° • ● ❀ My Disney Academia ❀ ● • °

di polytlas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - ohana means family. ***
Capitolo 2: *** - a life for a life. ***
Capitolo 3: *** - do you want to build a snowman? ***
Capitolo 4: *** - barely even friends, then somebody bends. ***
Capitolo 5: *** - tensei is here. ***
Capitolo 6: *** - know who you are. ***
Capitolo 7: *** - i’ll never kiss a frog. ***
Capitolo 8: *** - … more broccoli? ***
Capitolo 9: *** - … run. ***



Capitolo 1
*** - ohana means family. ***


Angolo Adeloso: Okay okay okay, non scrivo note iniziali da troppo tempo. Non troppo, sia chiaro, ma non è di certo passata solo una settimana.
Sono nuova, in questa sezione, ma spero di trovare un briciolo di soddisfazione in più in questo nuovo fandom. Mi chiamo Adele, amo scrivere, amo la Disney e Boku no Hero. Motivo per cui ho deciso di fondere le tre cose.
Ammetto che amo trattare temi ben più impegnativi nelle mie storie, ma voglio debuttare in questo spazio con qualcosina di soft e accessibile ad ogni animo.
Non troverete nulla di avvincente, né colpi di scena: sono tutte scene che conoscete già, ma ripresentate con i personaggi di questo anime che, via via col tempo, diventa sempre più prezioso per me.
Ci sarà una certa varietà di ship: un pizzico di precedenza alle mie preferite, ma cercherò di dare rilevanza a tutti, perché tutti sono fin troppo validi.
Bene, detto questo vi lascio alla prima lettura, e tornerò a rompere le scatole nell’angolo Adeloso alla fine della pagina.
Chu. ~












 
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Chapter #1;
 
 
 
- Ohana means family.
 
 
« KACCHAN! »
 
 
Katsuki ci aveva provato.
Ci era quasi riuscito.
Il piano ideato da Tenya e Sero pareva essere andato bene i primi … Due secondi. Poi Warp Gate, alla guida di quel velivolo aerospaziale, lo aveva bruciato con le fiamme dei motori, e lui era caduto giù. Rovinosamente giù.
 
E Izuku aveva urlato disperatamente, perché nonostante tutto, nonostante tutto quell’immenso casino, Kacchan restava il suo amico. Il suo unico amico. Il suo vero, migliore amico.
Quello che si era appena lanciato da una navicella spaziale pur di tornare a prenderlo.
Quello che in quel momento era precipitato giù.
Per lui.
 
-
 
 
« Oh no -. »
 
« Cosa? »
 
Ochaco si sentì mancare dinanzi a quell’affermazione. Perché ogni sicurezza da parte di quei due tipi strambi, non poteva che significare perdere Izuku una volta per tutte. Ed Izuku era tutto quel che le era rimasto della loro famiglia.
 
« Kacchan è svenuto. »
 
Tenya lo disse con un tono un po’ rassegnato, ma estremamente preoccupato. Ochaco sgranò gli occhi.
 
« Svenuto? E cosa facciamo? »
 
Tenya abbassò il binocolo spaziale con cui aveva tenuto d’occhio la caduta stratosferica del suo esperimento e sollevò le spalle, in segno di resa.
 
« Restare uniti, sperare in un miracolo. Altro non so. »
 
 
-
 
 
Kacchan era disteso per terra. Contro l’asfalto di una qualche strada di cui non avrebbe saputo dir nulla. Anche perché in quel momento era del tutto privo di sensi.
Tenya lo aveva creato in modo che fosse indistruttibile, e questo gli aveva consentito di restare ancora funzionale; era solo in una fastidiosa fase di stand by.
Talmente fastidiosa che stava per costargli la vita, perché Warp Gate si stava dirigendo verso di lui e aveva già caricato le armi per sparare.
 
Accanto a Kacchan, però, c’era una ranocchia. Quella ranocchia. La stessa che aveva incontrario la prima sera in cui era sbarcato sul pianeta Terra.
Ranocchia che, compreso il pericolo, gli balzò in testa e cominciò a gracchiare quanto più possibile, riuscendo finalmente a risvegliarlo.
Giusto pochi secondi prima che Warp sparasse il colpo, ma i riflessi pronti di Kacchan evitarono il colpo sia a lui, sia al piccolo anfibio che l’esperimento 626 si premurò di proteggere fra le braccia.
 
Si scansò velocemente e riuscì persino a vedere Warp imprecare contro di lui. Questi deviò il volo della navicella, prendendo di nuovo quota verso l’alto, e in quel breve attimo, Kacchan, con ancora la ranocchia fra le mani, riuscì a vedere Izuku intrappolato in quella navicella.
 
I loro occhi si incontrarono, e Kacchan li fissò intensamente per quei brevi secondi. Poi puntò lo sguardo contro le labbra del suo migliore amico.
 
« Non abbandonarmi, capito? »
 
« Capito », rispose in un sussurro.
Ma riuscì quasi a sentire il panico sovrastarlo, mentre cominciò a guardarsi intorno per trovare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse consentirgli arrivare a Izuku. Le sue esplosioni da sole non ce l’avrebbero fatta, non per quel tipo di altezza e velocità. Warp era già troppo in alto.
 
« Capito… »
 
Continuò a guardarsi intorno, stringendo ancora fra le braccia possenti la ranocchia. Si sentiva nervoso, il tempo stava scorrendo e Izuku era in serio pericolo.
Se l’avessero portato su un altro pianeta, probabilmente sarebbe morto una volta tirato fuori dalla trappola: senza ossigeno non sarebbe stato in grado di sopravvivere.
Izuku non poteva morire.
Era il suo migliore amico.
 
Loro erano una famiglia.
Non erano solo amici, erano fratelli, erano … altro. Non potevano portarglielo via così. Non poteva permettere che gli facessero del male, ma cosa poteva fare?
 
In lontananza, le sue orecchie vennero attirate dal suono metallico e profondo di un clacson. Un clacson appartenente ad un tir.
 
E quando Kacchan si voltò in direzione del suono, lo vide spuntare.
Un autocarro che trasportava materiale infiammabile.
 
Bingo.
 
« .. capito. »
 
Posò la rana per terra e quel sorrisino sghembo tornò ad ornargli il viso. Cominciò a correre verso il veicolo, che riuscì a bloccare con la sua forza bruta.
Poi, con davvero poca gentilezza(ma quello era un punto su cui sia Ochaco che Izuku avrebbero dovuto lavorare davvero parecchio), afferrò il conducente per il colletto e lo lanciò fuori da lì, mettendosi al suo posto. Cominciando anche a guidare senza sapere realmente come diamine si facesse, perché era stato progettato per distruggere, non di certo per guidare autocarri che trasportavano materiale infiammabile.
Portandoli verso il parco dei vulcano a pochi km da dove si trovava. Per fare una delle più grandi follie della sua esistenza.
 
-
 
 
L’esperimento 626 si sta spostando, velocità ottantaquattro.”
 
La voce metallica del computer di bordo rimbombò dentro tutta la cabina di pilotaggio e Warp si ritrovò completamente sbigottito dinanzi a quelle informazioni.
 
« Impossibile. »
 
Così riprese la rotta e cominciò a seguirlo, in modo da poterlo raggiungere prima e attaccarlo di fronte, sparandogli dritto in testa.
 
-
 
Nel mentre Kacchan aveva capito che per sbrigarsi doveva tenere pressato il piede su un determinato pulsante in basso, il quale gli permetteva di andare talmente veloce da travolgere persino tutti i cartelli stradali che gli capitavano sotto tiro.
Correva talmente veloce che, se solo avesse avuto una percentuale maggiore di sentimenti umani e poco distruttivi, probabilmente sarebbe andato nel panico dopo due metri.
 
Ma a prescindere non avrebbe potuto, perché non poteva più tirarsi indietro.
Specie perché si era appena tuffato all’interno di un vulcano ricolmo di lava, che cominciò ad inghiottire lentamente il veicolo.
Kacchan sgattaiolò via velocemente, arrampicandosi contro il vano contenitore del liquido infiammabile.
 
Si posizionò in modo da dare le spalle contro la copertura, guardando e studiando per bene, in brevissimi istanti, la traiettoria che Warp aveva deciso di seguire.
Non era stato molto difficile scoprirlo, dal momento che questi aveva ripreso a sparare quasi senza criterio.
 
Kacchan gli sorrise dal basso.
Le sue orecchie bioniche riuscirono quasi a sentire le parole del suo nemico.
 
« Mostro abominevole. »
 
Sorrise di nuovo.
 
« Faccia di merda. »
 
Con un pugno distrusse la parete del vano, riversando tutto il liquido dentro la lava, e proprio nel momento in cui le sostanze vennero a contatto, innescò una doppia reazione con le esplosioni delle sue mani.
Ci fu un boato pazzesco e l’esplosione gli consentì darsi lo slancio adatto per raggiungere la navicella, distruggendo il vetro a causa del violento impatto dovuto alla velocità.
 
Warp indietreggiò e Kacchan continuò a ridere sotto i baffi.
 
« ALOHA! »
 
Warp cercò di afferrarlo, di teletrasportarlo nella trappola insieme al quell’esserino umano da cui non si separava mai, ma l’esperimento riuscì a sfuggirgli tutte le volte.
 
« SPREGEVOLE, DISGUSTOSO! »
 
Kacchan lo afferrò per un braccio  e lo sollevò da terra.
 
« E ANCHE COCCOLOSO ~ »
 
Gli bastò una mossa per scaraventarlo via dalla navicella, e solo a quel punto pensò di recarsi dove tutti i suoi pensieri tornavano a concentrarsi: doveva salvare Izuku.
Riuscì ad arrampicarsi e a raggiungere la trappola in cui il suo migliore amico, suo fratello, era contenuto, e con una testata riuscì a distruggerla.
Tese la mano ad Izuku, che l’afferrò senza esitazione alcuna e Kacchan lo prese fra le sue braccia, stringendolo forte a sé, forse come non aveva mai fatto prima di quel momento.
 
Izuku lo guardò dritto negli occhi, riuscendo a sentirsi in salvo anche in quella situazione totalmente precaria.
 
« Sei tornato. »
 
Gli passò una mano sul viso e l’angolo della bocca di Kacchan si sollevò formando una curva così bella che Izuku si ritrovò a perdere un battito, per quanto bello trovò quel sorriso.
Finalmente un vero sorriso.
 
« Nessuno viene abbandonato. »
 
Glielo sussurrò piano, Kacchan. E Izuku sorrise a sua volta, con gli occhi pieni di lacrime, sentendosi fortunato ad avere un Kacchan lì, pronto a salvarlo.
In quei brevissimi secondi, si avvicinò e posò le labbra su quell’angolo di bocca sollevato, destando un minimo di stupore anche da parte dell’esperimento.
Che a sua volta lo strinse forte e si lanciò via dalla navicella in avaria e priva di comandi, raggiungendo quella in cui c’erano Tenya, Sero e Ochaco.
Quella in cui avrebbe ritrovato la sua Ohana.
 
Finalmente per sempre.
 
 
 

 






Angolo Adeloso: io giuro, ho la super ansia, AAAAAAAAAAAHHHHHH! Spero davvero vi sia piaciuto, o che in generale l’impostazione vi piaccia. ;; Come prima storia ho voluto cominciare con penso la ship più famosa e adorata, immessa in uno dei film che più ho amato. Lilo&Stitch l’ho sempre trovato prezioso, e accostare la figura problematica e irascibile di Kacchan a Stitch era una sorta di sogno nel cassetto, ahahah!
Ad ogni modo, se qualcuno non dovesse ricordare la scena, vi metto qui da che minuto a che minuto potete ritrovarla, nel caso abbiate bisogno di un promemoria: da 1:02:04 a 1:17:36 circa. Metto sempre qualche secondo in più anche per contestualizzare meglio.
E nulla, detto questo aspetto solo i vostri commenti e le vostre considerazioni: se vi piacerà e andrà bene, credo che comincerò anche a postare con una certa cadenza, quindi tutto dipende da voi lettori.
Ad ogni modo, vi ringrazio già a prescindere.
A presto!
 
Adele ✿

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Capitolo 2
*** - a life for a life. ***


 


 
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Chapter #2;




- A life for a life.
 
 
 
 
I militanti impiegarono tutta la loro forza e sfruttarono al meglio ognuna delle loro unicità, per tirare la corda che reggeva il capitano Shouto e Deku, penzolanti su quel dirupo infernale. Li sistemarono per terra, ad una certa distanza di sicurezza, mentre Eijiro tirò contro di sé Khan, il cavallo di Deku, salvando anche lui.
Denki e Katsuki si premurarono di allontanare gli altri, lasciando ai due combattenti lo spazio necessario per stendersi interamente.
 
« Indietro, ragazzi, fateli respirare. »
 
Il capitano Shouto, ansante, si voltò verso i capelli ancor più rovinati di Deku. Lo fissò dritto negli occhi e scosse il capo.
 
« Deku – sei l’uomo più pazzo che io abbia mai conosciuto », ma immediatamente quella falsa espressione glaciale svanì, lasciando spazio ad un sorriso sincero e comprensivo. Quasi amichevole.
Deku, nel mentre, rimase inerme davanti a lui, con lo sguardo basso, ignorando bellamente quel cambio di espressione. Deludere il suo capitano era l’ultima cosa che voleva in quell’esatto istante.
Anche perché aveva combinato un enorme casino.
 
Ma Shouto non aveva finito.
 
« …Ed è per questo che ti devo la vita. D’ora in poi avrai la mia fiducia. »
 
Deku sgranò gli occhi e finalmente incrociò quelli di Shouto, che seppur stanchi, lo guardavano con estremo orgoglio.
Ebbe voglia di dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
Ma una sorta di spillo gli si era conficcato nel fianco e prima ancora che potesse esprimere qualsiasi tipo di gratitudine nei confronti del capitano, gli spilli divennero due, tre, quattro, cento.
 
Lo avevano avvisato, gli altri.
Gliel’avevano detto che il tocco maledetto di Tomura sarebbe stato fatale, eppure lui aveva agito d’impulso. Il suo corpo aveva agito da sé, senza dargli neanche il tempo di processare un singolo pensiero.
Gli aveva smaterializzato il fianco, che solo in quel momento aveva preso a far male fino a provocargli una sudorazione fredda.
 
