Anche I Prof Hanno Un Cuore

di milly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuta Al Collegio ***
Capitolo 2: *** Un Apparente Ritorno Al Liceo ***
Capitolo 3: *** L’imbucato ***



Capitolo 1
*** Benvenuta Al Collegio ***


1

Anche I Prof Hanno Un Cuore

Capitolo 1

Benvenuta Al Collegio

L’unica cosa che Isabel aveva sempre amato con tutta se stessa era stato il paese nativo di sua madre, Susan McKing, l’Inghilterra. Sin da quando Isabel era bambina, la donna, che non conosceva poi così bene l’italiano, dal momento che abitava in Italia da pochissimo dopo aver sposato il suo amore di sempre Giacomo Natale, non aveva potuto fare a meno di parlare la sua lingua madre con la sua primogenita, e fu così che già verso i sette anni Isabel aveva una padronanza dell’inglese simile ad un ragazzino che si appresta a studiare una lingua straniera ad un livello intermedio.

Ragion per cui, l’unica cosa che l’aveva distinta durante la sua carriera scolastica era stata la padronanza della lingua inglese, e ciò l’aveva portata ad iscriversi alla facoltà di Lingue all’Università. La sua aspirazione? Diventare insegnante, una semplice professoressa liceale, ben lungi dalle aspirazioni delle sue compagne di università, future hostess o cose simili. Lei voleva solo insegnare quella lingua e quella cultura che riteneva favolose ai ragazzini che vivevano quell’età un po’ difficile che era l’adolescenza, aiutarli, e non essere la solita professoressa avara di voti, isterica e pazza. Già i suoi insegnanti erano stati così con lei, per carità, e di certo non voleva maturare una sorta di vendetta con i suoi futuri alunni che di colpe non ne avevano nessuna.

Fu così che verso la soglia dei ventisei anni, dopo la specialistica e la prima supplenza in un liceo linguistico di tre mesi, un freddo giorno di fine ottobre venne convocata per una supplenza in un collegio vicino Latina, che si sarebbe protratta fino alla fine dell’anno.

“Secondo me dovresti accettare, insomma, fa parte della gavetta, altrimenti come fai a passare di ruolo?” le aveva detto sua sorella Alice, che non era una comune Alice, no, era un’ “Elis”, come precisava a chiunque leggesse il suo nome sulla carta d’identità, il passaporto o da qualunque altra parte nel modo italiano. No, lei aveva radici inglesi, e ci teneva a precisarlo per distinguersi. Ne andava fiera.

“Si, ma come diavolo faccio? Lo sai che le nozze sono state fissate per il 21 giugno, è un collegio e dovrò stare lì 24 ore su 24 tutti i santi giorni escluso il fine settimana” si era lamentata Isabel, togliendo una ciocca castana dalle spalle sottili e squadrando sua sorella con aria nervosa, in modo che i suoi occhi chiari risultassero più dilatati del solito.

“Giusto, le nozze, poverina! Ma che te ne frega, il tuo adorabile Giulio è così iper organizzato che sistemerà tutto in pochissimi giorni, e poi sei libera nei week-end, no?” si era intromessa Lara, una delle loro cugine.

Fu così che Isabel si decise ad accettare, comunicò la sua scelta ai suoi genitori ed infine, cosa alquanto difficile, al suo fidanzato Giulio che pochi mesi prima le aveva chiesto di sposarlo. Dopotutto erano fidanzati da quando la ragazza aveva poco più di sedici anni, e che senso aveva aspettare ancora visto che erano arrivati alla soglia del decimo anniversario? Nessuna, ed era per questo che Isabel aveva accettato.

Giulio era fantastico a suo giudizio, simpatico, colto, solo un po’ fissato ed iper organizzato quando si trattava di fare qualcosa, ma lei gli voleva bene lo stesso ed era pronta a diventare sua moglie, e passare da Isabel Natale alla Signora Isabel Soli.

Convincerlo era stata dura, aveva dovuto esaurire la sua scorta di: “Mi mancherai un casino, ci sentiremo sempre”.

E dopo i vari saluti generali, eccola lì, nel treno che l’avrebbe portata nella zona del collegio, con due trolley blu come unici amici in quell’avventura che avrebbe arricchito la sua carriera.

Dopo circa tre ore di treno, prese due pullman e poi, con l’aiuto di una cartina e alcune indicazioni fornitale dai passanti, si ritrovò davanti ad un’istituzione scolastica alquanto rigorosa, quel nuvoloso sabato 30 ottobre, il collegio “G. Pascoli”.

Il portone d’entrata era color verde smeraldo, ampio, e sopra vi gravitava una scritta latina in pietra. Ancora più su vi era una serie di finestre, distribuite sue tre piani, e da un paio di quelle sporgevano due bandiere, una italiana e una europea. L’edificio, esternamente era color grigio perla, sembrava enorme e Isabel avvertì una sorta di smarrimento, si sentiva minuscola, avvolta nel suo cappotto nero e nella sciarpa abbinata che sua madre le aveva regalato l’anno prima.

Se ne stava ferma, impalata, dubbiosa sul da farsi, quando davanti a lei comparve una sorta di poliziotto, un uomo con una camicia azzurra, pantaloni scuri e cappello identico a quelli degli uomini dell’arma. Ma una seconda occhiata le fece capire che probabilmente era solo il portiere.

“Lei è la professoressa Natale?” le domandò garbatamente l’uomo, alto e con alcune rughe sul viso formatasi a causa del breve sorriso che le aveva rivolto.

“Si, sono appena arrivata e non so dove andare…” rispose Isabel, sentendosi un po’ stupida. Dove poteva mai andare? Doveva entrare e basta, no?”

“Certo, capisco. Io sono l’addetto a… Il portiere, in breve. Mi scusi, ma non ricordo mai il nome preciso che mi ha dato la preside” si scusò, e Isabel fece una piccola risata nervosa. “Mi segua, la porto ai suoi alloggi”.

“La ringrazio” rispose lei, e restò piacevolmente stupita quando il portiere prese i suoi bagagli con fare elegante. “Grazie”.

“Ehi, mi ha già ringraziato due volte, professoressa. Comunque, per qualsiasi cosa sono qui, mi chiamo Giovanni” disse ironicamente lui.

“Mi scusi. Io sono Isabel” rispose lei, mentre passavano sotto un porticato, ai lati di un antico chiostro al cui centro vi era una sorta di pozzo.

