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di ladykiwi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** The testament. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Per tutta la vita avevo vissuto nella più perfetta bambagia. Avevamo tutto: una villetta in campagna per l'estate con tanto di piscina, una città l'inverno, e un'altra ancora al mare, dove andavamo quando mamma e papà avevano le ferie per quelle poche settimane l'anno. Quella al mare era la nostra preferita: c'era un albero nel giardino, era l'albero più robusto di tutti; Appena arrivavamo papà ci appendeva sempre un'altalena, poi a turno facevamo a gara a chi riusciva ad arrivare più in alto. Vincevo sempre io.

La mamma invece ci riempiva sempre di protezione solare quando scendevamo sulla spiaggetta privata annessa con un piccolo sentiero. Ricordo che facevamo sempre a gara a chi arrivava prima. Anche qui, vincevo sempre io.

I miei fratellini mi accusavano sempre di barare, perché ero più grande, perché avevo le gambe più lunghe quindi era logico correre più veloce con quelle.

Mamma e papà ridevano di gusto quando Charlie e Drew avanzavano queste teorie, trovandole assurde tanto quanto me.

Quel giorno, ci avevo appena litigato con i miei fratelli.

Avevo quindici anni, loro ne avevano appena compiuti nove.

Ero arrabbiata con loro per l'ennesimo scherzo idiota che mi avevano fatto, attaccarmi un chewingum alla fragola nei capelli. Ero allergica alle fragole, allora credevano che una semplice gomma da masticare mi avrebbe mandato in choc anafilattico e uccisa. Il giorno prima avevo fatto la spia, secondo loro, avevo detto a mamma e papà che avevano cercato di cavalcare il povero Billy, il vecchio labrador che a malapena si reggeva sulle sue zampe. Subito mamma e papà gli avevano messi in castigo. Quindi avevano unito le loro forze, come solo i gemelli sapevano fare, e si erano coalizzati contro di me.

Ricordo ancora che ero in bagno a disperarmi mentre la governante/tata Emma, cercava invano di togliermi il chewingum dai capelli, ma era inutile, andavano tagliati.

Ricordo ancora il telefono che suonava ininterrottamente, disperato anche lui, ma nessuno li dava conto. Tutti erano impegnati. I gemelli a giocare ed io ed Emma a sistemare il disastro provocato dai miei fratelli.

Mamma e papà sarebbero rincasati a minuti, probabilmente avrebbero risposto loro una volta arrivati.

Passarono i minuti, poi le ore. Il telefono aveva smesso di squillare, di mamma e papà ancora nessuna traccia.

Eravamo riuscite a mettere i gemelli a letto, ma io non riuscivo proprio a stare tranquilla. Alla fine Emma ci aveva rinunciato a mandarmici, e mi aveva permesso di aspettare i miei genitori insieme a lei, sedute sul divano bianco dell'enorme salotto.

Quella lì era la mia stanza preferita. Amavo le serate cinema passate in famiglia, anche se molto spesso eravamo tutti costretti a guardare cartoni per tenere buoni Charlie e Drew, passare del tempo tutti insieme, tutti stretti tra le braccia protettive di mamma e papà... io non conoscevo gioia più grande.

Quando suonò il campanello, io e Emma balziammo in piedi spaventate e ci affrettiammo verso la porta.

Quando aprimmo, troviammo un agente della polizia con una faccia scura da chi ha avuto l'ingrato compito di annunciare una brutta notizia a qualcuno.

-Buonasera.- esordì togliendosi il cappello.- mi rincresce informarvi che...- cercò le parole più appropriate, poi capì che parole appropriate, in queste situazioni non esistevano. Quindi continuò sicuro – mr e mrs Adams questa sera hanno avuto un'incidente, la loro auto è sbandata ed è finita in un canale. Mi dispiace. Non c'è l'hanno fatta.-

-C-come?.- Emma al mio fianco era diventata bianca come un lenzuolo.

Io invece non riuscivo a muovere un muscolo, "se mi muovo, vado a pezzi", pensava.

-È successo qualche ora fa...- iniziò poi a snocciolare i dettagli il poliziotto.

Ma io non capivo niente, non sentivo niente, solo il vuoto. Poi, improvvisamente, arrivò. Il dolore. E con lui arrivò anche la consapevolezza che i miei genitori erano morti.

Sentivo urlare qualcuno da lontano, ci impiegai un po' a capire che ero io, quella stava urlando. Stavo andando a pezzi, mi stavo rompendo.

Ed era tutto troppo doloroso, troppo intenso, troppo vivo.

Ed era tutto buio.

