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Una raccolta di centro drabble,
completamente dedicata a Saga e Kanon, secondo la, ormai, nota Big DamnTable con i suoi
novantacinque temi fissi e le cinque variatio libere.
Ho scelto oggi, per iniziare, perchè è il compleanno dei cari gemellini
e Kanon mi ha fatto impazzire tutto il giorno,
massacrandomi la tesi.
E’ una sfida un po’ singolare, per me.
Solitamente, non prendo avvio da temi prefissati, ma li rielaboro e mi credo
una sequenza personale, un fil rouge tutto mio. Questa volta ho dichiarato la resa: perchè non provare?
Senza fretta. Ho molte storie in sospeso, e
metterne continuamente in cantiere di nuove non aiuta. Proprio no. Ma ho deciso di farlo ugualmente, seguendo l’estro e il
momento. Ho la sicurezza che finirò tutto, prima o dopo. Anche perchè non mi piace lasciare una cosa a metà.
Diciamo, quindi, che oggi parte la raccolta. A
tempo indeterminato.
Il titolo? Come saprete tutti l’Areopago è un colle di Atene, quello che secondo
il mito ospitò il tribunale che condannò Ares accusato di omicidio da Posidone e che assolse Oreste
con voto favorevole di Atena nella tragedia di
Eschilo Eumenidi.
Diciamo che l’ho scelto perchè c’entravano due
divinità ben note a Saga e Kanon e perchè è un po’ il loro banco degli imputati. O degli
innocenti.
Il mare
profondo e scuro; il mare che racconta. L’acqua fra le
sbarre; sulla carne. L’acqua nella memoria, come rimbombo.
Fu il
mare.
Negli
occhi di Saga, inquieti.
Negli
occhi di Kanon, rabbiosi.
Mentre
le parole si perdevano nel vento; mentre la rabbia si rincorreva lontano. E Kanonurlava, la bocca piena di
sale. E Saga taceva, la mente sconvolta.
Fu il
mare, su mani che si lasciavano, su stoffa e corazze lucenti. Fu l’inizio. Di giornate passate uguali, fra follia e disperazione. Saga
sul trono di Grecia; Kanon sul trono
del mare.
L’inizio.
Dal mare.
Ecco la prima drabble.
Ormai arriva in ritardo, ma è solo una
questione di tempistica (e di connessione che fa i capricci). Ma questo spazietto lo riservo ai
ringraziamenti. Sarò veloce e generica, e perdonatemelo. Ma,
vista l’ora e il capitolo da finire che ho, devo un po’ correre. Non
vogliatemene. Rimedierà meglio la prossima volta. Promesso.
Ma GRAZIEvolevo
dirlo lo stesso: a chi a commentato Capriccio d’uomo e Come azzurro. Le vostre parole e le
vostre riflessioni sono state per me davvero utilissime e stimolanti.
Ottimi mezzi di analisi e autoanalisi.
La
tensione di parole inghiottite. E Saga stringeva il pugno guantato;
e Kanon respirava nel silenzio.
Fu
tensione.
Nell’eco di domande dentro una Casa contesa; nell’eco di
domande senza risposte vere. Fra cosmi
che si abbracciavano.
Nelle
lacrime di Saga, rosse.
Nelle
lacrime di Kanon, bianche.
Mentre il
tempo scorreva, dentro rimpianti e ricordi lontani. E Kanon
difendeva; e Saga attaccava,
Fu la
tensione, fra corpi che si volevano, fra sentimenti che non si sfogavano. Fu
l’incontro. Di destini paralleli, gettati nel vento. Kanon
in seno ad Atena; Saga al fianco del nemico.
Un
istante. Nella tensione.
Ecco, ecco. Seconda drabble.
Sulla scia della prima, vero. Perchè ho deciso nel trittico: le prime tre saranno un po’
un universo autonomo, legato alla storia, frammenti della storia.
Nelle altre. Nelle altre sto pensando ad una variatio. Non so
ancora bene come o perchè, ma ...mmm...Sì: ho voglia di far interagire i cari gemellini nella quotidianità. Anche perchèKanon sta borbottando e imprecando dal divano e
vederlo litigare con Saga per il controllo del telecomando ispira. Ispira decisamente!
KikiMay: mi associo! Anch’io amo i gemellini,
così problematici e affezionati! Se mi seguirai in
questa follia (perchè sì, per me è decisamente
una follia avere dei promt pronti) anche solo
saltuariamente mi farai un grandissimo onore!
Beat: davvero
davvero felice che il mio piccolo parto sia
stato di tuo gradimento! Scrivere di questi due mi esaspera (va bene: sono alla
seconda, ma che ci posso fare?! Se poi ci metti che le
vogliono leggere e io devo aspettare il placet). Il mare. Ci credi se ne sono stata folgorata? Mare: Saga e Kanon.
E’ un po’ per quello che ho deciso per la raccolta. E se seguirai, davvero,
sarà un piacere!
Orgoglio
di cosmi che ardevano, affini nella distanza. Mentre Saga vestiva un’armatura
tradita; mentre Kanon lasciava un’armatura
onorata.
Fu
orgoglio.
Nel pensiero
di attimi bruciati; nella volontà di riscoprirsi. Fra polvere
di stelle e galassie lontane.
Nel
grido di Saga, di speranza.
Nel
grido di Kanon, di
volontà.
Mentre
le stelle esplodevano, dentro un sorriso divenuto uguale. E Kanon
bruciava; e Saga brillava.
Fu orgoglio,
nel pensiero reciproco, fra parole promesse alle azioni. Fu la fine. Di accuse lontane, lasciate sbiadire, fra polvere di stelle.
Saga al Muro del Pianto; Kanon nei cieli dell’Inferno.
L’orgoglio.
Dalle stelle.
Volevo finire il trittico. Sì sìsì.
É nata un po’ in fretta, questa drabble. Mentre lo stereo rimbalza fra Stelle di Guccini e la colonna sonora del Makai.
Ma che ci posso fare?! Ieri era il telecomando; oggi
la musica. E per fortuna che non ho nulla di hevy
metal! Convivere con Saga e Kanon si sta rivelando pazzia. Sincera pazzia!
Intanto, il trittico è concluso. E ho preso dal
Makai. Di nuovo. Avevo pensato al Tenkai
ma poi...Meglio centellinare (e procurarsi un paio di
tappi per le orecchie).
Beat: già, confermo. Confermissimo! (esiterà, come
parola?) Questi due sono tremendi! E
se non si stuzzicano di ammazzano. Forse tendono ad
annoiarsi facilmente, che ne pensi? Comunque, penso sia per questo che sono anche adorabili^^.
Comunque, litigassero solo per il telecomando...;_;. Casa mia sembra un campo di battaglia, ormai (almeno
si fanno perdonare con ottimi pranzettiXD).Grazie per le belle parole!
KikiMay: angst, appunto.
Spero di riuscire ad allentarlo un po’, il tono
drammatico. Non ci sono molto portata, in Saint
Seiya. Con Naraku e Sesshomaru è facile,
meravigliosamente facile. Con i cavalieri...Chissà! Prometto di impegnarmi! E – sicuro! – se ci riesco una bella scenetta con il telecomando è assicurata!
Il Makai è un pozzo,
davvero. E guarda caso ci ho proprio attinto a piene mani, per quest’ultima.
Grazie per il commento!
Niggle: per
prima cosa: benvenuta! E grazie per esserti fermata! Se seguirai questa mia piccola
follia sarà davvero un onore! E grazie infinite per le
belle parole che mi hai usato! Davvero!
Machochan:e un benvenuta anche a
te! E grazie mille del commento!
Per Saga
dentro sono due facce che giocano a
dama. Dentro è una lama d’oro sul
velluto, fra sussurri e malie che ti strappano la mente.
E il
sorriso maledetto di Kanon.
Per Kanondentro sono
vecchi pensieri da lasciarsi alle spalle. Dentro
è un’anfora che ammicca, con lusinghe di riscatto.
E lo
sbuffo seccato di Saga.
“Abbiamo
imparato?”
“Forse.
Qualcosa.”
“Qualcosa”
Dentro
sono crateri di luce, che ghignano di tentazione. Quando i ricordi si fanno
pesanti, dentro perdoni rassegnati e
stanchi, dentro certezze. Mentre Saga
stringe le mani; mentre Kanon morde le labbra.
“A stare
in piedi?”
“Ad
accettarci.”
Di nuovo angst, alla
fine.
Insomma; insomma. Non è che
io non li veda in situazioni da biscottini e zucchero (glicemia; bisogna tener
sotto controllo la glicemia), ma sono i prompt che mi
condizionano. Tanto. E se mi chiamano al melò...Io
non ci resisto, ecco! Però; però un po’ è cambiato,
visto che ci ho messo i dialoghi. Mmm...Chi parla? Fate voi! Non credo sia determinante
chi parli prima e chi dopo. Qui, forse solo qui, davvero li vedo
intercambiabili, i cari gemellini.
E temo proprio che dovrò decidermi a spedirli
da uno psichiatra, prima di finirci io.
Beat: diciamo che, effettivamente, qui ci sta un po’ troppa luce.
Però, sinceramente, l’idea dell’Inferno come un mondo
pieno di luce non mi dispiace proprio. Sì sì! Mi fa
ancora più paura, così. Chi ha detto che il buio è solo male?!
E anch’io adoro il Muro del Pianto. Quella puntata, con tutti i cavalieri d’oro,
mi ha reso cadavere. C.a.d.a.v.e.r.e.
Per i biscottini, temo che dovrai aspettare ancora un po’ Chiedo venia! Intanto...Thè? Può essere un compromesso?
Kiki May: concordo concordo! Saga e Kanon hanno una luminosità tutta loro. Proprio, come dici
tu, di stelle e sangue. Mi piace
questa definizione, proprio tanto! E per Aiolos...Io ha una mia personalissima (e opinabilissima)
interpretazione e non ce lo vedo molto, come lampadina esterna che se ne va in
giro fra ricordi e ballate eroiche. Proprio no! Forse non ai livelli dei cari gemellini, ma l’ombra ce la vedo anche lì.
Niggle: l’armatura è stata un lampo, sai? Mi guarda
dalla vetrinetta e sembrava dirmi: ehi,
ti sei dimenticata di me? Sveglia! Ci sono anch’io! E allora, visto che
sono per la par condicio, ho messo anche
lei! E i gemellini adorano quel solco; credo. Grazie
per i complimenti ^///////^
Makochan: Figurati! Il benvenuto
è il minimo! Sai che mi hai dato un’idea? Aprire una specie di votazione: Saga
e Kanon. Colpevoli o innocenti? La mia idea sarà nell’ultima
drabble(è l’unica di tutta
la raccolta già pronta. Le altre le scrivo sull’ispirazione).
Che dici, lo faccio? Il tuo sarebbe il primo voto: Colpa: 0;
Innocenza: 1. E palla al centro. E grazie infinite per le belle parole che mi hai usato!
Per Kanonfuori è un
mare sopra la testa. Fuori è un
riscatto che sa di sconfitta, fra corridoi stranieri che scivolano
nell’abitudine.
E le
spalle larghe di Saga.
Per Saga
fuori è un cielo pieno di stelle. Fuori è una maschera che ricorda il
tradimento, nelle ombre di colonnati che insinuano lenti.
E le
labbra piene di Kanon.
“Siamo gemelli”
“Siamo
diversi”
“Lo so”
Fuori è
una Casa lasciata, che invita melliflua. Quando i labirinti sono fantasmi e
solitudine, fuori sono facciate
troppo uguali per assomigliarsi. Mentre Kanon allunga una mano; mentre Saga recupera un gesto.
“Lo
accetteremo?”
“Forse”
E ho finito anche il dittico!
In ritardo, e me ne scuso. Anzi no: perchè aveva deciso di scrivere questa drabble
sono a tesi conclusa. E ritorno al mio angst; ci sono
abbuonata e poi – sinceramente – adoro tormentarli. Sto scoprendo in me una venuzza sadica che non sapevo di possedere. Comunque! Ve ne sarete accorti: è speculare all’altra, ma ha deciso così:
raccolgo i prompt a gruppi, a livello stilistico.
Inoltre, ho da fare un po’ di annunci, questa
sera.
Il primo, lo avrete già capito, ma repetitaiuvant: ho
finito la tesi. Finita. Finita.
La seconda notizia è l’apertura di un
minisondaggio, sull’idea che mi ha ispirato Makochan,
cui vanno i meriti di questa piccola tortura. In sostanza: alla fine di questo tribunale dell’Inquisizione sui generis
(per restare nell’ambito areopagitico) secondo voi ci sarà condanna o
assoluzione? La mia idea la posterò con l’ultima drabble,
ma se vi stuzzica il pensiero prego: le votazioni sono aperte! E inserirò il
tutto in calce, aggiornando di volta in volta.
La terza comunicazione: non ho trovato uno
psichiatra, ma in compenso ho scoperto che la play è
un salutare compromesso. Saga e Kanon si possono
massacrare, e io non devo lavorare di ramazza.
Kiki May: condivido in pieno:
questi due sono davvero laceratie io mi diverto ad aggiungere qualche buchino qua e là. Per
i rattoppi c’è sempre tempo, no? Arriveranno anche quelli, con i prompt giusti. Grazie!
