Cronache del Risveglio di ROW99 (/viewuser.php?uid=1035163)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Predatori e prede ***
Capitolo 2: *** Ed ora... ci serve un piano! ***
Capitolo 3: *** La scienza viene sempre in aiuto! ***
Capitolo 4: *** Piccolo colpo di scena! ***
Capitolo 5: *** Operazioni di salvataggio! ***
Capitolo 6: *** Si va in missione! ***
Capitolo 1 *** Predatori e prede ***
-Dio… Shindou,
chi avrebbe pensato una cosa del genere… ieri. Come ci siamo
ridotti, maledizione.
Kirino, le mani nelle tasche di una felpa strappata in più
punti, si puntellò sui gomiti alzandosi dal tavolo dove fino
a poco prima aveva riposato. Si guardò intorno. -Dannata
cantina puzzolente! Odio questo posto…
Shindou scosse la testa, sistemandosi i capelli con la mano. Anche lui
era sporco e la sua camicia era strappata e macchiata.
-Kirino… nessuno poteva pensare a una cosa del genere.
Nessuno. Io non credo che ne usciremo, ma se lo facessimo niente
sarà più come prima. Gli altri… gli
altri dove saranno?
-Non ne ho idea… spero… spero siano…
siano vivi. Matatagi… Matatagi come sta?
-Non bene, credo… non… non l’hanno
morso,però. Ora dorme ancora… da ieri sera
è molto.
-Già… -Il rosa sospirò. -Speriamo
bene. Non… non mi sento al sicuro qui, e non abbiamo cibo.
Dobbiamo muoverci.
Shindou si mise le mani nei capelli. -Chissà se esiste
ancora un mondo, la fuori.
Era successo tutto in poco tempo.
Nemmeno il tempo di tornare alla vita di tutti i giorni, dopo aver
vinto il torneo galattico. Nemmeno il tempo di tornare a giocare a
calcio tutti insieme… di presentare la nuova Earth Eleven ai
loro vecchi amici per andare verso il futuro tutti uniti. Erano stati
solo pochi i giorni a loro disposizione, ma così
belli… Shindou e Kirino si erano fidanzati, dopo
così tanto tempo, ed avevano fatto un picnic tutti insieme.
Minaho e Manabe si erano baciati e ora stavano insieme pure
loro… Tenma era stato confermato capitano. Tutto era avviato
per il meglio, allora.
Chi avrebbe mai detto che avrebbero portato qualcos’altro
sulla terra, oltre alla coppa, oltre ai loro amori. Qualcosa di
cattivo… o forse no, semplicemente qualcosa di diverso.
Qualcosa di nuovo. Un virus, forse, un’entità
biologica. A dire il vero non sapevano nemmeno se fosse stata colpa
loro… quando era iniziato il Risveglio, loro erano
già a casa da più di una settimana.
Magari… magari era stato qualcos’altro,
però…
No, sapevano bene che era colpa loro. Lo sapevano mentre quella cosa
iniziava a diffondersi. Sparizioni, all’inizio, poi i primi
avvistamenti. Uomini e donne che barcollavano, come in una lenta danza
strana, le mani contratte, il collo allungato. E quel
rumore… le mascelle che sbattevano l’una contro
l’altra con rumore buffo di nacchere, il gorgoglio dal fondo
della gola…
Era stato tutto così veloce.
L’incredulità era diventata paura, la paura
terrore. In pochi giorni i giornali non avevano più potuto
nascondere che qualcosa stesse succedendo. Non erano drogati, non erano
pazzi o casi isolati. Era qualcosa di diverso. Sembrava trasmettersi
col morso… la saliva e le mucose erano la chiave. Girava
voce che alcuni l’avessero presa dalle prostitute, ma non era
affatto chiaro se fosse vero.
In due giorni dalla segnalazione dei primi casi, quando ancora quasi
nessuno in città credeva alle voci e quando tutto sembrava
essere assolutamente normale, era successo. Il Risveglio…
mostruoso e improvviso insieme, la quarantena… poi il
crollo. La cosa si era diffusa nella regione… forse in tutto
il paese. Sapevano… o almeno credevano che il resto del
mondo stesse ancora bene. Vedevano gli aerei volare… a volte
prendevano anche Internet, nonostante i disagi e la mancanza di energia
elettrica. Il mondo aveva isolato il Giappone. Nessuno poteva aiutarli,
forse. Maledizione e benedizione di essere
un’isola, e quelle cose non sapevano nuotare.
La loro verità ora era diversa. Niente più
calcio… solo denti, solo paura, solo sangue. Era
più di un giorno, dall’inizio di tutto, che non
vedevano più i loro amici. Pregavano il cielo che stessero
bene.
La notte era calata sul paese, sui loro cuori.
La notte del Risveglio.
Due
giorni prima, Inazuma-cho, quartiere scolastico, nei pressi del parco.
-Ehi! Tenma! Tenma!
Tsurugi corse verso il gruppetto di ragazzi dal fondo della strada.
Sembrava trafelato e per poco non travolse alcuni studenti universitari
che cercavano di attraversare la strada.
-Tsu! Finalmente sei arrivato! -Il castano, entusiasta,
gettò le braccia al collo del suo ragazzo. -Pensavo non
volessi più venire…
Il moro scosse la testa. -Figurati…
è..è che qualcosa di strano sta succedendo, in
ospedale. I miei vogliono portare via mio fratello…
ultimamente è tutto molto incasinato.
Tenma sospirò, ma poi tornò a sorridere.
-Vedrai… andrà tutto a posto! Non saluti Shinsuke?
Il piccoletto saltò fuori da dietro una panchina.
-Ehm… ciao Tsurugi!
Il moro scoppiò a ridere. -Ciao Shinsuke! È un
piacere vederti dopo… ehm… mezza giornata che non
ci vedevamo? Sai… dalla cena di ieri sera a questa mattina
ne è passato, di tempo…
Il ragazzo più basso ridacchiò. -Guarda che
è stato Tenma a insistere per portarmi con voi! Se avessi
saputo che era un doppio appuntamento tra piccioncini…
-Ma va… tranquillo! Sei il suo migliore amico! E poi non ci
sono segreti fra noi… piuttosto, Minaho e Manabe dovrebbero
stare per arrivare. Peccato che Shindou e Kirino avessero
già prenotato un pranzetto intimo per conto loro…
In quel momento esatto, un fulmine arancione apparve
all’incrocio, inseguito da un ragazzo dai capelli lilla
barcollante e furioso.
-Minaho!! Ridammi immediatamente i miei occhiali!!
La scena aveva del comico. L’arancione aveva rubato gli
occhiali dal naso del fidanzato e ora glieli faceva pendere davanti
alla faccia, mentre il povero genio della matematica cercava di
afferrarli impacciato a causa della camicia stretta e della miopia.
Finalmente Minaho si decise a rendere il maltolto al suo migliore amico
nonché ragazzo. Appena il lilla ritornò in
possesso degli occhiali, lì inforcò con un
sospiro di soddisfazione. -Grazie a Dio… me la pagherai,
gufetto!
-Io non ne sarei così sicuro… vieni qui. -Detto
fatto. Minaho aveva sfiorato le labbra del lilla con le sue, facendolo
avvampare di rossore.
-M…Min…
-Ooook! -Tsurugi ridacchiò mentre Tenma e Shinsuke erano
letteralmente senza parole. -Che ne dite di seppellire
l’ascia di guerra e di incamminarci verso il ristorante?
Sapete come sono i proprietari di quei localini
tradizionali… hanno poco spazio, e se non rispetti gli orari
il tuo tavolo diventa preda immediata di altri affamati clienti!
Tutti furono d’accordo, e si incamminarono chiacchierando
felici. Tenma sfiorò la mano del moro. -Tsu… sei
così deciso!
Il locale era carino, nonostante fosse molto stretto e incassato sotto
il livello stradale. Il pranzo era stato abbondante, e ora stavano
aspettando il dolce. Avevano parlato di molte cose, tra cui le voci che
giravano riguardo alle stranezze che stavano avvenendo in
città in quei giorni, ridendone. Sembrano tutte cose
così idiote… bastava camminare per strada per
rendersi conto che andava tutto bene! Tutto come sempre...
-Ragazzi… che facciamo dopo pranzo?-Tenma sospirò
soddisfatto.
-Beh… io ho promesso a Man di portarlo a visitare il nuovo
museo delle scienze che hanno inaugurato la settimana
scorsa… -Minaho guardò sornione il suo ragazzo
che si puliva gli occhiali freneticamente. Era una sua piccola mania!
-Se volete potete venire con noi…
-Perché no? Ci saranno delle sale sui dinosauri, vero? -Gli
occhi di Shinsuke si illuminarono.
-Certo! -Tsurugi sorrise. -Ho visto delle foto… è
bellissimo! Tutto interattivo… se Tenma ci sta, per me va
bene.
Il castano chiuse gli occhi felice. -Ma certo che ci sto!
Ascoltate… appena abbiamo pagato il conto, usciamo e andiamo
all’incrocio… alla fermata del bus prendiamo il 15
e…
Un rumore assordante. Tutti i clienti si voltarono verso il centro
della sala, dove una giovane cameriera aveva lasciato cadere un intero
vassoio, che aveva sparso cibo e brodo per metà pavimento.
La ragazza fissava la vetrina che dava sulla strada, balbettando
terrorizzata.
-Ma che…
-Che diavolo…
Un brusio confuso percorse i tavoli. Che diavolo stava accadendo?
Fu allora che lo videro. Un uomo sulla quarantina, probabilmente un
impiegato a giudicare dai vestiti. Appoggiato con la fronte contro la
vetrata, con la mano destra picchiava ripetutamente contro il vetro in
maniera ottusa, quasi meccanica. Ad ogni colpo lasciava una scia di
sangue scuro sul vetro.
Non era questa, però, la cosa che aveva scatenato
la confusione.
A quell’uomo mancava metà del volto.
L’intera parte sinistra del viso era deturpato, come
strappata a morsi, ma lui non sembrava nemmeno rendersene conto.
L’occhio superstite era bianco e opaco nella sua orbita, i
denti sbattevano ritmicamente.
Alcune persone si alzarono dai tavoli. Ora ricordavano… le
voci, le notizie su facebook che tutti prendevano per bufale,
nell’epoca della post-verità. Che diavolo stava
succedendo? Shinsuke si strinse contro Tenma e Tsurugi, mentre Minaho
istintivamente prendeva la mano di Manabe. -Stiamo indietro…
Poi avvenne tutto molto in fretta.
Ne arrivò un secondo, poi un terzo e un quarto mentre dalla
strada si alzavano urla selvagge. Rumori come di automobili che si
scontrano, sirene. La vetrata si crepò sotto il peso di
quelle persone… ed infine collassò in un
fiorilegio di cristallo.
La gente urla, cade a terra. Quelle cose inizialmente sembrano
immobili… come fisse. Poi… poi iniziano a
mordere. Uno di loro è subito sulla cameriera e la azzanna
al collo. Lei rimane per un istante come sospesa in quello strano bacio
di passione, quindi cade a terra gorgogliando. Altri clienti sono
già stati attaccati. È il caos.
-Via di qua, dannazione! -Tsurugi afferra la mano di Tenma e scatta in
piedi. -Via!!
I ragazzi sono nel panico. La gente urla, cade, inciampa mentre alcune
sedie si ribaltano. Grazie a Dio i tavoli sono incassati nei muri e non
possono cadere, ma i divanetti che fungono da sedute bloccano i
movimenti delle vittime. Tutti e cinque i ragazzi scattano in piedi
terrorizzati.
-Che… che facciamo! Che facciamo! -Shinsuke è
terrorizzato, Tenma incredulo… non poteva credere ai suoi
occhi.
-Con me!! Nelle cucine!! Seguitemi!
Tsurugi si lanciò nella sala scavalcando un corpo ancora in
preda alle convulsioni. La porta che conduceva alle cucine era
socchiusa, e solo una decina di metri li separavano da lei. Era
robusta… avevano solo quella possibilità.
Percorsero il breve tratto in pochi istanti, favoriti dal fatto che
quelle… cose stavano accalcandosi su un gruppo di ragazze
dalla parte opposta. Tenma scoppiò a piangere…
avevano l’età di sua zia.
La porta era ad un passo. Tsurugi la spalancò con una
spallata ed entrò seguito da Tenma e da Shinsuke. Fu allora
che sentirono un grido.
-D…d…dannazione!
Uno di quegli esseri aveva afferrato Manabe per un braccio. Il lilla si
divincolava disperatamente, cercando di tenersi lontano dalle sue
fauci, ma quello che fino a poco prima doveva essere un operaio
impegnato a sistemare un’aiuola fuori dal locale era, pur in
quelle condizioni, molto più forte di lui…
Di colpo la presa si allentò. L’uomo, se si poteva
ancora chiamarlo così, lascio il braccio di Manabe e cadde a
terra contorcendosi in maniera innaturale. Aveva un lungo coltello da
pranzo infilato nella nuca.
-Figlio di puttana, giù le mani dal mio ragazzo!
Minaho era in piedi, furibondo. Manabe, sotto shock, riuscì
comunque a rendersi conto che il suo ragazzo non solo aveva appena
piantato un coltello nella testa di un uomo, ma aveva pure imprecato
per la prima volta da quando la conosceva!
Un’altra mano afferrò il lilla, questa volta calda
e buona. Minaho lo trascinò in cucina e Tsurugi chiuse la
porta alle loro spalle, spingendoci subito davanti un grosso carrello
da servizio per bloccare la maniglia.
-Man… Man non ti ha morso vero?
Ora Minaho era completamente cambiato. Si era precipitato a lavarsi le
mani dal sangue non suo, dal sangue di quella cosa, e sembrava sul
punto di piangere.
Il lilla, che su era appena ripreso, sorrise cercando di sembrare
rassicurante. -No… non mi ha morso. Mi… mi hai
salvato la vita, Min.
L’arancione tremava, ma sorrise. -Lo farei altre mille volte.
Su una sedia Tenma si stava ancora riprendendo. Shinsuke lo aiutava
come poteva, mentre Tsurugi si era assicurato che fosse tutto sprangato.
-Ok… per ora siamo al sicuro. La porta è chiusa,
e ho barricato quella che dà sul vicolo sul retro. Grazie a
Dio siamo sotto il livello della strada, e niente può
infilarsi qui da quelle finestrelle lassù, che oltre a
essere troppo piccole sono anche ben chiuse. Ora… ora
dobbiamo cercare di capire. Che diavolo sono quelle… quelle
cose?
Tenma, ancora sconvolto, non rispose. Minaho era crollato su una sedia
e aveva iniziato a piangere, lui che era sempre così allegro
e sfrontato, Manabe si era ripreso e stava provando a consolarlo.
-Ehi… Min… stai tranquillo, ok?
-Ma… io… io ho ucciso… ho ucciso un
uomo!
Il lilla scosse la testa. I suoi compagni non lo avevano mai sentito
parlare con una voce così dolce. -No… non era
più un uomo. Tu mi hai salvato la vita! Sei un eroe.
-Un… un eroe? -L’arancione smise per un secondo di
piangere. -Io… io senza di te non… non…
Manabe sospirò e lo strinse forte. -Tranquillo…
siamo ancora tutti qua.
La cucina era stranamente silenziosa.
I rumori di lotta, le urla terrorizzate e i versi gutturali che
provenivano dalla sala si erano fermati da qualche minuto. Ora si
sentivano solo rumori ovattati, simili a qualcosa che si trascinava e
sbatteva lentamente contro gli oggetti al suolo.
-Cosa… cosa diavolo sta succedendo… -Tsurugi si
passò le mani tra i capelli.
-Penso… penso che sia quella… quella malattia di
cui parlavano le voci. Io… io non lo so!
È… è l’unica spiegazione
coerente, no? -Shinsuke era seduto a terra di fianco ad un congelatore.
-S…Shinsuke… -Tenma aveva gli occhi lucidi, ma si
era ripreso. -Credevo… credevo fossero solo voci
senza… senza senso… è…
è qualcosa che potremmo avere portato noi dallo spazio?
Tsurugi sospirò. -Temo di sì. -Lentamente si
affacciò dall’oblò della porta che dava
sulla sala. Scrutò per qualche istante, quindi fece un salto
indietro. Tremava… non era da lui.
-Tsu!! Tsu che hai visto? -Tenma era scattato in piedi.
-No…non può essere…
-Cosa non può essere? -Minaho aveva ripreso il controllo di
sé. -Parla!
Tsurugi si sedette pesantemente su una sedia, si mise le mani sul viso
ed iniziò a parlare. -Avete… avete presente
quella povera ragazza che era vicino alla vetrata? La cameriera.
-Sì… -Manabe sospirò.
-Poveretta… l’hanno uccisa.
Tsurugi si morse le labbra. -Lei… lei è qui
fuori, in piedi, ed è come loro.
Per un attimo era scoppiato il caos.
-Cosa?
-Non è possibile!
-Tsu che stai dicendo? È assurdo!
Nessuno voleva crederci, nessuno poteva crederci. Il moro li
invitò a guardare con i loro occhi… lo fecero, e
dovettero credere.
-No… che… che cosa sta succedendo…
Minaho, la mano al mento, prese fiato e parlò. -Sembra
proprio che questa situazione non sia poi tanto diversa da quei banali
film horror con gli zombie mangiacarne…
-Che cosa?? Ma è assurdo! -Shinsuke si alzò in
piedi spaventato.
-Eppure è così. Pensateci… infezione,
contagio tramite morso… non saranno veri morti viventi, ma
di sicuro non sono più in grado di intendere e di volere, e
poi… avete visto quelle ferite. Non possono essere ancora
vivi. No… sono solo contenitori per il virus, o
l’entità biologica, o quello che è.
-Minaho concluse alzando le spalle.
-Ma… come diavolo hanno fatto a riprodursi così
in fretta? Un’ora fa le strade erano perfettamente normali!
-Tsurugi strinse i denti. Non voleva alzare la voce.
-Questo lo so io! -Manabe si alzò in piedi, sorridendo e
alzando il dito indice come faceva sempre quando stava per dare una
spiegazione scientifica. -Equazioni di Lotka-Volterra! Ill
differenziale del tasso di crescita di prede e predatori…
-Insomma! Ti sembra il momento di parlare di numeri? -Tsurugi
sbattè il pugno sul coperchio del congelatore. Manabe smise
immediatamente di parlare e iniziò a tremare leggermente.
-Ehi! Man voleva solo darci una mano! Non dovete trattarlo
così! -Minaho si era messo immediatamente di fronte al suo
ragazzo, come per proteggerlo. Tutti sapevano che, oltre la patina di
scherzi e prese in giro che li portava a litigare in continuazione, si
volevano profondamente bene.
-Tsu… hanno ragione. Ascoltiamo! -Tenma mise la
mano sulla spalla del fidanzato.
-Ok… ok, scusate. Man, non volevo… sono solo
nervoso. Dicci tutto.
Il lilla sorrise debolmente. -Tranquillo… ti capisco.
Nulla… dicevo solo che, per quella legge, quando le prede
sono molte di più dei predatori, si assiste ad una
rapidissima crescita di questi… nel giro di una sola
generazione.
-Ciò… ciò significa…
Il lilla tremava vistosamente. -Già…
noi… noi siamo le prede.
-Ragazzi… non possiamo rimanere qui.
Tenma era preoccupato. Da qualche minuto i rumori fuori erano
aumentati, e avevano anche sentito alcuni di quegli esseri sbattere
contro la porta. Erano convinti che non li avessero individuati,
però…
-Tenma ha ragione. La porta non può essere chiusa a chiave,
e se il sostegno che blocca la maniglia cedesse di colpo.. -Minaho
rabbrividì. -Non possiamo rimanere qui. I nostri amici sono
là fuori…
Da tempo tutti e cinque provavano ripetutamente a contattare gli altri
membri della squadra e le loro famiglie, ma senza successo. Le linee
telefoniche funzionavano poco e male, ed erano intasate.
-Io… io devo andare a prendere mio fratello!! Mio fratello
non può camminare!
Tsurugi aveva avuto l’immagine del fratello davanti agli
occhi in un istante. Doveva assolutamente correre ad aiutarlo.
Assolutamente!
-E… e zia Aki è a casa da sola! -Tenma
realizzò a sua volta la situazione.
