Oltre il tramonto-La storia di Audrey Wright

di vanessagi8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tramonti ***
Capitolo 2: *** Il lupo ***
Capitolo 3: *** La luna ***



Capitolo 1
*** Tramonti ***


Capitolo 1
Tramonti
 
 
Un solo attimo può cambiare tutta la vita. Può portare   alla consapevolezza di sé e può dare il coraggio di cambiare il punto di vista.
Nasceva Audrey  in una piccola cittadina affacciata al Charles Lake, il 21 Dicembre 1980, il giorno più corto dell’anno. Se le persone venissero create in maniera seriale in una fabbrica, in cui viene loro  assegnato un ruolo specifico all’interno della società, i propri hobby e i propri interessi, Audrey sarebbe  stata un prodotto fuori dal normale: unico. Era una grande appassionata di cultura: amava la poesia, l’arte, la musica. Per lei ciò che rendeva ognuno di noi umano era potersi dedicare a questi ambiti e produrre un qualcosa che desse un significato più profondo al mondo che ci circonda.
Audrey per quanto giovane fosse, si rendeva conto di come ogni persona si conformasse alla massa perdendo la propria unicità. Lo notava a scuola, tristemente:  masse di studenti  incastonati nella routine quotidiana, aventi opinioni e idee dettati dai mass media. In parole povere se si dovesse personificare l’essenza di ogni uomo, quest’ultima non avrebbe spina dorsale, si piegherebbe al violento flusso della vita e ne uscirebbe passiva. Audrey si era sempre ripromessa che lei non avrebbe mai fatto questa fine. Non era arroganza, era salvaguardia di sé stessi, di quello che si è veramente. Questo è il corso della vita, di noi esseri umani: nasciamo con speranze e ambizioni alle quali poi rinunciamo per fare parte della massa di altre comuni persone che svolgono le loro comuni mansioni in una comune linea esistenziale che va dritta verso l’inevitabile oblio.  Perché tutto è destinato ad un oblio finale in cui verrà cancellato ogni ricordo, ogni opera, ogni sogno, tutto spazzato via. Ed è come se tutti conoscessero questa conclusione, come se fosse inutile vivere una vita in maniera attiva. Ma, pur  sapendo la conclusione, c’è per caso qualche motivo per cui non bisognerebbe rendere fantastico l’intero corso della nostra esistenza da esseri umani?
 
Audrey aveva lunghi capelli color cioccolato e brillanti e profondi occhi color oceano. Passò la sua infanzia in una rustica casa lontana dalla città insieme ai due genitori e il suo cagnolone Mike, ma non erano completamente da soli: accanto alla loro casa ce n’erano un paio, tra cui quella del nonno paterno di Audrey, al quale lei era particolarmente legata.
« Cosa vorresti fare da grande?» le chiese un giorno il nonno paterno. Erano seduti sul prato vicino al Charles Lake, il sole tramontava e spennellava il cielo di macchie arancioni e giallo intenso, insieme a delle sfumature rossastre, che si riflettevano sull’acqua limpida.  Audrey aveva quattro anni e adorava guardare il tramonto con suo nonno, quello era un appuntamento fisso al quale non si poteva mai rinunciare.  La bambina si portò le gambe al petto e le strinse con le braccia, dopo qualche secondo di riflessione rispose:
«Mi piacerebbe diventare un sole.» Il nonno alzò le folte sopracciglia bianche un po’ spiazzato dalla risposta della bambina e guardandola le chiese:
«Perché vuoi diventare un sole?»
« Perché si trova dappertutto e vede tante cose che noi non possiamo vedere, il sole è libero, nasce e muore tutte le volte ed è sempre lo stesso.»
«Il Sole non è libero, Audrey. In realtà è fermo nello stesso punto da miliardi di anni, illumina tutto il nostro mondo ogni giorno e ciò si ripeterà per altri miliardi di anni. Vedi, Audrey, ogni cosa ha la propria routine, un ciclo di azioni che si ripete ogni giorno. Questo accade quando si prende coscienza del mondo e capiamo che tutti abbiamo compiti da svolgere.»
«Io non voglio fare le stesse cose.» Disse imbronciata. Il nonno sorrise affettuosamente e la prese in braccio, mentre il color arancio del sole che tramontava si estendeva dappertutto.
«Mia piccola Audrey la vita non è in realtà ciò che facciamo quotidianamente, la vita è quell’insieme di preziosissimi istanti fuori dalla nostra routine che ci rendono felici.»
La strinse a sé e la bambina sorrise comprendendo ciò che aveva appena detto il nonno.  «Ti voglio bene, nonnino.»
«Anch’io, tesoro mio.»
 