Niggle: credo che il fascino di Saga e Kanon sia molto in quel loro continuare a tradire e ritradire. Non l’ho mai visto come un elemento negativo,
quanto piuttosto come un punto a loro favore: la forza di ritornare sui propri
passi. Insomma: il fine giustifica i
mezzi. Se Machiavelli li avesse conosciuti, credo, avrebbe loro dedicato Il Principe. Come minimo!
Beat: se riciti la drabble a me fa solo immenso piacere; vuol dire che ti è davvero
piaciuta! E, come vedi, i labirinti della Terza Casa
sono davvero pericolosi. Già ti ci perdi se lo crea uno, ma se ci si mettono in
due e ci aggiungono i loro complessi psicologici...Voglio
una mappa! *Ancora tè? I biscottini stanno ancora cuocendo. Ma
arriveranno*
Makochan: hai indovinato una delle mie scene preferite
(con annessa citazione)! Hai per caso qualche potere ESP che occulti abilmente?
Anch’io gioco a scacchi (e perdo regolarmente. Camus è
imbattibile), ma ho scelto la dama perchè...Perchè mi ricordava un gioco dell’antica
Grecia molto simile; deformazione professionale. Ah, come hai letto lo
psicologo non lo trovato, ma l’altra soluzione – davvero – potrebbe giovare (ed
è pure economica, in confronto XD). Per finire: il primo voto assegnato al
sondaggio è il tuo!
Mentre l’aria andava e tronava, all’ombra di rocce che
sapevano di sale.
Ore erano gli occhi delusi di Saga.
Le ore di Saga erano gradini che scivolavano.
Mentre le lacrime cadevano e si seccavano, durante una corsa
che ricordava un inganno.
Ore erano il viso pallido di Kanon.
“Parliamo. Vuoi?”
“Voglio.”
Ore sono impronte parallele sul bagnasciuga,
Un’ora; e un’altra. E ancora.
Adesso, le ore per Saga e Kanon sono una bottiglia di retsina
con due bicchieri; sono una casa bianca su un mare turchese. E Saga ride; e
Kanon ride.
Raccontandosi.
D’accordo: è ufficiale.
Il ritmo delle drabble, ormai,
è confermato su una a settimana. Salvo cambiamenti e rivoluzioni varie che,
sinceramente, per ora non ho in programma. Venerdì, dunque. E speriamo di
riuscire a non deludere.
Intanto, i gemellini si sono
fatti perdonare: lunedì 21 giugno colazione a letto e torta al limone (e io
ADORO la torta al limone). Quasi quasi faccio mio il motto un buon non compleanno del Cappellaio. Ma dubito che Saga e Kanon
siano concordi^^’’’’
Ah! E c’è una piccola
comunicazione di servizio: ho più tempo adesso, ho preso in mano scopa e
secchio e ho dato una bella spolverata a Hanazakari no mori, il mio blog sul Giappone. Se
qualcuno fosse interessato, e posto anche su richiesta.
Kiki May: Oddio! Sai che mi fa un po’ paura? Brrr!
Angst a go go. Se penso che, fino a qualche anno fa, non sapevo nemmeno cosa
fosse, l’angst, e scirvevo quello che mi passava per la testa senza
etichette...Perchè vedo sempre più vicino un frustino letterario?! Grazie
infinite per le belle parole!
Beat: Sì, sono pessimi. E sì, li adoriamo per
questo. Poi, personalmente, non ce li vedo molto come penitenti a oltranza; ma
questa è un’altra storia. Per i biscottini...Intanto mi è arrivata la torta al
limone; e ispira. Decisamente. Ho messo Saga e Kanon ai fornelli; chissà cosa
ne uscirà? Il ricettario dice: cuocere a
fuoco lento. Mmmm...Per il momento non c’è fumo, ancora. E grazie ifninite
per il commento!
Makochan: *grazie infinite per la tesi!* E sì,
decisamente il frustino di cui parlo a Kiki è sempre sempre più vicino. Però
anche l’idea della catarsi...Ah! Aristotele, monamour! E il sondaggio
è serissimo! Un’idea stupenda!
Il gioco cui faccio
riferimento è la petteia, un gioco di
strategia disputato su una plancia a caselle e con pedine, simile alla dama e
agli scacchi moderni. Il termine che usi tu, pessoi (forma plurale di pessos),
indica le pedine, della petteia dalla
sua comparsa, ma in precedenza fa riferimento alle pedine di un qualsiasi
gioco, non legato di necessità alla damiera. Per primo fu Omero a usare il
termine pessoi come pedine, per
indicare i pretendenti di Penelope. Con Erodoto, invece, pessoi indica le pedine della petteia,
che quindi risale almeno al V sec. a. C. Scusa la lezione^^ Deformazione
professionale. E grazie del commento!
Mentre le ferite si richiudevano; mentre le domande
restavano. Giorni dopo esser tronati,
con un perchè che sapeva di amaro. Giorni a fissarsi, fra mezze parole e
silenzi profondi.
Quando per Saga giorni
erano stai una mascherata quasi irreale, di inchini e voce che risuonava fra le
colonne di Grecia.
Quando per Kanon giorni
erano stati un comando assoluto, fra coralli iridescenti e sciabordii infiniti
nella terra del mare.
“Quanto starai via?”
“Poco. Tre giorni”
“Ti aspetterò”
“Ritronerò”
E Kanon scompare nel giorno;
e Saga attende un giorno. Nelle mani
che si salutano; nel possesso.
Nella normalità.
Avevo detto: venerdì. Sono in ritardo di un
giorno, perdonate. Ma la colpa non è mia, sia chiaro!
É la connessione che, ieri, si è messa a fare le bizze e – sinceramente – Saga
e Kanon saranno adorabili e disponibili, ma come
elettricisti sono completamente incapaci. Con tutta quell’elettricità statica
che si ritrovano nel cosmo il mio contatore saltava
appena intuiva che si avvicinavano. Forse dovrei ringraziare qualche santo che
non ha preso fuoco la casa...Ci penserò!
Primo temporale da tempo
immemore. E mi ha restituito l’uso della corrente elettrica! Così ho potuto
postare. Anche se non sono sicurissima del risultato. Giudicate voi! In modo
spietato!
A venerdì prossimo (sperando che
nel frattempo non ci sia un qualche altro impianto che decida di darmi forfait).
Makochan: io, invece, lo adoro l’ouzo;
ma comunque tengo sottochiave gli alcolici. Sai com’è...con due ex-psicopatici in giro per casa è meglio esser prudenti^^
Seriamente, sono contenta che l’immagine delle impronte ti sia piaciuta: avevo
paura che risultasse un po’ stantia, ma immaginarmeli, come hai detto tu,
passeggiare tranquilli accanto al mare era una tentazione. Irresistibile. E si, si sono calmati un po’; anche se non so quanto durerà
questa tranquillità (apparente?). Grazie infinite per le tue parole!
Beat: concordo
concordoconcordo!
La torta al limone è d.e.l.i.z.i.o.s.a! E penso che farà un ritorno attivo, in una drabble.
Dovresti vederli, i gemellini, in questi giorni: si
sono dati alla pasticceria e dopo la torta si sono messi a sfornare biscotti. E
la mia riserva di limoni si è esaurita in due ore...Sigh! Mmm: previsione dei tanto
agognati biscottini della Terza? Vedremo. Intanto, mille grazie per il
commento!
Kiki May: ecco: commenti come i tuoi, sia chiaro, sono davvero gratificanti, ma mi mettono
addosso una paura matta. Soprattutto dopo quest’ultima drabble.
Spero che i giorni non deludano.
Comunque, ormai, è chiaro: mi sono avviata verso la pacificazione; anche se...In effetti...Mi sta nascendo un’ideauzza
un po’ malsana. Forse riesumo il frustino
letterario. In più sì: il 21 giugno era il mio
compleanno, celebrato per il raggiungimento del quarto di secolo^^ Grazie
infinite: per gli auguri e per il commento!
Mentre gli zoccoli battono il selciato; mentre il peplo
fruscia nei ricami d’argento. Quella
settimana nel sole di caldo di luglio, dentro ricordi recuperati fra paure e
rimpianti. Dentro settimane consumate distanti.
E Saga si veste d’oro, fra i melograni e le olive mature.
E Kanon si veste di scaglie, fra i coralli e la salsedine.
Quando il ditiramdo rieccheggia; quando le maschere sfilano,
fra tradizioni che sono ricordi e gesti che sanno di tempo trascorso.
Mentre Kanon sale alla terra; mentre Saga scende al mare.
“Kaire hegemon”
E Saga tende la mano e Kanon sorride.
Nel riconoscersi.
Ricomincio, ricomincio!
Come vedete da questo
aggiornamento, sono tornata! E sì, lo so: doveva essere quasi un mese fa, ma la
colpa non è solo mia sapete? Mi ci hanno costretta, sia chiaro!
D’altro canto, avrei voluto
vedere voi rifiutare l’invito a visitare i castelli della Baviera, soprattutto
se a portarvelo è un poco rassicurante Generale inglese con tanto di armatura
nera e sguardo accigliato. Il fatto, poi, che Kanon ridacchiasse di continuo
alle sue spalle e mettesse me in mezzo ad una possibile vendetta non è cosa
poco rilevante eh! Se poi penso che, mentre io mi facevo i chilomentri a Monaco
i cari gemellini se ne sono stati tranquilli tranquilli a giocare a carte con
Radamanthys (e non chiedetemi come mai sia ancora tutti e tre vivi, perchè non
ne ho idea!)...Depressione? Ma chi parla di depressione?! Al contrario!!! Forse
sono un po’ migliorati e io non devo fingere per farli vincere a scala
quaranta!
...
Meglio recuperare un po’ di
contegno, che è meglio! (citazione
citazione!!!)
Dunque: riprendo ad aggiornare
regolarmente, quindi il venerdì. E reinizio con una drabble che, sinceramente,
mi ha fatto faticare unbel po’. Il centro qui non è tanto il rapporto fra Saga
e Kanon, ma una piccola toccata e fuga delle Panatenee. E sì, penso proprio che
sia una buona occasione per vedere i cari gemellini sfilare con le loro
armature e scaglie (perchè per me- se non si è capito- Saga è saint di Gemini e
Kanon sta benissimo come generale degli abissi. Dopo esser tornati dall’Ade,
chiaro).
Ah: Kaire
hegemon significa, in sè, salve comandante. Lo
dicono entrambi, quindi va interpretato sia come generale degli abissi detto da Saga a Kanon, sia come cavaliere (termine che in greco non
esiste secondo la nostra accezione) detto da Kanon a Saga. Un bel
riconoscimento, non vi pare?
Kiki May: no no, non ti preoccupare! L’ansia da
prestazione non me l’hai messa tu, penso sia parte integrante del mio codice
genetico, invece XD E, scherzi a parte, apprezzo moltissimo, davvero, le tue
parole: come dici tu, una buona critica e un buon apprezzamento sono la
gratificazione migliore per chi scrive e lo sprone a migliorarsi e a impegnarsi
di continuo. E sì, hai ragione: i gemellini sono complicati, ma neanch’io
scherzo. Chissà! Forse avere per mezzo segno zodiacale gemini non aiuta molto.
E per quanto riguarda l’ideauccia malsana...É quais pronta! É andata un po’ a
rilento, ma ormai ci sono (quasi). E con due personaggi che non ho mai
affrontato (paura. Brrrr!).
Makochan: sarà destino, ma anche adesso che scrivo
sta diluviando. E ti assicuro che a casa mia ci deve essere un qualche strano
contratto fra la corrente elettrica e l’acqua, nel senso che se c’è l’una sono
sicura che c’è anche l’altra, fosse solo per avere il singhiozzo e continuare a
farmi accentere e spegnere il compuer o farmi prendere scosse con le cose più
impensate (hai presente i fiori di carta? Ecco: io prendo scosse anche dai fiori
di carta!). Sono felice che la drabble ti sia piaciuta, e se quella era la
separazione questa è il ritorno. Spero ti piaccia!
E sì, tranquilla: ho messo
sotto chiave qualsiasi forma di etanolo circolasse in casa mia. E ti assicuro
che non è stato facile trovare la scorta di birra tedesca che si erano fatti,
ma hanno fatto baldoria abbastanza, quei due, in un mese!
Beat: grazie infine per i complimenti! E sì,
effettivamente Saga tentenna. M anche Kanon non è proprio una roccia. Diciamo
che lo nasconde un po’ meglio (o forse sono io che mi concentro un po’ troppo
su Saga? Mmmh...E’ da ponderare, la cosa).
Isabel di Thule: come vedi, sono viva vegeta
(?) e con il computer integro. I gemellini devono solo provarci, ad avvicinarsi
al mio PC e ti assicuro che l’esplosione galattica sarebbe una brezza in
confronto alla mia ira funesta (e lo sanno, oh
se lo sanno). E li ho raccattati dalla trasferta tedesca. E sono contenta di
sapere che il tuo soggiorno austriaco è stato meraviglioso. E spero che
l’estate stia procedendo bene!
Prima che Saga risalisse
alla terrazza; prima che Kanon riscendesse
agli abissi:traditori sui troni di
mondi antichi e segreti.
