Tra sogno e realtà

di CrazyAF_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - Il sogno ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo - Sala Comune dei Prefetti ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo - Nell'ufficio di Silente ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto - Una bella giornata ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto - L'Erede di Serpeverde ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto - Mirtilla Malcontenta ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo - Gita a Londra ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo - Verità ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono - Magia Bianca ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo - Il sogno ***


I rumori che caratterizzavano un temporale coi fiocchi l'avevano sempre affascinata e cullata. Avevano il potere di trascinarla in un mondo in cui la tranquillità regnava sovrana e dove lei, seduta su una poltrona nella veranda di casa, poteva riflettere con calma su ogni cosa. Spesso, al posto di ricordare diversi momenti della sua giornata, chiudeva gli occhi e respirava a pieni polmoni, rilassandosi come non mai e questo era quello che stava facendo proprio in quel momento – solo, non in veranda.

Sara se ne stava sdraiata sul suo comodo letto ad occhi chiusi, con un sorriso appenna accennato dipinto sulle labbra carnose e rosse. Fuori dalla finestra, che era alla sua sinistra, il temporale le faceva da ninna nanna.

Prima di coricarsi Sara aveva accuratamente lasciato la tapparella alzata, quel tanto che bastava alla luce dei lampi per entrare e illuminarle le stanza. Era una cosa che faceva fin da bambina e, nonostante sua madre le avesse sempre detto di far sparire quel suo brutto vizio, Sara non poteva farne a meno.

«Prenderai freddo, così!» le diceva spesso, quando si accorgeva che la tapparella non era stata abbassata con cura. «Vedrai: un giorno di questi ti lamenterai di un dolore improvviso e io sarò lì a dirti "Te l'avevo detto!". Ricorda le mie parole, signorina: il freddo non si fa scrupoli e un vetro non lo fermerà del tutto!»

Ma ogni volta Sara alzava gli occhi al cielo, sistemava meglio la coperta che aveva addosso e si girava, dandole le spalle.

Adesso, con la coperta che le arrivava sotto il seno, Sara si lasciò cullare dal rumore della pioggia battente, per un istante le sembrò persino di sentirne l'odore, forte e appagante. Non si accorse di essere ormai fra le braccia di Morfeo, ma quando riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu una spessa tenda blu.

Forse era stata sua madre a portarla lì durante la notte, ma, se così fosse stato, il motivo qual era?

«Sara, sei sveglia?»

Una voce femminile a lei sconosciuta la chiamò e Sara, dopo essersi alzata sui gomiti, corrugò la fronte e guardò a destra e a sinistra. La tenda blu era ovunque, la circondava.

Nell'aria c'era odore di legno e... quasi di vecchio.

«Sì...?» fece Sara, ma quella parola era uscita dalle sue labbra più come una domanda che una risposta.

«E come mai questo tono confuso, allora?» domandò la voce femminile, delicata e dolce.

In quel preciso momento, alla sua destra, la tenda blu venne spostata e una ragazza dai capelli castani e il volto coperto di lentiggini fece il suo ingresso. Le labbra sottili erano piegate in un sorriso leggero, gli occhi marroni osservavano attentamente Sara.

Sara aprì un poco la bocca e subito la richiuse. La sua mente si riempì di domande a cui non seppe dare risposta, la sua espressione divenne lo specchio della perplessità e la giovane, che era ancora intenta a fissarla, si sedette sul letto e iniziò a preoccuparsi.

«Sara, va tutto bene?» le chiese infatti.

Gli occhi di Sara, due iridi marroni, con qualche pagliuzza gialla, si spostarono sulla sconosciuta dal viso lentigginoso.

Stava bene? Lei non ne era sicura.

«Io... io... non... non capisco» mormorò, tirandosi su a sedere. «Stava piovendo, ieri sera, e io ero in camera mia e... ho chiuso gli occhi e... devo essermi addormentata...»

Si passò una mano fra i capelli, una castaca d'oro che scendeva in boccoli morbidi fino ai gomiti, poi sbuffò e si prese il volto fra le mani. Non aveva idea di cosa stesse succedendo: la sera prima si trovava a casa sua, nel suo letto, e adesso era da tutt'altra parte e una ragazza, che lei non aveva mai visto in vita sua, le stava accanto quasi fossero amiche da sempre.

«Sara, così mi fai preoccupare!» disse la sconosciuta, mettendole una mano sulla spalla. «Vuoi che vada a chiamare qualcuno? Vuoi che ti porti in Infermeria? In effetti, sei un po' pallida e...»

«Ma tu, chi diavolo sei?!» esclamò improvvisamente Sara, interrompendola.

La sconosciuta corrugò la fronte e spostò la mano, lasciandola cadere sul morbido materasso sul quale lei e Sara erano sedute. Poi, come se avesse capito ogni cosa, scoppiò a ridere e si coprì la bocca con una mano.

«Hai bevuto così tanto, ieri sera, alla festa di Lumacorno? Per tutti i folletti, Sara, ti avevo detto di non esagerare!» disse, divertita come non mai.

Lumacorno? Aveva davvero fatto quel nome?

Allungando in fretta una mano, Sara spostò la tenta spessa alla sua sinistra e si ritrovò a guardare un letto identico a quello in cui aveva dormito – o meglio: identico a quello in cui si era svegliata. Si alzò e i suoi piedi si scontrarono col freddo pavimento in pietra; quella non era di certo la sua stanza e, se avesse aperto la pesante porta di legno che aveva davanti, avrebbe constatato che quella non era nemmeno casa sua.

Ma allora come ci era arrivata in quel luogo, che aveva l'aria di essere un dormitorio? Chi l'aveva portata fin lì, mentre lei dormiva tranquilla? Era stata sua madre? No, lei non aveva la forza di prenderla di peso e trascinarla chissà dove senza un aiuto...

E poi c'era quel nome...

Lumacorno. Dove l'aveva già sentito? ... O forse era meglio dire: dove l'aveva già letto?

«Ma certo!» esclamò ad alta voce, arrivando alla conclusione. «Certo! Come mi sono potuta scordare di Lumacorno! Lui è il professore che Silente e Harry incontrano all'inizio del Principe Mezzosangue!»

La saga di Harry Potter era una delle sue preferite. Non c'era stato giorno, infatti, dopo averla finita di leggere la prima volta, in cui Sara non si fosse affacciata alla finestra di camera sua in attesa di vedere un gufo all'orizzonte, con la sua lettera per Hogwarts nel becco. Però, sebbene in cuor suo la speranza che quel mondo magico fosse realtà era ancora viva, Sara sapeva benissimo che era tutta... finzione.

Joanne Rowling le aveva donato un mondo in cui scappare, aveva scritto di luoghi meravigliosi e di un bambino che, una volta cresciuto, avrebbe distrutto per sempre il Signore Oscuro. Ed era in quel mondo, a cui Sara poteva accedervi solo leggendo i libri o guardando i film, in cui esisteva il professor Lumacorno.

«Il professor Silente e chi, scusa?» domandò la sconosciuta, riportando l'attenzione di Sara su di sé. «Chi è questo Harry? È un ragazzo che hai conosciuto al Lumaclub, per caso?»

Sara si voltò verso la ragazza dai capelli castani e il viso lentigginoso. «Non conosci Harry Potter?»

L'altra scosse il capo. «No, per niente. Voglio dire, c'è un Potter qui a Hogwarts, nei Grifondoro, ma non si chiama Harry. Forse ti confondi con qualcun altro»

Sara si passò nuovamente una mano fra i capelli e tornò a sedersi sul letto, tentando in tutti i modi di capire che cosa le stesse capitando. Per un istante si sentì persino in imbarazzo: la ragazza castana conosceva il suo nome, la trattava come un'amica e lei, invece, non aveva neanche idea di chi fosse – per Sara, infatti, quella giovane era una sconosciuta e basta.

«Può darsi» disse infine Sara, sospirando. «Può darsi»

«Senti, facciamo così: tu preparati con calma e raggiungimi nella Sala Grande, poi facciamo colazione insieme agli altri» propose la sconosciuta, sorridendo. «Va bene?»

Sara annuì, distrattamente.

«Bene» proseguì l'altra, tirandosi su a sedere. «Ci vediamo giù, allora!»

~ ~ ~

Hogwarts era proprio come se l'era immaginata la prima volta. Il castello era immenso, le pareti interamente coperte da quadri i cui protagonisti si spostavano a loro piacimento, le scale che si muovevano e cambiavano. Il suo cuore continuava a fare capriole e piroette, le sue labbra carnose erano costantemente piegate in un sorriso ampio e pieno di gioia e la cosa che la faceva sentir meglio era la divisa che portava.

Corvonero. Era una Corvonero.

Facendosi aiutare da una studentessa del secondo anno, Sara raggiunse finalmente la Sala Grande. Si era persa ben cinque volte, prima di incontrare qualcuno che fosse disposta ad aiutarla, ma questo non la demoralizzò affatto.

«Eccoti! Finalmente! Pensavo che qualcuno ti avesse rapita!» esclamò la sconosciuta, correndole incontro.

Io non ti conosco, pensò Sara, sorridendole, e sono più che certa che questo sia tutto uno scherzo, ma non sono disposta a smascherarti... non ancora, forse più tardi, perché è troppo bello essere qui, anche se per finta.

«Ho fatto come hai detto tu e mi sono preparata con calma, spero di non essere in ritardo!» disse Sara, acconsentendo alla sconosciuta di prenderla sottobraccio e di trascinarla verso la lunga tavola dei Corvonero.

«Sei in perfetto orario, Sara, non preoccuparti!» esclamò l'altra. «Matt e Lizzie non sono ancora arrivati, ma sai che loro ci mettono più tempo perché devono sempre divorarsi la faccia a vicenda, prima di scendere»

«Già,» replicò Sara, fingendo di sapere chi fossero i due personaggi che la sconosciuta aveva appena nominato. «i soliti vecchi Matt e Lizzie»

Le due ragazze presero finalmente posto, l'una accanto all'altra, e iniziarono a fare colazione. Sara si riempì una scodella di cereali, versò del latte fresco e afferrò un cucchiaio. Mentre mangiava, tranquilla e felice di potersi finalmente definire una studentessa di Hogwarts, seppur per scherzo, una coppia prese posto davanti a lei e alla sconosciuta – si tennero per mano fino a quando non iniziarono a mangiare.

La ragazza aveva capelli neri e due occhi azzurro cielo, profondi e bellissimi. Il viso aveva i lineamenti delicati, la pelle luminosa e liscia. Il ragazzo, invece, si rese conto Sara, le assomigliava: anche lui aveva occhi marroni con le pagliuzze gialle, i capelli dorati e le labbra carone.

«Buongiorno, come va Amy, sorellina?» il ragazzo salutò prima la sconosciuta, poi si rivolse a Sara.

Quindi adesso la sconosciuta aveva un nome, Amy, e lei, in questo scherzo che chissà chi aveva organizzato, lei aveva un fratello. Per poco, infatti, dopo essersi resa conto che quel Matt l'aveva chiamata "sorellina", Sara non rischiò di strozzarsi.

Matt, Amy e Lizzie corrugarono la fronte, contemporaneamente.

«Che ha?» chiese Lizzie, preoccupata.

«Reduce da una serata al Lumaclub, temo!» esclamò drammatica Amy, scoppiando a ridere subito dopo.

«Spero che quel Riddle si sia comportato da cavaliere, almeno, o dovrà vedersela con me!» fece Matt, diventando improvvisamente protettivo nei confronti di Sara.

«Matt, tesoro, lo sai benissimo anche tu che non ci si deve mettere contro quel Serpeverde per nessun motivo. Lui è... spaventoso» mormorò Lizzie, e chiuse gli occhi come se un brivido di terrore le avesse percorso la spina dorsale. «Ti farebbe del male»

«Ma se solo si permette di far soffrire mia sorella io lo...»

Ma Matt si interruppe e spostò lo sguardo su qualcuno alle spalle di Sara. Lei ripreso a respirare in modo corretto da poco e solo sentir nominare "Riddle" aveva fatto sì che i suoi occhi si spalancassero.

A quanto pare, collegando tutti i puntini, Sara in quello scherzo era una Corvonero, una studentessa che partecipava al Lumaclub e che, proprio la sera precedente, Tom Riddle in persona – o come lo conosceva meglio lei: Lord Voldemort – era stato il suo accompagnatore alla festa di Lumacorno.

«Non preoccuparti, Austen, non ho intenzione di fare alcun male a tua sorella» disse una voce profonda alle sue spalle.

Sara si voltò lentamente, la bocca ancora aperta e gli occhi spalancati. Il ragazzo che aveva davanti a sé non era affatto il mostro che Harry Potter avrebbe combattuto alla fine degli anni '90. I capelli neri gli incorniciavano un viso pallido, bello e dalle guance leggermente pronunciate, gli occhi scuri erano fissi su di lei e non davano segno di volersi spostare; la bocca era piegata in un accenno di sorriso e all'apparenza Riddle sembrava proprio felice di trovarsi lì, così lontano dalla sua tavola, quella dei Serpeverde.

Ma Sara, che aveva imparato a conoscere il vero Tom Riddle attraverso i libri, sapeva che era solo una recita la sua. Il giovane indossava una maschera sul suo volto, celando agli ingenui la sua vera e crudele natura; Sara si chiese se avesse già ucciso qualcuno, mentre lui le prendeva una mano e se la portava delicatamente alle labbra, baciandone poi il dorso.

Sara avrebbe dovuto averne paura, avrebbe dovuto tirare indietro immediatamente la sua mano e scappare il più velocemente possibile, eppure non riuscì a non spostare lo sguardo da quelle due iridi scure e profonde. Ne era affascinata, ammaliata e sapeva che era sbagliato.

Ma se questo è tutto uno scherzo, si disse, senza ricambiare il sorriso di Riddle, allora non c'è alcun pericolo. Questo ragazzo qui è solo un attore, proprio come Matt, Lizzi e Amy.

E mentre pensava a quanto fosse perfetto il Tom Riddle che avevano scelto, la sua vista si appannò e il suo mondo divenne tutto nero.

Quando riaprì gli occhi, Sara sentì il canto di un uccellino provenire dalla finestra alla sua sinistra. Lentamente si voltò e vide che era giorno e che in realtà non aveva mai lasciato il suo letto, né tantomeno camera sua. Aveva smesso di piovere.

«Sara?!» esclamò sua madre, bussando alla porta. «Vuoi spegnere quella dannata sveglia? È da dieci minuti che suona e poi si ferma, e poi risuona e si ferma ancora! Vorrei ricordarti che è domenica e che oggi, dato che è praticamente il mio unico giorno libero, vorrei riposarmi e dormire fino a tardi!»

Sara corrugò la fronte e allungò la mano, cercando sul comodino, senza guardare, il suo cellulare. Quando lo trovò disattivò la sveglia. Nella sua mente c'era ancora il volto di Tom Riddle, il suo sorriso appena accennato e il modo affascinante in cui le aveva preso e poi baciato la mano.

Era tutto un sogno, Sara!, si disse infine, sorridendo con malinconia e girandosi su un lato, con l'intento di riprendere sonno. Torna a dormire!
 

~ ~ ~
 

ANGOLO AUTRICE
Dunque, so che sono già in ballo con un'altra fanfiction ("Fino alla fine"), ma dopo aver letto un sacco di storie sul giovane Tom Riddle, non ho resisito e ho provato anch'io a buttar giù qualcosa. Questa, quindi, è un po' una prova: devo fare in modo che Riddle sia perfetto (spietato, con una maschera da bravo ragazzo sul viso e molto altro ancora) e, in più, c'è questo "e se...". Non dirò altro perché SPOILER!
Se avete consigli da darmi, critiche costruttive o altro, scrivetemi pure! Attenderò con ansia!
Beh... alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo - Sala Comune dei Prefetti ***


Sara addentò distrattamente una mela e puntò i suoi occhi marroni fuori dal finestrino dell'autobus della scuola. Osservò una distesa di nuvole grigie che promettevano pioggia e qualche debole raggio di sole che, con un ultimo sforzo, era riuscito a superare quella barriera che presto avrebbe bagnato l'intera città. Sara aspettava con ansia quel momento: il profumo del temporale, il rumore dei tuoni, il cielo che s'illuminava coi lampi.

Sorrise, il sogno che aveva fatto ancora vivido nei suoi ricordi.

Stava piovendo l'altra notte, quando mi sono risvegliata nel dormitorio femminile dei Corvonero, ricordò.

I suoi occhi si spostarono sull'asfalto, dove la linea bianca di mezzeria sfrecciava al passaggio dell'autobus – a volte continua, a volte tratteggiata, a volte doppia. Voleva riflettere su ciò che aveva sognato, ma era circondata dai suoi compagni di classe che, essendo in gita, sembravano avere un'unica priorità: fare baccano. Come poteva lei, quindi, concentrarsi? Come poteva isolarsi, anche solo per un breve lasso di tempo, e ripercorrere i corridoi di Hogwarts, arrivare in Sala Grande per colazione e meravigliarsi di essere stata l'accompagnatrice del crudele Tom Riddle?

L'autobus si infilò in un tunnel e Sara riuscì a vedere il suo riflesso. Il viso era più pallido del solito, gli occhi marroni spenti e distanti e, sotto di essi, due ombre scure si facevano largo attraverso la dose generosa di autocorrettore che Sara, prima di uscire di casa, si era messa. Ci aveva provato, a mascherare il fatto che non era riuscita a prendere sonno la notte precedente, ma era stato tutto invano.

«Non hai dormito, Sara?» le aveva chiesto Odette, una delle sue compagne di classe, ritrovandosi davanti ai cancelli della scuola prima di salire sull'autobus per la gita.

Sara aveva scosso il capo, sospirando.

«Vuoi raccontarmi come mai?» aveva proseguito Odette.

Ancora una volta, Sara aveva scosso il capo.

Ma come avrebbe potuto mettersi a dormire, dopo il sogno che aveva fatto? Come avrebbe potuto chiudere gli occhi e abbassare le sue difese, temendo di ritrovarsi davanti all'uomo che aveva ucciso, torturato e distrutto delle vite innocenti? Ovvio, si rispondeva subito dopo Sara, dandosi della sciocca, tutto quello che Voldemort aveva fatto era successo in una saga, nei libri scritti da J.K.Rowling, quindi perché avere paura?

Eppure...

Sara sussultò. Era talmente immersa nelle sue riflessioni, nei suoi pensieri, che non si era accorta di Odette che, addormentandosi, le aveva adagiato la testa sulla spalla. Sara si voltò lentamente, cercando di non muoversi troppo per non svegliare l'amica, e si ritrovò ad invidiarla: il volto di Odette era calmo, illuminato da un sorriso.

Almeno lei può dormire sonni tranquilli.

Sara riportò allora il suo sguardo fuori dal finestrino e si accorse che aveva iniziato a piovere. Sorrise, pregustando il momento in cui avrebbe potuto mettere piedi fuori dall'autobus della scuola: avrebbe respirato a pieni polmoni il profumo della pioggia, l'odore dell'erba bagnata.

E senza neanche rendersene conto, anche lei finì fra le braccia di Morfeo.

Sara aprì lentamente le palpebre. I suoi polmoni le imposero di inspirare e così lei fece; il suo olfatto fu solleticato da strani odori e il suo udito avvertì il rumore di un liquido che bolliva e lo scoppiettare di un fuoco.

Era tornata a Hogwarts, ma questa volta non si trovava nel dormitorio femminile di Corvonero, bensì in un'aula sudicia e umida. Non vi erano lampadari, ma torce attaccate alle pareti e, accanto ad alcune di esse, scaffali colmi di quelli che potevano essere cadaveri di insetti un po' troppo grandi, rinchiusi in barattoli di vetro sporchi, insieme a liquidi dai colori strani. Il suo sguardo percorse l'intera stanza e andò a posarsi sui calderoni sui banchi, dai quali uscivano vapori grigi, viola, blu, gialli e verdi.

Quella era l'aula di Pozioni, e il professore biondo, grasso e con baffoni da tricheco ne era la prova. Quello, pensò Sara, era Horace Lumacorno in persona.

«Perché mi tieni all'oscuro di tutto, Sara?» le domandò in un sussurro Amy, la sua amica e compagna Corvonero.

Sara si voltò di scatto verso di lei, la fronte corrugata. L'ultima volta che aveva visto Amy era stata poco prima di perdere i sensi – o di svegliarsi nel suo letto – e adesso, mentre tentava di allontanare la domanda "Tom Riddle è in questa stanza?", Sara avvertì che c'era qualcosa di... strano nell'aria, e non erano di certo le pozioni di cui Lumacorno stava parlando.

«Come, scusa?» rispose Sara, confusa.

«Sono la tua migliore amica da cinque anni, ormai!» sbottò a denti stretti Amy, controllando subito dopo che il professor Lumacorno non l'avesse sentita. «Credo di avere il diritto di sapere cos'è successo fra te e Riddle alla festa che ha dato Lumacorno!»

«Io... non so di cosa tu stia parlando» replicò Sara.

Davanti a lei, sul banco, c'era un foglio di pergamena con gli appunti dell'intera lezione. Vicino alla boccetta d'inchiostro, poi, vi era il libro aperto di Pozioni, dove Sara riconobbe la sua scrittura ai margini di pagina cinquecentodue. Afferrò il libro e lesse ciò che aveva scritto, ci passò sopra l'indice e l'inchiostro sbavò leggermente; sembrava tutto così reale... come la prima volta.

