La stella più fragile dell’universo.

di adela_
(/viewuser.php?uid=994397)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Competizioni assurde pt. 1 ***
Capitolo 3: *** Competizioni assurde pt. 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Capitolo 1 - Prologo





Quando una giovane ragazza aprì i suoi grandi occhi color del cioccolato, quella mattina sembrava essere come una delle tante altre mattine da quando si era trasferita nella grande città di Magnolia. Ma non lo era affatto. Gettò un fugace sguardo alla sveglia poggiata sul comodino, e vide con immenso piacere di essersi svegliata in orario, almeno quel giorno. Già perché a volte la sua adorata sveglia a forma di cane, (o pupazzo di neve?) la tradiva e, come la ragazza, dormiva più del dovuto, dimenticandosi di fare il proprio lavoro: emettere i suoi fastidiosi suoni.
Con sgraziatezza si alzò a sedere sul grande letto, coperto da lenzuola e un numero esagerato di cuscini, e si stiracchiò, sbadigliando. Con la reattività di un bradipo si alzò, si diresse in bagno, si lavò la faccia e vide il proprio volto nello specchio. I lunghi capelli biondi erano spettinati e alcuni ciuffi arruffati, gli occhi erano ancora leggermente socchiusi per via del sonno e le guance leggermente arrossate.
La ragazza prese un lungo respiro e con la coda degli occhi notò la presenza di una divisa dai vivaci colori appoggiata all’armadio, nella camera da letto affianco. La sua attenzione venne nuovamente catturata dal proprio riflesso nello specchio e sorrise a sé stessa, dandosi così la spinta per iniziare quello che sarebbe stato il primo giorno di ritorno a scuola.
Tanto aveva atteso quel giorno durante le vacanze invernali, passate in lontananza della sua migliore amica.
E con l’irrefrenabile voglia di varcare di nuovo la porta della propria scuola, si fece una doccia, si lavò i denti ed indosso l’amata uniforme. Con il cuore più felice di una Pasqua non perse altro tempo e una volta constatato di aver tutto il necessario nello zaino, uscì dalla modesta casa che aveva affittato da ormai qualche mese anni. Appena varcato l’uscio di casa, venne salutata dai pescatori che quotidianamente passavano lungo il fiume che attraversava la città a bordo della loro barchetta, e la ragazza ricambiò il saluto con un sorriso a trentadue denti. A passo svelto iniziò a percorrere le strade ancora silenziose per via dell’orario di Magnolia, con la mente tra le nuvole, pensando alla sua scuola, ai suoi professori, ai suoi compagni, alle vacanze appena trascorsa.
Quelle vacanze erano state un disastro: insieme al padre era partita verso Acalypha, una città situata vicino a Magnolia, alla quale il padre era stranamente affezionato. Ed era strano pensare che suo padre, Jude Heartfilia, ricco e potente uomo d’affari, potesse provare emozioni come felicità, amore, affetto. Questo perché nei confronti della figlia, mai ne aveva mostrati. Giorno dopo giorno era stata rinchiusa nella camera della loro residenza senza proferire parola con nessuno, se non con i domestici del padre. Invano aveva chiesto a Jude di passare del tempo insieme, magari visitando la città, magari andando a cena in un ristorante, o facendo qualunque cosa lui volesse, perché il padre si diceva sempre troppo occupato nel lavoro, aveva sempre qualche ricco nobile da incontrare, insomma aveva sempre qualcosa di meglio da fare che passare del tempo con la sua unica figlia. E la giovane si ritrovò costretta a passare delle giornate di inferno, sia per il freddo che per la noia.
Ma finalmente quell’incubo era finito, ed ora poteva tornare la stagione della felicità, grazie all’inizio della scuola.


