Alla fine del tunnel di fri rapace (/viewuser.php?uid=63184)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo-Alla fine del tunnel
James bloccò il collo possente, preparandosi ad affondare
il suo palco di corna nel fianco di uno dei suoi migliori amici. Lo
avrebbe ferito per salvare la vita a una delle persone che odiava di
più al mondo.
Il lupo mannaro alzò il muso nella sua direzione e lo fissò.
La sua vista di cervo non gli permetteva di vedere dritto avanti a
sé, e quel che percepì fu un’immagine sfocata, due
occhi feroci e senz’anima e dietro di essi, come un riflesso, lo
sguardo buono di Remus. Si sentì terribilmente meschino,
perché l’amico non aveva nulla a che spartite con la
bestia che prendeva il suo posto una volta al mese.
Perché il vero Remus in quel momento non c’era più.
James era pronto a colpire, ma esitò.
Il lupo mannaro piantò di nuovo le zanne nel corpo del ragazzo privo di sensi, con oscena ingordigia.
E già mentre James lo colpiva, con tanta forza da sentire la propria
nuca vibrare, seppe che l’esitazione era stata fatale.
“Perdonami, amico”, pensò l'Animagus, certo che Remus non
l’avrebbe perdonato mai. E non perché l’aveva
colpito, ma perché non era stato in grado di proteggerlo da se
stesso, impedendogli di uccidere. Glielo avevano promesso, gli avevano
giurato che mai gli avrebbero permesso di rovinare o togliere la vita a
qualcuno. Ma Sirius lo aveva tradito, e ora lui…
Guardò il corpo privo di vita del ragazzo. Era accasciato
scompostamente sulle assi di legno del pavimento, tanto gracile nei
suoi vestiti strappati, le orribili ferite che occhieggiavano tra i
brandelli di stoffa.
“Perdonami…” esitò di nuovo, le narici umide
che si dilatavano per attenuare il senso di soffocamento che lo
stordiva.
Sapeva che ancora una volta l’esitazione sarebbe stata fatale.
E così fu. La parola “amico” riferita a Severus
Piton non prese mai forma nella sua mente, solo un riflesso subito
svanito.
Ma il senso di colpa per non essere riuscito a salvarlo lo avrebbe tormentato per sempre.
E la certezza di aver perso un amico a causa sua - per colpa di
Severus! Era sempre colpa sua! - non fece che alimentare l’odio
che provava nei suoi confronti.
James abbassò il capo, sconfitto. Lo scaricare la colpa su
Severus questa volta non avrebbe funzionato, lui era la vittima e non
poteva mentire a se stesso su questo.
Cosa era passato per la testa a Sirius? Sapeva bene come avrebbe agito
il lupo mannaro, lo sapeva! Sirius aveva commesso un omicidio, e il
vedere l’arma che aveva scelto per colpire l’odiato
compagno di scuola guaire a poca distanza dai suoi zoccoli, gli fece
più male di un «Ti odio» urlatogli da Lily.
Il mannaro si alzò sulle zampe anteriori, grondando sangue dal
fianco lacerato e facendo schioccare le forti ganasce, pronto ad
attaccarlo.
Remus in quel momento non c’era più, e non ci sarebbe stato più per molto, molto tempo.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Alla fine del tunnel-1-
Vent'anni dopo...
Eccolo, finalmente. Era lui, ed era lì, come gli aveva annunciato Greyback.
Indossava abiti costosi, l’aspetto era curato e con il suo modo
di porsi sfacciato e sicuro di sé metteva in ombra persino il
padrone di casa, Lucius Malfoy. Il ragazzino che già ai tempi di
Hogwarts si faceva notare per la sua bellezza era cresciuto ed era
diventato un uomo adulto la cui avvenenza era, in quella stanza,
eguagliata solo da quella della cugina Bellatrix.
Sirius alzò una mano e si scostò i capelli dalla fronte
in un gesto di distratta eleganza che non fece che aumentare il suo
fascino.
Sirius, che da ragazzo sembrava odiare chiunque provasse anche il
minimo interesse per le Arti Oscure. Sirius, che voleva rinnegare la
sua famiglia, che si era illuso fosse suo amico!
A Remus sfuggì un ringhio a denti stretti.
Greyback gli mise una mano sulla spalla. “Non ora, ragazzo. Pazienza”, gli intimò.
Remus si trovava in piedi tra i due uomini a cui aveva permesso, a causa
della sua incoscienza, di farlo diventare un essere che meritava solo
disprezzo. Uno teneva la lurida mano sulla sua spalla, l’altro
stava per posare lo sguardo sul suo volto.
I loro occhi si incrociarono e vide Sirius irrigidirsi appena.
Remus accennò un sorriso, spostandosi i capelli sporchi quanto
la mano di Greyback dagli occhi, con un gesto secco e privo di alcun
fascino.
Lui, d’altro canto, non era mai stato bello.
Sirius Black strinse gli occhi per una frazione di secondo.
“Oh!” esclamò Bellatrix con voce cantilenante.
“Hai visto il nostro ultimo acquisto, cugino?” calcò
la pronuncia della parola “cugino”, dando
l’impressione di essere quasi infastidita dal legame di parentela
che li univa. “Un altro cane pezzente. L’ho voluto io qui
oggi, per farti una bella sorpresa, dopo aver saputo dei vostri
esilaranti trascorsi. Ti ricordi di lui?” Scoppiò a ridere
di gusto, le palpebre pesanti abbassate a nascondere in parte il suo
sguardo folle.
“Sì,” rispose Sirius seccatamente. “Credo di ricordare.”
Lucius, troppo impegnato a fissarsi le curatissime unghie per prestare
attenzione allo scambio di battute, quasi si ritenesse superiore a
quegli screzi, si rivolse a Greyback:
“Quindi è deciso. Per il plenilunio prestabilito ti voglio
pronto ad agire, porta pure tutti i tuoi simili che ti occorrono, basta
che tu abbia l’assoluta certezza di saperli tenere sotto
controllo. E… ti avverto, il Signore Oscuro non desidera
uccidere una bestia pulciosa, vuole vedersi consegnare un ragazzo. Vivo
e sano.”
“Sì, signore,” grugnì irrispettosamente il
mannaro, grattandosi distrattamente il collo con la bacchetta.
“Il mio amico qui, è un mago. Potrei avere una bacchetta
anche per lui? Ci potrebbe essere utile.”
“E’ una buona idea,” si intromise inaspettatamente
Sirius. “A scuola era uno degli alunni migliori, probabile che ci
potrà essere più d’aiuto da mago che non da
mannaro.”
Remus lo ringraziò con lo sguardo, non per la bacchetta, ma per
la chiara intenzione che sembrava avere di portarlo fuori dalla stanza
assieme a lui, in modo che potessero rimanere soli.
Infatti Sirius aveva stretto nel pugno un lembo della pietosa
camicia che Remus indossava, spingendolo dinnanzi a sé, come se non
aspettasse altro.
“Stai attento, signore. Il lupo morde”, lo avvertì Greyback, ammiccando.
“Non gli conviene,” gli rispose calmo Sirius, rivolgendosi
però a Remus e guardandolo dritto negli occhi. “Gli sto
per dare una bacchetta, ne ho un paio nella mia moto. Sarebbe da
stupidi attaccare chi ti sta per fare un dono,” lo
allontanò bruscamente dal mannaro più anziano, abbassando
la voce. “E’ necessaria solo un po’ di pazienza, poi
potrà dare sfogo a tutto il suo risentimento.”
Aumentò la stretta sulla sua camicia, pizzicandogli la pelle.
“Va bene, datevi una mossa”, ordinò Lucius, ma gli
occhi che si abbassarono non appena lo sguardo di Sirius si fu posato
su di lui, la dissero lunga sullo scarso potere che era in grado di
esercitare nei suoi confronti.
Remus si lasciò condurre docilmente fuori dalla villa, recitando la parte del bravo lupo domestico.
Aspettò di essere guidato fino in fondo alla scalinata di marmo
che conduceva ai giardini della tenuta, ma appena il suo piede
calpestò, non proprio inavvertitamente, l’agrifoglio di
una elegante aiuola, sussurrò all’orecchio di Sirius.
“Pensaci… tu che faresti a un amico che ti tradisce,
facendo di te un assassino, condannandoti a vent’anni ad
Azkaban?”
Sirius non esitò neppure per un secondo. “Lo ucciderei,” e gli porse immediatamente la propria bacchetta.
Malgrado la sorpresa per il gesto inaspettato, Remus la prese senza indugio e gliela puntò al petto.
“Avanti, fallo”, lo incitò Sirius, con impazienza.
Rimasero così per un lungo istante, immobili.
Remus strinse le dita attorno all’impugnatura di legno,
digrignando i denti. “Non posso”, confessò infine,
tremando per la frustrazione. Aveva promesso e comunque non sarebbe
stato in grado lo stesso di ucciderlo, non a quel modo.
Sirius gli rispose con rabbia, quasi deluso. “Che significa che non puoi?”
“Non posso”, ripeté, mentre l’istinto gli
suggeriva di saltargli alla gola. Ma non aveva cuore di ammazzarlo come
aveva imparato a fare tra i mannari, promessa o meno. Non lui…
Strinse gli occhi, aveva male alla testa, e lo vedeva, dannazione, lo
ricordava chino sui libri a rischiare la pelle con incantesimi troppo
difficili per un ragazzino, per diventare un Animagus, perché
non ne poteva più di vederlo massacrarsi a ogni luna piena,
perché lo voleva aiutare.
“Che diavolo stai aspettando? Colpiscimi!”
“No.”
“Lunastorta, dannazione!” abbaiò facendo una
smorfia, la collera che ne distorceva la voce. “Ti odio, lo sai?
Sei ancora il bambino arrendevole che si faceva andare bene tutto?
Guardami! Ti ho derubato della tua vita!”
“E tu sei ancora lo stesso arrogante! Non prenderti meriti che
non ti appartengono, la vita mi è stata rubata ben prima di
conoscere te!”
Sirius lo guardò disgustato. “Sì, dal mostro del
quale hai deciso di diventare servo! Lui ti ha rovinato la vita e
io… io ti ho dato il colpo di grazia.”
Lasciò cadere la sua provocazione nel vuoto. “Se ti fa piacere pensarla così…”
Il suo atteggiamento distaccato mandò Sirius su tutte le furie.
“Colpiscimi!” urlò esasperato. “Lo devi fare!
Lo capisci o no che mi farà sentire meglio? Ho bisogno che tu me
la faccia pagare, o ti hanno strappato le palle, ad Azkaban?”
Remus serrò il pugno e lo accontentò, affondandolo nel
suo stomaco e osservandolo con freddezza piegarsi su se stesso per il
dolore lancinante.
Si inginocchiò davanti a lui e lo spinse a terra. Cadde con una
facilità disarmante e rimase lì, boccheggiando, con la
gola scoperta.
Un sorriso infelice gli stese le labbra, era alla sua mercé,
avrebbe potuto finirlo in pochi secondi. Si mise su di lui, stringendo
i denti e afferrandolo saldamente per le spalle.
“Avanti, fallo!” gli aveva ordinato.
“Sì, signore”, sussurrò Remus.
Ma non fece nulla. Amareggiato, realizzò che non provava alcun sollievo nel vederlo soffrire.
Ancora con il fiato corto, Sirius lo guardò attraverso i
capelli scuri. “Non con le mani, razza di deficiente!”
biascicò, con una punta di panico nella voce. Perché lui
era cosciente di quanto poteva diventare pericoloso quando perdeva il
controllo. E malgrado questo, insisteva nel provocarlo.
“Colpiscimi con la bacchetta! Le mani servono per essere messe
addosso alle belle donne, non agli amic…” concluse la
parola in un singulto, come se gli fosse andata di traverso.
Remus si rialzò, sollevò la bacchetta sopra la testa e
gliela scagliò contro, rabbioso. “Mani addosso alle donne?
Sarebbe un’esperienza nuova per me. Pensa, se ne sei capace! Sono
stato incarcerato a quindici anni! Avevo quindici anni! E ora sono
un’incapace che ricorda a mala pena gli incantesimi del quinto
anno, come pensi che riesca ad ammazzarti con la magia?”
Sirius finalmente sembrò capire.
Si raddrizzò a fatica, e reggendosi lo stomaco con una mano
aperta lo condusse verso la sua moto. Frugò tra un cumulo di
cianfrusaglie, riesumando da sotto di esse una bacchetta.
Attirò l’attenzione di qualcuno alle sue spalle con un cenno di mano, prima di gettargliela.
Remus l’acchiappò al volo, era appiccicosa e profumava di marmellata.
“A chi apparteneva?” chiese.
“Ninfadora Tonks, un Auror.”
“L’hai uccisa?”
Non gli fu concessa una risposta. L’uomo raccolse la propria bacchetta da terra, i suoi occhi erano umidi.
“Quindi stai dalla parte Voldemort?” tentò di nuovo Remus, percependo a poca distanza un rumore di passi.
Si guadagnò un’occhiata in tralice. “Tu pronunci il suo nome?” Sirius sembrava colpito.
“Tu, no?”
Un ghigno sfacciato si fece largo sul suo viso, e per un istante Remus
rivide il suo amico. Felpato. Se solo avesse fatto del male solo a lui,
lo avrebbe perdonato nell’istante stesso in cui le sue labbra si
erano allargate in quel sorriso storto. Ma un ragazzo era morto, un
ragazzo innocente! E ora… stai dalla parte di Voldemort?
“Voldemort? Certo. Pronuncio il suo nome,” sembrava stesse
riflettendo velocemente. “Mi spiace. Non so esprimerti
quanto…” i suoi lineamenti si indurirono,
l’espressione era tormentata. “Ma non potrò mai
avere il tuo perdono, lo capisco. Stupeficium!”
Remus scivolò a terra, ma non svenne subito. Gli Schiantesimi avevano un effetto attutito sui lupi mannari.
Avvertì dietro di sé un frenetico scalpiccio.
“Ehi, signore! Che stai facendo al mio compare?” abbaiò Greyback, risentito.
“Il tuo cane, invece di apprezzare il mio dono, ha cercato di
attaccarmi!” e poi la bacchetta del mago calò di nuovo su
di lui. “Stupeficium!”
“Ti avevo avvertito che mordeva”, disse con calma il
mannaro.“Avresti dovuto capirlo che non sarebbe stata una buona
idea che fossi proprio tu a consegnargli la bacchetta.”
La sua risata aspra lo accompagnò mentre l’incoscienza si
impadroniva di lui, mescolata alle ultime parole di Sirius:
“Mordeva. Ma non lo farà mai più.”
Eccomi qui con il primo capitolo! Lo so, sembra tutto assurdo e
confuso, ma prometto che nei prossimi capitoli la situazione si
farà più chiara.... d'altronde l'omicidio di Severus
Piton non poteva che portare
a importanti cambiamenti agli eventi successivi alla sua morte.
Ringrazio prima di tutto chi mi ha lasciato una recensione (sempre graditissime :-):
Fennec
Grazie per la bella recensione, hai afferrato esattamente quello che volevo esprimere! Non sai quanto mi hai fatto felice ^^
Ci ho pensato parecchio al risvolto che avrebbe potuto avere questo
“scherzo”, alla fine sventato solo per un soffio, e mi
sembrava un buon punto di partenza per creare un AU.
Sissy88
Grazie per la recensione ^^ Mmm... inizio un po’ cruento, vero?
Beh, Remus si sentirà malissimo, anche se, da come leggerai
(spero ;-) in questo capitolo ho fatto un salto temporale di
vent’anni. Certo, non dimenticherà mai quello che ha fatto.
Robert90
Grazie per la recensione ^^
sono felice che la mia fic ti abbia incuriosito, spero continuerai a seguirla.
Poi ringrazio la mia beta Ely79 che si prende l'onere di correggere tutte le mie bozze infarcite di errori e mi da degli utili suggerimenti.
Grazie a chi ha già aggiunto la mia fic ai preferiti o alle storie seguite ^^
e anche a chi ha solo letto.
Ne approfitto per ringraziare anche chi mi ha messo tra i suoi autori preferiti, è davvero un onore per me ;-)
ciao
Fri
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Alla fine del tunnel cap2
Ho apportato una piccola modifica al
capitolo, grazie alla recensione di Thiliol che mi ha fatto capire che
non era affatto chiaro che Tonks scherzava con il suo: “Sei in
paradiso!”
Grazie, Thiliol ^^
A Remus fu concesso a malapena il tempo di schiudere gli occhi, prima
di essere sollevato di peso e obbligato a mettersi a sedere. Venne
stretto in un abbraccio entusiasta da qualcuno che, incurante della
debolezza causatagli dall’aggressione subita, gli stava lasciando
ciondolare a casaccio la testa facendogli dolere il collo.
Una mano di donna gli si posò sulla nuca, aiutandolo a sorreggersi.
“Fa piano, James, così gli fai male”, disse in tono di affettuosa severità.
James? E la donna…
“Lily?” mormorò, cercando di sottrarsi debolmente
alla presa di quello che immaginava fosse Ramoso, bramando il vederlo
in viso. “Sono…”
“Sei in paradiso!” esclamò scherzosamente una voce a
lui sconosciuta, alludendo al piccolo appartamento dove si trovavano,
pochi istanti prima che la sua proprietaria inciampasse, rovesciando
metà del contenuto del vassoio che stava portando su di loro.
“Oh! Mi spiace così tanto!” gemette, mentre si
affannava a raccogliere i biscotti sparsi sui suoi ospiti, tenendo in
bilico il vassoio con una mano sola.
Lily glielo sequestrò, mettendo al sicuro le tazze colme di tè fumante.
“Wow, ci hai salvato la vita, dolcezza…” James lo
mollò, in modo che potesse vederlo mentre fingeva di asciugarsi
la fronte.
Era davvero lui! Non era possibile, era tutto tanto irreale…
“Non me lo immaginavo così colorato, il paradiso”,
osservò flebilmente Remus, sicuro di stare sognando. “Dovrei
sentirmi meglio ora che sono qui, ma questo posto non fa che aumentare
il mio mal di testa…”
James ridacchiò, piegandosi su di lui con una mano al lato della
bocca. “Ti consiglio di non criticare troppo le scelte cromatiche
della padrona di casa… per lei questo appartamento è
davvero paradisiaco ed è un po’ suscettibile oltre che
incline a reazioni esagerate. E’ cugina di Sirius, capisci?”
Remus si sentì stringere lo stomaco. “Sirius?”
Iniziava a ricordare, ma non con abbastanza forza da riscuotersi dalla
sensazione di malessere che lo rendeva apatico. Tuttavia si
irrigidì, artigliando con le dita la stoffa dei pantaloni che
indossava, pantaloni che, notò, non aveva mai visto prima.
Lo sguardo di James si fece contrito. “Remus, mi spiace
così tanto, io…” affondò il viso tra le
mani, preso dallo sconforto. “Quello che è successo mi
tormenta ancora, mi spiace che non abbiamo potuto fare di più,
per te.”
“Non importa, James”, tagliò corto. Sentiva
l’attenzione generale concentrata su di sé, e questo lo
metteva terribilmente a disagio. Sperò che l’amico lo
capisse ma…
“I miei genitori ti hanno procurato il miglior avvocato di Londra per cercare di tirarti fuori da Azkaban…”
“Lo so, i miei mi hanno raccontato tutto, siamo molto grati alla tua famiglia.”
“Ma non è servito a nulla!” gemette James con profondo rammarico.
“Non è vero. Se non fosse stato per te io sarei stato
condannato a morte”, cercò di consolarlo Remus, sentendosi in
difficoltà nel vedere un James adulto sull’orlo delle
lacrime.
“Ora calmati, caro”, gli sussurrò Lily, stringendogli una mano.
Remus notò gli anelli.
“Siete sposati?” Troppo tardi si accorse di aver parlato ad alta voce, e in tono di assoluta sorpresa.
James sembrò un poco rinfrancato. “Stupito, vero? La Evans
mi odiava proprio tanto, a scuola,” gli strizzò un occhio
lucido, sforzandosi di sorridergli. “Ma fingeva, te lo assicuro,
nessuna donna è mai stata in grado di resistermi.”
“Io non fingevo affatto!” protestò Lily con un
sospiro irritato. Sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, un
lampo di collera le attraversò le iridi verdi. Ma desistette dal
proseguire quando lo sguardo le oscillò nella direzione di Remus.
Lui registrò appena la sua reticenza, troppo sollevato per il
cambiamento di umore di James. Ora finalmente riusciva a riconoscerlo,
quello era il suo amico!
Questa volta fu una sua iniziativa tirarsi a sedere e abbracciarlo con
trasporto, sentendosi felice come non gli capitava da una vita, tanto
da provare una piacevole stretta al cuore.
“Mi sei mancato”, mormorò, la voce incerta che
sembrò essere riuscita a conquistare l’uscita dalle sue
labbra dopo un viaggio doloroso, quanto impervio.
Mille domande presero prepotentemente forma nella sua mente.
“Ma che ci faccio qui? Sirius mi ha Schiantato e poi… non
ricordo più nulla. Mi ha teso una trappola, mi ha consegnato una
bacchetta per accusarmi di averlo attaccato e costruirsi una buona
scusa per…” non fu in grado di concludere la frase,
amareggiato.
“Oh, ti riferisci a questa?” chiese la donna che lo aveva guarnito con i biscotti.
Era molto giovane, occhi scuri, degli incredibili capelli rosa
e… teneva in mano la bacchetta che Sirius gli aveva donato!
“Sì, quella”, confermò, provando una forte sensazione di smarrimento.
“Ehi!” esclamò lei, avvicinandoglisi. “Allora i tuoi capelli sono chiari sul serio!”
“I tuoi sono rosa”, ribatté stupidamente Remus, spiazzato
dall’insensato cambiamento di argomento. Gli scossoni emotivi
subiti l’avevano lasciato stordito.
Ma lei lo ignorò, tirandogli piano una ciocca castana.
“Sotto tutta quella sporcizia mica si capiva… voi mannari
non credete nell’igiene personale, vero?”
“Cosa?” cercò di sfilarle i suoi capelli di mano, senza sembrare troppo scortese.