-I… i miei genitori sono in viaggio di lavoro
all’estero, grazie a Dio. In Corea… spero solo che
questa cosa non sia arrivata anche là! In questi giorni
dormo a casa di Min…
-Manabe! -L’arancione si morse un labbro. -Mia…
mia madre! Quando siamo usciti era a fare la spesa! Era… era
a fare la… spesa… -Gli occhi di Minaho si
riempirono di lacrime. Manabe lo strinse forte.
-Vedrai… starà bene. Starà benissimo.
-Ragazzi… se volgliamo aiutare i nostri amici e i nostri
parenti dobbiamo uscire di qui. -Tsurugi sospirò.
-Ascoltatemi bene. Credo… credo che non sentano gli
odori… questo non è un film. Altrimenti ci
avrebbero già trovato. Penso che si orientino con la vista e
i rumori… questo ci aiuta. Dobbiamo essere silenziosi e
nascosti. Ho guardato dalla finestrella… il vicolo sul retro
è sgombro. Usciremo e ci dirigeremo al parco in fondo alla
strada. Lo spazio lì è grande…
potremmo controllare tutte le direzioni, e decidere come muoverci.
Gli altri ragazzi erano terrorizzati, ma annuirono.
-Va… va bene Tsurugi. Comunque credo che… che
dovremmo armarci tutti. Quelle bestie non sono molto veloci,
e… e quello di prima non si è più
rialzato dopo che gli ho infilato un coltello in testa. Penso che il
virus si annidi nel cervello. Distrutto quello… -Minaho
aveva recuperato la sua aria riflessiva e volitiva.
-Fa paura, ma è una buona idea. -Tenma sospirò.
-Guardiamoci intorno…
Ci vollero solo cinque minuti. Una cucina era il posto perfetto per
armarsi.
Tsurugi e Minaho, i più forti del gruppo, rimediarono una
grossa mannaia da pesce ciascuno, e si infilarono nella cintura un
coltello lungo a testa. Tenma si limitò ad un coltello da
cucina, Shinsuke, che era troppo basso per combattere efficacemente,
prese a sua volta un coltello e così fece anche Manabe.
-Ok. -Tsurugi prese la spalla di Minaho con un sorriso incoraggiante.
-Stiamo tutti uniti, guardiamoci intorno e non perdiamoci mai di vista
l’uno con l’altro. Siete i miei migliori amici, e
vi voglio tutti al mio matrimonio con Tenma!
Nonostante la situazione tutti scoppiarono a ridere. Tsurugi era
ombroso, ma sapeva sempre dare forza a tutti.
Si prepararono davanti alla porta mentre il moro rimuoveva lentamente
il fermo alla maniglia. Minaho strinse la mano di Manabe e Shinsuke
guardò Tenma con affetto e un po’ di paura. La
porta si aprì silenziosamente, mentre Tsurugi guardava fuori.
-Ok… via libera! Mi raccomando ragazzi… stiamo
attenti e andrà tutto bene!
Angolino
horror:
Eeeeeccoci
qua! Come promesso... faccio questo esperimento (sperando non sia
troppo penoso!). Non ho mai scritto nulla di horror, ma avevo voglia di
provare qualcosa di nuovo, con tanti personaggi da usare... speriamo
bene!
Grazie
a tutti, ragazzi e ragazze che volete cimentarvi nella lettura di
questo sbobbone di roba e... a presto! :)
ROW99
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Capitolo 2 *** Ed ora... ci serve un piano! ***
Quando era iniziato il Risveglio, Shindou e Kirino erano più
vicini al gruppo di ragazzi di quanto immaginassero Tsurugi e gli altri.
Il loro pranzo da piccioncini era saltato malamente.
All’ultimo avevano ricevuto una telefonata da Matatagi che
gli chiedeva aiuto. Era assurdo… diceva di sentire rumori
strani fuori dalla porta di casa sua! Sua madre stava peggio del solito
e non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto, e i suoi fratellini erano
all’asilo.
Shindou e Kirino, senza la più pallida idea di cosa stesse
succedendo e molto dubbiosi, visto che tra tutti proprio una richiesta
di aiuto da quel lupo solitario di Matatagi non se la sarebbero
aspettata, si sbrigarono a mettersi in moto verso casa del blu.
Durante il breve tragitto, solo un paio di isolati, avevano notato
subito che qualcosa non andava… c’era poca gente
in strada, e molte macchine della polizia vuote e speso con le sirene
accese erano ferme agli incroci.
-Shin… che diavolo succede?
Il castano, che aveva appena avuto l’impressione di sentire
un urlo provenire dal giardino di una casa, rabbrividì. -Non
lo so… e non mi piace affatto. Perché la gente
non è in strada? È mezzogiorno… e
poi… non senti odore di fumo? Come se… come se ci
fossero incendi, qui vicino.
Il rosa sospirò. -Shin… io ho un po’ di
paura… grazie a Dio siamo arrivati.
La Casa di Matatagi era una semplice villetta bifamiliare in centro. Il
loro amico e la sua piccola famiglia la dividevano con una coppietta
sposata da poco, che occupava il lato sinistro della struttura. Davanti
a loro un grosso condominio degli anni cinquanta, costruito per porre
rimedio alle distruzioni dei bombardamenti, faceva ombra sulla strada.
Il cancelletto era aperto… Shindou e Kirino capirono subito
che qualcosa non andava. Percorsero il vialetto con il cuore in
gola… l’aria era strana. Bussarono alla
porta… nessuna risposta.
-Ran… qualcosa non va. Guardiamoci intorno.
Non ci volle molto per capire che qualcosa fosse successo. La porta a
vetri che dava sulla cucina del blu era sfondata. I due ragazzi vennero
colti dalla paura.
-Guarda Shin! La signora Makoto! Grazie a dio… ma che ha?
Dalla parte opposta del cortile era apparsa la vicina di Matatagi.
Indossava un grembiule da cucina sporco e macchiato e caracollava come
ubriaca. Immediatamente i ragazzi corsero verso di lei.
-Signora! Signora Makoto! Che cosa è successo qui? La
città è strana… sembra che ci sia una
rivolta, o qualcosa di simile. Sono entrati dei ladri?
La donna non rispose. Quando sentì le voci,
raddrizzò il collo e apri leggermente la bocca.
-Ehm… signora? È ferita? Shin…
guarda… quello sul grembiule è…
è…
Shindou si sentì mancare. -O mio Dio…
è sangue.
Da quel momento tutto era stato rapidissimo. La signora Makoto si era
scagliata verso di loro ondeggiando e tendendo le braccia
spasmodicamente. Era ovvio che non fosse in sé. I ragazzi si
voltarono e provarono a scappare per cercare aiuto ma… il
cancelletto che dava sulla strada era bloccato dal marito della signora
Makoto, che sembrava impazzito proprio come la moglie.
-Ran… che facciamo!! Che facciamo!!
Fu un secondo. Qualcosa li afferrò e li trascinò
sul retro, dove un buco nella recinzione gli permise di uscire in
strada. Quel qualcosa era Matatagi.
-M…Matatagi…
-Silenzio! Non fiatate e correte!
La strada era piena di persone, ora. Tutti ondeggiavano in quel modo
strano e quando li vedevano iniziavano a barcollare verso di loro
emettendo strani versi gutturali. Matatagi li aveva praticamente spinti
verso il grande condominio che aveva il portone spalancato. Li
trascinò dentro, quindi chiuse il portone. In pochi minuti
erano nella cantina dello stabile, un locale poco illuminato da
finestrelle impolverate e puzzolente.
Inutile dire che il castano e il rosa erano nel panico più
totale e nella confusione più completa.
-Ma…Matatagi… perché la tua vicina ci
ha aggredito? -Shindou non voleva ammettere di iniziare ad intuire
qualcosa. Le voci che aveva sentito… il loro ritorno dallo
spazio… il giorno prima, uscendo in macchina con il padre
per andare a fare una visita sportiva, aveva addirittura visto una di
quelle…cose. Era vicino al campo al fiume… lo
aveva scambiato per un ubriaco. La polizia lo aveva gettato a
terra… nulla di strano, aveva pensato.
-Quella non era più Makoto, Shindou. -La voce di Matatagi
non era aggressiva. Da quando avevano imparato a conoscersi meglio, era
diventato più sarcastico e sfrontato, ma anche
più amichevole verso i suoi amici, ora che si era liberato
di quella finta patina di cortesia che aveva quando si erano
conosciuti. -Quella… cosa che hai visto… quella
cosa era un risvegliato.
-Un… risvegliato? -Kirino non capiva.
Il blu sorrise sornione. -Esatto! È così che li
ho chiamati! Prima che la TV smettesse di trasmettere, stamattina,
hanno dato un Tg… parlavano di una malattia, credo. Dicevano
“attenti! Non cercate di rivolgere la parola agli
infetti… segnalatene la presenza agli agenti più
vicini. Hanno detto che alcuni malati erano evasi
dell’ospedale… che erano contagiosi. Avevano
promesso che si sarebbe risolto tutto subito… hanno detto
che è un virus nuovo, molto aggressivo. Ovviamente non ci ho
creduto… è… è qualcosa di
molto diverso, ragazzi. Makoto è… la signora
Makoto… -Il blu aveva calcato la parola come ubbidendo a un
ordine, in un residuo di rispetto che di sicuro gli aveva inculcato in
testa la madre a suon di rimproveri. -Lei… lei è
stata uccisa dal marito. Credo che… che lui fosse infetto.
Le ha morso un braccio… e… e un minuto dopo era
così! Assurdo… sembra un film. Penso
che… che siano morti… almeno il loro cervello lo
è. È il virus che li muove… che li usa
per riprodursi.
Shindou era crollato su una sedia mezza rotta, la testa tra le mani.
-Non può essere vero…
-Lo è. -Il blu sospirò. -Lo
è…
Kirino iniziò solo allora a realizzare molte
cose.-Ma… ma quindi… Matatagi…
e… e tua madre? I tuoi fratelli?
Il blu si oscurò immediatamente. -Mia… mia madre
non c’è più. Tranquilli… non
è una di loro. -Alcune lacrime iniziarono a scendere lungo
le guance del ragazzo. -È… è stato due
giorni fa… io… io non ne avevo parlato con
nessuno perché… perché…
-Scoppiò a piangere.
-Ehi… mi… mi dispiace così tanto!
-Kirino abbracciò il blu che si ritrasse un poco, prima di
rilassarsi con un sospiro. -Se… se avessimo
saputo…
-Non avreste potuto comunque farci niente. Mamma… mamma
aveva pochi mesi, lo sapevate. -In tempo da record il blu si era
tranquillizzato, e ora si sforzava di ostentare sicurezza. -Meglio
che… che se ne sia andata prima di vedere… di
vedere questo. Per quanto riguarda i miei fratellini… quando
ho iniziato a sentire i rumori in strada, ho immediatamente telefonato
all’asilo. Le linee non erano ancora
bloccate… sono riuscito a parlare per pochi secondi. La loro
maestra e le altre hanno barricato il palazzo. Hanno un ampio cortile
davanti e dovrebbero vedere se qualcuna di quelle cose si avvicina.
Io… io voglio andare a salvarli!
-Anche… anche i miei genitori… spero siano chiusi
in casa… -Shindou singhiozzò. -I tuoi, Ran?
E… e i nostri amici…
Ranmaru si mise le mani tra i capelli. -I… i miei abitano al
decimo piano di un grattacielo in centro, lo sai…
dovrebbero… dovrebbero aver visto la TV…
si… si saranno chiusi dentro. V… vero, Shin?
Il castano sorrise debolmente. -Certo… certo, Ran. Speriamo
che Tenma….che Tenma e gli altri stiano bene…
erano in centro a pranzo, dannazione! E Ryoma…
Kariya… Tetsukado… dove diavolo saranno
ora… speriamo siano tutti sani e salvi!
Il rosa annuì debolmente. -Speriamo… Matatagi!
Che hai alla gamba?
Il blu si stava tamponando un rivolo di sangue con una pezzuola. Quando
vide gli occhi terrorizzati dei suoi amici sussultò.
-Ehi… tranquilli! È un taglio… sono
caduto su un gradino. Guardate!
Il ragazzo scoprì la gamba. Effettivamente la ferita era
lunga e regolare, nessun segno di morso.
-Grazie a dio… aspetta, fammi vedere. -Shindou prese dal suo
zainetto una bottiglietta d’acqua e ripulì la
ferita. -Non è grave… premici sopra
finché non smette di sanguinare.
-Ragazzi… che… che cos’è
questo rumore? -Kirino si era allontanato di colpo dalle pareti.
Matatagi si avvicinò ad una finestrella e scrutò
fuori.
-O mio Dio… quanti cazzo sono!
La strada era quasi vuota.
Il gruppetto di ragazzi capitanati da Tsurugi era sbucano dal vicolo
come un fiume in piena, trattenendo il fiato e pronto a difendersi con
le unghie e con i denti, ma non era stato necessario. Le poche ombre
ondeggianti in vista erano ben lontane da loro, apparentemente intente
a sbattere la testa contro una saracinesca a una cinquantina di metri
di distanza.
In compenso la strada era un disastro. Alcune automobili si erano
scontrate ed erano ancora in fiamme, ed i cassonetti della spazzatura
erano ribaltati. Tenma ebbe un conato di vomito quando vide una pozza
di sangue sull’asfalto. Qualcuno aveva pasteggiato a carne
umana, lì.
-Ssst… cento metri e siamo nel parco… non fate
rumore, state tutti uniti e correte!
Il moro fece cenno ai ragazzi di seguirlo. In pochi secondi erano in
marcia, il più silenziosamente possibile, tra le automobili
in fiamme. Si erano resi conto che i mostri erano molto più
vicini di quanto avessero pensato, ingannati dal fumo e dalla paura. Un
rumore di media intensità e li avrebbero fiutati.
Il parco non era molto distante. Sessanta, forse settanta metri e
avrebbero raggiunto il cancello dietro al quale si vedeva
l’azzurro del fiume. Il piccolo polmone verde costeggiava un
laghetto circondato di ciliegi, quindi seguiva il fiume attraverso la
città restringendosi sempre più fino ad arrivare
al quartiere scolastico e al campo al fiume, dove si interrompeva in
prossimità del grande ponte. Buona parte del percorso era
composto da vialetti e prati… non troppo pericoloso e ricco
di nascondigli. Sarebbe stato perfetto per fermarsi e preparare un
piano sul da farsi.
Manabe tremava come una foglia, sostenuto da Minaho. A cosa serviva
essere un genio della matematica di fronte a quella situazione? Si
sentiva male…odiava essere debole, soprattutto di fronte a
Minaho, con il quale era in perenne competizione.
-Ehi… Man, sono qui con te, ok?
Ecco. Bastava una semplice frase per spiazzarlo. A volte la scorza
sarcastica dell’arancione lasciava uscire parole di tenerezza
estrema. Lo amava anche per quei piccoli momenti segreti che dedicava
solo a lui.
-Ragazzi! -Tsurugi sussurrò con veemenza
all’insegna degli amici. -State attenti… questi
maledetti incendi… la strada è coperta di ferro e
gomma fusi…
Troppo tardi. Un grido risuonò lungo la strada. Tenma aveva
appena preso in pieno un cerchione, che rotolò per dieci
metri provocando un rumore infernale. Il castano rimase come
paralizzato, quindi urlò.
Immediatamente le creature, attratte dal rumore, lasciarono perdere la
saracinesca ed iniziarono a guardarsi intorno. Il fumo sembrava
confonderli, ma se Il rumore fosse continuato li avrebbero di certo
avvistati.
Tsurugi si lanciò verso il fidanzato e gli tappò
la bocca con la mano. -Ten!! Ti prego stai zitto… non voglio
che ti prendano! Ti prego!!
Il castano soffocò le grida nella mano del moro. Piangeva.
-Ragazzi, aiutatemi! Prendiamolo in braccio e corriamo! Fanculo alle
precauzioni! -Tsurugi fece girare il braccio sinistro di Tenma intorno
alle spalle. Immediatamente Minaho fece lo stesso con il braccio
destro. Si lanciarono verso il parco, mentre per fortuna le creature
erano ancora confuse.
Manabe e Shinsuke chiudevano il gruppo mentre Tenma, stretto tra i due
amici, riprendeva il controllo di sè. In meno di un minuto
erano nel parco, e in due minuti si erano riparati in una piccola
radura. Non gli sembrava vero che fosse andato tutto bene! Nessuno in
vista intorno a loro… il parco in quella zona sembrava
sgombro. Si sedettero sull’erba cercando di rallentare i
battiti, mentre Tsurugi toglieva la mano dalla bocca del fidanzato.
-Dannazione! Scusate, ragazzi...
Dopo essersi assicurati che il stesse bene, il problema principale era
quello di decidere il da farsi.
-Forse… forse dovremmo cercare di raggiungere la caserma
della polizia…
-La polizia, Shinsuke? -Minaho aveva portato la mano al mento. -Io non
credo che esista ancora una polizia, in città. In effetti
non sappiamo nemmeno fin dove è arrivata
l’infezione… tutto il Giappone potrebbe essere
coinvolto.
-Ma… Ma se così fosse… -Tenma tremava
di paura. -Se così fosse, dovremmo cercare un modo di
sopravvivere finché qualcuno non verrà a
prenderci, oppure finché il governo, o l’esercito,
o chi per loro non riusciranno a riprendere il controllo della
situazione. -Manabe era intervenuto come suo solito, con voce calma e
intellettuale, come se risolvesse un problema di matematica e non
stesse lottando per sopravvivere insieme ai suoi amici.
-Allora… ragioniamo. -Tsurugi prese la parola. -Prima di
sera dobbiamo trovare un posto sicuro per la notte, nonché
qualcosa da mangiare… e poi dobbiamo andare a cercare i
nostri cari e i nostri amici. Io… io sento che stanno bene.
Mio… mio fratello… la zia di Tenma… la
madre di Minaho… non possiamo lasciarli soli.
Tutti annuirono angosciati. Il pensiero dei loro cari e dei loro amici
li riempiva di preoccupazione.
-Ma… Ma sono già le due! Prima di sera non avremo
mai fatto tutto, contando che dobbiamo essere cauti nei movimenti!
-Shinsuke era confuso.
-È per questo che ci divideremo! -Tsurugi strinse i pugni
deciso. -Minaho… tu e Manabe andrete a cercare tua madre.
Tenma e Shinsuke andranno a cercare sua zia ed io… io
andrò in ospedale da mio fratello.
-Ma… Ma Tsu! È troppo pericoloso! -Tenma era
scattato in piedi. -L’ospedale… è stato
il primo focolaio di infezione! Sarà pieno… pieno
di quelle cose! Ascolta… vieni con noi… poi
andremo tutti insieme!
Il moro strinse i pugni ancora più forte. -Io…
io… -Sapeva che il castano aveva ragione, ma non riusciva ad
accettarlo. -Io… va bene. Allora vengo con voi. Appuntamento
tra un’ora in questo stesso punto… poi tutti e
cinque insieme andremo all’ospedale. Sia chiaro…
al primo pericolo che vi possa minacciare, andrò avanti da
solo. La mia priorità è salvare mio fratello, ma
anche salvare voi… siete i miei amici.
Un sospiro generale scosse i cinque ragazzi. Erano pronti alla loro
missione, ma allo stesso tempo completamente impreparati ad affrontare
una realtà così assurda e nuova rispetto a quella
che conoscevano.
-Ok… mi raccomando. State nascosti, evitate assolutamente i
luoghi chiusi e non perdetevi mai di vista. Al primo pericolo tornate
di corsa qui e aspettate gli altri. Se non riuscite a completare il
compito in un’ora tornate comunque indietro, oppure verremo a
cercarvi. -Tsurugi stava finendo di istruire Minaho e Manabe, mentre a
sua volta si preparava per andare con Tenma e Shinsuke.
-Vedrete… andrà tutto bene!
Si sorrisero debolmente a vicenda e si diedero il cinque, quindi i due
gruppi si allontanarono in direzioni opposte, camminando in silenzio e
con attenzione. Ogni albero, ogni ombra poteva nascondere un pericolo.
Avrebbero fatto qualunque cosa per proteggere coloro a cui volevano
bene.
-Maledizione! Non possiamo uscire! Sono qui fuori!
