The sky itself will carry me (back to you)

di green_eyed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** a heart i swear i'd recognise (is made out of my own devices) ***
Capitolo 2: *** (paint a portrait of my mystery) only close my eyes and you are here with me ***
Capitolo 3: *** sleepless nights you creep inside of me (paint your shadows on the breath that we share) ***
Capitolo 4: *** the things i dream that i can do (i'll open up the moon for you) ***
Capitolo 5: *** you take more than just my sanity (you take my reason not to care) ***
Capitolo 6: *** (just about the time the shadows call) i undress my mind and dare you to follow ***
Capitolo 7: *** (savour the sorrow to soften the pain) i'd settle for an honest mistake in the name of one sweet love ***



Capitolo 1
*** a heart i swear i'd recognise (is made out of my own devices) ***


Salve lettori, prima del capitolo vorrei fare un breve ma importante introduzione. Prima di tutto intendo specificare che questa NON è una mia creazione, bensì di un'altra autrice, il cui nick è 'alyciaclebnam', che molto gentilmente mi ha permesso di tradurla. E' la prima volta che mi cimento nella traduzione nonostante abbia letto molte fan fiction in inglese, quindi siate clementi hahah.
Detto questo non voglio tirarla per le lunghe (anche perchè non vorrei lasciare degli spoiler) e spero solo che la lettura vi coinvolga almeno la metà di quanto ha coinvolto me.
Vi lascio qua il link della storia originale: https://archiveofourown.org/works/8333608/chapters/19089070
E della pagina con le altre creazioni della mente che sta dietro questo capolavoro: https://archiveofourown.org/users/alyciaclebnam/pseuds/alyciaclebnam

Buona lettura :)




 
Capitolo 1
 
Clarke Griffin è accasciata sul tavolo di Grifondoro nella Sala Grande, a circa un centimetro dal finire con la faccia sulla sua colazione. Le ultime notti l'hanno vista nella sala comune dei Grifondoro fino a mezzanotte passata, impegnata a lavorare su un saggio per Trasfigurazione. Si sveglia di colpo quando qualcosa le cade vicino alla testa con un pesante tonfo.

"Come va, Griffin?"

Raven Reyes sorride compiaciuta a Clarke mentre si siede sulla panchina accanto a lei.

"Sei fortunata che non ho l'energia per indirizzarti un maleficio" borbotta Clarke, spingendo via la borsa di Raven da dove l'aveva scaricata senza tante cerimonie sul tavolo.

"Oh per favore" Octavia Blake se la ride mentre si avvicina alle due ragazze e si siede di fronte a loro. "Se davvero faresti a Raven un maleficio, le daresti solo una scusa per andare in infermeria e provarci con tua madre mentre viene curata."

Clarke arriccia il naso. "Davvero, Raven? Mia madre? Non hai alcun rispetto?"

"Non posso farci niente se Madama Griffin è bella da guardare" dice Raven in tono disinvolto, comportandosi come se le punte delle sue orecchie non fossero diventate rosse. "Se non mi avesse già rifiutato..."

"Due volte" interviene Octavia mentre ammucchia salsicce e pancetta sul suo piatto.

"Solo perché sarebbe un rapporto inappropriato sul posto di lavoro, dato che sono una studentessa e lei è la matrona della scuola" sottolinea Raven. "Se questo non fosse un problema, allora avrei potuto benissimo essere la tua nuova matrigna, principessa."

Clarke sa che la sua amica sta solo scherzando, ma le sventola comunque alcune delle sue fredde uova strapazzate davanti al viso. "Non mettermi alla prova Raven, sono a metà strada dal rimandarti al tavolo di Corvonero così su piedi. E non chiamarmi principessa."

"Però non dici a Finn di smetterla di chiamarti così" dice Raven scherzosamente.

Clarke sa che Raven sta cercando di mantenere un tono leggero, ma riesce comunque a sentire il sottile risentimento nelle sue parole. Sospira al modo in cui gli occhi di Raven si induriscono leggermente, e ignora il fatto che Octavia abbia abbandonato la sua colazione per poter guardare tra loro due preoccupata.

Finn Collins è un ragazzo di Tassorosso che ha recentemente espresso un interesse amoroso per Clarke. Può ammettere che è in qualche modo carino, con il suo sorriso disinvolto e i suoi caldi occhi castani. Ma c'è un'intera storia d'infanzia tra Raven e Finn - un primo appuntamento, un primo bacio, un primo amore; tutto molto prima che uno di loro mettesse piede a Hogwarts - e nonostante il fatto che si siano lasciati da un po' di tempo, Clarke non potrebbe mai ferire Raven in quel modo.

"Raven" inizia Clarke seriamente. "Non ti farei mai questo. So quanto Finn significhi per te, anche dopo tutto questo tempo."
Ci sono alcuni secondi di silenzio teso, ma alla fine Raven si rilassa di nuovo.

"Mi dispiace per lo scatto, Clarke. Io solo..." Raven espira pesantemente attraverso il naso. Clarke le rivolge un sorriso consolante. "È Finn."

Clarke annuisce. Sa che Raven odia parlare della sua relazione finita male con Finn, quindi da una gomitata al piatto vuoto di Raven e fa cenno ai piatti pieni di cibo.

"Meglio prendere qualcosa prima che scompaia. Gli elfi domestici non tengono tutto sul tavolo per sempre - credimi, ho provato a chiedere."

Raven le rivolge un sorriso di apprezzamento. Octavia torna a mangiare la sua colazione, apparentemente convinta che le sue due migliori amiche abbiano risolto il loro problema, e ne consegue un silenzio confortevole.

Come se fosse davvero destinato a durare.

Bellamy Blake arriva pavoneggiandosi verso di loro e si lascia cadere pesantemente sulla panca accanto a sua sorella. Clarke fa una smorfia all'occhio nero e al labbro spaccato che sta portando in bella vista.

"In nome di Merlino, cos'hai fatto adesso, Bell?" Chiede Octavia, esaminando le sue ferite con un'espressione accigliata.

"Ho fatto una rissa" dice con orgoglio.

Clarke alza gli occhi al cielo. A volte Bellamy è un tale idiota.

"Ma dai, Sherlock" dice Raven senza mezzi termini. "Non l'avrei mai detto dall'occhio nero e dalla sbavatura da vampiro."

"Chi è Sherlock?" Chiede confuso Bellamy, mentre anche Octavia sembra perplessa.

Come Clarke, Bellamy e Octavia sono mezzosangue. Ma mentre Clarke è stata ugualmente esposta alla cultura sia dei babbani che dei maghi - grazie a suo padre Babbano (prima che morisse) e alla sua madre, che è una strega - Octavia e Bellamy hanno sempre conosciuto solo la vita magica, dato che i loro genitori morirono giovani e furono allevati da una famiglia adottiva di maghi. Al contrario, Raven era nata babbana e aveva scoperto la magia solo al suo undicesimo compleanno, quando ricevette la sua lettera di Hogwarts per posta.

Mentre Raven intrattiene Bellamy con i racconti del grande detective babbano Sherlock Holmes, Clarke evoca una piccola bottiglia di dittamo dalla sua borsa. La fa scivolare sul tavolo verso Octavia, che la prende e inizia a tamponare il labbro tagliato di suo fratello mentre ascolta rapito le storie di Raven. In pochi secondi, la pelle una volta rotta guarisce diventando di un rosa lucente. Octavia restituisce la bottiglia con un sorriso grato e Clarke la ripone nella sua borsa.

"Non ci hai ancora detto a chi hai fatto del male" Clarke interrompe Raven e Bellamy, sapendo benissimo che loro due potrebbero continuare a parlare di Sherlock Holmes per sempre - Bellamy poteva infatti sedersi e ascoltare qualsiasi cosa lontanamente letteraria per ore, mentre Raven amava solamente sentire la sua stessa voce.

"E chi ti ha ferito" aggiunge Octavia.

Bellamy grugnisce, ovviamente scontento di essere stato interrotto. Annuisce verso il tavolo dei Serpeverde. "Indovina"

Clarke scruta il tavolo e alza gli occhi al cielo quando vede Cage Wallace. I capelli di solito ingellati del ragazzo di Serpeverde sono arruffati, e ha un brutto livido che ricopre entrambi gli occhi e una guancia.

Le labbra di Octavia si arricciano per il disgusto. "Cosa ha fatto quel purosangue razzista questa volta?"

"Continuava a dire come non potesse credere che un mezzosangue come me potesse entrare in Serpeverde" dice Bellamy burbero. "Come se il mago più oscuro della storia non fosse un mezzosangue."

"Non so perché tu voglia confrontarti con Voldemort ma, sai" dice Raven ridacchiando "qualunque cosa pur di aumentare il tuo ego."

Octavia ignora Raven e rivolge a suo fratello uno sguardo deluso. "È bastato solo questo perchè tu lo colpissi? Ha detto cose del genere per anni, pensavo avessi più autocontrollo di così."

Bellamy non la guarda negli occhi, ma ammette con riluttanza: "Non è questo il motivo per cui l'ho colpito."

Clarke e Raven si scambiano occhiate d'intesa, ma Octavia si acciglia senza capire.

"Perché l'hai fatto allora?"

"Ti ha insultata" confessa Bellamy con calma. "Ha detto che anche se sono un mezzosangue, almeno sono riuscito a passare a Serpeverde, l'unica casa decente di questa scuola. Poi ti ha definita una disgrazia per essere stata smistata in Grifondoro."

Octavia si addolcisce all'ammissione. "Bell…"

Clarke lascia loro spazio. Permette al chiacchiericcio del primo mattino del resto degli studenti di travolgerla, e i suoi occhi vagano attraverso gli altri tavoli della casa cercando qualcos'altro su cui concentrarsi. Il suo sguardo si sposta sul tavolo dei Serpeverde all'estremità della sala - evitando con cura Cage Wallace e il suo ghigno permanente - quando i suoi occhi incontrano quelli di una ragazza seduta direttamente in mezzo alla panca.

C'è improvvisamente un dolore nel suo petto e giura di sentire qualcosa stringere il suo cuore.

Gli altri studenti sembrano aver dato alla ragazza un considerevole spazio, non c'è nessuno seduto più vicino di almeno due spazi ai suoi lati e nessuno seduto di fronte. Sorprendentemente, la disposizione dei posti a sedere non è la cosa più strana di lei.

(E non è nemmeno il fatto che lei sia ovviamente un fantasma.)

Anche da tre tavoli di distanza, Clarke è convinta di poter sentire il dolore che si irradia dallo sguardo della ragazza fantasma. Il fantasma si allontana immediatamente quando si rende conto che qualcuno la sta fissando. Clarke prova a ricordare dove può averla già vista. Pensava di conoscere tutti i fantasmi di Hogwarts, ma questa ragazza non è nella sua memoria.

Tira una gomitata a Raven non troppo delicatamente, causandole accidentalmente di ingoiare un morso di pane tostato.

"Che diavolo, Clarke?"

Clarke versa a Raven un bicchiere di succo d'arancia per lenire la sua gola irritata e chiede "Chi è quel fantasma? Non penso di averla mai vista prima."

Quando Raven scopre a chi si riferisce Clarke, tutto quello che riesce a fare è soffocare anche con la sua bevanda.

"Cazzo. Merda, io- uh- "

Octavia e Bellamy si girano sui loro posti per poter vedere il fantasma e quasi immediatamente si rigirano con gli occhi spalancati. Clarke alza un sopracciglio a tutte le loro reazioni.

"Ho la sensazione che qui mi manca qualcosa" dice seccata.

"No!" Esclama Raven, troppo in fretta per i gusti di Clarke. "Non c'è niente da sapere!"

Gli occhi di Clarke guizzano tra loro tre: Octavia sta evitando con determinazione il suo sguardo, il che è un segno inequivocabile che c'è qualcosa che non le stanno dicendo. Bellamy sospira.

"Il suo nome è Lexa Woods" dice rassegnato, dando un'ultima occhiata al fantasma. "E non farti strane idee, Clarke - non è esattamente una persona sociale. Andresti solo incontro a dei guai."

Raven poi cambia argomento senza preamboli, e Clarke si accorge del brusco cambiamento di discorso. Si chiede perché sia così determinata a non parlare di Lexa Woods.

***

Onestamente, gli amici di Clarke avrebbero dovuto sapere che lei non era il tipo di persona che accetta semplicemente le cose.

***

“Hey.”

Il fantasma rimane in silenzio, fluttuando davanti alla finestra della biblioteca che si affaccia sul campo di allenamento di Quidditch. Clarke si schiarisce la voce e si lecca le labbra, la bocca improvvisamente secca. Il suo cuore salta un battito.

"Ciao" ci riprova.

Il fantasma non si muove. Clarke sospira. Almeno Bellamy stava dicendo la verità quando disse che Lexa non era molto sociale.

"Mi stai ignorando?"

Lexa passa semplicemente attraverso la finestra, lasciando Clarke accigliata mentre guarda lo spazio che il fantasma prima occupava. Una risatina soffocata arriva da dietro a Clarke, che si gira per vedere un Tassorosso del primo anno, ovviamente ridendo dei suoi tentativi falliti
di interagire con il fantasma.

"Racconta a qualcuno di questo e toglierò cinquanta punti dalla tua casa."

Lo studente si acquieta, osservando il distintivo di Caposcuola attaccato al suo petto. Annuisce, anche se con una certa riluttanza.
Soddisfatta del fatto che il suo segreto rimarrà al sicuro, Clarke si allontana a malincuore dalla biblioteca.

***

Il suo secondo tentativo non va meglio.

Sono di nuovo nella biblioteca, ma questa volta mancano dieci minuti alla chiusura e sono sole tra le file di libri avanzati di Trasfigurazione a
cui gli altri studenti hanno difficilmente accesso.

Clarke immediatamente abbandona il suo saggio quando vede il luccichio caratterizzante di un fantasma che passa attraverso gli scaffali a poca distanza dal suo tavolo di studio. Il suo cuore si blocca nel suo petto per una frazione di secondo, e lei in qualche modo sa che è Lexa.

"Lexa, aspetta!"

Dubita che il fantasma la ascolterà, quindi è piacevolmente sorpresa quando Lexa si ferma appena prima di passare attraverso la fila successiva di scaffali. Clarke si trova vicina a lei, ma abbastanza lontana da dare al fantasma una quantità generosa di respiro - non che ne
avesse davvero bisogno - comunque abbastanza vicina per parlarle comodamente.

"Volevo solo sapere-"

Madama Byrne, la bibliotecaria, la interrompe, apparendo alla fine della fila di scaffali con un'occhiataccia.

"È l'ora di chiusura" dice a Clarke, a malapena rivolgendo uno sguardo al fantasma. "Devi andartene, adesso."

Clarke si tira su la manica della tunica e controlla il suo orologio da polso, un regalo di suo padre prima che morisse. 19:50.

"Ho ancora dieci minuti" cerca di controbattere.

Madama Byrne la schernisce. "La mia biblioteca, le mie regole. Se torno e ti trovo ancora qui, ti assicuro che non metterai mai più piede in questo posto."

La bibliotecaria quindi si allontana, presumibilmente, per liberare il posto dal resto degli studenti, e Lexa sceglie quel momento per andarsene attraverso gli scaffali. Clarke non sa cosa fare se non guardare male la schiena di Madam Byrne, e fissare con nostalgia lo spazio in cui Lexa è scomparsa.

***

Sfortunatamente per Clarke, la terza volta non è quella buona.

È nelle cucine, mentre assaggia diversi tipi di budino che gli elfi domestici mettono tra le sue mani. Gli elfi domestici la guardano in attesa ad ogni piatto che assaggia.

"Che cosa ci hai messo in questo, Zoran?" Chiede Clarke mentre mastica un'altro boccone di budino. Deglutisce e, a pensarci due volte,
scuote la testa. "Sai cosa - non mi interessa nemmeno. Qualunque cosa sia, ha un sapore incredibile."

"Grazie, signorina!" Dice Zoran illuminandosi. Le sorride e prende la ciotola vuota quando ha finito, barcollando indietro per unirsi agli altri elfi.

È un suo vizio quello di scendere nelle cucine per qualche spuntino a tarda notte. Si sentiva in colpa per questo, fino a quando non si rese conto che gli elfi domestici erano tutti troppo disposti a servirla. Si fece una nota mentale di essere comunque gentile con loro.
Clarke sta leccando il resto del budino di melassa dalle sue labbra quando uno degli elfi domestici fa un trambusto dall'altra parte della cucina. Riesce appena a vedere un lampo di grigio argenteo nella luce fioca, e il suo cuore comincia a sobbalzare.

"Signorina Lexa!" Squittisce l'elfo domestico. "Abbiamo il tuo-"

Lexa interrompe bruscamente l'elfo e gli parla in modo così silenzioso che Clarke non riesce a sentire niente. L'elfo annuisce e recupera un piatto coperto da una delle panche della cucina. Poi si smaterializza con un forte rumore.

Clarke si chiede se anche questo tentativo finirà male.

Chiama comunque il nome del fantasma.

“Lexa!”

Lexa non si gira per affrontarla, ma non scompare nemmeno attraverso il muro. Clarke lo considera un buon segno e si avvicina cautamente
al fantasma. Si ferma accanto a lei, a neanche un braccio di distanza.

Il fantasma non si muove di un millimetro e Clarke impiega un momento per studiare il suo profilo. La delicata inclinazione del suo naso, la mascella scolpita, la sporgenza ribelle del suo mento.

Si chiede perché si senta così attratta da lei, perché il suo cuore si ferma praticamente alla sua vista.

"Vai via, Clarke."

Ammutolita dallo shock nell'udire la sorprendente morbidezza della sua voce e dal modo in cui la sua lingua scatta attorno alla "k" nel suo nome, Clarke si limita a fissare il punto in cui Lexa attraversa il muro e torna nel cuore del castello.

***

Clarke è circondata dai suoi amici - Raven, Octavia, Bellamy e Wells - una sera mentre cenano. Nonostante siano tutti in case diverse
(esclusi Clarke e Octavia), si siedono insieme al tavolo di Grifondoro.

Monty Green e Jasper Jordan, altri due dei suoi amici di Corvonero del sesto anno, si uniscono a loro a metà del pasto entrambi sorridenti.

"Oh oh" dice Bellamy quando i ragazzi prendono posto. "Sento odore di guai."

"Sì, beh, io posso sentire l'odore di qualcos'altro" dice Raven, arricciando il naso per il disgusto. "Avete dimenticato di usare un incantesimo di pulizia dopo l'ultima baldoria? Perché le mie narici sono appena state aggredite da un fottuttissimo odore di whisky."

"Aah!" Wells si copre le orecchie con le mani e dice: "Non parlare di consumo di alcool davanti a me! Come Caposcuola, sarei obbligato a presentarti al tuo Capo Casa."

Clarke ridacchia alle buffonate di Wells. "Non sei in servizio, Jaha. In questo momento, siamo solo amici che parlano tra loro. Puoi mantenerlo un segreto, no?"

"Sì, ascolta quell'altra Caposcuola, Wells" dice Jasper facendo l'occhiolino. "Siamo solo amici che parlano tra loro."

Wells alza gli occhi al cielo ma toglie comunque le mani dalle orecchie. Tira fuori la bacchetta da sotto la tunica e borbotta un rapido incantesimo di pulizia per liberarsi del fetore che circonda i ragazzi Corvonero.

"Non penso che il professor Sinclair sarebbe disposto a lasciarti andare facilmente" spiega quando Monty lo ringrazia. "Non dopo l'ultima volta che sei stato beccato."

"Perché siete venuti qui puzzando come maiali, comunque?" Chiede Octavia guardando tra i due ragazzi. "Un'altra miscela è andata male?"

"Questa è esattamente la ragione opposta, in realtà" inizia Jasper puntando il dito verso la borsa che ha lasciato cadere sotto la panca quando si è seduto. Estrae una bottiglia anonima piena di liquido trasparente e la mostra rapidamente prima di nasconderla. "L'abbiamo finalmente perfezionato!"

"Oh merda" dice Raven, quasi sbalordita. "Sul serio?"

"Davvero" risponde Monty. "Hai appena visto la prima bottiglia ufficiale del Masper Moonshine."

"Masper?" Ripete Clarke divertita.

Monty alza le spalle, ma con stampato in faccia ancora un sorriso orgoglioso. "È un nome che funziona."

"Ma è finalmente perfezionato!" Dice Jasper eccitato. "La nostra prima bottiglia di vero Moonshine!"

"Sei sicuro che non ci avvelenerà com'è quasi successo l'ultima volta?" Chiede scettico Bellamy. "Per quanto mi fidi delle capacità di guarigione che Clarke ha imparato da sua madre, non voglio rischiare di morire di nuovo..."

Clarke distoglie l'attenzione quando vede una luce argentea attraverso la sala e il suo battito cardiaco vacilla.

È Lexa, ovviamente, seduta al suo solito posto nel mezzo del tavolo Serpeverde. I fantasmi non possono né mangiare né bere, quindi Clarke pensa che forse è lì solo per socializzare con gli altri studenti - o forse anche con gli altri fantasmi.

Ma i posti intorno a lei rimangono vuoti e nessuno degli altri fantasmi si avvicina a lei. Clarke sta per riportare la sua attenzione alla conversazione dei suoi amici quando Lexa alza lo sguardo.

I loro sguardi si incrociano e Clarke non riesce a trovare la forza in se stessa per distorglielo.

"Non è una buona idea, Griffin."

La voce bassa di Raven spezza la sfida di sguardi con Lexa, e Clarke si volta invece verso la sua amica. Le lancia uno sguardo perplesso, ma l'espressione di Raven rimane illeggibile.

Clarke si chiede, ancora una volta, perché tutti siano così determinati a tenerla lontana da Lexa Woods.

***

La volta dopo che Clarke e Lexa si incrociano, nessuna di loro se lo aspettava.

Clarke è seduta sul davanzale della finestra nella stanza più alta della Torre di Astronomia, con una gamba piantata sul pavimento e l'altra che penzola all'aperto. Con la coda dell'occhio, vede Lexa passare attraverso la porta chiusa e immediatamente tornare indietro quando si rende conto che la stanza è già occupata.

"Non ti ho mai detto il mio nome" dice Clarke, distogliendo lo sguardo dalle stelle e inchiodandolo sul fantasma. "Ma l'hai detto prima, quando eravamo nelle cucine."

Lexa si gela a metà strada attraverso la porta. Fa un passo indietro così che non sta più fluttuando tra questa stanza e il corridoio esterno, ma non alza lo sguardo ad incontrare gli occhi di Clarke.

"È tardi" dice rigidamente. "La Torre di Astronomia è riservata solo alle classi."

"Lo so" dice Clarke con un piccolo sorriso.

La sagoma di Lexa risplende nell'oscurità. Clarke osserva le sue dita piegarsi in pugni lungo i fianchi.

“Clarke-”

Clarke la interrompe "Non puoi dirmi di andarmene di nuovo, Lexa. Ero qua prima di te."

"Non dovresti stare seduta così. È pericoloso" dice Lexa invece, gli occhi puntati al cielo dietro Clarke.

Clarke gira la testa. "Perché ti importa se vivo o muoio?"

Stranamente, Lexa serra la mascella e finalmente incontra il suo sguardo. Quando Clarke vede il dolore turbinare nei suoi occhi argentei,
sente il suo cuore stringersi. Oscilla la gamba penzolante sopra al davanzale e si mette su due piedi con un sospiro.

"Perché sei qui, Lexa?"

"Perché tu sei qui, Clarke?" Lexa ribatte, sollevando il mento fiera.

Clarke alza un sopracciglio. "L'ho chiesto prima io" dice freddamente.

Lexa sembra riluttante, ma le risponde comunque. "Sono un fantasma. Posso fare tutto ciò che voglio" risponde semplicemente.

Clarke pensa che ci sia dell'altro, ma per ora decide di lasciar perdere.

"Dovrei essere di pattuglia notturna con uno dei Caposcuola - Wells Jaha - ma è un buon amico e a volte gli chiedo di coprirmi mentre
vengo qui a guardare le stelle" ammette Clarke. "Prima di morire, mio padre ha citato un filosofo babbano: Le cose sono come sono. Guardando fuori nell'universo di notte, non facciamo paragoni tra stelle giuste e stelle sbagliate... "

"-Nè tra costellazioni ben ordinate e mal disposte" finisce Lexa.

Clarke è sorpresa che Lexa conosca la citazione. Il fantasma ha gli occhi spalancati, apparentemente allarmata dal fatto di aver davvero parlato.

Clarke decide di non tentare oltre la sua fortuna e continua: "Mi ha chiesto di non pensare alla sua morte come una cosa negativa. Ha sempre detto che per vivere la vita al massimo, devi riconoscere ogni esperienza - buona o cattiva, felice o triste - proprio per quella che è, un'esperienza. Un'opportunità di apprendimento. Stare qui, dove posso vedere le stelle...mi fa sentire più vicina a lui. Più vicina alle persone che ho perso."

Lexa si addolcisce all'ammissione. Ha uno strano sguardo - qualcosa che sembra inspiegabilmente come comprensione, se Clarke dovesse dargli un nome.

"Non dirò a nessuno che eri qui se tu non dirai a nessuno che io ero qui" dice alla fine Lexa.

"Pensavo fossi un fantasma e potessi fare tutto ciò che volessi" ribatte Clarke.

Lexa si limita a raddrizzare la postura, risultando alta e orgogliosa, come se non si fosse affatto contraddetta. Clarke trattiene una risata.

"Buonanotte, Clarke" dice Lexa a bassa voce, e Clarke riconosce la finalità nel suo tono.

Il fantasma passa ancora una volta attraverso la porta chiusa. Clarke sorride guardando lo spazio in cui è scomparsa. Non era molto, ma i progressi sono progressi, pensa.

Quando scende la scalinata della Torre di Astronomia pochi minuti dopo, va quasi a sbattere contro Wells, che è in piedi seminascosto nell'ombra al piano terra.

"Era il fantasma di Lexa Woods quello che ho visto passare di qui?" Chiede, le sopracciglia vicine in segno di preoccupazione.

Clarke si stringe nelle spalle. "A te cosa sembrava?"

"Non dovresti parlare con lei" dice Wells severamente.

Clarke si acciglia al suo tono di rimprovero e al suo tentativo di schivare la domanda. "Perché tutti si comportano come se fosse un'emarginata? Lexa è solo un fantasma, non può farmi del male."

Wells stringe le labbra con decisione e poi dice: "Fidati di noi, Clarke. Dovresti lasciarla a distanza."

Clarke scuote la testa. "Non posso farlo, Wells. Non so spiegare perché, ma mi sento...connessa a lei. Il mio cuore, diventa pazzo ogni volta..."

"Clarke, per favore. Lascia Lexa Woods da sola. È per il tuo bene" il ragazzo Tassorosso la interrompe implorante, e poi allunga la mano.
"Lascia che ti accompagni alla torre di Grifondoro, ok?"

Clarke è sicura che Wells si stia offrendo così che lei non possa incontrare di nuovo Lexa. Allontana la mano da quella del ragazzo e si dirige verso l'uscita da sola.

"Posso benissimo tornare indietro da sola!" Gli urla da sopra la spalla.

***

Nonostante la sua voce interiore, Clarke non tenta di contattare Lexa per più di una settimana. Oltre ai suoi doveri da Caposcuola, è impegnata a tenere il passo con tutti i suoi corsi e i compiti in preparazione ai M.A.G.O. Si sente come se stesse lavorando più duramente di un elfo domestico, e con riluttanza respinge Lexa dalla sua mente per poter concentrarsi sui suoi studi.

È solo per un po', si dice. Lexa non va da nessuna parte. Avrò sicuramente il tempo di parlarle più tardi...

***

Clarke è seduta sul pavimento vicino al fuoco nella sala comune dei Grifondoro. È passato qualche tempo dalla mezzanotte e sta cercando di dare gli ultimi ritocchi al suo saggio sulla Trasfigurazione, che è ufficialmente previsto per oggi.

Lexa fluttua attraverso il ritratto della Signora Grassa e si libra sulla sedia accanto a quella su cui Clarke è appoggiata, e Clarke improvvisamente - stranamente - si sente più a suo agio, anche se il suo cuore inizia a battere un ritmo alterato nel suo petto. Gli ultimi
giorni sono stati a dir poco frenetici, e la presenza di Lexa in qualche modo fa sciogliere tutto lo stress.

Clarke riserva a Lexa un sorriso prima di tornare alla sua pergamena.

"Ero qua prima io" ricorda al fantasma, esaminando il suo lavoro per eventuali errori di ortografia. "Non puoi chiedermi di andare via anche
questa volta."

Con la coda dell'occhio, Clarke vede gli angoli della bocca di Lexa puntare verso l'alto.

"Non avevo intenzione di farlo" dice Lexa debolmente.

Clarke la guarda, piacevolmente sorpresa dal fatto che il fantasma interagisca così volentieri con lei. Poi decide di tentare la sorte.

"Sei venuta alla Torre di Grifondoro solo per parlare con me?"

Il silenzio di Lexa fa rumore.

"Mi stavo solo chiedendo perché non mi avessi infastidito negli ultimi giorni" dice invece, ignorando esplicitamente il sorriso crescente di Clarke. "Volevo solo controllare quanti altri giorni di grazia mi aspettano."

"Ti mancavo, non è vero?" Dice Clarke scherzosamente.

Lexa si acciglia. "No."

Clarke sogghigna consapevolmente. "Non mi sono dimenticata di te, se è quello che stai pensando. Sono stata solo impegnata con questo saggio di Trasfigurazione. Ho dato a Gustus una cosa come tre copie, ma continua a dire che manca qualcosa. Non vuole dirmi di cosa si tratta in ogni caso."

Lexa fa cenno alla pergamena di Clarke. "Posso?"

Clarke viene colta di sorpresa dall'offerta, ma annuisce e gira il foglio verso Lexa. Guarda il fantasma leggere il suo saggio.

"Hai discusso in dettaglio le difficoltà della Trasfigurazione e la precisione richiesta per eseguire tale magia, ma posso suggerirti di approfondire le implicazioni di incantesimi trasfigurativi errati o mal eseguiti?" Lexa suggerisce. "Credo che sia quello che il professor Gustus stia cercando."

Clarke fissa il fantasma con un luccichio di ammirazione negli occhi.

"Sei un genio, Lexa. Davvero. Grazie."

"Prego, Clarke."

Stanno sedute in un silenzio confortevole per un po', gli unici suoni sono il crepitio del fuoco e il rumore della piuma di Clarke che scrive sul foglio. Alla fine, Clarke soffia sulla sua pergamena per asciugare l'inchiostro e lo arrotola con un sorriso soddisfatto. Allunga le braccia e la schiena per stiracchiarsi, le articolazioni scrocchiano ed emettono un suono come se si fossero spezzate.

Lexa fa una smorfia al rumore.

"Scusa" dice Clarke timidamente. "Brutta abitudine."

Lexa annuisce comprensiva. "Tutti ne abbiamo una."

Clarke non può farne a meno. "Qual è la tua cattiva abitudine?" Chiede incuriosita.

Lexa distoglie lo sguardo. "Non posso parlarne" dice semplicemente, prima di riportare lo sguardo su Clarke.

Clarke le offre comunque un sorriso a denti stretti. "Scusa. Non volevo essere invadente."

Lexa sembra non riconoscere le scuse. "Devi capire, Clarke - ci sono alcune cose che non posso discutere con te. Non perchè non lo voglia, ma perché sono legata dall'obbligo."

La spiegazione sembra inquietante, quindi Clarke non la mette in discussione. Tutti hanno diritto ai loro segreti, dopotutto. Dopo un momento di silenzio riprende a parlare.

"Tutti mi dicono che non dovrei parlarti affatto."

Lexa annuisce. "Hanno ragione."

Clarke aggrotta le sopracciglia in confusione. "Perché?"

"È complicato" è tutto ciò che Lexa offre come spiegazione.

"Allora rendilo meno complicato per me" suggerisce Clarke.

"Non posso" dice Lexa semplicemente.

"Non puoi o non vuoi?" La sfida Clarke.

"Non posso" dice Lexa, un leggero sentore di rimorso nel suo tono. "Nel caso non l'avessi capito, questa è una delle cose che non posso
discutere con te, Clarke."

Clarke incrocia le braccia disinvolta. “Bene. Quello che è. Non che volessi saperlo comunque."

Le labbra di Lexa si piegano in un mezzo sorriso. "Si vede come non ti interessa" dice lei. "Ti stai comportando come una bambina, Clarke."

"Non lo sono."

Lexa fa un sorrisetto. "Mi permetto di dissentire."

Sentono una porta che si apre da qualche parte nei dormitori delle ragazze e Clarke si volta verso le scale, chiedendosi chi altri potesse essere sveglio a quell'ora. Con la coda dell'occhio, vede Lexa passare attraverso la sedia e sparire dalla sala comune.

"Che cosa...Lexa?"

Clarke si rigira sul pavimento, come se sperasse di trovare Lexa appollaiata su una sedia diversa. Ma il fantasma continua a non esserci e Clarke è confusa. Octavia appare sulla soglia delle scale del dormitorio con i capelli arruffati e gli occhi socchiusi.

"Con chi stai parlando, Clarke?"

"Uh" balbetta Clarke, guardandosi ancora attorno per scoprire dov'era sparita Lexa. "Nessuno. Stavo solo...parlando con me stessa. Puoi tornare a dormire ora."