«Certo, come no!» riprese Amy, incrociando le braccia al petto. «E allora vogliamo passare sopra al fatto che ti ha riaccompagnata fino alla Torre di Corvonero, al termine della festa?»

Ecco che cosa c'è di strano!, esclamò nella sua testa Sara. Questo sogno è la continuazione di quello precedente! Ma come è possibile?

«Io... ecco... non saprei che dirti, Amy» ammise Sara, stringendosi nelle spalle.

Il professor Lumacorno attirò per un attimo l'attenzione dei suoi studenti, a quanto pare Amy e Sara non erano le uniche a farsi gli affari loro. L'uomo dai baffoni da tricheco ridacchiò con vivacità e indicò la lavagna alle sue spalle con un pollice, poi tirò fuori la bacchetta e la puntò contro un gessetto bianco: sulla superficie nera apparvero due parole che Sara conosceva benissimo.

Felix Felicis.

«Fortuna Liquida» disse Sara ad alta voce, in un soffio, e gli occhi degli studenti presenti in aula si fissarono su di lei.

«Ottimo, Miss Austen!» esclamò Lumacorno, rivolgendole un ampio sorriso. «Sai anche dirmi che tipo di pozione è? Ad esempio, gli effetti su chi la beve!»

«Rende incredibilmente fortunata la persona che ha il piacere di berla, signore» disse una voce maschile, calma e profonda. Sara allungò il collo, voltando di poco il capo verso destra e, seduto in uno dei primi banchi, vicino alla scrivania di Lumacorno, Tom Riddle aveva l'espressione di chi la sa lunga. «Ha il colore dell'oro fuso»

«Simile» lo corresse Sara, sorprendendo Amy, Lumacorno, Tom e sé stessa.

Tom annuì lentamente e ripeté: «Simile»

«Strabiliante!» esclamò Lumacorno, battendo forte le mani. «I miei due studenti migliori, non c'è che dire! Sapete dirmi altro?»

Sara, in fretta, ripensò a ciò che aveva letto in "Harry Potter e il Principe Mezzosangue". Ricordava l'eccitazione di Hermione Granger nel riconoscere la pozione, i dieci punti che Lumacorno aveva assegnato a Grifondoro e la curiosità di Draco Malfoy che si era accesa solo al sentir pronuciare Hermione: «Rende fortunati!». Ma cos'altro aveva detto Lumacorno, nel libro?

Poi, ecco che la lampadina sopra la sua testa si accese.

«E' difficile da preparare, ci vogliono circa sei mesi, e, se si sbagliasse anche solo un passaggio, diverrebbe disastrosa» proseguì Sara, sotto lo sguardo compiaciuto di Lumacorno, di Amy e del resto dei Corvonero. «Una volta bevuta, se viene preparata con cura, la pozione aiuta a raggiungere un determinato obiettivo, attraverso occasioni favorevoli. La sensazione che si avverte, se non erro, è simile ad una vocina che ti spinge a comportarti in un certo modo e...»

«Ottimo, Miss Austen!» esclamò Lumacorno, senza lasciarla finire. «Quindici punti a Corvonero!»

Amy batté le mani, esultò insieme agli altri Corvonero, poi strinse Sara in un abbraccio affettuoso e orgoglioso insieme. Sara, con la gola secca per aver parlato così velocemente e senza sosta, fino all'interruzione del professore, si guardò intorno e sorrise ai suoi compagni di Casa; era leggermente in imbarazzo, però: lei sapeva queste cose solo perché era una fan di Harry Potter, una Potterhead, non perché le avesse veramente studiate... quindi, era stato come barare.

E mentre ringraziava diversi studenti che si congratulavano con lei, Sara si ritrovò a specchiarsi negli occhi scuri di Tom Riddle. Lui la guardava intensamente, con un sorriso appena accennato che, se solo lei non avesse saputo chi sarebbe diventato e cosa avrebbe fatto – proprio durante quell'anno scolastico, per giunta –, gli avrebbe detto che gli donava molto. Mentre si fissavano, un ragazzo seduto alla destra di Riddle si avvicinò a lui e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Tom gli rispose senza distogliere lo sguardo da Sara.

«Avery è la descrizione di "servo", non credi?» mormorò Amy, e Sara si voltò verso di lei. «Un po' come gli altri che seguono Riddle giorno e notte e fanno ciò che lui ordina»

Sara annuì, poi disse, cupa:. «Tom è nato col potere di affascinare la gente, Amy, ma è solo una maschera, la sua, e temo che quelli che si definiscono amici suoi lo abbiano capito. Scommetto che è a causa sua se finiscono sempre in Infermeria»

«Ne parli come se lo conoscessi... intimamente» replicò Amy, corrugando la fronte. «Comunque perché ci esci, se parli di lui in questo modo? Voglio dire: non lo descrivi come la persona migliore del pianeta, eppure...»

«Io non esco affatto con lui!» sibilò a denti stretti Sara, tenendo la voce bassa perché solo Amy potesse sentirla.

«Ma davvero?» rispose l'altra, alzando le sopracciglia. «Sara, vi frequentate da quasi un mese!»

«Noi cosa?!» esclamò Sara, alzandosi dalla sedia di scatto. Quando si accorse che erano nel bel mezzo della lezione e che tutti, compreso Tom, la stavano fissando sopresi e straniti, Sara si scusò e si rimise a sedere.

La lezione riprese e lei e Amy, fino al suono della campanella, non aprirono più bocca.

Le due Corvonero sistemarono le loro cose nelle borse, Sara impiegò più tempo perché era curiosa di vedere gli altri libri di testo e, allo stesso tempo, temeva che la sua boccetta d'inchiostro si aprisse e si rovesciasse mentre camminava per i corridoi. Sara si sistemò la divisa, guardò per un istante lo stemma della sua Casa e poi seguì Amy fuori dall'aula; lì Tom, Avery e altri tre ragazzi di Serpeverde le stavano aspettando.

«Vorrei scambiare due parole con Sara, se non ti dispiace» disse Tom con garbo, rivolgendosi ad Amy.

Sara si dovette mordere la lingua, perché proprio in quel momento per non dire: «E se io non volessi?». Essendo a conoscenza della sua fama, Sara voleva evitare di rispondere al mago che sarebbe presto diventato un assassino, perché sapeva che remargli contro l'avrebbe potuta portare alla tortura – o peggio –, e questo lei non lo voleva affatto.

Amy guardò Sara. Quest'ultima mostrò all'amica un sorriso tirato, quasi per rassicurarla, ma i suoi occhi parlavano chiaro: Non lasciarmi qui con lui!

Tom si schiarì la gola e aggiunse: «In privato»

Sara incontrò lo sguardo di Riddle. Sul suo viso vi era dipinta una maschera di pura gentilezza e cordialità, ma i suoi occhi scuri le volevano comunicarle che non era molto felice – forse per il fatto che Sara avesse risposto prima di lui a Lumacorno in aula, mettendolo in quasi in ridicolo davanti ai suoi seguaci e all'intera classe, forse per altro. E mentre Sara rifletteva su cosa fosse meglio fare – seguirlo o tentare a tutti i costi di svegliarsi –, Tom si schiarì nuovamente la gola e le intimò, con un occhiataccia che solo lei riuscì a cogliere, di seguirlo senza dire altro.

Sara annuì. «D'accordo. Amy, ci vediamo più tardi in Sala Comune»

Quando Amy fu abbastanza lontana, Tom fece un elegante giro su se stesso e si ritrovò faccia a faccia con i quattro Serpeverde. Disse a bassa voce che l'incontro di quella sera sarebbe stato spostato, poi li mandò via con un gesto pigro della mano e infine tornò a guardare Sara. Lei, che fino a quel momento era stata ad osservarlo e studiarlo, spostò immediatamente il suo sguardo sulle unghie della sua mano sinistra.

«Parleremo nella Sala Comune dei Prefetti» disse Tom, allungando la mano verso di lei, perché la prendesse. «Lì non ci saranno interruzioni, o ficcanaso»

Sara guardò la mano dalla pelle pallida di Tom. Era certa che lei, la Sara del mondo reale, non avrebbe concesso ad un mostro di toccarla, anche solo con una mano, eppure la Sara del sogno, quella nascosta sotto strati di epidermide, le diceva di lasciarsi andare. Quindi, tremante, la Corvonero prese la mano di Tom e, quando le loro pelli entrarono in contatto, lei sentì come un calore – era tiepido, invitante, confortevole.

Confortevole? È di Tom Riddle che stiamo parlando! Ma che mi succede?

I due camminarono, mano nella mano, lungo il corridoio, poi svoltarono a sinistra. Salirono tre rampe di scale, rimanendo in un silenzio pesante ma allo stesso tempo leggero. Qualche studente, lungo il tragitto, si fermava a fissarli, qualche ragazza ridacchiava – una di quelle era Mirtilla Malcontenta: Sara la riconobbe per gli occhiali e per la divisa uguale alla sua.

Mirtilla è ancora viva!, pensò Sara, con un ritrovato sollievo.

~ ~ ~

La Sala Comune dei Prefetti era un miscuglio delle quattro Case di Hogwarts. Sulla parete di fronte alla porta d'ingresso vi erano appesi quattro stendardi e, proprio sotto di essi, vi era un tavolo in legno dove erano state poggiate le copie esatte, molto più piccole ovviamente, delle clessidere coi punti esposte nella Sala d'Ingresso. Adesso sembrava proprio che Serpeverde fosse in vantaggio. In una delle altre pareti vi era un caminetto, nel quale il fuoco scoppiettava allegro; davanti ad esso erano state messe due poltrone e Tom fece sedere Sara su una di esse.

«Notevole, davvero notevole» disse improvvisamente Tom, prendendo posto sulla poltrona libera. «Sei riuscita a sorpassarmi nella materia in cui sei sempre stata seconda, Sara. Complimenti»

La sua espressione non prometteva nulla di buono, quindi Sara preferì stare in silenzio. Non volendo guardarlo negli occhi, col timore di cadere nel suo incantesimo – il fascino –, la Corvonero rimase a fissare con finto interesse il fuoco. Inotre, sebbene si trovasse nella sua amata Hogwarts, anche se nel 1943, per la prima volta avrebbe voluto andarsene.

«Non dici niente, Sara? Neanche un grazie?» domandò Tom, allungandosi sulla poltrona per prenderle una mano.

E di nuovo quel calore.

«Grazie» rispose Sara, senza degnarlo di uno sguardo.

Tom si alzò di scatto, mise i palmi sui bracioli della poltrona di Sara, confinandola. Lei fu costretta a guardarlo negli occhi, girandosi verso di lui con un sussulto.

Da vicino era anche più bello. I suoi lineamenti erano duri, i capelli scuri gli incorniciavano il viso alla perfezione, la mascella rigida e gli occhi ridotti a due fessure e poi le labbra... sottili e così... invitanti. Sara scosse il capo e lo vide sorridere, compiaciuto.

«Grazie e poi?» mormorò, soffiandole sul viso.

Sara chiuse gli occhi, si morse il labbro inferiore e disse: «Grazie, Tom?»

«No, no, Sara. Sai come voglio essere chiamato, quando siamo soli» replicò lui, facendosi più vicino. Piegò la testa, allungò il collo e passò la bocca umida sul collo di Sara, che trattenne il fiato per qualche secondo. «Avanti, Sara. Dillo. Dì: "Grazie, Signore"»

Sara aprì gli occhi di scatto. «Signore? Per quanto tempo ti sei fatto chiamare così dai tuoi... voglio dire: grazie, Signore»

Tom inspirò profondamente, si allontanò lentamente da Sara e si risedette sulla sua poltrona. Allungò nuovamente una mano, ma questa volta non usò alcuna gentilezza con lei e la afferrò per un polso, tirandola verso di sé. Sara si vide costretta a sedersi a cavalcioni sulle sue gambe; Tom, poi, fece scivolare un braccio dietro la schiena della Corvonero e la spinse contro il suo torace.

«Dicevi?» domandò lui, fissandole solo ed esclusivamente le labbra.

«Nulla» deglutì rumorosamente Sara.

Il Serpeverde si mosse velocemente, facendo scontrare la sua bocca con quella di Sara. La baciò con rabbia, con passione, con poco riguardo nei confronti di lei, ma alla ragazza, stranamente, piaceva. Infatti, superato lo stupore iniziale, Sara ricambiò il bacio e lo approfondì, affondando le sue dita nei capelli neri di Tom.

Quando si rese conto di cosa stava facendo, e con chi, aprì gli occhi e si staccò da lui con uno scatto. Lo guardò per un momento negli occhi e ancora una volta vide la sua vista appannarsi e poi ecco che diventava tutto nero. Quando riprese conoscenza era ancora seduta sull'autobus della scuola, Odette si era svegliata e stava giocherellando col suo cellulare; erano ancora in movimento.

Giuro che se dovessi tornare a Hogwarts un'altra volta, andrò dritta dritta nell'ufficio di Silente!, pensò sbadigliando. Lui di certo avrà una soluzione! Oppure potrei scrivere alla Rowling, se questi sogni dovessero persistere, magari è lei quella che potrebbe trovare una soluzione!
 

~ ~ ~

ANGOLO AUTRICE
Vi chiedo perdono, perché avevo intenzione di pubblicare il secondo capitolo in giornata, ma alla fine sono riuscita ad aggiornare solo ora. Mentre scrivevo continuavo a cancellare cose che non mi piacevano, o che dovevo riscrivere meglio e così si sono fatte le sei e mezza; avendo gli allenamenti di softball, mi sono messa il cuore in pace e mi son detta che avrei ripreso a scrivere una volta a casa, e così ho fatto. 
Comunque vi avviso che da domani, fino al primo di Aprile, non sarò a casa e non avrò con me il computer. Sarò ad un torneo a Macerata e quei pochi momenti liberi che avrò, fra una partita e l'altra, li dedicherò a riprendere le forze e a non morire (#Vecchiardaggine). In ogni caso, non appena tornerò a casa, mi rimetterò subito in pista!
Bene, detto ciò, direi che è il momento della nanna. Vi auguro una buona notte e spero che questo capitolo vi sia piaciuto (Mirtilla è ancora viva! Yeee!)! Spero di sentirvi presto!
Un abbraccio virtuale!

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo - Nell'ufficio di Silente ***


Sara si passò due dita sulle labbra, sfiorandole delicatamente coi polpastrelli. Era passata quasi una settimana da quel sogno che aveva fatto, nel quale Tom Riddle l'aveva portata nella Sala Comune dei Prefetti per baciarla, eppure ancora percepiva ogni sensazione, ogni emozione. Le capitava, di tanto in tanto, di soffermarsi a pensare un po' troppo a lungo a ciò che era successo fra lei e Tom e una parte di lei, ancora, non faticava a comprendere quel suo comportamento.

Da ciò che aveva scritto la Rowling, Sara sapeva benissimo che Riddle non era un ragazzo come tutti gli altri. Era stato concepito sotto l'effetto di un filtro d'amore da Merope Gaunt e Tom Riddle Senior, quindi lui non poteva provare sentimenti comuni a quelli che provava il resto della gente; no, il suo unico amore – e scopo principale – sarebbe sempre e comunque stato il potere su tutto e tutti.

Allora perché l'aveva baciata? Perché l'aveva invitata alla festa di Lumacorno? O era stata lei ad invitare lui?

Di sicuro c'era sotto qualcosa, si disse Sara, mentre andava ad aprire la porta a Odette.

Odette era praticamente la sua migliore amica, la sorella che non aveva mai avuto. Si erano conosciute alle elementari e, fra alti e bassi, non si erano mai separate. Odette aveva capelli rossi e carnagione chiarissima, gli occhi azzurro cielo e labbra sottili. Aveva il fisico leggermente tondo, ma a lei non sembrava dare fastidio minimamente, neanche quando qualche idiota le diceva che era grassa, che doveva mettersi a dieta, che doveva dimagrire. Proprio per il fatto che Odette si amasse per ciò che era – e com'era –, Sara la invidiava: a lei non piacevano le sue gambe, il suo naso, il taglio degli occhi; ai suoi occhi era piena di difetti.

«Sono arrivata appena ho potuto!» disse Odette, col fiatone. «Nel messaggio hai scritto che era un'emergenza, quindi mi sono fatta quasi due chilometri correndo, e sai che io non corro affatto!»

Sara si portò una mano al cuore teatralmente e disse: «Solo per me? Oh! Sei proprio la migliore!»

Odette la fulminò con lo sguardo, perché adesso, guardando l'amica, aveva capito che non c'era nessuna emergenza per cui valesse la pena correre e rischiare i propri polmoni. Fece per andarsene, ma Sara le prese la mano e la portò verso il divano, facendola accomodare lì mentre lei andava in cucina a prendere una bottiglia d'acqua, due bicchieri e qualche snack.

«Ricordami di non fidarmi mai più di te, quando dici che è un'emergenza!» urlò Odette, e Sara scoppiò a ridere.

Quando tornò dall'amica, Sara la trovò completamente sdraiata sul divano, un braccio le copriva gli occhi. Non era la prima volta che succedeva: Odette si era sempre comportata come se l'appartamento di Sara fosse stato suo.

«Allora,» fece Odette, tirandosi su a sedere per far posto a Sara. «dimmi tutto quello che devo sapere»

Sara rimase un attimo in silenzio, riflettendo da dove fosse meglio iniziare a raccontare. Rimase con gli occhi marroni fissi sulla bottiglia d'acqua per quasi un minuto intero, respirando piano e silenziosamente. Poi aprì leggermente la bocca e pronunciò la parola "sogno", e lì iniziò a spiegare.

Odette rimase ad ascoltare Sara mentre le parlava di come fosse finita a Hogwarts per ben due vole e di come il secondo sogno fosse stato la continuazione del primo. Sara ricordò ad occhi chiusi il volto di Amy, la strada che aveva fatto con quella studentessa del secondo anno per trovare la Sala Grande. Nominò persino Matt e Lizzie, suo fratello e la fidanzata di lui.

«E Harry non l'hai visto?» domandò curiosa Odette, pendendo dalle labbra della sua amica. «E Hermione, Ron, Neville e tutti gli altri! Ti prego, dimmi che Malfoy è figo come nell'ultima fan art che ti ho mandato!»

«Non sono capitata durante il periodo di Harry» mormorò Sara, mordendosi il labbro. «Io ero... sono finita nel...»

«Nel?» la incalzò Odette.

«C'era Tom Riddle!» esclamò Sara, alzandosi dal divano con nervosismo. «Ero la sua accompagnatrice al Lumaclub e mi ha persino baciata, nell'ultimo sogno! Io ho ricambiato, Odette! Ho ricambiato il bacio di Lord Voldemort, ti rendi conto?!»

Odette serrò le labbra e corrugò la fronte. Rimase in silenzio per una manciata di secondi, poi sorrise e scosse il capo.

«Sara, sono solo sogni»

«Ma come è possibile che il secondo sia stata la continuazione del primo?!» urlò Sara, esasperata. «Spiegamelo, ti prego, perché io credo di essere impazzita! Insomma, mi è anche piaciuto, baciarlo!»

«Beh,» replicò Odette, stringendosi nelle spalle. «non puoi negare che la Rowling lo descrive come un giovane di bell'aspetto, senza contare il fatto che anche nei film hanno scelto attori super sexy»

Sara sbuffò e si sedette nuovamente sul divano. Si prese il capo fra le mani e chiuse gli occhi: le girava la testa, sentiva il bisogno di urlare e aveva il timore di addormentarsi; non era sicura di voler essere partecipe, ancora una volta, di un incontro così intimo con quello che sarebbe diventato Lord Voldemort. No, decise che avrebbe fatto di tutto per non prendere sonno.

Al diavolo quei sogni, al diavolo la mia idea di andare da Silente e al diavolo le labbra così perfette e invitanti di Riddle!

Odette adagiò una mano sulla spalla dell'amica. Aveva compreso il fatto che Sara ne avesse già abbastanza di quei sogni, ma magari erano dovuti a dei fattori che ancora non riusciva ad inquadrare; magari era lo stress, magari era la valanga di verifiche in arrivo. Dato che voleva darle una mano, Odette si offrì di fermarsi lì la notte e Sara accettò subito.

Verso le sei di sera la madre di Sara entrò in casa con un sospiro esausto, lasciandosi andare sul divano con la giacca ancora addosso. Sara e Odette prepararono la cena per tutte e tre e la donna, stanca dopo una giornata pesante in ufficio, gliene fu infinitamente grata. Per evitare di parlare di lavoro a tavola, Odette tirò fuori l'argomento "Gita a Londra": le due giovani non vedevano l'ora di visitare la città ed erano sicura che sarebbero tornate a casa piene di souvenir.

Dopo cena, Sara e Odette tornarono a sedersi sul divano e passarono l'intera serata a guardare film dell'orrore su Netflix. Arrivò la mezzanotte e Sara vide, con la coda dell'occhio, l'amica sbadigliare: la mandò a letto, affermò che sarebbe andata a lavarsi i denti e che poi l'avrebbe raggiunta in camera sua, ma in realtà Sara non si mosse di lì.

1:00 am

2:00 am

3:00 am

3:40 am

La testa di Sara ciondolava pericolosamente a destra e a sinistra. Aveva un sonno terribile e gli occhi le lacrimavano, le facevano male. Si disse che li avrebbe chiusi un attimo, solo per farli riposare, ma mentì persino a sé stessa e si addormentò.

