Seven days, seven stories. One love.

di VixyaUzumaki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Quello che sul ghiaccio noi chiamiamo amore ***
Capitolo 2: *** 2° All'ombra delle Piramidi ***



Capitolo 1
*** 1° Quello che sul ghiaccio noi chiamiamo amore ***


«Muoviti fiorellino! Anche se posso venire qui anche quando non mi alleno, non significa che abbiamo tutto il giorno per aspettare che tu riesca a trovare il coraggio di mettere piede sulla pista.»

«La fai facile tu. Ci sei praticamente nato con i pattini ai piedi!»

«Ma come, quando eravate piccoli tu e Izzy non eravate soliti andare con la famiglia alla pista della città e poi tu ti lasciavi trascinare dalla pista da lei?»

«Un conto è quando hai otto anni e tutto il tempo del mondo per portare tua sorella a pattinare perché il suo più grande sogno è diventare pattinatrice olimpica e ci tiene che tu sia li presente a sostenerla e incoraggiarla, un altro è mettersi questi “cosi” ai piedi e cercare di non fare la figura del pinguino ubriaco che scivola sul ghiaccio ogni secondo!»

La frase fu subito seguita da un tonfo, segno che il ragazzo aveva finalmente messo piede sul ghiaccio, ma aveva finito col procurarsi di sicuro un bel livido sul fondoschiena e scatenato le risate del ragazzo che era con lui.

L’eco delle loro voci si propagava per tutta la pista. A quell’ora del mattino era difficile trovare qualcuno di così mattiniero che avesse la malsana idea di andare a pattinare al sorgere del sole. Ma da quando sua sorella aveva deciso di diventare pattinatrice e aveva conosciuto Magnus, per Alec era diventata una routine svegliarsi prima del sole per accompagnare sua sorella agli allenamenti, con la scusa poi di trovarsi a parlare per caso con Magnus.

Era successo dieci anni prima. Izzy, la sorella minore di Alec, aveva visto alla televisione delle gare di pattinaggio e tra i vari pattinatori che si erano esibiti, quello che più l’aveva colpita più di tutti era un ragazzino di poco più grande di loro, dalla pelle scura e degli occhi come se fossero due gemme d’ambra... O almeno è così che Alec lo vedeva nella sua mente. Non sapeva ancora il perché, ma quando lo vide esibirsi per la prima volta rimase colpito dal modo che aveva di pattinare l’asiatico, così diverso da quello dei pattinatori che da anni calcavano quelle piste ghiacciate, ma anche così originale rispetto a quello dei suoi coetanei.

La prima volta che lo videro pattinare dal vivo fu all’incirca un anno dopo, durante una delle tappe di qualificazione del Grand Prix del 2007, allo Skate America che quell’anno si teneva a Reading in Pennsylvania. Izzy aveva talmente insistito a voler andare a vedere la gara dal vivo solo per poter conoscere Magnus, che alla fine i suoi genitori si dovettero arrendere per evitare un esaurimento nervoso, a patto che si sarebbe dovuta impegnare seriamente nello studio se avesse voluto proseguire con gli allenamenti di pattinaggio, e anche per quelli dovette promettere di impegnarsi, senza mai trascurare né l’una né l’altra cosa. Era da poco terminato il Programma Libero e Magnus era riuscito ad arrivare primo e vincere la prima tappa della competizione. Stava lasciando la pista insieme a sua madre, quando per poco non venne investito da una nuvola di capelli neri che reggeva un’enorme peluche di gatto come regalo per la vittoria.

«Ciao Magnus! Questo è per te, ho letto in un’intervista che ti piacciono molto i gatti. In realtà avrei voluto prenderne altri, ma la mamma ha detto che sarebbe stato scortese presentarsi con troppi regali, poi però ho visto questo peluche di gatto con i pattini e ho pensato “Se Magnus avrà con sé questo gatto, allora sono sicura che vincerà tante gare!”»

Fino a un momento prima il ragazzo era concentrato su quell’adorabile bambina che ripeteva che era grazie a lui se aveva deciso di voler fare la pattinatrice e che di certo non aveva nulla da spartire con certe ragazzine troppo vanitose che erano solo apparenza perché indossavano dei vestitini scintillanti, ma che lei di sicuro si sarebbe saputa far notare e dimostrare agli altri quanto valeva.