C’erano mesi, fra parole e silenzi e complicità ritrovata e rabbia nuova e assaporata.
Fra gesti vecchi che sanno di nuovo,
di riscoperto. E nei mesi Kanon si svileva, recuperando
ricordi ripudiati; nei mesi Saga
accettava, soppesando un ruolo riscoperto. Imparando
nei mesi a vivere un tempo nuovo.
“Sei lento”
“Anche tu”
“Mmh. Otto mesi. Troppi?”
“No. Abbiamo tempo”
E Saga scrollava le spalle; e Kanon stirava le braccia. A
volte passavano mesi, prima di ritrovarsi.
La mia dispensa assomiglia pericolosamente alla
borsa di Mary Poppins. E questa sera, mentre riordinavo la spesa e cercavo di ottenere
la pacifica convivenza fra i biscotti alle albicocche e una confezione di patate
mi sono imbattuta in due cosucce interessanti.
La prima era un sedicente barattolo di
marmellata di fichi (chi ha letto le note di Aquiloni sa a cosa mi riferisco), alla cui riesumazione i gemellini si sono affrettati a sottoscrivere un cessate le ostilità per convertirsi a uno strenuo
ostracismo contro la sottoscritta, rea di aver occultato ( a sua insaputa!) il
famigerato barattolo.
La seconda cosa era un barattolo di ananas
prontamente convertito in torta che ha più lìaspetto
di un sole ipocalorico, ma estate è una volta l’anno e la dieta può aspettare ancora due settimane. Soprattutto se il dolce
in questione fa dischiudere il sancta
sanctorum (leggi ex studio mio) di Saga e Kanon e
li piega alla drabble così postata.
Scusate il ritardo!
Ayako_Chan: per prima cosa, benvenuta e grazie infinite del
commento! Le parole che mi usi mi fanno molto piacere e mi imbarazzano
molto. Sono contenta di averti attirata, perchè, in effetti, in
cento parole non è proprio facile descrivere questi due. E sì, anch’io mi ero
sempre immaginata Kanon al santuario, possibilmente
come nuovo gran sacerdote; ma poi...Poi il diretto
interessato mi ha fatto notare che il posto è già occupato dal redivivo
fratellino e allora me lo sono rivisto con la scaglie, sullo stesso piano, con
lo stesso ruolo e negoziare una tregua con Saga e la Viverna
e ho riso finchè mi ha guardato male. E alla fine è
stato così! Infine, lo stile: sono contenta della critica che mi hai mosso. É un
azzardo, da parte mia, nelle prime drabble usare uno
stile, come dici tu, ripetitivo, ma il mio intento sarebbe quello
di creare dei gruppetti tematici ideali affini proprio per stile; e
nelle prime drabble far avvertire pesante il tempo,
passato e futuro.
Kiki May: e il nucleo *gemelloso* è ripartito^^ Ormai
siamo agli sgoccioli delle drabbleangst e presto (nelle previsioni) dovrebbero affacciarsi
quelle più quotidiane e rilassate. Il futuro si prevede fitto di zucchero
filato, limoncè e patatine. E vista la scorta in
dispensa...Ho paura! (e se ce
l’ho io...). Il caro spectre, per il momento, è
relegato ad una fanfic cui
sto lavorando; e Aiolos è latitante (dopo Come azzurro mi ha imposto un periodo di
riposo^^). Ma, come dici tu, sono personaggi importanti:preziosi.
E una comparsa, prima o dopo, la faranno. É assicurato.
Ne approfitto anche
per un veloce ringraziamento per aver commentato Aquiloni. Le tue parole mi hanno fatto...Mi
hanno trafitta, ecco. Grazie graziegrazie! É solo un presente
istantaneo, sia chiaro! Domani redigerò la risposta esauriente in calce ad Aquiloni stesso. A presto!
Makochan:risposta esatta! Era
proprio Puffo Quattrocchi! La Signoria
Vostra vince...vince...Ragazzi! Qual
era il premio in palio? Facciamo una fetta di torta? Come l’avete già finita
tutta?! Oddio! Ehm...Ti
accontenti di un bacio di questi due golosi? E per il kairehegemeno, giuro, non credevo potesse
avere tanto successo: all’università ci salutiamo così, ogni tanto, per
scherzo, quindi sono abbastanza abituata a sentirlo come qualcosa di normale.
Mi è venuto di getto, ma effettivamente, rileggendo, il
tuo commento ho avuto paura di me stessa^^ (No, non mi monto la testa: proprio
il contrario! Adesso sì che ho paura di deluderti con le prossime drabble!) Un caro saluto!
E Saga aveva costruito
illusioni fra le colonne di Grecia; e Kanon aveva rincorso vendette fra i coralli del mare.
Per anni si erano ignorati,
quando i cosmi sofferti si
rincorrevano: e il mare montava, e le stelle piangevano. C’erano voluti anni, fra il mirto e la salsedine; nelle
bugie raccontate a se stessi.
“Mi hai cercato.”
“Ti ho rincorso.”
Anni passati a giocare,
quando Saga sfidava il mare, dietro una maschera rubata; quando Kanon
indovinava la terra, sotto un elmo ususrpato.
“E adesso?”
“Ti ho preso.”
E sorridevano di un’acchiapparella durata anni.
Oggi sono puntuale^^
E con anniconcludo, per il momento, la sezione angst della tabella. La sezione colori sarà decisamentemooolto più leggera e
ironica e i cari gemellini saranno davvero adorabili. Mi stanno raccontando un bel
po’ di aneddoti piacevoli che provvederò a
trascrivere, testimonianza di un loro lato nascosto che li fa diventare più
rossi del mio divano (sì, ho un divano rosso. Che c’è? É carino!).
**Ah! É possibile un po’ di pubblicità occulta? Io ci provo: non
uccidetemi^^ Ho pubblicato una breve one-shot
in Detective Conan, se qualcuno è
interessato. Sia chiaro: NON è assolutamente una richiesta di commenti! Ecco: l’ho detto! E adesso sprofondo sotto la sabbia come
uno struzzo per la vergogna. ^/////////^**
Sono un po’ di fretta, quindi scusate se non mi
dilungo particolarmente. Grazie mille a chi legge e soprattutto a chi commenta!
Alla prossima settimana!
Kiki May: sari accontentata, vedrai! (o almeno spero di riuscire
a renderli in versione quotidiana. Quello che ho approntato, finora, è
passabile). E ti do pienissima ragione, davvero!Come si possono confondere?!
Ok ok sono gemelli, ma non si assomigliano nemmeno
lontanamente: ad esempio Kanon vuole il caffè amaro amaro e Saga ci versa dentro
(quasi) l’intera zuccheriera. Se poi confondono le tazze...Un
abbraccio!
Saga stringe gli occhi. I divani non sono rossi; i divani sono bianchi, neri, al massimo blu. I
coralli sono rossi; il vino che Kanon
gli ha offerto è rosso; lo zafferano
è rosso; la tenia di Aioros è rossa. I divani no; i divani non sono
rossi.
“Ecco: chtapodi crasato e... Che c’è?”
“É pacchiano.”
“Il divano?”
“Quello non è un
divano” scandisce piano Saga, quasi nauseato. “É una tortura visiva. Cambialo!”
“Lo tengo allora” scrolla le spalle Kanon. “Non ci hai mai
capito niente di arredamento, tu.”
Finalmente, dopo tre settimane
di andirivieni dall’ospedale, posso aggiornare di nuovo.
E ricomincio con i colori. E avverto che è pronto tutto il prompt, per cui l’aggiornamento, salvo
imprevisti, è sicuro.
Scusate se sono un po’ veloce,
ma devo ancora scannerizzare una cinquantina di immagini e domani ho la
consegna della tesi.
Chiedo venia^^
Risponderò per bene ai
commenti la settimana prossima.
O forse prima, perchè: ATTENZIONE! Forse
faccio passare l’aggiornamento da una drabble a settimana a due a settimana.
Non assicuro; ci devo pensare. E devo vedere se i gemellini accettano l’intensificazione
del programma^^
E’ solo un’ideauccia.
Intanto, grazie mille a chi
legge e, soprattutto, a chi ha commentato: siete fantastiche!
Chtapodi crasato letteralmente significa significa
polipo al vino, ed è una tipica
ricetta greca delle zone costiere. Si taglia il polipo a pezzetti, lo si mette
in pentola a bollire con un bel po’ d’olio fino a disidratarlo (quasi). Soffriggetelo
un po’ e aggiungeteci due bicchieri di vino (rosso, naturlamente) e lasciate
cuocere fino a rendere il polipetto tenero e la salsa bella consistente. Al massimo,
aggiungeteci qualche pomodorino e uno o due foglie di alloro (accidenti! Mi
sembra di essere un libro di cucina^^ E mi è pure venuta faaameee!)
La tenia,è che il nome
corretto della fascia portata in fronte da Aioros. Viene dal greco tanìa, che significa porprio nastro, benda. In antichità, era portata
dai sacerdoti in occasione delle principali funzioni religiose, dagli atleti
durante i giochi o nel ginnasio e dai guerrieri, con lo scopo pratico di
proteggere la fronte dall’abrasione dell’elmo. In sè, ha un particolare
significato simbolico, in quanto chi porta la tenia viene riconosciuto come
posto sotto la protezione della divinità cui è fedele. Una specie di segno
tangibile di riconoscimento.
Gli altri significati derivano
di conseguenza da questo, che è il più antico (prima voce sul Devoto-Oli, Vocabolario della lingua italiana, Le
Monnier): prima è stato applicato all’architettura, indicando propria una benda nell’ordine dorico, poi in
medicina, per designare quel decisamente poco simbatico vermiciattolo che può
annidarsi nell’intestino (e che, guarda caso, richiama un nastro per aspetto).
Per controllare: cercate sul vocabolario Garzanti online. Bisogna registrarsi,
ma è gratuito è fornitissimo. Cercate tenia,
cliccateci sopra e scendete fino al terzo significato, è leggermente
incompleto, ma soddisfaciente.
“Ah.” Kanon picchietta l’arancia sul mento, prima di
sbucciarla lentamente. “Che ha combinato?”
“Nulla, credo”
soppesa Saga, distraendosi dal libro. “Perchè?”
Kanon scrolla le spalle, divertito: se DeathMask fa un regalo
qualcosa ci deve essere. E se il
regalo è per Saga, significa che il qualcosa
è un guaio bello grosso. E solo Saga può sistemarelo.
“Ne porto qualcuna con me. Ti dispiace?”
“Affatto. Ah, Kanon...”
“Mmh?” mormora, lo spicchio già stretto fra i denti, per poi
strizzare gli occhi e rabbrividire. Saga sorride.
“...sono aspre.”
Per prima cosa chiedo venia! La settimana
scorsa ho aggiornato in fretta e poi, fino ad oggi, non ho più riaperto Efp. Di conseguenza, non mi ero accorta che nella drabble “Rosso” erano saltate le note esplicative finchè, leggendo i vostri commenti, non mi è venuto il
dubbio e sono andata a controllare...Per ritrovarmi un
bel buco bianco. E sì, mi ha fatto sudare freddo. Chi lo dice che solo i buchi
neri, fanno paura? O le dimensioni oscure?^^Saga mi ha guardata
decisamente male,mentre imprecavo contro tutti i transistor del mondo e Kanon si è premurato di cercare sull’elenco il numero della
neuro. Adoraaabili,
nevvero?
Ma torniamo a noi: due
comunicazioni. La prima è che mi accingo immediatamente a rimediare al
pasticcio combinato inserendo di seguito le note esplicative, che vengono riportate anche nella precedente drabble.
La seconda è che, come anticipato, rispondo ai commenti sia di Anni sia di Rosso in un colpo solo. Scusate^^.
Infine, vi rendo noto
che inizio ad adorare le guest star, che fanno una
capatina fugace anche solo nel pensiero. Ergo: preparatevi!
Prima dei ringraziamenti, i dovuti chiarimenti,
ripresi da quelli doverosamente inseriti nella drabble
precedente:
Chtapodi crasato letteralmente significa significa
polipo al vino, ed è una tipica
ricetta greca delle zone costiere. Si taglia il polipo a pezzetti, lo si mette
in pentola a bollire con un bel po’ d’olio fino a disidratarlo (quasi). Soffriggetelo
un po’ e aggiungeteci due bicchieri di vino (rosso, naturlamente) e lasciate
cuocere fino a rendere il polipetto tenero e la salsa bella consistente. Al massimo,
aggiungeteci qualche pomodorino e uno o due foglie di alloro (accidenti! Mi
sembra di essere un libro di cucina^^ E mi è pure venuta faaameee!)
La tenia, che tanto scompiglio ha causato, altro non è che il nome
corretto della fascia portata in fronte da Aioros. Viene dal greco tanìa, che significa porprio nastro, benda. In antichità, era portata
dai sacerdoti in occasione delle principali funzioni religiose, dagli atleti
durante i giochi o nel ginnasio e dai guerrieri, con lo scopo pratico di
proteggere la fronte dall’abrasione dell’elmo. In sè, ha un particolare
significato simbolico, in quanto chi porta la tenia viene riconosciuto come
posto sotto la protezione della divinità cui è fedele. Una specie di segno
tangibile di riconoscimento.