Octavia, presumibilmente ancora mezza addormentata, accetta la scusa senza fare domande. “Mmmkay. Buonanotte, Clarke. Vieni presto a letto, va bene?"

"Lo farò" promette Clarke. "Notte, O."

Aspetta che Octavia salga le scale.

"Lexa?" Sussurra Clarke quando sente il lieve clic della chiusura della porta del dormitorio. "Dove sei andata?"

La testa di Lexa emerge dalla sedia che aveva occupato solo pochi secondi prima.

"La tua amica - se n'è andata?"

"Sì, l'ho rimandata a letto" risponde Clarke distrattamente. "Dove sei andata? Perché te ne sei andata?"

Lexa fluttua ancora più in alto finché non è completamente fuori dalla sedia. "Non dovrei essere qui" confessa.

"Qui, nel senso, la sala comune dei Grifondoro?" Le domanda Clarke.

Lexa mormora. "Tra le altre cose, sì."

Clarke sospira. "Questa è un'altra di quelle cose di cui non puoi parlare, vero?"

Lexa le offre solo un debole sorriso, che Clarke le restituisce. Si guardano l'un l'altra ancora per un momento, prima che Lexa parli di nuovo.

"Non ti terrò lontana dal tuo riposo" dice, anche se Clarke nota che si alza dal suo posto con una certa riluttanza. "Sono sicura che la tua amica ti stia aspettando nel tuo dormitorio."

Clarke è sicura che Octavia non la starà aspettando, a giudicare dallo sguardo stanco nei suoi occhi quando era venuta giù prima. Tuttavia, non corregge Lexa, e osserva mentre il fantasma fluttua verso il ritratto.

"Buonanotte, Lexa."

Il fantasma si ferma poco prima del ritratto della Signora Grassa.

"Buonanotte, Clarke" dice dolcemente, prima di sparire attraverso l'uscita.

Clarke si ritira nel suo dormitorio con un sorriso.

 

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Capitolo 2
*** (paint a portrait of my mystery) only close my eyes and you are here with me ***


Capitolo 2



Destinazione, determinazione, deliberazione.

Bisogna essere completamente determinati a raggiungere la propria destinazione e muoversi senza fretta, ma con decisione.

Mancano solo due settimane al test di Apparizione e Clarke sarà dannata se fallirà. Solo perché si è accidentalmente ritrovata a 10 piedi da terra durante l'ultima sessione di prove ed è finita all'ospedale con una caviglia storta, non significa che sia così scarsa nella materia, solo non riusciva a concentrarsi in quel momento, non con tutto il rumore che la circondava.

(Era difficile cercare di concentrarsi in una stanza con un centinaio di altri studenti di Hogwarts. Ora che si trova a casa sua - grazie mille Merlino per le vacanze di Pasqua - Clarke pensa di avere più possibilità di eseguire l'esercizio correttamente.)

Clarke costringe i muri sporchi del seminterrato ad uscire dalla sua mente e cerca di concentrarsi invece sulla sua destinazione: la sua camera da letto, che si trova due piani sopra la sua testa. Serra le mani a pugno e le posiziona davanti al viso (sa che non le da nessun vantaggio, ma guardare mentre viene risucchiata nel nulla e trasportata in un altro posto non è la cosa più bella del mondo, onestamente) concentrandosi sulla stanza qualche piano più sù.


Camera da letto, camera da letto, camera da letto, ripete nella sua mente. Camera da letto, camera da letto, camera da letto...

Clarke sente un debole schiocco ed come la sensazione più strana e più spiacevole, come se fosse schiacciata da tutti i lati, e non c'è aria, non può muoversi, e-

Poi all'improvviso tutto si ferma.

Apre gli occhi. Quindi li chiude. E li riapre.

Bene. Era in una camera da letto, benissimo. Semplicemente non è la sua camera da letto.

"Non ricordo di aver chiesto compagnia femminile."

Il collo di Clarke si gira verso la voce così velocemente, che è sorpresa che la sua testa non si sia staccata. Seduta sul letto in fondo alla stanza - un grande letto a baldacchino, nota Clarke, con tende scure e lenzuola dall'aspetto costoso - c'è una ragazza che indossa una vestaglia di seta color smeraldo e un ghigno divertito.

Ha labbra carnose e zigomi alti, i suoi occhi verdi brillano maliziosamente nella luce tenue. Clarke non può fare a meno di fissarla. è bellissima.

La ragazza guarda il pigiama di Clarke - una canottiera bianca con volant che ha indossato senza pensarci due volte, e pantaloncini grigi con piccoli palloni da clacio stampati sopra.

"È un bel vestito quello che indossi" dice con leggerezza quando Clarke continua a non proferire parola.

Clarke arrossisce ed esce bruscamente dal suo stato di shock. All'improvviso si sente incredibilmente esposta sotto lo sguardo di questa ragazza, e afferra il bordo dei suoi pantaloncini, che si trova appena a metà delle sue cosce, tirandoli più in basso. Quando ciò non la fa sentire meglio, si muove a giocherellare con la sua bacchetta, che è infilato nella cintola.

"Mi dispiace per essermi smaterializzata nella tua stanza" si scusa Clarke con un piccolo sorriso imbarazzato. "Mi stavo solo preparando per il mio prossimo test di Apparizione, ma ovviamente ho bisogno di più pratica. Mi tolgo dai piedi ora."

Si dirige verso la porta, chiedendosi quanto lontana è riuscita a smaterializzarsi questa volta, e inoltre, come farà a tornare a casa sana e salva. Tentare di smaterializzarsi ancora probabilmente non è una buona idea, considerando il casino in cui si è sbarcata la prima volta. Ha già una mano sulla maniglia quando la ragazza le chiede di fermarsi.

Clarke la guarda confusa. Voleva che lei rimanesse o qualcosa del genere?

"I miei genitori mi faranno mille domande se vedono una sconosciuta uscire dai miei alloggi" spiega la ragazza. "Preferirei non affrontare un'interrogazione a quest'ora."

Clarke aggrotta la fronte non solo per l'idea di essere scoperta dai genitori della ragazza, ma per il modo stranamente formale con cui lei parla.

"E come dovrei tornare a casa?" Chiede Clarke. "Non mi fido a smaterializzarmi di nuovo, non dopo questo."

La ragazza è silenziosa per alcuni secondi.

"Ti accompagnerò io stessa" dice alla fine. "Ti senti a tuo agio a smaterializzarti con un'altra persona?"

Clarke fa una smorfia. "Sì...beh senza offesa, ma non voglio finire con metà del mio corpo dall'altra parte del paese. Come faccio a sapere che non sei così male in materia come lo sono io?"

"Non lo sai" la ragazza ammette. "Ma a questo punto non hai altre opzioni, no?"

Clarke si prende un momento per pensarci, anche se sa già che la ragazza ha ragione. Non ha altra scelta che fidarsi di lei. Sospira e pensa ai punti di riferimento che si trovano vicino a casa sua, un posto che la ragazza può visualizzare quando si materializzerà.

"Quanto conosci bene Londra?" Chiede Clarke, facendo qualche passo esitante verso il letto.

La ragazza sbatte le palpebre lentamente, come se stesse pensando. "Conosco abbastanza bene la città. Hai in mente una destinazione specifica?"

Clarke le dice dove vuole andare e la ragazza annuisce. Si alza in piedi dal suo letto, tendendo una mano - una richiesta chiara affinchè Clarke la prenda. Una volta che le loro dita sono intrecciate (qualcosa che Clarke pensa non sia necessaria, ma certamente non ha intenzione di lamentarsi), la ragazza le chiede se è pronta.

Clarke annuisce. La ragazza le stringe leggermente la mano, e poi viene risucchiata in un soffocante vortice di oscurità. Quando emergono nell'aria fresca della notte, Clarke fa un respiro profondo prima di cercare di orientarsi.

Sono in un parco pubblico non lontano da casa sua. La vegetazione familiare è un tale sollievo, Clarke si sente come se potesse respirare di nuovo. Abbassando gli occhi sul suo corpo, che è perfettamente intero e decisamente non smagrito, sorride.

"Vai ad Hogwarts?" Chiede la ragazza, quando Clarke finalmente si volta a guardarla.

"Sì" risponde Clarke. "Come facevi a saperlo?"

"È una delle scuole di magia più vicine della zona. Ho fatto un'ipotesi logica."

"E tu invece?" Chiede Clarke. Non pensa che la ragazza sia una studentessa di Hogwarts - è sicura che altrimenti si sarebbe ricordata di averla vista in giro prima.

"Andavo a Beauxbatons" risponde con nonchalance.

"Andavi?" Clarke domanda, le sopracciglia alzate.

"È complicato" dice la ragazza con un'alzata di spalle. "Ma dovrei andare ora. Forse ti vedrò in giro ad Hogwarts, quando ricomincierà la sessione primaverile."

Allenta le dita e separa i palmi delle loro mani - Clarke arrossisce quando si rende conto che si sono tenute per mano tutto il tempo - prima di iniziare ad allontanarsi. Clarke registra ciò che la ragazza ha detto solo quando è ormai a dieci passi di distanza.

Quando Clarke comprende finalmente l'implicazione alle sue parole, esclama: "Verrai ad Hogwarts!"

La ragazza si gira, anche se continua a camminare all'indietro. Non dice nulla, ma anche nell'oscurità Clarke può vedere il sorrisetto sulle sue labbra.

"Quella non era una risposta" dice Clarke ad alta voce.

"Non hai fatto una domanda" ribatte la ragazza. Con un sorriso, aggiunge, "Sono Lexa, comunque. Nel caso in cui tu voglia provare e trovarmi più tardi - a Hogwarts, ovviamente."

La ragazza - Lexa - poi si smaterializza nella notte, e tutto ciò che Clarke può fare è fissare lo spazio dove erano le sue labbra.


***

Era bizzarro, a dir poco, vedere Lexa come un'umana e non come un fantasma. I suoi occhi erano così verdi.

Clarke può descriverlo come il sogno più stranamente soddisfacente che abbia avuto da tanto tempo - compreso quello in cui era il centrocampista dell'Arsenal e aveva segnato il goal vincente in una partita contro il Tottenham Hotspur.

(Lei e suo padre avevano in comune la passione per il calcio.)

Fa del suo meglio per dimenticare il modo in cui le labbra di Lexa si arricciarono quando sorrise nel suo sogno, e si prepara per il giorno a venire.

***

Clarke si sta spostando da una classe all'altra quando incontra Raven in un corridoio affollato.

Afferra il polso della ragazza e le chiede: "Ehi, hai un secondo?"

Quando Raven annuisce, Clarke la conduce in un luogo più appartato in modo che non si trovino di fronte agli altri studenti che stanno passando. Le porge l'orologio di suo padre con un sospiro. Era stata così distratta dal sogno della scorsa notte in cui c'era Lexa, che non si era accorta che la lancetta dei minuti girava senza fermarsi e la lancetta delle ore non si muoveva affatto.

"È andato di nuovo in tilt" spiega. "Pensi di poterlo aggiustare?"

L'orologio del padre di Clarke era alimentato a batteria, quindi, proprio come ogni altro tipo di tecnologia babbana, non funzionava correttamente ad Hogwarts. Raven, essendo un piccolo genietto, aveva trovato il modo di incantare l'orologio in modo che non fosse influenzato dalla magia nell'aria. Fino a quella mattina, funzionava perfettamente bene.

"L'incantesimo deve essere svanito o qualcosa del genere" dice Raven, prendendo l'orologio ed esaminandolo con un'espressione accigliata. "Lascialo a me, te lo riparerò entro domani."

"Grazie, Ray" risponde Clarke con gratitudine. Poi fa un cenno in direzione dell'uscita del corridoio. "Mi dispiace dover scappare, ma devo andare ad Incantesimi - sai che la Cartwig odia quando gli studenti sono in ritardo."

Raven fa una smorfia. "Non è forse la migliore amica di tua mamma? Non dovresti avere una cosa come un pass speciale per essere la figlia di Abby?"

"Assolutamente no" ride Clarke. "Semmai, Callie è più dura con me perché è amica di mia madre."

Raven ridacchia per la sua disgrazia. "Fa schifo essere te, Griffin."

"Ci vediamo a pranzo!" Dice Clarke prima di entrare nel caos che è il corridoio al cambio dell'ora.

Per fortuna, arriva alla lezione di Incantesimi con un minuto di anticipo. Si siede in fretta accanto a Octavia e saluta Bellamy, che è seduto in un banco dall'altra parte della stanza. Sorride a Nathan Miller, il ragazzo Grifondoro amico di Bellamy e suo compagno di banco durante le lezioni.

"Va bene, sistematevi" esclama la professoressa Cartwig mentre entra dalla porta. Si fa strada verso la parte anteriore e i suoi occhi passano brevemente su di loro, molto probabilmente annotandosi mentalmente la loro presenza. Poi continua, "Oggi ci concentreremo sugli incantesimi sostanziali. Chi sa dirmi cos'è un incantesimo sostanziale?"

Una mano solitaria si alza in prima fila e l'insegnante annuisce allo studente. Maya Vie parla tranquillamente e con sicurezza.

"Un incantesimo sostanziale è usato per solidificare la materia, in particolare quella di natura magica."

La professoressa Cartwig emette un verso, infastidita. "Una definizione direttamente dal Libro degli Incantesimi. Un po' noioso, ma va bene comunque - cinque punti per Grifondoro. Iniziamo con l'incantesimo..."

***

"...e non dimenticate di agitare la bacchetta verso il basso alla fine dell'incantesimo" conclude la professoressa Cartwig. "È tutto gente. Esercitatevi secondo i vostri ritmi per il resto della lezione."

Con ciò, l'insegnante comincia a camminare tra i banchi osservando gli studenti del settimo anno mentre cercano di usare l'incantesimo sostanziale per consolidare la nebbia che vortica nell'aula creata dalla professoressa.

Mentre Octavia è impegnata a scuotere la bacchetta e a borbottare l'incantesimo - l'incantesimo sbagliato, da quello che Clarke può sentire - Clarke nota una paio di occhi che la guardano ogni tanto. Fa un cenno ad Octavia quando scopre quegli occhi guardarla per la terza volta. Octavia abbassa la bacchetta con uno sbuffo.

"Cosa c'è, Clarke?"

"Perché Anya continua a fissarmi?"

Octavia alza gli occhi al cielo e alza la sua bacchetta. "Non essere paranoica, probabilmente non ti sta nemmeno guardando."

Octavia scelse quel momento per dare un'occhiata ad Anya Greene, una ragazza Serpeverde con incisa sul volto un'espressione perennemente irritata, la quale stava decisamente guardando Clarke.

"Oppure no" mormora sottovoce.

Clarke le sorride compiaciuta. "Stavi dicendo?"

"Okay, quindi forse ti sta guardando" ammette Octavia lasciando cadere di nuovo il braccio che tiene la bacchetta. "Hai mai pensato che forse non ha niente a che fare con te?"

"Mi sta fissando ma non ha niente a che fare con me?" Ripete Clarke dubbiosa. "Sicuro. Come di tu, O."

"Sta' zitta, Clarke."

"Dico sul serio" si lamenta Clarke. Anya è una persona molto intimidatoria, e non lei non idea del perché si trovi sul radar della Serpeverde. "Cioè, guardala..."

Octavia la interrompe bruscamente. "Non ho intenzione di guardarla di nuovo."

"Cosa?" Clarke si acciglia al tono inaspettatamente acido. "Perché-"

Octavia scuote la testa. Clarke dà un'altra sbirciatina al tavolo di Anya e si rende conto di chi le sta seduto accanto, Lincoln Woods, il ragazzo Grifondoro per cui Octavia ha una cotta da almeno due anni.

“Oh.”

“Cosa?”

"No 'O', intendevo...'oh', vabbè non importa" Clarke scuote la testa, realizzando che se continuasse quella frase probabilmente finirebbe a parlare in circolo. Invece chiede: "Che cosa è successo tra te e Lincoln? L'ultima volta che ne abbiamo parlato, stavi per chiedergli di accompagnarti al prossimo viaggio a Hogsmeade."

"Gliel'ho chiesto" confessa Octavia, dando alla sua bacchetta un ultimo colpo prima di abbandonare l'incantesimo.

“E lui cos'ha detto?”

Octavia sospira e lascia cadere la sua bacchetta sul banco. "Ha detto che non poteva andare con me."

"Davvero?" Dice Clarke, lo stupore facilmente udibile dal suo tono. "Tutti sanno che gli piaci tanto quanto a te piace lui."

Octavia le rivolge un sorriso a denti stretti. "Non sei l'unica che è stata avvertita di stare lontana da qualcuno."

Clarke pensa a Lexa e a come tutti le hanno detto di stare alla larga dal fantasma. Lancia un'occhiata al fratello di Octavia,  che sta praticando diligentemente l'incantesimo sostanziale al tavolo accanto a lei, e abbassa la voce.

Non è davvero necessario, dal momento che la professoressa Cartwig in quel quel momento decide di rimproverare a voce alta uno studente per aver incantato frammenti di nebbia solidificata affinchè andassero a sbattere ripetutamente contro la testa di un altro studente. "John Murphy! Sto tenendo una lezione con il settimo o il secondo anno? Dieci punti in meno a Serpeverde!"

"È per via di Bellamy?" Clarke chiede gentilmente a Octavia, mentre tutti gli altri - incluso Bellamy - sono distratti da Murphy che viene sgridato.

Octavia scuote la testa tristemente. "Non è la mia famiglia il problema - è la sua. Viene da una famiglia purosangue tradizionalista, e lo mettono in ridicolo per essere stato smistato in Grifondoro anziché Serpeverde. Essere visto con una Grifondoro mezzosangue non farebbe che peggiorare le cose per lui."

Clarke le prende la mano e la stringe leggermente. "Mi dispiace, O."

"Lo so" Octavia scrolla le spalle. Riprende la sua bacchetta. "Ma solo perché non possiamo stare insieme in questo momento, non significa che non potremo mai stare insieme."

"Che cosa significa?" Chiede Clarke, curiosa.

"Ho pensato che potremo scappare insieme dopo esserci diplomati" dice Octavia con noncuranza, tentando ancora di eseguire l'incantesimo.

Clarke corregge delicatamente il movimento della sua bacchetta. "E lui cos'ha detto?"

"Ha detto che anche se è disposto a lasciare la sua famiglia alle spalle" Octavia si ferma e guarda Clarke con fare esplicito. "Non mi costringerà a lasciare la mia."

Clarke le sorride dolcemente. "Ha ragione. Ci mancheresti troppo. Non preoccuparti, O. Troverete un modo entrambi, ne sono sicura."

"Grazie, Clarke."

Clarke intravede la professoressa Cartwig avvicinarsi, avendo finito di sgridare Murphy, così emette un veloce "Substantivus!" In aria e osserva il solido blocco bianco che si abbatte sul suo banco. La Cartwig si ferma al loro tavolo, osservando con approvazione il blocco di nebbia solidificata.

"Non male, Griffin" dice, e un angolo delle sue labbra si incurva all'insù. L'insegnante colpisce il blocco con la sua bacchetta ed evapora di nuovo in nebbia. "Ma non pensare che non ho visto te e la signorina Blake che chiacchieravate prima che arrivassi qui."

Clarke sorride timidamente all'insegnante, ma Callie scuote la testa.

"Non lasciare che accada di nuovo, Clarke. Non vorrei dover dire a tua madre che stai avendo un calo nella mia materia."

Mentre la professoressa Cartwig si allontana, Octavia arriccia il naso e fa un cenno verso lo spazio dove una volta c'era la nebbia solida.

"Come sei riuscita a farlo così facilmente? Era il tuo primo tentativo!"

"Cosa posso dire? Sono un talento naturale" dice Clarke con un'ammiccante strizzatina dell'occhio.

"Tu, bastarda arrogante" Octavia la schernisce e le tira una leggera spallata. "Insegnami."

Clarke inizia a correggere i movimenti sbagliati della bacchetta di Octavia e l'incantesimo erroneamente pronunciato. Fa una smorfia quando finalmente Octavia riesce a trovare il controllo, portando una piccola scheggia di nebbia solidificata giù dalla nube vorticosa sopra le loro teste. Mentre Octavia continua ad esercitarsi, gli occhi di Clarke vagano tra gli altri studenti, curiosa di vedere come stanno procedendo.

Viene distratta da un pezzo di carta piegato che le passa accanto al braccio, atterrando sul tavolo vicino al suo. Guarda come Bellamy abbassa la sua bacchetta, esitante. Tiene il foglio in mano per un minuto buono, apparentemente decidendo cosa fare, prima di aprirlo.

Clarke intravede solo un pezzo di ciò che è scritto - alcune parole volgari e metà del nome di Octavia - prima che la carta si infuochi all'improvviso in un'esplosione di fiamme e scompaia dalla vista. Una rapida occhiata dietro di lei conferma ciò che già sa.

Bellamy stringe i denti, ma per il resto non fa niente. Clarke sente una fitta di comprensione per lui, e un violento desiderio di maledire Cage Wallace.

***

A pranzo, Clarke decide di sedersi accanto a Bellamy.

"Ho visto il biglietto di Cage" inizia tranquillamente. "Stai bene?"

Bellamy scrolla le spalle. "Si. Cage stava solo facendo lo stronzo, come al solito."

Clarke si tocca il distintivo di Caposcuola sul petto. "Potrei offrirti di togliere dei punti da Serpeverde, ma...sai."

"Non credo che prendere punti dalla mia casa sarebbe d'aiuto, no" dice ironicamente Bellamy. "Ma grazie comunque, Clarke."

"Quando vuoi, Bell."

Clarke osserva come Bellamy sta guardando sua sorella - a volte in modo protettivo, ma sempre amorevolmente - e sorride all'affetto che è chiaramente leggibile nei suoi occhi.

Bellamy era l'epitome del "fratello maggiore iperprotettivo". Da quando i loro genitori sono morti, si è assunto la responsabilità senza pensarci due volte, ed è diventato la persona che ha protetto Octavia dalla durezza del mondo. L'anno e mezzo che li separava significava poco per lui, e difendeva Octavia con la ferocia di una figura paterna. Era disposto a fare di tutto per proteggere sua sorella. Si era persino fatto bocciare di proposito al suo ultimo anno ad Hogwarts, solo per poter ripetere l'anno e rimanere nel castello per vegliare su di lei finché non fosse riuscita a diplomarsi.

"Per quanto mi fidi di te e Raven per predervi cura di lei...Ho bisogno di essere anche io qui" aveva spiegato Bellamy, quando aveva confessato a Clarke cosa aveva fatto. "Devi capire - è tutto ciò che mi rimane al mondo."

Certo, i Blake litigavano ancora come fanno i fratelli - a dimostrazione del fatto che stavano litigando per l'ultima braciola di maiale sul tavolo - ma Clarke ricordava sempre quello che Bellamy aveva sacrificato per prendersi cura della sua sorellina.

"Come va, nerd?"

Raven si lascia cadere sulla panca affianco a Clarke, facendola trasalire dai suoi pensieri.

"Non ho ancora aggiustato il tuo orologio" dice a Clarke, mezza patata che penzola dalla sua bocca. "Ma dovrei riuscire a farlo funzionare presto."

Clarke annuisce distrattamente. "Prenditi il tuo tempo, Ray. So che hai altri progetti che ti tengono impegnata."

"E' vero" concorda Raven, perché c'è sempre qualcosa con cui armeggiare. "Ma so quanto questo orologio significhi per te, quindi è più importante di ogni altra cosa."

Clarke le rivolge un sorriso riconoscente. Raven fa scontrare lievemente le loro spalle.

"Mi passeresti le alette di pollo? Grazie."

***

Clarke è nella classe della Torre di Astronomia dopo la pattuglia quella notte, appoggiata al davanzale e fissando il cielo scuro. Lancia un'occhiata a Lexa quando vede il fantasma fluttuare attraverso la porta e fermarsi accanto a lei. Guardano le stelle in un silenzio confortante.

"Non stai indossando il tuo orologio" osserva Lexa tranquillamente.

Gli occhi di Clarke guizzano al suo polso vuoto. "Sì, ha smesso di funzionare questa mattina - aspetta, come facevi a sapere che indosso un orologio?"

Lexa sbatte gli occhi un paio di volte. La sua faccia rimane assente. Clarke alza un sopracciglio.

"Faccio attenzione ai dettagli" dice alla fine Lexa. "Lo indossavi ogni volta che abbiamo parlato. Ho pensato che fosse un accessorio importante."

Clarke accetta la risposta, sebbene abbia la sensazione che non sia tutta la verità.

"Perché sei qui stasera?" Chiede al fantasma.

"Per piangere i vivi".

Clarke le rivolge uno sguardo perplesso. "Forse volevi dire 'piangere i morti'?"

Lexa si stringe nelle spalle. "A volte sono la stessa cosa."

"E questo cosa vorrebbe dire?"

"Prendi me ad esempio" dice Lexa guardando il proprio corpo. "Sono viva - non nel senso che sto vivendo, ma sono animata. Tuttavia, sono anche morta."

"Non volevi essere un fantasma?" Chiede Clarke, corrugando le sopracciglia.

"Non mi sarei mai aspettata di diventare uno, no" ammette Lexa mentre fissa la notte. "Sapevo che i fantasmi sono gli spiriti di coloro che temevano la morte, ma io non mai avuto paura di morire".

"Allora perché sei ancora qui?" Chiede Clarke. Quando si rende conto di quanto probabilmente sia risultata sgarbata, aggiunge frettolosamente: "Non che io voglia che tu te ne vada, o qualcosa del genere".

L'ombra di un sorriso passa sul viso di Lexa al borbottio di Clarke.

"A volte gli spiriti rimangono perché hanno una connessione straordinariamente forte con qualcuno o qualcosa in questa realtà."

Clarke annuisce pensierosa. "Quindi hai una forte connessione con qualcosa qui?"

"L'avevo" dice Lexa semplicemente.

Clarke alza un sopracciglio all'uso del passato. “Avevi?”

"O ce l'ho ancora" Lexa concede con un leggero cenno del capo. "Non ne sono più sicura. In ogni caso, sono ancora qui."

A Clarke scappa una risata alle parole confuse. Lexa le rivolge un piccolo sorriso. Dopo un breve intervallo di silenzio, Clarke parla di nuovo.

"Questa sensazione - è lo stesso per te come lo è per me?"

"Cosa intendi?" Chiede Lexa, la testa inclinata come segno di confusione.

"Questo" dice Clarke, agitando una mano tra i loro corpi. "Questa è solo la seconda conversazione che abbiamo avuto nel giro di così tanti giorni, e mi sento incredibilmente a mio agio intorno a te - come se ti conoscessi da molto più di un paio di settimane."

L'espressione di Lexa rimane impassibile. Clarke si rende conto di aver sbagliato ad esternare i suoi sentimenti.

"Scusa" dice Clarke frettolosamente. Le sue guance si scaldano, e spera che non siano troppo evidenti nella pallida luce lunare. "Pensavo -"

"Sì" dice Lexa all'improvviso.

"Cosa?" Chiede Clarke confusa. Vorrebbe coprirsi le guance perché stanno ancora bruciando.

"E' lo stesso per me" Lexa chiarisce con voce sommessa. "Questo...noi. Non lo senti solo tu, Clarke."

Clarke può giurare che il suo cuore inizia a battere così velocemente da sentire il petto vibrare. Si morde un labbro per cercare di contenere il sorriso che sta minacciando di formarsi, ma fallisce miseramente. Lexa si limita a sollevare un angolo della bocca verso l'alto.

Dopo un intervallo di silenzio appagante, Clarke ammette: "Ho fatto un sogno su di te l'altra sera"
.
Lexa alza un sopracciglio, quindi si affretta a chiarire.

"Non un sogno perverso. Era come, un sogno normale. Un sogno molto normale. Una specie."

Se Clarke la conoscesse meglio, avrebbe detto che Lexa sembrava divertita.

"Cos'è successo in questo tuo sogno, Clarke?"

"Tu eri...viva" Clarke può percepire la curiosità di Lexa a questo punto, quindi continua "Ero a casa per le vacanze, cercando di esercitarmi per un test di Apparizione che si stava avvicinando. Ho provato a smaterializzarmi dal seminterrato alla mia camera da letto, ma in qualche modo sono finita nella stanza sbagliata. La tua stanza, in realtà."

Clarke non si aspetta di vedere i muscoli facciali di Lexa indurirsi mentre racconta il suo sogno. Osserva il fantasma deglutire in maniera vistosa nonostante il fatto che non abbia bisogno di respirare, e le sue fattezze cominciano ad inasprisi.

"Questo è stato un errore" dice alla fine Lexa. Un espressione neutrale dipinta in volto. "Pensavo…"

Quando Lexa non riempie lo spazio vuoto, Clarke chiede "Pensavi cosa, Lexa?"

"Devo andare" dice Lexa, ignorando la domanda di Clarke. "Apprezzerei se tenessi per te i dettagli delle nostre interazioni."

Con quello, Lexa si alza e fluttua rapidamente fuori dalla stanza, svanendo nella notte. Clarke la fissa, chiedendosi come le cose siano cambiate così velocemente.

***

Clarke può sopportare che Lexa la ignori per solo due miseri giorni. I suoi amici hanno tutti notato il suo umore scontroso - e di conseguenza le hanno lasciato il suo spazio - così decide di fare finalmente qualcosa al riguardo. Alla fine, quella sera, dopo aver cenato si ritrova nella classe vuota della Torre di Astronomia, chiamando il nome del fantasma.

“Lexa? Lexa!”

Mentre Clarke sta per gridare il nome del fantasma ancora più forte, Lexa passa attraverso il muro e la guarda stancamente.

"Hai chiamato?" Chiede seccata.

Clarke alza gli occhi al cielo e si lancia all'attacco. "Non puoi iniziare a parlarmi e poi all'improvviso fermarti. Non è giusto. Soprattutto dopo che ti ho detto come mi sento riguardo a...noi - insomma hai capito. Hai detto che sentivi la stessa cosa."

"La vita è ingiusta, Clarke" dice Lexa freddamente. "Non puoi sempre ottenere quello che vuoi."

"Ma se provi a volte, potresti scoprire che è possibile ottenere ciò di cui hai bisogno" Clarke termina automaticamente.

Non si aspetta che Lexa capisca il riferimento a una delle sue canzoni babbane preferite, ma quando Lexa capisce, è comprensibilmente confusa.

"Recitare i testi babbani. Carino" dice Lexa ironicamente. "Questo non mi farà cambiare idea, Clarke."

"E questo che diavolo è?" Esclama Clarke. La frustrazione degli ultimi due giorni si sta facendo sicuramente sentire, mentre agita enfaticamente le mani in direzione della sagoma di Lexa.

"Sii più specifica, Clarke" dice Lexa esasperata. "Non puoi aspettarti una risposta diretta se parli solo per enigmi."

"Hai capito il riferimento a quella canzone babbana" chiarisce Clarke. "E l'altra sera, mentre ero seduta sul davanzale della finestra in questa stanza, conoscevi la citazione di quel filosofo babbano."

"Forse sono solo esperta nella cultura babbana" risponde Lexa semplicemente.

"Non me le bevo le tue scuse" dice Clarke, scuotendo la testa. "Non molte streghe e maghi studiano musica rock babbana o filosofi babbani."

Clarke si avvicina a Lexa, costringendola a fare marcia indietro finché non tocca quasi il muro della classe. Clarke si ferma per un momento, riflettendo sulla sua prossima mossa. Osserva Lexa mentre la guarda e si spinge leggermente in avanti. Lexa è a mezzo centimetro dal dover passare attraverso il muro per poter sfuggire all'avanzata di Clarke, ma rimane risoluta sul posto, scegliendo di giare la testa distogliendo lo sguardo da Clarke invece di sparire attraverso i mattoni.

A causa della vicinanza, Lexa non ha altra scelta che guardare negli occhi Clarke.

"Chi sei, Lexa Woods?"

Clarke guarda Lexa deglutire pesantemente. Aspetta.

"Sono-"

La porta si spalanca, colpendo il muro con uno schianto. Clarke sussulta e Lexa usa la distrazione a suo vantaggio.

"-Scusa, Clarke" sussurra Lexa nel suo orecchio. Clarke potrebbe giurare di aver sentito il calore del suo respiro prima che facesse un passo indietro attraverso il muro.

"Aspetta, no-"

Clarke allunga una mano per afferrare il fantasma, ma le sue mani si stringono solo attorno all'aria. Bellamy, Raven e Wells stanno sulla soglia della porta aperta. Clarke li fissa.

"Che diavolo, ragazzi?"

"Ti avevamo avvertita di stare lontana da lei" dice Bellamy. Ha le mani alzate per mostrare che non ha cattive intenzioni, ma Clarke vorrebbe comunque farlo fuori.

"È per il tuo bene" aggiunge Raven gentilmente.

"Come facevate a sapere che ero qui?" Chiede irritata Clarke. Stringe i pugni per tenere a bada le sue emozioni e si ferma dal cercare la sua bacchetta.

Due paia di occhi guardano verso Wells, e per lei questa è una risposta abbastanza chiara.

"Mi sono fidata di te affinchè non dicessi a nessuno che sono venuta quassù" sbotta. Gli occhi di Wells la stanno implorando, e Clarke si acciglia. "Non posso credere che mi hai tradita in questo modo."