Giovanni la condusse verso sinistra, dove, attraverso un ulteriore portone, questa volta in noce, giunsero su uno scalone al cui termine si accedeva in un maestoso salone lungo almeno 45 metri. Sui lati adiacenti vi erano numerose porte, e sopra ognuna di essa vi era il dipinto di qualche uomo illustre.

“Questo è il salone principale, e qui ci sono le aule delle medie. Il liceo è dall’altra parte, mi segua” spiegò Giovanni, conducendola verso l’estremità del luogo, dove vi era un arco che portava ad un'altra zona, buia per la mancanza di luce. Dopo pochi metri, l’uomo aprì una porta e la portò in un altro salone simile al primo.

“Qui c’è la sala insegnati del liceo, la segreteria, l’ufficio della preside e qualche classe. Di là invece si sale verso il resto delle aule e al terzo piano vi sono i dormitori”. Giovanni indicò una porta, prima di farle segno di seguirlo.

Il corridoio era più normale questa volta, come quello di un normale liceo, poi, al terzo piano, vi era una serie infinita di dormitori diramati in una sorta di corridoio ad X, dove da un corridoio ne fuoriusciva un altro, e così a seguire in un modo che quasi sembrava infinito.

“Ecco, questa è la sua stanza, la dividerà con qualche professoressa” disse infine Giovanni, posando i trolley.

Isabel sorrise. “Grazie, già mi sento più a mio agio dopo il giro turistico” disse con sincerità.

“Dovere, ma nel suo caso è stato anche un piacere. La saluto” si congedò l’uomo, allontandosi, e la ragazza esitò prima di bussare alla porta.

Dopo qualche istante, la aprì una donna con corti capelli biondo chiaro e con indosso un pigiama candido. “Ciao, tu devi essere Isabel Natale” disse lei.

“Si, sono appena arrivata” rispose, sentendosi in imbarazzo. Probabilmente l’aveva svegliata dato i suoi indumenti, ma erano anche le sei del pomeriggio, si disse.

“Entra, io sono Carolina Santi, insegnante di francese. Tu insegni inglese, vero?” domandò.

Isabel annuì, posando i trolley in un angolo vuoto. La stanza era ampia, con due letti distribuiti sui due lati, due armadi, e in fondo vi era una porta che conduceva a quello che di sicuro era il bagno. “Si, in realtà questa è la mia seconda supplenza, sostituisco la professoressa Bara” dichiarò.

“Hai saputo che le è successo?”.

“Una frattura al femore, credo”.

“Si, e non sai i ragazzi come sono contenti, era una vera palla, scusa il termine, invece credo saranno felici di avere una supplente come te, giovane e bella”. Carolina fece l’occhiolino, e Isabel scrollò le spalle, imbarazzata. “E anche io sono contenta, a parte il fatto che quella era una vecchia noiosa, sembrava anche che non mi sopportasse! Sai, proprio come l’odio secolare che c’è tra inglesi e francesi” ridacchiò.

Si guardarono, accennando piccoli sorrisi. Carolina sembrava la solita trentenne piena di voglia di vivere e divertirsi, estroversa, ma soprattutto sicura di sé. E poteva permetterselo, sospirò Isabel, notando che la sua nuova collega aveva un fisico che di sicuro aveva lottato molto in palestra per essere modellato così bene.

“Allora questo mi fa sentire meglio, sono sicura che… Diventeremo buone amiche” disse Isabel, togliendosi il cappotto e appoggiandolo sul letto perfettamente a posto e ordinato che di sicuro doveva essere il suo. Fece lo stesso con la sciarpa, e restò con i suoi comodi jeans e un maglioncino bianco.

“Lo penso anch’io. Un po’ di caffè?” domandò Carolina, mostrando una macchina per il caffè espresso che funzionava con le cialde.

“Si, grazie, ci vuole proprio dopo il viaggio”.

“Da dove vieni? Inghilterra?” ironizzò la donna, mentre si dava da fare con l’apparecchio.

“No, ma comunque potrebbe essere così, mia madre è di Oxford, sai” rispose Isabel. “Vengo da Castel Di Sangro, in Abruzzo”.

“Io sono della provincia di Ancona, ho sempre vissuto in un paesino di piccolo e sperduto, e venire qui è stato un toccasana, è divertente, sai? Ci sono alcuni professori che sono peggio dei ragazzi” la informò Carolina, per poi prendere il caffè e porgerglielo.

In quell’istante bussarono alla porta, e Carolina aprì, prima di sorridere all’uomo che stava entrando, per niente imbarazzata per il modo in cui era vestita. Alto, con i capelli castani un po’ scompigliati e profondi occhi verdi, la salutò con un bacio sulla guancia prima di guardare un po’ spaesato in direzione di Isabel.

“Lei è la nuova collega di inglese, Isabel Natale” la presentò subito Carolina con un sorriso.

Isabel si alzò, cercando di sorridere e gli strinse la mano.

“Alessandro Di Giovanni, insegno scienze” si presentò lui, sorridente. “Piacere, sono certo che ti divertirai un mondo qui. Già le hai detto qualcosa riguardo domani?” domandò rivolto a Carolina.

Lei scosse il capo, ridendo. “Lui porta la bandiera di quei professori di cui ti parlavo poco prima” spiegò e Isabel si lasciò trasportare in una risata.

Alessandro si voltò verso Carolina. “Quali, quelli sexy e preparatissimi?” domandò, ironico.

“No, quelli che sono peggio dei ragazzi” lo rimbeccò Carolina.

Isabel li guardò scherzare, e si domandò se ci fosse qualcosa tra loro, visto il modo in cui si erano salutati. Se così fosse, beh, forse Carolina sarebbe stata una buona compagna ma le avrebbe anche lasciato i suoi spazi, presa dal suo fidanzato.

“E quindi cosa succederà domani?” domandò infine, curiosa per il tono in cui Alessandro ne aveva parlato.

“Una piccola festa per Halloween tra professori, cioè, solo quelli che diciamo noi, diciamo che siamo una sorta di confraternita” spiegò Alessandro con un finto tono in stile Superquark.

“Quelli che dite voi?”.

“Si, gli under 38” ironizzò Carolina.

“I ragazzi, come potrai notare per il silenzio, sono fuori come ogni finesettimana, ed è in loro assenza che spesso facciamo una sorta di riunione extra curriculare” continuò Alessandro.

“Capisco. Quindi faccio parte di questa confraternita?” chiese divertita Isabel, dicendosi che una scuola simile non l’aveva mai vista, anche perché non è che aveva girato chissà quanto.

Alessandro la squadrò. “Ma certo, anzi, direi che sei il membro onorario, quanti anni hai?”.

“Ventisei”.

