Cronache del Risveglio

di ROW99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Predatori e prede ***
Capitolo 2: *** Ed ora... ci serve un piano! ***
Capitolo 3: *** La scienza viene sempre in aiuto! ***
Capitolo 4: *** Piccolo colpo di scena! ***
Capitolo 5: *** Operazioni di salvataggio! ***
Capitolo 6: *** Si va in missione! ***



Capitolo 1
*** Predatori e prede ***


-Dio… Shindou, chi avrebbe pensato una cosa del genere… ieri. Come ci siamo ridotti, maledizione.
Kirino, le mani nelle tasche di una felpa strappata in più punti, si puntellò sui gomiti alzandosi dal tavolo dove fino a poco prima aveva riposato. Si guardò intorno. -Dannata cantina puzzolente! Odio questo posto…
Shindou scosse la testa, sistemandosi i capelli con la mano. Anche lui era sporco e la sua camicia era strappata e macchiata.
-Kirino… nessuno poteva pensare a una cosa del genere. Nessuno. Io non credo che ne usciremo, ma se lo facessimo niente sarà più come prima. Gli altri… gli altri dove saranno?
-Non ne ho idea… spero… spero siano… siano vivi. Matatagi… Matatagi come sta?
-Non bene, credo… non… non l’hanno morso,però. Ora dorme ancora… da ieri sera è molto.
-Già… -Il rosa sospirò. -Speriamo bene. Non… non mi sento al sicuro qui, e non abbiamo cibo. Dobbiamo muoverci.
Shindou si mise le mani nei capelli. -Chissà se esiste ancora un mondo, la fuori.



Era successo tutto in poco tempo.

Nemmeno il tempo di tornare alla vita di tutti i giorni, dopo aver vinto il torneo galattico. Nemmeno il tempo di tornare a giocare a calcio tutti insieme… di presentare la nuova Earth Eleven ai loro vecchi amici per andare verso il futuro tutti uniti. Erano stati solo pochi i giorni a loro disposizione, ma così belli… Shindou e Kirino si erano fidanzati, dopo così tanto tempo, ed avevano fatto un picnic tutti insieme. Minaho e Manabe si erano baciati e ora stavano insieme pure loro… Tenma era stato confermato capitano. Tutto era avviato per il meglio, allora.
Chi avrebbe mai detto che avrebbero portato qualcos’altro sulla terra, oltre alla coppa, oltre ai loro amori. Qualcosa di cattivo… o forse no, semplicemente qualcosa di diverso. Qualcosa di nuovo. Un virus, forse, un’entità biologica. A dire il vero non sapevano nemmeno se fosse stata colpa loro… quando era iniziato il Risveglio, loro erano già a casa da più di una settimana. Magari… magari era stato qualcos’altro, però…

No, sapevano bene che era colpa loro. Lo sapevano mentre quella cosa iniziava a diffondersi. Sparizioni, all’inizio, poi i primi avvistamenti. Uomini e donne che barcollavano, come in una lenta danza strana, le mani contratte, il collo allungato. E quel rumore… le mascelle che sbattevano l’una contro l’altra con rumore buffo di nacchere, il gorgoglio dal fondo della gola…
Era stato tutto così veloce. L’incredulità era diventata paura, la paura terrore. In pochi giorni i giornali non avevano più potuto nascondere che qualcosa stesse succedendo. Non erano drogati, non erano pazzi o casi isolati. Era qualcosa di diverso. Sembrava trasmettersi col morso… la saliva e le mucose erano la chiave. Girava voce che alcuni l’avessero presa dalle prostitute, ma non era affatto chiaro se fosse vero.
In due giorni dalla segnalazione dei primi casi, quando ancora quasi nessuno in città credeva alle voci e quando tutto sembrava essere assolutamente normale, era successo. Il Risveglio… mostruoso e improvviso insieme, la quarantena… poi il crollo. La cosa si era diffusa nella regione… forse in tutto il paese. Sapevano… o almeno credevano che il resto del mondo stesse ancora bene. Vedevano gli aerei volare… a volte prendevano anche Internet, nonostante i disagi e la mancanza di energia elettrica. Il mondo aveva isolato il Giappone. Nessuno poteva aiutarli, forse. Maledizione e benedizione di essere un’isola,  e quelle cose non sapevano nuotare.
La loro verità ora era diversa. Niente più calcio… solo denti, solo paura, solo sangue. Era più di un giorno, dall’inizio di tutto, che non vedevano più i loro amici. Pregavano il cielo che stessero bene.
La notte era calata sul paese, sui loro cuori.
La notte del Risveglio.



Due giorni prima, Inazuma-cho, quartiere scolastico, nei pressi del parco.

-Ehi! Tenma! Tenma!
Tsurugi corse verso il gruppetto di ragazzi dal fondo della strada. Sembrava trafelato e per poco non travolse alcuni studenti universitari che cercavano di attraversare la strada.
-Tsu! Finalmente sei arrivato! -Il castano, entusiasta, gettò le braccia al collo del suo ragazzo. -Pensavo non volessi più venire…
Il moro scosse la testa. -Figurati… è..è che qualcosa di strano sta succedendo, in ospedale. I miei vogliono portare via mio fratello… ultimamente è tutto molto incasinato.
Tenma sospirò, ma poi tornò a sorridere. -Vedrai… andrà tutto a posto! Non saluti Shinsuke?
Il piccoletto saltò fuori da dietro una panchina. -Ehm… ciao Tsurugi!
Il moro scoppiò a ridere. -Ciao Shinsuke! È un piacere vederti dopo… ehm… mezza giornata che non ci vedevamo? Sai… dalla cena di ieri sera a questa mattina ne è passato, di tempo…
Il ragazzo più basso ridacchiò. -Guarda che è stato Tenma a insistere per portarmi con voi! Se avessi saputo che era un doppio appuntamento tra piccioncini…
-Ma va… tranquillo! Sei il suo migliore amico! E poi non ci sono segreti fra noi… piuttosto, Minaho e Manabe dovrebbero stare per arrivare. Peccato che Shindou e Kirino avessero già prenotato un pranzetto intimo per conto loro…
In quel momento esatto, un fulmine arancione apparve all’incrocio, inseguito da un ragazzo dai capelli lilla barcollante e furioso.
-Minaho!! Ridammi immediatamente i miei occhiali!!
La scena aveva del comico. L’arancione aveva rubato gli occhiali dal naso del fidanzato e ora glieli faceva pendere davanti alla faccia, mentre il povero genio della matematica cercava di afferrarli impacciato a causa della camicia stretta e della miopia.
Finalmente Minaho si decise a rendere il maltolto al suo migliore amico nonché ragazzo. Appena il lilla ritornò in possesso degli occhiali, lì inforcò con un sospiro di soddisfazione. -Grazie a Dio… me la pagherai, gufetto!
-Io non ne sarei così sicuro… vieni qui. -Detto fatto. Minaho aveva sfiorato le labbra del lilla con le sue, facendolo avvampare di rossore.
-M…Min…
-Ooook! -Tsurugi ridacchiò mentre Tenma e Shinsuke erano letteralmente senza parole. -Che ne dite di seppellire l’ascia di guerra e di incamminarci verso il ristorante? Sapete come sono i proprietari di quei localini tradizionali… hanno poco spazio, e se non rispetti gli orari il tuo tavolo diventa preda immediata di altri affamati clienti!
Tutti furono d’accordo, e si incamminarono chiacchierando felici. Tenma sfiorò la mano del moro. -Tsu… sei così deciso!


Il locale era carino, nonostante fosse molto stretto e incassato sotto il livello stradale. Il pranzo era stato abbondante, e ora stavano aspettando il dolce. Avevano parlato di molte cose, tra cui le voci che giravano riguardo alle stranezze che stavano avvenendo in città in quei giorni, ridendone. Sembrano tutte cose così idiote… bastava camminare per strada per rendersi conto che andava tutto bene! Tutto come sempre...
-Ragazzi… che facciamo dopo pranzo?-Tenma sospirò soddisfatto.
-Beh… io ho promesso a Man di portarlo a visitare il nuovo museo delle scienze che hanno inaugurato la settimana scorsa… -Minaho guardò sornione il suo ragazzo che si puliva gli occhiali freneticamente. Era una sua piccola mania! -Se volete potete venire con noi…
-Perché no? Ci saranno delle sale sui dinosauri, vero? -Gli occhi di Shinsuke si illuminarono.
-Certo! -Tsurugi sorrise. -Ho visto delle foto… è bellissimo! Tutto interattivo… se Tenma ci sta, per me va bene.
Il castano chiuse gli occhi felice. -Ma certo che ci sto! Ascoltate… appena abbiamo pagato il conto, usciamo e andiamo all’incrocio… alla fermata del bus prendiamo il 15 e…
Un rumore assordante. Tutti i clienti si voltarono verso il centro della sala, dove una giovane cameriera aveva lasciato cadere un intero vassoio, che aveva sparso cibo e brodo per metà pavimento. La ragazza fissava la vetrina che dava sulla strada, balbettando terrorizzata.

-Ma che…
-Che diavolo…
Un brusio confuso percorse i tavoli. Che diavolo stava accadendo?
Fu allora che lo videro. Un uomo sulla quarantina, probabilmente un impiegato a giudicare dai vestiti. Appoggiato con la fronte contro la vetrata, con la mano destra picchiava ripetutamente contro il vetro in maniera ottusa, quasi meccanica. Ad ogni colpo lasciava una scia di sangue scuro sul vetro.

Non era questa,  però, la cosa che aveva scatenato la confusione.

A quell’uomo mancava metà del volto. L’intera parte sinistra del viso era deturpato, come strappata a morsi, ma lui non sembrava nemmeno rendersene conto. L’occhio superstite era bianco e opaco nella sua orbita, i denti sbattevano ritmicamente.
Alcune persone si alzarono dai tavoli. Ora ricordavano… le voci, le notizie su facebook che tutti prendevano per bufale, nell’epoca della post-verità. Che diavolo stava succedendo? Shinsuke si strinse contro Tenma e Tsurugi, mentre Minaho istintivamente prendeva la mano di Manabe. -Stiamo indietro…


Poi avvenne tutto molto in fretta.
Ne arrivò un secondo, poi un terzo e un quarto mentre dalla strada si alzavano urla selvagge. Rumori come di automobili che si scontrano, sirene. La vetrata si crepò sotto il peso di quelle persone… ed infine collassò in un fiorilegio di cristallo.
La gente urla, cade a terra. Quelle cose inizialmente sembrano immobili… come fisse. Poi… poi iniziano a mordere. Uno di loro è subito sulla cameriera e la azzanna al collo. Lei rimane per un istante come sospesa in quello strano bacio di passione, quindi cade a terra gorgogliando. Altri clienti sono già stati attaccati. È il caos.

-Via di qua, dannazione! -Tsurugi afferra la mano di Tenma e scatta in piedi. -Via!!
I ragazzi sono nel panico. La gente urla, cade, inciampa mentre alcune sedie si ribaltano. Grazie a Dio i tavoli sono incassati nei muri e non possono cadere, ma i divanetti che fungono da sedute bloccano i movimenti delle vittime. Tutti e cinque i ragazzi scattano in piedi terrorizzati.
-Che… che facciamo! Che facciamo! -Shinsuke è terrorizzato, Tenma incredulo… non poteva credere ai suoi occhi.
-Con me!! Nelle cucine!! Seguitemi!
Tsurugi si lanciò nella sala scavalcando un corpo ancora in preda alle convulsioni. La porta che conduceva alle cucine era socchiusa, e solo una decina di metri li separavano da lei. Era robusta… avevano solo quella possibilità.
Percorsero il breve tratto in pochi istanti, favoriti dal fatto che quelle… cose stavano accalcandosi su un gruppo di ragazze dalla parte opposta. Tenma scoppiò a piangere… avevano l’età di sua zia.

La porta era ad un passo. Tsurugi la spalancò con una spallata ed entrò seguito da Tenma e da Shinsuke. Fu allora che sentirono un grido.
-D…d…dannazione!
Uno di quegli esseri aveva afferrato Manabe per un braccio. Il lilla si divincolava disperatamente, cercando di tenersi lontano dalle sue fauci, ma quello che fino a poco prima doveva essere un operaio impegnato a sistemare un’aiuola fuori dal locale era, pur in quelle condizioni, molto più forte di lui…
Di colpo la presa si allentò. L’uomo, se si poteva ancora chiamarlo così, lascio il braccio di Manabe e cadde a terra contorcendosi in maniera innaturale. Aveva un lungo coltello da pranzo infilato nella nuca.
-Figlio di puttana, giù le mani dal mio ragazzo!
Minaho era in piedi, furibondo. Manabe, sotto shock, riuscì comunque a rendersi conto che il suo ragazzo non solo aveva appena piantato un coltello nella testa di un uomo, ma aveva pure imprecato per la prima volta da quando la conosceva!
Un’altra mano afferrò il lilla, questa volta calda e buona. Minaho lo trascinò in cucina e Tsurugi chiuse la porta alle loro spalle, spingendoci subito davanti un grosso carrello da servizio per bloccare la maniglia.


-Man… Man non ti ha morso vero?
Ora Minaho era completamente cambiato. Si era precipitato a lavarsi le mani dal sangue non suo, dal sangue di quella cosa, e sembrava sul punto di piangere.
Il lilla, che su era appena ripreso, sorrise cercando di sembrare rassicurante. -No… non mi ha morso. Mi… mi hai salvato la vita, Min.
L’arancione tremava, ma sorrise. -Lo farei altre mille volte.
Su una sedia Tenma si stava ancora riprendendo. Shinsuke lo aiutava come poteva, mentre Tsurugi si era assicurato che fosse tutto sprangato.
-Ok… per ora siamo al sicuro. La porta è chiusa, e ho barricato quella che dà sul vicolo sul retro. Grazie a Dio siamo sotto il livello della strada, e niente può infilarsi qui da quelle finestrelle lassù, che oltre a essere troppo piccole sono anche ben chiuse. Ora… ora dobbiamo cercare di capire. Che diavolo sono quelle… quelle cose?
Tenma, ancora sconvolto, non rispose. Minaho era crollato su una sedia e aveva iniziato a piangere, lui che era sempre così allegro e sfrontato, Manabe si era ripreso e stava provando a consolarlo.
-Ehi… Min… stai tranquillo, ok?
-Ma… io… io ho ucciso… ho ucciso un uomo!

Il lilla scosse la testa. I suoi compagni non lo avevano mai sentito parlare con una voce così dolce. -No… non era più un uomo. Tu mi hai salvato la vita! Sei un eroe.
-Un… un eroe? -L’arancione smise per un secondo di piangere. -Io… io senza di te non… non…
Manabe sospirò e lo strinse forte. -Tranquillo… siamo ancora tutti qua.


La cucina era stranamente silenziosa.
I rumori di lotta, le urla terrorizzate e i versi gutturali che provenivano dalla sala si erano fermati da qualche minuto. Ora si sentivano solo rumori ovattati, simili a qualcosa che si trascinava e sbatteva lentamente contro gli oggetti al suolo.
-Cosa… cosa diavolo sta succedendo… -Tsurugi si passò le mani tra i capelli.
-Penso… penso che sia quella… quella malattia di cui parlavano le voci. Io… io non lo so! È… è l’unica spiegazione coerente, no? -Shinsuke era seduto a terra di fianco ad un congelatore.
-S…Shinsuke… -Tenma aveva gli occhi lucidi, ma si era ripreso. -Credevo… credevo fossero solo voci senza… senza senso… è… è qualcosa che potremmo avere portato noi dallo spazio?
Tsurugi sospirò. -Temo di sì. -Lentamente si affacciò dall’oblò della porta che dava sulla sala. Scrutò per qualche istante, quindi fece un salto indietro. Tremava… non era da lui.
-Tsu!! Tsu che hai visto? -Tenma era scattato in piedi.
-No…non può essere…

-Cosa non può essere? -Minaho aveva ripreso il controllo di sé. -Parla!
Tsurugi si sedette pesantemente su una sedia, si mise le mani sul viso ed iniziò a parlare. -Avete… avete presente quella povera ragazza che era vicino alla vetrata? La cameriera.
-Sì… -Manabe sospirò. -Poveretta… l’hanno uccisa.
Tsurugi si morse le labbra. -Lei… lei è qui fuori, in piedi, ed è come loro.


Per un attimo era scoppiato il caos.
-Cosa?
-Non è possibile!
-Tsu che stai dicendo? È assurdo!
Nessuno voleva crederci, nessuno poteva crederci. Il moro li invitò a guardare con i loro occhi… lo fecero, e dovettero credere.
-No… che… che cosa sta succedendo…
Minaho, la mano al mento, prese fiato e parlò. -Sembra proprio che questa situazione non sia poi tanto diversa da quei banali film horror con gli zombie mangiacarne…
-Che cosa?? Ma è assurdo! -Shinsuke si alzò in piedi spaventato.
-Eppure è così. Pensateci… infezione, contagio tramite morso… non saranno veri morti viventi, ma di sicuro non sono più in grado di intendere e di volere, e poi… avete visto quelle ferite. Non possono essere ancora vivi. No… sono solo contenitori per il virus, o l’entità biologica, o quello che è. -Minaho concluse alzando le spalle.
-Ma… come diavolo hanno fatto a riprodursi così in fretta? Un’ora fa le strade erano perfettamente normali! -Tsurugi strinse i denti. Non voleva alzare la voce.
-Questo lo so io! -Manabe si alzò in piedi, sorridendo e alzando il dito indice come faceva sempre quando stava per dare una spiegazione scientifica. -Equazioni di Lotka-Volterra! Ill differenziale del tasso di crescita di prede e predatori…
-Insomma! Ti sembra il momento di parlare di numeri? -Tsurugi sbattè il pugno sul coperchio del congelatore. Manabe smise immediatamente di parlare e iniziò a tremare leggermente.

-Ehi! Man voleva solo darci una mano! Non dovete trattarlo così! -Minaho si era messo immediatamente di fronte al suo ragazzo, come per proteggerlo. Tutti sapevano che, oltre la patina di scherzi e prese in giro che li portava a litigare in continuazione, si volevano profondamente bene.
-Tsu… hanno ragione. Ascoltiamo!  -Tenma mise la mano sulla spalla del fidanzato.
-Ok… ok, scusate. Man, non volevo… sono solo nervoso. Dicci tutto.
Il lilla sorrise debolmente. -Tranquillo… ti capisco. Nulla… dicevo solo che, per quella legge, quando le prede sono molte di più dei predatori, si assiste ad una rapidissima crescita di questi… nel giro di una sola generazione.
-Ciò… ciò significa…
Il lilla tremava vistosamente. -Già… noi… noi siamo le prede.


