Alla fine del tunnel

di fri rapace
(/viewuser.php?uid=63184)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo-Alla fine del tunnel James bloccò il collo possente, preparandosi ad affondare il suo palco di corna nel fianco di uno dei suoi migliori amici. Lo avrebbe ferito per salvare la vita a una delle persone che odiava di più al mondo.
Il lupo mannaro alzò il muso nella sua direzione e lo fissò.
La sua vista di cervo non gli permetteva di vedere dritto avanti a sé, e quel che percepì fu un’immagine sfocata, due occhi feroci e senz’anima e dietro di essi, come un riflesso, lo sguardo buono di Remus. Si sentì terribilmente meschino, perché l’amico non aveva nulla a che spartite con la bestia che prendeva il suo posto una volta al mese.
Perché il vero Remus in quel momento non c’era più.
James era pronto a colpire, ma esitò.
Il lupo mannaro piantò di nuovo le zanne nel corpo del ragazzo privo di sensi, con oscena ingordigia.
E già mentre James lo colpiva, con tanta forza da sentire la propria nuca vibrare, seppe che l’esitazione era stata fatale.
“Perdonami, amico”, pensò l'Animagus, certo che Remus non l’avrebbe perdonato mai. E non perché l’aveva colpito, ma perché non era stato in grado di proteggerlo da se stesso, impedendogli di uccidere. Glielo avevano promesso, gli avevano giurato che mai gli avrebbero permesso di rovinare o togliere la vita a qualcuno. Ma Sirius lo aveva tradito, e ora lui…
Guardò il corpo privo di vita del ragazzo. Era accasciato scompostamente sulle assi di legno del pavimento, tanto gracile nei suoi vestiti strappati, le orribili ferite che occhieggiavano tra i brandelli di stoffa.
“Perdonami…” esitò di nuovo, le narici umide che si dilatavano per attenuare il senso di soffocamento che lo stordiva.
Sapeva che ancora una volta l’esitazione sarebbe stata fatale.
E così fu. La parola “amico” riferita a Severus Piton non prese mai forma nella sua mente, solo un riflesso subito svanito.
Ma il senso di colpa per non essere riuscito a salvarlo lo avrebbe tormentato per sempre.
E la certezza di aver perso un amico a causa sua - per colpa di Severus! Era sempre colpa sua! - non fece che alimentare l’odio che provava nei suoi confronti.
James abbassò il capo, sconfitto. Lo scaricare la colpa su Severus questa volta non avrebbe funzionato, lui era la vittima e non poteva mentire a se stesso su questo.
Cosa era passato per la testa a Sirius? Sapeva bene come avrebbe agito il lupo mannaro, lo sapeva! Sirius aveva commesso un omicidio, e il vedere l’arma che aveva scelto per colpire l’odiato compagno di scuola guaire a poca distanza dai suoi zoccoli, gli fece più male di un «Ti odio» urlatogli da Lily.
Il mannaro si alzò sulle zampe anteriori, grondando sangue dal fianco lacerato e facendo schioccare le forti ganasce, pronto ad attaccarlo.
Remus in quel momento non c’era più, e non ci sarebbe stato più per molto, molto tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Alla fine del tunnel-1- Vent'anni dopo...

Eccolo, finalmente. Era lui, ed era lì, come gli aveva annunciato Greyback. 
Indossava abiti costosi, l’aspetto era curato e con il suo modo di porsi sfacciato e sicuro di sé metteva in ombra persino il padrone di casa, Lucius Malfoy. Il ragazzino che già ai tempi di Hogwarts si faceva notare per la sua bellezza era cresciuto ed era diventato un uomo adulto la cui avvenenza era, in quella stanza, eguagliata solo da quella della cugina Bellatrix.
Sirius alzò una mano e si scostò i capelli dalla fronte in un gesto di distratta eleganza che non fece che aumentare il suo fascino.
Sirius, che da ragazzo sembrava odiare chiunque provasse anche il minimo interesse per le Arti Oscure. Sirius, che voleva rinnegare la sua famiglia, che si era illuso fosse suo amico!
A Remus sfuggì un ringhio a denti stretti.
Greyback gli mise una mano sulla spalla. “Non ora, ragazzo. Pazienza”, gli intimò.
Remus si trovava in piedi tra i due uomini a cui aveva permesso, a causa della sua incoscienza, di farlo diventare un essere che meritava solo disprezzo. Uno teneva la lurida mano sulla sua spalla, l’altro stava per posare lo sguardo sul suo volto.
I loro occhi si incrociarono e vide Sirius irrigidirsi appena.
Remus accennò un sorriso, spostandosi i capelli sporchi quanto la mano di Greyback dagli occhi, con un gesto secco e privo di alcun fascino.
Lui, d’altro canto, non era mai stato bello.
Sirius Black strinse gli occhi per una frazione di secondo.
“Oh!” esclamò Bellatrix con voce cantilenante. “Hai visto il nostro ultimo acquisto, cugino?” calcò la pronuncia della parola “cugino”, dando l’impressione di essere quasi infastidita dal legame di parentela che li univa. “Un altro cane pezzente. L’ho voluto io qui oggi, per farti una bella sorpresa, dopo aver saputo dei vostri esilaranti trascorsi. Ti ricordi di lui?” Scoppiò a ridere di gusto, le palpebre pesanti abbassate a nascondere in parte il suo sguardo folle.
“Sì,” rispose Sirius seccatamente. “Credo di ricordare.”
Lucius, troppo impegnato a fissarsi le curatissime unghie per prestare attenzione allo scambio di battute, quasi si ritenesse superiore a quegli screzi, si rivolse a Greyback:
“Quindi è deciso. Per il plenilunio prestabilito ti voglio pronto ad agire, porta pure tutti i tuoi simili che ti occorrono, basta che tu abbia l’assoluta certezza di saperli tenere sotto controllo. E… ti avverto, il Signore Oscuro non desidera uccidere una bestia pulciosa, vuole vedersi consegnare un ragazzo. Vivo e sano.”
“Sì, signore,” grugnì irrispettosamente il mannaro, grattandosi distrattamente il collo con la bacchetta. “Il mio amico qui, è un mago. Potrei avere una bacchetta anche per lui? Ci potrebbe essere utile.”
“E’ una buona idea,” si intromise inaspettatamente Sirius. “A scuola era uno degli alunni migliori, probabile che ci potrà essere più d’aiuto da mago che non da mannaro.”
Remus lo ringraziò con lo sguardo, non per la bacchetta, ma per la chiara intenzione che sembrava avere di portarlo fuori dalla stanza assieme a lui, in modo che potessero rimanere soli.
Infatti Sirius aveva stretto nel pugno un lembo della pietosa camicia che Remus indossava, spingendolo dinnanzi a sé, come se non aspettasse altro.
“Stai attento, signore. Il lupo morde”, lo avvertì Greyback, ammiccando.
“Non gli conviene,” gli rispose calmo Sirius, rivolgendosi però a Remus e guardandolo dritto negli occhi. “Gli sto per dare una bacchetta, ne ho un paio nella mia moto. Sarebbe da stupidi attaccare chi ti sta per fare un dono,” lo allontanò bruscamente dal mannaro più anziano, abbassando la voce. “E’ necessaria solo un po’ di pazienza, poi potrà dare sfogo a tutto il suo risentimento.”
Aumentò la stretta sulla sua camicia, pizzicandogli la pelle.
“Va bene, datevi una mossa”, ordinò Lucius, ma gli occhi che si abbassarono non appena lo sguardo di Sirius si fu posato su di lui, la dissero lunga sullo scarso potere che era in grado di esercitare nei suoi confronti.
Remus si lasciò condurre docilmente fuori dalla villa, recitando la parte del bravo lupo domestico.
Aspettò di essere guidato fino in fondo alla scalinata di marmo che conduceva ai giardini della tenuta, ma appena il suo piede calpestò, non proprio inavvertitamente, l’agrifoglio di una elegante aiuola, sussurrò all’orecchio di Sirius. “Pensaci… tu che faresti a un amico che ti tradisce, facendo di te un assassino, condannandoti a vent’anni ad Azkaban?”
Sirius non esitò neppure per un secondo. “Lo ucciderei,” e gli porse immediatamente la propria bacchetta.
Malgrado la sorpresa per il gesto inaspettato, Remus la prese senza indugio e gliela puntò al petto.
“Avanti, fallo”, lo incitò Sirius, con impazienza.
Rimasero così per un lungo istante, immobili.
Remus strinse le dita attorno all’impugnatura di legno, digrignando i denti. “Non posso”, confessò infine, tremando per la frustrazione. Aveva promesso e comunque non sarebbe stato in grado lo stesso di ucciderlo, non a quel modo.
Sirius gli rispose con rabbia, quasi deluso. “Che significa che non puoi?”
“Non posso”, ripeté, mentre l’istinto gli suggeriva di saltargli alla gola. Ma non aveva cuore di ammazzarlo come aveva imparato a fare tra i mannari, promessa o meno. Non lui… Strinse gli occhi, aveva male alla testa, e lo vedeva, dannazione, lo ricordava chino sui libri a rischiare la pelle con incantesimi troppo difficili per un ragazzino, per diventare un Animagus, perché non ne poteva più di vederlo massacrarsi a ogni luna piena, perché lo voleva aiutare.
“Che diavolo stai aspettando? Colpiscimi!”
“No.”
“Lunastorta, dannazione!” abbaiò facendo una smorfia, la collera che ne distorceva la voce. “Ti odio, lo sai? Sei ancora il bambino arrendevole che si faceva andare bene tutto? Guardami! Ti ho derubato della tua vita!”
“E tu sei ancora lo stesso arrogante! Non prenderti meriti che non ti appartengono, la vita mi è stata rubata ben prima di conoscere te!”
Sirius lo guardò disgustato. “Sì, dal mostro del quale hai deciso di diventare servo! Lui ti ha rovinato la vita e io… io ti ho dato il colpo di grazia.”
Lasciò cadere la sua provocazione nel vuoto. “Se ti fa piacere pensarla così…”
Il suo atteggiamento distaccato mandò Sirius su tutte le furie.
“Colpiscimi!” urlò esasperato. “Lo devi fare! Lo capisci o no che mi farà sentire meglio? Ho bisogno che tu me la faccia pagare, o ti hanno strappato le palle, ad Azkaban?”
Remus serrò il pugno e lo accontentò, affondandolo nel suo stomaco e osservandolo con freddezza piegarsi su se stesso per il dolore lancinante.
Si inginocchiò davanti a lui e lo spinse a terra. Cadde con una facilità disarmante e rimase lì, boccheggiando, con la gola scoperta.
Un sorriso infelice gli stese le labbra, era alla sua mercé, avrebbe potuto finirlo in pochi secondi. Si mise su di lui, stringendo i denti e afferrandolo saldamente per le spalle.
“Avanti, fallo!” gli aveva ordinato.
“Sì, signore”, sussurrò Remus.
Ma non fece nulla. Amareggiato, realizzò che non provava alcun sollievo nel vederlo soffrire.
Ancora con il fiato corto, Sirius lo guardò attraverso i capelli scuri. “Non con le mani, razza di deficiente!” biascicò, con una punta di panico nella voce. Perché lui era cosciente di quanto poteva diventare pericoloso quando perdeva il controllo. E malgrado questo, insisteva nel provocarlo.
“Colpiscimi con la bacchetta! Le mani servono per essere messe addosso alle belle donne, non agli amic…” concluse la parola in un singulto, come se gli fosse andata di traverso.
Remus si rialzò, sollevò la bacchetta sopra la testa e gliela scagliò contro, rabbioso. “Mani addosso alle donne? Sarebbe un’esperienza nuova per me. Pensa, se ne sei capace! Sono stato incarcerato a quindici anni! Avevo quindici anni! E ora sono un’incapace che ricorda a mala pena gli incantesimi del quinto anno, come pensi che riesca ad ammazzarti con la magia?”
Sirius finalmente sembrò capire.
Si raddrizzò a fatica, e reggendosi lo stomaco con una mano aperta lo condusse verso la sua moto. Frugò tra un cumulo di cianfrusaglie, riesumando da sotto di esse una bacchetta.
Attirò l’attenzione di qualcuno alle sue spalle con un cenno di mano, prima di gettargliela.
Remus l’acchiappò al volo, era appiccicosa e profumava di marmellata.
“A chi apparteneva?” chiese.
“Ninfadora Tonks, un Auror.”
“L’hai uccisa?”
Non gli fu concessa una risposta. L’uomo raccolse la propria bacchetta da terra, i suoi occhi erano umidi.
“Quindi stai dalla parte Voldemort?” tentò di nuovo Remus, percependo a poca distanza un rumore di passi.
Si guadagnò un’occhiata in tralice. “Tu pronunci il suo nome?” Sirius sembrava colpito.
“Tu, no?”
Un ghigno sfacciato si fece largo sul suo viso, e per un istante Remus rivide il suo amico. Felpato. Se solo avesse fatto del male solo a lui, lo avrebbe perdonato nell’istante stesso in cui le sue labbra si erano allargate in quel sorriso storto. Ma un ragazzo era morto, un ragazzo innocente! E ora… stai dalla parte di Voldemort?
“Voldemort? Certo. Pronuncio il suo nome,” sembrava stesse riflettendo velocemente. “Mi spiace. Non so esprimerti quanto…” i suoi lineamenti si indurirono, l’espressione era tormentata. “Ma non potrò mai avere il tuo perdono, lo capisco. Stupeficium!”
Remus scivolò a terra, ma non svenne subito. Gli Schiantesimi avevano un effetto attutito sui lupi mannari.
Avvertì dietro di sé un frenetico scalpiccio.
“Ehi, signore! Che stai facendo al mio compare?” abbaiò Greyback, risentito.
“Il tuo cane, invece di apprezzare il mio dono, ha cercato di attaccarmi!” e poi la bacchetta del mago calò di nuovo su di lui. “Stupeficium!”
“Ti avevo avvertito che mordeva”, disse con calma il mannaro.“Avresti dovuto capirlo che non sarebbe stata una buona idea che fossi proprio tu a consegnargli la bacchetta.”
La sua risata aspra lo accompagnò mentre l’incoscienza si impadroniva di lui, mescolata alle ultime parole di Sirius:
“Mordeva. Ma non lo farà mai più.”















Eccomi qui con il primo capitolo! Lo so, sembra tutto assurdo e confuso, ma prometto che nei prossimi capitoli la situazione si farà più chiara.... d'altronde l'omicidio di Severus Piton non poteva che portare
a importanti cambiamenti agli eventi successivi alla sua morte.
Ringrazio prima di tutto chi mi ha lasciato una recensione (sempre graditissime :-):

Fennec
Grazie per la bella recensione, hai afferrato esattamente quello che volevo esprimere! Non sai quanto mi hai fatto felice ^^
Ci ho pensato parecchio al risvolto che avrebbe potuto avere questo “scherzo”, alla fine sventato solo per un soffio, e mi sembrava un buon punto di partenza per creare un AU.

Sissy88
Grazie per la recensione ^^ Mmm... inizio un po’ cruento, vero? Beh, Remus si sentirà malissimo, anche se, da come leggerai (spero ;-) in questo capitolo ho fatto un salto temporale di vent’anni. Certo, non dimenticherà mai quello che ha fatto.

Robert90
G
razie per la recensione ^^
sono felice che la mia fic ti abbia incuriosito, spero continuerai a seguirla.

Poi ringrazio la mia beta Ely79 che si prende l'onere di correggere tutte le mie bozze infarcite di errori e mi da degli utili suggerimenti.

Grazie a chi ha già aggiunto la mia fic ai preferiti o alle storie seguite ^^
e anche a chi ha solo letto.

Ne approfitto per ringraziare anche chi mi ha messo tra i suoi autori preferiti, è davvero un onore per me ;-)

ciao
Fri

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Alla fine del tunnel cap2 Ho apportato una piccola modifica al capitolo, grazie alla recensione di Thiliol che mi ha fatto capire che non era affatto chiaro che Tonks scherzava con il suo: “Sei in paradiso!”
Grazie, Thiliol ^^



A Remus fu concesso a malapena il tempo di schiudere gli occhi, prima di essere sollevato di peso e obbligato a mettersi a sedere. Venne stretto in un abbraccio entusiasta da qualcuno che, incurante della debolezza causatagli dall’aggressione subita, gli stava lasciando ciondolare a casaccio la testa facendogli dolere il collo.
Una mano di donna gli si posò sulla nuca, aiutandolo a sorreggersi.
“Fa piano, James, così gli fai male”, disse in tono di affettuosa severità.
James? E la donna…
“Lily?” mormorò, cercando di sottrarsi debolmente alla presa di quello che immaginava fosse Ramoso, bramando il vederlo in viso. “Sono…”
“Sei in paradiso!” esclamò scherzosamente una voce a lui sconosciuta, alludendo al piccolo appartamento dove si trovavano, pochi istanti prima che la sua proprietaria inciampasse, rovesciando metà del contenuto del vassoio che stava portando su di loro.
“Oh! Mi spiace così tanto!” gemette, mentre si affannava a raccogliere i biscotti sparsi sui suoi ospiti, tenendo in bilico il vassoio con una mano sola.
Lily glielo sequestrò, mettendo al sicuro le tazze colme di tè fumante.
“Wow, ci hai salvato la vita, dolcezza…” James lo mollò, in modo che potesse vederlo mentre fingeva di asciugarsi la fronte.
Era davvero lui! Non era possibile, era tutto tanto irreale…
“Non me lo immaginavo così colorato, il paradiso”, osservò flebilmente Remus, sicuro di stare sognando. “Dovrei sentirmi meglio ora che sono qui, ma questo posto non fa che aumentare il mio mal di testa…”
James ridacchiò, piegandosi su di lui con una mano al lato della bocca. “Ti consiglio di non criticare troppo le scelte cromatiche della padrona di casa… per lei questo appartamento è davvero paradisiaco ed è un po’ suscettibile oltre che incline a reazioni esagerate. E’ cugina di Sirius, capisci?”
Remus si sentì stringere lo stomaco. “Sirius?”
Iniziava a ricordare, ma non con abbastanza forza da riscuotersi dalla sensazione di malessere che lo rendeva apatico. Tuttavia si irrigidì, artigliando con le dita la stoffa dei pantaloni che indossava, pantaloni che, notò, non aveva mai visto prima.
Lo sguardo di James si fece contrito. “Remus, mi spiace così tanto, io…” affondò il viso tra le mani, preso dallo sconforto. “Quello che è successo mi tormenta ancora, mi spiace che non abbiamo potuto fare di più, per te.”
“Non importa, James”, tagliò corto. Sentiva l’attenzione generale concentrata su di sé, e questo lo metteva terribilmente a disagio. Sperò che l’amico lo capisse ma…
“I miei genitori ti hanno procurato il miglior avvocato di Londra per cercare di tirarti fuori da Azkaban…”
“Lo so, i miei mi hanno raccontato tutto, siamo molto grati alla tua famiglia.”
“Ma non è servito a nulla!” gemette James con profondo rammarico.
“Non è vero. Se non fosse stato per te io sarei stato condannato a morte”, cercò di consolarlo Remus, sentendosi in difficoltà nel vedere un James adulto sull’orlo delle lacrime.
“Ora calmati, caro”, gli sussurrò Lily, stringendogli una mano.
Remus notò gli anelli.
“Siete sposati?” Troppo tardi si accorse di aver parlato ad alta voce, e in tono di assoluta sorpresa.
James sembrò un poco rinfrancato. “Stupito, vero? La Evans mi odiava proprio tanto, a scuola,” gli strizzò un occhio lucido, sforzandosi di sorridergli. “Ma fingeva, te lo assicuro, nessuna donna è mai stata in grado di resistermi.”
“Io non fingevo affatto!” protestò Lily con un sospiro irritato. Sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, un lampo di collera le attraversò le iridi verdi. Ma desistette dal proseguire quando lo sguardo le oscillò nella direzione di Remus.
Lui registrò appena la sua reticenza, troppo sollevato per il cambiamento di umore di James. Ora finalmente riusciva a riconoscerlo, quello era il suo amico!
Questa volta fu una sua iniziativa tirarsi a sedere e abbracciarlo con trasporto, sentendosi felice come non gli capitava da una vita, tanto da provare una piacevole stretta al cuore.
“Mi sei mancato”, mormorò, la voce incerta che sembrò essere riuscita a conquistare l’uscita dalle sue labbra dopo un viaggio doloroso, quanto impervio.
Mille domande presero prepotentemente forma nella sua mente.
“Ma che ci faccio qui? Sirius mi ha Schiantato e poi… non ricordo più nulla. Mi ha teso una trappola, mi ha consegnato una bacchetta per accusarmi di averlo attaccato e costruirsi una buona scusa per…” non fu in grado di concludere la frase, amareggiato.
“Oh, ti riferisci a questa?” chiese la donna che lo aveva guarnito con i biscotti.
Era molto giovane, occhi scuri, degli incredibili capelli rosa e… teneva in mano la bacchetta che Sirius gli aveva donato!
“Sì, quella”, confermò, provando una forte sensazione di smarrimento.
“Ehi!” esclamò lei, avvicinandoglisi. “Allora i tuoi capelli sono chiari sul serio!”
“I tuoi sono rosa”, ribatté stupidamente Remus, spiazzato dall’insensato cambiamento di argomento. Gli scossoni emotivi subiti l’avevano lasciato stordito.
Ma lei lo ignorò, tirandogli piano una ciocca castana. “Sotto tutta quella sporcizia mica si capiva… voi mannari non credete nell’igiene personale, vero?”
“Cosa?” cercò di sfilarle i suoi capelli di mano, senza sembrare troppo scortese.
Ma quella non mollò la presa, proseguendo tranquillamente e senza neppure tirare il fiato. “Io e Sirius ci abbiamo messo un’ora a lavarti e ora che i tuoi capelli si sono asciugati devo purtroppo constatare che sono castano stinto… Per il  Barbiere di Merlino! Ho perso la scommessa!” Si schiaffò la mano libera sulla fronte.
Remus la fissava allibito, di cosa diavolo stava parlando?
Vedendo il suo sconcerto, Lily gli venne in soccorso. “Forse dovremmo spiegargli tutta la storia dal principio.”
Lui annuì con decisione, rischiando di giocarsi la ciocca di capelli ancora stretta tra le dita della sconosciuta, che la osservava contrariata.
“Penso sia il caso, sì. Non credo vogliate che io esca del tutto di testa. Insomma, può essere una compagnia piuttosto antipatica, un lupo mannaro. Un lupo mannaro pazzo è molto peggio.” Accennò un sorrisetto di scusa.
Qualcuno parlò all’improvviso, facendolo trasalire.
“Buona idea. Ma preferirei essere io a parlargli, se non vi spiace…”
Si voltò di scatto in direzione dell’ingresso.
Sirius.












