L'Altra Ragazza: Ascesa di una super cattiva

di _Mer_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** DRACO MALFOY ***
Capitolo 3: *** AMELIA ZABINI ***
Capitolo 4: *** ROSE WEASLEY ***
Capitolo 5: *** ALBUS POTTER ***
Capitolo 6: *** BRIDGET MILLER ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

C’è sempre un’Altra Ragazza. Questo è quello che ho imparato da tutti i libri che ho letto, ed è anche quello che ho capito osservando le persone intorno a me.

In ogni storia c’è sempre quell’odiatissima persona (generalmente femmina ma in alcuni casi anche maschio) che a un certo punto si intromette nella relazione dei due protagonisti; finisce con il mettersi insieme a uno dei due; ci rimane per un arco di tempo variabile nel quale viene disprezzata da tutti finché il suo amato capisce di essere innamorato di qualcun altro (la protagonista) e così viene lasciata.

I libri non dicono nient’altro su l’Altra, te la fanno odiare finché intralcia l’amore delle due anime gemelle e poi te la fanno dimenticare, non appena il suo ruolo diventa inutile e passato per la storia. Non c’è scritto niente riguardo il dolore nel sentirsi abbandonata e odiata, non viene detto niente riguardo quel suo amore non corrisposto.

Devo ammettere che anche io ho spesso e volentieri disprezzato, insultato e infangato il nome di tutte le Altre Ragazze delle quali mi capitava di leggere ma mai e poi mai avrei pensato che potessi un giorno diventare una di loro.

 

Rose Weasley e Scorpius Malfoy, i due acerrimi nemici dalla nascita, i due sfortunati innamorati, i due Romeo e Giulietta di Londra. Un amore tra di loro sarebbe stato talmente romanzabile da non poter esistere nella realtà. Un paradosso, ecco cosa sarebbe stato. E questo è quello che pensavano tutti, o almeno quello che io credevo pensassero tutti.

Certo, quando Scorpius Malfoy si sedette vicino a me a quella maledetta lezione di erbologia, non avrei mai immaginato che lui provasse qualunque genere di sentimento, diverso dall’odio, per Rose Weasley. E quando lui continuò a sedersi vicino a me a quelle lezioni, continuavo a non sospettare minimamente che lui nutrisse sentimenti per Rose Weasley.

E così continuai a pensare quando cominciammo a vederci più frequentemente: nella mia testa non c’era alcun dubbio sul suo presunto interesse verso qualcuno diverso da me. Lui era il mio primo ragazzo, a lui avevo dato il mio primo bacio e lui era stato il primo a spezzarmi il cuore. E mi aveva resa la sua Altra Ragazza.

Perché mentre lui si sedeva vicino a me, Rose sospirava, Rose soffriva, Rose si addolorava. Rose parlava con i suoi amici, Rose si confidava con i suoi cugini, Rose mi disprezzava e mi odiava senza nemmeno conoscermi e tutto questo solo perché mi ero innamorata dello stesso ragazzo di cui lei era innamorata.

Ma a chi importava di Bridget Miller? A chi importava dell’Altra Ragazza che si era messa con il tipo che piaceva a Rose Weasley? A chi importava della corvonero sconosciuta e taciturna che tutt’un tratto si era fidanzata con Scorpius Malfoy, il ragazzo più gettonato della scuola, a chi importava se lui, mentre era fidanzato con lei, aveva baciato Rose, due volte, alle sue spalle?

No, quello non poteva essere considerato un tradimento. Perché tutti si erano accorti che Rose e Scorpius erano fatti l’uno per l’altra. Scorpius aveva tutto il diritto di baciare Rose perché così doveva succedere. Quei due dovevano stare insieme e non importava dove, quando e in che modo ci si sarebbero messi. L’importante era che alla fine il vero amore trionfasse.

Così successe e una mattina, mentre io ero ancora felicemente fidanzata con Scorpius, questo, il mio ragazzo, fece il suo ingresso in sala grande mano nella mano con Rose. La sera prima si erano dichiarati. Si erano baciati e si erano messi insieme. Scorpius non si era ricordato di me, mi aveva dimenticato. L’avevo capito dal suo sguardo, uno sguardo sorpreso, che incrociai per un secondo prima di uscire di corsa dalla sala cercando di nascondere gli occhi lucidi.

Lui mi corse dietro. Si era appena ricordato della mia esistenza. Ma io mi ero ormai rifugiata nella torre corvonero, nel mio dormitorio, sotto le coperte a piangere.

Io ero una brava ragazza e non avevo mai fatto male a nessuno volutamente. Mamma mi aveva sempre detto che ero bellissima e, in fondo, sapevo che il mio aspetto era gradevole e i miei lineamenti raffinati; ma non mi piaceva essere guardata e avevo sempre cercato di nascondermi. Ero timida, troppo timida, e preferivo ascoltare le persone piuttosto che parlare con loro. Scorpius era stato il primo a cui avevo aperto il cuore e lui lo aveva frantumato in mille pezzi, senza nemmeno rendersene conto.

Dopo quel giorno avevo capito il motivo per cui i super cattivi all’inizio sono sempre buoni. Anche le persone più buone possono diventare meschine se, quel cuore con cui amavano tanto, viene spezzato e calpestato.

Io non avevo il carattere dell’Altra Ragazza, ma presto lo avrei acquisito. Presto sarei diventata la super cattiva.

 

Si sa che tutti i super cattivi hanno delle spalle. E con spalle intendo: stupidi servitori che credono a tutto quello che dici, fanno tutto quello che ordini e sono totalmente devoti a te.

Trovarne uno per me non fu troppo difficile: ero corvonero, ero intelligente e avevo passato sei anni ad Hogwarts osservando le persone intorno a me, apprendendo molto più di quello che si potrebbe immaginare. Avevo imparato ad interpretare il linguaggio del corpo delle persone, a capire il loro stato d’animo, le loro relazioni con gli altri, le loro debolezze.

Avevo una lista in mente di persone che avrebbero potuto fare al caso mio: ognuna di loro era poco apprezzata dagli altri, piuttosto sola, e con una mente non pensante. Le spalle dei super cattivi non possono essere persone pensanti: chi pensa e ragiona non si fa sottomettere.

Ero pronta ad agire e davanti a me c’era solo un grande ed apparentemente insormontabile ostacolo: la mia timidezza. Ma, se all’inizio questa mi preoccupava, con il tempo mi resi conto che questo mio nuovo modo di vedere il mondo e questo forte desiderio di vendetta avevano diminuito il mio timore di parlare con gli altri, trasformandolo in disprezzo e senso di superiorità.

Avevo riflettuto a lungo su chi sarebbe potuto diventare la mia spalla e dopo alcuni ragionamenti avevo reputato opportuno non scegliere nessuno che non fosse corvonero, nonostante il fattore delle menti pensanti: avevo notato che i grifondoro ed i tassorosso tendevano a viaggiare in gruppo e a non lasciare nessun elemento isolato, se avessi scelto una studentessa di quelle case sicuramente avrei dovuto vedermela con i suoi compagni. Dei serpeverde non mi fidavo, erano furbi e troppo propensi al doppiogioco, e Scorpius, in fondo, era un serpeverde.

Laura Collins fu la mia soluzione perfetta: mi si presentò davanti al momento giusto e io fui veloce a cogliere al volo l’occasione. Era un anno più piccola di me, piuttosto stramba e con un suo particolare modo di vedere le cose. Aveva un disperato bisogno di avere degli amici e pur di non restare sola a pranzo si sarebbe seduta con chiunque le avrebbe offerto la sua compagnia. E io mi sedetti vicino a lei.

 

Il mio piano di vendetta consisteva, essenzialmente, nello spezzare il cuore di Scorpius. Detta così poteva sembrare facile ma si era dimostrato più complicato del previsto.

Scorpius, dopo essersi messo con Rose, era diventato la persona più felice del mondo: sorrideva sempre come un idiota, fischiettava per i corridoi, camminava mano nella mano con la sua ragazza, scambiava con lei baci in ogni angolo della scuola. Erano così schifosamente innamorati da farmi venire il voltastomaco.

Sembrava un’impresa impossibile separarli, farli soffrire, finché non capii che non c’era bisogno di separarli per far soffrire Scorpius. Un’altra cosa che avevo imparato dai libri era che uno dei dolori più grandi per qualcuno era vedere le persone a cui voleva più bene abbattersi, tirarsi giù, soffrire.

Rose Weasley. Albus Potter. Amelia Zabini. Draco Malfoy. Le persone più vicine a Scorpius, le persone di cui lui mi aveva parlato (ad eccezione di Rose, ovviamente) mentre eravamo insieme. Erano loro che sarei andata colpire, uno dopo l’altro, per far pagare a Scorpius il prezzo delle sue azioni.

 

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Capitolo 2
*** DRACO MALFOY ***


Draco Malfoy, il padre di Scorpius, aveva avuto una infanzia difficile: era cresciuto in una famiglia di mangiamorte, aveva vissuto la guerra in prima persona, aveva avuto un padre che aveva preteso da lui più di quanto potesse dare e non era riuscito a trasmettere a suo figlio l’amore che un padre avrebbe dovuto trasmettergli.

Tuttavia Scorpius Malfoy nutriva per suo padre un sentimento di rispetto, forse non c’era tra loro il legame che doveva esserci tra un padre e un figlio ma Scorpius, in tutto quello cha faceva, cercava sempre di rendere suo padre orgoglioso di lui, forse proprio nella speranza di ricevere da quello qualcosa di più.

Sapevo che una cosa che poteva rendere Scorpius triste era proprio quella di deludere suo padre e in che modo poteva un fidanzamento tra un Malfoy e una Weasley non deludere o almeno turbare Draco Malfoy?

 

Erano passati giorni ormai da quando quella mattina Scorpius e Rose erano entrati insieme in sala grande e la notizia di quel fidanzamento era ancora sulle bocche di tutti. In ogni angolo del castello, ogni coppia, ogni gruppetto di persone che si incontrava, parlava di quello. Scorpius Malfoy e Rose Weasley, insieme. Era la notizia dell’anno e solo una terza guerra magica avrebbe potuto eclissare quell’argomento tanto appetibile.

Sicuramente i due interessati non si facevano nemmeno troppi problemi a nascondere il loro amore: non passavano un secondo l’uno lontano dall’altra, sempre appiccicati a coccolarsi e a sbaciucchiarsi, vomitevole e doloroso. Ogni volta che li vedevo sentivo distintamente il crack della nuova crepa che si apriva nel mio cuore

Quando passavamo davanti a loro Laura mi lanciava un’occhiata di compassione che non faceva che infastidirmi: non volevo la pietà di nessuno, mi sarei presa una rivincita da sola.

 

“Ti sei procurata la macchina fotografica che ti avevo chiesto?” Laura annuì prontamente e si mise a sgrufolare in quella sottospecie di borsa che si portava sempre dietro: l’aveva costruita lei, mi aveva detto, l’aveva cucita alla babbana con gli scarti della stoffa presi dal negozio di sartoria di sua nonna, voleva farne molte e metterle in commercio. Era veramente brutta ma non ebbi ma il cuore di dirglielo, era troppo orgogliosa di quella cosa.

“Ecco qua.” Laura allungò il braccio verso di me tenendo in mano una macchinetta fotografica digitale, ultimo modello.

“È una macchinetta babbana, che ci faccio?”

“Avevo solo questa a casa, lo sai: i miei sono babbani…”

“Laura, Laura, Laura. Secondo te posso far pubblicare sulla gazzetta del profeta una foto immobile? Non posso di certo fare errori del genere …” La rimproverai scuotendo la testa con uno sguardo di disapprovazione, Laura abbassò il volto dispiaciuta rimettendo la macchinetta dentro la custodia.

“Già, avrei dovuto pensarci …  scusa.” Disse dispiaciuta. “Posso provare a chiedere a Kitty, forse lei me la presterà …”

“A meno che … “ Riflettei ad alta voce: un’idea mi stava frullando in testa. “A meno che non faccia davvero una foto ferma ... nessuno penserà a me, mia madre è una maga, io non conosco il mondo babbano, certo mio padre è babbano ma non lo vedo da quando avevo 11 anni… si penso farò così …”

“Quindi?” Mi chiese Laura che si era persa nei miei ragionamenti.

“Quindi dammi quella macchinetta, ho una foto da scattare!” Non potevo lasciare che fosse Laura a fare la foto, era compito mio e comunque non mi fidavo troppo di lei: avevo paura che si facesse scoprire e a quel punto sarebbe stato facile risalire a me. Non era ancora tempo che la mia nuova natura fosse rivelata.

 

Seduta sul mio letto a baldacchino, protetta dalle tende azzurre che mi separavano dalle mie compagne di dormitorio, osservavo le foto che avevo scattato.

Mi ci era voluto un po’ per capire il funzionamento di quell’aggeggio: Laura aveva provato a spiegarmi ma c’erano davvero troppe funzioni disponibili. Alla fine però avevo capito che mi bastava schiacciare un tasto per ottenere quello che volevo.

Laura aveva disattivato tutti i suoni che la macchinetta emetteva, aveva tolto il flash, o come diavolo si chiamava, e mi aveva insegnato ad usare lo zoom. Dopo questo le avevo detto di andare via: dovevo continuare da sola; e così avevo cominciato a pedinare Scorpius e Rose senza farmi vedere.

