La rivincita sulla morte

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiare il destino ***
Capitolo 2: *** La morte non si ferma ***
Capitolo 3: *** Notte fonda ***
Capitolo 4: *** La setta satanica ***
Capitolo 5: *** Patto saldato ***
Capitolo 6: *** Fratellastro e sorellastra ***
Capitolo 7: *** Morte contro morte ***



Capitolo 1
*** Cambiare il destino ***


Il colpo di pistola era partito.
Stava per colpire la povera Tamara.
Ormai per lei sembrava tutto finito.
Ma non potevo permettere che finisse in questo modo.
Non potevo vedere altro spargimento di sangue.
Mi frapposi tra la pallottola e il corpo di Tamara.
Fortunatamente, non mi aveva intaccato organi vitali.
«Ma che cosa diavolo hai fatto?!» tuonò rabbioso Jack.
«Basta morte… Basta vedere sangue… Non ne posso più.»
Tamara non disse nulla.
Non so se gli avevo fatto un piacere oppure no.
Non riuscivo a intravedere il suo stato d’animo.
Riuscivo a captare le urla rabbiose di Jack e il rumore della polizia che si stava avvicinando alla casa.
Jack, spaventato, scappò via.
Non poteva finire in prigione.
Non l’avrebbe mai permesso.
Doveva prima uccidere la sua rivale.
Intanto la mia vista, si stava offuscando piano piano.
Non riuscivo a captare nemmeno più i rumori.
Stavo cadendo in un sonno profondo.
Stavo svenendo.
 
 
Quando mi risvegliai, avevo una luce accecante dritta negli occhi.
Non capivo dov’ero.
Che fossi morta definitivamente?
Ma poi una voce conosciuta riecheggiò nelle mie orecchie.
«Karen…»
Qualcuno mi stava chiamando.
Era una voce femminile.
«Karen… Karen…»
«Chi sei?» domandai senza guardarla dritta negli occhi.
«Sono io. Sono Melanie.»
«Melanie?»
«Mi riconosci?»
Come potevo non riconoscere l’unica mia migliore amica che mi è sempre stata vicina in ogni mia vicissitudine?
«Come stai?»
«Direi bene, ma non ne sono sicura.»
«Ti sente qualcosa? La testa? La pancia?»
«Niente di tutto ciò… Ho solo un fortissimo rincoglionimento.»
«La pallottola ti ha colpito all’altezza della spalla, e pochi secondi dopo, sei svenuta improvvisamente. Quando vidi il detective Moses uscire con te sopra una barella e accompagnata da altri medici, ho creduto che per te fosse finita.»
«Ma chi vuoi che la uccida la nostra amica?»
Anche Audrey era venuta a farmi visita.
«Audrey…»
«Sì, sono qui. Come ti senti?»
«Potrei stare meglio.»
«Bella risposa, non c’è che dire» replicò la ragazza sorridendo «Ci hai davvero fatto spaventare. Uno di questi giorni ci farai morire di crepacuore.»
«Almeno con me non vi annoiate mai.»
«Questo è vero» replicò Melanie «Ma sinceramente, preferisco avere una vita monotona che avere una vita così movimentata.»
«Che cosa mi dite di Katherine? Come sta?»
«Sta abbastanza bene. È molto spaventata, ma adesso sta riposando. Anche lei se l’è vista brutta.»
«Lo immagino… E Tamara? E Jack?» domandai con un filo di voce.
«Jack è scappato chissà dove, mentre Tamara è qui in ospedale guardata a vista da due poliziotti.»
«Tamara è qui? Devo parlargli immediatamente.»
Feci per alzarmi.
Ma tutti i miei muscoli e ossa mi facevano molto male.
«No! Tu non vai da nessuna parte» fece Audrey per trattenermi.
«Sei ancora molto debole» fece invece Melanie.
«Ma chi siete? Le mie badanti?»
«Lo potremmo diventare, sai? E poi se i medici sanno che ti sei alzata, ti inchioderanno qui per chissà quanto tempo.»
«E poi non potremmo mai farti più visita.»
«Ma io…»
«Le parlerai quando starai meglio, va bene?»
Non volevo dargli retta.
Ma non potevo fare altrimenti.
«Ok… Va bene…» dissi con tono rassegnato.
 
 
Ero sfinita.
Rimanere tutto il giorno su di un letto d’ospedale non faceva per me.
Non avevo voglia di guardare la tv, di leggere un libro o di riposarmi.
Non dopo che la mia peggiore nemica era nel mio stesso edificio.
Era notte fonda.
Non riuscivo a dormire.
Ero tutta sola nella mia camera d’ospedale.
Non c’era un’anima in giro.
Quando misi i piedi per terra per vedere se riuscivo a stare dritta, notai con piacere che non mi facevano male come qualche ora prima, anche se camminavo molto lentamente.
Le luci dell’ospedale era accese incessantemente.
Nel corridoio non c’era nessuno in vista.
“Questa è la volta buona, mi dissi.”
Ma c’era solo un problema: non sapevo in che camera si trovava Tamara.
Ma poi, ecco che la vidi affacciandomi nella sua stanza.
Stava dormendo.
Anche nella sua stanza non c’era nessuno.
La luce lunare illuminava la sua stanza.
Aveva un sacco di fasciature.
Il momento era arrivato.
Io e lei da sola.
Mentre mi avvicinai sempre di più, ecco che aprì gli occhi improvvisamente, facendomi sbiancare.
Stava per mettersi a gridare, ma fortunatamente riuscii a tapparle la bocca in tempo.
«Stai tranquilla, non sono venuta qui per ucciderti.»
«Lasciami andare!» gridava mentre gli continuavo a tappare la bocca.
«Se solo mi prometti che non griderai» risposi.
Tamara fece un segno di sì con la testa.
Ma potevo fidarmi?
«Molto bene…»
Aveva lo sguardo terrorizzato.
Non l’avevo mai vista così.
«Che cosa vuoi da me? Vuoi davvero uccidermi?»
«Se ti volevo morta, non credi che ti avrei fatto ammazzare dal tuo ex ragazzo?»
La ragazza non rispose.
ERa come se fosse stata frastornata.
«Allora cosa ci fai qui in piena notte? Mi hai fatto morire di paura.»
«Hai la coscienza sporca?»
«Sporca o pulita, io sono così. E tu non ci puoi fare nulla… Dimmi cosa vuoi e vattene dalla mia stanza.»
La stavo fissando intensamente.
«Facciamo una tregua… Noi due.»
«Una tregua?»
«Lasciami vivere la mia vita…»
Per poco Tamara non stava scoppiando a ridere.
«Anche se mi hai salvato la vita, non ti farò sentire al sicuro. Io e te siamo nemiche, Karen. Io sono la morte. E dovunque va la morte, porta solo distruzione e disperazione.»
«Hai seminato una scia di sangue e di vendetta… È così che vuoi continuare?»
«Continuerò finché tu, le tue amiche e Jack non sarete tutti morti.»
«Bene, allora è questo che hai deciso…»
«Sì.»
«Ed io che pensavo che dopo che ti ho salvato la vita tu potevi essere diversa… Mi sbagliavo.»
«In questo mondo non esistono tregue… Te ne accorgerai con il passare del tempo…»
«E tu ti accorgerai che hai scelto l’opzione sbagliata.»
Non avevo altro da dirgli.
Me ne stavo andando.
Finché non vidi Jack che si stava avvicinando alla sua stanza.
«Tamara.»
«Che cosa vuoi adesso?»
«Jack è qui.»