Ringrazio tutti i lettori, e le persone che mi hanno lasciato una recensione, GRAZIE!!!

Fennec
Sto scrivendo la fic per una sfida riguardante gli AU su “Acciofanfiction”, mi sembrava interessante far capire a cosa ha portato il piccolo cambiamento che ho apportato alla storia saltando a 20 anni dopo, circa il quinto libro della saga originale. Sono contenta che la storia ti stia incuriosendo ^^ Su Remus e Sirius preferisco non risponderti, però ;-)
Riguardo invece il lavoro di Remus: all’epoca di “A papà pace Teddy” lavorava come Auror. Era la cosa per cui era più preparato. Insegnare non se ne parlava, era pur sempre un lupo mannaro e le “nobili gesta” di Greyback venivano ricordate molto più delle sue… ma non farà l’Auror per sempre, solo per qualche anno… un po’ perché lavorare con la propria moglie è decisamente stancante, un po’ perché a 26 anni (se non erro) Harry diventerà capo Auror… (ihihih, ce lo vedi Remus a prendere ordini da Harry?) quindi passerà agli uffici per il sostegno ai lupi mannari.


Debby93
Sono felice che la storia inizi ad appassionarti! Tonks… beh, credo che in questo capitolo si capisca che sta bene ;-)


Thiliol
Grazie per il complimento, mi sembrava uno spunto originale e, a quanto ne so, mai sfruttato prima (ma non ne sono sicura…)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Alla fine del tunnel-4 Avevano concesso a Remus e Sirius di rimanere soli dopo aver fatto promettere loro più volte di non avere cattive intenzioni.
Sirius non aveva potuto fare a meno di pensare con rammarico ai bei vecchi tempi, quando la promessa prevedeva di comportarsi all’esatto opposto.
Si guardò attorno storcendo la bocca, la camera da letto di sua cugina aiutava a smorzare la tensione, ma ammazzava anche senza compassione ogni parvenza di solennità.
Si avvicinò all’unica finestra del locale, e prese a giocherellare nervoso con l’assurda tendina. Era decorata con piccoli Ippogrifi sdraiati su lussureggianti tappeti di patate arrostite.
Aveva guardato di sfuggita l’amico appena entrati nella stanza, e una sola occhiata gli era bastata. Malgrado ora fosse ripulito e infilato in vestiti più che dignitosi, aveva ancora l’aria macilenta di una persona mezza morta di fame.
“Perdonami, Remus”, mormorò, provando quasi dolore fisico, nell’attesa trepidante della sua risposta.
“Questo lo hai già detto”, osservò stancamente lui.
“Spero che non ti scocci se andrò avanti a ripetertelo ogni dieci minuti da qui a… ehm... a quando Voldemort
avrà abbastanza naso da essere ripreso per averci infilato le dita.” Sirius si morse il labbro, perché non riusciva a impedirsi di fare il cretino? Decise di attribuire la colpa del suo comportamento infantile agli Ippogrifi al forno.
“Non è a me che dovresti chiedere scusa. Non è di me che m’importa!”
Sirius serrò i pugni con rabbia. “Lui se lo è meritato! Sempre a cercare di metterci nei guai, sempre…” tirò aria tra i denti. “A me è di te che importa!”
Remus si mosse sul letto su cui era seduto, facendolo cigolare. “Ah, sì. Ho visto”, rispose, con distaccata ironia.
Fantastico. Finalmente Sirius era lì, a pochi passi da Remus, ma lo sentiva più lontano di quando era rinchiuso ad Azkaban.
“Io non ho riflettuto sulle conseguenze che ci sarebbero state a carico tuo, ho solo pensato che fosse un buon modo per disfarsi di Mocciosus!” cercò di difendersi Sirius, ma già sapeva che non sarebbe stato capito.
Remus infatti scattò in piedi. “Non chiamarlo mai più a quel modo!” gli intimò, la voce roca così simile a un ringhio.
Sirius scoppiò in una risata isterica, incapace di controllarsi.
“Tu sei pazzo”, decretò Lunastorta, strofinandosi gli occhi lividi. Nella sue parole non c’era più rabbia, ma qualcosa di molto simile alla pietà. Il suo gesto? Solo un pretesto per chiudere gli occhi in modo da non doverlo vedere più.
Sirius sospirò, deciso a non rinunciare alla sua battuta, certo che l’amico l’avrebbe trovata divertente e ne avrebbero riso assieme. “Scusami, è solo che… mi aspettavo quasi di vedere i tuoi capelli diventare rossi.”
Ma Remus scosse lentamente la testa. “Tu sei pazzo…” ribadì.
Il suo tono di voce lo ferì, non ci aveva neanche provato, a capire che stava scherzando, non c’era stato da parte sua neppure un piccolo sorriso di complicità.
Fece un passo nella sua direzione, sbracciandosi nella foga di dimostrargli che aveva dato tutto se stesso nel tentativo di rimediare alle sue colpe, mettendo senza indugio a repentaglio la propria vita. Perché c’erano cose per cui valeva la pena morire e una di queste era salvare un amico!
“Sì, sono pazzo! Sono stato così pazzo da presentarmi davanti a Voldemort e stringere con lui un Voto Infrangibile!”
Sirius aveva catturato il suo interesse, era un incoraggiante punto di partenza, se non altro. “La tua evasione da Azkaban in cambio di una stupida profezia, Silente si era rifiutato di aiutarmi a toglierti da quel buco infernale, così…”
La Profezia non era affatto “stupida”, ma Sirius non ci aveva pensato su molto, si era fidato di quello che gli suggeriva l’istinto, etichettando le parole uscite dalla bocca di quella squinternata della Cooman come semplice immondizia. Neanche si era preso la briga di stare ad ascoltarla per intero, la Profezia, mentre Silente ne parlava loro alla riunione dell’Ordine. Lui stava già spaziando oltre con la mente, sapeva del controllo che Voldemort era in grado di esercitare sui Dissennatori… e se era così stupido da credere a un mucchio di parole prive di fondamento perché non approfittarne? Cosa erano un mucchio di parole in confronto alla libertà per il suo amico? Desiderava solo che Lunastorta che gli venisse restituito, a qualunque costo.
“Ma non ha funzionato, vero?” lo interruppe Remus. Il solito Remus, che arrivava alle giuste conclusioni sempre un po’ prima di quando te lo saresti aspettato.
“Come lo sai?”
Lui abbozzò un sorriso sarcastico, con tutta l’aria di starlo prendendo per i fondelli. “Silente non ti ha mai detto nulla?”
“A Silente piace avere molti segreti,” rispose seccato. “D’altro canto, ha omesso alcuni particolari anche a te… ad esempio il fatto che io non sono un Mangiamorte, ma una spia dell’Ordine della Fenice.” Attese la sua reazione, ma evidentemente l’aveva già capito… certo, il modo in cui era stato accolto da James, Lily e Tonks rendeva un suo qualsiasi coinvolgimento con i Mangiamorte decisamente improbabile.
Remus allargò il sorriso.
Ora ne era certo, lo stava sfottendo apertamente!
“Ha agito con giudizio. Io non so usare l’Occlumanzia, sarebbe stato troppo rischioso per la tua copertura se avessi saputo che non sei davvero un Mangiamorte. Ma mi ha fatto giurare di non fare colpi di testa, di non cercare di vendicarmi, di lasciarti stare.”
Sirius scosse il capo, la delusione cocente che gli faceva bruciare lo stomaco, come Whisky Incendiario tracannato a stomaco vuoto. Quindi era quello il motivo per cui alla fine non l’aveva ucciso.
Decise di proseguire con il suo racconto, nella speranza di ottenere, se non un pieno perdono da parte sua, almeno un piccolo cenno di comprensione, una minuscola carezza per la sua anima tormentata.
“Non so come, ma Voldemort è sopravvissuto malgrado non abbia tenuto fede al suo patto. E tu…” i suoi occhi saettarono per un secondo nella sua direzione, registrando di nuovo lo stato in cui era ridotto. “Tu hai dovuto trascorrere vent’anni di prigionia, seppellito vivo ad Azkaban.”
“Stupido.”
“Non ti permetto di…” scattò subito Sirius, senza averne l’intenzione.
Ma Remus lo ignorò. “Vent’anni!” scosse il capo. “Ho passato poco più di una settimana, ad Azkaban! Una sola ora di più con i Dissennatori che mi strappavano l’anima mostrandomi senza sosta l’immagine di me… e l’immagine di… di Severus…” incassò la testa tra le spalle, rabbrividendo violentemente. “Sarei morto, solo un’ora in più e sarei morto. La settimana passata lì dentro ha preso il posto, nei miei incubi, della notte in cui Greyback mi ha attaccato,” tentò un pallido sorriso. “Non gli farebbe affatto piacere sapere che ho più terrore del lupo mannaro in cui mi ha trasformato che non di lui.”
Sirius non riusciva a capire. Ma allora…
“Ironia della sorte, è stata la luna piena a rendermi un assassino, con te come complice d’eccezione, ma anche a permettermi di evadere. Mi sono trasformato, e quando la luna è tramontata ho aperto gli occhi nel mio letto, a casa.”
“Come ci sei arrivato?” Di sicuro non poteva essersi Smaterializzato, nessuno poteva farlo, a quindici anni.
“Silente. Lui sapeva… non ha faticato a trovarmi. Da mannaro non potevo fare molta strada, mi aggiravo nei dintorni della prigione a caccia di prede, dopo aver attraversato a nuoto la striscia di mare che separa Azkaban dalla terraferma. I Dissennatori non sono in grado di percepire i pensieri di un lupo mannaro trasformato, sono passato tra le sbarre, immagino. Forse ci sarei riuscito anche in forma umana, ma…” si strinse nelle spalle.
Sirius sentì montargli dentro una rabbia feroce. I giornali non avevano parlato di alcuna evasione, e conoscendo il clamore che aveva suscitato l’omicidio di Mocciosus, era una cosa assurda! E soprattutto, Silente sapeva, e aveva taciuto! La Profezia… Frank e Alice… tutto quello poteva essere evitato se solo il vecchio preside si fosse degnato di metterlo al corrente!
Remus sembrò intuire i suoi pensieri. “Al Ministero si devono essere vergognati molto. Beffati da un lupo mannaro quindicenne… si erano fatti sfuggire il piccolo particolare che non sono certo le sbarre a tenere chiuse la persone ad Azkaban, ma i Dissennatori, che hanno potere solo sulla mente umana. Non hanno fatto trapelare nulla. Silente ha aiutato me e la mia famiglia a nasconderci, i miei genitori l’hanno supplicato di non dire niente a nessuno, ed erano così disperati, così… beh… quello che è successo li ha uccisi…” la sua voce tremava, ma un sospiro gli bastò per riprendere il controllo. “E Silente non ha tradito la loro fiducia, non c’è stata nessuna fuga di notizie.”
Sirius non aveva notato il suo tormento, all’improvviso desiderava solo avere un piccolo faccia a faccia con il preside. Era stato testimone della sua sofferenza, roso dal senso di colpa per le conseguenze delle sue azione, ma non una parola da parte sua, nulla… fuga di notizie? Lui avrebbe protetto il segreto a costo della sua stessa vita!
C’era un’ultima cosa da spiegare.
“Perché ti sei unito ai mannari?”
“Per lo stesso motivo per cui tu ti sei unito ai Mangiamorte.”
“Naturalmente.”
Remus aveva abbassato lo sguardo. “Visto che, a quanto ho capito, ti sei limitato a far credere a Greyback di avermi ridotto in fin di vita e poi gettato giù dalla tua moto in volo, credo che fingerò di risorgere facendoti fare la figura dell’imbecille.” lo guardò da sotto in su, con aria furba.
Sirius lo interruppe, aprendo le mani verso di lui. “Immagino che continuerai con un: versione più che credibile, visto che tu sei, imbecille.”
Remus strinse le labbra, guardando di lato. “Sì, esattamente. Tornerò nel branco, a continuare il compito che Silente mi ha assegnato.”
Ma Sirius aveva un’altra idea, ed era una buona idea, non solo un pretesto per tenerlo lì con loro. Doveva solo trovare un modo per sviare Silente…
Avrebbe ottenuto il perdono di Remus, a ogni costo.
Si trasformò in un grosso cane nero, contando sull’effetto sorpresa, e gli strusciò il naso umido sul dorso della mano. Remus allungò due dita per sfiorargli il muso, ma non lo fece, lasciando ricadere la mano che gli schiaffeggiò la gamba.
“Non posso perdonarti, Sirius. Ti ho permesso di farmi ammazzare un ragazzino! Come puoi non capire?”
Come poteva lui non capire quanto lo stava facendo soffrire? E in nome di quello che per loro era stato un nemico!
Guaì in segno di protesta, pur sapendo che ancora una volta la sua supplica sarebbe caduta nel vuoto.












Ringrazio i lettori e chi ha aggiunto la mia storia alle preferite/seguite, e naturalmente chi mi ha lasciato una recensione:

Thiliol
Ti ho già ringraziata all’inizio del precedente capitolo, ma torno a farlo di nuovo ;-) spesso quando si scrive si da per scontato che i lettori sappiano sempre cosa intendi dire, anche quando non ti spieghi affatto in maniera adeguata.

Sissy88
Grazie per la recensione ^^
Spero che quello che ha raccontato Sirius ti soddisfi. In pratica prende il posto di Piton, nel mio AU è lui la spia dell’Ordine.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Alla fine del tunnel-Capitolo 4 Capitolo tutto dedicato a Remus e Tonks... volevo dare anche io una mia versione dei loro primi incontri, anche se la mia storia si svolge in un AU. Spero vi piaccia.



Tonks faticava ancora a inquadrare lo strano uomo che Sirius le aveva portato in casa. C’erano state accese discussioni per convincerlo a farsi ospitare da James e Lily, con un suo categorico rifiuto a soggiornare da loro durante la luna piena. Rifiuto accettato con riluttanza da James, che aveva cercato in ogni modo di sminuire un problema che secondo lui neanche sussisteva. Alla fine Remus aveva accettato solo per la prospettiva di poter aiutare l’Ordine. Infatti Sirius, prima di andarsene frettolosamente, aveva fatto cenno a un piano che richiedeva la sua presenza nel “mondo civile”.
Lei aveva messo Remus al corrente degli estremi della scommessa che aveva perduto con il cugino e che ora la vincolava a dargli lezioni di magia, cosa che avrebbe dovuto essergli utile, dato che era rimasto alle nozioni del quinto anno di Hogwarts. Malgrado avesse mantenuto un tono vagamente scocciato si era guadagnata un “grazie” carico di una tale gratitudine e così sincero che si era praticamente commossa.
Sospirò, ancora gongolante, mentre lui si alzava per seguire James e Lily, già avviati in direzione della porta.
“Ehi, aspetta un po’, tu!” lo richiamò, afferrandolo per un braccio. “Dove pensi di andare?”
Remus guardò in direzione degli amici, senza dire nulla.
“Sì, avevo intuito che stavi per seguire loro…” disse svelta. “Ma vorrei farti notare che ti ho visto tutto nudo e ancora non conosci neppure il mio nome. Nessuno di quei cafoni si è degnato di presentarci!”
Lui aggrottò la fronte per un istante, grattandosi la nuca. “E’ vero, perdonami.”
“Cosa ne pensi di tutto questo?” chiese Tonks, sperando di ottenere qualche informazione in più. Sirius aveva approfittato del suo aiuto, probabilmente avendo già in mente di rifilargli l’ex amico con quella cavolo di scommessa, e l’unica cosa che si era degnato di dirle era che Remus aveva un piccolo problema con la luna piena, un problema molto peloso… Ma quello lo aveva capito da sé, era un Auror, sapeva riconoscere il morso di un mannaro e lui ne sfoggiava uno tutto stiracchiato sul braccio sinistro.
James avanzò mettendosi tra di loro e li avvicinò agganciando ognuno con un braccio attorno alle spalle. “Cosa ne penso? Ma naturalmente che sia la perfetta premessa a una travolgente storia d’amore!” disse, annuendo con convinzione.
Tonks gli sferrò un calcio al ginocchio. Non bastava sua madre a pressarla con la storia che doveva assolutamente trovarsi un uomo, alla sua età. Le mancava solo che l’Ordine della Fenice divenisse una succursale dell’Agenzia Matrimoniale Andromeda “Sono Più Prosciugante di un Dissennatore” Tonks.
James stava zoppicando in maniera esagerata verso Lily, piagnucolando senza alcuna vergogna, mentre Remus lo guardava con aria molto divertita.
Tonks gli prese una mano tra le sue, scuotendogliela vigorosamente.
“Piacere, Tonks.”
Un lampo attraversò gli occhi chiari di Remus, nascosti in parte dai capelli troppo lunghi. “Ah! Ninfadora?”
Le sfuggì un grugnito. “No. Non Ninfadora. Tonks!”
“Sì, Ninfadora Tonks!” insistè ottusamente.
Ora capiva perché Sirius lo aveva quasi fatto secco.
“E’ Tonks”, precisò, alzando appena il piede da terra e mirando alla sua caviglia destra.
Lui la osservò cauto. “Preferisci essere chiamata per cognome, va bene. Quindi tu saresti l’Auror che Sirius ha ammazzato?” chiese, serissimo, scrutandola da sotto la frangia.
Alzò gli occhi al cielo. “Proprio quella…” il cagnaccio gliel’avrebbe pagata per quella balla… non poteva inventarsi qualcosa di meno macabro?
“Mmm… trovo che tu abbia un aspetto splendido, malgrado la tua recente dipartita…” le sorrise. Un sorriso disarmante, che la spinse a ricambiarlo subito allo stesso modo e a desiderare di rivederlo presto. Lui e il suo sorriso.



