Proprio come le eclissi

di fiore_di_cartapesta
(/viewuser.php?uid=731407)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Proprio come le eclissi ***
Capitolo 2: *** 2. Proprio come le eclissi ***
Capitolo 3: *** 3. Proprio come le eclissi ***
Capitolo 4: *** 4. Proprio come le eclissi ***
Capitolo 5: *** 5. Come il sole a mezzanotte ***



Capitolo 1
*** 1. Proprio come le eclissi ***


1. Proprio come le eclissi

Il mattino ha l’oro in bocca, si disse speranzosa Hermione trascinandosi pesantemente fuori dal letto attingendo a piene mani un enorme quantitativo della propria riserva di forza di volontà.
 
Oro e rosso, continuò fra sè e sé, ricordando soltanto una volta aver messo piede nella sala comune di Grifondoro che, quella mattina – la prima mattina libera della settimana in cui aveva scelto di rimandare compiti e doveri di Prefetto a favore dell’ES – proprio quella mattina, il loro Leone e il Serpente verde-argento della Casa di Salazar si sarebbero affrontati in volo a colpi di bolidi e pluffe per l’agognata Coppa di Quidditch.
 
La strega non avrebbe trovato angolo di Hogwarts – nemmeno in biblioteca – che fosse privo dell’entusiasmo e della aspettativa che animava quella stanza già dalle prime luci del mattino.
 
L’emozione della propria Casa, così come quella delle altre tre, era palpabile al punto da sembrare solida, ma quella stessa trepidazione non coinvolgeva il Prefetto che, – alquanto scocciata – altro non voleva, che riuscire ad iniziare e – oltre ogni previsione – finire l’imponente mole di compiti assegnati loro dagli insegnanti del V anno per il lunedì successivo distante ormai solo due giorni.
 
Sbuffò rassegnata dinanzi all’evidenza che libri e pergamene, incantesimi e pozioni avrebbero dovuto aspettare qualche altra ora e si diresse, di pessimo umore, in direzione della Sala Comune oltre il ritratto della Signora Grassa.
 
Quella giornata di novembre si prospettava piuttosto fredda e la giovane strega si mosse in fretta giù per le scale e lungo i corridoi del castello avvolta nel morbido cardigan di lana trovato e preso in prestito – rubato – poco prima dalla sua poltrona preferita nella Sala Comune. Non si sarebbe mai immaginata capace di una simile azione, ma le temperature stavano rapidamente scendendo e, si disse, chiunque avesse dimenticato un indumento così caldo in giro sicuramente non ne aveva bisogno. Non più di lei, almeno. Avrebbe giurato di essere stata bersaglio di un incantesimo congelante perché, prima del cardigan, nulla era riuscita a farla sentire al caldo.
 
Etchiù.
 
Tirò su col naso e si incamminò diretta alla Sala Grande, pregustando già la dolcezza di una bevanda calda.
 
Nonostante fosse abituata alla presenza costante di Harry, Ron, Ginny, Neville o altri compagni del corso, i momenti di solitudine apparente, quelli in cui nessuno tra la folla sembrava notarla o intenzionato a parlare con lei, erano i preferiti di Hermione: si ritagliava e ricercava tali occasioni tra gli scaffali silenziosi custoditi da Madama Pince, sugli spalti del campo di Quidditch svuotato dei soliti occupanti, davanti al fuoco della torre di Grifondoro, tra le pagine di un libro.
 
Immersa in quei pensieri, tra uno starnuto e l’altro, la strega si ritrovò all’ingresso della Sala Grande animata da un numero di mattinieri ben più alto del solito che affollava i tavoli.
Stava per entrare quando venne letteralmente rapita da una figura minuta che emerse fulminea dalla sua destra: era Ginny Weasley, proprio la persona che cercava.
 
“Ehi, come mai già in piedi?” chiese alla compagna di dormitorio che non voleva saperne di lasciarla andare.
 
L’altra ragazza, infatti, continuava a trascinarla con noncuranza lontana dall’ingresso e il suo “ehi” si tramutò ben presto da saluto in protesta.
 
“Non mi hai aspett…” stava per continuare l’arringa, ma si interruppe.
 
La propria attenzione venne richiamata da un manipolo di persone vestite di verde e argento che distribuiva spille intonando quello che, da nata babbana qual era, avrebbe definito come coro da stadio.
 
“Ascolta”.
Ginni le lasciò andare il braccio e le indicò lo spettacolo che lei stessa aveva appena avvistato e smise di protestare.
 
Dalla distanza a cui si trovavano loro due, le spille dei Serpeverde erano perfettamente visibili: avevano la forma di una corona al cui interno era inciso a grandi lettere “Weasley è il nostro re”.
 
Il senso di quelle parole avrebbe potuto essere piuttosto forviante considerato che “Weasley” poteva essere riferito sia a Ron, portiere principiante della squadra dei Grifondoro sia al duo gemello Fred-George, temibili fautori di scherzi ed esperti battitori della squadra.
 
Non vi erano dubbi né nella testa di Hermione, né in quella di Ginny sul chi fosse, tra i tre, la reale vittima di quella beffa insulsa. Soprattutto perché, dal punto in cui si erano fermate, non avevano difficoltà a distinguere le parole del canto dei Serpeverde.
 
“Oh no, è un disastro”.
 
“Sono sicura” proseguì Hermione furiosa “che quello che stanno facendo sia contro almeno venti delle regole che Prefetti”, e il suo sguardo saettò da Malfoy a Pansy Parkinson al centro esatto del commercio di spille, “e studenti maggiorenni dovrebbero seguire in questa scuola!”
 
Fece per marciare da sola contro l’intera squadra di Serpeverde quando due braccia forti la catturarono nella loro morsa, sollevandola quasi di peso e riportandola indietro da Ginny.
 
Si accorse solo quando venne riadagiata a terra che, uno a destra e l’altro a sinistra, era trattenuta dai gemelli che non mollarono la presa fino a quando Ginny non glielo impose. “Eddai, voi due”.
 
“Sorellina!” esclamarono entrambi come a salutarla, i loro volti illuminati dalla solita malizia.
 
“Granger” si rivolsero ad Hermione lasciandola finalmente andare, ma chiudendosi comunque dinanzi a lei, spalla a spalla, per impedirle di correre a scatenare lotte alla babbana o peggio andando ad informare Harry e – prospettiva terribilmente funesta – Ron. L’ignoranza di quest’ultimo sull’argomento sarebbe potuta valere la vittoria o la sconfitta della squadra di Grinfondoro.
 
Entrambi, infatti, avevano notato il movimento niente affatto discreto della squadra avversaria alle loro spalle.
 
I loro sguardi si animarono: erano insieme preoccupati, divertiti ed eccitati.
 
Date le differenze di altezza tra i gemelli e il Prefetto, quest’ultima aveva difficoltà a scorgere del tutto i loro visi. Nuovamente libera di muoversi, ma non compiere il proprio dovere di vigilante, la ragazza fece un passo indietro incrociando le braccia al petto indispettita.
 
Guardò torva i nuovi arrivati, scoccando di tanto in tanto sguardi furibondi alle loro spalle.
 
“Ma cosa avete tutti? È una caratteristica di famiglia essere maneschi?”
 
Nessuno dei tre Weasley le lasciò passare liscio quanto aveva affermato e ognuno di loro si premurò di reagire di rimando.
 
“Manesca?” Ripeté stizzita Ginny, che non pensava affatto che un epiteto del genere potesse esserle accostato, dalla propria migliore amica per giunta.
 
“Maneschi?” Ripeté George fingendo un’offesa che non gli apparteneva.
 