Matatagi ora sembrava spaventato. Si era precipitato a spingere una
pesante scaffalatura davanti alla porta aiutato da Shindou, ma il
rumore ne aveva attirati ancora di più. Sembrava che tutta
la strada si fosse concentrata fuori dal condominio.
-Bastardi… quando mamma non aveva soldi per pagarvi manco un
pugno di riso ci avreste dato, e ora invece siete tutti qui! -Il blu
aveva visto un gruppo di negozianti a lui familiari barcollare nel
cortile.
-S…Shin? E adesso che si fa? -Kirino aveva ripreso il
controllo di sé.
-Non lo so, Ran. Speriamo che se ne vadano in tempi brevi…
non dobbiamo fare rumore. Ora è tutto chiuso… non
riusciranno ad entrare. Per ogni evenienza…
Il castano prese un vecchio assale da pompa, un lungo oggetto di ferro
vagamente appuntito. Sarebbe stato un’ottima arma adatta a
tenere a distanza una di quelle cose, ma se fossero state in
gruppo… rabbrividì al solo pensiero. -Guarda
Ran… lì c’è
un’accetta da legno! È leggera… se stai
attento a non tagliarti direi che puoi tenertela vicina… non
si sa mai.
Il rosa sorrise debolmente. -Ok… io e un’accetta?
Giochiamo a barbie falegname…
Nonostante la situazione Shindou scoppiò a ridere. Trovava
dolcissimo quando Kirino si prendeva in giro da solo per i suoi capelli
e i suoi tratti delicati. Sapeva che era un ragazzo molto forte.
Il blu sospirò sforzando un sorriso.
-Va bene… ora cerchiamo di fare silenzio. Vedrete che se ne
andranno… basterebbe un rumore forte dalla parte opposta
della strada. Speriamo che succeda qualcosa…
-Sei certo che sia sicuro passare per la strada principale?
È tutta allo scoperto…
Manabe correva dietro al suo migliore amico, nonché ragazzo,
sbuffando affannato. Certo, ora che giocava a calcio aveva fiato e
muscoli, ma Minaho andava come un fulmine e silenzioso come un gatto.
-Certo! Vuoi infilarti in un vicolo per diventare la cena di una di
quelle cose? Tu facevo più sveglio, genio!
Manabe arrossì. -Scusa se non sono sveglio come te, Indiana
Jones! Sono un matematico, non un agente segreto, e la matematica dice
che la retta è il tragitto più veloce tra due
punti!
-Ma se nel bel mezzo della retta c’è uno zombie
che ti vuole assaggiare? Grazie a Dio esiste la curva, Manabe!
Dai… lascia stare la tua logica per un po’! Io
non…
-Non? -Il lilla sembrava nervoso.
-Niente… niente, lascia stare.
-E no che non lascio stare! Se mi tratti come una pezza da piedi ho
tutto il diritto di sapere almeno il perché. NON??
-Non… non… non voglio perderti, ecco!
All’inizio eri il mio unico amico, e adesso sei non solo il
mio migliore amico ma anche il mio ragazzo… sei
l’unica persona al mio livello intellettivo, e non
lascerò che ti facciano del male, se proprio vuoi saperlo.
Minaho aveva parlato con tono di voce tranquillo, un po’
imbarazzato, e le sue guance pallide si erano imporporate. Manabe
scosse la testa sorridendo.
-Anche io ti amo.
Appena uscirono dal parco, all’altezza del quartiere dove
aveva casa l’arancione, notarono subito qualcosa di strano.
Innanzitutto niente risvegliati in vista.
-Curioso… quando siamo passati vicino al ponticello, poco
fa, la strada oltre gli alberi ne brulicava… qui
è tutto troppo tranquillo… non mi piace affatto.
-Manabe tremava leggermente, ma era risoluto.
-Stai vicino a me, insopportabile genietto. Non voglio cercarti per
tutta la città! -Minaho prese saldamente la mano del lilla,
facendolo arrossire. -E… dimenticavo. Tranquillo, se anche
non dovessimo… non dovessimo trovare mamma, io rimango con
te.
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… Ma
come…
-Devi imparare a nascondere meglio i tuoi sentimenti, se vuoi impedirmi
di leggerli. Sono un detective, ricordi? È tutto prima che
tremi… e calcoli nella testa. Lo fai sempre quando vuoi
rilassarti, e parlotti a bassa voce. Tranquillo, non voglio certo
diventare la cena di quelle cose, e non permetterò che lo
diventi nemmeno tu. Ora però stai tranquillo, ok? Vieni
qua…
L’arancione abbracciò il suo ragazzo. Un abbraccio
rapido, casto. Un solo istante, eppure… Manabe ora era molto
più tranquillo.
-M…Manabe! Guarda laggiù!
Minaho aveva spalancato gli occhi indicando qualcosa a metà
della strada, poco lontano dal cortile di casa sua. Manabe si
pulì in tutta fretta gli occhiali nella maglietta e
seguì con gli occhi il dito indice del suo amico.
-Ma… Ma quelli sono…
-Sono carri armati! O mio Dio… l’esercito!
I ragazzi non sapevano se ridere o piangere. Corsero verso i mezzi
incuranti del pericolo, e per fortuna la strada sembrava deserta,
altrimenti qualcosa avrebbe potuto aggredirli!
-Ehi! Ehi dentro il carro! C’è nessuno?
Minaho batteva i pugni sulle pesanti lamiere del mezzo. Da dentro
nessuna risposta. Si fermò solo quando Manabe gli mise una
mano tremante sulla spalla. -M…Min…
guarda…
L’arancione guardò a terra, dove Manabe stava
indicando. Rabbrividì. L’asfalto era coperto di
bossoli e una lunga striscia di sangue rosso partiva dal portellone del
carro amato per poi dirigersi attraverso le macchine bruciate verso un
cortile lì vicino. I ragazzi iniziarono a sudare freddo.
-Minaho… qui non mi piace affatto. Andiamo a prendere tua
madre e andiamo subito via di qua…
L’arancione annuì. Prese la mano del lilla e
insieme raggiunsero il vialetto della piccola villetta dove
risiedeva… tutto sembrava tranquillo ma… la porta
era aperta.
-No… -Minaho si morse le labbra e corse dentro casa come un
fulmine. Manabe, sconvolto, lo seguì di corsa.
Entrò a sua volta in casa, ma non riuscì a
trovare l’amico. Si sentì morire.
-Min!! Min!! Dove diavolo ti sei cacciato!! Dove sei fin…
Una mano gli chiuse la bocca. Manabe soffocò un grido.
-Ssst!! Sono io… in… in cucina
c’è uno di loro!
Manabe ansimava. -Mi… mi hai fatto prendere un colpo,
dannazione!
-Man… ho… ho paura che abbia preso mamma!!
L’arancione scoppiò in lacrime, disperato. Manabe
era completamente spiazzato. -Aspetta… aspetta…
non è lei, no? Fammi vedere…
Il lilla percorse il corridoio circospetto e si affacciò
alla porta della cucina. Il mostro era in piedi, barcollante, di fronte
al frigorifero. Doveva essere stato un operaio, a giudicare dal
giubbotto catarinfrangente inzuppato di sangue. Manabe trattenne un
conato di vomito. Stava per retrocedere quando lo vide. Un foglietto di
carta attaccato al frigorifero, proprio davanti alla
creatura, e sembrava scritto!
Non ci pensò due volte. Ripensandoci a mente
fredda, quella sera, al fianco di Minaho, rabbrividì del suo
gesto sconsiderato… e se lo avesse sentito? E se ce ne
fossero stati altri nascosti? Cosa gli era preso? Ragionare sempre,
dannazione!
Forse fu il dispiacere per il suo ragazzo che aveva appena perso la
madre, o almeno così temeva… sta di fatto che si
scagliò sulla creatura come una furia. Manabe Jinichirou, il
ragazzo più tranquillo e pacato del mondo, anche se a volte
un filino presuntuoso, si ritrovò a rigirare un coltello da
cucina nel cranio di quello che una volta era stato un uomo.
Il mostro non fece nemmeno in tempo a percepire il rumore.
Crollò al suolo gorgogliando proprio mentre Minaho entrava
nella stanza allibito.
-Che… che diavolo…
Il lilla era terrorizzato. Quando sentì la voce del suo
migliore amico nonché ragazzo fece uno scatto clamoroso,
finendo per rovesciare tutto ciò che era sul ripiano della
cucina. Minaho scattò indietro, ma non riuscì ad
evitare che un pesante pentolone gli finisse dritto sul piede destro.
L’arancione urlò di dolore, afferrandosi il piede.
-Oddio Min! Che ho combinato! Min!
-Il… il mio povero piede! Manabe, mi hai
azzoppato! Ahia! Ahia!! -L’arancione saltellava per
la stanza tenendosi il piede in preda al dolore.
-Min! Ti fa molto male? Mi dispiace così
tanto…aspetta… che… che sta
succedendo…
Rumori sul retro. Il caos aveva attirato alcune di quelle cose! Il
lilla gemette di terrore. Afferrò il foglietto dal frigo
strappandone un angolo, quindi corse come un matto verso il suo
migliore amico. -Fuori di qui!! Fuori di qui subito!!
Corsero verso la porta. Ci misero un attimo, quindi si ritrovarono
fuori a correre come matti verso il parco. Manabe sosteneva
l’amico che zoppicava vistosamente. Si fermarono solo quando
furono al sicuro, in una radura aperta e vuota.
-M…Manabe… che diavolo ti è preso!
-L’arancione, gli occhi ancora lucidi, diede un ceffone al
suo ragazzo che arrossì. -Potevi morire!!
Il lilla strinse i denti. -Io…io… perdonami, ti
prego! Volevo… volevo prendere questo….
Così dicendo passò all’arancione il
foglietto. Minaho lo afferrò e lo lesse avidamente.
-M… Man… g…guarda….
Il foglietto sembrava scritto in tutta fretta. La calligrafia era
quella della madre del ragazzo.
“Arrivato
esercito, evacuano la città per qualche strano
motivo… Minaho ti prego appena leggi questo corri con Manabe
verso i primi soldati che vedi! Non so che succede, ma sapere che siete
lì fuori in pericolo mi terrorizza. Dicono che ci portano
all’aeroporto. Chiedi che vi riportino da me, ti prego.
La
mamma.”
Manabe non si sarebbe mai aspettato di dover consolare il suo migliore
amico nonché ragazzo in mezzo ad un prato. -Almeno,
-pensò -è un pianto di gioia…
L’arancione non ne voleva sapere di lasciare la maglietta di
Manabe. -M…Man… grazie!! Grazie!!!
-E di cosa? Guarda che mi hai anche dato un ceffone…
-S…scusa!! Non volevo che tu succedesse qualcosa…
ma… ma tu mi… mi…
Il lilla sorrise, scuotendo la testa. -Perdonato! Piuttosto…
anche tu sei sparito in camera tua! Che diavolo ci facevi? Ti sei messo
in pericolo! Se ci fosse stata una di quelle cose?
Minaho si asciugò le lacrime e sorrise a sua volta.
-Guarda…
Aprì il palmo della mano. All’interno del suo
pugno teneva nascosta una catenina d’argento.
-È quella che mi hai regalato quando ci siamo fidanzati, la
settimana scorsa… dicevi che un anello era troppo
poco adatto alla mia carnagione… e che l’argento
era vivo e allegro come me…
Manabe era allibito. -Tu… tu ti sei messo in pericolo
per… per prendere il mio regalo…
L’arancione sorrise ancora. -Scusa…
Manabe avrebbe voluto proprio dargli un pugno… e invece lo
abbracciò!
|
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Capitolo 3 *** La scienza viene sempre in aiuto! ***
-Shin… io inizio ad avere fame…
-Kirino, ma ti sembra il momento? Siamo circondati da quelle cose,
chiusi in una cantina puzzolente e senza nessuna immediata
possibilità di andarcene da qui! -Matatagi, gli occhi
stranamente lucidi, si alzò dal secchio ribaltato sul quale
era seduto.
-Ran… purtroppo temo che qui sotto non ci sia nulla da
mettere sotto i denti… -Shindou sospirò. -In
effetti, però... è dalla cena di ieri che non
tocchiamo cibo, e non sappiamo quanto dovremo rimanere qui…
ore, forse tutto il giorno… forse anche la notte. Dobbiamo
trovare qualcosa da bere e da mangiare, o non potremo difenderci
efficacemente.
Il blu scosse la testa. -Capisco, ma… come facciamo? Non
possiamo uscire di qui, finché il cortile brulica di quei
mostri!
Il castano si mise a riflettere attentamente. -Mh… Matatagi,
se non erro quando siamo entrati nel condominio hai chiuso il portone.
E se…
-Non ci pensare nemmeno! È troppo pericoloso!
Shindou scosse violentemente la testa. -Pensaci! Con il portone chiuso
non possono essere entrati… gli appartamenti ai piani
superiori saranno di sicuro pieni di cibo e acqua! Potremmo anche
trovare armi migliori, o oggetti utili…
Il blu strinse i pugni. -Non esiste! Perché pensi che mi
fossi rifugiato in questa cantina, prima del vostro arrivo? Il palazzo
è stato contagiato subito… ho sbarrato la porta
delle scale, ma ai piani alti ci sono ancora alcuni risvegliati.
Non… non possiamo…
Il castano prese la mano del rosa.
-Quanti sono?
-Dieci… forse quindici… ma non sappiamo nemmeno
se si muovono in gruppo! Se ci bloccassero in un corridoio…
-Shin , forse ha ragione… in fondo non abbiamo
così bisogno di mangiare subito… magari fra poche
ore saremo fuori…
-Tu dici? -Shindou sospirò indicando la finestrella che dava
sul cortile. Quelle cose erano così tante da cadere una
sull’altra.
Ranmaru non rispose. Matatagi si morse le labbra. -Se… se
dobbiamo farlo, ci serve un piano.
-In effetti… conosci l’interno del palazzo?
Il blu sorrise. -Quando ero piccolo e mamma stava meglio, spesso veniva
qui a fare le pulizie. Ricordo bene la disposizione degli ambienti,
delle scale e dei vani ascensori. Ogni pianerottolo è
separato dal piano da una porta tagliafuoco… se raggiungiamo
il primo piano possiamo isolarlo dagli altri chiudendola! Certo, un
paio di quelle cose potrebbero essere al primo piano… ma ne
chiuderemmo fuori la maggior parte. Se stiamo vicini e molto attenti
forse… forse possiamo anche farcela.
Shindou sospirò. -Non possiamo… dobbiamo!
Ran… tu rimani qui. Andiamo io e lui.
-Non se ne parla! Shindou, io vengo con te. Non ascolto ragioni!
Il castano sorrise scuotendo la testa. Kirino era troppo forte per
contraddirlo! -E va bene… però stammi vicino.
Se… se ti succedesse qualcosa...
-Non succederà. E ora…
-Ora prepariamoci. -Matatagi si avvicinò cautamente alla
porta. -Dovremo essere veloci…
-Ten… tua zia starà bene, vedrai. Il vostro
è un quartiere tranquillo.
-Non… non penso che significhi molto ora, Tsu…
-Tenma aveva gli occhi lucidi. A volte odiava essere così
infantile… anche se Tsurugi diceva che non lo era affatto,
ma era solo molto sensibile.
-Beh… Tenma, Tsurugi ha ragione in fondo. Tua zia si
sarà chiusa in casa, e starà
benissimo… -Shinsuke parlava piano, mentre seguiva i due
amici.
Il tragitto era stato difficile. I due incroci che avrebbero dovuto
attraversare erano pieni di quelle cose, ed erano stati costretti a
fare un giro molto lungo. Era già passata mezz’ora
dalla loro partenza, e si dovevano affrettare se volevano incontrarsi
al parco con Minaho e Manabe nel tempo deciso.
Per fortuna casa del castano era abbastanza lontana dalle vie di
massimo transito. Riuscirono a raggiungerla senza troppi problemi una
volta superato il primo blocco. Sembrava tutto tranquillo, e le
tapparelle delle finestre erano alzate come un giorno qualsiasi.
-Stammi dietro… la porta è socchiusa, non mi
piace. -Tsurugi spinse a forza il suo ragazzo dietro alle spalle,
quindi si mise in marcia lungo il vialetto. Arrivato alla porta la
aprì con cautela… il corridoio era sgombro.
Nessun segno di lotta, niente di strano… i suppellettili
erano a posto.
-Ten, scusa se non tolgo le scarpe… -Il moro
tentò di sdrammatizzare, ricevendo in cambio un debole
sorriso dal suo ragazzo.
Si diressero verso la cucina, in fondo al corridoio, guardando in ogni
stanza con cautela. Tutto normale. Tenma avrebbe voluto chiamare la zia
a voce alta, ma Shinsuke e Tsurugi gli avevano tappato la bocca. Il
castano era stupito… sembrava che fossero addestrati per una
situazione così orribile.
La porta della cucina era a un passo… la spalancarono
pianissimo.
-Zia Aki!! Tenma fece un enorme sorriso e si slanciò verso
la donna, seduta di spalle al tavolo della cucina.
-Fermo! -Tsurugi lo afferrò per un braccio. -Sta…
sta dormendo? Non mi piace…
La donna aveva la testa appoggiata sul braccio destro, mentre il
sinistro pendeva dal tavolo in maniera innaturale. Del sangue
gocciolava sul pavimento dalla superficie del tavolo. Tenma
raggelò mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
-No… non può… non può
essere… morta...
Tsurugi si avvicinò con circospezione al corpo. Vide proprio
ciò che temeva… una grossa ferita slabbrata su
una spalla. Palesemente un morso. A giudicare dal sangue, la donna non
poteva essere sopravvissuta.
-Tenma… io…
Fu un istante. Il cadavere si alzò di colpo dal tavolo con
un suono simile ad un mucchio di ossa che si frantuma. Era come se le
giunture fossero scattate tutte insieme. Quella che era stata la zia di
Tenma era in piedi di fronte a loro, trasformata. Aveva qualcosa di
strano, però… qualcosa negli occhi. Sembravano
più vigili, più… emotivi.
-Ten!! Via!! Andiamo via!!!
-Aspetta… Zia! Zia… sei viva? -Il castano di
avvicinò al corpo in piedi di fronte a lui. La donna aveva
la mandibola in preda agli spasmi e digrignava i denti, mentre le
braccia sbattevano ridicolmente l’una contro
l’altra.
Scattò. Sbattè violentemente contro il
frigorifero e cadde in ginocchio, quindi si rialzò
faticosamente. Sembrava sofferente. Si lanciò ancora verso
il castano, finendo per investire il pesante tavolo di quercia che si
ribaltò. Tsurugi si lanciò davanti al suo
ragazzo, ma così facendo il tavolo gli crollò
contro il ginocchio. Il ragazzo cadde.
La donna sembrava sul punto di afferrare Tenma… fu allora
che avvenne qualcosa di veramente incredibile. Con le mani contratte
afferrò un coltello da cucina sul ripiano
cottura… e se lo infilò in un bulbo oculare,
cadendo a terra definitivamente morta.
Tenma era sotto shock, e Shinsuke al pari di lui. Fu il piccolo il
primo a riprendersi. -Ten… aiutami! Dobbiamo aiutare
Tsurugi!
-Tsu! Oddio… ti sei rotto qualcosa?
Il moro quasi piangeva. -Non… non credo…
dobbiamo… dobbiamo andare via di qua! La… la cosa
che ha aggredito tua zia potrebbe essere nei dintorni…
-Ma… Ma non puoi camminare…
-Tranquillo, posso farcela. Presto… torniamo al parco.
Sorreggere Tsurugi per tutto il tragitto fu difficile. Il moro non
riusciva a camminare e. Shinsuke era troppo basso per aiutarlo.
Fortunatamente non incontrarono mostri, oppure sarebbe stato
impossibile arrivare al parco sani e salvi. Ora mancava solo
l’ultimo pezzo di strada da fare… quello
necessario ad arrivare alla radura dove dovevano ricongiungersi a
Minaho e Manabe.
-Ok… fermiamoci qui. -Il castano, ansimando,
aiutò Tsurugi a sedersi a terra. -Scusa ma…
sono… sono senza fiato. Il posto è sicuro, e
dobbiamo riposare… non è tardi.
-Senti… Ten… -Il moro strinse i denti
per il dolore. -Tua… tua zia… mi… mi
spiace.