-Ragazzi… non possiamo rimanere qui.
Tenma era preoccupato. Da qualche minuto i rumori fuori erano aumentati, e avevano anche sentito alcuni di quegli esseri sbattere contro la porta. Erano convinti che non li avessero individuati, però…
-Tenma ha ragione. La porta non può essere chiusa a chiave, e se il sostegno che blocca la maniglia cedesse di colpo.. -Minaho rabbrividì. -Non possiamo rimanere qui. I nostri amici sono là fuori…
Da tempo tutti e cinque provavano ripetutamente a contattare gli altri membri della squadra e le loro famiglie, ma senza successo. Le linee telefoniche funzionavano poco e male, ed erano intasate.
-Io… io devo andare a prendere mio fratello!! Mio fratello non può camminare!
Tsurugi aveva avuto l’immagine del fratello davanti agli occhi in un istante. Doveva assolutamente correre ad aiutarlo. Assolutamente!
-E… e zia Aki è a casa da sola! -Tenma realizzò a sua volta la situazione.
-I… i miei genitori sono in viaggio di lavoro all’estero, grazie a Dio. In Corea… spero solo che questa cosa non sia arrivata anche là! In questi giorni dormo a casa di Min…

-Manabe! -L’arancione si morse un labbro. -Mia… mia madre! Quando siamo usciti era a fare la spesa! Era… era a fare la… spesa… -Gli occhi di Minaho si riempirono di lacrime. Manabe lo strinse forte.
-Vedrai… starà bene. Starà benissimo.
-Ragazzi… se volgliamo aiutare i nostri amici e i nostri parenti dobbiamo uscire di qui. -Tsurugi sospirò. -Ascoltatemi bene. Credo… credo che non sentano gli odori… questo non è un film. Altrimenti ci avrebbero già trovato. Penso che si orientino con la vista e i rumori… questo ci aiuta. Dobbiamo essere silenziosi e nascosti. Ho guardato dalla finestrella… il vicolo sul retro è sgombro. Usciremo e ci dirigeremo al parco in fondo alla strada. Lo spazio lì è grande… potremmo controllare tutte le direzioni, e decidere come muoverci.
Gli altri ragazzi erano terrorizzati, ma annuirono.

-Va… va bene Tsurugi. Comunque credo che… che dovremmo armarci tutti. Quelle bestie non sono molto veloci, e… e quello di prima non si è più rialzato dopo che gli ho infilato un coltello in testa. Penso che il virus si annidi nel cervello. Distrutto quello… -Minaho aveva recuperato la sua aria riflessiva e volitiva.
-Fa paura, ma è una buona idea. -Tenma sospirò. -Guardiamoci intorno…

Ci vollero solo cinque minuti. Una cucina era il posto perfetto per armarsi.
Tsurugi e Minaho, i più forti del gruppo, rimediarono una grossa mannaia da pesce ciascuno, e si infilarono nella cintura un coltello lungo a testa. Tenma si limitò ad un coltello da cucina, Shinsuke, che era troppo basso per combattere efficacemente, prese a sua volta un coltello e così fece anche Manabe.
-Ok. -Tsurugi prese la spalla di Minaho con un sorriso incoraggiante. -Stiamo tutti uniti, guardiamoci intorno e non perdiamoci mai di vista l’uno con l’altro. Siete i miei migliori amici, e vi voglio tutti al mio matrimonio con Tenma!
Nonostante la situazione tutti scoppiarono a ridere. Tsurugi era ombroso, ma sapeva sempre dare forza a tutti.

Si prepararono davanti alla porta mentre il moro rimuoveva lentamente il fermo alla maniglia. Minaho strinse la mano di Manabe e Shinsuke guardò Tenma con affetto e un po’ di paura. La porta si aprì silenziosamente, mentre Tsurugi guardava fuori.
-Ok… via libera! Mi raccomando ragazzi… stiamo attenti e andrà tutto bene!



Angolino horror:
Eeeeeccoci qua! Come promesso... faccio questo esperimento (sperando non sia troppo penoso!). Non ho mai scritto nulla di horror, ma avevo voglia di provare qualcosa di nuovo, con tanti personaggi da usare... speriamo bene!
Grazie a tutti, ragazzi e ragazze che volete cimentarvi nella lettura di questo sbobbone di roba e... a presto! :)

ROW99

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Capitolo 2
*** Ed ora... ci serve un piano! ***


Quando era iniziato il Risveglio, Shindou e Kirino erano più vicini al gruppo di ragazzi di quanto immaginassero Tsurugi e gli altri.

Il loro pranzo da piccioncini era saltato malamente. All’ultimo avevano ricevuto una telefonata da Matatagi che gli chiedeva aiuto. Era assurdo… diceva di sentire rumori strani fuori dalla porta di casa sua! Sua madre stava peggio del solito e non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto, e i suoi fratellini erano all’asilo.
Shindou e Kirino, senza la più pallida idea di cosa stesse succedendo e molto dubbiosi, visto che tra tutti proprio una richiesta di aiuto da quel lupo solitario di Matatagi non se la sarebbero aspettata, si sbrigarono a mettersi in moto verso casa del blu.
Durante il breve tragitto, solo un paio di isolati, avevano notato subito che qualcosa non andava… c’era poca gente in strada, e molte macchine della polizia vuote e speso con le sirene accese erano ferme agli incroci.

-Shin… che diavolo succede?
Il castano, che aveva appena avuto l’impressione di sentire un urlo provenire dal giardino di una casa, rabbrividì. -Non lo so… e non mi piace affatto. Perché la gente non è in strada? È mezzogiorno… e poi… non senti odore di fumo? Come se… come se ci fossero incendi, qui vicino.
Il rosa sospirò. -Shin… io ho un po’ di paura… grazie a Dio siamo arrivati.


La Casa di Matatagi era una semplice villetta bifamiliare in centro. Il loro amico e la sua piccola famiglia la dividevano con una coppietta sposata da poco, che occupava il lato sinistro della struttura. Davanti a loro un grosso condominio degli anni cinquanta, costruito per porre rimedio alle distruzioni dei bombardamenti, faceva ombra sulla strada.
Il cancelletto era aperto… Shindou e Kirino capirono subito che qualcosa non andava. Percorsero il vialetto con il cuore in gola… l’aria era strana. Bussarono alla porta… nessuna risposta.
-Ran… qualcosa non va. Guardiamoci intorno.
Non ci volle molto per capire che qualcosa fosse successo. La porta a vetri che dava sulla cucina del blu era sfondata. I due ragazzi vennero colti dalla paura.

-Guarda Shin! La signora Makoto! Grazie a dio… ma che ha?
Dalla parte opposta del cortile era apparsa la vicina di Matatagi. Indossava un grembiule da cucina sporco e macchiato e caracollava come ubriaca. Immediatamente i ragazzi corsero verso di lei.
-Signora! Signora Makoto! Che cosa è successo qui? La città è strana… sembra che ci sia una rivolta, o qualcosa di simile. Sono entrati dei ladri?
La donna non rispose. Quando sentì le voci, raddrizzò il collo e apri leggermente la bocca.
-Ehm… signora? È ferita? Shin… guarda… quello sul grembiule è… è…
Shindou si sentì mancare. -O mio Dio… è sangue.


Da quel momento tutto era stato rapidissimo. La signora Makoto si era scagliata verso di loro ondeggiando e tendendo le braccia spasmodicamente. Era ovvio che non fosse in sé. I ragazzi si voltarono e provarono a scappare per cercare aiuto ma… il cancelletto che dava sulla strada era bloccato dal marito della signora Makoto, che sembrava impazzito proprio come la moglie.
-Ran… che facciamo!! Che facciamo!!
Fu un secondo. Qualcosa li afferrò e li trascinò sul retro, dove un buco nella recinzione gli permise di uscire in strada. Quel qualcosa era Matatagi.
-M…Matatagi…
-Silenzio! Non fiatate e correte!

La strada era piena di persone, ora. Tutti ondeggiavano in quel modo strano e quando li vedevano iniziavano a barcollare verso di loro emettendo strani versi gutturali. Matatagi li aveva praticamente spinti verso il grande condominio che aveva il portone spalancato. Li trascinò dentro, quindi chiuse il portone. In pochi minuti erano nella cantina dello stabile, un locale poco illuminato da finestrelle impolverate e puzzolente.
Inutile dire che il castano e il rosa erano nel panico più totale e nella confusione più completa.
-Ma…Matatagi… perché la tua vicina ci ha aggredito? -Shindou non voleva ammettere di iniziare ad intuire qualcosa. Le voci che aveva sentito… il loro ritorno dallo spazio… il giorno prima, uscendo in macchina con il padre per andare a fare una visita sportiva, aveva addirittura visto una di quelle…cose. Era vicino al campo al fiume… lo aveva scambiato per un ubriaco. La polizia lo aveva gettato a terra… nulla di strano, aveva pensato.

-Quella non era più Makoto, Shindou. -La voce di Matatagi non era aggressiva. Da quando avevano imparato a conoscersi meglio, era diventato più sarcastico e sfrontato, ma anche più amichevole verso i suoi amici, ora che si era liberato di quella finta patina di cortesia che aveva quando si erano conosciuti. -Quella… cosa che hai visto… quella cosa era un risvegliato.
-Un… risvegliato? -Kirino non capiva.
Il blu sorrise sornione. -Esatto! È così che li ho chiamati! Prima che la TV smettesse di trasmettere, stamattina, hanno dato un Tg… parlavano di una malattia, credo. Dicevano “attenti! Non cercate di rivolgere la parola agli infetti… segnalatene la presenza agli agenti più vicini. Hanno detto che alcuni malati erano evasi dell’ospedale… che erano contagiosi. Avevano promesso che si sarebbe risolto tutto subito… hanno detto che è un virus nuovo, molto aggressivo. Ovviamente non ci ho creduto… è… è qualcosa di molto diverso, ragazzi. Makoto è… la signora Makoto… -Il blu aveva calcato la parola come ubbidendo a un ordine, in un residuo di rispetto che di sicuro gli aveva inculcato in testa la madre a suon di rimproveri. -Lei… lei è stata uccisa dal marito. Credo che… che lui fosse infetto. Le ha morso un braccio… e… e un minuto dopo era così! Assurdo… sembra un film. Penso che… che siano morti… almeno il loro cervello lo è. È il virus che li muove… che li usa per riprodursi.

Shindou era crollato su una sedia mezza rotta, la testa tra le mani. -Non può essere vero…
-Lo è. -Il blu sospirò. -Lo è…
Kirino iniziò solo allora a realizzare molte cose.-Ma… ma quindi… Matatagi… e… e tua madre? I tuoi fratelli?
Il blu si oscurò immediatamente. -Mia… mia madre non c’è più. Tranquilli… non è una di loro. -Alcune lacrime iniziarono a scendere lungo le guance del ragazzo. -È… è stato due giorni fa… io… io non ne avevo parlato con nessuno perché… perché… -Scoppiò a piangere.
-Ehi… mi… mi dispiace così tanto! -Kirino abbracciò il blu che si ritrasse un poco, prima di rilassarsi con un sospiro. -Se… se avessimo saputo…
-Non avreste potuto comunque farci niente. Mamma… mamma aveva pochi mesi, lo sapevate. -In tempo da record il blu si era tranquillizzato, e ora si sforzava di ostentare sicurezza. -Meglio che… che se ne sia andata prima di vedere… di vedere questo. Per quanto riguarda i miei fratellini… quando ho iniziato a sentire i rumori in strada, ho immediatamente telefonato all’asilo.  Le linee non erano ancora bloccate… sono riuscito a parlare per pochi secondi. La loro maestra e le altre hanno barricato il palazzo. Hanno un ampio cortile davanti e dovrebbero vedere se qualcuna di quelle cose si avvicina. Io… io voglio andare a salvarli!
-Anche… anche i miei genitori… spero siano chiusi in casa… -Shindou singhiozzò. -I tuoi, Ran? E… e i nostri amici…
Ranmaru si mise le mani tra i capelli. -I… i miei abitano al decimo piano di un grattacielo in centro, lo sai… dovrebbero… dovrebbero aver visto la TV… si… si saranno chiusi dentro. V… vero, Shin?
Il castano sorrise debolmente. -Certo… certo, Ran. Speriamo che Tenma….che Tenma e gli altri stiano bene… erano in centro a pranzo, dannazione! E Ryoma… Kariya… Tetsukado… dove diavolo saranno ora… speriamo siano tutti sani e salvi!
Il rosa annuì debolmente. -Speriamo… Matatagi! Che hai alla gamba?

Il blu si stava tamponando un rivolo di sangue con una pezzuola. Quando vide gli occhi terrorizzati dei suoi amici sussultò.
-Ehi… tranquilli! È un taglio… sono caduto su un gradino. Guardate!
Il ragazzo scoprì la gamba. Effettivamente la ferita era lunga e regolare, nessun segno di morso.
-Grazie a dio… aspetta, fammi vedere. -Shindou prese dal suo zainetto una bottiglietta d’acqua e ripulì la ferita. -Non è grave… premici sopra finché non smette di sanguinare.
-Ragazzi… che… che cos’è questo rumore? -Kirino si era allontanato di colpo dalle pareti. Matatagi si avvicinò ad una finestrella e scrutò fuori.
-O mio Dio… quanti cazzo sono!


La strada era quasi vuota.
Il gruppetto di ragazzi capitanati da Tsurugi era sbucano dal vicolo come un fiume in piena, trattenendo il fiato e pronto a difendersi con le unghie e con i denti, ma non era stato necessario. Le poche ombre ondeggianti in vista erano ben lontane da loro, apparentemente intente a sbattere la testa contro una saracinesca a una cinquantina di metri di distanza.
In compenso la strada era un disastro. Alcune automobili si erano scontrate ed erano ancora in fiamme, ed i cassonetti della spazzatura erano ribaltati. Tenma ebbe un conato di vomito quando vide una pozza di sangue sull’asfalto. Qualcuno aveva pasteggiato a carne umana, lì.
-Ssst… cento metri e siamo nel parco… non fate rumore, state tutti uniti e correte!
Il moro fece cenno ai ragazzi di seguirlo. In pochi secondi erano in marcia, il più silenziosamente possibile, tra le automobili in fiamme. Si erano resi conto che i mostri erano molto più vicini di quanto avessero pensato, ingannati dal fumo e dalla paura. Un rumore di media intensità e li avrebbero fiutati.

Il parco non era molto distante. Sessanta, forse settanta metri e avrebbero raggiunto il cancello dietro al quale si vedeva l’azzurro del fiume. Il piccolo polmone verde costeggiava un laghetto circondato di ciliegi, quindi seguiva il fiume attraverso la città restringendosi sempre più fino ad arrivare al quartiere scolastico e al campo al fiume, dove si interrompeva in prossimità del grande ponte. Buona parte del percorso era composto da vialetti e prati… non troppo pericoloso e ricco di nascondigli. Sarebbe stato perfetto per fermarsi e preparare un piano sul da farsi.

Manabe tremava come una foglia, sostenuto da Minaho. A cosa serviva essere un genio della matematica di fronte a quella situazione? Si sentiva male…odiava essere debole, soprattutto di fronte a Minaho, con il quale era in perenne competizione.
-Ehi… Man, sono qui con te, ok?
Ecco. Bastava una semplice frase per spiazzarlo. A volte la scorza sarcastica dell’arancione lasciava uscire parole di tenerezza estrema. Lo amava anche per quei piccoli momenti segreti che dedicava solo a lui.

-Ragazzi! -Tsurugi sussurrò con veemenza all’insegna degli amici. -State attenti… questi maledetti incendi… la strada è coperta di ferro e gomma fusi…
Troppo tardi. Un grido risuonò lungo la strada. Tenma aveva appena preso in pieno un cerchione, che rotolò per dieci metri provocando un rumore infernale. Il castano rimase come paralizzato, quindi urlò.
Immediatamente le creature, attratte dal rumore, lasciarono perdere la saracinesca ed iniziarono a guardarsi intorno. Il fumo sembrava confonderli, ma se Il rumore fosse continuato li avrebbero di certo avvistati.
Tsurugi si lanciò verso il fidanzato e gli tappò la bocca con la mano. -Ten!! Ti prego stai zitto… non voglio che ti prendano! Ti prego!!
Il castano soffocò le grida nella mano del moro. Piangeva.
-Ragazzi, aiutatemi! Prendiamolo in braccio e corriamo! Fanculo alle precauzioni! -Tsurugi fece girare il braccio sinistro di Tenma intorno alle spalle. Immediatamente Minaho fece lo stesso con il braccio destro. Si lanciarono verso il parco, mentre per fortuna le creature erano ancora confuse.
Manabe e Shinsuke chiudevano il gruppo mentre Tenma, stretto tra i due amici, riprendeva il controllo di sè. In meno di un minuto erano nel parco, e in due minuti si erano riparati in una piccola radura. Non gli sembrava vero che fosse andato tutto bene! Nessuno in vista intorno a loro… il parco in quella zona sembrava sgombro. Si sedettero sull’erba cercando di rallentare i battiti, mentre Tsurugi toglieva la mano dalla bocca del fidanzato.
-Dannazione! Scusate, ragazzi...


Dopo essersi assicurati che il stesse bene, il problema principale era quello di decidere il da farsi.
-Forse… forse dovremmo cercare di raggiungere la caserma della polizia…
-La polizia, Shinsuke? -Minaho aveva portato la mano al mento. -Io non credo che esista ancora una polizia, in città. In effetti non sappiamo nemmeno fin dove è arrivata l’infezione… tutto il Giappone potrebbe essere coinvolto.
-Ma… Ma se così fosse… -Tenma tremava di paura. -Se così fosse, dovremmo cercare un modo di sopravvivere finché qualcuno non verrà a prenderci, oppure finché il governo, o l’esercito, o chi per loro non riusciranno a riprendere il controllo della situazione. -Manabe era intervenuto come suo solito, con voce calma e intellettuale, come se risolvesse un problema di matematica e non stesse lottando per sopravvivere insieme ai suoi amici.
-Allora… ragioniamo. -Tsurugi prese la parola. -Prima di sera dobbiamo trovare un posto sicuro per la notte, nonché qualcosa da mangiare… e poi dobbiamo andare a cercare i nostri cari e i nostri amici. Io… io sento che stanno bene. Mio… mio fratello… la zia di Tenma… la madre di Minaho… non possiamo lasciarli soli.
Tutti annuirono angosciati. Il pensiero dei loro cari e dei loro amici li riempiva di preoccupazione.

-Ma… Ma sono già le due! Prima di sera non avremo mai fatto tutto, contando che dobbiamo essere cauti nei movimenti! -Shinsuke era confuso.
-È per questo che ci divideremo! -Tsurugi strinse i pugni deciso. -Minaho… tu e Manabe andrete a cercare tua madre. Tenma e Shinsuke andranno a cercare sua zia ed io… io andrò in ospedale da mio fratello.
-Ma… Ma Tsu! È troppo pericoloso! -Tenma era scattato in piedi. -L’ospedale… è stato il primo focolaio di infezione! Sarà pieno… pieno di quelle cose! Ascolta… vieni con noi… poi andremo tutti insieme!

Il moro strinse i pugni ancora più forte. -Io… io… -Sapeva che il castano aveva ragione, ma non riusciva ad accettarlo. -Io… va bene. Allora vengo con voi. Appuntamento tra un’ora in questo stesso punto… poi tutti e cinque insieme andremo all’ospedale. Sia chiaro… al primo pericolo che vi possa minacciare, andrò avanti da solo. La mia priorità è salvare mio fratello, ma anche salvare voi… siete i miei amici.
Un sospiro generale scosse i cinque ragazzi. Erano pronti alla loro missione, ma allo stesso tempo completamente impreparati ad affrontare una realtà così assurda e nuova rispetto a quella che conoscevano.

-Ok… mi raccomando. State nascosti, evitate assolutamente i luoghi chiusi e non perdetevi mai di vista. Al primo pericolo tornate di corsa qui e aspettate gli altri. Se non riuscite a completare il compito in un’ora tornate comunque indietro, oppure verremo a cercarvi. -Tsurugi stava finendo di istruire Minaho e Manabe, mentre a sua volta si preparava per andare con Tenma e Shinsuke. -Vedrete… andrà tutto bene!
Si sorrisero debolmente a vicenda e si diedero il cinque, quindi i due gruppi si allontanarono in direzioni opposte, camminando in silenzio e con attenzione. Ogni albero, ogni ombra poteva nascondere un pericolo. Avrebbero fatto qualunque cosa per proteggere coloro a cui volevano bene.