“Clarke-”

Lei lo ignora e irrompe fuori dalla stanza, giù per il corridoio e giù per le scale. Così consumata dalla sua irritazione - era così vicina a ricevere una risposta da Lexa -  che quasi si imbatte in Octavia, che è in piedi con le braccia incrociate in fondo ai gradini. Clarke si avvicina a lei, ma Octavia le afferra il braccio prima che possa andare da qualche parte.

"Non dovresti essere arrabbiata con noi. Stiamo solo cercando di aiutarti."

Clarke digrigna i denti per cercare di sedare la sua ira, ma ci sono così tante cose che non capisce in questo momento, e nessuno sembra volerle dare una spiagazione. Libera il braccio dalla presa di Octavia.

"Perché volete aiutarmi?" Domanda, le sopracciglia che quasi si sfiorano per il fastidio. "Cosa mi state nascondendo? Chiaramente non ho tutte le informazioni qui. E cos'ha a che fare tutto questo con Lexa?"

Octavia non sembra voler incontrare i suoi occhi. "Noi non possiamo darti le risposte che cerchi, ma c'è qualcuno che può farlo."

Clarke non esita a chiedere "Chi?"

"Tua madre."

***

Clarke gira l'angolo in direzione dell'ala dell'ospedale a passo determinato. Rallenta quando sente delle voci sollevarsi dall'ufficio della matrona, e silenziosamente gli va incontro. Si ferma davanti alla porta e ascolta.

"...dovresti riportarla dalla Guaritrice Tsing all'ospedale Mount Weather. Se quello che le persone dicono è vero, e ha passato del tempo con lei, ha chiaramente bisogno di un altro trattamento..."

"Non posso. Non lo farò" dice Abby esasperata. C'è una sfumatura di stanchezza nella sua voce, da quello che Clarke può sentire. "E' stato abbastanza difficile vederla affrontarlo la prima volta. Non la sottoporrò a un altro trattamento."

"Ma è la cosa migliore per lei-"

"Basta, Jackson" dice Abby con fermezza. "Deciderò io cosa è meglio per lei. È mia figlia, dopotutto."

Non era una conversazione destinata alle sue orecchie, ma Clarke decide che ne ha avuto abbastanza.

"Stavi parlando di me, mamma?" Chiede, aprendo la porta.

Jackson, il guaritore tirocinante, la fissa scioccata. Abby chiude gli occhi e sospira.

"Non avresti dovuto ascoltare, Clarke" dice con tono deciso.

Clarke alza gli occhi al cielo. "Ovviamente. quindi cosa sarebbe meglio per me, esattamente?"

Abby cerca di deviare il discorso. "Non è niente di cui devi preoccuparti."

Clarke emette una risata ironica. "Prima i miei amici, e ora tu? Perché nessuno mi può semplicemente rispondere?"

Abby emette un altro sospiro. Dice a Jackson di andare, e aspetta che lui chiuda la porta prima di parlare di nuovo.

"I tuoi amici stanno solo cercando di aiutarti. Non sfogare la tua rabbia su di loro" dice Abby. "Se c'è qualcuno da incolpare per averti tenuto delle cose nascoste, sono io. Quindi se vuoi arrabbiarti, arrabbiati con me."

Clarke si acciglia. "Non è quello che ho chiesto-"

"È tardi" Abby la interrompe. "So che sono tua madre, ma per questo non ottieni alcun privilegio. Non dovresti davvero essere qui se non per bisogno di cure mediche."

Abby ignora totalmente i tentativi di riprendere il discorso di Clarke e la fa uscire dall'ufficio senza un'altra parola. Jackson la guarda dal suo posto situato vicino a uno dei letti dell'ospedale quando entrano nell'infermeria.

"Jackson, potresti per favore scortare Clarke alla Torre di Grifondoro? L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che si metta nei guai per aver vagato per la scuola dopo l'orario scolastico - persino ai Caposcuola non è concessa tutta questa libertà."

***

Jackson la accompagna alla Torre di Grifondoro, come ordinato. Non se ne va finché il ritratto della Signora Grassa comincia a muoversi dietro di lei. Clarke se ne sta da sola nella sala comune e aspetta finché non è sicura che il guaritore tirocinante sia tornato in ospedale.

Quindi torna indietro attraverso il ritratto.

E' sorprendentemente facile spostarsi per il castello di notte. Non torna alla Torre di Astronomia - non vuole essere sorpresa dai suoi cosiddetti amici - quindi si allontana dal suo solito cammino e si aggira semplicemente per il settimo piano finché non trova un'aula in disuso.

"Lexa?" Chiama nell'oscurità. "Sei qui?"

Clarke sente dietro di sé un'ondata di vento, e subito torna il familiare dolore al petto. Prima che lei possa girarsi, sente Lexa sussurrare da sopra la sua spalla.

"Mi dispiace, Clarke. Ma non dovremmo fare quello che stiamo facendo."

C'è un'altra raffica d'aria e quando Clarke finalmente si gira, la stanza è vuota. Sente il petto improvvisamente vuoto.

Quella notte piange fino ad addormentarsi.

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Capitolo 3
*** sleepless nights you creep inside of me (paint your shadows on the breath that we share) ***


Capitolo 3


 
Si trovano nel bel mezzo dell'atrio e gli studenti devono cambiare traiettoria bruscamente per evitare di colpirle, ma loro non prestano attenzione a nessuno se non l'una all'altra. Lexa si sitema la veste nera di Hogwarts mentre Clarke la guarda da testa a piedi.

"Sei veramente qui."

Lexa annuisce. "Lo sono per davvero."

"Non ho mai avuto modo di presentarmi quella notte, nella tua camera da letto" dice Clarke con un sorriso imbarazzato. "Mi chiamo Clarke Griffin."

Lexa tende la mano. Clarke ha la sensazione di aver superato lo step dello stringersi la mano, visto che si erano teunute mano nella mano per circa dieci minuti quando si erano incontrate la prima volta, ma si costringe comunque ad afferrarla. La mano di Lexa è morbida e calda come ricorda.

"Lexa Woods".

C'è un momento di silenzio tra di loro, ma Clarke lo spezza prima che possa diventare troppo imbarazzante.

"Qualcuno ti ha già fatto fare un giro della scuola?"

L'espressione sicura di Lexa vacilla leggermente. "Mi è stato mostrato l'ufficio del Preside, il bagno femminile al terzo piano vicino all'ufficio del Preside e la Sala Grande."

Clarke scuote la testa con finta delusione. "Dai, ti farò fare un vero tour - castello e terreni inclusi. Potrei anche presentarti al Calamaro Gigante. A proposito, è un fan dei toast alla francese, in caso tu voglia fartelo subito amico."

"Avete un calamaro gigante nel castello?" Chiede Lexa confusa.

"Oh, no" ride Clarke. "Se guardi fuori da una finestra qualsiasi al lato sud del castello, vedrai il Grande Lago - è lì che vive."

"Il preside approva che tali creature risiedano nei terreni scolastici?" Lexa domanda incuriosita. Guarda male uno studente che va a sbattere contro la sua spalla e la fa inciampare in avanti.

Clarke tira fuori la sua bacchetta e la punta verso i piedi dell'allievo incriminato. La agita in un movimento veloce e il ragazzo inciampa sui suoi lacci improvvisamente slegati. Lexa inarca un sopracciglio, come se stesse chiedendo se fosse davvero necessario, e Clarke si stringe nelle spalle facendo un mezzo sorriso.

"Non penso che il Professor Jaha abbia un grande controllo sulle creature che vivono qui intorno, ad essere onesti" dice in risposta alla domanda precedente di Lexa. "Soprattutto non nella Foresta Proibita, che circonda la maggior parte del castello."

Anche l'altro sopracciglio di Lexa si alza. "Foresta Proibita? È un nome abbastanza strano per una foresta."

"È un nome appropriato" risponde Clarke. "Ci sono creature nascoste lì dentro che non vorrei incontrare - Acromantule, lupi mannari, creature succhia-sangue..."

"Eppure la foresta rimane aperta e facilmente accessibile sia allo staff che agli studenti" commenta Lexa incredula.

"Oh, e non dimenticarti che teniamo alcune lezioni lì" la informa Clarke. "Cura delle creature magiche, per essere esatti."

Lexa fa una risata. "Hogwarts è davvero una scuola affascinante, non è vero?"

"E non ho ancora iniziato il tour" dice Clarke sorridendo. "Dai, andiamo."

***

Finiscono il tour dove lo hanno iniziato - all'ingresso del castello - e Clarke sta sorridendo così tanto che le guance le fanno male. Lexa è molto divertente e ironica, fa sentire Clarke a suo agio con la sua sola presenza. Non si è mai sentita così rapidamente a suo agio con una persona prima; la sensazione è quasi surreale.

Lexa le sorride dolcemente mentre si fermano sul fondo della Scala Grande. Sembra che voglia dire qualcosa, quindi Clarke aspetta pazientemente.

"Capisco che non ci conosciamo da molto tempo" inizia Lexa esitante. "Ma ho un favore da chiederti."

Clarke le rivolge un sorriso incoraggiante. "Certo, dimmi pure"

"Il professor Jaha mi ha chiesto di unirmi a lui dopo cena nel suo studio - dice che devo essere smistata in una casa?" Chiede Lexa, giocherellando con il bordo della sua tunica. Clarke la trova insolitamente timida. "Vorresti venire con me? Sarebbe bello avere una volto familiare nella stanza, e sono sicura che al preside non dispiacerà."

"Certo" risponde Clarke entusiasta. "Nel frattempo, puoi sederti con me a cena - ti presenterò ai miei amici!"

Con dispiacere Clarke osserva come Lexa arriccia il naso all'idea. "Dopo le storie che mi hai raccontato su Raven Reyes, non sono del tutto sicura di volerla incontrare."

"Raven è innocua, davvero" la rassicura Clarke, conducendola verso la Sala Grande.

"Mi hai detto che ha fatto saltare in aria il suo dormitorio al suo primo anno" le ricorda Lexa.

"Beh, sì, ma si stava ancora abituando alla magia a quel tempo" cerca di farla ragionare Clarke, camminando attraverso le doppie porte di quercia. "Le sue esplosioni sono molto più controllate ora."

"Oh, questo mi fa sentire molto meglio" dice Lexa sarcasticamente. "Grazie."

Clarke le dà un colpetto sulla spalla. Si siede al tavolo di Grifondoro e Lexa la segue. "È una brava ragazza. Dico sul serio."

"Lo giuri?" Chiede Lexa con cautela.

Clarke mostra il suo mignolo. "Lo giuro."

Lexa fissa il dito con espressione assente. "È una cosa di Hogwarts?"

"Oh, mi dispiace" Clarke ritrae frettolosamente il dito e stringe la mano a pugno. "Quello era un, un...era una cosa babbana. Scusa."

"Sei nata babbana?" Chiede Lexa piano.

Clarke si prende un secondo per guardarla negli occhi. Brillano d'oro verdastro alla luce delle candele, ma non trasmettono niente. Lexa aspetta una risposta.

"Sono una mezzosangue - mio padre è un babbano, mia madre una strega" risponde alla fine Clarke. Non si era mai chiesta se Lexa fosse un tipo elitario; spera davvero che non lo sia, ma la sua espressione si trasforma comunque in uno sguardo di circospezione. "È un problema?"

Lexa la fissa per un secondo. Quindi le dice: "No. Non ho nessun problema al riguardo."

Clarke annuisce con approvazione. "Lo giuri?"

Lexa esita. Quindi alza il pugno con il mignolo alzato. Clarke intreccia le loro dita e sorride dolcemente.

***

Si fanno strada sulla Scala Grande dopo cena, e Lexa racconta a Clarke cosa pensa dei suoi amici.

"Non sono i peggiori? Wow, Lexa. Sembri così impressionata."

"Octavia ha fatto molte domande."

"È una ragazza curiosa."

"Bellamy mi stava fissando per tutto il tempo."

"Stava solo svolgendo il ruolo del  fratello maggiore iperprotettivo."

"Wells mi ha chiesto quali sono le mie intenzioni".

"Voleva solamente conoscerti meglio."

"Raven voleva sapere se Beauxbatons è abbastanza piccola da saltare in aria con un singolo incantesimo esplosivo ben eseguito."

"Lei è...ok, va bene. Sono tutti un po' strani. Ma sono pur sempre miei amici."

"Dagli del tempo, Clarke. Sono sicura che alla fine mi abituerò a loro."

"Solo non arrenderti ok? Prometto che vale la pena conoscerli."

"Sono più che disposta a dare loro una possibilità, Clarke. Inoltre, non possono fare niente di peggio che smaterializzarsi nella mia camera da letto, no?"

"Non smetterai mai di rinfacciarmelo vero?"

"Mai."

Mentre si trovano in cima alle scale che ancora stanno girando al terzo piano, si preparano ad atterrare nel corridoio che li condurrà all'ufficio del preside, ma una voce ferma Lexa prima che possa proseguire. Clarke si ferma lentamente accanto a lei.

“Lexa!”

Lexa si gira e guarda il ragazzo che sta in piedi a metà della scala successiva chiamandola.

"...Lincoln?"

È Lincoln Woods, un ragazzone Grifondoro dello stesso anno di Clarke, il quale è oggetto d'interesse per Octavia da un po' di tempo. Lincoln scende i gradini e si ferma davanti a Lexa. Allungano entrambi la mano e si afferrano reciprocamente gli avambracci in una bizzarra stretta, e lo sguardo di Clarke guizza confuso tra i due. Condividono piccoli sorrisi mentre rilasciano la stretta.

"Quanti anni sono passati?" Chiede Lincoln.

"Cinque, credo. Anche se sembra una vita " dice Lexa dolcemente. "Sei più alto di me adesso."

Lincoln ridacchia. "Sono più alto di quasi tutti adesso, Lex."

"Non ne dubito affatto" dice Lexa con un sorriso caloroso. "Le cose vanno bene in famiglia?"

L'espressione di Lincoln si oscura per un momento, ma subito torna normale. "Le cose sono...come ci si può aspettare, immagino. Sai com'è."

Lexa annuisce solennemente. "Sfortunatamente sì."

"Non vorrei interrompervi" interviene curiosamente Clarke. "Ma come fate a conoscervi, esattamente?"

"Scusa, Clarke, non intendevamo escluderti" dice Lincoln con un sorriso di scuse. "Lexa e io siamo cugini, ma non ci vediamo da molto tempo."

"Oh. Wow."

Clarke fa un cenno di comprensione. Con il fisico abbronzato e muscoloso di Lincoln e la pelle relativamente pallida di Lexa e il suo corpo magro, non l'avrebbe mai detto. Lexa ridacchia, ovviamente prendendo nota di come Clarke abbia appena studiato apertamente il loro aspetto fisico. Lei arrossisce per la sua mancanza di tatto.

"Cosa ci fai ad Hogwarts?" Chiede Lincoln a Lexa, guardando le sue vesti scolastiche. "Ti sei stancata delle ninfe del bosco che ti veneravano nella sala da pranzo a Beauxbatons?"

"Non avevo molta scelta - conosci i miei genitori" dice Lexa ironicamente. "Mia madre e mio padre hanno deciso che la mia ex scuola non era più.. adatta, per i loro bisogni."

Clarke non può fare a meno di pensare di essersi intromessa in una parte della conversazione che non dovrebbe aver ascoltato, quindi distoglie lo sguardo. Per fortuna, Lexa sembra accorgersi del suo disagio.

"Ad ogni modo, Lincoln, dobbiamo andare - ho un incontro con il preside"  dice Lexa, lanciando un'occhiata a Clarke. "Ci vediamo in giro?"

"Certo" annuisce Lincoln. "È stato bello parlare con te, Lexa. Anche con te, Clarke. "

"Ciao, Lincoln."

Lincoln torna su per le scale mentre Clarke e Lexa proseguono lungo il corridoio verso l'ufficio del Preside.

"Quindi...tu e Lincoln siete cugini?"

"Sì" annuisce Lexa.

Clarke domanda speranzosa. "Credi di poter mettere una buona parola per Octavia?"

Lexa alza un sopracciglio.

"Non dirle che te l'ho detto, ma Octavia  ha una cotta per lui da così tanto, da un anno ormai" dice Clarke con un sorrisino. "Se c'è qualcosa che posso fare per aiutarla...beh. Sono disposta a rischiare. Il fatto che stia continuando a sbavargli dietro poi sta diventando piuttosto patetico, a dire il vero."

Gli angoli delle labbra di Lexa si muovono all'insù e offre a Clarke un cenno del capo. "Parlerò con Lincoln quando posso."

"Grazie, Lexa."

***

L'incontro di Lexa con il preside è stato interessante, per non dire altro. Era rimasta seduta con il Cappello Parlante in testa per più di cinque minuti - il tempo più lungo a cui Clarke avesse mai assistito - prima di essere dichiarata Serpeverde.

Clarke guarda Lexa mentre fissa la sua nuova cravatta verde e argento davanti lo specchio del bagno.

"Sei in Serpeverde" dice.

Le dita di Lexa si muovono agilmente mentre aggiusta la cravatta. "Così sembra."

"Ho sperato che saresti stata smistata in Grifondoro" ammette Clarke, muovendosi in modo da stare dietro l'altra ragazza.

Lexa si ferma, incontrando i suoi occhi nello specchio. "Perché?"

"Così avrei potuto passare più tempo a conoscerti" risponde Clarke.

Lexa usa il riflesso offerto dallo specchio per dare uno sguardo dalla propria cravatta a quella di Clarke, scarlatto e oro sbucano dalla parte superiore della sua tunica chiusa. "Devo ricordarti che sei amica di Raven, Bellamy e Wells? Nessuno di loro è Grifondoro. Non abbiamo bisogno di stare nella stessa casa per continuare a conoscerci, Clarke."

Clarke sorride al concetto. Lexa si gira quando la sua cravatta è finalmente sistemata a suo gradimento.

"Il colore mi ricorda quello dei vestiti che indossavi quando ci siamo incontrate la prima volta" commenta Clarke, allungando una mano per toccare la cravatta. "Si abbina ai tuoi occhi."

"Sono contenta che la mia nuova casa si abbini alla mia estetica" dice Lexa con leggerezza. Esita prima di continuare "L'ho portata con me. La vestaglia che stavo indossando quella notte. Forse avrai l'opportunità di vederla di nuovo."

Clarke ammicca stupidamente. "E' una proposta?"

"È quello che è, Clarke" dice Lexa in modo uniforme, anche se Clarke può vedere un rossore che sta cominciando ad emergere dalla cima del colletto della sua camicia.

Forse la ragazza può non aver risposto alla sua domanda, ma la sua reazione evidente carica Clarke di aspettative.

***

"Come è stata la tua prima settimana?" Chiede Clarke dopo aver visto Lexa seduta al tavolo dei Serpeverde e facendosi strada per raggiungerla. "Tutto bene?"

Lexa annuisce, ingoiando il boccone di cibo. "È stato illuminante, per non dire altro. Lo sapevi che il castello e i terreni sono protetti da un incantesimo anti-materializzazione? Mi sono persa in uno dei tanti corridoi della scuola e ho provato a smaterializzarmi alla prossima lezione che avrei dovuto seguire, ma sfortunatamente non ha funzionato. La professoressa Cartwig non è stata contenta del mio ritardo."

Clarke ride. "Lo sapevo già, in realtà. Solo il preside ha il potere di scavalcare l'incantesimo anti-materializzazione. È una precauzione di sicurezza su cui Jaha insiste, specialmente dopo la battaglia di Hogwarts nel '98."

"Posso presumere che non riceverò nessuna visita a sorpresa nel bel mezzo della notte, allora?" Chiede Lexa, il suo tono prende un tono canzonatorio. "Visto che non puoi accidentalmente comparire nel mio dormitorio, ovviamente."

Clarke alza gli occhi all'ovvio divertimento di Lexa. "Oh, chiudi-"

"Quindi ora ci sediamo al tavolo dei Serpeverde?" Octavia interrompe le loro battute, lasciandosi cadere di fronte a loro. Non aspetta una risposta prima di iniziare a riempire il suo piatto con del cibo.

Raven entra dall'enorme porta, scannerizza i tavoli e cammina verso di loro una volta che li vede. "Tavolo Serpeverde stasera, eh?"

Come Octavia, non aspetta una risposta prima di sedersi all'altro lato di Clarke. Lexa mantiene il suo sorriso divertito. Clarke si lamenta internamente.

Bellamy arriva qualche secondo dopo e si siede accanto a sua sorella. "Vedo che siamo finalmente migrati verso il lato migliore della Sala Comune. Lexa e io possiamo mangiare con la nostra casa per una volta. Buona scelta, ragazze."

"Nuh" Raven protesta con una cucchiaiata di purè di patate in bocca. "So uì ol hé uti ri o no." Una volta che ha ingoiato il suo cibo si schiarisce la voce " Sono qui solo perché tutti gli altri lo erano."

Bellamy annuisce incredulo, esortando Raven ad iniziare un discorso sulla storia oscura di Serpeverde. Alla fine, Wells si unisce al tavolo, dopo aver detto di aver passato un sacco di tempo a cercare di trovarli al tavolo di Grifondoro, dove di solito sono seduti. Si siede accanto a Bellamy, borbottando Merlino sa cosa tra sè e sè.

Lexa alza un sopracciglio a Clarke quando si sistemano tutti al tavolo.

Clarke si stringe nelle spalle imbarazzata. "Scusa. Sono una specie di pacchetto. Prendi uno, prendi tutti."

"Non scusarti per i tuoi amici" dice Lexa con un sorriso. Lancia un'occhiata alle porte, dove Lincoln e una ragazza - alta, con la pelle marrone dorata e capelli biondi - sono appena passati. "Parlando di amici..."

Saluta Lincoln e la ragazza, un'ovvia richiesta di unirsi a loro. Clarke aspetta che si avvicinino e guarda mentre si siedono di fronte a Lexa. Lexa da una spintarella a Clarke mentre si stanno sedendo, e Clarke si rende conto che Lincoln e Octavia sono seduti l'uno accanto all'altra. Sorride quando Octavia arriva alla stessa realizzazione con gli occhi spalancati.

"Conosci già mio cugino, Lincoln. Questa è una delle nostre amiche di famiglia, Anya Greene" dice Lexa a Clarke. Si rivolge poi ad Anya. "Anya, questa è Clarke, la ragazza di cui ti ho parlato."

"Quella che è apparsa nella tua stanza nel bel mezzo della notte, sì ho presente" dice Anya freddamente. Annuisce a Clarke, che osserva la sua cravatta verde e argento. "Lexa parla molto di te."

Clarke arrossisce quando si rende conto che i suoi amici hanno ascoltato il tutto e stanno ridacchiando alla nuova informazione.

"E questi sono gli amici di Clarke" aggiunge Lexa, lasciando il gruppo a fare le proprie presentazioni.

Clarke sorride a Lexa quando si rimette al suo posto e tutti si disperdono nelle loro conversazioni - tra cui Octavia e Lincoln, nota piacevolmente.

"Non c'è niente di più bello che una cena in famiglia per festeggiare la tua prima settimana a Hogwarts" Clarke fa una battutina. Si prende poi un momento per apprezzare la vista che ha di fronte: un intruglio di vecchi e nuovi amici - sia per Lexa che per Clarke - ma qualcosa la fa sentire a suo agio e nel posto giusto.

"Potrei abituarmi a questo" ammette Lexa, guardando il gruppo di amici.

Il suo tono malinconico fa pensare a Clarke che Lexa non abbia mai avuto qualcosa di simile - una stretta cerchia di amici e familiari - prima. Senza pensarci, Clarke afferra la mano di Lexa.

"Bene, perché non andiamo da nessuna parte."

Il debole sorriso di Lexa strattona le corde del cuore di Clarke, e lei risponde con una leggera stretta della mano.

***


Notte dopo notte, continua a fare questi sogni confusi su Lexa. Clarke non sa cosa pensare a riguardo. Sembrano così reali, ma la sua mente le sta dicendo che questi eventi non potrebbero mai essere accaduti. C'è una guerra che infuria nella sua testa - fatti realmente accaduti contro finzione, sogno contro realtà - e il suo cervello è così pieno di informazioni, che è sicura di non aver spazio per nient altro.

Tutto e niente ha senso, e tutto questo allo stesso tempo. È così incasinato, pensa Clarke, svegliandosi nel cuore della notte dopo un altro dei suoi sogni. Non riesce a riaddormentarsi perché la sua testa è ancora piena di bagliori e frammenti di sogni di breve durata, quindi decide di fare una passeggiata per liberare la mente.

Finisce nella classe della Torre di Astronomia, seduta con la schiena contro il muro di fronte alla finestra aperta. Non riesce ancora a rinunciare all'idea che lei e Lexa siano legate in qualche modo, e che tutti - Bellamy, Raven, Octavia, Wells, sua madre - sappiano qualcosa su Lexa che lei non sa. Perché altrimenti l'avrebbero avvertita di starle lontana?

Tutte le cose riconducono a Lexa, pensa ironicamente.

Alla fine Clarke si stanca di starsene seduta al buio da sola.

"Lexa?" Prova. "Ho bisogno di te."

Ci vogliono alcuni minuti, ma alla fine Lexa fluttua attraverso la porta. Si ferma e si mette nella stessa posizione di Clarke, poi incrocia delicatamente le gambe e aleggia accanto alla ragazza sul pavimento.

"Clarke-" inizia lei.

Clarke non riesce a trattenersi dal parlarle sopra. "Tutti mi stanno mentendo, anche tu" dice lei in tono accusatorio.

Lexa sembra mordersi la lingua. "Tecnicamente, stiamo solo omettendo la verità."

Clarke ride della sua risposta. "Quindi stai mentendo per omissione."

Lexa inclina la testa. "Se è così che vuoi definirlo."

"Fantastico" dice Clarke amaramente. Emette un sospiro e le pone una domanda - una a cui spera otterrà una risposta vera "Comunque, come funziona? Tu vieni qui quando ti chiamo. Ti basta...entrare e uscire dall'esistenza, o qualcosa del genere?"

"È come un legame magico" spiega Lexa, apparentemente esitante. "Quando dici il mio nome, provo una spinta - proprio qui, nel mio petto" dice, disegnando un cerchio intorno alla pelle sopra il suo cuore. "Che è strano di per sé, visto che non possiedo più un cuore pulsante. Non posso spiegarlo, ma mi sento obbligata ad essere ovunque tu sia."

"Quindi non sono solo io" dice lentamente Clarke, un'espressione piena di speranza a sostituire il suo cipiglio precedente. "C'è qualcosa di più tra me e te, non è vero?"

Lexa non risponde, scatenando la delusione in Clarke.

"Stai giocando con il fuoco, Clarke."

"Come, parlando con te?" Chiede Clarke.

Lexa annuisce.

Clarke sospira. "Come può essere pericoloso, esattamente?"

"È pericoloso perché non riesco a smettere" ammette Lexa. "Parlare con te, questo è. Non dovrei nemmeno essere vicino a te. Ma non posso farci niente."

"Sei attratta da me" dice Clarke.

Lexa annuisce. "E tu da me."

"E non posso chiedere perché" borbotta Clarke amaramente.

"Non puoi chiedere il perchè" concorda Lexa. Poi ammorbidisce il tono. "So quanto sia difficile per te accettare semplicemente le cose, Clarke. Ma credimi quando dico che non ne verrà nulla di buono dal cercare di svelare questo mistero."

Ci vuole un minuto buono di silenzio, ma Clarke finalmente parla.

"Va bene."

Lexa sembra scettica, e Clarke presume che il fantasma si aspettasse più resistenza. Clarke può capire perché - Lexa sembra riconoscere la difficoltà che Clarke ha nel non mettere in dubbio tutto ciò che le viene detto.

"Mi fido di te, Lexa" dice sinceramente.

"Non mi conosci nemmeno" ribatte Lexa, apparentemente ancora confusa dalla semplice resa della ragazza.

"No, hai ragione" dice Clarke, sebbene con riluttanza. "Ma sento come se ti conoscessi, e questo deve contare pur qualcosa, no?"

Lexa sembra abbattuta per un momento, con le sopracciglia corrugate e il labbro inferiore tra i denti. Ma i suoi lineamenti si attenuano e annuisce.

Per la prima volta in quella settimana, Clarke non si addormenta con le lacrime a contornarle il viso.


 
Note della traduttrice:
Cosa ne pensate di questo capitolo? I sogni di Clarke si fanno sempre più insistenti e soprattutto sempre più vividi. Nei sogni Lincoln è il cugino di Lexa, e la ragazza che continuava a fissare Clarke durante le lezioni non è altro che la migliore amica di Lexa, Anya. Povera Clarke, è confusa come non mai...e il fatto di non poter avere le risposte che cerca non la aiuta affatto.
Detto questo ho intenzione di pubblicare un altro capitolo domenica perchè poi per dieci giorni sarò in vacanza e purtroppo non sarò in grado di caricare altri capitoli. Dove andrò oltre alla connessione insesistente, non potrò neanche portare il computer perchè non ci sta in valigia :")

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Capitolo 4
*** the things i dream that i can do (i'll open up the moon for you) ***


Capitolo 4


Clarke è riluttante a perdonare i suoi amici per qualsiasi segreto stiano nascondendo, ma Lexa la convince a riconoscere le loro intenzioni, alla fine stanno solo cercando di proteggerla. Lexa le assicura che ci deve essere una buona ragione per questo - e una buona ragione per cui nessuno le sta dicendo tutta la verità - e la incoraggia a dare un freno alla sua rabbia.

Clarke allora si scusa con i suoi amici uno ad uno, e loro si scusano a loro volta - principalmente per essere molto evasivi. Wells, in particolare, si scusa per aver detto agli altri delle sue frequenti visite alla classe nella Torre di Astronomia.

"So che era il tuo posto segreto, ma stavo solo-"

"Cercando di proteggermi" conclude Clarke, anche se non riesce a nascondere il leggero fastidio nella sua voce. Wells sembra triste, e Clarke si sforza ad ammorbidire il suo tono. "Continuo a non capire perché dovete proteggermi, ma capisco che avete a cuore solo che io stia bene. Quindi vi perdono."

"Ne sei sicura?" Wells sembra ancora dubbioso, quindi Clarke fa un piccolo sorriso.

"Sì" dice lei in modo più convincente. "Ora smettila di pensarci troppo, oppure ho intenzione di riprendermi il mio perdono."

Wells restituisce il suo sorriso e la stringe in un abbraccio riconciliatorio. Clarke lo abbraccia, ma gli manca il calore che di solito le trasmette, sebbene abbia perdonato i suoi amici, non si fida ancora abbastanza di loro.

E finché non si fida di loro, Clarke decide di mantenere segreti i suoi incontri con Lexa.

***

Sono in un angolo nelle cucine, mentre osservano gli elfi domestici preparare il pranzo per il corpo studentesco. Clarke si sta abbuffando con un sandwich ripieno di burro di arachidi, banana e miele mentre Lexa osserva il tutto con una smorfia.

"È disgustoso" commenta il fantasma.

"Non giudicare finchè non lo provi" dice Clarke con il boccone ancora in bocca. Poi si rende conto di aver appena detto a un fantasma di provare a mangiare quando sa perfettamente che non è possibile. "Ehm, aspetta-"

Lexa la tranquillizza. "E' tutto okay. E giusto perchè tu lo sappia, in realtà ho già provato quel particolare...intruglio."

Clarke la guarda dubbiosa. Lexa si stringe nelle spalle pigramente.

"Conoscevo qualcuno a cui piaceva la stessa cosa. Mi avevano detto che è una prelibatezza babbana e chiesto di provarlo. Come ho detto prima: è disgustoso."

Clarke ride, ma si arresta bruscamente quando si sente soffocare con un pezzo di sandwich non masticato. Sente Lexa ansimare e chiamarla, e poi una sensazione come se centomila minuscoli pugnali ghiacciati le passassero attraverso il ventre. Dopo un colpo di tosse e una forte inspirazione, per poi assicurare a Lexa di stare bene.

"Hai provato ad aiutarmi con la magia?" Chiede Clarke trattenendo il respiro, chiedendosi cosa fosse quel freddo che le è passato attraverso il corpo.

Lexa arriccia il naso. "Non all'inizio."

All'occhiata interrogativa di Clarke, continua timidamente "Ho provato a usare l'incantesimo Anapneo."

"Hai dimenticato di non poter praticare la magia?" Chiede Clarke, un misto di divertimento e preoccupazione.

"Oh, non preoccuparti. Ho solo dimenticato di essere morta" risponde Lexa ironicamente. Clarke le rivolge ancora un sorriso triste, ma lei fa finta di niente. "Sei sicura di stare bene comunque?"

"Sto bene" la rassicura Clarke.

"Bene" Lexa fa un cenno soddisfatto. "Preferirei essere l'unica morta in questa cucina, grazie mille."

Questa volta, Clarke finisce di masticare il boccone prima di ridere.

"Possiamo tornare al discorso di prima però?" Chiede. "Quindi conoscevi qualcuno che ti ha fatto provare un panino al burro d'arachidi, banana e miele?"

Lexa inarca un sopracciglio, apparentemente insicura sulla piega che hanno preso le domande.

"Volevo solo dire che avevi buon gusto in fatto di amici" Clarke chiarisce con un piccolo sorriso.

Clarke osserva come gli occhi di Lexa si spostano dal panino che continua a sgocciolare del miele, a una sbavatura di burro di arachidi che è sicura di avere sul mento, e poi ai suoi occhi.