Non era stata una cosa facile: c’erano troppi studenti in giro; nonostante ciò ero riuscita a scattare un certo numero di foto ed ero soddisfatta del mio lavoro.

La mia scelta cadde su una scattata dalle scale: io ero al piano superiore ma avevo intravisto i due che camminavano sotto di me ed ero sicura che non potevano vedermi. Avevo preso l’abitudine a portarmi sempre dietro la macchinetta e così l’avevo tirata fuori. Giusto in tempo prima che svoltassero l’angolo ero riuscita a scattare e a immortalare l’immagine, si vedevano chiaramente i loro volti e le loro mani intrecciate: era perfetta.

Infilai la macchinetta nella tasca e senza aspettare altro scesi in sala comune alla ricerca di Laura, che trovai facilmente seduta in un divanetto intenta a leggere una rivista babbana.

“Ho scelto.” Le comunicai sedendomi vicino a lei. “Ora devi stamparla”

“Oh per quello dobbiamo aspettare Natale, la potrò stampare solo quando sarò tornata a casa.” Mi rispose con tranquillità, ignara di ciò che significava veramente la sua affermazione.

“Natale?! Scherzi vero?” Le chiesi strappandole di malo modo la rivista dalle mani. “Natale è troppo tardi, lo sapranno già tutti ormai. Ho bisogno della stampa ora.”

“Beh posso scrivere a mia madre e farmela inviare…” Propose Laura tranquilla.

“No, sei pazza? Nessuno la deve vedere. Devi trovare un’altra soluzione.”

“Mmm che ne pensi della polaroid?” La guardai senza dare segno di non capire di cosa stesse parlando. “Ne ho una ma ho paura che siano finite le cartucce, posso controllare …”

“Laura, quante volte ti devo dire che non capisco le parole babbane se non le spieghi?” Le dissi irritata.

“Oh sì scusa, mi scordo sempre. La polaroid è una macchinetta che stampa le foto appena le fai.”

“E perché non mi hai dato subito quella?” Chiesi paziente cercando di trattenermi dallo sgridarla troppo.

“Beh non sono così sicura che funzioni, non l’avevo nemmeno presa in considerazione…” Si giustificò alzando le spalle. “Devo prenderla?”

“Certo che sì, su vai!”

 

Mi aggiravo per i corridoi di Howarts attenta e cauta, con il cuore che batteva a mille: sentivo che stavo facendo qualcosa che infrangeva in un certo senso le regole, qualcosa di segreto, un po’ pericoloso. Mi sentivo una specie di agente segreto ed ero allo stesso tempo eccitata e terrorizzata dall’idea di essere scoperta.

La polaroid di Laura poteva scattare una sola foto ciò significava che avevo una sola occasione e non potevo sbagliarmi. Ero pronta ma proprio quel giorno che avevo bisogno di loro sembrava che Rose e Scorpius si fossero volatilizzati: era mezz’ora che giravo nella speranza di incontrarli e di loro non avevo visto nemmeno un segno.

Finalmente ad un certo punto scorsi dalla finestra una chioma rossa che rientrava nel cancello, certo c’erano molte chiome rosse ad Hogwarts ma ero speranzosa che fosse quella giusta e così corsi per piazzarmi, nascosta davanti all’ingresso principale, in agguato.

Non mi ero sbagliata: era Rose e insieme a lei c’era, ovviamente, Scorpius. Pensando di essere soli i due si avvicinarono l’uno a l’altra e proprio nell’istante prima che le loro labbra si toccassero io pigiai il tasto e la polaroid emise un leggero ma udibile click.

Rose e Scorpius si voltarono e cominciarono a guardarsi intorno, il cuore sembrava stesse per esplodermi e la paura che mi vedessero mi stava divorando. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro, sapevo che l’arazzo dietro il quale ero nascosta mi copriva totalmente ma avevo una fifa tremenda.

Fortunatamente i due non si preoccuparono troppo e dopo pochi secondi se ne andarono, sempre mano nella mano, verso un posto più appartato.

Quando fui sicura che la via era libera uscii dal mio nascondiglio e scappai via il più lontano possibile da lì, nella direzione opposta di dove erano andati i due innamorati. Sola, alla fine di un corridoio deserto, tirai fuori la foto e cominciai a scuoterla. Ed ecco che apparvero delineate le due figure: Scorpius Malfoy e Rose Weasley, avvinghiati e in procinto di baciarsi. Era fatta!

 

L’articolo apparve due giorni dopo tra le prime pagine della Gazzetta del Profeta. La foto era stampata in grande e il titolo dell’articolo diceva “Rose Weasley e Scorpius Malfoy: un amore proibito”.

Capii subito che l’articolo era uscito quando entrai in sala grande: le persone nei tavoli erano tutte accalcate intorno ai giornali e c’era un mormorio generale pari a quello che c’era stato il giorno stesso della rivelazione del fidanzamento.

Appena capii che era successo corsi in guferia: era lì che doveva avvenire la mia prossima mossa. Sapevo che appena letto il giornale i genitori di Scorpius gli avrebbero scritto ma prima che lui leggesse le lettere dovevo accertarmi del contenuto.

Avevo fatto un incantesimo al suo gufo: avrebbe portato le lettere prima a me, in guferia dove nessuno mi avrebbe visto e poi, dopo la mia lettura, lui le avrebbe riconsegnate al legittimo destinatario.

Le lettere non tardarono ad arrivare: il gufo di Scorpius volò subito da me appena mi vide. Quando io e Scorpius eravamo insieme mi era capitato di vedere quel gufo e accarezzarlo e quello aveva sempre apprezzato le mie attenzioni. Mi aveva proprio soddisfatto vedere che il gufo, ogni volta che Rose provava ad accarezzarlo, la mordeva.

C’erano ben tre lettere per Scorpius: una dal padre, una dalla madre e una dal nonno, Lucius Malfoy. La prima che lessi fu quella del padre ma rimasi piuttosto interdetta nello scoprire che non conteneva nessuna traccia di delusione.

Draco Malfoy scriveva al figlio che a lui non interessava se la sua fidanzata fosse una Weasley, che era la sua vita e che a lui spettava fare le sue scelte, era un adulto ormai. Poi lo avvertiva che sicuramente suo nonno gli avrebbe scritto ma che non avrebbe dovuto far caso alle sue parole. Dopo queste poche righe lo salutava.

La lettera della madre era ancora peggio: Astoria Greengass era felicissima che suo figlio si era finalmente fidanzato (pensai che Scorpius non le avesse mai detto di noi), lo sgridava per non aver annunciato lui stesso la notizia e sperava che una sera invitasse Rose a casa per cena.

Desolata aprii l’ultima lettera sperando che almeno in quella avrei trovato qualcosa di utile. Non fui delusa: Lucius Malfoy scriveva al nipote di essere una disgrazia, che stava disonorando la famiglia, che se non avesse messo la testa a posto lo avrebbe diseredato; il resto della lettera conteneva vari e fantasiosi insulti alla famiglia Weasley e Potter.

Misi in tasca le prime due lettere e richiusi con cura l’ultima riaffidandola al gufo.

Non era andata come mi ero aspettata, per niente, ma non mi sarei arresa.

Rientrando in sala grande per colazione e sedendomi in un posto strategico, riuscii ad assistere in diretta all’arrivo dei gufi. Scorpius rimase sorpreso di ricevere solo la lettera del nonno e anche desolato dal contenuto ma non si compianse troppo preferendo raggiungere e consolare la sua ragazza.

Anche Rose Weasley aveva ricevuto delle lettere, molte lettere, ma nessuna penso fosse devastante come la strillettera di suo padre che risuonò in tutta la sala. Rose rimase davvero male dopo averla aperta ed ascoltata tutta, penso, da quello che sentii, che tutti ci sarebbero rimasti male, ma tornò subito a sorridere quando Scorpius la raggiunse.

Vedendoli vicini e felici sentii di nuovo la rabbia ribollire dentro di me e lasciai la sala grande senza nemmeno mangiare un boccone e ignorando totalmente Laura che cercava di parlarmi.

Corsi di nuovo in guferia dove tirai fuori le due lettere che avevo in tasca. Le rilessi bene, arrabbiata con quei due genitori che non si erano comportati come mi aspettavo, e poi le strappai in mille pezzi lasciando che il vento trasportasse via i frammenti di pergamena.

 

Quando mi fui calmata analizzai bene le mie mosse, cercando di capire dove avevo sbagliato. Avevo fatto tutto esattamente come avevo programmato: scattato una foto di loro due, inviata a Rita Skeeter, giornalista che non sopportavo ma che ero sicura non avrebbe rinunciato a quell’articolo; avevo incantato il gufo di Scorpius ma mi ero lasciata sfuggire la cosa fondamentale: non avevo messo in considerazione che Draco Malfoy poteva avere opinioni diverse da come me le ero prefigurate.

Mi appuntai nella mente queste cose, non dovevo commettere di nuovo errori del genere.

 

Da quando Scorpius mi aveva lasciato, oh pardon, tradito, non avevamo più parlato veramente. Lui in realtà aveva provato a farlo, qualche volta, ma io avevo sempre cercato di evitarlo. Quando ci scontravamo per i corridoi lui mi salutava, mi sorrideva e a volte cercava di intraprendere una conversazione. Io lo salutavo a malapena con un cenno e se lo vedevo da lontano cambiavo direzione. La ferita era ancora aperta e ogni suo tentativo di riappacificarsi non faceva che pugnalarmi al petto.

Dopo il fallimento della prima mossa avevo già cominciato a pensare alla seconda ed avevo le idee piuttosto chiare sul da farsi. Avevo già in mente come avrei agito con Amelia Zabini e poi con Rose Weasley ma restava un grande punto interrogativo davanti al nome di Albus Potter. Ero riuscita ad inquadrare abbastanza bene le altre due vittime (dopo il primo errore avevo capito di dover studiare bene i miei avversari) ma la terza era difficile da decifrare. Era sfuggevole e non riuscivo a dargli un carattere, ad esaminarlo fino in fondo.

Pensai che per riuscire a studiarlo un po’ di più avrei dovuto avvicinarmi ai suoi amici e così decisi che nel modellarmi Amelia Zabini avrei cercato di carpire informazioni anche su Albus Potter, in fondo era un suo compagno di casa.

 

Un giorno, non ricordo quando, Scorpius riuscì a parlare con me, parlare davvero intendo. Fino a quel momento tutte le parole che ci eravamo scambiati erano stati convenevoli: “Ciao come stai? “Bene e tu?” “Bene, solo ho tanto studio” “Già anno pesante questo” E bla bla. Non era lui ma ero io che sviavo il discorso e me la svignavo, ma ero anche io che avevo tutto il diritto di farlo.

Non so come successe, forse ero distratta, forse stanca, ma un giorno senza che me ne accorgessi lui era riuscito a fermarmi e a cominciare Il Discorso.

“Senti, Bridget.” Mi disse, me lo ricordo bene perché usò il mio nome per intero. “Penso di non essere riuscito a parlare bene con te da quando, beh da quando è successo quello che è successo …”

“Scorpius non c’è bisogno…-” Volevo fermarlo prima che continuasse, non volevo sentire quello che aveva da dire, volevo solo andarmene via.

“No aspetta, devo parlarti.”

“Non voglio parlare.” Gli dissi e il mio tono era fermo, per qualche motivo lui si fermò. “Ogni volta che mi parli, ogni volta che ti vedo, sto male.” Non mi era difficile dirgli quelle cose, mi accorsi. Erano la verità e non c’era bisogno che fingessi, come avevo fatto fino adesso con lui, di essere ancora la vecchia Bridget, timida e indifesa, quelle parole uscirono dalla mia bocca senza nessuna forzatura. “Non voglio essere tua amica, non voglio vederti e non voglio parlarti. Mi hai fatto troppo male. E se continui a seguirmi, a tentare di essere gentile con me non fai altro che farmi altro male, quindi ti prego, lasciami in pace.”

Scorpius mi guardò e io lo guardai, ripensai a quando ero ancora innamorata di lui, a quanto amassi quel viso. Ma in quel momento non potevo che odiare quei lineamenti perfetti, non potevo che non sopportare la sua voce. Tutto l’affetto che avevo provato per lui ormai non c’era più, era seppellito sotto la rabbia, il rancore, il dolore.

Scorpius capì che non avrei aggiunto altro, capì che non poteva fare niente per cambiare le cose, che ormai quello che era stato fatto era stato fatto. Forse se avesse provato a parlarmi di nuovo, forse se mi avesse detto quello che mi disse molto tempo dopo, le cose sarebbero andate in modo diverso. Ma lui non disse niente.

Annuì, abbassò lo sguardo e mormorò un “mi dispiace”. Poi se ne andò e smise di salutarmi come faceva prima, non tentò più di parlarmi e di essere mio amico.

All’inizio mi pentii di avergli detto quelle cose: una parte di me provava piacere nelle sue attenzioni; ma poi capii che avevo fatto la cosa giusta, lui doveva sapere quello che provavo.


 

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Capitolo 3
*** AMELIA ZABINI ***


La famiglia di Scorpius era grande e aristocratica, aveva molti cugini, zii e parenti che vedeva abitualmente alle feste per purosangue che era costretto a frequentare.