Il suo flusso di pensiero fu bruscamente interrotto quando si ritrovo davanti due bellissimi occhi azzurri e dei capelli dello stesso colore della bambina, con la differenza che erano più corti e appartenevano a quello che a tutti gli effetti doveva essere suo fratello maggiore, dato anche dal tono con cui la mora si rivolse al ragazzino.

«Fratellone, ti presento Magnus Bane. È il pattinatore di cui mi chiedi spesso di parlarti!»

«Izzy, sta zitta! Non si dicono certe cose davanti agli estranei.»

«Ma è la verità! Quando vediamo le gare insieme mi chiedi sempre di parlare delle sue coreografie e dei salti che esegue nelle esibizioni!»

«Izzy!»

«Anche a te piace pattinare?»

La domanda lo colse impreparato, di certo non si aspettava che l’asiatico rivolgesse la parola anche a lui, già era un miracolo se era sopravvissuto alla parlantina a raffica della sua sorellina. DI sicuro quei due erano già partiti col piede giusto per diventare ottimi amici e compagni di pettegolezzi, pensò tra sé e sé Alec.

«In realtà… Visto che a Izzy piace tanto ho pensato che conoscere un po’ di più questo sport mi avrebbe permesso di capire meglio come funziona la meccanica delle gare e tutto ciò che ne consegue. Qualche volta mi capita di guardare delle gare con lei, ma non più di tanto.»

«Disse quello che aveva impostato il timer prima di partire per rivedere la gara!» Disse la corvina con un sorriso furbetto sulle labbra.

«Izzy, te l’ho già detto. Se vuoi che ti aiuti, devi conoscere al meglio le basi del pattinaggio e studiare gli stili degli altri pattinatori, se vuoi crearne uno tutto tuo.»

«Però a volte non basta solo la pratica.»

«Come?»

Il moro tornò a fissare l’asiatico e in un primo momento si ritrovò a chiedersi perché volesse tanto continuare a parlare con lui. Era la prima volta che si incontravano, si erano scambiati sì e no qualche parola, ma sentiva di voler conoscere di più su quel ragazzo e così era anche per l’altro, che sembrava guardarlo nello stesso modo.

«Dicevo, che a volte la sola pratica e studio non bastano per riuscire a trovare uno stile tutto tuo. Se tu per primo non sei in grado di metterci il cuore e far sentire a gli altri le emozioni che stai cercando di trasmettere, allora significa che hai fallito.»

Quello fu forse il momento che porto Alec a capire che il mondo del pattinaggio non era solo saper essere preparati atleticamente, di dimostrare che eri il migliore nel saper eseguire un quadruplo Salchov o un triplo Axel, per costruirsi una facciata da mostrare davanti agli altri. Pattinare significava anche mettere tutto sé stessi, far sentire le proprie emozioni agli altri, essere in grado di coinvolgere le persone attraverso le storie che si costruivano attraverso le coreografie e di certo la vittoria più grande non si otteneva solo vincendo medaglie, ma sentirsi dire che ciò che facevi li emozionava e li spronava a non mollare mai e a prenderti come modello da seguire.

Non sa ancora oggi spiegarsi il perché, ma in quel momento ciò che disse all’asiatico gli sembrò la cosa più giusta dire, e forse in realtà col tempo aveva capito del perché disse quelle parole.

«Io penso che tra tutti i giovani pattinatori che ci sono oggi tu sia quello che meglio esprime questo concetto. Anche chi non conosce o pratica questo sport, vedendo le tue esibizioni si emozionerebbe. Hai ispirato mia sorella a voler diventare pattinatrice e vedere le tue esibizioni… mi… mi… mipiacionomolto!» Pronunciò l’ultima frase tutto d’un fiato, diventando paonazzo per l’aria buttata fuori, e mentre cercava di riprendersi, Magnus rimase per un’istante pietrificato di fronte alla dichiarazione di quel ragazzo che non conosceva per niente… Ma che ora sentiva di voler conoscere meglio.

«Sei buffo, sai?» rispose l’asiatico trattenendo una risata.

«Eh?» Il moro lo guardò come se avesse di fronte una strana creatura e stava quasi per rispondere a tono quando il ragazzo riprese a parlare.

«Ma sono lieto di sapere che le mie emozioni siano arrivate fino a te.»

Se qualcuno un giorno avesse detto ad Alec che si sarebbe innamorato alla tenera età di dieci anni lo avrebbe preso per pazzo, ma alla fine era andata proprio così.