Davanti a sé aveva un corridoio vuoto. Stava camminando, e non era sola. Accanto a lei c'era un giovane dai capelli neri, gli occhi scuri e la pelle pallida; alto e bello, Tom Riddle teneva il passo con un'eleganza naturale. Le teneva saldamente la mano e, di tanto in tanto, si voltava a guardarla con un sorriso compiaciuto.

«Dove mi stai portando, Tom?» domandò Sara, senza preoccuparsi di nascondere la paura.

A Tom parve piacere quell'accenno di timore nella Corvonero. Non rispose, si limitò ad indicare un'enorme porta alla fine del corridoio: si stava formando dal nulla, nella parete. Sara capì che Tom la stava portando nella Stanza delle Necessità e si maledì per essersi addormentata, senza neanche sforzarsi tanto di rimanere sveglia; ma se da una parte si sentiva insicura e spaventata, dall'altra era curiosa di vedere che forma avrebbe preso la Stanza, secondo il volere di Riddle.

Rimanendo in silenzio, Tom attese che una porta di legno, ampia e rettangolare, si creasse definitivamente, poi afferrò il pomello ed entrò nella Stanza. Questa aveva preso le sembianze di un salottino invitante, con tanto di camino acceso – le fiamme che danzavano al suo interno erano verdi, come gli smeraldi nella clessidera di Serpeverde – e comode poltrone in pelle nera. Addossata ad una parete vi era uno scaffale colmo di libri antichi, impolverati, alcuni assomigliavano a diari dalle pagine ormai ingiallite.

Sara osservò Tom raggiungere, a passo deciso e sicuro, una delle due poltrone. Si morse un labbro e si pentì di aver pensato a quanto fosse bello: era sicura di essere costantemente sotto il controllo di Tom e della sua magnifica abilità di Legilimens; le era persino parso, per un istante, di averlo visto ghignare mentre lei si diceva, nella sua testa, che Tom Riddle era proprio affascinante.

«Sara, vieni qui» ordinò Riddle, indicandole appena la poltrona vuota che aveva accanto. «Siedi vicino al tuo Signore»

«Tu non sei il mio Signore, Tom» mormorò a bassa voce Sara, mordendosi subito dopo la lingua.

Il Serpeverde l'aveva sicuramente sentita, perché si girò verso di lei con occhi penetranti e ridotti a fessure. Era la prima volta che lo vedeva arrabbiato, anche se, Sara ne era certa, quello era solo il principio della rabbia che lo caratterizzava. Tom Riddle, finalmente, aveva gettato via la maschera da mago prodigio e ragazzo carismatico, e lei poteva già sentire il sapore della sua stessa paura.

«Prego, puoi ripetere?» fece lui, calmo, nonostante lo sguardo di fuoco.

Sara deglutì e si mosse in avanti, raggiungendo la poltrona libera accanto a quella di Riddle. Al posto di sedersi, però, le riservò una semplice occhiata, quasi quella potesse risponderle che comprendeva a pieno il suo terrore e la sua ansia, e poi tornò a guardare Tom. Lui non si era mosso neanche di un millimetro, non aveva cambiato il modo in cui la stava guardando, ma si rilassò quando Sara si sedette sulle sue gambe.

«Temo tu abbia frainteso, Tom» disse piano Sara, circondandogli il collo con le braccia e avvicinandosi al suo orecchio. «Tu sei un mago potente, meriti molto di più di un semplice "Signore"»

Ma che sto combinando? Odette, svegliami, ti prego!

«E hai qualche consiglio?» domandò lui, con un tono di voce basso e così diverso dal solito che risvegliò in Sara la voglia di baciarlo... e non solo.

«Purtroppo no,» mentì Sara, tentando in tutti i modi di dimenticare il nome "Lord Voldemort". «ma dammi tempo»

«Voglio che sia perfetto, Sara, ricordatelo bene» disse Tom, allontanandola un poco per poterla guardare negli occhi. «Voglio che sia degno di me, di un mago potente che in futuro verrà rispettato dall'intero Mondo Magico. Devi trovarmi un nome degno di onore e forte: deve essere temuto da tutti»

Sara sorrise, ma in realtà voleva piangere e allontanarsi da lui. Le tornò in mente che avrebbe potuto rivolgersi a Silente: gli avrebbe raccontato come stavano le cose, avrebbe fatto domande sul perché questi suoi sogni erano l'uno la continuazione dell'altro e, ovviamente, l'avrebbe implorato di farli smettere.

Amava Hogwarts ed era bello poter percorrere i suoi corridoi per davvero, sebbene fosse tutto nella sua testa, ma questi viaggi dovevano finire. Ci sarebbe tornata più che volentieri, però, in altri modi più sicuri e che non l'avrebbero obbligata a stare così a stretto contatto con Voldemort in persona: attraverso i libri, i film, gli Studios a Londra e via dicendo. Solo che, prima, doveva mettere la parola fine a quei sogni che la tormentavano.

«Adesso però dobbiamo parlare di cose importanti, Sara» proseguì Tom. «Non dobbiamo assolutamente distrarci, quindi va a sederti sull'altra poltrona. Al divertimento ci penseremo più tardi»

Sara obbedì senza dire una parola, come stregata dal suo modo di fare. Tom rimase in silenzio per una manciata di secondi, fissando ardentemente il fuoco verde nel caminetto, immerso nei suoi pensieri, poi tirò fuori la bacchetta da una tasca interna della divisa di Hogwarts e la puntò verso lo scaffale.

«Wingardium Leviosa!» mormorò con decisione.

Un vecchio diario in pelle nera attraversò la Stanza delle Necessità, volteggiando a quasi due metri dal pavimento. Tom aprì il palmo della mano e il diario perse quota dolcemente, finendo a contatto con la pelle del mago; Sara capì subito che doveva trattarsi del primo Horcrux che Voldemort avesse creato, nel corso della sua vita, e subito immaginò la giovane Ginny Weasley nella Camera dei Segreti, ad un passo dalla morte.

Tom chiederà a Lumacorno degli Horcrux al suo settimo anno, ricordò Sara, osservando Tom sfiorare la copertina del diario, E se Mirtilla è ancora viva, vuol dire che questo è solo l'inizio del suo quinto anno.

«Mio Signore» dissero due voci alle loro spalle.

Sara si voltò verso la porta d'ingresso della Stanza. Avery e una ragazza di Serpeverde stava avanzando a passo lento, coi capelli neri raccolti in una coda alta che si muovevano prima verso destra e poi verso sinistra. Sara non la riconobbe, ma c'era qualcosa di familiare in lei: forse era il taglio degli occhi, forse i lineamenti del viso o forse...

«Walburga, Avery» fece Tom, accennando un sorriso. «Spero siano buone notizie, questa volta. Sapete cosa vi succederebbe se non fosse, così»

Walburga? Quella è la madre di Sirius!

«Mio Signore» ripeté Walburga, riservando un'occhiataccia a Sara. «Altri studenti si sono fatti avanti, per servirla e unirsi alla sua nobile causa. Ci sono due Purosangue di Corvonero e altri quattro di Serpeverde»

«E Silente?» domandò Riddle, con una vena di disgusto nella voce.

«Credo non sospetti di nulla, Mio Signore» rispose Walburga.

«Credo?» ripeté Tom, alzandosi dalla poltrona e ponendosi davanti ad una Walburga che adesso aveva il timore dipinto in volto. «Credo, Walburga, non è affatto buono. Crucio!»

Sara saltò su e fece un passo indietro, andando a sbattere contro la parete accanto al caminetto. Guardò inorridita Walburga, che si contorceva dal dolore ai piedi di Riddle, urlando e implorandolo di smetterla. Lui, invece, la guardava con puro piacere: era sadico, felice di udire quelle note acute che si insinuavano persino negli spazi più piccoli della Stanza.

Quando Tom la lasciò andare, Walburga rimase per terra col fiato corto. Sara vide Tom tornare a sedersi comodamente sulla sua poltrona, quindi si accovacciò accanto alla Serpverde e le prese una mano, affermando, a bassa voce, che l'avrebbe portata immediatamente in Infermeria. Avery, che fino a quel momento era stato a guardare la scena con orrore, deglutì e fece capire a Sara che era meglio non aiutare Walburga – almeno per il momento.

«E tu Avery? Che mi dici?» domandò Tom, afferrando Sara per un polso e facendola sedere sulle sue gambe. Walburga cadde a terra con un tonfo e Sara sussultò.

«Sono riuscito a trovare un libro, Mio Signore, dove vi sono riportate i nomi delle famiglie più antiche del nostro mondo» rispose prontamente Avery, la voce tremava appena. «Alcuni nomi risalgono a secoli prima dell'arrivo dei fondatori di Hogwarts, il che ha reso la mia missione leggermente più difficile. Ma alla fine ce l'ho fatta: ho trovato il cognome che mi ha chiesto e molto di più, Mio Signore»

«Bene» lo fermò Tom, consegnando il diario nero a Sara. «Ne parleremo più tardi, in privato. Adesso porta Walburga in Infermeria: temo non si senta bene»

Rimasti nuovamente soli, Sara si sentì morire. Dopo quello a cui era stata costretta ad assistere, il terrore aveva preso a scorrergli nelle vene e adesso il suo cuore batteva ad una velocità spaventosa. Stringeva con forza il diario che Tom le aveva dato poco prima, le nocche erano diventate persino bianche, e tremava al solo pensiero che lui le facesse ciò che aveva fatto alla povera Walburga.

Eppure, sebbene lui le faccia del male, gli è sempre rimasta fedele!

Tom, all'improvviso, le prese il mento con indice e pollice e lei girò il collo. I loro occhi si incontrarono, le punte dei loro nasi si sfiorarono. Sara sentì che adesso la paura nei confronti del mago che la teneva stretta a sé si stava mescolando con altro, forse con qualcosa che assomigliava vagamente all'attrazione.

Tom sorrise compiaciuto. Aveva forse intuito come lei si sentiva in quel momento?

«Prima il dovere e poi il piacere, giusto Sara?» sussurrò, prima di appropriarsi delle labbra di Sara in un bacio passionale, travolgente e spaventosamente eccitante.

~ ~ ~

Sara si era fatta accompagnare da Amy all'ufficio di Silente, che, prima di diventare Preside di Hogwarts, era stato insegnante di Trasfigurazione. Aveva deciso che rivolgersi al professore che aveva aiutato Harry dal giorno in cui i suoi genitori erano morti, e forse persino dal giorno in cui Lily e James Potter avevano annunciato l'arrivo di un bebè, fosse l'idea più giusta. Doveva capire che cosa le stesse succedendo, come mai stava vivendo quei sogni.

La porta era chiusa e dall'interno proveniva il ticchettio di un orologio vecchio. Sara bussò piano, rimase a guardare Amy con occhi speranzosi e sorrise quando sentì la voce di Silente – Amy disse che l'avrebbe aspettata nella Sala Comune. L'ufficio del professor Silente era ampio e spazioso, illuminato dalla luce naturale che entrava dalle finestre alle sue spalle; lui era seduto alla sua scrivania: gli occhiali a mezzaluna, gli occhi azzurri, un sorriso saggio.

È proprio come me lo immaginavo!

«Sara Austen, è un piacere averti qui! Ma a cosa devo questa tua visita? Spero che tuo fratello non abbia combinato nulla di grave come l'ultima volta!» disse Silente, facendole segno di chiudere la porta e di accomodarsi. «Vuoi una Bacchetta di Liquirizia?»

Sara scosse il capo. «La ringrazio, ma sono a posto così, e non si preoccupi: Matt non è il motivo per cui sono qui»

Però adesso sono curiosa! Dopo indagherò sui danni che fa quel Matt.

«E' per Tom Riddle, immagino» intuì Silente, e il suo sorriso svanì. «Sì, mi capita di vedervi spesso assieme e so che siete andati alla festa del professor Lumacorno insieme. Ma sembra che tu voglia dirmi altro... magari qualcosa che io non so»

Sara annuì e raccontò a Silente ogni cosa, tralasciando i baci che lei e Riddle si erano scambiati in diversi momenti. Gli disse che, in realtà, lei non era affatto una strega e che conosceva Hogwarts, il Mondo Magico, Tom Riddle e Silente stesso solo grazie a J. K. Rowling; e sapendo che poteva benissimo fidarsi dell'uomo che aveva davanti, Sara gli confidò il futuro del giovane Riddle.

Silente, quando lei terminò di parlare, poggiò i gomiti sulla scrivania e si tirò via gli occhiali, sospirando. Sebbene fosse giovane, rispetto a quello che Sara si era immaginata leggendo la saga di Harry Potter, aveva l'aria stanca.

«So bene che Tom non sia un ragazzo come tutti gli altri,» disse, gli occhi chiusi e la voce calma. «lo capì il giorno stesso in cui andai all'orfanotrofio a trovarlo. Decisi di tenerlo d'occhio, come tu, che hai letto i libri di questa Joanne, ben sai, ma adesso che mi hai dato queste informazioni, sul suo futuro e su quello di tutti noi, temo che le cose siano peggio di ciò che mi ero immaginato»

«Professore?» lo incalzò Sara, sporgendosi appena in avanti.

«Dovrò pensare ad una soluzione, mia cara» proseguì lui, accennando un sorriso. «Non posso permettergli di rovinare altre vite, non posso permettergli di distruggere il mondo in cui viviamo solo per una sua ambizione»

«Ma signore, la storia è già stata scritta!» esclamò Sara. «Non può fare nulla, e mi dispiace!»

«Io credo, invece, che si possa fare qualcosa, Sara. Avrò bisogno del tuo aiuto, però» replicò Silente.

«Del mio aiuto? Professore, io voglio che questi sogni finiscano!» si lamentò lei, sbuffando. «Adoro questo posto, con tutto il cuore, ma Tom Riddle è un qualcosa più grande di me e io, ne sono certa, non sono capace di gestirlo!»

«Innanzitutto verrai nel mio ufficio ogni volta che tornerai qui, a Hogwarts» continuò Silente, ignorandola completamente, quasi non avesse aperto bocca. «Imparerai a chiudere la mente, ti farò un corso acellerato degli incantesimi che una studentessa del quinto anno dovrebbe sapere e, poi, troveremo insieme una soluzione a questi tuoi sogni»

La vista di Sara iniziò ad appannarsi e lei si sentì come trascinare via. Silente sembrò capire che il loro tempo si stava esaurendo, quindi, con un sorriso ampio e gli occhi azzurri che la guardavano saggiamente, aggiunse: «Mi aiuterai a cambiare il destino di Riddle, Sara. A presto!»
 

~ ~ ~

Angolo Autrice
Sono tornata!
Giusto ieri, io e il marito della mia allenatrice, nonché Presidente della società per cui gioco (#BULLS),  siamo tornati a Varese in camper e ci abbiamo messo più di sei ore. Fortunatamente niente traffico come all'andata, dove ci abbiamo messo sette ore, se non di più. 
Comunque il torneo di Macerata è andato alla grande: siamo arrivate prime e ho vinto il premio individuale MVP (Most Valuable Player). Sfortunatamente, la prima notte ho dormito praticamente per terra perché il mio materassino gonfiabile si è bucato, e nemmeno io so come o quando.
Anyway, spero che questo capitolo vi piaccia! Adesso credo che mi farò una tazza di tè e poi mi metterò subito a scrivere il quarto capitolo (ho una sorpresa, btw)!
Un grosso abbraccio!


 

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto - Una bella giornata ***


La mattina dopo, indolenzita e scossa da brividi di freddo, Sara si svegliò sul divano. Aveva i capelli arruffati e in disordine, la bocca socchiusa e il trucco era un poco sbavato. Odette era seduta sul tappeto sul quale poggiava il divano, stringeva fra le mani una tazzina di caffè e sul viso vi era dipinta un'espressione riposata.

«So che sarà l'ennesima volta che te lo dico, ma il tuo letto è comodissimo» affermò Odette, piegando le labbra in un sorriso fresco. «Un giorno di questi vengo qui e te lo rubo»

«Lo dici ogni volta che rimani qui a dormire,» replicò Sara, mettendosi a sedere con una smorfia e stiracchiandosi. «ma entrambe sappiamo bene che te lo scordi per via dell'Alzheimer!»

Odette alzò un sopracciglio e parve offesa, ma Sara sapeva benissimo che era tutta una farsa. Praticamente un secondo più tardi, infatti, Odette scoppiò a ridere e Sara con lei, poi le indicò la cucina e disse che sua madre, prima di andare al lavoro, era passata a prendere delle brioche al bar. Sara, con uno scatto e ritrovata energia, saltò su e corse a prendersi la sua colazione – per un attimo ricordò quella fatta a Hogwarts.

Mentre se ne stava seduta su una sedia in cucina, gustadosi ad occhi chiusi la sua brioche alla marmellata, Sara si ritrovò a ripercorrere l'ultimo sogno che aveva fatto. Vide di nuovo una porta crearsi dal nulla, un salottino con due poltrone, il fuoco verde smeraldo scoppiettare nel camino e poi... Tom. E poi Walburga e Avery che entravano nella Stanza delle Necessità, le informazioni che avevano dato a Riddle e la tortura di Walburga.

Un brivido freddo e spaventoso le percorse la spina dorsale. Sara aveva assistito ad una scena terrificante e terribile, una scena nella quale Tom, il carnefice, si era avventato sulla sua vittima con un lampo di piacere mischiato a follia negli occhi.

Come aveva potuto farlo? Non aveva provato nessun rimorso nel vedere Walburga a terra, quasi agonizzante?

«Adesso porta Walburga in Infermeria: temo non si senta bene»

No, nel modo in cui aveva parlato ad Avery e nelle sue parole c'era tutt'altro che rimorso. Però c'era qualcosa che le sfuggiva, qualcosa che aveva sotto il naso, solo che non capiva cosa. Provò a ripercorrere il sogno, trattenendo a stento i conati di vomito: vedeva di nuovo Silente davanti a sé, lo sentiva affermare che avrebbero cambiato il destino di Riddle, insieme...

«Fai un passo indietro, Sara. Non è lì quello che sto cercando» sussurrò, corrugando la fronte, mantenendo gli occhi chiusi.

La Stanza delle Necessità. Riddle, Avery, Walburga e lei, Sara. E ancora lei da sola con Riddle.

«Adesso però dobbiamo parlare di cose importanti, Sara»

Ecco cosa le sfuggiva: non avevano parlato di niente, loro due! Sara, con imbarazzo, si vide mentre ricambiava più che volentieri i baci di Tom e, come se non bastasse, anche a quella sensazione di voler fare altro, con lui.

«Sara!» urlò Odette.

Sara aprì gli occhi di scatto sentendo la voce dell'amica tremare. Preoccupata, si alzò dalla sedia e uscì dalla cucina con uno scatto, ingoiando a fatica l'ultimo boccone di brioche alla marmellata. Odette l'aspettava, seduta sul divano; tra le mani stringeva qualcosa di nero simile ad un piccolo quaderno per gli appunti: il diario di Tom Riddle.

«Normalmente non avrei reagito in quel modo,» spiegò Odette, passando il diario a Sara. «perché so che queste cose si possono comprare online. Ma quel... coso! Quel maledetto affare!»

«Cosa, Odette?! Che è successo?» indagò Sara, guardando l'amica che aveva gli occhi spalancati e l'aria sconvolta.

Odette alzò lo sugardo e incontrò quello di Sara, poi deglutì e disse: «Sono apparse delle frasi, non appena l'ho aperto»

Sara lo analizzò con cura. Sfiorò la copertina in pelle, il nome intero di Tom in basso e ben centrato, poi lo aprì e osservò le pagine ingiallite dal tempo. Queste sembravano inutilizzate, pulite,come se il diario non fosse mai stato toccato; ma quando il suo dito indice passò sulla superficie ruvida, proprio come aveva detto Odette, apparvero delle scritte.

«E' uno scherzo, vero? Ti prego, dimmi che è un inchiostro invisibile, magari sensibile al calore!» fece Odette, ancora sconvolta.

Sara non disse nulla, ma i suoi occhi parlavano da soli. Come avrebbe potuto dire alla sua migliore amica, che fino a quel momento aveva pensato che i suoi sogni erano solo ed esclusivamente sogni, che il diario di Riddle era uno scherzo? Avrebbe mentito, per farla calmare? Non ci sarebbe riuscita comunque: Odette la conosceva più di chiunque altro, seconda solo a sua madre, e avrebbe capito all'istante che stava dicendo bugie.

Odette, allora, si passò una mano fra i capelli e prese a fare avanti e indietro davanti al divano. Tentò di capire come fosse possibile tutto ciò, come avesse fatto Sara a finire a Hogwarts, e proprio nel periodo in cui Lord Voldemort aveva percorso quei corridoi pergiunta.

«Ha scoperto di essere l'erede di Salazar Serpeverde» mormorò Sara, toccando una pagina a caso. «Forse questa era la missione di Avery: Tom gli avrà dato da cercare il cognome "Gaunt" ed è bastato un libro per scoprire ogni cosa. Questo vuol dire che presto troverà la Camera dei Segreti e il Basilisco»

«Ucciderà Mirtilla» concluse Odette per lei; il ribrezzo era molto chiaro nel suo tono di voce.