Gli anni passarono e Audrey diventò  una dodicenne perspicace e amante della natura. La sua famiglia viveva infatti lontana dal trambusto della città, la loro casa era vicino a un piccolo bosco.  A circa 800 m  c’era il Charles Lake, che si poteva raggiungere facilmente. 
Era inverno e la notte prima aveva nevicato. Così la mattina seguente, Audrey si svegliò  a causa di un raggio di luce che penetrò attraverso la finestra e che cadde sul suo viso. Si stropicciò gli occhi, si alzò, aprendo del tutto le tende e quando vide lo spettacolo che c’era fuori casa  rimase estasiata. La neve aveva ricoperto tutto, non c’era nemmeno uno stelo d’erba che usciva fuori. Tutto era piegato sotto il dominio della neve. Audrey corse in bagno a darsi una sciacquata, e si vestì.   Andò poi a chiamare il suo cagnolone, un meticcio di stazza grande  color caramello, con qualche macchia bianca, e si diressero verso la porta.
«Audrey!» esclamò sua madre fermandola. Le mise una sciarpa attorno al collo e  un cappello di lana pesante,  «Ora puoi uscire.» aggiunse con un sorriso. Audrey aprì la porta felice e prese un respiro a pieni polmoni mentre usciva e i suoi piedi affondavano nella neve.
«Vieni Mike, andiamo a chiamare Emma.» disse al suo cagnolone e si diressero verso una casa più o meno vicina alla sua. Bussò alla porta e aprì una bambina dalla carnagione molto scura e  con un sorriso raggiante. Le due si abbracciarono.
«Ciao Emma!»
«Ciao Audrey, oggi che si fa?»  Audrey si portò una mano sulla bocca pensando, nel frattempo il sole splendeva sulla neve, rendendola ancora più bianca.
«Andiamo a fare il nostro solito giro nel bosco, ci accompagna anche Mike.» Emma si avvicinò al cagnolone e gli accarezzò la testa.«Ciao bello!» 
Così le due bambine,insieme al loro amico a quattro zampe, si diressero verso il bosco, in una zona in cui ancora gli alberi non erano troppo fitti, ci si poteva ancora orientare e tornare a casa, non era la prima volta per loro , quasi ogni pomeriggio andavano a farsi una passeggiata in mezzo alla natura. Non c’era un perché, amavano stare a contatto con tutto quello che non era artificiale, non erano di certo tipe da città. Quello era il loro posto, il posto in cui si sentivano libere , senza regole, o meglio c’erano solo quelle dettate dalla natura.
Emma spinse leggermente Audrey, le corse avanti e gridò: «Tanto non mi prendi!» Audrey sorrise accettando la sfida e la rincorse, insieme a lei Mike tutto felice partecipò al gioco. Si addentrarono ancora di più nel bosco, il sole splendeva ancora e dopo che Audrey raggiunse Emma entrambe caddero a terra ridendo e guardando il cielo: le fronde degli alberi lo incorniciavano, insieme alle poche nuvole sparse, l’unico suono presente era quello degli uccellini o di qualche animaletto come uno scoiattolo.
Ad un tratto ad Audrey si spense il  sorriso e non guardando più il cielo, assunse un’aria triste.
«Non ti mancherà tutto questo?» Ora anche Emma perse l’allegria e si girò verso l’amica.
«Mi mancherà eccome,mi mancherai tu, mi mancherà Mike…»
«Dovete per forza trasferirvi?» chiese Audrey raddrizzandosi e sedendosi.
«Te l’ho detto, papà per lavoro si dovrà trasferire a New York e dobbiamo per forza andar via.»
Audrey annuì tristemente e abbassò lo sguardo. Emma vedendola in quel modo, si tolse qualcosa dal polso: un braccialetto.
«Tieni questo è per te, così ti ricorderai sempre di me.»Il braccialetto era un semplice filo bianco a cui era legata una bellissima conchiglia dai colori e dalle sfumature lucenti. «L’ho trovata l’estate scorsa quando sono andata a mare e mi ha sempre portato tanta fortuna.»  Audrey rimase a bocca aperta, prese quel bracciale e strinse l’amica, affondando il viso sulla sua spalla. «Mi mancherai tantissimo.»
«Mi mancherai anche tu.»  
 