Il castano sospirò. -Le volevo bene…
però… però hai visto che ha fatto? Non
voleva farci del male… forse… forse se
vengono infettati e… e non muoiono per le ferite riportate,
il virus non riesce a prendere il controllo del tutto…
aveva… aveva un barlume della vecchia persona che era negli
occhi.
-Shin… senti questo odore? È…
è terribile…
Kirino era alle spalle di Shindou, che camminava al fianco di Matatagi.
Per fortuna la strada fuori dalla porta dello scantinato era sgombra,
ma un lungo corridoio buio li separava dalle scale. Il condominio era
vecchio, e quando era stato costruito la legge non imponeva ancora le
finestre nei locali non destinati ad abitazione. Benché
fosse da poco passato mezzogiorno, la penombra li avvolgeva. Inutile
dire che la corrente elettrica era andata... nessuno lavorava
più alla centrale, e ovviamente un semplice condominio non
aveva un generatore autonomo. Era troppo vecchio pure per i pannelli
solari.
-Kirino… non chiediamoci cosa sia, è meglio.
Pensiamo a raggiungere le scale…
In realtà Shindou sapeva bene cosa fosse quel fetore
dolciastro. Sangue, vomito, putrefazione. Era giugno… i
corpi si sarebbero disfatti in fretta. Sia quelli stesi… che
quelli in piedi.
Finalmente giunsero alla fine del corridoio. Shindou aveva proposto di
rischiare meno perquisendo i locali del piano terra, ma Matatagi li
aveva dissuasi. -Sono solo ripostigli e la guardiola del
portinaio… niente cibo da quelle parti, purtroppo.
Il pianerottolo era sgombro. Circospetti salirono al primo piano,
precipitandosi poi a sbarrare la porta tagliafuoco per chiudere fuori i
piani superiori. Era apparentemente tutto tranquillo… anche
se il blu era certo che non fossero soli. Il primo piano era abitato da
molte famiglie… impossibile che quelle creature
così goffe avessero raggiunto le scale e fossero salute ai
piani superiori.
-Ok… Shindou, gestiamo così la situazione.
Perquisiamo il primo appartamento sulla sinistra… prendiamo
quanto possibile e torniamo un fretta di sotto. Questi appartamenti
sono troppo esposti per diventare la nostra nuova base, e hanno una
sola uscita. Mi raccomando… rapidi, silenziosi e attenti. Al
primo pericolo si corre di sotto e si isola il piano.
Shindou e Kirino annuirono, sorridendo per darsi forza. La porta era ad
un passo… in un istante furono dentro.
Per precauzione chiusero piano la porta alle spalle, consapevoli di
correre un grosso rischio isolandosi dentro… del resto non
farlo li esponeva a rischi maggiori. Avevano sentito brutti rumori in
fondo al corridoio.
Fortunatamente l’appartamento sembrava sgombro. Non erano
certi fosse una fortuna… se fosse stato vuoto da tempo, non
avrebbero trovato cibo.
Fortunatamente furono presto contraddetti. C’erano
così tante foto… era una coppia di anziani.
Insieme su una panchina, insieme a cena, insieme al mare…
insieme da giovani, davanti a una casa distrutta. Lui era vestito da
militare, lei era bellissima. Dovevano avete più di
novant’anni… Kirino ebbe un tuffo al cuore.
Pensò ai suoi nonni in Vietnam… vivevano
lì da molti anni. Chissà cosa pensavano gli fosse
successo, in tutto quel casino… una lacrima gli scese sul
viso. Sperava che quei due signori sconosciuti ma così
familiari se la fossero cavata.
Entrarono in cucina. Un ambiente pulito, piccolo e delizioso. I
suppellettili erano delicati, le tendine a fiori luminose. Incurante di
tanta dolcezza, Shindou si mise insieme a Matatagi a cercare nei
cassetti e nella dispensa. Inutile cercare nel frigo… non
avrebbero potuto conservare gli alimenti con quel caldo.
Mentre il suo ragazzo cercava, gli occhi di Kirino caddero su un
calendario a muro, a disegni colorati. Un’intera settimana,
la loro,era contrassegnata dalla scritta “In Europa dai
nostri amati nipotini!”. Il rosa si trovò sul viso
alcune lacrime di gioia. I due vecchietti erano salvi!
Inutile dire che la felicità del rosa si riflesse
immediatamente sul gruppo. Vedendolo sorridere, anche Shindou sorrise,
e Matatagi con lui. Tutto sommato era andata bene… avevano
sei bottiglie d’acqua, due scatole di cracker, un sacchetto
di biscotti, grissini e qualche scatoletta di tonno. Un discreto
bottino. Prima di uscire dall’appartamento però
perquisirono le altre stanze, recuperando in tutta fretta delle garze,
qualche utile pasticca di antibiotico (-Non si sa mai! Potremmo
ferirci! -Aveva detto un previdente Matatagi) e tre coltelli a lama
lunga da pane, ottimi per difendersi in caso di emergenza.
-Bene! Sarete soddisfatti del vostro capo, no? -Matatagi rise.
-Ehm… capo? Da quando sei il mio capo? -Shindou, preso
dall’entusiasmo, ridacchiò insieme al suo ragazzo.
-Beh… da circa…
Matatagi ammutolì, sbarrando gli occhi. Shindou e Kirino non
capivano.
-Ehi… che… che succede?
Il blu ingoiò la saliva. -Non… non lo sentite
anche voi?
Shindou e Kirino aguzzarono l’udito. Era vero… si
sentiva qualcosa nell’ombra del corridoio. Una sorta di
lamento… simile a un ringhio sommesso. Erano paralizzati
dalla paura. Videro qualcosa guizzare nel buio verso di loro.
-Via!! Via!!
Corsero verso le scale e si lanciarono al piano terra…
qualcosa li seguiva. Si gettarono in cantina e sprangarono la porta
ansimando… qualcosa vi sbattè contro urlando.
-Dio… Dio mio, che cos’è? -Shindou
aveva afferrato il coltello sudando freddo.
-Non ne ho idea! Fate silenzio!! -Matatagi si portò
l’indice alla bocca.
In pochi minuti i colpi cessarono, e si sentì qualcosa
strisciare lontano dalla porta. I tre ragazzi sospirarono di sollievo
sedendosi a terra di peso.
-Quella… quella cosa era diversa… veloce, feroce!
Che diavolo…
Shindou era confuso. Il blu sospirò. -Ho un
sospetto… ricordate… ricordate il dobermann della
signora Makoto?
I due ragazzi, spaventati, annuirono.
-Bene… avete appena rivisto il cucciolone.
-Ragazzi!! Siete tutti salvi! Iniziavamo a preoccuparci…
-Minaho si alzò in piedi insieme a Manabe appena vide i suoi
amici apparire. Tenma, Tsurugi e Shinsuke si precipitarono
immediatamente a raccontare cosa gli era successo.
-Mh… ho una teoria. -Manabe aveva alzato l’indice
mentre un raggio di sole gli faceva scintillare gli occhiali.
-Una… teoria? Manabe, se è una delle tue solite
assurdità matematiche guarda che…
-Minaho! Aspetta… lascialo parlare. -Tsurugi
sorrise debolmente, mentre l’arancione sbuffava incrociando
le braccia.
Manabe, leggermente rassicurato, riprese parte della sua baldanza.
-Allora… la mia teoria si divide in due parti. Mi
è servita mezz’ora per pensarla! Un tempo record
per i miei standard capacitativi…
Minaho sbuffò ancora più forte. -Sentitelo, il
presuntuoso!
-Diceeeeevo… -Il lilla riprese a parlare ignorando
bellamente il suo ragazzo. -Innanzitutto… la parte
più semplice ha avuto conferma con quello che mi avete
appena detto. Abbiamo due tipi di infetti… quelli
propriamente “morti”… e questo
è davvero un miracolo biologico… sono lenti,
goffi, disarticolati. Il virus prende il controllo del loro cervello ma
non può preservare la loro coscienza… sono
predatori, meno coscienti di quanto non lo sarebbe un cane
narcotizzato. Si muovono in gruppo… forse emettono qualche
ormone che li fa riconoscere tra loro… così da
non azzannarsi. Sono pericolosi… sembra che però
un buon colpo in testa possa farli fuori, danneggiando il cervello.
-O mio Dio… allora sono davvero zombie… -Shinsuke
era quasi eccitato, nonostante la situazione.
-Già… -Il lilla sospirò. -Il problema
però sono gli altri… da quello che ho capito, ne
avete incrociato uno. Chi viene infettato ma non ferito così
gravemente da morire si trasforma. Sono veloci… feroci e
aggressivi. Forse conservano qualche barlume di coscienza, visto quello
che ha fatto la povera Aki. Questi sono davvero letali…
stiamo attenti se capitassero sulla nostra strada.
I ragazzi erano allibiti. Manabe approfittò del loro
silenzio sconvolto per continuare.
-Bene… e ora la parte più interessante! Questo
è il cuore della mia teoria. Allora… il virus
ovviamente non utilizza tutti gli apparati dei corpi che
invade… sarebbe un inutile spreco di energia. Cosa serve un
sistema nervoso a uno zombie? Anzi, se non provano dolore per il virus
è meglio. Diciamo che utilizza i muscoli, la vista,
l’udito… tutto ciò che può
servire per riprodursi. Alla fine è questo che
vuole… infettare, riprodursi. Questo è
un comportamento comune a virus, batteri e parassiti, quindi non
sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Di certo è qualcosa di
biologicamente efficace e intelligente, se così si
può dire. Ora… mi sono chiesto… dove
prendono energia? Ne serve tanta! Non mangiano… se mordono
è per infettare. Senza glucosio assunto attraverso il cibo,
non dovrebbero avere l’energia per
“funzionare”… si decomporrebbero
immobili ed impotenti. Invece non solo si muovono, ma il morbo sembra
capace di rallentare discretamente la putrefazione dei corpi. I tessuti
superficiali marciscono, ma non i muscoli. Così possono
continuare a muoversi…
-È… è così
assurdo… -Tenma tremava.
-Lo so… e la risposta che mi sono dato lo è
ancora di più! -Gli occhi del lilla brillavano.
-Penso… penso che siano esseri fotosintetici! Come le
piante… pensateci! O meglio… non proprio come le
piante. Non riescono a estrarre zuccheri dalla terra, ma riescono a
sintetizzarli in qualche modo misterioso. Forse sfruttano la
decomposizione dei proprio tessuti… il Sole fa il resto.
Questo ci regala un vantaggio. Di certo saranno in moto anche di notte,
ma dovranno risparmiare energia… saranno più
stupidi e lenti quando cala il sole. Interessante, vero?
Tutti erano senza parole. -M…Man…
è… è così
strano… come… come hai fatto a capirlo?
-Ovvio! Ha iniziato a rimuginare invece di pensare a salvare la pelle!
Del resto fa sempre così… gli importa poco degli
altri, ha in testa solo la sua dannata matematica!
Minaho era scoppiato a causa della tensione a cui tutti erano
sottoposti. Manabe rimase per un attimo come paralizzato. Tenma non
poté giurarlo, ma era convinto che gli si fossero inumiditi
gli occhi.
-O…ok… se è questo che pensi di me, io
me ne vado. Di sicuro me ne starò meglio nella pancia di uno
di quei mostri, insieme alla mia stupida matematica, piuttosto che qui
a… a darti fastidio M…Min. Ciao a tutti e grazie
per… per l’aiuto. Vi voglio bene, anche
se… se non so dimostrarlo.
Asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, Manabe si
voltò e si allontanò dal gruppo,
diretto verso il ruscello. Prima che chiunque potesse intervenire era
già sparito dal loro campo visivo.
-M…ma… ma io non… ma che diavolo!
-Minaho, perché hai detto quelle cose? Lo so che siamo tutti
sconvolti, ma è il tuo ragazzo, diavolo! -Tsurugi
si era messo le mani nei capelli. -Lo prenderanno se non facciamo
qualcosa, maledizione!
-L’arancione era in preda al senso di colpa. Il suo ragazzo
era scappato e rischiava di venire assaggiato da quei mostri. Voleva
darsi un pugno da solo per quello che aveva combinato.
-Io lo vado a cercare.
Non ci volle molto per trovare Manabe. Era seduto sulla riva del
ruscello, i piedi a mollo nell’acqua. A giudicare da come
muoveva le spalle, stava piangendo.
-Ragazzi… vado io, ok? Voi tornate al sicuro nella radura.
Vi raggiungiamo in pochi minuti. -Minaho sospirò. Sperava di
riuscire a parlare con Manabe senza fare altri pasticci.
Tutti annuirono. Ora toccava a lui… doveva mettersi in gioco.
Manabe si sentiva come un cane. Non gli importava se lo avrebbero
mangiato, non gliene importava proprio nulla. Sapeva di essere
presuntuoso a volte, ma non riusciva a fare altrimenti… in
genere si sentiva così inutile che sapere di essere bravo in
qualcosa lo manteneva in pista. Minaho era il suo idolo…
così spontaneo, così intelligente,
così sveglio. Sapeva di averlo deluso… di sicuro
lui stava con uno come lui solo per pietà. Voleva
piangere…
Tirò su col naso. Adesso aveva anche le visioni…
gli sembrava di vedere la mano di Minaho sulla sua spalla.
-Ehi Man… possiamo parlare un attimo?
Il lilla era senza parole. Non era una visione… era davvero
Minaho! E ora che diavolo doveva fare? Si asciugò le lacrime
furtivamente… non voleva che lo vedesse piangere.
-M…Min… vieni… vieni pure
però se… se vuoi ancora dirmi quelle
cose… quelle cose di prima… io… io ho
capito che sono inutile, tranquillo. Non… non mi vedrete
p…p…più… -Non
riuscì a non riprendere a piangere.
Minaho sospirò, accarezzandogli una spalla.
-Aspetta… adesso mi siedo con te e parliamo due minuti
insieme, ok? Devo dirti alcune cose.-L’arancione si sedette
sull’erba, sfilò scarpe e calzini e immerse i
piedi in acqua.
Il lilla sorrise debolmente. -Ti ricordi l’altro giorno in
piscina? Tu volevi a tutti i costi insegnarmi a nuotare
meglio… sai che non sono molto bravo negli sport…
e io invece non ho fatto altro che fissarti il petto per due ore. Mi
piaci così tanto, Min…
Minaho le mise un braccio intorno alle spalle. -Scusa per
prima… sono stato cattivo. Non… non le pensavo
mica, quelle cose. Sono nervoso… prima ho avuto
paura… paura che quel mostro a casa mia ti facesse del male.
Io sono poco affettivo, lo sai… ci… ci
provo… però non voglio perderti. Voglio vivere
tutta la mia vita con te… tutta. Lo sai… non
potrei mai pensare quelle cose… faccio schifo.
Senti… ti… ti prego… vieni via con
noi… ti imploro! Man… sei la cosa più
bella della mia vita. Se te ne vai io vengo con te… anche in
capo al mondo.
Manabe aveva le lacrime agli occhi. -Min… io… io
vorrei che… che tu fossi contento di me… vorrei
essere alla tua altezza, e invece…
L’arancione sorrise, abbracciandolo. -Tu non hai niente in
meno di me. Sei la mia perfetta metà mancante. Insieme siamo
invincibili!
Tutto era tornato a posto. Manabe era rientrato nel gruppo e ora Minaho
si rifiutava di lasciargli la mano, mentre gli altri ragazzi avevano
potuto tirare un sospiro di sollievo. Avevano moti altri problemi da
affrontare, purtroppo, ma almeno lo avrebbero fatto insieme!
Grazie al clima più rilassato, se si poteva parlare di relax
in una situazione simile, Minaho e Manabe ebbero l’occasione
giusta per raccontare cosa era successo a casa
dell’arancione. Tutti ne furono più che sconvolti.
Sapevano che non potevano essere gli unici sopravvissuti e che la
città doveva essere piena di sacche di superstiti, ma
pensare addirittura all’esercito e
all’aeroporto…
-Ragazzi… io… io penso che dovremmo andare tutti
insieme all’aeroporto. -Tenma sospirò.
-Ma… Ma i… i nostri amici…
-Shinsuke ha ragione!
-Forse… forse sono già tutti là! -Il
castano ci sperava.
-Mio… mio fratello…
-Tranquillo Tsurugi. -Minaho sorrise debolmente. -I piani non cambiano.
Adesso andiamo all’ospedale… lo tireremo fuori.
Dopo, a mente sgombra, decideremo il da farsi.
Tutti annuirono… lo dovevano al moro, ed era la cosa giusta
da fare.
-Ora… ora però… -Manabe sembrava
deciso ma spaventato.
-Ora… -Minaho sorrise. -…ci serve un piano!
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Capitolo 4 *** Piccolo colpo di scena! ***
-Allora… per prima cosa, tiriamo fuori tutti i problemi.
Manabe aveva ripreso il suo solito atteggiamento sicuro. Seduto
sull’erba si stava spremendo a sua volta le meningi.
-Beh… innanzitutto… l’ospedale
è a sette isolati da qui. Non è troppo, ma alcune
strade sono strette… non sarà facile arrivarci
senza incappare in qualche mostro… -Tenma si passava
nervosamente le mani tra i capelli.
-Già… -Minaho si era portato la mano al mento.
-Poi, da quello che sappiamo, l’ospedale è stato
il focolaio dell’infezione. I primi casi, quando ancora non
sapevamo cosa si stava preparando, sono stato ricoverati
lì…
-Come se non bastasse, mio fratello ha bisogno di una carrozzella per
camminare. Con le stampelle sarebbe troppo lento…
se… se è vivo, non sarà facile
portarlo fuori. -Tsurugi sospirò.
-Ooook! -Manabe fece cenno di aver capito. -Abbiamo molti problemi da
affrontare. Arrivare all’ospedale è
fattibile… saremo prudenti, ed eviteremo i luoghi non
sicuri. Il più sarà entrare… se
è vero che è il focolaio primario,
sarà pieno di quelle cose. Tsurugi… in che
reparto è tuo fratello?
-Lo hanno trasferito da poco… -Il moro si morse le labbra.
-Reparto di lungodegenza fisiatrica, palazzina.B. In pratica si tratta
di un corpo separato, collegato alla struttura principale da un lungo
corridoio sospeso che attraversa il parco dell’ospedale,
aggirando il check in e i laboratori analisi. Per accedervi dovremo
fare un pezzetto di strada nell’edificio
principale… non sarà facile.
-Beh… guarda il lato positivo. È possibile che le
porte fossero chiuse… che la palazzina sia isolata.
Più probabilità di trovare tuo fratello sano e
salvo. -Shinsuke cercò di fare coraggio al ragazzo.
-Già… già, deve essere così.
Mentre i ragazzi si avvicinavano all’ospedale, si resero
subito conto che quello era il vero focolaio dell’infezione.
Le strade pullulavano di quelle creature, e solo un estremo silenzio e
il favore del fumo degli incendi gli aveva permesso di raggiungere i
grandi cancelli della struttura.
L’ospedale era una struttura imponente. Costruita su dieci
piani, si ergeva al centro di un immenso parco punteggiato di
laboratori, uffici ed edifici tecnici. Ai due lati opposti del cortile,
le palazzine più basse che contenevano i reparti di
lungodegenza, alle quali si accedeva attraverso corridoi vetrati che le
mettevano in comunicazione con la struttura principale attraversando il
giardino.
-O… oddio… guardate là! -Tenma
indicava il corridoio di destra. Attraverso i vetri sporchi di sangue
si vedevano decine, forse centinaia di mostri agitarsi come anime in
pena. I ragazzi si nascosero immediatamente dietro gli
alberi. Sapevano che quelle creature erano dentro, ma erano
così tante che temevano potessero sfondare le vetrate e
riversarsi nel cortile.
-Come diavolo… -Shinsuke si mise le mani tra i capelli. -Non
riusciremo mai a…
-Tsurugi!! -Tenma urló in barba al pericolo di essere
sentiti.
Il moro si era lanciato verso l’ingresso principale.
-Che diavolo gli è preso? Non è possibile!
-Shinsuke era terrorizzato.
-Suo fratello… è suo fratello. -Tenma
sospirò. -Oddio… che gli
succederà…
Il gruppetto si precipitò a sua volta nell’atrio
d’ingresso. Era sgombro… un corpo giaceva riverso
sul bancone dell’accettazione, con un coltello piantato in
testa.