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Capitolo 2
*** La morte non si ferma ***


«Che diavolo stai dicendo?! Come ha fatto ad entrare?!» gridò disperata.
«Smettila di gridare! Così farai peggio!»
Ormai non c’era più dubbio: Tamara aveva paura di quell’uomo.
Non aveva mai avuto paura di nessuno, prima d’ora.
Ma con Jack era diverso.
«Allora che cosa faccio?»
Se volevo salvargli la vita, dovevo nasconderla.
«Dovrei metterti in salvo?»
«No, fammi pure morire miseramente così… Ma che domande fai?!»
«Te lo meriteresti, sai?»
Tamara mi fissava con sguardo indecifrabile.
Non sapevo se era arrabbiata o se avevo colto nel segno.
Magari tutte e due le cose.
«Va bene, vuoi che facciamo una tregua? E sia! Aiutami a nascondermi, ti prego.»
Alla fine, le mie parole l’avevano convinta.
Anche perché non poteva fare altrimenti.
«Vieni. Nasconditi qua.»
La nascosi dietro le lenzuola e i cuscini che erano riposti dietro l’armadio.
«Qui non riuscirà a trovarti» la rassicurai.
«Spero per te, altrimenti mi avrai sulla coscienza.»
La guardai in modo da fargli capire che la sua frase era completamente fuori luogo.
«Perché? Tutti i morti da te causati?»
«Zitta, sta per entrare! Tu ti nasconderai?» mi disse velocemente.
«Non ti preoccupare.»
La porta della stanza fece un rumore molto strano.
Cigolava come se fosse vecchia d’anni.
Jack, mentre la stava richiudendo con cura e senza fare il minimo rumore, accese la torcia che teneva in mano.
Gli balzò subito all’occhio che il letto era vuoto e che Tamara non c’era.
Tocco con una mano le lenzuola tutte stropicciate.
Dallo sguardo illuminato dalla torcia, potei capire che era arrivato alla conclusione che Tamara non poteva essere andata lontano.
Le coperte dovevano essere ancora calde.
Si mosse per l’intera stanza.
Gli mancava da controllare solo l’armadio in cui era nascosta.
Ma fortunatamente, qualcosa andò storto.
Un’infermiera si stava avvicinando, mettendo in allarme il ragazzo.
Divenendo molto preoccupato, cercò una via d’uscita in fretta e furia.
L’unica plausibile era la finestra della stanza che fortunatamente per lui, dava al piano terra.
Senza pensarci due volte, Jack l’aprì e si buttò, scappando a gambe levate.
Ma l’infermiera non entrò mai nella camera di Tamara.
La cosa più importante è che eravamo salve.
Quando diedi il via libera a Tamara, la ragazza stava quasi iniziando a piangere.
«Che cosa stai facendo? Stai veramente…»
«Lasciami in pace!»
«Da dove provengono queste lacrime?»
«Sono solo molto stanca…»
«Certo. Come no…»
«Se n’è andato quel maledetto?»
«Sì. Anche stavolta sei salva. E tutto grazie a me.»
«Che cosa vorresti dire con questo? Che dovrei ringraziarti? Che sono in debito con te?»
«L’unica cosa in cui mi faresti felice, è se tu ti costituissi al Detective Moses.»
«Tu sei pazza… La mia sete di uccidere non si è ancora placata. E Jack sarà il prossimo.»
«Sei veramente uscita di testa.»
Fissavo la mia nemica con sguardo rancoroso.
Lei cercò di fare lo stesso.
Ma non mi faceva paura.
«E’ meglio che me ne vada…»
«Brava Karen. Saggia decisione. Tornatene a casa.»
Naturalmente, per la mia incolumità, non gli dissi che stavamo dormendo sotto lo stesso tetto.
«Arrivederci, Tamara.»
«Spero per te di no… Sai che la morte non si ferma, vero?»
«Riuscirò a fermarti, Tamara… In un modo o nell’altro.»
E detto questo, uscii dalla sua stanza, sparendo dietro il corridoio e dirigendomi verso la mia camera.
 
 
Quando mi risvegliai, era una bellissima giornata.
Il sole splendeva alto.
Sentivo l’aria mattutina che entrava dentro la mia stanza.
Ma chi aveva aperto la finestra.
«Buongiorno dormigliona» disse Melanie che per poco non mi fece prendere un colpo.
«E tu che cosa ci fai qui?»
«Visto che alcune ore libere, ho deciso di dedicarle a te.»
«E me non mi consideri? Non sono nemmeno andata a messa per venire prima da te» disse invece Audrey risentita.
«Oggi è già domenica?» domandai insonnolita.
«Sì, Karen.»
«Accidenti. Ho perso la cognizione del tempo.»
«Posso capirti, sai? Le tue giornate sembreranno tutte uguali… Sai quando ti dimetteranno?»
«Credo molto presto. Ma prima devo parlare con il medico.»
«Capisco.»
«Katherine? Ha fatto le ore piccole?»
«Molto probabilmente sì… Con un nuovo sottomesso.»
«Un nuovo sottomesso? E chi sarebbe?»
«Purtroppo non sono riuscito a scoprirlo… Sapete che lei non mi dice mai niente.»
«Melanie ha ragione, Karen. Dovresti parlarci tu, sai? A te dice sempre tutto.»
«Non voglio immischiarmi in affari che non mi riguardano in prima persona. Lo sapete.»
«Vabbe’, per una volta…»
«No. Su questa cosa non transigo» dissi con tono irremovibile.
«Cambiando discorso, che ne dici se io, te, Melanie e Katherine facessimo un pigiama party? Come i vecchi tempi.»
«Non lo so, Audrey… Non so se mia madre sarebbe d’accordo.»
«Parlerò io con tua madre. Tu pensa a rimetterti.»
«Spero che non sia irremovibile come lo è ora» fece Melanie prendendomi in giro.
«No, tranquille. Lei è più accondiscendente.»
Stranamente, non mi fecero alcuna domanda su Tamara.
Eppure sapevano che volevo parlarci a tutti i costi.
«Bene, ti facciamo riposare. Ripassiamo più tardi, va bene?»
«Quando volete, ragazze… Grazie ancora.»
«A più tardi» dissero in coro le mie due amiche lasciandomi in completa solitudine come ero abituata in questi ultimi giorni.