Scorpius odiava quel mondo: odiava le stupide presunzioni dei suoi parenti, odiava dover essere sempre impeccabile davanti a quei maghi pompati che i suoi genitori invitavano a casa, odiava tutte le ragazze che gli venivano presentate da suo nonno nella speranza che ne scegliesse una da sposare.

Non sopportava la maggior parte dei suoi parenti e a salvarsi erano in pochi e tra questi una di loro era la sua preferita: Amelia Zabini.

Amelia era sua cugina di primo grado, figlia della sorella di sua madre, aveva la sua età, era cresciuta con lui e condivideva la sua stessa opinione sulla sfarzosità della loro famiglia.

Amelia era una serpeverde, non era una cima e ho sempre pensato che non fosse adatta per quella casa: non era abbastanza furba. Non era intelligente, anzi era piuttosto stupida, quindi aveva dovuto sfruttare la sua bellezza e i suoi modi raffinati per crearsi un alone di ammirazione intorno a lei a mio parere immeritato.

Non ho mai pensato che fosse veramente cattiva, mi è sempre sembrata troppo tontolotta per esserlo, ma se ci si metteva poteva essere fastidiosa e seccante. È quindi armata di molta pazienza che mi sono fatta coraggio e mi sono costretta a diventarle amica.

Anche questa volta come con Laura non era stato difficile, ma era diverso: Laura doveva diventare la mia spalla mentre io mi sarei offerta ad Amelia per essere la sua spalla.

Dovevo farmi vedere pronta ad essere sottomessa, ma anche in gamba: Amelia aveva già le sue spalle ma io dovevo sostituirle tutte, dovevo diventare l’unica e sola e quindi dimostrarle che potevo valere più di tutte le altre.

Amelia mi accolse subito: ero stata gentile con lei e, senza farle capire che avevo già escogitato tutto, mi ero offerta di aiutarla con pozioni dopo che, durante una lezione nella quale ero finita, accidentalmente, vicino a lei, avevo visto quanto era incapace.

Nel giro di una settimana ero la sua spalla numero uno: ero sempre con lei, ovunque lei fosse, a lezione ci sedevamo vicine, a pranzo andavo al tavolo serpeverde con lei (se non c’era Scorpius), mi chiedeva consigli sui ragazzi e mi raccontava di come andavano i suoi appuntamenti. Io sapevo praticamente tutto su di lei, mentre lei non sapeva niente di me: stava andando tutto secondo i piani.

In tutto questo stavo però trascurando un po’ Laura: la sua presenza disturbava Amelia che non poteva permettersi di avere al seguito una stramba come Laura e così io ero stata costretta ad allontanarla per non farla interferire con la missione.

 

“Hey Bee, che ne dici di Scott Norris? Mi ha chiesto di uscire ma non so cosa dirgli, certo gioca a quidditch ma non è troppo bello …” Pensai alla risposta adeguata. Tutto quello che dicevo ad Amelia non dipendeva da ciò che pensavo ma da come lei formulava la domanda. Se era eccitata dovevo rispondere con entusiasmo, se era schifata dovevo concordare con il suo disgusto, se si lamentava dovevo lamentarmi con lei. Si trattava solo di confermare qualunque cosa dicesse ma girandoci un po’ intorno.

“Scott Norris? Non è un granché, puoi trovare di meglio…” Le dissi sbirciando poi la sua espressione per capire se avevo fatto centro.

“Hai ragione, penso che gli dirò di no appena me lo richiederà, tanto prima o poi lo farà…”

Mugolai in assenso. Era stato così facile fino ad allora.

“Amelia …” Le dissi ad un certo punto. “Che ne pensi di Albus Potter?” Non avevo ancora avuto l’occasione di raccogliere informazioni su di lui ma pensai che ero giunta al punto della nostra “amicizia” nel quale potevo cominciare a fare anche io domande.

“Albus Potter?” Il suo tono era cambiato e questa cosa mi colpì. Sembrava più attenta alla conversazione, cosa che succedeva pochissime volte con lei. “Che c’entra Albus Potter? Ti piace? Perché vuoi sapere di lui?”

“No, non mi piace, assolutamente. Solo, pensavo a te, a te e a lui, anche lui gioca a quidditch, è capitano. Ma non lo hai mai nominato …” Cominciavo a farmi una certa idea sul cambiamento di Amelia all’udire quel nome ma dovevo accertarmi meglio.

“Io e Albus Potter? Noooo… ma che idee ti vengono in mente ahahah” Quella risata forzata e il tono acuto con cui Amelia aveva detto le ultime parole mi convinsero di quello che prima era solo un sospetto.

“Io vi vedrei bene insieme, lui capitano di Quidditch, tu Amelia Zabini, sareste una bella coppia …” Amelia si bloccò, si girò verso di me, mi afferrò il polso e mi trascinò in un angolo nascosto.

“Ok Bridget, ascolta bene.” Disse a bassa voce. “Ho una cotta per Albus Potter da quando facevo la prima, ma è solo una stupida cotta. Niente di più. E deve rimanere così. Tu rimarrai assolutamente zitta riguardo a quello che ti ho appena detto e non lo nominerai più, okay?”

“Okay ma …-”

“No, Bee. Niente ma. Ora andiamo.” Amelia mi lasciò il posto e si incamminò davanti a me. Rimasta dietro io sorridevo soddisfatta: avevo trovato il suo punto debole.

 

Essere la spalla di Amelia era snervante: lei mi comandava a bacchetta, mi chiedeva ogni genere di favori ed io ero costretta a fare ciò che voleva. I suoi tentativi di far sembrare il suo sfruttamento una cosa carina, di far sembrare le sue richieste gesti di amicizia, mi divertivano perché pensavo che qualcuno ci cascava davvero.

Era bello avere una mente pensante che ogni tanto mi ricordava “Bridget, non sei veramente sottomessa a lei, stai solo fingendo e aspetti la mossa giusta per colpire, non demoralizzarti!”. Ora quella mossa giusta sembrava finalmente sempre più vicina e potevo cominciare ad agire.

Sempre per lo stesso motivo del primo errore che avevo commesso (non accertarmi che Draco Malfoy sarebbe stato veramente deluso da suo figlio) avevo deciso di agire con cautela e di osservare Albus Potter per capire come vedesse Amelia.

C’erano due possibilità: Amelia gli piaceva, e allora avrei dovuto fargli in qualche modo cambiare idea, oppure trovava Amelia insopportabile e in quel caso sarebbe stato tutto più facile.

Il problema era a quel punto sapere cosa Albus Potter pensasse: lui era sempre stato difficile da interpretare e un conto era capire il carattere di una persona, un altro capire quale fosse la sua opinione su qualcun altro.

Sapevo che non sarei potuta andare in giro a chiedere informazioni ed ovviamente non potevo nemmeno chiedere a lui quindi dovevo basarmi solo sul mio grande spirito di osservazione.

 

Impiegai una lunghissima settimana per riuscire a capirci qualcosa ma, alla fine di quei sette giorni ero pienamente soddisfatta di quello che avevo scoperto. Passando tutto il mio tempo con Amelia avevo notato che molte persone non la trovassero simpatica come lei credeva di essere, certo era bella e ai ragazzi in genere bastava questo ma non ad Albus Potter.

Ogni volta che Amelia si avvicinava al gruppetto di Scorpius, che era quindi anche il suo, Albus Potter faceva una smorfia infastidita mentre Scorpius lo rimproverava con lo sguardo, allora lui assumeva un’aria di indifferenza che adottava quando poi Amelia provava a parlare con lui.

Questi piccoli segnali, per un’osservatrice come me, erano facili da interpretare e senza paura di poter sbagliarmi giunsi alla conclusione che ad Albus Potter non andasse molto a genio Amelia. Avrei quindi dovuto agire di conseguenza.

 

“Amy, ho pensato una cosa.” Avevo aspettato il momento giusto per intavolare quella conversazione, mi ero preparata bene il discorso ed ero fiduciosa che avrei convinto Amelia. “Ho riflettuto su quello che mi hai detto un po’ di giorni fa, riguardo, sai …” Abbassai il tono della voce. “...Albus Potter.”

“Bee, che ti avevo detto non-”

“No aspetta, ascoltami” Sapevo che l’avrebbe fatto, ormai aveva piena fiducia in me. “Ho ragione di sospettare che tu, almeno un pochino, interessi a Potter. Sono una buona osservatrice, sai, colgo i dettagli.” Era una bugia bella e buona e non ero ancora molto abituata a mentire così spudoratamente, per un momento sentii un forte senso di colpa ma scomparve presto.

“Non so Bee, non voglio rendermi ridicola …”

“Ascolta la mia idea prima.” Le dissi. “Potrei parlare io con Potter, non dovrai fare niente tu. Ti nascondi dietro un arazzo, io lo chiamo, parlo con lui. Gli dico che penso che lui sia interessato a te, lui mi dirà che è vero e allora tu uscirai dall’arazzo.”

“Ma se non è vero?” Amelia non era ancora del tutto convinta.

“Beh a quel punto lui mi dirà che mi sono sbagliata e tu potrai togliertelo dalla testa. Credimi è una grandissima idea.”

“Sai, cominci a convincermi, ma non sono del tutto sicura ...” Amelia dubbiosa si mordeva le labbra e potevo immaginare come stesse pensando nella sua testa a tutti i pro e i contro della mia proposta.

“Beh alla fine fai come vuoi, io ti ho detto quello che farei se fossi in te …” Buttai giù quest’ultima affermazione proprio per farle prendere la decisione definitiva e infatti la ottenni.

“In fondo cosa ho da perdere? Sarà sempre meglio di com’è ora, no?”

 

ll giorno che io e Amelia avevamo stabilito per l’attuazione del piano era giovedì: ci sarebbero stati gli allenamenti di quidditch della squadra di serpeverde e io avrei dovuto fermare Potter mentre ritornava nei sotterranei. Lo avrei bloccato proprio mentre passava davanti al luogo dove Amelia era nascosta e lì avrei parlato con lui facendogli dire tutto quello che pensava di lei.

Avevo mandato Amelia a nascondersi e così ero finalmente, dopo tanto tempo, sola e felice della mia solitudine. Mancava ancora mezz’ora al ritorno della squadra e io potevo godermela tutta in santa pace.

Avevo preso un libro e mi ero appostata fuori in giardino, seduta sopra un muretto, nascosto dietro a un grande albero. Una volta, prima che tutte le cose accadessero, andavo sempre in quel posto. Era il mio rifugio, dove passavo ore a leggere o semplicemente a guardare il cielo.

Non ero tornata più lì da un secolo: avevo rivelato l’esistenza di quel posto a Scorpius e così avevo sempre paura che se fossi andata lì, lo avrei trovato, magari con Rose.

Quel pomeriggio però avevo sentito una nostalgia dei momenti che avevo trascorso lì e, ripensando a come era la mia vita una volta mi ero rattristata un po’.

“È da molto che non torni qui … ti ho cercato mille volte ma non ti ho mai trovato…” Alzai gli occhi dal libro, sorpresa nell’incontrare quelli di Scorpius che si stava avvicinando a me.

“Non vengo più qui da quando … ti sei messo con Rose.” Avrei voluto dire “da quando mi hai tradito” ma non ho avuto la forza di farlo: non volevo entrare in quell’argomento.

“Pensavo che adorassi questo posto …”

“E lo adoro, ma non ho voglia di incontrare nessuno qua e visto che ti ho rivelato la sua esistenza …”

“Nessun altro a parte me sa di questo posto. Non l’ho detto a nessuno.” Lo guardai negli occhi cercando di capire se stesse dicendo la verità e rimasi di nuovo incantata dal grigio delle sue iridi, che mi aveva fatto innamorare.

Non dissi niente e nemmeno lui aggiunse altro, non era un silenzio pesante, era rilassante, o almeno lo fu finché non notai sulla sua divisa un lungo capello rosso e ripensai a Rose.

“Vai via, Scorpius.” Lui rimase fermo, immobile, gli occhi bassi, senza dar segno di avermi sentito. “Ho detto: vai via.”

“Devo parlarti.” Disse con un sospiro dopo qualche altro secondo di silenzio. “Perché ti lasci comandare da Amelia?”

“Cosa?” La sua domanda mi aveva sorpreso molto, non pensavo avesse nemmeno notato che io passassi tutto quel tempo con sua cugina.

“Conosco Amelia, non è cattiva ma si approfitta delle persone. Ma non delle persone come te.”

“Non deve importarti cosa faccio con Amelia, lei è mia amica.”

“Bee ti prego, dimmi perché… è per colpa mia, per quello che ho fatto?” Ora cominciavo ad arrabbiarmi: Scorpius mi considerava debole, pensava che io fossi talmente distrutta da lasciarmi sfruttare da una qualunque ragazza che si credeva una reginetta.

“Non tutto gira intorno a te, Scorpius.” Dissi cercando di imprimere in quella frase tutto il risentimento che provavo per lui. “Ed ora, se non ti decidi ad andartene tu, me ne vado io.” Ero stufa di lui, ero stufa del fatto che continuasse a comportarsi come se non mi avesse fatto niente, come se non mi avesse tradito e spezzato il cuore.