Izuku cominciò a guardarsi intorno spaesato, perché il dolore divenne tale da non fargli capire più niente. Gli altri esultavano: « Un hurrà per Deku! Il più coraggioso di tutti! »
« Sei il re della montagna! »
 
E forse aggiunsero anche altro.
Ma quando Shouto lo aiutò a mettersi definitivamente in piedi, gli spilli divennero lame e la sua uniforme da combattimento si macchiò del suo sangue.
Urlò e si accasciò per terra, sentendo la testa girare vorticosamente e le forze abbandonare pian piano il suo corpo.
 
Shouto si precipitò su di lui.
 
« Deku!? Che cos’hai? »
 
E quando il giovane gli mostrò la mano macchiata di sangue, il capitano mobilitò tutto il resto dell’esercito.
 
« È ferito! Cercate aiuto! »
 
La vista di Izuku si appannò gradualmente, e per quanto cercasse di restare vigile focalizzandosi solo su un preciso punto, si sentì cedere e si arrese a quell’ondata di malessere, diventata ormai più grande di lui. Le ultime immagini che apparvero nella sua mente furono le labbra di Shouto, e la sua voce che in lontananza gli parlava.
 
« Coraggio. Tieni duro. »
 
 
-
 

C’era tensione.
Il medico, giusto appena aveva visto la tremenda ferita di Deku, aveva sospirato afflitto, sperando che la sua unicità curativa gli avrebbe concesso di guarire il giovane.
Shouto faceva avanti e indietro dinanzi la tenda da ore; tutti i combattenti si erano accampati lì vicino, mentre Denki, Katsuki e Eijiro si erano appostati giusto accanto alla stessa.
Sperando.
E pregando che andasse tutto per il meglio.
 
E quando finalmente il medico uscì dalla tenda, Shouto gli fu subito addosso. Il dottore però lo rassicurò, ma cominciò a bisbigliare qualcosa al suo orecchio.
Denki, Katsuki ed Eijiro videro lo sguardo del capitano mutare, e tutti si guardarono preoccupati: che Deku fosse in fin di vita?
 
Ma non lo era.
O Shouto non avrebbe fatto il suo ingresso così furioso.
 
Una volta dentro, trovò Deku col fianco fasciato, che debolmente si tirò su alla vista del capitano. Capitano che, però, continuava a fissarlo con rabbia pura, e quando chiese per l’ennesima volta conferma al medico, Izuku sgranò gli occhi e poi si strinse nelle spalle.
 
« Co – cosa.. »
 
« Non c’è alcuna super forza. E nessun altro tipo di Unicità. »
 
Izuku afferrò la coperta e la strinse a sé, come se quel gesto potesse dargli un minimo di conforto, o di sicurezza.
 
« Posso spiegarti », disse con voce tremante, ma ugualmente decisa. L’espressione di Shouto si fece più cupa, e prima ancora che Deku potesse aggiungere altro, uscì dalla tenda e al suo posto fece ingresso il consigliere di corte, Yuga Aoyama, che dinanzi a quella rivelazione non poté che crogiolare nel suo meschino orgoglio personale.
 
« Uh? Allora è vero! »
 
Senza preoccuparsi di provocargli ulteriore dolore, lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla tenda senza delicatezza. Tutti balzarono in piedi, completamente sbigottiti dinanzi a quella scena.
 
« Sapevo che in te qualcosa non andava! »
 
E gli afferrò le braccia, imprimendo giusto una minima forza che Izuku no, non riuscì in nessun modo a contrastare. Perché era stanco, perché era ferito, perché persino una mezza cartuccia come Yuga aveva avuto modo di allenare il proprio corpo per la propria unicità
 
« Privo della super forza. Privo di ogni unicità. »
 
E dinanzi al silenzio tombale e agli sguardi sconvolti  di tutti gli altri, lo spinse contro la neve.
 
« Scellerato, incosciente. »
 
Izuku si sollevò con fatica; le sue braccia tremavano, ma le parole che pronunciò parvero dei ruggiti.
 
« Io sono Izuku, figlio di quel che ne rimane del famigerato All Might. L’ho fatto per salvare mio padre. »
 
Avrebbe potuto pensare miliardi di cose in quel momento, Shouto.
Eppure l’unica che gli venne in mente in quell’istante fu quella di ascoltare le parole di Deku. O Izuku. Ma a quel punto non importava più.
 
« Alto tradimento! »
 
Yuga urlava, forse nel vano tentativo di convincere gli altri militanti delle gravissime colpe di Izuku.
Questi, però, cercò di non dargli peso.
 
« Non pensavo di arrivare a questo punto -. »
 
« Massimo disonore! »
 
Izuku scosse il capo, e lo ignorò ancora una volta, tentando di comunicare solo ed esclusivamente con Shouto.
 
« Era l’unico modo. Ti prego, credimi. » 
 
Ma Shouto restò di spalle.
Non cercò gli occhi di Izuku, non volle cercarli. Perché sapeva i suoi limiti, perché si era affezionato a quel ragazzino, perché quel ragazzino privo di ogni unicità aveva fermato l’esercito di villain, e sempre lo stesso ragazzino senza alcuna unicità era andato incontro alla morte pur di salvargli la vita.
E pur di salvare suo padre, si era messo al patibolo da solo.
Aveva più coraggio di tutti, di tutta l’Asia raggruppata insieme.
 
« Capitano. »
 
Yuga lo portò alla realtà e Shouto si sentì in dovere di agire.
Pur non potendo dargli ragione in modo palese. Perché lo diceva la legge. Lo recitava quella dannatissima legge che voleva quel ragazzino decapitato.
E lui era figlio di un generale, era capitano, era al servizio dell’imperatore e non poteva trasgredire, non poteva tirarsi indietro.
 
Afferrò la spada con cui Deku era solito difendersi, estraendola dalla custodia legata indosso a Khan, che immediatamente cominciò ad agitarsi.
Persino Kastuki, Denki e Eijiro provarono a correre verso Izuku, nel vano tentativo di mettersi davanti a lui e difenderlo, ma Yuga li bloccò.
 
« Conoscete la legge. »
 
E Izuku rimase lì, immobile, con gli occhi pieni di lacrime e troppa poca forza anche solo per ribattere ulteriormente.
Aveva sbagliato.
Era indifendibile.
E quello era quel che gli spettava.
 
Abbassò il capo e gli occhi gli si riempirono di lacrime al pensiero di non essere riuscito a ringraziare e abbracciare per l’ultima volta suo padre.
Al pensiero di aver deluso tutti. Katsuki, Denki, Eijiro.
E Shouto.
 
Il giovane lentamente avanzò verso di lui, e solo quando vide la punta delle sue scarpe proprio davanti a sé, chiuse gli occhi rannicchiandosi maggiormente su se stesso, pronto a ricevere il colpo, pronto a sentire quella lama tagliargli la testa.
 
Chiese perdono.
Ai suoi antenati, a tutti gli dèi. A suo padre.
Al suo capitano.
 
Giusto però, quando Shouto sollevò il braccio con la spada, Izuku si chiese come mai non stesse già sentendo gli ultimi dolori che lo avrebbero legato alla vita. Anzi.
Sobbalzò vergognosamente quando sentì e vide la spada essere lanciata per terra con una certa forza.
 
Sgranò gli occhi verdi e finalmente trovò il coraggio di sollevare lo sguardo per cercare quello di Shouto, che in piedi dinanzi a lui, lo fissava privo di espressione alcuna.
 
« Una vita per una vita. Ho pagato il mio debito. »
 
Si guardarono per un brevissimo istante, e nel silenzio di quelle lacrime colpevoli che gli rigavano le guance, Izuku  urlò a squarcia gola il suo nome.
Shouto lo sentì.
Ma si voltò ancora, e si allontanò da lui.
 
« In marcia. »
 
Lo ordinò con tono freddo, e anche quando il consigliere provò a dire qualcosa, a ricordargli quella maledettissima legge che lui non aveva voluto applicare, Shouto si mostrò irremovibile.
 
« Ho detto: in marcia. »
 
E lentamente, ripresero il cammino verso la città.
Izuku restò lì.
Con indosso solo una coperta, sperduto tra valli di cui non ricordava neppure il nome.
 
E no.
Neppure quella volta, era pronto per tornare a casa.
 









Angolo Adeloso: ebbene rieccomi! Quest’oggi con la mia ship preferita collocata nel mio film Disney preferito in assoluto. Non dico scemenze: mentre la scrivevo non ho sentito il bisogno di controllare il film per far combaciare le battute, perché le conosco a memoria tipo preghiera, ahahahahah!
Io mi auguro davvero che vi sia piaciuta, perché personalmente a me è piaciuta tantissimo e ho amato scriverla. ;;
Come sempre, qui vi lascio da che minuto a che minuto potete trovare la scena, nel caso aveste bisogno di un promemoria: da 00:56:35 a 00:59:11!
Però.
C’è un però.
In realtà mentre la scrivevo ho avuto un attimo di immenso dubbio e pura indecisione. Perché un’altra coppia che amo tantissimo è la ShoutoxMomo. Ed effettivamente, se avessi scelto loro due, Mulan sarebbe combaciato in tutto e per tutto per moltissime cose. Così mi sono detta di scriverne una seconda, sempre su Mulan, con la ShoutoxMomo, ma chiaramente prendendo in considerazione un’altra scena.
Per voi sarebbe noioso?
Avevo pensato di farlo anche con Lilo&Stitch(mantenendo sempre Kacchan as Stitch), ma non vorrei sembrarvi ripetitiva.  Quindi, cortesemente, scrivetemi se per voi può essere una cosa carina, o continuo con le altre storie finché la mia fantasia non si esaurirà.
Altra cosina: cercherò di postare ogni settimana. A questo punto, ogni mercoledì - dovevo postare ieri, ma ahimè sono stata fuori casa tutto il giorno. Per voi lettor* è okay?
Scrivetemelo pure! ~~
Ah, e prima che me ne dimentichi: grazie mille per le recensioni e il supporto. Siete tutt* così carin*. ;; /sends love and cookies/
A (forse) mercoledì prossimo! La prossima storia sarà particolare e diversa da tutte le altre, ma siccome sono una villain amo lasciarvi sulle spine, ahahah!
Chu. ~
 
Adele ✿
 

 

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Capitolo 3
*** - do you want to build a snowman? ***




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Chapter #3;
 
 
 


 
- Do you want to build a snowman?
 
 



L’alba aveva appena fatto capolino all’orizzonte, carezzando con gentilezza i tetti delle case.
Qualche raggio riuscì persino a penetrare dai vetri delle finestre.
 
Il principe Shouto era ancora sotto le coperte, rannicchiato sul lato sinistro. Il suo viso era sereno, quasi appagato da quel meraviglioso abbraccio di Morfeo.
Se solo avesse potuto, sarebbe rimasto nel suo letto giorni interi.
Ed anche quella mattina avrebbe desiderato restarci a lungo, se solo qualcuno non avesse deciso di svegliarlo a quell’orario improponibile.
 
Avvertì un peso sul materasso, ma non si mosse: Dabi era solito intrufolarsi sotto le sue coperte, spesso per via del freddo.
 
« Shouto, posso dormire con te? Il letto è troppo freddo, non riesco a scaldarlo », o « Shouto, Shouto, ho sentito un rumore, posso dormire con te? Con i tuoi poteri i mostri scapperanno via di sicuro! »
 
E lui, al suo fratellino, no non era mai stato capace di dirlo.
Neppure all’alba.
 
La testolina rossa di Dabi spuntò da dietro il letto, sopra il quale era salito senza star lì a chiedere nuovamente il permesso. Sapeva che Shouto non si sarebbe opposto.
 
« Shouto, psst! »
 
Ma accorgendosi della mancata risposta del fratello, Dabi si arrampicò su di lui, scuotendolo senza un briciolo di delicatezza.
 
« Shouto, Shouto! »
 
Gli si sedette proprio addosso e continuò a dimenarsi su di lui.
 
« Sveglia, sveglia, svegliati! »
 
Sul viso di Shouto si disegnò un sorriso divertito, ma cercò comunque di fare un tentativo: c’erano state delle rarissime volte in cui Dabi si era lasciato convincere ed era tornato a dormire. O gli si era addormentato addosso, ma se lo sarebbe fatto andare bene comunque.
 
« Dabi – torna a dormire. »
 
Suo fratello però parve sospirare affranto, e si lasciò cadere su di lui, battendo persino la testa contro la sua. 
 
« Non ce la faccio. Si è svegliato il cielo, perciò io sono sveglio. Dobbiamo giocare! »
 
A Shouto scappò l’ennesimo risolino, mentre col braccio dentro spintonò Dabi al punto da farlo cadere dal letto.
 
« Va’ a giocare da solo -. »
 
Questi però non si scompose più di tanto, anzi, pensò di utilizzare il suo asso nella manica per corrompere il proprio fratello.
Ancora una volta, balzò sul letto di Shouto, tornando sopra di lui, questa volta però chinandosi verso il suo orecchio per sussurrare il suo piano.
 
« … Lo facciamo un pupazzo di neve? »
 
A quel punto, Shouto si voltò verso di lui con un sopracciglio inarcato e le sue labbra si stesero in un sorriso a trentadue denti.
 
-
 
Dabi lo trascinò di corsa giù per le scale.
Correvano così veloci che Shouto si ritrovò a temere un capitombolo da parte di entrambi, sebbene ormai, dopo tutti quegli anni di inseguimenti e giochi movimentati, fosse diventato abbastanza agile.
Dabi lo tratteneva per mano, e sembrava così eccitato che sicuramente, di lì a poco, sarebbe stato capace di spiccare il volo.
 
« Corri, corri, corri! »
 
« Shh! »
 
Shouto ci provava, a trattenere il suo entusiasmo, ma sempre con scarsi successi. Suo fratello pareva non essere più in grado di ragionare in quei momenti. Specie perché adesso arrivava il bello, quello che nessun altro sarebbe stato capace di offrirgli, di mostrargli, di donargli.
Lo trascinò dentro una delle sale del loro castello, e dopo essersi preoccupati di chiudere la porta, si misero proprio al centro, sotto il riflesso caleidoscopico della vetrata del lucernario.
 