Quando arrivò il giorno della partenza, il cielo rispecchiava l’umore delle due amiche: era grigio, pronto a piovere da un momento all’altro. Audrey e i suoi genitori  andarono per l’ultima volta a casa dei loro vicini. Mentre i genitori delle due parlavano, Audrey e Emma chiacchieravano cercando di trattenersi dal piangere e di rendere quegli ultimi istanti speciali.
«Ti piacerà la città?» chiese Audrey.
«Non lo so, forse, dicono che New York è molto bella, però mi mancherà stare qui e andare nel bosco con te.» Audrey poggiò la sua mano su quella dell’amica e le accennò un sorriso.
«Non dobbiamo essere tristi, ci incontreremo di nuovo, no?»
«Spero di sì.» Le due si strinsero l’una all’altra e poco dopo, i genitori di Emma le dissero che era l’ora di andare. Così caricarono le ultime cose in macchina e Audrey ed Emma si scambiarono l’ultimo saluto.
«Non ti dimenticare di me». La ammonì  Emma.
«Non succederà mai, lo stesso vale per te.» Entrambe sorrisero e Emma salì in macchina.
                                                                                  
 

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Capitolo 2
*** Il lupo ***


Capitolo 2
 Il lupo
 
Era una splendida giornata invernale, un po’ di neve si era sciolta, perché un sole sfavillante regnava in cielo. Audrey uscì,  andò verso la casa in cui abitava Emma e si fermò davanti al recinto. Era vuota, Emma si era trasferita qualche settimana prima e Audrey sentiva  un profondo senso di vuoto, si sentiva angosciata. Odiava perdere persone che stavano a lei care. Chi sarebbe stata adesso la compagna di fantastiche avventure? Nessun altro, perché nessuno può sostituire qualcuno.
  Si perse nei suoi pensieri e iniziò a camminare. I folti capelli castani venivano spostati dal vento, si strinse nella sua sciarpona rossa, coprendosi metà viso. Ci si abitua a determinate persone, fino a rendere scontata la loro presenza, ma poi quando se ne vanno dalla propria routine si comprende che anche le persone sono investite dall’inevitabile caducità presente nella vita. Niente può durare per sempre, è il continuo divenire delle cose, nascono, crescono e cambiano e solo così  il mondo si rigenera.
Audrey continuava a camminare, pensando a tutti quegli anni passati con Emma, alle mille avventure, ai loro progetti,ai loro sogni.
E proprio nel bel mezzo di quel ammasso disordinato di pensieri, arrivò un rumore che bloccò Audrey, sembrava provenire dagli alberi. Si fermò e rimase in ascolto, osservandosi attorno e attendendo che quel rumore si ripresentasse. Ecco che, un secondo dopo, il rumore si ripresentò : sembravano dei passi, che si fecero sempre più evidenti fino a quando davanti Audrey si presentò un lupo. Audrey, stranamente non ebbe paura, rimase immobile e guardò negli occhi quella creatura. Aveva un manto grigio argenteo, con qualche sfumatura nera e gli occhi erano gialli come il sole e anche quelli fissavano Audrey. Sembravano entrambi in contemplazione l’uno dell’altra. Il lupo non mostrava intenzioni aggressive, ma rimase con le zampe ben salde a terra e allo stesso modo Audrey non si mosse di un millimetro. Guardava quella creatura, non era la prima volta che capitava ma ,quella volta, era strano, era come se Audrey avesse appena preso coscienza  dell’essenza di quel animale, della sua  libertà incondizionata. Quel lupo non aveva obblighi, né doveri, il suo unico compito era la sopravvivenza, le regole erano dettate solamente dalla natura, poteva andare dove voleva, poteva scegliere di stare da solo,  rimanendo comunque forte oppure vivere in branco aumentando la sua forza.  Sembrò quasi che Audrey non stesse respirando, continuava a fissarlo. Voleva ammirarlo dalla sua stessa altezza e con movimenti lenti si sedette a terra. Ora gli occhi del lupo erano lungo la stessa linea immaginaria che li collegava con quelli della ragazzina. Due mondi opposti si incrociavano e non si facevano del male come sarebbe dovuto essere. A Audrey sembrava che il tempo si fosse fermato e che le uniche creature viventi fossero loro due.
L’animale si avvicinò di un altro passo. Audrey si rialzò sempre con movimenti lenti e volle osare di più, voleva accarezzarlo. Pertanto si avvicinò poco alla volta, il lupo tese le orecchie e la seguì con lo sguardo. La ragazzina portò lentamente una mano sul dorso e toccò quel pelo morbido argenteo e nero, stava per affondarci le dita per accarezzarlo, ma il lupo all’improvviso spezzò quell’atmosfera: mostrò i denti a Audrey, lasciandola immobilizzata e dopodiché corse via allontanandosi. Il lupo non può essere addomesticato, il lupo è e rimarrà sempre un animale selvatico.  Audrey lo osservò andare via e si sentì addosso una sensazione strana, si passò una mano tra i capelli portando i ciuffi che davano fastidio dietro l’orecchio e tornò a casa.
 