Ma quella non mollò la presa, proseguendo tranquillamente e
senza neppure tirare il fiato. “Io e Sirius ci abbiamo messo
un’ora a lavarti e ora che i tuoi capelli si sono asciugati devo
purtroppo constatare che sono castano stinto… Per il
Barbiere di Merlino! Ho perso la scommessa!” Si schiaffò
la mano libera sulla fronte.
Remus la fissava allibito, di cosa diavolo stava parlando?
Vedendo il suo sconcerto, Lily gli venne in soccorso. “Forse dovremmo spiegargli tutta la storia dal principio.”
Lui annuì con decisione, rischiando di giocarsi la ciocca di
capelli ancora stretta tra le dita della sconosciuta, che la osservava
contrariata.
“Penso sia il caso, sì. Non credo vogliate che io esca del
tutto di testa. Insomma, può essere una compagnia piuttosto
antipatica, un lupo mannaro. Un lupo mannaro pazzo è molto
peggio.” Accennò un sorrisetto di scusa.
Qualcuno parlò all’improvviso, facendolo trasalire.
“Buona idea. Ma preferirei essere io a parlargli, se non vi spiace…”
Si voltò di scatto in direzione dell’ingresso.
Sirius.
Ringrazio tutti i lettori, e le persone che mi hanno lasciato una recensione, GRAZIE!!!
Fennec
Sto scrivendo la fic per una sfida riguardante gli AU su
“Acciofanfiction”, mi sembrava interessante far capire a
cosa ha portato il piccolo cambiamento che ho apportato alla storia
saltando a 20 anni dopo, circa il quinto libro della saga originale.
Sono contenta che la storia ti stia incuriosendo ^^ Su Remus e Sirius
preferisco non risponderti, però ;-)
Riguardo invece il lavoro di Remus: all’epoca di “A
papà pace Teddy” lavorava come Auror. Era la cosa per cui
era più preparato. Insegnare non se ne parlava, era pur sempre
un lupo mannaro e le “nobili gesta” di Greyback venivano
ricordate molto più delle sue… ma non farà
l’Auror per sempre, solo per qualche anno… un po’
perché lavorare con la propria moglie è decisamente
stancante, un po’ perché a 26 anni (se non erro) Harry
diventerà capo Auror… (ihihih, ce lo vedi Remus a
prendere ordini da Harry?) quindi passerà agli uffici per il
sostegno ai lupi mannari.
Debby93
Sono felice che la storia inizi ad appassionarti! Tonks… beh, credo che in questo capitolo si capisca che sta bene ;-)
Thiliol
Grazie per il complimento, mi sembrava uno spunto originale e, a quanto
ne so, mai sfruttato prima (ma non ne sono sicura…)
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Alla fine del tunnel-4
Avevano concesso a Remus e Sirius di rimanere soli dopo aver fatto
promettere loro più volte di non avere cattive intenzioni.
Sirius non aveva potuto fare a meno di pensare con rammarico ai bei
vecchi tempi, quando la promessa prevedeva di comportarsi
all’esatto opposto.
Si guardò attorno storcendo la bocca, la camera da letto di sua
cugina aiutava a smorzare la tensione, ma ammazzava anche senza
compassione ogni parvenza di solennità.
Si avvicinò all’unica finestra del locale, e prese a
giocherellare nervoso con l’assurda tendina. Era decorata con
piccoli Ippogrifi sdraiati su lussureggianti tappeti di patate
arrostite.
Aveva guardato di sfuggita l’amico appena entrati nella stanza, e
una sola occhiata gli era bastata. Malgrado ora fosse ripulito e
infilato in vestiti più che dignitosi, aveva ancora l’aria
macilenta di una persona mezza morta di fame.
“Perdonami, Remus”, mormorò, provando quasi dolore fisico, nell’attesa trepidante della sua risposta.
“Questo lo hai già detto”, osservò stancamente lui.
“Spero che non ti scocci se andrò avanti a ripetertelo
ogni dieci minuti da qui a… ehm... a quando Voldemort avrà abbastanza naso da essere ripreso per averci infilato le dita.”
Sirius si morse il labbro, perché non riusciva a impedirsi di fare il
cretino? Decise di attribuire la colpa del suo comportamento infantile
agli Ippogrifi al forno.
“Non è a me che dovresti chiedere scusa. Non è di me che m’importa!”
Sirius serrò i pugni con rabbia. “Lui se lo è
meritato! Sempre a cercare di metterci nei guai, sempre…”
tirò aria tra i denti. “A me è di te che
importa!”
Remus si mosse sul letto su cui era seduto, facendolo cigolare.
“Ah, sì. Ho visto”, rispose, con distaccata ironia.
Fantastico. Finalmente Sirius era lì, a pochi passi da Remus, ma lo sentiva più lontano di quando era rinchiuso ad Azkaban.
“Io non ho riflettuto sulle conseguenze che ci sarebbero state a
carico tuo, ho solo pensato che fosse un buon modo per disfarsi di Mocciosus!” cercò di difendersi Sirius, ma già sapeva che non sarebbe stato capito.
Remus infatti scattò in piedi. “Non chiamarlo mai
più a quel modo!” gli intimò, la voce roca
così simile a un ringhio.
Sirius scoppiò in una risata isterica, incapace di controllarsi.
“Tu sei pazzo”, decretò Lunastorta, strofinandosi
gli occhi lividi. Nella sue parole non c’era più rabbia,
ma qualcosa di molto simile alla pietà. Il suo gesto? Solo un
pretesto per chiudere gli occhi in modo da non doverlo vedere
più.
Sirius sospirò, deciso a non rinunciare alla sua battuta, certo che
l’amico l’avrebbe trovata divertente e ne avrebbero riso
assieme. “Scusami, è solo che… mi aspettavo quasi
di vedere i tuoi capelli diventare rossi.”
Ma Remus scosse lentamente la testa. “Tu sei pazzo…” ribadì.
Il suo tono di voce lo ferì, non ci aveva neanche provato, a
capire che stava scherzando, non c’era stato da parte sua neppure
un piccolo sorriso di complicità.
Fece un passo nella sua direzione, sbracciandosi nella foga di
dimostrargli che aveva dato tutto se stesso nel tentativo di rimediare
alle sue colpe, mettendo senza indugio a repentaglio la propria vita.
Perché c’erano cose per cui valeva la pena morire e una di
queste era salvare un amico!
“Sì, sono pazzo! Sono stato così pazzo da
presentarmi davanti a Voldemort e stringere con lui un Voto
Infrangibile!”
Sirius aveva catturato il suo interesse, era un incoraggiante punto di
partenza, se non altro. “La tua evasione da Azkaban in cambio di
una stupida profezia, Silente si era rifiutato di aiutarmi a toglierti
da quel buco infernale, così…”
La Profezia non era affatto “stupida”, ma Sirius non ci aveva
pensato su molto, si era fidato di quello che gli suggeriva
l’istinto, etichettando le parole uscite dalla bocca di quella
squinternata della Cooman come semplice immondizia. Neanche si era
preso la briga di stare ad ascoltarla per intero, la Profezia, mentre
Silente ne parlava loro alla riunione dell’Ordine. Lui stava
già spaziando oltre con la mente, sapeva del controllo che
Voldemort era in grado di esercitare sui Dissennatori… e se era
così stupido da credere a un mucchio di parole prive di
fondamento perché non approfittarne? Cosa erano un mucchio di
parole in confronto alla libertà per il suo amico? Desiderava
solo che Lunastorta che gli venisse restituito, a qualunque costo.
“Ma non ha funzionato, vero?” lo interruppe Remus. Il
solito Remus, che arrivava alle giuste conclusioni sempre un po’
prima di quando te lo saresti aspettato.
“Come lo sai?”
Lui abbozzò un sorriso sarcastico, con tutta l’aria di
starlo prendendo per i fondelli. “Silente non ti ha mai detto
nulla?”
“A Silente piace avere molti segreti,” rispose seccato.
“D’altro canto, ha omesso alcuni particolari anche a
te… ad esempio il fatto che io non sono un Mangiamorte, ma una
spia dell’Ordine della Fenice.” Attese la sua reazione, ma
evidentemente l’aveva già capito… certo, il modo in
cui era stato accolto da James, Lily e Tonks rendeva un suo qualsiasi
coinvolgimento con i Mangiamorte decisamente improbabile.
Remus allargò il sorriso.
Ora ne era certo, lo stava sfottendo apertamente!
“Ha agito con giudizio. Io non so usare l’Occlumanzia,
sarebbe stato troppo rischioso per la tua copertura se avessi saputo
che non sei davvero un Mangiamorte. Ma mi ha fatto giurare di non fare
colpi di testa, di non cercare di vendicarmi, di lasciarti stare.”
Sirius scosse il capo, la delusione cocente che gli faceva bruciare lo
stomaco, come Whisky Incendiario tracannato a stomaco vuoto. Quindi era
quello il motivo per cui alla fine non l’aveva ucciso.
Decise di proseguire con il suo racconto, nella speranza di ottenere,
se non un pieno perdono da parte sua, almeno un piccolo cenno di
comprensione, una minuscola carezza per la sua anima tormentata.
“Non so come, ma Voldemort è sopravvissuto malgrado non
abbia tenuto fede al suo patto. E tu…” i suoi occhi
saettarono per un secondo nella sua direzione, registrando di nuovo lo
stato in cui era ridotto. “Tu hai dovuto trascorrere
vent’anni di prigionia, seppellito vivo ad Azkaban.”
“Stupido.”
“Non ti permetto di…” scattò subito Sirius, senza averne l’intenzione.
Ma Remus lo ignorò. “Vent’anni!” scosse il
capo. “Ho passato poco più di una settimana, ad Azkaban!
Una sola ora di più con i Dissennatori che mi strappavano
l’anima mostrandomi senza sosta l’immagine di me… e
l’immagine di… di Severus…” incassò la
testa tra le spalle, rabbrividendo violentemente. “Sarei morto,
solo un’ora in più e sarei morto. La settimana passata
lì dentro ha preso il posto, nei miei incubi, della notte in cui
Greyback mi ha attaccato,” tentò un pallido sorriso.
“Non gli farebbe affatto piacere sapere che ho più terrore
del lupo mannaro in cui mi ha trasformato che non di lui.”
Sirius non riusciva a capire. Ma allora…
“Ironia della sorte, è stata la luna piena a rendermi un
assassino, con te come complice d’eccezione, ma anche a
permettermi di evadere. Mi sono trasformato, e quando la luna è
tramontata ho aperto gli occhi nel mio letto, a casa.”
“Come ci sei arrivato?” Di sicuro non poteva essersi Smaterializzato, nessuno poteva farlo, a quindici anni.
“Silente. Lui sapeva… non ha faticato a trovarmi. Da
mannaro non potevo fare molta strada, mi aggiravo nei dintorni della
prigione a caccia di prede, dopo aver attraversato a nuoto la striscia
di mare che separa Azkaban dalla terraferma. I Dissennatori non sono in
grado di percepire i pensieri di un lupo mannaro trasformato, sono
passato tra le sbarre, immagino. Forse ci sarei riuscito anche in forma
umana, ma…” si strinse nelle spalle.
Sirius sentì montargli dentro una rabbia feroce. I giornali non
avevano parlato di alcuna evasione, e conoscendo il clamore che aveva
suscitato l’omicidio di Mocciosus,
era una cosa assurda! E soprattutto, Silente sapeva, e aveva taciuto!
La Profezia… Frank e Alice… tutto quello poteva essere
evitato se solo il vecchio preside si fosse degnato di metterlo al
corrente!
Remus sembrò intuire i suoi pensieri. “Al Ministero si
devono essere vergognati molto. Beffati da un lupo mannaro
quindicenne… si erano fatti sfuggire il piccolo particolare che
non sono certo le sbarre a tenere chiuse la persone ad Azkaban, ma i
Dissennatori, che hanno potere solo sulla mente umana. Non hanno fatto
trapelare nulla. Silente ha aiutato me e la mia famiglia a nasconderci,
i miei genitori l’hanno supplicato di non dire niente a nessuno,
ed erano così disperati, così… beh… quello
che è successo li ha uccisi…” la sua voce tremava,
ma un sospiro gli bastò per riprendere il controllo. “E
Silente non ha tradito la loro fiducia, non c’è stata
nessuna fuga di notizie.”
Sirius non aveva notato il suo tormento, all’improvviso
desiderava solo avere un piccolo faccia a faccia con il preside. Era
stato testimone della sua sofferenza, roso dal senso di colpa per le
conseguenze delle sue azione, ma non una parola da parte sua,
nulla… fuga di notizie? Lui avrebbe protetto il segreto a costo
della sua stessa vita!
C’era un’ultima cosa da spiegare.
“Perché ti sei unito ai mannari?”
“Per lo stesso motivo per cui tu ti sei unito ai Mangiamorte.”
“Naturalmente.”
Remus aveva abbassato lo sguardo. “Visto che, a quanto ho capito,
ti sei limitato a far credere a Greyback di avermi ridotto in fin di
vita e poi gettato giù dalla tua moto in volo, credo che
fingerò di risorgere facendoti fare la figura
dell’imbecille.” lo guardò da sotto in su, con aria
furba.
Sirius lo interruppe, aprendo le mani verso di lui. “Immagino che
continuerai con un: versione più che credibile, visto che tu
sei, imbecille.”
Remus strinse le labbra, guardando di lato. “Sì,
esattamente. Tornerò nel branco, a continuare il compito che
Silente mi ha assegnato.”
Ma Sirius aveva un’altra idea, ed era una buona idea, non solo un
pretesto per tenerlo lì con loro. Doveva solo trovare un modo
per sviare Silente…
Avrebbe ottenuto il perdono di Remus, a ogni costo.
Si trasformò in un grosso cane nero, contando sull’effetto
sorpresa, e gli strusciò il naso umido sul dorso della mano.
Remus allungò due dita per sfiorargli il muso, ma non lo fece,
lasciando ricadere la mano che gli schiaffeggiò la gamba.
“Non posso perdonarti, Sirius. Ti ho permesso di farmi ammazzare un ragazzino! Come puoi non capire?”
Come poteva lui non capire quanto lo stava facendo soffrire? E in nome di quello che per loro era stato un nemico!
Guaì in segno di protesta, pur sapendo che ancora una volta la sua supplica sarebbe caduta nel vuoto.
Ringrazio i lettori e chi ha aggiunto la mia storia alle preferite/seguite, e naturalmente chi mi ha lasciato una recensione:
Thiliol
Ti ho già ringraziata all’inizio del precedente capitolo,
ma torno a farlo di nuovo ;-) spesso quando si scrive si da per
scontato che i lettori sappiano sempre cosa intendi dire, anche quando
non ti spieghi affatto in maniera adeguata.
Sissy88
Grazie per la recensione ^^
Spero che quello che ha raccontato Sirius ti soddisfi. In pratica
prende il posto di Piton, nel mio AU è lui la spia
dell’Ordine.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Alla fine del tunnel-Capitolo 4
Capitolo tutto dedicato a Remus e Tonks... volevo dare anche io una mia versione dei loro primi incontri, anche se la mia storia si svolge in un AU. Spero vi piaccia.
Tonks faticava ancora a inquadrare lo strano uomo che Sirius le aveva
portato in casa. C’erano state accese discussioni per convincerlo
a farsi ospitare da James e Lily, con un suo categorico rifiuto a
soggiornare da loro durante la luna piena. Rifiuto accettato con
riluttanza da James, che aveva cercato in ogni modo di sminuire un
problema che secondo lui neanche sussisteva. Alla fine Remus aveva
accettato solo per la prospettiva di poter aiutare l’Ordine.
Infatti Sirius, prima di andarsene frettolosamente, aveva fatto cenno a
un piano che richiedeva la sua presenza nel “mondo civile”.
Lei aveva messo Remus al corrente degli estremi della scommessa che aveva
perduto con il cugino e che ora la vincolava a dargli lezioni di magia,
cosa che avrebbe dovuto essergli utile, dato che era rimasto alle
nozioni del quinto anno di Hogwarts. Malgrado avesse mantenuto un tono
vagamente scocciato si era guadagnata un “grazie” carico di
una tale gratitudine e così sincero che si era praticamente
commossa.
Sospirò, ancora gongolante, mentre lui si alzava per seguire James e Lily, già avviati in direzione della porta.
“Ehi, aspetta un po’, tu!” lo richiamò,
afferrandolo per un braccio. “Dove pensi di andare?”
Remus guardò in direzione degli amici, senza dire nulla.
“Sì, avevo intuito che stavi per seguire
loro…” disse svelta. “Ma vorrei farti notare che ti
ho visto tutto nudo e ancora non conosci neppure il mio nome. Nessuno
di quei cafoni si è degnato di presentarci!”
Lui aggrottò la fronte per un istante, grattandosi la nuca. “E’ vero, perdonami.”
“Cosa ne pensi di tutto questo?” chiese Tonks, sperando di
ottenere qualche informazione in più. Sirius aveva approfittato
del suo aiuto, probabilmente avendo già in mente di rifilargli
l’ex amico con quella cavolo di scommessa, e l’unica cosa
che si era degnato di dirle era che Remus aveva un piccolo problema con
la luna piena, un problema molto peloso… Ma quello lo aveva
capito da sé, era un Auror, sapeva riconoscere il morso di un
mannaro e lui ne sfoggiava uno tutto stiracchiato sul braccio sinistro.
James avanzò mettendosi tra di loro e li avvicinò
agganciando ognuno con un braccio attorno alle spalle. “Cosa ne
penso? Ma naturalmente che sia la perfetta premessa a una travolgente
storia d’amore!” disse, annuendo con convinzione.
Tonks gli sferrò un calcio al ginocchio. Non bastava sua madre a
pressarla con la storia che doveva assolutamente trovarsi un uomo, alla
sua età. Le mancava solo che l’Ordine della Fenice
divenisse una succursale dell’Agenzia Matrimoniale Andromeda
“Sono Più Prosciugante di un Dissennatore” Tonks.
James stava zoppicando in maniera esagerata verso Lily, piagnucolando
senza alcuna vergogna, mentre Remus lo guardava con aria molto
divertita.
Tonks gli prese una mano tra le sue, scuotendogliela vigorosamente.
“Piacere, Tonks.”
Un lampo attraversò gli occhi chiari di Remus, nascosti in parte dai capelli troppo lunghi. “Ah! Ninfadora?”
Le sfuggì un grugnito. “No. Non Ninfadora. Tonks!”
“Sì, Ninfadora Tonks!” insistè ottusamente.
Ora capiva perché Sirius lo aveva quasi fatto secco.
“E’ Tonks”, precisò, alzando appena il piede da terra e mirando alla sua caviglia destra.
Lui la osservò cauto. “Preferisci essere chiamata per
cognome, va bene. Quindi tu saresti l’Auror che Sirius ha
ammazzato?” chiese, serissimo, scrutandola da sotto la frangia.
Alzò gli occhi al cielo. “Proprio quella…” il
cagnaccio gliel’avrebbe pagata per quella balla… non
poteva inventarsi qualcosa di meno macabro?
“Mmm… trovo che tu abbia un aspetto splendido, malgrado la
tua recente dipartita…” le sorrise. Un sorriso disarmante,
che la spinse a ricambiarlo subito allo stesso modo e a desiderare di
rivederlo presto. Lui e il suo sorriso.
Il quieto bussare alla porta le annunciò l’arrivo di Remus
per una delle loro lezioni. Ne aveva tenute ancora pochissime, malgrado
fossero passate alcune settimane da quando Sirius le era piombato in
casa sorreggendo l’amico svenuto. Ma tra il suo lavoro ufficiale
e l’Ordine della Fenice il tempo libero che le rimaneva era molto
risicato. Remus era già uscito in pattugliamento con lei e
Malocchio parecchie volte, e malgrado l’evidente diffidenza che
quest’ultimo nutriva nei suoi confronti, riusciva a essere una
compagnia piacevole e divertente. Spesso si frequentavano anche oltre
la fine del loro turno, tirando tardi in passeggiate senza meta,
parlando… beh, più che altro di lei, dato che Remus era
un tipo decisamente riservato. Il che rendeva strabiliante il fatto che
non si indispettisse mai per le sue domande indiscrete. Certo, non era
mai riuscita ad ottenere da lui neanche uno straccio di risposta, ma la
sua presenza di spirito era notevole… di solito la gente si
impermaliva subito per la sua mancanza di tatto.
Tonks si alzò dal divano e corse ad aprirgli la porta.
Lui era lì, pronto ad accoglierla con il suo sorriso e una mano alzata in un saluto dal gusto infantile.
“Ciao, Ninfadora.”
In un secondo l'umore della strega passò dalla gioia all’orrore.
Fulminò Remus con lo sguardo prima di fargli assaggiare il legno
laccato della porta, sbattendogliela in faccia e rimangiandosi tutto su
quanto fosse una persona piacevole e divertente.
Attese che si decidesse a bussare di nuovo e quando ormai fu chiaro
che non era sua intenzione ritentare, uscì
dall’appartamento.
Remus era già arrivato in fondo al corridoio.
“Ehi! Dove vai?”
Lui indicò con il capo l’uscita.
“Ma… e la nostra lezione?” si sentiva
inspiegabilmente delusa. Ok, non proprio inspiegabilmente. Era una
donna adulta e perfettamente in grado di comprendere i propri
sentimenti, senza perdersi in noiosi dilemmi da ragazzina in preda a
una cottarella. Remus le piaceva, era un dato di fatto e lo accettava
senza problemi.
“Dalla tua, ehm… calorosa accoglienza, ho intuito che
forse non mi volevi tra i piedi…” disse lui,
distogliendola dai suoi pensieri.
La sua espressione mesta e dispiaciuta le procurò una stretta al cuore. Santo Merlino!
“Andiamo, torna qui.”
Lo condusse in salotto, facendolo accomodare sul divano e informandolo sull’argomento della lezione del giorno.
“Occlumanzia? Grazie! Non sai quanto ti sono grato!”