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Capitolo 3
*** Notte fonda ***


Mi avevano dimesso finalmente.
Non avrei perso più tempo in ospedale.
«Sei pronta per tornare a casa?» mi domandò mia madre prendendomi i bagagli.
«Sì, mamma… Ma stasera rimango a dormire da Audrey. Facciamo un pigiama party.»
«Ma come? Torni a casa solo oggi e…»
«Tranquilla. Avremmo tutto il tempo per parlare domani.»
Mia madre avrebbe volentieri ribattuto.
Ma non disse nulla.
Sapeva che le mie amiche erano tutto per me.
«Ok. Allora ti accompagno da Audrey.»
 
 
Mentre stavo uscendo all’ospedale, percorsi il corridoio che conduceva alla camera di Tamara.
Ma con mia grande sorpresa, vidi che lei non c’era.
A quel punto, domandai all’infermiera se aveva notizie della paziente.
«L’hanno dimessa proprio stamattina» disse lei.
«E’ venuta a prenderla qualcuno?»
«No. Ha firmato il foglio che gli permetteva di lasciare l’ospedale e se n’è andata.»
«Ok grazie.»
Sarebbe tornata all’azione.
Prima per uccidere Jack, poi me e le mie amiche.
Ma questo non mi spaventava.
Non dopo che gli avevo salvato la vita ben due volte.
Perché sotto sotto sapevo che era riconoscente nei miei confronti.
Dovevo proteggere le mie amiche, questo è vero.
«Karen, cosa stai facendo? Vieni?»
«Sì, mamma. Arrivo subito.»
 
 
«Era da un sacco di tempo che non mangiavo così bene. Grazie signora» dissi mentre la mamma di Audrey mi stava levando il piatto sporco.
«Sono contenta che ti sia piaciuto anche questo. Hai divorato tutte le mie portate» replicò lei sorridente.
«Il cibo dell’ospedale non è proprio il mio forte.»
«Immagino… Adesso cosa gradite ragazze? Un dolce? Ho preparato una torta di crema e mele davvero molto buona.»
«No, grazie signora. Sono veramente piena» fece Melanie toccandosi la pancia.
«Ma se non hai mangiato niente!»
«Fatti gli affari tuoi, Audrey.»
«Tu Karen? La vorresti assaggiare?»
«Magari più tardi, signora. Anch’io sono veramente piena.»
«Va bene. Se la volete, la trovate in frigo. Vado a fare le pulizie.»
«Aspetti, signora. Vengo ad aiutarla» mi proposi.
«No Karen, rimani pure con le tue amiche. Sei appena uscita dall’ospedale.»
«Ma sono in grado di darle una mano.»
«Non ti preoccupare. Ce la faccio da sola. E poi, sei mia ospite.»
Le ultime parole mi avevano convinto.
La mamma di Audrey non sopportava che i suoi ospiti l’aiutassero.
Preferiva fare tutto da sola.
«Audrey, perché Katherine non è venuta?»
«Aveva da fare. Ma non mi ha detto cosa…»
«Secondo me, sua madre l’ha rinchiusa in camera sua per la faccenda di Tamara.»
«Che colpa ne ha lei?» domandai a Melanie.
«I suoi genitori sono davvero molto strani, non ricordi?»
«Li ho visti solo una volta.»
«Io li vedo spesso a fare la spesa o a giro per la citta, e non mi hanno mai fatto una bella impressione.»
«Vabbe’… Se lo dici tu» replicai evitando di insistere.
«Comunque è un vero peccato che non sia qui… Avremmo spettegolato sui ragazzi e sulle loro abitudini» fece Audrey che non ne aveva ancora trovato uno.
«Cara Audrey, sicuramente ti avrebbe alquanto imbarazzato, sentire i suoi discorsi… hot» disse Melanie prendendola in giro.
«Non è vero. Qualche giorno fa’, ho letto un libro un po’ spinto in cui si parlava di uomini nudi.»
«Scommetto che è un libro che parla di autopsie e cose del genere>
«No, Melanie. Ti stai sbagliando.»
«Allora dimmi, di cosa si trattava?»
Audrey non rispose.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto.
«Ecco, non ricordo…»
«Quello che credevo» ribatté Melanie maliziosamente.
«Lasciala in pace, Melanie. Non è carino prenderla in giro su questo argomento.»
«Ma io stavo soltanto scherzando» ribatté offesa.
«Saresti contenta se Audrey scherzasse nel dire che sei sonnambula?»
«Io non sono sonnambula!»
«Come credevo… Ti stai arrabbiando.»
«Non è vero!»
«Va bene, lasciamo perdere… Che cosa facciamo?»
«Che ne dite di guardare un film?»
«Che genere di film hai, Audrey? Spero non tutti religiosi.»
«No. Ho anche film d’azione. Come quelli di 007.»
«Perfetto. Allora io voto per uno di quelli» feci entusiasta.
«Quale si guarda?»
«io voto per l’ultimo film: 007 spectre. Vi va bene a voi due?»
«Sì» rispose Melanie.
«Anche a me. Lo vado subito a prendere e lo guardiamo in soggiorno» disse Audrey.
«Perfetto.»
 
 
«Il film è stato davvero emozionante» disse Melanie stiracchiandosi.
«Perché? L’hai visto?»
«Certo che l’ho visto!»
«Ma se hai dormito per tutta la durata del film. Hai fatto le ore piccole, stanotte?»
«Che cosa stai insinuando, Audrey?»
«Niente di che. Era solo per dire…» replicò Audrey con ghigno.
«Non è che ci nascondi qualcosa, eh?»
«Che cosa vi dovrei nascondere?»
«Magari hai fatto qualcosa di “proibito” con Taylor…»
«Guarda che non mi chiamo mica Katherine.»
«E quindi? Mica ci sarebbe niente di male, sai?»
«Lo so. Però raccontare fatti sconci della mia vita privata sarebbe imbarazzante. Anche parlarne con voi.»
«Vabbe’…»
«Che ore sono?» domandai interrompendo la conversazione amichevole.
«E’ quasi mezzanotte.»
«Andiamo a letto?»
«Perché? Tu hai sonno, Karen?»
«Perché tu no, Melanie?»
«Se fosse per me, guarderei un altro film.»
«No grazie. Io andrei volentieri a letto.»
«Tu che cosa ne dici, Audrey?»
«Anch’io andrei volentieri a letto. Sono molto stanca.»
«Siete delle vere pigrone» disse Melanie facendo una smorfia.
«Se vuoi puoi rimanere alzata finché vuoi e vedere tutti i film che ti pare» disse Audrey.
«Non ci sarebbe gusto farlo da sola… Ho bisogno della vostra compagnia.»
«Allora dovrai aspettare domani… Buonanotte» dissi mentre stavo sbadigliando.
«Venite. Vi faccio vedere dove dormiamo.»
 