-Maledizione! Non possiamo uscire! Sono qui fuori!
Matatagi ora sembrava spaventato. Si era precipitato a spingere una pesante scaffalatura davanti alla porta aiutato da Shindou, ma il rumore ne aveva attirati ancora di più. Sembrava che tutta la strada si fosse concentrata fuori dal condominio.
-Bastardi… quando mamma non aveva soldi per pagarvi manco un pugno di riso ci avreste dato, e ora invece siete tutti qui! -Il blu aveva visto un gruppo di negozianti a lui familiari barcollare nel cortile.
-S…Shin? E adesso che si fa? -Kirino aveva ripreso il controllo di sé.
-Non lo so, Ran. Speriamo che se ne vadano in tempi brevi… non dobbiamo fare rumore. Ora è tutto chiuso… non riusciranno ad entrare. Per ogni evenienza…
Il castano prese un vecchio assale da pompa, un lungo oggetto di ferro vagamente appuntito. Sarebbe stato un’ottima arma adatta a tenere a distanza una di quelle cose, ma se fossero state in gruppo… rabbrividì al solo pensiero. -Guarda Ran… lì c’è un’accetta da legno! È leggera… se stai attento a non tagliarti direi che puoi tenertela vicina… non si sa mai.

Il rosa sorrise debolmente. -Ok… io e un’accetta? Giochiamo a barbie falegname…
Nonostante la situazione Shindou scoppiò a ridere. Trovava dolcissimo quando Kirino si prendeva in giro da solo per i suoi capelli e i suoi tratti delicati. Sapeva che era un ragazzo molto forte.
Il blu sospirò sforzando un sorriso.
-Va bene… ora cerchiamo di fare silenzio. Vedrete che se ne andranno… basterebbe un rumore forte dalla parte opposta della strada. Speriamo che succeda qualcosa…



-Sei certo che sia sicuro passare per la strada principale? È tutta allo scoperto…
Manabe correva dietro al suo migliore amico, nonché ragazzo, sbuffando affannato. Certo, ora che giocava a calcio aveva fiato e muscoli, ma Minaho andava come un fulmine e silenzioso come un gatto.
-Certo! Vuoi infilarti in un vicolo per diventare la cena di una di quelle cose? Tu facevo più sveglio, genio!
Manabe arrossì. -Scusa se non sono sveglio come te, Indiana Jones! Sono un matematico, non un agente segreto, e la matematica dice che la retta è il tragitto più veloce tra due punti!
-Ma se nel bel mezzo della retta c’è uno zombie che ti vuole assaggiare? Grazie a Dio esiste la curva, Manabe! Dai… lascia stare la tua logica per un po’! Io non…

-Non? -Il lilla sembrava nervoso.
-Niente… niente, lascia stare.
-E no che non lascio stare! Se mi tratti come una pezza da piedi ho tutto il diritto di sapere almeno il perché. NON??
-Non… non… non voglio perderti, ecco! All’inizio eri il mio unico amico, e adesso sei non solo il mio migliore amico ma anche il mio ragazzo… sei l’unica persona al mio livello intellettivo, e non lascerò che ti facciano del male, se proprio vuoi saperlo.
Minaho aveva parlato con tono di voce tranquillo, un po’ imbarazzato, e le sue guance pallide si erano imporporate. Manabe scosse la testa sorridendo.
-Anche io ti amo.


Appena uscirono dal parco, all’altezza del quartiere dove aveva casa l’arancione, notarono subito qualcosa di strano. Innanzitutto niente risvegliati in vista.
-Curioso… quando siamo passati vicino al ponticello, poco fa, la strada oltre gli alberi ne brulicava… qui è tutto troppo tranquillo… non mi piace affatto. -Manabe tremava leggermente, ma era risoluto.
-Stai vicino a me, insopportabile genietto. Non voglio cercarti per tutta la città! -Minaho prese saldamente la mano del lilla, facendolo arrossire. -E… dimenticavo. Tranquillo, se anche non dovessimo… non dovessimo trovare mamma, io rimango con te.
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… Ma come…
-Devi imparare a nascondere meglio i tuoi sentimenti, se vuoi impedirmi di leggerli. Sono un detective, ricordi? È tutto prima che tremi… e calcoli nella testa. Lo fai sempre quando vuoi rilassarti, e parlotti a bassa voce. Tranquillo, non voglio certo diventare la cena di quelle cose, e non permetterò che lo diventi nemmeno tu. Ora però stai tranquillo, ok? Vieni qua…
L’arancione abbracciò il suo ragazzo. Un abbraccio rapido, casto. Un solo istante, eppure… Manabe ora era molto più tranquillo.


-M…Manabe! Guarda laggiù!
Minaho aveva spalancato gli occhi indicando qualcosa a metà della strada, poco lontano dal cortile di casa sua. Manabe si pulì in tutta fretta gli occhiali nella maglietta e seguì con gli occhi il dito indice del suo amico.
-Ma… Ma quelli sono…
-Sono carri armati! O mio Dio… l’esercito!
I ragazzi non sapevano se ridere o piangere. Corsero verso i mezzi incuranti del pericolo, e per fortuna la strada sembrava deserta, altrimenti qualcosa avrebbe potuto aggredirli!

-Ehi! Ehi dentro il carro! C’è nessuno?
Minaho batteva i pugni sulle pesanti lamiere del mezzo. Da dentro nessuna risposta. Si fermò solo quando Manabe gli mise una mano tremante sulla spalla. -M…Min… guarda…
L’arancione guardò a terra, dove Manabe stava indicando. Rabbrividì. L’asfalto era coperto di bossoli e una lunga striscia di sangue rosso partiva dal portellone del carro amato per poi dirigersi attraverso le macchine bruciate verso un cortile lì vicino. I ragazzi iniziarono a sudare freddo.
-Minaho… qui non mi piace affatto. Andiamo a prendere tua madre e andiamo subito via di qua…
L’arancione annuì. Prese la mano del lilla e insieme raggiunsero il vialetto della piccola villetta dove risiedeva… tutto sembrava tranquillo ma… la porta era aperta.

-No… -Minaho si morse le labbra e corse dentro casa come un fulmine. Manabe, sconvolto, lo seguì di corsa. Entrò a sua volta in casa, ma non riuscì a trovare l’amico. Si sentì morire.
-Min!! Min!! Dove diavolo ti sei cacciato!! Dove sei fin…
Una mano gli chiuse la bocca. Manabe soffocò un grido. -Ssst!! Sono io… in… in cucina c’è uno di loro!
Manabe ansimava. -Mi… mi hai fatto prendere un colpo, dannazione!
-Man… ho… ho paura che abbia preso mamma!!
L’arancione scoppiò in lacrime, disperato. Manabe era completamente spiazzato. -Aspetta… aspetta… non è lei, no? Fammi vedere…

Il lilla percorse il corridoio circospetto e si affacciò alla porta della cucina. Il mostro era in piedi, barcollante, di fronte al frigorifero. Doveva essere stato un operaio, a giudicare dal giubbotto catarinfrangente inzuppato di sangue. Manabe trattenne un conato di vomito. Stava per retrocedere quando lo vide. Un foglietto di carta attaccato al frigorifero, proprio davanti alla creatura,  e sembrava scritto!
Non ci pensò due volte.  Ripensandoci a mente fredda, quella sera, al fianco di Minaho, rabbrividì del suo gesto sconsiderato… e se lo avesse sentito? E se ce ne fossero stati altri nascosti? Cosa gli era preso? Ragionare sempre, dannazione!
Forse fu il dispiacere per il suo ragazzo che aveva appena perso la madre, o almeno così temeva… sta di fatto che si scagliò sulla creatura come una furia. Manabe Jinichirou, il ragazzo più tranquillo e pacato del mondo, anche se a volte un filino presuntuoso, si ritrovò a rigirare un coltello da cucina nel cranio di quello che una volta era stato un uomo.

Il mostro non fece nemmeno in tempo a percepire il rumore. Crollò al suolo gorgogliando proprio mentre Minaho entrava nella stanza allibito.
-Che… che diavolo…
Il lilla era terrorizzato. Quando sentì la voce del suo migliore amico nonché ragazzo fece uno scatto clamoroso, finendo per rovesciare tutto ciò che era sul ripiano della cucina. Minaho scattò indietro, ma non riuscì ad evitare che un pesante pentolone gli finisse dritto sul piede destro. L’arancione urlò di dolore, afferrandosi il piede.
-Oddio Min! Che ho combinato! Min!
-Il… il mio povero piede! Manabe, mi hai azzoppato!  Ahia! Ahia!! -L’arancione saltellava per la stanza tenendosi il piede in preda al dolore.
-Min! Ti fa molto male? Mi dispiace così tanto…aspetta… che… che sta succedendo…
Rumori sul retro. Il caos aveva attirato alcune di quelle cose! Il lilla gemette di terrore. Afferrò il foglietto dal frigo strappandone un angolo, quindi corse come un matto verso il suo migliore amico. -Fuori di qui!! Fuori di qui subito!!

Corsero verso la porta. Ci misero un attimo, quindi si ritrovarono fuori a correre come matti verso il parco. Manabe sosteneva l’amico che zoppicava vistosamente. Si fermarono solo quando furono al sicuro, in una radura aperta e vuota.


-M…Manabe… che diavolo ti è preso! -L’arancione, gli occhi ancora lucidi, diede un ceffone al suo ragazzo che arrossì. -Potevi morire!!
Il lilla strinse i denti. -Io…io… perdonami, ti prego! Volevo… volevo prendere questo….
Così dicendo passò all’arancione il foglietto. Minaho lo afferrò e lo lesse avidamente.
-M… Man… g…guarda….
Il foglietto sembrava scritto in tutta fretta. La calligrafia era quella della madre del ragazzo.

“Arrivato esercito, evacuano la città per qualche strano motivo… Minaho ti prego appena leggi questo corri con Manabe verso i primi soldati che vedi! Non so che succede, ma sapere che siete lì fuori in pericolo mi terrorizza. Dicono che ci portano all’aeroporto. Chiedi che vi riportino da me, ti prego.
La mamma.”


Manabe non si sarebbe mai aspettato di dover consolare il suo migliore amico nonché ragazzo in mezzo ad un prato. -Almeno, -pensò -è un pianto di gioia…
L’arancione non ne voleva sapere di lasciare la maglietta di Manabe. -M…Man… grazie!! Grazie!!!
-E di cosa? Guarda che mi hai anche dato un ceffone…
-S…scusa!! Non volevo che tu succedesse qualcosa… ma… ma tu mi… mi…
Il lilla sorrise, scuotendo la testa. -Perdonato! Piuttosto… anche tu sei sparito in camera tua! Che diavolo ci facevi? Ti sei messo in pericolo! Se ci fosse stata una di quelle cose?
Minaho si asciugò le lacrime e sorrise a sua volta. -Guarda…

Aprì il palmo della mano. All’interno del suo pugno teneva nascosta una catenina d’argento.
-È quella che mi hai regalato quando ci siamo fidanzati, la settimana scorsa… dicevi che un anello  era troppo poco adatto alla mia carnagione… e che l’argento era vivo e allegro come me…
Manabe era allibito. -Tu… tu ti sei messo in pericolo per… per prendere il mio regalo…
L’arancione sorrise ancora. -Scusa…
Manabe avrebbe voluto proprio dargli un pugno… e invece lo abbracciò!

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Capitolo 3
*** La scienza viene sempre in aiuto! ***


-Shin… io inizio ad avere fame…
-Kirino, ma ti sembra il momento? Siamo circondati da quelle cose, chiusi in una cantina puzzolente e senza nessuna immediata possibilità di andarcene da qui! -Matatagi, gli occhi stranamente lucidi, si alzò dal secchio ribaltato sul quale era seduto.
-Ran… purtroppo temo che qui sotto non ci sia nulla da mettere sotto i denti… -Shindou sospirò. -In effetti, però... è dalla cena di ieri che non tocchiamo cibo, e non sappiamo quanto dovremo rimanere qui… ore, forse tutto il giorno… forse anche la notte. Dobbiamo trovare qualcosa da bere e da mangiare, o non potremo difenderci efficacemente.
Il blu scosse la testa. -Capisco, ma… come facciamo? Non possiamo uscire di qui, finché il cortile brulica di quei mostri!

Il castano si mise a riflettere attentamente. -Mh… Matatagi, se non erro quando siamo entrati nel condominio hai chiuso il portone. E se…
-Non ci pensare nemmeno! È troppo pericoloso!
Shindou scosse violentemente la testa. -Pensaci! Con il portone chiuso non possono essere entrati… gli appartamenti ai piani superiori saranno di sicuro pieni di cibo e acqua! Potremmo anche trovare armi migliori, o oggetti utili…
Il blu strinse i pugni. -Non esiste! Perché pensi che mi fossi rifugiato in questa cantina, prima del vostro arrivo? Il palazzo è stato contagiato subito… ho sbarrato la porta delle scale, ma ai piani alti ci sono ancora alcuni risvegliati. Non… non possiamo…

Il castano prese la mano del rosa.
-Quanti sono?
-Dieci… forse quindici… ma non sappiamo nemmeno se si muovono in gruppo! Se ci bloccassero in un corridoio…
-Shin , forse ha ragione… in fondo non abbiamo così bisogno di mangiare subito… magari fra poche ore saremo fuori…
-Tu dici? -Shindou sospirò indicando la finestrella che dava sul cortile. Quelle cose erano così tante da cadere una sull’altra.

Ranmaru non rispose. Matatagi si morse le labbra. -Se… se dobbiamo farlo, ci serve un piano.
-In effetti… conosci l’interno del palazzo?
Il blu sorrise. -Quando ero piccolo e mamma stava meglio, spesso veniva qui a fare le pulizie. Ricordo bene la disposizione degli ambienti, delle scale e dei vani ascensori. Ogni pianerottolo è separato dal piano da una porta tagliafuoco… se raggiungiamo il primo piano possiamo isolarlo dagli altri chiudendola! Certo, un paio di quelle cose potrebbero essere al primo piano… ma ne chiuderemmo fuori la maggior parte. Se stiamo vicini e molto attenti forse… forse possiamo anche farcela.
Shindou sospirò. -Non possiamo… dobbiamo! Ran… tu rimani qui. Andiamo io e lui.
-Non se ne parla! Shindou, io vengo con te. Non ascolto ragioni!

Il castano sorrise scuotendo la testa. Kirino era troppo forte per contraddirlo! -E va bene… però stammi vicino. Se… se ti succedesse qualcosa...
-Non succederà. E ora…
-Ora prepariamoci. -Matatagi si avvicinò cautamente alla porta. -Dovremo essere veloci…


-Ten… tua zia starà bene, vedrai. Il vostro è un quartiere tranquillo.
-Non… non penso che significhi molto ora, Tsu… -Tenma aveva gli occhi lucidi. A volte odiava essere così infantile… anche se Tsurugi diceva che non lo era affatto, ma era solo molto sensibile.
-Beh… Tenma, Tsurugi ha ragione in fondo. Tua zia si sarà chiusa in casa, e starà benissimo… -Shinsuke parlava piano, mentre seguiva i due amici.
Il tragitto era stato difficile. I due incroci che avrebbero dovuto attraversare erano pieni di quelle cose, ed erano stati costretti a fare un giro molto lungo. Era già passata mezz’ora dalla loro partenza, e si dovevano affrettare se volevano incontrarsi al parco con Minaho e Manabe nel tempo deciso.
Per fortuna casa del castano era abbastanza lontana dalle vie di massimo transito. Riuscirono a raggiungerla senza troppi problemi una volta superato il primo blocco. Sembrava tutto tranquillo, e le tapparelle delle finestre erano alzate come un giorno qualsiasi.

-Stammi dietro… la porta è socchiusa, non mi piace. -Tsurugi spinse a forza il suo ragazzo dietro alle spalle, quindi si mise in marcia lungo il vialetto. Arrivato alla porta la aprì con cautela… il corridoio era sgombro. Nessun segno di lotta, niente di strano… i suppellettili erano a posto.
-Ten, scusa se non tolgo le scarpe… -Il moro tentò di sdrammatizzare, ricevendo in cambio un debole sorriso dal suo ragazzo.
Si diressero verso la cucina, in fondo al corridoio, guardando in ogni stanza con cautela. Tutto normale. Tenma avrebbe voluto chiamare la zia a voce alta, ma Shinsuke e Tsurugi gli avevano tappato la bocca. Il castano era stupito… sembrava che fossero addestrati per una situazione così orribile.
La porta della cucina era a un passo… la spalancarono pianissimo.

-Zia Aki!! Tenma fece un enorme sorriso e si slanciò verso la donna, seduta di spalle al tavolo della cucina.
-Fermo! -Tsurugi lo afferrò per un braccio. -Sta… sta dormendo? Non mi piace…
La donna aveva la testa appoggiata sul braccio destro, mentre il sinistro pendeva dal tavolo in maniera innaturale. Del sangue gocciolava sul pavimento dalla superficie del tavolo. Tenma raggelò mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
-No… non può… non può essere… morta...

Tsurugi si avvicinò con circospezione al corpo. Vide proprio ciò che temeva… una grossa ferita slabbrata su una spalla. Palesemente un morso. A giudicare dal sangue, la donna non poteva essere sopravvissuta.
-Tenma… io…
Fu un istante. Il cadavere si alzò di colpo dal tavolo con un suono simile ad un mucchio di ossa che si frantuma. Era come se le giunture fossero scattate tutte insieme. Quella che era stata la zia di Tenma era in piedi di fronte a loro, trasformata. Aveva qualcosa di strano, però… qualcosa negli occhi. Sembravano più vigili, più… emotivi.
-Ten!! Via!! Andiamo via!!!
-Aspetta… Zia! Zia… sei viva? -Il castano di avvicinò al corpo in piedi di fronte a lui. La donna aveva la mandibola in preda agli spasmi e digrignava i denti, mentre le braccia sbattevano ridicolmente l’una contro l’altra.
Scattò. Sbattè violentemente contro il frigorifero e cadde in ginocchio, quindi si rialzò faticosamente. Sembrava sofferente. Si lanciò ancora verso il castano, finendo per investire il pesante tavolo di quercia che si ribaltò. Tsurugi si lanciò davanti al suo ragazzo, ma così facendo il tavolo gli crollò contro il ginocchio. Il ragazzo cadde.

La donna sembrava sul punto di afferrare Tenma… fu allora che avvenne qualcosa di veramente incredibile. Con le mani contratte afferrò un coltello da cucina sul ripiano cottura… e se lo infilò in un bulbo oculare, cadendo a terra definitivamente morta.
Tenma era sotto shock, e Shinsuke al pari di lui. Fu il piccolo il primo a riprendersi. -Ten… aiutami! Dobbiamo aiutare Tsurugi!
-Tsu! Oddio… ti sei rotto qualcosa?
Il moro quasi piangeva. -Non… non credo… dobbiamo… dobbiamo andare via di qua! La… la cosa che ha aggredito tua zia potrebbe essere nei dintorni…
-Ma… Ma non puoi camminare…
-Tranquillo, posso farcela. Presto… torniamo al parco.


Sorreggere Tsurugi per tutto il tragitto fu difficile. Il moro non riusciva a camminare e. Shinsuke era troppo basso per aiutarlo. Fortunatamente non incontrarono mostri, oppure sarebbe stato impossibile arrivare al parco sani e salvi. Ora mancava solo l’ultimo pezzo di strada da fare… quello necessario ad arrivare alla radura dove dovevano ricongiungersi a Minaho e Manabe.
-Ok… fermiamoci qui. -Il castano, ansimando, aiutò Tsurugi a sedersi a terra. -Scusa ma… sono… sono senza fiato. Il posto è sicuro, e dobbiamo riposare… non è tardi.
-Senti… Ten…  -Il moro strinse i denti per il dolore. -Tua… tua zia… mi… mi spiace.
Il castano sospirò. -Le volevo bene… però… però hai visto che ha fatto? Non voleva  farci del male… forse… forse se vengono infettati e… e non muoiono per le ferite riportate, il virus non riesce a prendere il controllo del tutto… aveva… aveva un barlume della vecchia persona che era negli occhi.