Oh. Ancora uno di quei “grazie” che erano in grado di farla
sentire importante come mai le era capitato prima. Aveva preso a
collezionarli, appuntandoseli nella mente per poi ripeterseli prima di
addormentarsi. Fino ad allora Remus l’aveva ringraziata trentotto
volte e sempre con la stessa enfasi.
“Forse se sapessi chiudere la mente,” proseguì lui.
“Avrei qualche possibilità in più di trovare
lavoro… già nel vedere come, beh… insomma, non ho
un’aspetto molto raccomandabile. Normale che cerchino di sapere
qualcosa di più su di me frugando nella mia testa e se ci
leggessero il mio vero nome …” tacque, il corpo scosso da
un lieve tremito.
Tonks lo osservò meglio. Doveva aver recuperato la sua roba,
aveva detto di averla lasciata nel posto dove, appena arrivato a
Londra, si rifugiava per trasformarsi. In effetti i suoi vestiti erano
abbastanza disastrati, rattoppati e orfani di qualche bottone…
ma a lui sembrava non importare affatto e li indossava con una
dignità tale da non farlo notare.
“Ora preparati,”alzò la bacchetta, pensando: “Legilimens.”
Tonks vide James, Lily, la piccola Daisy e Remus seduti alla tavola della splendida sala da pranzo della villa dei Potter.
La bimba, a cavalcioni delle gambe di papà, stava dividendo con
lui un dolce dall’aria molto invitante. Tonks osservò
incuriosita Remus: stava fissando anche lui il loro dolce con aria
famelica? No… con grande invidia notò che ne aveva una
buona porzione nel proprio piatto, ma invece di ingozzarcisi, sembrava
perso nella contemplazione di padre e figlia che giocavano a
contendersi i bocconi di torta, riuscendo a sporcarsi entrambi in
maniera imbarazzante.
In un lampo si ritrovò di nuovo nel suo salottino: Remus era finalmente riuscito a estrometterla dalla propria mente.
“Bravo, non ti ci è voluto molto. Buffi James e Daisy,
vero? Lily dice sempre che lei ha tre bambini, non due… quello
che manca, Harry, adesso è a Hogwarts.”
“Sì, me l’hanno detto.” Sembrava emozionato e
un pochino triste, mentre si rigirava tra le mani la bacchetta che
Sirius gli aveva procurato, evitando accuratamente di incrociare il suo
sguardo.
“Su, animo. Ora ci riproviamo. Nessuno ci riesce la prima
volta”, cercò di rincuorarlo, anche se non era certa che
fosse stato il suo fallimento a incupirlo.
“Legilimens!”
“Protego!”
Un Remus, tanto piccolo che le sarebbe piaciuto infilargli un anello
all’orecchio e usarlo come portachiavi, osservava una coppia di
giovani adulti che, seduti sul prato trascurato di un piccolo giardino,
fronte contro fronte avvicinavano le bocche scambiandosi un piccolo
bacio a fior di labbra.
Con rammarico si vide strappare dalla tenera scenetta per vedersi
scorrere dinnanzi agli occhi quello che Remus stava leggendo nella sua
mente.
Chissà per quale motivo stava pensando all’ultima volta
che aveva accompagnato suo padre a casa di Neville. Forse perché
li trovava deliziosi assieme, papà e Neville, come James e la
sua bambina, o i giovani del ricordo di Remus.
Sciolto il contatto, Remus la guardò vagamente imbarazzato.
“Quelli che hai visto erano i miei genitori…”
spiegò.“Non ero un piccolo pervertito che si appartava a
sbirciare le coppiette.”
Tonks scoppiò a ridere, divertita dalla sua insicurezza. “Remus! ci ero arrivata anche da sola, grazie.”
Lui ruotò gli occhi. “Oh, beh, sai, con tutte le brutte e assolutamente fondate voci che girano sui lupi mannari, ho preferito sottolineare la cosa.”
“Stupidi pregiudizi!” si infervorò subito lei,
meditando di trasfigurare in un asse del water chiunque si fosse
permesso di maltrattare Remus per via del suo trascurabile, piccolo
problema peloso. Ma il corso dei suoi pensieri si bloccò,
ripensando alle parole che aveva appena udito. “Come… come
fondate?!”
“In generale. Se riguardano me però sono
infondatissime”, giurò solennemente con una buffa
espressione.
Lo fissò stringendo gli occhi, il capo inclinato sulla spalla.
Alla fine concluse che stava scherzando, così decise di fargli
capire che lo aveva trovato divertente dandogli una pacca sulla testa.
E lui, cosa rara, sembrò capirlo! Di solito gli altri prendevano
le sue sberle come un’offesa, invece che un complimento.
“E chi erano le persone nei tuoi ricordi, invece?” le chiese gentilmente.
“Il ragazzo è Neville Paciock”, studiò
attentamente la sua reazione. Tutti rimanevano delusi quando
conoscevano il Prescelto, se lo immaginavano spavaldo, magari un
pochino arrogante, con doti da grande mago… quando lui invece
era dolce, remissivo e molto pasticcione.
“Il Prescelto? Sembra un ragazzino in gamba.”
Dalla sua espressione Tonks capì che Remus non mentiva, Neville gli era piaciuto sul serio, e molto.
“Lo è, anche se dubito che se ne renda conto. E’
stato cresciuto da una nonna che non fa altro che mortificarlo…
L’uomo biondo che parla fitto fitto con lui è mio
padre.”
Dopo che Ted aveva conosciuto Neville per via del suo lavoro (aveva
disinfestato da un’invasione di Doxy la casa della vecchia
megera), si era affezionato molto al ragazzino e spesso lo andava a
trovare.
“Hai un papà molto giovane.”
Lei sbuffò. “Uff, questa mania dei maghi di passare
direttamente dalle aule di Hogwarts alla sala parto…”
“Tu non desideri farti una famiglia?” le chiese Remus, tornando a
sfuggire il suo sguardo, il viso adombrato da un’espressione
smarrita che le fece desiderare di tenerselo stretto stretto tra le
braccia.
“Forse, ma non ora. E tu?”
La bocca dell’uomo si dischiuse in un’espressione di stupore.
Nei suoi ricordi aveva visto due famiglie felici, ce lo vedeva bene sposato con tanti bambini.
“Io… credo che la vorrei. Ma le famiglie non sono cose adatte a quelli come me.”
Non riusciva a capirlo. “E perché?”
Lo stupore sul suo volto aumentò. “Le donne in genere
puntano a un compagno che abbia un lavoro, che sia rispettato…
che sia un essere umano… sai, cose così”,
scherzò.
Ma lei era seria. “Le donne che puntano a quel tipo di compagno
dovrebbero invece cercarsene uno più consono alla loro natura,
tipo uno rivestito di penne: un’oca, tale quale a loro!”
sbottò risentita. Non tutte le donne erano uguali, lei, ad
esempio… “Io ti vorrei, eccome!” gli confessò
senza problemi, prima di accigliarsi, il mento sorretto dal dorso della
mano. “Se solo tu facessi qualcosa per quei capelli…”
Remus sembrò sul punto di parlare, ma richiuse la bocca,
scrollando la testa in un atteggiamento di assoluta incredulità,
per poi lasciarsi sfuggire una piccola risata. “Ormai la
scommessa l’hai persa, è inutile che io me li trasfiguri
in un qualsiasi colore scuro: nero, verde, o, per venire incontro ai
tuoi gusti, magari un bel blu aggressivo...”
Finse di non averlo sentito.
“Quasi non ci vedi più” gli fece notare. “Posso tagliarteli io?”
“Sì, ma solo se io posso tagliarli a te”, le rispose prontamente lui con un largo sorriso.
Furbo… ottimo modo per dirle di no spingendo lei stessa a
rifiutare. Ma non aveva riflettuto sul fatto che lei era una
Metamorfomagus, quindi non le importava del danno che poteva fare alla
sua chioma rosa, con una strizzata d’occhi avrebbe rimediato a
qualunque disastro.
“Ok.”
Remus era spiazzato e cercò subito di tirarsi indietro. “Ma… non lo so fare con la bacchetta!”
Aveva tutta l’aria di una persona che non era abituata a farsi
mettere in difficoltà a quel modo dagli altri, e che si era
appena resa conto di aver trovato una degna rivale.
Tonks Appellò una forbice e gliela porse.
“Che donna coraggiosa”, mormorò Remus mentre gliela
sfilava dalla mano. Con timidi e misurati gesti le recise due sole
ciocche, che conservò, senza rendersene conto, strette nel pugno.
Poi fu il suo turno. Tonks glieli regolò un po’ con un
incantesimo, un lavoro ben fatto. Ma ricordando i simpatici commenti
riguardo ai suoi gusti in fatto di colori, non resistette
all’impulso di tingergliene una ciocca, dietro, dove non
l’avrebbe mai vista, di un bel rosa cicca.
“Quindi domani tu, Sirius, James e Peter uscite assieme?” chiese, trattenendo a stento le risa.
“Sì. Per lavoro. Sirius… lui ci deve parlare del suo piano.”
Non sembrava molto entusiasta di rivederlo.
“E di preciso, perché avete litigato?” buttò lì, rosa dalla curiosità.
Per un lungo istante fu certa che non le avrebbe risposto, per la prima
volta da che lo aveva conosciuto era riuscita a scuoterlo con una sua
domanda, tanto che il suo sguardo le fece quasi paura. Ma poi si
decise a rompere il silenzio, la voce tesa. “Lui mi
ha… mi ha… tradito. Aveva giurato di mantenere il mio
segreto…” abbassò il capo, tormentandosi le mani.
Sembrò perdersi per un istante, ma quando ormai iniziava
seriamente a preoccuparsi, si riscosse. “E invece dopo neanche
cinque minuti che l’aveva scoperto, tutta Hogwarts
sapeva…”
Tonks trasalì, come aveva potuto? “Sirius ha detto a tutti che sei un lupo mannaro?”
“No,” rispose contrito. “Che a quattordici anni
ancora non avevo neanche un misero pelo degno di questo nome, neppure
in zone che… beh… capisci quanto è stato
imbarazzante? Sirius ha riso per giorni quando l’ha
scoperto… diceva che non era dignitoso per un lupo mannaro
essere liscio come un pupo, secondo lui sarei dovuto essere una specie
di gomitolo di peli…”
Tonks, allibita dalla piega che aveva preso la sua confessione, non
seppe come reagire. Allungò una mano, in un incerto tentativo di
confortarlo.
“Ehm… capisco cosa puoi aver provato… è come
per le ragazzine, quando le loro compagne hanno già delle belle
tette sporgenti, mentre loro che magari dentro si sentono già un
po’ sgualdrinelle, sono piatte peggio della faccia di
Tu-Sai-Chi… io naturalmente non ho mai avuto di questi problemi,
con una strizzata d’occhi posso…”
Remus stava piangendo, piegato in due… Piangendo dal gran ridere.
Dopo un attimo di smarrimento Tonks scrollò le spalle, unendosi
alle sue risa. Si era fatta fregare alla grande!… ma la cosa non
le dispiaceva, anzi, le faceva un immenso piacere vederlo tanto
divertito, sapendo di essere la fonte della sua allegria.
E anche lui l’avrebbe fatta divertire e senza, ci scommetteva,
prendersela affatto, sfoggiando inconsapevolmente le meches rosa.
“Beh, vedrai, domani sera i tuoi amici ti troveranno adorabile”, gli disse, con un mezzo sorriso.
“Adorabile?” ripeté lui singhiozzando, vagamente disgustato. “Merlino, spero proprio di no!”
Tonks gli sfiorò la ciocca rosa, prima di mettersi di fronte a
lui e sorridergli sorniona. “Oh, sì, invece. E adesso
riesco a vederti persino gli occhi!”
“Sì… fantastici occhi da lupo”, disse con un sorriso forzato.
“Occhi adorabili”, ridacchiò, accarezzandolo piano
sulla nuca, dove sapeva trovarsi la striscia color gomma da masticare.
E all’improvviso, mentre si godeva il contatto con i suoi capelli
che le massaggiavano delicatamente la mano, quello che nelle sue
intenzioni sarebbe dovuto essere solo un gesto ironico mutò in
qualcosa di così dolce, e intimo e…
L’emozione aumentò quando si accorse che Remus non rideva
più, si era irrigidito e sentì il cuore battergli forte
mentre faceva scivolare la mano lungo il suo collo.
Un violento calore le appesantì il petto e come una febbre
improvvisa le fece accelerare il respiro, quando lo vide aprire la mano
e sfiorare i suoi capelli recisi con il pollice, come a ricambiare la
carezza, ma senza avere il coraggio di toccarla.
Ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato una recensione:
Fennec
Sono contenta che la storia continui a interessarti e che ti siano piaciuti gli sviluppi ^^
Thiliol
E' la prima fanfic in cui tratto seriamente il personaggio di Sirius,
sono contenta che piaccia ^^ Remus è molto buono, ma Sirius l'ha
fatta grossa...
Sissy88
Immaginavo che la reale posizione di Sirius ti sarebbe piaciuta ;-) Se
Sirius avesse danneggiato solo Remus con le sue azioni, lui l'avrebbe
perdonato malgrado tutto, ma così, con di mezzo un ragazzino
morto... cerco di mantenere i personaggi più IC possibile, e
credo che Remus si sarebbe comportato in questa maniera nei confronti
di Felpato.
Riguardo Silente beh... che dire, io mi sono chiesta tante volte anche
perché non gli riusciva di essere un pelino più chiaro
ihihih... certo, poi ci rovinava tutti i colpi di scena ;-)
Alle ultime domande non rispondo, perché... beh, credo che già leggendo questo capitolo si intuisca qualcosa ;-)
Ciao e alla prossima (spero ^^)
Fri
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Alla fine del tunnel-cap 5
Erano passati vent’anni dall’ultima volta che i
Malandrini al completo avevano trascorso una serata assieme, seduti a
bere birra. Sirius aveva tenuto a lungo il muso, perché la sua
idea di andare a Hogsmeade come ai bei vecchi tempi era stata bocciata.
Alla fine, seppure riluttante, aveva convenuto anche lui che un pub
della Londra Babbana sarebbe stata la soluzione più sicura,
aveva una copertura da difendere e farsi vedere da qualche
filo-Mangiamorte in compagnia dei vecchi amici, tra i quali il lupo
mannaro che aveva giurato di aver ammazzato, non sarebbe stata una
buona idea.
L’aria all’inizio era tesa, James e Peter avevano fatto in
modo che lui e Sirius si sedessero ai capi opposti del tavolo.
Ma ora, con una buona dose di alcol in corpo, tutto sembrava
decisamente più facile, i loro terribili errori molto, molto
lontani.
Remus avvertiva quella sensazione di quieta malinconia tipica di quando
si capisce che nulla tornerà più come prima, e quella
sera ricordava, dei loro trascorsi, solo i bei momenti passati assieme.
Peter, emozionato, trafficava con il portafogli, da cui stava
estraendo tutto il contenuto. Trovò, tra liste della spesa,
banconote e ricevute, una piccola fotografia.
Remus la prese con un sorriso e lo osservò da sopra di essa.
I suoi occhi liquidi si erano fatti grandi e limpidi mentre parlava orgoglioso della bambina bionda ritratta nella foto.
“E’ al primo anno a Hogwarts!” esclamò
l’ometto, raddrizzando la schiena in una posizione che denotava
infinito orgoglio.
“E per fortuna non è una zuccona come te!”
scherzò Sirius. “Ha preso tutto da quella santa donna
della madre.”
Peter tentennò, preso dal dilemma di come reagire alle sue
parole, doveva mostrarsi offeso o riderci su? Alla fine sembrò
concludere che la battuta di Sirius fosse divertente.
“Tua figlia è una bambina bellissima,” gli
mormorò Remus, mentre lei, dalla foto, lo salutava con il viso
tondo e arrossato illuminato da un gran sorriso. Era tanto felice per
James e Peter, avevano ottenuto tutto quello che un uomo poteva
desiderare. Tutto quello che un licantropo poteva limitarsi solo a desiderare… no, nel suo caso era sbagliato anche solo pensarci, aveva già rovinato la vita, tolto
la vita a degli innocenti, non poteva permettersi di…
soprattutto non con Tonks, così giovane, e… Si
passò una mano sul viso, sentendo il petto dolergli.
“Remus? Stai bene?” Era la voce di Peter e sembrava provenire da molto lontano.
“Oh. Sì,” trasse un profondo respiro, sorreggendosi
il capo con la mano. “Non dare retta a Sirius, lui parla tanto,
ma mi sembra che sia l’unico, qui, a non essersi dato da
fare.”
Tutta la birra che aveva ingollato lo aiutò a gettarsi alle
spalle senza troppa fatica i suoi cupi pensieri, e provocare Sirius,
per qualche motivo, accelerava il processo. Bevve un altro sorso, per
assicurarsi, almeno per una sera, un oblio alcolico che gli evitasse di
pensare.
Felpato stese le labbra in un ghigno cattivo. “Sì, Lunastorta. Io e te.”
“Proprio così, ma io ho un buon motivo per essere ancora
solo. Come dicevo a tua cugina, le donne di solito vogliono per
compagno un essere umano, sai… la praticità di non dover
rifare l’arredamento a ogni luna piena...” annuì
serio. “Ma tu sei bello, e ricco. Avrai un qualcosa che non ti
funziona in maniera adeguata, immagino. Non vedo quale altro motivo
potresti avere per non essere riuscito a trovarti neppure uno straccio
di strega con cui dividere il letto.”
Sirius non sembrava offeso, anzi, pareva stranamente felice. Forse era
soddisfatto dal tono della conversazione, che ricordava gli scambi di
battute taglienti che avevano spesso anche da ragazzi. Remus stesso si
sentiva rinfrancato, era entro il confine di ciò che gli era
permesso, poteva avere degli amici, godersi la loro compagnia senza
temere di rovinare loro la vita. Non era una cosa ingiusta ed egoista
come il desiderare di farsi una famiglia.
“E a te ha funzionato in maniera adeguata quando
hai…” Sirius diede di gomito a James e poi a Peter, che
gli strizzò l’occhio. “Parlato con mia cugina?”
James si accigliò, levandosi gli occhiali e facendoglieli
oscillare davanti al viso. “Parlato… adesso si dice
così? Ah! Ma io avevo già previsto tutto…
guadagnandomi in cambio una pedata sul ginocchio.”
Le risate soffocate di Peter fecero da contrappunto alle sue parole.
Remus si agitò, muovendosi a disagio sulla sedia. Non gli
piaceva che si impicciassero di quelle cose, si sentiva già
abbastanza in colpa.
“Io non ho fatto nulla con Tonks”, rispose bruscamente, sulla difensiva.
Era vero, ma la carezza che gli aveva dato bruciava più che se
avessero fatto sesso. Gli bastava chiudere gli occhi per sentire ancora
la sua mano, piccola e calda, scendergli lungo la nuca, concreta come
se Tonks gli si Materializzasse accanto ogni volta che ci pensava.
Vide Sirius incrociare le braccia al petto, con soddisfazione.
“Beh, e non è ora che tu faccia qualcosa? Hai trentacinque
anni, forse è il caso che ti decida a perdere la
verginità.”
Sirius aveva saputo giostrare in maniera corretta la conversazione in modo da
fargliela pagare per avere osato dargli dell’impotente. Ma senza
capirlo gli aveva fatto un piacere, sviando il discorso da Tonks. Senza
che riuscisse a impedirselo, Remus si appoggiò la mano sul collo per sfiorare quella della ragazza prima che, allontanandola dai propri
pensieri, svanisse.
Peter sgranò gli occhi, interpretando il suo gesto come un segno
di imbarazzo. “Ma Sirius! Remus non può
essere…”
“Il fatto che persino tu, Codaliscia, sia riuscito a trovare
un’anima pia che te l’ha mollata, non significa che ci sia
riuscito anche il ben più fico lupo mannaro qui presente. Lui,
purtroppo, si è sempre fatto troppi scrupoli," commentò Sirius.
Bene, pensò Remus, ora lo avrebbe sistemato per le feste, lo aveva in
pugno.“Io non ti ho detto che sono vergine, razza di imbecille,
ti ho detto che non l’ho mai fatto con una donna. Alle donne non
piacciono le creature come me, ma con le mie simili ho avuto un
discreto successo.” Remus sfoderò il suo miglior sorriso
malandrino.
I tre uomini misero su un’espressione scioccata che gli rese difficile il trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Finse di non notarla, mordendosi l’interno delle guance e
proseguendo apparentemente tranquillo. “E voi sapete quel che si
dice sulle prestazioni sessuali dei lupi mannari, naturalmente.”
Non attese il cenno d’assenso da parte loro, concludendo, con
un’espressione allusiva: “E’ tutto vero.”
Sirius si alzò, girò attorno al tavolo e si accucciò di fianco alla sua sedia.
Lo osservò con nostalgia; quella sera, complice la birra e
l’atmosfera, a Remus sembrava che lo scherzo del tunnel sotto il Platano
Picchiatore non fosse mai stato concepito.
“Tra i Mangiamorte gira voce che le mannare sono disposte a farti
qualunque cosa!” gli confidò. “E le loro
prestazioni, santo cielo… giuro che sto sudando solo
all’idea”, disse, cercando di mettergli in mano un lembo
della camicia umida che indossava e che si era sfilato dai pantaloni.
“Lo vedo, va un po’ più in là, per
favore”, gli diede una piccola spinta, facendolo dondolare sui
talloni. “Comunque è vero, qualunque cosa. Ma a loro gli
umani fanno abbastanza schifo, Sirius, anche quando non sono
sudati.”
“Oh. E…”
“Anche i cani”, lo anticipò.
E per l’ennesima volta, in quella serata, gli occhi di Sirius
saettarono in direzione della sua nuca. Era ora che iniziasse a cercare
una qualche spiegazione a quel gesto. In principio aveva pensato a un
tic nervoso, non fosse che aveva colto anche gli altri due maghi fare
la stessa cosa.
“Non è giusto!” si lamentò James.