“Cavoli, sei la più giovane. Non che avessi dei dubbi” si affrettò a dire Alessandro, e Carolina lo spinse lievemente.

Cavoli, le sembrava di essere tornata al liceo. Ecco davanti a lei la bambolina di turno e il fighetto sicuro di sé. Come sarebbe stato il suo soggiorno in quella scuola?

Alessandro non sembrava affatto un professore di scienze, abituata ai tipi scontrosi e pazzi che dedicavano la vita a quella disciplina, al massimo gli avrebbe potuto attribuire la cattedra di educazione di fisica se non l’avesse saputo, grazie al fisico abbastanza palestrato che si poteva notare sotto la maglia blu. E il resto dei professori? Come sarebbe stato? Se quello di scienze era così, non osò pensare a quello di matematica. 

Ma i suoi pensieri si interruppero a causa del suo cellulare che iniziò a squillare insistentemente. Era Giulio.

“Scusate un secondo” disse, facendo per uscire.

“Sono i tuoi genitori?” domandò Alessandro.

“No, il mio fidanzato” rispose cortesemente lei, e uscì per rispondere. Di certo le cose che aveva da dire erano numerose, anche se, stordita com’era, non era sicura di riuscire a formulare molti periodi sensati.  

 

Ciao!

Eccomi con una nuova fic… Anche se ho scritto solo due capitoli per ora ci sono molto affezionata, e vorrei sapere cosa ve ne sembra, se vi piace, altrimenti è inutile continuare.

Ho già molte idee in realtà, e mi piacerebbe continuare per sognare un po’ con voi.

Visto che oggi è il mio compleanno, me la lasciate una recensione per regalo? xD Grazieeeeee!

Milly92.

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Capitolo 2
*** Un Apparente Ritorno Al Liceo ***


Un Apparente Ritorno Al Liceo

Capitolo 2

Un Apparente Ritorno Al Liceo

Giulio la trattenne al telefono venti minuti, e dopo varie prediche e continue domande insistenti, si decise a staccare, con la promessa che l’avrebbe chiamata quella sera. Così Isabel tornò nella sua nuova stanza, dove trovò Carolina e Alessandro intenti nel discorrere fitto fitto.

“Scusatemi, ma il mio fidanzato è sempre stato un po’ apprensivo” disse, e loro si voltarono verso di lei, quasi come se ne avessero dimenticato la presenza.

“Ti capisco, vale lo stesso con mia madre” rispose Alessandro. Carolina rise e Isabel invece restò seria, non entusiasta della battuta fatta.

“Ma fidanzato in che senso?” fece poi Carolina, e in un battibaleno prese le mani di Isabel, per poi trattenere il respiro quando vide l’anello di fidanzamento al suo anulare sinistro.

“Nel senso che ci sposeremo il 21 giugno” dichiarò lei.

“Wow, è bellissimo”.

“Congratulazioni, allora” disse invece Alessandro.

“Grazie”.

“Comunque, se ti va ti presentiamo agli altri professori, sono ansiosi di conoscerti” aggiunse l’uomo.

Isabel annuì. “Certo, meglio conoscerli ora che il primo giorno di lezione, sarò così emozionata che non riuscirò a spiaccicare parola” annunciò.

“Ma dai” disse Carolina, mentre apriva l’armadio e ne estraeva una gonna di jeans, un maglioncino verde e prendeva degli stivali neri, appoggiati vicino al muro di fronte al suo letto. “Mi vesto e andiamo, ci metto tre minuti” spiegò rapidamente, prima di chiudersi in bagno.

“Ok, allora io vado nella sala professori, ci vediamo lì” disse Alessandro, esitando e guardando incerto tra Isabel e la porta.

“Va bene, a dopo” gli rispose ella.

“A dopo”.

Chiuse la porta con lentezza e scomparve. Isabel approfittò della solitudine per stendersi un po’ sul letto e stiracchiarsi, pensierosa, poi si rialzò, risistemò il piumone un po’ scompigliato, e prese il trolley più piccolo, cercando qualcosa. Alla fine, dopo aver estratto un piccolo beauty case , trovò quel che cercava e sorrise: una cornice in argento dove c’era una foto sua e di Giulio. Se l’erano scattata il giorno che lui le aveva chiesto di sposarla, ad agosto.  

Così la sistemò sopra il comodino vicino al letto, per poi prendere alcune maglie e iniziare a deporle in una cassettiera libera.

Qualche minuto dopo, Carolina uscì dal bagno con il viso truccato con fondotinta, ombretto, mascara e rossetto. I capelli biondi ora erano perfettamente pettinati, e i vestiti aderenti marcavano il suo fisico perfetto.

“Sei pronta?” domandò.

“In realtà vorrei darmi una sistemata in bagno” ammise.

“Certo, vai”.

Prese un maglioncino blu con lo scollo a V e la spazzola, e una volta in bagnò si sciacquò il viso, si lavò rapidamente, si vestì, si pettinò ed uscì.

“Possiamo andare”.

Così Carolina chiuse la porta della stanza a chiave e la condusse per tutti quei corridoi intricati, finchè non ritornarono nel salone del liceo ed entrarono nella sala insegnanti dopo aver bussato.

“Buonasera!” le accolse subito un mix di voci, e Isabel arrossì. Sembrava che stessero aspettando proprio lei.

“Salve a tutti, sono la sostituta della professoressa Bara, Isabel Natale” si presentò. La stanza intorno a lei era ampia, con un enorme tavolo al centro in legno. Tutta la stanza era circondata da armadietti grigi a muro, e da un lato c’era un camino su cui erano esposti alcuni trofei.

“Lo sappiamo, benvenuta!” esclamò uno degli uomini, raggiante. Si alzò e corse  astringerle la mano. Era alto, fin troppo, con un’andatura quasi ciondolante, un naso aquilino su cui giacevano degli occhiali rotondi. I capelli scuri erano corti e gli conferivano un’aria ancora più strana. “Filippo Arnesi, docente di matematica, piacere”.

Isabel fece un cenno. “Piacere”. Ecco com’era il professore di matematica, sospirò.

“Ed io sono Cristiano Bigotti, collega di religione”. Isabel non si era ancora voltata quando egli parlò, e si disse che il nome era tutto un programma. Infatti, non si smentì quando lo vide: basso, calvo e con un sorriso gigante.

“E fate un po’ di spazio, poverina!” li rimproverò una voce femminile, con un accento romano.

Isabel ridacchiò e vide che la donna che aveva parlato non poteva avere più di trentacinque anni, aveva i capelli lunghi fino alle spalle, rossi, e il mento marcato.