“Tutti?” Chiese invece Fred, differenziandosi dal coro delle altre teste rosse e interessato, più che all’insinuazione di violenza gratuita, al possibile sottointeso che quel “tutti” lasciava intendere.
 
“Tutti” i Weasley erano stati sgarbati con lei? Al ragazzo non venne in mente nemmeno di sfuggita che Hermione potesse riferirsi, come di fatto era, a Ginny e pensò, senza riuscire a spiegarsi perché, ad un altro membro della propria famiglia, un membro attualmente oggetto di scherno.
 
Di fronte alla prospettiva che Ron potesse essersela, per qualche ragione, presa con Hermione, il coro dei rivali risultò per Fred improvvisamente più orecchiabile.
Sorrise beffardo rivolto ai propri pensieri, mai dimentico di quando, l’anno prima, aveva più volte scorto Ron comportarsi da stronzo insensibile nei confronti dell’amica perché geloso del giocatore di Quidditch professionista Victor Krum spasimante dell’interessata all’epoca del Torneo TreMaghi.
 
Lo sguardo di Hermione si posò inevitabilmente su chi tra loro aveva stonato dal solito normale comportamento irriverente.
 
Fred, nel frattempo, accortosi del proprio passo falso si premurò di mostrare non curanza. Si era voltato, forse troppo velocemente, verso il gemello che adesso lo scrutava interrogativo.
 
Né George, né Ginny e neppure Hermione comprendevano quale fosse il motivo per cui lui, Fred Weasley il malandrino, si sarebbe dovuto interessare più a quel “tutti” anziché all’offesa e all’affronto del Prefetto-perfetto di Grifondoro.
 
L’interrogativo non perseguitò a lungo George che perse interesse quando il fratello scrollò le spalle voltandosi di nuovo a guardare le ragazze.
Anche l’interesse di Ginny scemò tempestivamente. La ragazza era giunta, ormai da anni, alla conclusione che cercare di comprendere le azioni e le motivazioni dei due fratelli gemelli era una immensa perdita di tempo.
 
Hermione, invece, non si capacitava di come quell’attenzione particolare non le scivolasse di dosso come successo agli altri. Lo shock causato dalla prospettiva che per Fred lei potesse non essere solo una petulante scocciatura, una spina nel fianco e l’amica di suo fratello minore, come i gemelli e Lee Jordan si erano più volte espressi nei suoi confronti, apriva la mente della ragazza verso prospettive che non aveva mai valutato logicamente perché considerate irrazionali e irrealizzabili.
 
Vecchie sensazioni riemersero e la sua capacità di giudizio vacillò.
 
La propria sorpresa si mischiò all’imbarazzo quando i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo.
 
Nello sguardo di lui adesso aleggiava quello che a lei sembrava sorpresa, ammirazione forse, insieme ad un inspiegabile quando evidente sfumatura di soddisfazione.
 
Che lui sapesse dei sentimenti che lei da anni cercava di annegare? Impossibile, si disse. Era riuscita a tenere quel segreto per sé così a lungo che nemmeno Ginny, le pareva, avesse mai sospettato di nulla.
 
Le fu comunque impossibile non arrossire immaginando i motivi di una reazione simile da parte del mago.
 
Cercò di riappropriarsi della fredda logica che solitamente la permeava, tentò almeno di fingere un qualche genere di auto-controllo e raziocinio, ma mai come in quella occasione le proprie capacità vennero meno.
 
Lei, sempre padrona della situazione, si impose almeno di restare calma e riuscì ad ottenerla soltanto allontanandosi di qualche passo dalle due sentinelle – soprattutto da una – di fronte a lei.
 
Con la velocità di una Nimbus archiviò mentalmente l’accaduto sotto la voce “Inspiegabile” e si giustificò ricordando come i gemelli insieme la facevano sentire sempre irrequieta. Tale sentimento era probabilmente scatenato consciamente e, altrettanto spesso, inconsciamente dalla loro tendenza all’infrazione spudorata delle regole, alla corruzione di ignari studenti del primo anno cavie per i Tiri Vispi Weasley, dal commercio illegale praticato all’interno della scuola e alle molestie dirette alla sua persona soltanto perché nuovo Prefetto dell’anno in corso.
 
Ma le attenzioni che le dedicavano i due, talvolta accompagnati da Lee Jordan, non erano mai state del tipo di quelle dimostrate un attimo prima dal solo Fred, sussurrò una vocina meschina dal fondo dei propri pensieri.
 
E perché la tua vista avrebbe dovuto scatenare in Fred una sensazione di soddisfazione? La vocina proseguì nelle proprie insinuazioni.
 
Per non parlare della sorpresa che ancora faceva capolino da quelle iridi marroni lì di fronte.
 
“Dobbiamo impedire a Ron di vedere” sussurrò risoluto George spostando lo sguardo da Ginny ad Hermione alla scena alle sue spalle, “o possiamo sognarci la Coppa”.
 
“Non è in grado di gestire il veleno di quei viscidi” gli fece eco la sorella minore, “serpenti” sibilò infine.
 
Seguì una serie di altre battute che Hermione si perse indagando con il proprio sguardo quello dell’altro gemello, che, distratto, sostava l’attenzione da un membro all’altro del quartetto soffermandosi, di tanto in tanto, sul cardigan di lana della ragazza.
 
La gomitata nelle costole da parte di Ginny sembrò un contro-incantesimo al Petrificus Totalus che metaforicamente aveva colpito Hermione.
 
Lei si riscosse in un lampo lieta che né Fred né George, a parte l’amica, avesse notato l’oggetto della distrazione di lei o il sussulto in seguito al colpo.
 
Etchiù.
 
Il proprio raffreddore reclamava considerazione.
 
“Ho bisogno di bere qualcosa” disse “qui fa troppo freddo”.
 
“Abbiamo notato il cardigan” Fred sorrise sghembo tirando un lato della manica della ragazza.
 
L’atteggiamento beffardo del gemello fece dissolvere qualunque fantasma di pensiero si aggirasse ancora nella testa di lei e annunciò come tutto e tutti fossero tornati a comportarsi normalmente, senza stranezze e incoerenze.
 
Di fronte a quella prospettiva le fu facile ignorare la sensazione che scariche di corrente elettrica le corressero lungo il braccio a partire dal punto in cui l’altro l’aveva toccata.
 
Lei sbuffò e si ritrasse apparentemente irritata da quel tocco.
 
Una nuvoletta di condensa le sfuggì dalle labbra. “Mi occupo io di Ron”.
 
“Non ti stanca dover essere la sua baby-sitter, Granger?” attaccò George, completando il sorriso beffardo del fratello.
“Mi occupo io di Ron” le fece eco con una vocina acuta nel misero tentativo di imitare la sua.
 
Passò in mezzo al muro di gemelli spintonandoli per superarli e fu oltre. Abbandonò l’amica che, niente affatto risentita, la guardò allontanarsi piena di apprensione.
 
Si diresse indispettita e a grandi passi verso la porta che continuavano ad impedirle di attraversare e fu nella Sala Grande.
 
Qualche sorso di succo di zucca caldo le avrebbero concesso la pace e la lucidità necessarie per affrontare il resto della giornata nella consapevolezza che Ron non sarebbe stato in grado di fronteggiare lo stress dell’imminente partita.
 
Grazie a chi ha aperto la mia storia ed è giunto fin qui.

Questo che avete terminato di leggere è il primo capitolo di una serie di racconti a tema "Fremione".
Il racconto si inserisce nel Capitolo 19 del V° libro della Rowling, nel momento della partita di Quidditch a seguito della quale Harry, George e Fred vengono espulsi dalla squadra per ordine di D. Umbridge "Inquisitore Supremo" di Hogwarts.