“Zitto, tu, che lo dico a Lily… pensare di tradirla con
una lupa in calore, pervertito! Remus, capisco perché le mannare
fanno la coda per offrirsi a te, sei così terribilmente adorabile…
Ma tu ormai puoi considerare chiusa la tua carriera di accoppiamenti
animaleschi e selvaggi. Ora appartieni a mia cugina.” Sirius
sfoggiò un gran sorriso dandogli delle pacche sulla spalla, a
mo’ di benedizione alla loro relazione.
Remus ebbe un sussulto. “E questo chi lo dice?”
“Oh! E’ così adorabile!” cinguettò James sbattendo le ciglia e sporgendosi verso di lui con una mano tesa ad accarezzargli i capelli.
“Che fai?” sbottò ritraendosi di scatto. Come facevano a sapere…
James gli si avvicinò di nuovo, tirandolo per il colletto della camicia.
“Ho sentito per sbaglio Lily e Tonks parlare”, gli disse in tono confidenziale.
Remus si afflosciò, lasciandosi scivolare lungo lo schienale
della sedia, con l’intenzione di finire sul pavimento. Ma James
non glielo permise, trattenendolo per le spalle.
“E poi Tonks ha ragione, sei sul serio così adorabile, con quei capelli rosa…”
“Io non ho i capelli rosa!”
“Un po’ sì, dai…” disse Peter
attorcigliandosi una ciocca bionda attorno all’indice grassoccio.
“Un po’ sì? Ma di cosa…”
Sirius batté all’improvviso le mani, lanciando un’occhiata d’avvertimento a James e Peter.
“Ora basta fare i cretini, dobbiamo parlare del mio piano”
“Un piano ben più cretino di noi, sicuro,”
sbadigliò James stiracchiandosi. “Cosa ne pensa
Silente?”
Sirius non gli rispose, limitandosi a una scrollata di spalle.
“C’è qualcuno che passa informazioni sulle nostre
mosse e sul Prescelto ai Mangiamorte, qualcuno che finge di stare dalla
nostra parte, una spia”, bisbigliò guardando gli amici a
uno a uno.
Quando il suo sguardo si soffermò su Peter, egli esalò:
“Ma non sono io!”, sudando leggermente. In effetti faceva
un caldo soffocante, in quel locale.
Sirius sbuffò. “Certo che non sei tu, zuccone! Nessuno
sospetta di te, bisogna essere tipi svegli, per fare la spia! E tu,
beh…”
“Bene, perché non lo sono!” ribadì con l’aria offesa.
“Ok… appurato che non è Codaliscia, chi può
essere? Pensate a qualcuno che frequenta la casa dei Paciock.”
A Remus tornò alla mente quello che aveva visto nei ricordi di
Tonks, suo padre che si attardava a parlare con Neville, che lo andava
a trovare così spesso… ma si guardò bene
dall’aprir bocca.
“Allora?” vennero incitati, con impazienza.
“Per Merlino! Tutti i membri dell’Ordine frequentano quella casa!” sbottò James, annoiato.
Remus intuì che avevano affrontato l’argomento già molte volte.
Poi Felpato si rivolse direttamente a lui. “Silente si è
procurato la ricetta per la Pozione Antilupo, la conosci? È
stata inventata di recente.”
Remus lo guardò con aria interrogativa, non ne aveva mai sentito parlare.
“Te la preparerà Lily, lei, lo ricorderai, è sempre
stata una secchiona in Pozioni. Ti permetterà di mantenere il
controllo dopo la trasformazione in lupo mannaro, come succede a
noi.”
“Sei certo che funzioni?” chiese Remus, schiacciato da una paura improvvisa.
“Ma certo! Dubiti di Silente?”
“Ecco… io… no. No.”
“Bene. So quando attaccheranno i Mangiamorte, e lo faranno con la
luna piena. Tu, Remus, sarai in prima linea, accanto a noi.”
Un grazie grandissimo a chi mi ha lasciato una recensione:
Thiliol-Grazie! Anche io li trovo adorabili assieme ^^
Sissy88-Grazie! Harry nel mio
Au ha una sorellina e una vita normale… beh, più o meno,
visto che i suoi genitori fanno comunque parte dell’Ordine, con
tutti i rischi che ne conseguono. E Neville apparirà prima o poi
;-) e…. sì Sirius ha giusto quell’intenzione ^^
Evelyn_cla-Grazie, ci tengo
molto a creare un pochino di suspance e curiosità nel lettore,
per non farlo annoiare. Ho aggiornato prestissimo, spero ne sarai
felice ^^
Ms Montana-Ehi, che entusiasmo! Grazie mille ^^
Grazie a Ely79, la mia beta,
che grazie alla sua pazienza vi evita di dover leggere dei veri
orrori... (faccio certi errori di battitura che fanno davvero paura...)
Grazie anche a chi continua a leggere la mia fic ^^
Ciao
Fri
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Alla fine del tunnel-cap 6
James era decisamente ubriaco quando inciampò
sull’uscio di casa, abbassando la maniglia con il gomito per
ritrovarsi, senza capire bene come, steso bocconi sul marmo rosa
dell'ingresso.
Ma gli bastò un’occhiata alla sua dolce mogliettina
perché la sbornia lo abbandonasse tutto d’un botto. Lily
era seduta sul divano intenta a tamburellare nervosamente con le dita
sulla gamba, una luce omicida a illuminarle gli occhi verdi.
Faceva paura.
“Ehm… ciao, amore,” si rialzò da terra,
spettinandosi i capelli e accennando a piegarsi su un ginocchio.
“Guarda, fatico a impedirmi di inginocchiarmi davanti a te, e
chiederti di nuovo di sposarmi, da tanto ti trovo splendida
stasera.”
James finse di lottare con il proprio corpo, come se stesse
cercando di contrastare la Maledizione Imperius e condì il tutto
con il suo miglior sorriso spavaldo, da lui stesso reputato
irresistibile.
Lo sguardo della donna guizzò verso di lui, per poi scivolare,
come se si fosse posato su qualcosa di viscido, sui tre uomini che
sostavano malfermi alle sue spalle.
Si alzò di scatto e con passo deciso si avvicinò a loro.
Tutti e quattro indietreggiarono.
James controllò svelto le sue mani. “Ehi, ragazzi, calmi!
Non ha la bacchetta!” bisbigliò, un po’ sollevato.
Lily si fermò a pochi centimetri da lui, guardando oltre la sua spalla.
“Grazie per aver accompagnato a casa James, ora potete
andare.” La sua voce era fredda e James fu certo che, malgrado
apparentemente stesse parlando al plurale, si stesse rivolgendo
esclusivamente a Sirius.
Infatti il suo tono si addolcì quando aggiunse: “Peter, ricordati di salutarmi tanto Minnie!”
Poi prese Remus per un braccio e lo tirò dentro casa.
Partirono subito le accuse.
“Sei ubriaco!” gli sibilò, furibonda.
James decise di buttarla sul ridere. “L’avevo detto a
Lunastorta di non bere tanto, perché tu ti saresti
arrabbiata.”
Ma lei non abboccò. “Tu
sei ubriaco! Sono le quattro del mattino! Pensavo che foste usciti per
discutere di questioni legate all’Ordine, invece torni
ubriaco, chissà cosa avete fatto tu e… e… lo sai
quanto non mi fido di quella persona.”
E guardò dritto negli occhi la persona a cui si riferiva, che
sostenne senza problemi il suo sguardo, gli occhi grigi immobili.
“Lily, ti prego, può sentirti!” la supplicò James, pur
rendendosi conto dell’inutilità della sua protesta.
Sirius naturalmente non sembrò affatto offeso, anzi, sfidava apertamente Lily con l’atteggiamento arrogante.
Quando ormai era certo che fossero al punto di venire alle bacchette,
il buon, vecchio Felpato ruppe la tensione allungandosi verso Remus e
bisbigliandogli. “Lily e James litigano a causa nostra.”
Remus, oscillando leggermente, gli rispose secco. “A causa tua, vorrai dire.”
Lily aveva l’aria truce. “Ciao, Black!” disse con
disprezzo, indicandogli il cancello di ingresso. Lui la salutò
in maniera affettata e si avviò verso l’uscita, con Peter
che gli trotterellava dietro a capo chino.
La donna si chiuse la porta alle spalle, prima di rivolgersi a Remus
con una nota di rimprovero nella voce, ma senza più rabbia.
“Tu non dovresti frequentarlo, non dopo quello che ti ha fatto.”
James si intromise, pur intuendo le sue buone intenzioni, avrebbe
finito con il metterlo alle strette, facendolo sentire in
difficoltà. “Lily, così non lo aiuti affatto, non
è il momento...”
Ma lei lo fulminò con lo sguardo. “Non è mai il
momento per te!” sibilò, e lui si sentì un verme,
notando quanto il suo volto fosse pallido e sfatto. La sua non era una
sceneggiata, era stata sul serio in pensiero per lui.
“Black ha ucciso il mio migliore amico, ho paura che mi porti via
anche te, non lo capisci?” Lily si lasciò sfuggire un unico
singhiozzo, mentre lo colpiva debolmente sul petto con la mano aperta.
“Piccola…” La strinse a sé James, accarezzandole
dolcemente i capelli e pensando a uno stratagemma per farsi perdonare.
E non qualcosa di stupido che si limitasse a farla inorridire, come
succedeva di solito.
Come da ragazzi… Lily aveva iniziato a guardarlo come un essere
umano e non una frattaglia destinata ai Thestral solo dopo che aveva
saputo del suo atto eroico, del suo disperato tentativo di salvare la
vita al suo amico Serpeverde, e al successivo prodigarsi nel cercare di
tirare fuori dai guai il povero Remus.
Lei non aveva mai avuto dubbi sulla sua innocenza, erano stati entrambi
Prefetti e lo conosceva bene, per quanto ti potesse permettere di
conoscerlo davvero il timido e insicuro ragazzino che Remus era stato.
Il fatto di aver scoperto la sua natura di licantropo nulla aveva
cambiato dell'opinione che si era fatta di lui, ed era stata
l’unica estranea al loro piccolo gruppo a non addossargli la
piena colpa dell’omicidio di Piton. Per quello James l’aveva
amata, se possibile, ancora di più.
Ma… c’era anche Sirius, il suo migliore amico, quello che considerava un fratello.
Lily l’aveva messo più volte con le spalle al muro: doveva
fare una scelta, o lei, o lui. Era stata dura e la loro relazione aveva
iniziato ad ingranare solo due anni dopo la fine della scuola, tra
litigi e lacrime amare.
Non aveva saputo rinunciare all’amicizia di Sirius e lei alla
fine aveva ceduto ai sentimenti che provava nei suoi confronti.
Ma il suo disprezzo non era scemato in tutti quegli anni e si sentiva spezzato dal bene che voleva ad entrambi.
Si ricordò che il povero Lunastorta era lì con loro. Si
voltò per offrirgli una tazza di caffè e delle scuse per
essersi dimenticato di lui, ma aveva già tolto il disturbo,
abbandonando in silenzio la stanza.
La mattina seguente James si svegliò con un tremendo mal di
testa e la bocca impastata. Raggiunse a tentoni la cucina, reggendosi
al tavolo con gli occhi chiusi e lasciandosi cadere di schianto su una
sedia, che centrò per pura fortuna. Quando si decise ad aprire
gli occhi notò con fastidio che Remus, seduto accanto a Daisy,
pareva stare discretamente.
“Beh, com’è che tu non ti senti male?” chiese piccato.
Lui si strinse nelle spalle. “Nel branco dei mannari non
c’era molto da mangiare, ma l’alcol non mancava mai. Per
compensare ho bevuto così tanto che ora per ridurmi come te,
dovrei tracannare almeno dieci litri di birra. Si chiama assuefazione” concluse in tono accademico.
“Grazie per la lezione, professore,” bofonchiò.
Perché a lui era stata assegnata una missione così spassosa? Sesso selvaggio e alcol a volontà...
“Stamattina, malgrado la mia gravissima indisposizione, andremo
dai Paciock," annunciò James. "Credo che sia ora che tu conosca Neville… lui e
Harry arriveranno a casa per le vacanze di Pasqua, andiamo a prenderli
alla stazione.
“Uff, ma papà!” si lamentò Daisy, abbassando
la testa e picchiando forte il mento sul tavolo, in un gesto di
sconforto. “Harry torna a casa sul serio?”
James sorrise divertito, lui era figlio unico e trovava
incomprensibilmente buffe le gelosie fra i suoi due ragazzi,
d’altronde si sforzava di viziare in egual modo entrambi, quindi
la gelosia di fatto non aveva motivo di esserci.
“Ma dai, Harry è il tuo fantastico fratellone!”
La ragazzina fece una smorfia tremenda. “Fantastico?”
strillò incredula. “Puah! Intanto ha un odore schifoso.
No, non ridere, papà! Sei cattivo!”
James, scosso dalle risate, sentì un cucchiaio colpirlo sul petto, lanciatogli, supponeva, dalla sua graziosa signorina.
“Anche se sei così cattivo, a me piace averti tutto per me, papino!” la voce della bimba si era fatta dolce dolce.
Daisy era in quell’età in cui le bambine stravedono per il padre e James ne gongolava in maniera spudorata.
Impostò l’espressione affascinante grazie alla quale aveva
conquistato la metà… no, anzi, praticamente quasi tutte
le ragazze di Hogwarts, per poi mimare con la mano il lancio di
un bacio nella sua direzione.
“Fino alla stazione sarò tutto per te, fiorellino
mio,” le promise, mentre lei osservava Remus con sospetto.
James sospettava che lo ritenesse un ulteriore ostacolo tra lei e il suo
papino adorato.
“Oh, non ti preoccupare di lui, a intrattenerlo ci penserà
Tonks. Verrà anche lei, ci teneva così tanto ad
accompagnarm… lo”, concluse, sporgendosi verso
l’amico e tentando di nuovo di accarezzargli la testa.
Lily gli fece capire a gesti di piantarla di prenderlo in giro,
picchiandogli piano la padella da cui stava togliendo un paio di uova
sulla sua mano tesa.
“Ahi!” mentì James. “Scotta! Mi hai fatto male!”
“Bene”, disse lei, laconica.
“Strega malefica e senza pietà!” la
apostrofò, accennando allo stesso tempo un sorrisetto di scusa.
Sapeva che non le era ancora del tutto passata la rabbia per quello che
era successo solo poche ore prima.
Le sue rimostranze vennero abilmente ignorate.
“Remus, a mezzogiorno si mangia cervo, spero ti piaccia.”
Lui le sorrise gentilmente. “Il mio piatto preferito.”
James gemette. No, decisamente non le era ancora passata.
“Oh salve, signora Paciock!” disse James, sorpreso.
L’anziana signora stava scendendo da un taxy Babbano, aiutata da una donna dall'atteggiamento untuoso.
“Vai pure, cara, grazie per avermi accompagnata, con gli usi Babbani ho poca dimestichezza.”
La donna, che sembrava molto provata, abbassò il capo in segno di umile saluto e si defilò svelta.
La compagnia della signora Paciock aveva questo effetto un po’ su
tutti, e ci si stupiva del fatto che il piccolo Neville avesse
sconfitto Voldemort prima ancora di pronunciare la sua prima
parola! Un anno a stretto contatto con lei gli aveva dato un
enorme vantaggio rispetto al suo avversario: cosa era il Signore Oscuro
se raffrontato alla dolce nonnina?
La signora nel frattempo aveva preso a parlare, esternando i suoi
insindacabili giudizi riguardo l’accompagnatrice “…
i Babbani sono bravi in queste cose, nessun incantesimo è
riuscito a darmi lo stesso sollievo alla schiena che mi danno i suoi
massaggi. Ma parla con una orrenda cantilena, e è talmente
sciatta… anche se in quanto a inettitudine è il nuovo
giardiniere a farla da padrone. Gli avevo chiesto un cespuglio a forma
di fenice, fenice! E lui che fa? Sventola la bacchetta e mi ritrovo con
piazzato fuori dalla finestra un enorme avvoltoio. Lo reputo un uccello
delizioso, sia chiaro,” precisò accarezzandosi
distrattamente la tesa del cappello sul quale ne torreggiava uno
impagliato. “Ma non era quello che avevo chiesto! Per non parlare
dei commessi dei negozi, solo ieri una ragazzina vestita in maniera
sconcia, a Diagon Alley, ha osato…”
James non seppe quale mago di antica data ringraziare quando smise di
condividere con loro le sue opinioni sulla gente che aveva
l’ardire di incrociarla. La sue graffianti osservazioni, da donna
capace che esigeva il massimo da se stessa e si aspettava che anche il
resto del mondo avesse tali ambizioni, rendevano il suo giudizio sul
prossimo preciso e tanto affine alla realtà da far male.
Il che metteva spesso i suoi interlocutori in una scomoda situazione,
spingendoli a un moto di pietà nei confronti della persona
così realisticamente tratteggiata.
La donna arricciò le labbra sottili, indicando con una mano
simile a un artiglio e un’aria di profondo sospetto Remus.
“E questo chi Merlino è?” lo scrutò torva,
girandogli attorno, come un rapace sopra la sua preda. “Il suo
aspetto non mi rassicura affatto. E questi?” gli
sfiorò i capelli. “Dico, giovanotto, lei ha inclinazioni
particolari? No perché la sua chioma è quantomeno
ambig…”
“Lui è il signor Lupin”, l’interruppe Daisy, dimostrando tutto il coraggio di una futura Grifondoro.
Remus, che fino a pochi secondi prima se la rideva sotto i baffi,
fissando il cappello della signora Paciock e nascondendo con
abilità il suo divertimento dietro l’espressione gentile,
impallidì nel sentire pronunciare il proprio nome.
Anche la vecchia s'irrigidì: non tollerava la maleducazione.
“Cara, nessuno ti ha insegnato che non si interrompono gli
adulti quando stanno parlando?,” osservò in maniera
arcigna. “Sì, educazione… con il padre che si
ritrova… un po’ troppo di manica larga, eh, caro?”
Daisy, offesa per essere stata ripresa, si nascose dietro il papà, indirizzandole le sue peggiori linguacce.
La signora Paciock stava per commentare la sua condotta riprovevole,
quando il viso rugoso le si accartocciò in un’espressione
di puro orrore. Deviò il suo obiettivo, lanciandosi su Tonks e
scuotendola per il mantello.
“Tu! Imbranata di un’Auror! Ma hai idea di chi ti porti
appresso? E’ così che difendi il mio ragazzo dai
Mangiamorte, portando una delle sue nuove leve ad accoglierlo alla
stazione?”
Tonks cambiava colore di capelli a ogni scossone, e la tinta si faceva via via più cupa.
“Mi lasci subit…”
“Merlino, questa mocciosa forse non era neppure nata
quando… ma non lo capisci, questo è Remus Lupin! Il
licantropo assassino di Hogwarts! è evaso da Azkaban assieme
agli altri Mangiamorte, si è riunito al Signore Oscuro e voi
l’avete condotto qui! Oh, se solo ci fosse ancora il mio Frank,
lui non si sarebbe fatto gabbare…”
James, Tonks e Remus raggelarono, mentre la donna estraeva senza remore la bacchetta dalla propria borsa.
“Il lupo mannaro evaso da Azkaban è qui per uccidere mio
nipote! Se non fate qualcosa voi, ci penserò io a…”
ormai la vecchia urlava a squarciagola, attirando l’attenzione di
tutti i maghi che sostavano sulla banchina, in attesa dei ragazzi di
ritorno da Hogwarts.
Altre persone presero ad agitarsi e urlare, il panico si diffuse svelto
tra la folla. La parola “lupo mannaro” incuteva un enorme
timore da sempre, ora amplificato dalle azioni di quel mostro maledetto
di Greyback.
James sollevò tra le braccia Daisy, che aveva preso a piagnucolare spaventata dal caos improvviso.
Vide che Remus stava cercando disperatamente una via di fuga.
La trovò grazie all’intervento di Tonks, che lo
afferrò per un braccio Smaterializzando entrambi, poco prima che
il fascio di luce rossa dello Schiantesimo lanciato dall’anziana
signora raggiungesse il punto in cui si trovava.
Mmm... ecco un capitoletto di passaggio. Spero di aver dato una
rappresentazione credibile e IC (ci tengo tanto) della famiglia Potter
e della signora Paciock. Ringrazio tutti quelli che stanno aggiungendo
questa storia, ma anche le mie altre, ai loro Preferiti ^^
ne sono lusingata! Se vi va lasciatemi un commentino, mi farete ulteriormente felice ^^
A proposito: ringrazio tantissimo Thiliol per la recensione:
Il quinto è stato uno dei
capitoli che mi è piaciuto più scrivere, sono contenta
che sia piaciuto anche a te. E... buone vacanze! Divertiti ^^
ciao
Fri
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Alla fine del tunnel-capitolo 7
“Dove l’hai portato?” le urlò per l’ennesima volta Sirius.
Si era lanciato dentro casa sua come una furia, iniziando a latrare
accuse e a esigere risposte non appena lei aveva messo in chiaro che
non intendeva dirgli nulla.
“Ninfadora!”urlò di nuovo.
L’aveva chiamata per nome di proposito, ne era certa.
“Hai combinato un casino, come tuo solito!”
Non aveva dubbi sul ramo della propria famiglia da cui aveva
ereditato la tendenza all’uso ponderato e accomodante delle
parole.
Non indietreggiò di un passo, malgrado ormai lui le urlasse in pieno viso.
“Esci subito da casa mia”, gli intimò, gelida.
“Remus doveva iniziare a prendere la sua pozione ieri, e tu
l’hai fatto sparire, portandolo chissà dove!”
“Ti ricordo che io l’ho tolto da un grandissimo pasticcio.
Rischiava come minimo il linciaggio pubblico! Alla
stazione…”
Venne interrotta da un gesto concitato della sua mano. “Ok.
Nessuno dei due ricordava o sapeva della pozione. Ammetto che neppure
io, fino a ieri, sapevo che andava presa a partire da sei giorni prima
del plenilunio…” assunse un’aria conciliante.
“Quindi passerò sopra al tuo errore, ma ora mi devi dire
dove l’hai portato.”
“E perché?”
L’aria conciliante del suo caro cuginetto si sgretolò.
Sembrava spossato. “Tra cinque giorni ci sarà la luna
piena!”
“Uff, che noia, questo lo hai già detto.”