"Ho" dice alla fine. "Ho buon gusto in fatto di amici."

Clarke sorride e poi prende un altro morso del suo sandwich.

***

È difficile tenere traccia di Lexa alla luce, scopre Clarke.

La sua trasparenza è molto più evidente adesso, colpita dal sole del tardo pomeriggio in cima alla Torre Ovest. Stanno in piedi sui bastioni, osservando gli uccelli che volano dentro e fuori dalla gufaia adiacente a loro.

"Puoi lasciare Hogwarts?" Chiede Clarke al fantasma, socchiudendo gli occhi per vedere la sua forma alla luce del sole. "O sei bloccata qui?"

"No, posso lasciare la scuola se voglio" risponde Lexa.

"Sei mai stata fuori da Hogwarts?" Chiede curiosa Clarke.

"Sì" dice Lexa bruscamente. "Solo una volta però, quando mi sono risvegliata sottoforma di un fantasma."

Clarke può dire dal tono di Lexa che questo particolare dialogo è finito. Sospira e porta la conversazione in una direzione diversa.

"Questo è il mio ultimo anno ad Hogwarts" dice, volgendo lo sguardo sui terreni del castello. "Raven ha praticamente garantito una posto nel Comitato degli Incantesimi Sperimentali al Ministero dopo il diploma. Octavia è pronta a diventare Auror, e sappiamo tutti che Bellamy la seguirà ovunque andrà. Ma io ancora non so cosa voglio fare."

"Hai una materia preferita? Una in cui sei particolarmente brava magari? "Chiede Lexa sensibilmente.

Clarke emette una risata. "Non intendo vantarmi, ma sono la prima in tutti i corsi che seguo. E non ho nessuna materia preferita, sono tutte noiose."

Lexa scuote la testa divertita. "E i tuoi interessi al di fuori della scuola?"

"Per dirti la verità, non penso di averne" ammette Clarke. Poi scherza "Potrei restarmene qui - diventare una professoressa, così non dovrò mai pensare alla vita fuori dal castello. Dovrei avere a che fare con mia madre più spesso, ma hey...almeno avrò anche te."

Lexa ridacchia. "Se ti fa piacere."

Il fantasma poi le rivolge un piccolo sorriso, e Clarke considera - per una frazione di secondo - se rimanere a Hogwarts sia in realtà un'opzione da considerare seriamente.

***

C'è un dolore diverso nel suo cuore nei giorni seguenti, ogni volta che è con Lexa. Clarke non sa davvero cosa pensare a riguardo - o il suo significato - così cerca di reprimere la sensazione.

(Non funziona, avrebbe dovuto sapere che reprimere i sentimenti non funziona mai).

***

Clarke sta percorrendo il corridoio mentre si dirige verso l'aula di Incantesimi quando Finn la intercetta. Le chiede se ha un minuto per parlare, ma nonostante lei scuota la testa, la trascina al lato del corridoio affollato.

"Sto andando a lezione" dice Clarke esasperata. "Non puoi aspettare fino a pranzo?"

"In realtà, Principessa - no, non posso" dice Finn, con quel suo mezzo sorriso.

"Cosa c'è?" Chiede Clarke quando il ragazzo continua a fissarla, e non sembra affatto volerle spiegare il perchè l'abbia fermata.

"Scusa" dice Finn con una risatina imbarazzata. "Mi sono imbambolato da quanto sei bella."

Clarke quasi rotea gli occhi, chiedendosi come poteva pensare che le sue battute così poco originali avrebbero fatto colpo su di lei. Solleva un sopracciglio in attesa. Anche se Finn sembra confuso dal suo evidente disinteresse, continua.

"Vuoi andare a Hogsmeade con me il prossimo fine settimana?" Chiede speranzoso. "Potremmo prendere un tè da Madama Piediburro, quindi fare un salto a Mielandia? Potremmo anche- "

Prima che Finn possa terminare la frase, un corpo grigio-argenteo passa attraverso il muro accanto a loro e si muove dritto attraverso di lui - solo per ripassare attraverso il muro pochi secondi dopo. Finn si ritrova in uno stato di shock, muto e congelato sul posto. Clarke sussulta per la sua disgrazia.

A metà della conversazione che si sta tenendo nella sua mente sul perché Lexa farebbe una cosa del genere, Clarke si rende conto che il fantasma le ha appena offerto un'uscita facile, e si scusa in tutta fretta.

"Scusa" dice a Finn con un sorriso fugace. "Devo andare a lezione."

"Aspetta, Clarke..." Finn ci prova, ma Clarke ha già messo una mezza dozzina di persone tra di loro.

***

Quella notte nella classe della Torre di Astronomia, Clarke chiama Lexa. Dopo un'intera giornata di riflessione, pensa di sapere esattamente perché il fantasma ha fatto quello che ha fatto quella mattina. Se ha ragione...

Meglio. Almeno non sarebbe sola in questo casino.

"Cosa ti ha fatto Finn?" Chiede Clarke quando Lexa scivola attraverso la porta. "Hai interrotto la nostra conversazione, oggi."

Lexa sbatte in fretta le palpebre. Si stringe nelle spalle. "Lo trovo oltremodo irritante."

"Tutto qui?" Chiede Clarke, perché non può farne a meno. "Veramente?"

Le guance di Lexa diventano bianche, e Clarke lo prende come segno che sta arrossendo.

"Sì" borbotta Lexa, anche se senza convinzione. "È tutto."

E' allora che Clarke capisce che sono entrambe incredibilmente fregate. Nonostante questo non può fare a meno di sorridere, sapendo che forse i suoi sentimenti sono ricambiati.

***

Clarke e Lexa sono all'ombra del faggio sulle rive del Grande Lago. Clarke è sdraiata a pancia in su, svolgendo i compiti arretrati, Lexa è appoggiata al tronco dell'albero, leggendo un romanzo.

"Perché hai lasciato Beauxbatons?" Clarke chiede a Lexa con curiosità, gli occhi ancora fissi sulla sua pergamena.

Non avevano mai avuto l'opportunità di discutere in dettaglio il trasferimento di Lexa, Clarke sapeva solo quello che aveva sentito durante la conversazione di Lincoln e Lexa il suo primo giorno a Hogwarts. Con la coda dell'occhio, Clarke vede Lexa abbassare il libro.

"I miei genitori hanno richiesto il trasferimento a Hogwarts, lo sai" dice semplicemente.

"Sì" risponde Clarke, scrivendo un'ultima frase prima di rivolgere la sua attenzione all'amica. "Quello che intendevo era, perché hanno richiesto il trasferimento?"

La mascella di Lexa si contrae. "Clarke, possiamo non parlare di questo?"

Clarke fissa la postura irrigidita di Lexa e il modo in cui le sue mani si stringono attorno al suo libro. Sospira.

"Per favore, non essere arrabbiata" dice Clarke dolcemente. "Voglio solo sapere di più su di te, Lex."

"Puoi" insiste Lexa, guardandola negli occhi. "Solo non su quello. Non sono ancora pronta a discuterne."

Clarke espira pesantemente. "Me lo dirai mai?"

Lexa lancia un'occhiata al suo libro. "Con il tempo" risponde lei.

"Quando sarà?" Insiste Clarke.

Lexa proietta lo sguardo sulla superficie increspata del Grande Lago. "Ci vuole quello che ci vuole, Clarke."

***

Lexa si siede sul letto di Clarke, la schiena dritta e le mani incrociate l'una sull'altra, come se la manica della vestaglia non fosse strappata e il suo braccio non sanguinasse copiosamente dallo squarcio che segna nettamente la sua pelle.

"Questa è l'unica ferita?" Chiede Clarke, cercando di mantenere un'aria professionale nonostante senta lo stomaco sottospra.

Lexa sbatte le palpebre una volta. Due volte. "Sì."

Clarke è diventata brava nel saper dire quando Lexa sta mentendo - e questa era una bugia evidente. Sospira prima di sedersi sul letto e chiude le tende con la bacchetta.

"Non puoi mentirmi, Lexa. In quele altro posto ti hanno ferita?"

Lexa esita. Poi, con riluttanza, alza il braccio destro - quello con lo squarcio - e una lacrima cade sulla sua tunica, dove la tiene alzata all'altezza della sua cassa toracica. I bordi del materiale sono macchiati di sangue. Clarke comprende allora che la ferita sul suo busto è continua con quella sul braccio, e la direzione dello squarcio - che si muove diagonalmente sul corpo di Lexa - è riconducibile ad una maledizione.

In altre parole, Lexa è stata attaccata da qualcuno che utilizzava la Magia Oscura.

Clarke ordina a Lexa di togliersi la veste mutilata e la canottiera. La ragazza fatica a togliersi i vestiti senza muovere troppo il braccio ferito. Clarke non si offre per aiutarla sebbene lo voglia disperatamente, non lo ammetterebbe mai, ma Clarke sa che Lexa odia essere considerata debole, ed è sicura che il suo orgoglio sia già stato compromesso per aver chiesto l'aiuto di Clarke stasera.

Alla fine Lexa riesce a togliersi il tutto senza troppi problemi, anche se il suo viso è contorto in una smorfia di dolore per tutto il tempo. A Clarke quasi viene da piangere alla vista della quantità di sangue che continua a scorrere dalle ferite che ora sono scoperte, ma non vuole che Lexa sappia quanto sia preoccupata.

"Se Cage non avesse preso di mira il braccio con cui tengo la bacchetta avrei potuto guarirmi io stessa" dice Lexa con espressione neutra, come se la significativa perdita di sangue non avesse cambiato il colorito del suo viso da roseo a bianco. "Mi dispiace doverti coinvolgere in tutto questo."

Clarke può sentire la rabbia attraversarla al pensiero di Cage Wallace che attacca Lexa. Si costringe però a concentrarsi su ciò che ha davanti, e punta la sua bacchetta sul bordo dello squarcio sul braccio di Lexa.

"Vulnera Sanentur" mormora, facendo passare la bacchetta per tutta la lunghezza della ferita e osservando mentre l'emorragia rallenta fino a fermarsi.

Clarke esegue l'incantesimo di guarigione altre due volte - per eliminare il sangue secco e ricucire la pelle - prima di ripetere il processo sulla ferita sul torso di Lexa. Evoca poi una bottiglia di Dittamo dalla sua borsa (per gentile concessione di sua madre) una volta completato l'incantesimo.

"Perché Cage ti ha attaccata?" Chiede mentre applica il Dittamo sulla pelle appena ricucita.

"L'ho attaccato per prima io" dice Lexa freddamente.

"Lexa!" Clarke si ferma per fissare la ragazza, sbigottita. "Ma che diavolo?"

"Ha parlato male di te" dice Lexa rigidamente. "Ho semplicemente usato l'incantesimo Languelingua per insegnargli una lezione. È stato lui ad usare  la Magia Oscura - non verbalmente, ovviamente."

Clarke sente il suo cuore contrarsi alla consapevolezza che Lexa stava solo cercando di difenderla. Sospira prima di continuare a curare le ferite di Lexa.

"Non puoi sfidare tutti quelli che mi insultano" dice alla fine.

Lexa si acciglia. "Sì che posso."

Clarke conosce una causa persa quando ne vede una, quindi lascia cadere a malincuore l'argomento.

"Hai perso molto sangue stasera" dice quando finisce di applicare il Dittamo. "Dovresti davvero andare nell'ala dell'ospedale per prendere una pozione che ti faccia recuperare il sangue perso."

"Già non piaccio a tua madre" dice Lexa, sfiorando le linee rosa appena visibili sul suo braccio e sul suo busto. Clarke ha fatto del suo meglio per minimizzare le cicatrici, ma non poteva fare molto a causa dell'estensione delle ferite e della sua limitata conoscenza di Guarigione. "Non le darò un'altra ragione per pensare negativamente di me."

Clarke afferra la tunica e la canottiera tagliuzzate di Lexa e si affretta a ripararle.

"Ti importa cosa pensa mia madre di te?"

Le sopracciglia di Lexa si uniscono. "Lei è importante per te, Clarke. Certo che mi interessa."

E nonostante tutto quello che è successo quella notte - Lexa che viene da lei in uno stato di stordimento, pallida e con delle ferite sgocciolanti - va a letto con una sensazione strana nello stomaco, come se avesse bevuto dell'elisir per indurre uno stato di euforia e l'effetto stia appena cominciando a farsi sentire.

***

Clarke corre giù per le scale del dormitorio e nella sala comune dei Grifondoro, dove Lexa la sta aspettando. Octavia e Raven sono già partite per Hogsmeade, promettendo di incontrarsi più tardi ai Tre Manici di Scopa. Quando Lexa si gira rispetto alla posizione in cui stava guardando fuori dalla finestra che si affaccia sui terreni della scuola, Clarke alza gli occhi con finto disappunto per il suo aspetto.

"Ce l'hai qualche vestito casual, Lex?" Chiede, osservando la costosa tunica blu di Lexa.

"Questi sono i miei vestiti casual" risponde Lexa confusa, dandosi un'occhiata veloce.

Clarke esamina la tunica per un momento prima di ridere. "L'interno è rivestito di cashmere. Quello non è un vestito casual. Non hai un maglione o dei pantaloni o qualcosa del genere?" Chiede, gesticolando verso i suoi jeans e il suo maglione.

Lexa scuote la testa. "I miei genitori non mi permetterebbero mai di vestirmi con abiti babbani".

"Quindi porti sempre delle tuniche?" Chiede incredula Clarke.

"Sì" risponde Lexa semplicemente.

Clarke nasconde il suo stupore alla rivelazione. Prende una rapida decisione, allungando una mano per afferrare il polso di Lexa. "Ok, facciamo così...ti presto i miei vestiti per oggi. Non ti lascerò andare al tuo primo viaggio a Hogsmeade con una tunica."

Clarke conduce Lexa su per le scale e nel suo dormitorio, dove fruga nel suo baule e offre alla ragazza il suo paio di jeans più piccoli - Lexa è più magra di lei - e il suo maglione azzurro cielo preferito.

"Ecco. Prova questi."

Lexa prende i vestiti svogliata. Clarke sta per uscire, così si può cambiare tranquillamente, ma la ragazza ha altri piani - semplicemente sbottona la sua tunica e la appoggia sul letto di Clarke prima di ispezionare con curiosità gli altri indumenti.

Clarke osserva la scena svolgersi con gli occhi spalancati. Aveva già visto Lexa senza maglia, ma al tempo stava sanguinando copiosamente, quindi apprezzare la vista davanti ai suoi occhi non era esattamente la sua priorità. Il suo sguardo scivola inavvertitamente lungo lo stomaco piatto di Lexa prima di realizzare di star fissando apertamente il corpo della sua amica.

Nel momento in cui avverte il suo sguardo su di lei, Lexa si è già messa i jeans e si sta sistemando il maglione. Clarke mantiene saldamente gli occhi puntati sul soffitto. È così concentrata nel non guardare, che a malapena si accorge quando Lexa la chiama.

“Clarke?”

Clarke lancia un'occhiata veloce per assicurarsi che Lexa sia vestita. Emette un sospiro di sollievo quando scopre che l'altra ragazza è completamente vestita.

“Clarke.”

"Hm?" Chiede Clarke distrattamente, ammirando il modo in cui il maglione risulta quasi sgualcito sul corpo più snello di Lexa.

Lexa la guarda divertita. "Ho chiesto se adesso sei pronta per andare a Hogsmeade. Sono certa che Octavia e Raven si staranno chiedendo dove siamo."

Clarke arrossisce leggermente. "Giusto. Non vogliamo mica farle aspettare."

***

È presto in una domenica mattina. Lexa e Clarke sono sedute accanto al caminetto fumante nelle cucine mentre gli elfi domestici preparano la colazione. Zoran, uno degli elfi della cucina, arriva con un vassoio e due tazze di tè.

"Il vostro tè, signorina Lexa e signorina Clarke" cinguetta.

Lexa lo ringrazia mentre prende il vassoio e versa loro una tazza. Clarke saluta Zoran mentre si congeda.

"Oh, prima che dimentichi - guarda cosa ho preso in prestito dalla biblioteca" dice, frugando nella borsa e tirando fuori un libro. Il dorso intatto indica che è stato usato raramente (se non mai).

Lexa guarda la copertina. Poi guarda Clarke con scetticismo. "'L'arte del leggere le foglie di tè'?"

"Non ho mai avuto la possibilità di provare la divinazione. Mia madre pensa che sia una perdita di tempo, essendo lei una guaritrice e tutto il resto" dice Clarke, prendendo la tazza e soffiando sulla bevanda calda.

"Tua madre ha ragione" dice Lexa, sorseggiando il suo tè. "La divinazione viene a malapena considerata un ramo della magia."

"Oh, non fare la guastafeste. Che male c'è a provare? "Chiede Clarke ragionevolmente, sfogliando le pagine del libro. "È solo per divertirsi un po', Lex."

"Se lo dici tu, Clarke."

Bevono il loro tè e parlano di tutto e niente. Quando Clarke finisce la sua tazza, la fa girare un paio di volte prima di riversare il tutto sul suo piattino. Poi alterna gli sguardi tra le sue foglie di tè e il libro, cercando di dare un senso agli sprazzi di marrone e nero.

Nonostante il suo giudizio di prima, Lexa continua a guardare il processo con curiosità.

Clarke riesce a distinguere solo quattro forme distinte - beh, per lo più distinte -: un parasole, una barca di qualche tipo (forse una gondola?), La lettera L, un teschio.

"Che cosa dicono le tue foglie di tè, Clarke?"

Un nuovo amante, romanticismo, l'iniziale di qualcuno vicino a te, pericolo nel tuo percorso - o almeno così dice il libro.

Clarke non è mai stata una credente nella divinazione, ma che sia maledetta se non sa esattamente cosa le foglie di tè stanno cercando di dirle. Mette frettolosamente il piattino sul vassoio e si versa un'altra tazza di tè. Lexa le rivolge uno sguardo curioso.

"Non riuscivo a vedere altro che foglie di tè" dice Clarke, sperando che la sua voce suoni normale.

Per fortuna, Lexa accetta la sua risposta con una risatina. "Ti credo che non hai visto nient'altro. Il tè è per bere, non per predirre il futuro. Potrei avertelo detto."

Clarke dà un'ultima occhiata al suo piattino abbandonato - che sia con delusione o speranza, non riesce a capirlo.

***

"Ti ho mai detto che amo il fatto che tu sia un prefetto?"

Clarke sospira, sia a Octavia che al calore rilassante che l'acqua offre. "Solo ogni volta che ti lascio usare il bagno dei prefetti, O."

"Me ne stavo solo accertando" dice Octavia in tono allegro prima di girarsi sulla schiena.

Raven le ignora entrambe per poter esaminare i rubinetti dorati che circondano la vasca. Gira una manopola sperimentando, e guarda come il rubinetto rilascia una singola bolla che si alza verso il soffitto ed esplode, riempiendo la stanza di una delicata nebbia bianca. Clarke passa una mano tra la nebbia quando si deposita sopra l'acqua.

Le tre amiche sono in costume da bagno, passando una notte rilassante tra ragazze nel bagno dei prefetti. La vasca da bagno - a forma di piscina, è stata riempita per metà di acqua viola profumata alla lavanda, e la superficie è punteggiata di schiuma rosa, la quale ha un leggero odore di zucchero filato - grazie alla scelta ben accurata di Raven.

Clarke ha chiesto alle sue amiche di essere lì per un motivo, ma decide che può aspettare qualche altro minuto mentre tutti si rilassano. Dà ad Octavia un altro po' di tempo per galleggiare tranquillamente nell'acqua, e lascia che Raven continui a sperimentare i rubinetti.

"Penso di avere una cotta per Lexa" ammette quando il silenzio si fa troppo pesante.

"Sapevo che c'era una ragione se ci avevi portate qui" dice Raven, lanciandole un sorrisino dal suo angolo della vasca. "Lo sapevamo già, comunque."

"Aspetta cosa?"

Octavia sbuffa all'ingenuità di Clarke. "Non sei esattamente difficile da comprendere, Griffin. Aspettavo che sganciassi la bomba dal primo giorno che Lexa ha messo piede qui."

"Merda" mormora Clarke sottovoce. Poi si acciglia. "Pensi che lei lo sappia?"

Raven alza le spalle. "Probabilmente."

"Ma sono abbastanza sicura che anche tu le piaci, quindi non stressarti troppo" aggiunge Octavia, dandosi una spinta dalla parete della vasca e nuotando in avanti fino a che non colpisce l'altro lato.

"Sì Griffin, rilassati" dice Raven, facendo cenno alle spalle improvvisamente rigide di Clarke. "Questo è quello per cui siamo qui, giusto?"

Lo sguardo di Clarke guizza tra le sue due amiche. Annuisce. "Giusto. Sì è per questo."

"Fantastico" dice Octavia felice. Nuota per unirsi a Clarke. "Ora che abbiamo finalmente individuato il problema, possiamo parlare di come procederemo a far finire te e Lexa insieme!"

***

"Sembri tesa."

Clarke lancia un'occhiata a Lexa mentre camminano lungo le rive del Grande Lago. Ha offerto il cibo che le rimaneva Calamaro Gigante, e ora la sua attenzione è esclusivamente rivolta a Clarke.

Clarke tenta un sorriso, ma sa anche lei di essere tesa.

Lexa la guarda preoccupata. "Cosa c'è che non va?"

Clarke non risponde - non subito, almeno. Sa esattamente perché si è comportata in modo così strano ultimamente, e ha tutto a che fare con la ragazza con cui sta camminando in questo momento.

Ha una cotta per Lexa. E non importa quanto lei cerchi di negarlo, il modo in cui il suo cuore galoppa quando si trova intorno all'altra ragazza dimostrerà sempre i suoi veri sentimenti.

La voce di Octavia risuona forte nella sua mente - "Diglielo e basta!" - così decide di fare il grande passo, in quel momento e in quel luogo, perché in quale altro modo potrebbe superare la paura?

"Mi piaci, Lexa" dice Clarke senza preamboli.

La risposta di Lexa è immediata e alquanto confusa. "Anche tu mi piaci, Clarke."

"No, Lex" sospira Clarke. Per quanto ci provi, non riesce a incontrare gli occhi di Lexa - non adesso. "Mi piaci. Nel senso, vorrei portarti ad un vero appuntamento e baciarti e addormentarmi con te affianco."

"Non capisco" dice Lexa, e Clarke vorrebbe sbattere la testa contro un muro, perché cosa c'era di così difficile da capire in una semplice dichiarazione?

Lexa continua, con grande frustrazione di Clarke. "Perché sembri così turbata quando a me sembra che vogliamo la stessa cosa?"

Clarke ha già aperto la bocca per spiegarsi meglio quando si rende conto di ciò che Lexa sta insinuando. I suoi occhi scattano sul suo viso, perché onestamente non riesce a credere a ciò che ha appena sentito.

"Aspetta, cosa?"

È una cosa bellissima, pensa Clarke, quando Lexa si scioglie in un timido sorriso.

"Vorresti portarmi ad un vero appuntamento e baciarmi e addormentarti con me" dice Lexa semplicemente. "Vorrei fare lo stesso con te, Clarke."

"Quindi tu...ti piaccio?" Clarke domanda, ancora dubbiosa. Forse sta avendo un'allucinazione causata dalla febbre.

"Sì" risponde Lexa, corrugando le sopracciglia. "È così difficile da credere?"

"Io..." Clarke è quasi senza parole a questo punto. "Ad essere onesti? Si."

Lexa ridacchia leggermente. "Penso di provare qualcosa per te dal momento in cui ti sei materializzata nella mia camera da letto. Non ero mai stata così grata per un paio di pantaloncini prima."

Clarke sbatte giocosamente la spalla contro quella di Lexa. "Potrei dire lo stesso di quella tua tunica di seta. Seriamente però, non smetterai mai di ricordarmi di quell'incidente, vero?"

Lexa non risponde, sorride in modo scherzoso e allunga un braccio per intrecciare le dita con quelle di Clarke.

***

Sono sdraiate assieme nel letto di Clarke quella notte, le caviglie incrociate l'una sull'altra e le loro mani giocherellano pigramente tra loro. Nessun altro è nel dormitorio, ma le tende sono lo stesso tirate.

"Voglio portarti presto ad un appuntamento" dice dolcemente Clarke.

Lexa stringe le dita in accordo. "Va bene."

Clarke può percepire il "ma", quindi aspetta pazientemente che Lexa continui.

"Devo dirti una cosa prima" dice Lexa. È esitante, da quello che potrebbe dire Clarke.

"Allora dimmi."

Lexa annuisce contro il cuscino di Clarke. "È riguardo il perchè mi sono trasferita a Hogwarts."

Clarke non dice nulla per un po'. Quindi chiede: "Sei pronta a dirmelo?"

"Sì" dice Lexa risoluta. Poi la sua voce si attenua mentre ammette: "Perché potrebbe cambiare il modo in cui mi vedi. Comunque vada, voglio che tu sappia che non sono mai stata così me stessa con nessuno come lo sono stata con te."

Clarke si mette seduta alla serietà del suo tono. "Lexa, cosa..."

Lexa scuote la testa mentre lei si zittisce. "Sarò egoista,  ma ho bisogno che tu mi prometta che non mi odierai dopo che te l'avrò detto."

"Che cosa? Non potrei mai odiare..." Clarke ci riprova, ma Lexa la interrompe.

"Clarke, per favore."

È lo sguardo supplichevole di Lexa che la zittisce. Clarke allunga il pugno con il mignolo alzato. Lexa fa un piccolo sorriso e intreccia le loro dita. Quando le loro mani ricadono sul letto, Clarke parla.

"Dimmi."

E così Lexa spiega che i suoi genitori sono Mangiamorte determinati a ripristinare la supremazia dei purosangue e purificare la razza dei maghi. Stavano operando fuori dalla Francia da quando Lexa era bambina, ma i loro sforzi si stavano rivelando infruttuosi; la comunità di purosangue francese aveva poco interesse a turbare la pace ottenuta dopo la sconfitta di Voldemort nella Seconda Guerra Magica. Poi si sono trasferiti in Inghilterra, dove credevano che le persone sarebbero state più ricettive alla rinascita dei Mangiamorte. A Lexa non era stata data altra scelta se non quella di trasferirsi da Beauxbatons ad Hogwarts, perché i suoi genitori si rifiutavano di lasciarla alle cure di qualcun altro, per paura che i loro ideali razzisti non fossero adeguatamente seguiti dalla loro unica figlia.

Clarke sta ancora cercando di radunare tutte le nuove informazioni quando Lexa finisce la sua storia. Sfortunatamente, Lexa lo prende come segno che Clarke sta riflettendo sull'idea che ha di lei.

"Devi credermi, io non sono per niente come i miei genitori" implora Lexa, allungando una mano per stringere quelle di Clarke tra le sue. "Non sono così altezzosa da pensare che i purosangue siano meglio dei nati babbani. Il sangue non significa niente per me. Lo sai."

Clarke finalmente si ricatapulta nel presente e sposta le mani in modo che sia lei a stringere quelle di Lexa tra le sue.

"Tu non sei la tua famiglia, Lexa" dice gentilmente. "Chiunque abbia degli occhi può vederlo."

"Quindi non mi odi?" Chiede Lexa piano. Preoccupata.

Clarke scuote la testa. Lexa la fissa semplicemente, gli occhi verdi scintillanti di apprensione.

"Tu sei la ragazza che parla sempre con frasi appropriate e pensa che le vesti di cashmere contino come abiti casual. Sei la ragazza a cui piace fare passeggiate vicino al Grande Lago solo per poter salutare il Calamaro Gigante. Sei la ragazza che odia i panini al burro di arachidi, banana e miele - che sono i migliori, tra l'altro - ma i tuoi dolci preferiti sono le lumache gelatinose e i rospi alla menta, letteralmente i peggiori dolci che i soldi possano comprare. Sei la ragazza che si prenderebbe una maledizione sul braccio e sul busto solo per difendere il mio onore" dice Clarke dolcemente. "La tua famiglia non ti definisce, tu lo fai. E penso di sapere chi sei veramente, Lexa Woods."

Lexa sta piangendo apertamente a questo punto, e Clarke prende cautamente il suo viso tra le mani, asciugandole le lacrime. Il suo cuore soffre per questa ragazza a cui è sempre stato insegnato come odiare, ma il cui spirito è così buono - così puro - che si ribella contro il suo stesso sangue. È in una guerra senza fine tra la sua testa e il suo cuore - tra ciò che le è stato insegnato e ciò che conosce ed è giusto - e fino ad ora, ha combattuto tutte le sue battaglie da sola.

Clarke è determinata a porre fine a questa cosa.

"Allora cosa ne dici per quell'appuntamento?" Chiede con un sorriso gentile.

Lexa restituisce il sorriso, sebbene sia acquoso. "Sì. Se mi vorrai ancora."

"Sempre, Lex."

***

Clarke decide che il loro primo appuntamento sarà una cena nella Torre di Astronomia. Lexa ha chiesto di mantenere i loro appuntamenti segreti, perché ha paura che la notizia della sua relazione con una ragazza mezzosangue possa arrivare fino ai suoi genitori, e non è disposta a mettere Clarke in pericolo. È d'accordo sul fatto di mantenere la loro amicizia pubblica, dal momento che nessuno a Hogwarts sembra riconoscerla come una figlia di Mangiamorte. Mostrarsi in pubblico per ciò che sono realmente sarebbe troppo rischioso.

"E' bellissimo, Clarke."

Clarke guarda Lexa che sorride mentre lei sistema la classe della Torre di Astronomia. I banchi sono stati spostati ai lati per lasciare spazio ad una grande coperta e ad alcuni comodi cuscini. Un cesto è posto al lato della disposizione. Le candele fluttuano nell'aria, e tutto è posto in modo che possano guardare le stelle attraverso la finestra aperta.

"Questo è il mio posto preferito dell'intero castello" dice Clarke dolcemente, dopo che entrambe si sono sedute sulla coperta. "A volte vengo qui per pensare. Altre volte vengo qui per non pensare affatto."

"Grazie per avermi portata qui" dice Lexa sinceramente.

Clarke apre il cestino del cibo con un sorriso. Tira fuori due piatti e una salsiera, poi due bottiglie di Burrobirra, e dispone il tutto tra loro.

"Filetto con salsa ai funghi" spiega Clarke. "Per gentile concessione di Zoran e degli altri elfi."

Mangiano in un silenzio confortevole. Nessuna delle due sente l'impulso di parlare, contente di godere solo della presenza dell'altra. Lo sguardo di Clarke guizza tra Lexa e le stelle. Con tutte le volte in cui avverte lo sguardo di Lexa, sa che l'altra ragazza sta facendo lo stesso.

"Prima che morisse" inizia Clarke, quando i loro piatti sono vuoti e stanno assaggiando una piccola crostata con crema pasticcera per dessert. "Mio padre ha citato un filosofo babbano: Le cose sono come sono. Guardando fuori nell'universo di notte, non facciamo paragoni tra stelle giuste e stelle sbagliate, né tra costellazioni bene e malamente disposte."

Lexa si porta una forchetta di torta in bocca mentre aspetta una spiegazione. Clarke sorride al pezzetto di crema pasticcera con cui Lexa si sporca il labbro superiore. Allunga una mano per pulirla delicatamente - deliziandosi nel modo in cui Lexa arrossisce leggermente - prima di continuare.

"Ogni esperienza, sia positiva che negativa, è alla fine solo un'esperienza. Ciò che conta è come reagisci ad essa, se ti lasci cambiare in peggio o in meglio. Sei stata cresciuta da persone cattive e ti è stato detto di pensare a cose brutte, ma non credevi - e non lo credi ancora adesso - in nessuna di queste cose. Perché sei una brava persona" dice Clarke onestamente. "E voglio che tu lo ricorda."

"Quando ho scoperto che Serpeverde ha una buona reputazione per il numero di Maghi Oscuri che sono finiti in quella casa" inizia Lexa, fissando le stelle. "Mi chiedevo se il Cappello Parlante alla fine mi avesse messo lì perché in fondo sono malvagia, nonostante quanto io provi ad essere buona."

"Essere in Serpeverde non ti rende una persona cattiva" dice Clarke corrugando la fronte. "Le scelte che le persone prendono, quelle sono le cose che le rendono cattive."

"Adesso lo so" dice Lexa con un debole sorriso. Prende un altro morso della sua crostata prima di continuare. "Il Cappello Parlante mi ha dato una scelta, quella sera nell'ufficio del preside. Diceva che avevo la mente di un Serpeverde ma il cuore di un Grifondoro, e mi chiese di scegliere: testa o cuore."

Clarke capisce che dev'essere stato il motivo per cui Lexa ci ha messo tanto.

Lexa continua: "Ho scelto la testa invece che il cuore, perché sapevo che avrebbe comportato meno problemi a lungo andare."

"Lexa..." Clarke comincia, incerta su cosa dire.

"Ho quasi messo fine a questo. A noi" ammette Lexa, nonostante l'interruzione. "Prima quella sera, nella Sala Grande."

"Quando ti ho detto che sono una mezzosangue?" Ricorda Clarke, la fronte corrucciata.

Lexa annuisce.

"E perché non l'hai fatto? Mettere fine a questo, intendo" le domanda Clarke.

Lexa tace per un momento, apparentemente contemplando la sua risposta.

"Grazie a te" dice alla fine, guardando Clarke negli occhi.