Aspetto i vostri commenti e le vostre critiche, non si finisce mai di crescere e migliorare! A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Proprio come le eclissi ***


2. Proprio come le eclissi
 
La Sala Grande si riempiva in fretta, il volume delle chiacchiere era più alto e l’umore sempre più esuberante.
 
Tra un sorso di succo di zucca bollente e un morso alla crostata di marmellata di cui si era riservata una fetta, Hermione vide avvicinarsi al tavolo di Grifondoro i suoi due amici di sempre.
 
Harry scrutava il manipolo di Serpeverde chiassosi dall’altro lato della stanza cercando di capire quale fosse il motivo di tanto clamore, mentre con entrambe le mani sospingeva un Ron verdognolo e piuttosto giù di morale.
 
Quando si accomodarono di fronte a lei, il tavolo esplose in fragorose urla di benvenuto che non fecero altro che far assumere Ron un aspetto ancora più malsano, un uomo al patibolo di fronte alla propria ultima cena.
 
“Devo essere demente per fare questo” sussurrò con voce roca, “demente”.
 
“Non fare lo scemo” ribatté Harry con fermezza, passandogli un assortimento di cereali, “andrai benissimo. È normale essere nervosi”.
 
Hermione non mancò di salutarli calorosamente ma si inserì nella conversazione, non si sarebbe comportata da baby-sitter.
 
Non che lo avesse mai fatto, si disse, ancora innervosita dall’insinuazione di George.
 
Ginny la raggiunse e le si sedette di fianco lanciandole uno sguardo insieme indagatore e circospetto, cercando di assicurarsi che le ire della amica non fossero dirette nei suoi confronti.
 
“Come ti senti?” chiese rivolto a Ron.
 
“E’ solo nervoso” risposero Harry ed Hermione in coro, quest’ultima per smentire le paure di Ginny circa la scoperta della burla da parte di Ron.
 
Una manciata di minuti più tardi Angelina Jones, capo della attuale squadra di Quidditch di Grifondoro, chiamò a rapporto i propri giocatori.
 
Prima che Harry potesse allontanarsi per raggiungere gli spogliatoi insieme a Ron e al resto del gruppo, Hermione si alzò e prese l’amico da parte.
 
“Non far vedere a Ron cosa c’è scritto sulle spille di Serpeverde” bisbigliò concitata.
 
Harry la guardò con aria interrogativa, ma lei scosse il capo in segno di avvertimento: Ron stava venendo verso di loro, smarrito e desolato.
 
“In bocca al lupo, Ron” disse Hermione, si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla guancia.
 
“E a te, Harry...”
 
Guardò gli amici allontanarsi, si rese conto improvvisamente di come, mai prima di allora, si era azzardata a salutare Ron così affettuosamente come faceva con Harry da ché aveva memoria.
 
Il proprio comportamento non passò inosservato.
 
I gemelli la superarono, si portarono nuovamente ai due lati di Hermione e si fecero beffe di lei: George divertito e deliziato dall’esilarante spettacolo che la ragazza aveva offerto loro, Fred accigliato e infastidito, senza alcun diritto, da quanto accaduto.
 
Quest’ultimo cercava di mascherare il proprio cipiglio e le affibbiò un “baby-sitter” un po' troppo acido mentre passava.
 
Lasciarono la stanza insieme al fastidioso rumore di baci che George aveva continuato a mandare.
 
Si sentì traditrice e tradita, quell’insulso insulto di Fred continuava ad agitarle la mente provocando fitte di irrequietezza all’altezza della pancia.
 
“Andiamo, o si prenderanno i posti migliori e ci toccherà stare vicino a Luna”.
 
Ginny l’aveva affiancata e le indicò con lo sguardo Lunatica Lovegood che, stramba come era, si era fabbricata un cappello a forma di leone in grado di ruggire a comando.
 
Gemette alla vista della studentessa di Corvonero e uscì con Ginny dalla Sala, giù per le scale di pietra, nel freddo più intenso del tardo mattino.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Proprio come le eclissi ***


3. Proprio come le eclissi

Il canto dei Serpeverde orchestrati dalla Parkinson si riversava nelle orecchie di tutti più molesto del sibilo del vento.
 
Perché Weasley è il nostro re
ogni due ne manca tre
così noi cantiam perché
perché Weasley è il nostro re.
 
La canzone si levò forte e chiara dal mare verde e argento della curva di Serpeverde.
 
Hermione non vedeva l’ora che quella tortura finisse, l’avrebbe fatta pagare cara a quelle serpi alla prima occasione – una promessa è debito.
 
Ginny era altrettanto furibonda, desideri di vendetta sia agitavano inquieti anche sotto la sua pelle.
 
Ron era visibilmente in difficolta, mancava la pluffa ogni volta che questa si avvicinava agli anelli e la sua incapacità stava costando la vittoria ai Grifondoro.
 
Poi successe, Harry e Draco si affrontarono in volo in un testa a testa che vide il primo vincitore.
 
Tutto si concluse in due fulminei, disperati secondi. La curva dei vincitori esplose in un boato, il ruggito della folla, e del cappello di Luna, copriva ogni cosa.
 
La scena che seguì sul terreno del campo di allenamento, Hermione poté soltanto guardarla senza sapere quali parole venissero consumate.
 
Dall’alto della sua posizione sugli spalti vide Harry precipitare di qualche metro al suolo, colpito in fallo dal bolide scorretto di Tiger. Draco Malfoy atterrò subito dopo seguito dal resto della squadra di Grifondoro, eccetto Ron che sembrava intenzionato a lasciare il campo in direzione degli spogliatoi da solo.
 
Quella situazione non prospettava nulla di buono.
 
Dall’alto della sua posizione sugli spalti assistette al susseguirsi di battute tra i due cercatori rivali, quello che successe dopo lo aveva previsto, ma le proporzioni delle conseguenze che ne scaturirono nessuno avrebbe mai potuto immaginarle.
 
Madama Bumb strigliò Tiger che non si vide addossare alcun tipo di punizione.
 
Harry diede le spalle a Draco.
 
George e Fred raggiunsero il Prescelto.
 
Draco si prodigò in insulti la cui natura le fu nota soltanto più tardi.
 
George esplose di rabbia, ma venne trattenuto da Harry.
 
Fred esplose e venne trattenuto congiuntamente da Angelina, Alicia e Katy per impedirgli di saltare al collo della serpe Malfoy.
 
Harry esplose e lasciò andare George, insieme si fiondarono come tsunami sul cercatore verde argento di Serpeverde dimentichi di insegnanti e bacchette, in quella che lei stessa avrebbe definito come lotta alla babbana fatta di pugni e graffi, quelli che avrebbe voluto rifilare lei allo stesso soggetto soltanto qualche ora prima.
 
In qualità di Prefetto non si sarebbe potuta – e dovuta – lasciare andare alle emozioni. Motivo per il quale sarebbe dovuta intervenire nella disputa in campo.
 
La curva Grifondoro si era rivoltata e le persone si muovevano agitate, chi sporgendosi dalle ringhiere per vedere meglio, chi fiondandosi giù per le scale. Entrambi i movimenti ostacolavano le intenzioni della ragazza e veniva spintonata indietro, lontano dalle scale, dalla folla incuriosita.
 
Quando finalmente riuscì a divincolarsi dal resto dei compagni aveva perso di vista Ginny. Si sarebbe preoccupata più tardi di trovarla e riferirle quanto, di lì a poco, avrebbe scoperto.
 
Si fece largo tra l’orda di tifosi e raggiunse l’entrata del campo di Quidditch che, nel frattempo, si era svuotato di quasi tutti i suoi occupanti. Non vi era più traccia della squadra di Grifondoro, di Harry, George, Ron e Draco. Persino Madama Bumb mancava all’appello.
 