 
Audrey aveva sistemato i nostri “letti” accanto al suo.
La sua camera era molto spaziosa.
C’eravamo entrati senza problemi.
«Verso che ora ci svegliamo?»
«Direi verso le nove. A voi va bene?» domandò la “padrona di casa”.
«Certo. Va benissimo» replicò Melanie mettendosi sotto le coperte.
«Meno male eri quella che voleva rimanere sveglia fino a tardi.»
«Mi è venuto sonno fece chiudendo gli occhi.»
«Allora buonanotte ragazze» dissi infine.
«Buonanotte» risposero loro in coro mentre Audrey spegneva la luce.
 
 
La mia amica Victoria era dinanzi a me.
Mi stava raccontando del bel voto che aveva preso a matematica.
Non era mai stata brava in quella materia, anche se si impegnava come non mai.
Era felicissima.
Non l’avevo mai vista così prima d’ora.
“Karen, me ne devo andare. Ho un impegno” mi fece salutandomi con la mano mentre si stava allontanando.
“Victoria, dove stai andando?”
Gridai con tutta la voce che avevo in corpo.
Ma lei non mi sentiva.
Il cielo intorno a me si era fatto più buio.
Non vedevo quasi più nulla.
Sembrava che Victoria fosse scomparsa per sempre.
Era una sensazione davvero strana.
Ero quasi spaventata.
C’era una voce che mi stava chiamando.
Ma non riuscivo a capire chi era.
Non vedevo nessuno davanti a me.
Fino a quando non aprii gli occhi e vidi Melanie con il volto sbiancato dalla paura.
Per poco non mi fece sobbalzare dallo spavento.
«Karen! Svegliati!»
«Melanie, ma sei impazzita? Che ore sono?»
«Le due del mattino.»
«Che cosa vuoi a quest’ora della notte?»
«Audrey… E’ scomparsa…»
«Scomparsa?»
«Pochi minuti fa’, mi sono alzata per andare in bagno. Nel suo letto lei non c’era. Nemmeno in bagno e in cucina. Dove potrebbe essere andata?»
Accesi la luce per vedere se Melanie mi stava raccontando bugie.
Ma purtroppo aveva ragione
Audrey non c’era.
«Karen, devi credermi. Non sono sonnambula. Non mi sono inventata tutto.»
«Sì, Melanie. Io ti credo…»
«Non sarebbe meglio andarla a cercare?»
«Secondo me, è meglio se prima ci vestiamo.»
«Vestirci?»
Vidi una luce fuori dalla finestra.
Sembrava un falò che proveniva dalla capanna che stava di fronte la casa di Audrey.
«Karen, che cosa stai guardando?»
«C’è qualcosa in quella capanna…»
Melanie si affacciò per vedere meglio.
«Sì, forse hai ragione. Che cosa ci staranno facendo?»
«Non lo so. Forse è meglio andare a controllare?»
«Ma sei impazzita?! Fare l’investigatrice in piena notte! Vuoi rischiare la vita?»
«Chi ha detto che rischieremo la vita?»
«Karen, ti prego. Rimaniamo qui. Ho un brutto presentimento.»
«E se Audrey si trova in quella capanna ed è in pericolo? Non possiamo rimanere qui con le mani in mano…»
«Ma io…»
«Senti Melanie, posso capire che hai una paura matta e che la curiosità potrebbe esserci fatale… Ma non possiamo rimanere qui senza fare nulla. Potremmo essere in pericolo anche noi…»
Melanie mi fissava con sguardo indecifrabile.
Capii che stavo dicendo delle cose giuste.
«Va bene, verrò con te a vedere che cosa sta succedendo in quella capanna. Ma ti avverto di una cosa: non dividiamoci per nessun motivo. Va bene?»
«Ok.»

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Capitolo 4
*** La setta satanica ***


 
Io e Melanie ci vestimmo con le prime cose che ci capitarono a tiro.
Mentre io ero determinata a scoprire la verità, Melanie non la smetteva di tremare dalla paura.
Giunti fuori casa, il vento sferzava i nostri volti.
Era una notte davvero fredda.
«Melanie, se avevi così paura, perché non sei rimasta in casa?»
«Ma sei impazzita? Tutta sola in quella grande casa? Non ci pensare nemmeno.»
Più ci avvicinavamo alla capanna, più i rumori diventavano più nitidi.
«Che cosa sono questi rumori?» domandò la mia amica.
«Sembrano rulli di tamburi…»
«Che stia iniziando una sorta di iniziazione?»
«Non lo so, Melanie.»
Camminando piano piano con circospezione, alla fine arrivammo dinanzi alla capanna.
Mi affacciai al portone evitando di essere vista.
C’erano un gruppo di persone che se ne stavano seduti per terra con le gambe incrociate.
Erano tutti incappucciati.
Sembrava che stessero mugugnando qualcosa.
«Che cosa vedi, Karen?»
«Vedo un gruppo di persone… Aspetta un momento.»
Alcuni di loro si alzarono in piedi parlottando parole incomprensibili, facendo strani movimenti.
Sembravano sul punto di evocare qualcosa.
In mezzo al loro cerchio, riconobbi un simbolo…
«Il simbolo di Satana…»
«Come?»
«Stanno cercando di evocare qualcosa… Credo che vogliano entrare in contatto con il diavolo.»
Subito dopo, notai che tutti i presenti portavano una collana che mostrava la croce a testa in giù.
Il simbolo satanico che si trovava in mezzo a loro iniziò a brillare di luce propria.
Stava prendendo fuoco.
«Non ho mai visto niente di simile…»
«Fammi vedere.»
Mentre Melanie si esporse per vedere meglio, mi fece cadere a terra.
Uno di loro, incrociò il mio sguardo pieno di terrore.
Ero bianca dalla paura.
Mi aveva visto.
Avrebbe capito che li stavamo spiando.
«Melanie… Credo che mi abbiano visto.»
«Allora andiamocene finché siamo in tempo!»
Non potevo andarmene in quel momento.
Non finché non avevo scoperto qualcosa di più.
«Aspetta un attimo…»
«Che cosa vuoi aspettare? Vuoi che ci uccidano?»
«Che cosa te lo fa pensare?»
«Andiamo Karen! Non vorrai mica credere che quel gruppo di satanisti siano degli stinchi di santo, spero.»
«No, però…»
Purtroppo Melanie aveva ragione.
Stavo indugiando troppo.
Dovevo andarmene il prima possibile.
Ma ormai era troppo tardi, perché, senza accorgermene, ci avevano circondati.
«Karen… Siamo in trappola.»