Il quieto bussare alla porta le annunciò l’arrivo di Remus per una delle loro lezioni. Ne aveva tenute ancora pochissime, malgrado fossero passate alcune settimane da quando Sirius le era piombato in casa sorreggendo l’amico svenuto. Ma tra il suo lavoro ufficiale e l’Ordine della Fenice il tempo libero che le rimaneva era molto risicato. Remus era già uscito in pattugliamento con lei e Malocchio parecchie volte, e malgrado l’evidente diffidenza che quest’ultimo nutriva nei suoi confronti, riusciva a essere una compagnia piacevole e divertente. Spesso si frequentavano anche oltre la fine del loro turno, tirando tardi in passeggiate senza meta, parlando… beh, più che altro di lei, dato che Remus era un tipo decisamente riservato. Il che rendeva strabiliante il fatto che non si indispettisse mai per le sue domande indiscrete. Certo, non era mai riuscita ad ottenere da lui neanche uno straccio di risposta, ma la sua presenza di spirito era notevole… di solito la gente si impermaliva subito per la sua mancanza di tatto.
Tonks si alzò dal divano e corse ad aprirgli la porta.
Lui era lì, pronto ad accoglierla con il suo sorriso e una mano alzata in un saluto dal gusto infantile.
“Ciao, Ninfadora.”
In un secondo l'umore della strega passò dalla gioia all’orrore. Fulminò Remus con lo sguardo prima di fargli assaggiare il legno laccato della porta, sbattendogliela in faccia e rimangiandosi tutto su quanto fosse una persona piacevole e divertente.
Attese che si decidesse a bussare di nuovo e quando ormai fu chiaro che non era sua intenzione ritentare, uscì dall’appartamento.
Remus era già arrivato in fondo al corridoio.
“Ehi! Dove vai?”
Lui indicò con il capo l’uscita.
“Ma… e la nostra lezione?” si sentiva inspiegabilmente delusa. Ok, non proprio inspiegabilmente. Era una donna adulta e perfettamente in grado di comprendere i propri sentimenti, senza perdersi in noiosi dilemmi da ragazzina in preda a una cottarella. Remus le piaceva, era un dato di fatto e lo accettava senza problemi.
“Dalla tua, ehm… calorosa accoglienza, ho intuito che forse non mi volevi tra i piedi…” disse lui, distogliendola dai suoi pensieri.
La sua espressione mesta e dispiaciuta le procurò una stretta al cuore. Santo Merlino!
“Andiamo, torna qui.”
Lo condusse in salotto, facendolo accomodare sul divano e informandolo sull’argomento della lezione del giorno.
“Occlumanzia? Grazie! Non sai quanto ti sono grato!”
Oh. Ancora uno di quei “grazie” che erano in grado di farla sentire importante come mai le era capitato prima. Aveva preso a collezionarli, appuntandoseli nella mente per poi ripeterseli prima di addormentarsi. Fino ad allora Remus l’aveva ringraziata trentotto volte e sempre con la stessa enfasi.
“Forse se sapessi chiudere la mente,” proseguì lui. “Avrei qualche possibilità in più di trovare lavoro… già nel vedere come, beh… insomma, non ho un’aspetto molto raccomandabile. Normale che cerchino di sapere qualcosa di più su di me frugando nella mia testa e se ci leggessero il mio vero nome …” tacque, il corpo scosso da un lieve tremito.
Tonks lo osservò meglio. Doveva aver recuperato la sua roba, aveva detto di averla lasciata nel posto dove, appena arrivato a Londra, si rifugiava per trasformarsi. In effetti i suoi vestiti erano abbastanza disastrati, rattoppati e orfani di qualche bottone… ma a lui sembrava non importare affatto e li indossava con una dignità tale da non farlo notare.
“Ora preparati,”alzò la bacchetta, pensando: “Legilimens.”
Tonks vide James, Lily, la piccola Daisy e Remus seduti alla tavola della splendida sala da pranzo della villa dei Potter.
La bimba, a cavalcioni delle gambe di papà, stava dividendo con lui un dolce dall’aria molto invitante. Tonks osservò incuriosita Remus: stava fissando anche lui il loro dolce con aria famelica? No… con grande invidia notò che ne aveva una buona porzione nel proprio piatto, ma invece di ingozzarcisi, sembrava perso nella contemplazione di padre e figlia che giocavano a contendersi i bocconi di torta, riuscendo a sporcarsi entrambi in maniera imbarazzante.
In un lampo si ritrovò di nuovo nel suo salottino: Remus era finalmente riuscito a estrometterla dalla propria mente.
“Bravo, non ti ci è voluto molto. Buffi James e Daisy, vero? Lily dice sempre che lei ha tre bambini, non due… quello che manca, Harry, adesso è a Hogwarts.”
“Sì, me l’hanno detto.” Sembrava emozionato e un pochino triste, mentre si rigirava tra le mani la bacchetta che Sirius gli aveva procurato, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.
“Su, animo. Ora ci riproviamo. Nessuno ci riesce la prima volta”, cercò di rincuorarlo, anche se non era certa che fosse stato il suo fallimento a incupirlo.
“Legilimens!”
“Protego!”
Un Remus, tanto piccolo che le sarebbe piaciuto infilargli un anello all’orecchio e usarlo come portachiavi, osservava una coppia di giovani adulti che, seduti sul prato trascurato di un piccolo giardino, fronte contro fronte avvicinavano le bocche scambiandosi un piccolo bacio a fior di labbra.
Con rammarico si vide strappare dalla tenera scenetta per vedersi scorrere dinnanzi agli occhi quello che Remus stava leggendo nella sua mente.
Chissà per quale motivo stava pensando all’ultima volta che aveva accompagnato suo padre a casa di Neville. Forse perché li trovava deliziosi assieme, papà e Neville, come James e la sua bambina, o i giovani del ricordo di Remus.
Sciolto il contatto, Remus la guardò vagamente imbarazzato. “Quelli che hai visto erano i miei genitori…” spiegò.“Non ero un piccolo pervertito che si appartava a sbirciare le coppiette.”
Tonks scoppiò a ridere, divertita dalla sua insicurezza. “Remus! ci ero arrivata anche da sola, grazie.”
Lui ruotò gli occhi. “Oh, beh, sai, con tutte le brutte e assolutamente fondate voci che girano sui lupi mannari, ho preferito sottolineare la cosa.”
“Stupidi pregiudizi!” si infervorò subito lei, meditando di trasfigurare in un asse del water chiunque si fosse permesso di maltrattare Remus per via del suo trascurabile, piccolo problema peloso. Ma il corso dei suoi pensieri si bloccò, ripensando alle parole che aveva appena udito. “Come… come fondate?!”
“In generale. Se riguardano me però sono infondatissime”, giurò solennemente con una buffa espressione.
Lo fissò stringendo gli occhi, il capo inclinato sulla spalla. Alla fine concluse che stava scherzando, così decise di fargli capire che lo aveva trovato divertente dandogli una pacca sulla testa.
E lui, cosa rara, sembrò capirlo! Di solito gli altri prendevano le sue sberle come un’offesa, invece che un complimento.
“E chi erano le persone nei tuoi ricordi, invece?” le chiese gentilmente.
“Il ragazzo è Neville Paciock”, studiò attentamente la sua reazione. Tutti rimanevano delusi quando conoscevano il Prescelto, se lo immaginavano spavaldo, magari un pochino arrogante, con doti da grande mago… quando lui invece era dolce, remissivo e molto pasticcione.
“Il Prescelto? Sembra un ragazzino in gamba.”
Dalla sua espressione Tonks capì che Remus non mentiva, Neville gli era piaciuto sul serio, e molto.
“Lo è, anche se dubito che se ne renda conto. E’ stato cresciuto da una nonna che non fa altro che mortificarlo… L’uomo biondo che parla fitto fitto con lui è mio padre.”
Dopo che Ted aveva conosciuto Neville per via del suo lavoro (aveva disinfestato da un’invasione di Doxy la casa della vecchia megera), si era affezionato molto al ragazzino e spesso lo andava a trovare.
“Hai un papà molto giovane.”
Lei sbuffò. “Uff, questa mania dei maghi di passare direttamente dalle aule di Hogwarts alla sala parto…”
“Tu non desideri farti una famiglia?” le chiese Remus, tornando a sfuggire il suo sguardo, il viso adombrato da un’espressione smarrita che le fece desiderare di tenerselo stretto stretto tra le braccia.
“Forse, ma non ora. E tu?”
La bocca dell’uomo si dischiuse in un’espressione di stupore.
Nei suoi ricordi aveva visto due famiglie felici, ce lo vedeva bene sposato con tanti bambini.
“Io… credo che la vorrei. Ma le famiglie non sono cose adatte a quelli come me.”
Non riusciva a capirlo. “E perché?”
Lo stupore sul suo volto aumentò. “Le donne in genere puntano a un compagno che abbia un lavoro, che sia rispettato… che sia un essere umano… sai, cose così”, scherzò.
Ma lei era seria. “Le donne che puntano a quel tipo di compagno dovrebbero invece cercarsene uno più consono alla loro natura, tipo uno rivestito di penne: un’oca, tale quale a loro!” sbottò risentita. Non tutte le donne erano uguali, lei, ad esempio… “Io ti vorrei, eccome!” gli confessò senza problemi, prima di accigliarsi, il mento sorretto dal dorso della mano. “Se solo tu facessi qualcosa per quei capelli…”
Remus sembrò sul punto di parlare, ma richiuse la bocca, scrollando la testa in un atteggiamento di assoluta incredulità, per poi lasciarsi sfuggire una piccola risata. “Ormai la scommessa l’hai persa, è inutile che io me li trasfiguri in un qualsiasi colore scuro: nero, verde, o, per venire incontro ai tuoi gusti, magari un bel blu aggressivo...”
Finse di non averlo sentito.
“Quasi non ci vedi più” gli fece notare. “Posso tagliarteli io?”
“Sì, ma solo se io posso tagliarli a te”, le rispose prontamente lui con un largo sorriso.
Furbo… ottimo modo per dirle di no spingendo lei stessa a rifiutare. Ma non aveva riflettuto sul fatto che lei era una Metamorfomagus, quindi non le importava del danno che poteva fare alla sua chioma rosa, con una strizzata d’occhi avrebbe rimediato a qualunque disastro.
“Ok.”
Remus era spiazzato e cercò subito di tirarsi indietro. “Ma… non lo so fare con la bacchetta!”
Aveva tutta l’aria di una persona che non era abituata a farsi mettere in difficoltà a quel modo dagli altri, e che si era appena resa conto di aver trovato una degna rivale.
Tonks Appellò una forbice e gliela porse.
“Che donna coraggiosa”, mormorò Remus mentre gliela sfilava dalla mano. Con timidi e misurati gesti le recise due sole ciocche, che conservò, senza rendersene conto, strette nel pugno.
Poi fu il suo turno. Tonks glieli regolò un po’ con un incantesimo, un lavoro ben fatto. Ma ricordando i simpatici commenti riguardo ai suoi gusti in fatto di colori, non resistette all’impulso di tingergliene una ciocca, dietro, dove non l’avrebbe mai vista, di un bel rosa cicca.
“Quindi domani tu, Sirius, James e Peter uscite assieme?” chiese, trattenendo a stento le risa.
“Sì. Per lavoro. Sirius… lui ci deve parlare del suo piano.”
Non sembrava molto entusiasta di rivederlo.
“E di preciso, perché avete litigato?” buttò lì, rosa dalla curiosità.
Per un lungo istante fu certa che non le avrebbe risposto, per la prima volta da che lo aveva conosciuto era riuscita a scuoterlo con una sua domanda, tanto che il suo sguardo le fece quasi paura. Ma poi si decise  a rompere il silenzio, la voce tesa. “Lui mi ha… mi ha… tradito. Aveva giurato di mantenere il mio segreto…” abbassò il capo, tormentandosi le mani. Sembrò perdersi per un istante, ma quando ormai iniziava seriamente a preoccuparsi, si riscosse. “E invece dopo neanche cinque minuti che l’aveva scoperto, tutta Hogwarts sapeva…”     
Tonks trasalì, come aveva potuto? “Sirius ha detto a tutti che sei un lupo mannaro?”
“No,” rispose contrito. “Che a quattordici anni ancora non avevo neanche un misero pelo degno di questo nome, neppure in zone che… beh… capisci quanto è stato imbarazzante? Sirius ha riso per giorni quando l’ha scoperto… diceva che non era dignitoso per un lupo mannaro essere liscio come un pupo, secondo lui sarei dovuto essere una specie di gomitolo di peli…”
Tonks, allibita dalla piega che aveva preso la sua confessione, non seppe come reagire. Allungò una mano, in un incerto tentativo di confortarlo.
“Ehm… capisco cosa puoi aver provato… è come per le ragazzine, quando le loro compagne hanno già delle belle tette sporgenti, mentre loro che magari dentro si sentono già un po’ sgualdrinelle, sono piatte peggio della faccia di Tu-Sai-Chi… io naturalmente non ho mai avuto di questi problemi, con una strizzata d’occhi posso…”
Remus stava piangendo, piegato in due… Piangendo dal gran ridere.
Dopo un attimo di smarrimento Tonks scrollò le spalle, unendosi alle sue risa. Si era fatta fregare alla grande!… ma la cosa non le dispiaceva, anzi, le faceva un immenso piacere vederlo tanto divertito, sapendo di essere la fonte della sua allegria.
E anche lui l’avrebbe fatta divertire e senza, ci scommetteva, prendersela affatto, sfoggiando inconsapevolmente le meches rosa.
“Beh, vedrai, domani sera i tuoi amici ti troveranno adorabile”, gli disse, con un mezzo sorriso.
“Adorabile?” ripeté lui singhiozzando, vagamente disgustato. “Merlino, spero proprio di no!”
Tonks gli sfiorò la ciocca rosa, prima di mettersi di fronte a lui e sorridergli sorniona. “Oh, sì, invece. E adesso riesco a vederti persino gli occhi!”
“Sì… fantastici occhi da lupo”, disse con un sorriso forzato.
“Occhi adorabili”, ridacchiò, accarezzandolo piano sulla nuca, dove sapeva trovarsi la striscia color gomma da masticare.
E all’improvviso, mentre si godeva il contatto con i suoi capelli che le massaggiavano delicatamente la mano, quello che nelle sue intenzioni sarebbe dovuto essere solo un gesto ironico mutò in qualcosa di così dolce, e intimo e…
L’emozione aumentò quando si accorse che Remus non rideva più, si era irrigidito e sentì il cuore battergli forte mentre faceva scivolare la mano lungo il suo collo.
Un violento calore le appesantì il petto e come una febbre improvvisa le fece accelerare il respiro, quando lo vide aprire la mano e sfiorare i suoi capelli recisi con il pollice, come a ricambiare la carezza, ma senza avere il coraggio di toccarla.
















Ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato una recensione:

Fennec
Sono contenta che la storia continui a interessarti e che ti siano piaciuti gli sviluppi ^^

Thiliol
E' la prima fanfic in cui tratto seriamente il personaggio di Sirius, sono contenta che piaccia ^^ Remus è molto buono, ma Sirius l'ha fatta grossa...

Sissy88
Immaginavo che la reale posizione di Sirius ti sarebbe piaciuta ;-) Se Sirius avesse danneggiato solo Remus con le sue azioni, lui l'avrebbe perdonato malgrado tutto, ma così, con di mezzo un ragazzino morto... cerco di mantenere i personaggi più IC possibile, e credo che Remus si sarebbe comportato in questa maniera nei confronti di Felpato.
Riguardo Silente beh... che dire, io mi sono chiesta tante volte anche perché non gli riusciva di essere un pelino più chiaro ihihih... certo, poi ci rovinava tutti i colpi di scena ;-)
Alle ultime domande non rispondo, perché... beh, credo che già leggendo questo capitolo si intuisca qualcosa ;-)

Ciao e alla prossima (spero ^^)
Fri

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Alla fine del tunnel-cap 5 Erano passati vent’anni dall’ultima volta che i Malandrini al completo avevano trascorso una serata assieme, seduti a bere birra. Sirius aveva tenuto a lungo il muso, perché la sua idea di andare a Hogsmeade come ai bei vecchi tempi era stata bocciata. Alla fine, seppure riluttante, aveva convenuto anche lui che un pub della Londra Babbana sarebbe stata la soluzione più sicura, aveva una copertura da difendere e farsi vedere da qualche filo-Mangiamorte in compagnia dei vecchi amici, tra i quali il lupo mannaro che aveva giurato di aver ammazzato, non sarebbe stata una buona idea.
L’aria all’inizio era tesa, James e Peter avevano fatto in modo che lui e Sirius si sedessero ai capi opposti del tavolo.
Ma ora, con una buona dose di alcol in corpo, tutto sembrava decisamente più facile, i loro terribili errori molto, molto lontani.
Remus avvertiva quella sensazione di quieta malinconia tipica di quando si capisce che nulla tornerà più come prima, e quella sera ricordava, dei loro trascorsi, solo i bei momenti passati assieme.
Peter, emozionato, trafficava con il portafogli, da cui stava estraendo tutto il contenuto. Trovò, tra liste della spesa, banconote e ricevute, una piccola fotografia.
Remus la prese con un sorriso e lo osservò da sopra di essa.
I suoi occhi liquidi si erano fatti grandi e limpidi mentre parlava orgoglioso della bambina bionda ritratta nella foto.
“E’ al primo anno a Hogwarts!” esclamò l’ometto, raddrizzando la schiena in una posizione che denotava infinito orgoglio.
“E per fortuna non è una zuccona come te!” scherzò Sirius. “Ha preso tutto da quella santa donna della madre.”
Peter tentennò, preso dal dilemma di come reagire alle sue parole, doveva mostrarsi offeso o riderci su? Alla fine sembrò concludere che la battuta di Sirius fosse divertente.
“Tua figlia è una bambina bellissima,” gli mormorò Remus, mentre lei, dalla foto, lo salutava con il viso tondo e arrossato illuminato da un gran sorriso. Era tanto felice per James e Peter, avevano ottenuto tutto quello che un uomo poteva desiderare. Tutto quello che un licantropo poteva limitarsi solo a desiderare… no, nel suo caso era sbagliato anche solo pensarci, aveva già rovinato la vita, tolto la vita a degli innocenti, non poteva permettersi di… soprattutto non con Tonks, così giovane, e… Si passò una mano sul viso, sentendo il petto dolergli.
“Remus? Stai bene?” Era la voce di Peter e sembrava provenire da molto lontano.
“Oh. Sì,” trasse un profondo respiro, sorreggendosi il capo con la mano. “Non dare retta a Sirius, lui parla tanto, ma mi sembra che sia l’unico, qui, a non essersi dato da fare.”
Tutta la birra che aveva ingollato lo aiutò a gettarsi alle spalle senza troppa fatica i suoi cupi pensieri, e provocare Sirius, per qualche motivo, accelerava il processo. Bevve un altro sorso, per assicurarsi, almeno per una sera, un oblio alcolico che gli evitasse di pensare.
Felpato stese le labbra in un ghigno cattivo. “Sì, Lunastorta. Io e te.”
“Proprio così, ma io ho un buon motivo per essere ancora solo. Come dicevo a tua cugina, le donne di solito vogliono per compagno un essere umano, sai… la praticità di non dover rifare l’arredamento a ogni luna piena...” annuì serio. “Ma tu sei bello, e ricco. Avrai un qualcosa che non ti funziona in maniera adeguata, immagino. Non vedo quale altro motivo potresti avere per non essere riuscito a trovarti neppure uno straccio di strega con cui dividere il letto.”  
Sirius non sembrava offeso, anzi, pareva stranamente felice. Forse era soddisfatto dal tono della conversazione, che ricordava gli scambi di battute taglienti che avevano spesso anche da ragazzi. Remus stesso si sentiva rinfrancato, era entro il confine di ciò che gli era permesso, poteva avere degli amici, godersi la loro compagnia senza temere di rovinare loro la vita. Non era una cosa ingiusta ed egoista come il desiderare di farsi una famiglia.
“E a te ha funzionato in maniera adeguata quando hai…” Sirius diede di gomito a James e poi a Peter, che gli strizzò l’occhio. “Parlato con mia cugina?”
James si accigliò, levandosi gli occhiali e facendoglieli oscillare davanti al viso. “Parlato… adesso si dice così? Ah! Ma io avevo già previsto tutto… guadagnandomi in cambio una pedata sul ginocchio.”
Le risate soffocate di Peter fecero da contrappunto alle sue parole.
Remus si agitò, muovendosi a disagio sulla sedia. Non gli piaceva che si impicciassero di quelle cose, si sentiva già abbastanza in colpa.
“Io non ho fatto nulla con Tonks”, rispose bruscamente, sulla difensiva.
Era vero, ma la carezza che gli aveva dato bruciava più che se avessero fatto sesso. Gli bastava chiudere gli occhi per sentire ancora la sua mano, piccola e calda, scendergli lungo la nuca, concreta come se Tonks gli si Materializzasse accanto ogni volta che ci pensava.
Vide Sirius incrociare le braccia al petto, con soddisfazione. “Beh, e non è ora che tu faccia qualcosa? Hai trentacinque anni, forse è il caso che ti decida a perdere la verginità.”
Sirius aveva saputo giostrare in maniera corretta la conversazione in modo da fargliela pagare per avere osato dargli dell’impotente. Ma senza capirlo gli aveva fatto un piacere, sviando il discorso da Tonks. Senza che riuscisse a impedirselo, Remus si appoggiò la mano sul collo per sfiorare quella della ragazza prima che, allontanandola dai propri pensieri, svanisse.
Peter sgranò gli occhi, interpretando il suo gesto come un segno di imbarazzo. “Ma Sirius! Remus non può essere…”
“Il fatto che persino tu, Codaliscia, sia riuscito a trovare un’anima pia che te l’ha mollata, non significa che ci sia riuscito anche il ben più fico lupo mannaro qui presente. Lui, purtroppo, si è sempre fatto troppi scrupoli," commentò Sirius. Bene, pensò Remus, ora lo avrebbe sistemato per le feste, lo aveva in pugno.“Io non ti ho detto che sono vergine, razza di imbecille, ti ho detto che non l’ho mai fatto con una donna. Alle donne non piacciono le creature come me, ma con le mie simili ho avuto un discreto successo.” Remus sfoderò il suo miglior sorriso malandrino.
I tre uomini misero su un’espressione scioccata che gli rese difficile il trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Finse di non notarla, mordendosi l’interno delle guance e proseguendo apparentemente tranquillo. “E voi sapete quel che si dice sulle prestazioni sessuali dei lupi mannari, naturalmente.”
Non attese il cenno d’assenso da parte loro, concludendo, con un’espressione allusiva: “E’ tutto vero.”
Sirius si alzò, girò attorno al tavolo e si accucciò di fianco alla sua sedia.
Lo osservò con nostalgia; quella sera, complice la birra e l’atmosfera, a Remus sembrava che lo scherzo del tunnel sotto il Platano Picchiatore non fosse mai stato concepito.
“Tra i Mangiamorte gira voce che le mannare sono disposte a farti qualunque cosa!” gli confidò. “E le loro prestazioni, santo cielo… giuro che sto sudando solo all’idea”, disse, cercando di mettergli in mano un lembo della camicia umida che indossava e che si era sfilato dai pantaloni.
“Lo vedo, va un po’ più in là, per favore”, gli diede una piccola spinta, facendolo dondolare sui talloni. “Comunque è vero, qualunque cosa. Ma a loro gli umani fanno abbastanza schifo, Sirius, anche quando non sono sudati.”
“Oh. E…”
“Anche i cani”, lo anticipò.
E per l’ennesima volta, in quella serata, gli occhi di Sirius saettarono in direzione della sua nuca. Era ora che iniziasse a cercare una qualche spiegazione a quel gesto. In principio aveva pensato a un tic nervoso, non fosse che aveva colto anche gli altri due maghi fare la stessa cosa.
“Non è giusto!” si lamentò James.
“Zitto, tu, che lo dico a Lily… pensare di tradirla con una lupa in calore, pervertito! Remus, capisco perché le mannare fanno la coda per offrirsi a te, sei così terribilmente adorabile… Ma tu ormai puoi considerare chiusa la tua carriera di accoppiamenti animaleschi e selvaggi. Ora appartieni a mia cugina.” Sirius sfoggiò un gran sorriso dandogli delle pacche sulla spalla, a mo’ di benedizione alla loro relazione.
Remus ebbe un sussulto. “E questo chi lo dice?”
“Oh! E’ così adorabile!” cinguettò James sbattendo le ciglia e sporgendosi verso di lui con una mano tesa ad accarezzargli i capelli.
“Che fai?” sbottò ritraendosi di scatto. Come facevano a sapere…
James gli si avvicinò di nuovo, tirandolo per il colletto della camicia.
“Ho sentito per sbaglio Lily e Tonks parlare”, gli disse in tono confidenziale.
Remus si afflosciò, lasciandosi scivolare lungo lo schienale della sedia, con l’intenzione di finire sul pavimento. Ma James non glielo permise, trattenendolo per le spalle.
“E poi Tonks ha ragione, sei sul serio così adorabile, con quei capelli rosa…”
“Io non ho i capelli rosa!”
“Un po’ sì, dai…” disse Peter attorcigliandosi una ciocca bionda attorno all’indice grassoccio.
“Un po’ sì? Ma di cosa…”
Sirius batté all’improvviso le mani, lanciando un’occhiata d’avvertimento a James e Peter.
“Ora basta fare i cretini, dobbiamo parlare del mio piano”
“Un piano ben più cretino di noi, sicuro,” sbadigliò James stiracchiandosi. “Cosa ne pensa Silente?”
Sirius non gli rispose, limitandosi a una scrollata di spalle.
“C’è qualcuno che passa informazioni sulle nostre mosse e sul Prescelto ai Mangiamorte, qualcuno che finge di stare dalla nostra parte, una spia”, bisbigliò guardando gli amici a uno a uno.
Quando il suo sguardo si soffermò su Peter, egli esalò: “Ma non sono io!”, sudando leggermente. In effetti faceva un caldo soffocante, in quel locale.
Sirius sbuffò. “Certo che non sei tu, zuccone! Nessuno sospetta di te, bisogna essere tipi svegli, per fare la spia! E tu, beh…”
“Bene, perché non lo sono!” ribadì con l’aria offesa.
“Ok… appurato che non è Codaliscia, chi può essere? Pensate a qualcuno che frequenta la casa dei Paciock.”
A Remus tornò alla mente quello che aveva visto nei ricordi di Tonks, suo padre che si attardava a parlare con Neville, che lo andava a trovare così spesso… ma si guardò bene dall’aprir bocca.
“Allora?” vennero incitati, con impazienza.
“Per Merlino! Tutti i membri dell’Ordine frequentano quella casa!” sbottò James, annoiato.
Remus intuì che avevano affrontato l’argomento già molte volte.
Poi Felpato si rivolse direttamente a lui. “Silente si è procurato la ricetta per la Pozione Antilupo, la conosci? È stata inventata di recente.”
Remus lo guardò con aria interrogativa, non ne aveva mai sentito parlare.
“Te la preparerà Lily, lei, lo ricorderai, è sempre stata una secchiona in Pozioni. Ti permetterà di mantenere il controllo dopo la trasformazione in lupo mannaro, come succede a noi.”
“Sei certo che funzioni?” chiese Remus, schiacciato da una paura improvvisa.
“Ma certo! Dubiti di Silente?”
“Ecco… io… no. No.”
“Bene. So quando attaccheranno i Mangiamorte, e lo faranno con la luna piena. Tu, Remus, sarai in prima linea, accanto a noi.”