-Shin… senti questo odore? È… è terribile…
Kirino era alle spalle di Shindou, che camminava al fianco di Matatagi. Per fortuna la strada fuori dalla porta dello scantinato era sgombra, ma un lungo corridoio buio li separava dalle scale. Il condominio era vecchio, e quando era stato costruito la legge non imponeva ancora le finestre nei locali non destinati ad abitazione. Benché fosse da poco passato mezzogiorno, la penombra li avvolgeva. Inutile dire che la corrente elettrica era andata... nessuno lavorava più alla centrale, e ovviamente un semplice condominio non aveva un generatore autonomo. Era troppo vecchio pure per i pannelli solari.
-Kirino… non chiediamoci cosa sia, è meglio. Pensiamo a raggiungere le scale…
In realtà Shindou sapeva bene cosa fosse quel fetore dolciastro. Sangue, vomito, putrefazione. Era giugno… i corpi si sarebbero disfatti in fretta. Sia quelli stesi… che quelli in piedi.

Finalmente giunsero alla fine del corridoio. Shindou aveva proposto di rischiare meno perquisendo i locali del piano terra, ma Matatagi li aveva dissuasi. -Sono solo ripostigli e la guardiola del portinaio… niente cibo da quelle parti, purtroppo.
Il pianerottolo era sgombro. Circospetti salirono al primo piano, precipitandosi poi a sbarrare la porta tagliafuoco per chiudere fuori i piani superiori. Era apparentemente tutto tranquillo… anche se il blu era certo che non fossero soli. Il primo piano era abitato da molte famiglie… impossibile che quelle creature così goffe avessero raggiunto le scale e fossero salute ai piani superiori.

-Ok… Shindou, gestiamo così la situazione. Perquisiamo il primo appartamento sulla sinistra… prendiamo quanto possibile e torniamo un fretta di sotto. Questi appartamenti sono troppo esposti per diventare la nostra nuova base, e hanno una sola uscita. Mi raccomando… rapidi, silenziosi e attenti. Al primo pericolo si  corre di sotto e si isola il piano.
Shindou e Kirino annuirono, sorridendo per darsi forza. La porta era ad un passo… in un istante furono dentro.
Per precauzione chiusero piano la porta alle spalle, consapevoli di correre un grosso rischio isolandosi dentro… del resto non farlo li esponeva a rischi maggiori. Avevano sentito brutti rumori in fondo al corridoio.
Fortunatamente l’appartamento sembrava sgombro. Non erano certi fosse una fortuna… se fosse stato vuoto da tempo, non avrebbero trovato cibo.

Fortunatamente furono presto contraddetti. C’erano così tante foto… era una coppia di anziani. Insieme su una panchina, insieme a cena, insieme al mare… insieme da giovani, davanti a una casa distrutta. Lui era vestito da militare, lei era bellissima. Dovevano avete più di novant’anni… Kirino ebbe un tuffo al cuore. Pensò ai suoi nonni in Vietnam… vivevano lì da molti anni. Chissà cosa pensavano gli fosse successo, in tutto quel casino… una lacrima gli scese sul viso. Sperava che quei due signori sconosciuti ma così familiari se la fossero cavata.
Entrarono in cucina. Un ambiente pulito, piccolo e delizioso. I suppellettili erano delicati, le tendine a fiori luminose. Incurante di tanta dolcezza, Shindou si mise insieme a Matatagi a cercare nei cassetti e nella dispensa. Inutile cercare nel frigo… non avrebbero potuto conservare gli alimenti con quel caldo.

Mentre il suo ragazzo cercava, gli occhi di Kirino caddero su un calendario a muro, a disegni colorati. Un’intera settimana, la loro,era contrassegnata dalla scritta “In Europa dai nostri amati nipotini!”. Il rosa si trovò sul viso alcune lacrime di gioia. I due vecchietti erano salvi!
Inutile dire che la felicità del rosa si riflesse immediatamente sul gruppo. Vedendolo sorridere, anche Shindou sorrise, e Matatagi con lui. Tutto sommato era andata bene… avevano sei bottiglie d’acqua, due scatole di cracker, un sacchetto di biscotti, grissini e qualche scatoletta di tonno. Un discreto bottino. Prima di uscire dall’appartamento però perquisirono le altre stanze, recuperando in tutta fretta delle garze, qualche utile pasticca di antibiotico (-Non si sa mai! Potremmo ferirci! -Aveva detto un previdente Matatagi) e tre coltelli a lama lunga da pane, ottimi per difendersi in caso di emergenza.

-Bene! Sarete soddisfatti del vostro capo, no? -Matatagi rise.
-Ehm… capo? Da quando sei il mio capo? -Shindou, preso dall’entusiasmo, ridacchiò insieme al suo ragazzo.
-Beh… da circa…
Matatagi ammutolì, sbarrando gli occhi. Shindou e Kirino non capivano.
-Ehi… che… che succede?
Il blu ingoiò la saliva. -Non… non lo sentite anche voi?
Shindou e Kirino aguzzarono l’udito. Era vero… si sentiva qualcosa nell’ombra del corridoio. Una sorta di lamento… simile a un ringhio sommesso. Erano paralizzati dalla paura. Videro qualcosa guizzare nel buio verso di loro.
-Via!! Via!!

Corsero verso le scale e si lanciarono al piano terra… qualcosa li seguiva. Si gettarono in cantina e sprangarono la porta ansimando… qualcosa vi sbattè contro urlando.
-Dio… Dio mio, che cos’è? -Shindou aveva afferrato il coltello sudando freddo.
-Non ne ho idea! Fate silenzio!! -Matatagi si portò l’indice alla bocca.
In pochi minuti i colpi cessarono, e si sentì qualcosa strisciare lontano dalla porta. I tre ragazzi sospirarono di sollievo sedendosi a terra di peso.
-Quella… quella cosa era diversa… veloce, feroce! Che diavolo…
Shindou era confuso. Il blu sospirò. -Ho un sospetto… ricordate… ricordate il dobermann della signora Makoto?
I due ragazzi, spaventati, annuirono.
-Bene… avete appena rivisto il cucciolone.



-Ragazzi!! Siete tutti salvi! Iniziavamo a preoccuparci… -Minaho si alzò in piedi insieme a Manabe appena vide i suoi amici apparire. Tenma, Tsurugi e Shinsuke si precipitarono immediatamente a raccontare cosa gli era successo.
-Mh… ho una teoria. -Manabe aveva alzato l’indice mentre un raggio di sole gli faceva scintillare gli occhiali.
-Una… teoria? Manabe, se è una delle tue solite assurdità matematiche guarda che…
-Minaho! Aspetta… lascialo parlare.  -Tsurugi sorrise debolmente, mentre l’arancione sbuffava incrociando le braccia.

Manabe, leggermente rassicurato, riprese parte della sua baldanza. -Allora… la mia teoria si divide in due parti. Mi è servita mezz’ora per pensarla! Un tempo record per i miei standard capacitativi…
Minaho sbuffò ancora più forte. -Sentitelo, il presuntuoso!
-Diceeeeevo… -Il lilla riprese a parlare ignorando bellamente il suo ragazzo. -Innanzitutto… la parte più semplice ha avuto conferma con quello che mi avete appena detto. Abbiamo due tipi di infetti… quelli propriamente “morti”… e questo è davvero un miracolo biologico… sono lenti, goffi, disarticolati. Il virus prende il controllo del loro cervello ma non può preservare la loro coscienza… sono predatori, meno coscienti di quanto non lo sarebbe un cane narcotizzato. Si muovono in gruppo… forse emettono qualche ormone che li fa riconoscere tra loro… così da non azzannarsi. Sono pericolosi… sembra che però un buon colpo in testa possa farli fuori, danneggiando il cervello.
-O mio Dio… allora sono davvero zombie… -Shinsuke era quasi eccitato, nonostante la situazione.
-Già… -Il lilla sospirò. -Il problema però sono gli altri… da quello che ho capito, ne avete incrociato uno. Chi viene infettato ma non ferito così gravemente da morire si trasforma. Sono veloci… feroci e aggressivi. Forse conservano qualche barlume di coscienza, visto quello che ha fatto la povera Aki. Questi sono davvero letali… stiamo attenti se capitassero sulla nostra strada.

I ragazzi erano allibiti. Manabe approfittò del loro silenzio sconvolto per continuare.
-Bene… e ora la parte più interessante! Questo è il cuore della mia teoria. Allora… il virus ovviamente non utilizza tutti gli apparati dei corpi che invade… sarebbe un inutile spreco di energia. Cosa serve un sistema nervoso a uno zombie? Anzi, se non provano dolore per il virus è meglio. Diciamo che utilizza i muscoli, la vista, l’udito… tutto ciò che può servire per riprodursi. Alla fine è questo che vuole… infettare,  riprodursi. Questo è un comportamento comune a virus, batteri e parassiti, quindi non sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Di certo è qualcosa di biologicamente efficace e intelligente, se così si può dire. Ora… mi sono chiesto… dove prendono energia? Ne serve tanta! Non mangiano… se mordono è per infettare. Senza glucosio assunto attraverso il cibo, non dovrebbero avere l’energia per “funzionare”… si decomporrebbero immobili ed impotenti. Invece non solo si muovono, ma il morbo sembra capace di rallentare discretamente la putrefazione dei corpi. I tessuti superficiali marciscono, ma non i muscoli. Così possono continuare a muoversi…

-È… è così assurdo… -Tenma tremava.
-Lo so… e la risposta che mi sono dato lo è ancora di più! -Gli occhi del lilla brillavano. -Penso… penso che siano esseri fotosintetici! Come le piante… pensateci! O meglio… non proprio come le piante. Non riescono a estrarre zuccheri dalla terra, ma riescono a sintetizzarli in qualche modo misterioso. Forse sfruttano la decomposizione dei proprio tessuti… il Sole fa il resto. Questo ci regala un vantaggio. Di certo saranno in moto anche di notte, ma dovranno risparmiare energia… saranno più stupidi e lenti quando cala il sole. Interessante, vero?
Tutti erano senza parole. -M…Man… è… è così strano… come… come hai fatto a capirlo?
-Ovvio! Ha iniziato a rimuginare invece di pensare a salvare la pelle! Del resto fa sempre così… gli importa poco degli altri, ha in testa solo la sua dannata matematica!

Minaho era scoppiato a causa della tensione a cui tutti erano sottoposti. Manabe rimase per un attimo come paralizzato. Tenma non poté giurarlo, ma era convinto che gli si fossero inumiditi gli occhi.
-O…ok… se è questo che pensi di me, io me ne vado. Di sicuro me ne starò meglio nella pancia di uno di quei mostri, insieme alla mia stupida matematica, piuttosto che qui a… a darti fastidio M…Min. Ciao a tutti e grazie per… per l’aiuto.  Vi voglio bene, anche se… se non so dimostrarlo.
Asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, Manabe si voltò e si allontanò dal gruppo,  diretto verso il ruscello. Prima che chiunque potesse intervenire era già sparito dal loro campo visivo.


-M…ma… ma io non… ma che diavolo!
-Minaho, perché hai detto quelle cose? Lo so che siamo tutti sconvolti,  ma è il tuo ragazzo, diavolo! -Tsurugi si era messo le mani nei capelli. -Lo prenderanno se non facciamo qualcosa, maledizione!
-L’arancione era in preda al senso di colpa. Il suo ragazzo era scappato e rischiava di venire assaggiato da quei mostri. Voleva darsi un pugno da solo per quello che aveva combinato.
-Io lo vado a cercare.


Non ci volle molto per trovare Manabe. Era seduto sulla riva del ruscello, i piedi a mollo nell’acqua. A giudicare da come muoveva le spalle, stava piangendo.
-Ragazzi… vado io, ok? Voi tornate al sicuro nella radura. Vi raggiungiamo in pochi minuti. -Minaho sospirò. Sperava di riuscire a parlare con Manabe senza fare altri pasticci.
Tutti annuirono. Ora toccava a lui… doveva mettersi in gioco.


Manabe si sentiva come un cane. Non gli importava se lo avrebbero mangiato, non gliene importava proprio nulla. Sapeva di essere presuntuoso a volte, ma non riusciva a fare altrimenti… in genere si sentiva così inutile che sapere di essere bravo in qualcosa lo manteneva in pista. Minaho era il suo idolo… così spontaneo, così intelligente, così sveglio. Sapeva di averlo deluso… di sicuro lui stava con uno come lui solo per pietà. Voleva piangere…
Tirò su col naso. Adesso aveva anche le visioni… gli sembrava di vedere la mano di Minaho sulla sua spalla.
-Ehi Man… possiamo parlare un attimo?
Il lilla era senza parole. Non era una visione… era davvero Minaho! E ora che diavolo doveva fare? Si asciugò le lacrime furtivamente… non voleva che lo vedesse piangere.  -M…Min… vieni… vieni pure però se… se vuoi ancora dirmi quelle cose… quelle cose di prima… io… io ho capito che sono inutile, tranquillo. Non… non mi vedrete p…p…più… -Non riuscì a non riprendere a piangere.
Minaho sospirò, accarezzandogli una spalla. -Aspetta… adesso mi siedo con te e parliamo due minuti insieme, ok? Devo dirti alcune cose.-L’arancione si sedette sull’erba, sfilò scarpe e calzini e immerse i piedi in acqua.
Il lilla sorrise debolmente. -Ti ricordi l’altro giorno in piscina? Tu volevi a tutti i costi insegnarmi a nuotare meglio… sai che non sono molto bravo negli sport… e io invece non ho fatto altro che fissarti il petto per due ore. Mi piaci così tanto, Min…
Minaho le mise un braccio intorno alle spalle. -Scusa per prima… sono stato cattivo. Non… non le pensavo mica, quelle cose. Sono nervoso… prima ho avuto paura… paura che quel mostro a casa mia ti facesse del male. Io sono poco affettivo, lo sai… ci… ci provo… però non voglio perderti. Voglio vivere tutta la mia vita con te… tutta. Lo sai… non potrei mai pensare quelle cose… faccio schifo. Senti… ti… ti prego… vieni via con noi… ti imploro! Man… sei la cosa più bella della mia vita. Se te ne vai io vengo con te… anche in capo al mondo.

Manabe aveva le lacrime agli occhi. -Min… io… io vorrei che… che tu fossi contento di me… vorrei essere alla tua altezza, e invece…
L’arancione sorrise, abbracciandolo. -Tu non hai niente in meno di me. Sei la mia perfetta metà mancante. Insieme siamo invincibili!


Tutto era tornato a posto. Manabe era rientrato nel gruppo e ora Minaho si rifiutava di lasciargli la mano, mentre gli altri ragazzi avevano potuto tirare un sospiro di sollievo. Avevano moti altri problemi da affrontare, purtroppo, ma almeno lo avrebbero fatto insieme!
Grazie al clima più rilassato, se si poteva parlare di relax in una situazione simile, Minaho e Manabe ebbero l’occasione giusta per raccontare cosa era successo a casa dell’arancione. Tutti ne furono più che sconvolti. Sapevano che non potevano essere gli unici sopravvissuti e che la città doveva essere piena di sacche di superstiti, ma pensare addirittura all’esercito e all’aeroporto…
-Ragazzi… io… io penso che dovremmo andare tutti insieme all’aeroporto. -Tenma sospirò.
-Ma… Ma i… i nostri amici…
-Shinsuke ha ragione!
-Forse… forse sono già tutti là! -Il castano ci sperava.
-Mio… mio fratello…
-Tranquillo Tsurugi. -Minaho sorrise debolmente. -I piani non cambiano. Adesso andiamo all’ospedale… lo tireremo fuori. Dopo, a mente sgombra, decideremo il da farsi.

Tutti annuirono… lo dovevano al moro, ed era la cosa giusta da fare.
-Ora… ora però… -Manabe sembrava deciso ma spaventato.
-Ora… -Minaho sorrise. -…ci serve un piano!

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Capitolo 4
*** Piccolo colpo di scena! ***


-Allora… per prima cosa, tiriamo fuori tutti i problemi.

Manabe aveva ripreso il suo solito atteggiamento sicuro. Seduto sull’erba si stava spremendo a sua volta le meningi.
-Beh… innanzitutto… l’ospedale è a sette isolati da qui. Non è troppo, ma alcune strade sono strette… non sarà facile arrivarci senza incappare in qualche mostro… -Tenma si passava nervosamente le mani tra i capelli.
-Già… -Minaho si era portato la mano al mento. -Poi, da quello che sappiamo, l’ospedale è stato il focolaio dell’infezione. I primi casi, quando ancora non sapevamo cosa si stava preparando, sono stato ricoverati lì…
-Come se non bastasse, mio fratello ha bisogno di una carrozzella per camminare. Con le stampelle sarebbe troppo lento… se… se è vivo, non sarà facile portarlo fuori. -Tsurugi sospirò.

-Ooook! -Manabe fece cenno di aver capito. -Abbiamo molti problemi da affrontare. Arrivare all’ospedale è fattibile… saremo prudenti, ed eviteremo i luoghi non sicuri. Il più sarà entrare… se è vero che è il focolaio primario, sarà pieno di quelle cose. Tsurugi… in che reparto è tuo fratello?
-Lo hanno trasferito da poco… -Il moro si morse le labbra. -Reparto di lungodegenza fisiatrica, palazzina.B. In pratica si tratta di un corpo separato, collegato alla struttura principale da un lungo corridoio sospeso che attraversa il parco dell’ospedale, aggirando il check in e i laboratori analisi. Per accedervi dovremo fare un pezzetto di strada nell’edificio principale… non sarà facile.
-Beh… guarda il lato positivo. È possibile che le porte fossero chiuse… che la palazzina sia isolata. Più probabilità di trovare tuo fratello sano e salvo. -Shinsuke cercò di fare coraggio al ragazzo.
-Già… già, deve essere così.


Mentre i ragazzi si avvicinavano all’ospedale, si resero subito conto che quello era il vero focolaio dell’infezione. Le strade pullulavano di quelle creature, e solo un estremo silenzio e il favore del fumo degli incendi gli aveva permesso di raggiungere i grandi cancelli della struttura.
L’ospedale era una struttura imponente. Costruita su dieci piani, si ergeva al centro di un immenso parco punteggiato di laboratori, uffici ed edifici tecnici. Ai due lati opposti del cortile, le palazzine più basse che contenevano i reparti di lungodegenza, alle quali si accedeva attraverso corridoi vetrati che le mettevano in comunicazione con la struttura principale attraversando il giardino.
-O… oddio… guardate là! -Tenma indicava il corridoio di destra. Attraverso i vetri sporchi di sangue si vedevano decine, forse centinaia di mostri agitarsi come anime in pena.  I ragazzi si nascosero immediatamente dietro gli alberi. Sapevano che quelle creature erano dentro, ma erano così tante che temevano potessero sfondare le vetrate e riversarsi nel cortile.
-Come diavolo… -Shinsuke si mise le mani tra i capelli. -Non riusciremo mai a…
-Tsurugi!! -Tenma urló in barba al pericolo di essere sentiti.
Il moro si era lanciato verso l’ingresso principale.