“Rosanna Lombardi, docente di italiano, piacere”. 

“Piacere”.

“Loro insegnano nel nostro stesso corso” spiegò Alessandro, alzandosi dal tavolo su cui si era seduto. “Poi domani verranno gli altri per la festa, ora sono tornati a casa per il week end”.

“Capisco”.

Isabel si alzò un po’ sulle punte e vide che seduti attorno al tavolo c’erano ancora due donne e tre uomini che leggevano chissà che cosa senza preoccuparsi della sua presenza.

“Non fanno parte del nostro corso, la sezione C, sperimentale linguistica” le sussurrò Alessandro, comprendendo i suoi pensieri. “E sono anche i più scorbutici dell’istituto”.

Isabel annuì e gli sorrise. “Ne avevo una vaga idea”.

“Che ne dici di cambiare un po’ aria?” aggiunse lui, accennando la porta. Subito Carolina gli si avvicinò e prese Isabel per un braccio, annuendo, quasi come se la domanda fosse stata rivolta a lei.

“Andiamo” disse, e Alessandro parve un po’ seccato, tanto che sbuffò e la guardò con aria di rimprovero.

“Isabel, puoi scusarci un secondo?” chiese lui appena furono fuori dalla sala. Isabel annuì, un po’ sconcertata, e lo vide allontanarsi con Carolina.

Parlarono per chissà quanto tempo fitto fitto, poi Carolina iniziò ad arrossire per la rabbia e Alessandro iniziò a parlare in un modo più concitato, accompagnando tutto con dei gesti delle mani che le ricordavano di mantenere la calma.

Alla fine, urlò: “Tanto lo so che per te è stato solo un gioco e sarà sempre così! Te le devi fare tutte altrimenti non sei contento!” e gli diede un sonoro schiaffo sulla guancia destra, allontanandosi come una furia, dirigendosi verso le scale che conducevano ai dormitori.

Sono qui da nemmeno due ore e già ho visto un primo litigio tra la docente di francese e quello di scienze… Pensò Isabel, mentre Alessandro le si avvicinava.

“Scusala, ha un carattere un po’… Irruento, ecco perché l’ho lasciata” le spiegò.

“Cosa? Cioè, io credevo che tu fossi il suo fidanzato” ammise.

“Te lo ha detto lei?”.

“No, pura deduzione. Scusa, è che sembrate così affiatati…”si scusò la ragazza, ma Alessandro scrollò le spalle.

“Vedi, siamo stati insieme due anni, solo che quest’estate l’ho lasciata perché era troppo assillante, e continua ad esserlo ogni santa volta che mi avvicino a qualsiasi essere umano che appartenga alla specie femminile. Non lo tollero” dichiarò.

“Capisco, solo che ora credo che dovrei raggiungerla…”.

In quell’istante passò davanti a loro una donna sulla cinquantina, con corti capelli biondi ricci raccolti in una coda e un camice blu tipico dei bidelli. Appena si avvicinò loro rallentò il passo, e aveva un mezzo sorrisetto sulle labbra piccole e rosse. Alessandro sbuffò.

“Regola n°1: i bidelli qui sanno più cose di te di quanta ne sappia tu, e se non ci sbrighiamo qua subito metteranno in giro la voce che Carolina mi ha schiaffeggiato perché siamo tornati insieme e io l’ho tradita con la nuova professoressa di inglese” disse annoiato.

“Ok, quindi questo mi spinge ancora di più a raggiungerla. Ci vediamo dopo” lo salutò educatamente.

“Certo, ti riservo un posto a cena nella nostra zona”.

“Nostra zona?”.

“La confraternita, no?”le ricordò, facendo l’occhiolino, e lei annuì, sorridendo apertamente, prima di dirigersi verso i dormitori con un po’ di difficoltà.

Trovò Carolina accasciata sul letto, con gli occhi rossi e gonfi.

“Immagino ti abbia detto quanto sono fissata, quanto sono paranoica e pallosa” disse lei, con la voce tremante appena la vide.

Isabel scosse il capo. “No, mi ha solo spiegato che vi siete lasciati, io non lo sapevo, cioè, pensa che credevo che fosse il tuo ragazzo” ammise.

La bionda si alzò dal letto, stringendo il cuscino a sé. “Non è colpa mia se lo amo ancora, come si fa a non amare uno così? Bello, intelligente, simpatico, dolce e, anche se non ci sembra, romantico… E il fatto che sia stato lui a mollarti mentre organizzavi il vostro primo viaggio insieme a Parigi non aiuta” spiegò, singhiozzando.

Isabel sgranò gli occhi e le si sedette vicino. “Oddio, mi dispiace…”.

“Io cerco di non darlo a vedere, siamo rimasti amici, ma non ce la faccio”.

“E’ normale, anzi, ti ammiro, vederlo qui 24 ore su 24 deve essere una sofferenza…”.

“Lo è”.

Si guardarono, poi Carolina scoppiò a ridere e Isabel la imitò. “Dai, ora mi fai sentire in colpa, il secondo in graduatoria era un uomo, magari anche meglio di Alessandro, e se non avessi accettato ora avresti lui” ironizzò.

“Scherzi? Avevo bisogno di una nuova amica” dichiarò, e la abbracciò. Isabel rispose all’abbraccio, e si disse che forse Carolina sarebbe potuta essere davvero una buona amica, nonostante il carattere un po’ particolare.

Poco dopo andarono a cena, dove le occhiate tra Carolina e Alessandro erano infuocate, si fermarono a parlare un po’ con gli altri colleghi, ma alle dieci Isabel andò a letto, stanca per il viaggio e per tutte le scoperte fatte in pochissime ore, dopo aver chiamato Giulio e la sua famiglia.

Al buio, la stanza le sembrava strana, un po’ fredda ma anche avvolta da una strana magia, e si addormentò dopo un po’, per poi risvegliarsi dopo il ritorno in camera di Carolina.

L’indomani, dopo colazione e un po’ di noia dovuta al fatto di non avere registri da sistemare e compiti da correggere, Carolina la trascinò nuovamente nella loro camera, per poi squadrarla e iniziare  a vagare nel suo armadio.

“Che fai?!”.

“Cerco qualcosa di adatto per crearti un vestito da Halloween per stasera”.

“Che? Io non mi maschererò assolutamente” protestò Isabel. “Sai che bella figura farsi vedere dagli alunni e dai colleghi che non conosco con un vestito di Halloween indosso!”.

“E’ la figura che faremo tutti” le ricordò paziente l’amica, prendendo un vestito blu e mostrandoglielo. “Che ne dici?”.