Immersa com’era nei suoi pensieri non si era nemmeno accorta di essere quasi arrivata al grande edificio scolastico. Appena se ne rese conto gli occhi le si illuminarono, vedendo la grande insegna della grande scuola: Fairy Tail High School. L’istituto era posizionato proprio davanti al mare, quindi la vista era stupenda, molte volte si era persa a fissare le onde del mare dalla finestra della propria aula, perdendo così intere lezioni. Ma questo non era un problema per lei, infatti a scuola era sempre andata bene, era una persona che all’istruzione ci teneva, e ricevere bei voti la soddisfava sempre.
Davanti all’entrata erano già presenti decine di studenti, tutti con il sorriso stampato in faccia. E di questo non si sorprese, infatti nessuno poteva dirsi stufo della scuola, o meglio, di quella scuola. Fairy Tail non era una scuola qualsiasi, grazie ai professori e soprattutto grazie al preside, quella struttura entrava nel cuore dei giovani dal primo momento in cui varcavano l’entrata. Tutti gli studenti la consideravano come seconda casa, se non come prima. Questo perché il preside, chiamato Makarov Dreyar, considerava ogni studente come proprio figlio, creava dei veri e propri legami affettivi con essi ed era sempre pronto a dare una sgridata, un consiglio, una pacca sulla spalla a qualsiasi ragazzo in difficoltà.
Con passi veloci accorciò la distanza che la separava dall’entrata e a quel punto si sentì chiamare per nome.
Lu-chan!”
Perse un battito nel risentire quella voce che tanto le era cara, ed un sorriso pieno di gioia subito prese il sopravvento, mentre si girava ed il suo sguardo incontrava dei conosciuti capelli color oceano. In tutta la sua altezza (o bassezza?) stava una piccola ragazza con le mani intrecciate dietro la schiena, che mostrava lo stesso sorriso dell’amica. In meno di un secondo le due si ritrovarono abbracciate, con le lacrime agli occhi.
“Levy-chan! Che bello rivederti, mi sei mancata ogni singolo giorno di queste vacanze!” esclamò Lucy, che di smettere di sorridere non ne voleva sapere, semplicemente si sentiva al settimo cielo ora che aveva di nuovo davanti a sè la persona più importante della sua vita.
“Anche tu, Magnolia non era la stessa senza la tua presenza!”
Finalmente le due si staccarono, sempre sorridenti, e presero a raccontarsi ogni singola avventura passata durante quelle vacanze, con gioia ma anche con amarezza, perché non le avevano vissute insieme. Le due ragazze si erano conosciute l’anno precedente, il loro primo giorno per entrambe in quel l’istituto. Lucy e Levy non conoscevano nessuno, erano pesci fuor d’acqua, dato che il resto dei componenti della loro classe sembravano essere amici d’infanzia. Di conseguenza si ritrovarono compagne di banco fin dal primo giorno, e fu così che la loro amicizia iniziò, tra un pettegolezzo ed un segreto bisbigliato, tra una battuta ed una chiacchierata a tema libri. Infatti sia Lucy che Levy condividevano una grande passione: la lettura. Mille volte le due ragazze si erano ritrovate a scambiarsi libri, passare interi pomeriggi in biblioteca alla ricerca del prossimo racconto in cui buttarsi a capofitto, così da poterne poi parlare durante le lezioni, beccandosi sempre qualche richiamo da parte dei professori.
Tra un racconto e l’altro le due ragazze si ritrovarono davanti alla grande sala riunioni, in cui spesso l’anno precedente si raccoglievano tutti gli studenti quando il preside doveva fare discorsi, come quello di inizio anno, ma anche quando si tenevano le stravaganti feste tipiche di Fairy Tail. Lucy non aveva mai visto eventi del genere, e di istituti ne aveva cambiati tanti. Forse perché nessun’altra scuola seria si sarebbe mai sognata di organizzare certi eventi. Alcuni arrivavano al limite del grottesco, per questo non si era mai azzardata a partecipare. Ricordava ancora il concorso di Miss Fairy Tail al quale era scappata al pelo, che consisteva in varie prove, rigorosamente in intimo o costume da bagno. Si chiese se fosse addirittura legale una cosa del genere in un istituto per l’istruzione.
La sala era grande, piena di sedie, la metà già occupate dagli studenti più grandi, che subito avevano occupato le ultime file, costringendo così i più piccoli a sedersi davanti, pericolosamente vicino al palco, e tutti sapevano che durante gli sproloqui del preside le prime file erano le più a rischio. Molti alunni avevano avuto la sfortuna di essere presi di mira da Makarov ed alcuni erano persino stati costretti a salire sul palco, spesso per scontare pegni che neanche si meritavano, e nessuno voleva affrontare i pegni del preside...
A Lucy non era mai capitato, lei era sempre molto fortunata.
Levy si lasciò sfuggire uno sbuffo, era visibilmente irritata, “Non è giusto che anche questa volta siamo costrette a stare in prima fila” detto questo girò il capo verso il fondo della sala, dal quale proveniva un chiasso non indifferente, poi si voltò di nuovo verso Lucy, “Neh Lu-chan, ho un piano.” riprese con un sorriso malizioso in faccia che la fece rabbrividire. Lucy annuì, timorosa. A passo leggero le due amiche si diressero verso le ultime file, buttandosi letteralmente non appena trovarono due sedie vuote: erano salve. Sollevate, ripresero a parlottare tra loro, ignorando il baccano dei ragazzi più grandi. La sala si stava man mano riempiendo e le sedie finendo.
Ad un certo punto Lucy sentì come un brivido percorrerle la schiena, si sentì come osservata.
“Levy-chan, per caso ti senti anche tu osservata?” chiese con un filo di voce, a disagio. L’amica annuì, provando le sue stesse sensazioni. Con una fugace occhiata decisero di sedersi composte ed in silenzio, magari avevano attirano l’attenzione perché parlavano troppo ad alta voce. Lucy continuava a guardare dritto a se, sudando freddo.
Se c’era una cosa che la distingueva era la sua curiosità, lei voleva sapere tutto, la sua sete di informazioni era insaziabile. Infatti non riuscì a resistere. Maledisse se stessa. Non le servì cercare la fonte che le stava provocando disagio per molto, infatti appena girò un poco il capo scoprì subito chi la stava fissando.
Un ragazzo stava in piedi, con le braccia conserte e le sopracciglia inarcata, a pochi passi da lei e Levy. Il broncio era coperto dalla lunga sciarpa bianca che portava intorno al collo, ma i suoi occhi smeraldo, pungenti come il fumo, era fissi su di lei. Lucy inghiottì. I loro sguardi si incatenarono, nessuno dei due sembrava cedere. Quel ragazzo voleva il suo posto, ma lei non lo avrebbe ceduto per qualche occhiataccia. Il loro scontro silenzioso durò per molti secondi, quando Lucy notò una cosa che le fece scappare una risatina: il colore dei capelli del ragazzo era rosa. Bizzarro si disse. Anche lo sguardo del ragazzo sconosciuto cambiò, dalla sfida passò alla rassegnazione, e con uno sbuffo se ne andò alla ricerca di un altro posto sicuro.
Lucy sorrise ancora, vittoriosa, e si girò verso il palco dove il preside Makarov era appena apparso.
L’uomo era particolarmente basso, era difficile da individuate da lontano, ma non appena mise piede sul palco tutti i ragazzi, anche i più rumorosi, aveva chiuso la bocca e prestato tutta la loro attenzione alla bassa figura che, in silenzio anch’essa, andava alla ricerca di qualcosa grazie al quale avrebbe potuto issarsi verso l’alto e poter iniziare finalmente il suo tanto amato discorso. Trovò una sedia, ci salì sopra, si schiarì la voce e prese parola.
“Benvenuti cari ragazzi. Spero abbiate passato delle belle vacanze, ma ora la pacchia è finita. La scuola è ricominciata, e vi voglio vedere sul pezzo, carichi per il programma scolastico. Ma prima ho un grande annuncio da farvi, e sono sicuro che lo apprezzerete tutti.”
Un vociferare sorpreso prese il posto del discorso del preside, che si era fermato per accrescere la teatralità dell’annuncio. “Molti di voi lo sapranno, ma per i nuovi arrivati devo prima puntualizzare una cosa: ogni anno il nostro istituto organizza un grande viaggio al quale possono partecipare tutti gli studenti. Di solito i luoghi sono molto economici e la permanenza è corta per via dei costi, ma quest’anno c’è una novità! Io e i vostri professori abbiamo contattato alcuni istituti vicini per organizzare qualcosa di bello, qualcosa di unico, per voi studenti. E quattro di questi hanno risposto! Come avrete capito saremo in molti quest’anno, quindi forse non tutti potranno partecipare, spero possiate non prenderla a male. Per ogni classe ci sarà un numero massimo di partecipanti, quindi dovrete vedervela tra di voi e i vostri rappresentanti di classe. Mi raccomando: non uccidetevi a vicenda. Il viaggio è organizzato per la prima settimana di aprile, e si terrà a Crocus, la nostra amata capitale. Bene, ora vi ho detto veramente tutto. Spero di avervi trasmesso anche solo un poco della mia euforia per questo grande evento che passerà alla storia di Fairy Tail! Vi ringrazio per la vostra attenzione, ora andate in classe e studiate, idioti!”
E, come al solito, una grande acclamazione seguì il discorso del preside.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Competizioni assurde pt. 1 ***