«Io sono Magnus Bane. Piacere di conoscerti.»

«Alec Lightwood. E lei è mia sorella Isabell, anche se preferisce farsi chiamare Izzy.»

«E invece il tuo nome è il diminutivo di…»

«Alexander, anche se di solito solo i mei genitori mi chiamano così. Per gli amici sono Alec.»

«Io invece preferisco chiamarti Alexander e visto che ora siamo amici ti chiamerò sempre con il tuo nome.» Disse mentre sulle labbra spuntava un sorriso furbetto, di chi stava per combinarne una. E quello era solo l’inizio di tutto.

Magnus fu riportato bruscamente al presente quando sentì per l’ennesima volta il suo ragazzo imprecare per una nuova caduta. Pattinò fino al ragazzo e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi.

«Ormai dovresti saperlo. Quando facciamo una scommessa, il perdente deve pagare pegno.» disse mentre aiutava il ragazzo a rialzarsi. Ed era così da quando andavano scuola, se Magnus vinceva una gara o Alec terminava l’anno col massimo dei voti, uno dei due doveva pagare pegno.

Questa volta era il turno di Magnus di riscuotere la scommessa vinta e dato che aveva un po’ di tempo libero prima di partecipare al Quattro Continenti, aveva deciso di passare i giorni successivi con il suo ragazzo e di impartirgli “lezioni private” di pattinaggio, che il più delle volte terminavano con loro a baciarsi in mezzo alla pista o negli spogliatoi.

«Suvvia fiorellino, saresti capace di non rispettare una promessa fatta, soprattutto se fatta con il tuo ragazzo?»

L’asiatico sapeva come stuzzicare l’orgoglio del suo ragazzo e se c’era una cosa che era in grado di smuoverlo era di non mancare mai alle sue promesse.

«Dovresti saperlo che non sono il tipo da non rispettare le promesse. E smettila ogni volta di usare la scusa del “Alec non mancherebbe mai di rispettare un impegno preso”». Stava per parlare di nuovo, quando fu prontamente zittito dalle labbra del suo ragazzo. Baciare quelle labbra ogni volta era come sfiorare una nuvola di zucchero filato, così morbide e dal retrogusto un po’ zuccherino dovuto ai lucidalabbra che il ragazzo era solito mettere, ma che ad Alec piaceva da impazzire.

Erano talmente presi dal baciarsi che presi dalla foga del momento, Alec aveva spostato involontariamente uno dei pattini e aveva fatto l’ennesima caduta rovinosa, questa volta portando con sé anche il suo ragazzo. I due si ritrovarono così distesi sulla superfice ghiacciata e se in un primo momento era subentrato lo spavento per la caduta e la preoccupazione l’uno dell’altro che nessuno dei due si fosse fatto male, la tensione svanì sostituita dalle risate dei due ragazzi.

Alec non finiva mai di stupirlo, ogni giorno che trascorreva con lui scopriva sempre qualcosa di nuovo del moro e se ne innamorava sempre di più, sperando che tutto questo non finisse mai. Mentre rifletteva si ritrovò a fissare i suoi occhi azzurri, quei bellissimi occhi azzurri come l’oceano che lo avevano conquistato fin dal loro primo incontro. Occhi che sapevano trasmettere tante emozioni diverse, sapevano rincuorarti quanto ti sentivi abbattuto, sapevano trasmetterti rispetto verso di lui e verso le persone che considerava tali. Occhi che avevano anche provato un’enorme sofferenza, ma che erano stati in grado di tornare a splendere superate le difficolta. Occhi azzurri come le piste su cui era solito pattinare e che da quando conosceva Alec non lo avevano più fatto sentire così triste nel solcarle durante le gare.

«A cosa pensi?» Il flusso di pensieri dell’asiatico venne interrotto dalla voce cristallina del moro, che lo fissava, chiedendogli in una muta domanda cosa lo tenesse così sovrappensiero.

«A quanto i tuoi occhi non abbiano mai smesso di brillare dal primo momento che ci siamo visti.»

La risposta porto le guance del moro a tingersi di rosso acceso. Magnus sapeva quanto questo tipo di dichiarazioni dirette mettessero in imbarazzo Alexander, ma sapeva anche che la reazione immediata del ragazzo erano sempre un qualcosa che lo spiazzavano in maniera positiva.