Un grazie grandissimo a chi mi ha lasciato una recensione:

Thiliol-Grazie! Anche io li trovo adorabili assieme ^^

Sissy88-Grazie! Harry nel mio Au ha una sorellina e una vita normale… beh, più o meno, visto che i suoi genitori fanno comunque parte dell’Ordine, con tutti i rischi che ne conseguono. E Neville apparirà prima o poi ;-) e…. sì Sirius ha giusto quell’intenzione ^^

Evelyn_cla-Grazie, ci tengo molto a creare un pochino di suspance e curiosità nel lettore, per non farlo annoiare. Ho aggiornato prestissimo, spero ne sarai felice ^^

Ms Montana-Ehi, che entusiasmo! Grazie mille ^^

Grazie a Ely79, la mia beta, che grazie alla sua pazienza vi evita di dover leggere dei veri orrori... (faccio certi errori di battitura che fanno davvero paura...)


Grazie anche a chi continua a leggere la mia fic ^^
Ciao
Fri


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Alla fine del tunnel-cap 6 James era decisamente ubriaco quando inciampò sull’uscio di casa, abbassando la maniglia con il gomito per ritrovarsi, senza capire bene come, steso bocconi sul marmo rosa dell'ingresso.
Ma gli bastò un’occhiata alla sua dolce mogliettina perché la sbornia lo abbandonasse tutto d’un botto. Lily era seduta sul divano intenta a tamburellare nervosamente con le dita sulla gamba, una luce omicida a illuminarle gli occhi verdi.
Faceva paura.
“Ehm… ciao, amore,” si rialzò da terra, spettinandosi i capelli e accennando a piegarsi su un ginocchio. “Guarda, fatico a impedirmi di inginocchiarmi davanti a te, e chiederti di nuovo di sposarmi, da tanto ti trovo splendida stasera.” James finse di lottare con il proprio corpo, come se stesse cercando di contrastare la Maledizione Imperius e condì il tutto con il suo miglior sorriso spavaldo, da lui stesso reputato irresistibile.
Lo sguardo della donna guizzò verso di lui, per poi scivolare, come se si fosse posato su qualcosa di viscido, sui tre uomini che sostavano malfermi alle sue spalle.
Si alzò di scatto e con passo deciso si avvicinò a loro.
Tutti e quattro indietreggiarono.
James controllò svelto le sue mani. “Ehi, ragazzi, calmi! Non ha la bacchetta!” bisbigliò, un po’ sollevato.
Lily si fermò a pochi centimetri da lui, guardando oltre la sua spalla.
“Grazie per aver accompagnato a casa James, ora potete andare.” La sua voce era fredda e James fu certo che, malgrado apparentemente stesse parlando al plurale, si stesse rivolgendo esclusivamente a Sirius.
Infatti il suo tono si addolcì quando aggiunse: “Peter, ricordati di salutarmi tanto Minnie!”
Poi prese Remus per un braccio e lo tirò dentro casa.
Partirono subito le accuse.
“Sei ubriaco!” gli sibilò, furibonda.
James decise di buttarla sul ridere. “L’avevo detto a Lunastorta di non bere tanto, perché tu ti saresti arrabbiata.”
Ma lei non abboccò. “Tu sei ubriaco! Sono le quattro del mattino! Pensavo che foste usciti per discutere di questioni legate all’Ordine, invece torni ubriaco, chissà cosa avete fatto tu e… e… lo sai quanto non mi fido di quella persona.”
E guardò dritto negli occhi la persona a cui si riferiva, che sostenne senza problemi il suo sguardo, gli occhi grigi immobili.
“Lily, ti prego, può sentirti!” la supplicò James, pur rendendosi conto dell’inutilità della sua protesta.
Sirius naturalmente non sembrò affatto offeso, anzi, sfidava apertamente Lily con l’atteggiamento arrogante.
Quando ormai era certo che fossero al punto di venire alle bacchette, il buon, vecchio Felpato ruppe la tensione allungandosi verso Remus e bisbigliandogli. “Lily e James litigano a causa nostra.”
Remus, oscillando leggermente, gli rispose secco. “A causa tua, vorrai dire.”
Lily aveva l’aria truce. “Ciao, Black!” disse con disprezzo, indicandogli il cancello di ingresso. Lui la salutò in maniera affettata e si avviò verso l’uscita, con Peter che gli trotterellava dietro a capo chino.
La donna si chiuse la porta alle spalle, prima di rivolgersi a Remus con una nota di rimprovero nella voce, ma senza più rabbia.
“Tu non dovresti frequentarlo, non dopo quello che ti ha fatto.”
James si intromise, pur intuendo le sue buone intenzioni, avrebbe finito con il metterlo alle strette, facendolo sentire in difficoltà. “Lily, così non lo aiuti affatto, non è il momento...”
Ma lei lo fulminò con lo sguardo. “Non è mai il momento per te!” sibilò, e lui si sentì un verme, notando quanto il suo volto fosse pallido e sfatto. La sua non era una sceneggiata, era stata sul serio in pensiero per lui.
“Black ha ucciso il mio migliore amico, ho paura che mi porti via anche te, non lo capisci?” Lily si lasciò sfuggire un unico singhiozzo, mentre lo colpiva debolmente sul petto con la mano aperta.
“Piccola…” La strinse a sé James, accarezzandole dolcemente i capelli e pensando a uno stratagemma per farsi perdonare. E non qualcosa di stupido che si limitasse a farla inorridire, come succedeva di solito.
Come da ragazzi… Lily aveva iniziato a guardarlo come un essere umano e non una frattaglia destinata ai Thestral solo dopo che aveva saputo del suo atto eroico, del suo disperato tentativo di salvare la vita al suo amico Serpeverde, e al successivo prodigarsi nel cercare di tirare fuori dai guai il povero Remus.
Lei non aveva mai avuto dubbi sulla sua innocenza, erano stati entrambi Prefetti e lo conosceva bene, per quanto ti potesse permettere di conoscerlo davvero il timido e insicuro ragazzino che Remus era stato.
Il fatto di aver scoperto la sua natura di licantropo nulla aveva cambiato dell'opinione che si era fatta di lui, ed era stata l’unica estranea al loro piccolo gruppo a non addossargli la piena colpa dell’omicidio di Piton. Per quello James l’aveva amata, se possibile, ancora di più.
Ma… c’era anche Sirius, il suo migliore amico, quello che considerava un fratello.
Lily l’aveva messo più volte con le spalle al muro: doveva fare una scelta, o lei, o lui. Era stata dura e la loro relazione aveva iniziato ad ingranare solo due anni dopo la fine della scuola, tra litigi e lacrime amare.
Non aveva saputo rinunciare all’amicizia di Sirius e lei alla fine aveva ceduto ai sentimenti che provava nei suoi confronti.
Ma il suo disprezzo non era scemato in tutti quegli anni e si sentiva spezzato dal bene che voleva ad entrambi.
Si ricordò che il povero Lunastorta era lì con loro. Si voltò per offrirgli una tazza di caffè e delle scuse per essersi dimenticato di lui, ma aveva già tolto il disturbo, abbandonando in silenzio la stanza.


La mattina seguente James si svegliò con un tremendo mal di testa e la bocca impastata. Raggiunse a tentoni la cucina, reggendosi al tavolo con gli occhi chiusi e lasciandosi cadere di schianto su una sedia, che centrò per pura fortuna. Quando si decise ad aprire gli occhi notò con fastidio che Remus, seduto accanto a Daisy, pareva stare discretamente.
“Beh, com’è che tu non ti senti male?” chiese piccato.
Lui si strinse nelle spalle. “Nel branco dei mannari non c’era molto da mangiare, ma l’alcol non mancava mai. Per compensare ho bevuto così tanto che ora per ridurmi come te, dovrei tracannare almeno dieci litri di birra. Si chiama assuefazione” concluse in tono accademico.
“Grazie per la lezione, professore,” bofonchiò.
Perché a lui era stata assegnata una missione così spassosa? Sesso selvaggio e alcol a volontà...
“Stamattina, malgrado la mia gravissima indisposizione, andremo dai Paciock," annunciò James. "Credo che sia ora che tu conosca Neville… lui e Harry arriveranno a casa per le vacanze di Pasqua, andiamo a prenderli alla stazione.
“Uff, ma papà!” si lamentò Daisy, abbassando la testa e picchiando forte il mento sul tavolo, in un gesto di sconforto. “Harry torna a casa sul serio?”
James sorrise divertito, lui era figlio unico e trovava incomprensibilmente buffe le gelosie fra i suoi due ragazzi, d’altronde si sforzava di viziare in egual modo entrambi, quindi la gelosia di fatto non aveva motivo di esserci.
“Ma dai, Harry è il tuo fantastico fratellone!”
La ragazzina fece una smorfia tremenda. “Fantastico?” strillò incredula. “Puah! Intanto ha un odore schifoso. No, non ridere, papà! Sei cattivo!”
James, scosso dalle risate, sentì un cucchiaio colpirlo sul petto, lanciatogli, supponeva, dalla sua graziosa signorina.
“Anche se sei così cattivo, a me piace averti tutto per me, papino!” la voce della bimba si era fatta dolce dolce.
Daisy era in quell’età in cui le bambine stravedono per il padre e James ne gongolava in maniera spudorata.
Impostò l’espressione affascinante grazie alla quale aveva conquistato la metà… no, anzi, praticamente quasi tutte le ragazze di Hogwarts,  per poi mimare con la mano il lancio di un bacio nella sua direzione.
“Fino alla stazione sarò tutto per te, fiorellino mio,” le promise, mentre lei osservava Remus con sospetto. James sospettava che lo ritenesse un ulteriore ostacolo tra lei e il suo papino adorato.
“Oh, non ti preoccupare di lui, a intrattenerlo ci penserà Tonks. Verrà anche lei, ci teneva così tanto ad accompagnarm… lo”, concluse, sporgendosi verso l’amico e tentando di nuovo di accarezzargli la testa.
Lily gli fece capire a gesti di piantarla di prenderlo in giro, picchiandogli piano la padella da cui stava togliendo un paio di uova sulla sua mano tesa.
“Ahi!” mentì James. “Scotta! Mi hai fatto male!”
“Bene”, disse lei, laconica.
“Strega malefica e senza pietà!” la apostrofò, accennando allo stesso tempo un sorrisetto di scusa. Sapeva che non le era ancora del tutto passata la rabbia per quello che era successo solo poche ore prima.
Le sue rimostranze vennero abilmente ignorate.
“Remus, a mezzogiorno si mangia cervo, spero ti piaccia.”
Lui le sorrise gentilmente. “Il mio piatto preferito.”
James gemette. No, decisamente non le era ancora passata.


“Oh salve, signora Paciock!” disse James, sorpreso.
L’anziana signora stava scendendo da un taxy Babbano, aiutata da una donna dall'atteggiamento untuoso.
“Vai pure, cara, grazie per avermi accompagnata, con gli usi Babbani ho poca dimestichezza.”
La donna, che sembrava molto provata, abbassò il capo in segno di umile saluto e si defilò svelta.
La compagnia della signora Paciock aveva questo effetto un po’ su tutti, e ci si stupiva del fatto che il piccolo Neville avesse sconfitto Voldemort prima ancora di pronunciare la sua prima parola! Un anno a stretto contatto con lei gli aveva dato un enorme vantaggio rispetto al suo avversario: cosa era il Signore Oscuro se raffrontato alla dolce nonnina?
La signora nel frattempo aveva preso a parlare, esternando i suoi insindacabili giudizi riguardo l’accompagnatrice “… i Babbani sono bravi in queste cose, nessun incantesimo è riuscito a darmi lo stesso sollievo alla schiena che mi danno i suoi massaggi. Ma parla con una orrenda cantilena, e è talmente sciatta… anche se in quanto a inettitudine è il nuovo giardiniere a farla da padrone. Gli avevo chiesto un cespuglio a forma di fenice, fenice! E lui che fa? Sventola la bacchetta e mi ritrovo con piazzato fuori dalla finestra un enorme avvoltoio. Lo reputo un uccello delizioso, sia chiaro,” precisò accarezzandosi distrattamente la tesa del cappello sul quale ne torreggiava uno impagliato. “Ma non era quello che avevo chiesto! Per non parlare dei commessi dei negozi, solo ieri una ragazzina vestita in maniera sconcia, a Diagon Alley, ha osato…”
James non seppe quale mago di antica data ringraziare quando smise di condividere con loro le sue opinioni sulla gente che aveva l’ardire di incrociarla. La sue graffianti osservazioni, da donna capace che esigeva il massimo da se stessa e si aspettava che anche il resto del mondo avesse tali ambizioni, rendevano il suo giudizio sul prossimo preciso e tanto affine alla realtà da far male.
Il che metteva spesso i suoi interlocutori in una scomoda situazione, spingendoli a un moto di pietà nei confronti della persona così realisticamente tratteggiata.
La donna arricciò le labbra sottili, indicando con una mano simile a un artiglio e un’aria di profondo sospetto Remus.
“E questo chi Merlino è?” lo scrutò torva, girandogli attorno, come un rapace sopra la sua preda. “Il suo aspetto non mi rassicura affatto. E questi?” gli sfiorò i capelli. “Dico, giovanotto, lei ha inclinazioni particolari? No perché la sua chioma è quantomeno ambig…”
“Lui è il signor Lupin”, l’interruppe Daisy, dimostrando tutto il coraggio di una futura Grifondoro.
Remus, che fino a pochi secondi prima se la rideva sotto i baffi, fissando il cappello della signora Paciock e nascondendo con abilità il suo divertimento dietro l’espressione gentile, impallidì nel sentire pronunciare il proprio nome.
Anche la vecchia s'irrigidì: non tollerava la maleducazione. “Cara, nessuno ti ha insegnato che non si interrompono gli adulti quando stanno parlando?,” osservò in maniera arcigna. “Sì, educazione… con il padre che si ritrova… un po’ troppo di manica larga, eh, caro?”
Daisy, offesa per essere stata ripresa, si nascose dietro il papà, indirizzandole le sue peggiori linguacce.
La signora Paciock stava per commentare la sua condotta riprovevole, quando il viso rugoso le si accartocciò in un’espressione di puro orrore. Deviò il suo obiettivo, lanciandosi su Tonks e scuotendola per il mantello.
“Tu! Imbranata di un’Auror! Ma hai idea di chi ti porti appresso? E’ così che difendi il mio ragazzo dai Mangiamorte, portando una delle sue nuove leve ad accoglierlo alla stazione?”
Tonks cambiava colore di capelli a ogni scossone, e la tinta si faceva via via più cupa.
“Mi lasci subit…”
“Merlino, questa mocciosa forse non era neppure nata quando… ma non lo capisci, questo è Remus Lupin! Il licantropo assassino di Hogwarts! è evaso da Azkaban assieme agli altri Mangiamorte, si è riunito al Signore Oscuro e voi l’avete condotto qui! Oh, se solo ci fosse ancora il mio Frank, lui non si sarebbe fatto gabbare…”
James, Tonks e Remus raggelarono, mentre la donna estraeva senza remore la bacchetta dalla propria borsa.
“Il lupo mannaro evaso da Azkaban è qui per uccidere mio nipote! Se non fate qualcosa voi, ci penserò io a…” ormai la vecchia urlava a squarciagola, attirando l’attenzione di tutti i maghi che sostavano sulla banchina, in attesa dei ragazzi di ritorno da Hogwarts.
Altre persone presero ad agitarsi e urlare, il panico si diffuse svelto tra la folla. La parola “lupo mannaro” incuteva un enorme timore da sempre, ora amplificato dalle azioni di quel mostro maledetto di Greyback.
James sollevò tra le braccia Daisy, che aveva preso a piagnucolare spaventata dal caos improvviso.
Vide che Remus stava cercando disperatamente una via di fuga.
La trovò grazie all’intervento di Tonks, che lo afferrò per un braccio Smaterializzando entrambi, poco prima che il fascio di luce rossa dello Schiantesimo lanciato dall’anziana signora raggiungesse il punto in cui si trovava.