Lui non si alzò, rimase lì e così mi alzai io e me ne andai, non guardai indietro verso di lui. Se l’ultima volta che avevamo parlato aveva parlato la vecchia Bridget, questa volta aveva parlato la nuova Bridget. La nuova Bridget non sentiva più niente per Scorpius.

 

Mentre tornavo verso il castello la mia rabbia cresceva sempre di più. Ero talmente infuriata che potevo mettere a rischio la missione con Potter, così mi costrinsi a fermarmi e a respirare.

Mi accorsi che ero in ritardo e dovetti correre per raggiungere il posto stabilito: la squadra di quidditch era dietro di me ma non avrebbero dovuto vedermi prima del dovuto.

Raggiunsi il luogo prefissato con il fiatone, feci il segnale che doveva far capire ad Amelia il mio arrivo ed aspettai quel poco tempo prima che la squadra di serpeverde al completo si presentasse davanti a me.

Notai che insieme ai giocatori camminava anche Scorpius, che incolpavo del mio ritardo, e che doveva essersi unito a loro appena li aveva visti rientrare. Guardavo verso di loro e lui si accorse di me, ricambiò il mio sguardo per un secondo, finché io non lo spostai.

La sua presenza mi distrasse tanto che la squadra mi passò vicino senza che io mi ricordassi di quello che dovevo fare. Fortunatamente ritornai subito in me e chiamai Potter prima che fosse troppo lontano.

Lui si voltò con estrema lentezza, mi guardò, poi guardò Scorpius e infine di nuovo me.

“Che c’è?” Mi chiese rimanendo fermo dov’era mentre gli altri giocatori lo superavano.

“Posso parlarti un attimo?” Potter si avvicinò a me, di malavoglia, dopo aver fatto un cenno con il capo a Scorpius che camminò via.

“Bridget Miller, cosa vuoi?” Era strano che qualcuno pronunciasse il mio nome per intero, nessuno, nemmeno i professori mi chiamavano così. Io avevo sempre odiato il mio cognome, che era quello di mio padre, e non ne avevo mai fatto un mistero.

“Vorrei parlarti di Amelia … Amelia Zabini.” Studiai la sua reazione, non fece la solita smorfia che gli compariva in volto quando veniva nominato quel nome, ma alzò un sopracciglio, scettico.

Io aspettavo una sua risposta che lui non era intenzionato a darmi e così, dopo qualche secondo di silenzio accompagnato da disagio, continuai. “Penso che lei ti piaccia.” Dissi pensando che dietro la tenda c’era Amelia e quindi ero obbligata a dire cosa le avevo promesso. “E che voi potreste essere una bella coppia insieme.”

Potter continuava a non rispondere ma il suo sopracciglio non si abbassava, anzi sembrava alzarsi sempre di più.

“Allora?” Lo incalzai desiderando che mi desse una risposta per mettere al più presto fine a quella conversazione che stava diventando imbarazzante. Cominciavo a vergognarmi di sembrare un cagnolino che faceva tutto ciò che Amelia comandava.

“Senti, non so per quale motivo la tua capetta ti abbia mandato a dirmi questo, ma non ho intenzione di rispondere.”

“Nessuno mi ha mandato, sono qui di mia spontanea volontà. E Amelia non è la mia capetta, è mia amica.” Più andavamo avanti, più mi rendevo conto che dovevo sembrare davvero molto patetica.

“Sì, come no e io sono Albus Silente!” Potter si decise ad abbassare il sopracciglio ma il suo tono rimase scettico come prima, se non più. “Non so per quale motivo una come te si stia facendo comandare a bacchetta da quella smorfiosetta di Amelia, ma se lei pensa che mandando te possa ottenere qualcosa è più stupida di quanto pensassi.”

“Come puoi parlare così di lei?” Cercai di sembrare più indignata possibile.

“Sei tu che mi hai chiesto quello che penso, no? Ora andrai subito a dirlo a lei immagino, no? Oppure le mentirai, ti è permesso mentirle?-”

“ORA BASTA!” La voce strozzata di Amelia uscì da dietro l’arazzo e Potter rimase così sorpreso che si zittì all’istante. “Sei un mostro!” Con gli occhi pieni di lacrime Amelia urlò contro Potter e poi fuggì via.

“Sarai contento ora” Sibilai acida verso di lui prima di voltarmi e seguire Amelia. Non riuscii però a nascondere il sorrisetto che spontaneo nacque sulle mie labbra: sembrava che qualcosa finalmente cominciasse ad andare per il verso giusto.

Se fossi stata fortunata Scorpius e Potter avrebbero litigato e così mi sarei tolta un’altra vittima dalla lista. Ma non volevo essere troppo ottimista, era meglio gioire per le conquiste già effettuate ed Amelia piangente era proprio una di quelle.

 

“Non posso crederci…” Amelia aveva passato l’ultima ora a piangere e a disperarsi, ripetendo “non posso crederci” e soffiando il naso. “È stato così meschino …” Un singhiozzo. “Non voglio vederlo mai più.” Tirò su con il naso. “E io che pensavo di stargli almeno simpatica.” Altro singhiozzo.

“Forza su, dai…” Battevo la mano sulla sua spalla a mo di consolazione nella speranza che prima o poi la smettesse. “Oh guarda è così tardi, non hai fame? Andiamo a cena …” In realtà ero io ad avere una fame da lupo e speravo di poterla convincere ad andare a mangiare.

“Non voglio cenare, c’è troppa gente.” Tirò su con il naso un’altra volta. “Voglio parlare con Scorpius.” Disse infine e io vidi in quell’affermazione una scappatoia.

“Che ne dici se te lo chiamo? Tu resta qui, io gli dico di venire. Eh?” Amelia annuì, così potei finalmente andarmene da lì. Avrei appioppato Amelia a suo cugino che così avrebbe sofferto insieme a lei, dal giorno dopo avrei smesso di essere sua amica e in questo modo lei si sarebbe depressa ancora di più.

Andava tutto a meraviglia ed ero positivamente convinta che la mia vendetta era sempre più vicina. Riuscivo a vederla chiaramente e se mi fossi allungata l’avrei sfiorata con una mano.

 

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Capitolo 4
*** ROSE WEASLEY ***


Rose Weasley era una grifondoro ed era fiera di esserlo, aveva la mia stessa età, era alta ed aveva una lunga e indomabile chioma di capelli rosso fuoco. Non era di una bellezza eccezionale, cioè: Amelia era bella, Dominique Weasley era bella, Rose era particolare.

Era sempre di buon umore e sorrideva continuamente, una volta la ammiravo per questo ma dopo che si era messa con Scorpius non riuscivo a sopportare quel suo sorriso che assomigliava sempre di più a un ghigno.

Le persone dicevano di lei che non era capace di odiare qualcuno ma io sapevo che non era così: lei mi detestava, l’avevo capito subito. Mi guardava con sufficienza, non tollerava qualunque cosa facessi e ogni volta che Scorpius mi salutava si infastidiva.

Non so perché mi odiasse così tanto, avrei dovuto essere io quella a non sopportarla: era lei ad essersi presa il mio ragazzo, non viceversa.

Avevo osservato Rose Weasley e avevo cercato in lei una forma di debolezza, ma non l’avevo trovata: lei aveva tutto. Era intelligente, simpatica, carina, aveva tanti amici, aveva una miriade di cugini che la proteggevano da tutto, era la cocca dei professori ed era, da quello che dicevano gli altri, buona come il pane.

Avevo pensato molto a lei, a come avrei potuto spezzarla, spezzare la sua felicità, ed ero giunta alla conclusione che l’unico anello ancora debole della sua catena, era Scorpius.

Si erano messi insieme da relativamente poco tempo e ancora non potevano avere un rapporto saldo come quello che aveva con altre persone, quindi avrei dovuto agire lì, avrei dovuto agire prima che fosse troppo tardi e avrei dovuto fare in modo che lei dubitasse di lui e del suo amore.

 

Ero convinta che Scorpius fosse davvero innamorato di lei. Ero convinta che se non fosse stata una cosa seria Scorpius non mi avrebbe tradito in quel modo: doveva esserci stato qualcosa prima, qualcosa di cui io non ero al corrente, ma non poteva essere stata solo questione di passione.

Se l’affetto di Scorpius fosse stato falso avrei potuto far luce a Rose sulla questione, ma poiché era vero dovevo farle credere che non lo fosse.

Avrei preferito non doverlo fare ma avevo capito che l’unica cosa che avrebbe funzionato sarebbe stato parlarle e convincerla con le mie parole. Non mi entusiasmava l’idea: se Rose non sopportava me io a malapena tolleravo lei, ma sapevo che era l’unica cosa che potevo fare.

Dovevo coglierla un momento che era sola: se fosse stata con qualcuno non sarebbe stata disposta a parlare con me. Se invece la scovavo nel momento giusto non avrebbe potuto opporsi e sarebbe stata costretta ad ascoltarmi.

Avevo pensato a cosa dovevo dirle, mi ero preparata un discorso convincente e ormai ero diventata una grande oratrice: se una volta ero terrorizzata all’idea di dover rivolgere la parola a qualcuno che non conoscevo, ora non mi importava più cosa avrebbero pensato di me e mi sentivo libera di dire quello che mi pareva.

Sapevo che convincere Rose non era la cosa più semplice del mondo, fino a quel momento avevo avuto a che fare con persone come Laura ed Amelia, così semplici da manipolare, ma Rose era diversa: era una mente pensante e non era propensa a fidarsi di me.

Avrei sfoggiato la carta timidezza, mi sarei mostrata insicura e docile: le persone tendono a sottovalutare coloro che sembrano facili prede e sono molto più disposti ad ascoltarli se non vedono in loro una minaccia.

 

Era difficile trovare un momento in cui era sola: che fosse Scorpius, che fosse un suo amico o un suo cugino, non c’era mai una volta che Rose non fosse accompagnata da qualcuno.

L’occasione giusta arrivò quando meno me l’aspettavo: erano giorni che ero pronta a fare il mio discorso ma non ero ancora riuscita a trovare il momento adatto, avevo quasi rinunciato ad aspettare che fosse sola quando, mentre riflettevo seduta in giardino, la vidi passare davanti a me, senza compagnia. Ero stata colta così all’improvviso che all’inizio restai immobile e solo dopo qualche secondo reagii, mi alzai in piedi e le corsi dietro chiamando il suo nome.

Rose si guardò intorno cercando di capire chi l’avesse chiamata e quando mi individuò parve più sorpresa che infastidita.

“Sì?” Mi chiese infine quando la raggiunsi. Cercavo di capire cosa stesse pensando in quel momento ma la sua espressione non mi diceva niente.

“Io … devo parlarti di una cosa.” Era il momento di tirare fuori le mie doti di attrice, di ritornare ad essere la Bridget di una volta, di abbassare lo sguardo, mordicchiarmi il labbro, giocherellare  con qualunque cosa mi passasse per le mani. “Si tratta … si tratta di Scorpius.”

Il volto di Rose si scurì per un attimo, non aveva voglia di parlare di Scorpius con me, era evidente. Girò un po’ la testa come per guardare l’orizzonte e io decisi di continuare a parlare.

“C’è una cosa di lui che ho scoperto quando ...beh quando noi stavamo insieme.” Mi fermai e presi un bel respiro, come per prepararmi a dire qualcosa che mi era difficile dire. Rose sembrava impassibile, pensierosa. “Io non sapevo se parlartene o no, forse avrei dovuto dirlo prima ma … ormai ho aspettato troppo a lungo. Devo… devo dirtelo.”

“Aspetta.” Rose sembrò risvegliarsi improvvisamente dalla trance in cui era caduta, sospirò e poi mi guardò negli occhi. “Parliamo chiaro, tu non mi sei simpatica, anzi non mi piaci per niente. Ed ora due cose: primo, non girarci attorno, arriva al punto, dimmi cosa devi dirmi e via. Secondo, prima di farlo, penso di doverti delle scuse.”

Rimasi sorpresa dalla sua ultima affermazione e non dovetti nemmeno fingere il mio stupore. “Tu, che io lo volessi o meno, eri fidanzata con Scorpius.” Sembrava che dire quello che stava dicendo le costasse tantissimo. “Non so se era perché lui provasse davvero qualcosa per te, se fosse per ingelosirmi, ma anche se tra me e lui c’era qualcosa da tempo, Scorpius si era messo con te. E io l’ho baciato mentre era fidanzato, con un’altra.” Rose parlava e gesticolava, sembrava un insegnante che cercava di spiegare agli studenti un argomento semplice per lei ma difficile per loro. Le sue parole mi stavano ferendo più di quello che avrebbero dovuto, sapevo che non avrei dovuto dar loro troppo peso ma lei sembrava così sicura di ciò che diceva, così convinta nella sua semplicità, che riusciva ad influenzarmi.

Stava raccontando che lo aveva baciato una sera dopo la festa di Halloween, che avevano entrambi bevuto ma lei era ancora abbastanza lucida. Mi ricordavo di quella festa, io e Scorpius ci eravamo vestiti in coppia, faceva male sapere che era proprio quella sera che lui mi aveva tradito la prima volta.

Il secondo bacio c’era stato ovviamente il giorno prima della loro apparizione in sala grande. Era da un po’ che Scorpius era più distante e io sospettavo che prima o poi sarebbe successo qualcosa, ma non pensavo che fosse per via di un’altra, pensavo solo che non gli piacessi più.