« Fai la magia! Fai la magia! »
 
Shouto gli sorrise e cominciò ad agitare sinuosamente la sua mano destra per aria.
Sotto gli occhietti stupiti di Dabi, riuscì a creare una sorta di palla di neve che restava sospesa per aria.
 
« Pronto? »
 
« Ah ah! »
 
Shouto allora lo lanciò verso il tetto, e giusto poco prima di toccarlo, quella piccola sfera esplose provocando una specie di fuoco d’artificio, dal quale cominciò a nevicare brina fresca.
Gli occhi di Dabi si sgranarono dinanzi a quella meraviglia, e cominciò a correre e saltellare per tutta la stanza.
 
« È stupendo! »
 
Shouto sorrise e subito richiamò l’attenzione del fratello.
 
« Guarda qui. »
 
Allungò il piede destro verso il centro esatto della stanza, creando così una distesa di ghiaccio lungo tutto il pavimento.
I poteri di Shouto erano incredibili, e col passare del tempo, il potere del ghiaccio stava diventando più semplice da controllare e domare. Non osava fare nulla di troppo avventato, perché era ancora troppo giovane e acerbo per controllare qualcosa di così grande, ma a piccoli passi stava facendo ugualmente del suo meglio.
Col suo lato destro, s’intende.
Il sinistro era ancora difficile da utilizzare.
 
Il principe Shouto era nato con due poteri: il suo lato destro avrebbe avuto pieno potere del ghiaccio, quello sinistro del fuoco.
Eppure coordinare entrambi era ancora così difficile. Motivo per cui non azzardava, si limitava solo a giocare.
Per il bene di tutti.
 
Riempì l’intera stanza di neve, in modo che entrambi potessero creare pupazzi di neve, o sculture di ghiaccio. Dabi adorava quando Shouto creava draghi di ghiaccio, da cui faceva spuntare le fiamme dalla bocca; erano quelli i momenti in cui inscenavano battaglie in cui loro mostravano tutto il loro valore.
Shouto gli creava spesso anche spade di ghiaccio, e scudi di ghiaccio, che Dabi era costretto a tenere con i guanti, o gli si sarebbero incollati alle mani.
Erano guanti speciali, creati appositamente per consentirgli di giocare con lo stesso.
 
Una volta sconfitto il drago, Dabi fece per buttarsi contro un mucchio di neve.
 
« Prendimi! »
 
« Preso! »
 
Shouto sorrise e creò una piccola duna sopra la quale Dabi riuscì a saltare. Poi un’altra, poi un’altra ancora, perché quell’avventuroso di suo fratello doveva per forza dimostrare di essere diventato un bravissimo combattente, capace di saltare ovunque senza fermarsi, capace di fuggire o salvare la sua futura principessa.
 
« Ancora, ancora! »
 
« A – aspetta. »
 
Non riusciva a coordinare il tutto per troppo tempo. Come già detto, era ancora acerbo sotto quel punto di vista, e la grandezza dei suoi poteri pareva aumentare giorno dopo giorno. Cresceva con lui, ma più veloce rispetto a lui. E diventava incontrollabile se non usato con cautela, ma Dabi era troppo entusiasta per potersi fermare e lasciare respirare suo fratello.
Non si rese conto che Shouto cominciò a mostrarsi sofferente, sebbene glielo stesse facendo presente, chiedendogli di fermarsi, o comunque di saltare e correre più piano.
 
Shouto cercò di resistere in tutti i modi.
Ce la mise tutta per non pensare al fatto che la testa stesse cominciando a girare vorticosamente, e i muscoli a diventare doloranti.
Ma non ci riuscì, perché anche la stanchezza divenne più forte di lui.
 
« Piano, Dabi! »
 
Si sbilanciò e cadde all’indietro, ma non ebbe il tempo di dire a Dabi di fermarsi. Né Dabi notò del malessere del fratello.
Anzi, dal momento che l’altezza delle dune create da Shouto era aumentata di volta in volta, si preparò al lancio decisivo, proprio da quella più alta.
Ma Shouto era già per terra, col braccio tremante. Eppure se non si fosse mosso, Dabi si sarebbe rotto ogni singolo osso presente in corpo, e non poteva restare con le mani in mano.
 
« Dabi! »
 
Involontariamente, e per istinto, allungò la mano sinistra nel vano tentativo di riuscire ad alzarsi. Cercò di usarla come leva.
Ma la paura gli giocò un terribile scherzo, e dalle sue dita si sprigionarono fiamme incontrollabili che si scagliarono contro suo fratello, facendolo prima cadere, e bruciando la sua pelle nello stesso momento.
Shouto sgranò gli occhi e subito creò una tempesta di neve che immediatamente spense il fuoco e si posò sulla pelle ardente di Dabi, che per lo shock e il dolore rimase immobile, per terra, tra il ghiaccio e la neve che cominciava a sciogliersi.
 
Il viso di Dabi era arrossato, anche il suo collo lo era, e i suoi capelli si erano bruciati. Alcuni, almeno.
Gli altri cominciarono a diventare neri, e Shouto si sentì mancare dinanzi a quella diavoleria.
Si alzò con fatica e corse verso di lui, afferrandolo fra le braccia, posandogli la mano fredda sulle zone bruciate, in modo da dargli sollievo, mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance, fino a scivolare via ed infrangersi sul viso distrutto di suo fratello.
 
Un singhiozzo gli scosse le spalle.
 
« Madre! Padre! »
 
Improvvisamente, tutto intorno cominciò a congelarsi, mentre Shouto continuava a stringere Dabi, pregando affinché non morisse.
 
« Tranquillo Dabi. Ci – ci sono io. »
 
 
 
 
 



 










Angolo Adeloso: io spero non mi odiate per questa uscita, ma SCUSATE IO DOVEVO, EH!
Non so chi di voi possa pensare che effettivamente Dabi sia un Todoroki, ma scusate io la voglio pensare così perché questa storia mi fa feelsare assai.
Voglio dare delle spiegazioni, però: ci tengo a ricordare che queste storie sono delle AU, quindi in questo caso Dabi è più giovane di Shouto. So che nella realtà non è così, ma proprio perché è un AU, ho pensato di potermi sbizzarrire.
In generale avevo pensato di scriverla invertendo i ruoli, e se vi piacerà l’idea mi sa proprio che lo farò. Chiaramente prendendo in esame un’altra scena.
Vorrei dilungarmi ancora a parlare, ma venerdì ho un esame e devo correre a finire di ripassare le ultime cosine che fatico a ricordare, ergo, se avete domande, scrivetele pure nelle recensioni, non esiterò a rispondere!
Altra piccola cosa: mi sarà impossibile postare mercoledì prossimo, ergo per la settimana prossima, vi grazierò e posterò lunedì. ~
A presto!
 
Adele ✿

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Capitolo 4
*** - barely even friends, then somebody bends. ***


° • ● ❀ My Disney Academia    °







Chapter #4;



 
 
 
- Barely even friends, then somebody bends.
 
 
 





Quando Tsuyu fece ingresso nella sala grande, aveva indosso il meraviglioso vestito giallo che le avevano fatto indossare tutti i servitori del castello.
I suoi lunghi capelli verdi erano raccolti solo in parte, in modo da lasciare il viso libero, e il resto della lunghezza lì a coprire le spalle nude. Le guance erano arrossate, non si sa se per qualche velo di trucco, o per la dolcissima sensazione di innocente imbarazzo che si fece strada in lei quando alzò lo sguardo e lo vide lì, intento a fissarla con attenzione.
 
Era bellissima.
 
Dark Shadow non osò spostare gli occhi da nessun’altra parte, perché ogni particolare perso sarebbe stato un terribile errore. Così come sino a quel momento lo era stata tutta la sua intera esistenza senza di lei.
Lei, che in quel minuto camminava giù per le scale, accompagnata da quell’aura di purezza unica che in nessun altro essere umano era mai stato capace di trovare.
 
Tsuyu arrivò al primo piano della rampa di scale, proprio dove entrambe le ale del castello si ricongiungevano, e si fermò lì, continuando a guardare il principe.
 
Dark Shadow ci mise qualche minuto, prima di capire di dover andare, di doverla raggiungere. Fu spinto da Denki, che dovette fare attenzione a non bruciargli il vestito con le sue lanterne.
Fece un profondo respiro, e raggiunse Tsuyu, la quale si inchinò non appena lo vide dinanzi a sé. Dark Shadow fece un inchino a sua volta, offrendole poi il braccio per accompagnarla lungo il resto della scalinata.
 
Tutti i servitori erano lì a guardarli, a guardare quel che si poteva finalmente chiamare miracolo.
In fondo alla sala, Kyouka col suo violino cominciò ad intonare una melodia di accompagnamento, e poco più vicino alle scale, sopra il carrellino del tè, Inko e Izuku si godevano la scena dalla prima fila.
Fu proprio Inko che, accompagnando la melodia, cominciò a cantare senza mai staccare gli occhi da quel piccolo miracolo.
 
È una storia sai,
vera più che mai.
 
 
Dark Shadow condusse Tsuyu fino al centro della sala, senza mai lasciare la sua mano, senza smettere di guardarla un solo secondo. Come se fosse sotto l’effetto di un altro sortilegio, ma dolce, dolce come il miele.
 
Sono amici e poi,
uno dice un noi
tutto cambia già.
 
 
Cenarono insieme, come previsto. E quando Dark Shadow mostrò di aver appreso come mangiare servendosi di un cucchiaio, coordinando i movimenti senza avere difficoltà per via del becco, Tsuyu gli sorrise radiosa.
Sorrise perché sapeva perfettamente quanto si fosse impegnato e quanto si stesse impegnando. Era tangibile, era cambiato completamente.
Lo aveva fatto per lei, grazie a lei, e quella consapevolezza non poteva che riempirle il cuore di immensa gioia.
 
È una realtà
che spaventa un po’.
Una poesia piena di perché
e di verità.
 
Sentendosi impaziente per via di tutte quelle emozioni, non si curò neppure di finire la cena: si alzò da tavola e raggiunse Dark Shadow al suo posto.
Gli prese le mani e lo costrinse ad alzarsi, a seguirla nella sala grande, quella principale, quella fatta proprio per un ballo.
 
Si misero proprio al centro esatto, e Tsuyu posizionò le mani di Dark Shadow sul suo corpo, guidandolo ancora, perché lui, dopo tutti quegli anni di eterna e amara solitudine, aveva persino dimenticato come si ballasse. Si sentiva profondamente nervoso, e si ritrovò anche a deglutire rumorosamente prima di cominciare a danzare.
Ancora una volta, fu Tsuyu a fare il primo passo.
 
Ti sorprenderà
come il sole ad Est.
Quando sale su e spalanca il blu
dell’immensità.
 
Poi però ne bastarono pochi per creare quella complicità unica ad entrambi.
Bastarono davvero pochi passi per farli racchiudere nel loro mondo, eliminando ogni imbarazzo, spogliandosi di ogni paura, ma rivestendosi dei sogni più belli che si potessero avere.
 
Stessa melodia,
nuova armonia,
semplice magia che ti cambierà,
ti riscalderà.
 
 
 
I loro occhi divennero un tutt’uno. Tsuyu non aveva smesso di specchiarsi in quelli scuri di Dark Shadow, e questi non aveva mai visto quelli della giovane brillare così tanto. E ad ogni giravolta tutto pareva annullarsi, lei l’unica immagine nitida.
Tsuyu gli sorrise e poi, finalmente, abbassò le palpebre per brevissimi secondi. Quegli stessi secondi che precedettero il gesto che fece tremare l’anima di Dark Shadow; la giovane poggiò la testa contro il suo petto, lasciandosi stringere e proteggere da quelle braccia che avevano finalmente smesso di incutere terrore.
Erano diventate casa.
 
Quando sembra che
non succeda più,
ti riporta via
come la marea
la felicità.
 
Dark Shadow sgranò gli occhi, e incredulo dinanzi a quel gesto così umano e innocente, si voltò immediatamente verso Denki e Iida, guardandoli da lontano, sorridendo dinanzi alla loro completa approvazione.
Così, anche se in modo impercettibile, la strinse a sé. Forse, in cuor suo, sperando di poterlo fare davvero per sempre.
 
Izuku si strinse alla sua mamma, sentendo già gli occhietti pesanti.
Denki ordinò a tutte le candele del castello di affievolirsi, in modo da creare un’atmosfera ancora più magica, mentre Tsuyu e Dark Shadow scioglievano quel dolce abbraccio, per dirigersi verso la finestra che si affacciava sul giardino del castello.
 
Ti riporta via,
come la marea,
la felicità.
 
 
Dark Shadow l’accompagnò in balcone, e pensò che osservare Tsuyu al chiaro di luna fosse una delle immagini più belle, pure e preziose che il destino avesse voluto riservargli. Si schiarì la voce, si avvicinò lentamente verso di lei e le prese le mani.
 
« Tsuyu … Tu – pensi di essere felice, qui, con me? »
 
La ragazza sorrise e annuì debolmente.
 
« Sì. »
 
Ma inevitabilmente, volse lo sguardo verso l’orizzonte. E il picco di felicità raggiunta dal cuore di Dark Shadow, parve sprofondare negli abissi per l’ennesima volta.
Cercò il suo sguardo, perché no, non avrebbe più accettato di non saperla felice lì accanto a lui.
 
« Cosa c’è? »
 
Tsuyu sospirò affranta.
 
« Se solo potessi rivedere mio padre. Solo per un momento. Mi manca così tanto. »
 
Il principe si strinse nelle spalle e si sentì colpevole fino al midollo osseo. Perché la causa di quell’atroce mancanza era solo lui. E a quel punto doveva rimediare. E lui sapeva come rimediare.
Sorrise e richiamò la sua attenzione stringendole le mani.
 
« C’è un modo. »
 
Senza vergogna alcuna, la guidò verso l’ala ovest del castello. Quella proibita a tutto il resto del mondo, ma non più a lei, che era diventata il suo, di mondo.
Sul tavolinetto sopra il quale era posizionata la rosa, c’era anche lo specchio con cui era solito guardare gli altri da lontano, senza mostrare il suo essere malvagio.
Mise lo specchio fra le mani di Tsuyu.
 
« Questo specchio mostra qualsiasi cosa, qualsiasi cosa tu voglia vedere. »
 
Tsuyu lo strinse e lo avvicinò a sé.
 