«Nonno oggi ho avuto un  incontro molto strano..» disse la ragazzina, con la testa poggiata sulla spalla del nonno, mentre come al solito contemplavano il tramonto. Quella volta il cielo era meno arancione, c’erano molte più nuvole e si era alzato un leggero venticello.
«Con chi?»
«con un lupo.» rispose secca, il nonno si girò per guardarla attonito. Vedendolo così, Audrey  cercò di tranquillizzarlo.
«Non mi ha fatto niente, ci siamo solo guardati, io ho provato ad accarezzarlo e poi è fuggito.»
«Audrey, non provare mai più ad accarezzare un lupo, non sono cani come il tuo Mike, i lupi non possono essere addomesticati e ti poteva andare anche peggio, sei stata molto fortunata.» Rispose il nonno con un tono risoluto.
«Va bene nonno, la prossima volta starò più attenta. E’ solo che….»la ragazzina sembrava turbata, sospirò e abbassò lo sguardo. Il nonno poggiò una mano sulla sua piccola spalla e dolcemente le chiese:
«Che cosa è successo?»
«E’ come se quest’incontro mi avesse lasciato qualcosa, qualcosa nel profondo, ma non so bene cosa.»
«Prova a spiegarti meglio.»
«Insomma ho avuto una sensazione che mi ha attraversato tutto il corpo, una voce interiore guardando quell’animale, mi sussurrava che in realtà c’è molto più di questo…»
«Il “questo” cosa sarebbe?» chiese il nonno piuttosto incuriosito.
«Non saprei… la vita, le nostre giornate come se ci fosse dell’infinito oltre la nostra esistenza finita. Lo so sembra un ragionamento stupido, ma-» il nonno la interruppe prima che lei potesse continuare e con voce seria disse: «No Audrey! Affatto! questo ragionamento è il ragionamento più sensato che abbia mai ascoltato in vita mia, tu,piccola mia, sei una romantica nel cuore … Hai sbagliato epoca. Vedi, un paio di secoli fa nacque un movimento culturale chiamato Romanticismo, in cui poeti,filosofi e tutti gli uomini che possedevano un certo spessore culturale avevano questa brama di infinito, il quale non si sa bene cosa sia, avevano il desiderio di scoprire l’oltre-limite. Ascoltami Audrey, sei una ragazzina veramente in gamba e io sono orgoglioso di te, resta sempre nelle tue idee, segui i tuoi istinti e ti assicuro che ti porteranno a realizzarti.»
La ragazzina ascoltò attentamente le parole del nonno e annuì dando retta ai suoi consigli, dunque il nonno la avvolse in un caldo abbraccio e la strinse a sé, mentre il sole ormai stava lentamente andando via e le sfumature rosse si lasciavano dietro sfumature azzurre e poi altre sfumature di un blu più scuro,mentre il manto notturno si spiegò nella volta celeste.
 