“Dico che la prima impressione riguardo una persona è quella che conta, quindi…”.

“Quindi accetti perché è un bel vestito e puoi usarlo per mascherarti da… Mmm, semplice strega, dai, poi ci aggiungiamo un cappello, un po’ di trucco, degli stivali…”.

“Carolina!!!” la rimproverò spazientita Isabel, ma l’altra sorrise in modo rassicurante e che non ammetteva repliche.

Il loro battibecco fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta, e poco dopo entrò l’insegnante di Italiano, Rosanna, accompagnata da altre due donne.

“Ciao! Disturbiamo?” domandò.

“Oh, no, anzi, potete darci un consiglio” disse solare Carolina, invitandole ad entrare e mostrando il vestito. Isabel la guardò acida, prima che Rosanna dicesse: “Volevo presentare a Isabel le altre colleghe che sono appena arrivate”.

“Ciao, io sono Gabriella Laudato, insegno filosofia e storia” si presentò una, con i lunghi capelli neri, alta e slanciata nonostante dimostrasse almeno l’età di Rosanna.

“Piacere, Isabel Natale”.

“Ed io sono Angela Di Rossi, insegno spagnolo” disse l’altra, bassina, con corti capelli a caschetti mossi e castani. Sorrideva in un modo radioso, come se fosse la persona più felice della terra, e Isabel le strinse la mano.

“Avete saputo cosa è successo al nostro Arnesi?”  domandò sghignazzante Angela subito dopo.

“No, cosa?” domandò Carolina.

“Sembra che la moglie l’abbia cacciato di casa perché ha scoperto che lui ha avuto un… Flirt con la badante della suocera!” disse, sottolineando la pronuncia inglese del termine “flirt”.

“Nooo! Hai capito a Pippo” ridacchiò Carolina, e Isabel finse di essere presa dalla notizia quando invece pensava al modo in cui la compagna di stanza l’avrebbe obbligata a vestirsi.

“Comunque, mi date una mano a convincere Isa a vestirsi da strega?” aggiunse quest’ultima.

Isa? Wow, ora sono Isa, come mi chiamavano alle medie e al liceo e solo papà e mamma mi chiamavano Bel…

“Ovvio!” rispose Rosanna, e in un battibaleno tutte iniziarono a fare varie valutazioni sull’abito, prima che l’entrata di Alessandro e un altro uomo che Isabel non conosceva le distraessero.

“Lui è Michele Franceschini, collega di educazione fisica” lo presentò Alessandro, mentre l’uomo, alto quanto lui e con i capelli quasi rasati, le sorrise.

“Piacere, Isabel Natale”. 

“Siamo venuti per l’happy hour, signore, visto che tra mezz’ora rientreranno i marmocchi” spiegò Alessandro, per poi mostrare una bottiglia di Rum dopo averla tolta da dietro la schiena, ghignante.

“Bella, Alex, sei un mito!” esclamò Gabriella, mentre Michele mostrava dei bicchieri.

Isabel scosse il capo, dicendosi che le sorprese di quel collegio stravagante non erano ancora finite. Ed infatti non lo erano: c’era ancora la festa…

 

Ciao!

Ecco il secondo cap, dove scopriamo la verità sul rapporto tra Carolina e Alessandro e anche l’identità degli altri professori.

Cosa succederà alla festa? Isabel si abituerà o continuerà a stupirsi per il comportamento di quei professori che sembrano ancora degli adolescenti?

Comunque, grazie a coloro che hanno messo al fic tra i preferiti:

AlterSiby
cupidina 4ever
Nessie
pirilla88
werty

Tra le seguite:

 chica KM
CriCri88

 

E coloro che hanno recensito:

 

drin_chan: Ma che rompere, è un piacere averti anche qui ^^ Mi fa piacere che questa storia già ti piaccia, ci pensavo da un po’ perché mi ha sempre intrigato scrivere qualcosa sui prof che insegnano in un collegio, sviluppare i loro rapporti, e far succedere cosa degne dei migliori adolescenti ihih xD Grazie mille anche per gli auguri, un bacione!

 

CriCri88: Ciao, grazie mille per gli auguri! E’ bellissimo vedere che stai seguendo anche questa mia fic, grazieee <3 E penso proprio che la parola “inciuci” sia proprio la parola adatta per descrivere ciò che succederà nei prossimi cap, eheh! Un bacione!

 

Nel frattempo, eccovi le foto di alcuni personaggi:

Isabel

http://blog.screenweek.it/wp-content/uploads/2009/01/anne-hathaway.jpg

 

http://imstars.aufeminin.com/stars/fan/anne-hathaway/anne-hathaway-20061118-180152.jpg

http://celebrity-pics.movieeye.com/celebrity_pictures/Anne_Hathaway_31720.jpg

 

Alessandro

http://blog-static.excite.eu/it/blogs/chiaretta/share/img/UltraBoard2.jpg

 

A presto,

milly92.

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Capitolo 3
*** L’imbucato ***


L’imbucato

Capitolo 3

L’imbucato

 

Quando Isabel si trovò nell’enorme salone in cui si sarebbe svolta la festa di Halloween, con indosso gli abiti che Carolina le aveva propinato più un cappello da strega, un finto neo nei pressi della guancia destra e un rossetto eccessivamente rosso, si sentì morire e desiderò essere in qualsiasi altro posto al di fuori di quello. 

Accanto a lei, una Carolina vestita da Mortisa sembrava perfettamente a suo agio, e all’improvviso scoppiò a ridere, dicendo una cosa in francese, e corse in direzione di uno studente vestito da scheletro, abbastanza cicciottello e con degli spessi occhiali.

Isabel continuò a guardarsi intorno, vedendo una marea di adolescenti circondarla, e dopo i primi tre secondi vide che alcuni iniziarono a fissarla. Stava pensando di evadere con qualche scusa quando qualcuno la afferrò per un braccio e rise di cuore. Si voltò e vide un uomo mascherato da Dracula che la fissava. Lo guardò interrogativo, poi lui si tolse la maschera e si passò una mano tra i capelli castani scompigliati, e lei rise, scuotendo il capo.

“Alessandro! Mi hai fatto prendere un colpo” ammise, voltandosi verso di lui, lieta di avere una scusa per dare le spalle a quel pubblico indesiderato.

“Anche tu, ti preferisco versione prof” ribattè lui. “Il rossetto rosso non ti dona”.

“Ma grazie, che gentleman” disse lei, levando un sopracciglio e mettendosi una mano sui fianchi.