«È la stessa cosa a cui stavo pensando anch’io.»

I due tornarono a baciarsi, incuranti di trovarsi ancora distesi sulla pista ghiacciata e con il rischio di prendersi un malanno entrambi, ma erano fatti così, ogni volta che si trovavano a passare del tempo insieme, finivano con il chiudere il mondo di fuori e a ritrovarsi a condividere i momenti insieme nel loro angolo di paradiso.

«Non credi che… dovremmo spostarci in un posto… più consono… per questo genere di attività?» Disse fra un bacio e l’altro Magnus, mentre continuava a rimanere disteso sul suo ragazzo.

«Ah-ah… Però, se ben ricordo… Qualcuno aveva detto… che dovevo farmi dare delle lezioni… perciò…» disse interrompendo il bacio tra loro e aiutando il ragazzo a rialzarsi.

«Sai, certe volte odio il tuo lato così responsabile e ligio al dovere.»

«È anche il motivo per cui mi ami così tanto.»

I due si baciarono un’ultima volta, prima di riprendere le loro “lezioni” di pattinaggio, fatte di cadute e di ricordi da conservare per sempre.

*****

Note: Goodmorning, cacciatori e cacciatrici e abitanti del mondo delle ombre! Questa è la mia prima esperienza nel fandom di Shadowhunters, l’ho scoperto all’incirca due anni fa, quando mi sono imbattuta per “caso” (chiamiamolo caso, anche se Youtube me lo aveva messo tra i consigliati XD) nella famosa scena del bacio Malec nella serie tv. Caduta inesorabilmente nel vortice della Malec, ho deciso di cimentarmi nella scrittura di una fanfic su di loro e l’occasione si è presentata con un’iniziativa trovata su tumblr, Malec Week 2018, cominciata ieri e che durerà fino a domenica. Sette giorni in cui scrivere o disegnare sui i nostri cari Malec in sette Au differenti. Spero che questa prima storia vi sia piaciuta e che continuerete a seguirmi in questa avventura. Ci si vede alla prossima storia! ;)

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Capitolo 2
*** 2° All'ombra delle Piramidi ***


«Ci siamo quasi signore. Fra poco potremmo sbarcare al porto di Alessandria.»

«Grazie Capitano. Lei e la sua ciurma avete svolto un lavoro encomiabile.»

«È da quando sono nato che solco questi mari. Ho visto non so quante tempeste e battaglie nella mia vita, che adesso che ci troviamo in periodo di pace sotto il nostro imperatore, mi sembra di non fare chissà cosa, se non occuparmi del trasporto delle merci da portare a Roma e il trasporto di truppe e ufficiali dell’impero come lei, Primus Pilus Alexander.»

«Anche lei svolge un ruolo importante, Capitano Nēmo. Anche se ora siamo in periodo di pace, è importante continuare a svolgere il proprio ruolo, non importa che si tratti di trasportare merci o prestare man forte nelle battaglie. L’importante è non dimenticare mai che ciò che facciamo ha sempre uno scopo ben preciso.»

«Ancora così giovane, eppure sembra di sentir parlare uno di quei pezzi grossi che servono nell’esercito da anni.»

«Mio padre mi ha insegnato fin da piccolo che è importante trovare il proprio posto nel mondo e che una volta trovato il nostro scopo, portarlo avanti fino alla fine con onore, senza rimpianti. Anche quello che può rivelarsi il compito più normale e tranquillo di tutti, può rivelarsi fondamentale ai fino di uno scopo ben preciso.»

«Le voci che ho sentito sul suo conto sono molto riduttive, c’è chi la ritenne una sorta di giovane prodigio della strategia militare che preferisce impartire ordini più con le parole che con i fatti. Ma io credo che queste voci siano sbagliate. Chi pensa e parla in questo modo di solito è qualcuno che ha vissuto esperienze che lo hanno segnato profondamente. E mi creda, ne ho viste di persone, ma in pochi avevano la tempra e lo spirito che vedo in lei. Sono davvero fortunati ad averla come Primus pilus delle legioni d’Alessandria.»

«Grazie Capitano.»

Il giovane era rimasto a osservare l’orizzonte per tutto il tempo che aveva parlato con il comandante della galea, ma aveva ascoltato ogni singola parola pronunciata da quell’uomo ed entrambi avevano fatto tesoro di quel loro scambio di opinioni.