Sara annuì e si morse un labbro. Lei aveva fatto in tempo a vederla ancora in vita e forse, nel momento in cui avrebbe rimesso piede nei suoi sogni, a Hogwarts, l'avrebbe rivista priva di vita, stesa su una barella. Questo, però, le ricordò che Riddle si era spaventato in quel periodo: il preside Dippet, predecessore di Albus Silente, avrebbe chiuso la scuola se solo il colpevole non si fosse trovato; questo voleva dire che persino il povero Hagrid avrebbe pagato le conseguenze degli atti crudeli di Riddle.

Forse era meglio rimettersi a dormire, sperare di tornare a Hogwarts e correre nell'ufficio di Silente per raccontargli ogni cosa. Magari avrebbero salvato Mirtilla, avrebbero evitato di spedire Hagrid ad Azkaban e Tom...

«Scrivi una lettera alla Rowling» disse improvvisamente Odette, sedendosi accanto a Sara sul divano. «Lei ha scritto la storia, lei ti tira fuori da questo casino e rispedisce questo diario dove deve stare: nei suoi racconti»

«Non credo sia così semplice, Odette» replicò Sara, scuotendo il capo. «E' una donna occupata e sono certa che non risponde a tutti i fan che le scrivono: ne avrà a miliardi!»

Odette si alzò dal divano e si diresse in camera di Sara. Quest'ultima la seguì con una punta di curiosità nelle vene: la osservò mettersi alla scrivania, accendere il pc e attendere che questo si caricasse a dovere; poco dopo stava battendo le dita sulla tastiera, velocemente. Odette era finita in una pagina web in cui era riportato l'indirizzo mail o quello fisico dove J. K. Rowling in persona riceveva le sue fan-mail.

Sara si avvicinò e Odette le indicò l'indirizzo fisico, affermando che con un treno e un paio di autobus ci sarebbero arrivate tranquillamente. Magari si sarebbero appostate da qualche parte nella via, avrebbero atteso pazienti e, una volta avvistata la Rowling, sarebbero passate all'approccio diretto.

«Manderà sicuramente qualcuno al posto suo, Odette!» disse Sara, alzando gli occhi al cielo.

«Bene, allora aspettiamo e vediamo come vanno le cose: se non si presenta e, come dici tu, manda qualcun altro, seguiamo questo altro» replicò Odette, ritrovando il sorriso, eccitata all'idea di quella missione che nella sua mente stava via via prendendo forma.

Quindi, una volta che Sara ebbe accettato il piano di Odette, le due ragazze si prepararono ogni cosa dettagliatamente. L'indirizzo che Odette aveva trovato era di un posto a Londra, città che presto, grazie alla gita in arrivo, avrebbero visitato.

Il piano, dunque, era di stare assieme al resto della classe e dei professori fino al termine della prima giornata. Una volta tornati in albergo, mentre i loro compagni se ne sarebbero stati tutti insieme a parlare di cosa avrebbero potuto fare la sera, Sara e Odette sarebbero sgusciate via in punta di piedi. Per raggiungere l'indirizzo trovato da Odette avrebbero dovuto prendere due autobus, ma quello era il minore dei mali.

«Lo sai,» disse Odette, mentre Sara preparava dei panini con la Nutella quel pomeriggio. «da una parte ti invidio: hai la possibilità di vivere Hogwarts da vicino, poi hai incontrato Silente e sei una Corvonero! Me lo sentivo che eri una di loro!»

«Dimentichi che sono capitata nell'epoca di Tom Riddle e che sono praticamente la sua ragazza» le fece notare Sara, scuotendo il capo. «Presto si farà chiamare Lord Voldemort, ucciderà Mirtilla attraverso il Basilisco e via dicendo. Io sono pericolosamente vicina ad un assassino, e sono sicura che se gli andassi contro, anche solo una volta, lui non ci penserebbe su due volte a farmi del male»

Sara chiuse un panino e lo passò a Odette, leccando poi la lama del coltello, facendo attenzione a non tagliarsi. Il cioccolato e le sue papille gustative si lanciarono in una serie di baci e abbracci, il suo umore si sollevò velocemente e sul suo viso, finalmente, apparve un sorriso. Così, in quel momento di pura tranquillità, creatasi dopo aver messo in standby i pensieri su Riddle, Sara raccontò al Odette l'incontro con Silente.

In effetti, a pensarci bene, Sara non vedeva l'ora di tornare a Hogwarts solo per le sue lezioni private con il grande Albus Silente. Si sentiva un po' come Harry, quando, in "Harry Potter e il Principe Mezzosangue", lui e il preside si davano appuntamento per vedere nel Pensatoio i ricordi in cui Tom era protagonista, o quando erano andati a recuperare uno degli Horcrux.

«Bacia bene, il Signore Oscuro?» chiese Odette, ridacchiando; il labbro superiore sporco di Nutella.

Sara sospirò. «Purtroppo sì»

~ ~ ~

Odette era tornata a casa sua verso le sei e mezza, nell'esatto momento in cui la madre di Sara era tornata dal lavoro, esausta come al solito. Il sole era già tramontato, ma all'orizzonte si vedeva ancora la sua coda: colori caldi che si mischiavano al blu del cielo, sempre più scuro. Il manto di stelle arrivò in un battito di ciglia e, insieme ad esso, la luna fece il suo ingresso.

Sara rimase seduta su una sedia di plastica bianca fino a notte fonda ad ammirare quel satellite luminoso, accoccolata in una coperta che sua madre le aveva portato prima di andare a letto. La sua mente vagò senza il suo permesso in terre che lei aveva chiuso da ore, scivolò nella Stanza delle Necessità e si buttò fra le braccia di Tom Riddle.

Sara chiuse gli occhi e sentì la brezza accarezzarle il volto, nell'aria c'era il profumo della pioggia. Sorrise: una tempesta si avvicinava. Poi, sulle labbra, avvertì come una pressione e, nonostante fosse strano, Sara si disse che era molto piacevole e che in qualche modo le ricordava proprio i baci di Riddle; quando riaprì gli occhi, però, si rese conto di essere completamente sola. Alzò lo sguardo verso la luna e vide una nuvola scura coprirla pian piano, poi eccone arrivare un'altra, e alla fine il cielo sparì.

Sara si alzò dalla sedia di plastica, tornò i casa e chiuse la porta-finestra che dava sul balcone. Con un altro sorriso disse: «Hogwarts sto arrivando»

Sara si mise a letto, si girò un paio di volte per trovare la posizione più comoda e infine si rilassò. Le sue palpebre si fecero sempre più pesanti ad ogni minuto che passava, il suo repiro era regolare e, con l'arrivo di un tuono, e poco dopo la pioggia, Sara si ritrovò ad essere cullata da suoni meravigliosi. Sbadigliò due o tre volte, prima di addormentarsi veramente.

«Sveglia Sara!» esclamò la voce di Amy. «Faremo tardi a Erbologia!»

Sara riaprì gli occhi e si ritrovò a guardare le stesse tende blu che aveva visto nel suo primo sogno. Diversamente dalla prima volta, Sara non si sentì affatto confusa e questo fece nascere in lei una fantastica sensazione di leggerezza, quasi avesse frequentato Hogwarts per davvero e non solo in questi suoi strani sogni.

In rapida successione, Sara si alzò dal letto e afferrò divisa e bacchetta. Non aveva mai avuto una vera occasione per usare quest'ultima, ma sapeva che presto, con le lezioni private del grande Albus Silente, avrebbe avuto la possibilità di agitarla un pochino e questo era eccitante. Solo impugnandola, comunque, senza fare incantesimi veri e propri, Sara riusciva a percepire tutti gli anni che avevano passato insieme.

Fedele compagna, si disse, raggiungendo Matt e Lizzie nella Sala Comune di Corvonero insieme a Amy.

«Vi siete già divorati la faccia?» chiese divertita Sara, riponendo la bacchetta in una tasca interna della divisa e rivolgendosi al fratello e alla fidanzata di lui. «La tabella di marcia è stata rispettata?»

«Molto spiritosa, sorellina!» rispose Matt sarcasticamente.

«Lo so, fratellino. Lo so!» disse Sara, scompigliandogli i capelli – lui se li risistemò borbottando di avere una sorella esaurita. «Adesso sarà meglio andare: Erbologia ci attende e io voglio guadagnare altri punti per i Corvonero!»

«Come mai così allegra?» le chiese Lizzie, corrugando la fronte. «Forse qualche Nargillo ti ha confuso il cervello?»

«E' pazza, te lo posso assicurare io!» esclamò Matt, prendendola per mano e avviandosi verso il passaggio.

Sara e Amy si guardarono per una manciata di secondi e, quasi potessero capirsi, scoppiarono a ridere allo stesso tempo. In realtà, nemmeno Sara capiva come mai fosse così felice e attiva quel giorno, ma era convinta che c'entrasse qualcosa il fatto che, sebbene fosse semplicemente il suo quarto viaggio, si stava ambientando.

La Sala Grande era immersa nel brusio di studenti e insegnanti. Sembravano tutti in ritardo quella mattina, impegnati a discutere animatamente a proposito di argomenti differenti o a leggere la Gazzetta del Profeta portata dai gufi. Sara avrebbe molto volentieri letto il giornale, se solo Amy non le avesse detto di fare colazione in fretta – «Erbologia, Sara! Erbologia!».

Di Tom e la sua schiera neanche l'ombra, fino all'ora di pranzo Sara non ebbe il piacere di vederli. Con un po' d'ansia, quando li aveva visti entrare tutti insieme nelle Sala Grande, si era assicurata che Mirtilla fosse ancora viva: lei era seduta da sola, aveva le lenti bagnate dalle lacrime e stava borbottando qualcosa di incomprensibile. Aveva sospirato, Sara, nel comprendere che Riddle ancora non aveva scoperto l'apertura della Camera dei Segreti, ma sapeva che il tempo si stava avvicinando.

«Non abbiamo finito di parlare, io e te, Sara» mormorò Tom alle sue spalle.

Lei, Amy, Matt e Lizzie avevano finito di pranzare e, avendo tutti e quattro un'ora buca, avevano deciso di stare all'aperto vista la giornata splendente. Erano all'ingresso del castello quando Tom li aveva raggiunti, avvicinandosi pericolosamente a Sara e cingendole la vita con un braccio; l'allegria e la leggerezza che aveva provato quella mattina, svegliandosi nel dormitorio femminile di Corvonero, erano svanite all'improvviso.

«In realtà non abbiamo parlato proprio di niente, Tom» lo corresse Sara, voltandosi con coraggio. «Non c'è stato modo»

«Siamo stati interrotti, temo» annuì il Serpeverde, accennando un sorriso che lei sapeva essere falso. «E poi, con te nei paraggi, mi è proprio passato di mente ciò di cui volevo informarti. Quindi, hai tempo ora?»

Sara sapeva che il suo era un ordine, ma per la prima volta si sentì di dirgli di no.

«Mi spiace, Tom» disse, infatti. Poi indicò Amy, Matt e Lizzie e aggiunse: «Io e gli altri abbiamo deciso di andare al Lago Nero a fare una passeggiata. Torneremo prima del suono della campana, così da non arrivare in ritardo a lezione»

Lui assottigliò lo sguardo e rimase in silenzio a fissarla intensamente. Sara si sentì piccola piccola, e tentò in tutti i modi di non darlo a vedere.

«Allora mi unirò a voi» rispose Tom, ampliando il suo sorriso. «E' proprio un peccato sprecare una così bella giornata, anche solo per un'ora scarsa. Spero che ai tuoi amici non dispiaccia la mia presenza»

~ ~ ~

Angolo Autrice

Ed ecco qui il quarto capitolo! Ci ho messo un po' per scriverlo e per sistemare le parti che non mi piacevano, ma alla fine ce l'ho fatta!
Ad un certo punto mi si è persino spento il pc, per non so quale motivo, e ho temuto di aver perso l'intero capitolo. Fortuna che esiste il ripristino dei file, se non Avada Kedavra al mondo intero e via, proprio!
Bene, vi auguro una buona notte!
Domani scrivo il quinto capitolo e se riesco aggiorno!

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto - L'Erede di Serpeverde ***


Matt e Lizzie sembravano a proprio agio a camminare tranquillamente, mano nella mano, davanti al ragazzo che presto avrebbe commesso un omicidio – quello di Mirtilla. Sara li aveva osservati scambiarsi occhiatine dolci, sorrisetti; era ovvio che loro, sebbene l'intera Hogwarts sapesse che non era una buona idea stare così vicini a Riddle, fossero all'oscuro di quel potere crudele che cresceva e prendeva forma nel Serpeverde alle loro spalle – o forse avevano deciso di ignorare ogni cosa sul conto del futuro Lord Voldemort?

Amy, che aveva deciso di mettere più distanza possibile fra lei e Tom, stava camminando accanto al fratello di Sara. Di gran lunga preferiva fare il terzo incomodo, piuttosto che stare al fianco di Riddle, il quale sorrideva beffardo a quel comportamento così infantile e stupido. Però anche lui non aveva la minima intenzione di starle vicino: Amy non era degna, secondo lui, di poter spendere neanche una manciata di minuti, seppur in silenzio, accanto al grande e potente Tom Riddle.

Infine, a chiudere il gruppo, vi era Sara. La ragazza era rimasta indietro perché, mentre uscivano dal castello per la loro passeggiata, si era presa un momento per ammirare la magnificenza della vista che aveva sul Lago Nero. I suoi occhi si erano illuminati nel vedere la fusione tra cielo e acqua, tra un azzurro chiaro e limpido e un colore indefinito, ma notevolmente più scuro del primo; un po' le dispiaceva non poter condividere un momento magico come quello con Odette, la sua amica fidata – entrambe sognavano Hogwarts e adesso Sara stava vivendo proprio al suo interno, sebbene quel lasso di tempo fosse limitato.

Con un sorriso amaro, e forse persino malinconico, Sara si affrettò a raggiungere Tom, Amy, Matt e Lizzie, che adesso si erano seduti ai piedi di un alto albero dalla chioma smeraldina. Prese posto tra Amy e Tom, inspirò il profumo del Lago Nero e rimase a fissare l'orizzonte senza dire una parola.

«Forse avremmo dovuto utilizzare quest'ora per studiare» sospirò Amy, rompendo il silenzio. «Dopotutto abbiamo i G.U.F.O. Quest'anno»

Sara non aveva assolutamente preso in considerazione il fatto che avrebbe dovuto affrontare gli esami, quell'anno. All'idea di quello che avrebbe dovuto studiare, ovvero tutte le cose che gli studenti di Hogwarts imparavano dal primo al quinto anno, sbiancò e le parve di sentire il cuore fermarsi.

«Amy, tu non sei mai scesa sotto l'Oltre ogni previsione!» le fece notare Matt, con una punta d'invidia. «Quindi perché tante storie?»

«Non puoi capire, Matt!» esclamò Amy in risposta, e la sua voce si fece più acuta. «Siamo stressati, noi del quinto anno! Non hai la minima idea della montagna di roba che abbiamo da studiare! E poi c'è chi sta già dando di matto, e mancano mesi agli esami!»

«Chi sta dando di matto?» chiese curiosa Lizzie, accoccolandosi sul petto del fidanzato, mentre lui le circondava le spalle con un braccio.

«Melody Brown, di Tassorosso, ecco chi!» rispose Amy. «L'altra sera ero in biblioteca per una ricerca e l'ho vista darsi colpi sulla testa con un tomo enorme. Quando le ho chiesto per quale motivo lo stesse facendo, lei mi ha risposto che sperava che qualcosa le rimanesse in mente!»

«In ogni caso stai esagerando» commentò Lizzie, schierandosi con Matt. «Anche quelli del settimo anno dovranno affrontare un esame importate, e non mi sembra che loro stiano dando i numeri o si stiano lamentando dello studio»

«Ti ripeto quello che ho detto al tuo ragazzo, allora: tu non puoi capire. Voi due non potete capire!» fece Amy, e da quel momento in poi non aprì più bocca.

Sara si ritrovò a sorridere ed Amy dovette trovarla una strana conclusione a quella discussione, perché la guardò con un sopracciglio alzato e un'aria confusa. Quello che faceva sorridere Sara era il fatto che le conversazioni in cui gli esami erano il tema principale, che venissero fatti nella realtà o in sogni, non finivano mai bene. C'era sempre qualcuno che temeva di non ricordare determinati passaggi, di andare nel panico vedendo i professori tenere d'occhio l'orologio, di non riuscire a spiegare correttamente alcune cose essenziali...

A Sara le venne in mente Hermione, poi Harry e infine Ron. Una scena in particolare si era presentata a lei, mentre fissava intensamente il Lago Nero, ed era una scena del film "Harry Potter e l'Ordine della Fenice": Dolores Umbridge e gli studenti del quinto anno se ne stavano nella Sala Grande per i G.U.F.O. e ad un certo punto ecco spuntare i gemelli Weasley. Fuochi d'artificio ovunque, la Umbridge coperta di fuliggine da capo a piedi, i suoi decreti caduti a terra: sarebbe stato divertente conoscere Fred e George... peccato che lei era capitata nel periodo sbagliato.

A riscuoterla dai suoi pensieri, o meglio dai suoi viaggi mentali, Sara sentì la sua mano entrare in contatto con una dalle dita affusolate e lunghe. Non era difficile capire a chi appartenesse, ma Sara abbassò comunque lo sguardo e vide il pollice di Tom disegnare lettere invisibili sulla sua pelle; era una parola di quattro lettere, ripetuta in continuazione e senza sosta: "Mine" - "Mia".

Involontariamente, le labbra di Sara si piegarono in un sorriso, ma questo non era affatto uno che assumerebbe una persona felice, o quello che appariva spesso sul viso di Lizzie, mentre guardava il suo Matt. No, il suo sorriso era uno comprensivo: Sara, infatti, sapeva che Tom Riddle non stava disegnando quelle lettere, ancora e ancora, perché provasse davvero qualcosa per lei, ma perchè era un oggetto che gli apparteneva.

Non potremo mai cambiare il suo destino, Silente. Mi spiace, pesnò.

Da Potterhead qual era, Sara aveva spesso visitato siti in cui altri fan scrivevano storie – fanfiction – sui personaggi della saga. Una parte di questi racconti comprendeva un'eroina che, in un modo o nell'altro, si trovava a passare molto tempo col Signore Oscuro ai tempi di Hogwarts, e le veniva affidato il compito di cambiarlo, completamente.

A Sara tornò in mente quella storia di cui non aveva mai letto la fine: Albus che chiedeva ad Estela, la protagonista, di andare nel suo ufficio; il racconto del professore su come avesse visto il futuro dell'intero Mondo Magico e di Tom; il compito che Silente affidava ad Estela perché Riddle evitasse di creare gli Horcux e di diventare il Signore Oscuro; lei che si innamorava del Serpeverde crudele...

Sarebbe finita anche per lei così? Si sarebbe innamorata di Tom Riddle?

Ma non riuscì a rispondere a quelle due domande, perché Tom le si avvicinò come per baciarle una guancia e sussurrò, al suo orecchio: «Dobbiamo parlare, Sara, ricordi?»

Sara sentì un brivido percorrerle la spina dorsale, ma fu difficile inquadrarlo – era un brivido di terrore, o uno piacevole?

«Adesso ci alziamo e facciamo una passeggiata. Diremo agli altri che abbiamo bisogno di stare un po'... soli. Sono sicuro che capiranno» proseguì lui, il tono di voce basso e caldo.

Senza lasciarle il tempo di replicare, Tom si tirò su in piedi e si offrì di aiutarla ad alzarsi da terra. Sara fu costretta a dire a Matt, Lizzie e Amy che lei e Riddle avevano voglia di restare soli, prima di tornare al castello, e i tre capirono immediatamente. Così Tom e Sara si allontanarono dai tre Corvonero e presero a camminare in silenzio, l'uno accanto all'altra, con le mani che si sfioravano di tanto in tanto.

«Direi che siamo abbastanza lontani dagli altri, Tom» affermò Sara, fermandosi; rimase un secondo ad ammirare la sua figura, poi gli chiese: «Che cosa dovevi dirmi nella Stanza delle Necessità?»

Il solo ricordo di ciò che era successo in quella Stanza le faceva venire il voltastomaco.

Tom si girò lentamente sul posto, poi si avvicinò a Sara e le accarezzò una guancia col pollice destro. Lei non si mosse, ma rimase a fissarlo negli occhi, perdendosi in quel buio pesto che erano le sue iridi.

«Avery mi ha confermato che sono l'Erede del grande Salazar Serpeverde: mi ha mostrato il libro la sera stessa in cui Walburga si è... sentita male» rispose Tom, con la stessa naturalezza che si usa per parlare del tempo. «Ebbene, mia cara Sara Austen, tutti sanno dei dissapori che si vennero a creare fra lui e gli altri tre fondatori di Hogwarts: Salazar voleva che la scuola venisse frequentata solo da maghi Purosangue, voleva vietare l'istruzione a chi non ne era degno... e su questo, come tu ben sai, sono pienamente d'accordo. Ma c'è dell'altro»

«Altro? Che intendi, Tom?» lo incalzò Sara, fingendo di non sapere assolutamente nulla – le era tornato in mente che, nel mondo reale, lei e Odette ne avevano parlato del fatto che Tom avesse scoperto di essere l'erede di uno dei quattro fondatori di Hogwarts.

D'altra parte, avendo letto e visto il film di "Harry Potter e la Camera dei Segreti", Sara aveva capito fin da subito di cosa stesse parlando Riddle. Nella sua mente, infatti, si formò l'immagine di Ginny Weasley rivesa a terra, priva di sensi e vicinissima alla morte; poi Tom che richiamava il Basilisco, Fanny la fenice che lo rendeva cieco e poi Harry che lo uccideva con la spada di Godric Grifondoro.