 

Capitolo 2 - Competizioni assurde pt.1



Le prime lezioni di quel nuovo quadrimestre scolastico passarono velocemente tra verifiche ed interrogazione. Nessuno sembrava dare così tanto peso all’annuncio del preside Makarov. Nessuno si stava seriamente preoccupando di non partecipare alla gita, forse per presunzione o per pigrizia.
Ma durante una apparente normale giornata nel bel mezzo di marzo, la routine della mattinata scolastica venne brutalmente interrotta. Tutti i rappresentanti di classe fecero il primo passo verso quelle che sarebbero state giornate di inferno: le selezioni per la gita scolastica erano iniziate. Nelle varie classi iniziarono a tenersi competizioni che nessuno studente si sarebbe mai immaginato. Il livello di difficoltà (e di stravaganza) delle prove variava in base al rappresentante che possedeva il potere afrodisiaco di decidere come mettere alla prova i compagni e testare così le loro capacità. Per fortuna di Lucy e Levy la persona che occupava questo ruolo nella loro classe era una ragazza semplice e molto legata alla media scolastica, perciò decise di scegliere i partecipanti in base alle loro prestazione nelle prove scolastiche. Fortunatamente Lucy e Levy erano delle mezze secchione. Ma non in tutte le classi era stato così semplice. Gli studenti si ammassavano davanti alle classi per assistere alle gare più assurde mai viste, dalle prove di canto, a quelle più atletiche, a quelle di cucina, a quelle di forza, a quelle totalmente senza senso.
Levy destò improvvisamente Lucy durante la tanto attesa calma della pausa pranzo. “Ehi Lu-chan, sembra che nell’altra sezione si stia tenendo una gara di abbuffate, andiamo a vedere?”
Le due si avviarono verso la classe adiacente alla loro, e con grande fatica riuscirono a raggiungere una postazione che le permettesse di lanciare almeno un’occhiata dentro alla stanza, tanta era la folla accalcata che tifava senza ritegno. Davanti ai loro occhi si presentò una scena ai limiti dell’esilarante: una ventina di ragazzi stava facendo a gara a chi riusciva a mangiare più hot dog. Lo spirito di competizione regnava sovrano sopra ogni altra cosa. Erano presenti molti soggetti particolari dentro la classe, ma quelli che passavano di più all’occhio erano sicuramente un ragazzo dalla chioma scura, così come i suoi occhi, che addentava panino dopo panino, e che era... a petto nudo? Vicino a lui una bellissima ragazza dai boccoli color oceano alternava un morso ad un grido di incoraggiamento ed esultanza verso il ragazzo che ora era... senza pantaloni?
Ma il vincitore assoluto della competizione si dimostrò essere un terzo ragazzo, dalla capigliatura di un color rosa pastello familiare a Lucy, che aveva ingurgitato la bellezza di 34 hot dog nell’arco dei minuti concessi per la ricreazione. Poteva essere considerato forse un qualche tipo di record?
Lucy e Levy si scambiarono uno sguardo divertito e al contempo interdetto, e capendo di aver visto abbastanza decisero di fare ritorno in classe, quando però la loro attenzione venne attirata da una folla ancora più numerosa che si dirigeva verso l’esterno dell’edificio scolastico, più precisamente verso la palestra. Si dissero che non ci sarebbe stato nulla di male nell’andare a dare una sbirciatina.
Arrivate nella grande palestra della scuola presero posto sugli spalti posizionati lateralmente al campo di pallavolo posto al centro della sala, dove si stava tenendo una partita di pallavolo “all’ultimo sangue”. Letteralmente. Non appena le due ragazze diedero un’occhiata al campo per vedere chi stesse giocando, l’unica cosa che riuscirono a vedere fu un campo cosparso di povere vittime agonizzanti a terra, ed una chioma rossa scarlatta che si muoveva nel campo, tirando pallonate micidiali e assurdamente potenti contro chiunque avesse la presunzione ma soprattutto il coraggio di prendere posto nel campo avversario.
“Okay, questo mi sembra un po’ esagerato...” esordì a bassa voce Lucy, provando sincera pietà per un ragazzo che, colpito dalla furia di quella spietata giocatrice, correva verso gli spogliatoi tenendo le mani a coprirsi il naso, grondante di sangue. La loro attenzione venne catturata da una grande esultanza da parte degli altri spettatori quando nel campo avversario alla rossa fece il suo ingresso un ragazzo, con una grande cicatrice sull’occhio e con uno sguardo che non preannunciava nient’altro che “guerra”.
“Vedo che come al solito con te non si scherza, Erza.”
“Finalmente sei arrivato. Stavo iniziando a perdere le speranze di fare una partita soddisfacente.” rispose l’altra, con un sorrisetto compiaciuto, diversamente da qualche momento prima, quando il suo sguardo non mostrava alcuna emozione, alcuna “pietà”. “Fammi vedere cosa sai fare, Laxus!” Tra gli sguardi dei due si potevano notare senza il minimo sforzo delle piccole scintille di competizione, segno che quella sarebbe stata una partita giocata fino all’ultimo passaggio, fino all’ultima schiacciata.
Ma improvvisamente una furia dalla zazzera rosa, che a Lucy pareva di aver già visto da qualche parte ma proprio non riusciva a ricordare dove, fece capolino nella palestra, con poca grazia e attirando l’attenzione di tutti i presenti, urlando a destra e a sinistra di pretendere una sfida dalla capoclasse Erza Scarlett. Arrivato al cospetto della sopracitata capoclasse, le puntò il dito contro, con lo sguardo più battagliero che Lucy avesse mai visto. “Erza, io ti sfido! Vediamo chi è il più forte a pallavolo!” esclamò il nuovo arrivato, senza riuscire a trattenere un sorrisino elettrizzato. Era palesemente esaltato anche solo all’idea di scontrasi contro quella che Lucy, anche se era la prima volta che la vedeva, decise comunque di considerare come una forza della natura.
Quello che Lucy ricordò chiamarsi Laxus sbuffò sonoramente, interdetto, tirando un pugno senza molte smancerie a quel guasta feste.
“Non è il momento, idiota.”
“Bastardo! Come mi hai chiamato?” rispose il rosato, infervorato. Lucy era sicura di vederlo sputacchiare delle piccole fiammelle mentre inveiva verso il biondo.
Le due ragazze optarono di cambiare aria, non volevano proprio assistere ancora a lungo a quelle scene deliranti.
 