Con una mossa repentina, uno di loro ci mise un cappuccio per evitare di scoprire dove ci stavano portando.
«Karen.. Siamo morte…»
«Non dirlo nemmeno per scherzo!»
«Secondo te dove ci staranno portando?»
«Non ne ho la minima idea…»
L’unica cosa che sapevo, era che ci stavano facendo camminare da quasi mezz’ora.
«Eccoci arrivati. Potete toglierli il cappuccio.»
Finalmente potevamo vedere.
Ma purtroppo non potevamo muoverci.
Eravamo legati ed inermi.
«Benvenute, mie care ragazze. Benvenute alla vostra fine. Avete osato interrompere il nostro rito satanico. Ed ora ne pagherete le conseguenze.»
«Ci scusi. Non volevamo farlo» fece Melanie con voce stridula.
«Adesso non ha più importanza… Siete pronte per essere gettate nell’oblio?»
«Nell’oblio?»
Eravamo in cima ad un monte.
Se non avessimo fatto qualcosa alla svelta, ci avrebbero buttati di sotto.
«Sarete il nostro sacrificio… Dobbiamo farci perdonare da Satana per non aver portato a compimento il nostro dovere in questa notte di luna nuova. E tutto per colpa vostra.»
«Lasciateci andare! Maledetti!»
«Gridare non ti servirà a nulla, ragazzina… Dovevi startene a letto nella tua camera, invece che venirci a disturbare…»
Eravamo con le spalle al muro.
Non sapevo che cosa fare.
Era davvero finita?
«Fermi!»
Inizialmente si sentì un grido, seguito da un colpo di pistola.
«Lasciatele andare.»
«Chi è che ha parlato?»
Una figura femminile vestita di pelle si avvicinò al gruppo dei satanisti.
«Ma quella è Tamara» disse Melanie sorpresa.
«Sarà venuta per salvarci?»

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Capitolo 5
*** Patto saldato ***


Tamara, con il suo sguardo assassino, fissava gli uomini incappucciati.
«Chi è quella donna?! »
«Colei che riuscirà ad eliminarvi tutti…»
«Provaci…»
Inizialmente, non avevo notato l’arma che aveva Tamara con sé…
«Ma quella è una mitraglietta. »
Gli uomini della setta non l’avevano notato.
Credevano di riuscire a farla fuori con le torce e i coltelli che avevano in dotazione.
«Andiamocene! »
Ma ormai era troppo tardi.
Stavano per essere uccisi tutti.
Se non fosse per una ragazza che riuscì a fermarla in tempo.
«Ma quella è… Audrey. »
«Tamara, fermati! » gridò.
«Che cosa vuoi, suora da quattro soldi? Fai anche tu parte di questa setta? »
«E anche se fosse? Non puoi venire qui a ucciderci tutti! »
«Senti da che pulpito! Stavi per ammazzare le tue amiche! »
«Non li stavamo ammazzando… Sarebbero finite in un mondo migliore…»
Tamara la fissava con sguardo stupito.
Nemmeno io e Melanie volevamo credere alle sue parole.
«Smettila di prendermi in giro, o non risponderò delle mie azioni!»
«Non oseresti uccidere una figlia di Dio.»
«Tu non sei figlia di Dio. Sei figlia del demonio.»
«Come ti permetti?»
Audrey si stava scaraventando contro Tamara.
Ma una scarica di pallottole la colpì in pieno braccio.
«Che tu sia maledetta!»
Il rumore delle sirene in lontananza mise in allerta Tamara.
«Accidenti! La polizia sta arrivando!»
Se non fossero arrivati in tempo, Audrey avrebbe fatto una brutta fine.
Numerose pattuglie si posizionarono ai piedi della piccola montagna.
In poco tempo, avevano circondato tutta la setta. Compresi noi.
Vennero ammanettati tutti, mentre Audrey veniva scortata in ospedale.
«Lasciatemi! Non voglio le vostre cure!» gridava.
Sembrava posseduta dal demonio.
La nostra amica… Colei che consideravo quella più sana di mente… Anche lei era una pazza.
Una pazza che ci avrebbe uccise per sacrificio.
«Karen… Non so cosa dire…»
«Nemmeno io, Melanie. Tutto questo mi sembra un incubo.»
«Ma dove sarà finita, Tamara?»
Sembrava scomparsa nel buio della notte.
Gli riusciva molto bene fuggire, non c’era dubbio.
«Non lo so. Ma qualcosa mi dice che la rivedremo molto presto…»
«Mi pareva strano che voi due non foste implicate in questa storia…» fece una voce conosciuta.
«Detective Moses.»
«Che cosa ci fanno due ragazze nel pieno della notte insieme ad una setta satanica?»
«Non è come sembra, detective» si giustificò la mia amica.
«Ah no? Allora spiegatemi. Vuole farlo lei, signorina, Keane?»
«Noi due non abbiamo nient’altro da dirci» feci mentre me ne stavo andando.
«Non così in fretta, signorina Keane…»
«Non parlerò mai più in sua presenza!»
«Purtroppo per lei, sono io il detective della città. I casi più difficili e interessanti spettano a me.»
«Parlerò con un suo collega.»
«La smetta di fare la difficile. È tutto a suo svantaggio… Mi parli della sua serata “movimentata”.»
Mi misi l’animo in pace raccontandomi per filo e per segno tutta la mia nottata.
«Sa, lei è molto sfortunata nello scegliere le amiche… Senza offesa per la signorina qui presente.»
«Ma lei chi si crede di essere?»
Come immaginavo, la mia amica Melanie si era offesa.
«Sto solo cercando di fare il mio lavoro, signorina… Chi vuole spiegarmi la strage di questi corpi?»
«È stata Tamara, detective Moses.»
«Bene! Era quello che pensavo… Quella spietata assassina ha colpito ancora.
«Se ha fatto tutto questo, l’ha fatto solo per salvarci.»
«La vostra amica risolve tutto a suon di uccisioni?»
«Sinceramente non lo so…»
«Vorrei poterla interrogare un giorno di questi… Comunque, avete altro da dirmi?»
«No, detective… Siamo molto stanche e spossate.»
«Sì. Forse è meglio se ve ne andate a letto. Una pattuglia della polizia vi riporterà a casa vostra.»
«Grazie» dissi cercando di essere il più cordiale possibile.
«Grazie a voi per il vostro aiuto… Qualcosa mi dice che ci rivedremo molto presto.»
«Credo anch’io…»
Mentre stavamo andando verso l’auto della polizia, vidi una lettera sigillata per terra.
«Di chi potrebbe essere?» domandò la mia amica.
Scartandola, vidi con sorpresa che si trattava di Tamara:
 
Stanotte ti ho salvato la vita. Il nostro patto si è saldato. D’ora in poi, dovrai proteggerti dalla mia vendetta omicida, perché presto toccherà a te.
Tamara
 
“Benissimo. Ora posso avere l’animo in pace” pensai ironicamente prima di salire sul veicolo.