 
Audrey cresceva e non era una ragazza fuori dalla norma,o meglio non faceva cose diverse rispetto a quelle che facevano i suoi coetanei.Ora andava al liceo e stava attraversando il fiore della sua adolescenza, aveva sedici anni.  Al liceo aveva conosciuto una ragazza e un ragazzo con cui passava gran parte della giornata: Michael e Camille. Michael era un ragazzo molto alto, dalle spalle larghe e i capelli sempre  in disordine, Camille era una ragazza dai lucenti capelli biondi che teneva molto alla scuola e si impegnava tantissimo in qualsiasi cosa. Insomma erano gli amici del liceo con cui si cresce e ci si promette di passare la vita insieme. Audrey però non aveva abbandonato il suo passato, c’era letteralmente un filo che la collegava con la Audrey dodicenne: il braccialetto con la conchiglia che le regalò Emma. Spesso si chiedeva dove fosse finita la sua amica. E poi.. c’era una scena della sua vita che non avrebbe scordato mai: l’incontro con il lupo.  Quel senso di infinito come aveva detto suo nonno, la tormentava non capiva bene cosa fosse, continuava la sua routine quotidiana ma ogni  tanto si bloccava a fissare il vuoto crucciandosi. Camille e Michael non avrebbero capito, forse nessun altro avrebbe capito,eccetto suo nonno.
Audrey  sembrava uguale a tutti, era ciò  che era: una ragazza che andava a scuola, studiava e aveva amici ma lei sapeva in fondo che non era del tutto uguale agli altri. Era come se in lei,però, un piccolo fuoco si fosse acceso e iniziasse a diventare sempre più grande. Cercava di farlo uscire o per lo meno spegnerlo in tutti i modi: scriveva, scriveva davvero tanto, scriveva della sua vita, delle sue emozioni, di ciò che accadeva durante la giornata. A volte  colorava,si era comprata dei libri con rappresentazioni giapponesi da colorare, si diceva che erano terapeutici e che servissero per rilassarsi, ascoltava musica, ballava. Ma niente quel fuoco che si accese dall’incontro con gli occhi giallo vivo del lupo non si spegneva e non sapeva dove l’avrebbe potuta mai portare il suo divamparsi.
 
«Ciao ragazzi, sabato sto organizzando una festa a casa mia. I miei sono partiti.» disse Megan,una ragazza dai capelli rossicci e la faccia piena di lentiggini, mettendosi davanti ai tre ragazzi. «mi piacerebbe che veniste» e lanciò loro un mega sorriso brillante.
«Certo ci saremo.» disse Audrey guardando i suoi amici che acconsentivano. 
«Perfetto ci si vede sabato.» e se ne andò via.
«Ma oggi è mercoledì…» disse Michael guardando Audrey e Camille.
«vuol dire che il suo weekend inizia oggi.» rispose Camille ridendo. 
Il resto  della giornata continuò in maniera normale e tranquilla e quella routine continuò fino a quando il sabato non la spezzò. 
Camille era a casa di Audrey : si prepararono insieme e Michael sarebbe venuto a prenderle, andando poi alla festa di Megan.
«Truccami bene, mi raccomando!» disse sorridendo Camille. 
«Sei mai stata delusa dalle mie esperte mani?» rispose Audrey e cominciò a truccare l’amica. 
 
Avevano finito di prepararsi appena in tempo, infatti un secondo dopo suonò Michael alla porta. Le ragazze scesero e i genitori di Audrey andarono ad aprire.
Si salutarono e il papà di Audrey, un uomo molto alto dai capelli brizzolati , guardò sua figlia felice.
«Che sei carina, tesoro.»
«Grazie papi.» rispose un po’ imbarazzata e abbracciò il padre.
I tre, così, salirono in macchina e andarono alla festa.   
 

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Capitolo 3
*** La luna ***


Capitolo 3
La luna
 
Se non avessero saputo quale fosse casa di Megan tra quelle di quel quartiere, avrebbero potuto riconoscerla tranquillamente. L’unica casa super illuminata, con un andirivieni di gente e poi, naturalmente musica a tutto volume.  Scesero dalla macchina ed entrarono senza neanche suonare, visto che la porta era già aperta.  Dentro erano ammassati parecchi ragazzi, che urlavano e bevevano e ballavano e bevevano. Tra la folla arrivò Megan che quando vide i tre, allargò le braccia,sorridendo in maniera esagerata.
«Ciao ragazzi! Sono contenta che siete venuti. Forza venite con me che vi do qualcosa da bere.»
I ragazzi la seguirono raggianti in cucina e si prepararono tre cocktail. 
«Ai sabato sera con gli amici!» gridò Megan alzando il bicchiere a mo’ di brindisi.
Tutti urlarono la stessa frase e dopodiché continuarono a bere.
Audrey si stava divertendo, ma dopo un po’ decise di uscire per qualche minuto in giardino, per prendere un  po’  d’aria. La situazione fuori non era da meno, anche in giardino c’erano ragazzi che ballavano, alcuni fumavano, altri parlavano semplicemente. Audrey cercò un angolo più appartato. Andò a sedersi sull’altalena che c’era in fondo al giardino. Cercò di sentire il meno possibile tutto quel chiasso e l’unica cosa che fece fu alzare lo sguardo verso il cielo, c’era la luna piena e quella sera sembrava che brillasse di più rispetto alle altre volte. Audrey non si spiegava questi momenti di solitudine, a volte si sentiva fuori contesto, a volte pensava che tutta la vita non avesse un senso. Osservare il cielo era un momento di riconciliazione con il resto del mondo, solo vedere le stelle o la luna le permettevano di capire che in fondo anche lei faceva parte di un qualcosa. 
 