-Che diavolo gli è preso? Non è possibile! -Shinsuke era terrorizzato.
-Suo fratello… è suo fratello. -Tenma sospirò. -Oddio… che gli succederà…
Il gruppetto si precipitò a sua volta nell’atrio d’ingresso. Era sgombro… un corpo giaceva riverso sul bancone dell’accettazione, con un coltello piantato in testa.
-È… è il coltello di Tsu… ne… ne ha fatto fuori uno! -Tenma si sentì mancare.
-Ascoltate… -Minaho prese la parola. -In quattro siamo una facile preda. Dividiamoci… sarà più facile muoversi in silenzio per i corridoi. Io e Manabe andiamo a cercarlo a destra, voi in quel corridoio a sinistra, ok? Appuntamento qui fra quindici minuti.
Tenma e Shinsuke, benché terrorizzati, annuirono. Il gruppo si divise e si inoltrarono nel cuore della gigantesca struttura.


-Min… guarda!
Manabe indicava qualcosa sul muro. Lui e Minaho avevano percorso due grossi corridoi vuoti, nascondendosi quando avevano sentito alcune creature gemere in un ambulatorio. Erano poi riusciti a proseguire ed ora erano in un grosso atrio da cui si dipartivano vari corridoi.
-Man… che hai visto? -L’arancione mise mano al suo coltello, spaventato.
-Il cartello! “Uffici reparti di quarantena”… andiamoci! Di sicuro troveremo informazioni su questa cosa… deve essere l’archivio dove sono conservate le cartelle cliniche dei primi infetti!
Minaho sbiancò. -Ma…ma sei ammattito! Pullulerà di mostri! Man… andiamo via in fretta da questo posto…
-Ma che dici! Sono uffici… il reparto di quarantena è da quell’altra parte! Pensa… magari queste cose hanno un punto debole! Sai che solo noi due possiamo interpretare quei dati…

Minaho sorrise debolmente. -Ehi… guarda che io non sono così presuntuoso come te! Non cercare di stuzzicare la mia…
-Ti preeeeeego!
Il lilla gli faceva gli occhi dolci. Era una cosa così rara… voleva vivere quei momenti con lui in un altro contesto, un domani. Voleva che tutto finisse bene…
-Ok Man… però rimani dietro di me, ok?


Fretta, paura, terrore,  angoscia.
Il corridoio non finiva mai, mai, e quelle urla nelle orecchie erano terribili, gli spezzavano il cuore. Ansimando e piangendo continuava a scappare, sempre più in fretta mentre tutto intorno a lui si confondeva. Li sentiva alle sue spalle.
Credette di morire… finché una mano non lo afferrò e lo trascinò nel buio di una stanza.


-Mio Dio… cosa stiamo… vedendo…
Manabe era sconvolto. Gli uffici erano in fondo ad un breve corridoio… entrare era stato semplice, ed erano vuoti. Quando l’infezione si era diffusa dovevano essere sgombri… in fondo era stato poco prima di pranzo. Dopo essersi chiusi la porta alle spalle e averla bloccata, Minaho e Manabe si erano diretti verso l’archivio,  dove avevano iniziato a scartabellare le cartelle cliniche. Con i computer avrebbero fatto prima, ma non avevano le password.
-Man… non lo so. Fa… fa paura.
Il lilla si morse le labbra. -Guarda… guarda qua. Avevamo… avevamo ragione… questa… questa cosa è venuta sulla terra con noi. Leggi qui… “paziente zero: Ishino Harumasa, tecnico elettricista in servizio all’aeroporto.” Era assegnato al nostro treno spaziale… ne curava la manutenzione. Sembra che sia iniziato a stare male quattro giorni fa… ricoverato per una presunta crisi setticemica. In poche ore era diventato una di quelle cose…

L’arancione rabbrividì. -Terribile… è… è colpa nostra…
Manabe sospirò angosciato. -Leggi questo… dice che è scappato! In un giorno aveva infettato sei persone… tutti chiusi nel reparto di quarantena. Ha… ha morso alcuni infermieri. Poi, nel caos della notte, è riuscito a uscire. La polizia non è riuscita a trovarlo… e in poco tempo in città sono iniziati i primi casi. È spaventoso… i medici non sapevano che fare. Guarda… qui dice che il primario del reparto di infettivologia ha stilato un resoconto delle analisi… cartella B68!
In pochi istanti Minaho aveva iniziato a gettare a terra cartelle e documenti in cerca della fantomatica cartella. La trovarono sotto un pesante plico di fogli. Manabe la aprì… era piena di fogli scritti al computer, appunti, esami e fotografie.

-Min… non ho parole! -Pochi minuti erano bastati al lilla per capire molte cose. Era un matematico, ma i suoi voti in biologia erano eccellenti, come in tutte le materie, del resto. -Questo… questo non è un virus! È… è qualcosa di diverso… un incrocio tra un batterio e un parassita. Sulla Terra non abbiamo nulla di simile… può modificare il DNA dell’ospite in poche ore, ed è… è vivo.
-V… vivo? -Minaho rabbrividì.
-Già… è una forma di vita biologica, basata sul carbonio come… come noi. Guarda… Il suo DNA è tutto metilato! Vuol dire che non può praticamente essere attaccato da nessun farmaco in nostro possesso… mai visto nulla di simile. Ma questa non è la cosa più assurda… tieniti forte.

Minaho non sapeva se sorridere o piangere. Il suo ragazzo era dolcissimo quando faceva lo scienziato.
-Dimmi Man… sono pronto.
Il lilla prese fiato. -È… è un procariota!
-Un… no! Ma… Ma è…
-Già! -Manabe sorrise amaramente, scartabellando i documenti. -Un procariota. Un organismo antico… semplice. Come un batterio terrestre, per intenderci… ma… ma la cosa clamorosa è che è un pluricellulare! Sulla Terra esistono solo procarioti unicellulari… è… è incredibile, davvero. Funziona come… come una colonia.
-E… e questo significa che… -Minaho iniziava a capire.
-Che, come tutti i procarioti, ha dei punti deboli. Ad esempio… non può aumentare o diminuire la produzione di enzimi, ma solo bloccarla del tutto o riattivarla. Ciò li rende vulnerabili ad alcuni farmaci… ma non ho idea di quali. Forse non è invincibile… i medici hanno avuto solo pochi giorni per studiarlo. Min… ci… ci serve un dottore, uno vivo. Se solo potessimo trovare una cura…
-Man, ma come… non è possibile! -Minaho era disperato.
-Min… abbiamo niente da perdere? Chissà se esiste ancora un mondo, là fuori. Io… io volevo fare il medico, lo sai. La matematica mi piace, ma non salva le persone… non salva te, se quelle cose ti mordono. Invece una cura può farlo… io… io ci devo provare. Anche se sembra una cretinata impossibile e assurda.

Minaho sospirò. Era incredibile, ma sentiva di condividere. Gli occhi di Manabe… quando lo aveva conosciuto, aveva capito subito che fosse un buono. Aveva solo una spessa scorza da sciogliere, per rivelare un ragazzo simpatico, con un grande cuore.
-Man… va… va bene. Ti capisco. Senti… sembra assurdo, ma io sono con te. Lo sarò sempre.
Manabe sorrise dolcemente. -Ti… ti voglio bene, Min!
L’arancione ridacchiò. -Mh… anche io! Ora sbrighiamoci… prendi quella valigetta. Ti do dieci minuti per prendere tutti i documenti che ti servono da qui. Prendi anche la memoria esterna di quei computer… non si sa mai che riusciamo a ricavarci qualcosa. Poi dobbiamo tornare dagli altri… e metterli al corrente di tutto!


-Ran… non possiamo rimanere qui… non è sicuro.
Shindou si mise le mani tra i capelli. L’inseguimento lo aveva scosso.
-Shindou ha ragione. -Matatagi sospirò. -Adesso abbiamo cibo e acqua… dovremmo cercare di riunirci ai nostri amici e ai nostri parenti… non sappiamo quanto questa cosa si sia diffusa, e certo rimanere qui non aiuta.
Proprio in quel momento udirono ciò che non avrebbero mai voluto sentire. Colpi disarticolati contro la porta… i ragazzi rabbrividirono.
-No… non mi dire che…
-O mio Dio… -Matatagi crollò sulla sedia. -Abbiamo… abbiamo dimenticato di chiudere la porta!


-Min… ma dove diavolo sono?
Manabe, in piedi nell’atrio dell’ospedale inondato di luce dalle grandi pareti vetrate, teneva stretta la mano del suo ragazzo. L’arancione era confuso quanto lui.
-O mio Dio… deve essere successo qualcosa! La loro zona era quella più infestata… dannazione! E adesso cosa facciamo? Io non voglio che ti prendano! Non voglio rimanere qui ancora a lungo… questo… questo posto è macabro, Man.
Il lilla annuì. -Lo so… tranquillo comunque. Non facciamo nulla di imprudente, ma dobbiamo cercare i nostri amici… dobbiamo. Appena qualcosa ci minaccia scappiamo e ci mettiamo al riparo, giuro.
Minaho sospirò. -Ok… andiamo a vedere. Stiamo vicini e facciamo piano…


-No… no…
Manabe iniziava ad andare nel panico. Il percorso lungo il corridoio era stato un viaggio degli orrori… sangue ovunque, oggetti spezzati a terra, cadaveri così malmessi da non poter camminare riverso al suolo, gorgoglianti. Quell’ala dell’ospedale, a differenza di quella che avevano esplorato loro, era anche strapiena di mostri. Avevano faticato molto a muoversi senza essere visti dagli esseri che barcollavano nelle stanze ai due lati del corridoio illuminato solo dalla luce proveniente dalle finestre degli ambulatori.
-Man, non voglio abbandonarli, lo sai… ma qui è tutto spaventoso. Io… io non so se sono ancora vivi. È stato… è stato un errore clamoroso venire qui…
L’arancione si morse le labbra, gli occhi lucidi.
-Senti… non possiamo salire le scale. È troppo pericoloso. Torniamo nell’atrio… li aspetteremo lì ancora un poco. Io non mi voglio arrendere…
-Nemmeno io, Min. Hai ragione. Qui non è sicuro… ehi! Hai sentito?
I due ragazzi drizzarono le orecchie. Manabe si era immobilizzato… qualcosa si muoveva sopra di loro. Sentivano... sentivano delle voci!
-Manabe! Ci… ci sono delle persone!

L’entusiasmo dell’arancione era estremo, così estremo da non fargli notare il tono di voce che si alzava. Alcune creature, nel corridoio, si voltarono e iniziarono a trascinarsi verso di loro. La strada per l’atrio era bloccata.
-Dannazione! Min, corri!! Le scale… le scale! Quelle persone sono la nostra unica speranza!
I due ragazzi si lanciarono verso le scale, imboccandole pochi istanti prima che i mostri li raggiungessero. Corsero come matti e si ritrovarono al piano di sopra… anche quello pieno di mostri. Si sentirono mancare. Corsero disperatamente verso l’unico corridoio che sembrava sgombro, finendo contro una massiccia porta chiusa. Sullo stipite un cartello. “Reparto di internamento psichiatrico”.
-Dannazione!! Un vicolo cieco!! -Minaho si morse le labbra fino a farle sanguinare. -Siamo… siamo perduti! Man!! Io non voglio che tu muoia!! Non voglio!! -L’arancione piangeva, proprio lui, sempre così razionale e controllato.

-Stai dietro di me! -Manabe, non sapendo nemmeno da dove venisse quella forza, si sentì attraversare da una scarica di energia positiva. Si parò davanti al suo ragazzo impugnando il coltello. -Io li trattengo… tu scappa!
-No!!! No no e no!! Io non ti lascio! Non ti lascio!
-Min! Min, guardami! -Manabe si sentiva male. I mostri erano a nemmeno dieci metri. -Vivi! Vivi per me… vivi felice quando tutto questo sarà finito. Sarai sempre la più bella cosa della mia vita. Ora… ora vai!
L’arancione era in preda alle lacrime, aggrappato alla camicia di Manabe. Sentiva il calore della sua pelle… non accettava che stesse per diventare freddo… non potere mai più sentire la sua voce… voleva morire.
I risvegliati erano a cinque metri… poi quattro, poi tre. Manabe afferrò il viso del suo ragazzo e lo baciò intensamente. I suoi occhi erano pieni di dolore e amore. -Min…


Fu un istante. La porta alle loro spalle si spalancò e delle mani li afferrarono con foga, trascinandoli dentro. In un istante il portone tagliafuoco era di nuovo sprangato, e loro erano al sicuro sul pavimento, in lacrime. Intorno a loro un gruppo di persone.
Ci volle qualche istante perché i ragazzi si riprendessero. Si resero finalmente conto di cosa fosse successo. Erano al scuro, tutti e due.
-M…Man…
-Minaho…
In un istante si ritrovarono uno tra le braccia dell’altro, piangendo di gioia.


-Ragazzi… che diavolo vi è venuto in mente di venire a cercarci? Ancora un istante e sareste morti!
Tsurugi era nero in volto. Tenma non si vedeva al suo fianco… era strano. Mentre Minaho accettava senza fiatare quei rimproveri, la sua mente cercava di raccogliere dati.
Intorno a loro molte persone… medici, infermieri, anche un paio di poliziotti. Incredibile… nell’ospedale, il focolaio dell’infezione, c’era una cellula di sopravvissuti! Erano riusciti a barricarsi nel reparto di psichiatria, che, a causa della pericolosità dei suoi pazienti, era isolato dal resto dell’ospedale da due livelli di robuste porte tagliafuoco rinforzate con sbarre d’acciaio.
-Tsurugi… scusa, ma sai benissimo che non vi avremmo lasciati qui da soli. Manabe… Manabe ha fatto delle scoperte incredibili negli archivi. Dobbiamo parlarne con Tenma e Shinsuke... Qui ci sono dei dottori! Sembra assurdo, ma magari possiamo fare qualcosa, o capire se quelle cose hanno punti deboli…

Gli occhi del moro si riempirono di lacrime. Minaho e Manabe ebbero un terribile presentimento…Fu il lilla a parlare.
-Tsu… dove… dove sono Tenma e Shinsuke?
Il moro si morse le labbra. -Tenma.. Tenma è di là. È sotto shock… un dottore gli sta dando un calmante. Shinsuke…
Minaho iniziò ad intuire. -No…
Il moro deglutì. -Lo… lo hanno preso.


Nella generale disperazione, la spiegazione era stata breve. Tsurugi raccontò di come fossero incappati in un grosso gruppo di creature, di come fossero scappati e si fossero divisi… Tsurugi aveva salvato Tenma trascinandolo in una stanza sicura, ma per Shinsuke era stato troppo tardi… lo avevano sentito urlare...
Poi tutto era stato rapido. Avevano sentito le voci ed erano riusciti a raggiungere i sopravvissuti nel reparto di psichiatria. Il moro concluse il discorso con gli occhi lucidi.
-E… Tsu… -Minaho non sapeva come dirlo. -Tuo… tuo fratello è… è…
Il moro cedette ed iniziò a piangere.
-Il… il suo reparto è stato il primo a venire invaso.

Calò il silenzio. Minaho e Manabe non riuscivano a trovare le parole… cosa avrebbero potuto dire? La situazione era così maledettamente triste e ingiusta…
-Tsu… mi… mi dispiace…
L’arancione si portò la mano dietro la nuca. Proprio non sapeva come consolare il suo amico… allo stesso tempo anche il lilla era nella stessa situazione.
-Ma… ma quindi… non… non…
Il moro si morse il labbro e si sforzò di ritornare impassibile. Aveva gli occhi lucidi.
-No… non ci sono possibilità. Forse… forse è… è meglio così… lui… lui voleva tanto smettere di soffrire… io…
Minaho e Manabe si guardarono mentre il moro riprendeva a piangere. Non lo avevamo mai visto così. Si abbracciarono, tutti e tre.


-E ora che facciamo!! Che facciamo!! -Shindou era nel panico. A volte la sua sensibilità prendeva il controllo, e a quel punto ragionare diventava molto difficile per il ragazzo castano.
-Shin… calmati! -Matatagi tremava vistosamente. -Ora… ora piangere non ci aiuterà… dobbiamo solo stare in silenzio… appena se ne… se ne andranno… uscirò e chiuderò di nuovo la porta. Dobbiamo solo pazientare… se non sentono rumori, appena un’esplosione o un qualunque avvenimento esterno li attirerà lontano da qui, potremo agire. Stai tranquillo…
-Matatagi ha ragione. -Kirino sorrise cercando di rincuorare il suo ragazzo. -Qui siamo al sicuro… vedrai andrà tutto bene.
Il castano sospirò cercando di normalizzare il respiro. -Io… io penso che voi abbiate ragione. Matatagi… ascolta… quando sarà il momento io…
Un tonfo sordo.
-Ma che…
-Matatagi!!!
Il ragazzo era svenuto, crollando a terra. Il rumore fece immediatamente eccitare le creature che iniziarono a gemere contro il portone, mentre Kirino, spaventato si precipitava al fianco del blu.

-Ha… ha la febbre alta! Ma perché diamine non ci aveva detto nulla!
Shindou strinse i denti e riprese il controllo. -Non… non ne ho idea, ma dobbiamo tirarlo su da lì e metterlo disteso. Aiutami Ran…
I ragazzi sollevarono Matatagi e lo adagiarono su un giaciglio improvvisato fatto di coperte impolverate trovate su uno scaffale. Il blu aprì gli occhi. -Io… io non… non sono…
Kirino sorrise. -Tranquillo… lo sappiamo. Non sei infetto. Ora riposa… poi dovrai spiegarci alcune cose, ok?


-Ehi… Min? Che ne dici di lasciarmi il braccio? Non… non è da te questa cosa, non trovi?
Manabe, seduto sulle sedie del corridoio, quelle tipiche degli ospedali, osservava il transito di medici e infermieri davanti a lui. Bene o male, si era ripreso. Lo stesso non si poteva ancora dire del suo ragazzo… lui, sempre così logico, acuto, positivo, ora invece se ne stava avvinghiato a lui con gli occhi lucidi senza nessun pensiero riguardo a cosa potesse pensare chi li avesse visti. In fondo però non gli importava… la situazione era così tragica che nessuno poteva pretendere da loro razionalità e logica come in un qualsiasi giorno di scuola.
L’arancione non rispose. Si limitò a stringere più forte la mano del suo amico, tremando vistosamente. Manabe finse di sbuffare, ma era leggermente preoccupato. Si sentiva anche un po’ in colpa… non sapeva dire esattamente perché.
-M…Manabe?

Minaho aveva parlato! La sua voce non era troppo diversa dal solito, sempre fresca, acuta, capace di scavati dentro. Era solo un po’ più bassa e indecisa. Il lilla tirò un sospiro di sollievo.
-Ehi… finalmente mi parli! -Manabe provò a sorridere, ma Minaho non sembrava in vena di scherzare. -Min? Mi vuoi dire cosa succede? Non devi mica vergognarti… non sei debole. Guardami! Nemmeno io riesco a calcolare la probabilità di cavarcela! Mi costa tanto ammetterlo ma… non sono perfetto, sigh!
Questa volta l’arancione accennò un sorriso. -Man… comunque… comunque non è… non è niente…
-E invece qualcosa è successo. Non ti ho mai visto così. Se tu il detective… perché non mi dici cosa hai scoperto leggendoti dentro? Lo so, sono pieno di difetti, ma sono il tuo ragazzo… e soprattutto il tuo migliore amico. Non parlare al Manabe che baci… parla al Manabe che ti ha voluto bene da subito, nonostante le nostre litigate terribili! Parla al Manabe a cui invece che proporre una partita alla playstation hai proposto di calcolare insieme il quoziente intellettivo per… per poi scoprire che avevamo lo stesso identico valore. Parla al Manabe che prima di te non aveva nemmeno un amico, e che ora ti considera suo fratello… parlami, ti prego!