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Capitolo 6
*** Fratellastro e sorellastra ***


 
Finalmente arrivai a casa.
Non ero mai stata così impaziente di ritornarci prima d’ora.
Mia madre mi stava attendendo in soggiorno.
Non l’avevo mai vista così spaventata e sollevata insieme.
«Ti ho vista in televisione al notiziario…» disse mia madre con le lacrime agli occhi «Anche stavolta, ho temuto per la tua vita.»
«Mamma, non piangere. Va tutto bene.»
In quel momento andava tutto bene.
Ma anch’io sapevo benissimo che anche stavolta avevo rischiato grosso.
«Ho visto anche le tua amica Audrey ferita che veniva scortata dalla polizia e dai medici… C’entra anche lei in questa storia?»
«Purtroppo sì. Ha cercato di uccidere me e Melanie.»
«Come ha cercato di uccidervi?»
Gli raccontai che io e Melanie avevamo scoperto la sua vera indole di servitrice di Satana.
«Non posso crederci… Non posso credere di aver ospitato una persona simile…» fece mia madre interdetta.
«Non potevamo saperlo, mamma.»
«Non conosciamo mai tutte le persone che ci stanno attorno… E questo, talvolta, è davvero terribile… Prima Tamara e adesso Audrey… Spero che almeno Katherine e Melanie si salvino, altrimenti sarebbe meglio che tu non le frequentassi più.
«Tranquilla. Melanie e Katherine sono apposto,»
M’immagino la faccia di mia madre se gli rivelassi che Katherine è una pazza maniaca del sesso.
In senso buono, naturalmente.
«Credo che sarai molto stanca… Perché non vai a dormire?»
«Sì. Vado subito.»
«Che ne dici se domattina andiamo a fare spese in centro? Così almeno potremmo passare una giornata madre e figlia come i vecchi tempi. Ti va?»
«Certo che mi va. Mi farebbe molto piacere» risposi contenta.
«Molto bene. Allora ci vediamo domani» fece mia madre abbracciandomi e dandomi la buonanotte.
«Buonanotte, mamma.»
«Se stanotte hai bisogno di qualcosa o non riesci a dormire, non farti scrupoli e svegliami, ok?»
«Mamma, non ho più cinque anni.»
«E questo che vuol dire? Sei sempre mia figlia, no? Buonanotte.»
Non risposi alle domande di mia madre.
A malapena riuscivo a reggermi in piedi.
Ero talmente stanca che non mi cambiai neppure.
Avevo i vestiti sporchi d’erba e di terra.
Camera mia era il posto più confortevole e sicuro che conoscevo in quel momento.
Se non fosse stato a causa di una figura misteriosa che mi stava fissando dalla finestra, ma non ero del tutto sicura.
Ero troppo stanca.
Avevo lo sguardo assonnato e sfocato.
Sarei riuscita almeno a dormire?

Mi agitavo nel sonno.
Incubi e preoccupazioni attanagliavano la mia mentre.
Non facevo altro che vedere le figure di Victoria e di Audrey ovunque.
“Amiche… Amiche… Non ve ne andate…”
Ero disperata.
In un momento erano vicine a me.
Ma subito dopo sparivano.
Audrey era una delle mie migliori amiche.
E sapere la sua vera identità, mi faceva alquanto male.
Inizialmente anche per Tamara mi fece molto male.
Ma adesso era diverso.
Sì, era una persona spietata e orribile.
Ma almeno aveva ancora un cuore.
C’eravamo salvate la vita a vicenda.
Ma essere ancora nemiche in questa maniera, era davvero sconcertante.
Mi svegliai di soprassalto.
Ero completamente sudata.
Inizialmente, non riuscivo a capire dove mi stavo trovando.
Era tutto buio.
Ma poi qualcuno aprì la porta di camera mia.
Era mia madre che mi fissava preoccupata.
«Tesoro, stai bene?»
Non potevo dirle bugie.
Avrei mentito a me stessa senza poterlo nascondere.
«No. Non sto bene.»
«Hai fatto un incubo?»
«Sì. Ho sognato Victoria, Tamara e Audrey…»
«E che cosa facevano nel sonno?»
«Niente di che… Come posso dire… Inizialmente erano mie amiche, poi tra una ragione e l’altra ho visto il mio recente passato.»
«E’ normale così, Karen.»
«Mamma… Non voglio più pensare a loro.»
«Hai bisogno di rilassarti… Di distrarti… Hai bisogno di una vacanza.»
«Una vacanza? E dove?»
«Non lo so. Lontano da qui. Tu e Melanie da soli. Vedrete che riuscirete a ritornare le persone felici e spensierate di un tempo.»
«Non è così semplice… Non potremmo mai cancellare il nostro recente passato…»
«Ma almeno vi distrarrete un po’.»
«Non lo so…»
Non sapevo cosa fare.
Andarmene via non avrebbe risolto tutti i miei problemi.
Di questo ne ero certa.
Avevo bisogno di qualcuno che mi proteggesse e che mi volesse bene.
Come di mia madre.
«E’ meglio se rimango qui» dissi dopo una rapida riflessione.
«Va bene. Come vuoi tu…»
Mia madre non mi voleva sbattere fuori di casa, sia chiaro.
Voleva solo il bene per me.
Un bene che non riuscivo ad avere.
«Vuoi una tazza di tè? Un po’ di latte? Magari potrebbe calmarti i nervi…»
«No, grazie. Proverò ad riaddormentarmi.»
Ma mentre mia madre stava lasciando la mia stanza, sentii un colpo venire fuori casa nostra.
«Che cosa potrebbe essere stato?» domandò mia madre allarmata.
«Non ne ho la minima idea» risposi.
«Meglio se vado a controllare.»
Mia madre corse velocemente al piano di sotto, senza darmi il tempo di fermarla.
«Mamma! Aspetta!»
Ma lei non mi sentiva.
Era troppo presa a riuscire a capire da dove potesse venire quel tonfo.
Decisi di seguirla.
Quando la vidi, era ferma dinanzi alla porta d’ingresso.
Non si muoveva.
Sembrava pietrificata.
«Mamma, che cos’hai?»
Quando vidi che cosa, o meglio chi stava fissando, per poco non mi prese un colpo.
«Greg…»
«Scusami per l’ora, Karen. Ma dobbiamo parlare.»