Alle sue spalle la McGranitt scendeva furiosa le stesse scale che lei aveva percorso diversi attimi prima. Nessuno intralciava il suo cammino, intuivano tutti quanto sarebbe risultato catastrofico ostacolarne l’avanzata.
 
La furia della direttrice della Casa di Grifondoro si sarebbe presto riversata sui membri della squadra di Quidditch.
 
Mentre la famigerata strega si allontanava a grandi passi Hermione corse in direzione degli spogliatoi della squadra speranzosa di trovarvi dentro i suoi amici e di avvertirli della tempesta in arrivo.
 
Non fece in tempo a metter piede sull’uscio che una figura allampata gli si parò davanti intenzionata, come lei, a correre, ma nella direzione opposta.
 
L’urlo contro un corpo solido la sbalzo indietro, le fece perdere l’equilibrio e la strega cadde all’indietro senza poter parare la discesa. Batté dolorosamente il sedere sul pavimento, risentita alzò lo sguardo verso il proprio assalitore.
 
Fred Weasley, dall’alto del suo metro e novanta, si massaggiava il petto dolorante per lo scontro. Abbassò lo sguardo a sua volta sul mal capitato che aveva osato impedirgli di uscire e quando realizzò chi fosse seduto per terra, il suo sguardo si addolcì perdendo parte della furia cieca che lo aveva pervaso dal momento in cui Draco aveva osato offendere più di un membro della sua famiglia.
 
Rise, persino. Una risata a metà tra l’amaro e il divertito.
 
“Non ti rovinare il cardigan” disse in direzione della ragazza a terra. Rise di nuovo, beffardo.
 
Le allungò una mano così che lei potesse prenderla e rialzarsi, ma la strega indispettita si sollevò da sola, schiaffeggiandogli la mano protesa in aiuto.
 
Si rimise dritta, il dolore le pulsava dietro la schiena e prese a massaggiarsi senza staccare gli occhi dall’assalitore. “Togliti di mezzo, Fred” fece il Prefetto. “O hai intenzione di restare lì impalato e bloccarmi di nuovo?”
 
L’astio nella sua voce era acuito dal dolore ancora fresco dello schianto e dell’offesa subita la mattina quando i gemelli l’avevano praticamente messa spalle al muro.
 
“Cosa c’è, non ti piace quello che vedi?” chiese malizioso Fred smettendo di massaggiarsi il petto e posizionandosi in modo da impedirle qualsiasi accesso allo spogliatoio.
 
“Fammi entrare, sto cercando…” iniziò a protestare.
 
“…Ron” concluse il ragazzo per lei.
 
Non seppe dire perché, ma quell’insinuazione la punse sul vivo infastidendola più del dolore al sedere.
 
“Harry” riprese lei, impedendosi categoricamente di assecondare il gemello. Lui rise di nuovo, divertito dall’atteggiamento indispettito di lei. Chiaramente ci aveva azzeccato.
 
“Harry e Ron” continuò lei risentita ignorando bellamente la soddisfazione che si allargava sul volto del suo interlocutore.
 
“Sono andati” disse infine il gemello. “Anche George è andato”.
 
“Come andati?”
 
“Andati, Granger, an-da-ti” scandì ogni sillaba con secchezza, dimentico dell’ilarità che prima lo aveva animato alla vista della ricciuta compagna di Casa.
 
“Adesso, se permetti, devo togliere di mezzo quello stramaledetto Malfoy.”
 
Si mosse in avanti per avviarsi a compiere l’omicidio che aveva annunciato, ma Hermione agì più velocemente.
 
Alzò la mano e quella andò a sbattere contro il petto di lui che a quel contatto si fermò. Il suo sguardo andava dal punto in cui il suo corpo toccava il palmo dell’altra agli occhi scuri di lei.
 
“Cosa pensi di fare? Credi di essere in grado di fermarmi?” sbottò con rabbia.
 
Non si allontanò da lei, né interruppe il contatto. “Non lo sai, tu non lo sai cosa ha detto”.
 
“Draco?” domanda retorica, lei immaginava come il Serpeverde avesse provocato la squadra, ma non aveva in effetti udito le sue parole di prima mano.
 
“Quel piccolo…” riprese il gemello con odio.
 
“Non… no, Fred” lo interruppe Hermione, lo afferrò per un braccio e lo trascinò lontano dagli spogliatoi, lontano dalle ragazze che, sentito il trambusto causato dallo scontro di poco prima tra i due, stavano accorrendo all’ingresso.
 
Lo tirò con sé stupita della anormale mansuetudine dell’altro. Soprattutto dopo tanta aperta ostilità.
 
L’aggressività del gemello l’aveva spiazzata e spaventata, ma non si sarebbe fatta intimidire. Non avrebbe potuto permettergli – in quanto Prefetto, è chiaro – di andare in giro a far danni, ne valeva dei preziosi punti della casa con conseguenze funeste sulla squadra e lei sapeva quanto, quest’ultimo punto, sarebbe costato al battitore.
 
Non che lei si fosse mai accorta degli interessi di Fred, si disse.
 
“Cosa pensi di fare?” domandò lui, gli occhi bassi sulla mano della strega sul suo braccio.
 
La stessa domanda posta qualche attimo prima adesso aveva un connotato differente che la ragazza non mancò di notare.
 
Il tono di Fred si era abbassato, quasi pensasse che quel tocco, per quanto indelicato e rozzo potesse essere, fosse in realtà effimero e fragile.
 
La stessa corrente che l’aveva pervasa la mattina ritornò manifesta.
 
“Quel cardigan…” riprese in un fiato, senza continuare a guardarla. Sorrise e il suo sorriso fu dolce. Una rara visione quella, sulla bocca di Fred.
 
Il repentino cambio di umore e di argomentazione presero alla sprovvista la ragazza. Occasioni del genere era raro accadessero proprio a lei, sempre vigile e attenta.
Ammutolì aspettandosi, dall’interlocutore, niente altro che un nuovo insulto.
 
Il silenzio che li circondò colpì Fred come uno schiaffo, molto più dello scontro sotto l’ingresso degli spogliatoi.
 
 Finalmente spostò lo sguardo e osservò la strega da sotto le lunghe ciglia rosse.
“Sono riuscita a farti stare zitta, quale occasione unica!” Era compiaciuto ed orgoglioso. “Se lo raccontassi non mi crederebbero!” Rise di gusto alle sue stesse parole.
“È bello” abbassò il tono di voce ritrovando lo stesso sussurro di prima. Il riso ancora gli illuminava il volto. Della furia omicida sembrava non esservi più alcuna traccia.
 
“Bello?” ripeté interrogativa lei. All’istante divenne consapevole del silenzio tanto decantato dal mago.
Un silenzio quasi innaturale dopo l’esplosione di suoni che aveva seguitato il fischio di inizio della partita.
 
Si erano allontanati inconsapevoli di quanta strada stessero percorrendo. Nonostante il freddo, nonostante tutto, lei lo aveva condotto lontano, un po’ troppo lontano, dalla civiltà.
Erano soli.
Rabbrividì un po’ per il freddo e un po’ per la promessa che quella solitudine portava con sé.

Da sola, con Fred Weasley.
 
Si era immaginata innumerevoli volte in una situazione analoga, altrettante innumerevoli volte si era maledetta.
Fred Weasley, malandrino rinomato, immaturo e dispettoso, fratello maggiore di ben due dei tre suoi migliore amici, era off-limits.
Soprattutto perché lui era solito giocare in attacco rimbalzando da una conquista all’altra finanche questa gli fornisse intrattenimento di qualità.
Lei se ne stava in panchina, comunque oscurata da un quantitativo spropositato di spasimanti ragionevolmente più valide.
 