Minaho sospirò, sorridendo debolmente. -Io… io penso che tu abbia ragione. Scusa… è… è per prima. Man… ancora un secondo e mi… mi avresti lasciato… di… di nuovo… solo! A me non importa di sopravvivere se non ci sei anche tu! Io… io voglio che ci sia anche tu con me, domani! Voglio vivere tutta la mia vita con te… adottare un bambino e crescerlo con te, quando saremo adulti… fare l’università con te, girare il mondo con te! Ho… ho immaginato che… che di fianco alla tomba di papà ci… ci fosse anche la… la tua e… e che io… Io andavo al cimitero con i fiori e… e guardavo la tua foto, quella bella che abbiamo fatto dopo la finale del torneo galattico e… e tu non mi… non mi potevi sentire più e… e non potevo più parlarti e… e…
L’arancione scoppiò a piangere come una fontana. Manabe era nel panico… non era mai successo. In genere era l’arancione quello forte, quello che non aveva paura di nulla e non si vergognava di nulla! Si sentì terribilmente in colpa per aver voluto fare l’eroe… lo aveva traumatizzato, invece di proteggerlo.

-Min… -Manabe abbracciò stretto stretto il suo amico. -È stata tutta colpa mia! Io… io volevo solo proteggerti… non… non lasciarti solo, credimi! L’ho fatto perché quello che… che hai detto prima… vale… vale anche per me, lo sai. Senti… ora siamo qui, vivi e salvi entrambi. Ti giuro sul nostro amore…e sulla nostra amicizia, che non farò mai, mai più azioni azzardate. D’ora in poi, qualunque cosa succeda, ci muoveremo con la massima prudenza e non correremo pericoli. Vivremo insieme tutta la vita, Min… questa cosa la passeremo insieme, con i nostri amici. Li troveremo… troveremo tua madre e ce ne andremo. I miei sono all’estero… sono più che sicuro che ci porteranno via da qui. Lo sai… sono ricchi. Potremo ricostruire tutto… sarà come se niente fosse successo, ok? Mi credi?

Il lilla porse la mano al suo migliore amico, con un sorriso radioso e buono. Minaho tirò su col naso, rassicurato. Sorrideva anche lui. Afferrò la mano di Manabe e la strinse forte, quindi lo abbracciò.
-Ok Man… è… è tutto a posto. Però… non dire agli altri che ho pianto, ok?
Il lilla scoppiò a ridere. -Ok Min… promesso!

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Capitolo 5
*** Operazioni di salvataggio! ***


-April is the cruellest month…
-Shin, ti sembra il caso? Siamo a giugno!

Il castano ridacchiò alla vista dello sguardo scandalizzato del suo ragazzo. Aveva sempre amato la poesia inglese,  Elliot in particolare. Era così… profondo!
-Ran….che ne dici di calmarti un po’?
Il rosa sospirò un po’ scocciato. Perché nessuno era agitato come lui?
-Shin… Matatagi sta male, ha la febbre alta! Penso… penso più di trentanove, ad occhio. Non abbiamo medicine… non abbiamo nulla di nulla, e non sappiamo nemmeno cosa abbia lui! E se…
-No. Non è infetto, Ran.

Il rosa strinse i denti, sussurrando nonostante il blu stesse dormendo. -Chi te lo dice? Magari è a effetto ritardato, o qualche diavoleria simile! Dovremmo rimanere qui a vedere un nostro amico diventare una di quelle cose senza muovere un dito? E se ti facesse del male? Non me lo potrei mai perdonare!
Il castano scosse la testa. -Non credo sia infetto. Non temere… presto calerà il Sole, ma questa notte non saremo al buio… su quello scaffale ci sono molte candele e poi laggiù, ne la scatola rossa, ho visto alcune torce a dinamo… funzionano senza batteria. Lo terremo d’occhio tutta la notte, e domani decideremo che fare.
Kirino sospirò rassegnato. -Penso… penso che tu abbia ragione,  Shin. Non ho nessuna intenzione di farmi cogliere impreparato… sono un difensore! Abbiamo battuto gli alieni… gli zombi sono un gradino sotto, no?
Shindou scoppiò a ridere. Adorava l’ironia del suo ragazzo, anche nei contesti più difficili. -Certo Ran… vedrai, domani saremo fuori di qui.


-Tsu… come va con Tenma?
Il moro sorrise debolmente in risposta alla domanda di Minaho. Manabe era seduto ad una scrivania di un ambulatorio intento a studiare i documenti presi in archivio, e i due ragazzi erano al suo fianco. Minaho lo aiutava direttamente, mentre Tsurugi, che non aveva le competenze per interpretare tutti quei numeri, contribuiva a smistare i fogli. Lavorare lo aiutava a rilassarsi.
-Beh… ora riposa. È sconvolto… crede che sia colpa sua… quello che è successo a Shinsuke, intendo.
Manabe alzò il viso dai fogli. -Ma… poverino… lui non c’entra nulla!
-Lo so. -Il moro scosse la testa. -Però… era il suo migliore amico. Capite, vero? È… è così terribile… pensate a quante ne abbiamo passate insieme. È anche per questo che ho giurato a me stesso che non permetterò più che succeda nulla a nessuno di voi… non voglio più perdere nemmeno un amico. Nemmeno uno!

Minaho e Manabe sorrisero dolcemente, un po’ imbarazzati ma commossi. -Grazie… grazie Tsu.
-Mpf… tranquilli. Non… non è niente di speciale. Ehi… ricordate quando ci siamo conosciuti?
-Ma… Ma certo! -Manabe scoppiò a ridere. -La partita inaugurale del torneo… come eravamo scarsi noi novellini!
Minaho sospirò. -Eggià! E perché… Man, ricordi il tuo primo goal?
-Ti riferisci a quando la palla mi è rimbalzata da sola sul piede?
Tutti e tre risero, più leggeri per un istante. Immediatamente dopo, però, tornarono seri… era questione di sopravvivenza.

-Ok… questi documenti ci serviranno. -Manabe appoggiò sui fogli le mani aperte. -Ora però vorrei parlare con qualche dottore… io sono un ragazzo, nonostante tutto e… e mi costa ammetterlo, credetemi. Tsu, che tu sappia c’è qualche infettivologo tra i sopravvissuti?
Il moro allargò le braccia. -Non ne ho idea… siamo tutti sconvolti, Man. A malapena ho conosciuto qualcuno di questi sopravvissuti… ascolta, prova due porte più avanti. C’è un dottore anziano che sta lavorando a qualcosa con dei suoi colleghi e degli infermieri… è lui che ci ha fatti entrare… mi è sembrato una persona gentile. Magari i vostri documenti gli serviranno… mi è parso di capire che ci siano molti problemi, qui dentro.
-Man… che ne dici, andiamo? -Gli occhi di Minaho si erano illuminati. -Sono sicuro che saranno felici di avere il tuo aiuto! Diamine… dovremo rifare il test del quoziente intellettivo, quando tutto sarà tornato a posto… non vorrei che tu mi avessi superato, cavoli!
Manabe scoppiò a ridere alla vista del buffo broncio del suo ragazzo. -Tu dici? Guarda un po’ laggiù… mi sembra che qualcosa non vada…
-Dove? In fon…
Un istante, un rapido sfioramento di labbra. L’arancione divenne rosso come un pomodoro, mentre Tsurugi scuoteva la testa sorridendo.


-Avanti!
-È…  è permesso? -Minaho e Manabe aprirono lentamente la porta.
-Ma certo ragazzi! È bello vedere degli altri sopravvissuti… soprattutto ragazzi così giovani. Tu… ti ho visto nell’archivio. Sai… abbiamo un generatore ausiliario. Abbiamo spento la maggior parte delle telecamere per risparmiare combustibile, ma quelle erano ancora accese.
-Io… io… mi perdoni! Non sono un ladro! Non volevo… -Il lilla era arrossito.
-Ehi! -Il medico sorrise. -Secondo te in questa situazione si può parlare di furto? Anzi… sei stato sveglio e intelligente. Molti miei colleghi sono morti per quelle ricerche… le hai salvate. Quei reparti sono inaccessibili… avete avuto fortuna. Ho sentito cosa dicevi al tuo amico… hai sedici anni! Come fai a sapere così tante cose di biologia?
-Lui studia tutto il giorno, dottore! Pensi… ha vinto le olimpiadi internazionali di supercalcolo, l’hanno scorso! È forse il più grande matematico della sua età del mondo… e… spero che non abbia niente in contrario, ma è anche il mio ragazzo.

Manabe avvampò di rossore. -M…Min! Ma che… che diavolo ti è preso?
L’arancione era serio, con il suo solito sorriso intelligente sulle labbra e il mento stretto tra le dita, nella sua classica posizione decisionale. -Man… ho pensato di perderti, e quando ti hanno salvato ho capito che non mi importa più niente di cosa pensa la gente. Non me ne importava quando dicevano tutti che eravamo superbi e presuntuosi, perché dovrebbe importarmene ora?
Metà delle persone nella sala erano rimaste allibite, alcune, tra cui il dottore anziano al tavolo, sorridevano.
-Bene… mi fa piacere che me l’abbiate detto. Purtroppo il mio compagno è morto due anni fa… è stato un grosso colpo, per me. Mi ha dato la forza di essere ancora più combattivo nel cercare di salvare la vita della gente. Sai… assomigliava un po’ al tuo amico. Era sempre così forte… era un giudice,  sapete? Anche lui voleva aiutare i deboli.

Ora toccava ai ragazzi essere allibiti.
-Il… il suo… compagno?
Il medico sorrise ancora. Aveva gli occhi azzurri… non lo avevano notato, dietro alle lenti degli occhiali di corno.
-Già… il mio compagno. Non temete, qui nessuno vi prenderà in giro. Comunque… piacere, io sono il dottor Minashi Matakawa, sono… ero il primario di infettivologia. Qui al mio fianco vedete alcuni miei colleghi… un paio di infettivologi, un cardiologo, uno psichiatra… la ragazza è una genetica, laureata da poco… bravissima.
-Piacere… io sono Manabe Jinichirou.
-E io Minaho Kazuto. I… i nostri amici si chiamano Tsurugi Kyousuke e Matsukaze Tenma, ma credo lo sappiate già.
Il dottore sorrise. -Siete stati tutti molto fortunati… anche noi, da certi punti di vista.

Manabe si fece coraggio e si avvicinò al tavolo. -Dottore… può… può dirci come è la situazione, qui? Quanti sopravvissuti ci sono? Siete in contatto con altre cellule?
Il medico sospirò, togliendosi gli occhiali e pulendoli nel camice bianco. I ragazzi notarono una chiazza di sangue all’altezza del fianco destro… non sembrava suo.
-Allora… provo a spiegarvi. Qui ci sono ventinove persone. Siamo sette medici, tre infermieri, tre guardie giurate, dodici pazienti tra cui tre bambini e due anziani e quattro tecnici. In più ci sono alcuni pazienti del reparto… ammetto che ci preoccupano. Sono pazienti psichiatrici, e senza i loro farmaci… le scorte finiranno presto. Non vorremmo doverli legare, ragazzi… ma ora non pensiamoci… una cosa per volta. Abbiamo le pistole delle guardie giurate… i taser non fanno effetto. Quelle dannate creature non hanno un sistema nervoso attivo, pare. Per quanto riguarda altrae cellule… sappiamo che l’esercito ha portato alcuni gruppi di superstiti all’aeroporto, ma radio e telefoni non vanno più da ore. Di sicuro in città ci saranno molti gruppi di sopravvissuti… la situazione delle campagne… dell’intero paese, ci è totalmente ignota. Stiamo cercando di riattivare un vecchio impianto radio, ma uscire dal reparto diventa sempre più pericoloso... abbiamo già perso un tecnico.
Manabe strinse i denti. -La… la madre del mio ragazzo… di… di Minaho, dovrebbe essere in aeroporto. Vorremmo raggiungerla al più presto.

Il medico si alzò in piedi. -Ragazzi… sta per calare il sole. Questa notte dovete rimanere assolutamente qui… in più io e voi dobbiamo parlare di scienze, no? Il mio team è dimezzato… vorrei che voi ragazzi ci deste una mano… stiamo cercando di capirne di più di tutta questa situazione. Manabe… abbiamo un bel laboratorio, ti piacerà.
-Ma… la… la mamma di Minaho…
-Man… il dottore ha ragione. Mia… mia madre sarà al sicuro con le truppe. Se… se usciamo di qui col buio, finirà male. Domani avremo più possibilità di muoverci in sicurezza! E poi… se… se troviamo un punto debole di quelle cose, guadagneremo un vantaggio. Dobbiamo anche cercare i nostri amici… davvero, passiamo la notte qui. Anche Tenma ha bisogno di riposo…
Il lilla sorrise dolcemente. Non riusciva a calcolare quanto Minaho parlasse perché davvero ci credeva o perché metteva davanti a qualunque cosa la sua sicurezza. Pensò a come lo riteneva presuntuoso e impiccione quando lo aveva conosciuto ed ebbe una fitta di senso di colpa.  -Maledizione… mi tocca darti di nuovo ragione! Inizio a perdere colpi!
Minaho scoppiò a ridere. -Senti chi parla! Sempre presuntuoso come un tacchino, Manabe!
Il lilla fece gesto di arruffare le penne. -Ehm… coccodè?
Tutti sorrisero. Il dottore mise le mani sulle spalle dei due ragazzi e si schiarì la voce.
-Bene… è andata! Ora venite… vi presento agli altri e poi vi mostro il mio lavoro.


-Ehi… li vuoi dei cracker? Sono al formaggio e chissà quali spezie strane, puzzano da fare schifo e sanno di topo morto… una vera delizia!
Shindou mise le mani sulle spalle del rosa, che sedeva pensoso su una sedia di legno, le braccia incrociate sulla spalliera e il mento adagiato sopra. Kirino alzò la testa.
-Bleargh!! Che puzza invereconda! Ma proprio questa immondizia dovevamo trovare?
-Beh… se preferisci abbiamo dell’ottimo tonno dietetico, senza olio, senza acqua, senza sale, senza pepe e senza dignità! In pratica è gustoso come un calzino e morbido come un cartone da imballaggio.
Il rosa fece una buffa smorfia di disgusto. -Non se ne parla nemmeno! Piuttosto il digiuno. Anzi… risparmiamo queste delizie, ho già capito che staremo qui a lungo…
-Non dire così, Ran. Non sento rumori già da più di un’ora… se domani mattina Matatagi starà bene, ce ne usciamo da qui e andiamo a cercare gli altri. Peccato che non funzionino i telefoni… ho una paura tremenda che…

Un istante solo… qualcosa vibrò bella tasca del castano. Il ragazzo rimase così allibito che per un istante fu come paralizzato, quindi afferrò di corsa il telefono. Aveva una notifica di Whatsapp… rimase senza parole!
Immediatamente sbloccò il cellulare e aprì l’applicazione. Quello che vide lo lasciò senza parole.
Kirino intanto, a sua volta sconvolto ed eccitato, cercava di saltare sulle spalle del suo ragazzo per capire che cosa stesse succedendo. Evidentemente le linee telefoniche erano andate, ma internet, seppur debole e a sprazzi, reggeva. Il rosa ringraziò i satelliti nel cielo, gli smartphone e tutti i regali del terzo millennio.

-Shin!! Chi è!! I nostri amici?? Fammi vedere fammi vedere!
Il castano si riprese dal caos mentale e aprì la notifica con un grande sorriso sulle labbra. -Ran!! Guarda!!!
Ibuki Munemasa ha creato il gruppo “sopravvissuti”
Shindou avrebbe voluto piangere. Ibuki era vivo! Vide che nel gruppo c’erano tutti i loro amici, vecchi e nuovi, e anche il mister Endou. Purtroppo molti di loro sembravano irraggiungibili dai messaggi.
-Ehi ragazzi… non so come diavolo ho fatto ma internet funziona! Sono con Sakura, Tetsukado e Morimura a casa mia, al sesto piano… siamo chiusi dentro. Vi prego, ditemi che state tutti bene…
Immediatamente Shindou digitò una risposta.
-Ragazzi!! Grazie a Dio… noi siamo chiusi in una cantina, e Matatagi ha la febbre… con me c’è anche Ran. Siamo terrorizzati… guardate! Tsurugi è online!

Al moro bastarono pochi secondi per comporre un messaggio.
-Grazie a Dio!! Come è possibile che internet vada? Io sono con Tenma, Minaho e Manabe all’ospedale… ci sono dei sopravvissuti. Shinsuke… Shinsuke non ce l’ha fatta. Ehi! Guardate! Anche Hayami ed Hayato ricevono i messaggi! Magari stessero bene anche loro…
Di nuovo Ibuki prese la parola.
-Se è per questo anche Kariya… anche Endou… anche tanti altri. Io spero siano tutti in salute… ascoltate! Dobbiamo incontrarci… assolutamente. Questa sera non possiamo muoverci ma… teniamoci in contatto. Papà è un informatico e ha detto che internet via satellite reggerà… mi raccomando, se riuscite ad entrare in un negozio di articoli elettrici prendete tutte le batterie e i caricatori portatili che potete… i telefoni ci servono. Teniamoci aggiornati domattina… e speriamo che rispondano in tanti.
Tsurugi rispose in fretta.
-Speriamo… ascoltate! Noi sappiamo che l’esercito ha…

La linea cadde di colpo. Shindou imprecò disperato.
-Tranquillo Shin… hai sentito cosa ha detto Ibuki. È normale!  Vedrai… tra poco ritornerà internet. Più che altro… io ho un caricatore portatile, ma ci basterà solo per un paio di ricariche a testa. Dopo dobbiamo trovare un’altra soluzione per i nostri smartphone. Innanzitutto direi di spegnerne uno e usarne uno alla volta. Che ne dici?
Il castano, più calmo, sorrise. Kirino era sempre razionale e intelligente, e parlava sorridendo.
-Hai ragione Ran. Faremo così… usiamo il tuo, ok? È un modello molto recente e prende meglio la rete.
Il rosa sorrise. -Lo so… me lo ha regalato tu, Shin. Grazie a Dio il mio compleanno è stato due giorni fa!
Kirino sorrise triste pensando alla festa…. C’erano tutti. Per quella sera nemmeno Kariya lo aveva infastidito! Era stato bellissimo… erano così felici… ed erano solo quarantotto ore prima.

-Ran… ne usciamo. Giuro… ne usciamo
Il rosa alzò le spalle, ma sorrideva.
-A me basta rimanere con te, Shin.


-Min… non mi sento affatto bene.
Manabe era pallido come uno straccio… più del solido. Sudava, e sentiva gli occhi bruciare. Erano passati nemmeno venti minuti dalla grande gioia di scoprire il gruppo con i loro amici, che aveva iniziato a stare molto male.
-Manabe… sei esaurito, vero? Non è la prima volta… ad intuito, direi che ti serve tanto riposo e…
Manabe sorrise. Minaho, con la sua mano al mento e i ciuffi all’insù era proprio carino… fece un passo verso di lui e… cadde tra le sue braccia.
-Man!! Manabe che hai! Oddio!! Aiuto!! Qualcuno venga qui!!

Un medico del gruppo accorse in pochi secondi. -Che ha? Lo hanno morso? Allontanati subito da lui ragazzo!
-Non… non lo hanno morso! Vi giuro! Aiutate il mio amico, vi prego!
Il medico prese in braccio il lilla e lo stese su un lettino nel bel mezzo del corridoio. In pochi secondi anche il dottor Matakawa era comparso, lo stetoscopio nelle orecchie. Immediatamente tolsero la camicia a Manabe che respirava a fatica. Minaho stava malissimo per la paura.
-Dannazione… eccola qua! -Il medico sollevò leggermente la spalla del lilla. Sotto il braccio, sul fianco, aveva un brutto taglio regolare. Minaho prima sospirò di sollievo… non era un morso! Poi però il terrore lo invase di nuovo… il lilla doveva essersi ferito nel pomeriggio, magari durante la fuga nel parco…
-Maledetti rami! Perché… perché non mi hai detto nulla, Man? -L’arancione parlava come se il lilla potesse sentirlo. -Dottore… che… che ha?