Se un anno prima gli avessero detto che l’Imperatore lo avrebbe nominato Primus pilus delle legioni di stanza ad Alessandria, gli avrebbe detto che era di sicuro vittima di vaneggiamenti causati dall’ingerimento di qualche erba allucinogena. E se gli avessero detto anche che un anno prima si sarebbe ritrovato coinvolto nel tentativo di sventare una congiura ai danni dell’Imperatore, allora lo avrebbe considerato un pazzo vittima di una qualche maledizione scagliata dagli dei contro di lui e la sua famiglia come punizione di qualche grave colpa commessa dai suoi avi.

Invece entrambe le cose si erano rivelate vere. Poco tempo dopo la battaglia di Azio e la successiva sconfitta del fu condottiero romano Marco Antonio e della fu regina d’Egitto Cleopatra, l’imperatore si ritrovò a dover riorganizzare le regioni dell’impero e fronteggiare coloro che mettevano in discussione la sua legittimità come Imperatore. Tra questi vi era il senatore Valentinus, che con altri membri del Senato avevano fondato una setta nota come Il Circolo, con lo scopo di far sprofondare l’impero nel caos assoluto e prendere così il controllo. E ancora più pazzesco fu che a segnare la sconfitta dell’uomo fu l’unica variabile che non aveva messo in conto: sua figlia Claritia, nata poco dopo la fuga della moglie insieme al loro primo genito.

Ma ciò che davvero non immaginava di tutto questo, era che avrebbe trovato l’amore. E ora quella persona lo attendeva alla sua nuova destinazione e all’inizio della sua nuova vita.

Giunti finalmente al porto, si ritrovò ad essere accolto dalla “calda” accoglienza che la regione riservava ai visitatori dell’impero, a differenza dei suoi abitanti che vivevano in quell’arsura fin dalla nascita. Ad attenderlo vi era però anche una gradita sorpresa.

«Spero che il viaggio sia stato di vostro gradimento Primus. Anche se spero che troverà molto più di suo gradimento la dimora che la attende e in cui vivrete a partire da oggi. O forse gradite stabilirvi insieme ai vostri uomini negli alloggi destinati ai soldati dell’impero?»

Udire quella voce per lui era meglio di una fonte d’acqua fresca nel deserto. Quanto gli era mancato sentire il suono soave di quella voce. Era possibile innamorarsi di qualcuno anche solo per un dettaglio come il suono della voce? Era possibile innamorarsi di una persona anche solo avvertendo un profumo a te così familiare da crede che potesse essere lì accanto a te, anche quando c’era una vasta distesa d’acqua a dividervi? Era possibile innamorarsi due volte della stessa persona? Era possibile innamorarsi due volte… dello stesso uomo?

«Praefectus Magnus. Che lieta sorpresa trovarvi qui al mio arrivo. Credevo che gli impegni vi tenessero occupato a tal punto da non poter riuscire a ricevere personalmente i vostri ospiti.» Rispose con un sorrisetto malizioso sulle labbra a quella domanda così impertinente quanto la persona che l’aveva formulata. Ma era fatto così. Per il Praefectus legionis della regione dell’Egitto Magnus, se non vi era anche la più piccola possibilità di ricavarne qualcosa dallo stuzzicare le persone attorno a lui, significava che non valevi nemmeno la metà del tempo per lui.

«Non mi permetterei mai di mancare di rispetto a un rappresentante dell’impero, specie se si tratta del nuovo Primus pilus nominato personalmente dal nostro amato imperatore. Comunque… non avete ancora risposto alla mia domanda?» disse il Praefectus senza mai staccare gli occhi dall’uomo che aveva di fronte nemmeno per un momento, come se in quel momento stessero dicendo molto di più che le parole dette a voce potessero rivelare.

«Il viaggio è stato tranquillo e, anzi, il capitano ha dimostrato ancora una volta le sue eccellenti dote di esperto navigatore. Per quanto riguarda l’altra domanda, per i prossimi giorni soggiornerò nel vostro palazzo e mi recherò in seguito all’accampamento per verificare di persona lo stato attuale dei legionari. Per quanto riguarda l’alloggio futuro, invece…» Si avvicinò lentamente al giovane uomo davanti a lui e quando furono a una distanza abbastanza ravvicinata perché nessuno potesse udire le sue parole, rispose «Questo dipenderà da quanto il padrone saprà farmi sentire a mio agio con lui.» E sussurrando le ultime parole, come se si stessero confidando un segreto di cui nessuno doveva venire a conoscenza, le labbra del Praefectus si alzarono in un sorriso malizioso, che faceva presagire che di lì in avanti avrebbe dimostrato le sue “doti” di buon padrone di casa al suo nuovo ospite.