Gli altri significati derivano
di conseguenza da questo, che è il più antico (prima voce sul Devoto-Oli, Vocabolario della lingua italiana, Le
Monnier): prima è stato applicato all’architettura, indicando propria una benda nell’ordine dorico, poi in
medicina, per designare quel decisamente poco simbatico vermiciattolo che può
annidarsi nell’intestino (e che, guarda caso, richiama un nastro per aspetto).
Per controllare: cercate sul vocabolario Garzanti online. Bisogna registrarsi,
ma è gratuito è fornitissimo. Cercate tenia,
cliccateci sopra e scendete fino al terzo significato, è leggermente
incompleto, ma soddisfaciente.
Kiki May: è lecito un GRAZIE
cumulativo? Se non lo è, allora: graziegraziegraziegrazie....[inserire segno infinito, ovvero un otto che ride, come
lo definisce Kanon].E sì, hai colto: con Anni si è chiusa una fase, quella più angst. Che tornerà, certo, ma per il momento è l’ora dei
biscottini^^ E spero di non sbagliare le dosi e le ricette. Inoltre, come te,
anch’io pensavo che fosse Saga a bersi il caffè amaro, e quando ho chiesto
spiegazioni i gemellini si
sono scambiati uno sguardo decisamente poco rassicurante. Temo che presto
conoscerò (e la farò conoscere a voi^^) l’origine
della strana abitudine. Per il divano...é fantastica
la tua programma di approfondimento sulla
sessualità. Posso adottarla a distanza? Posso? Posso? E ti assicuro che
quel divano fa davvero a pugni con il resto. Immagina: arredamento “classico”
(nel senso che risale, suppergiù, al IV-V secolo a. C.
Miracoli del cosmo divino: è un ottimo antitarme!) e quel pezzo moderno e
colorato. Saga ha ragione a farsi venire un travaso di bile, ma è trooooppo comodo! E all’estetica Kanon
preferisce la comodità, te lo assicuro (e anche Saga, perchè,
criticato ha criticato, ma poi ci ha sonnegghiato divinamente, su quel divano orribile). Grazie per gli auguri e sì,
spero che per un bel po’ la parentesi ospedaliera sia chiusa. E grazie infinite
anche per gli auguri per la tesi: consegnata è
consegnata, e adesso resto in attesa del giudizio di relatore e correlatrice.
Speriamo! Allo prossima!
Makochan: lo avevi richiesto, il divano rosso, e sei
stata accontentata XD Sono andata a controllare, nel dubbio: niente sagome sul
pavimento, proiezioni olografiche o strani influssi mentali per manipolare la
mia capacità di discernimento (per sicurezza, ho anche fatto visita ad un oculista e ad un neurologo. Vabbè
che è Saga ha conoscere il Genro Mao Ken ma non si sa
mai. Quei due hanno una spiccata capacità all’imitazione e al raggiro).Kanon mi ha confessato che si
era innamorato del mio divano e ha girato mezza Grecia per trovarne uno
identico (è leggermente datato,
povero il mio divano). E anch’io lo voglio vedere in discinta veste da camera!!! Altrimenti facciamo un sit in di protesta, ci stai? Però,
ho scoperto che Saga è ancor più anticonformista di Kanon,
solo che lo nascondemooolto
bene. Vedrai vedrai^^ Per quanto riguarda le altre
due domande, spero che le note di cui sopra siano state abbastanza chiare. E
mille grazie per gli auguri per la tesi! A presto!
Ruri: come avrai capito dalla
nota che ho aggiunto (e che, ripeto, era saltata) il termine tenia non è stato una mia svista nè nascondeva qualche orrorifico
o complesso gioco allusivo. É un termine tecnico, se
così vogliamo definirlo; e da (buona) grecista mi è venuto spontaneo usarlo e
mantenerlo. Grazie per il tuo intervento.
Di novembre Kanon risale alla terra, nel barbaglio di scaglie
d’oro.
“Sei nervoso” gli ricorda, allungandogli un limone profumato
di sole e di vento. E gli siede accanto, sul marmo che va raffreddandosi, la
scorza gialla masticata con indifferenza.
Di novembre Saga è sempre
irritato. E il limone lo rigira indeciso, mentre Kanon allunga le mani nella
dispensa.
“Torta?”
“Al limone?”
“Ovvio!”
“La fai tu?”
“Problemi?” indaga Kanon, nella voce finta irritazione.
“No.” Saga socchiude gli occhi, addentando stuzzicato il limone. “Ma non
distruggermi la cucina.”
“Malfidente.”
Di novembre Saga è irritato.
Quasi sempre.
Questa volta sono puntuale.
Confidate confidate: manterrò questa cadenza^^ E
oggi è una bella giornata ottembrina che tende al
freddo (si gela, qui da me. Ho la stufa che mangia
legna quasi 24 ore su 24 (Sempre a maltrattarci! Uffaaaa! É la
lamentela quotidiana del mio fuocherello – citazione da.
Da? Indovinatelo! Vincerete...Ehm...Poi
ci mettiamo d’accordo sul premio, va bene? Se riesco a riacchiappare Saga e Kanon li mando alla vincitrice,
promesso! Se, invece, ci fosse un vincitore
provvederemo, va bene?).
Dicevo: questa bellissima giornata mi ha fatto
balenare in mente questo drabble. Niente guest star qui. Dopo l’esperienza con DeatMasck
devo lasciare loro un po’ di tranquillità, poverini.Ma già dalla prossima si ricomincia! Ergo: le
giornate fuligginose mi mettono tanta allegria, e ascoltare i borbottii di Saga
e le imprecazioni di Kanon(in
greco. Il mio vocabolario ringrazia: si sta ampliando!) mentre si rintanano
sotto al piumone (perchè sì,
loro hanno già voluto il piumone. E
rimpiangono il caldo clima ellenico) che si trascinano ovunque a scapito della
mia quotidiana fatica di riordinatrice di giacigli non può che giovare al mio
umore^^ Perchè, in quei momenti, sono semplicemente a.d.o.r.a.b.i.l.i! (Se lo sapessero, mi ucciderebbero ^^”” Quindi...GUAI a chi fa la spia!)
Bene: chiudo il delirio.
Alla prossima!
Ruri: felice di sapere che la scenetta è stata di
tuo gradimento! E anch’io sto imparando ad apprezzare sempre di più DeathMasck.
É complesso: non è il solito cattivo stereotipato, anche se buona parte della
serie lo mostra così. Ma al Muro del Pianto c’era,
eccome! E non riesco a credere che possa essersi pentito solo per avere cinque
minuti di vita da sacrificare subito. Nonono! Non era
“cattivo”: era solo...Solo...é complicato, ecco! Mooolto molto complicato. Ma
proprio per questo affascina!
Quando al discorso lessico-note è estremamente interessante e complesso (in sè. Non in riferimento alle mie fanfic). Da parte mia ti posso dire che è vero che ho un
uso un po’ capriccioso in sè del linguaggio. Hai citato Pirro e le altre fic della raccolta Variazioni: quello, però, sono un caso estremo e voluto. Volevo che fosse difficile; volevo che non si capisse. Perchè
il fulcro della questione era proprio l’incomunicabilità. E il mezzo linguistico
era solo uno stratagemma (banale, ne convengo) per renderlo. Quando all’uso di
termini arcaici o desueti (perchètenia in accezione di fascia non è arcaico,
è solo desueto, ma ancora vivissimo) non concordo pienamente con te: il
significato va calato nel contesto (il botulino, ad esempio, è sia un elemento
della chirurgia plastica sia un batterio presente in alcuni cibi avariati come
la marmellata. Va interpretato, ovviamente: in clinica o in cucina) e,
personalmente, preferisco sacrificare un po’ di “semplicità” di lettura con una
nota a piè pagina piuttosto che impiegare un termine inesatto o una perifrasi
(che spesso non fa altro che appesantire). Ripeto: è
comunque la mia personale opinione, e rispetto pienamente la tua comunque.
Kiki May: detto-fatto! Ho
adottato la tua espressione e l’ho riproposta in
classe ad un uditorio che, prima, mi ha fissato inebedito,
poi si è timidamente azzardato a chiedere conferma di quanto udito e infine si
è quasi soffocato nel tentativo di controllare le risate. E, forse, devo
ammettere che inserircela durante la spiegazione della verghianaLupa non è stata la mossa più saggia.
Colpa tua! Ci stava a pennello e mi è uscita
spontanea: con tutto quel rosso disseminato qua e là...Mi aspettavo solo Kanon e Saga facessero capolino da un momento all’altro
dalla porta è la frittata sarebbe stata fatta!
Quanto al fluff e alla familiarità domenstica: giuro! Sarai accontentata! In questa torniamo
un po’ malinconici, ma si rimedia presto! I prossimi colori sono (parere di parte, concedimelo. Ce la sto mettendo tutta, per
essere un po’ ironica e non tragica nelle ambientazioni e nelle situazioni) più paradossali e quotidiani. Mi dirai.
Grazie mille per gli auguri!
Lete89: capperi, sono
arrivata al poema XD Seriamente, posso copiarti o poi mi citi per approrpiazione indebita? Perchè,
sai, conoscendo la tua futura professione, so già di
non aver speranze, ma se tu chiudessi un occhio (meglio: tutti e due!)...No eh?
Tirchia! Allora ti quoto! Totalmente! E ti ringrazio infinitamente delle tue
parole! Ti abbraccio.
“Un’idea di Kanon” precisa Saga, allungando la limonata ad
Aioros. “Si è messo in testa di farmela piacere.”
“Bhè, da una nota di colore” constata Aioros, stizzicando le foglioline
verdi della menta sul davanzale della finestra. “Ti disturba? O la trovi
poco...” Aioros calca il sorriso maledetto
“...seria?”
“Ma no, no” sbuffa Saga, una mano veloce nell’aria. “Ci sta
benissimo!”
“E allora dov’è il problema?”
“La granita”
“Granita?” ripete Aioros, infilandosi in bocca una fogliolina
fresca di menta, mentre Saga storce il naso infastidito.
“Lo dici tu, a Kanon, che io odio il sapore della menta?”
Sono furiosa!
Ecco: l’ho detto! E avrei voluto torturare
sadicamente i caaaarigemellini che ieri mi hanno lasciato con una gomma a
terra per tre ore facendo lo sciopero del telefono per...Per
cosa, poi? Perchè erano troppo occupati in una
partita a monopoli e il cellulare non lo sentivano,
nemmeno fossero state le trombe del Giudizio Universale!
E quando sono tornata a casa fradicia – perchè ovviamente a me una gomma a terra non capita quando
c’è il sole e qualche gentile esemplare maschio di
passaggio; no. A me la gomma a terra capita quando Zeus ha deciso di far lavare
tutti i pavimenti dell’Olimpo senza risparmio di acqua e fa un freddo tale che
nemmeno i lupi ci si azzardano a uscire, o rimangono
congelati.
Dicevo: quando sono tornata a casa fradicia, semiassiderata e con tre ore di ritardo quei due...Quei due! Invece di preoccuparsi, mi hanno detto: ma dove sei stata? Te ne sei ricordata, del pesce?
Glielo avrei sbattuto in faccia volentieri, il pesce!
Ecco!
Ahhhh! Mi sono sfogata!
E preparo vendetta: dolce squisita deliziosa vendetta!
Intanto, con questa drabble,
ho (ri)chiamato in causa il
mio (nostro) amato Aioros. E mi piace l’idea che se
ne stiano a chiacchierare amabilmente in cucina come
ragazzi qualunque. Saga è statoperdonato, ma non assolto.
E credo che anche Aioros stia cercando di ricucire un
rapporto che ha sentito spezzarsi.
Vabbèvabbè!
A voi il giudizio!
La citazione: è di CalciferneIl castello
errante di Howl. Leggetelo! E un libro
bellissimo, e anche la seconda parte è molto bella. E guardatevi il film: con
il libro c’entra poco, ma è davvero davvero
godibile, fosse solo per i disegni!
Charm_strange: una new entry, come sono felice! Benvenuta!!!
E...appena riesco ad acchiappare Kanon te lo mando.
Preferisci un fiocco rosso o uno blu? Sai com’è: legato per legato, almeno
farlo con un po’ di classe^^.
E grazie mille per i complimenti!
Kiki May: carissima, hai
ragione! La malinconia è bella, può
anche esser bella.
E poi, cosa c’è di male in quel sentimento decadente e un po’ marcio di ottocentesca memoria? Se non
ci fosse malinconia, non ci sarebbero ricordi piacevoli; se non ci fossero ricordi piacevoli, non ci sarebbe vita. Ok ok: come sillogismo fa acqua da tutte le parti (e decisamente schifo, anche). Ci vogliono i biscottini! Sì sì! Metto Kanon ai fornelli! Per
la cronaca: la torta, alla fine, era risultata salata
(Saga aveva sbagliato ad avvitare i barattoli di sale e zucchero: cambia solo
il tappo. Per poco non sono finiti all’ospedale per una lavanda gastrica^^)
Mokochan: ammalata?! Oddio! Mi
dispiace! Stai meglio adesso? Death! Va subito a portarle delle arance, ma di
quelle buone, hai capito?! Tante! ...No: non cento chili, ma una bella scorta! Devi ringraziarla!