Sirius si mise le mani nei capelli, in un moto di esasperazione.
“Ti ho anche già detto che sei una ragazzina irritante
come poche, ma continuerò a ripetertelo, perché tu sei
una ragazzina irritante come poche!”
Tonks non fece una piega. “Bene. Ora sai cosa provavano i tuoi
genitori… quella santa donna di zia Walburga…”
ghignò, alzando gli occhi al cielo. “Che doveva
rassettare camera tua, tappezzata da poster. Di donne nude. Poster Babbani.” Finse di rabbrividire per l’orrore.
Sirius gonfiò le guance, divenendo paonazzo per lo sforzo di
rimanere serio. Riuscì a trattenersi per due secondi scarsi.
“E tu come sai dei poster? Eri una neonata, allora.”
“Me l’ha raccontato mamma. A volte mi rinfacciava di
assomigliarti in certi tuoi atteggiamenti, come il provocare apposta la
gente. Ma non ti montare la testa, il suo non voleva essere un
complimento.”
“Ma tu l’hai sempre preso come tale”, disse
aggiustandosi i capelli dietro un orecchio e atteggiandosi a uomo di
grande fascino, ma senza crederci realmente.
Sirius aveva sempre trattato con noncuranza la propria bellezza, come se la considerasse solo un pretesto per prendersi in giro.
“Neanche per idea”, gli indirizzò un sorriso sfacciato.
L’uomo tirò un lungo sospiro, lo scambio di battute lo aveva calmato.
Fu tentata dal suggerirgli di imparare ad avviare il cervello, prima di
agire, ma tacque, non perché temesse di offenderlo, ma
perché lo riteneva solo fiato sprecato.
“Tra cinque giorni ci sarà la luna piena e - piantala di
fare smorfie! - Io, James e Peter dobbiamo fare da baby sitter a quel
rompiscatole di Lunastorta, come facevamo da ragazzi.”
Gli occhi, mentre parlava, presero a luccicargli come quelli di un bambino alla Vigilia di Natale.
“Non credo proprio”, rispose secca.
“Ma, Tonks!” si impuntò, picchiandosi una mano sulla gamba, in un gesto di esasperazione.
“E piantala di urlare! Remus aveva previsto i vostri piani e
mi ha fatto promettere di non dirvi dove si trova.”
Sirius perse nuovamente la pazienza. “E’ uno stupido, si farà del male senza la nostra presenza!”
La preoccupazione nella sua voce si fece palese e la spinse a esitare per un attimo.
Farsi del male? Ma Remus l’aveva messa in guardia, le aveva detto
che pur di rivivere un’esperienza legata alla sua adolescenza
Sirius le avrebbe detto qualunque cosa. E, per quanto ammetteva di non
essere in rapporti tanto intimi con lui da poter affermare di
conoscerlo bene, Sirius le sembrava proprio il tipo di persona da
comportarsi a quel modo.
Si strinse la braccia al petto. “Ho giurato di non dire dov’è e non lo dirò.”
L’uomo sembrò afflosciarsi, l’aria delusa e
amareggiata. “E perché non ci vuole attorno? Te l’ha
detto?”
“Sì, a fatica… Merlino! per tirargli fuori qualcosa
di più di una battuta ironica quando lo si obbliga a parlare di
se stesso, ci vuole una pazienza… mi ha del tutto
asciugata… Ma alla fine ha confessato. Teme di farvi del male.
La sua è paura vera, Sirius,” l’apprensione le fece
contrarre lo stomaco, mentre rivedeva Remus impallidire sotto la
maschera di freddezza dietro cui aveva cercato di celare le proprie
emozioni. “Si teneva le mani strette assieme mentre me lo diceva,
per tentare di bloccarne il tremito, ma io me ne sono accorta lo
stesso. Ho giurato di tenervi lontano da lui e di stargli lontana io
stessa, e non intendo tradire la sua fiducia.”
Sirius si mosse a disagio, allontanandosi da lei e gettando occhiate tormentate tutt’attorno.
“Hai usato quella frase di proposito, vero?”
“Quale frase?”
“Tradire la fiducia…”
“A essere sincera, no. Non intendevo alludere a nulla, anche se
sono al corrente di quello che hai fatto a Remus. Lo hai messo in una
situazione quanto meno imbarazzante.”
L’uomo alzò le sopracciglia. “Imbarazzante?”
“Beh, andare a raccontare in giro che a quattordici anni era
ancora tutto perfettamente levigato come l’altissima fronte di
Kingsley…”
Vide il cugino trattenere un sorriso, perso in ricordi che gli davano
un’espressione nostalgica. “Lo sai come ho fatto a vederlo
nudo? È stato dopo la prima luna piena che abbiamo passato
assieme. I vestiti se li era giocati durante la trasformazione…
Ma senza la presenza di noi tre, non ti illudere, non te lo troverai
davanti coperto solo dalla luce dell’alba, ma da…”
fece una pausa, assumendo un’espressione greve. “Da morsi,
tagli, sangue.”
Tonks annicchilì, mordendosi forte il labbro. No, non avrebbe
ceduto! “Puoi raccontarmi quello che ti pare, ma non ti
dirò dov’è.”
Sirius fece una lunga pausa e quando si decise a parlare di nuovo lo
fece con profonda rassegnazione. “D’accordo. Giurami solo
che l’idea di tenerci alla larga è stata di Remus e solo
sua.”
“Lo giuro.”
“Se lo dice Lunastorta, va bene. Lui ha sempre ragione e lo
accetto. E visto che lo ami tanto stagli vicino quando tornerà
in sé, ne avrà bisogno.
“Lo farò.”
L’uomo esitò, sorpreso. “Non protesti?”
“Hai ragione, la tua è un’esagerazione. Escludo nella maniera più assoluta che Lunastorta possa avere sempre ragione.”
“Non intendevo per quello…”
“Ho capito. Sei stupito?” lo sfidò, con orgoglio e senza il minimo imbarazzo.
“No. E’ chiaro che siete fatti per stare assieme. Due
testoni così, che vengono etichettati dalla maggioranza delle
persone come degli incapaci o malati che a fatica si reggono in piedi.
Che devono condividere la piaga di una forma fisica molto
confusa…”
“Ehi!” protestò.
“Avrei altre cose da dire, in merito.”
“Grazie, ma per oggi ho fatto il pieno di complimenti da parte tua.”
“Ti dirò solo una cosa, allora. Quando sarete
ufficialmente una coppia felice, fa notare a Lunastorta che è
stato tutto merito mio, perché se aspettavo che le cose si
evolvessero, mettendo in mano la situazione interamente a due imbranati
strambi e confusi come voi… allora forse mi
perdonerà…”
Tonks non tergiversò, limitandosi a lanciargli contro il manico
di scopa che teneva appoggiato alla parete, degradato all’ingrato
compito di appendiabiti.
“O forse mi odierà ancora di più!” gemette,
mentre veniva investito da un numero imprecisato di indumenti dai
colori assurdi.
Remus stava lottando contro il senso di soffocamento che gli stringeva
la gola. Rantolò, tentando di tirarsi sù, ma senza
successo. Cercò allora di aprire gli occhi, il non vedere
accresceva in lui l’angosciante sensazione di stare affogando.
Gli sembrò di aver avuto successo, che le sue palpebre fossero
sollevate, ma il suo sguardo abbracciava solo uno sfondo nero e fumoso.
“E’ ancora buio?” mormorò, malgrado fosse
convinto di essere solo. Il sentire il suono della propria voce,
tornata ad essere quella di un uomo, lo rassicurava.
Una risposta gli giunse inaspettata. “No, Remus, c’è
un bel po’ di luce che entra dalla finestra,” un sospiro
preoccupato. “Non riesci a vedere?”
La voce di Tonks.
“No…”
Percepì uno spostamento d’aria davanti al viso in fiamme.
“Vedi la mia mano?”
“No.” Si lasciò sfuggire un gemito, mentre a fatica
spostava una mano, premendosela sullo stomaco. Percepì il
contatto con le medicature, stranamente morbide e delicate.
Alcune bende si sfaldarono sotto il suo palmo sudato.
“Come va lo stomaco?” gli chiese Tonks, accarezzandogli piano la fronte.
“Bene.”
Gli sembrò una risposta terribilmente stupida quando, pochi
istanti dopo, dei volenti colpi di tosse lo scossero, inducendolo a
pregare di riuscire a trattenersi dal vomitare su… su…
dove Merlino di trovava? Era morbido, sembrava un letto.
Era chiaro che non era più nel magazzino abbandonato dove aveva
atteso il sorgere della luna piena, ma in un posto accogliente e caldo.
Se solo fosse riuscito a vedere più chiaramente…
Una mano gli sollevò goffamente la testa e qualcosa di metallico premuto contro le labbra.
“No…” protestò debolmente, schiudendo così incautamente le labbra.
Lei approfittò della sua bocca aperta per cacciargli dentro quello che capì essere un cucchiaino.
“Caffè superzuccherato, te lo do un pochino per volta,
così evito di versartelo addosso e aggiungere anche qualche
ustione alla conta delle ferite.” La voce della donna di
contrasse, mentre pronunciava l’ultima parola.
Era molto coraggiosa, sapeva di fare spavento dopo una notte di luna
piena passata in gabbia. Eppure lei non era scappata via nauseata, ma
l’aveva soccorso.
Tonks cercò di nuovo di farlo bere e lui reagì serrando
le labbra, in una silenziosa supplica a essere lasciato in pace. Ma non
desitette, continuando ad imboccarlo a forza, senza lasciarsi
scoraggiare dalla scarsa collaborazione che stava mostrando.
Evidentemente sapeva quel che faceva, dato che man mano che il liquido
caldo lo scaldava, la sua vista si faceva più chiara.
“Oh”, mormorò, quando finalmente gli riuscì
di vedere le tendine con gli ippogrifi appese alla finestra.
“Adesso ci vedi, vero?” disse Tonks soddisfatta,
distraendosi quel tanto che bastava per cacciargli il cucchiaio in un
occhio.
“Ebbene sì, per una attimo, ho visto,” gemette, sforzandosi di non ridere. Non ne aveva la forza.
“Oh! Scuuusa!” si piegò su di lui, baciandogli l’occhio leso con tenerezza.
“La storia del caffè non è merito mio,”
spiegò, tornando a sedersi sulla sedia messa di sbieco a ridosso
del letto. “C’è stato un periodo buio nella mia
vita, in cui mia madre, istigata da una mia insegnante Babbana sadica e
odiosa, mi aveva iscritta a un corso di danza per migliorare la mia
coordinazione. Umh… mi sono sfracassata tante di quelle volte
con conseguenti crolli di pressione, che ad ogni lezione trangugiavo
litri di caffè… mia mamma ci ha rinunciato, alla fine.
Con tutta quella caffeina in corpo diventavo davvero
insopportabile… insomma, persino di più di quanto non lo
sono di solito.”
Rise, tornando ad accarezzargli la fronte. “Ma senti come scotti…”
Il suo sguardo e i suoi gesti erano colmi di premura, affetto e nient’altro. Niente pietà, niente ribrezzo.
“Grazie,” le sussurrò piano. “Grazie, grazie,
grazie”, continuò a ripeterle mentalmente, perché
gli mancava la forza di parlare ancora, ma non quella di esserle grato.
Ora che la nausea lo aveva abbandonato e aveva la mente lucida, il
dolore per le ferite iniziava imporsi con violenza alla sua attenzione.
Non poteva fare altro che stringere i denti e aspettare che passasse,
facendosi cullare dalla piacevole sensazione di avere vicino qualcuno
ad accudirlo. Non un “qualcuno” qualsiasi, obbligato a
stargli accanto per senso del dovere, o perché era il suo
lavoro, ma Tonks.
Un uomo e una donna. L’uomo lo reggeva mentre lei gli bagnava le
ferite con qualcosa di tremendo, che le faceva schiumare. Percepiva la
febbre infuriare dentro di lui, il male che sentiva era così
forte da sconvolgergli lo stomaco. Tentò, senza che gli venisse
permesso, di raggomitolarsi su se stesso. Era da una vita che si
ritrovava, una volta la mese, in quella situazione, ormai avrebbe
dovuto esserci abituato… Ma non era così, anzi, era
sempre peggio. Un giorno o l’altro il suo corpo avrebbe ceduto
del tutto, se ne rendeva conto. Solo durante il periodo passato da lupo
libero nel branco di Greyback non aveva sofferto per il plenilunio.
“Ora lo lasci, signor Tonks. Aiuti sua figlia a prendere altre coperte, sente come trema? Arde di febbre.”
Attraverso le ciglia bagnate dalle lacrime vide un uomo biondo
allontanarsi assieme a una giovane dai capelli rosa spento. La donna
che gli era rimasta accanto prese a rimboccargli le lenzuola con gesti
pratici, da persona esperta.
Tenere gli occhi aperti gli divenne troppo gravoso, così si
lasciò andare, abbandonandosi sul cuscino spiacevolmente caldo,
le palpebre abbassate.
La donna, ne era certo, lo credeva ormai assopito quando mormorò
a mezza voce: “Eccola, la causa di tutto. Lei e sua madre. Il
motivo per cui quel povero ragazzo verrà venduto a quel mostro
abominevoli di Tu-S…”
Non finì la frase e Remus, con uno sforzo considerevole,
riuscì a schiudere di nuovo gli occhi. Un’altra donna era
entrata nella stanza, spingendo la sconosciuta a tacere. Aveva i
capelli rossi e… ma non erano riferite a lei le parole che aveva
sentito pronunciare con odio e paura. La sconosciuta stava fissando
Ninfadora Tonks.
Remus si destò, scosso dai brividi. Era stato il dolore a svegliarlo, qualcuno gli stava cambiando le bende.
“Tonks?” chiamò, la voce ridotta a un soffio.
“Sono Lily, Remus.”
Si girò, cercando il suo viso. Era seduta accanto a lui, pallida ma risoluta, lo sguardo dolente.
Si sforzò di sorridergli, ma era chiaro che non era un sorriso
sincero, sembrava così triste che Remus si sentì in colpa.
“Dov’è Tonks?”
“L’ho allontanata con una scusa… come del resto ha
fatto l’infermiera Babbana della signora Paciock. E’ stata
lei a mostrarmi come fare a medicarti. Gli incantesimi non possono
nulla contro le tue ferite, ma la medicina Babbana sì, per
questo Tonks ha chiamato me e suo padre. A lei l’infermiera si
è rifiutata di mostrare come medicarti dopo che ti ha quasi
infilzato nel tentativo di tagliare una benda.”
L’infermiera della signora Paciock? Dunque era lei…
infatti le era parso di averla già vista… era quella che
aveva accompagnato la nonna di Neville alla stazione, che mentre gli
rimboccava le coperte aveva detto qualcosa di spiacevole su Tonks, su
un ragazzo… qualcosa… non ricordava bene.
Una spasmo improvviso gli strappò un lamento e Lily si
piegò preoccupata su di lui, gli occhi lucidi e l’aria
profondamente dispiaciuta. “Oh, Remus…”
“Va via, Lily”, mormorò, pentendosi subito per le parole brusche.
“Come?”
Cercò di prendere fiato. Il suo respiro era rapido e
superficiale, e l’affanno gli rendeva difficile il riuscire ad
esprimersi.
“Va via, ti prego.”
“Remus! Ti sto medicando! Smettila di fare il bambino, non
è da te”, lo rimproverò con lo stesso tono di voce
con cui si rivolgeva alla piccola Daisy.
“Non è necessario,” le rispose gentilmente.
“Scusami.” Esalò un lungo sospiro, affondando il
viso nel cuscino e nascondendo la guancia rimasta scoperta con una mano
bendata.
“Se non lo faccio io, lo farà Tonks… vuoi correre
questo rischio?” le sfuggì una risatina nervosa.
“Lei, poverina, ci prova, ma… fa solo disastri!” si
morse il labbro come pentita per quello che aveva detto. “Non mi
piace parlar male di lei, è tanto cara, ma in alcuni punti ti ha
bendato con dei fazzoletti di carta! Non so come le sia venuto in
mente…”
“Non m’importa.”
“Dovrebbe, invece. Intanto non sono sterilizzati…”
“Lily…” scelse con cura le parole. Si sentiva
terribilmente in colpa per essersi deciso a tediarla esternandole i
suoi patetici sentimenti, e sperò che non prendesse le sue
parole come un’accusa. Lily era sempre stata così buona
con lui… Ma stava troppo male per tacere. “Lo vedo come mi
guardi. Ti faccio pena. Il tuo sguardo… mi fa stare molto
più male di un paio di innocui fazzoletti di carta. Tonks non
prova pietà per me. Ti prego, lasciami solo. Ho trascorso da
solo la maggior parte delle convalescenze da luna piena della mia vita,
una in più non mi ucciderà.”
Tonks irruppe nella stanza proprio in quel momento, rovesciando sul
pavimento il contenuto della busta che teneva tra le braccia.
Non se ne curò minimamente.
“Remus! Ti sei svegliato!” si accucciò davanti al
letto. “Mi spiace se ho chiamato papà e Lily, ma ho avuto
paura… la febbre continuava a salirti, e tu ti lamentavi, stavi
tanto male!” serrò le labbra, senza staccare lo sguardo da
lui, come persa nella contemplazione del suo viso. Poi, lentamente,
alzò un braccio e gli sfiorò una guancia con il dorso
della mano. “Oh… guarda che occhioni grandi ti sono
venuti.”
Era un tale sollievo averla di nuovo accanto, che sentì gli
occhi inumidirsi e un sorriso di gioia tendergli le labbra spaccate.
“Non fa niente, Ninfadora,” allargò il sorriso, non
riuscendo a trattenere una debole risatina che peggiorò il suo
affanno. “E non mi sono venuti gli occhioni, sono solo dimagrito un pochino, è normale.”
“Normale?” chiese lei, poco convinta.
“Sì, Ninfadora. Mi succede sempre dopo il plenilunio.”
La donna sembrò innervosirsi, come se fino a quel momento si
fosse persa qualcosa di importante, accantonato dalla preoccupazione
per le sue condizioni, ma ora... “Aspetta, aspetta, cosa hai
detto?”
“Mmm?”
“Ripetilo se ne hai il coraggio!”
“Cosa, Ninfadora?” chiese, confuso. Anche se in fondo in
fondo lo sapeva cosa l’aveva infastidita, come sapeva di stare
usando quella parola di proposito.
Tonks si alzò e con fare minaccioso gli tirò indietro le
coperte, prendendo ad osservargli con profonda concentrazione il petto,
le spalle, le gambe.
“Ninfadora? Che stai fac…”
“Zitto, ti conviene non distrarmi. Cerco un punto in cui non hai
piaghe per darti uno sberlone. Quante volte ti devo dire di non
chiamarmi a quel modo!”
Lily scoppiò a ridere. “Bene, Remus, allora ti lascio alle
amorevoli cure di Tonks. Sono certa che lei non avrà alcuna
pietà di te”, disse assumendo un’aria minacciosa, ma
pronunciando le parole con grande affetto.
“Puoi dirlo forte!” borbottò Tonks, senza voltarsi.
Lily abbandonò la stanza scuotendo la testa divertita, mentre la
piccola, deliziosa Auror gli schiaffava una sberla sull’incolume
fianco sinistro.
“Non chiamarmi mai più…”
“Ninfadora?”
Sciaff!
Eccomi di ritorno, un po’ in ritardo… tutta la parte del
caffè e dei crolli di pressione da ferite si rifà alle
mie esperienze dirette di lesioni. Non so nulla di medicina, ma ho una
discreta esperienza diretta in botte, schiacciate, voli e tagli di
varia natura.
Grazie a Lupinuccia e Evelyn_cla per le recensioni ^^
Lupinuccia -Bentornata ^^ mi
sei mancata. Sono felice che anche questa mia fic ti piaccia. Remus
è contento che pensi che lui sia figo. Tonks invece è
decisamente gelosa ^^. Oh, beh, anche io adoro Remus ;-) Spero che il
capitolo di piaccia.
Evelyn_cla -Grazie! Un po’ in ritardo, ma ho aggiornato ^^
Uh! Altri nuovi Preferiti/Seguite, grazie mille! E grazie anche a chi mi segue in silenzio ^^
Ciao
Fri
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Alla fine del tunnel-cap 8
“Dannazione!” pensò Sirius, mentre Silente
faceva la sua inaspettata comparsa nella casa di James, sede
dell’Ordine della Fenice.
Ormai si era messo l’animo in pace, convinto che almeno per
quella sera non si sarebbe presentato, preso da altri impegni.
E… no! Si stava avvicinando proprio a Remus!
Con un balzo canino, Sirius si lanciò verso di lui, lambiccandosi alla
ricerca di un diversivo qualsiasi per evitare che le chiacchiere tra il
preside e Remus finissero con il vertere su argomenti spinosi. Come
l’abbandono di quest’ultimo della missione affidatagli tra
i lupi mannari, iniziativa che era stata interamente concepita da
Sirius, e non da Lunastorta, come aveva fatto credere a Silente.
Naturalmente Sirius non aveva neppure fatto cenno al preside del suo famoso
“piano”, dato che esigeva la presenza di Remus, nei
progetti di Silente già assegnato all’altra missione.
Si decise ad agire, sfoderando la bacchetta e puntandola tra gli occhi
dell’amico, proprio mentre Silente stava per parlare.
Perché finiva sempre con il cacciarsi in quelle situazioni?
Ammetteva che la sua vita senza un po’ d’azione non sarebbe
stata neppure degna di essere vissuta, ma un po’ d’azione
(e molto piacevole) poteva essere considerata anche il saltare sotto le
lenzuola assieme a Sidney, che quella sera gli aveva chiesto per
l’ennesima volta di uscire, e di nuovo Sirius si era trovato costretto a
risponderle di no.