-È… è il coltello di Tsu…
ne… ne ha fatto fuori uno! -Tenma si sentì
mancare.
-Ascoltate… -Minaho prese la parola. -In quattro siamo una
facile preda. Dividiamoci… sarà più
facile muoversi in silenzio per i corridoi. Io e Manabe andiamo a
cercarlo a destra, voi in quel corridoio a sinistra, ok? Appuntamento
qui fra quindici minuti.
Tenma e Shinsuke, benché terrorizzati, annuirono. Il gruppo
si divise e si inoltrarono nel cuore della gigantesca struttura.
-Min… guarda!
Manabe indicava qualcosa sul muro. Lui e Minaho avevano percorso due
grossi corridoi vuoti, nascondendosi quando avevano sentito alcune
creature gemere in un ambulatorio. Erano poi riusciti a proseguire ed
ora erano in un grosso atrio da cui si dipartivano vari corridoi.
-Man… che hai visto? -L’arancione mise mano al suo
coltello, spaventato.
-Il cartello! “Uffici reparti di
quarantena”… andiamoci! Di sicuro troveremo
informazioni su questa cosa… deve essere
l’archivio dove sono conservate le cartelle cliniche dei
primi infetti!
Minaho sbiancò. -Ma…ma sei ammattito!
Pullulerà di mostri! Man… andiamo via in fretta
da questo posto…
-Ma che dici! Sono uffici… il reparto di quarantena
è da quell’altra parte! Pensa… magari
queste cose hanno un punto debole! Sai che solo noi due possiamo
interpretare quei dati…
Minaho sorrise debolmente. -Ehi… guarda che io non sono
così presuntuoso come te! Non cercare di stuzzicare la
mia…
-Ti preeeeeego!
Il lilla gli faceva gli occhi dolci. Era una cosa così
rara… voleva vivere quei momenti con lui in un altro
contesto, un domani. Voleva che tutto finisse bene…
-Ok Man… però rimani dietro di me, ok?
Fretta, paura, terrore, angoscia.
Il corridoio non finiva mai, mai, e quelle urla nelle orecchie erano
terribili, gli spezzavano il cuore. Ansimando e piangendo continuava a
scappare, sempre più in fretta mentre tutto intorno a lui si
confondeva. Li sentiva alle sue spalle.
Credette di morire… finché una mano non lo
afferrò e lo trascinò nel buio di una stanza.
-Mio Dio… cosa stiamo… vedendo…
Manabe era sconvolto. Gli uffici erano in fondo ad un breve
corridoio… entrare era stato semplice, ed erano vuoti.
Quando l’infezione si era diffusa dovevano essere
sgombri… in fondo era stato poco prima di pranzo. Dopo
essersi chiusi la porta alle spalle e averla bloccata, Minaho e Manabe
si erano diretti verso l’archivio, dove avevano
iniziato a scartabellare le cartelle cliniche. Con i computer avrebbero
fatto prima, ma non avevano le password.
-Man… non lo so. Fa… fa paura.
Il lilla si morse le labbra. -Guarda… guarda qua.
Avevamo… avevamo ragione… questa…
questa cosa è venuta sulla terra con noi. Leggi
qui… “paziente zero: Ishino Harumasa, tecnico
elettricista in servizio all’aeroporto.” Era
assegnato al nostro treno spaziale… ne curava la
manutenzione. Sembra che sia iniziato a stare male quattro giorni
fa… ricoverato per una presunta crisi setticemica. In poche
ore era diventato una di quelle cose…
L’arancione rabbrividì. -Terribile…
è… è colpa nostra…
Manabe sospirò angosciato. -Leggi questo… dice
che è scappato! In un giorno aveva infettato sei
persone… tutti chiusi nel reparto di quarantena.
Ha… ha morso alcuni infermieri. Poi, nel caos della notte,
è riuscito a uscire. La polizia non è riuscita a
trovarlo… e in poco tempo in città sono iniziati
i primi casi. È spaventoso… i medici non sapevano
che fare. Guarda… qui dice che il primario del reparto di
infettivologia ha stilato un resoconto delle analisi…
cartella B68!
In pochi istanti Minaho aveva iniziato a gettare a terra cartelle e
documenti in cerca della fantomatica cartella. La trovarono sotto un
pesante plico di fogli. Manabe la aprì… era piena
di fogli scritti al computer, appunti, esami e fotografie.
-Min… non ho parole! -Pochi minuti erano bastati al lilla
per capire molte cose. Era un matematico, ma i suoi voti in biologia
erano eccellenti, come in tutte le materie, del resto.
-Questo… questo non è un virus!
È… è qualcosa di diverso…
un incrocio tra un batterio e un parassita. Sulla Terra non abbiamo
nulla di simile… può modificare il DNA
dell’ospite in poche ore, ed è…
è vivo.
-V… vivo? -Minaho rabbrividì.
-Già… è una forma di vita biologica,
basata sul carbonio come… come noi. Guarda… Il
suo DNA è tutto metilato! Vuol dire che non può
praticamente essere attaccato da nessun farmaco in nostro
possesso… mai visto nulla di simile. Ma questa non
è la cosa più assurda… tieniti forte.
Minaho non sapeva se sorridere o piangere. Il suo ragazzo era
dolcissimo quando faceva lo scienziato.
-Dimmi Man… sono pronto.
Il lilla prese fiato. -È… è un
procariota!
-Un… no! Ma… Ma è…
-Già! -Manabe sorrise amaramente, scartabellando i
documenti. -Un procariota. Un organismo antico… semplice.
Come un batterio terrestre, per intenderci… ma…
ma la cosa clamorosa è che è un pluricellulare!
Sulla Terra esistono solo procarioti unicellulari…
è… è incredibile, davvero. Funziona
come… come una colonia.
-E… e questo significa che… -Minaho iniziava a
capire.
-Che, come tutti i procarioti, ha dei punti deboli. Ad
esempio… non può aumentare o diminuire la
produzione di enzimi, ma solo bloccarla del tutto o riattivarla.
Ciò li rende vulnerabili ad alcuni farmaci… ma
non ho idea di quali. Forse non è invincibile… i
medici hanno avuto solo pochi giorni per studiarlo. Min…
ci… ci serve un dottore, uno vivo. Se solo potessimo trovare
una cura…
-Man, ma come… non è possibile! -Minaho era
disperato.
-Min… abbiamo niente da perdere? Chissà se esiste
ancora un mondo, là fuori. Io… io volevo fare il
medico, lo sai. La matematica mi piace, ma non salva le
persone… non salva te, se quelle cose ti mordono. Invece una
cura può farlo… io… io ci devo
provare. Anche se sembra una cretinata impossibile e assurda.
Minaho sospirò. Era incredibile, ma sentiva di condividere.
Gli occhi di Manabe… quando lo aveva conosciuto, aveva
capito subito che fosse un buono. Aveva solo una spessa scorza da
sciogliere, per rivelare un ragazzo simpatico, con un grande cuore.
-Man… va… va bene. Ti capisco. Senti…
sembra assurdo, ma io sono con te. Lo sarò sempre.
Manabe sorrise dolcemente. -Ti… ti voglio bene, Min!
L’arancione ridacchiò. -Mh… anche io!
Ora sbrighiamoci… prendi quella valigetta. Ti do dieci
minuti per prendere tutti i documenti che ti servono da qui. Prendi
anche la memoria esterna di quei computer… non si sa mai che
riusciamo a ricavarci qualcosa. Poi dobbiamo tornare dagli
altri… e metterli al corrente di tutto!
-Ran… non possiamo rimanere qui… non è
sicuro.
Shindou si mise le mani tra i capelli. L’inseguimento lo
aveva scosso.
-Shindou ha ragione. -Matatagi sospirò. -Adesso abbiamo cibo
e acqua… dovremmo cercare di riunirci ai nostri amici e ai
nostri parenti… non sappiamo quanto questa cosa si sia
diffusa, e certo rimanere qui non aiuta.
Proprio in quel momento udirono ciò che non avrebbero mai
voluto sentire. Colpi disarticolati contro la porta… i
ragazzi rabbrividirono.
-No… non mi dire che…
-O mio Dio… -Matatagi crollò sulla sedia.
-Abbiamo… abbiamo dimenticato di chiudere la porta!
-Min… ma dove diavolo sono?
Manabe, in piedi nell’atrio dell’ospedale inondato
di luce dalle grandi pareti vetrate, teneva stretta la mano del suo
ragazzo. L’arancione era confuso quanto lui.
-O mio Dio… deve essere successo qualcosa! La loro zona era
quella più infestata… dannazione! E adesso cosa
facciamo? Io non voglio che ti prendano! Non voglio rimanere qui ancora
a lungo… questo… questo posto è
macabro, Man.
Il lilla annuì. -Lo so… tranquillo comunque. Non
facciamo nulla di imprudente, ma dobbiamo cercare i nostri
amici… dobbiamo. Appena qualcosa ci minaccia scappiamo e ci
mettiamo al riparo, giuro.
Minaho sospirò. -Ok… andiamo a vedere. Stiamo
vicini e facciamo piano…
-No… no…
Manabe iniziava ad andare nel panico. Il percorso lungo il corridoio
era stato un viaggio degli orrori… sangue ovunque, oggetti
spezzati a terra, cadaveri così malmessi da non poter
camminare riverso al suolo, gorgoglianti. Quell’ala
dell’ospedale, a differenza di quella che avevano esplorato
loro, era anche strapiena di mostri. Avevano faticato molto a muoversi
senza essere visti dagli esseri che barcollavano nelle stanze ai due
lati del corridoio illuminato solo dalla luce proveniente dalle
finestre degli ambulatori.
-Man, non voglio abbandonarli, lo sai… ma qui è
tutto spaventoso. Io… io non so se sono ancora vivi.
È stato… è stato un errore clamoroso
venire qui…
L’arancione si morse le labbra, gli occhi lucidi.
-Senti… non possiamo salire le scale. È troppo
pericoloso. Torniamo nell’atrio… li aspetteremo
lì ancora un poco. Io non mi voglio arrendere…
-Nemmeno io, Min. Hai ragione. Qui non è sicuro…
ehi! Hai sentito?
I due ragazzi drizzarono le orecchie. Manabe si era
immobilizzato… qualcosa si muoveva sopra di loro.
Sentivano... sentivano delle voci!
-Manabe! Ci… ci sono delle persone!
L’entusiasmo dell’arancione era estremo,
così estremo da non fargli notare il tono di voce che si
alzava. Alcune creature, nel corridoio, si voltarono e iniziarono a
trascinarsi verso di loro. La strada per l’atrio era
bloccata.
-Dannazione! Min, corri!! Le scale… le scale! Quelle persone
sono la nostra unica speranza!
I due ragazzi si lanciarono verso le scale, imboccandole pochi istanti
prima che i mostri li raggiungessero. Corsero come matti e si
ritrovarono al piano di sopra… anche quello pieno di mostri.
Si sentirono mancare. Corsero disperatamente verso l’unico
corridoio che sembrava sgombro, finendo contro una massiccia porta
chiusa. Sullo stipite un cartello. “Reparto di internamento
psichiatrico”.
-Dannazione!! Un vicolo cieco!! -Minaho si morse le labbra fino a farle
sanguinare. -Siamo… siamo perduti! Man!! Io non voglio che
tu muoia!! Non voglio!! -L’arancione piangeva, proprio lui,
sempre così razionale e controllato.
-Stai dietro di me! -Manabe, non sapendo nemmeno da dove venisse quella
forza, si sentì attraversare da una scarica di energia
positiva. Si parò davanti al suo ragazzo impugnando il
coltello. -Io li trattengo… tu scappa!
-No!!! No no e no!! Io non ti lascio! Non ti lascio!
-Min! Min, guardami! -Manabe si sentiva male. I mostri erano a nemmeno
dieci metri. -Vivi! Vivi per me… vivi felice quando tutto
questo sarà finito. Sarai sempre la più bella
cosa della mia vita. Ora… ora vai!
L’arancione era in preda alle lacrime, aggrappato alla
camicia di Manabe. Sentiva il calore della sua pelle… non
accettava che stesse per diventare freddo… non potere mai
più sentire la sua voce… voleva morire.
I risvegliati erano a cinque metri… poi quattro, poi tre.
Manabe afferrò il viso del suo ragazzo e lo baciò
intensamente. I suoi occhi erano pieni di dolore e amore.
-Min…
Fu un istante. La porta alle loro spalle si spalancò e delle
mani li afferrarono con foga, trascinandoli dentro. In un istante il
portone tagliafuoco era di nuovo sprangato, e loro erano al sicuro sul
pavimento, in lacrime. Intorno a loro un gruppo di persone.
Ci volle qualche istante perché i ragazzi si riprendessero.
Si resero finalmente conto di cosa fosse successo. Erano al scuro,
tutti e due.
-M…Man…
-Minaho…
In un istante si ritrovarono uno tra le braccia dell’altro,
piangendo di gioia.
-Ragazzi… che diavolo vi è venuto in mente di
venire a cercarci? Ancora un istante e sareste morti!
Tsurugi era nero in volto. Tenma non si vedeva al suo
fianco… era strano. Mentre Minaho accettava senza fiatare
quei rimproveri, la sua mente cercava di raccogliere dati.
Intorno a loro molte persone… medici, infermieri, anche un
paio di poliziotti. Incredibile… nell’ospedale, il
focolaio dell’infezione, c’era una cellula di
sopravvissuti! Erano riusciti a barricarsi nel reparto di psichiatria,
che, a causa della pericolosità dei suoi pazienti, era
isolato dal resto dell’ospedale da due livelli di robuste
porte tagliafuoco rinforzate con sbarre d’acciaio.
-Tsurugi… scusa, ma sai benissimo che non vi avremmo
lasciati qui da soli. Manabe… Manabe ha fatto delle scoperte
incredibili negli archivi. Dobbiamo parlarne con Tenma e Shinsuke...
Qui ci sono dei dottori! Sembra assurdo, ma magari possiamo fare
qualcosa, o capire se quelle cose hanno punti deboli…
Gli occhi del moro si riempirono di lacrime. Minaho e Manabe ebbero un
terribile presentimento…Fu il lilla a parlare.
-Tsu… dove… dove sono Tenma e Shinsuke?
Il moro si morse le labbra. -Tenma.. Tenma è di
là. È sotto shock… un dottore gli sta
dando un calmante. Shinsuke…
Minaho iniziò ad intuire. -No…
Il moro deglutì. -Lo… lo hanno preso.
Nella generale disperazione, la spiegazione era stata breve. Tsurugi
raccontò di come fossero incappati in un grosso gruppo di
creature, di come fossero scappati e si fossero divisi…
Tsurugi aveva salvato Tenma trascinandolo in una stanza sicura, ma per
Shinsuke era stato troppo tardi… lo avevano sentito urlare...
Poi tutto era stato rapido. Avevano sentito le voci ed erano riusciti a
raggiungere i sopravvissuti nel reparto di psichiatria. Il moro
concluse il discorso con gli occhi lucidi.
-E… Tsu… -Minaho non sapeva come dirlo.
-Tuo… tuo fratello è…
è…
Il moro cedette ed iniziò a piangere.
-Il… il suo reparto è stato il primo a venire
invaso.
Calò il silenzio. Minaho e Manabe non riuscivano a trovare
le parole… cosa avrebbero potuto dire? La situazione era
così maledettamente triste e ingiusta…
-Tsu… mi… mi dispiace…
L’arancione si portò la mano dietro la nuca.
Proprio non sapeva come consolare il suo amico… allo stesso
tempo anche il lilla era nella stessa situazione.
-Ma… ma quindi… non… non…
Il moro si morse il labbro e si sforzò di ritornare
impassibile. Aveva gli occhi lucidi.
-No… non ci sono possibilità. Forse…
forse è… è meglio
così… lui… lui voleva tanto smettere
di soffrire… io…
Minaho e Manabe si guardarono mentre il moro riprendeva a piangere. Non
lo avevamo mai visto così. Si abbracciarono, tutti e tre.
-E ora che facciamo!! Che facciamo!! -Shindou era nel panico. A volte
la sua sensibilità prendeva il controllo, e a quel punto
ragionare diventava molto difficile per il ragazzo castano.
-Shin… calmati! -Matatagi tremava vistosamente.
-Ora… ora piangere non ci aiuterà…
dobbiamo solo stare in silenzio… appena se ne… se
ne andranno… uscirò e chiuderò di
nuovo la porta. Dobbiamo solo pazientare… se non sentono
rumori, appena un’esplosione o un qualunque avvenimento
esterno li attirerà lontano da qui, potremo agire. Stai
tranquillo…
-Matatagi ha ragione. -Kirino sorrise cercando di rincuorare il suo
ragazzo. -Qui siamo al sicuro… vedrai andrà tutto
bene.
Il castano sospirò cercando di normalizzare il respiro.
-Io… io penso che voi abbiate ragione. Matatagi…
ascolta… quando sarà il momento io…
Un tonfo sordo.
-Ma che…
-Matatagi!!!
Il ragazzo era svenuto, crollando a terra. Il rumore fece
immediatamente eccitare le creature che iniziarono a gemere contro il
portone, mentre Kirino, spaventato si precipitava al fianco del blu.
-Ha… ha la febbre alta! Ma perché diamine non ci
aveva detto nulla!
Shindou strinse i denti e riprese il controllo. -Non… non ne
ho idea, ma dobbiamo tirarlo su da lì e metterlo disteso.
Aiutami Ran…
I ragazzi sollevarono Matatagi e lo adagiarono su un giaciglio
improvvisato fatto di coperte impolverate trovate su uno scaffale. Il
blu aprì gli occhi. -Io… io non… non
sono…
Kirino sorrise. -Tranquillo… lo sappiamo. Non sei infetto.
Ora riposa… poi dovrai spiegarci alcune cose, ok?
-Ehi… Min? Che ne dici di lasciarmi il braccio?
Non… non è da te questa cosa, non trovi?
Manabe, seduto sulle sedie del corridoio, quelle tipiche degli
ospedali, osservava il transito di medici e infermieri davanti a lui.
Bene o male, si era ripreso. Lo stesso non si poteva ancora dire del
suo ragazzo… lui, sempre così logico, acuto,
positivo, ora invece se ne stava avvinghiato a lui con gli occhi lucidi
senza nessun pensiero riguardo a cosa potesse pensare chi li avesse
visti. In fondo però non gli importava… la
situazione era così tragica che nessuno poteva pretendere da
loro razionalità e logica come in un qualsiasi giorno di
scuola.
L’arancione non rispose. Si limitò a stringere
più forte la mano del suo amico, tremando vistosamente.
Manabe finse di sbuffare, ma era leggermente preoccupato. Si sentiva
anche un po’ in colpa… non sapeva dire esattamente
perché.
-M…Manabe?
Minaho aveva parlato! La sua voce non era troppo diversa dal solito,
sempre fresca, acuta, capace di scavati dentro. Era solo un
po’ più bassa e indecisa. Il lilla tirò
un sospiro di sollievo.
-Ehi… finalmente mi parli! -Manabe provò a
sorridere, ma Minaho non sembrava in vena di scherzare. -Min? Mi vuoi
dire cosa succede? Non devi mica vergognarti… non sei
debole. Guardami! Nemmeno io riesco a calcolare la
probabilità di cavarcela! Mi costa tanto ammetterlo
ma… non sono perfetto, sigh!
Questa volta l’arancione accennò un sorriso.
-Man… comunque… comunque non
è… non è niente…
-E invece qualcosa è successo. Non ti ho mai visto
così. Se tu il detective… perché non
mi dici cosa hai scoperto leggendoti dentro? Lo so, sono pieno di
difetti, ma sono il tuo ragazzo… e soprattutto il tuo
migliore amico. Non parlare al Manabe che baci… parla al
Manabe che ti ha voluto bene da subito, nonostante le nostre litigate
terribili! Parla al Manabe a cui invece che proporre una partita alla
playstation hai proposto di calcolare insieme il quoziente intellettivo
per… per poi scoprire che avevamo lo stesso identico valore.
Parla al Manabe che prima di te non aveva nemmeno un amico, e che ora
ti considera suo fratello… parlami, ti prego!