Mmm... ecco un capitoletto di passaggio. Spero di aver dato una rappresentazione credibile e IC (ci tengo tanto) della famiglia Potter e della signora Paciock. Ringrazio tutti quelli che stanno aggiungendo questa storia, ma anche le mie altre, ai loro Preferiti ^^

ne sono lusingata! Se vi va lasciatemi un commentino, mi farete ulteriormente felice ^^ 

A proposito: ringrazio tantissimo Thiliol per la recensione:
Il quinto è stato uno dei capitoli che mi è piaciuto più scrivere, sono contenta che sia piaciuto anche a te. E... buone vacanze! Divertiti ^^

ciao
Fri


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Alla fine del tunnel-capitolo 7 “Dove l’hai portato?” le urlò per l’ennesima volta Sirius.
Si era lanciato dentro casa sua come una furia, iniziando a latrare accuse e a esigere risposte non appena lei aveva messo in chiaro che non intendeva dirgli nulla.
“Ninfadora!”urlò di nuovo.
L’aveva chiamata per nome di proposito, ne era certa.
“Hai combinato un casino, come tuo solito!”
Non aveva  dubbi sul ramo della propria famiglia da cui aveva ereditato la tendenza all’uso ponderato e accomodante delle parole.
Non indietreggiò di un passo, malgrado ormai lui le urlasse in pieno viso.
“Esci subito da casa mia”, gli intimò, gelida.
“Remus doveva iniziare a prendere la sua pozione ieri, e tu l’hai fatto sparire, portandolo chissà dove!”
“Ti ricordo che io l’ho tolto da un grandissimo pasticcio. Rischiava come minimo il linciaggio pubblico! Alla stazione…”
Venne interrotta da un gesto concitato della sua mano. “Ok. Nessuno dei due ricordava o sapeva della pozione. Ammetto che neppure io, fino a ieri, sapevo che andava presa a partire da sei giorni prima del plenilunio…” assunse un’aria conciliante. “Quindi passerò sopra al tuo errore, ma ora mi devi dire dove l’hai portato.”
“E perché?”
L’aria conciliante del suo caro cuginetto si sgretolò. Sembrava spossato. “Tra cinque giorni ci sarà la luna piena!”
“Uff, che noia, questo lo hai già detto.”
Sirius si mise le mani nei capelli, in un moto di esasperazione. “Ti ho anche già detto che sei una ragazzina irritante come poche, ma continuerò a ripetertelo, perché tu sei una ragazzina irritante come poche!”
Tonks non fece una piega. “Bene. Ora sai cosa provavano i tuoi genitori… quella santa donna di zia Walburga…” ghignò, alzando gli occhi al cielo. “Che doveva  rassettare camera tua, tappezzata da poster. Di donne nude. Poster Babbani.” Finse di rabbrividire per l’orrore.
Sirius gonfiò le guance, divenendo paonazzo per lo sforzo di rimanere serio. Riuscì a trattenersi per due secondi scarsi. “E tu come sai dei poster? Eri una neonata, allora.”
“Me l’ha raccontato mamma. A volte mi rinfacciava di assomigliarti in certi tuoi atteggiamenti, come il provocare apposta la gente. Ma non ti montare la testa, il suo non voleva essere un complimento.”
“Ma tu l’hai sempre preso come tale”, disse aggiustandosi i capelli dietro un orecchio e atteggiandosi a uomo di grande fascino, ma senza crederci realmente.
Sirius aveva sempre trattato con noncuranza la propria bellezza, come se la considerasse solo un pretesto per prendersi in giro.
“Neanche per idea”, gli indirizzò un sorriso sfacciato.
L’uomo tirò un lungo sospiro, lo scambio di battute lo aveva calmato.
Fu tentata dal suggerirgli di imparare ad avviare il cervello, prima di agire, ma tacque, non perché temesse di offenderlo, ma perché lo riteneva solo fiato sprecato.
“Tra cinque giorni ci sarà la luna piena e - piantala di fare smorfie! - Io, James e Peter dobbiamo fare da baby sitter a quel rompiscatole di Lunastorta, come facevamo da ragazzi.”
Gli occhi, mentre parlava, presero a luccicargli come quelli di un bambino alla Vigilia di Natale.
“Non credo proprio”, rispose secca.
“Ma, Tonks!” si impuntò, picchiandosi una mano sulla gamba, in un gesto di esasperazione.
“E piantala di urlare! Remus aveva previsto i vostri piani e mi ha fatto promettere di non dirvi dove si trova.”
Sirius perse nuovamente la pazienza. “E’ uno stupido, si farà del male senza la nostra presenza!”
La preoccupazione nella sua voce si fece palese e la spinse a esitare per un attimo.
Farsi del male? Ma Remus l’aveva messa in guardia, le aveva detto che pur di rivivere un’esperienza legata alla sua adolescenza Sirius le avrebbe detto qualunque cosa. E, per quanto ammetteva di non essere in rapporti tanto intimi con lui da poter affermare di conoscerlo bene, Sirius le sembrava proprio il tipo di persona da comportarsi a quel modo.
Si strinse la braccia al petto. “Ho giurato di non dire dov’è e non lo dirò.”
L’uomo sembrò afflosciarsi, l’aria delusa e amareggiata. “E perché non ci vuole attorno? Te l’ha detto?”
“Sì, a fatica… Merlino! per tirargli fuori qualcosa di più di una battuta ironica quando lo si obbliga a parlare di se stesso, ci vuole una pazienza… mi ha del tutto asciugata… Ma alla fine ha confessato. Teme di farvi del male. La sua è paura vera, Sirius,” l’apprensione le fece contrarre lo stomaco, mentre rivedeva Remus impallidire sotto la maschera di freddezza dietro cui aveva cercato di celare le proprie emozioni. “Si teneva le mani strette assieme mentre me lo diceva, per tentare di bloccarne il tremito, ma io me ne sono accorta lo stesso. Ho giurato di tenervi lontano da lui e di stargli lontana io stessa, e non intendo tradire la sua fiducia.”
Sirius si mosse a disagio, allontanandosi da lei e gettando occhiate tormentate tutt’attorno.
“Hai usato quella frase di proposito, vero?”
“Quale frase?”
“Tradire la fiducia…”
“A essere sincera, no. Non intendevo alludere a nulla, anche se sono al corrente di quello che hai fatto a Remus. Lo hai messo in una situazione quanto meno imbarazzante.”
L’uomo alzò le sopracciglia. “Imbarazzante?”
“Beh, andare a raccontare in giro che a quattordici anni era ancora tutto perfettamente levigato come l’altissima fronte di Kingsley…”
Vide il cugino trattenere un sorriso, perso in ricordi che gli davano un’espressione nostalgica. “Lo sai come ho fatto a vederlo nudo? È stato dopo la prima luna piena che abbiamo passato assieme. I vestiti se li era giocati durante la trasformazione… Ma senza la presenza di noi tre, non ti illudere, non te lo troverai davanti coperto solo dalla luce dell’alba, ma da…” fece una pausa, assumendo un’espressione greve. “Da morsi, tagli, sangue.”
Tonks annicchilì, mordendosi forte il labbro. No, non avrebbe ceduto! “Puoi raccontarmi quello che ti pare, ma non ti dirò dov’è.”
Sirius fece una lunga pausa e quando si decise a parlare di nuovo lo fece con profonda rassegnazione. “D’accordo. Giurami solo che l’idea di tenerci alla larga è stata di Remus e solo sua.”
“Lo giuro.”
“Se lo dice Lunastorta, va bene. Lui ha sempre ragione e lo accetto. E visto che lo ami tanto stagli vicino quando tornerà in sé, ne avrà bisogno.
“Lo farò.”
L’uomo esitò, sorpreso. “Non protesti?”
“Hai ragione, la tua è un’esagerazione. Escludo nella maniera più assoluta che Lunastorta possa avere sempre ragione.”
“Non intendevo per quello…”
“Ho capito. Sei stupito?” lo sfidò, con orgoglio e senza il minimo imbarazzo.
“No. E’ chiaro che siete fatti per stare assieme. Due testoni così, che vengono etichettati dalla maggioranza delle persone come degli incapaci o malati che a fatica si reggono in piedi. Che devono condividere la piaga di una forma fisica molto confusa…”
“Ehi!” protestò.
“Avrei altre cose da dire, in merito.”
“Grazie, ma per oggi ho fatto il pieno di complimenti da parte tua.”
“Ti dirò solo una cosa, allora. Quando sarete ufficialmente una coppia felice, fa notare a Lunastorta che è stato tutto merito mio, perché se aspettavo che le cose si evolvessero, mettendo in mano la situazione interamente a due imbranati strambi e confusi come voi… allora forse mi perdonerà…”
Tonks non tergiversò, limitandosi a lanciargli contro il manico di scopa che teneva appoggiato alla parete, degradato all’ingrato compito di appendiabiti.
“O forse mi odierà ancora di più!” gemette, mentre veniva investito da un numero imprecisato di indumenti dai colori assurdi.



Remus stava lottando contro il senso di soffocamento che gli stringeva la gola. Rantolò, tentando di tirarsi sù, ma senza successo. Cercò allora di aprire gli occhi, il non vedere accresceva in lui l’angosciante sensazione di stare affogando.
Gli sembrò di aver avuto successo, che le sue palpebre fossero sollevate, ma il suo sguardo abbracciava solo uno sfondo nero e fumoso.
“E’ ancora buio?” mormorò, malgrado fosse convinto di essere solo. Il sentire il suono della propria voce, tornata ad essere quella di un uomo, lo rassicurava.
Una risposta gli giunse inaspettata. “No, Remus, c’è un bel po’ di luce che entra dalla finestra,” un sospiro preoccupato. “Non riesci a vedere?”
La voce di Tonks.
“No…”
Percepì uno spostamento d’aria davanti al viso in fiamme.
“Vedi la mia mano?”
“No.” Si lasciò sfuggire un gemito, mentre a fatica spostava una mano, premendosela sullo stomaco. Percepì il contatto con le medicature, stranamente morbide e delicate.
Alcune bende si sfaldarono sotto il suo palmo sudato.
“Come va lo stomaco?” gli chiese Tonks, accarezzandogli piano la fronte.
“Bene.”
Gli sembrò una risposta terribilmente stupida quando, pochi istanti dopo, dei volenti colpi di tosse lo scossero, inducendolo a pregare di riuscire a trattenersi dal vomitare su… su… dove Merlino di trovava? Era morbido, sembrava un letto.
Era chiaro che non era più nel magazzino abbandonato dove aveva atteso il sorgere della luna piena, ma in un posto accogliente e caldo.
Se solo fosse riuscito a vedere più chiaramente…
Una mano gli sollevò goffamente la testa e qualcosa di metallico premuto contro le labbra.
“No…” protestò debolmente, schiudendo così incautamente le labbra.
Lei approfittò della sua bocca aperta per cacciargli dentro quello che capì essere un cucchiaino.
“Caffè superzuccherato, te lo do un pochino per volta, così evito di versartelo addosso e aggiungere anche qualche ustione alla conta delle ferite.” La voce della donna di contrasse, mentre pronunciava l’ultima parola.
Era molto coraggiosa, sapeva di fare spavento dopo una notte di luna piena passata in gabbia. Eppure lei non era scappata via nauseata, ma l’aveva soccorso.
Tonks cercò di nuovo di farlo bere e lui reagì serrando le labbra, in una silenziosa supplica a essere lasciato in pace. Ma non desitette, continuando ad imboccarlo a forza, senza lasciarsi scoraggiare dalla scarsa collaborazione che stava mostrando.
Evidentemente sapeva quel che faceva, dato che man mano che il liquido caldo lo scaldava, la sua vista si faceva più chiara.
“Oh”, mormorò, quando finalmente gli riuscì di vedere le tendine con gli ippogrifi appese alla finestra.
“Adesso ci vedi, vero?” disse Tonks soddisfatta, distraendosi quel tanto che bastava per cacciargli il cucchiaio in un occhio.
“Ebbene sì, per una attimo, ho visto,” gemette, sforzandosi di non ridere. Non ne aveva la forza.
“Oh! Scuuusa!” si piegò su di lui, baciandogli l’occhio leso con tenerezza.
“La storia del caffè non è merito mio,” spiegò, tornando a sedersi sulla sedia messa di sbieco a ridosso del letto. “C’è stato un periodo buio nella mia vita, in cui mia madre, istigata da una mia insegnante Babbana sadica e odiosa, mi aveva iscritta a un corso di danza per migliorare la mia coordinazione. Umh… mi sono sfracassata tante di quelle volte con conseguenti crolli di pressione, che ad ogni lezione trangugiavo litri di caffè… mia mamma ci ha rinunciato, alla fine. Con tutta quella caffeina in corpo diventavo davvero insopportabile… insomma, persino di più di quanto non lo sono di solito.”
Rise, tornando ad accarezzargli la fronte. “Ma senti come scotti…”
Il suo sguardo e i suoi gesti erano colmi di premura, affetto e nient’altro. Niente pietà, niente ribrezzo.
“Grazie,” le sussurrò piano. “Grazie, grazie, grazie”, continuò a ripeterle mentalmente, perché gli mancava la forza di parlare ancora, ma non quella di esserle grato.
Ora che la nausea lo aveva abbandonato e aveva la mente lucida, il dolore per le ferite iniziava imporsi con violenza alla sua attenzione. Non poteva fare altro che stringere i denti e aspettare che passasse, facendosi cullare dalla piacevole sensazione di avere vicino qualcuno ad accudirlo. Non un “qualcuno” qualsiasi, obbligato a stargli accanto per senso del dovere, o perché era il suo lavoro, ma Tonks.



Un uomo e una donna. L’uomo lo reggeva mentre lei gli bagnava le ferite con qualcosa di tremendo, che le faceva schiumare. Percepiva la febbre infuriare dentro di lui, il male che sentiva era così forte da sconvolgergli lo stomaco. Tentò, senza che gli venisse permesso, di raggomitolarsi su se stesso. Era da una vita che si ritrovava, una volta la mese, in quella situazione, ormai avrebbe dovuto esserci abituato… Ma non era così, anzi, era sempre peggio. Un giorno o l’altro il suo corpo avrebbe ceduto del tutto, se ne rendeva conto. Solo durante il periodo passato da lupo libero nel branco di Greyback non aveva sofferto per il plenilunio.
“Ora lo lasci, signor Tonks. Aiuti sua figlia a prendere altre coperte, sente come trema? Arde di febbre.”
Attraverso le ciglia bagnate dalle lacrime vide un uomo biondo allontanarsi assieme a una giovane dai capelli rosa spento. La donna che gli era rimasta accanto prese a rimboccargli le lenzuola con gesti pratici, da persona esperta.
Tenere gli occhi aperti gli divenne troppo gravoso, così si lasciò andare, abbandonandosi sul cuscino spiacevolmente caldo, le palpebre abbassate.
La donna, ne era certo, lo credeva ormai assopito quando mormorò a mezza voce: “Eccola, la causa di tutto. Lei e sua madre. Il motivo per cui quel povero ragazzo verrà venduto a quel mostro abominevoli di Tu-S…”
Non finì la frase e Remus, con uno sforzo considerevole, riuscì a schiudere di nuovo gli occhi. Un’altra donna era entrata nella stanza, spingendo la sconosciuta a tacere. Aveva i capelli rossi e… ma non erano riferite a lei le parole che aveva sentito pronunciare con odio e paura. La sconosciuta stava fissando Ninfadora Tonks.



Remus si destò, scosso dai brividi. Era stato il dolore a svegliarlo, qualcuno gli stava cambiando le bende.
“Tonks?” chiamò, la voce ridotta a un soffio.
“Sono Lily, Remus.”
Si girò, cercando il suo viso. Era seduta accanto a lui, pallida ma risoluta, lo sguardo dolente.
Si sforzò di sorridergli, ma era chiaro che non era un sorriso sincero, sembrava così triste che Remus si sentì in colpa.
“Dov’è Tonks?”
“L’ho allontanata con una scusa… come del resto ha fatto l’infermiera Babbana della signora Paciock. E’ stata lei a mostrarmi come fare a medicarti. Gli incantesimi non possono nulla contro le tue ferite, ma la medicina Babbana sì, per questo Tonks ha chiamato me e suo padre. A lei l’infermiera si è rifiutata di mostrare come medicarti dopo che ti ha quasi infilzato nel tentativo di tagliare una benda.”
L’infermiera della signora Paciock? Dunque era lei… infatti le era parso di averla già vista… era quella che aveva accompagnato la nonna di Neville alla stazione, che mentre gli rimboccava le coperte aveva detto qualcosa di spiacevole su Tonks, su un ragazzo… qualcosa… non ricordava bene.
Una spasmo improvviso gli strappò un lamento e Lily si piegò preoccupata su di lui, gli occhi lucidi e l’aria profondamente dispiaciuta. “Oh, Remus…”
“Va via, Lily”, mormorò, pentendosi subito per le parole brusche.
“Come?”
Cercò di prendere fiato. Il suo respiro era rapido e superficiale, e l’affanno gli rendeva difficile il riuscire ad esprimersi.
“Va via, ti prego.”
“Remus! Ti sto medicando! Smettila di fare il bambino, non è da te”, lo rimproverò con lo stesso tono di voce con cui si rivolgeva alla piccola Daisy.
“Non è necessario,” le rispose gentilmente. “Scusami.” Esalò un lungo sospiro, affondando il viso nel cuscino e nascondendo la guancia rimasta scoperta con una mano bendata.
“Se non lo faccio io, lo farà Tonks… vuoi correre questo rischio?” le sfuggì una risatina nervosa. “Lei, poverina, ci prova, ma… fa solo disastri!” si morse il labbro come pentita per quello che aveva detto. “Non mi piace parlar male di lei, è tanto cara, ma in alcuni punti ti ha bendato con dei fazzoletti di carta! Non so come le sia venuto in mente…”
“Non m’importa.”
“Dovrebbe, invece. Intanto non sono sterilizzati…”
“Lily…” scelse con cura le parole. Si sentiva terribilmente in colpa per essersi deciso a tediarla esternandole i suoi patetici sentimenti, e sperò che non prendesse le sue parole come un’accusa. Lily era sempre stata così buona con lui… Ma stava troppo male per tacere. “Lo vedo come mi guardi. Ti faccio pena. Il tuo sguardo… mi fa stare molto più male di un paio di innocui fazzoletti di carta. Tonks non prova pietà per me. Ti prego, lasciami solo. Ho trascorso da solo la maggior parte delle convalescenze da luna piena della mia vita, una in più non mi ucciderà.”
Tonks irruppe nella stanza proprio in quel momento, rovesciando sul pavimento il contenuto della busta che teneva tra le braccia.
Non se ne curò minimamente.
“Remus! Ti sei svegliato!” si accucciò davanti al letto. “Mi spiace se ho chiamato papà e Lily, ma ho avuto paura… la febbre continuava a salirti, e tu ti lamentavi, stavi tanto male!” serrò le labbra, senza staccare lo sguardo da lui, come persa nella contemplazione del suo viso. Poi, lentamente, alzò un braccio e gli sfiorò una guancia con il dorso della mano. “Oh… guarda che occhioni grandi ti sono venuti.”
Era un tale sollievo averla di nuovo accanto, che sentì gli occhi inumidirsi e un sorriso di gioia tendergli le labbra spaccate.
“Non fa niente, Ninfadora,” allargò il sorriso, non riuscendo a trattenere una debole risatina che peggiorò il suo affanno. “E non mi sono venuti gli occhioni, sono solo dimagrito un pochino, è normale.”
“Normale?” chiese lei, poco convinta.
“Sì, Ninfadora. Mi succede sempre dopo il plenilunio.”
La donna sembrò innervosirsi, come se fino a quel momento si fosse persa qualcosa di importante, accantonato dalla preoccupazione per le sue condizioni, ma ora... “Aspetta, aspetta, cosa hai detto?”
“Mmm?”
“Ripetilo se ne hai il coraggio!”
“Cosa, Ninfadora?” chiese, confuso. Anche se in fondo in fondo lo sapeva cosa l’aveva infastidita, come sapeva di stare usando quella parola di proposito.
Tonks si alzò e con fare minaccioso gli tirò indietro le coperte, prendendo ad osservargli con profonda concentrazione il petto, le spalle, le gambe.
“Ninfadora? Che stai fac…”
“Zitto, ti conviene non distrarmi. Cerco un punto in cui non hai piaghe per darti uno sberlone. Quante volte ti devo dire di non chiamarmi a quel modo!”
Lily scoppiò a ridere. “Bene, Remus, allora ti lascio alle amorevoli cure di Tonks. Sono certa che lei non avrà alcuna pietà di te”, disse assumendo un’aria minacciosa, ma pronunciando le parole con grande affetto.
“Puoi dirlo forte!” borbottò Tonks, senza voltarsi.
Lily abbandonò la stanza scuotendo la testa divertita, mentre la piccola, deliziosa Auror gli schiaffava una sberla sull’incolume fianco sinistro.
“Non chiamarmi mai più…”
“Ninfadora?”
Sciaff!











Eccomi di ritorno, un po’ in ritardo… tutta la parte del caffè e dei crolli di pressione da ferite si rifà alle mie esperienze dirette di lesioni. Non so nulla di medicina, ma ho una discreta esperienza diretta in botte, schiacciate, voli e tagli di varia natura.


Grazie a Lupinuccia e Evelyn_cla per le recensioni ^^

Lupinuccia -Bentornata ^^ mi sei mancata. Sono felice che anche questa mia fic ti piaccia. Remus è contento che pensi che lui sia figo. Tonks invece è decisamente gelosa ^^. Oh, beh, anche io adoro Remus ;-) Spero che il capitolo di piaccia.