Clarke solleva le sopracciglia sorpresa.

"Non essere così scioccata. Sei più bella di quanto pensi, Clarke. E non parlo solo del tuo aspetto esteriore. Nel poco tempo che ti ho conosciuta, in qualche modo mi hai fatto venir voglia di essere una persona ancora migliore. Quindi ti ho dato una possibilità" Lexa sorride dolcemente. "Si è rivelata la decisione migliore che abbia mai preso."

Clarke non può farci niente. Toglie la crostata di crema pasticcera dalle mani di Lexa e la tira in avanti afferrandola per la tunica.

Quando si baciano, è come se Clarke stesse rivivendo la prima volta che ha scoperto di saper usare la magia, come se avesse trovato un pezzo di se stessa che non sapeva le mancasse. Il suo cuore rallenta - lo sa perché può sentirlo pulsare nelle orecchie e battere nel suo petto, come se si stesse ingrandendo e cercando di sfuggire al suo corpo - ed è come se il tempo si fosse fermato solo per loro. È meraviglioso ed eccitante, rilassante e calmo, tutti questi sentimenti contrastanti che turbinano nel suo stomaco allo stesso tempo. Ma nonostante il caos che è scoppiato dentro di lei, si sente completa, come se tutto fosse al posto giusto.

Alla fine si separano per la mancanza d'aria, e Clarke ride quando Lexa appoggia la fronte alla sua con un sorriso. Quando il sorriso di Lexa comincia a vacillare, Clarke si tira indietro e si copre il viso con le mani. La domanda rimane silente.

"Non possiamo dire a nessuno di noi" dice Lexa avvilita. "Se dovesse arrivare ai miei genitori...non riesco neanche ad immaginare cosa sarebbero capaci di fare. Non ti metterò in pericolo, Clarke. Ma se è troppo per te, capirò se non vuoi..."

Clarke posa un casto bacio sulle labbra di Lexa per interromperla. "Posso gestire un segreto o due se questo vuol dire che potrò stare con te."

Lexa prende le mani di Clarke nelle sue e le lancia uno sguardo supplichevole. "Voglio solo che tu sappia a cosa vai incontro stando con me. Non sarà sempre facile - sia per la mia famiglia...e forse anche per me."

"Nulla per cui valga la pena lottare è mai facile" risponde Clarke gentilmente. "Ma tu varrai sempre la pena per me, Lexa."

***


Clarke si sveglia dal suo sogno con un sussulto, il dolore nel petto ancora più forte di prima.



 
Note traduttrice:
Ecco il nuovo capitolo come promesso. Questo capitolo è molto incentrato sui sogni di Clarke e spero non vi dispiaccia, io l'ho trovato interessante.
Comunque domani sera parto e spero di riuscire ad aggiornare al più presto quando torno, tanto il prossimo capitolo l'ho già revisionato quindi metà del lavoro è fatto. Spero di trovarvi ancora qui al mio ritorno, ci si legge più avanti ;)

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Capitolo 5
*** you take more than just my sanity (you take my reason not to care) ***


Capitolo 5

 
Sono passate poche settimane da quando è stata creata la prima bottiglia di Masper Moonshine, ma Jasper e Monty hanno finalmente preparato abbastanza alcol per una piccola festa tra i loro amici. Quando la invitano, Clarke non esita a dire di sì.

(Ha solo bisogno di una notte senza uno dei suoi sogni. Le danno solo speranza quando sa che non può permettersela - Lexa è morta, e non può tornare indietro, non importa quanto Clarke vorrebbe che fosse possibile.)

"Non pensavo che questa stanza potesse essere usata ancora, non dopo ciò che ha causato l'Ardemonio durante la Battaglia di Hogwarts" dice Clarke, guardandosi attorno nella Stanza delle Necessità.

Ci sono alcuni divani dall'aspetto comodo sparsi lungo le pareti, ma la stanza è per lo più spoglia - senza dubbio per dare spazio alla gente di camminare liberamente e mescolarsi l'uno con l'altro mentre bevono, il che è esattamente ciò che sta accadendo. L'unica decorazione presente nella stanza è un cartellone che parte dal pavimento e arriva fino al soffitto con stampata la scritta "Masper Moonshine". Il lampadario appeso sul soffitto proietta una luce calda su tutto lo spazio. Tutto sommato, sembra accogliente.

"La stanza ha i suoi limiti" ammette Bellamy scrollando le spalle. Era stato lui a proporla quando Monty e Jasper avevano annunciato la festa. "Le pareti rimangono sempre un po' carbonizzate, non importa come chiedi alla stanza di apparire. Ed è sensibile al fuoco - non ti lascia crearne uno tu stesso, quindi devi assicurarti che la stanza sia equipaggiata con lanterne accese o qualcosa del genere, o dovrai usare un incantesimo per far luce con le bacchette per tutto il tempo."

"Non importa" dice Clarke con un cenno del capo. "Hai fatto comunque un buon lavoro."

Bellamy le sorride come segno di ringraziamento. Solleva la bottiglia che gli è stata data non appena sono entrati nella stanza. "Allora?"

Clarke ancora è riluttante riguardo al Moonshine di Monty e Jasper, ma vuole scatenarsi solo per una notte, quindi annuisce.

"Prima le signore" dice Bellamy, svitando il tappo e porgendo la bottiglia a Clarke.

Prende un lungo sorso dalla bottiglia, e non c'è dubbio che Jasper e Monty l'abbiano reso ancora più forte.

"Porca puttana" Clarke tossisce. Passa velocemente la bottiglia a Bellamy, che ridacchia sotto i baffi.

Raven appare da dietro di lei con un sorrisino. "Hai chiamato?"

"Non fare la deficiente, Raven" dice Clarke, il naso arriccato per il disgusto. "Intendevo il Moonshine, brucia davvero fottutamente mentre scende."

"E non siamo neanche a metà del divertimento, Clarke!" Interviene Jasper, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di Bellamy e sfregando le nocche contro i riccioli del ragazzo. Era stato impegnato a salutare tutti gli altri ospiti, come Clarke aveva potuto notare appena era arrivata.

Bellamy se lo scrolla di dosso roteando gli occhi. "E quale sarebbe l'altra metà, Jasper?"

Jasper si limita a sorridere astutamente. "Lo scoprirai in, ehm...quindici minuti."

Bellamy e Clarke si scambiano espressioni preoccupate. Monty approfitta di quel momento per entrare in scena e assicurare loro che il prodotto è stato ben testato. Clarke si tranquillizza alle sue parole, ma sembra che Bellamy abbia ancora dei dubbi.

"L'unica cosa negativa sono i postumi della sbornia" giura Monty, e alla fine Bellamy cede.

Prende una sorso dalla bottiglia prima di passarla alla cieca ad un'altra persona. Raven afferra la bottiglia con un ghigno e Jasper le dà una pacca sulla schiena. Clarke guarda il viso di Bellamy sciogliersi in un languido sorriso solo pochi secondi dopo, e si prepara per una lunga notte.

***

Tutti sono ubriachi marci. Clarke non è stata in grado di bere quanto voleva - si sente obbligata a tenere d'occhio i suoi amici, poiché sembra essere la persona più sobria della festa.

(Ovviamente non è completamente sobria, il whisky si è depositato nel fondo dello stomaco e lo sente bruciare, il suo corpo si muove con un'energia che sembra non finire, ma la sua testa non gira e riesce a ragionare piuttosto chiaramente, quindi è abbastanza sicura di essere quella presa meglio.)

Quando si accorge che molti dei partecipanti alla festa sembrano sul punto di addormentarsi in piedi, ondeggiando o appoggiandosi alle pareti, cerca nella folla la testa di capelli ricci di Bellamy. Lo trova a parlare con un gruppetto di ragazze ubriache e che sghignazzano, e riesce a malapena ad astenersi dal roteare gli occhi.

"Bell!"

"Sì?" Risponde, abbandonando la sua compagnia senza congedarsi.

"Le persone stanno lottando per rimanere sveglie, e Jasper è già fuori combattimento" dice Clarke esasperata, e fa un passo verso l'angolo in cui il ragazzo è raggomitolato in posizione fetale, profondamente addormentato. "Voi ragazzi avete per caso pensato ad un piano di fuga per quando la festa sarebbe finita?"

Bellamy la guarda da sotto le palpebre, che si fanno sempre più pesanti. Clarke realizza che è ancora piuttosto ubriaco e sospira.

"Come facciamo riportare tutti nei loro dormitori?" Chiede senza mezzi termini.

Bellamy sembra comprendere le sue parole ora che ce ne sono meno in una sola frase, e indica la parete più lontana. "C'è un corridoio nascosto dietro il cartellone. Dovrebbe condurre tutti, tranne i Grifondoro, al piano giusto; voi ragazzi potete uscire dalla porta principale, visto che siamo già al settimo piano."

Sia lodato Merlino, pensa Clarke. Non era dell'umore giusto per condurre una quarantina di persone attraverso il castello senza farsi scoprire.

"Trova Monty e Raven" ordina a Bellamy. "Non penso che Jasper possa camminare da solo, quindi probabilmente avrà bisogno di aiuto per tornare alla torre di Corvonero."

All'inizio Bellamy fa una smorfia, ma infine cede con un cenno col capo, anche se riluttante. Comincia a vagare in cerca dei loro amici, e Clarke si guarda intorno per il resto della stanza. Tira fuori la bacchetta dalla sua tunica con uno sbuffo di stanchezza, la punta alla gola e borbotta un rapido incantesimo Sonoro.

"Ascoltatemi tutti!" Esclama, voce amplificata dall'incantesimo. "La festa è finita! Tutti quelli che non sono Grifondoro si dirigono verso il cartellone in fondo alla stanza..."

***

Quando Clarke è l'unica rimasta nella Stanza delle Necessità, raccoglie l'unica bottiglia rimanente di Moonshine. È mezza vuota, ma decide di tenerla per sé - una ricompensa per il lavoro svolto quella notte, che non è mai stata sua responsabilità in primo luogo.

Lascia la stanza e chiude la porta con un sospiro, osservando l'ingresso mentre si mimetizza con il muro. Ora che è sola tra i suoi pensieri, la sua mente la porta all'unica cosa a cui non voleva pensare stasera.

Dopo un attimo di riflessione, oltrepassa il corridoio che porta alla torre di Grifondoro e si dirige dritta verso la Grande Scalinata. È una cattiva idea, lo sa già. Ma è schiava dell'alcool che le circola ancora nelle vene, e della pesante sensazione nel suo petto che non andrà via
.
***

Clarke entra nell'aula della Torre di Astronomia e nota che Lexa è già lì.

"Ehi, Lexa" la saluta, posizionandosi accanto al fantasma di fronte alla finestra.

Lexa inclina la testa cordialmente. "Ciao, Clarke."

Stanno insieme vicino alla finestra aperta. Clarke appoggia la bottiglia del Masper Moonshine sul davanzale e fissa l'oscurità. Le stelle sono particolarmente luminose stasera, nota.

"Sei stata impegnata stasera" commenta Lexa, guardando la bottiglia di Moonshine.

Clarke solleva un sopracciglio verso la bottiglia mezza vuota e poi si gira verso Lexa. "Non ho bevuto molto, se è questo che intendi. Ho fatto qualche sorso, però."

Lexa non sembra crederle. Ma a Clarke non interessa.

Grazie alla potente bevanda, è piena di spavalderia e coraggio - una testimonianza della forza della nuova miscela di Jasper e Monty, considerando che era da circa un'ora che aveva bevuto l'ultimo sorso. Sta diventando sempre più difficile per lei tenere a mente che i suoi sogni sono solo sogni, perché può chiaramente ricordare  la sensazione delle labbra di Lexa contro le sue, calde, meravigliose e desiderose di attenzioni. La stanno facendo impazzire - tutte queste fantasie, pensieri e desideri che non sembrano conciliarsi con la realtà.

Quindi decide che tocca a lei farli conciliare.

"Voglio baciarti" dichiara Clarke in un momento di audacia.

Lexa alza un sopracciglio. "L'alcol ti ha inebriato la mente."

"Tu sei inebriante" replica Clarke.

“Clarke-”

"Lexa" risponde Clarke.

Lexa la guarda incredula. "Davvero, Clarke. Sai che non puoi..."

Clarke la ignora e si sporge in avanti con gli occhi chiusi. Non si rende conto del suo errore finché cade attraverso il corpo di Lexa, e un freddo gelido la intorpidisce fino al midollo.

"-baciarmi" Lexa finisce, guardando Clarke che si raddrizza sconvolta.

Lo schock causato dal freddo la sconvolge completamente, e improvvisamente Clarke non riesce a credere alla sua stupidità.

"Mi dispiace" si scusa, guardando il pavimento in mezzo a loro. "Non posso credere di averlo fatto. Non posso credere di aver dimenticato."

"Che sono morta?" Chiede Lexa ironicamente. Clarke alza la testa al tono ironico, e il fantasma si ammorbidisce un po'. "Perché sono morta, Clarke. Devi ricordarlo."

Neanche il Moonshine poteva aiutare Clarke a sfuggire da questa verità. Lexa è morta, e per quanto possa desiderare il contrario, niente può cambiare questo fatto.

***

Clarke evita Lexa per alcuni giorni, imbarazzata e arrabbiata con sè stessa. Come poteva aver dimenticato che Lexa è morta?

(Sa che l'alcol aveva parte della colpa, ma questo non la fa sentire meno idiota, anzi, si sente più stupida per aver permesso all'intruglio di arrivare alla sua testa.)

È da sola in biblioteca, mentre completa i suoi compiti e trasalisce occasionalmente al ricordo - straziante - del momento esatto in cui è caduta attraverso il corpo di Lexa. Si chiede a volte se possa lasciare il castello, forse anche il paese, senza essere scoperta. Certo, le sarebbero mancati i suoi amici (e forse anche sua madre), ma in che altro modo avrebbe potuto riprendersi da un simile errore?

Clarke sospira e riporta l'attenzione ai suoi compiti di Incantesimi. La professoressa Cartwig non si aspetta niente di meno che un saggio di livello eccezionale dal suo studente più bravo. L'incidente con Lexa ha già influenzato la sua attenzione in classe, Callie potrebbe discutere ancora il suo comportamento se consegnerà un compito fatto male.

Lo scopo di un incantesimo sostanziale è quello di solidificare la materia. Clarke scrive. È più efficace sulla materia che è di natura magica-

Si ferma a quel punto, con la penna in mano. Quindi rilegge il suo lavoro.

Le ci vogliono in tutto dieci secondi per prendere le sue cose e andarsene.

***

Clarke non si dirige verso la Torre di Astronomia. Ha bisogno di un posto diverso, un posto più privato, per parlare con Lexa. Quindi si dirige al corridoio del settimo piano e si ferma davanti al muro opposto all'arazzo di Barnabas.

Appoggia una mano sul muro bianco, ricordando ciò che Bellamy le ha detto della stanza. Non vuole molto dalla stanza, non proprio - solo quattro pareti e una porta per dare loro uno spazio tranquillo dove parlare.

In realtà, pensa Clarke mentre inizia a camminare davanti all'ingresso nascosto. Forse aggiungerò qualcos'altro, nel caso le cose vadano meglio del previsto...

Quando la porta si materializza e la apre, scopre che la Stanza delle Necessità ha evocato tutto ciò di cui aveva bisogno, nascosto dietro una pesante tenda che divide lo spazio in due. Chiama il nome di Lexa e aspetta che il fantasma appaia nella metà vuota della stanza.

Lexa deve considerarla pazza mentre passa attraverso la porta. Clarke non può fare a meno di sorridere, e il fantasma le rivolge uno sguardo interrogativo.

"Hai smesso di fare l'imbronciata?" Chiede Lexa con un sopracciglio inarcato.

Clarke ignora completamente la domanda. Si avvicina a Lexa e prova ad accarezzarle una guancia. Come previsto, il suo braccio passa attraverso il fantasma e lei immediatamente lo tira indietro, sussultando per il freddo.

Lexa chiude gli occhi e sospira. "Clarke, pensavo che avessimo stabilito che non puoi toccarmi."

Clarke non fa caso alle sue parole, anzi estrae la sua bacchetta. Lexa la guarda, stanca.

"Scusa" borbotta Clarke, non sembrando affatto dispiaciuta. "Ma voglio provare questa cosa, devo farlo. Non riesco ancora a credere di non averci pensato prima..."

Solleva la sua bacchetta e Lexa fluttua indietro di qualche centimetro.

"Clarke, cosa stai-"

Clarke la ignora. Punta la sua bacchetta verso il fantasma e pronuncia "Substantivus!"

L'effetto dell'incantesimo è immediato. Lexa colpisce il pavimento con un tonfo. Le sue ginocchia hanno ceduto sotto il suo peso nel momento in cui i suoi piedi hanno toccato il pavimento, probabilmente non abituate ad avere alcuna massa da sorreggere, pensa Clarke.
Offre a Lexa una mano per aiutarla a rialzarsi, ma il fantasma è troppo assorbito dalla sensazione del proprio corpo per notarla. Alla fine, Lexa si alza di fronte a Clarke, con entrambi i piedi saldamente sul pavimento, non più in bilico sul posto.

Lexa è ancora per lo più trasparente, osserva. Ma il profilo della sua forma si è indurito, Clarke può vedere chiaramente la differenza; non brilla più così tanto alla luce, non come prima almeno. Le sue membra fluttuavano dolcemente nell'aria, ma ora il suo corpo si muove più rigidamente, come se effettivamente pesasse.

Clarke fa un passo esitante in avanti, distendendo in avanti una mano aperta. Lexa la guarda intensamente mentre si avvicina, ma non fa una mossa per fermarla.

Quando Clarke preme la mano sul petto di Lexa, nello spazio in cui si trova il suo cuore, non sente un battito. Lexa è fredda sotto le sue dita, senza alcun battito cardiaco - inspiegabilmente ancora morta.

Ma Clarke può davvero toccarla, ed è quello che conta di più in questo momento.

"Io...ma- cosa...come-"

Il sorriso di Clarke si allarga all'insolita balbuzie di Lexa.

"Invia i tuoi ringraziamenti alla professoressa Cartwig" dice, gli occhi che si abbassano per tracciare la forma solida di Lexa in apprezzamento.

Lexa emette una risata incredula. "Clarke, ti rendi conto..."

Clarke la interrompe con voce ferma. "Lexa, se non mi baci nei prossimi tre secondi, giuro che-"

C'è qualcosa che assomiglia a meraviglia negli occhi di Lexa. Questo è tutto ciò che Clarke ha la possibilità di vedere prima che Lexa si sporga in avanti, e tutti i pensieri che non sono la sensazione delle labbra di Lexa - le sue labbra; solide, morbide e sincere - volano dritti fuori dalla finestra.

Clarke spinge Lexa all'indietro, le loro bocche ancora unite - perché è una cosa che possono fare ora - e la spinge attraverso la tenda. Continua a camminare finchè le gambe di Lexa non colpiscono il letto - un'aggiunta dell'ultimo minuto a cui Clarke è molto grata in questo momento - e il fantasma cade sulle coperte con un 'whoosh'.

Lexa interrompe il bacio con una risata di pura gioia. Si prende un momento per far scorrere le mani sulle lenzuola spiegazzate. Clarke semplicemente si mette a cavalcioni su di lei, guardando la ragazza con un sorriso dolce. L'attenzione di Lexa alla fine ritorna a Clarke, guardandola con occhi spalancati e meravigliosi.

Clarke ha l'impressione che lo sguardo di Lexa sia penetrante, in cerca di qualcosa nei suoi stessi occhi. Si chiede cosa stia cercando, e quando l'espressione di Lexa si scurisce, Clarke pensa di avere la sua risposta.

Il fantasma infatti sorride debolmente. Lexa le si avvicina con un'incertezza e una tenerezza che manda una fitta al cuore di Clarke.

Clarke le prende delicatamente la mano e la tiene ferma sulla sua guancia.

"Posso sentirti" sussurra Lexa, strofinando il pollice sulla pelle di Clarke.

Clarke si rilassa nei leggeri tocchi che danzano sul suo corpo mentre Lexa si abitua alla sensazione del proprio corpo e della capacità di sentire. Non fanno niente di più che baciarsi, ma Clarke non si è mai sentita più contenta.

***

"Wow, hai davvero portato la vestaglia con te."

Lexa si distende sul suo letto con le dita intrecciate dietro la testa, indossando solo la veste color smeraldo della notte in cui si sono incontrate per la prima volta. Clarke non può fare a meno di leccarsi le labbra improvvisamente secche.

"Certo" dice Lexa con un leggero cipiglio. "Perché avrei dovuto mentire?"

Clarke scuote la testa con una risata. "Non ti stavo accusando, Lex. Ma se ti è sembrato il contrario, sarò lieta di scusarmi."

Avanza verso la ragazza dagli occhi verdi facendole un occhiolino malizioso. Lexa la guarda con gli occhi spalancati mentre Clarke striscia sul suo corpo e si ferma a pochi centimetri dalle sue labbra, in attesa.

Non deve stare lì a lungo. Lexa reagisce rapidamente, inclinandosi e unendo le loro bocche insieme in un bacio caldo. Clarke sente la lingua di Lexa sfiorare l'apertura delle sue labbra e poi improvvisamente Lexa è ovunque, mani calde che afferrano la pelle sotto i vestiti e una coscia premuta tra le sue gambe.

"Clarke" mormora Lexa tra i baci. Clarke a malapena riesce ad annuire. "Come ti scuserai se le tue labbra non lasciano mai le mie?"

"Oh, smettila di rompere" Clarke ridacchia contro la sua bocca. "Queste sono le mie scuse."

Sente Lexa sorridere mentre la bacia e dice "In tal caso, scuse accettate."

***

Ben presto, arriva il momento delle vacanze estive, e questo significa tornare a casa. Clarke è a casa seduta sul suo letto, leggendo l'ultima lettera di Lexa con un sorriso e riflettendo su cosa risponderle.

Scopre che non ha bisogno di prendere una penna per portare il suo messaggio a Lexa, perché la ragazza si materializza proprio ai piedi del suo letto.

"Questa è un sorprendente inversione di ruoli. Che cosa è successo al scriversi le lettere a vicenda?" Dice Clarke, sventolando la lettera aperta nella sua mano. "Non ho ancora risposto all'ultima che hai mandato."

Lexa si stringe nelle spalle, ma lo fa con un sorriso a bocca chiusa. "Volevo vederti."

"Non ci siamo viste per una settimana" dice divertita Clarke.

"Una settimana troppo lunga" scherza Lexa, inginocchiandosi sul letto e avvicinandosi lentamente all'altra ragazza.

Clarke ripiega la lettera e la getta sul comodino con una risata. "Che dolce. Scommetto che ci sai fare con le signore."

"C'è solo una donna che mi interessa, ed è particolarmente ottusa nel comprendere il motivo per cui sono nella sua camera da letto" dice Lexa, fermandosi con il viso a pochi centimetri da quello di Clarke.

"Mia madre è di sotto" sussurra Clarke, osservando lo sguardo di Lexa guizzare tra i suoi occhi e la sua bocca.

"Non è rimasta a Hogwarts?" Chiede Lexa piano, lanciando un'occhiata verso la porta chiusa.

"Anche il personale ha bisogno di vacanze" sottolinea Clarke.

Lexa accetta la spiegazione con un cenno del capo. Senza rompere il contatto visivo, tira fuori la sua bacchetta dalla cintura e la punta alla porta.

“Muffliato!”

Clarke la ferma prima che riesca a riporre la sua bacchetta in tasca, e Lexa le rivolge uno sguardo interrogativo. Clarke sorride.

"Che senso ha rimetterla via quando comunque ti toglierò tutti i  vestiti di dosso?"

***

Octavia le chiede il perchè di quel sorriso che proprio non riesce a togliersi dalla faccia non appena si siede a colazione il mattino dopo, ma Clarke non risponde. Neanche cinque minuti dopo le pone la stessa domanda, ma Clarke è occupata a scansionare il tavolo Serpeverde in cerca di un familiare luccichio grigio-argenteo. L'incantesimo sostanziale aveva mantenuto Lexa in forma solida solo per poco più di un'ora la scorsa notte, quindi era tornata alla sua forma spettrale ora.

Non importa nemmeno che i vividi sogni che Clarke ha su Lexa non siano reali, non più; non ora che ha capito come riportarla indietro, anche se solo per poco tempo alla volta.

"Sembra che qui gatta ci covi..." Octavia alla fine mormora a Raven, dopo che la sua domanda è rimasta senza risposta per la terza volta.

Clarke è così assorta che non riesce nemmeno a replicare.


 
Note traduttrice:
Eccoci di nuovo qui finalmente! Scusate se non ho pubblicato prima, ma appena sono tornata dalle vacanze tutto quello che mi ero lasciata alle spalle mi ha investita in pieno e ci ho dovuto fare i conti...
Volevo dirvi che ho letto e ho risposto a tutte le vostre recensioni e sono molto felice che la storia vi piaccia :) Entro la fine della prossima settimana dovrei pubblicare gli ultimi due capitoli quindi direi che siamo proprio agli sgoccioli, spero che voi sarete ancora qua per leggerli. Grazie ancora a tutti quanti, sia da parte mia che dell'autrice :D

 

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Capitolo 6
*** (just about the time the shadows call) i undress my mind and dare you to follow ***


Capitolo 6

 
Ci sono mille cosa che potrebbe fare con Lexa ora che può toccarla, ma tutto ciò che Clarke vuole fare è tenerle la mano. Aveva dato per scontato il senso del tatto finché non fosse arrivato il fantasma, e ora il più innocente dei gesti è tutto ciò di cui ha bisogno per sentirsi soddisfatta.

È una cosa strana, pensa Clarke, essere contenta del semplice contatto della pelle contro pelle. Ma onestamente a lei non interessa altro che intrecciare le loro dita e stare con Lexa per il resto della notte, ed è felice che adesso stiano facendo esattamente questo.

Sono di nuovo nella Stanza delle Necessità, con un letto e quattro mura che le circondano. Ci sono alcune candele sparse nello spazio per l'insistenza di Lexa - "Le luci dal soffitto sono troppo forti e le torce a parete sono arcaiche; le candele creano un ambiente caldo e forniscono una quantità adeguata di illuminazione. Sono la scelta logica, Clarke."- di cui Clarke si assicurò di aggiungere alle istruzioni per la disposizione della stanza.

Ne è valsa la pena, naturalmente, vedere il tenero sorriso di Lexa immerso nella morbida luce delle candele.

"Perché resti qui, a Hogwarts?" Chiede Clarke mentre gioca con le fredde dita di Lexa.

(Questa è una cosa a cui aveva dovuto abituarsi. Lexa è percettibile in questi momenti - quasi salda sotto il suo tocco - ma la sua pelle è perennemente fredda, un promemoria pungente che anche se è qui ed è reale, è ancora morta.)

Anche se Clarke spera in una risposta da Lexa, non se ne aspetta una; l'ultima volta che ha iniziato questo particolare discorso, Lexa l'ha chiuso quasi immediatamente. È ovvio che Clarke è piacevolmente sorpresa quando il fantasma le offre una vera risposta.

"Appartengo a questo posto" dice Lexa semplicemente. Guarda come Clarke continua a giocare con la sua mano, ancora affascinata dal contatto dell'altra ragazza.

"Non hai mai voluto avventurarti lontano dal castello? Per esplorare le meraviglie del mondo?" Chiede Clarke con un piccolo sorriso e le sopracciglia alzate.

"È qui che si trova la mia casa adesso" dice Lexa, i suoi occhi guizzano per incontrare quelli di Clarke prima di tornare a guardare le loro dita intrecciate. "Non desidero essere da nessun'altra parte se non qui."

Le guance di Clarke si scaldano per l'implicazione, e nasconde la faccia nel cuscino per cercare di nascondere il rossore. Con la coda dell'occhio, vede Lexa che sorride al soffitto.

"Che ore sono?" Chiede Lexa alla fine, rompendo il silenzio.

Clarke le alza il polso per controllare l'orologio. "Appena le undici passate."

"Dovresti tornare al tuo dormitorio" dice Lexa, anche se Clarke riesce a sentire un accenno di riluttanza nel suo tono. "Octavia si aspetta che torni tra poco."

"Non voglio lasciarti" dice Clarke, trattenendo a malapena un lamento petulante. Fa scorrere le dita verso l'alto e sopra il braccio nudo di Lexa; non riesce a vedere la pelle d'oca, ma può certamente sentirla. Sorride tra sè e sè. "È già tardi, non posso restare ancora un po'?"

Lexa emette una risata. "L'ultima volta che l'hai detto, sei rimasta fino all'alba. Octavia ha mandato una squadra di ricerca per il castello perché non sei tornata nella tua stanza entro la mezzanotte, come le avevi promesso."

"Si preoccupa troppo" dice Clarke in tono sprezzante.

Si trascina in avanti finché non riesce a seppellire la faccia nell'incavo del collo di Lexa, e sospira contenta. All'inizio il fantasma è rigido - Clarke è preoccupata che abbia in qualche modo attraversato casualmente una linea - ma alla fine si rilassa e allunga una mano gentile sulla vita di Clarke.

"Si preoccupa per una buona ragione" commenta Lexa, quando entrambe sono a loro agio nella nuova posizione. "È divertente - ti comporti come se non avresti fatto la stessa cosa se le carte fossero state girate."

"Sì, beh..." Clarke si allontana, incapace di trovare una contro-argomentazione. Lexa non dice nulla, ma sa comunque che il fantasma ha sollevato un sopracciglio sapiente. "Sta' zitta."

"Non ho detto niente, Clarke" dice Lexa, in modo un po' canzonatorio. "Forse dovresti farti controllare le orecchie."

"Stai facendo la stronza" Clarke si lamenta nel collo di Lexa. Il suono vibra contro la pelle di Lexa, che rabbrividisce leggermente. Clarke sogghigna pigramente alla reazione.

"Ti stai comportando in modo infantile" dice Lexa, dopo essersi rilassata di nuovo.

Clarke sospira e sprofonda ulteriormente nell'incavo del collo di Lexa. "Puoi biasimarmi per voler passare tutto il tempo con te?"

Lexa fa una pausa. Poi dice "A rischio di sembrare presuntuosa...abbiamo il resto della tua vita da trascorrere insieme. Sono sicura che possiamo gestire una notte separate."

Clarke si congela sul posto. Non si rende conto di star trattenendo il respiro. Lexa reagisce rapidamente, togliendole la mano dalla vita e spostandosi all'indietro per dare spazio all'altra ragazza.

Quando Clarke finalmente si ricompone, si rende conto che non si stanno più toccando in alcun modo. Lexa la sta fissando con occhi lucidi, pieni di preoccupazione e apprensione, come se stesse aspettando una brutta reazione.

Clarke sente il suo battito pulsare nelle sue orecchie. Questo bellissimo enigma di una ragazza ha appena dichiarato di essere sua. Lexa è sua e lo sarà per sempre. Clarke vorrebbe piangere per la tenerezza di tutto questo.

"Intendi davvero quello che hai detto?" Chiede alla fine, quando è sicura che qualche lacrima sia stata tenuta a bada. "Stare per sempre con me, intendo."

"Anche se avessi cento altre scelte, sceglierei comunque te" dice Lexa sottovoce.

Gli occhi del fantasma guizzano verso il suo stesso corpo, ma Clarke è troppo occupata a fissare le sue labbra per notarlo. Avvicina Lexa a sè, disperata per mostrarle che in ogni vita, in ogni universo, anche lei la sceglierebbe.

Si baciano fino a quando Lexa diventa di nuovo incorporea, quando Clarke finalmente se ne va.

***

Non si rende conto fino a che non si è sistemata a letto, dopo aver dato un'occhiata ad Octavia e averle detto che era tornata, di quello che ha detto Lexa.

Abbiamo il resto della tua vita da trascorrere insieme.

Clarke si stringe petto dolorante e, per la seconda volta quella notte, cerca di non piangere.

***

"Reducto!" Esclama Octavia, puntando la sua bacchetta verso l'enorme topo che gli era stato assegnato dalla professoressa Cartwig.
Il topo rimane delle stesse dimensioni - cinque volte più grande di quanto dovrebbe essere - e si blocca sulla scrivania per esaminare i libri di testo accatastati sull'angolo. Octavia ripete risoluta l'incantesimo. Quando rifiuta di rimpicciolirsi, punta ostinatamente il topo con la punta della sua bacchetta.

Lo sguardo di Clarke vaga pigramente sui suoi compagni dopo il terzo tentativo fallito di Octavia, finché non coglie un paio di taglienti occhi marroni attraverso la stanza. Rivolge immediatamente la sua attenzione alla sua amica.

"Lo sta facendo di nuovo" sussurra Clarke, sgomitando il fianco di Octavia.

Octavia aggrotta la fronte e scuote leggermente le spalle, ma non distoglie lo sguardo da dove continua a praticare l'incantesimo restringente. Solitamente, Clarke avrebbe ammirato la sua dedizione a provarci ancora, ma ora ha un problema più pressante a portata di mano.

"Anya mi sta fissando di nuovo" ripete Clarke. "E per favore non dirmi che è stata una coincidenza - ha cercato un contatto visivo diretto e non ha nemmeno provato a distogliere lo sguardo."

"Forse è stata una coincidenza" dice comunque Octavia, ignorando completamente le sue parole. "Alcuni Serpeverde sono così raccapriccianti. Comunque, non è che da lei ci si possa aspettare qualcosa di diverso."