“Ehi, non cacciare questi termini inglesi, con me l’unico linguaggio che puoi usare è quello delle formule chimiche”.

“Allora credo che andrò a prendere un po’ di H2O”.

Si guardarono prima di scoppiare  a ridere di nuovo. 

“Allora lascia che ti indichi la strada” propose lui, e Isabel annuì, lasciandosi condurre tra file e file di studenti mascherati che mangiavano e bevevano in attesa del discorso della preside.

Ogni dieci centimetri che percorrevano, Alessandro salutava degli studenti, e alla fine, quando arrivarono vicino al tavolo delle bibite, si fermò a parlare con un gruppetto di loro, che Isabel pensò fossero dell’ultimo anno dal loro aspetto. Era composto da tre ragazze e due ragazzi, tutti mascherati, quindi Isabel si disse che probabilmente il giorno dopo non sarebbe riuscita a riconoscerli.

“Ehi, ma te sei la nuova ragazza che si è trasferita nella 5°C?”.

Isabel si voltò e vide che un ragazzone mascherato da superman la stava fissando e le sorrideva ammiccante.

“Veramente sono la professoressa Natale, sostituisco la professoressa Bara” ribattè lei, e il ragazzo sbiancò.

“Oh, mi scusi, è solo che lei sembra così… Giovane! Mi scusi” ripetè, e si dissolse nella folla, dandosela a gambe per la figuraccia.

La ragazza sospirò, vuotò il bicchiere d’acqua e si voltò verso Alessandro.

“Non pensarla più, Ben, non ti merita se ti ha dato buca” stava dicendo rivolto ad uno dei due ragazzi, un po’ basso e magro. Poi guardò la collega e fece un piccolo balzello. “A proposito! Lei è la professoressa Natale, la sostituta delle professoressa Bara” annunciò, spingendola al centro del cerchio che si era formato.

Isabel fece un sorriso stiracchiato. “Ciao ragazzi!” disse, cercando di sembrare entusiasta e non imbarazzata.

Le ragazze la squadrarono e i due ragazzi sgranarono gli occhi. “Buonasera, prof” risposero, continuando a squadrarla in un modo che la metteva in totale soggezione, quasi come se fosse un’aliena.

“Avete visto com’è giovane e carina?” domandò Alessandro, ammiccando e prendendola per le spalle. Lei arrossì di botto, e ringraziò il fatto che Giulio non fosse lì. Era proprio strano, la trattava come se la conoscesse da secoli… Isabel si voltò e lo vide di profilo, e non potè non dirsi che Alessandro era il tipo di uomo che le era sempre piaciuto quando era adolescente. Bello, intelligente, simpatico. Poi pensò di nuovo a Giulio e scacciò quelle fantasie.

“Si, ma speriamo solo che non prenda parte alla sua collezione di colleghe-fidanzate, prof” ribattè una delle ragazze, facendo un sorrisino antipatico per poi sparire nella folla. Udita la battuta, anche gli altri studenti si dissolsero nel nulla e Isabel si voltò verso Alessandro, ancora colpito dalla battuta di quella ragazzina.

“Ehi, che vuol dire?” sbottò Isabel, scostandosi dalla sua presa.

Alessandro sbuffò. “Niente, è solo che circolano voci e basta… L’unica con cui sono mai stato qui è stata Carolina”.

“Si, perché le altre te le sei solo portate a letto, non ci sei mai stato insieme” ribattè una donna mora alle loro spalle.  Si voltarono e si trovarono di fronte una ragazza molto giovane, che non poteva avere più di ventiquattro anni, con i lunghi capelli che le arrivavano alla schiena e dei penetranti occhi color miele. Alessandro la guardò male e lei rise.

“Che c’è, prof, vuoi che non si sappia in giro che sei stato a letto con l’assistente amministrativo in modo da far cadere ai tuoi piedi, anzi, nel tuo letto anche l’ultima arrivata?” domandò lei, trattenendo in mano una coppa di vino.

“Titti, smettila, non…”.

“Smettila lo dici a qualcun'altra!”.

“Scusa ma non credo che succederà quello che hai detto, è una tua pura fantasia ed  io mi sto per sposare” s’intromise Isabel.

“E allora? Non dirmi che il tuo futuro marito lavora qui” ribattè Titti acida.

“Senti, finiscila! Scusaci, Isabel” disse Alessandro, e prese Titti per un braccio e la trascinò chissà dove. Isabel restò un po’ stordita, ma si disse che alla fine aveva capito che tipo fosse quell’Alessandro, un playboy trentenne che non vuole crescere. I requisiti ce li aveva, e anche le testimonianze dei cuori che aveva infranto. Ma ad interrompere i suoi pensieri ci pensò una mano che le picchiettò sulla spalla. Lei si voltò e vide che una donna bassina con indosso un abito da sera lungo fino ai piedi e un finto rivolo di sangue che le scendeva dalla bocca la guardava, sorridendo.

“Isabel Natale?” domandò.

“Si”.

“Io sono la Preside Iannone, piacere di conoscerla”.

Isabel spalancò la bocca. “Oh! Buonasera preside, mi scusi se non mi sono presentata prima ma…”.

“Sono appena arrivata, tranquilla. Ci vuole tempo per trovare un giusto abito per Halloween, sai?” ridacchiò lei, e fece un giro su se stessa, convinta.

Isabel la guardò senza capire. I corti capelli castani erano perfettamente piastrati, e il rossetto che portava era più rosso del suo se possibile. Il volto della donna sembrava quello di una ventenne troppo cresciuta e la ragazza si disse che allora si che poteva capire perché quella fosse una scuola di matti: la preside era la prima strampalata!

“Ehm… Concordo” ammise Isabel, senza sapere cosa dire.

“Ricorda, Isabel: in questa scuola la prima regola è “Sii serio ma non noioso”. Ok?”.

“Ok”.

Così la preside le regalò un ultimo sorriso e se ne andò, lasciando la ragazza in preda ad un dubbio: pensava forse che lei fosse noiosa? Si guardò intorno e capì che forse un po’ lo era, visto che era l’unica tra quelle persone che non rideva, volteggiava e faceva strane mosse. Sospirò: ormai era finita in quella scuola e doveva restarci, senza discutere e lamentarsi.

“Isabel, vieni, c’è il discorso della preside!” la chiamò Carolina, riemergendo dalla folla, e la prese per un polso, portandola proprio in prima fila. Lei sospirò e si voltò verso la donna che si accingeva a parlare.