«Bella la luna, vero?» esordì una voce maschile e profonda.
Audrey si girò verso il lato da cui proveniva la voce e trovò un ragazzo: alto,con i capelli castani portati indietro, gli occhi chiari e un paio di occhiali da vista rotondi. Si accese una sigaretta e si avvicinò di più a lei.
«Sì è molto bella.» Il ragazzo annuì e poi tese la mano verso la ragazza.
«William Byron, piacere.»
Audrey alzò le sopracciglia sentendo quel nome e con sguardo perplesso, strinse la mano e rispose:
«Audrey Wright, piacere.» Il ragazzo sorrise leggermente. «A cosa devo questo sguardo perplesso?» Audrey arrossì senza rendersene conto e si spiegò:« E’ un caso ma possiedi un cognome e un nome molto importanti per me. William Shakespeare e George Gordon Byron, due dei miei autori preferiti.»
«Bella e colta.» rispose secco William e Audrey arrossì ancor di più, il rossore era evidenziato dal bagliore della luna che cadeva dolcemente sul suo viso. 
«“Quelli che non vogliono ragionare, sono bigotti,quelli che non possono, sono degli sciocchi,e quelli che non osano, sono degli schiavi.”»Continuò il ragazzo non smettendo neanche per un secondo di guardarla.
«Oh una citazione di Byron, allora conosci anche tu?»
«Ehi anche se sono ad una festa dove l’unico passatempo è bere, non vuol dire che io sia come gli altri.» disse ridendo. Audrey ricambiò la risata e annuì, condividendo il suo parere.
«Wow se qualcuno ci osservasse, penserebbe “Ehi quei tipi sono di una noia mortale”, siamo ad un festino e invece di ballare stiamo guardando la luna e parliamo di Byron.» disse Audrey.
«No, non siamo noi le persone noiose, ma gli altri visto che la maggior parte di loro non sa nemmeno chi siano Byron e Shakespeare, voglio dire non conosceranno mai grandi opere e grandi pensieri come noi due. Poverini.»
Ad un tratto Audrey piacque essere fuori contesto, perché non era da sola.
«Perché siamo qui allora? In una tipica festa fatta da ragazzi quando i genitori non ci sono?» chiese Audrey, gli occhi blu della ragazza assunsero un colore particolare alla luce della luna, sembravano contenere un piccolo cielo e una piccola stella, nonché la luna stessa che si rifletteva su di essi. 
William sorrise, si  grattò la barba e assunse un’aria pensierosa.
«Diciamo che a volte bisogna far parte della massa, essere come loro per divertirci. Andiamo Audrey , diventiamo come tutti gli altri per stasera e balliamo.»
«Ci sto.» Si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio e gli rivolse un ampio sorriso. Scese dall’altalena e insieme al suo nuovo amico entrarono in casa a ballare.
La serata proseguì bene, per fortuna nessuno aveva fatto a pugni con nessuno e quando si fece abbastanza tardi, Michael e Camille cercarono Audrey per tornare a casa.
Audrey continuava a ballare con William, si stava divertendo davvero molto,ma poi una mano si poggiò sulla sua spalla, si girò e vide i due amici.
«Dai Audrey torniamo a casa.» disse Michael, poi guardò William e così fece anche Camille. Audrey capì che era arrivato il momento delle presentazioni.
«Sì va bene, ragazzi vi presento William, William loro sono i miei due migliori amici Camille e Michael.»
«Piacere.» risposero tutti e tre accompagnati da un lieve sorriso.
«Beh, William ci rivedremo?» chiese Audrey.
«Spero proprio di sì.»  rispose William rivolgendole un sorriso.
Entrarono in macchina, chiusero le portiere e appena Michael accese il motore, Camille guardò compiaciuta Audrey.
«Allora la nostra Audrey ha incontrato un ragazzo, è veramente carino.»
«Vi siete scambiati i numeri di telefono?» chiese Michael sorridendo.
«Sì, mi ha detto che mi avrebbe scritto lui.» 
«Uh-uh.» pronunciarono all’unisono sia Camille che Michael.
«Devo dire che è stata una bella festa.» Audrey sorrise e poi i tre risero.  
Il giorno seguente, Audrey si svegliò di ottimo umore, diede la dose di coccole mattutine al suo cagnolone Mike e poi scese a fare colazione.
«Buongiorno!»  e un altro buongiorno ci fu come risposta. Sua mamma era impegnata a cucinare delle omelette, mentre suo padre mangiava già.
«Com’è andata la festa?» chiese il padre guardando la figlia.
«E’ andata abbastanza bene, nulla di speciale.» e arricciò il naso involontariamente, lo faceva quando cercava di dire una bugia, in realtà in quella festa era avvenuto qualcosa di speciale: l’incontro con William. Per fortuna il padre non si rese conto del vezzo di Audrey. 
Ed ecco che arrivò l’ora del tramonto. L’appuntamento fisso ormai da tempo con il nonno. Il nonno era già seduto sulla solita panchina rivolta verso l’orizzonte e Audrey arrivò dopo.
«Ciao nonno!»
«Ciao tesoro!» Il nonno diede un bacio alla nipote, dopodiché la ragazza si fece spazio vicino  a lui.
«Sai nonno, sono stata ad una festa ieri e …» con suo nonno non si vergognava di parlare di determinati argomenti, lo sentiva come la persona più simile a lei che si potesse trovare. «… Ho incontrato un ragazzo, William e sembra che per tante cose siamo in sintonia, non è come gli altri ragazzi.»
«Oh sono contento per te, piccola mia! Tu ti meriti un ragazzo che sia alla tua altezza, sei una ragazza speciale, se frequenterai questo William, beh sarà un ragazzo fortunato.»
Audrey sorrise e poi si voltò verso il sole che stava lentamente morendo. Questa parte della routine giornaliera a Audrey non dispiaceva affatto, anzi era la sua parte preferita, la parte in cui poteva stare semplicemente in silenzio e trovare un legame profondo con la natura attorno. 
 