Mentre Lucy e Levy facevano ritorno nella propria stanza, ringraziando ogni divinità per non aver dovuto affrontare prove del genere, si imbatterono contro Loki, un bel ragazzo dallo sguardo ammaliante che fin da subito aveva notato Lucy e alla quale si era avvicinato immediatamente, instaurando così un’ottima amicizia. Lucy lo salutò, mostrando un largo sorriso, che si piegò subito dopo in una smorfia confusa, notando il suo sguardo vagante, il sorriso ebete e la postura vagamente barcollante.
“Loki, tutto bene?” chiese con cipiglio imbronciato. Sembrava quasi ubriaco...
“Certo Luuucy-chan, che domande fai? Ti sembro strano forse?” rispose l’altro, non riuscendo a controllare la ridarella. Lucy accentuò la smorfia quando l’amico prese a giocare con dei ciuffi sbarazzini che scappavano dalla sua coda laterale, prendendola in giro e ridacchiando per la faccia imbronciata che gli si parava davanti, anche se di ironico tutto questo non aveva nulla agli occhi della ragazza. Mentre ancora parlava non riuscì a trattenere un singhiozzo, seguito da un’altra risata.
Lucy incrociò le braccia sotto al seno e lo guardò con sguardo di rimprovero, proprio come una mamma quando scopre il figlio con le mani nel sacco mentre mangia di nascosto caramelle trovate chissà dove. “Loki, andiamo! Non sono stupida, hai bevuto a scuola?”
Levy accanto a loro non poteva che non sognare a occhi aperto per lo sguardo incantato che il ragazzo stava rivolgendo all’amica, senza che lei se ne accorgesse a quanto pare. Che tonta...
“Sì lo ammetto cara Lucy, ma posso spiegarti tutto, lo giuro! È tutta colpa di Cana, credimi! Quella lì ci ha fatto gareggiare a chi beveva di più! Sono stato obbligato, altrimenti non lo avrei mai fatto, credimi! L’ho fatto solo perché ci tenevo tanto a venire in gira con te e ovviamente anche con Levy-chan, credetemi.” fermò il discorso biascicato per ammiccare verso la turchina, poi riprese “Vi chiedo di non dirlo a nessuno, per quello che sanno i professori Cana ha organizzato un torneo di carte, non posso infamarla così. Credetemi!” terminò Loki. Lucy si ritrovò a sorridere, divertita per come l’amico aveva parlato, abbandonando il suo solito tono pacato e a tratti da provolone, e sostituito da questa nuova parlata sbiascicata dovuta dall’alcol. Ma subito il sorriso le morì sulle labbra quando sentì una presenza alquanto minacciosa pararsi dietro di loro e la schiena iniziò a sudarle freddo.
“Cosa hai detto, scusa?”
I tre si voltano a rallentatore verso la persona che aveva appena interrotto il discorso di scuse dell’unico maschio, con i brividi di terrore e le gambe tremanti. Quella voce... Erza Scarlett stava dietro di loro, le braccia conserte e lo sguardo inespressivo.
“N-Nulla!” balbettò l’interpellato, portando in avanti le mani in segno di negazione e, sotto sotto, per proteggersi dalla collera che li avrebbe aspettati a breve. Infatti questa non tardò ad arrivare. Dopo un’austera sgridata, in cui vide i poveri malcapitati a testa bassa ad annuire succubi (che poi Lucy e Levy cosa c’entravano?) ed una capoclasse inviperita oltre ogni immaginazione, quest’ultima afferrò Loki per l’orecchio e lo trascinò verso la sua classe, così da farsi sentire dall’organizzatrice di quella stupida competizione alcolica.
Giunti alla classe di Loki, Erza spalancò la porta, trovandosi davanti vari ragazzi con le bottiglie di sakè in mano, altri barcollanti per la stanza, altri, sfiniti, appoggiati ai muri o ai banchi, altri buttati per terra, ma non appena si accorsero dell’entrata di Erza Scarlett, chiamata anche Titania per via della sua ferrea dittatura all’interno dell’istituto, tutto l’alcol assunto fino a quel momento sembrò svanire nel nulla e tutti accorsero ai proprio posti con la coda tra le gambe, sperando in una punizione non troppo rigida o sperando almeno che il giorno successivo avrebbero ancora potuto alzarsi dal letto e godere di quella bellissima cosa chiamata vita.
Gli unici che sembravano non essersi accorti della sua entrata erano un paio di ragazzi ancora seduti per terra. E tra questi Lucy riconobbe Cana, capoclasse e sua amica (non avrebbe saputo dire ancora per quanto, dato che Erza indossava ancora il suo cipiglio arrabbiato), alcuni ragazzi di cui aveva sentito parlare da Loki, ed alcuni ragazzi che aveva già visto quella mattina durante le competizioni, tra cui una certa zazzera rosa. Oh, ma andiamo... pensò, con gli occhi al cielo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Competizioni assurde pt. 2 ***