 

ANGOLO AUTRICE

Lo so, non sto bene. Scrivere due storie contemporaneamente, non so se ne sarò in grado, ma farò del mio meglio.

"I DO" mi è venuta in mente così, all'improvviso, e dovevo per forza di cose darle una possibilità e scriverla.

Fatemi sapere che ne pensate, nel mentre passate pure a dare un'occhiata all'altra mia storia "like a bolt from the blue", che trovate sul mio profilo.

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All the love, ladykiwi.

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Capitolo 2
*** The testament. ***


-Tesoro è la mamma. – sento la voce di mia madre carica di tristezza e paura. – scusaci, non lo so se questa sera riusciremo a tornare a casa... Vi ho anche promesso che vi avrei cucinato la pizza. Scusatemi, davvero. – inizia a piangere. – Lo so che è un po' troppo da chiederti, hai solo quindici anni, ma temo di non poter fare diversamente. Puoi prenderti cura dei tuoi fratelli? Lo so che ti fanno ammattire, ma sono la tua famiglia, non li abbandonare, ok? Vi vogliamo un mondo di bene. Io e papà, io e papà...- cerca di dire, ma non riesce più parlare perché è scossa dai singhiozzi disperati. –Ella. – la voce di mio padre mi arriva triste e rassegnata. – sono papà. Prenditi cura di Charlie e Drew, ok? Restate uniti. Mamma e papà hanno fatto la cosa giusta, come vi abbiamo sempre insegnato a fare. La scelta giusta. Può non sembrare quella più facile, ma è sempre quella che devi perseguire. Non credere a quello che diranno di noi, tu e i tuoi fratelli ci conoscete, sapete chi siamo. Non metterlo mai in dubbio, ok? C'è una persona da cui dovete stare attenti, devi proteggere te e i tuoi fratelli a tutti i costi. Presto o tardi cercherà di...- cerca di dirmi, ma un boato interrompe la frase a metà. L'ultima cosa che sento è l'urlo disperato di mia madre. Poi il nulla. Il messaggio finisce così. Sospiro e poggio il telefono sulla scrivania. Sono passati sei anni da quel maledetto giorno. Ogni anno, il giorno del mio compleanno, riascolto le ultime parole dei miei genitori, principalmente per non dimenticare la loro voce, ma anche per cercare di capire il perché. Dopo il loro incidente, la polizia ha aperto un'indagine scoprendo così che la loro macchina non ha sbandato come si credeva all'inizio, ma è stata spinta fuori dalla carreggiata da un'altra macchina, e che gli avevano anche manomesso la vettura danneggiando i freni. Un omicidio vero e proprio. Chi fosse stato? Ancora oggi era un mistero per tutti. L'ultimo messaggio che i suoi genitori le avevano inviato era l'unico indizio che la polizia possedeva, ma purtroppo suo padre non era riuscito a finirlo, era morto prima. Molte cose erano cambiate nel frattempo. Dopo la morte dei suoi genitori, molti dei nostri parenti si sono avanti per prendere con sé i "poveri orfanelli", ma la verità è che volevano tutti la loro fortuna lasciata in eredità. Credevano che, diventando un nostro tutore, avrebbero avuto il permesso di metterci le mani sopra, ma è stata una grande bella batosta per tutti quando hanno scoperto che i loro soldi erano praticamente sottochiave. Nessuno, praticamente nessuno, aveva il permesso di toccarli. I nostri genitori erano stati furbi e stranamente previdenti sulla questione. L'unico accesso ce l'avrei io complimento dei miei ventun anni di età. Una volta spariti i soldi, sono spariti anche tutti i parenti generosi. Solo zia Elouise, la sorella di mia madre Rachel, ci accolse sinceramente in casa. Questi pensieri non ti portano da nessuna parte. Mi dico da sola. Era sempre così quando ascoltavo questo messaggio. Mi riportava indietro nel tempo, a quando ero giovane e felice. Sospiro e mi alzo dal letto. Oggi dovevo andare a Londra, quel giorno era finalmente arrivato. Quando scendo in cucina, trovo i miei fratelli seduti stretti a mangiare sul piccolo tavolino all'angolo. Mia zia invece stava lavando i piatti. -Buongiorno.- saluto tutti. Charlie e Drew mi rispondono con un cenno del capo, è incredibile quanto sono cresciuti. Ora hanno quindici anni e ogni giorno che passa assomigliano sempre di più a papà. Stessi capelli biondi, stessi occhi verdi, lineamenti del viso.... Erano solo un po' più bassi, ma dovevano ancora crescere. -Buongiorno tesoro.