«Allora posso già dissipare ogni suo dubbio, mi creda. Non ne rimarrà deluso.»

Dopo aver terminato gli ultimi preparativi, i due vennero scortati alla dimora del Praefectus su una portantina disposta per due persone e con scorta al seguito. La dimora non era molto distante dal porto, ma era situata in maniera tale che in caso di pericolo i suoi abitanti sarebbero stati portati prontamente al sicuro. Si trovava a pochi isolati di distanza dal quartiere militare dove era di stanza la legione romana, mentre davanti alla dimora, si stagliava il panorama della Grande Biblioteca d’Alessandria e ancora più in là, all’ingresso del porto, il maestoso Faro d’Alessandria.

Il tragitto era abbastanza breve, ma si era deciso di optare per un percorso un po’ più lungo che costeggiava la via del mercato, per mostrare i doni che la città offriva ai suoi ospiti.

«Devo ammettere che si sta già dimostrando un ottimo padrone. Tagliare per le vie del mercato così che i suoi abitanti possano godere della visita del Praefectus

«È importante dimostrare al popolo che non sono governati da una marionetta qualsiasi mandata da Roma e che esegue gli ordini a bacchetta.»

«In effetti molti a Roma sono rimasti sconvolti e sconcertati dalla politica che ha adottato nell’amministrazione della regione. Normalmente, gli altri Praefectus fanno rapporto con una certa regolarità e presiedono agli incontri più importanti in cui sia prevista la loro partecipazione di persona. Lei invece non solo fa rapporto una volta ogni tre mesi, ma molto spesso ha mandato un rappresentante al suo posto a presiedere agli incontri ufficiali, e molti lo hanno visto come un gesto di offesa verso il Senato, addirittura contro l’Imperatore stesso. Inoltre, come accennavo prima, c’è chi ritiene che la politica da lei adottata sull’amministrazione della regione sia molto discutibile, come la possibilità per gli schiavi di difendersi in caso di abuso di potere o di fornire loro un’istruzione come se fossero normali abitanti dell’impero. Come può vedere, non molti guardano di buon occhio la sua amministrazione.»

Il Praefectus era rimasto in silenzio per tutto il tempo che il giovane Primus aveva parlato, ascoltando attentamente mentre lo ragguagliava anche sulle ultime novità provenienti dalla capitale.

«E mi dica Primus, anche lei è dello stesso parere di quei vecchi elefanti che ormai non riescono neanche più a barrire e fanno finta di alzare le loro proboscidi cercando fare la voce grossa? O siete invece del parere che cambiamento sia sinonimo di rinnovamento e che non ci sia nulla di male del rinvigorire certe vecchie leggi sostituendole con leggi nuove e più uguali per tutti?»

Sentirlo parlare di cosa fosse giusto e sbagliato visti da un altro punto di vista, di come ci si dovesse imparare ad adattare ai cambiamenti, conservando però quelle leggi e tradizioni che avevano permesso il prosperare dell’impero. Non vi era dubbio, il Parefectus era un tipo che sapeva pensare fuori dagli schemi, e se non fosse stato per le sue umili origini e la pelle così scura come la notte, forse persino che vecchi elefanti, come “gentilmente” li aveva definiti prima Magnus, si sarebbero lasciati convincere dalle sue parole.

«Primus?» Un primo richiamo, ma Alexander era troppo preso dai suoi pensieri per sentirlo in quel momento.

«Primus pilus?» Un secondo, stavolta sembrò funzionare, ma il giovane ancora sembrava non prestargli attenzione.

«Alexander?» A quel punto tutta l’attenzione del giovane fu tutta per l’uomo seduto di fronte a lui. Sentire nominare il suo nome da quella voce così calda e suadente gli procurava sempre una scarica di piacere. Non aveva mai gradito farsi chiamare col suo nome completo, per via del richiamo al grande condottiero macedone, e che per questo ci si doveva sentire onorati di essere chiamati come uno delle grandi figure del passato, ma questo ad Alexander non era mai andato giù. Credeva che per essere ricordati non bastasse avere solo un nome altisonante, ma che contassero più i fatti che le parole. Ma da quando aveva incontrato Magnus, sentir pronunciare il suo nome da quelle labbra era divenuta come musica per le sue orecchie.