Minaho sospirò, sorridendo debolmente. -Io… io
penso che tu abbia ragione. Scusa… è…
è per prima. Man… ancora un secondo e
mi… mi avresti lasciato… di… di
nuovo… solo! A me non importa di sopravvivere se non ci sei
anche tu! Io… io voglio che ci sia anche tu con me, domani!
Voglio vivere tutta la mia vita con te… adottare un bambino
e crescerlo con te, quando saremo adulti… fare
l’università con te, girare il mondo con te!
Ho… ho immaginato che… che di fianco alla tomba
di papà ci… ci fosse anche la… la tua
e… e che io… Io andavo al cimitero con i fiori
e… e guardavo la tua foto, quella bella che abbiamo fatto
dopo la finale del torneo galattico e… e tu non
mi… non mi potevi sentire più e… e non
potevo più parlarti e… e…
L’arancione scoppiò a piangere come una fontana.
Manabe era nel panico… non era mai successo. In genere era
l’arancione quello forte, quello che non aveva paura di nulla
e non si vergognava di nulla! Si sentì terribilmente in
colpa per aver voluto fare l’eroe… lo aveva
traumatizzato, invece di proteggerlo.
-Min… -Manabe abbracciò stretto stretto il suo
amico. -È stata tutta colpa mia! Io… io volevo
solo proteggerti… non… non lasciarti solo,
credimi! L’ho fatto perché quello che…
che hai detto prima… vale… vale anche per me, lo
sai. Senti… ora siamo qui, vivi e salvi entrambi. Ti giuro
sul nostro amore…e sulla nostra amicizia, che non
farò mai, mai più azioni azzardate.
D’ora in poi, qualunque cosa succeda, ci muoveremo con la
massima prudenza e non correremo pericoli. Vivremo insieme tutta la
vita, Min… questa cosa la passeremo insieme, con i nostri
amici. Li troveremo… troveremo tua madre e ce ne andremo. I
miei sono all’estero… sono più che
sicuro che ci porteranno via da qui. Lo sai… sono ricchi.
Potremo ricostruire tutto… sarà come se niente
fosse successo, ok? Mi credi?
Il lilla porse la mano al suo migliore amico, con un sorriso radioso e
buono. Minaho tirò su col naso, rassicurato. Sorrideva anche
lui. Afferrò la mano di Manabe e la strinse forte, quindi lo
abbracciò.
-Ok Man… è… è tutto a
posto. Però… non dire agli altri che ho pianto,
ok?
Il lilla scoppiò a ridere. -Ok Min… promesso!
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Capitolo 5 *** Operazioni di salvataggio! ***
-April is the cruellest month…
-Shin, ti sembra il caso? Siamo a giugno!
Il castano ridacchiò alla vista dello sguardo scandalizzato
del suo ragazzo. Aveva sempre amato la poesia inglese, Elliot
in particolare. Era così… profondo!
-Ran….che ne dici di calmarti un po’?
Il rosa sospirò un po’ scocciato.
Perché nessuno era agitato come lui?
-Shin… Matatagi sta male, ha la febbre alta!
Penso… penso più di trentanove, ad occhio. Non
abbiamo medicine… non abbiamo nulla di nulla, e non sappiamo
nemmeno cosa abbia lui! E se…
-No. Non è infetto, Ran.
Il rosa strinse i denti, sussurrando nonostante il blu stesse dormendo.
-Chi te lo dice? Magari è a effetto ritardato, o qualche
diavoleria simile! Dovremmo rimanere qui a vedere un nostro amico
diventare una di quelle cose senza muovere un dito? E se ti facesse del
male? Non me lo potrei mai perdonare!
Il castano scosse la testa. -Non credo sia infetto. Non
temere… presto calerà il Sole, ma questa notte
non saremo al buio… su quello scaffale ci sono molte candele
e poi laggiù, ne la scatola rossa, ho visto alcune torce a
dinamo… funzionano senza batteria. Lo terremo
d’occhio tutta la notte, e domani decideremo che fare.
Kirino sospirò rassegnato. -Penso… penso che tu
abbia ragione, Shin. Non ho nessuna intenzione di farmi
cogliere impreparato… sono un difensore! Abbiamo battuto gli
alieni… gli zombi sono un gradino sotto, no?
Shindou scoppiò a ridere. Adorava l’ironia del suo
ragazzo, anche nei contesti più difficili. -Certo
Ran… vedrai, domani saremo fuori di qui.
-Tsu… come va con Tenma?
Il moro sorrise debolmente in risposta alla domanda di Minaho. Manabe
era seduto ad una scrivania di un ambulatorio intento a studiare i
documenti presi in archivio, e i due ragazzi erano al suo fianco.
Minaho lo aiutava direttamente, mentre Tsurugi, che non aveva le
competenze per interpretare tutti quei numeri, contribuiva a smistare i
fogli. Lavorare lo aiutava a rilassarsi.
-Beh… ora riposa. È sconvolto… crede
che sia colpa sua… quello che è successo a
Shinsuke, intendo.
Manabe alzò il viso dai fogli. -Ma…
poverino… lui non c’entra nulla!
-Lo so. -Il moro scosse la testa. -Però… era il
suo migliore amico. Capite, vero? È… è
così terribile… pensate a quante ne abbiamo
passate insieme. È anche per questo che ho giurato a me
stesso che non permetterò più che succeda nulla a
nessuno di voi… non voglio più perdere nemmeno un
amico. Nemmeno uno!
Minaho e Manabe sorrisero dolcemente, un po’ imbarazzati ma
commossi. -Grazie… grazie Tsu.
-Mpf… tranquilli. Non… non è niente di
speciale. Ehi… ricordate quando ci siamo conosciuti?
-Ma… Ma certo! -Manabe scoppiò a ridere. -La
partita inaugurale del torneo… come eravamo scarsi noi
novellini!
Minaho sospirò. -Eggià! E
perché… Man, ricordi il tuo primo goal?
-Ti riferisci a quando la palla mi è rimbalzata da sola sul
piede?
Tutti e tre risero, più leggeri per un istante.
Immediatamente dopo, però, tornarono seri… era
questione di sopravvivenza.
-Ok… questi documenti ci serviranno. -Manabe
appoggiò sui fogli le mani aperte. -Ora però
vorrei parlare con qualche dottore… io sono un ragazzo,
nonostante tutto e… e mi costa ammetterlo, credetemi. Tsu,
che tu sappia c’è qualche infettivologo tra i
sopravvissuti?
Il moro allargò le braccia. -Non ne ho idea…
siamo tutti sconvolti, Man. A malapena ho conosciuto qualcuno di questi
sopravvissuti… ascolta, prova due porte più
avanti. C’è un dottore anziano che sta lavorando a
qualcosa con dei suoi colleghi e degli infermieri…
è lui che ci ha fatti entrare… mi è
sembrato una persona gentile. Magari i vostri documenti gli
serviranno… mi è parso di capire che ci siano
molti problemi, qui dentro.
-Man… che ne dici, andiamo? -Gli occhi di Minaho si erano
illuminati. -Sono sicuro che saranno felici di avere il tuo aiuto!
Diamine… dovremo rifare il test del quoziente intellettivo,
quando tutto sarà tornato a posto… non vorrei che
tu mi avessi superato, cavoli!
Manabe scoppiò a ridere alla vista del buffo broncio del suo
ragazzo. -Tu dici? Guarda un po’
laggiù… mi sembra che qualcosa non
vada…
-Dove? In fon…
Un istante, un rapido sfioramento di labbra. L’arancione
divenne rosso come un pomodoro, mentre Tsurugi scuoteva la testa
sorridendo.
-Avanti!
-È… è permesso? -Minaho e
Manabe aprirono lentamente la porta.
-Ma certo ragazzi! È bello vedere degli altri
sopravvissuti… soprattutto ragazzi così giovani.
Tu… ti ho visto nell’archivio. Sai…
abbiamo un generatore ausiliario. Abbiamo spento la maggior parte delle
telecamere per risparmiare combustibile, ma quelle erano ancora accese.
-Io… io… mi perdoni! Non sono un ladro! Non
volevo… -Il lilla era arrossito.
-Ehi! -Il medico sorrise. -Secondo te in questa situazione si
può parlare di furto? Anzi… sei stato sveglio e
intelligente. Molti miei colleghi sono morti per quelle
ricerche… le hai salvate. Quei reparti sono
inaccessibili… avete avuto fortuna. Ho sentito cosa dicevi
al tuo amico… hai sedici anni! Come fai a sapere
così tante cose di biologia?
-Lui studia tutto il giorno, dottore! Pensi… ha vinto le
olimpiadi internazionali di supercalcolo, l’hanno scorso!
È forse il più grande matematico della sua
età del mondo… e… spero che non abbia
niente in contrario, ma è anche il mio ragazzo.
Manabe avvampò di rossore. -M…Min! Ma
che… che diavolo ti è preso?
L’arancione era serio, con il suo solito sorriso intelligente
sulle labbra e il mento stretto tra le dita, nella sua classica
posizione decisionale. -Man… ho pensato di perderti, e
quando ti hanno salvato ho capito che non mi importa più
niente di cosa pensa la gente. Non me ne importava quando dicevano
tutti che eravamo superbi e presuntuosi, perché dovrebbe
importarmene ora?
Metà delle persone nella sala erano rimaste allibite,
alcune, tra cui il dottore anziano al tavolo, sorridevano.
-Bene… mi fa piacere che me l’abbiate detto.
Purtroppo il mio compagno è morto due anni fa…
è stato un grosso colpo, per me. Mi ha dato la forza di
essere ancora più combattivo nel cercare di salvare la vita
della gente. Sai… assomigliava un po’ al tuo
amico. Era sempre così forte… era un
giudice, sapete? Anche lui voleva aiutare i deboli.
Ora toccava ai ragazzi essere allibiti.
-Il… il suo… compagno?
Il medico sorrise ancora. Aveva gli occhi azzurri… non lo
avevano notato, dietro alle lenti degli occhiali di corno.
-Già… il mio compagno. Non temete, qui nessuno vi
prenderà in giro. Comunque… piacere, io sono il
dottor Minashi Matakawa, sono… ero il primario di
infettivologia. Qui al mio fianco vedete alcuni miei
colleghi… un paio di infettivologi, un cardiologo, uno
psichiatra… la ragazza è una genetica, laureata
da poco… bravissima.
-Piacere… io sono Manabe Jinichirou.
-E io Minaho Kazuto. I… i nostri amici si chiamano Tsurugi
Kyousuke e Matsukaze Tenma, ma credo lo sappiate già.
Il dottore sorrise. -Siete stati tutti molto fortunati…
anche noi, da certi punti di vista.
Manabe si fece coraggio e si avvicinò al tavolo.
-Dottore… può… può dirci
come è la situazione, qui? Quanti sopravvissuti ci sono?
Siete in contatto con altre cellule?
Il medico sospirò, togliendosi gli occhiali e pulendoli nel
camice bianco. I ragazzi notarono una chiazza di sangue
all’altezza del fianco destro… non sembrava suo.
-Allora… provo a spiegarvi. Qui ci sono ventinove persone.
Siamo sette medici, tre infermieri, tre guardie giurate, dodici
pazienti tra cui tre bambini e due anziani e quattro tecnici. In
più ci sono alcuni pazienti del reparto… ammetto
che ci preoccupano. Sono pazienti psichiatrici, e senza i loro
farmaci… le scorte finiranno presto. Non vorremmo doverli
legare, ragazzi… ma ora non pensiamoci… una cosa
per volta. Abbiamo le pistole delle guardie giurate… i taser
non fanno effetto. Quelle dannate creature non hanno un sistema nervoso
attivo, pare. Per quanto riguarda altrae cellule… sappiamo
che l’esercito ha portato alcuni gruppi di superstiti
all’aeroporto, ma radio e telefoni non vanno più
da ore. Di sicuro in città ci saranno molti gruppi di
sopravvissuti… la situazione delle campagne…
dell’intero paese, ci è totalmente ignota. Stiamo
cercando di riattivare un vecchio impianto radio, ma uscire dal reparto
diventa sempre più pericoloso... abbiamo già
perso un tecnico.
Manabe strinse i denti. -La… la madre del mio
ragazzo… di… di Minaho, dovrebbe essere in
aeroporto. Vorremmo raggiungerla al più presto.
Il medico si alzò in piedi. -Ragazzi… sta per
calare il sole. Questa notte dovete rimanere assolutamente
qui… in più io e voi dobbiamo parlare di scienze,
no? Il mio team è dimezzato… vorrei che voi
ragazzi ci deste una mano… stiamo cercando di capirne di
più di tutta questa situazione. Manabe… abbiamo
un bel laboratorio, ti piacerà.
-Ma… la… la mamma di Minaho…
-Man… il dottore ha ragione. Mia… mia madre
sarà al sicuro con le truppe. Se… se usciamo di
qui col buio, finirà male. Domani avremo più
possibilità di muoverci in sicurezza! E poi…
se… se troviamo un punto debole di quelle cose, guadagneremo
un vantaggio. Dobbiamo anche cercare i nostri amici…
davvero, passiamo la notte qui. Anche Tenma ha bisogno di
riposo…
Il lilla sorrise dolcemente. Non riusciva a calcolare quanto Minaho
parlasse perché davvero ci credeva o perché
metteva davanti a qualunque cosa la sua sicurezza. Pensò a
come lo riteneva presuntuoso e impiccione quando lo aveva conosciuto ed
ebbe una fitta di senso di colpa. -Maledizione… mi
tocca darti di nuovo ragione! Inizio a perdere colpi!
Minaho scoppiò a ridere. -Senti chi parla! Sempre
presuntuoso come un tacchino, Manabe!
Il lilla fece gesto di arruffare le penne. -Ehm…
coccodè?
Tutti sorrisero. Il dottore mise le mani sulle spalle dei due ragazzi e
si schiarì la voce.
-Bene… è andata! Ora venite… vi
presento agli altri e poi vi mostro il mio lavoro.
-Ehi… li vuoi dei cracker? Sono al formaggio e
chissà quali spezie strane, puzzano da fare schifo e sanno
di topo morto… una vera delizia!
Shindou mise le mani sulle spalle del rosa, che sedeva pensoso su una
sedia di legno, le braccia incrociate sulla spalliera e il mento
adagiato sopra. Kirino alzò la testa.
-Bleargh!! Che puzza invereconda! Ma proprio questa immondizia dovevamo
trovare?
-Beh… se preferisci abbiamo dell’ottimo tonno
dietetico, senza olio, senza acqua, senza sale, senza pepe e senza
dignità! In pratica è gustoso come un calzino e
morbido come un cartone da imballaggio.
Il rosa fece una buffa smorfia di disgusto. -Non se ne parla nemmeno!
Piuttosto il digiuno. Anzi… risparmiamo queste delizie, ho
già capito che staremo qui a lungo…
-Non dire così, Ran. Non sento rumori già da
più di un’ora… se domani mattina
Matatagi starà bene, ce ne usciamo da qui e andiamo a
cercare gli altri. Peccato che non funzionino i telefoni… ho
una paura tremenda che…
Un istante solo… qualcosa vibrò bella tasca del
castano. Il ragazzo rimase così allibito che per un istante
fu come paralizzato, quindi afferrò di corsa il telefono.
Aveva una notifica di Whatsapp… rimase senza parole!
Immediatamente sbloccò il cellulare e aprì
l’applicazione. Quello che vide lo lasciò senza
parole.
Kirino intanto, a sua volta sconvolto ed eccitato, cercava di saltare
sulle spalle del suo ragazzo per capire che cosa stesse succedendo.
Evidentemente le linee telefoniche erano andate, ma internet, seppur
debole e a sprazzi, reggeva. Il rosa ringraziò i satelliti
nel cielo, gli smartphone e tutti i regali del terzo millennio.
-Shin!! Chi è!! I nostri amici?? Fammi vedere fammi vedere!
Il castano si riprese dal caos mentale e aprì la notifica
con un grande sorriso sulle labbra. -Ran!! Guarda!!!
Ibuki Munemasa ha creato il gruppo “sopravvissuti”
Shindou avrebbe voluto piangere. Ibuki era vivo! Vide che nel gruppo
c’erano tutti i loro amici, vecchi e nuovi, e anche il mister
Endou. Purtroppo molti di loro sembravano irraggiungibili dai messaggi.
-Ehi ragazzi… non so come diavolo ho fatto ma internet
funziona! Sono con Sakura, Tetsukado e Morimura a casa mia, al sesto
piano… siamo chiusi dentro. Vi prego, ditemi che state tutti
bene…
Immediatamente Shindou digitò una risposta.
-Ragazzi!! Grazie a Dio… noi siamo chiusi in una cantina, e
Matatagi ha la febbre… con me c’è anche
Ran. Siamo terrorizzati… guardate! Tsurugi è
online!
Al moro bastarono pochi secondi per comporre un messaggio.
-Grazie a Dio!! Come è possibile che internet vada? Io sono
con Tenma, Minaho e Manabe all’ospedale… ci sono
dei sopravvissuti. Shinsuke… Shinsuke non ce l’ha
fatta. Ehi! Guardate! Anche Hayami ed Hayato ricevono i messaggi!
Magari stessero bene anche loro…
Di nuovo Ibuki prese la parola.
-Se è per questo anche Kariya… anche
Endou… anche tanti altri. Io spero siano tutti in
salute… ascoltate! Dobbiamo incontrarci…
assolutamente. Questa sera non possiamo muoverci ma…
teniamoci in contatto. Papà è un informatico e ha
detto che internet via satellite reggerà… mi
raccomando, se riuscite ad entrare in un negozio di articoli elettrici
prendete tutte le batterie e i caricatori portatili che
potete… i telefoni ci servono. Teniamoci aggiornati
domattina… e speriamo che rispondano in tanti.
Tsurugi rispose in fretta.
-Speriamo… ascoltate! Noi sappiamo che l’esercito
ha…
La linea cadde di colpo. Shindou imprecò disperato.
-Tranquillo Shin… hai sentito cosa ha detto Ibuki.
È normale! Vedrai… tra poco
ritornerà internet. Più che altro… io
ho un caricatore portatile, ma ci basterà solo per un paio
di ricariche a testa. Dopo dobbiamo trovare un’altra
soluzione per i nostri smartphone. Innanzitutto direi di spegnerne uno
e usarne uno alla volta. Che ne dici?
Il castano, più calmo, sorrise. Kirino era sempre razionale
e intelligente, e parlava sorridendo.
-Hai ragione Ran. Faremo così… usiamo il tuo, ok?
È un modello molto recente e prende meglio la rete.
Il rosa sorrise. -Lo so… me lo ha regalato tu, Shin. Grazie
a Dio il mio compleanno è stato due giorni fa!
Kirino sorrise triste pensando alla festa….
C’erano tutti. Per quella sera nemmeno Kariya lo aveva
infastidito! Era stato bellissimo… erano così
felici… ed erano solo quarantotto ore prima.
-Ran… ne usciamo. Giuro… ne usciamo
Il rosa alzò le spalle, ma sorrideva.
-A me basta rimanere con te, Shin.
-Min… non mi sento affatto bene.
Manabe era pallido come uno straccio… più del
solido. Sudava, e sentiva gli occhi bruciare. Erano passati nemmeno
venti minuti dalla grande gioia di scoprire il gruppo con i loro amici,
che aveva iniziato a stare molto male.
-Manabe… sei esaurito, vero? Non è la prima
volta… ad intuito, direi che ti serve tanto riposo
e…
Manabe sorrise. Minaho, con la sua mano al mento e i ciuffi
all’insù era proprio carino… fece un
passo verso di lui e… cadde tra le sue braccia.
-Man!! Manabe che hai! Oddio!! Aiuto!! Qualcuno venga qui!!
Un medico del gruppo accorse in pochi secondi. -Che ha? Lo hanno morso?
Allontanati subito da lui ragazzo!
-Non… non lo hanno morso! Vi giuro! Aiutate il mio amico, vi
prego!
Il medico prese in braccio il lilla e lo stese su un lettino nel bel
mezzo del corridoio. In pochi secondi anche il dottor Matakawa era
comparso, lo stetoscopio nelle orecchie. Immediatamente tolsero la
camicia a Manabe che respirava a fatica. Minaho stava malissimo per la
paura.