La professoressa Cartwig comincia a spiegare dalla parte anteriore della stanza, impedendo in modo efficace a Clarke di lamentarsi di quanto Anya sia intimidatoria. L'interruzione funziona a suo favore però - Anya smette di fissarla per prestare attenzione alla loro insegnante, e non si guarda più indietro.

***

Clarke pensò di essere libera, ma Anya si avvicina alla sua scrivania alla fine della lezione, quando tutti gli altri stanno uscendo fuori dalla porta.

"Dobbiamo parlare" dice Anya senza mezzi termini. I suoi occhi guizzano verso Octavia. "Da sole."

Anche se la sua voce è monotona, i suoi occhi sono tutt'altro. Clarke è onestamente un po' terrorizzata da Anya, con il suo atteggiamento assurdo e la sua reputazione di leader dell'intera casa dei Serpeverde. Clarke guarda Octavia - la più Grifondoro di tutti i Grifondoro, la ragazza che probabilmente potrebbe fissare la morte in faccia e sopravvivere per raccontarlo - ed è inorridita nel vedere che la ragazza acconsentire.

Dopo che Octavia impacchetta la sua roba, rivolge ad Anya un ultimo sguardo - Clarke non riesce a leggere la sua espressione - e Anya risponde con un rigido cenno del capo. Clarke non capisce nessuna parte della conversazione silenziosa che è appena accaduta, ma guarda Octavia allontanarsi con Lincoln, che a quanto pare la sta aspettando vicino alla porta.

Sono sole ora. Clarke ammette di essere un po' nervosa, ma cerca di non mostrarlo.

"Devi stare lontana da lei" dice Anya senza preamboli.

"Chi, Octavia?" domanda Clarke, lanciando un'occhiata alla porta ora vuota dove la sua amica si trovava qualche attimo prima. "La vedo difficile, visto che dormiamo nella stessa stanza."

Decide che non le piace dover guardare Anya dal basso, quindi si alza dal suo posto. Anya è più alta di lei anche stando in piedi, ma Clarke si sente comunque più autoritaria. La ragazza Serpeverde alza gli occhi a dimostrare l'ovvio, e Clarke ha la decenza di provare imbarazzo.

"Sto parlando di Lexa" spiega Anya.

Clarke quasi si lascia abbindolare, ma si riprende all'ultimo secondo. Non sa come Anya sa di lei e Lexa, ma pensa che fingere l'ignoranza sia la migliore cosa da fare.

"Chi è Lexa?"

Anya emette un grande sospiro. Clarke giura di poter sentire le onde di fastidio che si irradiano da lei.

"Entrambe sappiamo che non sei mai stata la stereotipata bionda stupida, Griffin, quindi non fingere con me. Ho cose migliori da fare che rimettere i pezzi a posto quando le cose andranno inevitabilmente male."

Clarke è davvero perplessa ora. Che cosa potrebbe andare storto? E perché Anya sarebbe stata la persona ad aiutarla?

"Di cosa stai parlando?" Chiede confusa.

"Lexa" risponde Anya esasperata. "Devi smettere qualsiasi cosa tu stia facendo con lei, perché finirai per peggiorare le cose."

Clarke si acciglia. "Peggiorare le cose per lei, o per me?"

Anya emette un altro sospiro, e Clarke vede un lampo nei suoi occhi, qualcosa di più profondo dell'irritazione che sta chiaramente provando.

"Potresti non crederci, ma non sono una masochista. Neanche io voglio che tu ti faccia male. Questa cosa tra te e Lexa...vi distruggerà entrambe."

Clarke non sa cosa dire.

"Quindi sei d'accordo allora" dice Anya, con un tono che indica che la conversazione (se così si può chiamare così) è finita. "Metterai fine a questa cosa con Lexa."

Clarke continua a non sapere cosa dire. Anya però prende il suo silenzio come un'affermazione e si gira verso la porta. Prima che possa andare troppo lontano, Clarke chiama il suo nome.

Quando Anya si ferma, Clarke chiede "Perché ti importa?"

"Contrariamente alla credenza popolare, il mondo non ruota intorno a te" dice Anya, franca come sempre. "Non sei l'unica i cui sentimenti contano."

È una non-risposta, ma Clarke non insiste ulteriormente. Ha la sensazione che Anya la maledirebbe piuttosto che parlare dei propri sentimenti. Clarke la lascia andare senza ulteriori domande e inizia a mettere i libri nella sua borsa. Solo quando sente avvicinarsi dei passi si rende conto che non è sola come pensava.

"Sembrava una conversazione piuttosto intensa" dice preoccupata la professoressa Cartwig. "Stai bene?"

Clarke annuisce solo perché sa che la sua voce l'avrebbe probabilmente tradita. Callie non sembra convinta, ma sembra capire che Clarke non vuole parlarne. L'insegnante fa un sorriso comprensivo e dice a Clarke di andare a pranzo, invitandola ad uscire dall'aula.

***

Lexa di solito si siede al tavolo di Serpeverde durante i pasti, a fissare le porte e aspettando che Clarke entri. Non si sono mai sedute insieme, naturalmente, ma Lexa aveva ammesso che non avrebbe sprecato neanche la minima occasione per stare vicino a Clarke.

(Clarke scherzò sul suo comportamento quasi da stalker, ma in fondo era affezionata alla devozione di Lexa.)

Clarke arriva fuori dalla Sala Grande e, proprio come spera, Lexa la nota. Il fantasma si alza dal suo posto e fluttua direttamente verso la porta, passando attraverso qualsiasi cosa e chiunque si trovi tra lei e Clarke. Clarke fa una smorfia alla manciata di persone al tavolo di Corvonero che purtroppo siedono sul 'cammino' di Lexa; sa bene che la sensazione dell'acqua ghiacciata non è piacevole.

Si allontana dalla Sala d'Ingresso e su per la Grande Scalinata, sapendo che Lexa la sta seguendo. Si ferma al primo piano e cammina lungo il corridoio finché non raggiunge un'aula inutilizzata. Come previsto, l'aula - trasformata in un magazzino, se le pile di libri di testo polverose sono un indizio - è vuota. Chiude la porta dietro di sè e aspetta.

Lexa è a malapena a metà della porta - letteralmente - quando Clarke parla.

"Come fa Anya Greene a sapere di noi?"

Per la prima volta che Clarke riesce a ricordare, Lexa sembra stordita.

"Pensavo che nessuno fosse autorizzato a saperlo" dice Clarke con le sopracciglia corrugate. "Non ne abbiamo mai parlato veramente, ma è sicuramente ciò che ho capito dal modo in cui sono clandestini i nostri incontri."

"Anya è mia amica" spiega Lexa. La sua voce è calma, ma Clarke la conosce abbastanza bene da vedere che è nervosa. "E' un'eccezione."

Clarke cerca di controllare le sue emozioni, ma non può evitare di esplodere.

"Perché io non sapevo che lei fà da eccezione? Perché la tua amica può saperlo, ma i miei amici no?"

Clarke pone la domanda anche se è convinta che i suoi amici non reagirebbero bene alla notizia. Non capisce ancora il perché, e tutto sta diventando ancora più complicato per renderla confusa, arrabbiata e ferita. In questo momento, vorrebbe solo sbattere i piedi ed esprimere una parte della sua indignazione che continua a ribollere.

Aggiunge amaramente "Non sapevo nemmeno che avevi degli amici qua attorno."

Lexa sembra sconvolta, e in qualche modo rende Clarke ancora più seccata.

"Clarke-" inizia Lexa, ma Clarke la interrompe.

"Sai cosa?" Dice Clarke, improvvisamente incapace di incontrare gli occhi di Lexa. "Non posso farcela adesso. Devo andare -  ho lezione o una cosa del genere."

Mentre percorre il corridoio, Clarke pensa che quella sia stata la prima volta in cui si è ritrovata a lasciare volontariamente Lexa.

***

È l'estate prima del settimo anno e Clarke e Lexa e i loro amici stanno passando una settimana nella spaziosa proprietà dei Blake. Clarke e Lexa si offrono di allestire il campo di Quidditch di fortuna nel cortile di casa mentre tutti gli altri aiutano i genitori adottivi di Octavia e Bellamy a ripulire dopo pranzo.

Naturalmente, una volta che Clarke e Lexa finiscono di preparare il campo, cercano di approfittare del fatto che sono sole per la prima volta da giorni.

La mano di Lexa è nei suoi pantaloni, due dita incurvate dentro di lei. Clarke dovrebbe sentirsi a disagio perché è fuori all'aperto, tra i cespugli vicino al campo dietro la casa, a fare sesso sfrenato mentre aspetta che i loro amici si presentino. Invece, è persa nel suo piccolo mondo, dove tutto ciò che riesce a percepire è il tocco di Lexa.

"Proprio lì" geme Clarke, senza nemmeno cercare di abbassare la voce; ormai è andata troppo in là per quello. "Lex, ahh- Sto per-"

"Ricordare questo per il resto della tua vita? Perché di sicuro io lo farò " dice una voce decisamente non di Lexa.

Lexa toglie bruscamente la mano dai pantaloni di Clarke, la quale gira la testa per trovare la fonte dell'interruzione. Raven, Octavia, Bellamy e Wells sono in piedi sul campo con le loro scope in mano. Raven la guarda per tre secondi prima di scoppiare a ridere, mentre Bellamy e Wells hanno cortesemente distolto lo sguardo. Octavia sta dando loro uno sguardo sorpreso, come a dire "Qui? Veramente?"
Clarke si abbottona velocemente i pantaloni e si liscia i capelli mentre cammina fuori dai cespugli verso il campo. Lexa segue senza dire una parola, e Clarke la sorprende mentre di nascosto si strofina le dita sul retro dei pantaloni prima di afferrare la sua scopa, che aveva gettato sul campo poco prima.

Anche Raven aveva notato il gesto, se la sua risata improvvisa poteva essere un'indizio. Le punte delle orecchie di Lexa divennero rosse e, ignorando il piccolo pubblico, Clarke preme un bacio gentile alll'angolo della sua bocca. Immagina che non abbia senso nascondersi ora, considerando quello che avevano già visto.

Lexa si rilassa leggermente e Clarke si rivolge ai loro amici.

"Non potete dirlo a nessuno" dice con serietà.

Raven ridacchia. "Mi dispiace informarti principessa, ma lo sanno già tutti."

"Cosa intendi per tutti?" Chiede Lexa corrugando la fronte, parlando per la prima volta.

Raven, forse rendendosi conto della gravità della situazione, risponde seriamente. "Noi quattro, più Jasper e Monty."

"Come l'avete scoperto?" Chiede Clarke accigliandosi.

"Il bagno dei prefetti" dice Ottavia sottovoce. "Stavo usando il bagno nel corridoio della stanza principale, quando siete arrivate. Ho dovuto nascondermi nei gabinetti per un'ora mentre voi...beh avete capito."

"Mi ero chiesta perché l'avessi trovato chiuso quella volta, e perché la vasca fosse già stata riempita. Pensavo fossi arrivata prima" dice Lexa a Clarke, che scuote la testa.

"Dovresti davvero controllare che una stanza sia vuota prima di iniziare a usarla" continua Wells con una smorfia. "Ero nell'edificio annesso alla biblioteca quando avete deciso di...si. Non mi avete notato perché eravate troppo occupate a togliervi i vestiti di dosso."

A questo punto, Clarke si porta le mani sul viso per nascondere le sue guance arrossite. Lexa è altrettanto agitata, ma Clarke può sentire la sua presenza sicura accanto a lei, rifiutandosi ostinatamente di mostrare quanto sia mortificata.

Bellamy si schiarisce la voce. "Io e Raven eravamo, uh..."

"Ah, che schifo" mormora Octavia quando si rende conto a cosa stia alludendo.

Bellamy alza gli occhi quando sua sorella inizia a fingere di vomitare. "Ho dei bisogni, O. Inoltre, Raven e io abbiamo un accordo..."

"Ad ogni modo" dice Raven ad alta voce sovrastando la voce di Bellamy. "Torniamo al punto. Eravamo nell'Armeria quando sentimmo dei rumori provenienti dal corridoio, nella Sala dei Trofei."

"E noi eravamo lì, ovviamente" finisce Lexa. "Abbiamo pensato che nessun altro sarebbe stato in giro a quell'ora."

"Le grandi menti pensano allo stesso modo, ovviamente" dice Raven ammiccando. Octavia continua a far finta di vomitare in sottofondo.

"Che mi dici di Jasper e Monty?" Chiede Clarke, anche se ammette che ha quasi paura di scoprirlo - le storie di tutti sono state imbarazzanti finora, ma sa che potrebbe sempre peggiorare.

Per fortuna, non è così. È comunque imbarazzante, ovviamente, ma non più delle altre storie.

"Conservano il loro Moonshine nella rimessa delle barche perché nessuno vi si reca mai, non dopo della festa di inizio lezioni" spiega Octavia.

"Tranne noi, quella volta" dice Lexa, chiudendo gli occhi esasperata. "Perché c'erano persone in entrambi i nostri dormitori."

Clarke raggiunge la mano libera di Lexa e la stringe in modo confortante.

"Voi ragazze fate schifo a tenerla nei pantaloni" commenta Raven inutilmente.

Octavia decide di avere pietà di loro, e apre la strada verso il centro del campo con una Pluffa battuta sotto il braccio. "Forza innamorati, mostraci quanto sei forte in squadra..."

"Aspetta, voi ragazzi non avete ancora iniziato?" Chiede Anya ad alta voce, mentre lei e Lincoln entrano in campo con le scope in mano, in ritardo per essere arrivati alla proprietà dei Blake solo un'ora fa e scomparendo dopo pranzo per disfare i bagagli.

"Abbiamo avuto una, uh...un'imprevisto" risponde Wells diplomaticamente.

Raven, tuttavia, non ha un tale tatto. "Lo sapevevate, vero?" Chiede ad Anya e Lincoln.

A quanto pare, Anya non ha bisogno di alcun contesto perché la domanda abbia un senso. Ridacchia e guarda Clarke e Lexa.

"E chi non lo sa?"

Quando la mascella di Lexa cade, Lincoln si affretta a rassicurare sua cugina. "Quello che intende dire è che tutti nella nostra cerchia di amici lo sanno, ma nessun altro oltre a noi. Va tutto bene, Lexa. Non lo sanno."

Per la prima volta da quando Clarke l'ha incontrata, Anya sembra dispiaciuta. "Lincoln ha ragione. Intendevo che tutti i nostri amici lo sanno. Nessun altro, okay?"

Percependo il crescente disagio di Lexa ma non sapendo come consolarla di fronte a tutti, Clarke è grata quando Octavia parla.
"Restiamo a parlare tutto il giorno o giochiamo a Quidditch?"

Lexa fa un cenno di approvazione a Octavia e Clarke le rivolge un sorriso di gratitudine.

"Non abbiamo abbastanza persone per due squadre complete, quindi  giocheremo solo con una Pluffa - senza Bolidi e Boccino. Dovranno esserci tre cacciatori per ogni parte, più un custode. La prima squadra che arriva a cinquanta punti vince" spiega Octavia. "Avanti, dividetevi in squadre - il gioco non si giocherà da solo!"

***

"Dobbiamo stare più attente" dice Lexa sbadigliando, avvolgendo il suo braccio intorno al bacino di Clarke mentre si sdraiano sul letto.

"Tutti i nostri amici lo sanno ora."


Clarke può capire dalla tensione nel suo abbraccio che Lexa è più ansiosa di quanto stia dando a vedere.

"Sei preoccupata per come hanno reagito prima?" Chiede Clarke, picchiettando con la mano sulla sua pancia finché Lexa non allarga le dita e Clarke riesce ad intrecciarle con le sue. "Perché hanno fatto cambiare tutte le stanze in modo da farci avere la più grande. È anche la stanza più lontana dalle altre, quindi avranno avuto i loro motivi se ce l'hanno lasciata, ma sono sicura che tu sia d'accordo che questo è molto meglio che dormire separate."

Lexa sospira e spinge il suo naso contro la parte posteriore della testa di Clarke. "Non è quello di cui sto parlando."

"Lo so" dice piano Clarke. "Mi sto solo assicurando che tu capisca: sono ancora nostri amici e ci copriranno le spalle. Non lo diranno a nessuno."

Non può vedere la faccia di Lexa, ma può immaginare che la ragazza abbia un'espressione dubbiosa.

"Mi fido di loro" dice Clarke seriamente. "Tu ti fidi di me?"

"Certo" Lexa risponde senza esitazione. Con l'aria di qualcuno che sta leggendo una lista della spesa, aggiunge: "Mi fido di te, tu ti fidi di loro, sono nostri amici, non lo diranno a nessuno."

"Dillo con un po' più di sentimento la prossima volta" dice scherzando Clarke.

Lexa grugnisce e lascia cadere la fronte sul collo di Clarke. Clarke ride e strofina il pollice sul dorso della mano di Lexa.

"Sto solo scherzando" dice dolcemente Clarke, quando sente il respiro di Lexa sul suo collo. "So che lo pensi davvero."

Lexa non risponde. Clarke pensa che potrebbe essersi addormentata, ma poi sente Lexa muovere la testa e premere un bacio assonnato sulla sua spalla.

"Mi fido di te" Lexa borbotta contro la pelle di Clarke, prima che la sua testa ritorni al cuscino e si addormenti sul serio.

***

Più tardi quella notte, Clarke si sveglia con un mal di collo e della bava all'angolo della bocca. La asciuga con una smorfia e si alza dalla posizione fetale che aveva ssunto sul divano. Distende la schiena con un grugnito, attirando l'attenzione di Octavia su di lei, che le offre un piccolo sorriso dall'altra parte del divano.

Clarke prova a ricambiare il sorriso, ma il sogno è ancora vivo in fondo alla sua mente.

Si rivolge agli altri suoi amici, che sono profondamente assorti negli scacchi magici, e chiede: "Ragazzi, avete lasciato che mi addormentassi?"

Raven si stringe nelle spalle, senza distogliere gli occhi dai pezzi bianchi e neri che si trovano tra lei e Bellamy. "Sembrava che ne avessi bisogno."

"Grazie" dice ironicamente Clarke.

Solleva l'orologio per controllare l'ora e vede che sono già le 22:30. Quasi le viene un colpo.

"Oh cazzo- ragazzi, state violando il coprifuoco! E dov'è andato Wells? Siamo in ritardo per la nostra pattuglia notturna!"

"Per la barba di Merlino...quanto tempo hai dormito?" Chiede Bellamy scoppiando a ridere, gli occhi ancora concentrati sulla scacchiera.

"Siamo nella Stanza delle Necessità, ricordi? Nessuno può trovarci a meno che non siamo noi a volerlo."

"Che mi dici di Wells?" Insiste Clarke. "Perché è andato via? Ha dimenticato che dovevamo fare la pattuglia insieme stasera?"

"Ha detto che avrebbe trovato un prefetto per coprire il tuo turno" la informa Raven, prima di abbaiare un altro ordine ai suoi scacchi.

Bellamy grugnisce e Raven bate i pugni sul tavolo mentre il suo cavaliere trascina la torre rotta fuori dal tabellone.

"Cosa c'è che non va?" Chiede Octavia silenziosamente, avvicinandosi a Clarke sul divano. "Di solito non sei così preoccupata per il rischio di essere scoperti fuori dal letto dopo il coprifuoco."

Clarke apre la bocca con l'intenzione di dire qualcosa, ma non sa cosa. Storia della mia vita ultimamente, pensa cupamente. Chiude gli occhi e sospira. Quando li riapre, Octavia la sta fissando preoccupata.

"Non è niente" dice Clarke stancamente. "Ho appena fatto un sogno strano."

"Sei sicura che sia tutto?" Chiede Octavia.

Clarke annuisce. Non è poi del tutto una bugia, comunque.

***

Clarke è riluttante a lasciare i suoi amici, ma le assicurano che staranno bene.

"Ci sono dei tunnel per le stanze comuni di Corvonero e Serpeverde come l'ultima volta, e Octavia dovrebbe fare fatica ad arrivare alla Torre Grifondoro da qui, purché resti nell'ombra."

"Possiamo sopravvivere senza di te per una notte, Griffin."

"Vai a riposarti, Clarke. Tornerò presto al nostro dormitorio."

Naturalmente, Clarke non torna nella loro stanza del dormitorio. Deve a qualcuno delle scuse, e sa che non sarà in grado di dormire bene fino a quando non avrà sistemato la faccenda.

Come sempre, trova Lexa nella Torre di Astronomia. Sta in bilico davanti alla finestra, quasi trasparente nella bianca luce lunare. Lexa si gira e fissa Clarke mentre entra dalla porta. Clarke si ferma accanto a lei e guarda verso le stelle, cercando di mettere le parole in ordine nella sua testa prima di parlare.

Lexa la batte sul tempo.

"Mi dispiace" dice dolcemente. "Avrei dovuto chiedere prima di dirlo ad Anya."

Clarke annuisce, accettando le scuse. Poi ammette: "Dispiace anche a me. Non avrei dovuto reagire in quel modo."

"Posso chiederti perché eri così arrabbiata?" Domanda Lexa gentilmente.

Clarke non dice nulla, non perché non lo voglia, ma perché non conosce davvero la risposta.

"Eri gelosa?" Prova Lexa. Poi aggiunge frettolosamente: "Perché posso assicurarti che Anya è solo un'amica".

"Non ero gelosa" dice Clarke, scuotendo la testa. "Penso...penso che potrebbe avere qualcosa a che fare con noi."

Lexa aggrotta le sopracciglia, e Clarke dovrebbe essere cieca per non vedere il dolore che le attraversa gli occhi.

Le chiede tranquillamente "Stai ripensando al fatto di stare con me?"

"Che cosa? No, certo che no! "Esclama Clarke.

Cerca di afferrare la mano di Lexa, ma dimentica che Lexa è un fantasma in questo momento, e le sue dita passano solo attraverso uno strato di freddo pungente. Lexa mugola alla vista e il suono scatena un dolore nel cuore di Clarke.

"Lexa, non mi pento di quello che c'è tra noi, non ha nulla a che fare con te. Io solo..." Clarke fa una pausa per pensare, non volendo fornire una risposta sbrigativa. Sospira quando finalmente si rende conto del motivo per cui si è arrabbiata. Quindi confessa: "Odio dover nascondere ciò che provo per te."

"Clarke..." il tono di Lexa è dispiaciuto, e Clarke lo interrompe prima che lei possa provare a scusarsi per qualcosa di cui non ha alcun controllo.

"Lo so, Lexa. Lo so che non posso dirlo ai miei amici, e so che c'è una buona ragione per questo. Non ti è permesso dirmi il perché, perché sei legata all'obbligo, questo lo so" assicura Clarke. Sorride tristemente prima di continuare "Ma solo perché lo so, non significa che capisco. Odio il fatto di non capire. Odio che non mi sia nemmeno permesso di capire."

"Non so cosa vuoi che ti dica" ammette Lexa, dopo un pesante momento di silenzio. "Vorrei poter cambiare le circostanze, ma non posso."

Clarke sospira e dice: "Le cose sono come sono, suppongo."

"Mi prometti una cosa?" Chiede Lexa all'improvviso.

Clarke alza le sopracciglia. "Dipende da cos'è."

"Se le cose si fanno troppo difficili" dice Lexa seriamente. "Promettimi che mi lascerai andare."

Clarke rimane zitta per un momento mentre cerca di elaborare la richiesta.

"Perché dovrei farlo?" Chiede alla fine, mascherando a stento la sua confusione. "Non è questa l'antitesi di ogni buona relazione? Non dovremmo combattere l'una per l'altra quando le cose si fanno difficili?"

Lexa intreccia le dita in un'insolita manifestazione di ansia quando risponde. "Capisco che è una strana richiesta. Ma la nostra relazione è...diversa. E perciò ha senso che lo siano anche le condizioni. Io sono..." comincia, e gesticola goffamente verso il suo corpo trasparente. "Sono qui per rimanere. Ma tu puoi ancora andartene, se mai lo volessi. Tutto ciò che chiedo è che tu non comprometta il tuo benessere per stare assieme a me."

Clarke pensa che a questo punto dovrebbe essere adattata allo stato di Lexa, ma ogni promemoria ti fa ancora venire una fitta acuta nel petto.

"Okay" concorda Clarke, anche se con riluttanza. "Ma solo se prometti di non respingermi, se le cose si fanno difficili."

Lexa annuisce una volta. "Mi sembra giusto."

Anche Clarke annuisce. "Bene."

"Ti dispiacerebbe...?" Chiede Lexa piano, gesticolando verso il suo corpo, e Clarke sa esattamente qual'è la domanda.

Pronuncia l'incantesimo sostanziale e osserva i piedi di Lexa colpire il pavimento con un leggero tonfo. Lexa raggiunge immediatamente Clarke, la quale sprofonda nel suo freddo abbraccio.

"Perché Anya, tra tutte le persone?" Chiede curiosa Clarke, appoggiando la guancia contro la spalla di Lexa.

Lexa esita, ma poi ammette: "La conoscevo."

"Prima che tu...?" Clarke fa una pausa, non volendo dirlo.

Sente Lexa annuire. "Eravamo amiche."

"E ti fidi di lei?" Chiede Clarke.

"Sì" dice Lexa, e la sua voce sembra risoluta.

Clarke ricorda vagamente il suo sogno, come aveva garantito per i suoi amici quando Lexa era incerta su di loro. Chiude gli occhi e sospira contro la pelle fredda di Lexa.

"Se ti fidi di lei, allora anche io mi fido di lei."

Lexa preme un bacio di apprezzamento sulla sua fronte. "Grazie."

Clarke mormora contro la spalla di Lexa. "Ma se prova ad intimidirmi di nuovo..."

Lexa fa un passo indietro e afferra le spalle di Clarke tra le sue mani. "Ha fatto cosa?"

Vedendo la rabbia ribollire negli occhi di Lexa, Clarke cerca di rimediare e insiste sul fatto che dev'essere stato un malinteso. Lexa non sembra affatto incline a crederle, e alla fine Clarke sospira per la sconfitta.

***

La mattina dopo Anya si presenta davanti a Clarke a colazione e brontola delle mezze scuse prima di dirigersi verso l'uscita. Clarke la vede lanciare uno sguardo verso il tavolo di Serpeverde mentre esce; lei segue il suo sguardo per trovare una  Lexa compiaciuta seduta nel suo solito posto. Clarke scuote la testa e morde un sorriso, che serve solo a far sorridere Lexa.



 
Note traduttrice:
Scusatemi per il piccolo ritardo ma ho avuto un sacco di impegni e riesco ad aggiornare solamente di notte uff...comunque vi ho fatto una promessa e quindi sabato notte avrete l'ultimo capitolo :)

 

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Capitolo 7
*** (savour the sorrow to soften the pain) i'd settle for an honest mistake in the name of one sweet love ***


Capitolo 7

 
I loro momenti insieme si accorciano sempre più. È quasi come se l'incantesimo sostanziale stia perdendo la sua forza con ogni uso, o che Lexa stia sviluppando una sorta di tolleranza contro esso.

(Clarke non vuole ancora ammettere la sconfitta, anche se la loro unica salvezza sta lentamente ma sicuramente peggiorando.)

***

Sente l'aria dietro di sè farsi più fredda, esattamente dove Lexa è sdariata. È l'unico avvertimento che riceve prima che il fantasma perda la sua forma corporea, e Clarke viene cosparsa dal dolore pungente di migliaia di lame ghiacciate, proprio dove un tempo il braccio di Lexa le stringeva il busto.

La sensazione non dura a lungo. Clarke si gira e trova Lexa a mezz'aria con le gambe oltre il bordo del letto. Si alza e istintivamente allunga una mano verso il fantasma, solo per far passare le dita attraverso l'aria fredda.

"Lexa?" Chiede Clarke, esitante, dopo un lungo silenzio.

Il fantasma non si gira. Emette un lungo sospiro e borbotta: "È come se stessimo cercando di aggiustare una bacchetta rotta con del nastro adesivo."

Clarke corruga le sopracciglia. "E questo cosa vorrebbe dire?"

"L'incantesimo sostanziale" chiarisce Lexa, non guardandola ancora in faccia. "Le ultime settimane con te sono state meravigliose, ma entrambe sappiamo che questa è solo una soluzione temporanea per un problema permanente."

Clarke chiude gli occhi, ma la prima lacrima le è già scivolata lungo la guancia. All'inizio pensò che fosse una buona cosa, scoprire come rendere Lexa solida di nuovo. Tutto ciò che fa davvero è ricordare loro che Lexa non è né qui né là, vivente ma non viva, morta ma non scomparsa.

"Ma io mi sto innamorando di te" sussurra Clarke, come se la sua confessione fosse la soluzione pensata all'ultimo minuto ad un problema irrisolvibile.

Lexa finalmente si gira. Le sorride debolmente. "Io sono già innamorata di te, Clarke. Ma non so per quanto tempo posso farlo ancora, non quando posso vedere quanto ti fa male ogni volta che l'incantesimo svanisce."

Sembra che Lexa stia per arrendersi e Clarke non può più dire nulla dopo ciò.

(Quando Lexa diventa incorporea per la terza volta quella notte e Clarke sprofonda nel suo corpo, a malapena sente il freddo - il dolore nel petto fa ancora più male. Perché ricorda la stupida promessa fatta a Lexa, e sembra che le cose tra loro stiano diventando sempre più difficili da gestire.)

***

Un'altro trimestre è arrivato e finito, ed è arrivato il tempo delle vacanze. Come spesso accade, Clarke e Lexa sono a letto, abbracciate l'una all'altra. La stanza di Lexa non è confortevole come quella di Clarke, ma dopo un incidente in cui Abby le aveva trovate assieme nel letto della bionda - Lexa fu fortunatamente nascosta grazie il rapido incantesimo di Disillusione di Clarke - entrambe concordarono che era giunto il momento di cambiare posto.

(Abby può anche non aver visto il corpo nudo di Lexa, ma non è stata risparmiata dal corpo altrettanto nudo di Clarke. Basti dire che la matrona si è rifiutata di andarsene finché non aveva scansionato la stanza con occhi attenti. Lexa accettò esitante di tenere i loro incontri nella sua camera da letto per il momento, solo fino a quando i sospetti di Abby non si sarebbero placati.)

"Non mi ero mai sentita a casa in questo posto prima di adesso" mormora Lexa nel collo di Clarke.

Clarke impiega un secondo a guardarsi intorno. Ora che sta prestando attenzione a qualcosa di diverso dal calore del corpo di Lexa, nota che la camera da letto di Lexa è priva di qualsiasi tocco personale. Le pareti non sono decorate, la scrivania è completamente spoglia. Si rende tardivamente conto che il dormitorio della scuola di Lexa sembra più vissuto di questa stanza.

"Cosa è cambiato?" Chiede curiosa Clarke, in risposta al commento di Lexa.

"Ho portato qualcosa da Hogwarts - qualcosa per illuminare un po' il posto, per farlo sentire più come me" dice Lexa con nonchalance. "Capirei se non l'avessi notato, visto che sei stata nella mia stanza solo una volta e solo per pochi minuti."

Clarke strofina le dita nel fianco di Lexa. Fa un sorrisetto quando Lexa sussulta e prova ad allontanarsi.

"Pensavo di averti detto di non parlare di nuovo dell'incidente di Apparizione."

"Scusa" dice Lexa sfacciata. Prende la mano di Clarke nella sua, probabilmente per assicurarsi che le sue dita non tocchino ancora i suoi punti delicati. "Non devo averti sentito quando l'hai detto."

"Considera questo il tuo ultimo avvertimento" dice Clarke nel modo più intimidatorio possibile.

Lexa si limita a sogghignare e affonda il viso più in profondità nell'incavo del collo di Clarke.

"Cos'è questa cosa che hai portato da Hogwarts?" Chiede Clarke quando entrambe si sistemano di nuovo. Guarda un'altra volta la stanza per verificare che non abbia notato qualche piccolo particolare.

Lexa la canzona. "Sono sicura che puoi indovinare la risposta. È il punto focale di ogni stanza. La cosa più bella su cui tu possa mettere gli occhi. Ha dei gusti orribili in fatto di sandwich. Risponde al nome 'Clarke'."

Clarke sente la bocca di Lexa raggomitolarsi in un sorriso, e lei non può fare a meno di ridere.

"Sei una romanticona" la prende in giro, anche se stringe la testa di Lexa più saldamente sotto il suo mento.

"Dico solo la verità" corregge Lexa, anche se le sue parole sono attenuate perché le sue labbra sono premute contro la pelle di Clarke. "Hai dei gusti orribili in fatto di sandwich."

Clarke alza gli occhi al cielo. "Ad ognuno il suo."

"Mmm, no" dice Lexa. "Penso che l'intero universo sarebbe d'accordo con me, in realtà-"

L'argomentazione di Lexa è interrotta da uno sbadiglio e Clarke la mette a tacere quando cerca di continuare. Lottando contro la propria sonnolenza, Clarke dice amorevolmente a Lexa di stare zitta e dormire. Lexa borbotta qualcosa di incomprensibile nel suo collo - Clarke pensa che abbia detto una cosa come: "Lo sto facendo solo perché voglio, non perché me l'hai detto tu" - prima che sbadigli ancora una volta e il suo respiro diventi più profondo e regolare.

