamo a rincasare.

Beh, si rincasa quando si ha una casa… ma se stai in un Hotel? Si rinhotella?

E pensare che questo è stato per una buona mezz’ora argomento di discussione tra me ed Eddie, ma non siamo riusciti a giungere a una conclusione.

Considerando che a volte facciamo anche le tre, le quattro di mattina, non è affatto tardi, niente mi vieta di dare una veloce occhiata al computer.

Per prima cosa controllo il sito del nostro fan-club. Da non crederci, ma da qualche mese a questa parte ne abbiamo davvero uno nostro!

Vedo che non sono l’unico nottambulo, dato che c’è un bel po’ di gente ancora connessa, principalmente ragazze.

Motivo per cui entro senza fare il log-in, perché se mi vedessero farebbero a gara sulla tagboard a chi mi saluta di più, meglio evitare, almeno a quest’ora.

Un altro motivo per cui è meglio non accedere al mio account è non rendermi conto di quanto sarà ulteriormente aumentata la quantità dei messaggi privati nella mia casella … dove lo troverò il tempo di rispondere?

Però almeno le e-mail posso controllarle.

Che bello! Alcune delle persone che c’erano stasera mi hanno già mandato le foto che abbiamo scattato assieme. E’ una cosa che apprezzo sempre molto.

Di contro, ci sono pure ragazze che, come purtroppo spesso capita, mi hanno allegato delle loro foto in cui … sembrano uscite direttamente dalle pagine di Playboy, con tanto di numero di telefono incorporato.

Andiamo, ma davvero si aspettano che io le chiami?

Mentre sono impegnato a sbarazzarmi di queste foto esplicite, il display del mio cellulare si illumina per un attimo, facendomi pensare ad una possibile chiamata, ma non ho nemmeno il tempo di leggere il numero per intero, perché smette subito.

Boh. Sarà stato qualcuno che ha sbagliato.

Il display si illumina nuovamente, ma stavolta si tratta di un messaggio.

Controllo. Anche questo proviene da un numero che non conosco. Lo fisso finché non lo memorizzo e poi rintraccio sul menù le chiamate perse.

Proprio come supponevo: è lo stesso numero di prima.

Allora non è stato uno sbaglio. Chiunque sia, sta cercando proprio me.

Torno alla sezione messaggi e leggo: ‘Ciao’.

 

Di tutte le cose che potrei fare, scelgo di spegnerlo, passo poco più di un’oretta al computer, e poi mi preparo per andare a dormire.

Provo a chiudere gli occhi, girarmi da una parte, poi dall’altra. Niente da fare, non prendo sonno.

E come se dovessi fare qualcosa.

Afferro il cellulare sul comodino, lo accendo e controllo gli ultimi messaggi ricevuti. C’è ancora.

Logico che c’è, se non l’ho cancellato prima. Anche se di logico in questa situazione non c’è niente. Non è nemmeno logico che mi sia messo a controllare, chissà perché l’ho fatto.

E dire che ce ne sono capitate di cose… c’è stata anche qualche ragazza che durante una trasferta ci ha pedinato dal nostro Hotel, per poi fingere di incrociarci per puro caso lungo una via o addirittura sul metrò.

Però una cosa così non mi era mai successa.

Scorro velocemente la rubrica. La tentazione di chiamare Eddie è forte, so che è ancora sveglio, ma lo è anche Daisy e di sicuro mi sbranerebbe se osassi intromettermi fra loro dopo che abbiamo passato l’intera giornata assieme.

E tanto meno posso farlo domani, dato che ho promesso di lasciarlo nelle grinfie di quell’arpia.

Meno male c’è sempre la trasmissione…

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“Torniamo subito. Non muovetevi!” esclama Eddie, al primo stacco pubblicitario della mattina.

“Guardate che vi controlliamo uno ad uno!” scherzo io, prima che partano gli spot.