« Desidero vedere mio padre, ti prego. »
 
Pronunciò quelle parole senza alcuna esitazione, e chiuse gli occhi quando i bagliori magici apparvero sullo specchio fatato. Immediatamente le immagini cominciarono a prendere forma, diventando via via più nitide, lasciando spazio a quel che aveva temuto dal momento in cui era dovuta restare lì.
Suo padre era perso da qualche parte nella foresta. Era senza provviste, né coperte, e tossiva ininterrottamente mentre il vento gelido non gli lasciava un attimo di tregua.
 
Sgranò gli occhi inorridita, e Dark Shadow ebbe paura. E un enorme e profondo senso di colpa.
 
« Oh no. È malato – forse sta morendo ed io non sono con lui. »
 
Il panico la invase, il dolore al petto le provocò la stessa morsa che l’aveva tormentata durante i primi giorni, quelli che lei stessa aveva definito una prigionia a tutti gli effetti.
Dark Shadow si voltò verso la rosa, e quella stessa fitta dolorosa la sentì anche lui. Amplificata il doppio.
Perché era tutta solo ed esclusivamente colpa sua.
 
Guardò la rosa.
Era prossima ad appassire una volta per tutte.
Ma guardò anche dentro di sé, forse per la prima volta in tutta la sua vita.
 
« Allora devi andare da lui. »
 
Tsuyu sollevò lo sguardo, esterrefatta.
 
« Che cosa hai detto? »
 
« Che ti lascio andare. Non sei più mia prigioniera. »
 
« Vuoi dire che – sono libera? »
 
Dark Shadow sospirò, e al contempo il suo cuore si frantumò in mille pezzi.
 
« Sì. » 
 
Tsuyu gli posò una mano sulla sua.
 
« Oh, grazie », e poi si rivolse verso lo specchio: « stai tranquillo, papà, sto per arrivare. »
 
Prima di allontanarsi, porse di nuovo lo specchio al principe, che però scosse il capo e lo lasciò fra le mani della giovane.
 
« Portalo con te. Così avrai sempre un modo per guardare indietro e ricordarti di me. »
 
Lo disse mentre le passava le mani fra i lunghi capelli. Mentre la guardava negli occhi e ci vedeva tutto l’Amore che aveva sempre bramato.
Tsuyu gli sorrise.
 
« Grazie per aver capito che mio padre ha bisogno di me. »
 
Un’ultima carezza al suo viso, e la vide correre via, verso la sua stanza, presumibilmente per cambiarsi e partire subito.
 
Iida fece ingresso nella sala in cui si trovava il principe, zompettando in modo goffo, cercando di non rovinare i suoi ingranaggi.
 
« Ohohoh, bene sua altezza, devo dire che tutto sta procedendo a meraviglia, sapevo che ne era capace, ah! »
 
Ma Dark Shadow non si voltò.
Rimase a fissare l’orizzonte, lo stesso da cui presto l’avrebbe vista sparire.
 
« L’ho lasciata andare. »
 
Iida, però, non afferrò subito quella volta.
 
« Ahah, sì sì, splendido … Che cosa? Come avete potuto farlo? »
 
Chiese sconvolto.
Il padrone continuò a non voltarsi, facendo da scudo alla rosa.
 
« Ho dovuto. »
 
« Sì, ma ma ma ma – perché? »
 
E in un sussurro letale, più affilato di una lama, le parole di Dark Shadow frantumarono gli ultimi resti di quel cuore già troppo martoriato.
 
« Perché ne sono innamorato. »
 
 
 



 









Angolo Adeloso: come promesso, eccomi in anticipo questa volta. E considerato che la storia scorsa pare non sia piaciuta molto, oggi non posso che augurarmi che questa possa allietarvi.
So che per ora pare io stia portando avanti il festival dell’angst, ma al peggio non c’è mai fine, meheheheh! Le storie più allegre arriveranno, ve lo giuro.
Sì, oggi non ho davvero troppo da scrivere, se non che mi auguro che anche questa ship vi piaccia.
A mercoledì prossimo!
 
Adele ✿ 

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Capitolo 5
*** - tensei is here. ***



° • ● ❀ My Disney Academia    °





Chapter #5;
 
 
 
- Tensei is here.
 
 



«Perché lo avete fatto? Lo avevo in pugno! »
 
« Quello che hai fatto non era nei nostri accordi. »
 
Kirishima tuonò quelle parole con una decisione mai vista prima. Guardò negli occhi Tenya, che però continuava a camminare avanti e indietro per via dell’imminente crollo di nervi. Mina avanzò verso Tenya e gli si rivolse con altrettanta durezza, forse nel vano tentativo di farlo ragionare, di fargli capire che quel che aveva cercato di fare è assolutamente sbagliato.
 
« Il nostro piano era acciuffarlo. Tutto qua. »
 
Ma Tenya parve irremovibile; scosse il capo e sbottò ancor più nervoso di prima.
 
« Ho sbagliato a farmi aiutare da voi -. »
 
Si voltò verso Koda, ignorando completamente il resto della squadra.
 
« Koda, trova Shinsou! » 
 
Koda sollevò la testa e dal vetro del suo casco si proiettarono alcuni calcoli sconnessi, che non gli permisero di eseguire l’ordine richiesto da Tenya.
 
« Il mio scanner potenziato è fuori uso. »
 
La sua voce metallica rimbombò in tutto l’ambiente, e Tenya pensò di impazzire. Imprecò ad alta voce e si arrampicò sulla schiena del robot, posizionandosi in modo da poterlo pilotare in sicurezza.
 
« Ali! »
 
Koda le azionò immediatamente, accendendo i motori che gli avrebbero consentito di volare ovunque Tenya avesse voluto.
 
Sero si avvicinò timoroso, cercando ancora una volta di farlo ragionare.
 
« Tenya, non faceva parte del piano, noi -. »
 
« VOLA! »
 
E Koda si levò nell’aria, lasciando gli altri ragazzi lì, che ancora continuavano ad urlare a Tenya di ragionare, ma lui in quel momento, invaso da quella rabbia cieca, di ragionare non aveva più voglia. Facile parlare per loro.
Non avevano perso un fratello nel modo più atroce e ingiusto che si potesse immaginare. Quindi no, non aveva più nulla da fare con loro. Doveva sbrigarsela da solo.
Ormai era solo una questione di principio.
 
-
 
Arrivarono nello scantinato in cui Tenya aveva costruito tutta l’armatura di Koda, e dovette servirsi di una scaletta per poter raggiungere la sua testa e sfilargli via il casco. Non proferì alcuna parola quando con un colpo secco scaraventò per terra tutti gli oggetti presenti sulla scrivania sopra la quale poggiò il casco per poterlo collegare al computer e fare un velocissimo aggiornamento.
 
Dietro di lui, però, Koda non perdeva un singolo secondo per prendersi cura di lui e del suo stato emotivo. Lo scannerizzò come suo solito fare.
 
« La tua pressione sanguigna è alta. Sembri essere sotto stress. »
 
Tenya scosse ancora il capo e lo mandò al diavolo mentre scollegò il casco dal computer per poterglielo rimettere in testa.
 
« Sto bene. »
 
Salì di nuovo sulla scaletta, gli rimise il casco e con una certa impazienza glielo sistemò in modo da far partire il collegamento con lo scanner potenziato.
 
« Ecco. Ora funziona? »
 
Koda parve fare un brevissimo ma accurato check-up di tutta la situazione, prima di rispondere nuovamente.
 
« Il mio sensore è: operativo. »
 
« Bene. Quindi ora -. »
 
Tenya aveva di nuovo cominciato a pressare il dito contro l’entrata per il lettore dei chip. Koda, però, parve non farlo più funzionare.
 
« Cosa? »
 
Tenya insistette con una certa foga, cercando di pressare maggiormente, cercando di aprirlo con la forza, e con tutta la rabbia che ancora continuava a ribollire in lui.
 
« Vorresti rimuovere il mio chip di operatore sanitario? »
 
Tenya continuò con insistenza.
 
« Sì. Apri! »
 
Koda abbassò lo sguardo, come se potesse realmente vederlo con degli occhi veri.
 
« Il mio scopo è guarire i malati e i feriti. »
 
« Koda, apri il portello d’accesso! »
 
« Tu vuoi che io sopprima Shinsou? »
 
« Ti ho detto di aprirlo. »
 
Dinanzi, però, alla resistenza di Koda, Tenya provò addirittura a cercare di smontargli l’armatura, pur di togliere quel maledetto chip dal suo sistema.
Nonostante tutto, però, Koda non gli consentì di aprire il portello d’accesso.
 
« Sopprimere Shinsou migliorerà il tuo stato emotivo? »
 
« Sì! »
 
Poi però per un secondo, per un brevissimo e intenso secondo, Tenya parve davvero fermarsi un attimo e pensarci sul serio.
 
« No – non lo so! Apri il portello! »
 
Ma pareva essere diventato più nervoso e impaziente di prima. Perché tutti, chiunque si stava mettendo contro di lui e contro il suo voler rivendicare suo fratello. Perché Tensei era morto, e quello schifosissimo Shinsou era ancora tra i piedi.
 
« È questo quel che desiderava Tensei? »
 
« Non importa! »
 
« Tensei mi ha programmato per -. »
 
« TENSEI NON C’È PIÙ! »
 
Sbatté i pugni contro il torace privo di armatura di Koda, facendolo quasi indietreggiare. Per la frustrazione e il dolore, dovette appoggiare la fronte contro di lui.
Era stanco.
Era distrutto.
E Tensei gli mancava sempre e solo di più.
 
Nessuno pareva capirlo.
Nessuno di fatto era in grado di capire il dolore che da quel giorno non aveva smesso di lacerarlo.
La vista gli si annebbiò, ma cercò di ricacciare indietro le lacrime.
 
« Tensei … Non c’è più. »
 
Koda, però, non pareva del medesimo avviso.
 
« Tensei è qui. »
 
Tenya scosse debolmente il capo, sentendo il proprio cuore frantumarsi parola dopo parola.
 
« No. Lui non è qui. »
 
Quelle parole furono quasi un sussurro straziato.
Ma ancora una volta, Koda decise di prendersi cura di lui.
 
« Tensei è qui. »
 
Proprio all’altezza di quella che si sarebbe potuta considerare la sua pancia, cominciarono ad essere proiettate delle immagini.
Tenya sgranò gli occhi e immediatamente prese ad osservarle, mentre una potente scarica di brividi lo invase per intero.
 
« Io sono Iida Tensei e questo è il primo test del mio progetto di robotica. »
 
Poi lo vide avvicinarsi a Koda, azionandolo per tentare di farlo parlare, per vedere se tutti i suoi sforzi fossero serviti a qualcosa.
Tenya non staccò lo sguardo da quelle immagini neppure per un solo secondo.
Il primo esperimento, però, si rivelò un disastro, perché quando Koda cominciò a parlare, qualcosa danneggiò l’audio che cominciò a provocare rumori striduli e atroci, che portarono Tensei a spegnere tutto prima di rimetterci le orecchie.
 
Tenya lo guardò ancora, e un angolo della sua bocca si sollevò. I filmati cominciarono a scorrere uno dopo l’altro.
 
« Il settimo test del mio esperimento di robotica!»
 
Anche lì, però, quando Tensei provò ad azionare Koda, questi cominciò ad agitare gli arti senza un controllo, portando il ragazzo a spegnere nuovamente tutto per non rimetterci, quella volta, l’osso del collo.
 
« Sono sempre Iida Tensei, e questo è il trentatreesimo test del mio progetto di robotica. »
 
Quella volta lo disse con delle occhiaie spaventose e una voce davvero poco pimpante. Tenya ricordò con esattezza quel periodo: Tensei era persino rimasto a dormire a scuola alcune notti, pur di finire e perfezionare quel progetto. Lui però era troppo giovane per comprenderne appieno la fatica.
Anche quell’esperimento andò male, da Koda cominciarono a partire saette strane, che ancora una volta comportarono il blocco dell’esperimento.
 
« Non mi arrenderò, amico mio. Tu non lo sai ancora, ma tu servi al mondo, quindi torniamo al lavoro. »
 
Tensei aveva una torcia in mano, in quel video. Era notte fonda, ma stava comunque lavorando al suo progetto senza sosta.
Gli occhi di Tenya si fecero madidi di lacrime, mentre Koda continuava a mostrargli tutte le riprese effettuate durante la sua fase sperimentale.
 
« Sono – Iida Tensei e questo è l’ottantaquattresimo test … Che racconti ragazzone? »
 
Era distrutto, in quell’ultimo video. E con una faccia quasi rassegnata, attivò nuovamente Koda.
 
« Ciao! Io sono Koda, il tuo operatore sanitario personale. »
 
L’espressione di Tensei era incredula in un primo momento, ma a Koda era bastato ultimare la frase per far riempire di gioia e orgoglio i suoi occhi stanchi, ma adesso più felici che mai.
 
« Funziona! Ma è meraviglioso tu – tu funzioni! »
 
Gli stampò persino un bacio per via della contentezza, mentre continuava a saltellare e a esclamare che sì, lo sapeva, lo sapeva che prima o poi ci sarebbe riuscito.
 
« Okay, okay, è un grande momento: scansionami. »
 
Come di norma, a Koda bastarono pochi secondi per effettuare la scansione e decretare il suo stato di salute.
 
« Il livello dei tuoi neurotrasmettitori è: elevato. Questo significa che sei: felice. »
 
« Eccome! Io sono felicissimo. Oh cavolo… aspetta che ti veda mio fratello. Aiuterai molta gente, amico mio. Tantissima. E per ora è tutto: sono soddisfatto del trattamento. »
 
Le lacrime finalmente rigarono le guance di Tenya, che nonostante il forte dolore al petto, continuava a guardare quelle immagini sorridendo.
Poggiò una mano sul viso di suo fratello, finché Koda non lo fece sparire.
 
L’immagine sparì.
Ma Tensei rimase lì.
Con lui.
Per sempre.
 