Clarke è sulla soglia di addormentarsi quando sente Lexa parlare sottovoce.

"Prima stavo dicendo la verità. Questo posto non mi è mai sembrata una vera casa prima d'ora. Spero tu capisca perché."

Lexa si acquieta dopo, e Clarke pensa che finalmente si sia addormentata. Ma altre parole arrivano alla fine, sussurrate amorevolmente contro la pelle di Clarke e si posano calorosamente nel suo cuore.

"Non mi sono mai sentita a casa più di quanto non lo senta quando sono con te."

***

Clarke si aspettava di svegliarsi la mattina dopo - preferibilmente con un bacio gentile e la promessa di un'altra ora a letto - ma non è andata così.

Un'imponente figura sta silenziosamente sulla soglia, brandendo la sua bacchetta. La sua testa calva è punteggiata di sudore e le sue spalle sono tese. Guarda Clarke e Lexa con disgusto.

Clarke è congelata dalla paura, sperando che tutto questo sia solo un incubo.

Sfortunatamente per lei, la situazione è fin troppo reale. Quando l'uomo capisce che Clarke è sveglia, punta la bacchetta direttamente contro di lei.

"Se urli o cerchi di svegliare Alexandria, farò in modo che tu soffra prima che io ti uccida."

Il respiro di Clarke le si ferma in gola. Non ha il tempo di soffermarsi sulla rivelazione del nome completo di Lexa prima che l'uomo le ordini di alzarsi dal letto.

"In pieidi" ordina con un duro colpo della sua bacchetta.

Con il modo in cui le membra di Clarke si muovono - meccanicamente e contro il suo volere - si rende conto di non avere il pieno controllo del proprio corpo.

Tuttavia non le importa della propria sicurezza. Anche di fronte alla morte, l'unica preoccupazione di Clarke è Lexa.

Gli occhi di Clarke rimangono sulla forma dormiente della sua ragazza mentre le sue gambe la allontanano da essa. Odia il fatto che morirà senza dire prima a Lexa che la ama.

Si ferma davanti all'uomo, in piedi appena oltre i piedi del letto. La punta della sua bacchetta è puntata minacciosamente sul suo petto. Chiude gli occhi e spera che Lexa rimanga addormentata abbastanza a lungo da non assistere alla scena.

La sua speranza viene distrutta in pochi secondi. La voce di Lexa irrompe nel silenzio della stanza, bassa e minacciosa mentre si rivolge all'intruso.

"Se le fai del male, ti distruggo."

Gli occhi di Clarke si aprono di colpo, e vede Lexa in piedi dietro l'uomo, la sua bacchetta puntata direttamente dietro la sua testa. Clarke si rende conto che Lexa doveva essere uscita dal letto mentre l'uomo era distratto con lei.

"Alexandria, figlia mia..." prova, ma Lexa lo interrompe con una risata aspra.

"Non chiamarmi così" dice Lexa bruscamente, girandogli attorno lentamente fino a quando non è in piedi accanto a Clarke. "La stupida speranza che ho avuto che questa famiglia potesse redimersi da sola - quella piccola speranza, nel profondo del mio cuore, per mia madre e mio padre - non esiste più adesso. Hai minacciato l'unica cosa bella che ho nella mia vita e non chiuderò più un occhio sui tuoi metodi malvagi. Tu non sei niente per me, Titus."

Il padre di Lexa non batte le palpebre alle parole della figlia. Anche se la sua espressione rimane neutra, il modo in cui le dita di Lexa stringono più forte la bacchetta dice a Clarke che l'indifferenza di Titus l'ha colpito molto di più di quanto lei voglia far vedere.

Sogghigna ad entrambe, con la bacchetta puntata saldamente ancora verso Clarke. "Quel ragazzo, Wallace, aveva ragione, Alexandria - tu sei una sudicia traditrice."

"Preferirei essere una traditrice piuttosto che essere come te" ribatte Lexa. Un angolo delle sue labbra si piega in disgusto. "Tu e il resto della tua gente siete vili. Immorali. Feccia della terra- "

Titus ruggisce dispiaciuto. Clarke sussulta quando la punta della sua bacchetta viene premuta ancora più forte contro il suo petto. Lexa tentenna nel momento in cui se ne rende conto, ma si riprende rapidamente.

Con la sua bacchetta puntata in modo impeccabile tra gli occhi di suo padre, Lexa avverte: "Fai un passo indietro, Titus. Non vuoi che finisca male, giusto?''

Titus grugnisce, ma alla fine si allontana di un passo. "L'hai già fatta finire male nel momento in cui hai deciso di stare con una schifosa mezzosangue-"

Lexa ringhia all'insulto, e Titus ridacchia cupamente.

"Ho sempre saputo che non sei mai stata leale a noi" continua freddamente. "Non sei mai stata abbastanza intelligente da scegliere il lato giusto, vero?"

"Non sono mai stata abbastanza debole da scegliere il lato sbagliato" lo corregge Lexa.

Titus scuote la testa in segno di disappunto. "Riesco a vedere la tua debolezza, chiara come il giorno" dice invece, guardando Clarke. "E ti costerà."

Lo sguardo di Lexa guizza tra Titus e Clarke. "Se la ferisci..."

"Non essere sciocca. Posso fare meglio di così, Alexandria" dice Titus con un sorrisetto cospiratorio. "Prometto che non sentirà alcun dolore."

Lexa si acciglia in confusione. "Cosa stai insinuando?"

"Perché ferire lei" dice Titus con un ghigno "Quando posso ferire te?"

C'è un momento di completa immobilità. Nessuno si muove, non passa un solo respiro tra i tre. Poi tutto termina nel caos.

"Avada Kedavra!"

Clarke sente il suo petto stringersi e prova un dolore così forte al cuore che non riesce a concentrarsi su nulla, tranne il dolore, e pensa di essere sicuramente morta.

Ma non sta morendo - non fisicamente, comunque.

Spingendosi sui suoi gomiti, Clarke osserva gli occhi di Lexa cambiare colore dal verde al grigio. Lo sguardo vitreo di Lexa la guarda dal punto in cui Clarke era in piedi solo un momento prima, prima di essere spinta con forza fuori dalla traiettoria.

Clarke non è morta. Ma quasi desidera esserlo, perché la vista di Lexa che cade a terra accanto a lei sembra un destino ancora peggiore della morte.

***

Titus è scomparso da tempo, un'espressione fugace di dolore era l'unica cosa che indicava che aveva provato qualcosa nell'uccidere accidentalmente sua figlia.

Clarke è vagamente consapevole delle lacrime che le offuscano la vista e del modo in cui Lexa rimane immobile nel suo abbraccio, ma nulla è paragonabile al gelido intorpidimento che si sta lentamente diffondendo nel suo petto. Continua a cullare Lexa tra le braccia anche se sa che la sua ragazza non c'è più.

Non sa cosa fare, quindi fa ciò che qualsiasi altro adolescente normale farebbe in una crisi.

Destinazione, determinazione, deliberazione. Destinazione, determinazione, deliberazione. Destinazione, determinazione, deliberazione...

Sente una forte pressione da qualche parte intorno all'ombelico, e tutto inizia a restringersi intorno a lei. Sempre più vicino - il suo petto sembra restringersi, sta finendo l'aria - fino a quando improvvisamente tutta la pressione viene rilasciata.

Clarke riconosce il tappeto sotto di loro. E' fastidioso contro le sue gambe nude. Vede la macchia scolorita nell'angolo in cui Raven ha vomitato qualche estate fa, dopo aver provato il primo Moonshine di Jasper e Monty. Hanno provato ad eseguire un incantesimo di pulizia per ripulire quel casino, ma la loro magia offuscata dall'alcol è riuscita a rendere permanente la macchia. Clarke registra la voce preoccupata di sua madre da qualche parte sopra di lei, ma tutto sembra confuso, come se la sua testa fosse immersa nell'acqua.

Sente il corpo che giace pesante nel suo grembo e istintivamente guarda in basso. Inspira bruscamente quando vede lo sguardo vuoto di Lexa. Le lacrime ricominciano di nuovo -  non sa neanche se hanno mai veramente smesso - e quando Abby cerca di staccare le sue dita da dove sono strette nella maglia di Lexa, Clarke si aggrappa ancora più saldamente.

"Io la amo, mamma. Non ho mai potuto dirle che la amo. La amo così tanto."

***

Passano settimane e tutto ciò che Clarke riesce a fare è battere le palpebre e respirare.

***

Abby dice che soffre di depressione. Clarke annuisce e le chiude la porta in faccia prima di tornare a letto.

"Così non va bene" sente Raven dire ad Abby. È la prima volta che Clarke ha mai sentito Raven dire qualcosa a sua madre che non include un'allusione sessuale. "Davvero fottutamente male."

"Non l'ho mai vista così prima" si lamenta Octavia. Ascolta debolmente il grugnito di accordo di Bellamy in sottofondo.

La voce di Wells è l'ultima che Clarke sente prima di addormentarsi di nuovo.

"Cosa faremo?"

***

Clarke fissa la donna con il distintivo in cui può leggere 'Guaritrice Tsing'. Si rende conto che questa donna sta parlando solo quando Abby, che è seduta accanto a Clarke sul divano troppo piccolo, dice qualcosa in risposta e Clarke può sentire la sua voce risuonare dalla sua gola giù attraverso le loro spalle premute assieme.

"La morte di una persona cara può essere traumatizzante. Vedere una persona cara morire per proteggerti è tutta un'altra cosa" sta dicendo la Guaritrice Tsing, le dita intrecciate in cima alla scrivania che le separa. "Clarke potrebbe non essere presente abbastanza da rendersene conto, ma probabilmente sentirà il rimorso per la morte di Lexa. In combinazione con la dolorosa perdita del suo primo amore, questo senso di colpa potrebbe farla sprofondare in una depressione ancora più profonda."

"Non fa altro che dormire" dice Abby tristemente. "Sono io stessa una Guaritrice, e ho provato a guardare la cosa oggettivamente, ma...non riesco. Non so cosa fare."

"Essendo sua madre, dev'essere difficile per te vederla così" riconosce la dottoressa Tsing. Sorride mostrando i denti e Clarke pensa che la faccia sembrare un cane rabbioso. "Fortunatamente, qui a Mount Weather Medical offriamo un trattamento radicale che potrebbe sollevare Clarke dai sentimenti associati alla sua recente perdita. Hai mai sentito parlare di Oblivazione?"

Abby si acciglia. "Liberarsi dei suoi ricordi? Ho sentito che è una procedura pericolosa."

"Se riusciamo a rimuovere l'ultimo anno della sua vita - o per quanto tempo abbia conosciuto Lexa - allora Clarke non si sentirà più come adesso. Ogni trattamento ha i suoi rischi, signora Griffin" dice Tsing pacificamente. "Come guaritrice, dovrebbe saperlo."

"Sì, certo, ma..." Abby scuote la testa. Clarke lo percepisce grazie la spinta delle loro spalle. "Mi dispiace, ma non posso accettare questa procedura. Privarla di così tanta parte della sua memoria è destinata a lasciare un deficit."

Tsing sospira. Se Clarke fosse nel giusto stato d'animo, avrebbe detto che sembrava delusa.

"Deve esserci un altro modo" dice Abby, quasi implorante. "Clarke è il guscio della persona che era una volta. Non può andare avanti così."

"Abbiamo un altro trattamento che potrebbe funzionare" Tsing concede con un piccolo cenno del capo. "Non è così radicale come l'Oblivazione, ma dovrebbe comunque alleviare il suo dolore."

"Che cosa comporta la procedura?" Chiede Abby.

Tsing increspa le labbra prima di rispondere. "Possiamo alterare i ricordi che ha di Lexa - togliere i ricordi con la ragazza e sostituire le parti mancanti con falsi ricordi, per evitare di lasciare dei vuoti di memoria" spiega. "Tuttavia, c'è una possibilità che Clarke possa rendersi conto che ci sono delle incongruenze nei suoi ricordi. Se diventa consapevole di ciò, allora può annullare tutti i ricordi che abbiamo alterato e potenzialmente tornare al suo stato attuale."

Clarke sente le parole come se passassero attraverso dei paraorecchie mal fatti. Desidera disperatamente alleviare il dolore sordo che sembra aver messo radici nel suo petto. Ma non vuole dimenticare Lexa, come suggerisce la Guaritrice.

Il suo corpo è una prigione però, e non riesce a dire una sola parola per esprimere il suo disaccordo.

"E riguardo i suoi amici?" Chiede Abby. "Quelli che conoscevano Lexa? Ce ne sono forse una mezza dozzina."

"Potrebbe essere troppo difficile alterare tutti i loro ricordi" ipotizza Tsing. "Dovrai fidarti che non menzioneranno mai più Lexa, altrimenti rischiano di annullare le modifiche alla memoria di Clarke."

C'è un momento di silenzio.

"Okay" Abby alla fine è d'accordo. "Come procediamo allora?"

"Avrò bisogno che tu firmi prima alcuni moduli" dice Tsing, allungando una mano in un cassetto sotto la scrivania. "A causa dello stato di incapacità mentale di Clarke, possiamo concederti l'autorità di accettare il trattamento per suo conto..."

Mentre Abby esamina i documenti, tutto ciò che Clarke può fare è continuare a battere le palpebre e respirare.

***

Clarke è sdraiata in un letto d'ospedale con Abby appollaiata su una sedia accanto a lei, mentre le tiene la mano. Clarke non sta stringendo la mano di sua madre, ma Abby stringe abbastanza forte per entrambe.

Registra il ticchettio dei tacchi che arrivano dal corridoio, e poco dopo Tsing entra nella stanza. La Guaritrice è seguita da un'altra donna, che sorride a Clarke in segno di saluto.

"Ciao, Clarke. Signora Griffin" la donna saluta la madre di Clarke. "Mi chiamo Alie. Sono un altro dei Guaritori qui a Mount Weather. Oggi aiuterò la Guaritrice Tsing con la procedura, va bene?"

Abby annuisce una volta, prima che la sua attenzione torni nel stringere la mano di Clarke. Alie e Tsing si posizionano su entrambi i lati del letto, proprio accanto alla testa di Clarke. Clarke fissa il soffitto con aria assente mentre le Guaritrici puntano le loro bacchette sulle sue tempie.

"Inizieremo individuando tutti i ricordi di Clarke in cui c'è Lexa" dice Alie. "Una volta che li avremo individuati possiamo iniziare a modificare ognuno di essi per rimuovere qualsiasi traccia di lei."

"L'intera procedura potrebbe richiedere del tempo, a seconda di quanto Lexa sia radicata in profondità nella mente di Clarke. E poiché Clarke dovrà rivivere ogni ricordo mentre li alteriamo, potrebbe provare un po' di dolore" Tsing informa Abby. I respiri di Clarke diventano un po' meno profondi, ma nessun altro sembra accorgersene. "Se non te la senti di rimenere, lo capiamo."

Alie aggiunge "Anche Clarke lo capirà. Una madre non dovrebbe dover guardare soffrire suo figlio."

Abby non dice nulla, si aggrappa risolutamente alla mano di Clarke. Clarke vorrebbe avere l'energia per stringere la mano di sua madre in cambio.
Tsing annuisce. "Se ne è sicura, signora Griffin. Iniziamo."

***

Fa male vedere ogni singolo momento scomparire davanti ai suoi occhi. Ma la gioia di vedere Lexa viva e vegeta, anche se solo nella sua memoria, ne vale la pena.

C'è un'improvviso trambusto alla porta e Clarke si rende conto solo dopo che Abby non le sta più tenendo la mano. Lamenta la perdita solo per un istante, prima di sprofondare ancora nel suo cuscino e aspettare che il ricordo successivo appaia nella sua mente.

“Clarke? Clarke! Cosa le stanno facendo? Abby, cosa sta succedendo- "

La voce di Lexa sembra così reale, pensa Clarke. Non ricorda un momento in cui Lexa abbia mai pronunciato il suo nome in quel modo, disperazione e paura sono ben distinguibili nelle sue grida. Dev'essere stato un brutto sogno o qualcosa del genere, conclude Clarke.

"Lexa...ormai è fatta. Sei arrivat tardi. Se rimani, la farai solo del male."

La voce di Abby irrompe nella sua mente annebbiata. Clarke è confusa dalle sue parole, ma le attribuisce all'incubo che sta avendo e lascia che le Guaritrici continuino il loro lavoro. Chiude gli occhi e lascia che tutto il resto svanisca.

***

Giorni dopo, Clarke legge sul giornale che una ragazza adolescente è stata uccisa per mano di un reviviscente Mangiamorte. Si ferma alla menzione del suo nome - solo Alexandria, senza cognome - e sfrega il pollice sulle lettere di inchiostro sollevate. Il suo cuore si stringe per la giovane vita persa. Scuote la testa, disgustata dal fatto che qualcuno possa essere così malvagio da commettere un omicidio, e spera che il perpetratore venga catturato presto.

Ha già dimenticato il nome della ragazza quando gira la pagina dopo.

***

Clarke saluta Raven con un abbraccio quando arriva alla stazione di King's Cross. Raven la abbraccia di rimando con forza, le braccia strette attorno alle spalle, e Clarke ride del suo insolito entusiasmo.

"E' bello vederti, Griffin" dice Raven quando alla fine si separano. I suoi occhi sembrano stranamente acquosi, ma la sua voce non vacilla quando aggiunge: "Mi sei mancata."

Clarke non può fare a meno di sorridere. Le ammissioni di affetto da parte di Raven sono una rarità.

"Mi sei mancata anche tu" dice Clarke calorosamente.

Mentre si guarda intorno per cercare il resto dei loro amici, chiede a Raven com'è andata la sua estate. Non è Raven che risponde però.

"Non entusiasmante come quella di Bellamy, scommetto." La faccia sorridente di Octavia appare all'improvviso sulla spalla di Clarke. "Siamo tutti contenti di tornare a Hogwarts?"

Raven la saluta con un cenno del capo prima di girarsi verso Bellamy, che si sta avvicinando a loro con le sue valigie e quelle di sua sorella al seguito.

Rallenta quando nota l'espressione vuota di Raven.


"Cosa hai fatto quest'estate, Blake? O dovrei chiedere chi ti sei fatto, invece?"

Bellamy ridacchia mentre si ferma davanti a loro. "Posso sentire un pizzico di gelosia, Reyes?"

"Ti piacerebbe" risponde Raven.

Clarke riesce a offrire a Bellamy un sorriso in segno di saluto prima che Raven inizi a riempirlo di domande sulle sue vacanze. Octavia cattura la sua attenzione con una sua domanda.

"Sei davvero tu, Clarke?" Chiede dolcemente.

Clarke fa una faccia buffa alla strana domanda. "Chi altro dovrei essere?"

Octavia sembra che stia per dire qualcosa, ma sembra cambiare idea all'ultimo secondo. Respinge lo sguardo interrogativo di Clarke con un cenno della testa e allunga la mano per attirarla in un abbraccio.

"Mi sei mancata" mormora Octavia nella sua spalla, dondolando dolcemente da un lato all'altro mentre si abbracciano.

Clarke ride leggermente e ondeggia con lei. "Sembra che io sia mancata a tutti ultimamente. Anche tu mi sei mancata, naturalmente."

Sorride quando vede Wells emergere da una folla di babbani, già vestito con le sue vesti scolastiche. Lei gli sorride da sopra la spalla di Octavia.

"Non sarò mancata anche a te, vero?" Clarkes chiede a Wells allegramente, quando lei e Octavia si separano.

"Certo che no" dice burbero, anche se lo scintillio nei suoi occhi lo tradisce. "Bellamy è quello che mi è mancato di più, ovviamente."

Clarke ridacchia e Octavia fa un piccolo sorriso. Né Raven né Bellamy hanno notato l'arrivo di Wells, troppo presi dai loro soliti bisticci.

"Raven si sta davvero scladando" osserva divertita Clarke. "Che cosa ha fatto Bell durante l'estate, O?"

Octavia in realtà sbuffa a quella domanda. "Ha avuto il piacere di essere nella mia compagnia per l'intera durata delle vacanze."

"Veramente? Tutto qua?" Chiede Clarke con una risata. "Volevi solamente infastidire Raven, vero?"

"Come se Raven avesse bisogno di un motivo per arrabbiarsi con Bellamy. La sua presenza è sufficiente per farla partire" dice Ottavia senza mezzi termini.

Clarke e Wells la seguono mentre inizia a camminare verso la barriera della piattaforma nove e tre quarti. "Non so voi ragazzi, ma non credo di poter sopportare un altro anno con quei due e il loro amore platonico."


"È quando due persone provano sentimenti reciproci, ma si rifiutano di ammetterlo" spiega Clarke quando Wells appare confuso alla frase 'amore platonico'.

Rivolge a Octavia un sorriso divertito. "Hai ripreso l'abitudine di usare il gergo babbano."


"Un sfortunato effetto collaterale di essere amica di Raven. Mi fa ascoltare musica babbana su quel suo affare, e a voltenon riesco a fare uscire i testi dalla testa" Octavia risponde con un sospiro drammatico. "Seriamente però, non penso di poter gestire un altro anno dei loro litigi. Hanno bisogno di parlare dei loro sentimenti e di avere una vera opportunità di stare in una relazione invece di scherzare l'uno con l'altra. Presto. Prima che io li rinchiuda in un armadietto per le scope e li costringa ad affrontare i fatti."

"Ma che mi dici di Finn?" Chiede Wells diplomaticamente. "Raven non è ancora...?"

"Raven non è più innamorata di lui" dice risolutamente Octavia. "Ha solo difficoltà a lasciare andare il passato."

"Ha delle buone ragioni per restare aggrappata al passato" commenta Clarke, gettando un'occhiata per assicurarsi che Raven e Bellamy li stiano seguendo, anche se stanno litigando.

"Quale motivo?" Domanda Wells, curioso.

"Non puoi semplicemente dimenticare il tuo primo amore" dice Clarke, come se stesse affermando che l'erba è verde e il cielo è blu. "Quel tipo di amore rimane con te per sempre - anche quando non lo vuoi."

***

Clarke si sveglia sudando freddo, le lenzuola aggrovigliate intorno alle gambe e la camicia da notte arrotolata attorno al suo busto.

L'incontro con i suoi amici a King's Cross, guardare Octavia istigare Bellamy e Raven in un'altra lite, spiegare a Wells che il primo amore non può mai essere veramente dimenticato...non erano scene di un altro sogno inspiegabilmente realistico. Erano cose reali accadute solo alcuni mesi fa, all'inizio dell'anno scolastico.

All'improvviso, tutto ha un senso.

Tutti i 'sogni' che riusciva a ricordare con sorprendente chiarezza - tutti i momenti che si erano svolti nella sua mente come un pensatoio pieno di ricordi, così realistici che poteva giurare di averli vissuti - non erano frutto della sua immaginazione.

Non stavo sognando, si rende conto Clarke con una scossa. Stavo ricordando.

Quei momenti erano reali.

Era tutto reale.

***

L'orologio sul muro le dice che sono le tre del mattino. Ha lezione tra poche ore, compiti incompleti da finire, esami per cui studiare. Ma niente di tutto ciò conta al momento. Non appena Lexa fluttua attraverso la porta della classe della Torre di Astronomia, Clarke parla.

"Dimmi che non mi spinto fuori dalla traiettoria di una maledizione che tuo padre ha puntato su di me."

Da parte sua, Lexa non sembra sorpresa dall'accusa. Semplicemente fluttua in avanti finché non si trovano faccia a faccia nel mezzo della stanza.

"Per favore, non farmi fare questo-" tenta il fantasma, ma viene subito interrotta.

"Lexa" sospira Clarke, una richiesta alla la verità. "Dimmelo e basta."

Lexa stringe la mascella. Clarke aspetta. Osserva come l'espressione stoica di Lexa lentamente cade per rivelare un'adolescente persa e confusa, metre cerca di far finta che il mondo non cada a pezzi intorno a lei.

"Non posso dirtelo" ammette Lexa con riluttanza.

"Non puoi perché non vuoi?" la assale Clarke, stanco di tutti quegli inganni . "O perché è una bugia?"

Il silenzio di Lexa dice che tutto ciò che Clarke ha bisogno di sentire. Il suo labbro inferiore comincia a tremare e può sentire le lacrime ardenti raccogliersi nei suoi occhi, ma Clarke è del tutto furiosa per il fatto che tutti quelli di cui si fida le hanno mentito per così tanto tempo.

"Non posso credere che tu non me l'abbia detto!" Piange.

Lexa sembra completamente afflitta dal suo sfogo. Le sue mani raggiungono Clarke per darle conforto prima che lei si renda conto di quanto inutile sia il suo tentativo.

L'azione serve solo a far piangere Clarke ancora più forte. Anche se è arrabbiata con Lexa - e con il mondo intero - non si allontanerebbe mai dal tocco di Lexa. Non ora, non mai.

"Abby ha detto che non ci saremmo mai più potute vedere" dice Lexa implorante. "Non avrei potuto dirtelo senza rovinare tutto quello che ha fatto per aiutarti..."

Clarke scuote la testa e Lexa smette di parlare. "Perché li hai lasciato eseguire procedura? Perché hai lasciato che prendessero i ricordi che avevo di te?"

"Pensavo che fosse quello che volevi" dice Lexa, le sopracciglia corrugate dalla confusione. "Abby ha detto che avevi accettato..."

Clarke la interrompe con una risata derisoria. "Non ho detto niente, men che meno darle il via libera."

"Ma non hai detto di no" ribatte Lexa, senza malizia nella sua voce.

Clarke si fa beffe del suo pragmatismo. "Non ero me stessa a causa del dolore."

Lexa si sgonfia visibilmente. "Mi dispiace" dice calma, e Clarke sussulta al dolore che colora il suo tono "Stavo solo cercando di fare la cosa giusta. Tua madre ha fatto sembrare che volevi fare la procedura."

"Quello che volevo era che il mio cuore smettesse di farmi male" Clarke espira pesantemente, e la discussione è quasi finita. "Non ho mai voluto dimenticarti. Ma la procedura..."

Lexa non spinge. Aspetta pazientemente, come se sapesse che Clarke ha difficoltà a trovare le parole e ha solo bisogno di un minuto per mettere ordine nei suoi pensieri. Clarke è grata per la sua tacita comprensione.

"Ho dovuto guardare ogni singolo ricordo di te, fin dall'inizio. Ero così disperata, volevo solo fermare il dolore, e cancellare il ricordo di te morta tra le mie braccia. Quando hanno iniziato con quel primo ricordo, di te che mi tenevi la mano mentre ci smaterializzavamo dalla tua camera da letto...ero così felice di vederti sorridere di nuovo" spiega Clarke con un sorriso amaro. "Avevo già dimenticato cosa sarebbe successo quando la procedura sarebbe finita. Ero così presa da te, ho dimenticato che ogni ricordo che rivivevo sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto."

Lexa si avvicina mentre Clarke parla. Clarke vuole usare l'incantesimo per renderla solida di nuovo, per provare conforto fisico tra le sue braccia, ma non renderà questo più difficile di quanto non lo sia già.

"Non so se posso farlo ancora" ammette Clarke.

(Si costringe a inghiottire il rimorso istantaneo che arriva con quelle parole. Si stanno prendendo in giro se pensano che possa venirne qualcosa di buono da tutto questo, da loro. Più a lungo si illudono, più dolore proveranno quando tutto questo inevitabilmente finirà, ha senso fermarsi ora, pensa Clarke, prima che le cose diventino ancora più incasinate e loro perdano la forza di volontà per fermarsi.)

Lexa sbatte le palpebre per qualche secondo senza capire. Clarke notea come alla fine la comprensione emerge nei suoi occhi argentati e grigi.

"Intendi dire...?"

Clarke annuisce. Non ha bisogno di sentire il resto della domanda per sapere a cosa sta alludendo Lexa.

Lo sguardo di Lexa guizza dai suoi occhi alla sua bocca, dal suo mento alle sue orecchie, come se stesse cercando di memorizzare ogni linea del suo viso. Le mani di Clarke si contorcono, desiderando ardentemente di raggiungere la ragazza e stringerla, e decide che ha bisogno di finirla prima che ricominci a piangere di nuovo.

"Addio, Lexa."

Nonostante la sua espressione addolorata, Lexa non fa niente per fermare Clarke mentre le passa accanto a si dirige verso l'uscita. Clarke dà un'ultima occhiata a Lexa dopo aver aperto la porta, il fantasma è ancora sospeso nel punto in cui l'ha lasciata, ma sta fissando la notte attraverso la finestra sempre aperta della classe della Torre di Astronomia.

"Ho promesso che non ti avrei impedito di andartene" dice Lexa sottovoce. Con voce rotta. Si gira e guarda Clarke con il suo sguardo scoraggiato. "Ma questo non significa che non voglio che tu rimanga, Clarke."

Il cuore di Clarke le fa male nel petto. Non pensava che i fantasmi potessero piangere, ma tutte le prove del contrario la stavano fissando, con le lacrime agli occhi.

***

Clarke sta vagando senza meta attraverso il castello. Sa che non dovrebbe essere fuori dal letto a quest'ora, ma infrangere le regole della scuola sembra così banale dopo quello che ha appena passato. Dopo che è uscita dalla Torre di Astronomia,  si ritrova a salire ogni gradino della Grande Scalinata dalla Sala d'Ingresso al settimo piano, e poi dal settimo piano giù fino alle segrete, solo perché può. Cammina attraverso corridoi bui e stanze vuote, e si ritrova distrattamente a solleticare un dipinto di una pera e passeggiare nelle cucine.

Gli elfi domestici danno un'occhiata alle sue guance sporche di lacrime prima di farla sedere su un sedile davanti al caminetto e spingere un vassoio nelle sue mani.

Questo trenta minuti fa. Il panino con burro di arachidi, banana e miele giace intatto sul piatto, e la tazza di tè accanto è fredda. Clarke è grata per il cibo di conforto e per la presenza indiscussa degli elfi domestici, ma non pensa che il suo stomaco possa sopportare qualsiasi cosa in questo momento.

Anche così, Zoran l'elfo domestico arriva poco dopo con una tazza di tè appena fatto. Sostituisce la sua bevanda fredda senza tante storie.

Clarke pensa che queste creature siano troppo buone per questo mondo.

Dieci minuti dopo, ha già cambiato idea.

Octavia si sta facendo largo attraverso la porta, seguita da Raven, Bellamy e Wells. Salutano gli elfi domestici mentre passano, fino a quando sono ammassati intorno a Clarke all'estremità della stanza.

"Zoran ci ha detto che eri quaggiù" spiega Octavia, appoggiandosi al muro di mattoni accanto al camino e allungando una mano verso il calore.

Clarke lancia un'occhiata a Zoran, che la guarda quando sente il suo nome. Quando vede Clarke, offre un piccolo sorriso colpevole prima di tornare al lavoro.

"Non arrabbiarti con lui - era solo preoccupato per te" dice Wells, lanciando un'ultima occhiata all'elfo. "Lo siamo tutti."

"Lexa dice che ricordi tutto" interrompe Raven, dritta al punto come sempre.

Si siede sul bracciolo della sedia di Clarke, come se non sentisse la tensione irradiarsi dalla ragazza. Wells rivolge a Raven un'espressione esasperata, alla quale Clarke normalmente riderebbe.

"Me lo avete nascosto" dice invece. "Tutti voi."

"Clarke-" Bellamy inizia e si avvicina, ma lei lo interrompe.

"Ho bisogno di più tempo, ok?"

È più un'affermazione che una domanda, nonostante il modo in cui lo esprime, e per fortuna Octavia e Raven sembrano capirlo. Ma Bellamy no.

"Di qualunque cosa tu abbia bisogno, noi siamo qua per dartela" promette, accucciandosi davanti a lei in modo che possa guardarla negli occhi.

Clarke sa che Bellamy vuole solo il suo bene, ma a volte può essere incredibilmente ottuso.

"Non puoi darmi ciò di cui ho bisogno" dice onestamente, ma questo non lo scoraggia.

"Dico sul serio, Clarke. Qualsiasi cosa tu-"

"Bell!" Sibila Octavia, chiaramente stanca della persistenza del fratello. "Ha capito, ok? Smettila di infastidirla..."

"Non potete darmi Lexa" la interrompe Clarke senza mezzi termini. Ama i suoi amici e sa che tutto questo casino dimostra semplicemente che ci tengono a lei, ma non può farlo ora. Prende il vassoio di cibo non consumato in grembo e lo mette sul pavimento prima che lei lo rovesci o qualcosa di peggio. "Non potete portala indietro. Non potete...

Si costringe a fermarsi lì, perché si sente già vulnerabile. Non vuole che la vedano piangere. Non pensa di avere altre lacrime, comunque.

"Okay" Bellamy cede, sebbene riluttante, e Clarke sospira dal sollievo. "Mi dispiace per aver insistito. Siamo solo- "

"-preoccupati per me" conclude Clarke ironicamente. "Lo so. Ma ho solo bisogno di stare da sola per un po', tutto qui."

Bellamy concorda con un cenno del capo rigido. "Se è quello che pensi di aver bisogno."

Si alza e le sue amiche si preparano finalmente ad andarsene. Octavia le lancia un ultimo sguardo interrogativo, chiedendole se è davvero a posto. Clarke sa che non lo è - non adesso - ma alla fine lo sarà, quindi annuisce. Octavia accetta la risposta e si unisce a suo fratello mentre escono dalla cucina.