Certo che cinque minuti circa di pubblicità più canzone che parte, il più delle volte seguita a ruota da un’altra… non lo qualificherei esattamente come ‘subito ‘.

Se non altro questo mi darà tutto il tempo che voglio per parlare.

Già, perché, non avendo sentito la sveglia, stamattina sono arrivato di corsa in studio, poco dopo l’inizio della diretta.

E’ il primo segnale che c’è chiaramente qualcosa che non va, dato che di solito è Edward quello che non si fa tanti scrupoli nemmeno se arriva un’ora dopo!

“Eddie, ieri è successa una cosa strana... “  

“Beh, è successa anche oggi: tu che perdi dieci minuti di lavoro e dico dieci!” mi interrompe lui.

“Non ricominciare con questa storia, e poi sono serio!”  

“Ok, ti ascolto…”

“Qualcuno che non conosco ieri sera mi ha inviato un SMS.”

“Davvero? E che c’era scritto?”

“Ciao.”

“Caspita, ti avrà stancato con tutte quelle parole!” ironizza lui.

“Poteva anche scrivere solo un apostrofo, non è questo il punto!”  

“Infatti, è un apostrofo.”

“Eddie!”

“Sì, sì, ho capito, non faccio più battute, promesso, va’ avanti.”  

“Ho già detto tutto.”  

“E tu cos’hai risposto?” domanda lui.

“Niente.” rispondo lapidario.

“Però… che coppia di logorroici!” ridacchia lui.

Ma non aveva promesso?

Basta uno sguardo a farglielo capire.

“Ad ogni modo, la cortesia innanzitutto, ad un saluto si risponde!” sentenzia lui.

“Ma se nemmeno la conosco! E poi nemmeno so come abbia fatto ad avere il mio numero.”  

“Se non glielo chiedi non lo saprai mai.”  

Vero anche questo. Lo odio quando è così saggio.

“Ma non so niente di lei.” 

“Intanto già pensi ad una lei.” mi fa notare.

“Voglio ben sperare che sia una lei! Però, voglio dire, per quel che ne so potrebbe anche essere una serial killer psicotica!” puntualizzo.

“Esagerato! Una serial killer psicotica non scrive ‘Ciao’. E’ più da… non lo so, qualcosa come ‘La fine dei tuoi giorni è vicina! ’” precisa lui, facendo pure la voce tetra nell’ultima parte.

“Tu guardi troppi film horror… “  

“A dire il vero è un messaggio che mi ha lasciato Daisy in segreteria l’ultima volta che ho scordato un nostro mesiversario… neanche fosse l’anniversario, renditi conto!” alza gli occhi il mio amico.

E’ il mio turno di fare ironia.

“E come fai ad essere ancora vivo?”  

“Merito di un regalo che mi è costato mezzo stipendio. Ma si sa, la vita non ha prezzo!” scherza lui ed entrambi scoppiamo a ridere.

“Quindi, tu dici che dovrei risponderle?”

“Certo. Che cosa vuoi che succeda?” 

“Non lo so.”

“Michael, la vita è fatta anche di rischi. Lo so che dopo la tua storia con Kelly sei diventato un po’ più cauto… per usare un eufemismo, ma devi rimetterti in gioco e questa potrebbe essere la giusta occasione.”

Kelly. Un nome che fa ancora male.

“Hai ragione.”

“Ricordati che ho sempre ragione!” 

“Ora non montarti la testa e prendi le cuffie, perché stiamo per ricominciare.” lo avviso io, mentre anche la seconda canzone giunge a termine.

A quanto pare, da stasera ci si rimette in gioco.



avviso importante: Mi chiedo ancora come ma... questa storia verrà ufficialmente pubblicata, in un libro, uno di quelli veri!! \*O*/ quindi ho dovuto rimuovere tutti gli altri capitoli, anche perché credo si andrà incontro a un bel po' di revisione! un grazie profondo a tutti quelli che l'hanno seguita, sia per scambi o spontaneamente, siete stati fantastici <3

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