Il medico sospirò sconsolato. -Ragazzo… devi essere forte. È… è una sepsi.
-S…sepsi? È… è molto grave?
-Purtroppo si. È un’infezione che si diffonde il tutto il corpo…
-No…
Il medico si tolse gli occhiali. -Ragazzo… lo devi salutare. Non… non volevo doverlo dire… non volevo. Se non fossimo stati in questa situazione… è troppo grave. Troppo.
Minaho si sentì mancare. Ondate di dolore lo scuotevano, e le lacrime premevano per uscire con violenza.
-No!! Lui no può! Non può morire!! Lui è il mio ragazzo… il mio migliore amico!! La prego!! La prego dottore!! Guardi… prenda questo!! -Il ragazzo si sfiló dal polso l’orologio e si tolse dal collo la catenina d’argento che gli aveva regalato Manabe. -Prenda anche il telefono…. Non ho niente altro, ma la prego!! Lo salvi… la supplico!!
Il medico scosse la testa. -Minaho… dico bene? Rimetti le tue cose… figurati se è questo il problema. Semplicemente non ho farmaci… è troppo grave… servirebbe pennicillina, ma è nel magazzino, fuori dal reparto. Sai… in psichiatria non si usa. Fuori ci sono quelle cose… ci sono due corridoi interi da fare. Il tuo amico ha solo pochi minuti… forse mezz’ora. Credimi… farei qualcosa, se potessi.

L’arancione si morse le labbra. -Non… non può…
Il medico sospirò sconsolato. -Mi dispiace così tanto…
-Lei non può, ma io sì, dannazione! Lo aiuti a rimanere in vita, la prego!  Io corro a prendere quei maledetti farmaci, e lui ce la farà! Mi conferma che sopravviverà?
L’uomo era confuso. -Con… con i farmaci potrei salvarlo, certo… ma… tu… è pericoloso…
-Pericoloso sarebbe cercare di impedirmelo, mi creda. Io ho intenzione di salvarlo, e lo salverò. Mi dica che scatola devo cercare!
Il medico ora sorrideva scuotendo la testa. -Sono un vecchio e non dovrei dire queste cose, però… sei proprio come era il mio compagno. Non ti arrendi mai… e alla fine riesci sempre a salvare le persone a cui vuoi bene. Ok… facciamo questa pazzia. Ascolta… il magazzino è facile da trovare, e non dovrebbe essere infestato… è ben chiuso da porte tagliafuoco. Percorri il corridoio del reparto e svolta a destra, quindi fai anche quel corridoio. La terza porta a destra… ha una grossa croce verde sopra. Quando sarai dentro prendi la penicillina… sono le scatole arancioni, non puoi sbagliare. Mettine in tasca più che puoi e torna qui di corsa… io intanto aiuterò il tuo amico a respirare e lo terrò fra noi. Sai che abbiamo solo una possibilità, vero?
Minaho sospirò.
-Lo… lo so.


-Shin… Matatagi parla nel sonno.
Il castano sospirò. -E… e che dice?
-Chiama la mamma…


-Ragazzo… stai attento, mi raccomando.
Minaho era davanti alla porta del reparto. Intorno a lui i superstiti… appena avevano saputo la storia si erano o commossi…benché aprire la porta significasse rischiare, nessuno si era opposto.
-Non temete… Manabe mi ha salvato la vita prima, ora devo ricambiare.
-Minaho… sicuro che non vuoi che venga con te? -Tsurugi mise la mano destra sulla spalla dell’arancione.
-No… tu devi rimanere con Tenma. Io… io rimarrò con Manabe, comunque vada a finire la mia impresa.
Il moro chinò la testa. La frase di Minaho era tristissima… non voleva perdere altri due amici.
-Ok! -Il medico li interruppe. -Non possiamo perdere nemmeno un istante. Minaho… attento, Min raccomando. Non correre inutili rischi… cammina accostato ai muri e cerca di respirare senza fare rumore.
-Certo… sarò silenziosissimo. -Il ragazzo annuì.
-Ultima cosa… togliti le scarpe. Devi essere silenziossimo. Infine prendi questa…
L’uomo mise una pistola in mano a Minaho. L’aveva chiesta ad una delle guardie giurate.
-Attento a non sparare per errore… e usala solo in caso di emergenza. Il rumore li farebbe correre tutti da te.
Minaho, la cui esperienza con le pistole iniziava e finiva con i videogiochi, rabbrividì al contratto con il metallo. Poi fu tutto rapido… si tolse le scarpe, un sorriso al medico e… le porte si aprirono. Uscì.


Il primo corridoio era completamente vuoto… Minaho non ci poteva credere. Quando vide che anche il secondo era nella stessa condizione pensò ad un miracolo. Dove erano finiti quei maledetti mostri?
Entrò nel magazzino e lo trovò vuoto proprio come aveva detto il dottore. Le porte lo avevano isolato. In un angolo, la penicillina! Si riempì le tasche di fiale, quindi si preparò ad uscire.
Un istante… il tempo di mettere piede fuori dalla porta e… calpestò in pieno un pezzo di ferro appuntito, residuato di qualche dannato lettino sfondato al momento del primo assalto. Urlò di dolore prima di usare una mano per tapparsi la bocca, ma era troppo tardi… gemiti e gorgoglii invasero il corridoio… le creature uscivano a fiotti dagli ambulatori ai lati.
L’arancione mise inconsciamente mano alla pistola, ma se ne pentì subito. Doveva immediatamente scappare! Stringendo i denti per il dolore si lanciò verso il reparto di psichiatria facendo lo slalom tra le creature… poteva sentire le mascelle chiudersi ritmicamente alle sue spalle. Si scagliò contro la porta tempestandola di pugni… e un secondo dopo era dentro!

-Ragazzo! Ci sei riuscito!
-Bravo!!
-Grande, ragazzo!!
Un coretto di voci sollevate lo accolse, ma a Minaho non importava. Voleva solo trovare il dottore. Lo vide seduto alla sua solita scrivania, nell’ambulatorio. Manabe era steso sul lettino a un metro di distanza, e respirava ancora. Un sospiro di sollievo.
-Ehi!! Ce l’hai fatta! Ma… perché zoppichi? Ti sei ferito?
Minaho, stringendo i denti, fece di no con la testa. Mise le mani in tasca e ne estrasse almeno una ventina di fiale. Il medico sorrise stupito.
-Meraviglioso! Non solo salveremo Manabe, ma con queste potremo aiutare anche gli altri sopravvissuti! Hai visto… un bimbo ha una brutta polmonite. Ora rilassati… aspetta.

Il dottore prese dal taschino una siringa e la estrasse dalla confezione di plastica sterile. La riempì con il contenuto di una provetta e, delicatamente, la iniettò nel braccio di Manabe. Nemmeno mezzo minuto e il respiro del lilla si era già fatto meno affannoso.
-Dottore… ora… ora sta bene? -Minaho lacrimava per il dolore e la paura. Temeva di essere arrivato tardi.
Il dottore la fissò sorridendo. -Sì… sì, tranquillo. Vedrai… tra poco sarà sveglio e domattina tutta questa brutta avventura sarà solo un ricordo. Sei arrivato in tempo… lo hai salvato.
L’arancione ebbe una scarica di adrenalina fortissima. Fece una mezza piroetta e abbracciò il medico, entusiasta. -Grazie dottore! Grazie di cuore!
-Ehi… io non ho fatto più di tanto! Ora tranquillo… è fuori pericolo. Piuttosto… vai nell’ambulatorio di fronte, ora. Il mio collega è un fisioterapista. Fai vedere quel piede… ho visto che zoppichi. Per fortuna niente ferite che possono infettarsi, ma potresti avere avuto un piccolo trauma muscolare. Vedrai… ti rimetterà in sesto.
Minaho sorrise. -Ok… vado subito. Se… se si sveglia prima del mio ritorno mi chiami, vero?
Si morse le labbra. Perché gli aveva dato del tu? Forse era perché gli ricordava tanto suo nonno…
Il medico sorrise. -Finalmente hai smesso con quel “lei” così noioso! Ho solamente settantacinque anni, in fondo!  Certo…se si sveglia prima del tuo ritorno ti chiamo subito, promesso.


-Shindou,.dobbiamo trovare un modo per aiutarlo… senti la sua fronte… penso che abbia più di quaranta di febbre. Di questo passo…
-No! Non dirlo, Ran… vedrai che non succederà. Io… io non so come aiutarlo! Non abbiamo medicine qui… non abbiamo nulla! Senti… prendi dei fazzoletti e bagnali. Proviamo ad abbassargli la febbre, ok?
Il rosa strinse i denti. -Subito… però… Shin, stagli lontano. Potrebbe essere infetto, lo sai. Non so come, ma potrebbe… non puoi negarlo! Cosa sappiamo noi di questa malattia? Cosa sappiamo di tutta questa maledetta situazione?
Il castano scosse la testa.  -Hai ragione, Ran. Anche… anche io ho paura. Senti… io comunque non credo che sia infetto… abbiamo guardato ovunque… anche… ci siamo capiti. Non ha nemmeno l’ombra di ferite.
-Ma… Ma allora perché… una febbre così… io… io non lo so!
Shindou ricadde sulla sedia, disperato.
-Nemmeno io, Ran.


-Ehi… ragazzo? Se vuoi… puoi venire. Il tuo amico si è appena svegliato.
Inizialmente, seduto com’era su una sedia da scrivania e con un medico intento a rigirargli un piede in tutti i modi anatomicamente possibili, Minaho non aveva notato il dottorino che si era affacciato alla porta. Nei pochi minuti in cui lo aveva visto vicino al dottor Matakawa la sua mente analitica lo aveva immediatamente catalogato come il suo attendente. Non aveva di sicuro più di venticinque anni.
-D…davvero!!!?? Dottore… -Minaho si alzò di colpo dalla sedia. -Mi scusi, ma il piede può aspettare… non se la prenda, la prego!
Il medico si ritrasse sorridendo e scuotendo la testa. Il fatto che non fosse un chirurgo non significava che certe scene di miracolosa salvezza non lo commovessero sempre. Minaho gli scoccò un sorriso e si lanciò fuori dalla porta come un fulmine.


-Man!! Manabe sei sveglio!!
-Ehi! Piano… il tuo amico è ancora un po’ debole, non trovi? -Il dottor Matakawa scoppiò a ridere dolcemente. -Non strapazzarlo troppo!
Minaho spalancò gli occhi, arrossì e fece cenno di mettersi una mano davanti alla bocca. Ecco… aveva fatto un pasticcio!
-Ehm… Min?
La voce del lilla lo fece riscuotere dalla vergogna. L’arancione prese un sospiro per non lanciarsi come una trota sul letto del suo ragazzo nonché migliore amico! -M…Man? Manabe!!! Ho avuto così tanta paura!!
Il lilla si tiró a sedere sul lettino. -Siamo… siamo pari adesso, no? Ci siamo salvati una volta per uno…

Minaho lo prese per le spalle. -Non mi hai detto nulla della ferita! Potevi morire!
-Ehi ehi!! -Il lilla sorrise mentre il suo ragazzo lo scuoteva come un barattolo di marmellata in preda all’agitazione. -Non pensavo fosse nulla di che… anche volendo non avevamo disinfettante, lo sai.
-Ma… Ma sarei andato a cercarne in qualche negozio o in qualche casa! Perché diavolo non mi hai detto nulla?
Il lilla si portò la mano dietro la nuca arrossendo leggermente. -Ehm… lo hai appena detto tu! Saresti andato a infilarti in qualche buco pieno di zombi! Non potevo permetterlo… e ti dirò di più! Lo rifarei dieci…
-Ma…
-Cento…
-Ma… Man!
-Mille…
-No… insomma… ascolta…
-Ssst… non parlare! -Il lilla, con una bellissima faccia da schiaffi, mise il dito sulla bocca del suo migliore amico, molto confuso. -Diecimila volte. Perché io ti amo.
Minaho si ritrovò coinvolto nel primo vero bacio di puro amore della sua vita, proprio con quella persona che solo poche settimane prima avrebbe ritenuto l’ultimo degli ultimi fidanzati possibili. Sorrise godendosi il calore delle sue labbra, stringendolo a sé.


A circa un Kilometro di distanza dell’ospedale,  un alto condominio in un quartiere non troppo lussuoso.
-Moriremo tutti!! Siamo destinati alla morte, alla rovina, allo sterminio!!
-Oh… vi prego… fare tacere la pollastra! Non se ne può più di questo ritornello…

Tetsukado, seduto su un divano con un pacchetto di patatine in mano, cercava di distrarsi leggendo una rivista di calcio. Come sembrava lontano il calcio…
-Sakura!! Tesoro… insomma!  Quante volte devo dirtelo? -Ibuki Munemasa, portiere della Earth eleven, sbucò fuori dalla cucina con un bicchiere d’acqua. -Siamo in alto… siamo ben barricati… abbiamo cibo per una settimana e più se lo razioniamo bene, e ora sappiamo pure che alcuni nostri amici stanno bene! Vedrai… tempo poche ore e qualcuno ci verrà a prendere. Non c’è niente da temere…
Sakura sospirò sorridendo triste. Per fortuna quando il fatto era successo lei, Tetsukado e Morimura erano a casa di Ibuki, un bell’appartamento su due livelli in un quartiere popolare ma tutto sommato carino. C’erano anche i genitori dell’albino con loro, ed era stato proprio il padre, tecnico informatico, a stabilizzare un minimo di rete per i loro telefonini, permettendogli di mettersi in contatto con i loro amici.

-Ibuki, hai visto… -Tetsukado appoggiò la rivista. -Molti dei nostri compagni non hanno risposto, né visualizzato i messaggi. Sappiamo che Tenma, Tsurugi, Shindou, Kirino, Manabe e Minaho sono vivi, che Matatagi sta male e che Shinsuke… che Shinsuke…
-Non dirlo!! -Morimura balbettò nascondendosi ancora di più sotto la coperta che la nascondeva, sulla poltrona dove si era rifugiata, lontana da qualsiasi porta o finestra nonostante fossero ai piani alti.
-Ok… scusate. -Il pugile continuò. -Comunque rimango preoccupato… dove saranno tutti gli altri… le manager… l’allenatore Endou… i ragazzi della Raimon e gli altri nostri compagni… non so proprio farmi una ragione di tutto questo, dannazione! -Sbattè con violenza il pugno contro il ginocchio. -Non possiamo nemmeno uscire di qui… il palazzo è sicuro, ma la strada pullula di quelle creature.

Ibuki ridacchiò. -Ma come! Prima mi fai zittire Sakura e poi ti metti pure tu a diffondere negatività?
Il pugile sospirò. -Guarda mi negli occhi e dimmi che non sei preoccupato, Ibuki.
L’albino rattristò il sorriso. Chinò la testa senza parlare.

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Capitolo 6
*** Si va in missione! ***


-Non è cambiato assolutamente nulla, Shin. Non so… almeno da bere dobbiamo darglielo!
Kirino aveva appena finito di dare una rapida occhiata a Matatagi. Il taglio sul ginocchio era pulito… non si doveva trattare di un infezione. Scottava di febbre e dormiva ancora.

Il Sole era sorto da poco… dovevano essere poco meno delle otto, o giù di lì. Era una giornata bellissima, e il canto dei passerotti rendeva il tutto ancora più sarcastico. Una natura viva in una città morta.
-Ok Ran… prendiamo una bottiglietta e usiamola solo per lui. Dobbiamo andare sul sicuro, no?
Il rosa sorrise. Prese una bottiglietta da mezzo litro dalla scaffalatura sulla quale avevano appoggiato il loro bottino del giorno prima e la aprì. Con qualche goccia inumidì il panno sulla fronte del blu, quindi gli alzò delicatamente il capo.
-Ehi… Mat? Ehi… mi senti?
Il moro aprì lentamente gli occhi. Tremava e sembrava confuso. -Dove… Dove sono…
-Al sicuro, tranquillo. Siamo qui con te…
Il moro si riebbe di colpo. Di punto in bianco sembrava essersi ricordato di tutto… strinse i denti. -Ragazzi… scusate per questa situazione. Non… non so che abbia, ma non sono infetto, credetemi! Sono pienamente lucido… vedete?
Shindou si chinò al fianco del ragazzo e di Kirino.  -Certo… tranquillo. Ora però bevi un po’… non puoi stare una notte intera senza bere.
Matatagi annuì debolmente mentre Kirino gli accostava la bottiglietta alle labbra.
-Ehi!!
Il rosa fermò la mano e spostò la bottiglia. Fece aprire la bocca al blu e gli esaminò la gola con la torcia del telefono.
-Ran… sai quanta batteria consuma quella cosa? Che hai visto?

-Aanaaru… he hiavolo ai faendo on la mia hola? -Il blu proprio non capiva.
Il rosa spense la torcia sorridendo soddisfatto. -Shin… ha le tonsille ricoperte di pus… è una semplice tonsillite! Niente infezioni zombificanti!!
Il castano tirò un sospiro di sollievo, ridendo. -Grazie a Dio… sei contento, Mat? Con il mal di gola non sentirai nemmeno i morsi della fame!
Il blu, benchè debole, sorrise sarcastico. -Simpaticoni! Ora però datemi quell’acqua, che mi sto trasformando nel deserto del Sahara!


-Bene! Ricapitolando… avete provato a far sviluppare questa… cosa in coltura?
Manabe, interamente ripreso e rinfrancato da una notte di sonno tutto sommato tranquillo, se ne stava in piedi vicino ad un tavolo di laboratorio con indosso un bellissimo camice bianco che lo faceva sentire ancora più spaventosamente intelligente. Minaho, al suo fianco, ridacchiava vedendolo pavoneggiarsi come un bambino.
Il dottor Matakawa aveva mostrato ad entrambi i ragazzi il laboratorio che avevano adattato nel reparto di psichiatria. Niente di troppo professionale, ma avevano raccattato reagenti chimici e macchine a sufficienza per poterci fare qualcosina. Insieme a loro c’erano altri due dottori del reparto di infettivologia. Tsurugi e Tenma erano rimasti a riposare ancora un po’… la giornata precedente gli aveva portato via troppe persone care.
-Ovviamente. -Il medico anziano sorrise. -Non sapendo esattamente come trattarlo, abbiamo prima di tutto provato a svilupparlo in capsula come un batterio… non ci crederai. Inizialmente sembrava incapace di riprodursi rapidamente… non capivamo perché! Eppure sapevamo che si diffondeva nelle persone a velocità spaventose… qualcosa non quadrava. Allora abbiamo provato a cambiare i terreni di coltura…
Gli occhi di Manabe si illuminarono. -E… e cosa avete visto?
Il medico sospirò. -Inizialmente nulla… fluoro, calcio, potassio… quel maledetto non reagiva con nulla! Poi… poi abbiamo provato un substrato proteico. A base di ubiquitina e glucosio…

-Sono… sono i componenti di base di tutte le cellule umane!! -Minaho spalancò la bocca. Anche lui sapeva muoversi nel campo della biologia!
-Esatto… e a quel punto… è esploso! Ha iniziato a replicare sé stesso con una velocità mostruosa… pazzesca! Lui… lui vuole noi. Solo l’uomo è un’ospite ideale per la sua sopravvivenza. Può anche attaccare gli animali, ovviamente… ma noi siamo le sue prede preferite. Inoltre abbiamo scoperto qualcosa che ci ha lasciato assolutamente sconvolti.
-Cosa? -Manabe non era mai stato così interessato. Quella cosa era terribile e miracolosa insieme.
-Sapete come si riproducono gli organismi unicellulari, ragazzi?
-Certo… -Risposero all’unisono. -Per scissione binaria. È come una mitosi… ogni cellula si divide in due generando due “figli” identici alla cellula madre.
-Bravi! Ebbene… tenetevi forte. Questi fanno la meiosi! O meglio… qualcosa che le assomiglia. Non solo si duplicano, ma mischiano ogni volta il loro DNA e lo trasmettono in modo diverso a ciascuna cellula figlia… così diventano mostruosamente veloci a diffondersi, resistenti a ogni farmaco… è totalmente diverso da qualunque cosa vista sul nostro pianeta. Certo… esistono casi di virus rapidi a mutare o evolversi ma… ma non questo! Questo è diverso…

Manabe era senza parole, e l’arancione con lui. -Ma… Ma gli unicellulari non fanno nulla di simile…
Il medico si sedette pulendosi gli occhiali nella manica. -È questo il bello. Se isoli questa cosa… si comporta come un unicellulare. Come un batterio, per intenderci… ma… ma se li sviluppi in colonia, agiscono come un pluricellulare, come un organismo unico! Sono come uno sciame di vespe… un formicaio! Non ho mai visto nulla di simile.
-È… è assurdo!
-Man ha ragione… come può essere? -Minaho era confuso.
Il dottore guardò i colleghi e sospirò. -Non ne abbiamo ancora idea. Noi.. Noi lo abbiamo chiamato…  abbiamo chiamato questa cosa “La legione”.