Evelyn_cla -Grazie! Un po’ in ritardo, ma ho aggiornato ^^

Uh! Altri nuovi Preferiti/Seguite, grazie mille! E grazie anche a chi mi segue in silenzio ^^
Ciao
Fri

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Alla fine del tunnel-cap 8 “Dannazione!” pensò Sirius, mentre Silente faceva la sua inaspettata comparsa nella casa di James, sede dell’Ordine della Fenice.
Ormai si era messo l’animo in pace, convinto che almeno per quella sera non si sarebbe presentato, preso da altri impegni.
E… no! Si stava avvicinando proprio a Remus!
Con un balzo canino, Sirius si lanciò verso di lui, lambiccandosi alla ricerca di un diversivo qualsiasi per evitare che le chiacchiere tra il preside e Remus finissero con il vertere su argomenti spinosi. Come l’abbandono di quest’ultimo della missione affidatagli tra i lupi mannari, iniziativa che era stata interamente concepita da Sirius, e non da Lunastorta, come aveva fatto credere a Silente.
Naturalmente Sirius non aveva neppure fatto cenno al preside del suo famoso “piano”, dato che esigeva la presenza di Remus, nei progetti di Silente già assegnato all’altra missione.
Si decise ad agire, sfoderando la bacchetta e puntandola tra gli occhi dell’amico, proprio mentre Silente stava per parlare.
Perché finiva sempre con il cacciarsi in quelle situazioni? Ammetteva che la sua vita senza un po’ d’azione non sarebbe stata neppure degna di essere vissuta, ma un po’ d’azione (e molto piacevole) poteva essere considerata anche il saltare sotto le lenzuola assieme a Sidney, che quella sera gli aveva chiesto per l’ennesima volta di uscire, e di nuovo Sirius si era trovato costretto a risponderle di no.
Aveva sempre messo in primo piano l’amicizia rispetto all’amore, anche se la scelta di trovarsi ancora solo a trentacinque anni non era stata propriamente una scelta. Il pensiero di Remus, rinchiuso ad Azkaban a dibattersi tra sbarre e artigli putridi di Dissennatore a causa sua, lo investiva ogni volta che una donna per cui provava qualcosa lo teneva tra le braccia. Per quel motivo aveva allontanato le poche che erano riuscite a farlo sentire amato davvero e per quello che era, non per il suo aspetto fisico o i suoi soldi. La sua era una sorta di punizione auto imposta. Una delle donne che aveva respinto gli era rimasta nel cuore: conservava ancora una sua foto che teneva sempre con sé. Riconquistando l’amicizia di Lunastorta, Sirius sperava, in qualche modo, di riuscire ad ottenere un po’ di sollievo dal rimorso e si cullava nell’illusione che forse lei lo stesse ancora aspettando. Che avrebbe potuto abbandonarsi al suo abbraccio senza dover temere gli incubi che lo avrebbero nuovamente raggiunto.
“Sirius?” Remus fissava la bacchetta, gli occhi leggermente incrociati, rigirandosi in una mano un dolce al cioccolato. “Ehm, non c’è alcun bisogno di affatturarmi, se desideravi l’ultima fetta di torta rimasta bastava dirlo.” Alzò la mano e se la cacciò in bocca senza ritenere necessario il farla a bocconi più piccoli.
Gli occhi azzurri di Silente si posarono su Sirius, la fronte leggermente aggrottata in un’espressione seria, dietro cui non si poteva non notare una sorta di divertita curiosità.
Remus, nel frattempo, cercava di inghiottire l’ingombrante boccone senza soffocarsi, con l’aria asfittica ma molto soddisfatta.
Forse si illudeva davvero di avergli fatto un dispetto.
Un ghigno fece stendere le labbra di Sirius: era sempre stato così tra di loro, un continuo beccarsi a vicenda.
Si maledisse per l’ennesima volta per aver combinato il pasticcio del Platano Picchiatore. E maledisse Mocciosus, se solo avesse tenuto il suo lungo naso untuoso lontano da loro non si sarebbe preso la briga di prenderlo di mira, e tutto quello non sarebbe mai accaduto.
“Ecco… ehm… in realtà ho fatto una scommessa con Tonks”, mentì, tanto per dire qualcosa, visto che il suo prolungato silenzio iniziava a insospettire i suoi interlocutori.
“Mi spiace, hai perso”, disse Remus, ricambiando il sorriso.
Capì subito a cosa si riferiva. “No, non riguardava della stupida roba da mangiare. Andiamo, siamo due adulti, ci credi tanto immaturi da scommettere su una cosa così?”
“Sì”, rispose lui senza alcuna esitazione.
“Va bene, hai ragione. Ma non erano questi i termini della scommessa…”
Silente annuì, invitandolo a continuare con un’espressione di serio interesse.
“Ecco, io sostengo che Tonks non è riuscita affatto ad insegnarti l’Occlumanzia, lei invece sostiene che…” si accigliò, cercando dei termini che fossero convincenti in bocca a sua cugina. “Ehm, che ora sei più ermetico di una delle casseforti della Gringott.”
Remus alzò il capo, cercandola tra la piccola folla che chiacchierava nel salone. La individuò: stava raccogliendo qualcosa da terra assieme a Neville Paciock.
James e Peter avevano avuto la splendida trovata di dare a loro due il compito di offrire le tartine agli ospiti. Trovata esilarante, visto l’imbranataggine che li accomunava, e che aveva lasciato sgomente Lily e Molly, le quali però non avevano protestato, temendo di offendere Neville (Tonks non era tipo da offendersi tanto facilmente).
“E perché mai l’avrebbe detto? Escludo di aver imparato in una sola lezione a…”
Silente fece per rivolgersi a Remus, così Sirius fu costretto a intervenire.
“Controlliamo subito. Legilimens!”
Chiaramente aveva imparato poco o nulla, abbattere le sue difese fu facilissimo.
Vide Ted, il padre di Tonks, in un angolo del giardino dei Paciock intento a parlare fitto fitto con Neville. La scena durò pochi istanti, poi Sirius percepì il terreno scivolargli via da sotto i piedi, sostituito prontamente da un peloso tappeto lilla. Quella che riconobbe essere l’infermiera della signora Paciock sostava ritta davanti al letto di Tonks, dove un Remus dall’aria martoriata giaceva a occhi chiusi.
“Eccola, la causa di tutto. Lei e sua madre. Il motivo per cui quel povero ragazzo verrà venduto a quel mostro abominevoli di Tu-S…” sussurrò la donna, la voce tesa. Stava fissando Ninfadora.
Di botto, quasi con rabbia, si sentì estromettere dalla mente di Remus.
Lui lo fissava con aria colpevole, come se i suoi ricordi fossero in qualche modo compromettenti.
Sirius rifletté: appena entrato nella sua testa aveva subito visto i due episodi, come se Remus stesse rimuginando su di essi, ma perché? C’era un collegamento tra di loro?
Remus accennò un passo nella sua direzione, supplicandolo con gli occhi. “Non dire nulla, ti prego”: il suo silenzioso messaggio.
Silente, notando il suo turbamento, appoggiò la lunga mano scarna sulla spalla di Remus.
“Bene, reputo saggio non chiedervi descrizioni dettagliate dei ricordi che stavate condividendo. Solo un consiglio, spero lo accetterete dal vostro vecchio professore: mai introdursi nella mente di un uomo che si sa uscire con la propria sorella, o altro parente prossimo... non sai mai cosa potresti trovarci.” Strizzò l’occhio a Sirius, guidando Remus verso la porta che dava sul giardino. Remus, che ancora fissava Sirius come se non avesse affatto sentito le allusioni di Silente su lui e Tonks.
Sirius si schiacciò l’indice sulla bocca, confidando nel fatto che anche lui avrebbe mantenuto i loro segreti, una volta che avesse scoperto tutte le questioni che aveva taciuto al preside.


Remus seguì docilmente Silente, continuando a gettare occhiate preoccupate verso Sirius. Sperava intensamente che Felpato non arrivasse alle sue stesse ignobili conclusioni. Che si tenesse tutto quello che aveva visto nella sua mente solo per sé.
Venne condotto nel giardino della villa di James e Lily, sontuoso quasi quanto quello dei Malfoy, ma con tante piccole differenze. Nella piscina galleggiavano giocattoli gonfiabili a forma di manico di scopa o draghi che sputavano lingue di fuoco che si spegnevano a pelo dell’acqua. In un angolo c’era un piccolo campo da Quidditch, dove l’erba era tutta strappata per le torture che le infliggevano James e Harry. Spesso James modificava le regole del gioco, che da “prendi il Boccino d’Oro” diventavano “chi riesce a fare la frenata più lunga prima di finire in piscina, vince” o “acchiappa la bimba e metti fine alla partita”.
Daisy quella mattina aveva finito con il rifugiarsi dietro la schiena di Remus pur di sfuggire alla incursioni del papà e del fratello, malgrado avesse l’impressione di non piacerle granché.
Quando la bambina aveva fatto scivolare la piccola mano nella sua per un brevissimo istante, Remus aveva provato un'emozione tale che non aveva neppure tentato di evitare Ramoso che puntava dritto su di lui. Erano rotolati entrambi per alcuni metri.
E prima ancora che riuscissero a rialzarsi Daisy e Harry si erano fiondati verso il padre, per accertarsi che stesse bene. James se li era presi in braccio, anche Harry che aveva tredici anni e con i piedi gli sfiorava le ginocchia, mimando un valzer assieme a loro mentre li rassicurava sulla sua salute fisica.
“Su quella mentale non mi pronuncio”, aveva aggiunto rivolgendosi a Remus, ridacchiando.
“Remus, sei qui con me?” gli chiese Silente, porgendogli una sedia. “Ecco, siedi qui, hai l’aria stanca”.
Remus ubbidì, mentre il preside rimaneva in piedi davanti a lui, scrutandolo con i suoi penetranti occhi azzurri. Si sentì tornare bambino, rivedendosi seduto nel suo studio, mentre veniva interrogato riguardo alla sua condotta in veste di Prefetto.
Allora Remus aveva taciuto al preside questioni importanti, come l’aver permesso ai propri amici di scoprire il suo segreto, l’averli spinti a diventare Animagus… le loro scorribande nella Foresta Proibita con la luna piena. Aveva taciuto.
La consapevolezza di quella che sarebbe stata la reazione del preside nello scoprire di aver sbagliato a concedergli tanta fiducia, lo aveva gettato nello sconforto, certo che le sue azioni lo avrebbero spinto a disprezzarlo. Non poteva deludere Silente, che era stato così magnanimo con lui da dargli una possibilità di riscatto nonostante la sua natura, unico al mondo a parte i suoi genitori e i tre amici.
L'omertà di Remus era stata la causa della morte di Severus: se solo non fosse stato così sconsiderato e vigliacco... se ne rendeva conto, ma malgrado ciò, anche ora…
“Vedo con piacere che tu e Sirius siete tornati in rapporti amichevoli.”
“Mmm… non proprio. Non ancora.”
“Naturalmente. Non può ottenere il tuo perdono così facilmente, nessuno pretende tanto da te. D’altro canto ora stiamo tutti dalla stessa parte ed è giusto che cerchiamo di sotterrare i nostri dissapori. Il compito che si è accollato Sirius è rischioso e impegnativo, soprattutto per lui, così incline ai colpi di testa.”
Remus non rispose, limitandosi ad annuire lentamente.
Lo sguardo di Silente di fece più intenso, mentre si piegava leggermente su di lui. “Quindi… cosa state architettando voi quattro?” chiese con un tono forzatamente leggero.
“Come?” Lo sconcerto di Remus era genuino, anche se in fondo aveva capito a cosa si riferiva.
“Sembra che Sirius abbia in mente qualcosa. Mi ha chiesto, tempo fa, di procurargli la formula della Pozione Antilupo, e non mi sembrava che il nobile intento di preservare la tua salute fosse il suo unico fine. Era… sai… furtivo.” Silente alzò le sopracciglia grigie e cespugliose, lisciandosi la barba.
“Io…” Remus deglutì. Non poteva deluderlo, ammettendo che aveva capito da tempo che era all’oscuro del piano architettato da Sirius e malgrado i suoi sospetti se ne era stato zitto. Era stata troppo allettante l’idea di stare progettando ancora una volta qualcosa assieme, da Malandrini, come ai vecchi tempi, così aveva finto di non sapere, mentendo anche a se stesso.
Gli sfuggì un lungo sospiro. “Non credo abbia secondi fini, se non quello di convincermi che la Pozione mi rende innocuo, così che io conceda a lui, Peter e James di tenermi compagnia con la luna piena. Il plenilunio è passato da poco e non ho permesso loro di starmi vicino.”
Silente parve abbastanza soddisfatto dalla sua spiegazione. “Sì, è proprio da lui. Non si cambia poi molto, crescendo, non è vero?”
Remus sentì un rossore colpevole scottargli il viso. No. Non si cambiava poi molto.
Non gli rispose e vedendolo in imbarazzo Silente gli strinse un braccio. La sua presa era straordinariamente forte malgrado l’età avanzata, l’aria dolente e gli occhi umidi.
“Remus, è tutta colpa mia. Non avrei dovuto chiederti tanto. Entrare nel branco di Fenrir… Non ti preoccupare per la tua missione, non fa nulla. Non posso fare altro che ringraziarti per il tuo tentativo di affrontare una situazione così gravosa.”
Il rumore di qualcosa di metallico che cadeva a terra distolse l’attenzione del mago da lui. Remus ringraziò mentalmente l’artefice del frastuono, non sarebbe stato in grado di reggere il disgusto che Silente gli stava facendo provare per se stesso un secondo di più.
“Oh, guarda, la cara Ninfadora e il piccolo Neville. Decisamente appropriato che ad annunciare il loro arrivo sia stato il trambusto che li ha preceduti. O meglio, che è arrivato assieme a loro. Per le tue entrate proporrei…”
“Un ululato?” tentò Remus, abbattuto.
“No, non direi. D’effetto, certo, ma una scelta quantomeno inappropriata per un uomo. Un mago.” Silente batté le mani tra di loro, strizzandogli l’occhio. “Beh, è ora che rientri, inizia a fare troppo fresco qui fuori per una persona anziana come me.”
Si allontanò fischiettando, lasciando Remus a sprofondare nella vergogna.



Tonks sbuffò, lasciandosi cadere di peso sul terreno accanto alla sedia dove Remus se ne stava ancora seduto tutto rigido. Picchiò con il palmo della mano accanto a sé, invitando anche Neville ad imitarla.
Il ragazzo aveva il viso paffuto arrossato e sudato, e sembrava in preda all’agitazione.
“Oh, non ti preoccupare, Neville… noi ci siamo gentilmente offerti di aiutare…”
“A me mi ha obbligato la nonna…” precisò lui, affranto.
“Fa lo stesso,” tagliò corto Tonks. “Sono stati loro a decidere di assegnarci un compito così poco affine alle nostre capacità, quindi la colpa è tutta di James e Peter. Li ho visti confabulare assieme, quei due…” Gli strizzò l’occhio, con l’intento di tiragli su il morale. “Andiamo, Neville! Dovessi prendermela tutte le volte che combino un disastro… vedrai che Minerva non ti trasfigurerà davvero in uno calice per farti provare l’ebbrezza di stare nelle mani di una persona maldestra come te.”
Si nascose la bocca con una mano, sussurrando pianissimo a Remus. “Intendeva usarlo per offrirmi da bere! Ho rischiato di fracassare il Prescelto!”
Neville era perso nelle sue riflessioni. “Mmm… lo so. La professoressa Mc Granitt è tanto buona con me. Cioè, severa, ma… vedessi che disastri combino a lezione… e… “ fece un sospirone, guardando di sottecchi Remus, come se stesse valutando se azzardarsi o meno a parlare davanti a lui. “Ecco… sono un po’ triste perché le ho spifferato che Harry ha di nuovo usato il Mantello dell’Invisibilità del padre per uscire di nascosto… Silente mi ha nominato Prefetto perché è convinto che il compito mi aiuterà ad avere più fiducia in me stesso, ma mi sa che non sta funzionando molto bene la sua tattica. Hermione riprende tutti senza la minima remora, io invece mi sforzo tanto, ma alla fine sono sempre il solito imbranato.” Si strinse nelle spalle con un sorrisetto di scuse.
Remus, malgrado sapeva bene che il ragazzo stava parlando a Tonks e non a lui, si sentì toccato sul vivo dalle sue parole.
“Anche io sono stato Prefetto, sai, Neville? Io e la mamma di Harry”, disse lentamente, lasciando vagare lo sguardo per il giardino.
Il ragazzo lo osservò di sottecchi, un po’ intimorito. Presentazioni a parte, era la prima volta che Remus gli rivolgeva la parola.
“Ma io ero davvero un incapace,” proseguì. “Non sono mai stato in grado di riprendere i miei amici. Fingevo di non vedere quello che combinavano, e io stesso continuavo sfacciatamente a infrangere le regole. Tu sei molto coraggioso. E’ necessario vero coraggio per andare contro gli amici.” Allargò il sorriso, mostrandogli tutta la sua sincera ammirazione.
Neville sulle prime sembrò sbalordito, poi un rossore di gioia gli velò il viso, accompagnato da un sorriso fiero che gli illuminò gli occhi grandi e dolci.
Remus sentì le dita della mano, che teneva mollemente abbandonata sulle ginocchia, prese in una stretta calorosa. Tonks lo stava fissando compiaciuta, tenendogli la mano.
Guardava lui, ma quando parlò si rivolse a Neville. “Ehi, tu hai sconfitto Tu Sai Chi quando avevi appena un anno, per Merlino! Sei un grande! Devi imparare a fregartene di quello che la gente pensa di te.”
Il ragazzo stava stropicciando un lembo della veste. “Vorrei tanto sapere come mi è riuscito, in effetti.” Ridacchiò, estraendo timidamente la bacchetta e tentando un Incantesimo di Appello rivolto a una delle scope gonfiabili nella piscina. Il giocattolo si agitò per qualche secondo, prima di dichiarare che non aveva nessuna intenzione di muoversi da lì con una sonora pernacchia.
“Che scopa maleducata! Come si permette di apostrofarti con suoni così poco carini?” scherzò allegramente Tonks.
“N-no,” mormorò lui, troppo imbarazzato per afferrare la battuta. “Invece di Appellarla l’ho fatta sgonfiare.” Alzò le spalle, rosso come un pomodoro e agitatissimo.
“In realtà l’incantesimo ti è riuscito, Neville”, si intromise Remus.
Tonks gli diede di gomito, avvertendolo con lo sguardo di non azzardarsi a prenderlo in giro.
Ma lui continuò, ignorandola. Quello che non riusciva a ignorare era la sua mano, che ancora lo stringeva.
“Solo che ti sei limitato ad Appellare il tappino dell’aria, per questo la scopa si è sgonfiata e sta per colare a picco. Beh, James domani si divertirà a intrattenersi con gli strilli di Daisy e i borbottii di Harry, che si accuseranno a vicenda per la sparizione di quell’affare.”
Neville sembrava confuso, indeciso se prendere sul serio le sue parole o meno. Alla fine sembrò decretarle come inattendibili. Come dargli torto? Perché credere a un lupo mannaro che in quanto a incantesimi non era poi molto più preparato di lui?
Il ragazzo sospirò. “Sono proprio negato.”
“Ma no!” esclamò Tonks, convinta. “Hai solo bisogno di un po’ di fiducia in te stesso, con quella puoi fare qualunque cosa. Guarda me, sono una disastrata molto peggio di te… no… non cercare di dire il contrario, è vero! Mi riesce di cadere ogni due passi nelle mie giornate più nere,” sottolineò le sue parole con una lunga chioma corvina. “Eppure sono riuscita a diventare un Auror!”
“Come mamma e papà”, mormorò il ragazzo, l’aria allo stesso tempo trasognata e orgogliosa.
“Piacerebbe anche a te diventare un Auror?” chiese Remus, mentre cercava di distogliere l’attenzione dalle sue dita ancora intrappolate nel palmo della mano di Tonks.
“Io… se la nonna mi sente…” Neville scandagliò guardingo il giardino. “A essere sincero, proprio no. A me piace Erbologia, da grande vorrei fare l'insegnante.”
Il suo tono era di scuse, come se avesse appena confessato un’ambizione oscena.
Remus parlò, quasi senza rendersene conto. “Oh. Sarebbe piaciuto anche a me…”
Tonks si mostrò subito interessatissima.
“Beh, mi sono sempre piaciuti, i bambini,” cercò di giustificarsi Remus. “Non come spuntino, sia chiaro.”
“E perché non lo fa, signore?”
“Non mi sono mai diplomato, Neville. E, non so se te l’hanno detto, ma io sono un…”
“Oh, sì. Io ho il terrore dei lupi mannari”, esclamò candidamente il ragazzo, con un piccolo brivido.
Remus serrò la mascella e istintivamente fece per allontanarsi un poco da lui, ma Tonks lo trattenne saldamente.
“Ma il papà di Harry ha spiegato alla nonna che lei è un suo amico, e tutta una storia su un grandissimo sbaglio, sul Platano Picchiatore… non ho capito bene. La nonna dice che ora lei è un membro dell’Ordine come tutti gli altri e come tale la devo trattare,” aggrottò la fronte. “Oh! Mi spiace, quella cosa sul fatto che ho paura dei lupi mannari forse non la dovevo dire. Ora lei penserà che sono un vigliacco!”
A Remus fu necessario un notevole sforzo per rimanere serio, non perché intendesse deriderlo, anzi, le sue conclusioni gli aveva arrecato un notevole sollievo. Gli importava davvero della sua opinione? Di un essere che aveva ammesso di temere? Era surreale. “Io… no, Neville. Non sei un vigliacco, tutti hanno paura dei lupi mannari, anche i maghi adulti, e fanno bene ad averne”, lo rassicurò, o almeno, questa era la sua intenzione, anche se si rese conto che le sue parole erano tutt’altro che rassicuranti.
“Ma la nonna no. Ha detto che se l’Auror imbran... ehm…” si allargò il colletto della camicia, gettando occhiate di panico tutt’attorno. “Che se Tonks non l’avesse Smaterializzata non si sarebbe fatta alcun problema a Schiantarla.”
“Oh. Ok.” Remus non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito.
“Tua nonna ha ragione," disse Tonks. "Non vedo come si possa aver paura di Remus. I lupi mannari sono un po’scorbutici con la luna piena, tutto qui. Dovreste provare a interagire con me quando ho la mia, di ricorrenza mensile…”
Neville sgranò gli occhi, tra l’imbarazzato e l’incredulo. “Oh. Ehm, ora io rientro, prima che la nonna inizi a strepitare perché sto qui a battere la fiacca.”
Si defilò zampettando a gran velocità, la testa china e lo sguardo fisso sui propri piedi.
“Ha notato che ti tengo per mano, per questo se ne è andato così di corsa,” gli spiegò Tonks.
“Dici? Credevo fosse scappato perché l’hai messo in imbarazzo con i tuoi discorsi. Le mestruazioni non sono tra gli argomenti che un ragazzino di quindici anni desidera trattare con una ragazza, te lo assicuro.”
“Oh, sciocchezze!” lo liquidò lei, alzandosi da terra e accomodandosi sulle sue gambe.
“L’erba è diventata umida, ho freddo,” disse in risposta alla sua muta richiesta di una spiegazione al suo gesto.
“Guarda, là ci sono altre trenta sedie,” Remus le indicò. “Dobbiamo per forza dividere la mia?”
“Non essere scortese”, lo riprese Tonks, appoggiando il palmo della mano sulla seduta dell’unica che riusciva a raggiungere senza staccarsi troppo da lui. “E poi sono gelide, tu sei bollente.”
“Mmm.”
“Ho detto che ho freddo, e tu invece sei accaldato.”
“Chissà come mai.”
“Cosa?”
“Niente.”
“Uffa, Remus! Un po’ di spirito di iniziativa, abbracciami!”
La prese tra le braccia, ma senza stringerla, cullato dalla sorprendente emozione che lo coglieva ogni volta che poteva tenersela così vicina.
Tonks sorrise, incoraggiante. “Puoi stringermi anche più forte, non sono particolarmente delicata.”
“Sì, l’ho notato,” disse serio, stupendosi nel sentire la propria voce tentennare tanto. “Credo che tu sia la donna meno delicata che abbia mai conosciuto. E le altre donne che ho conosciuto… ehm… molto bene… erano lupi mannari, il che è tutto dire.”
Tonks, per nulla offesa, appoggiò il viso al suo petto, avendo cura di farlo con leggerezza estrema.
“Ti fanno ancora tanto male, le ferite?” s'informò, sfiorandolo appena con viva preoccupazione.
“No-o.”
La sentiva così piccola e gracile tra le sue braccia, i suoi seni che lo accarezzavano a ogni respiro, gli ispidi capelli rosa che gli solleticavano il collo. Si concesse di perdersi per un istante nel tepore del suo abbraccio, prima di sollevare il capo e osservarla, assicurandosi di non essere visto.
Era così bella, e giovane, e perfetta.
Merlino, quanto la desiderava. Non aveva mai desiderato tanto una donna in vita sua, e era certo che lei se ne fosse accorta.
“Remus?”
“Mmm?”
“Andiamo a casa mia?”
La staccò un po’ da sè, scrutandola in volto nel tentativo di indovinare i suoi pensieri. Voleva essere certo che le loro intenzioni collimassero, non desiderava forzarle la mano e lei era così giovane che…
Tonks prese a giocherellare con i suoi pantaloni, senza staccare lo sguardo malizioso dal suo neppure quando uno dei bottoni, che aveva riaffrancato maldestramente almeno un migliaio di volte, si scucì, restandole in mano.
Era una donna, non una bambina. Una donna che sapeva quello che voleva.
E lui non intendeva rifiutarla. Non poteva rifiutarla, perché era un uomo… no, peggio, era un lupo mannaro… e la sua capacità di soffocare i propri istinti aveva un limite.
“Andiamo a casa mia?” gli ripetè lei, premendogli il bottone sulla punta del naso con un sorriso sfacciato.
“Va bene.”
“Remus?”
“Andiamo?”
“Sì, solo un attimo.”
Tonks si sollevò dalla sua posizione accoccolata e lo fissò dritto negli occhi.
Quelli di lei erano grandi e scuri come il cielo in una notte senza luna, in quel momento.
Era così bella, e giovane, e perfetta.
“Remus, l’hai capito quello che provo per te, non è vero?”