Aveva sempre messo in primo piano l’amicizia rispetto
all’amore, anche se la scelta di trovarsi ancora solo a
trentacinque anni non era stata propriamente una scelta. Il pensiero di
Remus, rinchiuso ad Azkaban a dibattersi tra sbarre e artigli putridi
di Dissennatore a causa sua, lo investiva ogni volta che una donna per
cui provava qualcosa lo teneva tra le braccia. Per quel motivo aveva
allontanato le poche che erano riuscite a farlo sentire amato davvero e
per quello che era, non per il suo aspetto fisico o i suoi soldi. La
sua era una sorta di punizione auto imposta. Una delle donne che aveva
respinto gli era rimasta nel cuore: conservava ancora una sua foto che
teneva sempre con sé. Riconquistando l’amicizia di
Lunastorta, Sirius sperava, in qualche modo, di riuscire ad ottenere un
po’ di sollievo dal rimorso e si cullava nell’illusione che
forse lei lo stesse ancora
aspettando. Che avrebbe potuto abbandonarsi al suo abbraccio senza
dover temere gli incubi che lo avrebbero nuovamente raggiunto.
“Sirius?” Remus fissava la bacchetta, gli occhi leggermente
incrociati, rigirandosi in una mano un dolce al cioccolato. “Ehm,
non c’è alcun bisogno di affatturarmi, se desideravi
l’ultima fetta di torta rimasta bastava dirlo.” Alzò
la mano e se la cacciò in bocca senza ritenere necessario il
farla a bocconi più piccoli.
Gli occhi azzurri di Silente si posarono su Sirius, la fronte
leggermente aggrottata in un’espressione seria, dietro cui non si
poteva non notare una sorta di divertita curiosità.
Remus, nel frattempo, cercava di inghiottire l’ingombrante boccone
senza soffocarsi, con l’aria asfittica ma molto soddisfatta.
Forse si illudeva davvero di avergli fatto un dispetto.
Un ghigno fece stendere le labbra di Sirius: era sempre stato così tra di loro, un continuo beccarsi a vicenda.
Si maledisse per l’ennesima volta per aver combinato il pasticcio del Platano Picchiatore. E maledisse Mocciosus,
se solo avesse tenuto il suo lungo naso untuoso lontano da loro non si
sarebbe preso la briga di prenderlo di mira, e tutto quello non sarebbe
mai accaduto.
“Ecco… ehm… in realtà ho fatto una scommessa
con Tonks”, mentì, tanto per dire qualcosa, visto che il
suo prolungato silenzio iniziava a insospettire i suoi interlocutori.
“Mi spiace, hai perso”, disse Remus, ricambiando il sorriso.
Capì subito a cosa si riferiva. “No, non riguardava della
stupida roba da mangiare. Andiamo, siamo due adulti, ci credi tanto immaturi da scommettere su una cosa così?”
“Sì”, rispose lui senza alcuna esitazione.
“Va bene, hai ragione. Ma non erano questi i termini della scommessa…”
Silente annuì, invitandolo a continuare con un’espressione di serio interesse.
“Ecco, io sostengo che Tonks non è riuscita affatto ad
insegnarti l’Occlumanzia, lei invece sostiene che…”
si accigliò, cercando dei termini che fossero convincenti in
bocca a sua cugina. “Ehm, che ora sei più ermetico di una
delle casseforti della Gringott.”
Remus alzò il capo, cercandola tra la piccola folla che
chiacchierava nel salone. La individuò: stava raccogliendo
qualcosa da terra assieme a Neville Paciock.
James e Peter avevano avuto la splendida trovata di dare a loro due il
compito di offrire le tartine agli ospiti. Trovata esilarante, visto
l’imbranataggine che li accomunava, e che aveva lasciato sgomente
Lily e Molly, le quali però non avevano protestato, temendo di offendere Neville (Tonks non era tipo da offendersi tanto facilmente).
“E perché mai l’avrebbe detto? Escludo di aver imparato in una sola lezione a…”
Silente fece per rivolgersi a Remus, così Sirius fu costretto a intervenire.
“Controlliamo subito. Legilimens!”
Chiaramente aveva imparato poco o nulla, abbattere le sue difese fu facilissimo.
Vide Ted, il padre di Tonks, in un angolo del giardino dei Paciock
intento a parlare fitto fitto con Neville. La scena durò pochi
istanti, poi Sirius percepì il terreno scivolargli via da sotto
i piedi, sostituito prontamente da un peloso tappeto lilla. Quella che
riconobbe essere l’infermiera della signora Paciock sostava ritta
davanti al letto di Tonks, dove un Remus dall’aria martoriata
giaceva a occhi chiusi.
“Eccola, la causa di tutto. Lei e sua madre. Il motivo per cui
quel povero ragazzo verrà venduto a quel mostro abominevoli di
Tu-S…” sussurrò la donna, la voce tesa. Stava
fissando Ninfadora.
Di botto, quasi con rabbia, si sentì estromettere dalla mente di Remus.
Lui lo fissava con aria colpevole, come se i suoi ricordi fossero in qualche modo compromettenti.
Sirius rifletté: appena entrato nella sua testa aveva subito
visto i due episodi, come se Remus stesse rimuginando su di essi, ma
perché? C’era un collegamento tra di loro?
Remus accennò un passo nella sua direzione, supplicandolo con
gli occhi. “Non dire nulla, ti prego”: il suo silenzioso
messaggio.
Silente, notando il suo turbamento, appoggiò la lunga mano scarna sulla spalla di Remus.
“Bene, reputo saggio non chiedervi descrizioni dettagliate dei
ricordi che stavate condividendo. Solo un consiglio, spero lo
accetterete dal vostro vecchio professore: mai introdursi nella mente di un uomo che si sa uscire con la propria
sorella, o altro parente prossimo... non sai mai cosa potresti trovarci.”
Strizzò l’occhio a Sirius, guidando Remus verso la porta che dava sul
giardino. Remus, che ancora fissava Sirius come se non avesse affatto
sentito le allusioni di Silente su lui e Tonks.
Sirius si schiacciò l’indice sulla bocca, confidando nel
fatto che anche lui avrebbe mantenuto i loro segreti, una volta che
avesse scoperto tutte le questioni che aveva taciuto al preside.
Remus seguì docilmente Silente, continuando a gettare occhiate
preoccupate verso Sirius. Sperava intensamente che Felpato non
arrivasse alle sue stesse ignobili conclusioni. Che si tenesse tutto
quello che aveva visto nella sua mente solo per sé.
Venne condotto nel giardino della villa di James e Lily, sontuoso quasi
quanto quello dei Malfoy, ma con tante piccole differenze. Nella piscina
galleggiavano giocattoli gonfiabili a forma di manico di scopa o draghi
che sputavano lingue di fuoco che si spegnevano a pelo
dell’acqua. In un angolo c’era un piccolo campo da
Quidditch, dove l’erba era tutta strappata per le torture che le
infliggevano James e Harry. Spesso James modificava le regole del
gioco, che da “prendi il Boccino d’Oro” diventavano
“chi riesce a fare la frenata più lunga prima di finire in
piscina, vince” o “acchiappa la bimba e metti fine alla
partita”.
Daisy quella mattina aveva finito con il rifugiarsi dietro la schiena di Remus pur di
sfuggire alla incursioni del papà e del fratello, malgrado
avesse l’impressione di non piacerle granché.
Quando la bambina aveva fatto scivolare la piccola mano nella sua per
un brevissimo istante, Remus aveva provato un'emozione tale che non aveva
neppure tentato di evitare Ramoso che puntava dritto su di lui. Erano
rotolati entrambi per alcuni metri.
E prima ancora che riuscissero a rialzarsi Daisy e Harry si erano
fiondati verso il padre, per accertarsi che stesse bene. James se li
era presi in braccio, anche Harry che aveva tredici anni e con i piedi
gli sfiorava le ginocchia, mimando un valzer assieme a loro mentre li
rassicurava sulla sua salute fisica.
“Su quella mentale non mi pronuncio”, aveva aggiunto rivolgendosi a Remus, ridacchiando.
“Remus, sei qui con me?” gli chiese Silente, porgendogli
una sedia. “Ecco, siedi qui, hai l’aria stanca”.
Remus ubbidì, mentre il preside rimaneva in piedi davanti a lui,
scrutandolo con i suoi penetranti occhi azzurri. Si sentì
tornare bambino, rivedendosi seduto nel suo studio, mentre veniva
interrogato riguardo alla sua condotta in veste di Prefetto.
Allora Remus aveva taciuto al preside questioni importanti, come l’aver
permesso ai propri amici di scoprire il suo segreto, l’averli
spinti a diventare Animagus… le loro scorribande nella Foresta
Proibita con la luna piena. Aveva taciuto.
La consapevolezza di quella che sarebbe stata la reazione del preside
nello scoprire di aver sbagliato a concedergli tanta fiducia, lo aveva
gettato nello sconforto, certo che le sue azioni lo avrebbero spinto a
disprezzarlo. Non poteva deludere Silente, che era stato così
magnanimo con lui da dargli una possibilità di riscatto nonostante
la sua natura, unico al mondo a parte i suoi genitori e i tre amici.
L'omertà di Remus era stata la causa della morte di Severus: se solo
non fosse stato così sconsiderato e vigliacco... se ne rendeva
conto, ma malgrado ciò, anche ora…
“Vedo con piacere che tu e Sirius siete tornati in rapporti amichevoli.”
“Mmm… non proprio. Non ancora.”
“Naturalmente. Non può ottenere il tuo perdono così
facilmente, nessuno pretende tanto da te. D’altro canto ora
stiamo tutti dalla stessa parte ed è giusto che cerchiamo di
sotterrare i nostri dissapori. Il compito che si è accollato
Sirius è rischioso e impegnativo, soprattutto per lui,
così incline ai colpi di testa.”
Remus non rispose, limitandosi ad annuire lentamente.
Lo sguardo di Silente di fece più intenso, mentre si piegava
leggermente su di lui. “Quindi… cosa state architettando
voi quattro?” chiese con un tono forzatamente leggero.
“Come?”
Lo sconcerto di Remus era genuino, anche se in fondo aveva capito a cosa si riferiva.
“Sembra che Sirius abbia in mente qualcosa. Mi ha chiesto, tempo
fa, di procurargli la formula della Pozione Antilupo, e non mi sembrava
che il nobile intento di preservare la tua salute fosse il suo unico
fine. Era… sai… furtivo.”
Silente alzò le sopracciglia grigie e cespugliose, lisciandosi la barba.
“Io…” Remus deglutì. Non poteva deluderlo,
ammettendo che aveva capito da tempo che era all’oscuro del piano
architettato da Sirius e malgrado i suoi sospetti se ne era stato
zitto. Era stata troppo allettante l’idea di stare progettando
ancora una volta qualcosa assieme, da Malandrini, come ai vecchi
tempi, così aveva finto di non sapere, mentendo anche a
se stesso.
Gli sfuggì un lungo sospiro. “Non credo abbia secondi
fini, se non quello di convincermi che la Pozione mi rende innocuo,
così che io conceda a lui, Peter e James di tenermi compagnia
con la luna piena. Il plenilunio è passato da poco e non
ho permesso loro di starmi vicino.”
Silente parve abbastanza soddisfatto dalla sua spiegazione.
“Sì, è proprio da lui. Non si cambia poi molto,
crescendo, non è vero?”
Remus sentì un rossore colpevole scottargli il viso. No. Non si cambiava poi molto.
Non gli rispose e vedendolo in imbarazzo Silente gli strinse un
braccio. La sua presa era straordinariamente forte malgrado
l’età avanzata, l’aria dolente e gli occhi umidi.
“Remus, è tutta colpa mia. Non avrei dovuto chiederti
tanto. Entrare nel branco di Fenrir… Non ti preoccupare per la
tua missione, non fa nulla. Non posso fare altro che ringraziarti per
il tuo tentativo di affrontare una situazione così
gravosa.”
Il rumore di qualcosa di metallico che cadeva a terra distolse
l’attenzione del mago da lui. Remus ringraziò mentalmente
l’artefice del frastuono, non sarebbe stato in grado di reggere
il disgusto che Silente gli stava facendo provare per se stesso un
secondo di più.
“Oh, guarda, la cara Ninfadora e il piccolo Neville. Decisamente
appropriato che ad annunciare il loro arrivo sia stato il trambusto che
li ha preceduti. O meglio, che è arrivato assieme a loro. Per le
tue entrate proporrei…”
“Un ululato?” tentò Remus, abbattuto.
“No, non direi. D’effetto, certo, ma una scelta quantomeno
inappropriata per un uomo. Un mago.”
Silente batté
le mani tra di loro, strizzandogli l’occhio.
“Beh, è
ora che rientri, inizia a fare troppo fresco qui fuori per una persona
anziana come me.”
Si allontanò fischiettando, lasciando Remus a sprofondare nella vergogna.
Tonks sbuffò, lasciandosi cadere di peso sul terreno accanto
alla sedia dove Remus se ne stava ancora seduto tutto rigido.
Picchiò con il palmo della mano accanto a sé, invitando
anche Neville ad imitarla.
Il ragazzo aveva il viso paffuto arrossato e sudato, e sembrava in preda all’agitazione.
“Oh, non ti preoccupare, Neville… noi ci siamo gentilmente offerti di aiutare…”
“A me mi ha obbligato la nonna…” precisò lui, affranto.
“Fa lo stesso,” tagliò corto Tonks. “Sono
stati loro a decidere di assegnarci un compito così poco affine
alle nostre capacità, quindi la colpa è tutta di James e
Peter. Li ho visti confabulare assieme, quei due…” Gli
strizzò l’occhio, con l’intento di tiragli su il
morale. “Andiamo, Neville! Dovessi prendermela tutte le volte che
combino un disastro… vedrai che Minerva non ti
trasfigurerà davvero in uno calice per farti provare
l’ebbrezza di stare nelle mani di una persona maldestra come
te.”
Si nascose la bocca con una mano, sussurrando pianissimo a Remus.
“Intendeva usarlo per offrirmi da bere! Ho rischiato di
fracassare il Prescelto!”
Neville era perso nelle sue riflessioni. “Mmm… lo so. La
professoressa Mc Granitt è tanto buona con me. Cioè,
severa, ma… vedessi che disastri combino a lezione…
e… “ fece un sospirone, guardando di sottecchi Remus, come
se stesse valutando se azzardarsi o meno a parlare davanti a lui.
“Ecco… sono un po’ triste perché le ho
spifferato che Harry ha di nuovo usato il Mantello
dell’Invisibilità del padre per uscire di nascosto…
Silente mi ha nominato Prefetto perché è convinto che il
compito mi aiuterà ad avere più fiducia in me stesso, ma
mi sa che non sta funzionando molto bene la sua tattica. Hermione
riprende tutti senza la minima remora, io invece mi sforzo tanto,
ma alla fine sono sempre il solito imbranato.” Si strinse nelle
spalle con un sorrisetto di scuse.
Remus, malgrado sapeva bene che il ragazzo stava parlando a Tonks e non
a lui, si sentì toccato sul vivo dalle sue parole.
“Anche io sono stato Prefetto, sai, Neville? Io e la mamma di
Harry”, disse lentamente, lasciando vagare lo sguardo per il
giardino.
Il ragazzo lo osservò di sottecchi, un po’ intimorito.
Presentazioni a parte, era la prima volta che Remus gli rivolgeva la parola.
“Ma io ero davvero un incapace,” proseguì.
“Non sono mai stato in grado di riprendere i miei amici. Fingevo
di non vedere quello che combinavano, e io stesso continuavo
sfacciatamente a infrangere le regole. Tu sei molto coraggioso.
E’ necessario vero coraggio per andare contro gli amici.”
Allargò il sorriso, mostrandogli tutta la sua sincera
ammirazione.
Neville sulle prime sembrò sbalordito, poi un rossore di gioia
gli velò il viso, accompagnato da un sorriso fiero che gli
illuminò gli occhi grandi e dolci.
Remus sentì le dita della mano, che teneva mollemente
abbandonata sulle ginocchia, prese in una stretta calorosa. Tonks lo
stava fissando compiaciuta, tenendogli la mano.
Guardava lui, ma quando parlò si rivolse a Neville. “Ehi,
tu hai sconfitto Tu Sai Chi quando avevi appena un anno, per Merlino!
Sei un grande! Devi imparare a fregartene di quello che la gente pensa
di te.”
Il ragazzo stava stropicciando un lembo della veste. “Vorrei
tanto sapere come mi è riuscito, in effetti.”
Ridacchiò, estraendo timidamente la bacchetta e tentando un
Incantesimo di Appello rivolto a una delle scope gonfiabili nella
piscina. Il giocattolo si agitò per qualche secondo, prima di
dichiarare che non aveva nessuna intenzione di muoversi da lì
con una sonora pernacchia.
“Che scopa maleducata! Come si permette di apostrofarti con suoni
così poco carini?” scherzò allegramente Tonks.
“N-no,” mormorò lui, troppo imbarazzato per
afferrare la battuta. “Invece di Appellarla l’ho fatta
sgonfiare.” Alzò le spalle, rosso come un pomodoro e
agitatissimo.
“In realtà l’incantesimo ti è riuscito, Neville”, si intromise Remus.
Tonks gli diede di gomito, avvertendolo con lo sguardo di non azzardarsi a prenderlo in giro.
Ma lui continuò, ignorandola. Quello che non riusciva a ignorare era la sua mano, che ancora lo stringeva.
“Solo che ti sei limitato ad Appellare il tappino
dell’aria, per questo la scopa si è sgonfiata e
sta per colare a picco. Beh, James domani si divertirà a
intrattenersi con gli strilli di Daisy e i borbottii di Harry, che si
accuseranno a vicenda per la sparizione di quell’affare.”
Neville sembrava confuso, indeciso se prendere sul serio le sue parole
o meno. Alla fine sembrò decretarle come inattendibili.
Come dargli torto? Perché credere a un lupo mannaro che in
quanto a incantesimi non era poi molto più preparato di lui?
Il ragazzo sospirò. “Sono proprio negato.”
“Ma no!” esclamò Tonks, convinta. “Hai solo
bisogno di un po’ di fiducia in te stesso, con quella puoi fare
qualunque cosa. Guarda me, sono una disastrata molto peggio di
te… no… non cercare di dire il contrario, è vero!
Mi riesce di cadere ogni due passi nelle mie giornate più
nere,” sottolineò le sue parole con una lunga chioma
corvina. “Eppure sono riuscita a diventare un Auror!”
“Come mamma e papà”, mormorò il ragazzo, l’aria allo stesso tempo trasognata e orgogliosa.
“Piacerebbe anche a te diventare un Auror?” chiese Remus,
mentre cercava di distogliere l’attenzione dalle sue dita ancora
intrappolate nel palmo della mano di Tonks.
“Io… se la nonna mi sente…” Neville scandagliò
guardingo il giardino. “A essere sincero, proprio no. A me piace
Erbologia, da grande vorrei fare l'insegnante.”
Il suo tono era di scuse, come se avesse appena confessato un’ambizione oscena.
Remus parlò, quasi senza rendersene conto. “Oh. Sarebbe piaciuto anche a me…”
Tonks si mostrò subito interessatissima.
“Beh, mi sono sempre piaciuti, i bambini,” cercò di
giustificarsi Remus. “Non come spuntino, sia chiaro.”
“E perché non lo fa, signore?”
“Non mi sono mai diplomato, Neville. E, non so se te l’hanno detto, ma io sono un…”
“Oh, sì. Io ho il terrore dei lupi mannari”, esclamò candidamente il ragazzo, con un piccolo brivido.
Remus serrò la mascella e istintivamente fece per allontanarsi un poco da lui, ma Tonks lo trattenne saldamente.
“Ma il papà di Harry ha spiegato alla nonna che lei
è un suo amico, e tutta una storia su un grandissimo sbaglio,
sul Platano Picchiatore… non ho capito bene. La nonna dice che
ora lei è un membro dell’Ordine come tutti gli altri e
come tale la devo trattare,” aggrottò la fronte.
“Oh! Mi spiace, quella cosa sul fatto che ho paura dei lupi
mannari forse non la dovevo dire. Ora lei penserà che sono un
vigliacco!”
A Remus fu necessario un notevole sforzo per rimanere serio, non
perché intendesse deriderlo, anzi, le sue conclusioni gli aveva
arrecato un notevole sollievo. Gli importava davvero della sua
opinione? Di un essere che aveva ammesso di temere? Era surreale.
“Io… no, Neville. Non sei un vigliacco, tutti hanno paura
dei lupi mannari, anche i maghi adulti, e fanno bene ad averne”,
lo rassicurò, o almeno, questa era la sua intenzione, anche se
si rese conto che le sue parole erano tutt’altro che rassicuranti.
“Ma la nonna no. Ha detto che se l’Auror imbran...
ehm…” si allargò il colletto della camicia,
gettando occhiate di panico tutt’attorno. “Che se Tonks non
l’avesse Smaterializzata non si sarebbe fatta alcun problema a
Schiantarla.”
“Oh. Ok.”
Remus non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito.
“Tua nonna ha ragione," disse Tonks. "Non vedo come si possa aver paura di
Remus. I lupi mannari sono un po’scorbutici con la luna piena,
tutto qui. Dovreste provare a interagire con me quando ho la mia, di
ricorrenza mensile…”
Neville sgranò gli occhi, tra l’imbarazzato e
l’incredulo. “Oh. Ehm, ora io rientro, prima che la nonna
inizi a strepitare perché sto qui a battere la fiacca.”
Si defilò zampettando a gran velocità, la testa china e lo sguardo fisso sui propri piedi.
“Ha notato che ti tengo per mano, per questo se ne è andato così di corsa,” gli spiegò Tonks.
“Dici? Credevo fosse scappato perché l’hai messo in
imbarazzo con i tuoi discorsi. Le mestruazioni non sono tra gli
argomenti che un ragazzino di quindici anni desidera trattare con una
ragazza, te lo assicuro.”
“Oh, sciocchezze!” lo liquidò lei, alzandosi da terra e accomodandosi sulle sue gambe.
“L’erba è diventata umida, ho freddo,” disse
in risposta alla sua muta richiesta di una spiegazione al suo gesto.
“Guarda, là ci sono altre trenta sedie,” Remus le indicò. “Dobbiamo per forza dividere la mia?”
“Non essere scortese”, lo riprese Tonks, appoggiando il palmo
della mano sulla seduta dell’unica che riusciva a raggiungere
senza staccarsi troppo da lui. “E poi sono gelide, tu sei
bollente.”