- mia zia mi regala subito uno di quei suoi sorrisi sinceri che mi facevano sempre scaldare il cuore.- cosa vuoi per colazione?.- -Soltanto un po' di cereali, grazie.- mi siedo vicino ai miei fratelli e divoro la mia colazione. -Come va a scuola?.- chiedo ai gemelli. -Va.- risponde atono Drew. Infastidito dalla mia domanda I rapporti tra noi si erano freddati, e anche molto. A malapena mi parlavano. Non sono mai riuscita a capire il perché, ma alla fine ho deciso di rispettare i loro tempi e aspettarli. Per ora mi bastava sapere che c'erano l'uno per l'altro. Non mi serviva comunque il loro permesso per proteggerli e prendermi cura di loro. E da oggi, sarebbero stata una mia responsabilità a tutti gli effetti. -Buon compleanno tesoro.- mi sorprende mia zia, posandomi un bacio sulla fronte e mettendomi davanti un cupcake con una piccola candela rossa al centro. –Esprimi un desiderio.- Desidero che tutto si risolva nel migliore dei modi. Che i miei fratelli stiano bene. Che mia zia sia felice. -Grazie zia.- la ringrazio con le lacrime agli occhi. – grazie di tutto quello che hai fatto per noi in tutti questi anni... Senza di te non so dove noi...- -Shhhh.- mi interrompe dolcemente mia zia. – per me è stato un onore potervi accogliere nella mia umile casa. Il mio uno rimpianto è il non avervi potuto dare tutto ciò che meritate.- ci guarda tutti con gli occhi lucidi e un sorriso triste. -Zia, tu ci hai dato tutto.- la incoraggia Charlie. Drew annuisce convintissimo. Mi alzo e la abbraccio forte. Questa donna è la mia seconda madre. -Su, spegni la candelina.- prendo un bel respiro e soffio. -Quindi? Qual è il piano?.- mi chiede mia zia mentre sparecchiamo. Charlie e Drew sono appena usciti per andare a scuola, a circa un isolato di distanza. -Nel tardo pomeriggio ho appuntamento con il notaio a Londra. Nel mentre posso farmi un turno da Cindy's. - -Ma non ne hai più bisogno!.- -Lo so zia, ma non li posso mollare così. Cindy mi ha chiesto di restare un paio di settimane per poter trovare una sostituita... - spiego. Guardo l'orologio e sussulto. – Ma è tardissimo! – urlo. Spaventata, mia zia volge lo sguardo alle lancette e sobbalza. – Oddio!.- strilla. In fretta e in furia, prendiamo il cappotto, la borsa e usciamo velocemente di casa. -Buon lavoro!.- sorrido a mia zia. -Buon lavoro tesoro! Chiamami quando parti e quando arrivi!.- si raccomanda preoccupata lei. Poi ognuno prende la sua strada. Io vado a destra e lei a sinistra. Erano tre anni circa che avevo iniziato a lavorare: non ce la facevo più a vedere mia zia spaccarsi la schiena con doppi turni e secondi lavori. Ho tentato di iniziare anche prima, ma mia zia si rifiutava sempre categoricamente. "Tu studia. Ai soldi ci penso io." Ripeteva sempre. Quando alla fine mi sono diplomata, non ho voluto sentire ragioni. Ho subito iniziato a darmi da fare dicendoli che avrei pensato al college e alla laurea ricevuta l'eredità. Lei e i miei fratelli erano più importanti. Quando arrivo da Cindy's, trovo il locale pieno. Felixstowe era un piccolo paesino a due ore e mezzo circa da Londra. Non era un granché in fatto di mondanità, quindi quei quattro locali che c'erano erano sempre pieni. -Ella!.- mi chiama disperata Ronnie appena varcata la porta d'ingresso -ti prego aiutami!.- -Arrivo!.- Le lancio un sorriso rassicuratore e corro sul retro a cambiarmi. Una volta indossata l'uniforme, faccio un profondo respiro e mi appresto a un turno lungo e massacrante. -È già ora?.- chiede incredula Cindy. Il tempo era passato velocemente e il mio treno partiva esattamente tra trentuno minuti, se volevo prenderlo, dovevo andarmene subito. Annuisco. –Scusami se oggi stacco così presto...- -Non ti preoccupare. Scusami tu se ti sto chiedendo un favore così grande come questo. Dammi un'altra settimana e....- La interrompo dandoli un bacio sulla guancia – mi piace lavorare qui, stai tranquilla, davvero.