Rose stava parlando ma io non la ascoltavo: una raffica di immagini mi passava per la testa, immagini di me e Scorpius, i ricordi si facevano strada sempre più vividi nella mia mente…

 

“Hey, è libero?”

“Dici a me? Oh sì, non c’è nessuno.”

“Sono Scorpius, Malfoy.”

“Sì, so chi sei, ti conoscono tutti.”
“Ah davvero? E il tuo nome?”

“Non so se voglio dirtelo…”

“Andiamo, dimmi come ti chiami!”

“Mmm…”

“Scorpius! Bridget! Attenti alla lezione, su! Incredibile Scorpius, sei riuscito a far chiacchierare anche Bridget…” Era stato il professor Paciock a rivelare il mio nome a Scorpius la prima volta che ci eravamo incontrati.

“E così tu sei Bridget …”

“Gli amici mi chiamano Bee.” Non sapevo perché gli avevo detto quell’ultima cosa, non avevo molti amici e quindi erano poche le persone che mi chiamavano in quel modo. Stavo maledicendo la mia boccaccia che non era stata zitta quando lui mi rispose:

“Allora ci si vede in giro, Bee.”

 

“Oh avanti, mangiala!”

“No, non lo farò, non lo farò mai.”

“Ma Bee, è buona! È dolce, cremosa, cos’hai contro la panna?”

“È così viscida e … no, non mangerò mai la panna montata, dovessi morire di fame.”

“Così ti arrendi?”

“Non ho mai accettato la sfida.”

“Come vuoi tu, la mangerò io.” Con soddisfazione Scorpius si infilò in bocca il cucchiaio ricolmo di bianca panna montata sbrodolandosi tutta la bocca.

“Sei disgustoso!” Commentai prendendo un fazzoletto dal tavolo e andando a pulire, senza pensarci, la sua bocca. Quando realizzai quello che stavo facendo ritirai subito la mano imbarazzata. “Tieni, pulisciti con questo.” Dissi porgendogli il tovagliolo.

“Ancora sicura di non volerla assaggiare?” Chiese con un sorriso sornione in volto e ammiccando mentre io sbarravo gli occhi sbigottita. “Sto scherzando, ahahah, dammi qua!” Aggiunse affettando poi il tovagliolo e lasciandomi con un’immagine sconvolgente in testa di me che leccavo la panna dalla sua bocca. Quell’immagine mi torturò per giorni in avanti.

 

Eravamo sgattaiolati di sera per fare uno spuntino alle cucine e quando era giunta l’ora di tornare ai nostri dormitori, nonostante le mie proteste, Scorpius aveva preteso di dovermi accompagnare fino alla torre corvonero.

Durante il tragitto aveva cominciato a raccontarmi una serie di barzellette che aveva inventato, una più brutta dell’altra, e quando eravamo giunti davanti alla porta della mia sala comune io avevo espresso la mia sincera opinione sulle sue battute:

“Arrenditi, nessuna delle tue battute fa ridere, sei un pessimo comico!
“Non è vero!” Aveva protestato lui. “Le mie battute sono divertentissime e comunque tu dovresti cercare di ridere sempre a quello che dico!!”
“E perché, per giunta?”

“Beh, perché sì. Le ragazze ridono sempre a quello che dicono i ragazzi.”

“Ah davvero? Non lo sapevo, allora dovrò cominciare a seguire un corso da attrice, dovrò dare tutta me stessa per essere credibile.”
“Ah ah ah. Non sei divertente.”

“Sicuramente lo sono più di te.” Mi trovavo uno scalino sopra di lui e in questo modo il mio volto era leggermente più alto del suo. La mia attenzione era riservata tutta ai suoi occhi grigi, erano stupendi e sarei potuta rimanere a guardarli per ore, poi in un gesto involontario abbassai lo sguardo sulle sue labbra e mi resi conto che desideravo ardentemente posare le mie sulle sue. Non avevo mai baciato nessuno e fui presa dal panico, avevo paura che sarei stata una frana, così mi allontanai (senza accorgermene mi ero avvicinata moltissimo) e con un filo di voce mormorai “Buonanotte.”

Molto lentamente salii un altro scalino, speravo che lui mi fermasse ma quando vidi che era rimasto dove era mi decisi a voltarmi e a continuare a salire.

“Bridget, aspetta!” Esclamò Scorpius e prima che me ne accorgessi lui mi aveva afferrato il polso, mi aveva condotto verso di se, afferrato la vita e un secondo dopo mi stava baciando. Non pensai a quello che dovevo fare, semplicemente risposi al bacio.

 

“Miller?” La voce di Rose Weasley mi riportò alla realtà, ci misi un po’ di tempo a inquadrare il suo volto e quando portai una mano agli occhi mi accorsi che erano umidi.

Non sapevo perché stessi piangendo. Forse ero commossa per tutti quei ricordi che erano tornati a galla, forse erano le supposizioni velate di Rose sul fatto che Scorpius non avesse mai provato niente per me, ma quello che sapevo era che ormai non ero più nelle condizioni di continuare con il mio discorso.

“Scusami io … devo andare.” Dissi a Rose e prima che le lacrime cominciassero a sgorgare corsi via da lì, nessuno mi doveva vedere in quel modo, la nuova Bridget non piangeva, così mi chiusi nella prima aula vuota che incontrai e lì scoppiai.

Ero una stupida, avevo mandato in fumo la mia occasione con Rose. Ero lì pronta a dirle tutto, a dirle di come avevo scoperto che Scorpius fosse già promesso sposo ad un’altra ragazza, a come lui fosse arrabbiato con la sua famiglia e per far loro un dispetto si fosse fidanzato con lei. Prima aveva scelto me ma si era reso conto che non bastava solo fidanzarsi per fare qualcosa di ribelle, doveva fidanzarsi con una Weasley per fare il grande torto ai Malfoy.

Avevo preparato tutto alla perfezione, avevo studiato ogni minimo dettaglio e mi ero accertata che la mia storia fosse credibile. Avevo persino pensato ad un modo per evitare che Rose parlasse con Scorpius di quello che le avevo detto, per non essere mascherata, ed avevo trovato la via per scagionarmi nel caso fossi stata scoperta.

E invece erano bastate le parole di Rose per farmi crollare. Lei non si era preparata niente, lei mi aveva detto quello che pensava e quello era bastato per spezzarmi.

Secondo lei Scorpius non aveva mai provato niente per me. Non lo aveva detto esplicitamente ma io lo avevo capito lo stesso, io capivo sempre quello che la gente lasciava sottinteso.

Ma io non potevo crederle. Non potevo pensare che Scorpius non avesse provato niente per me, doveva esserci stato qualcosa tra di noi, io sentivo che c’era stato qualcosa, c’era stato qualcosa in quel primo bacio e nei baci successivi.

Ma cosa potevo saperne io? Non ero mai stata innamorata prima, non avevo mai amato nessuno, non avevo mai nemmeno avuto una cotta.

Forse lui non provava davvero niente per me, forse quello che sentivo era solo quello che provavo io. Forse nemmeno io provavo niente. No, questo non poteva essere. Era troppo doloroso per non poter essere stato niente.

Mentre piangevo non mi accorsi che la porta dell’aula si era aperta e non mi accorsi che era entrato qualcuno ed era in piedi davanti a me.

Sentii un suono ovattato, qualcuno che parlava, ma non distinsi le parole. Alzai la testa che avevo poggiato sulle ginocchia e incontrai un paio di piedi, poi alzando ancora lo sguardo vidi in tutta la sua figura Albus Potter che mi guardava in attesa di una risposta, probabilmente.

“Che ci fai qui? Vattene via.” Gli dissi con voce strozzata ma lui non sembrava intenzionato a partire, non so se fosse per interesse, per una qualche sorta di codice che impediva di lasciare sola una persona piangente, o semplicemente per pietà.

“Vengo sempre ad esercitarmi in quest’aula, di solito è vuota.” Rispose lui mentre, non sapendo che fare, si sedeva accanto a me.

“So che di solito è vuota, sennò non sarei venuta qui.” Borbottai mentre cercavo di asciugarmi gli occhi con le mani. Potter materializzò un fazzoletto e me lo porse, io lo presi mormorandogli un grazie.

“So che mi odi, ma non mi sono messa con Scorpius per fare un torto a Rose, insomma non avevo idea che lui gli piacesse e lei non è che desse dimostrazioni in pubblico del suo amore.” Gli dissi. Non so perché ma mi sembrava giusto chiarire davanti a lui, in quel momento, che non fossi così cattiva come credevano tutti. O almeno non lo ero a quei tempi.

“Non ti odio per quello, Scorpius ti ha incoraggiato.” Mi bloccai sentendo quelle parole, è questo quello che pensavano tutti? Che fossi stata io ad avvicinarmi a lui?
“Scorpius mi ha incoraggiato?” Il mio cambiamento di umore condizionò anche il mio tono di voce, ora arrabbiato. “SCORPIUS HA FATTO TUTTO. È LUI CHE SI È SEDUTO VICINO A ME, LUI CHE HA CONTINUATO A FARLO, LUI CHE MI HA BACIATA!” Mi fermai a respirare, non mi ero accorta che avevo cominciato ad urlare. “Lui mi ha fatto innamorare e poi, quando tua cugina si è accorta di volerlo, lui ha scelto lei e mi ha lasciato.” Avevo ripreso a singhiozzare.

Mi soffiai il naso due o tre volte, Potter era lì fermo, non parlava ma non andava via. Quando mi calmai mi aiutò ad alzarmi, mi evocò un altro fazzoletto e appena mi sentii pronta per uscire lo ringraziai e andai via.

Quando la mia mente tornò a pensare regolarmente mi resi conto che avevo perso la mia opportunità con Rose, e forse anche quella con Potter.

 

Quella notte, mentre ero sotto le coperte, sorse un dubbio nella mia mente: se Scorpius, come diceva Rose, non mi avesse davvero mai amato? Se lui non avesse mai provato nemmeno il minimo affetto per me?

In fondo io stessa avevo visto che era facile accaparrarsi la fiducia di una persona, cosa poteva aver vietato a Scorpius di fare la stessa cosa con me?

Più ci pensavo più tutto diventava logico. Le emozioni scomparivano dai ricordi, sostituiti da fredde constatazioni di tentativi di manipolarmi.

Scorpius doveva essere stato da sempre innamorato di Rose, ma a lei non interessava per niente di lui. Finché Scorpius rimaneva libero Rose non lo avrebbe calcolato, solo quando lui sarebbe diventato irraggiungibile lei lo avrebbe desiderato.

Così Scorpius aveva scelto me, una preda facile. Facile da convincere, facile da manipolare. Mi aveva illuso, oh era stato così facile illudermi, mi aveva conquistato. Mi aveva usato per far ingelosire Rose.

Era stato con me il tempo necessario per avere quello che desiderava veramente. Poi mi aveva buttata via.

Una nuova e più potente rabbia mi invase.

Rimaneva una sola persona sulla lista e quella avrebbe subito tutto quello che Scorpius aveva fatto a me.

Avrei conquistato Albus Potter. Lo avrei fatto innamorare di me, lo avrei illuso, manipolato. Avrei preso il suo cuore e poi lo avrei spezzato.

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Capitolo 5
*** ALBUS POTTER ***


Il mattino seguente mi svegliai con un nome in testa: Albus Potter.

La mia vendetta, fino a quel momento, era stata studiata nei minimi particolari. Prima di fare una mossa ci avevo pensato cento volte, avevo studiato, programmato, dettagliato ogni mia azione. Ma non ero giunta che a fallimenti.

Non avevo più voglia di programmare, volevo agire. Ero stufa di prepararmi scrupolosamente ad ogni eventualità e poi cadere di fronte al più stupido impedimento. Era tempo di cambiare strategia.

Quel giorno sarei andata come prima cosa a parlare con Albus Potter, qualcosa gli avrei detto, non mi importava cosa. Avrei potuto ringraziarlo per quello che aveva fatto il giorno prima o avrei potuto parlare di cavolfiori. Non mi importava.

 

Mi ero vestita bene. Certo, avevo la divisa come ogni giorno, ma l’avevo cercata di rendere più bella, più attillata, più corta, più sexi. Di solito portavo un maglione di due taglie più grandi, quel giorno l’avevo rimpicciolito.

Avevo legato i capelli in una coda di cavallo. Avevo messo il mascara. Mi ero fatta le sopracciglia. Mi ero guardata allo specchio e avevo visto un’altra persona: la nuova Bridget.

Avevo esitato prima di uscire allo scoperto: sapevo che avrei attirato l’attenzione e non ero sicura di essere pronta a tanti sguardi. Fu di nuovo la rabbia a darmi la forza per farmi avanti.

 

Non ci fu bisogno di raggiungere Albus Potter al tavolo dei serpeverde, lo incontrai prima, lungo il corridoio, e fui sollevata di trovarlo insieme a un gruppo di suoi compagni tra i quali non c’era Scorpius.

“Potter.” Era di spalle quindi si girò verso di me, ma non fu l’unico: tutti i suoi compagni mi fissavano e sapevo che si stavano chiedendo chi fossi perché nessuno aveva mai visto quella Bridget.