“Allora, gente! Buonasera e soprattutto buon Halloween! Vi esorto a godervi questa festa perché non ce ne saranno altre prima di Natale, con lo spettacolo natalizio. Poi, volevo ricordarvi che ieri è arrivata la professoressa Isabel Natale che sostituirà la professoressa Bara fino alla fine dell’anno. E’ una giovane insegnante, questo è il secondo incarico che prende, quindi, mi raccomando, siate buoni, e qui mi riferisco anche ai colleghi” disse, improvvisamente di una serietà sarcastica, e il suo sguardo cadde soprattutto nella zone dove era raggruppata quella che Alessandro chiamava “Confraternita”. “Ricordate che ancora almeno quarant’anni di servizio da svolgere, quindi non fatele odiare subito il suo mestiere. E poi mi aspetto collaborazione e gentilezza nei suoi confronti, anche perché per lei questo tipo di scuola-collegio è una novità e deve ancora ambientarsi. Detto questo… In bocca al lupo professoressa! Ed ora, correte subito a divertirvi che domani c’è scuola!”. Sorrise calorosamente e poi fece un gesto strano, tipico di una ballerina di flamenco che ha le nacchere in mano. Isabel le sorrise.

Tutti applaudirono, e poi si aprirono le danze. Isabel restò in un angolo, ridendo di Carolina che aveva preso uno studente sottobraccio e ci ballava insieme in un modo goffo, quando le solite mani, da dietro, le afferrarono le spalle. Dietro di lei, Alessandro aveva un’espressione rabbuiata.

“Alessandro! Per favore, stammi lontano, non voglio che il tuo stormo di donne conquistate e gettate via mi prenda d’occhio e pensi che sono la tua nuova preda” gli intimò, scostandosi.

Lui la guardò un po’ stranito prima di sbuffare. “Non è come credi!” ribattè.

“Non m’importa…”.

“Ti deve importare, io e te siamo colleghi delle stessi classi e abbiamo molte ore vicine, quindi dovremo incontrarci molto spesso nel cambio dell’ora e…”.

“E allora? A me non importa, te lo ripeto, di certo non ti negherò il mio saluto o due chiacchiere ma…”.

“Ma cosa?”.

“Ma non voglio che la tua… Reputazione qui rovini anche la mia. Devi solo starmi lontano o almeno non troppo vicino”.

Alessandro fece una risata amare e si passò una mano tra i capelli. “Tsk. E pensare che mi sembravi intelligente, simpatica e…. Come dicono gli inglesi? Ah si. Open mind”. Le lanciò un’occhiata infuocata  e si allontanò, lasciandole un piccolo senso di colpa nei pressi dello stomaco. Isabel sospirò e si rimproverò di essere stata troppo rapida nel giudicarlo, eppure le prove erano evidenti e non voleva che tutto l’ambiente che la circondava pensasse certe cose su di lei.

“Professoressa!”.

Isabel si voltò e vide un gruppo di circa venti studenti di fronte a lei, che le sorrideva entusiasta e cordiale.

“Salve ragazzi” rispose, sorridendo e cercando di scacciare il pensiero della litigata.

“Noi siamo la 5°A, la classe più odiata dalla professoressa Bara” rivelò una ragazza vestita da Alice nel Paese delle Meraviglie, con i capelli biondi che le scendevano lungo la schiena e uno sguardo penetrante.

“Quindi siamo sicuri che lei ci amerà, visto che è il suo opposto!” aggiunse un ragazzo vestito da uno dei componenti della famiglia Adams.

Isabel ridacchiò. “Io amo tutti i miei studenti, basta che studiate o almeno mi dimostrate di provarci se non riuscite bene in qualcosa” rispose.

“Lei si che sarà un’ottima insegnante!” esclamò un altro ragazzo.

“Ci proverò”.

I ragazzi risero prima di salutarla, lasciandola un po’ più tranquilla. Sembravano davvero carini e disciplinati, si disse, e sperò che sarebbe stato così anche l’indomani.

Ma capì anche che per quella sera non avrebbe avuto pace quando si sentì chiamare dall’altra parte della sala. Accorse e vide che era il portiere, Giovanni, e spalancò la bocca quando vide chi c’era dietro di lui. Alto come sempre, con i capelli corvini rigorosamente aggiustati e il suo sorriso più smagliante, Giulio la guardava entusiasta.

“Quest’uomo dice di essere il suo fidanzato” disse sospettoso Giovanni, come se fosse la cosa più assurda che avesse mai udito.

“Si, è vero”.

Lui la guardò ancora un po’ sospettoso prima di annuire. “Per ora la passa liscia signore, ma la prossima volta non intercederò” disse con severità, prima di congedarsi e scendere attraverso lo scalone per andare all’entrata della scuola.

Giulio allargò le braccia e Isabel andò verso di lui, lasciandosi stringere in un abbraccio dalla morsa ferrea.

“Ma cosa ci fai qui?” gli domandò quando si separarono.

Giulio le passò una mano tra i capelli e le sorrise. “Non ce la facevo più a starti lontano…”.

“Sono lontana da casa da soli due giorni!”.

“E questo cosa vuol dire? Che non ti manco?”.

Isabel lo spinse lievemente. “Scemo! Certo che mi manchi, qui è una gabbia di matti” aggiunse sottovoce, prima che Giulio la baciasse. Ma lei lo respinse.

“Ci sono i miei studenti e i miei colleghi qui, per favore” lo supplicò, imbarazzata, vedendo alcuni della 5°A che li guardavano e ridacchiavano.

“E allora perché non me li presenti?” suggerì Giulio. Isabel annuì e cercò con lo sguardo Carolina. Alla fine la trovò in uno degli angoli della sala con Rosanna, Angela e Gabriella, così prese il suo fidanzato per mano e lo condusse fino a quel punto. Quando le tre li videro arrivare sgranarono gli occhi e presero a ridacchiare a loro volta.

“Ragazze, vi volevo presentare il mio fidanzato Giulio, si è appena imbucato” disse solare la ragazza, e Giulio ammiccò in loro direzione. “Loro sono Carolina, Angela e Gabriella”.

“Piacere”.

“Il piacere è tutto nostro! Che carino che sei stato a venire!” replicò Carolina.

“Grazie, ma cosa posso farci, non posso stare lontano dalla mia droga per molto tempo” rispose Giulio, indicando la fidanzata.

“Ma devi farcela, amore, almeno fino a sabato prossimo” gli ricordò Isabel. “E poi domani devi andare a lavoro…”.

“Lo so, lo so, è per questo che prenderò il treno delle undici e quarantacinque”.