Lo so che adori esser definito padrino!
Questo matto, infatti, è piombato a casa mia alle undici e cinquantatrè
di sera, ha tirato giù dal letto me, Saga e Kanon e
ci ha costretti alla maratona della trilogia de Il Padrino. Era galvanizzato. E faceva
paura. Decisamente
faceva paura! Nemmeno Saga ha trovato il coraggio di replicare (o forse non
l’ha fatto perchè appena sveglio ha la pressione
bassa?).
E concordo con te: di tutta la loro rivalità è
rimasto quel giochino un po’ infantile e normale fra
fratelli. Si prendono un po’ in giro, ma ci sono per
aiutarsi in modo discreto. E ti confermo che Kanon è
un mago, ai fornelli! Se solo avesse voglia di cucinare di più anche per me...sigh! Si è fissato che si
concede una volta a settimana (almeno la domenica posso
riposare^^).
Ti sembrerà strano, ma per me Novembre è davvero un mese solare! Mi piace
tantissimo! A Saga, come dici tu giustamente, Novembre non piace molto perchè è il mese del Sagittario e perchè
è a Novembre che risale la notte degli inganni. Brutti ricordi. Anche se, a ben
vedere, basterebbe la bagarre per il
compleanno di Milo a farglielo odiare...(e per fortuna
che è una festicciola, visto che in Grecia si festeggia l’onomastico più che il
compleanno).
Kanon mastica un’imprecazione, la lattina accartocciata in
mano. Aveva detto: non. farne. parola. a.
nessuno. E in quel nessuno c’era
soprattutto Saga. Glielo aveva detto a due centimetri dal naso, con un sorriso
pericoloso. E Syria aveva risposto: natürlich.
“Allora? Cos’è?”
“Un locale.”
“Un locale?” appunta Saga, con malcelata indifferenza.
“Un locale blues, a New Orleans.”
“E da quando ti piace il blues?”
“É un problema?” Kanon sbuffa, una mano ad arruffare i
capelli. “In fondo sono sempre a casa mia,
no?”
“Suppongo” acconsente Saga, mentre Kanon infila le mani in
tasca, irritato.
“Mi ci porti?”
Scusate scusatescusate immensamente il ritardo
di una settimana!
Ma venerdì scorso sono
stata reclutata a forza da Kanon per una trasferta
austriaca e mi sono goduta tre giorni ospite in una fantastica villa dei Kedives.
Avere per amico il generale di uno dei
principali armatori del pianeta ha decisamente i suoi
vantaggi, vero? E non che Kanon mi abbia chiesto
(obbligata!) ad accompagnarlo per fare un regalo a me, non credetelo! Aveva
solo bisogno di una spalla, di un supporto durante certe esibizioni alla
filarmonica cittadina. Sia chiaro: Kanon è molto
legato a Sorrento, ma quattro ore di Mozart, Chopin,
Strauss e Britten (soprattutto Britten,
che Syria adora e continua a suonare) non le avrebbe rette. Proprio no. E dal momento che Saga ha dato forfait per non ricordo quale impegno con Aioros,
sono stata reclutata io.
E sono stata edotta da Syria con grandissimo
imbarazzo di Kanon (corredato da promesse di morte e
di viaggi in altre dimensioni come sottofondo) sul gustoso aneddoto che vi ho
riportato.
Kanon ha negato
spudoratamente, e quando ho chiamato Saga al cellulare per averne conferma ho
faticato a non ridere nel sentirlo bofonchiare qualcosa di simile a un non ne so niente. E alle spalle avevo Kanon che digrignava i denti come una tigre e credo che
anche Saga lo abbia percepito. Alla
fine, è bastata un’incursione notturna in camera di Kanon
(lui era giù in salotto, cosa andata a pensare?!) per
trovare uno stipetto pieno di CDbluses.
La resa è stata d’obbligo. E
io l’ho assaporata con immenso piacere XD
Scusate ancora, ma fra questo e la discussione
di laurea ormai imminente praticamente non ho orari e,
se riesco a ritagliarmi cinque minuti, entro in panico e mi affretto a farli
trascorrere subito.
L’appuntamento di venerdì prossimo, però,
dovrebbe essere regolare, anche perchè, a quel punto,
ho il mio diploma di laurea in mano e un punto fermo bello grosso.
EDIT
Il commento di Titania67 mi ha fatto
riflettere, e in effetti la drabble
è un po’ ostica. Quando l’ho pensata
(ovvero quando Sorrento me l’ha confidata) avevo una serie di riferimenti che,
in effetti, a voi mancano o non sono immediatamente intuibili. Non per voi, ma perchè sono contorta io a scrivere!
Allora: il BlueNile è un locale blues realmente
esistente a New Orleans e famosissimo, per l’ottima musica e per ospitare
personaggi di spicco dell’entourage
musicale blues. Kanon ci capita ogni tanto quando è
in giro per il suo mare. Un po’ come
se Saga avesse una discoteca nascosta in cantina alla Terza Casa. Il mare cui faccio riferimento, ovviamente,
è l’Oceano Atlantico del Nord, su cui affaccia New Orlians e alla cui colonna è preposto Kanon.
Ovviamente per me, che lo vedo fedele ad Atena ma fra le schiere di Poseidon. E prima o dopo spiegherò per come e perchè, promesso!
Se Kanon si reca al BlueNile per sentire della
piacevole musica o per suonare, sinceramente, non mi è stato confidato.
Indagherò! Intanto, interpretatelo come volere!
Kiki May: carissima, sai che mi
cogli un po’ impreparata? Perchè, a voler esser
sinceri, era mia intenzione cercare di evitare in ogni modo possibile un angst con Aioros e Saga.
L’argomento, ovvio, salterà fuori prima o poi (temo),
ma lo vedevo piuttosto come un confronto fra i gemellini.
Oddio! Adesso non so esattamente più come muovermi: panico!
E per la faccenda del perdono/assoluzione...La mia testolina sta elaborando una visione che (io per
prima lo ammetto) mi spaventa^^. Ma, come dici tu,
intanto godiamoci questa specie di tregua.
Cavoli: Saga e Aioros erano amici, e quando il tuo
più caro amico ti fa fuori, per quanto Aioros possa
capirne intenzioni sdoppiamenti di personalità e quant’altro, non credo che gli
getteresti le braccia al collo senza prima controllare
che non nasconda da qualche parte un pugnale.
Cioccolatino? (alla menta, ovvio XD)
Larancione: ohhh! Una nuova new entry! Felice di fare la tua conoscenza! E onorata e
imbarazzata delle parole che mi usi ^//////^ I gemellini,
per me, sono un amore strano e altalenante, un po’ per mezza affinità di segno,
un po’ perchè ho continuato e continuo
a mutar opinione su di loro e sui loro comportamenti in primis. Quando ero piccola era
arrabbiata con Saga, poi l’ho visto come vittima sacrificale di circostanze
infauste, adesso sto riequilibrando meglio. E Kanon.
Ah, con lui ho un rapporto squisito di amore/odio (e no, non solo perchè mi abbandona sempre ai fornelli a cucinare per tutti
e tre): Kanon ha un carattere forte quando il fratello, ma...come dire...un modo di dirti le cose che è
unico: te le sputa in faccia! A volte mi domando come cavolo abbiano
fatto, questi due, a fare da mediatori con Radamanthys
nel post Hades senza scannarsi(ma questa è un’altra
storia...^^). Grazie mille per i complimenti!
Makochan: sì, finalmente ha fatto la sua comparsa anche
Aioros. E spero che tornerà ancora. Anche se, in
effetti, non resta da solo^^ Fra Cancer, Sagitter, Sorrento e altri, nelle mie
intenzione ci sarebbe l’interazione dei cari gemellini
con taaanti altri adorabili
personaggi. Uno lo aspettate in tanti, ma spero che anche gli altri non
deludano. E, proprio come ho detto a Kiki May, è
esatto: Aioros e Saga stanno provando a ricucire, ma
per adesso i cassetti e i coltelli hanno i lucchetti (Kanon
si è premurato di fare una sola copia della chiave) e c’è ancora un po’ di
tensione. Ma noi apprezziamo lo sforzo, vero? E sì,
quel maledetto è proprio dal punto di
vista di Saga: un po’, come dicevi tu, per quei rimescolamenti di coscienza che
ancora fanno male, un po’ perchèAioros,
penso, ha sempre avuto dalla sua quel modo disarmante
di giocare con le fisse di Saga che lo faceva anche arrabbiare.
Sono contenta di averti fatto ridere^^. In
effetti, quella precisazione è un idea di Kanon indica
proprio quello, e Saga, quando mi hanno raccontato l’aneddoto, ha riconfermato
con veemenza la sua estraneità ai fatti XD E Kanon
gliel’ha rinfacciato, accusandolo di aver fatto morire per disidratazione la
povera pianticella (che, in realtà, è morta per affogamento, visto che Saga
voleva evitare le ire fraterne a tutti i costi e ha peccato di eccesso di
cure).
Ah, ho una comunicazione! Kanonti invita ad un aperitivo rigenerante da lui, a base
di menta, ovviamente. E ti fa sapere che Saga voleva tacere non tanto per
delicatezza (che c’è, te lo assicuro. Ma sai come sono
gli uomini...MAI mostrarsi carini), quanto piuttosto perchè sapeva
che dissuaderlo è un invito a nozze per farlo intestardire^^
Un sorriso.
Titania76: ma queste sono state
le settimane delle nuove arrivate! Benvenuta anche tu! Sono lusingata delle tue
parole: grazie! In effetti, il ritmo narrativo delle drabble
va per nuclei tematici. Le prime erano più impegnate perchè, all’inizio, mi sentivo tanto psichiatra con i gemellini seduti sul divano e io
(poco professionalmente) di fronte a loro sul mio puff
che cercavo di pescare la carta giusta per farmi raccontare qualche confidenza.
Già, è nato con un gioco di carte queste drabble-processo-confessione. E i primi argomenti toccati
erano abbastanza neutri per Saga e Kanon: mi hanno riassunti i fatti.
Punto. Adesso ci hanno preso gusto anche loro, e si divertono a punzecchiarsi
con confessioni piacevoli e un po’ imbarazzanti^^
Sono contenta che l’idea delle guest star sia di tuo gradimento: credo che l’universo dei
cavalieri sia speciale
proprioperchè è un mondo corale in cui si
delineano in modo netto molte personalità differenti, e se Saga e Kanon sono così bastardi
(e) meravigliosi lo si deve anche a chi hanno incontrato. Grazie ancora!
Un ringraziamento speciale a Lete, che partecipa alle
nostre confidenze e mi aiuta a non
soffocare dalle risate e a separate Saga e Kanon
quando la situazione precipita (soprattutto davanti ad una fetta di torta o al tubetto
di dentifricio troppo strizzato). Sei fantastica, ma petite!
Kanon sbuffa, rigirando la cannuccia nell’Havana. Saga lo ha
tentato con un sibillino miti da sfatare
e lo ha fregato Se ne era dimenticato: quando Saga non offre, sperimenta.
“É bello, il locale.”
Kanon non ricorda suo fratello ubriaco; non ricorda quel
mezzo ghigno che ammicca e l’effetto strano delle luci nei suoi occhi. Non
ricorda una serata così normale, di
chiacchiere futili.
“Kyr royale. Per due.”
“Ma non dovevo fermarmi?” fluata Saga.
“Sta’ zitto; e bevi.” Kanon gli allunga il bicchiere. “Reggi
bene l’alcol.”
“Ti scandalizzo?”
“No. Mi diverti.”
Nunc est bibendum!
Saga e Kanon
replicano i brindisi fattimi mercoledì e, come regalo di laurea, mi hanno
svelato la fine dell’avventura neworliansese. Ci sono andati, poi, la BlueNile, e ci hanno fatto le ore
piccole piccole. Ho scoperto (e ne ho avuto conferma visiva mercoledì) che Saga è un vero
intenditore, e non solo di vini. A Kanon no, non
piacciono particolarmente (mi ha fatto compagnia con una bella
coca cola. Lo spumante lo ha bevuto ben volentieri, ma poi mi ha sussurrato
qualcosa su un certo modulo per gli alcolisti
anonimi che tiene sempre pronto nel cassetto, nel caso suo fratello esageri. Saga non ha il vizio del bere, ma quando lo fa lo fa per bene. Cavoli^^)
E no, Kanon non suona
un bel niente, uffa! Ho provato a convincerlo che qualche lezioncina di sax non
gli farebbe male, e quasi cadeva dalla sedia dallo shock...Io
ce lo vedrei, almeno con un armonica in bocca, ma lui sostiene che gli basta
Syria e Saga gli ha dato manforte, con il timore di doversi sorbire gli
eventuali esercizi del fratello^^
Vabbè!
Ormai ci avviamo alla fine della serie colori. E io scalpito perchè sono curiosa
di sapere cosa mi riserveranno questi due. Vedremo vedremo!
Intanto, grazie infinite a tutti!
Preferite un Rotati o un Ferrari?