-Dannazione… eccola qua! -Il medico sollevò
leggermente la spalla del lilla. Sotto il braccio, sul fianco, aveva un
brutto taglio regolare. Minaho prima sospirò di
sollievo… non era un morso! Poi però il terrore
lo invase di nuovo… il lilla doveva essersi ferito nel
pomeriggio, magari durante la fuga nel parco…
-Maledetti rami! Perché… perché non mi
hai detto nulla, Man? -L’arancione parlava come se il lilla
potesse sentirlo. -Dottore… che… che ha?
Il medico sospirò sconsolato. -Ragazzo… devi
essere forte. È… è una sepsi.
-S…sepsi? È… è molto grave?
-Purtroppo si. È un’infezione che si diffonde il
tutto il corpo…
-No…
Il medico si tolse gli occhiali. -Ragazzo… lo devi salutare.
Non… non volevo doverlo dire… non volevo. Se non
fossimo stati in questa situazione… è troppo
grave. Troppo.
Minaho si sentì mancare. Ondate di dolore lo scuotevano, e
le lacrime premevano per uscire con violenza.
-No!! Lui no può! Non può morire!! Lui
è il mio ragazzo… il mio migliore amico!! La
prego!! La prego dottore!! Guardi… prenda questo!! -Il
ragazzo si sfiló dal polso l’orologio e si tolse
dal collo la catenina d’argento che gli aveva regalato
Manabe. -Prenda anche il telefono…. Non ho niente altro, ma
la prego!! Lo salvi… la supplico!!
Il medico scosse la testa. -Minaho… dico bene? Rimetti le
tue cose… figurati se è questo il problema.
Semplicemente non ho farmaci… è troppo
grave… servirebbe pennicillina, ma è nel
magazzino, fuori dal reparto. Sai… in psichiatria non si
usa. Fuori ci sono quelle cose… ci sono due corridoi interi
da fare. Il tuo amico ha solo pochi minuti… forse
mezz’ora. Credimi… farei qualcosa, se potessi.
L’arancione si morse le labbra. -Non… non
può…
Il medico sospirò sconsolato. -Mi dispiace così
tanto…
-Lei non può, ma io sì, dannazione! Lo aiuti a
rimanere in vita, la prego! Io corro a prendere quei
maledetti farmaci, e lui ce la farà! Mi conferma che
sopravviverà?
L’uomo era confuso. -Con… con i farmaci potrei
salvarlo, certo… ma… tu… è
pericoloso…
-Pericoloso sarebbe cercare di impedirmelo, mi creda. Io ho intenzione
di salvarlo, e lo salverò. Mi dica che scatola devo cercare!
Il medico ora sorrideva scuotendo la testa. -Sono un vecchio e non
dovrei dire queste cose, però… sei proprio come
era il mio compagno. Non ti arrendi mai… e alla fine riesci
sempre a salvare le persone a cui vuoi bene. Ok… facciamo
questa pazzia. Ascolta… il magazzino è facile da
trovare, e non dovrebbe essere infestato… è ben
chiuso da porte tagliafuoco. Percorri il corridoio del reparto e svolta
a destra, quindi fai anche quel corridoio. La terza porta a
destra… ha una grossa croce verde sopra. Quando sarai dentro
prendi la penicillina… sono le scatole arancioni, non puoi
sbagliare. Mettine in tasca più che puoi e torna qui di
corsa… io intanto aiuterò il tuo amico a
respirare e lo terrò fra noi. Sai che abbiamo solo una
possibilità, vero?
Minaho sospirò.
-Lo… lo so.
-Shin… Matatagi parla nel sonno.
Il castano sospirò. -E… e che dice?
-Chiama la mamma…
-Ragazzo… stai attento, mi raccomando.
Minaho era davanti alla porta del reparto. Intorno a lui i
superstiti… appena avevano saputo la storia si erano o
commossi…benché aprire la porta significasse
rischiare, nessuno si era opposto.
-Non temete… Manabe mi ha salvato la vita prima, ora devo
ricambiare.
-Minaho… sicuro che non vuoi che venga con te? -Tsurugi mise
la mano destra sulla spalla dell’arancione.
-No… tu devi rimanere con Tenma. Io… io
rimarrò con Manabe, comunque vada a finire la mia impresa.
Il moro chinò la testa. La frase di Minaho era
tristissima… non voleva perdere altri due amici.
-Ok! -Il medico li interruppe. -Non possiamo perdere nemmeno un
istante. Minaho… attento, Min raccomando. Non correre
inutili rischi… cammina accostato ai muri e cerca di
respirare senza fare rumore.
-Certo… sarò silenziosissimo. -Il ragazzo
annuì.
-Ultima cosa… togliti le scarpe. Devi essere silenziossimo.
Infine prendi questa…
L’uomo mise una pistola in mano a Minaho. L’aveva
chiesta ad una delle guardie giurate.
-Attento a non sparare per errore… e usala solo in caso di
emergenza. Il rumore li farebbe correre tutti da te.
Minaho, la cui esperienza con le pistole iniziava e finiva con i
videogiochi, rabbrividì al contratto con il metallo. Poi fu
tutto rapido… si tolse le scarpe, un sorriso al medico
e… le porte si aprirono. Uscì.
Il primo corridoio era completamente vuoto… Minaho non ci
poteva credere. Quando vide che anche il secondo era nella stessa
condizione pensò ad un miracolo. Dove erano finiti quei
maledetti mostri?
Entrò nel magazzino e lo trovò vuoto proprio come
aveva detto il dottore. Le porte lo avevano isolato. In un angolo, la
penicillina! Si riempì le tasche di fiale, quindi si
preparò ad uscire.
Un istante… il tempo di mettere piede fuori dalla porta
e… calpestò in pieno un pezzo di ferro appuntito,
residuato di qualche dannato lettino sfondato al momento del primo
assalto. Urlò di dolore prima di usare una mano per tapparsi
la bocca, ma era troppo tardi… gemiti e gorgoglii invasero
il corridoio… le creature uscivano a fiotti dagli ambulatori
ai lati.
L’arancione mise inconsciamente mano alla pistola, ma se ne
pentì subito. Doveva immediatamente scappare! Stringendo i
denti per il dolore si lanciò verso il reparto di
psichiatria facendo lo slalom tra le creature… poteva
sentire le mascelle chiudersi ritmicamente alle sue spalle. Si
scagliò contro la porta tempestandola di pugni… e
un secondo dopo era dentro!
-Ragazzo! Ci sei riuscito!
-Bravo!!
-Grande, ragazzo!!
Un coretto di voci sollevate lo accolse, ma a Minaho non importava.
Voleva solo trovare il dottore. Lo vide seduto alla sua solita
scrivania, nell’ambulatorio. Manabe era steso sul lettino a
un metro di distanza, e respirava ancora. Un sospiro di sollievo.
-Ehi!! Ce l’hai fatta! Ma… perché
zoppichi? Ti sei ferito?
Minaho, stringendo i denti, fece di no con la testa. Mise le mani in
tasca e ne estrasse almeno una ventina di fiale. Il medico sorrise
stupito.
-Meraviglioso! Non solo salveremo Manabe, ma con queste potremo aiutare
anche gli altri sopravvissuti! Hai visto… un bimbo ha una
brutta polmonite. Ora rilassati… aspetta.
Il dottore prese dal taschino una siringa e la estrasse dalla
confezione di plastica sterile. La riempì con il contenuto
di una provetta e, delicatamente, la iniettò nel braccio di
Manabe. Nemmeno mezzo minuto e il respiro del lilla si era
già fatto meno affannoso.
-Dottore… ora… ora sta bene? -Minaho lacrimava
per il dolore e la paura. Temeva di essere arrivato tardi.
Il dottore la fissò sorridendo. -Sì…
sì, tranquillo. Vedrai… tra poco sarà
sveglio e domattina tutta questa brutta avventura sarà solo
un ricordo. Sei arrivato in tempo… lo hai salvato.
L’arancione ebbe una scarica di adrenalina fortissima. Fece
una mezza piroetta e abbracciò il medico, entusiasta.
-Grazie dottore! Grazie di cuore!
-Ehi… io non ho fatto più di tanto! Ora
tranquillo… è fuori pericolo.
Piuttosto… vai nell’ambulatorio di fronte, ora. Il
mio collega è un fisioterapista. Fai vedere quel
piede… ho visto che zoppichi. Per fortuna niente ferite che
possono infettarsi, ma potresti avere avuto un piccolo trauma
muscolare. Vedrai… ti rimetterà in sesto.
Minaho sorrise. -Ok… vado subito. Se… se si
sveglia prima del mio ritorno mi chiami, vero?
Si morse le labbra. Perché gli aveva dato del tu? Forse era
perché gli ricordava tanto suo nonno…
Il medico sorrise. -Finalmente hai smesso con quel
“lei” così noioso! Ho solamente
settantacinque anni, in fondo! Certo…se si sveglia
prima del tuo ritorno ti chiamo subito, promesso.
-Shindou,.dobbiamo trovare un modo per aiutarlo… senti la
sua fronte… penso che abbia più di quaranta di
febbre. Di questo passo…
-No! Non dirlo, Ran… vedrai che non succederà.
Io… io non so come aiutarlo! Non abbiamo medicine
qui… non abbiamo nulla! Senti… prendi dei
fazzoletti e bagnali. Proviamo ad abbassargli la febbre, ok?
Il rosa strinse i denti. -Subito…
però… Shin, stagli lontano. Potrebbe essere
infetto, lo sai. Non so come, ma potrebbe… non puoi negarlo!
Cosa sappiamo noi di questa malattia? Cosa sappiamo di tutta questa
maledetta situazione?
Il castano scosse la testa. -Hai ragione, Ran.
Anche… anche io ho paura. Senti… io comunque non
credo che sia infetto… abbiamo guardato ovunque…
anche… ci siamo capiti. Non ha nemmeno l’ombra di
ferite.
-Ma… Ma allora perché… una febbre
così… io… io non lo so!
Shindou ricadde sulla sedia, disperato.
-Nemmeno io, Ran.
-Ehi… ragazzo? Se vuoi… puoi venire. Il tuo amico
si è appena svegliato.
Inizialmente, seduto com’era su una sedia da scrivania e con
un medico intento a rigirargli un piede in tutti i modi anatomicamente
possibili, Minaho non aveva notato il dottorino che si era affacciato
alla porta. Nei pochi minuti in cui lo aveva visto vicino al dottor
Matakawa la sua mente analitica lo aveva immediatamente catalogato come
il suo attendente. Non aveva di sicuro più di venticinque
anni.
-D…davvero!!!?? Dottore… -Minaho si
alzò di colpo dalla sedia. -Mi scusi, ma il piede
può aspettare… non se la prenda, la prego!
Il medico si ritrasse sorridendo e scuotendo la testa. Il fatto che non
fosse un chirurgo non significava che certe scene di miracolosa
salvezza non lo commovessero sempre. Minaho gli scoccò un
sorriso e si lanciò fuori dalla porta come un fulmine.
-Man!! Manabe sei sveglio!!
-Ehi! Piano… il tuo amico è ancora un
po’ debole, non trovi? -Il dottor Matakawa scoppiò
a ridere dolcemente. -Non strapazzarlo troppo!
Minaho spalancò gli occhi, arrossì e fece cenno
di mettersi una mano davanti alla bocca. Ecco… aveva fatto
un pasticcio!
-Ehm… Min?
La voce del lilla lo fece riscuotere dalla vergogna.
L’arancione prese un sospiro per non lanciarsi come una trota
sul letto del suo ragazzo nonché migliore amico!
-M…Man? Manabe!!! Ho avuto così tanta paura!!
Il lilla si tiró a sedere sul lettino. -Siamo…
siamo pari adesso, no? Ci siamo salvati una volta per uno…
Minaho lo prese per le spalle. -Non mi hai detto nulla della ferita!
Potevi morire!
-Ehi ehi!! -Il lilla sorrise mentre il suo ragazzo lo scuoteva come un
barattolo di marmellata in preda all’agitazione. -Non pensavo
fosse nulla di che… anche volendo non avevamo disinfettante,
lo sai.
-Ma… Ma sarei andato a cercarne in qualche negozio o in
qualche casa! Perché diavolo non mi hai detto nulla?
Il lilla si portò la mano dietro la nuca arrossendo
leggermente. -Ehm… lo hai appena detto tu! Saresti andato a
infilarti in qualche buco pieno di zombi! Non potevo
permetterlo… e ti dirò di più! Lo
rifarei dieci…
-Ma…
-Cento…
-Ma… Man!
-Mille…
-No… insomma… ascolta…
-Ssst… non parlare! -Il lilla, con una bellissima faccia da
schiaffi, mise il dito sulla bocca del suo migliore amico, molto
confuso. -Diecimila volte. Perché io ti amo.
Minaho si ritrovò coinvolto nel primo vero bacio di puro
amore della sua vita, proprio con quella persona che solo poche
settimane prima avrebbe ritenuto l’ultimo degli ultimi
fidanzati possibili. Sorrise godendosi il calore delle sue labbra,
stringendolo a sé.
A circa un Kilometro di distanza dell’ospedale, un
alto condominio in un quartiere non troppo lussuoso.
-Moriremo tutti!! Siamo destinati alla morte, alla rovina, allo
sterminio!!
-Oh… vi prego… fare tacere la pollastra! Non se
ne può più di questo ritornello…
Tetsukado, seduto su un divano con un pacchetto di patatine in mano,
cercava di distrarsi leggendo una rivista di calcio. Come sembrava
lontano il calcio…
-Sakura!! Tesoro… insomma! Quante volte devo
dirtelo? -Ibuki Munemasa, portiere della Earth eleven, sbucò
fuori dalla cucina con un bicchiere d’acqua. -Siamo in
alto… siamo ben barricati… abbiamo cibo per una
settimana e più se lo razioniamo bene, e ora sappiamo pure
che alcuni nostri amici stanno bene! Vedrai… tempo poche ore
e qualcuno ci verrà a prendere. Non c’è
niente da temere…
Sakura sospirò sorridendo triste. Per fortuna quando il
fatto era successo lei, Tetsukado e Morimura erano a casa di Ibuki, un
bell’appartamento su due livelli in un quartiere popolare ma
tutto sommato carino. C’erano anche i genitori
dell’albino con loro, ed era stato proprio il padre, tecnico
informatico, a stabilizzare un minimo di rete per i loro telefonini,
permettendogli di mettersi in contatto con i loro amici.
-Ibuki, hai visto… -Tetsukado appoggiò la
rivista. -Molti dei nostri compagni non hanno risposto, né
visualizzato i messaggi. Sappiamo che Tenma, Tsurugi, Shindou, Kirino,
Manabe e Minaho sono vivi, che Matatagi sta male e che
Shinsuke… che Shinsuke…
-Non dirlo!! -Morimura balbettò nascondendosi ancora di
più sotto la coperta che la nascondeva, sulla poltrona dove
si era rifugiata, lontana da qualsiasi porta o finestra nonostante
fossero ai piani alti.
-Ok… scusate. -Il pugile continuò. -Comunque
rimango preoccupato… dove saranno tutti gli
altri… le manager… l’allenatore
Endou… i ragazzi della Raimon e gli altri nostri
compagni… non so proprio farmi una ragione di tutto questo,
dannazione! -Sbattè con violenza il pugno contro il
ginocchio. -Non possiamo nemmeno uscire di qui… il palazzo
è sicuro, ma la strada pullula di quelle creature.
Ibuki ridacchiò. -Ma come! Prima mi fai zittire Sakura e poi
ti metti pure tu a diffondere negatività?
Il pugile sospirò. -Guarda mi negli occhi e dimmi che non
sei preoccupato, Ibuki.
L’albino rattristò il sorriso. Chinò la
testa senza parlare.
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Capitolo 6 *** Si va in missione! ***
-Non è cambiato assolutamente nulla, Shin. Non
so… almeno da bere dobbiamo darglielo!
Kirino aveva appena finito di dare una rapida occhiata a Matatagi. Il
taglio sul ginocchio era pulito… non si doveva trattare di
un infezione. Scottava di febbre e dormiva ancora.
Il Sole era sorto da poco… dovevano essere poco meno delle
otto, o giù di lì. Era una giornata bellissima, e
il canto dei passerotti rendeva il tutto ancora più
sarcastico. Una natura viva in una città morta.
-Ok Ran… prendiamo una bottiglietta e usiamola solo per lui.
Dobbiamo andare sul sicuro, no?
Il rosa sorrise. Prese una bottiglietta da mezzo litro dalla
scaffalatura sulla quale avevano appoggiato il loro bottino del giorno
prima e la aprì. Con qualche goccia inumidì il
panno sulla fronte del blu, quindi gli alzò delicatamente il
capo.
-Ehi… Mat? Ehi… mi senti?
Il moro aprì lentamente gli occhi. Tremava e sembrava
confuso. -Dove… Dove sono…
-Al sicuro, tranquillo. Siamo qui con te…
Il moro si riebbe di colpo. Di punto in bianco sembrava essersi
ricordato di tutto… strinse i denti. -Ragazzi…
scusate per questa situazione. Non… non so che abbia, ma non
sono infetto, credetemi! Sono pienamente lucido… vedete?
Shindou si chinò al fianco del ragazzo e di
Kirino. -Certo… tranquillo. Ora però
bevi un po’… non puoi stare una notte intera senza
bere.
Matatagi annuì debolmente mentre Kirino gli accostava la
bottiglietta alle labbra.
-Ehi!!
Il rosa fermò la mano e spostò la bottiglia. Fece
aprire la bocca al blu e gli esaminò la gola con la torcia
del telefono.
-Ran… sai quanta batteria consuma quella cosa? Che hai visto?
-Aanaaru… he hiavolo ai faendo on la mia hola? -Il blu
proprio non capiva.
Il rosa spense la torcia sorridendo soddisfatto. -Shin… ha
le tonsille ricoperte di pus… è una semplice
tonsillite! Niente infezioni zombificanti!!
Il castano tirò un sospiro di sollievo, ridendo. -Grazie a
Dio… sei contento, Mat? Con il mal di gola non sentirai
nemmeno i morsi della fame!
Il blu, benchè debole, sorrise sarcastico. -Simpaticoni! Ora
però datemi quell’acqua, che mi sto trasformando
nel deserto del Sahara!
-Bene! Ricapitolando… avete provato a far sviluppare
questa… cosa in coltura?
Manabe, interamente ripreso e rinfrancato da una notte di sonno tutto
sommato tranquillo, se ne stava in piedi vicino ad un tavolo di
laboratorio con indosso un bellissimo camice bianco che lo faceva
sentire ancora più spaventosamente intelligente. Minaho, al
suo fianco, ridacchiava vedendolo pavoneggiarsi come un bambino.
Il dottor Matakawa aveva mostrato ad entrambi i ragazzi il laboratorio
che avevano adattato nel reparto di psichiatria. Niente di troppo
professionale, ma avevano raccattato reagenti chimici e macchine a
sufficienza per poterci fare qualcosina. Insieme a loro
c’erano altri due dottori del reparto di infettivologia.
Tsurugi e Tenma erano rimasti a riposare ancora un
po’… la giornata precedente gli aveva portato via
troppe persone care.
-Ovviamente. -Il medico anziano sorrise. -Non sapendo esattamente come
trattarlo, abbiamo prima di tutto provato a svilupparlo in capsula come
un batterio… non ci crederai. Inizialmente sembrava incapace
di riprodursi rapidamente… non capivamo perché!
Eppure sapevamo che si diffondeva nelle persone a velocità
spaventose… qualcosa non quadrava. Allora abbiamo provato a
cambiare i terreni di coltura…
Gli occhi di Manabe si illuminarono. -E… e cosa avete visto?
Il medico sospirò. -Inizialmente nulla… fluoro,
calcio, potassio… quel maledetto non reagiva con nulla!
Poi… poi abbiamo provato un substrato proteico. A base di
ubiquitina e glucosio…
-Sono… sono i componenti di base di tutte le cellule umane!!
-Minaho spalancò la bocca. Anche lui sapeva muoversi nel
campo della biologia!
-Esatto… e a quel punto… è esploso! Ha
iniziato a replicare sé stesso con una velocità
mostruosa… pazzesca! Lui… lui vuole noi. Solo
l’uomo è un’ospite ideale per la sua
sopravvivenza. Può anche attaccare gli animali,
ovviamente… ma noi siamo le sue prede preferite. Inoltre
abbiamo scoperto qualcosa che ci ha lasciato assolutamente sconvolti.