«Perdonatemi, mi ero perso nei pensieri alla ricerca di una risposta alla vostra domanda.»

«E l’avete trovata alla fine?»

«Io credo…» disse con un po’ di esitazione prima di proseguire «…che non conti cosa possano dire o pensare gli altri sul proprio conto, se le azioni che svolgiamo riescono a raggiungere un preciso scopo, allora non vedo perché dovremmo permettere agli altri di giudicare il nostro operato. Quello spetterà a chi verrà dopo di noi, giudicare se il lavoro che abbiamo svolto sia stato giusto o sbagliato. Finché si è in vita, è meglio godere di ciò che si ha e cercare di fare tutto il possibile per migliorare noi stessi e aiutare chi ci sta vicino.»

«Beh, non c’è che dire. Non potevo aspettarmi risposta migliore dal Primus migliore di tutto l’impero.»

«Non le sembra di aver dato un giudizio troppo affrettato, Praefectus? Non sono poi così straordinario come dicono tutti.» Disse il giovane romano guardandolo negli occhi, senza mai scostare lo sguardo dal suo.

«Direi che per quello, abbiamo “molto” tempo per scoprirlo insieme.» Rispose l’egiziano mentre, con studiata maestria, poggiava “distrattamente” una mano su un ginocchio del giovane romano, procurando ad entrambi una scarica di piacere già solo per quel semplice contatto tra di loro.

«Non vedo l’ora.» E lo si poteva leggere chiaramente sul viso del Primus su cui era spuntato un sorriso per niente rassicurante ma che al tempo stesso prometteva molto.

La pace e la tranquillità che si potevano godere la sera in Egitto non gli facevano rimpiangere per niente il caos delle strade di Roma. Il periodo passato nell’esercito lo avevano forgiato in modo tale da mantenere sempre un occhio vigile sull’ambiente che lo circondava e una volta tornato a Roma era stato difficile riabituarsi alle vecchie abitudini. Persino dormire era diventato difficile, dato che aveva dormito più notti sul terreno che su un vero e proprio giaciglio. Ma ora era tutto completamente diverso.

Si trovava a desiderare di non voler lasciare mai più il giaciglio su cui ora riposava, e in particolare, non voleva più lasciare la persona che ora dormiva così beatamente al suo fianco. Dopo il loro arrivo a palazzo, era stato organizzato un “piccolo” ricevimento di benvenuto al nuovo Primus, a cui avevano preso parte solo loro due e che si era tenuto negli appartamenti privati del Praefectus. Lì avevano avuto modo, dopo una lunga separazione, di poter finalmente esprimere i loro sentimenti liberamente, lontani da occhi indiscreti. Si lasciarono andare all’onda della passione e dei loro sentimenti, desiderando reciprocamente di non lasciarsi mai più.

Il moro voltò leggermente il volto verso il suo amante e vederlo dormire così beatamente tra le sue braccia, gli procurò una sensazione di felicità nel cuore che non provava da tempo, facendo nascere sul suo volto un sorriso pieno d’amore per lui.

Accostò delicatamente le labbra contro la fronte di Magnus e come se avesse avvertito quel gesto, si strinse ancora di più al corpo del suo amante.

«Buona notte, mio fiore del deserto.»

«Buona notte… amore mio.»

*****

Note: E anche oggi sono riuscita a portare la pagnotta a casa! 8-) Temevo di non riuscire a postare la fic, ma per fortuna sono riuscita a finirla (anche se sono di un giorno indietro rispetto alla Week, ma spero di recuperare e_e')

Qui ho dovuto praticamente rispolverare il mio lato classicista, nonché le mie conoscenze del classico. Ringrazio Wikipedia che mi ha fornito le informazioni necessarie per i ruoli dati a Magnus e Alec, come avrete notato per alcuni sono andata anche a verificare la loro radice latina (ci tengo a fare le cose per bene ;) )

Ho paura di aver scazzato solo un paio di cose per quanto riguarda la gestione delle regioni sotto Augusto, ma come ho detto, erano anni che non toccavo un libro di scuola, quindi siate clementi con me.

Detto ciò, spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e ci vediamo con la prossima storia. =^w*=

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