 









Angolo Adeloso: buongiorno e buon primo agosto! Mi auguro che stiate passando delle bellissime vacanze. ~
Io la scorsa settimana sono stata in montagna dai nonni, e sì, mi sono rilassata abbastanza. Stesso motivo per cui ho postato il lunedì la volta precedente.
Oggi invece mi sono presentata con questa chicca super feelsosa che, lasciatemelo dire, ci stava tutta. Il rapporto tra Iida e suo fratello mi ha colpito sin dal primo istante e non ho potuto non pensare a Big Hero 6. Ho trovato davvero molte analogie fra di loro, e se non avete mai visto Big Hero 6, vi consiglio di correre immediatamente.
Una storia commovente e davvero piena di analisi della psiche umana. Lo trovo veramente un gran bel film!
Vi scrivo dove potete recuperare la scena, dato che le volte precedenti sono stata così sbadata da averlo dimenticato: da 01:11:25 a 01:15:00.
Bene, che dire, mi auguro vi sia piaciuta!
La prossima conto di postarla sempre mercoledì, ma dal momento che sarò al mare potrebbero esserci problemi, credo. Nel caso, sappiate che non sono affatto sparita, ma la shottina settimanale arriverà comunque.
Un biscottino per voi. ~
 
Adele ✿

 

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Capitolo 6
*** - know who you are. ***


 
° • ● ❀ My Disney Academia    °



Chapter #6;
 
 
 
- Know who you are.
 
 
 
Ochaco si risvegliò stordita.
Le sembrò anche di aver perso completamente la cognizione del tempo e del luogo in cui si trovasse.
Non sapeva per quanto fosse rimasta priva di sensi, e solo dopo essere riuscita a mettere a fuoco, si rese conto che no, non era colpa della sua vista offuscata: tutt’intorno c’era una fitta nebbia. Ed era buio pesto.
 
Sentì un rumore provenire dalla botola della barca, e quando la sollevò, trovò Denki stremato fra le noci di cocco e i caschi di banane. Ma era vivo, e questo le bastò per farle mettere il cuore in pace. Seppur scemo, restava comunque il suo fidato compagno di viaggio.
 
Seduto sul bordo della barca invece c’era Katsuki. Le dava le spalle, i suoi piedi erano in acqua.
Ochaco piegò il capo di lato e tentò di attirare la sua attenzione chiamandolo. Non sembrava avere una bella cera.
 
« Katsuki? »
 
Bastò, però, solo quel cenno per ottenere una risposta. Katsuki si sollevò dalla barca, mettendosi in piedi.
Tra le mani stringeva il suo amo, che però presentava una spaccatura lungo la curva, proprio tra la punta e il manico. La spaccatura  rilasciava saette violacee.
Lo sguardo di Katsuki era truce, buio, e immensamente furioso.
 
Ochaco sgranò gli occhi e sentì un fastidioso dolore al petto, misto ad un forte senso di colpa.
Pensò di dover dire qualcosa, ma non sapeva davvero cosa, e subito dopo si ritrovò a ringraziare mentalmente Katsuki per averlo fatto al suo posto. Sebbene il suo fosse più un ruggito sibillino che altro.
 
« Ti avevo detto di virare. »
 
Ochaco si strinse nelle spalle.
 
« Credevo che noi ce la facessimo. »
 
Katsuki però era irremovibile.
Un altro ruggito.
 
« Noi? »
 
Eccolo di nuovo quell’atroce senso di colpa che tornò a divorarle l’anima, specie nell’esatto istante in cui gli occhi adirati di Katsuki si puntarono nei suoi.
Non riuscì a reggerli: socchiuse le palpebre e abbassò lo sguardo, sentendo il dispiacere diventare più grande di lei.
Perché era colpa sua. Era tutta colpa sua.
 
« Credevo … di farcela. »
 
Sospirò affranta, ma si disse di voler proporre qualcosa per cercare di smorzare la tensione. Ci provò, almeno.
 
« Possiamo ripararlo. »
 
Non parve, però, una buona idea.
 
« È stato fatto dagli dei. Non si può riparare. »
 
Questa volta il tono della sua voce si fece ancora più duro. Non sapeva neppure lui cosa lo stesse trattenendo dal cominciare ad urlare, afferrarla e rilanciarla in acqua.
La guardò con astio che crebbe a dismisura quando si accorse che quella ragazzina stesse continuando ad insistere.
 
« La prossima volta staremo più attenti! Dabi è bloccato sulla barriera emersa. È comunque fuoco, non può entrare in acqua. Possiamo trovare un modo per aggirarlo. »
 
Ochaco si chinò per afferrare alcune funi al fine di sistemare la barca, ma ancora una volta la voce di Katsuki tuonò al punto da farle tremare le gambe e l’animo.
 
« Non tornerò indietro. »
 
Ochaco scattò in piedi.
 
« Ma dobbiamo rimettere a posto il cuore. »
 
A quel punto Katsuki cominciò a perdere il controllo.
 
« Il mio amo è incrinato. Un altro colpo e sarà distrutto. »
 
« Katsuki. Devi restituire il cuore. »
 
« Senza il mio amo non sono niente. »
 
« Ma non è vero -. »
 
« SENZA IL MIO AMO NON SONO NIENTE! »
 
Lo urlò così forte che per la prima, vera volta, ebbe paura di lui. Indietreggiò d’istinto, perché la voce di Katsuki avrebbe potuto intimorire chiunque e quella volta c’era riuscito con lei.
Le mostrò il cuore di Touya, e lo lasciò scivolare sul pavimento, senza volersene più curare.
 
La superò e si mise più vicino al bordo.
Ochaco recuperò il cuore, e fece un respiro profondo, lasciando da parte i sensi di colpa, facendo galoppare la razionalità che la portò ad alzare la voce a sua volta.
 
« Noi siamo qui perché tu hai rubato il cuore, solo per questo. »
 
« NO! Noi siamo qui perché l’oceano ti ha detto che sei speciale e tu gli hai creduto. »
 
Le ultime le ringhiò con tutta la rabbia presente in corpo, e solo in quell’attimo Ochaco raccolse tutto il suo coraggio prima di tornare a recitare quelle sue solite parole. Forse le uniche capaci di darle veramente la forza di cui aveva bisogno in quel momento.
Di cui entrambi avevano bisogno in quell’istante.
 
« Io sono Ochaco Uraraka. Tu salirai sulla mia barca -. »
 
« Addio, Ochaco. »
 
« Solcherai il mare -. »
 
Katsuki si voltò verso di lei, ignorando le sue parole, perché in quel momento quell’amo gliel’avrebbe davvero spaccato in testa, nel vano tentativo di farla ragionare.
 
« NON MORIRÒ PERCHÉ TU POSSA DIMOSTRARE CHE SEI QUEL CHE NON SEI! »
 
« E RESTITUIRAI IL CUORE DI TOUYA -. »
 
Le ultime parole si ritrovò ad urlarle tra le lacrime, mentre gli puntava il cuore contro.
 
« L’OCEANO HA SCELTO ME! »
 
Ma Katsuki le diede il colpo di grazia.
 
« Ha scelto male. »
 
Lo disse guardandola negli occhi, e Ochaco giurò di averla vista quell’espressione tipica di chi stava dicendo proprio tutto quel che stesse pensando.
Trattenne il fiato e sentì il proprio cuore spezzarsi.
 
Katsuki le diede di nuovo le spalle, ma quando fece per mettere in funzione l’amo, questi rilasciò una saetta che lo costrinse ad indietreggiare. Strinse i denti, e finalmente al secondo tentativo tornò a trasformarsi in un falco.
Si levò nell’aria, raggiungendo il cielo, accompagnato dall’urlo disperato di Ochaco che lo guardava dalla barca dispersa sull’oceano.
 
« KATSUKI! »
 
 
-
 
 
Non appena si ritrovò nei pressi di Touya, Ochaco vide il cielo farsi cupo, e nell’aria cominciarono a vedersi piccoli brandelli di cenere svolazzanti.
 
Aveva deciso di andare da sola. Insieme a Denki, sì, ma Denki non aveva alcun potere. In più, be’, era tonto abbastanza per restarsene al sicuro dentro la botola.
Aveva avuto un momento di atroce sconforto: l’abbandono di Katsuki era stato puro veleno da mandare giù, ma c’era riuscita.
La salvezza del mondo era nelle sue mani, e non poteva tirarsi indietro.
 
L’oceano l’aveva scelta.
L’intero mondo aspettava solo lei.
 
Indirizzò la barca verso la barriera emersa.
 
« Dabi non può raggiungerci in acqua. Superiamo la barriera emersa. E arriviamo a Touya. »
 
Sistemò per bene le funi, in modo da poter spiegare la vela quando necessario. Studiò per bene tutto il piano, narrandolo al povero Denki che continuava a guardare l’orizzonte senza sapere realmente cosa dire.
Solo quando furono davvero vicini alla barriera, Ochaco prese Denki per mano e lo riportò dentro la botola. Al sicuro.
 
Non appena fu sufficientemente vicina, Dabi sbucò e si elevò in tutta la sua altezza.
Si guardarono dritti negli occhi e proprio quando Dabi cercò di allungare il braccio contro di lei, Ochaco virò d’improvviso, schizzandogli prima dell’acqua addosso, e poi facendo sì che si sbilanciasse e infilasse completamente il braccio dentro il mare.
In quel modo riuscì ad avere un minimo di vantaggio, così navigò verso una delle insenature dentro le quali si sarebbe infilata per raggiungere Touya.
Ce ne erano due disponibili: una a destra e l’altra a sinistra. Provò immediatamente con quella a sinistra, ma quando Dabi riuscì a far bruciare di nuovo il proprio arto, le scagliò contro una palla di fuoco che la mancò giusto di qualche metro.
 
Lo scontro però fece agitare il mare, ma per fortuna il fumo che si creò riuscì a nasconderla dalla vista del mostro di fuoco, che si accorse solo troppo tardi che Ochaco gli stesse sfuggendo e che fosse quasi vicina all’insenatura.
Gli lanciò un’altra palla di fuoco, che però colpì le rocce della barriera, le quali cominciarono a crollare giusto mentre Ochaco con la sua barca era riuscita ad insinuarsi nell’insenatura per raggiungere Touya.
 
Le rocce caddero in mare e agitarono le acque al punto che Ochaco perse l’equilibrio e cadde sopra la barca, lasciandosi scappare, però, il cuore. Tentò di rialzarsi per prenderlo, ma le onde non glielo consentirono.
 
Ma nel momento esatto in cui pensò di averlo perso di nuovo, Denki sbucò dalla botola e lo afferrò tra i denti, voltandosi verso Ochaco che gli intimò di non mangiarlo almeno quella volta. Denki, da bravo, nonostante il mare agitato, la raggiunse e le consegnò il cuore.
 
Si ritennero persino fin troppo soddisfatti quando riuscirono ad uscire dalla strettoia che per poco non divenne la loro trappola mortale.
Ochaco guardò l’orizzonte.
 
« Touya -. »
 
Dabi, però, sbucò alle loro spalle, dal lato interno della barriera emersa. Lo fece urlando e distruggendo altre rocce, agitando le acque al punto da far capovolgere la barca e scaraventare Ochaco in acqua.
Dovette nuotare fino in superficie, e quando riuscì ad emergere, pensò di non poter avere neppure il tempo per prendere fiato: doveva girare la barca, doveva allontanarsi, doveva salvarsi, ma anche mettersi in piedi sulla barca capovolta non fu abbastanza da riuscire a farla voltare.
E Dabi stava scagliando un pugno di fuoco contro di lei, che non seppe più cosa fare, ancora una volta immobilizzata dal terrore di chi sapeva di stare per morire.
 
In lontananza, però, udì il grido di un falco gigante. Si voltò in direzione del suono, e davanti ai suoi occhi apparve Katsuki, che volò velocemente verso Dabi e col suo amo gli tagliò il braccio che stava per uccidere Ochaco.
 
« Katsuki! »
 
Questi prese le sembianze umane e atterrò sulla barca rovesciata, mantenendosi in perfetto equilibrio, approfittando del fatto che Dabi fosse rimasto leso fino a quando non si si sarebbe riformato l’arto dalle fiamme.
 
Ochaco si avvicinò e con un sorriso a trentadue denti lo guardò negli occhi.
 
« Sei tornato! »
 
Katsuki esordì con uno dei suoi soliti “Tsk!” Per poi guardare il suo piccolo se stesso tatuato sopra il cuore che gli fece l’occhiolino.
Ochaco però tornò seria.
 
« Ma il tuo amo. Un altro colpo e -. »
 
« Tsk!Dabi deve prima prendermi. »
 
Proprio in quel momento, si accorsero che l’arto di Dabi si stava già rigenerando dalle fiamme e subito Katsuki afferrò una delle estremità della barca col suo amo, girandola con la sua forza in modo da consentire ad Ochaco di raggiungere Touya.
 
« Ti guardo le spalle prescelta, vai a salvare il mondo! »
 
Ochaco afferrò le funi, ma prima di dividersi di nuovo, prima che potesse succedere altro, lo chiamò un’altra volta.
 
« Katsuki … ti ringrazio. »
 
E finalmente, dopo tempo, lo vide sorridere davvero.
 
« Tranquilla.»
 
 
 
 
 










Angolo Adeloso: okay, temevo avrei postato in ritardo, invece anche questa volta i pianeti si sono allineati, ahahahah!
Certo, non vi assicuro nulla per le settimane successive, probabilmente non sarò svizzera come sempre, ma ci tento!
Oggi vi ho proposto Oceania con una ship che a me piace abbastanza. Non è la mia preferita, però li troverei carini, se solo Katsuki fosse meno rabbioso, ahahahahah! In più, ho di nuovo menzionato Dabi perché è un personaggio che mi affascina tantissimo, e più leggo teorie sul suo conto, più mi affeziono a lui e voglio solo dargli tutto l’amore che merita, sigh.
Spero che questi accostamenti possano piacervi!
Detto questo, vi lascio con i soliti biscottini, sperando che il mio operato possa piacervi.
A presto!
 
Adele ✿

 

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Capitolo 7
*** - i’ll never kiss a frog. ***


 

° • ● ❀ My Disney Academia    °




 
Chapter #7;
 
 
 
- I’ll never kiss a frog.
 
 


 
Jiro aveva sorriso con tutta se stessa guardando Mina negli occhi, che da lontano le sussurrava platealmente quanto fosse contenta di star finalmente danzando col principe Denki.
La giovane aveva scosso il capo ed era tornata a dare un’occhiata alle varie canzoni che aveva scelto per i balli di quella sera.  Ci aveva pensato attentamente, voleva che la sua migliore amica vivesse un’emozione unica.
La stessa che avrebbe provato lei quando la sua sala concerti sarebbe stata finalmente piena, e lei li avrebbe inaugurati tutti con qualche assolo di chitarra, o -.
 