 

Capitolo 3 - Competizioni assurde pt. 2

 

Il silenzio regnava sovrano all’interno di quella stanza troppo affollata per essere così silenziosa. Gli studenti, pallidi in viso, non osavano incrociare lo sguardo severo che una certa capoclasse stava infliggendo loro. Lucy approfittò del momento di panico generale per concentrarsi sulle persone presenti in quell’aula e il suo sguardo non potè che ricadere sulla sua amica Cana, seduta a terra che stringeva a sé l’inseparabile bottiglia di sakè e che mostrava un grande sorriso ebete sulla faccia, dovuto sicuramente alle grandi quantità di alcol ingerite. Questa era l’unica spiegazione, perché Lucy si rifiutava di pensare che Cana fosse così stupida da ridere in faccia ad Erza Scarlett. Successivamente posò lo sguardo su quel ragazzo che quella mattina si era ritrovato davanti fin troppe volte per i suoi gusti. Finalmente si era ricordata chi fosse: quel ragazzo all’apparenza scorbutico che il primo giorno di ritorno a scuola voleva sottrarle il posto. Il fatto che in una sola giornata lo avesse incontrato non una, non due, ma ben tre volte di fila voleva pur significare qualcosa, no? Qualunque fosse la risposta a questa domanda, Lucy si ritrovò a sorridere nel constatare che la faccia di quel ragazzo, di cui ancora non sapeva il nome, fosse così buffa in quel momento. I capelli in disordine, la postura mezza stravaccata sul pavimento, le guance rosse per via dell’alcol e una smorfia di disappunto ad incorniciargli le labbra. Sembrava più infastidito che impaurito. Magari per via dell’interruzione dovuta da Titania.
L’aria si fece improvvisamente irrespirabile quando Erza prese parola. “Allora, qualcuno ha intenzione di spiegarmi cosa sta succedendo qua dentro?”
“Erzaaa, non fare la guastafeste. Stiamo solo facendo un’innocua gara per scegliere chi potrà partecipare alla gita!” rispose Cana, tra un singhiozzo e l’altro. Tutti presero a sudare freddo per la paura. Ormai non aveva più speranza di uscirne vivi.
“Non mi sembra molto innocente tutto questo, Cana!” la castana sbuffò, non sapendo più se rispondere a tono a Titania o se fermarsi ora che ancora avevano la possibilità di non morire. Ma ancor prima di poter prendere una decisione, qualcun altro ci pensò al suo posto.
“Eh dai Erza, lo so che stai morendo dalla voglia di sfidarci tutti!” sbottò il ragazzo dalla capigliatura rosata, sventolando a destra e a sinistra la bottiglie di sakè ed infine puntandola verso la rossa. Quest’ultima sospirò, con un piccolo sorriso sulle labbra che nessuno sembrò riuscire a captare, ormai pronti all’essere uccisi senza possibilità di fuga.
Tutto accadde così velocemente che Lucy non se lo seppe spiegare: Erza prese posto vicino a Cana e prese possesso di una bottiglie ancora sigillata, fece un primo sorso e in conseguenza a questo gli studenti della classe, dapprima perplessi, esplosero in un coro di esultanza. Mentre ancora Lucy e Levy si guardavano confuse, Erza diede così inizio ad una gara inaspettata, “Chi perde verrà espulso dalla gita scolastica!” che non fece altro che far rabbrividire (nuovamente) di terrore gli studenti.