Almeno così pensava fosse sempre stato.
 
Si morse il labbro ritrovando contatto con la realtà. La Hermione che si abbandonava in fantasticherie se l’era lasciata alle spalle. La Hermione Prefetto utilizzava la fredda e calcolatrice logica.
 
Quel momento di debolezza passò e lei ritrovò la propria voce.
“Bello?” domandò ad un livello di voce più alto del precedente “Se ti riferisci al cardigan, smettila di prenderm…”
 
“Non è stato carino interrompermi prima, quando ho minacciato Malfoy. Ti ripago con la stessa moneta”. I dispetti erano pane per i suoi denti e sembravano dargli nuova vita.
“È bello” riprese per l’ennesima volta “il silenzio, se sei tu a popolarlo”.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla mano di lei, non l’aveva mossa dal suo braccio nonostante quel gesto diventasse ogni instante più intimo.
Lei si sentiva magneticamente attratta dal tocco di lui, incapace di interrompere il contatto.

“Quale fattura è mai questa?” Rise sincero. “Ti prego di dirmelo”. Era cortese come mai si era dimostrato con anima vivente o fantasma.
Un Fred segreto al quale assisteva lei sola. Era Fred, ma diverso. Più autentico, forse. O completamente impazzito.
Aprì bocca, ma nemmeno un suono si liberò da lei.
Hermione aveva perso completamente di vista il motivo per cui era lì, lì con lui, anziché altrove a cercare Harry e Ron o Ginny.
 
Aveva dimenticato come pensare o parlare. La logica andò beatamente a farsi friggere, di nuovo, nell’arco di una singola giornata.
 
“Non avevo mai apprezzato quel cardigan prima di stamattina” incalzò Fred “quando ho visto come lo indossavi, come ti ci stringevi dentro l’ho rivalutato” fece un impavido passo in avanti, la distanza che li separava annullata quasi del tutto.
 
Lei alzò lo sguardo verso il viso dell’altro, molto più in alto e vicino di quanto fosse mai stato.
 
Lo scrutava dal basso, riuscì a malapena a pronunciar parole. “Sai… sai a chi appartiene?” La direzione del discorso era deragliata dai binari sul quale aveva iniziato a muoversi sul campo di addestramento, ma non le importava.
 
Per una volta nella vita, tenere il filo del discorso non le importava.
 
Fred rise ancora e lei se ne beò, lieta che quel suono venisse emesso per opera sua, a così breve distanza dalle proprie orecchie.
Sorrise spontanea e il sorriso le raggiunse ogni parte dell’essere.
“E’ mio” rivelò infine lui. Nel pronunciare quelle parole la mano destra, quella non impegnata da Hermione, raggiunse il gomito sinistro della ragazza, così facendo l’attirò più vicina.
 
Non si sottrasse, nemmeno quando il proprio busto si adagiò su quello di lui.
 
Nemmeno quando le sue labbra scesero inesorabili su quelle di lei.
 
Etchiù.
 
Lo starnuto traditore esplose tra loro incurante del momento che aveva interrotto: un secondo più tardi e la bocca di Hermione sarebbe stata raggiunta dal bacio di Fred.
 
Ma non era destino che accadesse, si disse in seguito rammaricata.
 
Il raffreddore di Hermione scosse il gemello facendolo ripiombare violentemente alla realtà.
 
Stava per baciare la migliore amica di due dei suoi fratelli minori, la Prefetto-Perfetto di Grifondoro, l’acerrima nemica dei Tiri Vispi Weasley e, impossibile negarlo per chiunque tranne che per i diretti interessati, cotta segreta di Ron.
 
Un passò indietro ed interruppe il contatto in ogni parte dei loro corpi.
 
Un brivido di freddo e qualcos’altro gli scosse le ossa – rimorso, confessò più tardi al buio della propria camera.
 
Un sogno, si disse, niente altro che un sogno che non poteva realizzarsi. Dopotutto, lei non si sarebbe mai potuta affezionare ad un dongiovanni combina guai come lui.
 
Le sorrise, ma della cortesia e delicatezza mostrate prima non vi era più alcuna traccia. Proprio come la collera che lo aveva infuocato.
 
“Puoi tenerlo” indicò il famigerato indumento “sta meglio a te” il sorriso divenne ghigno e poi smorfia. Il tono amaro con il quale pronunciò quelle quattro parole face dubitare alla ragazza di avergli sentito pronunciare la stessa cosa con sognante trasposto un’eternità prima, nel tempo e nello spazio tra loro.
 
Fred Weasley era così: pochi istanti di emozioni travolgenti in cospicui secoli di beffarda ilarità.
 
Proprio come le eclissi, un Fred segreto poteva essere ammirato soltanto rade volte l’anno, se si era fortunati, nessuna o una volta nella vita, se si era Hermione Granger.

 
Grazie ha chi ha aperto questo racconto ed è arrivato fin qua.
Grazie ha chi ha atteso questo terzo e penultimo capitolo.
Ho pubblicato con ritardo questa parte della storia perchè la mia attenzione è stata completamente dedicata ad altro. Mi scuso per il ritardo e aggiungo il piccolo quarto capitolo di chiusura immediatamente.
Ho immaginato questo episodio collegato ad altri missing moments che potrebbero essere inseriti nelle pagine dei libri della Rowling, altre storie in stile Fremione.
Se mai avrò tempo di ascoltare gli altri libri - università permettendo - porterò a termine il mio piccolo ambizioso progetto. Sia benedetto Audible. 
A presto! 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Proprio come le eclissi ***


4. Proprio come le eclissi

Il ritorno al castello avvenne nel silenzio, un silenzio del tutto divergente dal precedente, rotto ad intervalli irregolari dagli sternuti sempre più frequenti della strega.
 
Un paio di volte Fred si era allungato verso di lei come a volerla sostenere, ma non aveva osato toccarla.
 
Per lui, accorciare le distanze significava annullare le proprie difese, abbassare gli scudi e rendersi vulnerabile, di nuovo, tra le braccia di lei. Non poteva permettere che accadesse, ne andava della propria reputazione e, in minima parte, della pace con Ron e Ginny.
 
Proseguì a spalle curve, schiacciato dal desiderio di una cosa che, per la prima volta in vita sua, non si sarebbe preso e basta, senza pensare.
 
In Sala Comune Fred si abbandonò davanti al fuoco sperando che, insieme alla neve sui suoi vestiti, si sciogliesse lui stesso.
 
E, oltre al danno anche la beffa, il ritorno di Harry e George portò non-liete novelle.
 
“Squalificati” mormorò Angelina con voce sepolcrale. “A vita. Niente Cercatore e niente Battitori... ora che accidenti facciamo?”
 
Non pareva proprio che avessero vinto la partita. Ovunque Fred guardasse, c'erano facce sconsolate e furiose; la squadra, Harry, Ginny ed Hermione, era sprofondata nelle poltrone attorno al fuoco, tutti tranne Ron, che non si vedeva dalla fine dell'incontro.
 
“E squalificare Fred, che non ha fatto nulla!” esclamò furiosa Alicia, battendosi più volte il pugno sul ginocchio.
 
“Non per scelta” precisò Fred, con una faccia bruttissima. “Avrei ridotto quel piccolo rifiuto a una polpetta se voi tre non mi aveste trattenuto”. Guardò di sottecchi il Prefetto ricciuto per scorgere un qualche tipo di reazione, ma lei non si scompose né lo guardò.
 