«La gente ignora che Salazar, prima della sua fuga, costruì una sala ben nascosta all'interno del castello. Solo il suo erede può aprirla e contiene un essere... un Basilisco, secondo le mie ricerche, che eseguirebbe tutti i miei ordini» proseguì Tom, facendosi più vicino e mettendole una mano sulla schiena. «Sara, io credo di aver trovato la Camera dei Segreti di Salazar Serpeverde»

Sara corrugò la fronte. «E io adesso so questa cosa perché...?»

«Perché tu mi sei fedele, Sara» mormorò Tom, mordendole poi piano il labbro superiore – lei nel frattempo pensava: Ne dubito, Riddle –. «E perché voglio che quello sia un luogo tutto nostro, dove poter stare insieme senza che nessuno ci disturbi»

E mentre Tom la baciava con trasporto, facendo scendere la sua mano dalla schiena al sedere, Sara capì che Tom Riddle le stava nascondendo qualcosa. Il personaggio che J.K.Rowling aveva creato non era proprio il tipo che condivideva con altri, soprattutto se si trattava di luoghi o oggetti di valore immenso, quindi era ovvio che ci fosse sotto qualcosa. Ma sebbene Sara tentasse, in tutti i modi possibili, di staccare la sua mente dal suo corpo per poter riflettere lucidamente, la cosa fu impossibile.

«Dov'è il mio diario, Sara?» domandò Tom un istante dopo, staccandosi dalle labbra della Corvonero per riprendere fiato. «Ho bisogno del mio diario, e l'ultima volta l'ho lasciato a te»

Sara balbettò qualcosa di incomprensibile. L'ultima volta che aveva visto il diario di Riddle era in casa sua, nel mondo reale, e Odette si era spaventata perché, sfiorando le pagine col dito, erano apparse delle frasi.

E adesso cosa avrebbe fatto? Tom lo voleva, questo lo si leggeva perfettamente ne suoi occhi, e lo voleva immediatamente, che gli avrebbe detto per guadagnare un po' di tempo?

«Sara, dov'è il mio diario?» domandò Riddle, e nei suoi occhi si illuminarono di rabbia.

«E' nel mio baule, su al dormitorio, Tom» mentì lei, senza nascondere la paura.

Tom aprì la bocca per replicare, ma in quell'esatto momento Matt si avvicinò a loro a passo incerto. In mano aveva un rotolo di pergamena e Sara riuscì a leggervi il suo nome in un corsivo ordinato. Matt disse a Sara che Silente la voleva nel suo ufficio immediatamente, che aveva delle cose da dirle prima di andare a lezione.

Tom non ne fu affatto felice. Sara ebbe come la sensazione che da un momento all'altro avrebbe visto Lord Voldemort saltar fuori da quei lineamenti affascinanti di Riddle, quelli che fungevano da maschera carismatica. Invece, Tom insipirò profondamente e rivolse un sorriso mellifluo a Sara.

«E' meglio che tu vada, Sara» mormorò, abbassandosi per lasciarle un bacio umido sulle labbra – bacio che lei si gustò fino in fondo. «Non vogliamo che il professor Silente attenda a lungo, giusto? Comunque possiamo vederci al termine delle lezioni: solito posto, solita ora»

Sara annuì, ma il panico iniziò ad insinuarsi nelle sue vene. Non aveva idea di cosa intendesse Riddle con "solito posto, solita ora"! Poi, però, come un flash, la sua mente le fece notare che c'erano un paio di ricordi nei quali lei e il Serpeverde si ritrovavano in un corridoio isolato, davanti ad uno dei bagni che le ragazze usavano di meno alle sette in punto.

Adesso che sapeva ora e luogo del loro ritrovo, Sara si incamminò verso il castello. Trovò l'ufficio di Silente in poco tempo, bussò tre volte e la porta si aprì da sola. Il mago dagli occhiali a mezzaluna sedeva davanti alla sua scrivania, fra le mani stringeva La Gazzetta del Profeta e lì vicino c'erano due tazze di tè.

«E' un piacere vederti qui, Sara!» esclamò Silente, ripiegando la Gazzetta e facendole cenno di accomodarsi.

«Pensavo non le piacesse quel giornale» commentò Sara, prendendo posto su una comoda sedia. Poi, come se il filtro cervello-bocca avesse smesso di funzionare, aggiunse: «Ma se adesso le piace, aspetti di vedere quello che diranno su di lei in futuro»

Silente si limitò a sorriderle, un sorriso sincero e luminoso. Tornò subito serio, comunque, e attaccò parlando delle loro lezioni private: «Ci ho riflettuto, Sara, e credo che sia davvero difficile stabilire l'esatto momento in cui torni qui a Hogwarts, ogni volta che ti addormenti nel tuo mondo»

«Allora come possiamo fare? Io non so quanto tempo mi resta oggi, professore, e ho anche delle novità!» lo interruppe Sara.

«Quelle possono aspettare, cara» fece il mago, tornando a sorriderle. «Adesso è bene che tu riesca a tenere a mente questo: nell'esatto momento in cui ti risveglierai qui, la prossima volta, dovrai venire immediatamente nel mio ufficio, d'accordo? E così per tutte le volte successive: devi imparare molte cose, Sara, ma più di tutte devi apprendere come chiudere la mente. Dovrai allenarti e non solo qui a Hogwarts, ma anche nel tuo universo!»

Sara annuì, trovandosi pienamente d'accordo col professore. Poi, una volta che Silente ebbe finito di parlare, Sara gli raccontò del diario di Riddle che era finito nel suo appartamento, nella realtà, e di come lei e Odette avessero deciso di mettersi in contatto con J.K.Rowling in persona. Gli disse delle scoperte di Tom, della Camera dei Segreti che avrebbe aperto e nominò Mirtilla un paio di volte.

Alla fine, con la gola secca e il cuore un po' più leggero, Sara capì che era arrivato il momento di andarsene. Evitò accuratamente di rivelare a Silente delle fanfiction che vedevano Riddle come protagonista ed evitò di dirgli di come il personaggio femminile, ad un certo punto della storia, si innamorava di quello che sarebbe diventato il Signore Oscuro.

La sua vista si appannò, Silente la salutò con un ampio sorriso e alla fine Sara si risvegliò nel suo letto caldo, in camera sua.
 

~ ~ ~

Angolo Autrice
Ho scritto e riscritto questo capitolo un paio di volte, perché la prima stesura mi faceva schifo e questa, a mio avviso, è migliore.
Comunque sono in lutto: ho finito da poco "Harry Potter e il Principe Mezzosangue" e la morte di Silente mi ha sconvolto, ancora. Adesso, sebbene mi manchi l'ultimo libro da leggere, per completare nuovamente la lettua dell'intera saga, mi prendo una pausa e passo alla mia adorata Jane Austen (sì, Sara e Matt hanno il suo cognome): "Mansfield Park" mi aspetta!
Un'ultima cosa prima che vada a dormire (i miei occhi mi stanno implorando di andare a letto): la fanfiction su Estela e Tom Riddle esiste davvero, ma non è su questo sito ed è scritta da una fan americana. Il problema è che non ho idea di come finisca il sequel (ci sono due libri), perché l'autrice ha cancellato i capitoli; purtroppo temo che sia anche un problema con l'app o qualcosa del genere. 
Adesso vi abbraccio forte!
Eli

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto - Mirtilla Malcontenta ***


Con l'avvicinarsi della famosa gita a Londra Sara si confidò con Odette, affermando che avvertiva una strana sensazione, qualcosa simile ad un campanello d'allarme, che la informava che il piano per incontrare Joanne Rowling sarebbe stato un vero fiasco. Odette le ripeteva, anche con una certa insistenza, che doveva assolutamente piantarla di essere così negativa e che lei, invece, era convintissima che sarebbero riuscite nella loro missione.

«Piuttosto, perché non ti metti a dormire e torni a Hogwarts? Abbiamo bisogno dell'aiuto di Silente: questo diario non tornerà nelle mani di Riddle neanche se glielo chiediamo in tutte le lingue del mondo!» diceva sempre, quando Sara tirava fuori il suo pessimismo.

Ma nell'ultimo periodo, un lasso di tempo lungo ben due settimane, Sara non era mai tornata al castello. Andava a dormire, questo era ovvio, ma quando riapriva gli occhi era ancora in camera sua e dalla finestra entravano i raggi del sole tiepido del mattino. Aveva sperato, una notte, ascoltando il rumore della pioggia battente, di risvegliarsi nel dormitorio di Corvonero, ma quello fu un sonno privo di sogni di alcun genere.

Nel frattempo, per non starsene con le mani in mano, Sara decise di passare le sue ore libere a tirare fuori informazioni su Voldemort dalla saga di "Harry Potter". Oltre ai libri, Sara si affidava a internet e alle informazioni canon sul Serpeverde; evitò con cura le fanfiction che avevano lui come protagonista e, allo stesso modo, evitò le teorie dei fan – quelle in cui Tom Riddle, nonostante quello che avesse scritto J.K.Rowling, aveva un cuore e la capacità di amare, proprio come il resto delle persone.

E mentre faceva le sue ricerche, i pensieri di Sara volarono a Mirtilla. L'ultima volta in cui Sara era stata a Hogwarts Tom le aveva confessatto di essere l'Erede di Serpeverde, e aveva parlato con trasporto della Camera dei Segreti e del Basilisco che viveva al suo interno, in attesa del suo padrone. Nei suoi occhi Sara aveva visto l'eccitazione, il potere, l'ambizione e persino la morte; ne era terrorizzata e contemporaneamente ne era affascinata.

Il che mi rende una persona ancora più orribile, pensò infatti, sospirando. Io dovrei trovare un modo per salvare Mirtilla ed evitare che Tom uccida qualcuno attraverso quel dannato Basilisco, non trovare affascinante Riddle e tutte le sue crudeli passioni.

Eppure, nonostante la voglia di tornare al castello per correre a cercare Mirtilla, per constatare che fosse ancora viva e in buona salute, Sara sapeva che nel Mondo dei Sogni – come Odette lo aveva definito – il tempo scorreva in un modo diverso. Se ne era accorta da un pezzo ormai: ogni volta che tornava a Hogwarts erano passati giorni dalla volta precedente, forse persino settimane; mentre nella realtà tutto era successo in un paio di giorni, forse un po' di più.

Con uno sbuffo, Sara abbassò lo schermo del portatile e lo mise da parte, rimanendo a gambe incrociate sul letto. Volse lo sguardo sulla sveglia sul comodino e si accorse che erano le sei del pomeriggio: non si era accorta, ma aveva passato poco più di tre ore davanti al computer a fare ricerche su Tom Riddle e, come accadeva spesso in questi casi, non era riuscita a porsi dei limiti. Aveva bisogno di una pausa, aveva bisogno di rilassarsi e chiudere gli occhi per un istante.

Sara si accorse che c'era qualcosa che non andava, ma non aveva intenzione di guardarsi attorno per capire cosa stesse succedendo. Così, il primo senso ad entrare in azione fu l'udito: Sara si ritrovò circondata da voci allegre e, alcune, un po' alticce, risate squillanti, urla divertite, porte che si aprivano e si chiudevano. Quando l'olfatto entrò in gioco, il profumo di dolci si insinuò nelle sue narici facendola sorridere.

Forse sua madre le aveva comprato qualcosa prima di tornare a casa dal lavoro, ma allora cos'era tutto quel baccano?

E allora Sara aprì gli occhi e scoprì che stava camminando, a passo lento, in mezzo ad una via a lei familiare. Ovunque si girasse c'erano colori sgargianti, negozi di dolciumi e caramelle dalle strane forme, pub rustici e sale da tè. Sara si ritrovò a sorriredere una seconda volta: E' leggermente diversa da come viene fatta vedere nei film, ma è pur sempre magica e... beh, perfetta!

Hogsmeade.

«Potresti rispondere al tuo Signore, Sara?» sibilò Tom a bassa volce, così che solo lei potesse sentirlo.

Sara volse lo sguardo alla sua destra e vi trovò il Serpeverde. Alto, dalla carnagione pallida, gli occhi scuri e capelli corvini, affascinante e misterioso insieme, un misto fra crudeltà e ambizione.

Sara corrugò la fronte. «Come prego?»

«Non abbiamo tutto il pomeriggio, Sara. Te l'ho detto: abbiamo delle cose da fare al castello» sbuffò Tom, nascondendo a fatica il fastidio di dover ripetere ciò che aveva appena detto. «Quindi decidi dove vuoi andare: I Tre Manici di Scopa o Mielandia»

«Ehm... non saprei...» fece lei, stringendosi nelle spalle e mordendosi il labbro inferiore. «Mi andrebbe tanto una Burrobirra, ma anche fare un salto da Mielandia è allettante, come proposta»

Tom chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e poi, tornando a guardare Sara, assottigliò lo sguardo. Non sopportava l'indecisione della Corvonero, anche perché aveva una tabella di marcia da seguire e se lui, il grande Tom Riddle, Erede di Salazar Serpeverde, avesse fatto anche un solo minuto di ritardo, sarebbe stato costretto a punire qualcuno. Non necessariamente Sara, però: era strano, ma avrebbe preferito di gran lunga torturare uno dei suoi seguaci, piuttosto che puntare la bacchetta su di lei. Certo, nei suoi sogni lui, Tom, era arrivato persino ad ucciderla, ma farlo per davvero era... diverso.

Tom afferrò il polso di Sara e la trascinò a I Tre Manici di Scopa, dove le ordinò di sedersi ad un tavolo appartato, vecchio e malconcio. E mentre lei aspettava, in silenzio e con lo sguardo basso, sulle sue mani più precisamente, il Serpeverde andò al bancone facendosi largo fra la folla di studenti, qualche insegnante e maghi del villaggio, per prendere due Burrobirre. Odiava tutto quel caos, quelle risate e il chiacchiericcio generale, ma, con un ghigno sghembo, ricordò quello che lo aspettava al castello.

Era riuscito a trovare l'ingresso della Camera dei Segreti, aveva finalmente incontrato il Basilisco e ora era arrivato il momento di agire. La vittima l'aveva già trovata, in ogni caso, e il suo piano, Tom ne era più che sicuro, sarebbe andato a buon fine.

«Cosa dobbiamo fare al castello, Tom?» chiese Sara con un po' di coraggio, quando lui tornò con due calici di Burrobirra – lei non vedeva l'ora di assaggiarla.

«Te lo spiegherò una volta lì» rispose lui, portandosi subito dopo il bicchiere alla bocca.

Sara lo osservò per un po', bevve anche lei e poi, tenendo gli occhi fissi su Riddle, scoppiò a ridere. Lui la fulminò con lo sguardo e le chiese, in una muta domanda, perché mai stesse ridendo. In tutta risposta, Sara allungò il braccio e fece scorrere il pollice poco sopra il labbro superiore di Tom; il sorriso svanì e Sara, rendendosi conto di quello che stava facendo, tirò indietro la mano e arrossì.

«Avevi dellla... avevi un po' di...» mormorò Sara, guardando ovunque meno che nella sua direnzione. «Avevi un'aria ridicola, ecco»

«Sei arrossita» disse lui, prendendole il mento fra pollice e indice. «Non farlo, Sara. Non arrossire»

«Non è una cosa che posso controllare, Tom» replicò lei, imbarazzata, spostandogli la mano e fiondandosi sulla sua Burrobirra per chiudere lì il discorso.

«E tu provaci lo stesso. Adesso finisci di bere che dobbiamo tornare a Hogwarts»

~ ~ ~

La Stanza delle Necessità non ospitava più un salottino, bensì un tavolo in legno massiccio e tre sedie pesanti. Una di queste era già stata occupata da una studentessa che Sara, grazie ad un flash già sperimentato nel sogno precedente, che le permetteva di scavare nei ricordi di una mente che, in realtà, non era sua, riconobbe come Olive Hornby – una Corvonero del quarto anno. Tom le si avvicinò, le prese una mano e ne baciò delicatamente il dorso.

È un adulatore provetto, e non ha spiccicato parola!

«Sara, suppongo tu conosca Olive Hornby» disse Tom, facendole segno di sedersi accanto a lui, e difronte ad Olive.

«Ci conosciamo di vista» fece Olive, mostrandole un sorriso falso. «Devo dire che ammiro la tua intelligenza, Sara Austen, e allo stesso modo ammetto che provo invidia nei tuoi confronti»

«Invidia?» chiese Sara, corrugando la fronte.

«Beh, hai voti eccellenti, una famiglia Purosangue importante e, naturalmente, la stima di un grande e potente mago» rispose lei, indicando poi Tom e, nel frattempo, mordendosi il labbro inferiore con sensualità. Poi, senza lasciare il tempo a Sara di replicare, Olive si voltò verso Riddle e chiese: «Qual è il mio compito, Signore?»

Signore? Pensavo di essere l'unica a poterlo chiamare così! Non che io voglia farlo, ma...

«Per entrare a far parte della mia... cerchia di amici, mia cara Olive, voglio che tu vada da Mirtilla Warren. So che la deridi per via degli occhiali ed è questo il tuo compito. Devi essere... pesante, cattiva. Voglio vederla in lacrime» spiegò Tom, sempre con un ghigno dipinto in volto.

«Tom?» lo chiamò Sara, ma lui la ignorò.

«Devi spingerla ad entrare in uno specifico posto» continuò Tom.

«Al secondo piano» sussurrò Sara, sgranando gli occhi.

Ma quel sussurro l'avevano udito sia Tom che Olive. Il primo si girò di scatto verso Sara, sorpreso dal fatto che lei sapesse dove si trovava l'ingresso della Camera dei segreti: era sicuro di non averglielo mai detto, proprio perché ce l'avrebbe portata subito dopo quel colloquio con Olive.

E allora lei come faceva a saperlo?

«Sarà fatto, Signore» disse Olive, facendo un mezzo inchino col capo. Poi si alzò e uscì dalla Stanza delle Necessità senza dire una parola.

Fra Sara e Tom, adesso rimasti completamente soli, calò il silenzio. La mente di Riddle era ancora affollata dalle domande, quella di Sara, invece, era nel panico.

Lei sapeva e sentiva lo sguardo di lui bruciarle la pelle, perforarle il cranio, ma era troppo scioccata per fare qualsiasi cosa. Sara sapeva che la cosa giusta da fare era correre da Silente e avvertirlo, oppure salvare Mirtilla in qualche modo, ma non riusciva a muoversi.

Dopo una manciata di minuti, che a Sara sembrarono un'eternità, Tom si schiarì la gola e le ordinò di seguirlo. I due scesero al secondo piano, camminarono lungo un corridoio vuoto ed entrarono nel bagno delle ragazze dove ben presto, in lacrime, sarebbe arrivata Mirtilla. Tom si avvicinò ad uno dei rubinetti, sfiorò quello con un serpente inciso e poi mormorò "Apriti" in serpentese.

«Tom, ti prego, non farlo» sussurrò Sara, avvicinandosi a lui a passo incerto. «So che cosa vuoi fare a Mirtilla, ma ti prego... fermati, adesso che puoi»

«Non ti chiederò come facevi a sapere l'esatta ubicazione della Camera, Sara, ma adesso tu verrai con me» disse Tom, girandosi e prendendoli il viso fra le mani. Gli occhi di Sara erano lucini, sull'orlo di un pianto, ma a lui non importava: «Sarai la prima e l'ultima a vedere questa sala e la sua magnificenza, e, ogni volta che mi verrà voglia di venire qui, tu verrai con me. Intesi?»

Sara annuì, perché non poteva fare altro. Era talmente spaventata da lui che non poteva fare altro.

Tom si infilò nell'apertura alle sue spalle e Sara lo seguì lentamente, trattenendo a stento le lacrime. Lei tremava come una foglia, tremava quasi fosse caduta in un lago ghiacciato, eppure continuò a camminare.

Il destino di Mirtilla è segnato, pensò con tristezza, abbassando lo sguardo. E io non posso farci niente: sono inutile.

Sara e Tom si ritrovarono ben presto agli inizi di una sala lunghissima, illuminata da ben poco. Su entrambi i lati vi erano dei pilastri di pietra altissimi, formati dai serpenti avvinghiati. Sara, con naturalezza, tirò fuori la bacchetta e mormorò «Lumos!» e così fece anche Tom, poi i due proseguirono fino alle ultime due colonne. Sara sgranò gli occhi: davanti a sé vi era un'enorme statua, alta fino al soffitto; il volto era quello di un vecchio mago dalla lunga barba e ai piedi, dove in "Harry Potter e la Camera dei Segreti" giaceva Ginny Weasley, c'era solo un vuoto scuro.

«Salazar Serpeverde» disse Sara, affiancando Tom, che la stava osservando già da un po'. «E'... incredibile!»

Poi Tom le mise una mano sul viso, impedendole di vedere altro. Sara sentì il Serpeverde parlare nuovamente in serpentese ed ecco che, dalle profondità della Camera, qualcosa si svegliò e prese a strisciare nella loro direzione. Un minuto più tardi, Tom stava avendo una conversazione con quello che doveva essere il Basilisco e Sara riprese a tremare: la fine di una vita si faceva vicina ad ogni battito del suo cuore, che andava fin troppo veloce.