“Certo che qua sono tutti pazzi.” si lasciò sfuggire Levy in un sospiro. Le due amiche, non appena visto l’andazzo che stava prendendo quella sfida accampata da Titania, avevano giustamente deciso di allontanarsi il più possibile, così da non essere invischiate in quella brutta faccenda che non prevedeva altro che un riscontro negativo.
“Sono pienamente d’accordo.” rispose la bionda, non riuscendo però a trattenere un sorriso divertito. Era quell’insana follia che caratterizzava la sua adorata scuola, e che la rendeva così speciale ai suoi occhi. Lei non si sarebbe mai stancata della Fairy Tail High School, mai per nulla al mondo. Era l’unica cosa che la rendeva viva, che le faceva scordare del rapporto disastroso con suo padre, della mancanza di una figura materna nella sua vita, di quanto si sentisse sola una volta fuori da quella struttura piena di pazzi. Quella scuola era l’unico motivo per cui ancora non aveva deciso di mandare tutto al diavolo, scappare chissà dove, ovunque che non fosse vicino a Jude e alla sua vita piena di impegni lavorativi e... nient’altro. Nella vita di suo padre non c’era spazio per ciò che non fosse lavoro, e Lucy veniva presa in considerazione soltanto quando in questi impegni rientrava una cena con vari collaboratori, durante le quali necessitava della sua silenziosa presenza e del suo sorriso di circostanza. Insomma, se suo padre non avesse mai avuto l’idea di trasferirsi a Magnolia ed iscriverla in quella gabbia di matti, lei oramai sarebbe già stata persa.
“Però ha il suo fascino.” continuò, allargandosi in un sorriso che non potè non contagiare l’amica dai capelli turchini.
Parlando del più e del meno, le due si ritrovarono davanti alla propria classe, giusto in tempo per l’arrivo del professore, che tutto indaffarato nel controllare le varie competizioni, si era dimenticato di dover tornare in classe.


Quell’ora di lezione si presentò tutto fuorché interessante per Lucy, che, come al solito, si trovò a perdersi nel bellissimo panorama che le si presentava fuori dalla finestra della sua aula. A quell’ora del mattino il mare risplendeva per i raggi del sole, alto nel cielo, e gli uccellini volavano a pelo dell’acqua, inebriandosi degli spruzzi freschi. L’inverno se ne era ormai andato da un pezzo, lasciando spazio al polline, al ritorno degli animali dapprima in letargo e ai fiori variopinti.
Sul suo volto si dipinse una smorfia malinconica al ricordo delle mille passeggiate fatte con la madre in quel periodo dell’anno, quando ancora la malattia non l’aveva portata via. Spesso il flusso dei pensieri di Lucy finivano per ricadere su Layla, la tanto amata madre che anni addietro rappresentava la sua più grande gioia, la sua migliore amica, la sua salvatrice. Spesso il suo ricordo le provocava nostalgia, altri momenti felicità, perché la figura di Layla ancora splendeva forte nel suo cuore e mai l’aveva abbandonata, neppure nei momenti più duri. Ma nonostante questo la sua mancanza ancora era difficile da digerire, ma mai nessuno aveva dato molta importanza al suo stato d’animo, al suo cambiamento di espressioni quando la sua mente ripescava il volto sorridente della madre e subito dopo quello spento per colpa della malattia che gliel’aveva sottratta troppo presto.
Nessuno, fino a che Levy entrò nella sua vita: quest’ultima rappresentava la sua unica e vera amica dopo tanto tempo di solitudine. Dopo averla conosciuta, la sua vita aveva preso una direzione tutta nuova. Grazie a Levy, la bionda aveva ritrovato quella voglia di vivere appieno la sua vita che la perdita della madre aveva sotterrato sotto nostalgia e malinconia dovuta al rapporto con suo padre. In quella ragazzina minuti, bassa ma piena di vivacità, di una gentilezza disarmante e dall’intelligenza spiccata, Lucy aveva trovato una nuova fonte di vita. E il loro incontro era stato possibile grazie alla sua amata scuola.
Ma la Fairy Tail non le aveva portato solo lei: insieme a Levy erano arrivati anche Cana, la ragazza sempre troppo scostumata e sempre troppo ubriaca, che però le strappava sempre vere risata e la faceva sognare ad occhi aperti grazie alla sua passione di leggere le carte; poi era arrivato Loki che da subito ci aveva spudoratamente provato con lei, ricevendo un due di picche immediato, dato che nella vita di Lucy l’amore sembrava essere più una maledizione che una cosa positiva: tutte le persone che l’avevano realmente amata improvvisamente l’avevano lasciata, come sua madre, come Aquarius... Lucy non sembrava fatta per l’amore e l’amore non sembrava fatto per lei, o almeno così diceva. In realtà, sotto sotto ma neanche troppo a fondo, ciò di cui Lucy aveva sempre fantasticato era l’idea di vivere la perfetta storia d’amore, con un ragazzo che desse tutto per lei, che la salvasse dalla sua vita orribile, ma che, ahimè, ancora non aveva fatto la sua comparsa. Forse le sue aspettative rappresentavano l’impossibile, ma il suo animo da sognatrice non le permetteva di immaginarsi altro. Per questo aveva rifiutato Loki, perché fin da subito aveva capito che non era e che non sarebbe mai stato il suo salvatore, ma non per questo il ragazzo non riuscì a non ritagliarsi uno spazio nel cuore della bionda tutto per lui. Successivamente aveva conosciuto Mirajane Strauss, la bellissima ragazza dai candidi capelli color della neve che a primo impatto pensò fare di professione la fotomodella, ma che una volta conosciuta meglio scoprì essere una ragazza dall’animo d’oro, sempre gentile e disponibile ad aiutare chiunque, che da piccola aveva dovuto affrontare la perdita di entrambi i suoi genitori, dovendosi così occupare da sola di suo fratello e di sua sorella minore. Il piccolo (di certo non di statura) Elfman e la dolce e sempre sorridente Lisanna. Qualche volta Lucy aveva avuto la fortuna di partecipare ad uno dei famosi pranzetti a casa Strauss, e solo in quelle occasioni aveva potuto realmente assistere ed assaggiare, oltre che agli ottimi pranzi, ciò che realmente significhi fare parte di una famiglia. Lucy li invidiava ma allo stesso tempo ammirava così tanto. Con solo le loro forze avevano superato delle perdite difficile da ingoiare, appoggiandosi solo sull’affetto reciproco.
Altri ragazzi aveva conosciuto o semplicemente adocchiato durante quei mesi di scuola, e Lucy non potè fare altro che domandarsi con quanti altri avrebbe avuto l’occasione di stringere amicizia. Era sicura che proprio quella tanto attesa gita scolastica le avrebbe riservato molte sorprese.