Titania76: come vedi, lo
frequenta solo^^ Anche se ci stiamo provando, a convertirlo; ma Kanon è una testa dura di prima categoria. E sì, c’è una
sua ironia sottile. Un po’ per la drabble un po’ per
il mio humor
che è più contorto di un contorsionista in pieno esercizio e a
cui confronto l’enigmatico umorismo inglese è una barzelletta
irriverente. Comunque, voleva essere un po’ un gioco di luoghi, con Kanon che considera casa
sua (visto che per me è felicemente sistemato
sotto la sua colonnina atlantica) il mare e quindi New Orleans, che la vedo
molto adatta a lui, come città, vista la sua peculiare caoticità
e mescolanza. Grazie mille per le tue parole!
Kiki May: de gustibus. Personalmente non rifiuto l’immagine
di Saga e Aioros come coppia, ma io sono incapace di
gestirla. Comunque, ripeto, il loro rapporto è
liminare, davvero. Complesso e bellissimo.
Per Kanon invece...Aiuto! Il discorso è contorno^^ Sto preparando una fanfic in cui lo spiego. Mi dai un po’ di tempo? Ripeto
che, comunque, Kanon è fedelissimo ormai ad Atena e
la sua presenza fra le fila di Posidone sono una
precisa e motivata richiesta del dio. Atena era scettica e Kanon
dubbioso, ma alla fine sembra una buona soluzione (ma, di nuovo, è una mia
opinione).
Visto cheKanon
non è così **** come sembra? Alla fine ce l’ha
portato, il fratellino, a casa sua. E
forse era ora, visto che scrocca sempre il letto, quando va a trovare Saga al
santuario (per non parlare della fa.vo.lo.sa.
vasta/piscina/mare in miniatura^^). Un abbraccio!
Larancione: Gnam! Il lupo mi ha mangiata^^ Grazie
infinite per l’augurio e per i complimenti, che davvero mi lusingano non poco.
Come vedi, alla fine ci sono andati, al BlueNile e il motivo tanto recondito alla reticenza di Kanon è che conosce bene suo fratello e la passione
(onesta, per carità) che ha per gli alcolici. E temeva un po’ che si mettesse a
giocare alJekyll e Hyde, tipo cambiamento di personalità (e qualche cosa di
vero deve esserci, perchè la resistenza di Saga all’alcol
è storica. E sospetta; decisamente sospetta). E
aspetta e vedrai: ci sono passati anche per il battesimo dei pugni.
E strizza gli occhi e arriccia il naso, infastidito, quando
Saga scende nel mare, la pelle scura di sole e ludica d’olio.
Kanon una cosa la odia di Saga, quando gli tende il braccio
abbronzato e lo stringe in un qualcosa
di scuro e caldo.
“Sei un bastardo. Lo sai?” lo saluta.
“Perchè?”
Kanon sospira: Saga è sempre stato bravo a fare l’ingenuo. Un
adorabile ingenuo bastardo.
“L’abbronzatura” mugugna Kanon, la pelle del lucore delle
meduse, del mare canuto. E rimpiange pelle di sole. Mentre Saga sogghigna.
“Puoi sempre fare una lampada.”
Finalmente riesco ad aggiornare! E dal momento che, venerdì, ci sarà una nuova drabble questa volta non vi faccio nemmeno aspettare molto.
Spero di riuscire a mantenere la cadenza
settimanale, ma fra lavoro e impegni con l’università (sì:
ho finito, ma non ho tagliato i ponti. Adesso sto lavorando ad
un articolo) ho degli orari del tutto nuovi ed inediti cui mi devo abituare.
Chiedo venia per il disagio!
Su questa drabble non
dico nulla: i retroscena verranno spiegati venerdì (o
al prossimo aggiornamento, comunque). Sono curiosa delle vostre impressioni^^
Alla prossima!
E ringrazio tantissimo tutti per gli auguri!
Siete state fantastiche!
Titania76: Siamo in due allora!
Io vado fuori di testa anche con il liquore contenuto
in un cioccolatino (o sulla punta di un cucchiaino di mousse). Inoltre, vista
la tua approvazione, con Syria abbiano iniziato una campagna pro sax: Kanon
cederà! (o ucciderà noi^^). Ho scelto New Orleans per Kanonperchè ha dei lati nascosti
e una seduzione particolare. Verissimo: è la città del voudou,
ma è anche la città della mescolanza, della frenesia e del rimpianto nascosto.
Un po’ come vedo io Kanon: sul confine fra Atena e Posidone(e spiegherò perchè. Giuro che presto avrete ragguagli!); vitale ma anche un po’ malinconico. Un atteggiamento
molto diverso da Saga: più compassato e rigido. Con questo non voglio dire che Kanon è un guascone imperituro e Saga un moralista
incallito: tutt’altro! Ma vengono da esperienze e
scelte diverse, e in fondo sono gemelli
solo di nome.
Kiki May: ci sto lavorando, ci
sto lavorando^^ Spero di concluderla presto e in tempi
umanamente accettabili. E saliamo a tre nella graduatoria astemi! Saga e Kanon stanno pericolosamente perdendo terreno^^ Come hai
visto tu giustamente, le drabble di colori sono fra
loro legate dalla riscoperta della quotidianità: non è stato un gioco voluto,
all’inizio, ma quando mi è stato fatto notare mi è
piaciuta l’idea e ho deciso di continuare. Saga e Kanon,
per me, restano cavaliere e generale, ma nel post-hades
provano e recuperare quella normalità che per un motivo o per l’altro non hanno mai avuto. Speriamo!
Grazie per i complimenti!
Charm_strange: Provvederò per il Cartizze: non l’ho mai “annusato”
e sono curiosa (il che sembra un controsenso, visto che
sono astemia, ma per me non lo è). Dispiace anche a me che colori sia stia avviando alla conclusione, ma non disperare: ho
intenzione di replicare i toni e le modalità in un’altra
sequenza. L’angst è perfetto, per i cari gemellini, ma ogni tanto è giusto alleggerire i toni, no? E
con te, siamo tornati in parità: Saga e Kanon
ringraziano. Temevano che facessimo loro sparire anche quel poco di birra e
vino che si gustano ogni tanto^^
E non preoccuparti per le recensioni!
Assolutamente! So che mi segui e so quanto è difficile
ritagliarsi anche due minuti. Davvero! Mi basta il pensiero!
Larancione: sì sì,
è decisamente sospetta! Il modulo è
per spuaracchio (Kanon me lo ha confermato), come dici tu, ma il gemellino (e io con
lui) sarebbe curioso di sapere perchè Saga predilige
solo determinate bevande alcoliche. Il parampampolo
se lo beve volentieri, ad esempio, ma proponigli un
Jack Deniel’s e storce il naso schifato. Eppure Kanon mi ha assicurato che è buono! In effetti, pensandoci,
gli esercizi di Sorrento potrebbero essere un buon deterrente; ma io voglio
qualcuno che mi accompagni al piano!!! O provato a
chiedere a Saga, ma ho preferito fare marcia indietro subito: mi ha guardato
facendomi venire i brividi! Brrr! A volte mi
dimentico che era Arles!
Grazie per i complimenti!
Makoto: Figurati, per la
recensione! É stato un piacere: davvero! Spero che il test sia andato bene!
Torna presto (e non da lettrice!): sono curiosa di altri tuoi elaborati! Un
sorriso!
“Kanon! L’ho indossata io, la surplice: saprò di che colore
era, non ti sembra?”
Kanon incrocia le braccia, borbottando indispettito. Il cielo
degli Inferi era rosso e viola; il cosmo degli spectre è viola; il cosmo di
Saga era viola. Perchè la surplice non dovrebbe essere viola? Il nero è così...cosìscontato.
“Ti sei convinto?” indaga Saga, divertito, sdraiandosi sotto
un ulivo nel sole torrido di Grecia. Non ricorda nemmeno come ci sono arrivati,
a quella discussione piacevolmente insolita.
“Per niente” sbuffa Kanon.
“E come la risolviamo?”
“Telefono a Radamanthys.”
Dopo secoli torno ad aggiornare!
Scusate infinitamente, non sono desaparesida, ma poco c’è mancato^^ Fra influenze, lavoro e
quant’altro, ho interrotto per un bel po’. Anche se
Saga e Kanon sembravano due mantici, tanto sbuffavano
di noia e rabbia.
Non posso promettere che rispetterò, per il
momento, la cadenza settimanale (o una qualsiasi cadenza
fissa), però ci provo. Giuro!
E intanto avverto che la famosa storia con i retroscena che hanno riportato Kanon nelle fila di Posidone sta
prendendo corpo. Pianino pianino,
ma arriverà.
Infine, ho scoperto adesso (leggi=ieri)
l’opzione di rispondere direttamente alle recensioni.
E ho scoperto che esiste già da mesi. Questo dimostra la mia costante presenza
sul sito^^
Comunque, per il momento, ho deciso di
servirmene, soprattutto nei confronti di voi che mi leggete (e che io non
smetterò mai di ringraziare!!!), perchè
è giusto lasciarvi almeno una parola in tempi brevi. E umani.
Passando alla drabble.
La guest star è deliziosa. L’ho amata, questa drabble, perchè è la prima che ho
scritto e da cui è scaturito il progetto della BigDamnTable.
E devo ringraziare mia sorella e la discussione sul colore delle surplici da cui è scaturito il tutto^^
“Non lo so” biascica Milo, stringendosi nelle spalle. “Ne hai
una migliore?”
“No” capitola Kanon, strizzando le palpebre. “Valla a
prendere. E inizia a pregare: se fai peggio Saga ti uccide. Come minimo.”
“Per un cappello da
marinaio?” chiede Milo.
“Per il cappello da
marinaio” puntalizza saccente Kanon.
“Ma è stato un incidente!”
“Vuoi provare a spiegarglielo tu, a Saga?” lo provoca Kanon e
Milo reprime a fatica un brivido, imprecando contro pennuti maleducati.
“Pulito?” indaga Kanon.
“Bucato.”
“Ti vanno bene i crisantemi, sulla tomba? Saga è rientrato.”
Ormai la mia assenza di puntualità è diventata
leggenda.
Tant’è, tuttavia, per quanto possa sembrare una
patetica scusa, non dipende da me. Davvero: non ho quasi nemmeno il tempo per
controllare la posta elettronica (cosa che, invece, dovrei fare regolarmente);
di sedermi alla scrivania e scrivere davvero non se ne parla. É una specie di
miraggio; o di sogno che talvolta scivola nell’incubo.
Quindi: no, non ho ripreso Areopago. Non in modo sistematico
almeno. Ma piano piano, complice anche il clima
natalizio che si sta preparando, spero di poter
scrivere qualcosina. Forse la lungamente lavorata
storia con i retroscena di questa fanfic, che ormai sta occupando il mio computer da due anni.
Assieme ad altre, giusto.
Intanto: Saga e Kanon
vi fanno sapere che, se qualcuno è ancora disposto a seguirmi, avrà la loro
eterna gratitudine (come sarà dimostrata, questo non lo soO.O).
Ultimo appunto: se non rispondo con puntualità
alle recensioni o le salto, vi giuro che non è per pigrizia. Davveo: è impossibilità.
E vi ringrazio infinitamente per la vostra
pazienza.
“Death?” domanda Kanon, un sopracciglio perplesso. Suo
fratello continua ad armeggiare con proiettore e bobine, in modo quasi professionale.
“Aldebaran.”
“Ah.” Kanon stringe le labbra, soppesando i vari titoli sulle
pizze. “E tu da quando hai la passione?”
“Da adesso.”
Kanon sbuffa: Saga è capace di cambiare interesse ogni dieci
minuti, ma quando si appassiona a
qualcosa diventa osessivo. E
ossessionante.
“E cosa...”
“Chaplin.”
Kanon avverte un sorriso pizzicare, la voglia di sedersi con
Saga sul pavimento e dargli una mano a sistemare il nastro. Sogghigna.
“Popcorn allora.”
Si dice che la febbre faccia crescere.
A me, se non altro, ha fatto venir voglia di
aggiornare. E così, dopo una settimana esatta, rieccomi
con una nuova drabble. La serie “colori” è finita:
che peccato! É stata la più scanzonata che abbia mai scritto, e mi sono
divertita molto a ricreare questi quadretti. Per questo, oltre che per una
lunga serie di altri motivi su cui non ho intenzione di dilungarmi, ho intenzione di riprendere e mantenere questi toni briosi.
Alcune drabble saranno un po’ più serie, ma visto che il contraltare “drammatico” sta davvero prendendo
forma e spero di riuscire a postarlo prima del prossimo millennio, ripiego qui
sulle istantanee di cui mi omaggiano volentieri Saga e Kanon.
Soprattutto in questo periodo. E questa p
fresca di due giorni fa quando, mentre io cercavo di dimenticarmi della mia
febbre con un film, loro si sono acciambellati con me
sul letto (sì: acciambellati; proprio come due gatti) e, tempo dieci minuti,
hanno iniziato a discutere di Chaplin. Risultato? Io il film non l’ho visto; loro
sono finiti per terra per le cuscinate e si sono
trascinati dietro il mio piumone!
Doukas ha settant’anni, mani callose e il viso bruciato dal
sole. E a Kanon ci si è affezionato con la ruvidezza di un soldato. Non è bravo
con le parole Doukas; ma un gesto per Kanon lo ha sempre trovato, consapevole.