“Mmm.”
“Ho detto che ho freddo, e tu invece sei accaldato.”
“Chissà come mai.”
“Cosa?”
“Niente.”
“Uffa, Remus! Un po’ di spirito di iniziativa, abbracciami!”
La prese tra le braccia, ma senza stringerla, cullato dalla
sorprendente emozione che lo coglieva ogni volta che poteva tenersela
così vicina.
Tonks sorrise, incoraggiante. “Puoi stringermi anche più forte, non sono particolarmente delicata.”
“Sì, l’ho notato,” disse serio, stupendosi nel
sentire la propria voce tentennare tanto. “Credo che tu sia la
donna meno delicata che abbia mai conosciuto. E le altre donne che ho
conosciuto… ehm… molto bene… erano lupi mannari, il che è tutto dire.”
Tonks, per nulla offesa, appoggiò il viso al suo petto, avendo cura di farlo con leggerezza estrema.
“Ti fanno ancora tanto male, le ferite?” s'informò, sfiorandolo appena con viva preoccupazione.
“No-o.”
La sentiva così piccola e gracile tra le sue braccia, i suoi
seni che lo accarezzavano a ogni respiro, gli ispidi capelli rosa che
gli solleticavano il collo. Si concesse di perdersi per un istante nel
tepore del suo abbraccio, prima di sollevare il capo e osservarla,
assicurandosi di non essere visto.
Era così bella, e giovane, e perfetta.
Merlino, quanto la desiderava. Non aveva mai desiderato tanto una donna in vita sua, e era certo che lei se ne fosse accorta.
“Remus?”
“Mmm?”
“Andiamo a casa mia?”
La staccò un po’ da sè, scrutandola in volto nel
tentativo di indovinare i suoi pensieri. Voleva essere certo che le
loro intenzioni collimassero, non desiderava forzarle la mano e lei era
così giovane che…
Tonks prese a giocherellare con i suoi pantaloni, senza staccare lo
sguardo malizioso dal suo neppure quando uno dei bottoni, che aveva
riaffrancato maldestramente almeno un migliaio di volte, si
scucì, restandole in mano.
Era una donna, non una bambina. Una donna che sapeva quello che voleva.
E lui non intendeva rifiutarla. Non poteva rifiutarla, perché
era un uomo… no, peggio, era un lupo mannaro… e la sua
capacità di soffocare i propri istinti aveva un limite.
“Andiamo a casa mia?” gli ripetè lei, premendogli il bottone sulla punta del naso con un sorriso sfacciato.
“Va bene.”
“Remus?”
“Andiamo?”
“Sì, solo un attimo.”
Tonks si sollevò dalla sua
posizione accoccolata e lo fissò dritto negli occhi.
Quelli di lei erano grandi e scuri come il cielo in una notte senza luna, in quel
momento.
Era così bella, e giovane, e perfetta.
“Remus, l’hai capito quello che provo per te, non è vero?”
Grazie mille a chi mi ha lasciato una recensione ^^:
Moony3
Ti ringrazio per questa bella recensione.
Sono contenta che l’interpretazione che do del rapporto tra Remus e Tonks ti piaccia.
I pleniluni di Remus sono
un’arma a doppio taglio, a volte mi sono molto utili, altre volte
invece sono un po’ d’impaccio, zero pleniluni in una long
significa che il tutto si svolge in meno di un mese… Davvero mi
vengono credibili? Io ci spero sempre ^^
Sirius è un personaggio
“nuovo” per me, nel senso che è la prima volta che
lo tratto seriamente, e, beh, è un Black, qualcosa lui e Tonks
lo dovevano avere i comune, mi sono divertita a farli
“bisticciare”.
Tonks a breve terrà un corso per il primo soccorso… ha molto da insegnare XD.
Ehm… seriamente, penso che una
persona che agisce come lei, sdrammatizzando un po’
consapevolmente, un po’ per “sbaglio”, sia ottima per
tirare su il morale a un uomo come Remus, anche in certe situazioni.
Certo, ci sono degli effetti collaterali, ma cosa c’è di
meglio di una risata per scacciare la paura? (lo insegna lo stesso
Remus nel terzo libro ;-)
Ancora grazie per la recensione!
Lupinuccia
Grazie mille ^^ sono felice che ti
sia piaciuto così tanto questo capitolo. Eh, sì…
Tonks è gelosa, attenzione ;-)
Fennec
Grazie, sei gentilissima ^^ ho
cercato, per quanto possibile, di non affrettare troppo i tempi tra di
loro… soprattutto perché da parte di Remus non sarebbe
stato credibile.
Sì, credo che per quanto
riguardi i rapporti con l’altro sesso Tonks sia molto più
matura di Remus, malgrado abbia tredici anni meno di lui. Ma, e ne sono
convinta, superati i vent’anni è l’esperienza a
decretare la maturità delle persone, più che
l’età, e Remus, sempre vissuto ai margini della
società, non poteva avere tutta questa dimestichezza con le
donne.
Hai notato le parole
dell’infermiera… bene ^^. Ho buttato qui e là
qualche indizio che può far intuire il finale, vicino tra
l’altro, mancano solo due capitoli e l’epilogo.
Chissà, magari una delle tue ipotesi è corretta (ma io ho
la bocca cucita ;-)
Grazie ancora per la bella recensione ^^
Grazie ai lettori silenziosi (siete aumentati di parecchio!) e ai nuovi Preferiti/Seguite.
Alla prossima
Fri.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Alla fine del tunnel-cap 9
Tonks condusse Remus nella propria camera: il suo letto non era
molto grande, valutò. Meglio così, sarebbero stati
costretti a starci stretti stretti…
Era una fortuna, perché l’espressione di assoluto panico
assunta da Remus, dopo che Tonks aveva cercato di fargli capire con molto tatto
(frutto di ore di prove davanti allo specchio), che lo amava, le faceva
dubitare che lui intendesse ancora andare fino in fondo.
Ma contro ogni previsione la fece accomodare sul letto, iniziando a spogliarla senza esitare e senza alcun imbarazzo.
“Ma come… ma come…? Ti destabilizza tanto una
carezza, sembra che essere preso per mano o farti dire che ti si vuol
bene sia per te una cosa tanto sconvolgente da mandarti in crisi
totale, e sei così disinvolto nel…”
Indicò
la maglietta che le aveva appena sfilato, gettata sull’abat jour.
“Il sesso non ha nulla a che fare con l’amore, è molto più semplice,” rispose Remus pratico.
Fece per continuare a spogliarla, con urgenza e mosso da
un’intensa eccitazione, ma senza metterci il sentimento che Tonks si
era aspettata da una persona dolce come lui.
Sembrava che gli fosse necessario mantenere un ampio distacco, che si
sforzasse d’agire solo d’istinto, evitando così il
coinvolgimento emotivo che tanto lo spaventava.
Che sciocco! Pensava davvero di riuscire a soffocare in eterno le proprie emozioni?
Tonks gli allontanò le mani, guardandolo con rimprovero e sentendosi molto delusa.
Remus rimase immobile per un lungo istante, e quando si decise a
parlare lo fece a capo chino e ingobbendo le spalle, in un
atteggiamento che palesava l’umiliazione che stava provando in
quel momento.
“Sono un lupo mannaro, che ti aspettavi?”
cercò di giustificarsi. “Tra i mannari è
così che si fa…” gettò un’occhiata
astiosa su un punto imprecisato dietro di lei, prendendo a tormentarsi
le mani, l’aria infelice di chi si sente del tutto inadeguato e
fuori posto.
Tonks, dispiaciuta, fece per attirarlo verso di sé, ma lui si scansò seccamente.
“Che mi aspettavo?” gli disse, accigliandosi un poco.
“Di fare l’amore. Non con un lupo mannaro, non con un
uomo… ma con te,”
Tonks gli prese una mano tra le sue, cercando di obbligarlo a guardarla.
“Con te, Remus, che, ne sono convinta, saprai farmi sentire
speciale sotto queste belle lenzuola a scacchi fosforescenti, come ti
riesce con i tuoi grazie, i tuoi sorrisi, la tua dolcezza.”
Non sapeva se Remus la stava ascoltando, il suo sguardo era ora rivolto
alle mani rovinate. Fissava, rigido, quella ancora intrappolata tra le
sue.
“Vuoi che me ne vada?” le domandò brusco. “Non ti aspettare nulla da me, non sono all’altezza,” le dicevano i suoi occhi sfuggenti e tormentati.
Remus si alzò con un sospiro e lei fu certa che stesse sul serio per lasciarla.
Non era andato nulla per il verso giusto, aveva sbagliato tutto…
avrebbe dovuto essere più comprensiva con lui, si accusò,
dandosi poi dell’idiota.
Ma Remus non si allontanò molto. Lo osservò avvicinarsi
all’abat jour per recuperare la sua maglietta. Girò di
nuovo attorno al letto, accucciandosi poi davanti a lei e iniziando a
infilargliela giù per la testa.
Tonks non poté impedirsi di scoppiare a ridere, cacciandolo indietro.
“Non ho bisogno che tu mi vesta!”
Remus si fermò, adagiandosi la maglia in grembo e prendendo a
stropicciarla con gesti nervosi. “Tu mi hai rivestito, quando ne
ho avuto bisogno. Lo so quello che hai fatto per me. Anche se stavo
male, ricordo,” la sua voce si intenerì, mentre le
sfiorava un braccio con la punta delle dita. “Sei una donna molto
forte, forse non sai neppure quanto. E non aspettarti da me che riesca
a farti sentire speciale, non è necessario… Perché
tu sei speciale. Lo sai, non
è vero?” l’adorazione nella sua voce era tanto
appassionata da farle sentir male nell’ascoltarlo.
“Scusami. Sono riuscito a dare il peggio di me,
stasera…” Remus si strinse nelle spalle, mortificato.
Tonks gli prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte contro
la sua. “Ti amo, Remus,” gli mormorò, mettendo nelle
due semplici parole tutto il suo cuore.
Le loro labbra non erano mai state così vicine. Non si erano mai
baciati, eppure lo aveva trascinato nel proprio letto, chissà
che idea si era fatto di lei.
“Questo è un colpo basso,” la accusò Remus,
accarezzandole delicatamente la bocca con il pollice. Poteva sentire,
quasi fosse una presenza tangibile, lo sconvolgente fremito celato
dietro il suo gesto gentile.
“È molto più semplice ammettere di amare qualcuno
mentre si fa sesso,” si difese lei, con un tono che voleva essere
scherzoso, ma le parole le uscirono malferme per l’emozione.
“Mentre si fa…” una ruga sottile apparve tra le
sopracciglia chiare di Remus, e quando proseguì, lo fece con uno
sforzo evidente. “ Si fa… l’amore,” corresse
infine, parlando a fatica, la voce roca ridotta a poco più di un
sussurro.
“Eccovi, finalmente!” esclamò Lily, spostandosi per
farli entrare. Era stranamente agitata, e evitava accuratamente il loro
sguardo, l’atmosfera stessa era pervasa da un’angosciante
aura di disagio.
“James mi ha detto tutto,” proseguì, ferma pur essendo visibilmente dispiaciuta.
James, in piedi dietro Lily, indirizzò a Remus un sorrisetto di scuse.
C’era anche Sirius, un po’ defilato, appoggiato a una parete.
Remus iniziò ad innervosirsi. “Detto cosa?”
Lily scosse la testa, delusa. “Voi non crescerete mai, vero?
Remus, non hai più quindici anni, è ora che inizi a
comportanti come un adulto.”
Tonks fece un passo in avanti, viso e capelli accesi dalla rabbia.
“Non ti permettere mai più di parlargli a questo modo! Chi
ti credi di essere? Bada al tuo, di uomo!”
Le parole dell’amica fecero esitare Lily per lo stupore, e quando
si decise a proseguire la sua voce aveva assunto un tono pacato.
“Tonks… mi spiace, ma… Remus ha qualcosa da
dirti.”
Lui la guardò smarrito, ma l’intervento di Sirius gli chiarì la situazione.
“Non potevo non dirlo a James, lo capisci? Questo non è un
gioco. C’è una spia nell’Ordine e abbiamo capito chi
è, dobbiamo metterla in condizione di non fare più danni!
La vita di Neville è in pericolo e con essa lo stesso Mondo
Magico! E quello che ho visto nella tua mente…”
Fantastico, si disse Remus, Sirius aveva raccontato tutto a James. Da lì, il passo dal chiedere consiglio a Lily era stato breve.
Come al solito, aveva danneggiato altre persone con le sue azioni
sconsiderate, stupido lupo mannaro incapace, che non era neppure in
grado di utilizzare l’Occlumanzia!
Lily si rivolse a Tonks. “Mi spiace, ma… abbiamo scoperto
che … ecco... la spia dell’Ordine, è tuo
padre.”
La ragazza impallidì, persino i capelli le si spensero in un
rosa più simile a una sfumatura che a un colore vero e proprio.
“No,” gemette, scuotendo lentamente la testa.
“Tonks…” cercò di proseguire Lily. “Lascia che ti spieghi…”
“No!” urlò lei. “Vi sbagliate, lui non
potrebbe… perché avrebbe dovuto? Spiegatemi solo questo,
perché?”
James si accostò alla moglie, spettinandosi con gesti nervosi i
capelli già arruffati. “Noi pensiamo, beh, che
l’abbia fatto per proteggere te e tua madre… un patto con
i Mangiamorte che gli assicurasse la salvezza per voi due. Bellatrix ti
voleva morta, Tonks. Sirius dice che era nelle sue intenzioni fare di
tutto per eliminarti.”
“Mio padre non è un traditore! Lo sa che io so difendermi
benissimo da sola! Sono un Auror, lui non mi sottovaluta come fanno
tutti! Come fate anche voi!”
Tonks era fuori di sé. Estrasse rapidamente la bacchetta, prendendoli
alla sprovvista. “Dove lo avete portato? Dove?”
Lily, incurante della bacchetta puntata su di lei, le si
avvicinò ancora di più. “Ora calmati,
ragioniamo.”
“No! Voi l’avete già condannato! Avete già
deciso che è lui, la spia!” ringhiò, furente.
“Vi state sbagliando!” intervenne Remus. Non poteva
più starsene zitto, tutto quello stava accadendo a causa sua.
Lily lo fissò con un misto di rimprovero e qualcosa di molto
simile alla commiserazione. “Remus, ti conosco… lo dici
solo perché non vuoi far soffrire Tonks, non vuoi che lei ti
allontani. Non andresti mai contro di lei anche solo per questo
motivo.”
“No, ti sbagli!” mentì Remus, pur sapendo di mentire.
James fece per prenderlo per un braccio, ma lui si scostò, con
una rabbia più rivolta verso se stesso che non a lui.
“Lunastorta, ti prego… la situazione è chiara, e
l’hai capito anche tu, ci stavi riflettendo tanto che è la
prima cosa che Sirius ha visto nei tuoi pensieri.”
Tonks lo fissò allibita e profondamente delusa. L’aveva
ferita. “È vero, Remus? Anche tu credi che mio
padre…?”
“Io…”
“Lui è accorso subito quando l’ho chiamato per
aiutarti, lui… come puoi pensare che farebbe del male a Neville?
Gli vuole bene, gli vuole così bene perché…
perché… per lui fare del male a Neville sarebbe come
farne a… a me!” la voce le si ruppe, gli occhi gonfi di
lacrime per la collera, l’espressione sofferente.
E Remus capì. Capì da che parte doveva stare, capì
che Lily aveva ragione. Era ora che la smettesse di dosare le proprie
azioni solo per evitare di essere allontanato, solo perché gli
piaceva avere attorno persone da cui si sentiva accettato, o,
addirittura, amato.
“Sirius,” chiamò.
“Sì?”
“Avrai il mio pieno perdono, vecchio mio. Lo prometto,” si
morse il labbro per punirsi dell’ennesima bugia. Avrebbe finto di
avergli concesso il suo perdono… almeno, fino a che Sirius non
avesse sinceramente mostrato un briciolo di rimorso per la morte di
Severus. “Ti chiedo solo una cosa in cambio, un sacrificio enorme
per te, me ne rendo conto.”
“Qualunque cosa!” esclamò l’uomo, staccandosi
dal muro, l’aria di chi ha paura di credere davvero a quello che
ha appena sentito, ma allo stesso tempo fortemente determinato, quasi
entusiasta.
“Ted… dov’è?” chiese svelto.
Sirius trattenne il respiro.
Sapeva bene cosa gli aveva chiesto come pegno, il tradire il suo
migliore amico, quello che per lui era come un fratello. Gli aveva
chiesto di schierarsi contro James.
James fece per intromettersi, cauto. “Sirius, Remus, così
non risolviamo nulla. Per favore, usate la vostra coscienza!”
“Ancora a casa sua. Sorvegliato. Non sa nulla.”
Tonks non se lo fece ripetere due volte, si Smaterializzò portando Remus con sé.
“Così hai deciso da che parte stare.” Sentì
dire James con amarezza, prima di preparasi anch’esso a
raggiungere la casa dei Tonks per fermarli.
Grazie, Moony3, per la bellissima recensione ^^
Sono veramente felice che il
“mio” Sirius ti piaccia, in effetti nei libri dice cose
anche molto profonde, poi spesso è il primo a disattenderle, ma
non è lo sciocco che pensa solo alle donne a cui spesso viene
ridotto. Ti ringrazio anche per i commenti su Silente e Neville, in
effetti sono personaggi che piacciono molto anche a me.
Sì, la colpa del compito affidato a Neville e Tonks è tutta di James e Peter!! Io non c’entro ^^.
Ah! Finalmente qualcuna, oltre a me,
che non è rimasta per nulla stupita della storia tra Remus e
Tonks! Io, all’epoca del quinto libro, avevo pensato subito
“ma questi due stanno assieme” e: Remus non è mai a
Grimmauld Place, perché dormirà da Tonks…
E allora non sapevo nulla di pairing,
fanfiction ect… solo… mi sembrava… boh…
“normale” pensarla così.
Ti ho prenotato un posto al corso di Tonks, ci sarò anche io, sono già molto indirizzata verso i suoi metodi ;-)
Ciao
Fri
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Alla fine del tunnel-cap 10
Lo sguardo di Remus fu attratto
dalla superficie luminosa dello specchio che torreggiava in un angolo
della stanza. L'oggetto rifletteva la luce della luna piena, indirizzandola sul
suo mantello d’argento, che sembrava assorbirne avido
l’essenza, come se l’astro lo stesse nutrendo.
Remus si specchiò: eccolo, il lupo. Riconobbe immediatamente l'animale che aveva sbranato Severus, i Dissennatori glielo avevano mostrato continuamente durante la sua breve prigionia.
Remus si acquattò davanti allo
specchio, il muso tra le zampe e le lacrime di disperazione che gli
grattavano il fondo della gola. Ma i lupi non avevano la
capacità di piangere e lui si dibatteva, straziato da
un’interno tormento, sentendosi sul punto di esplodere.
Aveva commesso un’infinita
serie di errori nella sua vita, e stava per farne di nuovi. Quante
persone dovevano ancora soffrire a causa sua?
Ma ormai aveva deciso, e agito di conseguenza.
Tonks non avrebbe capito, ma lui
intendeva solo proteggerla. Non avrebbe capito, e l’avrebbe
maledetto e odiato per le sue azioni… ma non era importante.
Remus l’amava, e doveva impedire che le venisse fatto del male, a qualunque costo.
Lo sguardo gli cadde di nuovo sulla propria immagine riflessa.
La luna era sorta e sapeva che la battaglia era cominciata.
James stava combattendo. I Mangiamorte avevano attaccato Hogwarts, esattamente con le modalità descritte loro da Sirius. Il
piano di Sirius, ovviamente, era stato accantonato dopo il defilarsi del suo
protagonista: Remus.
Remus avrebbe dovuto prendere la Pozione Antilupo, in modo da mantenere
inalterata la propria coscienza anche nelle fattezze di lupo e,
parlando il loro linguaggio, rivoltare i mannari di Greyback contro i
Mangiamorte.
Ma Remus non era lì con loro, come non c’era Tonks, naturalmente.
Erano riusciti a prelevare Ted e Andromeda dalla loro casa, malgrado
l’intervento di James e Lily fosse stato tempestivo, ed erano
fuggiti, andando a nascondersi chissà dove. Li avevano cercati
per settimane, ma senza successo.
James aveva al suo fianco un grosso cane nero. Sirius aveva tenuto
nascosta la sua natura di Animagus ai Mangiamorte, cosa che gli
permetteva di schierarsi dalla parte dell’Ordine nelle battaglie
senza destare sospetti.
Hogwarts era stata presa d'assalto, ma il nemico non era ancora riuscito a introdursi nel castello, non glielo avevano permesso.
E ora la luna piena era alta nel cielo e gli ululati avevano sostituito le urla strazianti dei lupi mannari che mutavano forma.
La luna era alta nel cielo e Remus
ormai era in trappola, non aveva più alcuna possibilità
di fuggire per evitare di ferire le persone che amava. Aveva preso la
Pozione Antilupo ed era pienamente cosciente delle proprie azioni, ma
ciò non bastava a sedare la sua paura. La Pozione, Remus ne era certo,
non sarebbe riuscita a domarlo, non per una notte intera.
Una persona gli si avvicinò, e
lui, strangolato dall'angoscia, riuscì a farsi cogliere alla
sprovvista malgrado i sensi finissini che la sua forma animale gli
donava.
E quando vide il proprio muso riflesso nei suoi occhi, il terrore e il
senso di colpa lo schiacciarono. La consapevolezza che avrebbe ucciso
di nuovo gli paralizzò il cuore.
I Mangiamorte non erano scappati dopo la trasformazione dei lupi
mannari, il che poteva significare una cosa soltanto: avevano preso la
Pozione Antilupo. Sirius non sapeva nulla di questa parte del piano.
Ed erano forti, dannazione, erano necessari almeno una decina di Schiantesimi per riuscire a fermarne uno.
Felpato d’un tratto prese James per il mantello, indicandogli con i
tondi occhi grigi, addolciti nella sua forma canina, uno dei mannari.