- la saluto per poi incamminarmi verso l'uscita. A Felixstowe non c'è una stazione treni, quindi, quando arrivo alla fermata del bus, la trovo abbastanza affollata, quasi tutti cercavano di scappare da qui. Durante il tragitto che mi porta verso il mio futuro, mi rendo conto di quanto non vedessi l'ora che questo momento arrivasse: il momento in cui tiravo i miei fratelli e mia zia fuori dalla miseria e gli davo tutto ciò che si meritavano. Avevo le palpitazioni, finalmente sarei potuta andare al college, laurearmi e poter finalmente prendere le redini dell'azienda di famiglia, ora gestita da un CEO in attesa del mio arrivo. Non conoscevo chi facesse il mio lavoro in attesa del mio arrivo, sapevo solo che era un uomo abbastanza giovane e che fino ad ora aveva fatto il suo lavoro egregiamente. La nostra azienda, già una multinazionale, era arrivata anche in oriente grazie a lui. Ma io non vedevo l'ora di fregarli il posto. Avevo già deciso di concludere tre anni universitari in uno. Non so come avrei fatto, ma la Adams Inc. mi aspettava. Londra era piovosa ed affollata come sempre. I suoi iconici autobus rossi schizzano da una parte all'altra della città senza sosta, i suoi abitanti camminano come tante formiche presi dalle loro faccende e io rimango incantata a guardare tutto questo. Erano sei anni che non mettevo piede a Londra. Prima vivevamo tutti qui, in una villetta a Nottingham, dove potevi sentire tutto il giorno il rumore incessante di una città che non dorme mai. Le mie amiche dell'accademia erano molto invidiose di casa mia, dicevano che era diversa da tutte le altre. Ancora non capivo cosa intendessero per "diversa", ma per me era solo casa, non si ero mai fermata a vedere la bellezza dell'edificio, o il prestigio del quartiere, per me era solo un luogo sicuro che profumava di famiglia. Da sei anni ormai era chiusa a chiave a abbandonata. Da tempo mi sono ripromessa che la prima cosa che avrei fatto dopo la lettura del testamento era di ritornare a viverci con la mia nuova famiglia. Lo studio di mr. Lively era come sempre pulito ordinato. Era rimasto in tramutato nel tempo, l'unica cosa ad essere diversa era la lampada. Ricordo quando tempo prima ci misi piede per la prima volta, accompagnata dalla mano rassicurante di mia zia, e mi disse che non avevo praticamente niente: che dovevo aspettare fino a questo giorno e che fino a oggi avremmo dovuto cavarcela da soli. Mia zia non si era persa un secondo d'animo, io invece avevo perso praticamente tutto. Come avremmo fatto? Ma per fortuna c'era zia Elouise, c'è sempre stata. È da mezzora che sono seduta su questo scomodo divano ad aspettare di essere ricevuta, e sto seriamente iniziando a stancarmi. Avrei potuto tranquillamente fare un altro turno da Cindy's. I soldi extra non si rifiutavano mai, specie quando avevi ancora due bollette da pagare. All'improvviso entra nella sala d'attesa un uomo decisamente affascinante, una folta chioma castana, sistemata a dovere con un po' di brillantina e due occhi scuri decisamente affascinanti gli incorniciano il volto dai tratti delicati. Indossa un elegante completo blu scuro, con tanto di cravatta intonata. Rimango stupita a fissarlo: a Felixstowe non c'erano decisamente tipi come lui. Era la prima volta che mi capitava di vedere un tipo così interessante. Con la camminata sinuosa di un gatto, si siede sulla poltrona accanto alla mia e incrocia elegantemente le gambe. Dopo mi lancia uno sguardo di sfuggita e inizia poi a guardare insistentemente la porta. Aspettando come me che si apra. Dopo altri dieci minuti passati nel silenzio più assoluto, finalmente la figura torchiata e allampanata di mr. Lively fa capolino della porta. -Miss. Adams, prego entri pure.- mi apre la porta invitandomi ad entrare. Lo sconosciuto, mi scocca uno sguardo di sufficienza mentre mi alzo in piedi recuperando la borsa. Mentre entro, mr. Lilevy sorride mesto all'estraneo mentre chiude la porta e torna al suo posto dietro la scrivania. -Allora.- esordisce – Ella, come stai? E i tuoi fratelli?.- -Bene, stiamo tutti bene. Vogliamo solo che questa storia finisca, e dopo oggi lo sarà.- Mr. Lively deglutisce improvvisamente imbarazzato e inizia a sistemare dei documenti sulla sua scrivania già perfettamente in ordine. -Qui-Quindi.- balbetta. –Iniziamo. - ANGOLO AUTRICE Salve a tutti, spero sinceramente che questa storia vi piaccia. Follow me on instagram ---> @ladykiwi _ All the love, ladykiwi.

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