Indossava ancora il suo cardigan, notò con piacere il ragazzo. Aveva anche smesso di starnutire come una ossessa, per fortuna. Si era chiesto più volte lungo il tragitto di ritorno e la sera a cena se fosse stato il caso di accompagnarla in infermeria, glielo aveva anche proposto una volta, ma la lei aveva rifiutato con garbo, distaccata, quasi assente.
 
Era silenziosa da quel momento. Quel momento in cui erano stati lontani dal campo di Quidditch. Quel tipo di silenzio non lo deliziava, lo assordava.
 
“Io vado a letto” annunciò Angelina, alzandosi lentamente. “Forse è tutto un brutto sogno... forse mi sveglierò domani mattina e scoprirò che non abbiamo ancora giocato...”
 
Alicia e Katie la seguirono subito. Fred si trascinò a letto poco dopo al seguito di George, lanciando occhiate torve. Mai in direzione di Hermione.
 
Anche Ginny se ne andò non molto più tardi lasciando Harry ed Hermione soli accanto al fuoco.
 
“Hai visto Ron?” chiese Hermione a voce bassa. Si rimproverava per non esserlo andato a cercare quando poteva, visto quanto male le erano andate le cose.
Harry scosse il capo.
 
“Credo che ci stia evitando” disse Hermione. “Dove credi che…” Si abbandonò alla preoccupazione sperando di affogare tutte le altre sensazioni, ma non durò a lungo.
In quel preciso istante, con un cigolio alle loro spalle, il ritratto della Signora Grassa si aprì e Ron entrò arrancando dal buco. Era molto pallido e aveva neve sui capelli. Quando vide Harry e Hermione si fermò di botto.
 
“Dove sei stato?” chiese ansiosa Hermione, balzando in piedi. Sentiva di non aver alcun diritto nel formulare quella domanda, dal momento che lei per prima era sparita dopo la partita nonostante nessuno, a parte Ginny, aveva avuto modo di notarlo.
 
“In giro” mugugnò Ron. Portava ancora la divisa da Quidditch.
 
“Sei congelato” disse Hermione. “Vieni a sederti!” Ron sprofondò in uno dei divani accanto al fuoco e la ragazza gli rivelò la stessa storia che avevano raccontato a lei, Ginny e Fred al loro arrivo in Sala Comune dopo la partita.
 
Draco non si era limitato a comporre rime per il coro dei Serpeverde, ma si era prodigato in insulti contro il padre di Ron, Arthur Weasley, e sua mamma, Molly Weasley. Non contento di aver attirato su di sé lei ire dei due gemelli ancora in campo, aveva tirato in ballo la madre di Harry.
 
Lo scontro era risultato inevitabile, in quella occasione persino Hermione avrebbe fatto fatica a conservare il proprio contegno evitando di sferrare il primo pugno. Ricordava ancora con piacere la sensazione di soddisfazione mista a dolore che aveva seguito lo scontro delle proprie nocche contro la mascella di Malfoy al terzo anno.
 
Al termine del racconto, Ron era più angosciato che mai.
 
Hermione non avrebbe retto ancora sotto il peso delle emozioni negative che la schiacciavano, quindi non fu in grado di appropriarsi del disagio dell’amico.
 
Sconfitta e svuotata si alzò e andò alla finestra, lontano dalla discussione, a guardare la neve che vorticava contro i vetri.


Eccoci giunti alla fine. Una chiusura forse troppo brutale. Un ultimo capitolo forse troppo breve. Forse, però, non ultimo della serie di missing moments che avevo progettato di scrivere.
Forse non così brutale, se inserito nei futuri altri racconti.
Spero di ritrovarvi presto. Sentitevi liberi di scrivermi cosa pensate.
Grazie, a te se sei rimasto con H(ermione)arry fin proprio alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Come il sole a mezzanotte ***


5. Come il sole a mezzanotte

 
La notte era fonda e fredda; nessuna luce proveniva dall’esterno.
Giù, nel cortile del castello, oltre la finestra da cui guardava Hermione, soltanto il bagliore della capanna di Hagrid – nuovamente piena di vita – rischiarava le tenebre.
 
La Sala Comune di Grifondoro era assopita, come gli ospiti che portava in grembo.
Svuotata del solito via vai, appariva più fredda, grande e silenziosa.
 
Persino quando Ron e Harry si erano ritirati nella propria camera, lei non era riuscita a fare lo stesso.
Invece, si era accomodata sul davanzale, aveva abbandonato le scarpe umide di neve e freddo della notte, e si era concessa qualche momento per riflettere.
 
Poche ore prima, erano venuti a sapere del viaggio che il loro amico mezzo gigante e la Direttrice della casa di Beauxbatons avevano intrapreso l’estate precedente.
Quando il racconto era terminato e le acque si erano calmate, era ormai passato il coprifuoco. Avevano dovuto faticare per raggiungere il quadro della Signora Grassa senza essere scoperti.
Quell’anno Ron era cresciuto molto più di quanto avessero fatto loro e non riusciva a star comodo sotto il mantello: mentre camminavano schiacciati l’un l’altro, i piedi del ragazzo continuavano a spuntare – in bella vista – da sotto l’orlo ogni qualvolta lui raddrizzava le spalle.
 
La Umbridge, Peeves, Mrs Norris e Filch pattugliavano i corridoi pronti a beccare il primo studente irrispettoso delle regole per denunciarlo al preside, punirlo con il sangue o coinvolgerlo in un rumoroso – potenzialmente doloroso – scherzo da poltergeist.
 
Coi nervi a fior di pelle, avevano guadagnato un metro dopo l’altro.
 
Dopo quanto avevano affrontato e udito, non biasimava i propri compagni per aver desiderato il conforto del proprio letto – non perché qualcuno di loro fosse realmente stanco, ma perché esauriti in parole e voglia di agire e reagire.
Dopotutto, la giornata non sarebbe potuta peggiorare se si fossero nascosti fra le tende di un letto a baldacchino.
 
Lei, però, non era riuscita a spegnere il cervello; gli ingranaggi e le rotelle ancora giravano, più vispi che mai.
 
Immobile nella stessa posizione, il Prefetto di Grifondoro trascorse minuti, poi ore, immersa nelle proprie considerazioni.
Quando finalmente si mosse – per distendere i muscoli – sembrava passato un intero secolo in un solo secondo: la notte era trascorsa, ignara del bisogno di Hermione di più tempo.
 
Il buio oltre le vetrate si era intensificato e attraeva lo sguardo della ragazza come una calamita. Continuava a guardare giù, un misto di emozioni – paura, sollievo, qualcosa che non seppe riconoscere all'altezza dello stomaco – le si agitavano sottopelle, irrequiete.
 
Una serie di immagini – pensieri sconnessi – le vorticavano nella mente. Senza ordine, senza controllo.
I Giganti, la Francia, le montagne, la neve.
Poi gli spalti, il campo di volo, il Quidditch.
Di nuovo la neve, un cardigan, la Sala Grande, Ginny.
Harry, Ron, il boccino.
Fred. Fred.
 
Malgrado la gravità di quanto stava succedendo intorno a lei, un solo pensiero pesava più degli altri. Un macigno sul cuore della coraggiosa Grifondoro.
Di nuovo, quella strana indefinita sensazione allo stomaco – farfalle, sussurrò mentalmente la versione babbana di sé.
Farfalle, per Fred Weasley.
 
Si sorprese a ripensare con rimorso a quanto accaduto con il gemello – un niente fatto di tante cose.
Niente, perché non era successo.
 
Nella solitudine della penombra arrossì.
 