Hosios di anni ne ha quasi novanta, la barba curata e il
sorriso placido. Con Saga ha trascroso le ore, nei silenzi di chiostri di
montagna. Sa rimproverare senza condannare Hosios, e di Saga ha scavato le sfumature,
nelle solitudini delle Meteore.
“Che fanno?”
“Niente. Si fissano.”
Doukas e Hosios non si conoscevano. Ma si strinsero le mani,
complici.
Oh, come sono felice!
Felice di vedere che c’è ancora chi è disposto
a seguire questa ritardata cronica (solo un giorno,
questa volta. Yatta!);
felice di sapere che queste piccole drabbles sono di
vostro gradimento. Felice che presto è Natale. Eh, sì: sono felice anche per
quello, anche se vorrà dire il triplo del lavoro. E forse la
possibilità di finire Mare greco con
i tanto attesi retroscena di Saga e Kanon.
In questa drabble ce
n’è un assaggio. Doukas e Hosios.
Li amo.
Sono due personaggi qui appena accennati, ma
per Kanon e Saga sono fondamentali. Per tante cose. Fanno
un po’ da nonni ritrovati, ma NON quei nonni che ti
immagini in poltrona a fumare la pipa. Nonono!
Doukas è un soldato di Atena;
coriaceo. E Hosios...Hosios è un prete ortodosso, ma in gioventù...Oddio! In gioventù!
E c’entra qualcosa il cappello da marinaio.
Ancora non sapete come, ma c’entra^^
La prossima drabble
(speriamo!) sarà sabato 24 Dicembre,
come regalino. E, nelle mie intenzioni, vorrei rompere la catena della BigDamTable anticipando da drabble
sul Natale. Che ancora non ho scritto, visto che Saga e Kanon
sono presissimi in non so cosa e non mi hanno ancora
accennato nulla di particolare. Indagherò di piacevoli aneddoti. Promesso!
Intanto un saluto e un caro ringraziamento a
tutte e tutti coloro che recensiscono e anche ai
lettori silenziosi.
P.S.
Le risposte ai commenti ci saranno, ma in serata. Sorry!
Wiliam Radames Cavendish di Salsbury sorseggia con flemma il
suo earl gray.
Alle visite inopportune dalla Grecia ci si è abituato. Un
modo come un altro per smuovere il tedio inglese e non pensare ad un futuro
piombato fra capo e collo. E irritare un Generale giova in modo delizioso al
suo ego. E poi è come un duello.
Ma dell’uomo seduto composto di fronte non sa nulla. Nulla di corretamente obiettivo, almeno. E la situazione risveglia la Viverna. Come duello.
“Voglio capire” si decide alla fine Saga, un sorriso affabile.
“What?”
“Il legame fra un Giudice e un Generale.”
Sono tornata!
Dopo una latitanza di oltre un anno, ricomincio
ad aggiornare.
Saga e Kanon sono tornati, a deliziare voi e a tormentare me. Con aneddoti,
piccole quotidianità e qualsiasi cosa la loro contorta mente sarà
in grado di raccontarmi.
Se sarò costante? Chissà!
Dipenderà dai cari gemellini;
e dal tempo che il lavoro vorrà lasciarmi. Intanto, vi propongo questo spazzato
un po’ strano un po’ atteso. La guest star doveva
fare la sua apparizione di persona
ne? Era da tanto attesa. E ammicca in modo decisamente
pericoloso.
Il nome di Radhamantys,
mi ha confidato Kanon, è decisamente
troppo lungo per usarlo per esteso. Riempirebbe da solo tutta la drabble. E poi, parole sue, èdecisamente troppo inglese. E l’insana
passione della Viverna per i tè ricercati è pari solo
al suo morboso amore per i liquori d’annata. Possibilmente invecchiati in botti
di rovere.
Ora capirete perché, dopo non aver capito nulla
di questo fiume di parole, prima ho fissato Kanon
come un’ebete; poi mi sono andata a comprare un ‘enciclopedia
di tè e liquori. Così: giusto per esser sicura di quello che quei due
potrebbero portarmi in casa.
Bene!
A presto allora. E
temo che dovrò spostare l’aggiornamento (sempre ammesso che riesca a tenere una
cadenza regolare) al fine settimana.
Ma voi siete taaanto pazienti. Lo so.
E per questo vi ringrazio infinitamente.
P.S.
Lo so; lo so.
Avevo saltato una drabble.
E adesso rimedio. Spero di non farsi troppa confuzione^^
“Non è amaro” si giustifica Kanon. “É solo un po’...”
“...amaro” conclude Saga, omaggiando di tre generose
cucchiaiate la tazzina del fratello. Kanon storce la bocca disgustato.
“Casa mia; mie le regole” gongola Saga. “E qui il caffè lo si
prede come si deve” conclude restituendo la tazzina a Kanon, che la respinge
cuastico. Saga sbuffa: suo fratello è fastidiosamente testardo.
“Compomesso?” indaga Kanon con un ghigno.
“Cosa proproni?”
“Ce l’hai ancora quella bottiglia di grappa svedese?”
Dire che sono secoli che non
aggiorno questa fanfiction è un eufemismo.
Però, sapete com’è: Saga e
Kanon saranno anche carini e gentili, ma chiusi in casa troppo a lungo
scalpitano e alla fine scappano. Peggio di due bambini. E poi, hanno da fare:
Saga ha le sue incombenze al Santuario e Kanon...Bhè, Kanon ha anche lui le sue
(s)piacevoli occupazioni. Mi ha detto di non dire niente, almeno finchè non
pubblichè Mare greco. Ha detto che,
in un certo senso, sarà una sopresa^^
Insomma: finalmente aggiorno.
Però, purtroppo, questo non indica una ripresa regolare. Solo una piccola
capatina, per ringraziare davvero, di cuore, tutti colore che ancora mi seguono
e attendono con pazienza i miei pochissimi istanti liberi.
Si cresce; si cresce. E più si
cresce, meno tempo si possiede.
Cercherò comunque di
rispondere a tutti, anche riprendendo le vecchie recensioni che non ho MAI
dimenticato, ma che aihmè non riuscivo mai a commentare come meritare.
La Terza e la Colonna dell’Atlantico settentrionale.
Le gradinate calde di sole del Tempio e le insenature di
corallo degli Abissi. Il Devon con le sue pareti di quercia; i chiostri ruvidi
delle Meteore.
Gli stipidi blu e i letti in ferro del mulino a vento a
Mykons. I bicchieri di cotto screziati di rosso nel lavandino.
“Sono tanti” riflette Kanon,
“Sì; tanti” risponde Saga.
E se ne restano così, a fissarsi, la bottiglia d’olio nel
mezzo e una stupida infantile ovvia inaspettata sicurezza. Il loro oikos è anche una tuta spaiata: i pantaloni
su Saga, la felpa su Kanon.
L’oikos.
Una di quelle parole che, se qualcuno di voi ha
studiato greco, capitano sempre fra i piedi e non sai mai decidere come
tradurre. Va bene: è un po’ all’ordine del giorno in molte lingue. Ma, a volte, la voglia di poter semplicemente passare da un
registro all’altro senza starci a pensare è davvero prepotente.
E quando Saga e Kanon
hanno iniziato a parlare di oikos devo confessare che
i miei latenti istinti omicidi si sono risvegliati. Perché, dico io, va bene
che con loro parlo in italiano, ma fra tutte le parole che esistono, se proprio
volevano parlare in greco, proprio oikosdovevano scegliere?
Per capirci,oikos di solito si traduce con casa. E quindi con la famiglia della drabble
non ci azzeccherebbe un piffero. Se
ovviamente si traducesse casa.
Perché, signori miei, dovete sapere che oikosin
greco antico (ed è ovvio, no, che i cari gemellini
parlino in greco antico; usare quello moderno, o quello bizantino sarebbe
chiedere troppo, giusto?) è una di quelle plurisfacettate
parole che comprendono la millanta conoscenza familiare, tanto da far
impallidire per complessità le acrobazie di risoluzione del cubo di Rubik.
Non ci credete? Ascoltate un po’.
Dunque: nella antica Ellade, così generosa di terminologia-crogiolo, il lemma in
esame indicava contemporaneamente la casa
e la famiglia. Facile, direte voi:
basta guardare il contesto; per niente, ribatto io.
Per prima cosa, la casa non è solo la nostra bella struttura muraria con le sue pareti
di bianco intonaco e le tendine alle finestre. Troppo scontato, non credete? La casa è sia la struttura fisica in cui risiede la
famiglia (anche questo termine poi da
inquadrare), divisa nelle sue variegate sezioni sessiste e di molteplice
impiego, sia l’insieme delle proprietà fondiarie e immobili che la famiglia
possiede sparse su tutto il territorio conosciuto (e anche non, visto che certi aristocratici rivendicavano possedimenti
anche in quello che attualmente è il mare aperto) sia una precisa stanza della
casa non meglio identificabile definita come il luogo della vita domestica (di chi non si sa, visto che gli
uomini aristocratici la giornata la passavano a spasso per l’agorà e la
nottata, salvo doverosi assolvimenti a incombenze coniugali, non disdegnavano
banchetti di altalenante morigeratezza e la compagnia di colte e raffinate
etere): forse indicava l’ambiente destinato ad accogliere il braciere con il
fuoco sacro ad Estia, la dea protettrice della casa (oikos appunto).
Ma non è finita qui.
Abbiamo detto infatti che oikos indica anche la famiglia. E che famiglia: partiamo dal
più augusto avo ancora vivente, che detiene su tutti i discendenti, diretti o
acquisiti, un potere pressoché assoluto. Sono quindi compresi nel gruppo familiare i figli, i nipoti, di pro-bis-tris
nipoti e quant’altro per linea maschile, cui vanno ad aggiungersi le
mogli di ogni membro maschio adulto, le figlie nubili e le sorelle non ancora
impalmate e il conseguenze codazzo di figli e figlie al seguito. Niente
suocere. Quelle,almeno, restano nella casa d’origine
della moglie.
Invece, giusto per non annoiarsi, vengono inclusi anche gli schiavi, sia quelli di città sia
quelli residenti nelle eventuali aziende rurali, e anche gli animali, che siano
quelli di compagnia come il cane e il gatto, o quelli da soma o da lavoro. Non
so i pesci rossi, ma di certo la fauna esotica rientrava in età ellenistica
negli oikoi
più rinomati (e facoltosi).
E dulcis
in fundo possiamo concludere la nostra carrellata
sottolineando come, se per la componente femminile della società l’oikos si limitava
nel complesso al “ristretto” circolo familiare-muraturale,
per l’uomo il significato va esteso a comprendere anche la città stessa, di
cui, come per la propria famiglia-casa, l’uomo greco, orgoglioso del suo status
di cittadino, si sente pienamente responsabile.
Dopo questo ampio
preambolo, capite bene come questa drabble sia stata
il parto di imprecazioni, testate alle pareti e improperi a Saga e Kanon, che ghignavano serafici dal mio divano di fronte al
mio drammatico naufragio.
Per Saga e Kanon è oikos alla
maniera greca antica qualsiasi cosa che facciano rientrare nella loro orbita
abituale di vita: il Grende Tempio; gli Abissi; il Devon dove risiede una certa Viverna e le Meteore dove Saga ama soggiornare di quando in
quando (ma al riguardo ci saranno in futuro maggiori delucidazioni. Promesso!).
Un vero guazzabuglio, insomma!
In compenso, ho scoperto che in Grecia ci sono
i mulini a vento. Voi lo sapevate? Io no. O meglio: li avevo visti, qualche
volta, in alcune immagini, ma non avevo focalizzato. Di solito, per i mulini a
vento, a me sovviene l’Olanda dei rossi tulipani o le pianure iberiche di donchisciottiana memoria. Invece. Anche la Grecia ha i suoi
mulini; e sono abitabili! Saga e Kanon ne hanno
scoperto uno squisito a Mykonos, una delle isole
delle Cicladi più rinomate per la vita serale, e
anche per i ritiri in spiagge solitarie. Un po’ di movida non guasta, ma restano sempre due ragazzi un po’ schivi. Ne?
Comunque.
Voglio andare in Grecia. Voglio andare in un
mulino in Grecia. Voglio dormire nel mulino in Grecia. Possibilmente trovandoci
anche Saga e Kanon.
E dopo questo delirio (che sì, supera nettamente la drabble:
poco più di otto volte la 100 canoniche paroline della drabble)
vi saluto. Alla settimana prossima!
P.S.
La spiegazione all’oikos è volutamente trattata in
termini leggeri. Intendiamoci: io amo il greco; è la mia vita.
Ma ritengo anche che l’antichità linguistico-culturale non possa essere compresa mettendo
tutto su di un piedistallo e ricusando qualsiasi elemento di insoddisfacente
sfumatura anticlassicista. I templi non erano bianchi, ma
pieni di colori; le strade di Grecia sapevano di fango, carne, sudore e parole
forti; le donne erano tali solo se confinate in casa (almeno ad Atene) e
l’amore è un concetto talmente complesso che declinarlo è impossibile.
La Grecia antica era questo, oltre a ideali e
filosofia e teatri che di religioso silenzio di platea non conoscono nemmeno il
significato.
Ed è questa la Grecia che amo; quella che mi
piace scavare. Anche con un po’ di ironia e di
disincanto; anche a volte con cinismo e tratti dissacranti.