Grazie mille a chi mi ha lasciato una recensione ^^:

Moony3
Ti ringrazio per questa bella recensione.
Sono contenta che l’interpretazione che do del rapporto tra Remus e Tonks ti piaccia.
I pleniluni di Remus sono un’arma a doppio taglio, a volte mi sono molto utili, altre volte invece sono un po’ d’impaccio, zero pleniluni in una long significa che il tutto si svolge in meno di un mese… Davvero mi vengono credibili? Io ci spero sempre ^^
Sirius è un personaggio “nuovo” per me, nel senso che è la prima volta che lo tratto seriamente, e, beh, è un Black, qualcosa lui e Tonks lo dovevano avere i comune, mi sono divertita a farli “bisticciare”.
Tonks a breve terrà un corso per il primo soccorso…  ha molto da insegnare XD.
Ehm… seriamente, penso che una persona che agisce come lei, sdrammatizzando un po’ consapevolmente, un po’ per “sbaglio”, sia ottima per tirare su il morale a un uomo come Remus, anche in certe situazioni. Certo, ci sono degli effetti collaterali, ma cosa c’è di meglio di una risata per scacciare la paura? (lo insegna lo stesso Remus nel terzo libro ;-)
Ancora grazie per la recensione!

Lupinuccia
Grazie mille ^^ sono felice che ti sia piaciuto così tanto questo capitolo. Eh, sì… Tonks è gelosa, attenzione ;-)

Fennec
Grazie, sei gentilissima ^^ ho cercato, per quanto possibile, di non affrettare troppo i tempi tra di loro… soprattutto perché da parte di Remus non sarebbe stato credibile.
Sì, credo che per quanto riguardi i rapporti con l’altro sesso Tonks sia molto più matura di Remus, malgrado abbia tredici anni meno di lui. Ma, e ne sono convinta, superati i vent’anni è l’esperienza a decretare la maturità delle persone, più che l’età, e Remus, sempre vissuto ai margini della società, non poteva avere tutta questa dimestichezza con le donne.
Hai notato le parole dell’infermiera… bene ^^.  Ho buttato qui e là qualche indizio che può far intuire il finale, vicino tra l’altro, mancano solo due capitoli e l’epilogo. Chissà, magari una delle tue ipotesi è corretta (ma io ho la bocca cucita ;-)
Grazie ancora per la bella recensione ^^

Grazie ai lettori silenziosi (siete aumentati di parecchio!) e ai nuovi Preferiti/Seguite.
Alla prossima
Fri.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Alla fine del tunnel-cap 9 Tonks condusse Remus nella propria camera: il suo letto non era molto grande, valutò. Meglio così, sarebbero stati costretti a starci stretti stretti…
Era una fortuna, perché l’espressione di assoluto panico assunta da Remus, dopo che Tonks aveva cercato di fargli capire con molto tatto (frutto di ore di prove davanti allo specchio), che lo amava, le faceva dubitare che lui intendesse ancora andare fino in fondo.
Ma contro ogni previsione la fece accomodare sul letto, iniziando a spogliarla senza esitare e senza alcun imbarazzo.
“Ma come… ma come…? Ti destabilizza tanto una carezza, sembra che essere preso per mano o farti dire che ti si vuol bene sia per te una cosa tanto sconvolgente da mandarti in crisi totale, e sei così disinvolto nel…”
Indicò la maglietta che le aveva appena sfilato, gettata sull’abat jour.
“Il sesso non ha nulla a che fare con l’amore, è molto più semplice,” rispose Remus pratico.
Fece per continuare a spogliarla, con urgenza e mosso da un’intensa eccitazione, ma senza metterci il sentimento che Tonks si era aspettata da una persona dolce come lui.
Sembrava che gli fosse necessario mantenere un ampio distacco, che si sforzasse d’agire solo d’istinto, evitando così il coinvolgimento emotivo che tanto lo spaventava.
Che sciocco! Pensava davvero di riuscire a soffocare in eterno le proprie emozioni?
Tonks gli allontanò le mani, guardandolo con rimprovero e sentendosi molto delusa.
Remus rimase immobile per un lungo istante, e quando si decise a parlare lo fece a capo chino e ingobbendo le spalle, in un atteggiamento che palesava l’umiliazione che stava provando in quel momento.
“Sono un lupo mannaro, che ti aspettavi?” cercò di giustificarsi. “Tra i mannari è così che si fa…” gettò un’occhiata astiosa su un punto imprecisato dietro di lei, prendendo a tormentarsi le mani, l’aria infelice di chi si sente del tutto inadeguato e fuori posto.
Tonks, dispiaciuta, fece per attirarlo verso di sé, ma lui si scansò seccamente.
“Che mi aspettavo?” gli disse, accigliandosi un poco. “Di fare l’amore. Non con un lupo mannaro, non con un uomo… ma con te,” Tonks gli prese una mano tra le sue, cercando di obbligarlo a guardarla. “Con te, Remus, che, ne sono convinta, saprai farmi sentire speciale sotto queste belle lenzuola a scacchi fosforescenti, come ti riesce con i tuoi grazie, i tuoi sorrisi, la tua dolcezza.”
Non sapeva se Remus la stava ascoltando, il suo sguardo era ora rivolto alle mani rovinate. Fissava, rigido, quella ancora intrappolata tra le sue.
“Vuoi che me ne vada?” le domandò brusco. “Non ti aspettare nulla da me, non sono all’altezza,” le dicevano i suoi occhi sfuggenti e tormentati.
Remus si alzò con un sospiro e lei fu certa che stesse sul serio per lasciarla.
Non era andato nulla per il verso giusto, aveva sbagliato tutto… avrebbe dovuto essere più comprensiva con lui, si accusò, dandosi poi dell’idiota.
Ma Remus non si allontanò molto. Lo osservò avvicinarsi all’abat jour per recuperare la sua maglietta. Girò di nuovo attorno al letto, accucciandosi poi davanti a lei e iniziando a infilargliela giù per la testa.
Tonks non poté impedirsi di scoppiare a ridere, cacciandolo indietro.
“Non ho bisogno che tu mi vesta!”
Remus si fermò, adagiandosi la maglia in grembo e prendendo a stropicciarla con gesti nervosi. “Tu mi hai rivestito, quando ne ho avuto bisogno. Lo so quello che hai fatto per me. Anche se stavo male, ricordo,” la sua voce si intenerì, mentre le sfiorava un braccio con la punta delle dita. “Sei una donna molto forte, forse non sai neppure quanto. E non aspettarti da me che riesca a farti sentire speciale, non è necessario… Perché tu sei speciale. Lo sai, non è vero?” l’adorazione nella sua voce era tanto appassionata da farle sentir male nell’ascoltarlo. “Scusami. Sono riuscito a dare il peggio di me, stasera…” Remus si strinse nelle spalle, mortificato.
Tonks gli prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte contro la sua. “Ti amo, Remus,” gli mormorò, mettendo nelle due semplici parole tutto il suo cuore.
Le loro labbra non erano mai state così vicine. Non si erano mai baciati, eppure lo aveva trascinato nel proprio letto, chissà che idea si era fatto di lei.
“Questo è un colpo basso,” la accusò Remus, accarezzandole delicatamente la bocca con il pollice. Poteva sentire, quasi fosse una presenza tangibile, lo sconvolgente fremito celato dietro il suo gesto gentile.
“È molto più semplice ammettere di amare qualcuno mentre si fa sesso,” si difese lei, con un tono che voleva essere scherzoso, ma le parole le uscirono malferme per l’emozione.
“Mentre si fa…” una ruga sottile apparve tra le sopracciglia chiare di Remus, e quando proseguì, lo fece con uno sforzo evidente. “ Si fa… l’amore,” corresse infine, parlando a fatica, la voce roca ridotta a poco più di un sussurro.



“Eccovi, finalmente!” esclamò Lily, spostandosi per farli entrare. Era stranamente agitata, e evitava accuratamente il loro sguardo, l’atmosfera stessa era pervasa da un’angosciante aura di disagio.
“James mi ha detto tutto,” proseguì, ferma pur essendo visibilmente dispiaciuta.
James, in piedi dietro Lily, indirizzò a Remus un sorrisetto di scuse.
C’era anche Sirius, un po’ defilato, appoggiato a una parete.
Remus iniziò ad innervosirsi. “Detto cosa?”
Lily scosse la testa, delusa. “Voi non crescerete mai, vero? Remus, non hai più quindici anni, è ora che inizi a comportanti come un adulto.”
Tonks fece un passo in avanti, viso e capelli accesi dalla rabbia. “Non ti permettere mai più di parlargli a questo modo! Chi ti credi di essere? Bada al tuo, di uomo!”
Le parole dell’amica fecero esitare Lily per lo stupore, e quando si decise a proseguire la sua voce aveva assunto un tono pacato. “Tonks… mi spiace, ma… Remus ha qualcosa da dirti.”
Lui la guardò smarrito, ma l’intervento di Sirius gli chiarì la situazione.
“Non potevo non dirlo a James, lo capisci? Questo non è un gioco. C’è una spia nell’Ordine e abbiamo capito chi è, dobbiamo metterla in condizione di non fare più danni! La vita di Neville è in pericolo e con essa lo stesso Mondo Magico! E quello che ho visto nella tua mente…”
Fantastico, si disse Remus, Sirius aveva raccontato tutto a James. Da lì, il passo dal chiedere consiglio a Lily era stato breve.
Come al solito, aveva danneggiato altre persone con le sue azioni sconsiderate, stupido lupo mannaro incapace, che non era neppure in grado di utilizzare l’Occlumanzia!
Lily si rivolse a Tonks. “Mi spiace, ma… abbiamo scoperto che … ecco... la spia dell’Ordine, è tuo padre.”
La ragazza impallidì, persino i capelli le si spensero in un rosa più simile a una sfumatura che a un colore vero e proprio.
“No,” gemette, scuotendo lentamente la testa.
“Tonks…” cercò di proseguire Lily. “Lascia che ti spieghi…”
“No!” urlò lei. “Vi sbagliate, lui non potrebbe… perché avrebbe dovuto? Spiegatemi solo questo, perché?”
James si accostò alla moglie, spettinandosi con gesti nervosi i capelli già arruffati. “Noi pensiamo, beh, che l’abbia fatto per proteggere te e tua madre… un patto con i Mangiamorte che gli assicurasse la salvezza per voi due. Bellatrix ti voleva morta, Tonks. Sirius dice che era nelle sue intenzioni fare di tutto per eliminarti.”
“Mio padre non è un traditore! Lo sa che io so difendermi benissimo da sola! Sono un Auror, lui non mi sottovaluta come fanno tutti! Come fate anche voi!”
Tonks era fuori di sé. Estrasse rapidamente la bacchetta, prendendoli alla sprovvista. “Dove lo avete portato? Dove?”
Lily, incurante della bacchetta puntata su di lei, le si avvicinò ancora di più. “Ora calmati, ragioniamo.”
“No! Voi l’avete già condannato! Avete già deciso che è lui, la spia!” ringhiò, furente.
“Vi state sbagliando!” intervenne Remus. Non poteva più starsene zitto, tutto quello stava accadendo a causa sua.
Lily lo fissò con un misto di rimprovero e qualcosa di molto simile alla commiserazione. “Remus, ti conosco… lo dici solo perché non vuoi far soffrire Tonks, non vuoi che lei ti allontani. Non andresti mai contro di lei anche solo per questo motivo.”
“No, ti sbagli!” mentì Remus, pur sapendo di mentire.
James fece per prenderlo per un braccio, ma lui si scostò, con una rabbia più rivolta verso se stesso che non a lui.
“Lunastorta, ti prego… la situazione è chiara, e l’hai capito anche tu, ci stavi riflettendo tanto che è la prima cosa che Sirius ha visto nei tuoi pensieri.”
Tonks lo fissò allibita e profondamente delusa. L’aveva ferita. “È vero, Remus? Anche tu credi che mio padre…?”
“Io…”
“Lui è accorso subito quando l’ho chiamato per aiutarti, lui… come puoi pensare che farebbe del male a Neville? Gli vuole bene, gli vuole così bene perché… perché… per lui fare del male a Neville sarebbe come farne a… a me!” la voce le si ruppe, gli occhi gonfi di lacrime per la collera, l’espressione sofferente.
E Remus capì. Capì da che parte doveva stare, capì che Lily aveva ragione. Era ora che la smettesse di dosare le proprie azioni solo per evitare di essere allontanato, solo perché gli piaceva avere attorno persone da cui si sentiva accettato, o, addirittura, amato.
“Sirius,” chiamò.
“Sì?”
“Avrai il mio pieno perdono, vecchio mio. Lo prometto,” si morse il labbro per punirsi dell’ennesima bugia. Avrebbe finto di avergli concesso il suo perdono… almeno, fino a che Sirius non avesse sinceramente mostrato un briciolo di rimorso per la morte di Severus. “Ti chiedo solo una cosa in cambio, un sacrificio enorme per te, me ne rendo conto.”
“Qualunque cosa!” esclamò l’uomo, staccandosi dal muro, l’aria di chi ha paura di credere davvero a quello che ha appena sentito, ma allo stesso tempo fortemente determinato, quasi entusiasta.
“Ted… dov’è?” chiese svelto.
Sirius trattenne il respiro.
Sapeva bene cosa gli aveva chiesto come pegno, il tradire il suo migliore amico, quello che per lui era come un fratello. Gli aveva chiesto di schierarsi contro James.
James fece per intromettersi, cauto. “Sirius, Remus, così non risolviamo nulla. Per favore, usate la vostra coscienza!”
“Ancora a casa sua. Sorvegliato. Non sa nulla.”
Tonks non se lo fece ripetere due volte, si Smaterializzò portando Remus con sé.
“Così hai deciso da che parte stare.” Sentì dire James con amarezza, prima di preparasi anch’esso a raggiungere la casa dei Tonks per fermarli.









Grazie,
Moony3, per la bellissima recensione ^^
Sono veramente felice che il “mio” Sirius ti piaccia, in effetti nei libri dice cose anche molto profonde, poi spesso è il primo a disattenderle, ma non è lo sciocco che pensa solo alle donne a cui spesso viene ridotto. Ti ringrazio anche per i commenti su Silente e Neville, in effetti sono personaggi che piacciono molto anche a me.
Sì, la colpa del compito affidato a Neville e Tonks è tutta di James e Peter!! Io non c’entro ^^.
Ah! Finalmente qualcuna, oltre a me, che non è rimasta per nulla stupita della storia tra Remus e Tonks! Io, all’epoca del quinto libro, avevo pensato subito “ma questi due stanno assieme” e: Remus non è mai a Grimmauld Place, perché dormirà da Tonks…
E allora non sapevo nulla di pairing, fanfiction ect… solo… mi sembrava… boh… “normale” pensarla così.
Ti ho prenotato un posto al corso di Tonks, ci sarò anche io, sono già molto indirizzata verso i suoi metodi ;-)
Ciao
Fri

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Alla fine del tunnel-cap 10 Lo sguardo di Remus fu attratto dalla superficie luminosa dello specchio che torreggiava in un angolo della stanza. L'oggetto rifletteva la luce della luna piena, indirizzandola sul suo mantello d’argento, che sembrava assorbirne avido l’essenza, come se l’astro lo stesse nutrendo.
Remus si specchiò: eccolo, il lupo. Riconobbe immediatamente l'animale che aveva sbranato Severus, i Dissennatori glielo avevano mostrato continuamente durante la sua breve prigionia.
Remus si acquattò davanti allo specchio, il muso tra le zampe e le lacrime di disperazione che gli grattavano il fondo della gola. Ma i lupi non avevano la capacità di piangere e lui si dibatteva, straziato da un’interno tormento, sentendosi sul punto di esplodere.
Aveva commesso un’infinita serie di errori nella sua vita, e stava per farne di nuovi. Quante persone dovevano ancora soffrire a causa sua?
Ma ormai aveva deciso, e agito di conseguenza.
Tonks non avrebbe capito, ma lui intendeva solo proteggerla. Non avrebbe capito, e l’avrebbe maledetto e odiato per le sue azioni… ma non era importante.
Remus l’amava, e doveva impedire che le venisse fatto del male, a qualunque costo.
Lo sguardo gli cadde di nuovo sulla propria immagine riflessa.
La luna era sorta e sapeva che la battaglia era cominciata.

James stava combattendo. I Mangiamorte avevano attaccato Hogwarts, esattamente con le modalità descritte loro da Sirius. Il piano di Sirius, ovviamente, era stato accantonato dopo il defilarsi del suo protagonista: Remus.
Remus avrebbe dovuto prendere la Pozione Antilupo, in modo da mantenere inalterata la propria coscienza anche nelle fattezze di lupo e, parlando il loro linguaggio, rivoltare i mannari di Greyback contro i Mangiamorte.
Ma Remus non era lì con loro, come non c’era Tonks, naturalmente.
Erano riusciti a prelevare Ted e Andromeda dalla loro casa, malgrado l’intervento di James e Lily fosse stato tempestivo, ed erano fuggiti, andando a nascondersi chissà dove. Li avevano cercati per settimane, ma senza successo.
James aveva al suo fianco un grosso cane nero. Sirius aveva tenuto nascosta la sua natura di Animagus ai Mangiamorte, cosa che gli permetteva di schierarsi dalla parte dell’Ordine nelle battaglie senza destare sospetti.
Hogwarts era stata presa d'assalto, ma il nemico non era ancora riuscito a introdursi nel castello, non glielo avevano permesso.
E ora la luna piena era alta nel cielo e gli ululati avevano sostituito le urla strazianti dei lupi mannari che mutavano forma.

La luna era alta nel cielo e Remus ormai era in trappola, non aveva più alcuna possibilità di fuggire per evitare di ferire le persone che amava. Aveva preso la Pozione Antilupo ed era pienamente cosciente delle proprie azioni, ma ciò non bastava a sedare la sua paura. La Pozione, Remus ne era certo, non sarebbe riuscita a domarlo, non per una notte intera.
Una persona gli si avvicinò, e lui, strangolato dall'angoscia, riuscì a farsi cogliere alla sprovvista malgrado i sensi finissini che la sua forma animale gli donava.
E quando vide il proprio muso riflesso nei suoi occhi, il terrore e il senso di colpa lo schiacciarono. La consapevolezza che avrebbe ucciso di nuovo gli paralizzò il cuore.