Nascose la faccia tra le mani, poi sulle ginocchia piegate. Il viso coperto, come se qualcuno, oltre al mobilio potesse vedere la vergogna, l’imbarazzo la rabbia dipinte nella sua espressione.
Nonostante il groviglio di sensazioni, un sospiro colpevole lasciò le sue labbra: la mente continuava ad inciampare sullo stesso scalino – uno scalino con capelli rossi
 
Spinse le gambe giù dal davanzale e saltò con decisione. Non voleva più concedere altro spago a quell’aquilone di fantasia.
Vagò con lo sguardo fra gli arredi in cerca di una distrazione; qualcosa che fosse un minimo interessante.
Rifiuti di vite vissute erano abbandonati in ogni centimetro di spazio.
Berretti di lana – nati dalla magia della propria bacchetta – erano nascosti e pronti a concedere libertà a qualunque elfo lo avesse raccolto. Gobbiglie senza padrone erano sparse sul pavimento, sulle scrivanie e persino sulle poltrone in attesa di un giocatore da intrattenere. Gli scacchi magici erano immobili, le pedine dormienti prive di battaglie da combattere.
L’indomani tutto sarebbe stato pulito e in ordine, e di quello spettacolo malinconico non sarebbe rimasto altro che un ricordo.
 
La tristezza per le cose mancate le pervase l’animo.
Si maledisse perché incapace di concedersi una tregua – incapace di fare ordine –, si era fatta scombussolare e confondere.
Niente logica e razionalità a far chiarezza. Nessun libro a cui chiedere spiegazioni.
 
Il fuoco bruciava gli ultimi ceppi – quasi più cenere che legno.
Oramai tutto il castello dormiva, persino il camino. Ma i suoi pensieri ancora vagabondavano irrequieti, come spettri, nella stanza.
 
Si sarebbe potuta innamorare di Victor Krum o di Ron.
Si sarebbe potuta innamorare di Neville, Seamus, Dean.
Di Zacharias Smith. Di Filch, persino. L’uno valeva l’altro.
Sarebbe andato bene chiunque, chiunque, ma non lui.
Non Fred.
 
L'ultimo pensiero di Hermione sembrò materializzarsi in carne ed ossa quando qualcuno con i capelli rossi e un'andatura da Cacciatore di Quidditch scese le scale del dormitorio maschile.
 
Smise di respirare e aspettò che la figura si palesasse alla luce fioca della Sala Comune.
 
"Ehilà, Granger" esclamò il nuovo arrivato a metà tra il sorpreso e lo scocciato. "Sembra tu abbia visto un fantasma!"
George Weasley – il gemello sbagliato – interruppe quanto stava per dire con un sonoro, enorme sbadiglio.
"Nick–quasi–senza–testa è passato di qua? Avrei delle cose da chiedergli…"
Lasciò la frase in sospeso, improvvisamente consapevole di stare parlando con un Prefetto.
Si sfregò gli occhi, fingendo noncuranza e mascherando – senza successo – una colpevolezza che anticipava il crimine.
Non si accorse della mancanza di reazioni, intontito come era dalle nebbie del sonno interrotto troppo presto.
Si muoveva, ondegiante e assonnato, in cerca – in attesa – di qualcosa.
"Ronda notturna, Prefetto?" Continuò a parlare per coprire con le parole quanto stava facendo. "Non temere, non sto mica aspettando un gufo da un fornitore dei Tiri Vispi!"

 
Sarcasmo e ilarità lo accompagnavano sempre, anche a notte fonda.
L'ombra di un sorriso storto gli illuminava il viso.
Lo sguardo era più sveglio e cosciente ogni attimo che passava.
 
Lo shock dovuto alla somiglianza aveva pietrificato Hermione.
Il cuore aveva perso un battito.
 
Il dovere di Prefetto le urlava di indagare a fondo, di ostacolare qualunque piano – sicuramente illegale – stesse mettendo in atto il gemello, ma voce e passi non le vennero dietro.
 
Abbassò la testa, il volto nascosto tra i riccioli ribelli.
Non proferì parola; la sua voce – come il suo viso – sarebbe suonata sconvolta,
vulnerabile.
 
In silenzio, si diresse verso le scale.
Rifuggiva dagli obblighi e dalle regole che aveva sempre rispettato – e fatto rispettare – con zelo e tenacia.
Per quella notte soltanto non avrebbe indagato quanta finzione e quanta realtà ci fosse nelle parole di George.
Non sarebbe rimasta per fermarlo o per farsi prendere in giro, né sarebbe rimasta a guardare quel ragazzo tanto simile a… l'altro.
 
Uno scalino alla volta, accorciava la distanza che la separava del proprio cuscino, del tutto ignara di stare salendo le scale del dormitorio sbagliato.
 
SBAM.
 
Sbatté contro un corpo rigido – due volte in un giorno, un record di distrazione.
 
"Ma cosa...?"
 
Hermione avrebbe riconosciuto quella voce tra mille: era la stessa che aveva temuto udir provenire dall'incontro precedente.
Non stava ancora dormendo, ma si trattava sicuramente di un incubo.
 
Una sensazione di déjà-vu le si infranse contro violenta come uno tsunami.
Barcollò, un po' per lo schianto e un po' per il ricordo.
 
Se fosse caduta in quel momento, sarebbe rotolata giù un paio di piani.
Fu un attimo, ma non accadde; il suo corpo non incontrò il vuoto.
 
Braccia forti la strinsero impedendole di allontanarsi.
Rimase in quella stretta alcuni istanti – il tempo necessario a riacquistare l’equilibrio –, poi se ne liberò.
 
Privato del sostegno, fu l’altro a barcollare pericolosamente.
Una volta ritrovare l'equilibro si fermò ad osservare – sullo scalino più in basso – la persona che aveva investito.
 
Hermione lo osservò di rimando, incuriosita da tanto movimento dopo così tanta solitaria quiete.
I suoi occhi si posarono sul viso del ragazzo che aveva di fronte e, prima di riuscire a fermarsi, ne sussurrò il nome.
 
"Fred."
La voce uscì fuori roca e strozzata.
 
"Hermione?" Fece l'altro.
Era preoccupato dal suono che lei aveva prodotto nel pronunciare il proprio nome, ma altresì sorpreso dal trovarla lì, a quell'ora della notte.
Non si preoccupò nemmeno di essere stato scoperto fuori dal letto dal Prefetto di Grifondoro, l’attenzione diretta altrove.
Scrutava la ragazza in cerca di malanni, ferite o dolori di alcun genere. Quando fu certo di non trovare niente si prese la briga di chiedere.
"Va tutto bene?" Distratto, senza esercitare controllo razionale sul proprio corpo, posò le mani sulle braccia dell’altra.
 
Il tocco scosse Hermione fin dentro le ossa e rabbrividì.
L’istinto di sopravvivenza la spingeva a scappare, evitare quel momento, quella conversazione e quella persona.
Perché sarebbe stato doloroso fare finta di nulla.
Perché non aveva fatto altro che pensare a cosa non fosse successo.
Perché, in fondo, aveva sperato accadesse.
 
Non corse via, ma restare richiese tutto il suo coraggio.
 
Aveva sempre dimostrato di sapersela cavare, qualunque situazione le si presentasse.
La strega più brillante della sua età, le avevano ripetuto.
Ma come poteva proteggere sé stessa dai propri sentimenti?
Nessuna risposta, nessuna intuizione, nessun “Eureka”.
 
Hermione si strinse le braccia intorno al corpo in un abbraccio nel tentativo di fermare il tremito e chiudere il cuore.
Fred interpretò male quel gesto e lo associò al freddo; mai errore fu più lieto.
Scese due gradini così da trovarsi alla stessa altezza della ragazza.
La fece voltare e furono faccia a faccia, più vicini di quanto fossero stati al campo di allenamento.
Più vicini che mai.
 