« Buona sera, Jiro. »
 
Jiro si voltò di scatto e vide la testa di un asino parlarle. Piegò il capo e quando il signor Hizashi si palesò, lei fece subito un inchino di cortesia.
 
« Oh, buonasera! »
 
« Festa meravigliosa, eh? »
 
« Buonasera signor Hizashi e – signora Nemuri. »
 
Il posteriore dell’asino prese a muoversi, e da lì dentro spuntò anche la signora Nemuri, collega e, a detta di Mina, presunta amante di Hizashi.
 
« Che musica meravigliosa! » Esclamò la signora, guardandosi intorno entusiasta.
 
Jiro sorrise e le sue guance si scaldarono.
 
« La ringrazio. Penso proprio che organizzerò vari balli in maschera nella sala concerti, non appena avrò firmato i vostri documenti. »
 
Ma entrambi i signori cambiarono espressione. Hizashi si schiarì la voce.
 
« Ahm – sì. Vede, quei documenti, ehm -. »
 
« C’è un’offerta migliore. »
 
La signora Nemuri lo disse senza curarsi di nulla. Neppure del sorriso che sparì completamente dalla faccia di Jiro.
 
« … Cosa? »
 
« C’è un acquirente che offre l’intera somma in contanti. »
 
Hizashi cercò di spiegare la sua posizione, ma l’espressione di Jiro si fece ancora più cupa.
 
« Insomma, a meno che non offriate di più entro mercoledì… »
 
« È un posto a cui direte addio. »
 
Jiro sentì il cuore spezzarsi, e lottò con tutta se stessa per trattenere le lacrime. Mina l’aveva persino truccata per quella sera.
Li vide allontanarsi, ma con passo deciso li raggiunse immediatamente.
 
« Voi – voi lo sapete quanto mi ci è voluto per mettere da parte quei soldi. »
 
Hizashi le sorrise nervosamente.
 
« È questo il punto, ecco perché è meglio che una ragazzina come te tenga le sue manine lontane da un affare di questa portata. State meglio dove siete. »
 
« Ma la scelta della musica è ottima. »
 
« No, un momento! Tornate subito qui, non potete andarvene! »
 
Mentre lo urlò, cercò di fermarli afferrando la coda di quel somaro che avevano deciso di portare in coppia. Solo che la coda si spezzò, e Jiro si sbilanciò cadendo contro il tavolo dei dolci, imbrattandosi tutto il vestito e il viso.
Sentì l’imbarazzo divorarla viva, e insieme al suo cuore, stavano cadendo a pezzi tutte le speranze, tutti i sogni.
Sentì le lacrime spingere con prepotenza dai suoi occhi, ma la voce di Mina richiamò la sua attenzione.
 
« Jiro, Jiro, ti prego, suona tu una delle tue melodie incanta – uomini … Oh! Che è successo? »
 
Mina la fissò con gli occhi sgranati, e subito si precipitò su di lei, aiutandola a mettersi in piedi.
Jiro cercò di spiegare qualcosa, ma da dire c’era troppo, e lei con le parole non era mai stata brava. Per nulla al mondo.
 
« I – io… »
 
« Oh, povera cara. AH! PRINCIPE DENKI, TORNIAMO SUBITO DOLCEZZA », gli urlò a distanza, e poi prese Jiro sottobraccio, trascinandola verso la sua stanza: « Ho proprio il vestito che fa per te. »
 
-
 
 
« Oddio Jiro, hai visto in che modo stava ballando con me? Una proposta di matrimonio non può tardare molto. GRAZIE STELLA DELLA SERA! »
 
Mina lo urlò e cominciò a sculettare davanti allo specchio per l’euforia. Poi afferrò il mascara e prese a ritoccare il proprio trucco.
 
« Sai, cominciavo a pensare che esprimere desideri alle stelle fosse una cosa da bambini, o da persone un po’ matt – oh. »
 
Da dietro il separé sbucò Jiro.
Con lo sguardo basso e ancora distrutto. A tratti in imbarazzo, perché così elegante probabilmente non ci sarebbe stata neppure al suo matrimonio.
Se mai ci sarebbe stato.
 
Mina le aveva prestato un vestito lungo, verde acqua, che le cadeva morbido lungo le gambe. Aveva persino i guanti abbinati.
Ed era bellissima.
 
« Che meraviglia! »
 
Jiro avanzò, passandosi una mano contro la nuca. Si fermò vicino al letto, stringendosi nelle spalle, tacendo più delle altre volte.
La voglia di piangere non era di certo finita.
 
« Sei bella come una magnolia a maggio. »
 
Mina afferrò una coroncina e gliela sistemò fra i capelli, e adesso sì che era una vera principessa.
 
« Sembra soltanto ieri che eravamo due bambine che sognavano sui libri di fiabe. E stasera i sogni finalmente si avverano. »
 
Jiro non disse nulla.
Perché avrebbe urlato a squarcia gola un potentissimo parla per te, che è tutto facile dato che sei ricca. Ma non era colpa di Mina. Le avrebbe solo detto cose cattive, e non voleva. Voleva bene a Mina, era la sua migliore amica.
Non meritava tanta rabbia.
 
« Be’, si torna nella mischia! »
 
Mina sistemò il corpetto in modo da mettere ancor più in risalto le proprie forme, e poi scappò via, dileguandosi con un: « fammi gli auguri! »
 
Jiro sospirò.
Poi, dalla tasca del suo cappotto steso sul letto, tirò fuori il volantino della sua ipotetica sala da concerti. Lo stesso che le aveva dato il suo papà.
Jiro’s.
 
Presa dal totale sconforto, pensò di voler restare ancora un po’ da sola. Camminò in balcone, affacciandosi per poter volgere lo sguardo in alto, dove c’erano le stelle.
Dove c’era suo papà.
 
Poi, guardando la stella più luminosa di tutte, un pensiero strano le balenò per la mente.
Alla fine tentare non può nuocere più di tanto, no?
Si guardò ugualmente intorno e si mordicchiò l’unghia del pollice, prima di stringere il manifesto contro il suo petto e cominciare a sussurrare un cantilenato: « ti prego, ti prego, ti prego. »
 
Quando, però, abbassò lo sguardo, accanto a sé si ritrovò… un ranocchio?!
Dopo lo stupore iniziale, mandò gli occhi in cielo e scosse il capo. Altro che fortuna, quella stella la stava proprio prendendo per i fondelli.
 
« Molto divertente. »
 
Poi si voltò verso il piccolo anfibio, e lo guardò con una finta aria ammiccante.
 
« Che si fa adesso? Per caso vorresti un bacio? »
 
Il suo tono era immensamente sarcastico. Perché, be’, era chiaro che non si aspettasse una risposta.
Che arrivò.
 
« Baciarsi non sarebbe male, sì. ~ »
 
Jiro urlò e immediatamente si allontanò col cuore in gola e le gambe tremanti. Cos’era quell’affare? Le rane non parlano!
Indietreggiò al punto che andò a sbattere contro una libreria della stanza di Mina, facendo cadere tutti i libri e i peluche riposti nei vari scaffali.
 
Il ranocchio balzò giù dalla ringhiera del balcone, e la raggiunse con un paio di salti.
 
« Oddio, scusa – scusami! Non volevo certo spaventarti, io -. »
 
Ma Jiro non rimase neppure ad ascoltarlo; prese a lanciargli ogni singola cosa che le capitasse sotto mano, perché quell’essere doveva per forza essere un demone o chissà che.
 
« Oh? No no no no – aspetta! Ehi, ferma un secondo! »
 
Schivò una marea di peluche, almeno tutti quelli che Jiro poté lanciargli.
 
« Hai un lancio molto forte principess – ehi! Metti giù quella scimmia! »
 
Quella volta, però, riuscì a beccarlo, pur non arrecandogli chissà quali danni. Finalmente, però, riuscì ad afferrare un libro e si alzò in piedi, cercando di raggiungerlo per poterlo uccidere una volta per tutte.
 
Il ranocchio però saltò via dal pavimento, e con un paio di balzi, salì sopra la superficie di una cassettiera, mentre Jiro continuava a tenere fra le mani quell’enorme volume.
 
« Ti prego, ti prego. Lascia almeno che mi presenti. »
 
Il ranocchio si diede un certo tono e si schiarì la voce prima di cominciare le presentazioni ufficiali, probabilmente nel vano tentativo di calmare la fanciulla che stava ancora pensando a come ucciderlo.
Si sollevò sulle zampe posteriori e cominciò a gesticolare in modo plateale.
 
« Io sono il principe Denki -. »
 
Ma Jiro non parve ascoltare, perché lo spiaccicò contro la superficie della cassettiera su cui si era eretto. Da sotto il libro, però, udì un sussurro ostinato.
 
« Kamirari Denki. »
 
Jiro tolse il libro e lo guardò ancor più sbigottita.
 
« Principe? Ma io non desideravo - », guardò la stella in cielo, e poi ebbe un’illuminazione: « Aspetta. Se – se tu sei il principe, chi – chi ballava il valzer con Mina, là sotto? »
 
Denki ci mise un po’ per riprendere i sensi, e scosse la testolina. Sospirò di nuovo in modo plateale.
 
« Io so solo che un attimo prima sono un principe, bello e affasciante, un ballerino coi fiocchi, e un attimo dopo - », scivolò intrecciandosi sulle proprie zampe: « sto inciampando su queste! »
Le puntò contro una zampa posteriore, e Jiro ebbe l’impulso di colpirlo ancora, ma Denki la fermò nuovamente, rannicchiandosi su se stesso per cercare di parare meglio il colpo, nel caso fosse arrivato.
 
« Aspetta aspettaaspetta! Conosco quella fiaba! »
 
Indicò il libro ancora fra le mani di Jiro.
 
« The fragipruto! »
 
Jiro inarcò un sopracciglio e poi lesse con calma il titolo del libro.
 
« … Il principe ranocchio? »
 
Denki le fece un cenno e Jiro gli diede fra le zampe il libro. Lo appoggiò al muro e aprì delle pagine a caso, ritrovandosi giusto verso la fine, proprio quando la principessa rompe l’incantesimo con un bacio.
 
« Mia madre me la faceva leggere dai domestici tutte le sere. »
 
Guardò per bene le figure lì rappresentate e si lasciò pervadere dall’entusiasmo.
 
« Sì, sì sì sì sì, eccola qui la soluzione: tu devi baciarmi. »
 
L’ultima frase si premurò di dirla con fare suadente, ma Jiro non ci trovò nulla di allettante in tutta quella situazione. Anzi, sentì già la nausea farsi strada in lei.
 
« Come scusa? »
 
Denki si sollevò di nuovo sulle zampe posteriori e camminò verso di lei.
 
« Ti piacerà, posso garantirtelo. A ogni donna piace il bacio del principe Denki. Increspiamo le labbr -. »
 
Ma si ritrovò a gracidare senza neppure rendersene conto. Era ranocchio da poche ore, non aveva ancora imparato a comandare gli istinti dell’essere un anfibio.
Cercò ugualmente di ricomporsi.
 
« … Questa è nuova. »
 
E le regalò un sorriso smagliante.
Ma nulla. L’espressione preoccupata e schifata di Jiro non osava affievolirsi.
 
« Senti. Devi scusarmi. Aiutarti mi piacerebbe molto. Solo che … Io non bacio i ranocchi. »
 
Si voltò dandogli le spalle, perché no, era una cosa davvero troppo disgustosa.
 
« Un momento, ma – là fuori in balcone, tu l’hai chiesto a me! »
 
« Perché non mi aspettavo una risposta! »
 
« Oh, ma devi baciarmi! Insomma, a parte il fatto che sono incredibilmente bello, e va bene, provengo anche da una famiglia di una ricchezza straordinaria. Ci sarà senz’altro una ricompensa che io possa offrirti; magari un desiderio che potrei esaudire? »
 
Jiro sgranò gli occhi e posò velocemente lo sguardo sul volantino del locale. E se la stella glielo avesse mandato proprio per questo motivo?
Se stesse cercando di fare esaudire davvero ogni suo desiderio?
 
Si voltò verso di lui, ancora con l’espressione schifata.
 
« … Solo  un bacio? »
 
Denki fece spallucce, o almeno per quanto gli fosse possibile farle nelle sembianze di una rana.
 
« Solo uno. A meno che tu non ne implorerai altri. »
 
E con quella linguaccia schifosa, si leccò da solo l’intero viso.
Era davvero una follia. Una gigantesca, schifosissima follia.
 
Trattenne il fiato e fece per avvicinarsi a Denki, ma ebbe l’infelice idea di aprire gli occhi per controllare la situazione e i brividi di ribrezzo le impedirono di andare avanti.
Avrebbe passato di sicuro i giorni successivi a vomitare.
 
Subito di allontanò di scatto, dovendo trattenere con estrema fatica un conato. Batté i piedi per terra e fece un respiro profondo.
 
« Va bene Jiro, ce la puoi fare, un bacio piccolo piccolo, solo un bacio piccolo piccolo, forza. »
 
Denki nel mentre ne aveva approfittato per spruzzarsi un po’ di profumo in bocca, giusto per rendere l’alito impeccabile.
Jiro invece attese un secondo.
Un ultimo secondo.
 
Poi si voltò di scatto, e senza volerci riflettere ulteriormente, posò le labbra su quelle di Denki, ed entrambi vennero avvolti da una luce accecante.
Solo che, quando essa cessò, Denki era ancora nelle sembianze di un ranocchio, e Jiro era … sparita?
Si affacciò dalla cassettiera, e sgranò gli occhi quando vide per terra il vestito della fanciulla.
Tremò, e se avesse potuto, avrebbe cominciato a sudare freddo.
 
« Oh santo cielo. »
 
Dal pavimento, invece, Jiro dovette tirarsi fuori dai vestiti per poter controllare la situazione.
 