“Oh … hey.” Vidi lo stupore negli occhi di Potter, lui a differenza degli altri, aveva visto anche la vecchia Bridget. Forse anche gli altri mi avevano conosciuto quando ero con Scorpius ma non associavano me alla vecchia fidanzata del loro amico.

“Posso parlarti?” Gli chiesi accennando un piccolo movimento con la testa per fargli capire che volevo allontanarmi dal suo gruppetto.

Lui parve cogliere il mio segnale e disse loro di andare via.

“Me la presenti?” Chiese uno di loro con fare spavaldo mentre io pensavo che cominciavano a piacermi quel genere di attenzioni.

“Idiota, la conosci già. È la ex di Scorpius.” Sentii che qualcuno gli rispondeva mentre si allontanavano.

“Lei? No, non può essere…”

“È lei ti dico …” Non riuscii a cogliere la risposta poiché il gruppo era ormai troppo lontano.

“Allora?” Potter parlò ricordandomi della sua presenza, ora che dal suo volto era scomparso lo stupore notai che era un po’ infastidito ma non seppi dire da cosa.

“Giusto. Beh volevo ringraziarti per ieri. Ero un po’ fuori di me.”

“Non avrei lasciato nessuno solo in un’aula a piangere.” Rispose con un’alzata di spalle. Era strano, freddo, sembrava non fosse per niente interessato a me e non avesse voglia di parlare. Non avevo pensato a una prospettiva del genere, speravo che avrebbe pensato lui a tirare fuori qualche argomento per cominciare una conversazione.

“Beh, grazie lo stesso …” Ero a disagio, sentivo i sintomi della mia vecchia timidezza farsi presenti e volevo fermare quella brutta sensazione.

“C’è qualcos’altro?” Potter non voleva parlare con me, era evidente. Ma come potevo iniziare una relazione con qualcuno che non mi considerava minimamente?

“Io volevo chiederti una cosa.” Tentai, avevo urgente bisogno di qualcosa da dirgli, forse l’improvvisazione non era il mio forte ma qualcosa dovevo pur inventarmi. Potter aspettava paziente che parlassi quando finalmente mi venne un’idea. “Vorrei che non dicessi niente a Scorpius di quello che ho detto ieri.” Sì, era qualcosa di intelligente da chiedere, stavo migliorando.

“Va bene.”

“Cosa?”

“Ho detto va bene.”

“Ah, okay. È stato facile convincerti.” Accennai una specie di sorriso che non mi riuscì molto bene.

“Bene… Ora vado.” Non tentai nemmeno di fermarlo, ormai avevo capito il verso. Non sarei riuscita a chiacchierare con lui, così come se niente fosse. Riuscivo a vedere nel suo comportamento lo stesso atteggiamento che utilizzava con Amelia all’inizio: indifferenza. Non mi respingeva perché non amava essere scortese con le persone ma non aveva voglia di passare del tempo con me.

Avrei dovuto cambiare tattica, non sarei dovuta andare da lui ma avrei lasciato che fosse lui a venire da me. Dovevo solo capire come fare.

 

Dopo il fallimento di quella mattina avevo calmato l’impulsività e ricominciato a pensare. Avevo riflettuto e fatto diverse ipotesi che avevo una ad una scartate. C’era solo un’idea che continuava a tornarmi in mente ma che io scartavo a priori, tuttavia sembrava essere l’unica a rimanere.

Lasciai trascorrere due giorni, nella speranza che mi venisse qualche colpo di fulmine. Avevo ritentato a parlare con Potter per motivi futili ma lui non aveva mai abboccato, mi aveva sempre scansata ed aveva reso evidente il suo disinteresse per me.

Alla fine dovetti cedere: non trovavo nessun alternativa migliore e anche se ci fosse stata non potevo aspettare che mi venisse in mente.

Era un’idea che non mi piaceva, che tempo prima non mi sarebbe nemmeno passata per la testa, e che giudicavo anche ignobile e maschilista. Certo, avevo già pensato di sfruttare il mio corpo, sapevo di essere femmina e anche piuttosto bella, ma non avevo mai pensato di andare oltre le acconciature, il trucco e i vestiti attillati.

Dovevo piantarmi nella mente di Potter, dovevo lasciargli un’immagine indelebile che non si sarebbe tolto dalla testa così facilmente. Lui doveva pensare a me e sapevo che ancora non lo faceva. Doveva pensare a me costantemente e doveva desiderarmi.

Sarei andata al bagno dei prefetti. Potter andava abitualmente in quel bagno (aveva l’accesso in qualità di capitano della squadra), me l’aveva detto Scorpius una volta. Aveva un giorno fisso, il mercoledì. Quando avevo cominciato a pensare seriamente di attuare il mio piano mi ero messa ad osservarlo ed avevo scoperto giorno ed ora del suo passatempo settimanale. Potter sarebbe andato in bagno e mi avrebbe per caso trovato lì, mi avrebbe visto mentre mi spogliavo e non mi avrebbe più dimenticato.

 

Non ero mai andata al bagno dei prefetti. Ero stata prefetto per due anni consecutivi ma avevo preferito non andarci. Avevo sempre avuto paura che qualcuno entrasse mentre c’ero dentro. Era il colmo che la prima volta che ci andai fu proprio per far accadere quello che avevo sempre cercato di evitare.

Era rilassante stare in quella vasca, avvolta dal vapore, e mi pentii di non esserci mai andata. L’acqua bollente mi cullava e finché non sentii il rumore della porta non mi ricordai nemmeno il motivo per cui mi trovavo lì.

Sapevo che quando Potter sarebbe entrato non avrebbe subito visto la vasca, io però sentendo il rumore avrei saputo che era arrivato e avrei potuto prepararmi. E così feci.

Il rumore della porta mi aveva risvegliato e dovevo fare il minimo rumore: Potter non doveva sapere che c’era qualcuno prima di vedermi. Mi alzai a sedere sulla vasca della piscina. Davo le spalle alla porta. Non so come ma ad un certo punto seppi che lui mi stava guardando, probabilmente era la mia immaginazione ma sentivo il suo sguardo fisso sulla mia schiena. Cominciai ad armeggiare con i capelli, li strizzai e li portai avanti lasciando le spalle scoperte. Volevo sembrare sexi, attraente, ma mi sentivo solo terribilmente ridicola ed avevo la certezza che le mie guance stessero andando a fuoco.

Fortunatamente tutto quello finì quando Potter fece cadere qualcosa che provocò un rumore. Mi rigettai in piscina fingendomi spaventata e lanciando un urletto.

Totalmente immersa nell’acqua mi voltai verso la porta urlando “CHI È LÀ?”

Potter uscì qualche secondo dopo da dietro una colonna, era imbarazzato e si stava coprendo gli occhi con una mano. “Scusami, non sapevo ci fosse qualcuno. Non ho visto niente.” Le guance rosse tradivano la sua ultima affermazione ma io feci finta di credergli. “Ora me ne vado.”

“Aspetta, non c’è bisogno che te ne vai ...me ne stavo andando io.” Gli dissi. “Ora mi rimetto l’asciugamano. Non guardare.” Uscii di nuovo dalla vasca lanciando ogni tanto occhiate nella sua direzione. Da un lato volevo che lui mi guardasse ma dall’altro pregavo che non lo facesse.

Mi coprii con un asciugamano piuttosto corto che mi arrivava a metà coscia, l’avevo scelto appositamente così striminzito. “Puoi aprire.” Cercavo di sembrare tranquilla ma dentro di me stavo morendo di vergogna. Non potevo credere di aver fatto davvero quello che avevo fatto.

Raccolsi i vestiti e mi diressi verso la porta, desiderosa di andarmene di lì al più presto.

“Scusa!” Ripeté Potter, prima che mi chiudessi la porta alle spalle mi azzardai a guardarlo in faccia, non lo avevo ancora fatto da quando era arrivato. Era rosso come un peperone e sembrava essere incapace di muoversi. Avrei voluto sapere quanto tempo gli ci sarebbe voluto per riprendersi.

 

I miei sforzi e le mie sofferenze non furono vane: il giorno dopo Potter venne a parlarmi.

Avevo appena finito di pranzare e mi ero alzata dal tavolo per andare via. Quando lui vide che ero in piedi si alzò e mi raggiunse proprio mentre stavo per uscire dalla sala grande.

“Miller!” Quando mi chiamò io mi fermai e mi voltai, lui mi raggiunse e poi continuò: “Volevo chiederti ancora scusa per ieri, non sapevo che ci fosse qualcuno al bagno oppure non sarei mai entrato.”

“Non ti preoccupare, mi hai già chiesto scusa tre volte.” Lo rassicurai. “E poi non hai visto niente quindi…”

“Già … sì.” Si passò una mano tra i capelli mentre spostava il suo sguardo ovunque tranne che verso di me.

“E comunque è colpa mia. Ho dimenticato di chiudere a chiave. Ma non ci ho pensato minimamente, non immaginavo che ieri a quell’ora qualcuno a parte me avesse voglia di farsi un bagno.”

“Già è la stessa cosa che ho pensato io. Cioè, non esattamente, io ci vado sempre a quell’ora di mercoledì ma per lo stesso motivo. Cioè perché penso che non ci vada nessuno.”

“Sì ho capito.” Risposi sorridendo. Vedevo che stava già cambiando tutto: era diverso il suo atteggiamento, non cercava di concludere il discorso e andarsene via, non era più indifferente.

“Comunque ora che so che ci vai tu cambierò giorno … per non disturbarti …”

“Senti, non parliamone più okay?” Proposi e Potter finalmente si decise ad alzare lo sguardo incontrando il mio.

“Assolutamente.” Concordò annuendo e lasciando che sul suo volto spuntasse un sorriso che mi colpì. Era … sincero.

“Ora vado, ci vediamo!” Mi salutò e partì, diretto verso il tavolo da cui era venuto. Non era un addio, aveva detto ci vediamo, significava che ci saremmo rivisti.

Dopo qualche secondo ripartii anch’io. Avevo in testa quell’accenno di sorriso. C’era o non c’era una fossetta? Oppure erano due? Scorpius sorrideva sempre, ma non ricordavo come era il suo di sorriso. Potter non sorrideva mai ma era bastato che lo facesse una volta sola per colpirmi.

 

Non avevo idea di come si facesse a far innamorare una persona e mi resi conto che di tutte le cose che mi potevo inventare per vendicarmi di Scorpius ero andata a scegliere quella che non potevo programmare e preparare.

Non sapevo da dove cominciare e non riuscivo a trovare ispirazione nemmeno dai libri: nelle storie che avevo letto non c’era un modo particolare in cui la gente si innamorava, succedeva e basta, senza che loro nemmeno si accorgessero.

Avevo provato a pensare a come era successo con me: com’è che mi ero innamorata di Scorpius? Non ne avevo idea. Penso fosse bastato conoscerlo, diventare prima sua amica e poi essere baciata. Lì era cambiato tutto, lì avevo capito che provavo qualcosa per lui.

Ma con Albus Potter era diverso, io dovevo essere la Scorpius della situazione e non sapevo cosa fare. Avrei dovuto semplicemente andare da lui e parlargli? Non sarei stata troppo sfacciata? Non avrei rischiato di rovinare tutto e diventare sempre più insopportabile ai suoi occhi?

La notte andai a dormire piena di questi dubbi e dormii male, feci sogni strani e inquietanti senza un filo logico.

 

Il caso mi portò fortuna: Albus Potter arrivò in ritardo ad una lezione di pozioni e quando chiese scusa al professore questi gli disse di sedersi in prima fila, nel posto vuoto, vicino a me.

Buttandosi a sedere sulla sedia vicino a me, Albus Potter mi salutò con un cenno del capo e io risposi al saluto nello stesso modo.

È incredibili come le mie preoccupazioni della sera precedente sparirono in sole due ore: mi ero resa conto che per avvicinarmi ad Albus Potter non avevo bisogno di prevedere le mie mosse, dovevo solo fare e dire quello che era più naturale.

Non sapevo più chi ero: non ero la vecchia Bridget ma non ero nemmeno la Bridget che comandava Laura e non ero di sicuro la Bridget che seguiva Amelia ovunque andasse. Ma con Albus Potter che aveva conosciuto più o meno tutte e tre le Bridget, non dovevo sforzarmi di essere nessuna di loro.

 

Albus Potter era timido. Non l’avevo capito subito ma ormai mi era chiaro. Tutto quello che prima pensavo fosse irritante presunzione non era nient’altro che timidezza.

Albus Potter non amava parlare con le persone che non conosceva, era restio a mostrare se stesso, quando non era con uno dei suoi amici più stretti diventava una specie di muro d’indifferenza.

Aveva solo bisogno di una spinta per partire. Solo un qualcosa che sciogliesse la parete di ghiaccio che lui automaticamente costruiva per separarsi dalle persone che incontrava.

Cominciavo a capire perché non sopportava Amelia: lei era espansiva, aveva una cotta per lui e quindi tentava sempre conversare cosa che invece Albus non voleva fare.

Mi diedi della stupida per non aver capito tutte quelle cose su di lui. Mi consideravo una buona osservatrice ma prima di conoscerlo più da vicino non ero riuscita a cogliere tutti i segnali che quel ragazzo mandava.