La mattina seguente a scuola, Camille chiese a Audrey se William le avesse scritto, ma ancora niente.
«Si starà facendo desiderare.» disse Michael con un tono un po’ di disprezzo.
E quasi come se l’avesse chiamato,ecco che il telefono di Audrey vibrò nella tasca dei jeans.
Lo prese e trovò un messaggio.
Ehi, sono William. Sei libera oggi pomeriggio?
«Mi ha chiesto se sono libera oggi pomeriggio!» disse tutta raggiante Audrey, Camille e Michael le sorrisero. «Cosa rispondo?»
«Che ne dici con “Ciao, sì sono libera”?» disse Camille guardando lo schermo del telefono di Audrey, quest’ultima annuì ascoltando l’amica e inviò il messaggio.
Ecco che dopo qualche secondo il telefono vibrò di nuovo.
Ti va di prenderci un caffè da Joe , per le quattro all’incirca? 
Certo, ci vediamo lì.
A Audrey vennero le farfalle nello stomaco, era da tanto che non si sentiva così : felice di trovare qualcuno che fosse perfettamente compatibile con lei. 
Passò il resto della giornata, ma appena Audrey tornò a casa sembrò invece che il tempo si fosse rallentato di proposito e che le quattro non arrivassero mai. Alle tre iniziò a vestirsi, decise di mettersi un paio di jeans, le converse bianche e un maglioncino color rosa cipria. Si guardò e riguardò cento volte allo specchio per accettarsi di essere sistemata e di essere carina, alle quattro meno un quarto andò dritto verso la porta, urlando ai genitori : «Mamma!Papà! Io sto uscendo , non faccio tardi, a dopo!»
E senza neanche aspettare una risposta, si chiuse la porta alle spalle e salì in macchina, andando verso il bar.
Ecco che svoltò l’ultimo angolo e si ritrovò davanti l’insegna     “Joe’s” , entrò e si osservò attorno per vedere se William fosse già lì, non vedendolo  prese un tavolo e aspettò guardando fuori dal vetro. 
I minuti passarono e Audrey controllò più volte il telefono per accettarsi che non avesse sbagliato l’orario. Poggiò il mento sulle nocche e continuò ad attendere, nel frattempo iniziava a pensare ad una probabile buca. Ma poi una mano si posò sulla sua spalla e Audrey si voltò di scatto trovandosi davanti William che le sorrideva.
«Scusami per il ritardo.»
«Tranquillo, non fa niente.»
William si sedette e la guardò. «Come stai?»
«Bene e tu?»gli rispose.
«Molto bene.» le sorrise. Ordinarono entrambi un cappuccino e passarono un bel pomeriggio, chiacchierando del più e del meno, conoscendosi maggiormente e trovando molte altre cose in comune. Sembrava il ragazzo esattamente complementare ad Audrey.
«E così, tu e tuo nonno guardate ogni pomeriggio, da ben dodici anni a questa parte, il tramonto. La trovo un’abitudine particolare. Perché proprio il tramonto? E non l’alba, per esempio?»
«Ad essere sincera non lo so, forse perché mi sembra il modo migliore di finire la giornata. Sai, quando sono davanti al tramonto, ho l’opportunità di riflettere su ciò che ho fatto durante la giornata. Il mio motto è di essere sempre produttivi, perché non sai mai per quanto tempo sarai qui, meglio sfruttare al massimo ogni giorno.»