Wells poggia una mano in conforto sulla sua spalla e sorride, come a scusarsi per il comportamento di Bellamy. Clarke dice a Wells che non è colpa sua come gli altri agiscono e lo spinge a seguire i due fratelli.

Raven non si è spostata dal suo posto sul bracciolo della sedia. Clarke si gira verso di lei in attesa.

"Ecco" dice quando Wells è fuori portata d'orecchio, mettendo qualcosa nelle mani di Clarke.

Clarke guarda in basso per trovare l'orologio di suo padre tra le sue dita, le lancette ticchettano fermamente e al giusto ritmo. È la terza volta che ha dovuto chiedere a Raven di aggiustare quel dannato arnese, e stava cominciando a preoccuparsi che avrebbe dovuto lasciar perdere.

"L'hai aggiustato di nuovo" sussurra Clarke, più a se stessa che a Raven. Fa scorrere il pollice con riverenza sul quadrante di vetro prima di rivolgersi alla sua amica "Grazie."

"Non ho dovuto fare niente questa volta" dice Raven, arricciando il naso come se fosse delusa dal fatto che non fosse la mente dietro la riparazione. "Ho solo notato che funzionava correttamente quando Zoran mi ha svegliato all'alba e ha detto che eri nelle cucine ma non stavi mangiando il tuo dannato sandwich. L'orologio non stava facendo nulla quando ci stavo armeggiando ieri - deve aver ricominciato a funzionare da solo o qualcosa del genere."

"Oh" dice Clarke, una piega appare tra le sue sopracciglia. "Ma come…?"

Raven alza le spalle. "Magia, immagino?"

Clarke non può fare a meno di sogghignare seccamente alla sua risposta. "Certo."

Raven le tira una leggera spallata, un mezzo sorriso sulle sue labbra. "Immagino che ti posso lasciare allora. Ma solo per farti sapere - ho una bottiglia del Masper Moonshine riuscito meglio nascosta nel mio baule per quando sarai pronta."

Fa a Clarke un occhiolino prima di alzarsi e andare alla porta, dove il resto dei loro amici stanno aspettando.

***

È passata una settimana e Clarke non si sente meglio di quando ha lasciato Lexa nella classe della Torre di Astronomia. Quindi salta le lezioni - in parte perché può, e in parte perché si sente pronta per affrontare finalmente sua madre.

Clarke ha nutrito risentimento nei confronti di Abby da quando ha recuperato i suoi ricordi. Ha perso Lexa due volte e le prove hanno reso facile puntare la colpa verso sua madre. Se non fosse stato per i sospetti di Abby, quella sera non sarebbero mai stati nella camera di Lexa, e Titus non le avrebbe mai viste. Se non fosse stato per l'interferenza di Abby dopo la morte di Lexa, non sarebbe stata in questa posizione con Lexa, e non starebbe così male come lo è ora.

Quando arriva all'ala dell'ospedale, ha tutte le intenzioni di irrompere nella stanza e infuriarsi finché i suoi polmoni non bruciano per lo sforzo. L'unica cosa che la ferma è la conversazione che riesce a sentire attraverso la porta chiusa.

"Non è necessario continuare a chiedere agli elfi domestici di portarmi da mangiare".

"Lo è, in realtà."

Gli occhi di Clarke si chiudono, e tutta la rabbia che le bruciava nel petto svanì. Avrebbe saputo riconoscere quella voce ovunque.

"Sono seria, Lexa."

"Non mentirmi, Abby. So che sei stressata sin dagli eventi della scorsa estate, e a volte ti dimentichi di mangiare. Clarke ha già perso me, non ha bisogno di perdere anche sua madre."

Il cuore di Clarke diventa pesante con la consapevolezza che non avrebbe mai dovuto ascoltare. È ad un secondo dal tornare alla sala comune dei Grifondoro quando un corpo grigio argenteo fluttua attraverso la porta e si congela alla sua vista.

Lexa apre la bocca come per dire qualcosa, ma Clarke scuote la testa.

"Per favore non farlo."

Non fare cosa, Clarke non ne ha idea, ma la mascella di Lexa si chiude comunque. Dà a Clarke uno sguardo indolente prima di andarsene in silenzio. Clarke fa finta che il suo cuore non stia battendo un ritmo feroce nel suo petto alla vista della tristezza negli occhi di Lexa.

Apre la porta e trova sua madre da sola, mentre sta sistemando con una mano il lenzuolo di un letto, nell'altra una pastina mezza mangiata. Quando Abby la nota, lascia quasi cadere il dolce sul letto.

"Perché l'hai fatto?" Chiede Clarke, senza preoccuparsi di salutarla.

Abby lancia un'occhiata al letto in fondo alla stanza, che ha una tenda tirata intorno. "Dovremmo spostare l'argomento da qualche parte più privato."

Clarke alza gli occhi al cielo, ma inizia a fare strada verso l'ufficio della matrona. Non aspetta nemmeno che la porta si chiuda prima di interrogare di nuovo Abby.

"Perché hai modificato i miei ricordi?"

Abby sospira. Evoca un tovagliolo per avvolgere la sua pastina mezza mangiata e la infila in un cassetto sotto la sua scrivania. Clarke infuria per il comportamento esageratamente piacevole.

"Non stavi migliorando" dice Abby alla fine, e Clarke sente l'indignazione che le gorgoglia nello stomaco.

"Non mi hai dato abbastanza tempo per sentirmi meglio!" Ribatte Clarke.

Abby le lancia uno sguardo interrogativo "Pensi davvero che più tempo ti avrebbe aiutato a fare i conti con la morte di Lexa?"

Clarke non dice nulla, ma è sicura che sua madre sappia comunque la risposta. Le sue spalle cadono mentre tutto il combattimento lascia il suo corpo per la seconda volta in così tanti minuti. Abby mormora comprensiva e apre le sue braccia.

Clarke esita solo per un secondo prima di sprofondare nel suo abbraccio.

"Per quello che vale" Abby inizia attentamente "Mi dispiace. Volevo solo alleviare il tuo dolore, Clarke."

Clarke annuisce contro la sua spalla. Lei sa perché Abby ha fatto quello che ha fatto, e non può criticare una madre che stava solo cercando di prendersi cura di sua figlia.

Abby la stringe ancora per un po', finché Clarke si allontana a malincuore per farle un'altra domanda.

"Perché Lexa non è venuta a parlarmi? Dopo che... lo sai."

"Lexa ha detto di essere stata trattenuta in una sorta di regno transitorio per un po' dopo che è morta" spiega Abby. "Quando alla fine è tornata come un fantasma, i Guaritori stavano per iniziare il trattamento. Ha cercato di fermarli, ma l'ho convinta che la procedura era la cosa migliore per te."

"Ricordo" sussurra Clarke, con gli occhi chiusi mentre richiama le urla dolorose di Lexa. "Pensavo che fosse solo un altro dei ricordi che stavano modificando, un incubo dimenticato o qualcosa del genere. Ma lei era davvero lì. "

"Sì."

"E tu le hai impedito di raggiungermi" dice Clarke piatta, aprendo gli occhi e fissando sua madre.

Abby annuisce, anche se tristemente. "Clarke, devi capire...vedere Lexa come un fantasma avrebbe solo peggiorato le cose. Ti ricordi Il Racconto dei Tre Fratelli - la storia che ti ho raccontato da bambina, quella di Beedle il Bardo? Cadmus perse la suo amante e cercò di riportarla indietro con la Pietra della Resurrezione, ma così diventò pazzo perché lei non era davvero lì. Non potevo permettere che succedesse a te, e nemmeno a Lexa."

Clarke odia il fatto di capire.

***

Le è stato dato un permesso da tutti i suoi professori per prendersi qualche giorno libero - senza dubbio progettato da Abby - ma Clarke continua a frequentare comunque le lezioni, perché cos'altro dovrebbe fare? Crogiolarsi nella sua infelicità?

Quindi si sveglia, va alle sue lezioni, forse mangia un pasto, fa i compiti e si addormenta. E così si ripete ogni giorno, fino a quando non diventa routine e lei incomincia ogni giorno senza pensarci due volte. Non parla con i suoi amici, non parla con sua madre, non parla con nessuno - perché cosa dovrebbe dire?

Capisco perché l'amore è debolezza. L'ho amata. L'ho persa. E ora sono a pezzi.

Ogni giorno continua allo stesso modo, tranquillo e immutabile - fino a quando Clarke non viene letteralmente spinta fuori dalla routine mentre cammina per la Sala d'Ingresso, dopo cena, mentre fa ritorno alla Torre di Grifondoro. Anya la spinge contro il muro e tiene le sue braccia ai lati delle spalle di Clarke in modo che non possa scappare.

"Smettila di fare il broncio" dice Anya, in modo brusco come sempre.

Lancia un'occhiata ad Anya, maledicendo i pochi centimetri che le separano in altezza. Anya la guarda solo con un'espressione impassibile. Clarke si guarda intorno, sperando che qualcuno possa passare e cambiare qella situazione, ma l'unica persona vicina è Lincoln. È appoggiato al muro a pochi passi e le offre un sorriso di scuse.

Clarke prova a ricambiare il sorriso, perché sa che questa non potrebbe essere stata una sua idea, ma viene fuori più come una smorfia.

"Griffin" ringhia Anya, anche se le manca la solita cattivveria. "Mi stai ascoltando? Smettila di gironzolare per il castello. Se devo vederti camminare per la sala con quella stupida faccia triste ancora una volta, giuro che..."

"Basta" dice sottovoce Lincoln. Evidentemente non pensa che Anya farà davvero qualcosa perché non si avvicina. "Non sei venuta qui per minacciarla."

Anya si calma, ma la sua espressione rende la minaccia non detta estremamente chiara.

"Cosa ne guadagni?" Chiede Clarke, ma deve schiarirsi la gola perché è passato un po' di tempo da quando ha dovuto usare la sua voce, il che la rende meno intimidatoria di quanto avrebbe voluto.

Anya alza gli occhi al cielo e Clarke si acciglia. Si dimena nel piccolo spazio tra le braccia di Anya, e l'altra ragazza la lascia riluttante.

"Non sei l'unica ad aver perso una persona cara la notte in cui Lexa è morta" dice Anya. "Lincoln ha perso sua cugina. Io ho perso la mia migliore amica. Anche Raven, Octavia, Bellamy e Wells hanno perso un'amica."

Il suo tono non è gentile, ma è più morbido di quanto Clarke non abbia mai sentito prima. Clarke non può fare a meno di fare una pausa, e Anya continua.

"Questo non riguarda solo te, Clarke. Lexa ti ha amata così tanto che ha inconsciamente scelto di stare con te, anche nella morte. Non ha altra scelta che vederti invecchiare. E quando alla fine morirai, lei deve restare qui. Da sola. Tutto questo perché ti amava."

Anya esita brevemente, e poi si corregge: "Tutto questo perché ti ama."

***

Clarke si chiede quanta tristezza hanno visto le stelle in tutti i loro anni di esistenza, e quanto tempo ci vorrebbe perché uno stato d'animo temporaneo diventasse permanente. Desidera essere abbastanza forte per andare avanti dopo tutto quello che è successo, per superare il suo dolore.

Anya aveva ragione, certo. Dovrebbe stare con i suoi amici - i loro amici - e dare loro lo stesso sostegno che le hanno offerto, perché anche loro erano in lutto. Ma Clarke si sente come se sanguinerebbe tristezza se qualcuno dovesse aprirla, e lei non sa come potrebbe aiutare qualcuno quando non può nemmeno aiutare se stessa.

Clarke si chiede se suo padre sarebbe deluso da lei, per aver lasciato che questa esperienza la trasformasse in peggio e non in meglio.

"Le cose sono come sono" borbotta amaramente, guardando il cielo notturno attraverso la finestra aperta della classe della Torre di Astronomia. "Guardando fuori nell'universo di notte, non facciamo paragoni tra le stelle giuste e quelle sbagliate-"

"-Nè tra costellazioni ben disposte e mal disposte."

Clarke si gira e trova Lexa che la fissa, con gli occhi spalancati e imbarazzata.

"Mi dispiace" il fantasma si scusa quando Clarke rimane silenziosa e inespressiva. "C'eri prima tu. Me ne vado."

Ed è allora che Clarke se ne rende davvero conto- che ha sbagliato tutto quanto.

Non può continuare a vivere in quel modo, il minimo necessario a garantirle la sopravvivenza. La vita è qualcosa di più che mera sopravvivenza. Vuole rendere suo padre orgoglioso. Vuole essere presente per gli amici che sono stati lì per lei, non importa quanto duramente abbia provato a respingerli. Vuole meritare l'amore di Lexa, un'amore che ha fatto l'ultimo sacrificio, un'amore che ha superato la morte.

Lexa le ha dato la vita in modo che Clarke potesse vivere, e anche se sembra che la sua vita sia finita quando è finita quella Lexa, doveva andare avanti. Doveva così tanto a Lexa.

I Guaritori avevano detto che sarebbe potuta tornare allo stato in cui era prima del trattamento nel caso avesse ricordato e, nel suo tentativo di superare il tutto, ha fatto esattamente questo. Tagliare tutti fuori dalla sua vita non la aiuterà a stare meglio, si rende conto Clarke.

"Puoi restare" dice allora.

Se Lexa è sorpresa dal suo cambiamento di cuore, non lo mostra. Invece, scivola più vicino alla finestra aperta e chiede silenziosamente: "Mi perdonerai mai? Per essermi messa in mezzo tra te e quella maledizione?"

"Non ancora" risponde Clarke sinceramente.

Lexa sorride debolmente, e Clarke trova difficile non lasciare che gli angoli della sua bocca ticchino verso l'alto in risposta. "Ti amo, Clarke. Non dimenticarlo mai."

"Non credo di aver mai dimenticato" Clarke si stringe nelle spalle. "Non del tutto."

Lexa annuisce. "Ne sono contenta."

Stanno in un confortevole silenzio, guardando le stelle.

"Mi perdonerai mai?" Chiede Clarke più tardi, quando si rende conto che è quasi mezzanotte e dovrebbero andarsene prima che inizi la prossima lezione di Astronomia.

"Per cosa?" Chiede Lexa confusa.

"Non essere stata in grado di salvarti" dice Clarke, corrugando le sopracciglia.

Lexa apre e chiude la bocca alcune volte, apparentemente senza parole. "Non sono mai stata arrabbiata con te" dice alla fine.

"Ma sei morta a causa mia" dice Clarke, come se affermasse l'ovvio.

"Sono morta perché Titus ha lanciato quella maledizione" la corregge Lexa, senza un accenno d'astio nella sua voce. "Non dare la colpa a un crimine che non hai commesso."

Clarke vuole piangere perché l'anima di Lexa è così buona e così pura, e meritava molto più della vita che le è stata data.

"Perché l'hai fatto?" Chiede Clarke.

Lexa non ci mette neanche un secondo a considerare la sua risposta. "Ho fatto ciò che mi sembrava giusto" dice semplicemente. "Ho scelto il mio cuore invece che la mia testa. Ho scelto te. E se potessi tornare indietro, lo rifarei sempre."

Clarke sospira tremante e riesce a malapena a tenere a bada le lacrime. "Anch'io ti amo, Lexa. Mi dispiace non averlo detto prima. Mi dispiace che non te l'abbia detto prima che tu...prima che lui... "

"Va tutto bene, non devi dirlo" dice Lexa gentilmente, muovendosi il più vicino possibile senza passare per il corpo di Clarke. "L'ho sempre saputo."

"Ero così ovvio, eh?" Dice Clarke scherzosamente, cercando di alleggerire l'umore.

Lexa sorride dolcemente. "Non più di quanto non lo fosse per me, ne sono sicura."

Continua a guardare Clarke con un'espressione tenera, alquanto divertita e alquanto affettuosa. Clarke chiede perché la stia guardando in quel modo.

"In che modo?" Chiede Lexa, ignara.

"Come se fosse l'ultima volta che mi vedrai" dice Clarke.

"Non sono mai stata capace di nasconderti niente, vero?" Dice Lexa con un sorriso ironico. "Non c'è un modo semplice per dirlo, ma penso di aver trovato un modo per andare avanti."

"Cosa?" Chiede Clarke, sbalordito. "Come-"

"Ho parlato con gli altri fantasmi. Credono che io possa essere in grado di passare attraverso il velo perché il mio caso è speciale - perché non avevo paura della morte" dice Lexa in modo uniforme. "Sono qui perché ti amo, e non ho mai avuto la possibilità di dirtelo. Ora che te l'ho detto...tutto ciò di cui ho bisogno è che tu mi lasci andare."

"Ma io non voglio che tu te ne vada" dice Clarke, un'espressione corrucciata a increspare i suoi lineamenti.

È come se avesse appena riavuto Lexa indietro - quanto deve essere crudele il mondo per portarla via di nuovo, e così presto? Ma poi Lexa emette un forte sospiro e le ricorda gentilemente la realtà della loro situazione.

"Me ne sono già andata" Lexa dice semplicemente.

Clarke deve distogliere gli occhi perché può sentire le lacrime risorgere di nuovo, ma riesce a chiedere tranquillamente: "È questo di cui hai bisogno?"

"Penso che sia ciò di cui hai bisogno anche te" dice Lexa sottovoce.

Clarke ricorda la storia di Cadmus Peverell, del suo amore perduto e del loro dolore condiviso. Non sarà lei a far soffrire Lexa più di quanto non stia già soffrendo. Se questo significa che deve lasciarla andare...

Clarke non può dire altro senza piangere, quindi si inchina con riluttante accettazione. Lexa annuisce una volta e aspetta silenziosamente che Clarke assorba il peso della loro decisione inespressa.

Riesce a trattenersi mentre si scambiano i loro ultimi saluti. Ma quando Lexa la guarda prima di andarsene per l'ultima volta, Clarke sprofonda sul pavimento e piange.

***

"Lexa se n'è andata" Clarke dice ai suoi amici a cena la sera successiva.

Non ha parlato con loro fino ad ora - in parte perché stava ancora cercando di scusarsi per non essere lì per loro come sono stati per lei, e in parte perché è ancora devastata dal fatto che Lexa se n'è andata per sempre.

Raven è la prima persona a superare il suo shock nell'udire la voce di Clarke per la prima volta da settimane.

"Cosa intendi?" Chiede gentilmente.

"Il suo spirito è andato avanti o qualcosa del genere" dice Clarke svogliatamente. Si gratta distrattamente la pelle sopra il suo cuore e poi aggiunge, più a se stessa che a chiunque altro "Non riesco più a sentirla."

"Non pensavo che i fantasmi fossero in grado di andare oltre il velo - la barriera tra i vivi e i morti" dice Bellamy confuso. "Dovrebbero essere intrappolati qui."

La sua insensibilità guadagna un gomito alle costole da Wells, e Clarke ridacchia.

"Se qualcuno può trovare un modo per ingannare la vita e la morte, quella è Lexa" dice seccamente. Può dire dalle loro espressioni che i suoi amici non sanno cosa dire per confortarla, così sorride in modo autoironico e continua "Non sono riuscita a dirle che la perdono. Per avermi nascosto la verità. Per essersene andata quando sarei dovuta essere io ad andarmene."

Per la prima volta, desidera aver ascoltato - i suoi amici, sua madre, Lexa - quando l'hanno avvertita di starle alla larga. Perché perdere Lexa una volta è stato doloroso, ma perderla due volte è pura agonia.

Non si rende conto che sta piangendo finché Raven non la fa alzare dal suo posto e le sue amiche sono tutte attorno a lei, proteggendole dagli occhi attenti delle altre persone nella Sala Grande. Quando raggiungono la relativa solitudine dell'ingresso, Wells la prende sotto un braccio e la stringe mentre singhiozza, offrendo abbastanza contatto per confortarla senza farla sentire soffocata. Quando sembra che siano passate ore e pensa che non possa più piangere, alza lo sguardo e vede Bellamy asciugarsi frettolosamente gli occhi. Poi all'improvviso si ritrova abbracciata a Octavia, la cui guancia umida è contro la sua, e le lacrime ricominciano.

***

(Tengono un piccolo funerale per Lexa, una volta che sono sicuri che lei se ne sia andata davvero.

"Non potevamo organizzare una cerimonia dopo la sua morte perché eri così persa nel tuo dolore. E poi tua madre ci ha parlato dell'incantesimo della memoria" dicono i suoi amici. "Non potevamo svolgere il suo funerale senza di te. Non sarebbe stato giusto.")

***

Clarke sta facendo colazione con Octavia mentre aspettano gli altri amici, quando vede degli occhi verdi che la fissano dal tavolo dei Serpeverde dall'altra parte della sala.

"Lexa" respira.

Lexa le sorride tra le teste di altri cento studenti. Octavia spinge la spalla di Clarke senza alzare lo sguardo, intenta a imburrare il suo toast.

"Se n'è andata, ricordi? Smettila di rimuginarci su."

"No..." Clarke afferra il mento di Ottavia tra l'indice e il pollice e indica il tavolo di Serpeverde. “Lexa.”

Il coltello pieno di burro di Octavia cade sul tavolo con un rumore metallico. "Oh merda."

Raven ridacchia mentre si avvicina e si siede di fronte a loro. "È bello sapere che ti ho influenzato abbastanza da farti dire imprecazioni babbane, O."

Dicendo ciò agita la fiaschetta con dentro il succo d'arancia, facendone cadere un bel po' sul tavolo, guadagnandosi un'espressione disgustata di Bellamy, che era proprio dietro di lei. Si siede accanto alla ragazza e le rivolge una faccia disgustata.

"Altre persone dovrebberlo berlo, lo sai."

"Non ti lamenti però quando beviamo il Moonshine dalla stessa bottiglia" Raven contesta compiaciuto.

Bellamy ridacchia. "È una situazione completamente diversa-"

"Ha davvero importanza?" Chiede Octavia esasperata. "Sappiamo tutti che prima o poi vi scambierete comunque la saliva."

Clarke non riesce nemmeno a ridere delle loro espressioni sbalordite. Continua a fissare Lexa, che è qui anche se non dovrebbe essere - non potrebbe essere - e le sta ancora sorridendo dall'altra parte della sala.

"Stai bene, Clarke?" Chiede Bellamy, finalmente notando la sua faccia pallida.

Raven la guarda preoccupata. "Sembra che tu abbia visto un fantasma, Griffin."

Si rende conto della scelta delle parole un secondo troppo tardi, e la sua espressione cambia immediatamente in dispiaciuta. Clarke non è minimamente offesa.

"Al contrario, in realtà" dice, ancora meravigliata dalla vista di Lexa, chiaramente viva e vegeta. "Guarda dietro di te."

Bellamy e Raven si girano. È ovvio che anche loro la possono vedere, e Clarke non può fare a meno di emettere una debole risata.

"Oh merda" dice Bellamy stupito.

Octavia annuisce. "Esattamente quello che ho detto io."

"Cosa stai aspettando?" Chiede Raven a Clarke, che è congelata al suo posto. "Vai a prendere la tua ragazza - aspetta no, fantasma. La ragazza trasformata in fantasma che si è trasformata di nuovo in ragazza? Quello che è. Vai a riprenderti Lexa!"

***

La Sala d'Ingresso è per lo più vuota, con solo qualche studente che si muove tra le porte della Sala Grande e le scale di marmo che conducono alla Grande Scalinata. Dal rumore delle scarpe che si picchiettano debolmente sul pavimento, Clarke assuem che Lexa la stia seguendo.

Poi la consapevolezza di poter sentire la presenza di Lexa la inebria e il cuore di Clarke comincia a palpitare. Si ferma pochi passi dopo Sala d'Ingresso, quando il trambusto degli studenti nella Sala Grande diventa incomprensibile rumore di sottofondo.

“Clarke?”

La voce di Lexa arriva vicina appena dietro di lei, ma Clarke non riesce a voltarsi ancora.

"Sei davvero reale?" Espira, le sue parole quasi come una supplica.

Sente un sospiro, lo sente scompigliarle i capelli che pendono incerti dietro la nuca. Rabbrividisce e combatte l'impulso di fare un passo indietro, di lasciarsi cadere tra le braccia di una ragazza che non può esistere nello stesso suo spazio, non dopo tutto quello che è successo.

Ma poi Lexa dice una sola parola, e il cuore di Clarke inizia a battere un ritmo selvaggio nel suo petto.

"Sì."

Si gira e la vista degli occhi di Lexa - vibranti, verdi e vivi - la lascia senza fiato. Il naso di Lexa è arricciato, presumibilmente perché Clarke l'ha accidentalmente frustata in faccia con i suoi capelli, ma non riesce a scusarsi in questo momento perché Lexa è reale ed è qui.

Clarke allunga istintivamente la mano, ma si ferma appena prima di toccare la guancia di Lexa.

"Non è un sogno?" Sussurra incerta.

Lexa scuote appena la testa, apparentemente preoccupata della stretta vicinanza alla mano tremante di Clarke. La sua cautela è inutile - non appena Lexa annulla le preoccupazioni di Clarke, lei appoggia la guancia di Lexa nella sua mano tesa e le dita dell'altra mano raggiungono inconsciamente il groviglio dei capelli ricci di Lexa. Si spingono l'un l'altra in avanti, chiedendo a gran voce di essere il più vicino possibile fisicamente. Le loro gambe scivolano l'una tra l'altra, gli stomachi e le casse toraciche premute così forte da poter sentire il battito del cuore l'una dell'altra, le farafalle di entrambe sbattono forte le ali.

Lexa ansima - o forse è Clarke - e una di loro sta piangendo, perché Clarke può sentire l'umidità sulla sua guancia dove è premuta contro quella di Lexa. I loro nasi si toccano, le ciglia tremano umide l'una contro l'altra - Clarke si rende conto tardivamente che stanno entrambe piangendo - e poi la bocca di Lexa trova quella di Clarke, e Clarke si sente come se stesse andando a fuoco.

Il bacio è disperato - caldo, umido e disordinato - ma a Clarke non importava molto della tecnica o della finezza, non adesso. Può sentire il suo battito pulsare in ogni singolo punto di contatto tra loro - dove le sue dita sono arricciate nei capelli di Lexa, dove le mani di Lexa afferrano il retro della sua tunica, dove lo stomaco e il petto di Lexa si muovono contro i suoi ad ogni respiro tremante.

Lexa si lamenta debolmente quando Clarke si allontana dal bacio, le sue labbra si muovono istintivamente in avanti alla ricerca di Clarke, ma per quanto Clarke voglia andare avanti, hanno chiaramente molto di cui parlare.

"Come?" È tutto ciò che Clarke riesce a dire.

Sembra che nessuno di loro sia incline a staccarsi l'una dall'altra, quindi non lo fanno. Clarke si ritira solo abbastanza per guardare il viso di Lexa, arrossito appena dal loro bacio frenetico. Lexa deglutisce faticosamente - gli occhi di Clarke seguono il movimento della sua gola, rapiti dal movimento che afferma ulteriormente che Lexa è viva - e si prende un momento per riprendere il respiro prima di rispondere.

"Un giorno mi sono imbattuta nel Barone Sanguinario - sai, il fantasma Serpeverde - nella Torre di Astronomia, e abbiamo avuto modo di parlare. Di tutto. Non è così orribile come tutti lo fanno sembrare" dice Lexa, poco più di un sussurro. Clarke si crogiola nel calore del suo respiro, una tale differenza dal gelido freddo della sua forma spettrale. "Lo sapevi che ha ucciso accidentalmente la ragazza che amava e poi si è suicidato per il dolore?"

Clarke scuote la testa in senso negativo. "Non lo sapevo."

Lexa sorride debolmente. "Dice che il suo rimorso lo ha spinto a diventare un fantasma. Credo che l'abbia chiamata la sua eterna espiazione."

"È così triste" dice Clarke, corrugando leggermente le sopracciglia.

Lexa annuisce. "Abbiamo iniziato a fare ipotesi sul motivo per cui sono stata riportata indietro. Per quanto ne sappiamo, gli esseri magici possono diventare fantasmi solo se scelgono di esserlo."

"Quindi questo significa che lo volevi?" Chiede Clarke, in qualche modo sbalordita.

"Non ho scelto intenzionalmente di diventare un fantasma" dice Lexa scuotendo la testa. Poi gli angoli delle sue labbra si piegano in un piccolo sorriso. "L'unica scelta che ricordo di aver fatto eri tu."

Clarke sfiora il braccio di Lexa in segno di affetto e chiede: "Allora, come hai...?"

"Un fantasma è l'impronta fisica dell'anima di una persona. Per diventare un fantasma, bisogna avere un'anima intatta" spiega Lexa. "Ma uccidere distrugge l'anima, il che significa che il barone non avrebbe potuto tornare indietro. Tuttavia, crede che la sua anima sia stata guarita dal rimorso che ha provato a uccidere involontariamente il suo amore. Con la sua anima guarita, potrebbe diventare un fantasma e quindi liberarsi dalla sua penitenza autoimposta."

"Ok, il barone era abbastanza pieno di rimorsi per guarire la sua anima e tornare come un fantasma. È bello e tutto, ma cos'ha a che fare con te?" Chiede confusa Clarke.

"Ho nutrito un profondo rimorso per il fatto che ti ho messo in una posizione così pericolosa in primo luogo. Non avrei mai dovuto lasciarti da nessuna parte vicino a Titus" dice Lexa mentre le sue sopracciglia si uniscono. "Non avrei mai potuto perdonarmi se ti avesse ferito, così ho fatto quello che dovevo fare per proteggerti. Era l'unico modo in cui potevo mantenere la mia dignità e ogni senso di rispetto per me stessa."

Clarke si scioglie un po' nell'abbraccio di Lexa, ma ancora non capisce dove Lexa stia andando con questo discorso. "Che cosa stai dicendo, Lexa?"

"Se il rimorso del barone ha potuto guarire la sua anima - guarirla abbastanza da poter diventare un fantasma - allora forse il mio rimorso mi ha aiutato, in parte, a riportarmi indietro" dice Lexa sottovoce.

"In parte?" Clarke domanda incuriosita.

"C'è molto più sulla magia di quello che impariamo in classe" dice Lexa, tornando a divagare dall'argomento. "Sapevi che l'amore è il ramo più potente e misterioso della magia? Perfino adesso streghe e maghi difficilmente si sono avvicinati al vero potere dell'amore. Sanno ancora meno come funziona."

Clarke alza un sopracciglio. L'amore è la forma più potente di magia?

Lexa ridacchia all'evidente scetticismo di Clarke. "Non devi credermi, ma sto dicendo la verità."

Clarke lancia una risata attraverso il suo naso "Sembra inverosimile, ma ti credo. Qual era l'altra cosa - le cose? - che ti hanno aiutata a tornare?"

"Le nostre emozioni sono profondamente legate alla nostra magia" dice Lexa delicatamente. "È possibile che io abbia scelto inconsciamente di rimanere perché..."

"Perché?" Chiede Clarke.

Lexa sorride teneramente. "Perché non ho mai potuto dirti che ti amavo."

Clarke non può fare a meno di attirare Lexa in un altro bacio, anche se un po' più gentile dell'ultimo. Professano l'amore l'una per l'altra tra baci morbidi e respiri tremanti, finché uno studente di passaggio non ricorda a gran voce che si trovano in uno spazio pubblico.

Clarke preme le labbra sul sorriso un po' imbarazzato di Lexa, e condividono una risata tranquilla. Alla fine si separano, ma non si allontanano troppo l'una dall'altra.

"Rimorso e amore" riflette Clarke, giocherellando con le dita di Lexa mentre le loro mani oscillano tra loro. "Abbiamo questi sentimenti in comune, no?"

Lexa mormora in segno di riconoscimento.

"Pensi davvero che sia quello che ti ha riportato indietro?" Chiede Clarke, non in modo accusatorio ma semplicemente per curiosità.

"Non ho motivo di credere altrimenti" dice Lexa con una leggera scrollata di spalle. "Tutto quello che so è che sono debitore a qualunque magia abbia sfidato la morte per riportarmi a te. Forse chiuderò un occhio, solo per questa volta."

Stanno in silenzio per un po', contente di essere solo in presenza l'una dell'altra.

"Ti manca essere un fantasma?" Chiede Clarke, quando la sua curiosità sopraffà la sua riluttanza a rompere il confortevole silenzio.

"Mi manca la capacità di camminare attraverso i muri" ammette Lexa, con un mezzo sorriso. "Ma nessun potere ultraterreno è comparabile all'essere in grado di toccarti."

Clarke scuote la testa affettuosamente. “Romanticona."

"Dico solo la verità" Lexa la corregge con un ghigno e un bacio sulla tempia.




 
Note traduttrice:
Eccoci qua ragazzi con l'ultimo capitolo! Vi chiedo subito scusa se trovate errori di qualsiasi tipo, ma sono davvero stanca e l'ho a malapena corretto.
Per il resto spero che la storia vi sia piaciuta e soprattutto di avervi trasmesso le stesse emozioni che ho provato leggendola in inglese, soprattutto la parte straziante in cui Lexa è esanime tra le braccia di Clarke e quando le due, tornate nel presente, si lasciano affinchè Lexa possa trovare la vera pace.
Al finale non so voi, ma io sono rimasta davvero sconvolta al fatto che Lexa sia...come dire...resuscitata, anche se devo dire che l'autrice ha messo su una spiegazione che può anche starci, perchè proprio come ha scritto lei alla fine della fan fiction "L'amore è la magia più potente, e non è una debolezza."

 

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