Più conoscevo di lui, più mi sorprendevo di come fosse diverso da come pensavo che fosse. Niente corrispondeva a quello che pensavo, nemmeno il ritratto che mi ero fatta di lui dai racconti di Scorpius ritornava, era una scoperta continua.

Certe volte mi ricordavo del motivo per cui lo stessi conoscendo meglio, per cui mi stessi avvicinando a lui, e mi giudicavo una persona orribile. Ero ancora decisa a vendicarmi di Scorpius ma più conoscevo Albus più desideravo avere la mia vendetta in un modo diverso da quello che avevo prefissato.

A volte pensavo che avrei potuto provare a cambiare i miei piani, a tentare di dividere Scorpius e Rose ad esempio, oppure a riprovare con Draco Malfoy. Mi sembrava impensabile dover davvero, dopo tutto, spezzare il cuore ad Albus Potter.

 

I giorni passavano, io e Albus eravamo diventati amici, in un certo senso. Era piacevole passare il tempo con lui e era invece spiacevole pensare al momento in cui avrei dovuto lasciarlo.

Non stavamo insieme, non eravamo fidanzati, ma sapevo che se mai lo fossimo diventati allora appena fosse successo io avrei dovuto andarmene e non volevo che questo accadesse.

Aveva una bella risata e uno splendido sorriso. Dopo che avevo visto il suo sorriso quella prima volta avevo sognato di poterlo rivedere sempre. Ogni tanto gli chiedevo di sorridermi ma lui per dispetto rimaneva impassibile, ma io trovavo comunque il modo di far spuntare quelle due fossette.

 

Alla fine si innamorò di me, ma il guaio fu che anche io mi innamorai di lui, nonostante non me ne resi subito conto.

Ero partita con l’intenzione di farlo innamorare al più presto di me ma poi, quando avrei potuto benissimo saltargli addosso e baciarlo con la totale sicurezza che lui avrebbe risposto al bacio, avevo cominciato ad avere dei dubbi. Non ero sicura che avrei davvero voluto spezzargli il cuore ma non potevo nemmeno rinunciare a tutto.

E poi avevo davvero voglia di saltargli addosso, insomma fu una tortura e ci volle molta forza di volontà per trattenermi, ma come ho già detto volevo ritardare il più possibile quello che sarebbe dovuto accadere.

 

L’ultima partita di Quidditch fu vinta da serpeverde. Giocavano contro i grifondoro e, per quanto io non me ne intendessi di quidditch trovai che fu una sfida piuttosto combattuta.

Entrambe le due case avevano già preparato una festa, sicure della loro vittoria, ma quella sera si festeggiò solo nei sotterranei e tutti, nessuno escluso, fu invitato a partecipare.

Io che non avevo mai seguito il quidditch mi ero ritrovata  sulle tribune a guardare l’intera partita. In realtà non seguivo veramente il gioco: il mio sguardo seguiva la scopa di Albus che volteggiava in giro alla ricerca del boccino d’oro.

Il resto dei giocatori sfrecciava per il campo passandosi la pluffa o lanciando bolidi contro le persone, ma Albus non prestava attenzione a loro e con tutta la sua tranquillità aspettava paziente di avvistare la piccola pallina svolazzante.

Poi, a un certo punto, lo vide. Anche il cercatore di grifondoro lo vide, qualche secondo dopo, ed entrambi scesero in picchiata alla velocità della luce. Ci vollerò pochi secondi prima che Albus lo afferrasse ma, solo dopo che l’aveva stretto in pugno io mi accorsi che avevo trattenuto il respiro.

Anche gli altri giocatori ci misero un po’ a realizzare: era successo tutto così in fretta che pochi se ne erano accorti.

Quando venne annunciata la vittoria dei serpeverde tutti scesero in campo, la squadra dei serpeverde aveva accerchiato il proprio capitano e presto anche tutti gli studenti che erano sugli spalti li raggiunsero per festeggiare. C’era un grande caos e molti studenti serpeverde stavano lanciando la loro cravatta in alto.

Io avevo deciso di scendere, farmi strada e andarmi a congratulare con Albus, ma c’erano così tante persone tra me e lui che difficilmente sarei riuscita a raggiungerlo.

Quindi, mentre ero in mezzo alla mischia, mi decisi a fare dietro front e a parlare con lui in un altro momento ma, mentre prendevo la mia decisione Albus mi passò vicino.

Lui mi vide e il sorriso sul suo volto si allargò scaldandomi il cuore, volevo parlare con lui ma ero stretta tra persone che esultavano e a malapena riuscivo a muovermi. Lui riuscì comunque a raggiungermi, in qualche modo, e, prima che potessi dire qualcosa, prese il mio viso tra le mani e mi baciò.

Fu un bacio a stampo, che durò meno di tre secondi prima che qualcuno tra la folla ci separò e Albus venne trasportato via dai suoi compagni che lo avevano preso in braccio.

Io rimasi lì immobile in mezzo alla gente come una scema. Non pensavo a niente ma avevo una mano poggiata sulle mie labbra. Dopo un po’ di tempo mi ripresi e poiché la folla si stava spostando verso i sotterranei, riuscii molto più facilmente ad uscire.

 

C’era quella maledetta festa dei serpeverde e non potevo non presentarmi. Avrei voluto rimanere chiusa nel mio dormitorio tutta la sera, ma non potevo. Era inutile che cercassi di evitare quello che non potevo evitare: avrei dovuto prendere una decisione e non potevo rimandarla.

Lasciar perdere tutti i miei piani e mettermi con Albus oppure realizzare quello per cui avevo lavorato tanto e che avevo desiderato da quando Scorpius mi aveva lasciato. Uscii dal dormitorio senza sapere cosa avrei fatto.

Mi ero messa un vestito ma non avevo avuto voglia di truccarmi. Avevo lasciato i capelli sciolti e prima di raggiungere i sotterranei avevo girato per i corridoi senza pensare a niente, con la mente vuota e i piedi scalzi (le scarpe erano troppo scomode).

Quando entrai nella sala comune dei serpeverde quasi non la riconobbi per come era stata addobbata. I divanetti erano stati tutti spostati in una parte della sala per fare spazio ad una pista da ballo improvvisata, in un angolo avevano messo un piccolo bar probabilmente illegale (come quella festa sospettavo che fosse), stendardi  verde e argento ricoprivano tutte le pareti e avevano fatto in modo di creare una luce soffusa.

Ero arrivata tardi e molte persone se erano andate, la maggior parte degli studenti che non erano serpeverde non c’era più. Vidi che su un divanetto c’erano Rose e Scorpius: lei era seduta da una parte, ritta e a braccia incrociate e sembrava decisa a non parlare, lui era seduto dall’altra parte, aveva addosso una sciarpa verde e argento e sorrideva soddisfatto. Rose si voltò verso di lui, accigliata, e Scorpius mutò subito la sua espressione in una serissima. Se nemmeno una competizione sportiva, alla quale entrambi erano molto devoti, riusciva a separarli, come potevo farlo io?

Poi vidi Albus e il mio cuore perse qualche battito. Quand’è che era diventato così bello?

Si era cambiato ed aveva indossato una camicia bianca e un paio di jeans e stava parlando con un ragazzo serpeverde che non conoscevo. Mi vide di sfuggita, senza mettermi veramente a fuoco, subito dopo realizzò che ero io e allora riposò lo sguardo su di me. Si allontanò dal ragazzo e mi raggiunse, senza mai staccare gli occhi dai miei.

“Quando sei arrivata? Ti ho cercato tutta la sera.” Il suo profumo mi invase, inebriandomi.

“Sono arrivata ora, e non ti ho ancora fatto le congratulazioni, capitano.”

“Beh dovrai farti perdonare per il tuo ritardo, non si arriva ad una festa quando è quasi finita, è da maleducati.” Mentre parlava mi aveva preso la mano e senza che me ne accorgessi mi aveva condotto fino al centro della pista da ballo.

“Non so ballare.” Dissi quando capii le sue intenzioni. “E tra l’altro sono anche scalza, a proposito questo pavimento è gelato!” Albus aveva guardato i miei piedi e aveva constatato che, effettivamente, non indossavo le scarpe, così mi aveva lanciato un’occhiata interrogativa.

“Le scarpe erano scomodissime.” Spiegai. “Le ho abbandonate da qualche parte mentre venivo qui. Domattina le andrò a cercare.”

“Beh allora cercherò di non pestarti i piedi.” Albus sembrava deciso a non cedere e io non tentai più di dissuaderlo ma agganciai le mie braccia intorno al suo collo, mentre lui mi circondava la vita, e appoggiai la testa sulla sua spalla.

“In fondo è un bene che io non abbia le scarpe.” Gli sussurai all’orecchio dopo un po’.” Sarei stata troppo alta.

Continuammo a ballare per molte canzoni, si stava benissimo tra le sue braccia e sarei potuta rimanere lì, con il suo profumo che mi coccolava, per sempre. A un certo punto, non so chi iniziò e come, cominciammo a baciarci. Ricordo solo che ci baciavamo, poi riprendevamo fiato, e poi ci baciavamo di nuovo.

Alla fine non era rimasto nessuno in quella sala. C’eravamo solo noi due e non avevo idea di che ore fossero ma cominciavo ad avere sonno.

Da quando dissi che era ora che me ne tornassi alla torre corvonero passò molto tempo prima che lo facessi veramente. Ogni volta che provavo ad andarmene lui riusciva a convincermi ad aspettare un altro po’.

Ero assonnata, intontita ed ubriaca di Albus Potter e mentre lasciavo i sotterranei, leggera come una piuma, non ricordavo ricordavo niente eccetto le sue labbra, i suoi occhi, il suo sorriso.

Solo quando entrai dentro le coperte fredde del mio letto la verità mi si schiantò in testa come una secchiata d’acqua gelida. Lui mi piaceva, e molto. E non potevo più negarlo. E se lo avessi lasciato non sarebbe stato lui l’unico a soffrire.

E anche se quella sera riuscii a scacciare i brutti pensieri sapevo che il giorno dopo avrei dovuto affrontarli, in un modo o nell’altro.

 

Era domenica mattina e così avevo potuto dormire quanto mi pareva. Mi svegliai e andando davanti allo specchio notai sul mio viso un sorriso che non vedevo da un secolo.

Controllai l’ora: erano le undici. Non avevo voglia di aspettare un minuto di più, volevo vedere Albus al più presto. Mi sciacquai velocemente, non feci caso cosa indossare e corsi giù dalle scale legando i capelli alla bell'e meglio, senza nemmeno pettinarmi.

Non sapevo dove fosse Albus e così lo andai a cercare prima in sala grande, ma non lo trovai. Presi però un cornetto ripieno da mangiare nel cammino per placare il brontolio della mia pancia. Andai nei sotterranei ma non lo trovai nemmeno lì, però trovai Scorpius che mi venne incontro e mi disse che era contento per me e Albus. Lo giudicai ipocrita e le sue parole mi infastidirono, non volevo sentirle da lui. Ma non mi arrabbiai e ne fui sorpresa, come una volta il dolore e la rabbia avevano cancellato il mio affetto per lui, ora quello che provavo per Albus stava cancellando la rabbia e mi resi conto che non avevo più così bisogno della mia vendetta. Avrei raccontato tutto ad Albus appena lo avrei visto e sapevo che lui mi avrebbe capito.

Chiesi a Scorpius se sapeva dove fosse Albus ma lui mi disse che non ne aveva idea. Però poi aggiunse che quella mattina lo aveva visto parlare con una ragazza della mia casa.

“Mi pare si chiamasse Laura, quella che stava sempre con te.” Disse questo e io mi bloccai, mi ero dimenticata totalmente di Laura: era da un secolo che non parlavo più con lei.

Ringraziai Scorpius e me ne andai. Avevo paura: Laura sapeva troppe cose e non volevo che le raccontasse ad Albus. Certo, gliele avrei volute raccontare prima o poi, ma non così, non tutte in una volta. E dovevo essere io a farlo, per cercare di fargli comprendere il mio punto di vista.

 

Quando trovai Albus capii che lui mi stava aspettando. Era girato di spalle ma sapevo che Laura gli aveva detto tutto. Era rigido, immobile, il suo tono era duro.

“È tutto vero?” Mi chiese e io sapevo cosa intendesse con “tutto”:

“Sì.” Mormorai con un filo di voce. “Ma posso spiegarti.”

“Hai organizzato tutto? Era tutto già preparato?” Era ferito, offeso e soprattutto arrabbiato. “Il pianto, il bagno, gli incontri, era tutto già programmato?”

“Il pianto no, non era preparato, non ..-”

“Il bagno dei prefetti, lo hai fatto apposta?” Si era voltato verso di me, mi stava guardando negli occhi, non l’avevo visto mai così infuriato.

“Sì.” Non volevo e non potevo mentirgli, ormai sapeva e non potevo nasconderlo. In quel momento mi odiai più che mai, odiai me più di quanto avevo odiato Scorpius.

“Non posso crederci!” Si era portato le mani alla testa e aveva cominciato a camminare in tondo. “Non posso crederci, tutto questo tempo e tu … come puoi aver fatto una cosa del genere?”

“Io non …” Non sapevo cosa dirgli, non c’era niente che potessi dire a mia discolpa, niente che giustificasse quello che avevo fatto.