«Un pensiero molto profondo, sei una ragazza sensibile.» Audrey sorrise abbassando lo sguardo, un po’ imbarazzata.«Ma io preferirei comunque l’alba, per iniziare al meglio un nuovo giorno.»
«Punti di vista.» rispose Audrey
Entrambi quando finirono, si scambiarono un abbraccio un po’ impacciato e si rivolsero un dolce sorriso, promettendo di rivedersi ancora.
Per un mese si incontrarono ogni giorno, capitava di incontrarsi anche a scuola, Audrey l’aveva già visto a scuola,quando ancora non lo conosceva, ma ora che erano diventati amici ogni scusa era buona per chiacchierare.
Un giovedì pomeriggio erano al solito posto, da Joe, a ordinare qualcosa di caldo. William aveva qualcosa di strano, non sembrava tranquillo.
«Ehi Will, tutto bene?» Chiese Audrey preoccupata
«Io … beh…» William si passò la mano nervosamente tra i capelli e la guardò più volte, si tolse il giubbotto e sembrava completamente a disagio. «io non sto bene, sono nervoso.»
«Sì, lo vedo. Perché se posso chiedere?» rispose calma Audrey. Non era spiazzata dalla sua strana reazione, era solo curiosa. Di certo William non era un ragazzo come tutti e le interessava parecchio.
«Cosa cavolo ci facciamo qui?» sbottò all’improvviso. A quel punto Audrey alzò le sopracciglia disorientata.
«Me l’hai chiesto tu di venire qui… Possiamo cambiare posto se non ti piace.» William la guardò lanciandogli uno sguardo profondo, Audrey osservò i suoi occhi chiari, aveva una luce particolare che brillava.
«Lo so hai ragione, vedi… non ti senti mai oppressa? Io mi sento oppresso dal tempo, ogni minuto passa e non lo posso più recuperare. Quindi vivo con la paura di sprecare tempo prezioso o di non usarlo bene con chi mi sta intorno.Che cavolo ci facciamo qui? Saltiamo tutti questi convenevoli: appuntamenti, caffè, non servono tutte queste cose. Sono protocolli che fanno tutti e io e te non dobbiamo essere tutti.»A Audrey il suo discorso sembrava perfettamente corretto, gli annuì e si alzò. 
«Andiamo via e facciamo qualcosa che non fanno tutti.»
William la guardò sorpreso in senso positivo, credeva che se ne sarebbe scappata impaurita e invece era d’accordo con lui. Si alzò, le prese la mano e uscirono dal locale.
«Secondo te sono folle?» le chiese.
«No, sono gli altri folli,  io e te siamo gli unici normali.» Audrey gli sorrise ampiamente e William ricambiò quel sorriso,sentendosi perfettamente compreso. 



Note: 
Salve a tutti miei dolci lettori (?) questo è un piccolo assaggio del mio nuovo libro, acquistabile su lulu.com e su Amazon,spero che la storia vi stia piacendo e che vi stia incuriosendo. Recensite per farmi sapere secondo voi cosa va o non va, mi raccomando critiche costruttive. Se volete un quarto capitolo perchè siete insicuri se comprare il libro o meno e volete saperne di più, fatemelo sapere tramite recensione. ^-^
Un bacio

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