« Non mi sembri tanto diverso. Ma come sei arrivato lassù? E come sono arrivata io quaggiù fra questa – AH! »
 
Jiro pensò di sollevare una mano, ma quella che si presentò davanti i suoi occhi fu una zampetta. Verde. Di un orribile verde.
Volse lo sguardo verso lo specchio, e un urlo si levò per tutta la stanza.
Era veramente diventata una rana?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 





Angolo Adeloso: prima di tutto vi chiedo assolutamente scusa per il ritardo. Dovevo postare la settimana scorsa, ma non ho avuto internet in nessun modo, quindi è saltato il turno. Il mio cinismo e la mia poca autostima mi fanno anche pensare che non se ne sia accorto nessuno, sigh. Ma ad ogni modo, dal momento che non riesco a cominciare qualcosa senza finirla, eccomi anche oggi qui con l’ennesima storiella.
Oggi è il turno de La Principessa e Il Ranocchio, film che ho amato con tutta me stessa. E se non l’avete mai visto, allora correte, perché lo trovo davvero prezioso. Avrei descritto altre scene, ma per evitare spoiler vari, mi sono buttata su questa, lasciando anche un finale assai aperto.
Spero davvero che possa piacervi!
A presto. ~
 
Adele ✿

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Capitolo 8
*** - … more broccoli? ***


Chapter #8;
 

 
 
- … more broccoli?
 
 
 



Twice si premurò di accendere entrambe le candele del candelabro in oro, raffigurante la faccia di Yuga.
Era tutto perfetto, e aveva apparecchiato la tavola in modo eccellente.
 
Toga fece il suo ingresso plateale, e quando la vide, non poté notare quanto fosse bella con quel lungo vestito viola e i capelli raccolti in quel modo. Be’, era il solito modo. Ma lei era sempre bella, quindi andava bene lo stesso.
 
« Allora, è tutto pronto per la serata? »
 
Glielo chiese sorridendo a trentadue denti, mostrando anche i suoi canini affilati, ma l’attenzione di Twice non pareva essere chissà quanto efficiente quella sera. Non che le altre volte fosse diverso anche lui, ma Toga pretendeva che fosse scrupoloso almeno per il loro colpaccio.
 
« Oh certo: inizieremo con una minestra e un’insalatina leggera, e poi si vedrà. »
 
Toga mandò gli occhi in cielo, afferrando il contenitore con l’insalata per posarlo con davvero poca grazia sulla tavola.
 
« Non mi riferivo alla cena! »
 
Diede uno sguardo fugace all’entrata della stanza e si avvicinò all’orecchio di Twice per sussurrare: « a quella cosa », e Twice parve rinsavire. Parve soltanto, però.
 
« Oh, certo, il veleno per Yuga, il veleno scelto appositamente per uccidere Yuga, Yuga e il suo veleno. »
 
Un secondo di silenzio e pura perplessità.
 
« … Quel veleno? »
 
« Sì, quel veleno! »
 
Lo tirò fuori dal grembiule con una semplice mossa.
 
« Eccolo qua. »
 
Le porse la boccetta piena di liquido purpureo e Toga cominciò a gasarsi, a non stare più nella pelle. I suoi occhi brillarono all’idea di quell’odioso imperatore morto su quel tavolo. Era una scena, a parer suo, quasi romantica.
 
« Eccellente! Due o tre gocce nel suo bicchiere, io proporrò un brindisi e lui morirà prima del dessert. ~ »
 
Cantilenò quelle parole agitando la testa, sentendo già le guance scaldarsi per l’eccitazione. Twice, però, ancora una volta parve non comprendere il vero senso della serata.
 
« Il che è un vero peccato, perché sarà una delizia. »
 
Toga mandò gli occhi al cielo ancora una volta, ma non fece in tempo a dire altro che una voce fastidiosa richiamò l’attenzione di entrambi.
 
« BOOM BOOM BABY! Diamo un senso alla serata; sono un re di larghe vedute, ma ho una fame che non ci vedo. »
 
Yuga fece il suo ingresso splendente, e si accomodò al tavolo poggiandovi sopra i piedi, ricordando al mondo che le buone maniere avevano tutt’altra interpretazione nel suo palazzo.
Sventolò la volta chioma dorata nell’aria prima di rivolgersi a Toga come se nulla fosse.
 
« Nessun rancore per il licenziamento, vero? »
 
Concluse la domanda col suo solito sorrisino che, a parer della ragazza, sarebbe stato ancora più simpatico se inciso con uno dei suoi coltelli. Ma anche quello sarebbe stato fatto a tempo debito.
 
« Assolutamente. »
 
Le estremità del suo sorriso felino quasi toccarono le orecchie, e lei poggiò le mani sul tavolo, chinandosi quanto potesse bastare per mettere in mostra la vistosa scollatura. Non che a Yuga fosse mai importato, in realtà. Probabilmente Twice si sarebbe ritrovato a sbavare di lì a poco, perdendo il senno e avvelenandosi da solo.
Fortuna che era stata licenziata lei perché mentalmente instabile.
 
« Twice, servi da bere all’imperatore. »
 
Il ragazzo annuì senza pensarci troppo – apparentemente.
 
« Bere … Ma ceeeerrrto. »
 
Le disse con sguardo e voce ammiccanti, e Toga sentì l’irrefrenabile istinto di sgozzare anche lui. Fortuna che l’imperatore era più idiota di Twice.
 
Twice andò in fondo alla sala, cominciando a sistemare le bevande in modo da poterle riconoscere. Quella di Yuga la mise più distante, e quando verso il veleno al suo interno, ci fu uno scoppio rumoroso che però non destò alcuno stupore nell’imperatore.
Portò il vassoio con le bevande e gli servì proprio la bevanda ricolma di veleno, ma notò che il nasino di Yuga cominciò ad arricciarsi, annusando qualcosa nell’aria.
 
« C’è qualcosa che brucia », gli disse, e Twice sgranò gli occhi all’inverosimile.
 
« I miei sformatini di spinaci! »
 
E fuggì così veloce che persino i capelli di Toga vennero mossi dal vento.
 
Restarono così loro due.
Yuga che giocherellava con una forchetta, e lei, dall’altro capo del tavolo che lo fissava, e le toccava doverlo immaginare morto pur di calmarsi.
L’imperatore però si schiarì la voce.
 
« In fondo sembra … simpatico. »
 
Toga continuò a sorridere, e pensò che se avesse continuato a sforzarsi così tanto, la sua bellissima pelle ne avrebbe risentito.
 
« Ehm … sì, infatti. »
 
« E quanti anni avrà? Una ventina? »
 
« N – non saprei dire. »
 
« SONO SALVI! »
 
Twice la salvò da quell’atroce e imbarazzante discussione. In mano aveva il vassoio pieno di sformatini che fiero presentò a tavola.
 
« Splendido! »
 
« Fantastico, bravo! »
 
« Ottimo lavoro -. »
 
Toga fece per avvicinarglisi, ma Twice la spostò con fare protettivo.
 
« Attenzione: sono ancora bollenti. »
 
Toga lo guardò, e sentì di andare su tutte le furie quando lo vide intento a servire quella fottutissima cena.
Finse di schiarirsi la voce, ma il suo parve più un ringhio assatanato.
 
« Twiiice. L’imperatore voleva bere. »
 
Twice parve tornare, ancora una volta, in sé.
 
« Oh certo … OH! Ma ceeeerrrto. »
 
Solo che non ricordò più in quale bicchiere l’avesse versata. Erano diventati improvvisamente tutti così equidistanti che  pensò fosse più saggio riformulare tutto da capo.
Afferrò il vassoio con le bevande e tornò nella postazione iniziale.
Yuga lo guardò allontanarsi.
 
« Ehi Twice, tutto bene là dietro? »
 
No, non andava per niente bene.
Da bravo idiota aveva versato l’intero contenuto della fiala in una delle bevande, ed ora non poteva di certo correre in laboratorio a prenderne un’altra. Così si disse fosse meglio mischiarle tutte. Ed intimare a Toga di non bere quella robaccia.
 
« Ecco, è che – MMMMMH! »
 
Prese un vaso con i fiori lì vicino e lo svuotò completamente sul pavimento, cercando di nascondere i rumori con quel verso molesto. Pensò che Toga stesse perdendo tutti i capelli per la crisi di nervi in quel momento, perciò si disse di dover inventare delle scuse plausibili.
Verso tutti i contenuti dentro il vaso, lo shakerò per bene e versò di nuovo quel mix letale in ogni singolo bicchiere, provocando piccole esplosioni di volta in volta.
 
« … Le bevande erano un filino … fredde, cioè, erano calde! »
 
Finalmente portò il vassoio al tavolo; servì l’imperatore e Toga, e infine prese l’ultimo bicchiere per sé.
 
« Ehi, avete visto oggi che gelo? Blu per dire blu. »
 
Toga finse una risatina.
 
« Sì, Twice, incantevole. »
 
La ragazza afferrò il calice e lo sollevò in aria.
 
« Propongo un bel brindisi. »
 
Yuga prese il calice fra le mani e ne annusò spensierato il contenuto.
 
« Lunga vita a Yuga. »
 
Lo disse con voce suadente, e subito dopo si passò la lingua sulle labbra. Specie quando Yuga cominciò a bere, ma Twice ci tenne a ricordarle di non bere quella roba, o sarebbe morta, e per farlo cominciò a gesticolare in modo ricolo, facendole chiedere di nuovo perché proprio a lei.
Con un gesto repentino, gettò la bevanda dentro un vaso, mentre Twice fece finta di berla, in realtà versandosela contro una spalla.
 
Yuga, però, la bevve tutta.
 
« Ah! Dissentante. »
 
Neppure un secondo dopo, cadde privo di sensi contro il tavolo.
Gli occhi di Toga cominciarono a brillare, e lei cominciò a saltellare sul posto.
 
« Evviva! Ottimo lavoro, Twice. »
 
Twice, però, stava ancora ammirando i suoi sformatini.
 
« Oh, è facilissimo, ti do la ricetta se vuoi. »
 
« Adesso sbarazziamoci del corpo. »
 
Ma non appena finì la frase, Yuga si sollevò di nuovo, e tornò in vita di nuovo. Fresco come una rosa. Splendente come era solito fare.
Toga trasalì e pensò che il cuore potesse scoppiarle in petto per la paura e il turbamento. Si poteva considerare uno zombie adesso?
 
« Duuunque, stavamo dicendo? »
 
« S- stavamo brindando alla vostra - vita. C – che possa essere lunga  e – in piena – salute. »
 
Ma mentre Toga parlava, le orecchie di Yuga si trasformarono, e di colpo si allungarono diventando animalesche.  Poi le mani divennero zoccoli. E il collo si allungò di colpo.
 
Twice lo fissò sconvolto, avvicinandosi con discrezione per poter osservare meglio.
 
« Grazie. Allora, che farai adesso? Dopo esserti divertita qui per tanto tempo. E aiutami a dire divertita, eh. »
 
Toga non fece caso neppure alle sue parole. Allungò la mano al vassoio accanto a sé, e afferrò due broccoli: uno lo tenne fermo, e con l’altro cominciò a colpirlo, cercando lo sguardo di Twice che proprio no, quella volta pareva proprio non capire.
 
« Sai, potrebbe essere difficile per una col tuo caratterino e i tuoi modi di fare, rientrare nel settore privato. Ehi Twice, dammene ancora un goccetto, fammi il favore, eheh! »
 
Giusto in quel minuto, anche la sua faccia mutò, e al posto di quel viso da schiaffi e randellate, c’era il muso orrido di un … LAMA?!
Continuò a far segno a Twice, servendosi dei broccoli, borbottando un quasi incomprensibile “dagli un colpo in testa”, ma quello non pareva più connettere.
Tanto da prendere un altro vassoio  pieno di broccoli e facendo per darglielo.
 
« … vuoi broccoli? »
 
Toga ringhiò, lanciò i broccoli per terra e gli fece segno di sbattergli quel vassoio in testa per far tacere quella lurida fogna ora a forma di lama.
E finalmente, Twice capì cosa fare.
Yuga stava ancora blaterando cose poco carine ed infinitamente sessiste nei confronti di Toga, la quale aveva deciso, per la salute mentale di tutti, di smettere di ascoltarlo. Twice gli sbatté il vassoio in testa, e finalmente Yuga cadde veramente privo di sensi sul tavolo.
 
Solo in quel momento Toga si alzò da tavola e lo raggiunse.
 
« Cosa? Un lama? Ma dovrebbe essere morto stecchito! »
 
Urlò, voltandosi verso un Twice che non pareva proprio essere convinto.
 
« Eh già, curioso… »
 
« Fammi vedere quella fiala. »
 
Twice le diede la fiala, e quando Toga fece per spiegare per bene il bigliettino illustrativo, notò che effettivamente c’era stato un grosso sbaglio.
 
« Ma questo non è veleno. Questo qui, è estratto di LAMA! »
 
Gliela lanciò in testa, e cominciò a colpirsi da sola per il crollo di nervi.
 
« Posso dire a mia difesa che i tuoi veleni si assomigliano un po’ tutti. » 
 
« Portalo fuori città e finisci l’opera, AVANTI! »
 
Nonostante l’ordine categorico, Twice parve esitare.
 
« E la cena, scusa? »
 
Toga ringhiò ancora una volta.
 
« Twice. È una questione importante. »
 
Ma le fece il labbruccio.
 
« E il mio dessert? »
 
La ragazza fece per rispondere ancora, ma le parole le rimasero a mezz’aria per qualche secondo.
 
« Be’, forse troviamo il tempo per il dessert. »
 
« E il caffè! »
 
« D’accordo, una tazzina veloce. POI PORTALO FUORI CITTÀ E FINISCI L’OPERA! »
 
 
 

 









 
Angolo Adeloso: lo so, lo so, lo so che sono da prendere a sberle, ma sarò sincera: ho letteralmente dimenticato di postare. Ahimè, la mia memoria va spesso per i fatti suoi, in più, be', non essendoci stati neanche riscontri, ho proprio dimenticato di aggiornare. TT Chiedo venia ai lettori invisibili!
Questa è la penultima storiella, ed è quella che più ho adorato scrivere per via delle risate che mi ha provocato: vedere Toga e Twice nei panni di Yzma e Kronk mi ha uccisa, ahahahahah!
Mi auguro possa strappare un sorriso anche a voi!
Se me ne ricorderò, giovedì prossimo arriverà l'ultima shottina di questa serie. 
Un abbraccio a tutt* e scusate ancora!

Adele ~

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Capitolo 9
*** - … run. ***




Chapter #9;
 
 
 
-  …. run.
 