Greg era tutto bagnato e infreddolito.
Era già fortunato se non riusciva a prendere un brutto raffreddore.
«Karen, tu conosci questo individuo?» domandò mia madre cercando di calmarsi.
«Sì. È un alunno del mio liceo.»
«Mi scusi per la tarda ora signora…»
«Che cosa ci fa un ragazzo della tua età in giro a quest’ora della notte?»
«Devo parlare con sua figlia.»
«E non potevi aspettare domattina?»
«E’ molto urgente.»
«Cosa c’è di così urgente, Greg?»
«Riguarda Tamara… E me…»
Il mio cuore mancò un battito.
Sentire il nome di lei mi faceva quest’effetto.
Per poco non sbiancavo di colpo.
«Mamma, potresti lasciarci soli?»
«Karen, sei sicura?»
«Tranquilla mamma. Non potrebbe mai farmi del male» dissi facendogli un sorriso.
«Va bene. Non fare tardi. Buonanotte.»
Adesso io e Greg eravamo soli.
«Potrei entrare in casa?»
«Oh sì, scusami tanto. Accomodati in salotto.»
Gli diedi una coperta e dei vestiti puliti per evitare che si infreddolisse ancora di più.
«Ti ringrazio. Sei molto gentile» disse ricambiando con un sorriso sincero.
«Ma i tuoi genitori sanno che sei qui?»
Greg mi squadrò da capo a piedi.
Aveva lo sguardo cupo.
Che cosa mi stava nascondendo?
«Io non ho genitori, Karen… Ho solo un tutore che mi mantiene.»
«Ah. Scusami.»
«Non potevi saperlo. Nessuno lo sa. Devo solo ringraziare che non mi abbia sbattuto in un orfanotrofio. Del resto è lui che mi mantiene…»
Vedevo il suo sguardo triste.
Non si senti a proprio agio.
«Non c’è nessuno oltre al tuo tutore che può aiutarti?»
«Sì. La mia sorellastra… La persona che odio di più al mondo e di cui conosco tutti i suoi oscuri segreti.»
«E sarebbe?»
«E’ per questo che sono qui. Per lei… Karen, devi sapere che Tamara è la mia sorellastra.»
«Che cosa?» domandai sconvolta.
«Prima che mio padre morisse in un incidente aereo, aveva sposato a Las Vegas una spogliarellista: la mamma di Tamara. Era definita “La reincarnazione della morte”. Si diceva che quella donna aveva sposato più di dieci uomini. Tutti morti in circostanze diverse tra di loro. Chi per morte naturale chi per incidenti di vario genere… Ancora mi chiedo come mio padre possa aver fatto una cosa del genere.»
«Greg… Ma è vero quello che mi stai dicendo?»
«Sì, Karen. Molto scioccante, non è vero?»
«Perché me lo stai dicendo proprio ora?»
«Perché quella donna ha rovinato la mia esistenza… Come sorella maggiore, ha cercato di uccidermi.»
«Perché ce l’avrebbe avuta con te?»
«Lei e sua madre volevano uccidere me e mio padre per accaparrarsi tutta la fortuna che mio padre era riuscito a guadagnare con la borsa. Dopo la sua morte, io sono diventato l’unico beneficiario… Nessuno lo sa. Nemmeno il mio tutore. Solo lei.»
«E la mamma di Tamara?»
«Lei è morta insieme a mio padre mentre stavano volando verso l’Europa… Quella ragazza non ha fatto altro che fare la santarellina alle nostre spalle. E solo adesso ha mostrato il suo vero istinto omicida.»
«Prima Victoria… E adesso tu?»
«Devi aiutarmi. Karen» fece Greg prendendo la mia mano «Dobbiamo toglierla di mezzo una volta per tutte.»
«Non sono un’assassina, Greg. Non mi abbasserei mai al suo livello.»
«Ma ha ucciso una tua amica!» protestò.
«Lo so. Ma io non sono un’assassina.»
Greg credeva di ricevere un mio aiuto.
Ma non aveva considerato il mio rifiuto.
«Ti capisco…»
Greg si alzò dal soggiorno per dirigersi verso l’ingresso.
«E adesso dove stai andando?»
«Se tu non vuoi aiutarmi, dovrò fare tutto da solo» fece mentre aprì la porta.
«Non vorrai macchiarti di un simile omicidio, vero?»
«Lei non è mia sorella… non l’ho mai considerata come tale… Deve essere punita. Punita per l’infanzia che mi ha fatto passare in sua compagnia.»
«Che tipo d’infanzia ti ha fatto trascorrere?»
«Lascia perdere… Addio Karen. È stato bello fare la tua conoscenza» disse infine mentre richiudeva la porta.
Non feci nulla per fermarlo.
Tanto era inutile.
Lui avrebbe agito contro la mia volontà.
Adesso Tamara aveva un nuovo nemico.
Un nuovo nemico che voleva la sua morte.
Un nemico molto vicino a lei…

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Capitolo 7
*** Morte contro morte ***


Raccontai tutto al Detective Moses.
Era l’unico che mi potesse aiutare in un momento simile.
Anche se non lo consideravo un grande detective.
«Quindi mi vorresti dire che Tamara ha un fratellastro che la vuole uccidere?»
«Esatto, detective.»
«Questa non ci voleva… Prima il suo ex fidanzato Jack. E adeso questo ragazzino.»
«Dobbiamo intervenire prima che la situazione precipiti.»
«Lo so bene anch’io, signorina Keane.»
Il detective Moses passeggiava nervosamente per tutto il suo ufficio.
Non faceva altro che rendermi nervosa.
«La cosa che mi sorprende di più è che me lo sei venuta a dire subito…»
«Non avevo altra scelta.»
«Bene. Vedo che inizi a ragionare…»
«Lo faccio solo per il buon senso della giustizia. Non certo per lei.»
«Immaginavo…»
Mentre io e il detective stavamo discutendo animatamente, una bomba carta venne lanciata contro la finestra dell’ufficio, mandandola in mille pezzi e scaturendo un piccolo incendio.
La freddezza del detective Moses e dei suoi colleghi evitarono che si scatenasse il peggio.
«Chi diavolo può essere stato?!» gridò furente il detective Moses.
«Non lo sappiamo, detective… Abbiamo visto una persona sospetta allontanarsi da qui correndo a più non posso…»
«Quindi non l’avete visto in faccia, giusto?»
«Sì, esatto.»
«Piazzate immediatamente posti di blocco nel raggio di cinque isolati.»
«Sissignore.»
«Ormai è inutile, detective Moses… Potrebbe essere stato chiunque. Anche un malintenzionato…»
«È stata quella vipera della tua ex amica, non c’è dubbio. Questo è un messaggio intimidatorio.»
«Può darsi…»
«Ma sai che c’è? Non riuscirà mai a spaventarci. Parola mia… Occhi bene aperti, signorina Keane. La prossima potrebbe essere lei…»
«Sicuramente» risposi con naturalezza.
«Forse è meglio se gli mettiamo a fianco una guardia del corpo..»
«Non ce ne sarà bisogno… So benissimo badare a me stessa.»
«La prego di non fare la difficile. È per il suo bene.»
«Lo so, ma non mi serve. Tamara non mi farebbe mai degli agguati in cui potrebbe uccidermi senza che nemmeno me ne accorga… Non è nella sua natura. Lei vuole vedermi morire faccia a faccia.»
«Che cosa glielo fa pensare?»
«La conosco bene. So come agisce…»
«Va bene. Come vuole lei.»
E detto ciò, uscii dal suo ufficio.
 