-Cosa? -Manabe non era mai stato così interessato. Quella
cosa era terribile e miracolosa insieme.
-Sapete come si riproducono gli organismi unicellulari, ragazzi?
-Certo… -Risposero all’unisono. -Per scissione
binaria. È come una mitosi… ogni cellula si
divide in due generando due “figli” identici alla
cellula madre.
-Bravi! Ebbene… tenetevi forte. Questi fanno la meiosi! O
meglio… qualcosa che le assomiglia. Non solo si duplicano,
ma mischiano ogni volta il loro DNA e lo trasmettono in modo diverso a
ciascuna cellula figlia… così diventano
mostruosamente veloci a diffondersi, resistenti a ogni
farmaco… è totalmente diverso da qualunque cosa
vista sul nostro pianeta. Certo… esistono casi di virus
rapidi a mutare o evolversi ma… ma non questo! Questo
è diverso…
Manabe era senza parole, e l’arancione con lui.
-Ma… Ma gli unicellulari non fanno nulla di
simile…
Il medico si sedette pulendosi gli occhiali nella manica. -È
questo il bello. Se isoli questa cosa… si comporta come un
unicellulare. Come un batterio, per intenderci…
ma… ma se li sviluppi in colonia, agiscono come un
pluricellulare, come un organismo unico! Sono come uno sciame di
vespe… un formicaio! Non ho mai visto nulla di simile.
-È… è assurdo!
-Man ha ragione… come può essere? -Minaho era
confuso.
Il dottore guardò i colleghi e sospirò. -Non ne
abbiamo ancora idea. Noi.. Noi lo abbiamo
chiamato… abbiamo chiamato questa cosa
“La legione”.
-Ragazzi… che diavolo sta succedendo fuori? Il fetore
è insopportabile… cos’è
questa puzza invereconda?
Matatagi era decisamente disgustato. La febbre non si era abbassata di
una virgola, però aveva provato ad alzarsi e mettersi
seduto. Shindou e Kirino andarono a guardare fuori dalla finestrella
che dava sulla strada.
-Mat… hai presente quando si dice “poteva andare
peggio, poteva piovere” e immediatamente si mette a piovere?
-Ehm… Shindou? Che cosa significa questa frase sibillina?
-Beh… poteva andare peggio? Ho una bella notizia…
un camion della nettezza urbana si è rovesciato davanti al
cancello, e ora i netturbini si sono uniti al gruppo di amici che
barcollano davanti alla porta!
-Ecco cos’era quel tanfo aberrante! Siamo pure sommersi di
immondizia quindi! Di bene in meglio…
Kirino rise.
-Eddai… poteva andate pegg…
-NON DIRLO!!! -Shindou e Matatagi zittirono l’amico
all’unisono.
-Ehi!!! Guardate ragazzi! Un messaggio!!
Morimura era riemersa dalla coperta in un istante, eccitata.
-Davvero? Mano ai telefoni! Abbiamo internet!! -Tetsukado
ringraziò il cielo che la ragazza fosse così
timorosa da vivere con il cellulare in mano. Il condominio era anche
fornito da un generatore ausiliario, essendo molto grande, e la
corrente per ora non era un problema.
Anche Ibuki e Sakura tirarono fuori i cellulari, fiondandosi su
Whatsapp. Era vero! Avevano ricevuto un messaggio. Aprirono
immediatamente la chat… era Kariya, il ragazzo amante degli
scherzi che avevano conosciuto nei pochi giorni prima del
Risveglio… un compagno di squadra di Tenma.
Il messaggio era abbastanza lungo… evidentemente non aveva
paura di sprecare batteria. Il verde doveva aver trovato un modo di
ricaricare il cellulare.
-Ragazzi… felice di vedervi vivi. La situazione qui
è stabile. Sono con Hamano e Hayami a scuola…
eravamo andati a cercare dei libri in biblioteca…
sapete… a volte anche a me tocca studiare! Per fortuna
è estate, e così non c’era nessuno a
scuola che si potesse trasformare… ci siamo accorti di cosa
stesse succedendo all’uscita, quando una vecchietta ha
provato ad assaggiarmi un braccio! Siamo tornati dentro e siamo
barricati… niente provviste, ma Ryoma è uscito a
cercare qualcosa. Vi teniamo aggiornati… dobbiamo riunirci
tutti, vecchi e nuovi, il prima possibile. Anche noi abbiamo sentito
dell’aeroporto… è passato un blindato
con l’altoparlante ieri. Dopo una notte qui iniziamo ad avere
fame e sete… voi in come situazione siete?
Tetsukado rispose immediatamente, temendo la caduta della linea, mentre
gli amici intorno a lui si affollavano per dirgli cosa scrivere.
-Qua ancora tutto bene… la scuola non è lontana
né da noi, né dell’ospedale. Dobbiamo
trovare un modo di riunirci.
Ora era il turno di Minaho.
-Internet! Alleluia! Tenma ora sta meglio… Tsurugi
è ok. Manabe è stato molto male ma ora
è guarito… grazie a Dio siamo in un ospedale.
Comunque Tetsukado ha ragione… dobbiamo riunirci e provare
ad arrivare all’aeroporto. Ragioniamo logicamente…
il punto più sicuro dove vederci è il parco. Ci
siamo già stati ed è aperto e controllabile. Noi
ancora non possiamo muoverci… Manabe deve riposare.
Il lilla interruppe la conversazione, seguito a ruota da Minaho.
-Ehi! Io sto bene!!
-Man! Chi è il più grande qui? Devi ascoltarmi!
-Ma hai solo quattordici giorni più di me!
-E ti pare poco? Dicevo… direi di aspettare il pranzo.
Ognuno mangi e beva quanto può… ci serviranno
energie. Vediamoci tutti vicino al lago, sotto i ciliegi…
lì decideremo che fare insieme, ok?
Tetsukado si consultò rapidamente con gli amici. Tutti erano
eccitati.
-Ok! Noi ci stiamo!
Kariya era invece più dubbioso.
-Noi ci proviamo… anzi, che dico! Noi ci riusciamo!
Ranmaru? Razza di barbie rosa, vedi di farti trovare li!
Shindou e Kirino, che avevano seguito la conversazione dallo scantinato
in un misto di divertimento e ansia, non sapevano come fare.
-Noi siamo bloccati… proveremo a inventarci qualcosa.
In quel momento cadde la linea, lasciando tutti pieni di speranze e
confusione.
-Ok… cosa sappiamo?
Ibuki prese una matita. Erano passati nemmeno cinque minuti dalla loro
conversazione su Whatsapp con gli amici, ma si erano già
messi in moto. In effetti l’inattività era una
delle cose più brutte di tutta la situazione.
L’albino si era immediatamente precipitato in camera,
lasciando i suoi compagni nella più totale confusione.
È vero… tutti erano bramosi di lavorare a un
piano per raggiungere i loro amici, ma non avevano idea di cosa il loro
amico si fosse messo in testa di fare.
Dalla stanza da letto si iniziarono ad udire forti rumori, come di
qualcuno che metteva tutto sottosopra. Di punto in bianco un tonfo come
di qualcosa di pesante che cadeva al suolo, seguito da un urlo di
dolore e dai gemiti di Ibuki. I ragazzi scattarono in piedi, ma non si
erano ancora resi conto esattamente di cosa fosse successo che Ibuki
era uscito dalla stanza, saltellando su una gamba sola, gli occhi pieni
di lacrime ma un grosso sorriso sul volto. In mano aveva una mappetta
della città.
-M…ma che hai combinato?
-A…a…abbiamo sentito dei…
rumori… -Morimura era arrossita e si fissava le mani.
Ibuki ridacchió, dolorante. -Ma… Ma
nulla… mi è… mi è solo
caduto un cassetto su un piede e… ed era…
ehm… pieno! Però… però
guardate che ho trovato! Adesso possiamo pensare ad un piano!
-Man, sicuro di stare bene ora?
Il lilla si voltò verso il suo ragazzo, sbuffando. -Min, ma
basta! Ti ho già detto almeno mille volte che va tutto bene!
-Sorrise, come per stemperare la sua reazione precedente che ora gli
sembrava esagerata. Sapeva per esperienza personale cosa significasse
l’ansia per una persona a cui si voleva bene.
-Senti… tu invece come stai?
Minaho rimase per un attimo interdetto. -I…io? Io
sto… sto bene! Ma… ma perché me lo
chiedi, Man?
Il lilla sospirò sorridendo dolcemente. Accarezzò
con un dito la guancia del suo ragazzo. -Min… sono ore che
ti preoccupi per me… questa situazione però ci
coinvolge tutti. Io ho paura… so che ne hai anche
tu… ne abbiamo tutti. Sei il mio eroe,
però… però io da qui voglio uscirne
con te. Devi pensare a tutelare anche la tua vita… non solo
la mia. Mi prometti che mi farai questo regalo? Quando saremo fuori di
qui, magari ci andremo a fare una bella vacanza insieme…
solo noi due! Che ne dici?
L’arancione sorrise, cercando di nascondere la commozione.
-Man… certo che te lo prometto! Voglio rimanere sempre con
te… sempre. Vedrai… sono convinto che
sarà questione di pochi giorni… il mondo si
starà muovendo. Li hai visti anche tu gli aerei
militari… esiste ancora un mondo, là fuori.
Dobbiamo solo raggiungerlo… e lo faremo insieme, con tutti i
nostri amici!
Il lilla abbracciò il suo amico, che ricambiò.
Per un istante resero insieme, felici. Fu Tsurugi a interromperli,
facendo arrossire scandalosamente l'arancione.
-Ehi… ragazzi? Disturbo un momento speciale? Tenma si
è svegliato… adesso credo stia meglio. Che ne
dite di pensare tutti insieme alla prossima mossa?
Minaho e Manabe si guardarono sospirando, quindi sorrisero al moro.
Risposero all’unisono.
-Ok… andiamo!
-Il caldo è insopportabile… non conviene aprire
almeno un minimo la finestrella? È minuscola.. nessuno
può entrare!
-C… caldo? Kirino… io ho…
ho… fr… freddissimo… -Matatagi
sospirò stringendosi di più nella coperta. La
febbre aveva ripreso a salire.
Shindou, che stava origliando dietro alla porta, distaccò
l’orecchio e si buttò a sedere sul pavimento.
-Ran… potremmo farlo, ma fuori fa più caldo che
dentro… e poi l’odore dI questa massa di abomini
barcollanti si sente anche così… non so se mi
spiego.
Il rosa fece un gesto disperato. -Ho capito… siamo
condannati a questa sauna! Shin… che hai sentito dietro la
porta? Com’è la situazione?
Il castano scosse la testa. -Non so… i rumori sono
diminuiti, ma alcune di quelle cose sono ancora lì fuori.
Poi… anche se riuscissimo ad uscire dal palazzo, come
arriveremmo fino alla strada? Ci saranno almeno trenta mostri,
lì fuori, e non sono diminuiti molto rispetto a
ieri… anzi, a volte mi sembrano anche di più. Per
ora abbiamo cibo e acqua… vedrai, verranno a prenderci.
Speriamo anche di riuscire a prendere internet nel
pomeriggio… potremmo mandare ai nostri amici la nostra
posizione, così. -Il castano sembrava più sicuro
del rosa, ma nemmeno lui era tranquillo. -Dannazione a me e quando ho
voluto mettermi questo stupido completino da elegantone per
uscire… la camicia è troppo calda, e queste
dannate scarpe mi stanno distruggendo i piedi!
Kirino sorrise. Il suo ragazzo era carino anche quando si
lamentava… cosa comune, vista la sua particolare
sensibilità. -Shin… ma toglile, no? Se ti vengono
le vesciche quando usciremo di qui come diavolo farai a correre? Anche
la camicia ti impiccia troppo… guarda che per uscire con me
potermi metterti una maglietta!
Il castano sorrise scuotendo la testa. -Quando usciremo…
beh, hai ragione. Aspetta… -Shindou si precipitò
a slacciare le scarpe di pelle e se le tolse con un sospiro di
sollievo, sistemandole ben ordinate alla sua destra.
-Ahhhhh… grazie al cielo… ora va
meglio… non mi sento più i piedi! -Fatto
ciò si tolse anche la camicia. Scalzo e a torso nudo, si
sedette sul pavimento allineando i piedi sul marmo freddo in cerca di
un po’di sollievo, mugolando di dolore.
Il rosa ridacchiò.
-Forza Shin, dai qua i piedi. Contrlliamo la situazione. -Kirino prese dolcemente i piedi del castano. -Via subito questi calzini! Hai i piedi bollenti,Shin...
Kirino liberò i piedi di Shindou dai calzini ormai logori e controllò la situazione. Quelle scarpe erano davvero troppo strette. Shindou non era molto alto, ma aveva i piedi abbastanza grandi e larghi. Kirino esaminò le piante del suo ragazzo ed iniziò a soffiarci sotto. -Shin, hai decisamente i piedi fuori uso. Hai i polpastrelli in avaria... hai bisogno di un massaggio. Ci penso io... -Kirink iniziò a massaggiare i piedi nudi di Shindou.
-Senti… come va la batteria del cellulare?
Il castano sospirò. -Cinquantatrè per
cento… regge. Oggi dovremmo riuscire a contattare ancora gli
altri se tutto va bene.
-Speriamo… prima sono passati degli aerei militari. Non
so… è un bene, no? Significa che questa cosa non
è diffusa dappertutto. Sono certo che ci verranno a prendere
in fretta.
Shindou sorrise, puntellandosi sui gomiti. -Anche io ci credo. Usciremo
da qui in pochissimo tempo… sicuro! Ehi…
aspetta… -Il castano si immobilizzò.
-Che… che cosa sono questi rumori?
Il rosa ingoiò rumorosamente la saliva. Qualcosa di grosso
si stava palesemente muovendo fuori dalla porta della
cantina… e gemeva.
-O… o mio Dio!
-Ehi Ten… come… come va?
Minaho e Manabe erano entrati nell’ambulatorio al fianco del
laboratorio di biologia, guidati da Tsurugi. Il castano era seduto su
un lettino, i capelli spettinati e gli occhi leggermente rossi. La
stanza era molto luminosa, avendo una finestra che dava
direttamente sulla parte più verde del parco.
-Potrebbe… potrebbe andare meglio, temo.
Era stato Tsurugi a rispondere. Tenma aveva solo alzato gli
occhi… erano bagnati di lacrime.
-Io… io… lui… lui è morto
per… per colpa mia…
-Ma no… Ten, non è colpa di nessuno
se… -Manabe aveva provato ad avvicinarsi al ragazzo e a
mettergli una mano sulla spalla.
-No!! Io… io sono stato troppo… troppo
rumoroso… sono rimasto indietro… lui…
lui mi ha seguito… è… è
stata colpa mia! Era… era il mio migliore amico!
Minaho ebbe una fitta alla coscienza. Anche Manabe era il suo migliore
amico, oltre che il suo ragazzo… grazie a dio stava bene ed
era lì con lui. Immaginava il dolore di Tenma. Decise di
dire qualcosa.
-Ten… lui non ti darebbe nessuna colpa. Magari…
magari presto troveremo una cura. Magari potremo farli tornare come
prima, no?
L’arancione purtroppo credeva molto poco alle sue stesse
parole, però… chissà. Nessuno aveva
pensato a quella possibilità. Una cura… sembrava
un sogno.
-Minaho ha ragione. -Manabe si alzò in piedi, parlando
seriamente. -Questa non è fantascienza, non è una
serie TV. Questa è scienza. Il fatto che venga da un altro
pianeta non significa che non sia alla nostra portata…
mentre parliamo il governo starà sicuramente lavorando a una
cura.
Tsurugi sorrise debolmente. Aveva appena perso il fratello, e non era
di certo di buon umore… eppure non poteva lasciarsi andare,
non finché Tenma era con lui. Aveva una sola cosa che gli
toglieva il sonno… un solo pensiero.
-Ragazzi… io devo andare a recuperare le cose di mio
fratello. Non posso assolutamente tornare da mamma e papà
senza almeno un suo ricordo… sarebbe troppo per tutti.
-Coooosa? -Minaho spalancò gli occhi. -Ma è
impossibile! Il reparto di lungodegenza è infetto!
È troppo pericoloso!
-Minaho ha ragione, Tsu! -Tenma si era riscosso dal torpore in un
istante. -Tuo fratello non avrebbe mai voluto…
-Lascia stare mio fratello! -Il moro aveva alzato la voce.
-È una cosa che devo fare, punto. Stai tranquillo,
tornerò prima ancora che tu ti sia accorto della mia
partenza. Sarò svelto, e basteranno una decina di minuti.
-Tsurugi… io vengo con te. Posso essere utile…
credo di essere quello che sa più cose su questi mostri.
Manabe aveva parlato quasi senza accorgersene. Minaho lo fissava
sconvolto, nel panico.
-Non ti azzardare ad andare fuori di qui senza di me! Vengo pure io!
-Ragazzi… non voglio obbligare nessuno…
-Lascia stare… lo facciamo volentieri. Tenma… tu
non ti muovere. Ora come ora devi riposare se vuoi essere in forze per
arrivare all’aeroporto e per andare a cercare i nostri amici.
Torneremo in un lampo.
Ogni tentativo di Tenma di dissuadere il suo ragazzo e i suoi amici era
stato inutile. Il gruppetto era uscito dal reparto silenziosamente, i
coltelli in mano. Tsurugi era in testa, seguito da Minaho e Manabe che
si tenevano d’occhio a vicenda, stando attenti ad ogni rumore
e ad ogni movimento sospetto nel corridoio.
Per raggiungere il reparto di lungodegenza avrebbero dovuto scendere le
scale, raggiungere l’atrio e imboccare il lungo corridoio
vetrato che li avrebbe condotti alla palazzina dal lato opposto del
cortile. Sapevano che era pieno di quelle cose, ma contavano di
riuscire a passare senza essere visti… in fondo
l’ospedale era labirintico e pieno di nascondigli!
Raggiungere l’atrio non fu troppo difficile.
L’esplosione di qualcosa, forse un’automobile o un
autobus, appena fuori dal giardino dell’ospedale aveva
attratto contro la recinzione buona parte di quelle creature,
sgombrando il passo.
-Man… non posso credere alla nostra fortuna! -Minaho fece
l’occhiolino a Manabe.
-Era anche ora! Benissimo… dubito che saremmo riusciti a
passare così facilmente altrimenti… questi
corridoi sono stretti!
Appena il lilla finì di parlare, come per una bizzarra presa
un giro, qualcosa di rumoroso attirò la loro attenzione
verso un ambulatorio.
-Ragazzi… avete sentito? -Tsurugi si immobilizzò.
-Dobbiamo… dobbiamo nasconderci subito! -Il lilla
iniziò a guardarsi intorno alla disperata ricerca di un
nascondiglio. Minaho gli prese la mano.
-Aspetta Man… sentite! Sono colpi regolari… e
sembrano provenire da quello sgabuzzino delle scope! Ma che
diavolo… Tsu? Qualcosa non va?
Il moro era sbiancato. -Ragazzi… qui… qui
è dove abbiamo perso di vista Shinsuke. Qui…
è dove lo hanno preso.
Il lilla e l’arancione ebbero un tuffo al cuore. -E
ora… ora che si fa? Non possiamo comunque rimanere fermi qui
a lungo… è troppo pericoloso!
-Man… e se ci fosse un sopravvissuto dentro quello
sgabuzzino? Non possiamo andarcene così!
-Ma controllare sarebbe troppo pericoloso! -Il lilla era nel panico.
-Non possiamo!
-Minaho, Manabe ha ragione… non è il caso
di… ehi! Minaho! Fermo!!
L’arancione aveva appena appoggiato l’orecchio alla
porta. Il rumore era davvero regolare… ignorò gli
sguardi allibiti dei suoi amici e… si mise a battere con il
pugno sulla porta, molto piano.
-Ehi… ehi! C’è qualcuno? Ditemi che non
siete mostri pure voi vi prego… non voglio morire qui dentro!
Calò un silenzio incredulo. Minaho, Manabe e Tsurugi si
guardarono senza parole… lì dentro
c’era davvero qualcuno di vivo! Immediatamente
l’arancione spalancò la porta…
rimanendo poi letteralmente spiazzato.
-S…Shinsuke!!!!!
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