-Ragazzi… che diavolo sta succedendo fuori? Il fetore è insopportabile… cos’è questa puzza invereconda?
Matatagi era decisamente disgustato. La febbre non si era abbassata di una virgola, però aveva provato ad alzarsi e mettersi seduto. Shindou e Kirino andarono a guardare fuori dalla finestrella che dava sulla strada.
-Mat… hai presente quando si dice “poteva andare peggio, poteva piovere” e immediatamente si mette a piovere?
-Ehm… Shindou? Che cosa significa questa frase sibillina?
-Beh… poteva andare peggio? Ho una bella notizia… un camion della nettezza urbana si è rovesciato davanti al cancello, e ora i netturbini si sono uniti al gruppo di amici che barcollano davanti alla porta!
-Ecco cos’era quel tanfo aberrante! Siamo pure sommersi di immondizia quindi! Di bene in meglio…
Kirino rise.
-Eddai… poteva andate pegg…
-NON DIRLO!!! -Shindou e Matatagi zittirono l’amico all’unisono.



-Ehi!!! Guardate ragazzi! Un messaggio!!
Morimura era riemersa dalla coperta in un istante, eccitata.
-Davvero? Mano ai telefoni! Abbiamo internet!! -Tetsukado ringraziò il cielo che la ragazza fosse così timorosa da vivere con il cellulare in mano. Il condominio era anche fornito da un generatore ausiliario, essendo molto grande, e la corrente per ora non era un problema.
Anche Ibuki e Sakura tirarono fuori i cellulari, fiondandosi su Whatsapp. Era vero! Avevano ricevuto un messaggio. Aprirono immediatamente la chat… era Kariya, il ragazzo amante degli scherzi che avevano conosciuto nei pochi giorni prima del Risveglio… un compagno di squadra di Tenma.
Il messaggio era abbastanza lungo… evidentemente non aveva paura di sprecare batteria. Il verde doveva aver trovato un modo di ricaricare il cellulare.
-Ragazzi… felice di vedervi vivi. La situazione qui è stabile. Sono con Hamano e Hayami a scuola… eravamo andati a cercare dei libri in biblioteca… sapete… a volte anche a me tocca studiare! Per fortuna è estate, e così non c’era nessuno a scuola che si potesse trasformare… ci siamo accorti di cosa stesse succedendo all’uscita, quando una vecchietta ha provato ad assaggiarmi un braccio! Siamo tornati dentro e siamo barricati… niente provviste, ma Ryoma è uscito a cercare qualcosa. Vi teniamo aggiornati… dobbiamo riunirci tutti, vecchi e nuovi, il prima possibile. Anche noi abbiamo sentito dell’aeroporto… è passato un blindato con l’altoparlante ieri. Dopo una notte qui iniziamo ad avere fame e sete… voi in come situazione siete?

Tetsukado rispose immediatamente, temendo la caduta della linea, mentre gli amici intorno a lui si affollavano per dirgli cosa scrivere.
-Qua ancora tutto bene… la scuola non è lontana né da noi, né dell’ospedale. Dobbiamo trovare un modo di riunirci.
Ora era il turno di Minaho.
-Internet! Alleluia! Tenma ora sta meglio… Tsurugi è ok. Manabe è stato molto male ma ora è guarito… grazie a Dio siamo in un ospedale. Comunque Tetsukado ha ragione… dobbiamo riunirci e provare ad arrivare all’aeroporto. Ragioniamo logicamente… il punto più sicuro dove vederci è il parco. Ci siamo già stati ed è aperto e controllabile. Noi ancora non possiamo muoverci… Manabe deve riposare.

Il lilla interruppe la conversazione, seguito a ruota da Minaho.
-Ehi! Io sto bene!!
-Man! Chi è il più grande qui? Devi ascoltarmi!
-Ma hai solo quattordici giorni più di me!
-E ti pare poco? Dicevo… direi di aspettare il pranzo. Ognuno mangi e beva quanto può… ci serviranno energie. Vediamoci tutti vicino al lago, sotto i ciliegi… lì decideremo che fare insieme, ok?

Tetsukado si consultò rapidamente con gli amici. Tutti erano eccitati.
-Ok! Noi ci stiamo!
Kariya era invece più dubbioso.
-Noi ci proviamo… anzi, che dico! Noi ci riusciamo! Ranmaru?  Razza di barbie rosa, vedi di farti trovare li!
Shindou e Kirino, che avevano seguito la conversazione dallo scantinato in un misto di divertimento e ansia, non sapevano come fare.
-Noi siamo bloccati… proveremo a inventarci qualcosa.
In quel momento cadde la linea, lasciando tutti pieni di speranze e confusione.


-Ok… cosa sappiamo?
Ibuki prese una matita. Erano passati nemmeno cinque minuti dalla loro conversazione su Whatsapp con gli amici, ma si erano già messi in moto. In effetti l’inattività era una delle cose più brutte di tutta la situazione.
L’albino si era immediatamente precipitato in camera, lasciando i suoi compagni nella più totale confusione. È vero… tutti erano bramosi di lavorare a un piano per raggiungere i loro amici, ma non avevano idea di cosa il loro amico si fosse messo in testa di fare.
Dalla stanza da letto si iniziarono ad udire forti rumori, come di qualcuno che metteva tutto sottosopra. Di punto in bianco un tonfo come di qualcosa di pesante che cadeva al suolo, seguito da un urlo di dolore e dai gemiti di Ibuki. I ragazzi scattarono in piedi, ma non si erano ancora resi conto esattamente di cosa fosse successo che Ibuki era uscito dalla stanza, saltellando su una gamba sola, gli occhi pieni di lacrime ma un grosso sorriso sul volto. In mano aveva una mappetta della città.
-M…ma che hai combinato?
-A…a…abbiamo sentito dei… rumori… -Morimura era arrossita e si fissava le mani.
Ibuki ridacchió, dolorante. -Ma… Ma nulla… mi è… mi è solo caduto un cassetto su un piede e… ed era… ehm… pieno! Però… però guardate che ho trovato! Adesso possiamo pensare ad un piano!


-Man, sicuro di stare bene ora?
Il lilla si voltò verso il suo ragazzo, sbuffando. -Min, ma basta! Ti ho già detto almeno mille volte che va tutto bene! -Sorrise, come per stemperare la sua reazione precedente che ora gli sembrava esagerata. Sapeva per esperienza personale cosa significasse l’ansia per una persona a cui si voleva bene. -Senti… tu invece come stai?
Minaho rimase per un attimo interdetto. -I…io? Io sto… sto bene! Ma… ma perché me lo chiedi, Man?
Il lilla sospirò sorridendo dolcemente. Accarezzò con un dito la guancia del suo ragazzo. -Min… sono ore che ti preoccupi per me… questa situazione però ci coinvolge tutti. Io ho paura… so che ne hai anche tu… ne abbiamo tutti. Sei il mio eroe, però… però io da qui voglio uscirne con te. Devi pensare a tutelare anche la tua vita… non solo la mia. Mi prometti che mi farai questo regalo? Quando saremo fuori di qui, magari ci andremo a fare una bella vacanza insieme… solo noi due! Che ne dici?
L’arancione sorrise, cercando di nascondere la commozione. -Man… certo che te lo prometto! Voglio rimanere sempre con te… sempre. Vedrai… sono convinto che sarà questione di pochi giorni… il mondo si starà muovendo. Li hai visti anche tu gli aerei militari… esiste ancora un mondo, là fuori. Dobbiamo solo raggiungerlo… e lo faremo insieme, con tutti i nostri amici!
Il lilla abbracciò il suo amico, che ricambiò. Per un istante resero insieme, felici. Fu Tsurugi a interromperli, facendo arrossire scandalosamente l'arancione.

-Ehi… ragazzi? Disturbo un momento speciale? Tenma si è svegliato… adesso credo stia meglio. Che ne dite di pensare tutti insieme alla prossima mossa?
Minaho e Manabe si guardarono sospirando, quindi sorrisero al moro. Risposero all’unisono.
-Ok… andiamo!


-Il caldo è insopportabile… non conviene aprire almeno un minimo la finestrella? È minuscola.. nessuno può entrare!
-C… caldo? Kirino… io ho… ho… fr… freddissimo… -Matatagi sospirò stringendosi di più nella coperta. La febbre aveva ripreso a salire.
Shindou, che stava origliando dietro alla porta, distaccò l’orecchio e si buttò a sedere sul pavimento. -Ran… potremmo farlo, ma fuori fa più caldo che dentro… e poi l’odore dI questa massa di abomini barcollanti si sente anche così… non so se mi spiego.
Il rosa fece un gesto disperato. -Ho capito… siamo condannati a questa sauna! Shin… che hai sentito dietro la porta? Com’è la situazione?
Il castano scosse la testa. -Non so… i rumori sono diminuiti, ma alcune di quelle cose sono ancora lì fuori. Poi… anche se riuscissimo ad uscire dal palazzo, come arriveremmo fino alla strada? Ci saranno almeno trenta mostri, lì fuori, e non sono diminuiti molto rispetto a ieri… anzi, a volte mi sembrano anche di più. Per ora abbiamo cibo e acqua… vedrai, verranno a prenderci. Speriamo anche di riuscire a prendere internet nel pomeriggio… potremmo mandare ai nostri amici la nostra posizione, così. -Il castano sembrava più sicuro del rosa, ma nemmeno lui era tranquillo. -Dannazione a me e quando ho voluto mettermi questo stupido completino da elegantone per uscire… la camicia è troppo calda, e queste dannate scarpe mi stanno distruggendo i piedi!
Kirino sorrise. Il suo ragazzo era carino anche quando si lamentava… cosa comune, vista la sua particolare sensibilità. -Shin… ma toglile, no? Se ti vengono le vesciche quando usciremo di qui come diavolo farai a correre? Anche la camicia ti impiccia troppo… guarda che per uscire con me potermi metterti una maglietta!
Il castano sorrise scuotendo la testa. -Quando usciremo… beh, hai ragione. Aspetta… -Shindou si precipitò a slacciare le scarpe di pelle e se le tolse con un sospiro di sollievo, sistemandole  ben ordinate alla sua destra. -Ahhhhh… grazie al cielo… ora va meglio… non mi sento più i piedi! -Fatto ciò si tolse anche la camicia. Scalzo e a torso nudo, si sedette sul pavimento allineando i piedi sul marmo freddo in cerca di un po’di sollievo, mugolando di dolore.
Il rosa ridacchiò.
-Forza Shin, dai qua i piedi. Contrlliamo la situazione. -Kirino prese dolcemente i piedi del castano. -Via subito questi calzini! Hai i piedi bollenti,Shin...
Kirino liberò i piedi di Shindou dai calzini ormai logori e controllò la situazione. Quelle scarpe erano davvero troppo strette. Shindou non era molto alto, ma aveva i piedi abbastanza grandi e larghi. Kirino esaminò le piante del suo ragazzo ed iniziò a soffiarci sotto. -Shin, hai decisamente i piedi fuori uso. Hai i polpastrelli in avaria... hai bisogno di un massaggio. Ci penso io... -Kirink iniziò a massaggiare i piedi nudi di Shindou. -Senti… come va la batteria del cellulare?
Il castano sospirò. -Cinquantatrè per cento… regge. Oggi dovremmo riuscire a contattare ancora gli altri se tutto va bene.
-Speriamo… prima sono passati degli aerei militari. Non so… è un bene, no? Significa che questa cosa non è diffusa dappertutto. Sono certo che ci verranno a prendere in fretta.
Shindou sorrise, puntellandosi sui gomiti. -Anche io ci credo. Usciremo da qui in pochissimo tempo… sicuro! Ehi… aspetta… -Il castano si immobilizzò. -Che… che cosa sono questi rumori?
Il rosa ingoiò rumorosamente la saliva. Qualcosa di grosso si stava palesemente muovendo fuori dalla porta della cantina… e gemeva.
-O… o mio Dio!


-Ehi Ten… come… come va?
Minaho e Manabe erano entrati nell’ambulatorio al fianco del laboratorio di biologia, guidati da Tsurugi. Il castano era seduto su un lettino, i capelli spettinati e gli occhi leggermente rossi. La stanza era molto luminosa,  avendo una finestra che dava direttamente sulla parte più verde del parco.
-Potrebbe… potrebbe andare meglio, temo.
Era stato Tsurugi a rispondere. Tenma aveva solo alzato gli occhi… erano bagnati di lacrime.
-Io… io… lui… lui è morto per… per colpa mia…
-Ma no… Ten, non è colpa di nessuno se… -Manabe aveva provato ad avvicinarsi al ragazzo e a mettergli una mano sulla spalla.
-No!! Io… io sono stato troppo… troppo rumoroso… sono rimasto indietro… lui… lui mi ha seguito… è… è stata colpa mia! Era… era il mio migliore amico!

Minaho ebbe una fitta alla coscienza. Anche Manabe era il suo migliore amico, oltre che il suo ragazzo… grazie a dio stava bene ed era lì con lui. Immaginava il dolore di Tenma. Decise di dire qualcosa.
-Ten… lui non ti darebbe nessuna colpa. Magari… magari presto troveremo una cura. Magari potremo farli tornare come prima, no?
L’arancione purtroppo credeva molto poco alle sue stesse parole, però… chissà. Nessuno aveva pensato a quella possibilità. Una cura… sembrava un sogno.
-Minaho ha ragione. -Manabe si alzò in piedi, parlando seriamente. -Questa non è fantascienza, non è una serie TV. Questa è scienza. Il fatto che venga da un altro pianeta non significa che non sia alla nostra portata… mentre parliamo il governo starà sicuramente lavorando a una cura.

Tsurugi sorrise debolmente. Aveva appena perso il fratello, e non era di certo di buon umore… eppure non poteva lasciarsi andare, non finché Tenma era con lui. Aveva una sola cosa che gli toglieva il sonno… un solo pensiero.
-Ragazzi… io devo andare a recuperare le cose di mio fratello. Non posso assolutamente tornare da mamma e papà senza almeno un suo ricordo… sarebbe troppo per tutti.
-Coooosa? -Minaho spalancò gli occhi. -Ma è impossibile! Il reparto di lungodegenza è infetto! È troppo pericoloso!
-Minaho ha ragione, Tsu! -Tenma si era riscosso dal torpore in un istante. -Tuo fratello non avrebbe mai voluto…
-Lascia stare mio fratello! -Il moro aveva alzato la voce. -È una cosa che devo fare, punto. Stai tranquillo, tornerò prima ancora che tu ti sia accorto della mia partenza. Sarò svelto, e basteranno una decina di minuti.
-Tsurugi… io vengo con te. Posso essere utile… credo di essere quello che sa più cose su questi mostri.

Manabe aveva parlato quasi senza accorgersene. Minaho lo fissava sconvolto, nel panico.
-Non ti azzardare ad andare fuori di qui senza di me! Vengo pure io!
-Ragazzi… non voglio obbligare nessuno…
-Lascia stare… lo facciamo volentieri. Tenma… tu non ti muovere. Ora come ora devi riposare se vuoi essere in forze per arrivare all’aeroporto e per andare a cercare i nostri amici. Torneremo in un lampo.


Ogni tentativo di Tenma di dissuadere il suo ragazzo e i suoi amici era stato inutile. Il gruppetto era uscito dal reparto silenziosamente, i coltelli in mano. Tsurugi era in testa, seguito da Minaho e Manabe che si tenevano d’occhio a vicenda, stando attenti ad ogni rumore e ad ogni movimento sospetto nel corridoio.
Per raggiungere il reparto di lungodegenza avrebbero dovuto scendere le scale, raggiungere l’atrio e imboccare il lungo corridoio vetrato che li avrebbe condotti alla palazzina dal lato opposto del cortile. Sapevano che era pieno di quelle cose, ma contavano di riuscire a passare senza essere visti… in fondo l’ospedale era labirintico e pieno di nascondigli!
Raggiungere l’atrio non fu troppo difficile. L’esplosione di qualcosa, forse un’automobile o un autobus, appena fuori dal giardino dell’ospedale aveva attratto contro la recinzione buona parte di quelle creature, sgombrando il passo.

-Man… non posso credere alla nostra fortuna! -Minaho fece l’occhiolino a Manabe.
-Era anche ora! Benissimo… dubito che saremmo riusciti a passare così facilmente altrimenti… questi corridoi sono stretti!
Appena il lilla finì di parlare, come per una bizzarra presa un giro, qualcosa di rumoroso attirò la loro attenzione verso un ambulatorio.
-Ragazzi… avete sentito? -Tsurugi si immobilizzò.
-Dobbiamo… dobbiamo nasconderci subito! -Il lilla iniziò a guardarsi intorno alla disperata ricerca di un nascondiglio. Minaho gli prese la mano.
-Aspetta Man… sentite! Sono colpi regolari… e sembrano provenire da quello sgabuzzino delle scope! Ma che diavolo… Tsu? Qualcosa non va?
Il moro era sbiancato. -Ragazzi… qui… qui è dove abbiamo perso di vista Shinsuke. Qui… è dove lo hanno preso.

Il lilla e l’arancione ebbero un tuffo al cuore. -E ora… ora che si fa? Non possiamo comunque rimanere fermi qui a lungo… è troppo pericoloso!
-Man… e se ci fosse un sopravvissuto dentro quello sgabuzzino? Non possiamo andarcene così!
-Ma controllare sarebbe troppo pericoloso! -Il lilla era nel panico. -Non possiamo!
-Minaho, Manabe ha ragione… non è il caso di… ehi! Minaho! Fermo!!
L’arancione aveva appena appoggiato l’orecchio alla porta. Il rumore era davvero regolare… ignorò gli sguardi allibiti dei suoi amici e… si mise a battere con il pugno sulla porta, molto piano.
-Ehi… ehi! C’è qualcuno? Ditemi che non siete mostri pure voi vi prego… non voglio morire qui dentro!

Calò un silenzio incredulo. Minaho, Manabe e Tsurugi si guardarono senza parole… lì dentro c’era davvero qualcuno di vivo! Immediatamente l’arancione spalancò la porta… rimanendo poi letteralmente spiazzato.
-S…Shinsuke!!!!!

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