 
Era inutile dare la caccia a lei, a Greg e al suo ex fidanzato.
Non sapevo dove cercarli.
Ero sicura che mi avrebbero cercato loro.
Quando arrivai dinanzi al vialetto di casa mia, vidi che la porta d’ingresso era inspiegabilmente aperta.
Una volta entrata, mi immobilizzai dalla paura.
L’intera cucina e il soggiorno erano in uno stato pessimo.
Erano state buttate per terra cose di ogni tipo.
Dai bicchieri rotti ai cuscini strappati.
Un vero disastro.
Chiamai mia madre per sentire se c’era.
Ma non mi rispose.
Era sempre al lavoro.
“Cosa diavolo poteva cercare colui che ha combinato tutto questo?”
Io e la mia famiglia non avevamo niente da nascondere.
Eravamo sempre stati una famiglia onesta e buona.
Cercavo di muovermi tra il disastro senza cercare di peggiorarlo ulteriormente per andare al piano di sopra.
Non sentivo nessun rumore a parte i miei passi, e questo mi faceva preoccupare ulteriormente.
Forse dovevo lasciare la mia casa.
Forse dovevo aspettare la polizia.
Ma il mio istinto di donna mi diceva di cercare la verità da sola.
Anche camera da letto di mia madre era disastrata.
“E’ davvero terribile” pensai.
Adesso mancava il mio bagno e camera mia.
Anche la mia camera era stata completamente distrutta.
«Quale mente malata…»
Appena alzai lo sguardo, vidi uno spettacolo terrificante: Greg era appeso al soffitto con una corda al collo.
«Oh mio Dio… Greg!»
Lo tirai giù per terra strappando la corda.
Ma ormai era troppo tardi.
Il ragazzo era morto da chissà quante ore.
«Ha voluto quello che si meritava…»
Una voce inconfondibile alle mie spalle mi fece sobbalzare.
Era lei.
«Tamara… ma cosa diavolo hai fatto?»
«Mi sono solo difesa, Karen. Nessuno può uccidere la morte in persona.»
«Tu sei pazza…»
Ero completamente disgustata.
Non riuscivo a credere a tutto ciò.
«Può darsi… Ma se vuoi vivere in pace, devi far capire a tutti di che pasta sei fatta. Altrimenti, i tuoi nemici faranno di tutto per eliminarti.»
«Sei tu che hai scatenato tutti questi morti… Tu soltanto!»
«E anche se fosse?»
«Anche se fosse? Ma ti senti quando parli?»
«Ho finito di parlare… E’ giunto il momento di far fuori anche te. E questa volta non ci sarà nessuno che riuscirà a salvarti.»
Ero pietrificata.
Tamara mi stava puntando la sua pistola ancora una volta.
Forse questa volta aveva ragione.
Forse adesso nessuno mi avrebbe aiutato.
«Tamara, smetti di fare tutto ciò e costituisciti. Tu non sei questo tipo di persona…» feci con le lacrime agli occhi
«Ti sbagli, Karen. E smettila di piangere!»
«Perché mi fai tutto questo? Hai segnato la mia esistenza per sempre!»
«Mi dispiace Karen… Ma io sono fatta così.»
Non riuscivo a spiegarmi tutti questi modi di fare.
L’unica spiegazione era che aveva una mente malata.
«Tamara, ti prego… Pensaci. Vuoi davvero uccidermi? Vuoi uccidere una delle tue migliori amiche?»
Tamara mi fissava con sguardo indecifrabile.
In quel momento non riuscivo a capire le sue reali intenzioni.
Mi avrebbe fatto fuori o mi avrebbe risparmiato?
«Karen… Devo confessarti che ho passato dei bellissimi momenti con te…»
«Allora cosa aspetti? Abbassa quell’arma…»
Forse ero riuscito a convincerla.
Tamara stava abbassando la sua pistola.
Ma mentre sembrava che tutto stesse andando per il meglio, uno sparo improvviso la colpisce in pieno stomaco.
Il suo sangue schizzò addosso a me.
Non mi stavo rendendo conto di cosa stesse accadendo.
Stava succedendo troppo in fretta.
«Jack!»
Le mie grida risuonarono in tutta la casa e in tutto il vicinato.
Jack, con lo sguardo assassino, aveva la pistola puntata su Tamara.
«Hai finito di vivere, Tamara…»
Jack stava per dargli il colpo di grazia.
Sembrava che la storia si stesse ripetendo.
Io che mi frappongo tra il suo colpo di pistola e lei.
Ma stavolta era troppo tardi.
Tamara era già stata colpita.
Non smetteva di perdere sangue.
Era in fin di vita.
«No Jack! Non farlo!»
«Vuoi morire prima tu?! Mi ha fatto soffrire come un cane. Prima mi tradisce e poi fa la criminale. Non posso più sopportare un simile affronto!»
«Tu non hai nessuna colpa, Jack! Fai si che Tamara paghi… In prigione…»
«No! Devo togliermi la soddisfazione di ucciderla. Solo così potrò continuare a vivere in pace…»
Non potevo sopportare questo affronto.
Non potevo permettere che finisse in questo modo.
«Non te lo permetterò!»
Piombai addosso a Jack cercando di disarmarlo.
Aveva una forza maggiore della mia.
Ma questo non m’importava.
«Karen! Fermati! Lasciami andare!» gridava disperato.
Alla fine, mentre cercavo di strapparmi dalle mani la sua pistola che avevo appena preso, partì l’ennesimo colpo, ma questa volta colpì lui.
Il colpo fu mortale.
L’aveva colpito in piena tempia, uccidendolo all’istante.
Ero completamente sotto shock.
Un altro morto.
L’ennesima persona che vidi morire con questi occhi.
Non ce la facevo più.
Non potevo sopportare tutto questo.
Ma finalmente arrivò il detective Moses seguito da altri poliziotti.
Nemmeno le ambulanze tardarono ad arrivare.
Finalmente era finita.
Tamara, con un filo di voce, mi strinse a sé.
«Karen… Io… Pagherò per tutto quello che ho fatto… Addio…»
Non volevo che lei morisse.
Anche se aveva ucciso alcune delle mie più care persone tra cui Greg e Victoria.
Ma il destino si sa che si compie in maniera imprevedibile.
Per tutte le cose.
Per tutti i momenti.

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