Fu soltanto quando i loro occhi si agganciarono gli uni negli altri che Fred realizzò quanto pericolosamente – di nuovo – si fosse accostato alla Granger.
 
"Fred?" La voce di George chiamava il suo nome dal fondo delle scale. Il fratello lo attendeva ignaro di quanto accadeva poco più in alto.
Era accorso a controllare perché aveva sentito i rumori dello scontro.
 
Fulmineo, Fred si voltò indietro, in direzione della voce, e rispose.
"Sì, è tutto okay. Sono inciampato" mentì.
Aveva reagito d'istinto, intenzionato a non rivelare la presenza di Hermione; come se la ragazza fosse un segreto e lui l'unico ad esserne il custode.
 
"Sbrigati a scendere, è quasi ora." La voce disinteressata di George si allontanava seguendo i passi del proprio padrone.
 
Gli occhi di Fred tornarono a posarsi su Hermione: i capelli le si erano spettinati e qualche ricciolo le pendeva davanti al viso, indossava ancora il proprio cardigan.
Le mani gli fremevano, desiderose di raggiungere quelle ciocche.
Stese una mano.
Benché si aspettasse di essere respinto, era sprezzante a sufficienza da provare.
 
Hermione non si mosse né si ritrasse, addirittura annuì, il respiro sospeso nell’attesa della carezza.
Non più clandestine, le dita di lui affondarono avide, ma delicate nella chioma della ragazza.
"E' un sogno?" Chiese, e nel domandare le si accostò tanto quanto lo spazio dello scalino gli permetteva.
Il profumo di Hermione gli invase le narici: emanava odore di carbone, di freddo della notte e di abiti puliti.
Era scalza e scomposta, ma bella. Quel tipo di bellezza che non veniva colta subito, ma sorprendeva l’osservatore più attento.
Era come un sole nell’oscurità; era bella come il sole a mezzanotte.
 
Lei non rispose alla domanda.
Chiuse gli occhi per godere del tocco di lui, perfettamente consapevole che quando quella mano si fosse allontanata, l’astinenza le avrebbe fatto perdere lucidità e raziocinio.
Rapita dal momento, realizzo a malapena che Fred aveva chiamato “sogno” quello che poco prima lei stessa aveva definito “incubo”.
 
Il gemello si scoprì avido dell'attenzione – e dello sguardo – di lei.
Le portò una mano al mento e le sollevò il viso in direzione del proprio.
Senza aspettare che lei lo guardasse, si chinò sulle sue labbra adagiandovi un bacio leggero e innocente.
Non poteva immaginare che, con il suo gesto, avrebbe definitivamente aperto lo scrigno di pandora dei propri sentimenti; quello stesso contenuto era emerso a sprazzi, diverse volte in passato, ma le quantità erano così misere e lo scrigno così ben chiuso – spifferi a parte – da nascondergli quello che lui stesso provava.
Fu come assaggiare un filtro d'amore: era tormentato dal desiderio di rifarlo – più a lungo e intensamente –, ma temeva – per la prima volta Fred temeva – di poter essere rifiutato non appena Hermione avesse capito le sue intenzioni.
 
La bocca gli bruciava in ogni punto venuto a contatto con quella di lei, ma ancora più ardente era lo spazio che la separava da quella della ragazza che voleva raggiungere.
 
Fu proprio lei a spegnere la distanza, così come annullò i dubbi e le paure di Fred.
Hermione non lo aveva respinto, anzi lo desiderava tanto quanto lui voleva lei.
 
Come a volergli rispondere, le braccia di lei lo raggiunsero con un abbraccio.
 
Incapace di controllarsi, Fred abbandonò la prudenza – non gli era mai appartenuta.
Percorse ogni centimetro del corpo di Hermione tracciando contorni, pieni e vuoti.
Li impresse a fuoco nella memoria, sul cuore e sulla pelle; segni indelebili della propria sete.
 
Le sfuggì un gemito di piacere e Fred tremò tra le sue braccia.
 
Passi provenienti dal fondo delle scale li riportarono con violenza al presente.
Si separarono velocemente, ma soltanto nel fisico.
I loro cuori legati a doppio nodo da un filo rosso.
 
Erano ansanti, entrambi increduli e sconvolti dall'avere scoperto di essere innamorati e ricambiati nell’arco di una singola giornata.
 
George li raggiunse qualche secondo più tardi.
Se fu sorpreso dal ritrovarsi il Prefetto-Perfetto di nuovo in mezzo ai piedi, non lo diede a vedere.
Non sembrò nemmeno far caso all'elettricità che ancora correva tra i due, o a quanto fossero vicini, disordinati e silenziosi.
 
"Abbiamo del lavoro da svolgere" tagliò corto, lanciando una occhiata torva, ma provocatoria ad Hermione che, rossa in volto, non riusciva a guardare nella sua direzione.
 
Veloce come un fulmine, senza aspettare repliche o reazioni, George arpionò il braccio di Fred e lo trascinò con sé, giù per la tromba delle scale.
 
“Addio” la salutò sbrigativo, convito di stare sottraendo il gemello al rimprovero da Petulante-Prefetto-Perfetto.
Era esperto in quel tipo di cose, una sfuriata del genere era tipicamente annunciata da un chiaro campanello d’allarme: rossore al viso, un sintomo ora piuttosto evidente sul viso della ragazza.
 
George non poteva sapere quanto fosse lontano anni luce dalla verità.
 
A differenza della compagna, Fred si ricompose in un lampo, abituato a dover nascondere – molto più spesso di quanto si pensasse – il proprio operato al mondo esterno – Molly e Silente, più di tutti. 
 
“Aspetta George”, rispose al fratello, toccando la mano che l’altro aveva posato sul suo braccio. “Va’ avanti, io ti raggiungo. Sveglio Lee, altrimenti non ci darà tregua quando lo verrà a sapere.” Sorrise della propria mezza verità.
 
“Se,” George ammiccò furbo. “se lo verrà a sapere.”
 
Fred rise, non era soltanto il pensiero dell’amico ad alleggerirgli l’animo; piuttosto, il senso di libertà e leggerezza che gli aveva dato sbloccare quel forziere.
“Se lo verrà a sapere” ripeté, la voce ancora rotta dalla risata.
 
Il richiamo di un gufo, fuori dalle finestre della torre di Grifondoro, attrasse l’attenzione di George che si precipitò giù, saltando gli scalini per raggiungere il prima possibile la propria meta.
 
La destinazione di Fred, invece, non era in fondo la rampa, bensì sulla sua cima: niente meno che Hermione Granger.
 
The End


Chiudiamo, questa volta per davvero, con il capitolo che avete appena letto.
Cosa ne pensate? Cosa vi ha lasciato?

Ho ricreato una situazione di incontro simile a quella del capitolo 3 (al campo di allenamento), volevo che la ripetizione desse la sensazione di stare "riprendendo" dal punto in cui Hermione e Fred si erano interrotti, soltanto che i due si ritrovano più coscienti e consapevoli di quello che realmente provano. Nonostante siano passate poche ore, insomma. Un "Moment of Being" alla Virginia Woolf.

Devo confessarvi che l'ho preparato da tempo, ma temevo di pubblicarlo. Non so esattamente il motivo, ma non mi sembrava (e sembra) mai all'altezza.
L'ho revisionato più o meno quattro volte e ho cambiato qualcosina anche in fase di formattazione del testo qui su EFP.
Se dovesse essermi sfuggito qualche errore, imprecisione, o avessi preso uno scivolone in qualche punto del testo, vi prego di dirmelo. 

Come sempre, vi ringrazio.
Grazie per la lettura, la costanza e la pazienza.
Grazie, e a presto.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3786358