“Vattene.” Si era ripreso, era di nuovo calmo all’apparenza ma sapevo che dentro stava impazzendo.

“Vattene.” Ripeté e io eseguii senza dire niente, sentivo già le lacrime inondarmi gli occhi.

 

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Capitolo 6
*** BRIDGET MILLER ***


Bridget Miller era, una volta, una brava ragazza. Timida, insicura quando si trattava di relazionarsi con gli altri ma in grado di capire le altre persone. Si accontentava di poco ed apprezzava le cose semplici, non chiedeva troppo e stava bene nel suo mondo.

Bridget Miller aveva conosciuto un ragazzo, Scorpius Malfoy, il primo ragazzo che avesse visto qualcosa in lei, e se ne era innamorata all’istante. Forse era solo l’entusiasmo della prima cotta ma si era legata veramente molto a lui e quando Scorpius Malfoy la tradì, lei si ritrovò persa.

Era stata catapultata in un altro mondo, diverso da quello della prima Bridget che era rimasta nascosta e non aveva così subito pericoli. Quel mondo le aveva dato prima qualcosa di bellissimo e poi glielo aveva tolto. Non poteva tornare indietro e così si era dovuta adattare a quella nuova realtà.

La sofferenza e la rabbia l’avevano cambiata, avevano cancellato la sua fiducia per altri e Bridget aveva allora cominciato a pensare di poter confidare solo su stessa.

Quella nuova Bridget era cattiva, anche se all’inizio non lo era per suo volere, aveva fatto del male ad altre persone ma prima o poi le cose brutte che si fanno si ritorcono sempre contro.

La Bridget cattiva si era approfittata di una ragazza, Laura, una ragazza che in un certo senso le ricordava la vecchia Bridget. Era semplice e innocua ma lei l’aveva usata e sfregiata.

Laura, a differenza di quello che Bridget supponeva, aveva una mente pensante, e quando si era resa conto di esser stata solo una pedina nelle mani di una persona che credeva sua amica, si era arrabbiata. E si era vendicata.

Laura aveva capito che Bridget, la sua Bridget, si era innamorata. Si era innamorata veramente e per giunta del ragazzo a cui voleva spezzare il cuore. Laura aveva aspettato il momento giusto, aveva preso esempio proprio da Bridget, e, quando sapeva che l’avrebbe ferita di più, aveva attaccato.

Era andata da quel ragazzo, Albus Potter, e gli aveva aperto gli occhi. Gli aveva mostrato quella parte cattiva di Bridget che sembrava con lui scomparisse. Aveva fatto lui sentire lo stesso dolore che lei aveva provato e quando aveva visto che il suo piano, vendicarsi su Bridget Miller, aveva funzionato, si era sentita finalmente soddisfatta.

Alla fine di quell’anno Bridget Miller non sapeva più chi era: era cambiata troppe volte ed aveva perso se stessa. Pensava che quel ragazzo, Albus Potter, l’avesse aiutata a ritrovarsi in mezzo a tutto quel caos che lei stessa aveva creato ma senza di lui era di nuovo caduta e smarrita.

 

Gli ultimi giorni del mio settimo anno di Hogwarts furono i più brutti di sempre: ero di nuovo in preda al dolore, ma era diverso da quello che avevo avuto una volta. Scorpius non c’entrava più e tutto quello per cui soffrivo era stata solo colpa mia.

Mi ero data tanto da fare per vendicarmi ma non ero giunta a niente: Draco Malfoy non era deluso di suo figlio; Amelia Zabini sembrava essere diventata un’altra persona dopo la  sua delusione d’amore e perdipiù una persona migliore; Rose Weasley era più che mai innamorata del suo ragazzo e Albus Potter mi odiava.

Avevo spezzato il cuore di Albus ma non era stato bello. Era stato doloroso e dopo che era successo tutti avevano ripreso a detestarmi, come quando facevo soffrire Rose, ma questa volta avevano una motivazione valida.

Alla fine di quell’anno non mi restava più niente.

 

In quei ultimi giorni ci furono tre grandi conversazioni: con Scorpius, con Laura e con Albus. E tutte e tre mi aiutarono a capire chi ero diventata.

Fu Scorpius a venire da me e in un certo senso non mi colse inaspettata: sapevo che tra di noi c’era ancora qualcosa da chiarire e sapevo che doveva essere lui a farlo.

“Mi dispiace.” Mi aveva trovato lì, sullo stesso posto dove avevo parlato con lui qualche tempo prima a proposito di Amelia e sullo stesso posto che solo a lui avevo rivelato. “So che forse avrei dovuto dirtelo prima ma mi dispiace davvero per come ti ho trattato.”

Io non gli risposi, non mi ero nemmeno voltata a guardarlo ma lui sapeva che lo stavo ascoltando e aspettavo che continuasse.

“Ho sempre provato qualcosa per Rose. Avevo una cotta per lei da 13 anni ma non avevo scelto l’atteggiamento giusto per conquistarla: non facevamo che litigare noi due.”

“C’era stato qualcosa tra me e lei, l’estate scorsa, ma quando eravamo tornati ad Hogwarts era di nuovo tutto diverso e io ero confuso. Ho sempre amato Rose, penso, ma questo non significa che non provassi niente per te.”

“Tu eri carina, simpatica, gentile. É stato facile innamorarsi di te, o almeno credere di averlo fatto. Non avrei dovuto mettermi con te, sapevo che prima o poi sarebbe finita tra noi due ma speravo che se fossi stato con te avrei dimenticato Rose. Ma, non so come spiegartelo, era troppo facile stare con te. Tu eri un porto sicuro mentre Rose era il mare in burrasca.”

Capivo cosa intendeva, anche per me Scorpius era stato un porto sicuro un tempo. Erano semplici le cose con lui, lineari, tutto andava come doveva andare. Era quello che la vecchia Bridget desiderava di più: non doversi buttare in mare per raggiungere l’isola, ma godersi il panorama dalla spiaggia, dalla terra ferma.

“Quella mattina, quella in cui sono entrato con Rose in sala grande, ero euforico perché ero con lei. Ero così euforico che mi ero dimenticato di te, Bridget, non avrei mai dovuto entrare in sala grande con Rose, avrei dovuto parlare con te. Avrei dovuto dirti quello che ti ho detto adesso, adesso che è troppo tardi. Mi dispiace, Bee. Penso sia colpa mia.”

Non risposi subito, stavo assimilando tutte le cose che mi aveva detto. Tutto filava, aveva senso quello che diceva e forse se me lo avesse detto prima molte cose sarebbero andate diversamente.

“Hai ragione, è colpa tua.” Dissi ad un certo punto. “Io ero furiosa con te, con Rose, ma soprattutto con te. E il dolore, la rabbia, mi hanno annebbiato le idee. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per vendicarmi, per farti soffrire come tu avevi fatto soffrire me, ma non ci sono riuscita ed ho solo distrutto ancora di più la mia vita.”

“Mi dispiace.” Ripeté Scorpius, e sembrava davvero dispiaciuto. Ma, come aveva detto lui, era troppo tardi.

“Non me ne faccio più niente delle tue scuse.” Dissi dura alzandomi in piedi. “Vorrei che tu non ti fossi mai seduto vicino a me, durante quella maledetta lezione di erbologia.” Conclusi e senza aggiungere altro me ne andai.

 

C’erano due persone con cui volevo parlare e sapevo che loro non avrebbero fatto come Scorpius: non sarebbero venute da me, ma toccava a me andare da loro.

Laura era cambiata dall’ultima volta che avevo parlato con lei. Aveva smesso di portarsi in giro quelle orribili borse che si costruiva da sola ed aveva smesso di acconciarsi i capelli con strani oggetti. Aveva smesso di essere Laura.

“Mi ricordavi me.” Le dissi come prima cosa. “Mi ricordavi me prima che tutto succedesse, anche io vivevo nel mio mondo. Penso che sia per questo che ti abbia scelto.” Laura era decisa a non rispondermi, fissava il piatto davanti a sé ma io mi sedetti lo stesso vicino a lei, come avevo fatto tempo fa.

“Non avrei dovuto usarti, non avrei dovuto credere di essere migliore di te. Ero accecata dalla vendetta, mi dispiace.” Lei continuava a non rispondermi ma sapevo che mi aveva sentito e a me bastava sapere di aver fatto il possibile, di averci provato almeno. “E comunque ti ho giudicato male, sei una mente pensante. D’altronde sei una corvonero, avrei dovuto aspettarmelo.”

Mi alzai convinta che lei non mi avrebbe comunque parlato, invece mentre stavo per partire sentii la sua voce.

“Bridget.” Disse. “Sei riuscita nel tuo intento, hai spezzato il cuore di Albus Potter.” Sul suo volto era comparso un brutto ghigno e il suo tono di voce lasciava trasparire una certa soddisfazione. Avevo creato un’altra super cattiva.

“Lo so.” Le risposi voltandomi, non riuscivo a sopportare quel sorrisetto sul suo viso e volevo andarmene lontano da lei al più presto.

 

Non ero sicura di cosa volevo dire ad Albus, non sapevo cosa volevo che lui facesse dopo che mi avrebbe sentito. Una piccola parte di me era ancora convinta che ci fosse un po’ di speranza che lui mi perdonasse, e quella parte voleva raccontargli tutto, fargli capire come mi ero sentita, dirgli di Scorpius, di quella mattina. Parlargli della vecchia Bridget, di come lui avesse tirato fuori una nuova Bridget diversa e migliore di tutte le altre. Ma l’altra parte di me, quella più razionale, sapeva che lui non avrebbe potuto perdonarmi così facilmente. Quella parte di me voleva solo dirgli che non doveva commettere i miei stessi errori.

Non sapevo cosa gli avrei detto finché non lo raggiunsi e non vidi il suo volto. Lui stava male, stava male per me, per come lo avevo trattato. Se gli avessi raccontato tutto, come l’avrebbe presa? Sì sarebbe mai dimenticato delle cose brutte che avevo commesso? No, anche se mi avesse perdonato non avrebbe potuto stare comunque con me: vedendo il mio volto avrebbe ricordato tutto e non sarebbe mai riuscito ad amarmi.

“Sono contento che la scuola sia finita.” Non avevo parlato ancora, non avevo detto niente ma mi ero solo avvicinata a lui che, appoggiato al balcone della torre guardava fuori, verso l’orizzonte. “Sono contento che non dovrò più riveder il tuo viso, mi causa ancora troppo dolore.”

“Anch’io sono contenta.” Risposi. “Se non mi vedrai eviterai di fare la mia stessa fine, se io avessi smesso di vedere Scorpius del tutto, mi sarei semplicemente dimenticata di lui, con il passare del tempo. E rivedendolo tanti anni dopo avrei ricordato solo in parte il dolore, sarebbe stato una ferita ormai cicatrizzata, che lascia il segno ma non si riapre.”

Lui non rispose subito, continuò a scrutare l’orizzonte, poi parlò:

“E così finisce qui.”

“Già.”

“Non pensavo sarebbe andata così.”

“Nemmeno io.”

Non dicemmo più niente per un po’ di tempo. Ci sarebbero state tante cose che entrambi avremmo voluto dire ma nessuno aveva il coraggio di farlo. Ormai il futuro era stato deciso.

“Albus.” C’era una cosa che però dovevo fargli sapere, una cosa che gli dovevo. “Mi hai aiutato a capire chi sono, in fondo.”

“E chi sei?”

“Io penso di essere diventata una super cattiva, in fondo ho tutti i presupposti.”

“Quindi se ci rivedremo tra qualche anno, tu sarai cattiva e noi saremo nemici?”

“Penso di sì. Non potremmo essere altro che nemici, a meno che anche tu diventa un cattivo ma ti auguro di no.”

“Addio Bridget Miller.”

“Addio Albus Potter.”

In fondo fin dall’inizio sapevo come sarebbe andata a finire: lo sanno tutti che i super cattivi non hanno un lieto fine.

 

Angolo autrice
Io mi odio. E niente, io mi odio e basta, non posso biasimarvi se mi odierete anche voi. Vi do il mio permesso, odiatemi. Non c’è niente che io possa dire a mia discolpa perché ho appena scritto e pubblicato un non lieto fine per Bridget.
MA. C’è un ma, c’è sempre. Ma io so e lo sapete anche voi e lo sa anche Bridget che questa non è la fine. No, non è la fine. È un inizio.
E tipo una settimana fa avevo intenzione di aggiungere un piccolo paragrafo alla fine di questo capitolo, un piccolo paragrafo che iniziava con Dieci anni dopo …
Ma non l’ho scritto perché non so se scriverò davvero un seguito.

L’Altra Ragazza è una storia che si è rivelata qualcosa di completamente diverso da come doveva essere . È una storia che è stata scritta in cinque giorni, cinque giorni nei quali non ho fatto altro che pensare a Bridget Miller. E forse non è bellissima, forse non scrivo bene ma non posso dire di non essere emozionata a pubblicare questo ultimo capitolo perché ho passato cinque giorni intensi con questa storia.

E niente, spero vi sia piaciuta, come ho già detto avete il mio permesso di odiarmi e se ci saranno altri cinque giorni nei quali diventerò di nuovo Bridget Miller forse tornerò con un seguito.

_Mer_

 

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