Le tre donne lo guardarono raddolcite, come se fosse un miracolo davanti ai loro occhi, e Isabel gli sorrise grata, stringendolo a sé. Poi, mentre parlavano, si sentì osservata, si girò e vide che Alessandro li guardava dall’altra parte della sala con le braccia incrociate, e Isabel si domandò se, nonostante tutto, gli avrebbe dovuto presentare Giulio.

Ma che, che importanza ha…

Così Giulio restò fino alle undici e venti, per poco più di un’ora e mezza, e alla fine lei lo accompagnò fuori al portone d’entrata.

“Mi mancherai” si lamentò lui.

“Anche tu, che ti credi, ma cosa posso mai fare…” rispose lei, prima che lui si chinasse su di lei per baciarla. Isabel lo trascinò un po’ più fuori, visto che Giovanni stava vedendo lo spettacolo, e poi lo vide allontanarsi nella notte.

Poverino, com’è dolce, fare tutto questo solo per vedermi per così poco… Pensò, mentre risaliva le scale e tornava nel salone, dove la festa era ormai al tramonto, così disse a Carolina che sarebbe andata nella sua stanza. Il pensiero vagava già sul suo letto e al fatto che l’indomani avrebbe iniziato le sue lezioni in quella scuola quando vide che Alessandro, che aveva la stanza pochi metri distante dalla sua, si frugava nelle tasche senza alcun risultato.

“Ti serve una mano?” gli domandò esitante, sentendosi un po’ a disagio. Lui si girò e la guardò male.

“No, grazie, devo solo aver lasciato la chiave nelle mani di Michele” rispose gelido.

Isabel annuì. “Va bene. Buonanotte” disse, gelida a sua volta e chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle. Entrò nella sua stanza, si tolse il cappello di Carolina e legò la sua chioma scura prima che bussassero alla porta.

Sorrise nel vedere che dall’altro lato c’era Alessandro, con una faccia un po’ da scemo pentito e appoggiato allo stipite. “Mi rimangio tutto. Scusami. Ho trovato le chiavi”.

“Perfetto allora” rispose Isabel senza capire.

“Non è perfetto. Credo che non riuscirò a dormire se prima non chiariamo…”.

“Ok, entra”.

“Ti dispiace se vieni tu da me? Non vorrei vedere Carolina quando ritorna…”.

“Va bene”.

Così Isabel lo seguì ed entrò nella sua stanza, di certo non ordinata come quella che lei divideva con Carolina. Sulle pareti c’erano vari poster, come quello di Jimi Hendrix e dei Guns ‘n’Roses, e sui vari mobili c’erano oggetti sparpagliati di tutti i tipi. Poi, vicino la finestra c’era un piccolo acquario e, per terra vicino il termosifone, una piccola tartaruga di terra che dormiva. Arredamento degno di un professore di scienze.

“Beh, quella è Terry” disse Alessandro indicando la tartaruga, “E quelli sono Gold e Lizzie” proseguì, indicando i due pesciolini. In effetti uno di loro era dorato.

“Dici che con te si può usare solo il linguaggio scientifico, eppure i tuoi animali hanno tutti nomi inglesi” disse Isabel sorridendo. 

“Ops. Colpito e affondato” ridacchiò Alessandro, invitandola a sedere. Lei ubbidì  poi lo guardò, in attesa.

Lui capì e la guardò negli occhi. “Vedi, io lavoro qui da quattro anni, e dal primo momento in cui ho messo piede in questa scuola mi sono guadagnato la fama del playboy solo per l’aspetto e per il fatto che sto sempre al telefono, ma nessuno ha mai saputo che al telefono c’erano i miei parenti che mi informavano sullo stato di mia madre che soffre di diabete, non le sospettate dieci ragazze. Poi, mi sono messo con Carolina e dopo averla lasciata, poche settimane fa, in una delle feste che facciamo qui mi sono ubriacato, Titti mi ha provocato e ora mi rompe le scatole solo perché le ho spiegato che non m’interessa e che è stata anche colpa sua se sono successe quelle cose tra noi. Io non ho nessuna collezione di colleghe, credimi” disse.

Isabel annuì. “Capisco, ma mettiti nei miei panni…”.

“I panni di una futura moglie, si”.

Lei capì che si riferiva a Giulio e ribattè: “Si, è così, se queste voci false arrivano a Giulio…”.

“Va bene, ma sappi che… Beh, mi sei simpatica, e se ti va di avere un collega come amico io sono qui” disse lui, scrollando le spalle.

Isabel gli sorrise. “Grazie, mi sei simpatico anche tu e non sto dicendo che non ti rivolgerò più la parola” spiegò. “Voglio solo evitare che la gente si faccia film in testa”.

“Ovvio”.

Si sorrisero, poi la ragazza si alzò. “Farò meglio ad andare” disse.

“Va bene, buonanotte” rispose lui. “Isabel?” disse poi.

“Si?”.

“Me lo immaginavo diverso il tuo ragazzo”.

Lei scosse il capo, gli regalò un ultimo sorriso e uscì dalla stanza, senza ribattere. In effetti anche lei si immaginava un ragazzo diverso prima di conoscerlo, quando era una ragazzina.

 

 

Ciao!

Innanzitutto chiedo scusa per il gigantesco ritardo… Ma sappiate che anche se ci metto secoli per aggiornare, alla fine lo farò sempre, promesso! ^^

E così Isabel ha conosciuto la preside più pazza che esista, alcuni suoi alunni… E Giulio si imbuca alla festa, sotto gli sguardi di Alessandro… Cosa ve ne sembra di quest’ultimo? Io non so perché ma lo adoro! xD

Comunque, grazie mille a coloro che hanno messo la fic tra i preferiti e le storie seguite e coloro che hanno recensito:

 

CriCri88: Eheh, a chi lo dici, anche io avrei tanto voluto studiare in un collegio simile, e soprattutto con un prof di scienze come Alessandro che ti offre da bere all’interrogazione! xD xD xD Un bacione!

 

vero15star:  Tesoro! Figurati, anzi, la colpa è mia che non ti ho nemmeno avvisata del cambio di nome di Alessandro e chiederti un parere sulle piccole modifiche che ho messo al primo cap prima di pubblicare ma ero indaffarata con la partenza…  :-( Comunque mi fa piacere sapere che continua a piacerti, un bacione, ti voglio un mondo di bene!

 

drin_chan: E chi è che non vorrebbe lavorare in una gabbia di matti come quella? xD Alessandro ti ispira, dici? Fai bene a tenerlo d’occhio, si si, anche perché li combinerà questi casini, tranquilla, ihih! Un bacione!

 

A presto girls,

milly92.

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