«E' andato, Sara» mormorò Tom, e lei sentì il fiato caldo di lui sulle sue labbra. «Adesso dobbiamo aspettare»

«Tom, sei ancora in tempo per fermarlo» mormorò a sua volta Sara, prendendo la mano che le impediva di guardarlo in faccia e spostandola lentamente. Tom aveva assottigliato lo sguardo, ma lei, con un po' di coraggio, proseguì: «So come ti senti, Tom. So cosa provi in questo momento, ma ti prego...»

Ma Sara aveva sbagliato completamente.

«Tu non sai niente, Sara!» sibilò lui, e passo dopo passo, con lei che indietreggiava, finì per imprigionarla fra il suo corpo e un freddo muro di pietra. «Ricordatelo bene questo. Tu non puoi nemmeno immaginare cosa stia provando adesso, neanche lontanamente»

Sara chiuse la bocca e una lacrima traditrice sfuggì al suo controllo, così Tom la recuperò col pollice e se la portò alle labbra. A Sara si mozzò l'aria in gola.

«Voglio che mi porti il mio diario, domani a colazione, mi hai capito? Devo scrivere tutto quello che ho qui dentro» disse, battendo con l'indice una tempia. «E adesso, nell'attesa...»

Tom prese il viso di Sara fra le mani e si fiondò sulla sua bocca. Assaporò altre lacrime salate, sentì il piacere e l'eccitazione esplodergli nelle vene, si gustò il sapore della lingua di Sara e lei, senza remargli contro, ricambiò ogni bacio. Sara lo implorò di fermarsi solo quando si accorse che Tom, decidendo per tutti e due, aveva intenzione di spingersi oltre.

«Non preoccuparti, Sara» ghingò Tom, rubandole un altro bacio. «Adesso posso concederti di non essere pronta, ma la prossima volta lo sarai»

E quando Sara chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e li riaprì, capì che si stava per svegliare. La figura di Tom, infatti, iniziava a farsi confusa e anche tutto intorno era diventato solo un gruppo di figure indistinguibili.

«Tesoro, perché piangi?» le chiese sua madre, facendola sussultare nel suo letto.
 

~ ~ ~

Angolo Autrice
E quindi eccoci qui con un nuovo capitolo. Lo so, avrei dovuto aggiornare prima, ma tra le partite, gli allenamenti e altro non ho avuto tempo. Tra l'altro, ho scritto questa parte ascoltando l'intera soundtrack di "Harry Potter e il Calice di Fuoco": i brividi!

Vi ringrazio infinitamente per le vostre recensioni, comunque, perché riescono sempre a strapparmi un sorriso! 
Spero che il capitolo vi piaccia!
Eli

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo - Gita a Londra ***


La prima cosa che Sara vide, una volta riaperti gli occhi, fu sua madre la guardava con aria preoccupata. La donna che le somigliava così tanto se ne stava seduta accanto a lei, sul letto, e le stava accarezzando il capo con fare materno. Sara si tirò su a sedere e scosse il capo, poi portò una mano al viso e fermò una o due lacrime che, nel sonno, era sfuggite al suo controllo, bagnandole guance, labbra e persino il naso.

«Sara, tesoro, perché piangi?» ripeté la madre.

Sara scosse il capo, trovandosi in difficoltà nel risponderle. Non poteva dirle la verità, raccontarle quello che stava vivendo da settimane, perché, ne era sicura, l'avrebbe scambiata per pazza. Quindi, deglutendo a fatica, Sara le disse semplicemente di aver fatto un brutto sogno, uno di quelli dal finale triste.

«Era uno di quelli in cui c'è anche tuo padre?» domandò la donna, un accenno di tensione nel tono della voce.

«Sì» mentì subito Sara.

Da tempo ormai Sara non faceva sogni in cui compariva suo padre. In effetti, con tutto quello che le era accaduto di recente, l'uomo, che ormai non vedeva da anni, non le era passato per la mente nemmeno per un istante. L'ultimo vivido ricordo era lui che le dava le spalle mentre ballava un lento con la sua nuova e fin troppo giovane moglie, che adesso, a detta di sua madre, stava per avere un figlio – un maschietto.

«So che non puoi controllarli i sogni, tesoro, ma lui non merita tutto questo» mormorò sua madre, adesso accarezzandole una guancia con delicatezza. «Le tue lacrime sono prezione e, sai come la penso: non dovresti sprecarle per lui»

Sara annuì e, per far stare meglio la madre, le rivolse il suo più bel sorriso. Una volta rimasta sola, Sara scese dal letto e lanciò un'occhiata fuori dalla finestra: il tempo era orribile, la pioggia continuava a venir giù, ma a lei piaceva.

Col rumore delle gocce che colpivano il vetro, Sara si avvicinò al suo armadio per tirare fuori un paio di vestiti puliti da metter su e il suo sguardo, involontariamente, cadde su una scatola col simbolo della Nike. Non c'erano più le scarpe lì dentro, ma biglietti di auguri mandati da suo padre – compleanni, Natale, Pasqua e altre feste. Era difficile comprendere bene il perché li tenesse ancora, al posto di buttarli via, ma per Sara erano un qualcosa che le serviva a ricordare che suo padre non era altro che un idiota patentato, un uomo che adesso si era rifatto una famiglia al posto di lottare per quella che aveva già.

Il primo biglietto che lui le aveva mandato, ricordò, l'aveva fatta infuriare. Era l'unico che aveva strappato in mille pezzi con le lacrime agli occhi.

Sara, in quel periodo, si trovava ancora nella fase in cui si è arrabbiati, eppure, allo stesso tempo, si prova una forte nostalgia di ciò che è stato. Adesso, invece, Sara era nella fase in cui lui non esisteva affatto.

Suo padre chiamava per sentire la voce della figlia? Non appena Sara realizzava chi era la persona all'altro capo del telefono, smetteva di parlare e riattaccava.

Suo padre si presentava all'uscita della scuola per parlarle, faccia a faccia? Sara tirava dritto e si trascinava dietro Odette, che si lamentava e la implorava di fermarsi.

L'ultima trovata dell'uomo che aveva chiamato "papà", fino a quando non era saltata fuori la storia del tradimento, era stata quella di mandare la nuova moglie proprio a casa di Sara. Lei era uscita per buttare la spazzatura e, voltandosi per tornare indietro, aveva sussultato e si era ritrovata davanti la sua matrigna. Questa era andata lì con una missione: scoprire come il marito avrebbe potuto riconquistare il cuore della figlia.

«Digli che non voglio più vederlo» aveva detto Sara, con tranquillità. Poi con un sorriso crudele, che non le si addiceva affato, aveva aggiunto: «Ti auguro una buona vita, rovina famiglie»

Sara scosse il capo e tornò al presente, allontanando per l'ennesima volta i ricordi che la collegavano a suo padre. Tirò fuori dall'armadio un paio di leggins neri e una maglietta bianca con la silhouette di Jane Austen, poi raggiunse il cassetto dove aveva l'intimo e le calze e prese ciò che le serviva. Aveva bisogno di una doccia, che non fosse né calda né fredda, così da portar chiarezza fra i suoi pensieri.

Una volta sotto il getto d'acqua, Sara ripensò a quello che era successo a Hogwarts. Le tornò in mente il momento esatto in cui lei e Tom entravano nella Stanza delle Necessità: Olive che si rivolgeva a lui come "Signore" e la sua patetica aria da sottomessa; Tom che le spiegava la sua missione mentre lei, Sara, lo pregava di non agire. E poi la Camera dei Segreti, la statua di Salazar Serpeverde e il Basilisco che strisciava via, attraverso le tubature, così da raggiungere il bagno in cui avrebbe ucciso Mirtilla.

Temo che quando tornerò al castello Mirtilla non ci sarà più, realizzò, adagiando la fronte alle piastrelle della doccia.

Era sbalorditivo che un ragazzo di appena quindici anni potesse essere così crudele, ma lui era Tom Riddle, futuro Lord Voldemort, e tutta quella cattiveria era nei suoi geni. Ad un certo punto, con una risata nervosa, Sara pensò di chiedere a Silente una Giratempo per poter tornare al giorno in cui Merope Gaunt aveva fatto bere a Tom Riddle Senior il filtro d'amore. In questo modo, Merope e Tom non si sarebbero sposati, non avrebbero concepito un figlio e lei, adesso, non avrebbe dovuto fare avanti e indietro fra il mondo dei sogni e quello reale.

Eppure, infondo infondo, sapeva che non ne sarebbe stata capace.

E quindi anche lui merita di essere salvato, eh Sara?, domandò a sé stessa, scuotendo il capo.

«Sara!» esclamò sua madre, bussando alla porta del bagno. «Vorrei farmi anch'io una doccia, se non ti dispiace!»

«Finisco in un attimo, mamma!» esclamò a sua volta Sara, chiudendo i rubinetti di acqua calda e fredda e avvolgendosi nel suo accappatoio.

~ ~ ~

Circa quattro giorni più tardi, Sara si alzò nervosa e arrabbiata. Non riusciva a tornare a Hogwarts dal giorno in cui Riddle l'aveva portata nella Camera dei Segreti, dal giorno in cui la vita di Mirtilla Warren – o Malcontenta – si era spenta come una candela. Il problema era che Sara sentiva che doveva tornarci a tutti i costi: in primo luogo doveva trovare Silente, dare inizio alle loro lezioni prima che fosse troppo tardi e raccontargli degli ultimi avvenimenti; poi doveva cercare di fermare Tom.

L'unica nota positiva in quel casino che era diventata la sua vita era la gita a Londra, e il fatto che J.K.Rowling potesse chiarirle ogni cosa.

Sara e Odette si sedettero vicine sul pullman e passarono l'intero viaggio in silenzio. Erano entrambe concentrate su quello che dovevano fare e come dovevano agire, ma per quello bisgonava aver pazienza. Infatti, fino all'orario stabilito precedentemente dalle due, Sara e Odette prestarono attenzione – o meglio: provarono a prestare attenzione – al professore che accompagnava la classe e alla guida.

Passarono l'intera mattinata ad osservare quadri e sculture, sale enormi e musei. Visitarono persino la città e si fermarono davanti al Big Ben per scattare qualche foto veloce, prima di ripartire alla volta di Buckingham Palace. Sara avrebbe fatto un salto più che volentieri al London Eye, ma purtroppo c'era una tabella di marcia da seguire. Infine, all'ora di pranzo, il professore portò i suoi studenti in albergo per il pranzo, e lì, sedute il più lontano possibile dai compagni, le due amiche si misero a parlare del loro piano.

«Ho fatto un errore, temo» confessò Odette, tirando fuori il suo cellulare e aprendo Google Maps. «Non ho tenuto conto del punto di partenza. Vedi: noi siamo qui e dobbiamo fare questa strada qua per raggiungere l'indirizzo riportato sulla pagina di zia Jo. È tutto molto più semplice di quello che avevo programmato»

«Quindi niente autobus?» chiese Sara, corrugando la fronte.

«Esattamente» rispose prontamente Odette, sorridendo all'amica. «Possiamo anche andarci a piedi: sono circa venti minuti di strada»

Sara annuì e non aggiunse altro.

«Hai portato il diario di Riddle?» domandò Odette a bassa voce, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno dei suoi compagni l'avesse sentita.

Sara mise la forchetta nel suo piatto ormai vuoto, prese un sorso d'acqua fresca e poi tirò su lo zaino, adagiandolo sulle ginocchia. Lo aprì e, anche lei guardandosi attorno, tirò fuori il diario nero col nome da ragazzo di Voldemort. Una volta che Odette lo ebbe visto, Sara lo rimise nello zaino e chiuse la zip.

«Comunque volevo dirti che potresti essere un'ottimo stalker, sai Odette?» fece Sara qualche minuto dopo, finendo anche il dolce che aveva preso – una fetta di torta alle mele.

«Tesoro,» replicò Odette, portandosi una mano al cuore con fare teatrale. «così mi fai arrossire!»

Due ore dopo il pranzo il professore scese nella hall dell'albergo per dare all'intera classe una spiacevole notizia. La guida che avevano richiesto per il pomeriggio si era ammalata all'improvviso e, purtroppo non ce n'erano altre a disposizione: il programma era dunque stato cancellato. La notizia, che nel professore aveva suscitato uno stato di malinconia, fu accolta molto bene dai ragazzi che si buttarono immediatamente a progettare quello che avrebbero potuto fare da lì all'ora di cena.

Sara e Odette colsero il momento al volo e, senza farsi vedere da nessuno, uscirono dall'albergo in silenzio. Camminarono lungo il marciapiede per una ventina di minuti circa, tenendo sempre d'occhio il navigatore sul cellulare di Odette e ben presto si trovarono davanti ad un edificio grigio scuro e anonimo, dalle finestre ampie con rifiniture in bianco. Decisero di entrare al suo interno e fare qualche domanda, giusto per capire bene come procedere.

La segretaria era una signora sulla cinquantina. I capelli castani erano racchiusi in una crocchia stretta e severa, gli occhiali rotondi adagiati sulla punta del naso – a Sara sembrò di vedere una versione babbana della professoressa McGranitt.

«Signorine!» disse, con un sorriso appena accennato. «Cosa posso fare per voi?»

Sara diede una gomitata ad Odette che, deglutendo e facendosi coraggio, parlò per tutte e due.

«Salve! In effetti ci sarebbe qualcosa...» disse. «Noi siamo grandi fan di Joanne Rowling e vorremmo sapere se... ecco... se oggi passa a prendere le lettere dei fan»

La donna guardò prima Odette e poi Sara. «Non posso darvi questo tipo di informazioni, mi spiace»

«La prego!» la supplicò Sara. «Io... voglio dire, noi abbiamo bisogno di parlare con Joanne Rowling! È una questione importante e... la prego!»

«Siete in fin di vita?» chiese la McGranitt babbana, corrugando la fronte, con un tono che non nascondeva di certo la poca fiducia nelle due ragazze.

Sara e Odette si scambiarono un'occhiata, entrambe pensando ad un modo per ottenere le informazioni necessarie ad arrivare alla scrittrice di "Harry Potter". Alla fine Sara si avvicinò al bancone della segretaria e, parlando a bassa voce, le confidò che lei e Odette erano scappate – solo per quel giorno – dal reparto di oncologia di un ospedale vicino. Entrambe avevano all'incirca due mesi di vita, nonostante non si vedessero i segni della malattia.

La McGranitt babbana ci pensò su un attimo e sembrò non credere ad una sola parola. Infatti, con una smorfia cattiva, le cacciò fuori e le minacciò di chiamare la sicurezza, se solo fossero rientrate. Odette, sebbene la situazione non fosse divertente, scoppiò a ridere – Sara la seguì a ruota.

«Cos'è successo l'ultima volta che ti sei risvegliata a Hogwarts?» le domandò Odette, quasi un'ora più tardi.

Le due amiche se ne stavano sedute sul marciapiede in attesa di un collaboratore di J.K.Rowling, ma fino a quel momento non avevano avuto successo. Un paio dei loro compagni le avevano persino contattate per chiedere dove si fossero cacciate, ma Sara si era limitata a dire che era stata la voglia di un gelato fresco a spingerle ad uscire senza dir nulla a nessuno.

«Tom ha trovato qualcuno da sfruttare per i suoi piani: è la Corvonero che ha offeso Mirtilla, quella che la spinta a rifugiarsi nel bagno del secondo piano a piangere» spiegò Sara, stringendosi nelle spalle, il sapore amaro in bocca. «Siamo entrati nella Camera dei Segreti, mentre Olive faceva il suo lavoro e Tom ha chiamato il Basilisco. L'ho sentito strisciare sul pavimento, l'ho sentito rispondere a Riddle. Mi sono svegliata piangendo»

«Te ne stai facendo una colpa, Sara, e non dovresti» mormorò Odette, accarezzandole una spalla. «Non potevi salvare Mirtilla, così come sono certa che non potrai salvare Tom dal suo destino»

Sara annuì. «Eppure Silente crede che io possa farcela»

Odette aprì la bocca per parlare, ma in quel momento una donna con un cappellino da baseball blu e metà volto coperto da una sciarpa leggera si fermò davanti a loro.

«Sara?»

Le due ragazze alzarono il capo all'unisono. Occhi azzurri, capelli biondi lunghi fino alle spalle e un'aria così familiare...

«Joanne?!» esclamò Sara, saltando su. «Oh mio Dio!»

Joanne diede un'occhiata ai passanti, sperando che nessun altro, oltre a Sara e alla sua amica, l'avessero riconosciuta. Poi tornò a guardare le due giovani e accennò un sorriso, indicando subito una macchina che era lì ferma alle loro spalle. Sara e Odette salirono immediatamente e, una volta che anche Joanne fu a bordo, l'autista partì senza fiatare.

«Pensavamo di dover aspettare secoli, prima di incontrarti davvero!» commentò Odette, sospirando. «Avevo anche ideato un piano geniale! Un pochino mi dispiace di non averlo potuto mettere in atto»

«Ero nei paraggi per delle commissioni, ma solitamente ho delle persone che vengono a ritirare la posta dei fan» spiegò brevemente Joanne, togliendosi cappello e sciarpa.

«Scusa, come fai a sapere il mio nome?» chiese Sara, che era perplessa dal momento in cui erano salite in macchina.

Joanne le sorrise in modo materno, poi le prese una mano e, guardandola negli occhi, disse: «Diciamo che ho un informatore»

«E?» la incalzò Odette, sporgendosi in avanti, quasi potesse ottenere più informazioni mettendosi in quella posizione.

«Presto lo vedrete» fu la risposta della scrittrice.

Infatti, cinque minuti più tardi, l'autista varcò un cancello di ferro automatico ed entrò in una piccola villa a due piani. Joanne fu la prima a scendere dall'auto, respirando l'aria di casa sua a pieni polmoni, e subito Sara e Odette la seguirono. Queste ultime erano sorprese da quanto fosse semplice l'abitazione, e non ambiziosa come se l'aspettavano; Joanne trovò molto divertenti le loro espressioni.

Una volta in casa, la scrittrice si scusò per il disordine – «E' più ordinata di casa mia, e io vivo con una che fa pulizie da mattina a sera perché è una malata del pulito!» esclamò Odette, sgranando gli occhi. Senza mostrare alle due giovani l'intera casa, Joanne le portò direttamente nella taverna: c'era un'enorme tavola in legno e rotonda, alla quale potevano sederci più di dieci persone; una cucina abitabile con penisola in marmo fece scintillare gli occhi di Odette; una libreria lunga una parete rubò il cuore di Sara.

«Adottami, ti prego» mormorò Odette e Sara annuì con vigore.

«Ho già tre figli, tesoro» disse con affetto Joanne, sorridendole. «e credimi quanto ti dico che due teenager e una ventiquattrenne bastano e avanzano»

Detto ciò, la scrittrice che aveva fatto innamorare le due amiche di una saga così fenomenale quale era "Harry Potter" superò la cucina a passo svelto e le condusse in un corridoio secondario. Alla fine di esso c'era una specie di stanzino con tubi e caldaie e, dall'altro lato, una porta blindata.

Sara sentì come una forza spingerla in quella direzione.

Joanne aprì la porta.

Lei, Sara e Odette entrarono in una sala ampia, illuminata solo da due lampadari semplici. Al centro c'era una cella dalle sbarre blu elettrico, dalle quali proveniva un rumore sommesso. All'interno, chiuso in gabbia, qualcuno era sdraiato su una brandina: aveva gli occhi chiusi, una mano sul petto e l'altra sotto il capo, a contatto col cuscino. Quando l'uomo sentì la porta che si richiudeva, ghignò e un brivido percorse la spina dorsale di Sara.

Non può essere! Non è veramente lui!

L'uomo si alzò in piedi. Aveva un colorito pallido, neanche un capello in testa, occhi rossi e due fessure come naso. Le dita, lunghe, finivano con unghie sporghe e ingiallite.

«Sara, è un piacere vederti qui... nel tuo universo» disse l'uomo, ghignando ancora.

Sara ci mise un po' per mettere insieme le lettere del suo nome. Ci mise un po' persino per smetterla di tremare, per darsi un contegno, ma era difficile. Davanti ai suoi occhi aveva il futuro di quel ragazzo che, nei suoi sogni, aveva appena ucciso Mirtilla Malcontenta.

Ma alla fine, facendo un passo in avanti, con un po' di incertezza nel movimento, Sara sussurrò: «Tom?» 

~ ~ ~

Angolo Autrice
Eeeeee BOOM!!
Ecco il nuovo capitolo che, devo ammettere, ho amato dall'inizio alla fine. Oggi pomeriggio, quando ho buttato giù i primi paragrafi, mi sono innamorata di quel pezzo in cui Sara da della "Rovina Famiglie" alla nuova moglie di suo padre, perché, in effetti, è grazie a lei i suoi si sono separati. Anyway, non sono stata troppo cattiva, giusto?
Un'altra parte, molto importante, che mi è piaciuta particolarmente è stata quella in cui Sara vede Tom nella gabbia a casa di zia Jo.
Ma come mai è lì? E perché proprio a casa di J.K.Rowling?
Lo scoprirete solo nella prossima puntata di Pretty Little Lia... ehm, volevo dire: ci vediamo al prossimo capitolo!
Eli

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo - Verità ***


Spesso accade che un autore, quando scrive una nuova storia, prenda ispirazione dalla propria vita. Potrebbe essere un personaggio che ha il carattere identico a quello di una persona reale che ha conosciuto, o che sullo sfondo venga dipinto un luogo noto e amato, o, ancora, che descriva una situazione che lui stesso ha vissuto. Un esempio è quello di Gilderoy Allock: il personaggio che J. K. Rowling mostrò al mondo in "Harry Potter e la Camera dei Segreti", ovvero colui che prese il posto come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts, è ispirato infatti ad una persona che la donna ha conosciuto.