Finalmente l’ultima campanella suonò, dando così il via libero all’evacuazione degli studenti, sfiniti da quelle giornate piene di follia. Lucy e Levy si stavano avviando verso l’uscita, dove si erano date appuntamento con Cana e Loki. Insieme avrebbero, come ogni giorno, percorso un pezzo di strada di ritorno a casa insieme. Ma quel giorno, mentre le due amiche si avvicinavano sempre di più a loro, notarono una terza figura. Un ragazzo, alto e snello, dalla capigliatura scura e la postura rilassata, parlottava con Loki, mentre Cana trangugiava, senza paura di essere beccata, una fiaschetta che molto probabilmente conteneva del sakè.
“Oh, sono arrivate anche Levy e Lucy!” sentenziò Loki, notando le due ragazze avvicinarsi. Queste rivolsero un sorriso cordiale al nuovo invitato, senza però sapere come prendere parola. Lo sguardo glaciale di quello sconosciuto le stava facendo tremare le gambe per i brividi di freddo, cosa alquanto strana dato che si trovavano ormai in un marzo bello che inoltrato.
Fortunatamente Cana, avendo notato il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare, pensò bene di togliere le amiche da quell’impiccio. “Questo è Gray, in caso non lo conosceste.” borbottò, senza togliere l’attenzione dalla fiaschetta.
“Oggi torna a casa con me perché dobbiamo fare un progetto insieme.” continuò con il solito tono cordiale il ragazzo dai capelli color arancio. Detto questo, i cinque si incamminarono verso casa.
Lucy non poteva fare altro che osservare quel nuovo ragazzo con cipiglio confuso, eppure lo aveva già visto da qualche parte quella mattina, ed era sicura che non fosse stato durante la disastroso avventura nella classe di Loki. Quindi dove... Gli unici luoghi in cui era stata quella mattina erano la sua classe, la palestra, la classe di Loki, in cui non aveva visto nessuna traccia di quel ragazzo così freddo, e l’altra sezione...
“Ero convinta frequentassi la 1^B.” rivelò infatti il suo cruccio, guardando Gray di sottecchi. Lui le rispose con uno cipiglio ancora più confuso. “Devi esserti confusa, io frequento la seconda.” rispose con una scrollata di spalle. Talmente era freddo il suo tono che a Lucy sembrò quasi cadere dalle sue spalle della neve dopo quel gesto.
Gray sembrava non avere interesse a risolvere i suoi dubbi esistenziali ma, come sempre, la curiosità ebbe la meglio su di lei. Portò una mano sotto al mento, “Eppure sono sicura di averti visto stamattina in 1^B...”
Lo sguardo di Levy, vicino a lei, si illuminò, rimembrando anche lei di averlo già visto da qualche parte. “Giusto! Stavi partecipando alla gara di abbuffate!” esclamò infatti.
Il moro ci pensò un po’ su, e dopo essersi ricordato di aver effettivamente preso parte a quella competizione, venne preso in giro da Loki per la sua scarsa memoria.
“No è che quello stupido di Natsu mi ha sfidato a partecipare a chi dei due riusciva a vincere il maggior numero di competizioni...” spiegò con un’altra scollata di spalle, come se avesse appena detto la cosa più banale del mondo. “E ovviamente ho vinto io.” continuò mostrando un ghigno vittorioso.
Cana commentò, divertita, forse più per effetto dell’alcol che per ciò che aveva appena detto Gray. “Chissà perché da Natsu me lo sarei proprio aspettata!”
Loki sembrò accorgersi dello sguardo confuso di Lucy, quindi cercò il modo più semplice per spiegarle di chi stessero parlando. “Mmh, ah! Natsu è il ragazzo che stamattina ha risposto ad Erza quando ci ha beccati a bere in classe!”
Lucy annuì grata, avere le risposte alle sue domanda le faceva trovare un’armonia interiore che nessun’altra cosa al mondo era in grado. Sollevata e sorridente, continuò il suo cammino spalleggiata dagli altri, salutandoli ad uno ad uno ogni qual volta qualcuno cambiava direzione, fino a che non si trovò sola. E, come sempre, si perse tra i suoi pensieri mentre i piedi la portavano sulla via di casa, guidati dall’abitudine.
Natsu, eh? Allora era questo il nome di quel ragazzo che in una sola mattina si era trovata davanti più volte e che mesi addietro l’aveva sfidata col suo sguardo smeraldo. Se doveva essere sincera, quel ragazzo la incuriosiva e parecchio. Le avrebbe fatto molto piacere fare la sua conoscenza dato che, a discapito del loro primo incontro, sembrava così genuino e simpatico. O forse era meglio dire folle?