I Mangiamorte non erano scappati dopo la trasformazione dei lupi mannari, il che poteva significare una cosa soltanto: avevano preso la Pozione Antilupo. Sirius non sapeva nulla di questa parte del piano.
Ed erano forti, dannazione, erano necessari almeno una decina di Schiantesimi per riuscire a fermarne uno.
Felpato d’un tratto prese James per il mantello, indicandogli con i tondi occhi grigi, addolciti nella sua forma canina, uno dei mannari.
James capì subito cosa voleva indicargli. Il mostro aveva dei ciuffi di peli di un brillante rosa cicca sulla nuca, evidentissimi sullo sfondo del mantello argenteo.
“E’ Remus,” soffiò James, avvertendo un doloroso crampo allo stomaco. “Tu non ne sapevi nulla?”
Sirius guaì in segno di diniego.
Tutti i professori di Hogwarts si erano uniti allo scontro, Silente fu l’ultimo ad arrivare, e la sua presenza fu decisiva.
Mentre a uno a uno i Mangiamorte fuggivano o venivano colpiti, Sirius corse verso il centro della battaglia, afferrando Remus con le fauci e trascinandolo via con sé. James si era aspettato che Remus opponesse resistenza, ma così non fu.
Nella scelta di Remus di seguire mansuetamente Sirius aveva intravisto sollievo e una sorta di soddisfazione, come se avesse aspettato con trepidazione quel momento.

Proprio quando il terrore si era fatto così forte da non essere più tollerabile, il suo corpo scosso da uggiolii di disperazione, Remus si sentì afferrare e trarre in salvo dall’oceano di dolore in cui stava annaspando. E lui, come uno sciocco, si abbandonò all'aiuto offertogli.





Erano nella Stamberga Strillante. Sirius e Remus. Un Remus ancora in forma di mannaro, e incapace di parlare, a cui, dunque, era inutile chiedere spiegazioni.
Sirius aveva ripreso le proprie sembianze appena chiusi al sicuro nella vecchia baracca, provocando in Remus un guaito sconcertato.
“Perché, Remus? Perché? Lo hai fatto per Tonks, non è vero? Ci hai traditi per difendere lei, come ha fatto suo padre?”
Sirius non riusciva a farsene una ragione… Gli era bruciato così tanto il vederlo combattere contro l’Ordine, contro i suoi amici! Sentiva un moto di nausea solo nel guardare la figura mostruosa accucciata sul pavimento di assi di legno graffiate.
E non erano le orrende fattezze di Remus a disgustarlo, ma le azioni di cui si era macchiato.
Il lupo, come se avesse intuito i suoi pensieri, infilò il muso sotto una zampa, evitando il suo sguardo.
Dei passi lungo il tunnel del Platano Picchiatore annunciarono l’arrivo di due persone.
La porta della Stamberga Strillante si aprì all’improvviso e da sotto il mantello dell’invisibilità sbucarono due ragazzini. Erano Harry e Neville.
Entrambi sussultarono nel vedere il lupo mannaro.
“Non preoccupatevi, è Remus,” li tranquillizzò Sirius, aggiungendo subito dopo. “Che diavolo ci fate, qui?”
“Non siamo scappati dalla battaglia!” si difese subito Harry, con enfasi. Assomigliava così tanto a suo padre, pensò Sirius con infinito orgoglio.
“Neville ha sentito dire da papà che tu di sicuro avevi portato Remus qui,” Harry indicò l’amico più grande. “E voleva sapere da lui se il signor Tonks stava bene.”
Il ragazzino paffuto strusciò per terra un piede. “La nonna mi ha detto tutto… ma io…” sospirò, a disagio. “Ecco… io credo che voi vi sbagliate, non può essere Ted la spia, lui mi vuole bene!”
Sirius era dispiaciuto per Neville, per una volta che qualcuno aveva mostrato nei suoi confronti un briciolo d'interesse, si vedeva sbattere in faccia che la natura di tale comportamento esulava dalla sua persona. E non poteva essere altrimenti, purtroppo Neville era un ragazzino simpatico, ma mediocre. Era un mistero come fosse riuscito a sconfiggere Voldemort.
Il ragazzo ebbe un inaspettato moto di ribellione
“Lui mi vuole bene veramente per quello che sono! Dice che gli ricordo sua figlia, me l’ha detto tante volte…” la voce di Neville scemò in un singhiozzo disperato.
Sirius fece per ribattere, ma non gliene fu dato il tempo: Remus con un balzo saltò sul petto di Neville, atterrandolo.
“Ma che diavolo… Remus!”
La risata aspra di una donna li raggiunse.
E Sirius la vide: era Bellatrix, accompagnata da una donna che non aveva mai visto prima, anche se il suo aspetto gli era vagamente famigliare.
“Bene, bene. Ciao, cuginetto. L’ho sempre saputo da che parti stavi, cosa credevi? Anche l’Oscuro Signore ha sempre avuto dubbi, e alla fine si è convinto definitivamente. Era tutto programmato, non l’hai ancora capito?” Bellatrix si lasciò sfuggire  un’altra risata, fredda e tagliente.
La donna al suo fianco incalzò il mannaro: “Avanti, cosa aspetti, bestia? Uccidi il ragazzo e poi finisci Black. Prima gli affari dell’Oscuro Signore, poi la mia vendetta personale, il premio che mi spetta per i miei servigi. Mesi e mesi a servizio della vecchia, insopportabile, signora Paciock. Il dover rimettere mano ai testi che mio figlio tanto amava, per preparare la Pozione Polisucco… essere così vicina alla bestia che me lo ha ammazzato da poter notare una cosa utile come le imbarazzanti ciocche di capelli rosa sulla sua nuca,” le sfuggì un ghigno spaventoso, che le morì dopo pochi secondi sulle labbra. “La bestia era alla mia mercé, nella sua debole forma umana! Sono stata obbligata a soccorrerla!” sputò a terra, scostandosi i capelli flosci dagli occhi, in un gesto untuoso di profondo disgusto. “Chi ha ucciso mio figlio morirà qui, stanotte, dove il suo sangue è stato versato!”
Il suo sguardo era folle, e il naso, i capelli, il pallore… “mio figlio”.
Era la madre di Mocciosus! A servizio della signora Paciock? Ma allora…
“Era tutto programmato, non l’hai capito?”
Dannazione! L’infermiera della nonna di Neville! Quella frase su Ted era stata gettata lì apposta, a uso e consumo di Remus!
Bellatrix sorrise sorniona. “Prima Sirius e poi… anche lui pagherà! Abbi solo un po’ di pazienza, Eileen,” si avvicinò a Remus, piegandosi su di lui. “Fallo, ora!…” sussurrò al suo orecchio, una mano tesa a tirargli la pelliccia all’altezza del collo, come per dargli la spinta necessaria ad agire.

“Fallo, ora!… Dopo ti sentirai meglio, assicurato!” si sentì ordinare Remus, solo un sussurro all’orecchio, ma detto con il tono di chi sta dando un ordine perentorio. Una mano gli stringeva la pelliccia sul garrese, ed era tutto sbagliato e assurdo. Guaì, iniziando a sussultare: “Non posso.”


Sirius e Harry attaccarono assieme, ma le due donne avevano già la bacchetta puntata e furono più leste di loro.
Le zanne del mannaro affondarono nel corpo del ragazzo.
Remus vent’anni prima aveva ucciso un quindicenne a causa di Sirius, in quello stesso punto. Un altro quindicenne stava agonizzando sotto le sue zanne, ora, davanti a lui.
A Sirius non era stato permesso di vedere il cadavere di Mocc… di Severus, dopo… Ma James, furioso per quello che aveva combinato, gli aveva descritto tutta la scena nei minimi particolari, e ora risentiva le sue parole nella testa mentre assisteva impotente allo scempio, e l’immagine del corpo di Neville e quella di Severus si sovrapossero, divenendo indistinguibili ai suoi occhi.
“Per Dio, cosa ho fatto…” gemette Sirius. “Remus!”
Si gettò disarmato sul lupo mannaro, tempestandolo di pugni. Il mostro lo gettò via con un gesto di stizza, come fosse stato un moscerino fastidioso.
Sirius mutò allora nel grosso cane nero, e lo attaccò nuovamente. Lottavano davanti alle due donne, una che rideva divertita, l’altra persa in un gelido contegno. Harry cercò più volte di dargli man forte, ma lui fece in modo di allontanarlo definitivamente con un violento spintone. Nessun altro bambino sarebbe morto a causa sua.
Mentre il mannaro - Remus! -  cercava di azzannarlo alla gola, gli occhi grigi di Sirius caddero sul corpo riverso a terra di Neville. Gli occhi erano vitrei, i vestiti zuppi di sangue.
Ogni speranza era perduta.

Ancora sdraiato sulla moquette consunta della squallida stanza dell'albergo dove lui, Tonks e i genitori di lei avevano trovato rifugio dopo la fuga, Remus ubbidì al suo istinto e affondò le zanne nel proprio braccio.
Sperava così di spaventare Tonks tanto da spingerla ad allontanarsi da lui, a mollare la presa.
La donna lasciò il ciuffo di peli che stringeva nel pugno, prendendogli il muso con entrambi le mani e attirandolo verso di lei con rabbia, per poi gettargli le braccia attorno al collo, stringendolo con forza.
“Non ti permetterò mai più di farti del male,” singhiozzò. “E’ ora che la smetti di farti del male.”
Remus rabbrividì, cercando debolmente di sottrarsi alla sua stretta.
“No,” gli sussurrò Tonks, con dolcezza infinita. “Sono qui con te, lo senti?” lo strinse ancora più forte, in un abbraccio appassionato. “Sono qui, Remus, sono qui con te.”
“Fallo, ora!” gli aveva ordinato. Ma Remus non era in grado di piangere, né di sfogare la sua sofferenza in altro modo. Ma poteva amare. Era sbagliato, ma poteva amarla.
E per questo l’avrebbe lasciata. Tonks non avrebbe capito, ma lui intendeva solo proteggerla. Non avrebbe capito, e l’avrebbe maledetto e odiato per le sue azioni…


La luna infine tramontò, e mentre il sole nascente gettava macchie di luce rossastra sul corpo senza vita di Neville Paciock, il mannaro che l’aveva ucciso riprese le sue sembianze umane.
E Sirius, chino sul ragazzo, malgrado le lacrime di disperazione che ancora gli rigavano il volto, sorrise.










Spero di essere riuscita nell’effetto sorpresa anche con questo capitolo!
Nell'epilogo spiegherò tutte le questioni in sospeso ^^

Ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato una recensione:


Debby93
Ciao, grazie per aver aggiunto la storia ai Preferiti e per la recensione. Sono felice che hai trovato la mia fic avvincente ^^

Lupinuccia

Grazie mille ^^

Moony3

Mi piace spiazzare i lettori ^^
Per la scenetta (poco) romantica, avrei potuto scrivere la solita scena dove tutto va alla perfezione, trita e ritrita, ma ho preferito puntare sul realismo nudo e crudo. E non sai quanto mi fa felice sapere che hai trovato Remus IC, perchè anche io ce lo vedo proprio a comportarsi così, d'altronde non sono una che idealizza i proprio personaggi preferiti, anzi, li amo prima di tutto per i loro difetti.

"Sono in buona compagnia, del resto!^^"


XD mi hai fatto morire!!! Sì, ottima compagnia. Beh, avevo gettato qua e la molti indizi con lo scopo di incolpare Ted, che poi, alla fine... beh, nell'epilogo spiegherò tutto quello che ancora non è chiaro.

Fennec
Ciao ^^
lo scopo era proprio quello di spiazzare, sono mooolto felice di esserci riuscita.  Spero che anche questo capitolo riesca a sorprenderti.

Thiliol
Ben tornata! Caspita, ti sei letta tutto in due giorni? Su Ted, che dire… hai ragione ^^, infatti…
-Piccolo OT: però… anche Piton è un Mezzosangue (suo padre è addirittura un Babbano senza poteri magici) eppure era una delle persone più vicine a Voldemort… che tra l’altro è lui stesso un Mezzosangue (viva la coerenza!!)-
No, Remus non ha perdonato Sirius, non completamente, almeno. Ma non puo’ stare sempre a tenergli il muso, non sarebbe da lui. In fondo gli  vuole ancora bene, malgrado tutto.
James non se la prende con Sirius, certo non è felice che lui dica a Remus dove è Ted ;-)
Beh, sì, l’unica cosa certa è quella: Remus e Tonks si amano ^^



Ringrazio anche i (tanti) lettori silenziosi. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, se vi va fatemi sapere se la mia storia vi è piaciuta (o vi ha fatto schifo) è un grosso stimolo a continuare a scrivere, e un aiuto a migliorarsi ^^
Ciao, ciao
Fri




Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Epilogo ***


Alla fine del tunnel-epilogo “E quando vide il proprio muso riflesso nei suoi occhi, gli occhi di Tonks! Il terrore e il senso di colpa lo schiacciarono. La consapevolezza che avrebbe ucciso di nuovo gli paralizzò il cuore.”

Ma Remus non aveva ucciso. Non aveva tolto la vita a Tonks quella notte di due anni prima, trascorsa davanti a uno specchio in una sudicia camera d’albergo a nascondersi dai propri amici, né l’avrebbe fatto in seguito.
La paura di farle del male si ripresentava puntualmente a ogni luna piena, ma Remus aveva totale fiducia in sua moglie. Tonks sapeva come gestirlo meglio di chiunque altro, con o senza Pozione Antilupo, perché lei era una donna speciale. La sua donna speciale.
E mentre Remus combatteva accanto a Sirius, James e Peter, il suo tesoro che, poco più in là, atterrava un Mangiamorte con la destrezza e l'entusiasmo di un abile Auror, la sua mente tornò alla notte in cui Neville era morto.
Una volta sorto il sole, malgrado fosse ancora prostrato dall’angoscia della notte passata a fare i conti con il suo passato, lui e Tonks non aveva più resistito. Anche se sapevano bene di rischiare di essere attaccati sia dall’Ordine della Fenice che dai Mangiamorte, si erano Materializzati vicino a Hogwarts, incapaci di rimanere un solo minuto di più nascosti, a lasciare che quelli che erano stati i loro amici combattessero anche per loro.
Condividevano ancora gli stessi ideali, quegli ideali che sentivano così forti in loro da essere pronti a dare la vita per essi.
Non sapevano nulla della piega tragica presa dalla battaglia, quando erano giunti trafelati al castello c’era una folla di persone - professori, studenti – che marciava in un lugubre corteo verso la Stamberga Strillante.
A spintoni si erano fatti largo e Remus, sulla soglia della baracca dove aveva ucciso Severus, si era dovuto fermare. Aveva preso a sudare freddo, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa, nel trovarsi di nuovo in quel posto maledetto.
Aveva fatto appena a tempo a scorgere, pieno di orrore e sconcerto, il corpo senza vita di Neville Paciock, prima che Sirius gli saltasse addosso facendogli perdere l’equilibrio.
Felpato lo aveva abbracciato forte e, cosa incredibile, stava piangendo! Mai aveva visto Sirius lasciarsi andare a quel modo.
“Grazie al Cielo il mannaro non eri tu! Stavolta… stavolta non sei stato tu!” gli aveva urlato l'amico, la voce volutamente altissima, per evitare che gli tremasse.
Remus non aveva capito. Sentiva Tonks singhiozzare disperatamente aggrappata al suo braccio e lui, pur sentendosi stanchissimo, la sosteneva, lasciandosi sorreggere a sua volta da Sirius, che non accennava a lasciarlo andare.
Felpato, ripreso in parte il controllo, gli aveva sussurrato all’orecchio: “Ora so cosa ho fatto a Severus… mi rendo conto dell’orrore delle mie azioni. Era solo un ragazzino… un ragazzino come...” aveva lasciato la frase in sospeso, gettando uno sguardo addolorato verso Neville.
Remus aveva ricacciato in fondo alla gola la disperazione che cercava di sopraffarlo, riuscendo a scacciare per un secondo la consapevolezza della morte del ragazzo.
“Sirius…” aveva mormorato, ricambiando con calore il suo abbraccio. “Amico mio…”
Aveva pianto a lungo la perdita di Neville, sorretto in parte dalla consapevolezza di aver ritrovato un amico, e ora… ora stavano di nuovo combattendo.





Sirius lanciò uno Schiantesimo, abbattendo un Mangiamorte. Erano passati due anni da quando Bellatrix Lestrange e Eileen Piton lo avevano definitivamente smascherato, nella Stamberga Strillante. Erano stati tutti così stupidi da non capire che l’infermiera della signora Paciock era in realtà la madre di Severus, che grazie alla Pozione Polisucco aveva acquisito l’identità di una collega Babbana del marito infermiere.
La donna si era mostrata estremamente cauta e intelligente, aveva saputo sfruttare a suo favore una cosa trascurabile come le ciocche rosa nei capelli di Remus, utilizzandole per progettare un piano ingegnoso. Sapeva bene che non sarebbero stati in grado di distinguere Remus in forma di mannaro da un qualunque altro essere della sua specie.
E così era stato… una volta visti i peli rosa sulla nuca di uno dei licantropi al servizio di Voldemort erano capitolati subito: quello doveva essere Remus!
Se poi avessero deciso di catturarlo per punirlo del tradimento, o per cercare di farlo ragionare, a Eileen poco importava: una volta introdotto nella cerchia dei membri dell’Ordine, l’occasione di trovarsi accanto al Prescelto sarebbe stata molto elevata. Anche Neville era là, a combattere tra di loro.
E tutto era andato secondo i suoi piani.
Remus diede un involontario spintone a Sirius, mentre schivava uno Schiantesimo. Gli sorrise a mo’ di scusa, arruffandosi i capelli che Tonks aveva provveduto a restituire integralmente al loro colore originale.
Sirius ancora ricordava il sollievo che aveva provato, uno sprazzo di luce nel buio soffocante della disperazione, quando la luna piena era tramontata e Greyback aveva ripreso le sue sembianze: la bocca lordata dal sangue ancora caldo di Neville e tra i capelli grigi e sporchi delle ciocche di un vivido rosa cicca.
L’intervento a tragedia avvenuta degli altri membri dell’Ordine aveva avuto il solo effetto di far fuggire Bellatrix e Eileen, che non si erano curate minimamente della sorte del mannaro il quale, prostrato dalla trasformazione appena subita, era stato facilmente catturato.
La morte di Neville aveva gettato tutti nella disperazione, persino Silente si era mostrato per lungo tempo profondamente abbattuto.
Il Prescelto non c’era più, ma loro avevano scelto di continuare a lottare, come stavano facendo anche in quel momento.
La battaglia era quasi vinta, ma non la guerra.
E da poche settimane, Sirius e Remus avevano due ulteriori buonissime ragioni per continuare a combattere.
La ragazza della foto, il suo splendido amore, lo aveva aspettato. E Remus, dopo aver accantonato a fatica dolorosi sensi di colpa, dopo tanti problemi a suo dire insormontabili e lacrime da parte di Tonks, aveva ceduto ai propri sentimenti, sposandola.
A casa, Remus e Sirius avevano ora due bei maschietti, nati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, che li aspettavano.
Due ottime ragioni per continuare a combattere.
Una nuova, meravigliosa speranza.









Eccomi arrivata alla fine di questa storia. Mi scuso se il capitolo scorso è stato poco chiaro… se vi va, provate a rileggere solo le parti in corsivo: i pensieri di Remus. Malgrado abbia fatto in modo di farli coincidere con quello che succede nella Stamberga Strillante e le azioni di Greyback, non ho mai scritto che Remus si trovasse lì, anzi, ho specificato che era sdraiato davanti a uno specchio, con Tonks, in una camera d’albergo.

Mi piaceva l’idea di finire la storia così come l’avevo iniziata, con Remus e Sirius che sembravano stare dalla parte dei Mangiamorte.
Se ci fosse ancora qualcosa di poco chiaro che non ho spiegato (probabile… non sono una scrittrice e forse mi sono confrontata con una trama troppo complessa per le mie capacità…) chiedete pure ;-)

Grazie mille a chi mi ha lasciato una recensione:

Moony3
Sono contenta che approvi la scelta di Eileen, come spia dei Mangiamorte ^^
Neville, e mi è dispiaciuto tantissimo farlo morire (è uno dei miei personaggi preferiti!) non ha colpa della morte di Severus, nessuna sorpresa in questo senso ;-)
Remus è un lupo mannaro moderno, con le ciocche rosa...  ^^

“Adoro i libri gialli, ma tendo regolarmente a convincermi che il colpevole sia senza ombra di dubbio il personaggio che verrà ucciso alla pagina successiva... ”

XD!! Io una volta ero bravissima a capire chi era “l’assassino” parecchio prima che venisse svelato, dopo aver letto due libri dello stesso autore era fatta, nei suoi libri successivi capivo tutto con pagine d’anticipo. Ma non con la Rowling. E’ riuscita a sorprendermi fino alla fine del settimo libro, con i ricordi di Piton...

Thiliol
Infatti avevi indovinato, non era Ted il traditore ^^
Remus non ha ucciso nessuno, povero... non gli avrei mai fatto uccidere nessun altro, l’avevo già maltrattato fin troppo.
Ormai lo sai ma, beh, Remus non si era mai mosso dalla stanza d’albergo dove ha passato la notte di luna piena con Tonks, non si sarebbe mai schierato contro l’Ordine ;-)

Fennec
Remus non ha ucciso nessuno ^^, Sirius, tramontata la luna, sorride perchè vede il lupo mannaro tornare a essere Greyback. Forse avrei dovuto scriverlo nel cap precedente.
Remus e Sirius non sono affatto passati al lato oscuro, spero che il finale ti soddisfi in questo senso ^^
Grazie mille per avermi seguita anche in questa fic.


Ringrazio tutti quelli che hanno seguito la mia fic, chi l’ha messa nei preferiti/seguite, chi ha letto in silenzio e soprattutto chi ha recensito ^^
Grazie mille!
Fri

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=377575