Ma questo non poteva di certo rispondere a tutte le domande che si affollavano nella mente di Sara, che si ostacolavano a vicenda perché fossero le prima ad uscirle di bocca.

Come mai Lord Voldemort era lì nella realtà e non nel mondo dei sogni? Come ci era arrivato? C'era forse un passaggio, un collegamento, un varco fra il mondo reale e quello dei sogni? E perché era proprio a casa di Joanne? E poi quella cella, da dove saltava fuori?

Voldemort – perché quello non era più Tom, aveva smesso di esserlo da tanto, troppo tempo ormai – aveva ancora un ghigno malefico dipinto in volto, mentre guardava Sara. Di tanto in tanto, il suo sguardo si spostava su Joanne e su Odette: la prima aveva l'espressione di chi è pronto ad una battaglia, la seconda era percossa da brividi gelidi di terrore.

«Sorpresa, Sara?» domandò Voldemort, stringendo le mani intorno a due sbarre blu elettrico. «Non sei felice di vedermi qui? Certo, sono sicuro che senza questa cella fra i piedi, il nostro incontro sarebbe stato... migliore, ma quella sporca Mezzosangue la pensa diversamente»

«Devo ricordarti ogni volta che la sporca Mezzosangue ti ha battuto e ti ha imprigionato senza fare poi troppi sforzi?» commentò Joanne, facendo una passo verso la cella e assottigliando lo sguardo.

Voldemort non rispose. Si limitò a sorridere in modo mellifluo e, subito dopo, a riportare i suoi occhi color sangue su Sara. La ragazza deglutì a fatica e si specchiò in due macchie rosse e brillanti, pozze che mettevano in bella mostra tutta la malvagità del Mago Oscuro rinchiuso in gabbia e che erano così diverse da quelle nere che Tom aveva.

Sara fece un passo avanti, avvicinandosi alla cella dalle sbarre blu elettrico senza un motivo apparente, senza neanche rendersi conto delle sue stesse gambe che si muovevano in avanti. Avanzò ancora, fino a quando non si ritrovò a un metro da Voldemort. Lui piegò le labbra in un sorriso spaventoso e le mostrò i suoi denti giallastri, poi allungò una mano e le afferrò un polso, trascinandola verso di sé. Odette e Joanne trattennero il respiro: il corpo di Sara era a qualche centimetro da quello di Voldemort; a separarli vi erano solo le sbarre.

«Dove siamo, adesso?» domandò Voldemort.

«Co-come?» fu l'unica risposta che Sara riuscì a dargli, spaventata com'era da quel mostro che le stringeva saldamente un polso.

«Suvvia Sara, non risci a capire ciò che ti sto chiedendo? Eppure non mi sembra una domanda tanto difficile!» esclamò lui, ridendo. «Devi dirmi dove siamo, Sara. Nei tuoi sogni, o per meglio dire: nel mio universo»

«Nel... nel tuo un-universo?» balbettò Sara, cercando di liberarsi dalla presa di Voldemort. «Che storia è mai questa?»

Il Signore Oscuro assottigliò lo sguardo e Sara si sentì piccolissima. Quell'uomo che aveva davanti agli occhi la terrorizzava a morte: se un incubo avesse mai preso sembianze umane, quella che Sara stava guardando era la sua forma. Ed era proprio come essere catapultati, senza preavviso, in un brutto sogno: il cuore le martellava nel petto, il respiro si era fatto più veloce; un po' si sentiva come quando ci si mette a correre, ma non ci si muove di un millimetro.

«Vedo che la feccia laggiù non ti ha ancora detto nulla» riprese Voldemort, lanciando occhiatacce a Joanne. «Mi chiedo perché portare Sara e la sua amichetta babbana qui da me, senza spiegarle come stanno veramente le cose. Ma noi sappiamo che a te piace la luce dei riflettori, non è così?»

«Ti sbagli, Tom» rispose Joanne, incrociando le braccia al petto, riacquistando la sua aria da guerriera. «Stai descrivendo te stesso, non me. Ciò che ho fatto io è stato solo per proteggere chi amavo e chi amo, non per la gloria o il potere, o, come dici tu, le luci della ribalta»

Joanne si avvicinò alla cella a passo deciso, forte, poi aprì i bottoni del maglione nero che indossava e, da una tasca interna e ben nascosta, tirò fuori una bacchetta. Era stanca di sentirlo blaterare, era stanca di vedere quel suo ghigno malefico che aveva sempre odiato e, inoltre, doveva fare in modo che lasciasse andare Sara. Così Joanne puntò la bacchetta verso Voldemort, poi mormorò un incantesimo a bassa voce e il mago con le sembianze di un serpente cadde a terra, privo di sensi; con un altro incantesimo, Joanne lo fece galleggiare fino al letto.

Sara aprì la bocca per parlare, ma in realtà non sapeva che dire. La situazione in cui lei e Odette si trovavano era così strana!

Sara abbassò lo sguardo sul suo polso e si rese conto che aveva preso una sfumatura rossa. Se lo massaggiò un poco, sperando che quel leggero dolore svanisse, poi alzò lo sguardo e incontrò due occhi azzurri e intensi. Joanne la fissava: un po' preoccupata, un po' in attesa.

«Sapevo che nascondevi qualcosa al mondo!» sussurrò Odette, rompendo il silenzio. L'attenzione di Sara e Joanne si spostò su di lei, che proseguì con un sorriso eccitato: «Voglio dire, sei una strega! ... Oh cavoli! Questo è....FANTASTICO! Questo significa che esistono anche gli Shadowhunters? E gli Hunger Games, chi li ha vinti? E che mi dici dei Semidei? Per caso ci sono anche dei labirinti con dentro quel bel figo di Dylan O'Brien

Joanne corrugò la fronte, poi si voltò verso Sara e disse: «Ha... ha qualche problema... la tua amica?»

Sara per la prima volta, nonostante il caos totale in cui si trovava, sorrise. «No, è solo una fangirl»

Joanne annuì come se quella risposta avesse chiarito il momento. Evitò di rispondere alle domande di Odette e ricondusse le due ragazze al piano di sopra, accertandosi però che la porta della stanza in cui Voldemort dormiva fosse sigillata con cura. Le fece accomodare nell'ampia e accogliente cucina, mise dell'acqua a bollire e preparò tre tazze per il tè. Odette ancora parlava della sua cotta per Dylan O'Brien.

Sara rimase in silenzio, annuendo di tanto in tanto quando l'amica faceva commenti sulla bellezza dell'attore. Ma, sebbene parlare di quest'ultimo fosse una cosa che, di norma, faceva più che volentieri, una parte del suo cervello era ancora in cerca di risposte. Sapendo, comunque, che il momento della verità si stava facendo sempre più vicino, Sara pazientò e osservò Joanne versare l'acqua per il tè nelle tre tazze.

«E poi ha due occhi che sono la fine del mondo e... e... mio Dio, il corpo! È così... così... sexy!» esclamò Odette, facendosi aria con una mano.

«Odette, stai sbavando» le fece notare Sara, scuotendo il capo.

«Non si può spegnere?» domandò seria Joanne, guardando Odette con un'espressione stranita.

«Non ho fatto l'upgrade, mi spiace» rispose Odette, stringendosi nelle spalle, divertita. «Quell'opzione non è disponibile»

Joanne chiese una muta conferma a Sara e quando questa annuì, con un sorriso leggero, la donna si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo. Pochi attimi dopo si sentì il fischio del bollitore e Joanne, facendo attenzione a non scottarsi, versò l'acqua calda nelle tre tazze che aveva predisposto sul tavolo; offrì biscotti, delle fette di limone, latte e zucchero. Fra loro tornò infine il silenzio, rotto solo dal rumore delle tazze che venivano portate alle labbra e poi riposte sul tavolo.

Sara e Odette non si resero neanche conto di quando Joanne iniziò a parlare, ma si ritrovarono ad ascoltare attentamente e ad assorbire ogni singola parola che usciva dalla bocca della scrittrice. Erano come incantate, stregate.

«Avevo appena un anno di vita la prima volta che incontrai Tom» disse, puntando i suoi occhi azzurri e leggermente lucidi sulla sua tazza di tè fumante. «Nonostante fossi troppo piccola per ricordare, a volte mi capita di sentirle ancora le urla dei miei genitori. Sono come immagini sfocate, perciò non riesco a comprendere cosa stiano dicendo, ma posso... immaginare. Sogno la loro paura, le loro lacrime, i loro cadaveri e Voldemort che ride beffardo. Mi capita di vedere il lampo di luce verde, sapete? Quello dell'Avada Kedavra che quel maniaco mi lancia addosso»

Odette corrugò la fronte e chiese: «Non capisco, tutto questo è successo a Harry. Ciò vorrebbe dire che tu... che tu sei...?»

«Harry Potter, sì» rispose Joanne, alzando il capo e guardando le due ragazze – che adesso avevano gli occhi spalancati. «Strano, vero? Beh, ho solamente riscritto la mia storia... più o meno»

«Più o meno?» domandò Sara, battendo velocemente le ciglia, confusa. «La saga finisce con la morte di Voldemort! Perché allora è ancora vivo? E perché lo tieni prigioniero in casa tua

«Risponderò a tutte le tue domande, Sara, non preoccuparti, ma adesso vi prego di non interrompermi fino a quando non avrò finito di raccontare» replicò Joanne, sospirando e notando che Odette era sul punto di intervenire. «Proprio come Harry anche io finii a casa dei miei zii babbani, ma per motivi di sicurezza Silente decise che sarebbe stato meglio oltrepassare un varco e venire a vivere in questo universo, dove la magia è rara, quasi inesistente. Naturalmente mia zia Petunia e Albus sono sempre rimasti in contatto, e quando arrivò il momento tornai nel mio universo e frequentai Hogwarts. A differenza di Harry, io sapevo chi ero ed ero a conoscenza delle mie capacità»

Joanne continuò a parlare senza sosta, mentre Sara e Odette rimasero in silenzio ad ascoltare. La donna disse alle due ragazze di come aveva conosciuto Ron e Hermione, di come erano diventati amici inseparabili; un trio forte, leale, vero. Raccontò di tutte le avventure che aveva vissuto Harry, dalla Pietra Filosofale che Tom voleva rubare usando Raptor alla Battaglia di Hogwarts. Nominò tutti i caduti, dal primo all'ultimo, e per ognuno disse un semplice "grazie" – che, sul momento, poteva anche sembrare banale, ma nascondeva un significato immenso. Odette aveva le guance rigate dalle lacrime, Sara il capo basso.

Cadde il silenzio, alla fine della storia. Per cinque minuti nessuna delle tre aprì bocca.

«Ognuno di noi ha perso qualcuno di importante, quel giorno» disse poi Joanne, tirando su col naso. «Il due maggio, ogni anno, c'è un ritrovo lì sulla riva del Lago Nero, proprio accanto alla tomba di Silente. È stato eretto un monumento per ricordare chi ha perso la vita in quella battaglia, e l'idea, naturalmente, arriva dalla grande Minerva McGranitt»

Joanne prese un respiro profondo, si passò una mano fra i capelli biondi e disse che era arrivato il momento delle domande. Sara si mise a riflettere e la prima domanda che le uscì di bocca, la più onesta di tutte, fu: «Perché io?»

Joanne sorrise, ma era un sorriso strano, un mix fra tenerezza e malinconia. «Ho dipinto Tom come un mostro incapace di provare alcun tipo di affetto, nei miei libri, ed è vero che se un bambino viene concepito sotto l'effetto di un filtro d'amore non riuscirà a comprendere con esattezza un sentimento così forte quale è l'amore...»

«Ma? Perchè c'è sempre un "ma"» intervenne Odette.

«Esiste il potere dell'Anima Gemella» concluse Joanne. «In qualche modo Tom deve essere entrato in contatto con un incantesimo molto potente, quando ancora frequentava Hogwarts, ed è lì che sei entrata in scena tu, Sara»

Sara spalancò occhi e bocca, trovandosi in difficoltà nel credere a ciò che aveva appena sentito. Era impossibile che lei fosse l'anima gemella di Tom Riddle, di Lord Voldemort, di quel mostro che aveva procurato dolore e sofferenze a così tante persone, a così tanti innocenti. No, Joanne stava mentendo. Doveva per forza essere tutto una menzongna!

Odette guardò la sua migliore amica e si rese conto che era sbiancata, che respirava a fatica e che sembrava sul punto di svenire. La chiamò più e più volte, sperando che Sara si riprendesse da quello shock, ma non c'era niente da fare. Joanne affermò che era meglio farla sedere sul divano e darle dell'acqua da bere, così lei e Odette aiutarono Sara ad alzarsi da tavola e la portarono in sala. Lì, seduta su un comodo sofà, Sara perse i sensi.

~ ~ ~

Quando Sara si risvegliò era ancora a casa di Joanne, nella stessa sala in cui Joanne e Odette l'avevano lasciata riposare. Le luci erano spente, ma non era completamente buio: c'era una finestrella rettangolare prorpio davanti a lei, praticamente attacca al soffitto, dalla quale entrava un solo raggio lunare. Sara si tirò su a sedere e constatò che Joanne l'aveva coperta con un palid giallo e rosso. La testa le faceva male, era come se stesse per scoppiare, e tutte le informazioni che aveva assorbito nelle ore precedenti non le davano pace.

Sara girò lentamente il capo, vide un bicchiere d'acqua poggiato sul tavolino da caffè e lo prese. Dopo aver bevuto il liquido trasparente si guardò attorno: era rimasta da sola, neanche un rumore a farle compagnia e solo un raggio di luce lunare a illuminare quell'enorme sala. Avrebbe voluto alzarsi dal divano per andare in cerca della bottiglia d'acqua, essendo ancora molto assetata, ma una voce, o meglio un sussurro, la chiamò e le fece venire i brividi.

«Sara, vieni da me» sussurrò ancora la voce spaventosa, con la "s" che assomigliava al sibilo di serpente.

Così com'era arrivata, la paura svanì e lasciò il posto alla curiosità. Sara si alzò finalmente dal divano, si stiracchiò e poi inseguì la voce maschile fino alla porta blindata, quella che nascondeva Lord Voldemort. Nonostante sapesse che ciò che stava facendo era sbagliato e pericoloso, Sara mise una mano sulla maniglia e provò ad abbassarla; niente da fare: era chiusa. Allora le venne in mente un'idea e chiuse gli occhi. Si concentrò con tutta sé stessa e aprì la zip della felpa, poi infilò la mano in una piega interna e avvertì qualcosa di sottile, di duro e di legnoso.

La bacchetta.

Le cose sono fin troppo strane al momento, chiedermi come ho fatto a materializzare qui la mia bacchetta complicherebbe tutto. Chiederò più tardi a Joanne, così capirò anche come riportare indietro il diario di Riddle.

Sorrise vittoriosa, la puntò verso la serratura della porta e mormorò: «Alohomora!»

La serratura scattò e la porta blindata si aprì da sola. Sara entrò nella stanza illuminata dai due lampadari, lanciò un'occhiata alla cella dalle sbarre blu elettrico e vide Voldemort seduto sul suo letto con un ghigno compiaciuto.

«Sai, sapevo che tutti, prima o poi, incontrano la loro anima gemella,» disse Voldemort, passandosi una mano sul cranio pallido e senza capelli, sempre con un ghigno dipinto in volto. «ma quando ho trovato quell'incantesimo non pensavo che quel "tutti" includesse anche me. Non me lo meritavo e non me lo merito ora, questo è ovvio, e sicuramente avrei ucciso chiunque avesse tentato di ostacolarmi durante la mia ascesa al potere, ma qualcosa mi ha fatto cambiare idea...»

«Che cosa?» chiese Sara, avvicinandosi alla cella a passo lento, la bacchetta puntata contro l'uomo dagli occhi rosso sangue.

«La curiosità» rispose l'Erede di Serpeverde, alzandosi dal letto per raggiungere le sbarre. «Un istinto quasi primordiale che allora pensavo fosse stupido, non adatto ad un mago potente e ambizioso come me, così fuoriluogo per chi aveva deciso di intraprendere la strada dell'immortalità»

«Vai avanti» disse Sara, incatenando i loro sguardi – un brivido le corse lungo la spina dorsale, ma era difficile capire se fosse di terrore o un qualcosa di positivo.

«Il primo pensiero che ho avuto, quando ti ho incontrata, è stato quello di ucciderti. Farti soffrire fino allo sfinimento, fino alla pazzia» continuò l'uomo, con un tono di voce pacato. «Poi ho pensato di usarti»

«Usarmi? Per cosa?» furono le domande di Sara.

Voldemort aprì la bocca per rispondere, ma si accorse che c'era qualcosa che non andava nella sua ascoltatrice. La ragazza, infatti, aveva abbassato di colpo la bacchetta, lasciandola poi andare e facendola cadere a terra. Sara si portò le mani sulla testa e il viso si piegò in una smorfia di dolore.

«Sii forte Sara» si sentì dire da Voldemort, poco prima di perdere i sensi una seconda volta.

 

~ ~ ~

Angolo Autrice
Per oggi niente commenti qui in questo mio piccolo angolo di... serenità? pace? Idk.
Solo #aesthetic!


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Capitolo 9
*** Capitolo nono - Magia Bianca ***


Il rumore della pioggia la ridestò dal suo sonno profondo, mantenendola però in quello stato che è la dormiveglia. Tutto era tranquillo, calmo, perfetto, perfino i suoi problemi e le sue preoccupazioni sembravano essere svaniti. Con le labbra piegate in un sorriso che non era riuscita a negarsi, Sara si rilassò ancora di più stiracchiandosi sotto le coperte di un comodo letto; un caldo confortevole che le avvolgeva il corpo, abbracciandola dai piedi alle spalle. Rimase per un po' ad ascoltare lo scroscio dell'acqua che sbatteva contro una finestra vicina e sul soffitto, poi il suo stomaco brontolò e decise che era ora di alzarsi, di andare in cucina, salutare sua madre e fare un'abbondante colazione.

Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il buio.

Strano, pensò.

Quando la sua vista si abituò a quell'oscurità, Sara notò spesse tende blu scuro intorno a sé e in fondo, quasi ai piedi del letto, c'era un misero spiraglio di luce. Come se qualcuno le avesse dato uno schiaffo per farle riprendere i sensi, la ragazza si rese conto che quella non era assolutamente casa sua e che quello che le era capitato fino a quel momento – l'arrivo a Hogwarts, il suo strano rapporto con Tom Riddle, Amy, Lizzie e Matt, la magia che scorreva nelle sue vene e l'incontro con Joanne – era tutto vero.

«Amy?» mormorò Sara, sospirando.

Nessuna risposta, solo un lamento rauco e per niente femminile. Un'altro sorriso, anche questo impossibile da ricacciare indietro, si formò sul volto di Sara.

«Amy, sei sveglia?» la Corvonero ci riprovò, mettendosi a sedere e tirando, con forza, una delle spesse tende blu.

La sua mente tornò alla prima volta in cui si era ritrovata lì, in quella bella stanza circolare che era il dormitorio femminile del suo anno. Al centro vi era una vecchia stufa, uguale identica a quella che si vedeva in uno dei film della saga di Harry Potter; era un posto accogliente, affascinante, intriso di storia. Il suo sguardo si spostò poi su una delle finestre: stava ancora piovendo, le gocce che correvano lungo il vetro, il cielo grigio e, in lontananza, le chiome degli alberi della Foresta Proibita che danzavano col vento.

Ogni cosa qui mi fa sentire a casa, si disse, respirando a pieni polmoni prima di scendere dal letto – i suoi piedi si scontrarono col pavimento freddo.

Sotto al suo letto c'era un paio di pantofole che lei, nel suo mondo, non avrebbe di certo indossato. Se le infilò comunque, poi avanzò verso l'unico letto dove ancora le tende non erano state tirate. Tirò una di queste e vide Amy girata su un fianco che ancora dormiva, o forse che tentava di riaddormentarsi, e un pochino si sentì in colpa per quello che stava per fare. A quel punto fece un salto e atterrò sul materasso dell'amica, facendola sussultare.

«Sara Austen!» esclamò Amy con voce roca, voltandosi di scatto verso la Corvonero che adesso se la stava ridendo. «Devo forse ricordarti le regole che ho stabilito al primo anno? Pare proprio che io debba rinfrescarti la memoria, eh? Per me, il sabato e la domenica sono sacrosanti!»

Sara alzò le mani in segno di resa, divertita. «D'accordo, d'accordo!»

Amy si girò dando le spalle a Sara, chiuse gli occhi e provò a riprendere sonno. Prima di quel dolce risveglio, Amy stava sognando un bellissimo ragazzo dell'ultimo anno di Tassorosso: lui, che faceva parte del Lumaclub, l'aveva appena invitata alla festa di Natale di Lumacorno e lei, con un ampio sorriso e le guance dipinte di un delicato rosa pallido, aveva accettato con gioia. Voleva assolutamente tornare lì per vedere come sarebbe andato a finire il loro appuntamento.

Peccato che non riuscì a riaddormentarsi e quando si tirò su a sedere vide che Sara era ancora lì, sul suo letto, con un ghigno divertito sul viso.