Nei giorni successivi nell’istituto continuarono a susseguirsi prove su prove, decretando alla fine i partecipanti alla gita. Levy e Lucy non stavano più nella pelle all’idea di rientrare tra questi. Quando il preside Makarov annunciò i fortunati vincitori, e con la consapevolezza di aver l’opportunità di passare ben una settimana lontana da quelle mura che molti considerano casa, ma non lei, Lucy non stava più nella pelle. Non aveva pensato neanche per un secondo che il padre non le avrebbe permesso di parteciparvi, annebbiata dalla felicità. E quando, una volta arrivata a casa, con il cuore in gola per via dell’emozione, diede la bella notizia al padre, quando lui le negò categoricamente la possibilità di prenderne parte, il suo cuoricino già ammaccato si spezzò in mille pezzi.
Una volta arrivata in camera ed essersi chiusa a chiave la porta alle spalle, ma non la rabbia, si buttò a peso morto sul grande letto, tra mille lacrime di frustrazione. E ora come avrebbe detto ai suoi amici, a Levy, che non avrebbe preso parte a quell’occasione imperdibile? Perché suo padre doveva sempre farle rimpiangere di essere nata in quella famiglia?
In preda ai singhiozzi afferrò il telefono e cercò tra la rubrica il numero di Levy. Tutto ciò che voleva in quel momento era sfogarsi con qualcuno ed era sicura che parlare con l’amica le avrebbe fatto solo che bene. Il telefono squillò solo due volte prima che la voce vivace dell’amica apparve dall’altro capo della chiamata.
“Pronto Lu-chan? A cosa devo questa telefonata improvvisa?” iniziò, ma non appena si accorse dei singhiozzi e del silenzio dell’amica, subito si allarmò, “Lu-chan? Che succede?”
Senza farselo ripetere un’altra volta, Lucy sbottò fuori tutto quello che la faceva stare male, senza fermarsi, senza lasciare a Levy la possibilità di interromperla.
“Succede che è tutto un inferno Levy! Non ne posso più di questa casa, di questa vita. La sai la nuova trovata di mio padre per farmi stare male? Non vuole farmi venire alla gita! Per quale motivo poi non dovrei venire? Ha forse paura che mi senta troppo meno triste e miserabile lontano da lui? Ha forse timore che mi senta addirittura felice? Mi stupisce ancora come, dopo tutti questi anni, riesca comunque a farmi stare sempre peggio di quanto già stia...”
Le parole e lacrime scorrevano senza sosta, ma grazie a questo piccolo sfogo la bionda si sentiva già più sollevata, infatti si lasciò sfuggire un lungo sospiro.
Levy, dopo aver aspettato qualche secondo così da far riprendere fiato all’amica, rispose “Lu-chan, sono veramente dispiaciuta che tuo padre ti tratti in questo modo. Ma soprattutto sono veramente arrabbiare! Non si sente in colpa a strapparti sempre via le cose a cui tieni e che ti potrebbero rendere felice?” Lucy si sorprese delle parole della turchina, che solitamente teneva un tono dolce e pacato anche nelle peggiori delle situazioni, ma che in quel momento non esprimeva altro che sincero rancore per quell’essere senza cuore che Lucy si era ritrovata come figura paterna. “Senti Lu-chan, io avrei un piano, ma sta a te decidere se seguirmi in questa follia o se restare succube di tuo padre...”
Lucy tiro su col naso, “Un piano? Di che si tratta?”




Angolo autrice;
Ciao a tutti! Mi ritaglio per la prima volta un piccolo angolo per potervi dire due cosine! Innanzitutto mi sembra dovesoro ringraziare con il cuore chi ha recensito, aggiunto tra i seguiti e i preferiti questa mia piccola fanfiction, grazie mille <3
Seconda cosa volevo avvertirvi che molto probabilmente la storia subirà nel corso degli aggiornamenti vari cambiamenti, quindi non prendetevi male se per esempio un giorno cambierà titolo, o se la struttura e l'estetica dei capitoli cambierà, ma sono una persone a cui piace cambiare e soprattutto che non si accontenta mai di nulla ahaha. Comunque questi cambiamenti non sconvolgeranno i fini della trama :)
Ultima cosa: gli aggiornamenti non saranno probabilmente mai regolari, su questo non vi prometto nulla, a volte ci metto un'eternità e di più, mentre altre volte potrebbe finire che pubblico quasi subito come questa volta ;) Sotto questo punto di vista sarò un disastro, lo so già, ma spero di non deludervi con ciò che scriverò :3
Detto questo vi lascio e vi saluto, ci sentiamo al prossimo capitolo <3
Bacioni,
adela!


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3782496