James capì subito cosa voleva indicargli. Il mostro aveva dei
ciuffi di peli di un brillante rosa cicca sulla nuca, evidentissimi
sullo sfondo del mantello argenteo.
“E’ Remus,” soffiò James, avvertendo un
doloroso crampo allo stomaco. “Tu non ne sapevi nulla?”
Sirius guaì in segno di diniego.
Tutti i professori di Hogwarts si erano uniti allo scontro, Silente
fu l’ultimo ad arrivare, e la sua presenza fu decisiva.
Mentre a uno a uno i Mangiamorte fuggivano o venivano colpiti, Sirius
corse verso il centro della battaglia, afferrando Remus con le fauci e
trascinandolo via con sé. James si era aspettato che Remus opponesse
resistenza, ma così non fu.
Nella scelta di Remus di seguire mansuetamente Sirius aveva intravisto
sollievo e una sorta di soddisfazione, come se avesse aspettato con
trepidazione quel momento.
Proprio quando il terrore si era
fatto così forte da non essere più tollerabile, il suo
corpo scosso da uggiolii di disperazione, Remus si sentì afferrare e
trarre in salvo dall’oceano di dolore in cui stava annaspando. E
lui, come uno sciocco, si abbandonò all'aiuto offertogli.
Erano nella Stamberga Strillante. Sirius e Remus. Un Remus ancora in
forma di mannaro, e incapace di parlare, a cui, dunque, era inutile
chiedere spiegazioni.
Sirius aveva ripreso le proprie sembianze appena chiusi al sicuro nella
vecchia baracca, provocando in Remus un guaito sconcertato.
“Perché, Remus? Perché? Lo hai fatto per Tonks, non
è vero? Ci hai traditi per difendere lei, come ha fatto suo
padre?”
Sirius non riusciva a farsene una ragione… Gli era bruciato così
tanto il vederlo combattere contro l’Ordine, contro i suoi amici!
Sentiva un moto di nausea solo nel guardare la figura mostruosa
accucciata sul pavimento di assi di legno graffiate.
E non erano le orrende fattezze di Remus a disgustarlo, ma le azioni di cui si era macchiato.
Il lupo, come se avesse intuito i suoi pensieri, infilò il muso sotto una zampa, evitando il suo sguardo.
Dei passi lungo il tunnel del Platano Picchiatore annunciarono l’arrivo di due persone.
La porta della Stamberga Strillante si aprì all’improvviso
e da sotto il mantello dell’invisibilità sbucarono due
ragazzini. Erano Harry e Neville.
Entrambi sussultarono nel vedere il lupo mannaro.
“Non preoccupatevi, è Remus,” li
tranquillizzò Sirius, aggiungendo subito dopo. “Che diavolo ci
fate, qui?”
“Non siamo scappati dalla battaglia!” si difese subito
Harry, con enfasi. Assomigliava così tanto a suo padre,
pensò Sirius con infinito orgoglio.
“Neville ha sentito dire da papà che tu di sicuro avevi
portato Remus qui,” Harry indicò l’amico più
grande. “E voleva sapere da lui se il signor Tonks stava
bene.”
Il ragazzino paffuto strusciò per terra un piede. “La
nonna mi ha detto tutto… ma io…” sospirò, a
disagio. “Ecco… io credo che voi vi sbagliate, non
può essere Ted la spia, lui mi vuole bene!”
Sirius era dispiaciuto per Neville, per una volta che qualcuno aveva
mostrato nei suoi confronti un briciolo d'interesse, si vedeva
sbattere in faccia che la natura di tale comportamento esulava dalla sua
persona. E non poteva essere altrimenti, purtroppo Neville era un
ragazzino simpatico, ma mediocre. Era un mistero come fosse riuscito a
sconfiggere Voldemort.
Il ragazzo ebbe un inaspettato moto di ribellione
“Lui mi vuole bene veramente per quello che sono! Dice che gli
ricordo sua figlia, me l’ha detto tante volte…” la
voce di Neville scemò in un singhiozzo disperato.
Sirius fece per ribattere, ma non gliene fu dato il tempo: Remus con un balzo saltò sul petto di Neville, atterrandolo.
“Ma che diavolo… Remus!”
La risata aspra di una donna li raggiunse.
E Sirius la vide: era Bellatrix, accompagnata da una donna che non
aveva mai visto prima, anche se il suo aspetto gli era vagamente
famigliare.
“Bene, bene. Ciao, cuginetto. L’ho sempre saputo da che
parti stavi, cosa credevi? Anche l’Oscuro Signore ha sempre avuto
dubbi, e alla fine si è convinto definitivamente. Era tutto
programmato, non l’hai ancora capito?” Bellatrix si lasciò
sfuggire un’altra risata, fredda e tagliente.
La donna al suo fianco incalzò il mannaro: “Avanti, cosa
aspetti, bestia? Uccidi il ragazzo e poi finisci Black. Prima gli
affari dell’Oscuro Signore, poi la mia vendetta personale, il
premio che mi spetta per i miei servigi. Mesi e mesi a servizio della
vecchia, insopportabile, signora Paciock. Il dover rimettere mano ai
testi che mio figlio tanto amava, per preparare la Pozione
Polisucco… essere così vicina alla bestia che me lo ha
ammazzato da poter notare una cosa utile
come le imbarazzanti ciocche di capelli rosa sulla sua
nuca,” le sfuggì un ghigno spaventoso, che le
morì dopo pochi secondi sulle labbra. “La bestia era alla
mia mercé, nella sua debole forma umana! Sono stata obbligata a soccorrerla!”
sputò a terra, scostandosi i capelli flosci dagli occhi, in un
gesto untuoso di profondo disgusto. “Chi ha ucciso mio figlio
morirà qui, stanotte, dove il suo sangue è stato
versato!”
Il suo sguardo era folle, e il naso, i capelli, il pallore… “mio figlio”.
Era la madre di Mocciosus! A servizio della signora Paciock? Ma allora…
“Era tutto programmato, non l’hai capito?”
Dannazione! L’infermiera della nonna di Neville! Quella frase su
Ted era stata gettata lì apposta, a uso e consumo di Remus!
Bellatrix sorrise sorniona. “Prima Sirius e poi… anche lui
pagherà! Abbi solo un po’ di pazienza, Eileen,” si
avvicinò a Remus, piegandosi su di lui. “Fallo,
ora!…” sussurrò al suo orecchio, una mano tesa a
tirargli la pelliccia all’altezza del collo, come per dargli la
spinta necessaria ad agire.
“Fallo, ora!… Dopo ti
sentirai meglio, assicurato!” si sentì ordinare Remus,
solo un sussurro all’orecchio, ma detto con il tono di chi sta
dando un ordine perentorio. Una mano gli stringeva la pelliccia sul
garrese, ed era tutto sbagliato e assurdo. Guaì, iniziando a
sussultare: “Non posso.”
Sirius e Harry attaccarono assieme, ma le due donne avevano già la bacchetta puntata e furono più leste di loro.
Le zanne del mannaro affondarono nel corpo del ragazzo.
Remus vent’anni prima aveva ucciso un quindicenne a causa di Sirius, in
quello stesso punto. Un altro quindicenne stava agonizzando sotto le
sue zanne, ora, davanti a lui.
A Sirius non era stato permesso di vedere il cadavere di Mocc…
di Severus, dopo… Ma James, furioso per quello che aveva combinato,
gli aveva descritto tutta la scena nei minimi particolari, e ora
risentiva le sue parole nella testa mentre assisteva impotente allo
scempio, e l’immagine del corpo di Neville e quella di Severus si
sovrapossero, divenendo indistinguibili ai suoi occhi.
“Per Dio, cosa ho fatto…” gemette Sirius. “Remus!”
Si gettò disarmato sul lupo mannaro, tempestandolo di pugni. Il
mostro lo gettò via con un gesto di stizza, come fosse stato un
moscerino fastidioso.
Sirius mutò allora nel grosso cane nero, e lo attaccò
nuovamente. Lottavano davanti alle due donne, una che rideva divertita,
l’altra persa in un gelido contegno. Harry cercò
più volte di dargli man forte, ma lui fece in modo di
allontanarlo definitivamente con un violento spintone. Nessun altro
bambino sarebbe morto a causa sua.
Mentre il mannaro - Remus! - cercava di azzannarlo alla gola, gli occhi grigi di Sirius caddero sul corpo riverso a terra di Neville. Gli occhi
erano vitrei, i vestiti zuppi di sangue.
Ogni speranza era perduta.
Ancora sdraiato sulla moquette
consunta della squallida stanza dell'albergo dove lui, Tonks e i
genitori di lei avevano trovato rifugio dopo la fuga, Remus ubbidì al
suo istinto e affondò le zanne nel proprio braccio.
Sperava così di spaventare Tonks tanto da spingerla ad allontanarsi da lui, a mollare la presa.
La donna lasciò il ciuffo di
peli che stringeva nel pugno, prendendogli il muso con entrambi le mani
e attirandolo verso di lei con rabbia, per poi gettargli le braccia
attorno al collo, stringendolo con forza.
“Non ti permetterò mai
più di farti del male,” singhiozzò. “E’
ora che la smetti di farti del male.”
Remus rabbrividì, cercando debolmente di sottrarsi alla sua stretta.
“No,” gli sussurrò
Tonks, con dolcezza infinita. “Sono qui con te, lo senti?”
lo strinse ancora più forte, in un abbraccio appassionato.
“Sono qui, Remus, sono qui con te.”
“Fallo, ora!” gli aveva
ordinato. Ma Remus non era in grado di piangere, né di sfogare la
sua sofferenza in altro modo. Ma poteva amare. Era sbagliato, ma poteva
amarla.
E per questo l’avrebbe
lasciata. Tonks non avrebbe capito, ma lui intendeva solo proteggerla.
Non avrebbe capito, e l’avrebbe maledetto e odiato per le sue
azioni…
La luna infine tramontò, e mentre il sole nascente gettava
macchie di luce rossastra sul corpo senza vita di Neville Paciock, il
mannaro che l’aveva ucciso riprese le sue sembianze umane.
E Sirius, chino sul ragazzo, malgrado le lacrime di disperazione che ancora gli rigavano il volto, sorrise.
Spero di essere riuscita nell’effetto sorpresa anche con questo capitolo!
Nell'epilogo spiegherò tutte le questioni in sospeso ^^
Ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato una recensione:
Debby93
Ciao, grazie per aver aggiunto la
storia ai Preferiti e per la recensione. Sono felice che hai trovato la
mia fic avvincente ^^
Lupinuccia
Grazie mille ^^
Moony3
Mi piace spiazzare i lettori ^^
Per la scenetta (poco) romantica,
avrei potuto scrivere la solita scena dove tutto va alla
perfezione, trita e ritrita, ma ho preferito puntare sul realismo
nudo e crudo. E non sai quanto mi fa felice sapere che hai trovato
Remus IC, perchè anche io ce lo vedo proprio a comportarsi
così, d'altronde non sono una che idealizza i proprio personaggi
preferiti, anzi, li amo prima di tutto per i loro difetti.
"Sono in buona compagnia, del resto!^^"
XD mi hai fatto morire!!! Sì,
ottima compagnia. Beh, avevo gettato qua e la molti indizi con lo scopo
di incolpare Ted, che poi, alla fine... beh, nell'epilogo
spiegherò tutto quello che ancora non è chiaro.
Fennec
Ciao ^^
lo scopo era proprio quello di
spiazzare, sono mooolto felice di esserci riuscita. Spero che
anche questo capitolo riesca a sorprenderti.
Thiliol
Ben tornata! Caspita, ti sei letta tutto in due giorni? Su Ted, che dire… hai ragione ^^, infatti…
-Piccolo OT: però… anche Piton è un Mezzosangue
(suo padre è addirittura un Babbano senza poteri magici) eppure
era una delle persone più vicine a Voldemort… che tra
l’altro è lui stesso un Mezzosangue (viva la coerenza!!)-
No, Remus non ha perdonato Sirius,
non completamente, almeno. Ma non puo’ stare sempre a tenergli il
muso, non sarebbe da lui. In fondo gli vuole ancora bene,
malgrado tutto.
James non se la prende con Sirius, certo non è felice che lui dica a Remus dove è Ted ;-)
Beh, sì, l’unica cosa certa è quella: Remus e Tonks si amano ^^
Ringrazio anche i (tanti) lettori
silenziosi. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, se vi va
fatemi sapere se la mia storia vi è piaciuta (o vi ha fatto
schifo) è un grosso stimolo a continuare a scrivere, e un aiuto a migliorarsi ^^
Ciao, ciao
Fri
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Alla fine del tunnel-epilogo
“E quando vide il proprio
muso riflesso nei suoi occhi, gli occhi di Tonks! Il terrore e il senso
di colpa lo schiacciarono. La consapevolezza che avrebbe ucciso di
nuovo gli paralizzò il cuore.”
Ma Remus non aveva ucciso. Non aveva tolto la vita a Tonks quella notte
di due anni prima, trascorsa davanti a uno specchio in una sudicia camera
d’albergo a nascondersi dai propri amici, né
l’avrebbe fatto in seguito.
La paura di farle del male si ripresentava puntualmente a ogni luna
piena, ma Remus aveva totale fiducia in sua moglie. Tonks sapeva come gestirlo
meglio di chiunque altro, con o senza Pozione Antilupo,
perché lei era una donna speciale. La sua donna speciale.
E mentre Remus combatteva accanto a Sirius, James e Peter, il suo tesoro che,
poco più in là, atterrava un Mangiamorte con la destrezza
e l'entusiasmo di un abile Auror, la sua mente tornò alla notte
in cui Neville era morto.
Una volta sorto il sole, malgrado fosse ancora prostrato
dall’angoscia della notte passata a fare i conti con il suo
passato, lui e Tonks non aveva più resistito. Anche se sapevano
bene di rischiare di essere attaccati sia dall’Ordine della
Fenice che dai Mangiamorte, si erano Materializzati vicino a Hogwarts,
incapaci di rimanere un solo minuto di più nascosti, a lasciare
che quelli che erano stati i loro amici combattessero anche per loro.
Condividevano ancora gli stessi ideali, quegli ideali che sentivano
così forti in loro da essere pronti a dare la vita per essi.
Non sapevano nulla della piega tragica presa dalla battaglia, quando
erano giunti trafelati al castello c’era una folla di persone -
professori, studenti – che marciava in un lugubre corteo verso la
Stamberga Strillante.
A spintoni si erano fatti largo e Remus, sulla soglia della baracca
dove aveva ucciso Severus, si era dovuto fermare. Aveva preso a sudare
freddo, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa, nel trovarsi di nuovo
in quel posto maledetto.
Aveva fatto appena a tempo a scorgere, pieno di orrore e sconcerto, il
corpo senza vita di Neville Paciock, prima che Sirius gli saltasse
addosso facendogli perdere l’equilibrio.
Felpato lo aveva abbracciato forte e, cosa incredibile, stava piangendo! Mai aveva visto Sirius lasciarsi andare a quel modo.
“Grazie al Cielo il mannaro non eri tu! Stavolta… stavolta
non sei stato tu!” gli aveva urlato l'amico, la voce volutamente
altissima, per evitare che gli tremasse.
Remus non aveva capito. Sentiva Tonks singhiozzare disperatamente aggrappata al suo braccio e lui, pur sentendosi
stanchissimo, la sosteneva, lasciandosi sorreggere a sua volta da
Sirius, che non accennava a lasciarlo andare.
Felpato, ripreso in parte il controllo, gli aveva sussurrato
all’orecchio: “Ora so cosa ho fatto a Severus… mi
rendo conto dell’orrore delle mie azioni. Era solo un
ragazzino… un ragazzino come...” aveva lasciato la frase
in sospeso, gettando uno sguardo addolorato verso Neville.
Remus aveva ricacciato in fondo alla gola la disperazione che cercava
di sopraffarlo, riuscendo a scacciare per un secondo la consapevolezza
della morte del ragazzo.
“Sirius…” aveva mormorato, ricambiando con calore il suo abbraccio. “Amico mio…”
Aveva pianto a lungo la perdita di Neville, sorretto in parte dalla
consapevolezza di aver ritrovato un amico, e ora… ora
stavano di nuovo combattendo.
Sirius lanciò uno Schiantesimo, abbattendo un Mangiamorte. Erano
passati due anni da quando Bellatrix Lestrange e Eileen Piton lo
avevano definitivamente smascherato, nella Stamberga Strillante. Erano
stati tutti così stupidi da non capire che l’infermiera
della signora Paciock era in realtà la madre di Severus, che
grazie alla Pozione Polisucco aveva acquisito l’identità
di una collega Babbana del marito infermiere.
La donna si era mostrata estremamente cauta e intelligente, aveva
saputo sfruttare a suo favore una cosa trascurabile come le ciocche
rosa nei capelli di Remus, utilizzandole per progettare un piano
ingegnoso. Sapeva bene che non sarebbero stati in grado di distinguere
Remus in forma di mannaro da un qualunque altro essere della sua
specie.
E così era stato… una volta visti i peli rosa sulla nuca
di uno dei licantropi al servizio di Voldemort erano capitolati subito:
quello doveva essere Remus!
Se poi avessero deciso di catturarlo per punirlo del tradimento, o per
cercare di farlo ragionare, a Eileen poco importava: una volta introdotto
nella cerchia dei membri dell’Ordine, l’occasione di
trovarsi accanto al Prescelto sarebbe stata molto elevata. Anche Neville era
là, a combattere tra di loro.
E tutto era andato secondo i suoi piani.
Remus diede un involontario spintone a Sirius, mentre schivava uno
Schiantesimo. Gli sorrise a mo’ di scusa, arruffandosi i capelli
che Tonks aveva provveduto a restituire integralmente al loro colore
originale.
Sirius ancora ricordava il sollievo che aveva provato, uno sprazzo di
luce nel buio soffocante della disperazione, quando la luna piena era
tramontata e Greyback aveva ripreso le sue sembianze: la bocca lordata
dal sangue ancora caldo di Neville e tra i capelli grigi e sporchi
delle ciocche di un vivido rosa cicca.
L’intervento a tragedia avvenuta degli altri membri
dell’Ordine aveva avuto il solo effetto di far fuggire Bellatrix
e Eileen, che non si erano curate minimamente della sorte del mannaro
il quale, prostrato dalla trasformazione appena subita, era stato
facilmente catturato.
La morte di Neville aveva gettato tutti nella disperazione, persino
Silente si era mostrato per lungo tempo profondamente abbattuto.
Il Prescelto non c’era più, ma loro avevano scelto di
continuare a lottare, come stavano facendo anche in quel momento.
La battaglia era quasi vinta, ma non la guerra.
E da poche settimane, Sirius e Remus avevano due ulteriori buonissime ragioni per continuare a combattere.
La ragazza della foto, il suo splendido amore, lo aveva aspettato. E
Remus, dopo aver accantonato a fatica dolorosi sensi di colpa, dopo
tanti problemi a suo dire insormontabili e lacrime da parte di Tonks,
aveva ceduto ai propri sentimenti, sposandola.
A casa, Remus e Sirius avevano ora due bei maschietti, nati a pochi
giorni di distanza l’uno dall’altro, che li aspettavano.
Due ottime ragioni per continuare a combattere.
Una nuova, meravigliosa speranza.
Eccomi arrivata alla fine di questa storia. Mi scuso se il capitolo
scorso è stato poco chiaro… se vi va, provate a rileggere
solo le parti in corsivo: i pensieri di Remus. Malgrado abbia fatto in
modo di farli coincidere con quello che succede nella Stamberga
Strillante e le azioni di Greyback, non ho mai scritto che Remus si
trovasse lì, anzi, ho specificato che era sdraiato davanti a uno
specchio, con Tonks, in una camera d’albergo.
Mi piaceva l’idea di finire la
storia così come l’avevo iniziata, con Remus e Sirius che
sembravano stare dalla parte dei Mangiamorte.
Se ci fosse ancora qualcosa di poco
chiaro che non ho spiegato (probabile… non sono una scrittrice e
forse mi sono confrontata con una trama troppo complessa per le mie
capacità…) chiedete pure ;-)
Grazie mille a chi mi ha lasciato una recensione:
Moony3
Sono contenta che approvi la scelta di Eileen, come spia dei Mangiamorte ^^
Neville, e mi è dispiaciuto
tantissimo farlo morire (è uno dei miei personaggi preferiti!)
non ha colpa della morte di Severus, nessuna sorpresa in questo senso
;-)
Remus è un lupo mannaro moderno, con le ciocche rosa... ^^
“Adoro i libri gialli, ma tendo
regolarmente a convincermi che il colpevole sia senza ombra di dubbio
il personaggio che verrà ucciso alla pagina successiva... ”
XD!! Io una volta ero bravissima a
capire chi era “l’assassino” parecchio prima che
venisse svelato, dopo aver letto due libri dello stesso autore era
fatta, nei suoi libri successivi capivo tutto con pagine
d’anticipo. Ma non con la Rowling. E’ riuscita a
sorprendermi fino alla fine del settimo libro, con i ricordi di
Piton...
Thiliol
Infatti avevi indovinato, non era Ted il traditore ^^
Remus non ha ucciso nessuno,
povero... non gli avrei mai fatto uccidere nessun altro, l’avevo
già maltrattato fin troppo.
Ormai lo sai ma, beh, Remus non si
era mai mosso dalla stanza d’albergo dove ha passato la notte di
luna piena con Tonks, non si sarebbe mai schierato contro
l’Ordine ;-)
Fennec
Remus non ha ucciso nessuno ^^,
Sirius, tramontata la luna, sorride perchè vede il lupo mannaro
tornare a essere Greyback. Forse avrei dovuto scriverlo nel cap
precedente.
Remus e Sirius non sono affatto passati al lato oscuro, spero che il finale ti soddisfi in questo senso ^^
Grazie mille per avermi seguita anche in questa fic.
Ringrazio tutti quelli che hanno
seguito la mia fic, chi l’ha messa nei preferiti/seguite, chi ha
letto in silenzio e soprattutto chi ha recensito ^^
Grazie mille!
Fri
|
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