«Ti detesto» mormorò, sbadigliando. «Adesso andiamo a prepararci, ma non ti azzardare ad aprir bocca prima che io abbia finito la mia abituale tazza di caffè!»

~ ~ ~

La Sala Grande era praticamente deserta, il cielo, grigio e costeggiato, di tanto in tanto, da lampi luminosi, un gemello di quello che c'era fuori dalle mura del castello. Candele incantate volavano a qualche metro da terra e nei camini, quelli posti lungo le due pareti della sala, vi erano fiamme calde e ipnotiche. Sui lunghi tavoli delle quattro Case di Hogwarts c'erano pochi studenti, alcuni ancora mezzi addormentati e sul punto di cadere con la faccia su uova strapazzate, bacon e altro.

Mentre lei e Amy raggiungevano un gruppetto di Corvonero, lo sguardo di Sara si spostò sui pochi Serpeverde già in piedi. Il fiato le si mozzò in gola e i suoi occhi si spostarono sui volti dei pochi studenti della Casa verde–argento seduti a far colazione: sapeva chi stava cercando e, quando constatò che lui non era lì, si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo; i suoi polmoni la ringraziarono.

Finalmente prese posto accanto ad Amy e subito si isolò nella sua mente.

Durante il suo ultimo soggiorno a Hogwarts, Tom Riddle l'aveva portata nella Stanza delle Necessità per farle incontrare Olive Hornby, una Corvonero del quarto anno che adesso era entrata a far parte della sua cerchia ristretta di seguaci fedeli. Il compito di Olive, l'atto che avrebbe dimostrato a Riddle che di lei si poteva fidare, e che era disposta a fare qualsiasi cosa per renderlo felice, era stato quello di portare Mirtilla Warren – o Mirtilla Malcontenta – nel bagno in cui c'era la porta della Camera dei Segreti.

«Sì, i genitori di Mirtilla sono venuti a prenderla ieri sera» stava dicendo un ragazzo biondo ad Amy, che a sua volta lo ascoltava con occhi lucidi. «Pare che il Preside Dippet voglia fare una commemorazione per ricordarla»

«Si sa come è morta?» domandò Sara, nonostante sapesse già la risposta a quella domanda.

Il suo cervello creò davanti ai suoi occhi un'immagine sfocata, ma che lei riuscì ad interpretare alla perfezione. Vide Olive prendere in giro Mirtilla, le lacrime di quest'ultima che le rigavano il volto e le lenti degli occhiali bagnati da qualche goccia salata; poi ecco l'ingresso del bagno del secondo piano dove Tom avrebbe rilasciato il Basilisco. Osservò impotente Mirtilla entrare di corsa in uno dei cubicoli, per poi sedersi sul gabinetto e ricominciare a piangere.

Mirtilla! Esci di lì! Sta per arrivare! Devi andartene o morirai!, le stava urlando Sara, ma nessuna parola le uscì di bocca; era come un grido lontano, un qualcosa che l'udito umano non poteva percepire.

Qualcosa di grande stava strisciando sul pavimento del bagno, ma il suo rumore era coperto dai singhiozzi della Corvonero. Il Basilisco avrebbe attaccato a momenti, Sara se lo sentiva nelle viscere e, quando udì bussare piano al cubicolo in cui Mirtilla si stava nascondendo, il fiato le si mozzò in gola. Cercò di urlare un'altra volta per avvertirla, mentre la ragazza con gli occhiali si alzava dal gabinetto, arrabbiata e triste insieme, per urlare a chiunque ci fosse fuori di andarsene via...

«Vattene via!» urlò Mirtilla Warren, aprendo la porta del cubicolo e incontrando il suo destino.

Un mostro enorme e spaventoso. Due occhi gialli. Il buio totale.

Sara sussultò. Non sapeva chi fosse stato, ma uno dei suoi compagni di Casa, uno di quelli che erano lì con lei a fare colazione, le aveva messo una mano sulla spalla, riportandola a quella che, in quel momento, era la realtà in cui si trovava. Sara si rese conto che tutti la guardavano con occhi preoccupati, Amy sembrava addirittura spaventata.

«Sara va tutto bene?» le chiese infatti Amy. «Ti sei isolata subito dopo aver chiesto a Michael di Mirtilla... e sei anche pallida...»

«Va tutto... tutto bene, credo» rispose Sara, piegando le labbra in un sorriso che però non raggiunse gli occhi. «Forse sono solo sconvolta per l'accaduto»

Per evitare di dover rispondere ad altre domande di Amy, Sara abbassò il capo e disse che aveva una gran fame. Riempì il piatto davanti a sé con delle uova strapazzate e si versò nel bicchiere del succo di zucca fresco, poi iniziò a mangiare così da poter tenere la bocca impegnata. Amy sembrò capire al volo che la sua migliore amica non aveva intenzione di continuare a parlare, quindi si voltò verso gli altri Corvonero e cercò un argomento meno triste e tetro da portare avanti.

Nuovamente, Sara si isolò dal resto del gruppo. Entrò in una bolla dove le voci dei suoi compagni erano soffocate, incomprensibili, e si mise a riflettere sul da farsi. Con la mente tornò al giorno in cui aveva parlato col professor Silente per la prima volta e ricordò di come lui le aveva chiesto di raggiungerlo ogni volta che si sarebbe svegliata a Hogwarts, così da poter imparare a chiudere la mente.

Ma la Sara che portava avanti la vita al castello, quando lei era sveglia nel suo mondo senza magia, aveva fatto visita ad Albus?

Sì, ci sono stata, le rispose una vocina nella sua testa. Sono lezioni difficili, stancanti. Silente riesce ancora a scavare nei nostri ricordi facilmente, ma ce la sto mettendo tutta. Per me e per te.

Sara corrugò la fronte.

Stava davvero avendo una conversazione con sé stessa?

Bene, si ritrovò a replicare. Adesso devo solo raggiungere il suo ufficio, parlargli di Joanne e poi pregarlo di trovare un modo per non farmi tornare mai più qui. Non voglio che Tom mi usi per i suoi piani e non voglio che...

Per la seconda volta, la Corvonero sussultò e la bolla in cui si era rifugiata scoppiò con un sonoro pop – che però solo lei riuscì a sentire. Davanti a lei aveva preso posto Olive Hornby, la nuova seguace di Tom Riddle.

«Buongiorno Sara, dormito bene?» le chiese la Corvonero del quarto anno, le labbra piegate in un sorriso compiaciuto – forse stava cercando di metterle paura, ma inutilmente: Sara pensò semplicemente a quanto fosse patetica e viscida. «Ad essere sincera, adesso che noto le occhiaie, sembrerebbe proprio di no»

«Lasciami in pace, Olive!» sibilò Sara a denti stretti, sperando che Amy e gli altri non l'avessero sentita.

«Sai che tu non lo meriti, vero?» fece Olive, ignorandola completamente e continuando a sorridere. «Non sei all'altezza del suo immenso potere, sei nulla in confronto a lui. Ancora non capisco come mai ti tenga così... vicina a lui. Il mio Signore ha bisogno di qualcuno forte accanto a sé; qualcuno che abbia la sua stessa ambizione e qualcuno che creda fermamente in ciò che dice»

«Tu sei pazza!» mormorò Sara a bassa voce, alzandosi subito dopo dalla sedia e girandosi, per andarsene dalla Sala Grande.

Subito i suoi occhi incontrarono due iridi grige. Tom la stava osservando dal tavolo dei Serpeverde: c'era rabbia mischiata a sorpresa e curiosità nel suo sguardo intenso. Sara sentiva che da un momento all'altro lui si sarebbe alzato, forse per chiederle di riconsegnarle il suo diario – lei ancora ignara dell'ubicazione di quell'oggetto così importante; era nel mondo reale, dove c'erano Odette e Joanne, o lì al castello?

Prima che Tom potesse fare anche un solo movimento, Sara si avviò a passo deciso verso l'ingresso della Sala Grande. Sapeva dove doveva andare e allo stesso modo sapeva cosa avrebbe fatto una volta raggiunta la sua destinazione.

In poco tempo si ritrovò davanti all'ufficio di Albus Silente. Bussò forte contro la porta di legno e un istante dopo quella si aprì da sola. Il professore di Trasfigurazioni era in piedi davanti alla sua scrivania, stava facendo avanti e indietro, meditando su chissà che cosa. Una volta che Sara ebbe richiuso la porta, tirò fuori la sua bacchetta dalla tasca interna della divisa e la puntò in un punto impreciso sul legno.

«Muffliato!» mormorò e subito si voltò a guardare l'uomo che sarebbe diventato preside di Hogwarts. «Spero vivamente che l'incantesimo funzioni, professore»

«Sembri sconvolta» commentò tranquillo Silente. Afferrò saldamente la bacchetta che aveva lasciato sulla scrivania e la mosse piano, facendo apparire due poltrone all'apparenza comode, un tavolino e tè e biscotti. «Hai già fatto colazione?»

Sara annuì. «Vengo ora dalla Sala Grande»

«E sei qui per parlarmi ancora di Tom»

La sua non era una domanda, ma un'affermazione.

Ancora una volta, Sara annuì, poi alzò il capo e si specchiò in due pozze azzurre e infinite. «Ho delle novità, signore, e adesso le dirò ciò che è successo negli ultimi giorni nel mio mondo. Voglio mettere in chiaro una cosa, però: una volta che le avrò raccontato tutto, mi tiro fuori. Avrò bisogno del suo aiuto per trovare un incantesimo, una pozione o qualcosa del genere che non mi riporti più qui»

«Aggiornami, Sara» replicò semplicemente il saggio mago, osservandola sedersi su una delle poltrone che aveva fatto apparire.

La ragazza partì col spiegargli il piano che lei e Odette avevano creato e studiato, a come si erano separate dai loro compagni di classe e a come avevano incontrato Joanne Rowling in persona. Sara non tralasciò neanche un dettaglio: descrisse la gabbia in cui Lord Voldemort era stato rinchiuso, ripeté la storia di Joanne e gli fece domande su come era stato possibile far apparire la sua bacchetta in un mondo in cui la magia sembrava non esistere.

«Il potere dell'Anima Gemella» sussurrò Silente, giocherellando con la punta della sua barba.

«Quella notte sono andata a trovarlo» confessò Sara. «Mi ha detto che era stata la curiosità a spingerlo ad andare a ricercare quel potere. Ha aggiunto che il primo pensiero che ha avuto, quando mi ha incontrata, è stato quello di uccidermi, credo che adesso, in questo esatto momento, sia ancora nella fase in cui ha capito che mi vuole usare, ma sta ancora cercando di capire in che modo. L'ultima cosa che ha detto, prima che mi risvegliassi nel dormitorio della mia Casa, è stato: "Sii forte Sara"»

Su di loro piombò un silenzio leggero, di tanto in tanto spezzato dal ronzio di oggetti magici presenti nell'ufficio. Sara osservò Albus Silente: aveva chiuso gli occhi e parlava sottovoce, tra sé e sé.

Cosa stava dicendo? E perché non la rendeva partecipe?

Dopo qualche minuto, passato ancora a sussurrare qualcosa a bassa voce, Albus Silente alzò il capo e incontrò lo sguardo di Sara. Lei era in attesa.

«Suppongo che Joanne non ti abbia spiegato che cosa sia il Potere dell'Anima Gemella, giusto?» Albus aspettò di vedere la Corvonero annuire, quindi proseguì. «E' un incantesimo antico, quasi dimenticato. Ancor prima che l'idea di creare una scuola di magia e stregoneria prendesse forma nella mente dei quattro fondatori di Hogwarts, una potente strega entrò in possesso di un libro che conteneva Magia Bianca, pura e luminosa. Si ignora dove l'avesse trovato, o in che anno si svolse la vicenda che ti sto raccontando»

Il professore fece una pausa, respirò profondamente e poi riprese a parlare. La sua voce assunse il tono di chi sta leggendo una favola della buonanotte.

«Lei si chiamava Arabella e venne alla luce molti anni prima delle persecuzioni delle streghe e dei maghi. Viene dipinta con lunghi capelli neri e occhi scuri, la pelle bianca. Una donna affabile, carismatica, di un'intelligenza sopraffina. Nelle sue vene scorreva un potere ineguagliabile, di cui lei faceva uso solo per fare del bene. Passò la sua giovinezza a nascondere la magia per via della Caccia alle Streghe e in età adulta, promettendo alla sua famiglia di tornare presto, intraprese un lungo e solitario viaggio.

«Si narra che nel corso del terzo anno che passò lontano da casa, Arabella trovò il libro a cui ti accennavo poco fa. Lo imparò a memoria, studiò ogni incantesimo, li provò tutti, dal primo all'ultimo. Un giorno, mentre sfogliava per quella che doveva essere la millesima volta il libro, Arabella si accorse che in fondo qualcuno aveva tagliato la parte interna della copertina in pelle, creando così una specie di tasca»

«E lì che ha trovato il Potere dell'Anima Gemella, signore?» lo interruppe Sara, meravigliata da quella storia.

Silente annuì, accennò un sorriso e proseguì il racconto: «Il primo tentativo andò a male, o così dicono le leggende, ma al secondo qualcosa accadde. Una palla luminosa e calda le apparve e le sussurrò di seguirla; Arabella, nonostante fosse spaventata, fece come le era stato detto»

Una palla luminosa e calda? Ma non è quella che ha guidato Ron da Hermione e Harry, in "Harry Potter e i Doni della Morte"?

L'unica differenza era che quella di Ron non gli aveva sussurrato niente. Era stata la voce di Hermione a chiamarlo.

«La palla luminosa svanì nel momento esatto in cui Arabella andò a scontrarsi contro un uomo, entrando in un pub in Scozia» Silente fece un'altra pausa e Sara si spinse in avanti sulla poltrona. «Il suo nome era Darius...»

«Darius?» chise Sara, corrugando la fronte. «E il cognome?»

Ancora una volta, il professore accennò un sorriso. Gli occhi azzurri, dietro agli occhiali a mezzaluna, scintillavano con vivo divertimento.

«Darius Corvonero» disse, osservando la sorpresa dipingersi sul volto di Sara. «Arabella di cognome faceva Austen e, dopo essersi sposati, ebbero una figlia: Priscilla Corvonero»

~ ~ ~

La biblioteca era enorme, meravigliosa, proprio come se l'era immaginata leggendo le parti in cui il Golden Trio ci andava per fare ricerche. Emanava un'energia forte, antica, magica. Era esattamente come veniva descritta da Joanne: gli alti scaffali con libri vecchi di chissà quanti secoli, stretti corridoi, tavolini dove gli studenti potevano sedersi per leggere e fare ricerche.

Gli occhi di Sara non facevano che brillare.

Se n'era andata da poco dall'ufficio del professor Silente. Lui, sebbene avrebbe preferito di gran lunga vedere Sara portare a termine la missione di salvare il destino di Tom Riddle, e del resto del Mondo Magico, le aveva promesso che si sarebbe immediatamente messo alla ricerca di un incantesimo che non l'avrebbe fatta più tornare a Hogwarts. Lei l'aveva ringraziato, poi gli aveva chiesto se, andando in biblioteca, avrebbe trovato il libro della Magia Bianca; Silente, in tutta risposta, si era stretto nelle spalle e l'aveva salutata.

Sara andò al bancone della bibliotecaria. Una donnina bassa e robustella, con i capelli grigi e ricci racchiusi in una coda alta, sedeva con un libro stretto tra le mani. Portava sul capo un cappello a punta logoro e un vestito verde smeraldo che non le donava affatto.

«S-salve, avrei bisogno di...»

«Shh!» fece la donnina, tenendo gli occhi neri puntati sul libro che stava leggendo.

«Ma io ho bisogno del suo aiuto!» fece Sara, incrociando le braccia al petto.

«SHH!» ripeté la donnina, questa volta guardando Sara. «Non vedi che sono impegnata, ragazzina?»

«E lei non vede che le sto chiedendo una mano? Mi servirebbe sapere dove posso tro...»

Ma la donnina non la stava più ascoltando: era tornata a leggere il suo prezioso libro – "50 step per trovare il mago adatto a te!". Sara sbuffò e alzò gli occhi al cielo e, siccome sapeva che la biblioticaria era totalmente inutile nella sua ricerca, si voltò decisa, le braccia lungo il corpo e le mani chiuse a pugno.

Nel girarsi, si trovò faccia a faccia con l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

Le labbra di Tom Riddle, sottili e così orrendamente invitanti, si piegarono nel loro solito ghigno. Gli occhi grigi brillarono e Sara ebbe l'impressione di scorgere del piacere nel vederla lì, in difficoltà. Senza dire una parola, il Serpeverde la superò – nel farlo le sfiorò apposta una mano con le sue lunghe dita pallide – e si avvicinò al bancone della bibliotecaria.

«Celestia! Non vedo perché leggere libri stupidi come quello!» disse Tom, guardando la donnina dai capelli ricci col solito sguardo che riusciva ad incantare chiunque. «Lo sanno tutti che sei splendida così come sei e che non hai bisogno di mezzucci del genere per accalappiare un uomo»

«Tom! Che piacere, che piacere!» esclamò quella, arrossendo leggermente e chiudendo immediatamente il libro. «Ero solo curiosa, niente di che! Allora, in cosa posso esserti utile?»

Sara sgranò occhi e bocca. Ma che ca...?!

«Potresti aiutare la mia ragazza?» le chiese lui, indicando col pollice la Corvonero scioccata alle sue spalle.

Sara si fece avanti, guardando con la coda dell'occhio Tom, che a sua volta la osservava intensamente. Chiese a Celestia se lì, nella biblioteca di Hogwarts, ci fosse un antichissimo libro che conteneva solo ed esclusivamente Magia Bianca. Spiegò che le serviva per una ricerca personale e, mentre mentiva alla bibliotecaria, notò il viso di Tom piegarsi in un'espressione interessata e... nervosa?

«Prova a cercarlo nella Sezione Libri Antici, Leggende e Altre Storie sul Mondo Magico» disse cordialmente Celestia, rivolgendosi però più a Tom che a Sara.

Quest'ultima annuì e, senza dire una parola al Serpeverde, o alla bibliotecaria, si allontanò dal bancone. Subito si mise alla ricerca della sezione che Celestia aveva nominato e in un battito di ciglia la trovò: era in un punto della biblioteca in cui gli studenti andavano raramente, avvolta nella penombra e nel silenzio più totale.

Sara entrò nello stretto corridoio e inspirò a pieni polmoni il profumo di vecchi libri impolverati. Sorrise, perché quel luogo le piaceva da impazzire. Poi una mano le afferrò il polso sinistro e un calore accogliente si propagò in tutto il corpo, partendo dal punto in cui la sua epidermide era entrata in contatto con quella dello sconosciuto. Non sapeva se esserne felice o meno, forse perché sapeva che quella mano apparteneva all'assassino di Mirtilla, al potente e temibile Lord Voldemort.

«Mi ignori da stamattina, Sara, e questo non mi piace affatto» sibilò Tom fra i denti bianchi, prendendole il mento con indice e pollice e facendola indietreggiare fino a far combaciare la sua schiena con uno degli scaffali. «Dovrei punirti per questo, sai?»

«Allora fallo, Tom» mormorò Sara, con un coraggio che non sapeva neanche lei di avere.

Le loro labbra erano separate solamente da qualche centimetro, il torace di lui contro quello di lei. Sara si sentì in trappola, ma allo stesso tempo non era spaventata e stranamente, nonostante quello che la teneva ferma era il Signore Oscuro, non voleva nemmeno andarsene.

«Puniscimi» aggiunse, guardando gli occhi grigi e rabbiosi di Riddle.

Tom strinse con più forza la presa sul polso di lei, ma un minuto più tardi la lasciò andare. Sara preferì non muovere un muscolo, troppo curiosa di vedere la sua prossima mossa.

«Perché cerchi quel libro? Quello con la Magia Bianca» le chiese Riddle, rimanendo così vicino alla Corvonero da percepire il battito acellerato del suo cuore – profumava di arancia fresca.

«L'ho detto anche prima: ricerca personale» rispose Sara, sperando con tutta sé stessa che lui non le stesse leggendo dentro. «Non ascoltavi?»

Tom non rispose, si limitò ad assottigliare lo sguardo. Lei piegò leggermente il capo, cercò di studiare il suo volto contratto e bellissimo e quando alzò una mano, così da poter sfiorare quei duri e affascinanti lineamenti, lui gliela afferrò e con forza se la portò alle labbra.

«Voglio il mio diario, Sara» sussurrò poi, prendendo le distante e appoggiandosi sullo scaffale opposto a quello dove c'era lei. «E' molto importante, mi serve con urgenza. So che ti ho concesso fin troppo tempo, ma sono... stranamente benevolo nei tuoi confronti. Ti do altre ventiquattro ore, Sara Austen, e se non me lo riporterai tu, sarò costretto a venire a prendermelo con la forza»

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Angolo Autrice
Buonsalve a tutti! 
Ebbene sì, sono tornata anche su questa storia!
Sono mesi che non aggiornavo e mi dispiace molto per avervi lasciato nel silenzio più totale, ma mi sono rimessa a leggere la saga di Harry Potter e poi il mio computer si è rotto (adesso ne ho uno "nuovo"); senza contare il campionato di softball che è finito, il torneo a cui dovrò partecipare a breve e chi più ne ha più ne metta!
Spero che questo capitolo vi piaccia e spero che la storia di Albus sia interessante!
Un forte abbraccio.
Eli


 

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