 
Subito dopo aver partecipato al matrimonio della figlia del signor Nezu, e dopo che questi diede loro l’indirizzo del proprio autista, Izuku e Shinso raggiunsero il luogo senza perdere ulteriore tempo.
Casa di quel cosiddetto signor Kirishima si trovava fuori città, e per raggiungere la porta d’ingresso dell’abitazione, i due dovettero attraversare un delizioso ponticello in legno.
A Izuku toccò spostare alcune piante per poter pressare il dito sul campanello, che attivò delle musichette tribali davvero originali.
Aveva persino cominciato a piovere, ma un enorme albero lì accanto era abbastanza folto per ripararli entrambi.
 
« Signor Kirishima? Midoriya Izuku, polizia di Tokyo. Vogliamo solo sapere cos’è successo a Tokoyami Fumikage. »
 
Non passò neppure mezzo secondo dalle parole di Izuku, che la porta si aprì, ma mai del tutto. Il signor Kirishima dovette aprire diversi catenacci prima di poter fare capolino con un solo occhio.
Shinso si avvicinò maggiormente ad Izuku, e da dietro la porta si sentì quasi un ruggito rabbioso e frustrato.
 
« Voi dovreste domandare cosa è successo a me. »
 
Kirishima spostò la porta in modo da esporre per intero il viso, e gli occhi di Shinso e Izuku si sgranarono all’inverosimile. L’uomo presentava una vistosa cicatrice sul viso, proprio vicino l’occhio, e il suo sguardo era spaventato e turbato.
 
« Oh. Un tale gentiluomo l’ha … ridotta così? »
 
Shinso faticò davvero a crederci. Conosceva Tokoyami, sapeva quanto, durante gli anni, si fosse impegnato per controllare il proprio quirk, e sapeva bene quanto fosse estremamente capace di controllarlo. Era una potenza distruttiva, non si sarebbe mai scagliato contro qualcuno senza una ragione di una certa importanza.
Izuku si passò una mano fra i capelli.
 
« Cosa è successo? »
 
Kirishima continuò a guardarli con lo sguardo cupo, e le sue mani presero a tremare dinanzi a quei ricordi. Si rivolse a Izuku.
 
« Era … un vero animale. Si muoveva a quattro zampe, ha distrutto l’auto e con quella sua ombra … era un selvaggio! »
 
Nella mente di Kirishima riaffiorarono quelle immagini, e tremò al pensiero di poterselo ritrovare davanti da un momento all’altro. Era troppo forte. Ingestibile, indomabile.
 
« Così all’improvviso, si mise a parlare degli ululatori notturni. Gridava e parlava degli ululatori notturni », aggiunse, ancora con aria sconvolta.
 
Questa volta fu Shinso a prendere parola.
 
« D’accordo, allora, anche lei sa degli ululatori notturni? Bene, bene bene, perché se siamo qui è per parlare degli ululatori notturni, giusto? »
 
Si rivolse ad Izuku, che di fatto restava la figura ufficiale che doveva condurre quel caso. Kirishima, poi, era spaventato, e andava preso con le buone. Izuku allora tornò sull’attenti e resse alla perfezione il gioco di Shinso.
 
« Sì! Sì, e se ci apre la porta e ci dice che cosa sa, noi le diremo ciò che sappiamo, okay? »
 
Izuku gli sorrise sinceramente, cercando di infondergli quanta più sicurezza possibile. E funzionò davvero.
Kirishima annuì e socchiuse la porta per poter togliere gli ultimi lucchetti.
 
Izuku si voltò verso Shinso, che lo fissò con un sorriso compiaciuto e un sopracciglio inarcato. Gli sorrise.
 
« Sei proprio acuto, eh. »
 
Dall’interno dell’abitazione del signor Kirishima, però, si levò un urlo. Un  urlo lamentoso, che proprio Kirishima rilasciò. Sentirono anche alcuni oggetti cadere, infrangendosi rumorosamente per terra.
Senza neanche pensarci, Izuku avanzò e aprì lentamente la porta e quel che gli si presentò davanti, fece gelare il sangue ad entrambi.
 
« … signor Kirishima? »
 
Kirishima era accasciato per terra: urlava, si lamentava e si muoveva come in preda al demonio. Come se stesse cercando di controllare qualche forza esterna che si era impossessata del suo corpo.
Shinso indietreggiò d’impulso, e afferrò Izuku per la maglia.
 
« … ehi, amico? »
 
« Va … tutto be -? »
 
Izuku non riuscì neppure a terminare la domanda, che Kirishima si voltò verso di loro, e il suo sguardo aveva smesso di essere impaurito. In quel momento era come inselvaggito. Totalmente deumanizzato.
 
Izuku sgranò gli occhi e deglutì con fatica.
 
« Fagli il brainwash, Shinso. »
 
« Non posso, non mi ha parlato. »
 
« Allora corri. CORRI! »
 
Izuku lo afferrò prontamente per un braccio e trascinò Shinso via da lì, mentre Kirishima, in tutta la sua furia disumana e distruttiva, cominciò a rincorrerli. Il suo quirk era l’indurimento, e in quell’istante le sue braccia sembravano essersi trasformate in trivelle. Cominciarono a distruggere tutto quel che gli si parava davanti, e se solo li avesse presi, li avrebbe ridotti a brandelli in pochi secondi.
Shinso non era forte al punto da poterlo contrastare, e lui, Izuku, non voleva neppure provarci. Il suo quirk gli consentiva solo di spostare e attirare contro di sé oggetti; aveva provato a muovere contro di sé la porta, cercando di chiuderla, ma era stato un gesto vano: Kirishima l’aveva distrutta con una spallata.
 
« MA CHE GLI È PRESO? »
 
Shinso lo urlò disperato mentre cercarono di approfittare del fatto che Kirishima fosse troppo pesante per essere agile.
Kirishima distrusse il ponticello, e Izuku disse a Shinso di saltare, finendo dentro un ruscello. L’acqua era bassa, ma la pesantezza di Kirishima lo avrebbe di certo rallentato. Specie dal momento che li seguì e si tuffò nel torrente.
 
Ringhiava, e il suo sguardo era inferocito. Distruggeva persino i sassi che gli si presentavano davanti, e Izuku pensò che prima o poi le sue fibre muscolari si sarebbero distrutte, se avesse continuato a distruggere tutto con quella foga. Ma non potevano aspettare un suo esaurimento fisico: doveva chiamare i rinforzi, o non ne sarebbero usciti vivi.
 
Cercarono di perdere tempo nascondendosi dietro massi e tronchi che Kirishima continuava a ridurre in pezzi.
 
« Agente Midoriya a centrale! »
 
-
 
 
Da dietro il bancone, Kaminari stava amorevolmente illustrando la sua app su Momo ad un criminale in manette.
Ignorando bellamente la spia lampeggiante dell’altoparlante.
 
« Conosci Momo, la più grande cantante contemporanea, l’angelo della creazione? Già, no, la devi vedere. È un fenomeno. »
 
Mostrò al tipo un video con Momo intenta in uno dei suoi balletti, con dietro il fisico di uno dei suoi ballerini super palestrati, sopra il quale era incollata la foto della faccia di Denki.
 
Wow, sei un gran ballerino, Kaminari Denki, disse la voce metallica dell’app, che suscitò un’incontrollata gioia da parte di Kaminari, che per l’emozione rilasciò una piccola saetta nell’aria.
 
« Sono io! Credevi fosse vero? Sembrava vero! Oh … Non lo è, è solo un’app. »
 
Volse velocemente lo sguardo alla spia dell’altoparlante, e notandola lampeggiare, si scusò col tizio e pressò il pulsante che gli consentì di ascoltare il messaggio.
Ma fece un balzo indietro quando l’urlo di Midoriya riuscì quasi a rompere i vetri della centrale.
 
« KAMINARI! »
 
Subito tutti si voltarono verso di lui, che immediatamente si mise in contatto con Midoriya.
 
« KAMINARI ASCOLTAMI, ABBIAMO UN DIECI NOVANTUNO, IL SIGNOR KIRISHIMA NON GESTISCE PIÙ IL SUO QUIRK INDURIMENTO, È IMPAZZITO. CI TROVIAMO NEL DISTRETTO DI KOTO »
 
-
 
Shinso e Izuku riuscirono ad arrampicarsi su una piattaforma sulla quale passava la funivia che li avrebbe condotti in città. Per fortuna, osservò Izuku, non c'erano altre persone. Né bambini.
Kirishima si era indebolito via via, ma la sua ferocia restava ancora indomabile, al punto che con un balzo fece per raggiungere Izuku e ucciderlo, ma questi lo scansò con un’agile mossa; nel salvarsi, però, scivolò e quasi cadde giù dalla piattaforma.
Kirishima volse il suo sguardo inferocito verso Shinso, che terrorizzato mise le mani avanti e cominciò a parlargli, nel vano tentativo che quella bestia indomabile potesse rispondere.
Ma quello oltre a non parlare, pareva proprio non ascoltare un tubo.
 
Al punto che Shinso si ritrovò a pensare che proprio quelli fossero i suoi ultimi attimi di vita, e quando Kirishima balzò verso di lui, non poté che mettere le mani avanti e rannicchiarsi su se stesso, aspettando che quel pugno di pietra gli sbriciolasse le ossa come wafer. Con suo stupore, però, non arrivò.
 
Da dietro, Izuku aveva legato Kirishima per una gamba con dei nastri particolari, che gli consentivano di indebolire il quirk del malvivente. Questo consentì a Shinso di sgusciare via da lui, ma nel modo in cui tentò di afferrarlo ancora, Shinso si sbilanciò e cadde addosso a Izuku, facendo rompere la fragile ringhiera della piattaforma, facendoli cadere di nuovo nel torrente.
Nuotarono verso la riva, accertandosi che nessuno dei due si fosse fatto male, e solo in quel momento, finalmente, arrivarono i rinforzi.
 
-
 
« Sembrava un semplice caso di persona scomparsa, invece è molto di più, » spiegò Izuku, conducendo Endeavor e il resto dei rinforzi sul luogo in cui aveva catturato e trattenuto Kirishima.
 
« Il signor Tokoyami in realtà non è scomparso, ma lui, e il signor Kirishima si sono – trasformati in selvaggi », spiegò ancora, avanzando verso la piattaforma.
 
Il capitano Endeavor scosse il capo.
 
« Selvaggi? Non siamo nell’età della pietra, le persone non si trasformano improvvisamente in selvaggi. » 
 
« Anch’io lo credevo. Poi ho visto questo. »
 
Izuku scostò due grandi foglie che ostruivano il passaggio, ma quando fece per mostrare il misfatto a tutta la squadra, non trovò nessuno.
Nessun signor Kirishima imbestialito, niente di niente.
Sgranò gli occhi e si guardò freneticamente intorno.
 
« Cosa?! Ma era proprio qui! »
 
Sul volto del capitano si levò un sorrisino divertito.
 
« Il signorino selvaggio? »
 
Izuku cominciò a correre avvicinandosi proprio al punto in cui aveva legato Kirishima, continuando a cercarlo con lo sguardo, temendo potesse tornare da un momento all’altro per attaccarlo di nuovo.
Ma di quell’essere disumano, neppure l’ombra. Non più.
 
« Signore, so quel che ho visto, ci ha quasi uccisi! »
 
Endeavor però non si risparmiò le puntualizzazioni pesanti.
 
« O forse qualsiasi delinquente aggressivo, con un quirk decisamente più forte del tuo, risulterebbe spaventoso ad un poliziotto che riesce solo ad attirare gli oggetti contro di sé? Andiamo via! »
 
Diede l’ultimo ordine in modo strafottente, ma Izuku lo bloccò ancora.
 
« Aspetti! Signore, non sono l’unico ad averlo visto, » volse lo sguardo verso Shinso, e gli fece segno di avvicinarsi: « psst! Shinso kun! »
Endeavor, però, non parve lasciarsi convincere.
 
« E pensi che io creda ad uno scapestrato con i capelli strani? »
 
« Be’, è un testimone chiave e -. »
 
« Due giorni per trovare Tokoyami, o davi le dimissioni. Questo era l’accordo. Il distintivo. »
 
« Ma signore -. »
 
« IL DISTINTIVO! »
 
Non gli diede neppure il tempo di ribattere, o di difendersi ulteriormente. Endeavor era stato categorico, e Izuku si era ritrovato con le spalle al muro. Abbassò lo sguardo sconfitto, e senza avere la forza di proferire parola, fece per togliersi il distintivo.
Una voce familiare, però, si levò nell’aria.
 
« Ahm, no! »
 
Endeavor si voltò minaccioso verso Shinso, che dovette mordersi le guance più e più volte per non usare il suo quirk e metterlo in ridicolo. Era pur sempre attorniato da altri agenti di polizia che lo avrebbe sbattuto in galera senza pensarci due volte.
 
« Cosa hai detto, ragazzino? »
 
« Scusi, quello che ho detto è: NO! » Scosse il capo e si avvicinò verso Izuku con fare apparentemente strafottente: « Non le darà il suo distintivo. »
 
Endeavor e tutta la squadra lo fissarono confusi, in cerca di risposte. E Shinso Hitoshi era lì, pronto a dargliele tutte.
 
« Senta, lei gli ha dato un giubbino, un triciclo giocattolo e due giorni per risolvere un caso che voi tutti non avete risolto in due settimane? Già, ovvio che chiedesse aiuto ad un amico fidato, nessuno di voi lo avrebbe aiutato, non è vero? »
 
Endeavor fece per ribattere, ma Shinso, con grazia e diplomazia, non glielo permise.
 
« Ah, e comunque capitano, gli aveva dato quarantotto ore, quindi tecnicamente ce ne restano altre…», fece un breve conto aiutandosi con le dita e tornò a sostenere lo sguardo spiazzato di Endeavor: « dieci per trovare il signor Tokoyami, ed è esattamente ciò che faremo, quindi se vuole scusarci abbiamo un’enoooorme pista da seguire. E un caso da risolvere. Buona giornata. »
 
Fece un inchino di cortesia, e si diresse verso la funivia arrivante, insieme ad un Izuku che si era stretto nelle proprie spalle e si era ritrovato col viso in fiamme. Shinso bloccò la funivia, aprì la porticina, e guardò Izuku negli occhi, con un immenso sorriso sincero.
Il sorriso tipico di un vero amico fidato.
 
« Agente Midoriya. »
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 

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