Non vogliatemene; e perdonate la “modalità maestrina”.
Avevano addosso l’impaccio degli stranieri e la studiata
tranquillità dei disillusi. Servì loro caffè turco e posacenere. E studiò il
loro silenzio, all’ombra pigra del ventilatore, mentre lavorava il cuoio scuro.
Non parlarono; quando se ne andarono gli rivolsero un cenno. Come di addio;
come di arrivederci.
“Sei deluso?” chiese Kanon.
“Non lo so” ammise Saga, accarezzando il bracciale nuovo.
“Non ci ha riconosciuti.”
“Sono passati anni. Tanti” soffiò Kanon piano. Al polso, le
sferette di metallo tintinnarono contro il cuoio. “Ma Salonicco è una bella
città” ammiccò Kanon. “Vale un’altra visita.”
“Sì; lo so.”
Questa è difficile, lo so.
È difficile perché introduce Siseos, di cui nessuno sa nulla. Appare
e scompare. E Saga e Kanon lo conoscono; soprattutto Kanon lo ricorda.
E qui ci vorrebbe Mare greco e i suoi retroscena.
Comunque. Per capire qualcosa
la svelo io, in anteprima.
Siseos Anthes è lo zio di Saga
e Kanon, da parte di madre. Vive a Salonicco, la seconda capitale della Grecia
ed è un artigiano del cuoio, prodotto molto lavorato e ventudo nella penisola
ellenica. È un uomo poco più che quarantenne, con una bella figlia di diciotto
anni irrequieta e ribelle e un figlio di sei. E non vede Saga e Kanon da quando
avevano cinque anni, ovvero da quando sono “spariti” dal secolo per avviarsi
lungo la strada del cavalierato.
Non li riconosce; non sa
nemmeno se siano ancora vivi o meno. Ma è l’unico parente ancora in vita che
resti ai gemellini. O almeno di cui Kanon abbia memoria e che sia riuscito a
rintracciare.
Andarlo a trovare è tutta
un’altra storia. Sofferta; piena di paura e di un pizzico di rimpianto. Per
Saga che non ricorda; per Kanon che ricorda troppo poco.
Di quella prima sortita calcidica
hanno conservato due bracciali di cuoio intarsiato e la promessa di riprovarci
quando avessero avuto un po’ più di coraggio.
Saranno cavalieri, ma di
fronte a certe questioni anche due saint
possono essere spaventati.
Grazie infinite a tutti voi
che seguite.
So bene di essere discontinua
e inaffidabile; e so anche di promettervi Mare
greco dalle origini. Arriverà; perseverate. Io lo faccio. Anche se lavoro e
impegni fagocitano. Tanto.
A presto (spero) e grazie a
tutti coloro che non mi abbandonano.
“Primo: casa mia non è una bisca. Secondo”
lo intima .“Sei un baro. Tabù?.”
“Ah no” agita la mano Kanon. “Deve essere
un gioco, non un supplizio.”
“Esagerato” mugugna Saga. “Ostrakon?”
“E poi sarei io, quello che bara?” rotea
gli occhi Kanon. “Cluedo porebbe andare. No?”
“Niente omicidi per me, grazie” lo fulmina
Saga. “E se fosse Tikal?”
“Già ci viviamo, in uno scavo archeologico”
scuota la testa Kanon. “Caylus?”
“Neanche morto!”
“Credi che ne avranno ancora per molto?” chiede
Aioria.
“Sì; credo proprio di sì” ridacchia Milo.
Se
davvero l’anno nuovo porta buoni propositi, io sto cercando di mantenerli.
Non è
una drabble alla settimana, ma come inizio non c’è male. Ne? E presto dovrebbe arrivare un nuovo capitolo di Crescendo
(no, non il secondo. Purtroppo).
Mare
greco invece è ancora lì, incastrato nel penultimo
capitolo, epilogo escluso. Tenterò tenterà. Chissà che il 14 non sia il numero
fortunato.
Intanto,
Milo mi ha deliziata con questo quadretto occorso durante le festività
natalizie, giusto un paio di giorni fa (nella Grecia ortodossa il Natale è dopo
il nostro. E anche dopo capodanno). E naturlamente mi ha portato anche una
fetta di Vassilopitta, chè altrimenti lo mettevo alla porta!
Saga e
Kanon non riescono a decidersi nemmeno sui giochi da tavola, e per i loro amici
il divertimento è vederli battibeccare e trovare scuse per ogni proposta. Aioria
era un po’ perplesso, ma alla fine si è rassegnato a ridere come un matto sul
divano, meglio di una serie di gag
comiche. Anche perché i cari gemellini non se ne era nemmeno accorti!
Io
naturlamente vi ho riportato solo uno stralcio del battibecco. E aggiungo la
nota che quei due discutevano, e non ci pensavano nemmeno che erano capitati in
squadra assieme!
I
giochi che Saga e Kanon citano, salvo forse alcuni che sono internazionali,
sono giochi da tavolo molto in voga (o almeno lo erano qualche anno fa) in
Grecia.
Black Jack è il
noto gioco di carte d’azzardo, in cui non conviene assolutamente sfidare Kanon.
Oltre ad essere un baro matricolato, ha avuto come maestri alcuni dei miglio
gicatori professionisti di New Orleans. Sapete com’è!
Tabù è il classico gioco
dei mimi e delle parole omesse; e se Kanon ama stare al centro dell’attenzione,
non ama il ridicolo e la caricatura di se stesso. Inoltre, vi assicuro, come
mimo fa schifo e in quel contensto ha davvero poca pazienza^^
Ostrakon è un gioco in cui, con
l’ausilio di carte, a turno i giocatori devono impersonare un filosofo e
sostenere conversazioni su questioni esistenziali e universali. Chiaro, no, perché
Kanon si riufiuta di partecipare e sostiene che Saga sarebbe avvantaggiato?
Cluedo è il classico gioco di
sociaetà incentrato sulla risoluzione di un giallo con annesso omicidio (e
Saga, da un po’, direi che ha una vera avversione per gli omicidi di questo
gioco. Soprattutto se poi rischiederebbe di avere il ruolo del colpevole).
Tikal, per i comuni mortali,
è undivertente gioco a sfondo archeologico, ambientato nell’America Centrale. In
effetti, per i cavalieri, giocare a scorpire una realtà in cui sono immersi può
essere noioso; se poi considerate che Kanon l’”archeologo” l’ha fatto ad
Atlantide e Saga ha cercato di non farlo cadere in pezzi, un sito antico…
Caylus, infine, è un
elaborato gioco da tavolo di orgine francese, in cui ogni giocatore fa da
capomastro nella costruizione di un castello. Chi riesca a creare il castello
con villaggio annessi e commessi migliori, vince. Saga si rifiuta
categoricamente di farlo perché non ha voglia di mettersi in competizione su
questo campo con Kanon, che ha fatto da “direttore lavori edili” per quasi
tredici anni in Atlantide.
E per
fortuna che dovrebbero essere nella stessa squadra!
Insomma:
se voi trovate un gioco che possa andar bene per entrambi, fatemelo sapere! Così
saprò cosa proporre loro quando verranno a trovarmi (anche se vederli
battibeccare è sempre esilarante! Almeno finchè non usamo mini e cosmo^^).
Isavros ha nella bocca la nostalgia di un
pomeriggio piovoso, con le nuvole basse e un cielo che ti sembrava cadere
addosso.
A Neilos Akrivos c’era affezionato;
dell’affetto di chi è cresciuto assieme fra i vicoli stretti di un paese
arrampicato sulla scogliera.
“Neilos. E Ali. Vostra madre” continua, il
sorriso nei ricordi. “Era stupenda con la sua corona. Nessuno pensava.”
Kanon ha gli occhi stretti dietro gli
occhiali scuri; Saga inghiotte a vuoto, la gola troppo secca
“Era…?”
“Sì. Lo era.”
E Kanon sente la sua mano stretta in quella
fredda di Saga.
Ok.
Questa è difficile.
E
riprova la necessità che io mi metta a finire Mare Greco. Soprattutto
dal momento che Areopago è stato concepita in pandant con quell’altra fic.
Va
bene. In attesa del taglio del nastro (e temo passerà ancora un po’ di tempo)
svelo io alcuni fatti e circostanze.
Dunque.
Leonidion come
alcuni ricorderanno è il paese natale del padre di Saga e Kanon (lo abbiamo
visto nella drabble Ringraziamento). Qui
i nostri cari gemellini hanno deciso di condividere con noi anche il nome dei
genitori: Neilos Akrivos e Alissa (Ali in greco ne è il
diminutivo) Anthes. L’uomo con cui
Sage Kanon parlano, invece, è un caro amco del padre ed è lo stesso uomo che li
ha portati al tempio per la prima volta, continuando a seguirne la crescita di
cavalieri anche se da lontanto. Isavros
Kafes non è un cavaliere, ma all’interno del Tempio è stato un uomo
importante durante il pontificato di Shion ed è anche stato, per un periodo
almeno, il maestro di Milo (ma questo né Milo né i gemellini lo sanno^^).
Sia
Isavros sia Saga parlano per sottintesi, facendo riferimento alla malattia di
Alissa, che poi suo figlio eredita. Nella mia immaginazione, Alissa soffre di disturbo dissociativo della personalità
che eredita anche suo figlio Saga. È infatti possibile che nel caso di due
gemelli omozigoti uno erediti la malattia e l’altro non ne manifesti i sintomi.
L’era che Saga non ha il coraggio di
chiedere e che Isavors non ha la forza di dire è matta.
La corona cui fa riferimento Isavros è
quella della cerimonia matrimoniale
greca ortodossa, e più precisamente è un momento della seconda parte
dellosposalizio. Ma andiamo con ordine.
Il
rito matrimoniale ortodosso è composto da due momenti, un tempo separate, e
oggi fuse in un’unica celebrazione. La prima, il fidanzamento, è la
solennizzazione delle promesse di matrimonio; la seconda, che potremmo definire
il matrimonio vero e proprio, è chiamata nella tradizione ortodossa incoronazione,
un nome che viene dalle corone poste sul capo degli sposi.
La
prima parte, il rito del fidanzamento, si svolge nel nartece (vestibolo) della
chiesa: se la chiesa non ha un nartece o un portico
interno, è consuetudine fare il fidanzamento alle porte della chiesa, per
indicare l’ingresso nella vita matrimoniale (anche nel rito del battesimo, le
preghiere esorcistiche e le dichiarazioni di fede si fanno nel nartece, per la
stessa ragione). Gli sposi avanzano affiancati dai testimoni, lo sposo si tiene sulla destra e la sposa sulla sinistra: sono
le posizioni tenute per consuetudine dagli uomini e dalle donne nella chiesa,
che si possono ricordare facilmente guardando la disposizione delle icone
centrali di Cristo e della Madre di Dio.
Il
prete che celebra il matrimonio benedice gli sposi, consegna loro ceri accesi,
e li incensa. Inizia quindi il rito del fidanzamento, composto da preghiere,
litanie e dallo scambio degli anelli, che simbolizza lo scambio delle promesse
di fedeltà.
Gli
anelli erano anticamente d’oro (per lo sposo) e d’argento (per la sposa), ma
oggi sono più usate le coppie di anelli fatte dello stesso materiale (talvolta
anche meno prezioso). Prima del rito del fidanzamento, gli anelli sono
benedetti con l’aspersione di acqua santa, e poggiati sopra la tavola
dell’altare. Volendo, si possono portare gli anelli in chiesa un certo tempo
prima della funzione nuziale, e tenerli sulla tavola dell’altare durante la
celebrazione della Divina Liturgia.
Il
simbolismo degli anelli (un cerchio che non ha fine, così come le promesse
degli sposi non hanno termine né condizioni) è spiegato nelle preghiere del
rito, quando si ricordano gli anelli donati in vari episodi biblici come segni
di fedeltà, di fiducia, di responsabilità e di misericordia divina.
La
formula del fidanzamento, che secondo alcuni usi si ripete per tre volte, è la
seguente: Il servo di Dio (nome) riceve per fidanzata la serva di Dio
(nome), nel nome del Padre, del Figlio e del
santo Spirito, amen. Allo stesso modo, la formula si ripete per la sposa: La
serva di Dio (nome) riceve per fidanzato il servo di Dio (nome),
nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito,
amen.
Il
prete mette l’anello al dito anulare della mano destra degli sposi. La mano
destra (con cui un cristiano fa il segno della croce) è usata come sede degli
anelli nella tradizione cristiana più antica, e anche in quella ebraica, da cui
provengono molti usi del matrimonio ortodosso. La pratica del cattolicesimo
romano, che ha differenziato gli anelli di
fidanzamento da quelli di matrimonio (mentre nella Chiesa Ortodossa non c’è
questa distinzione), ha portato in alcuni usi a passare gli anelli alla mano
sinistra. Se gli sposi, per costume locale, desiderano portare i loro anelli
alla mano sinistra dopo la fine del rito nuziale, non c’è alcun serio
problema.
Gli
anelli, appena messi al dito degli sposi, sono scambiati per tre volte (dal
prete stesso o dai testimoni, a seconda degli usi). Lo
scambio degli anelli esprime il continuo scambio tra
gli sposi, che come figure complementari si arricchiscono a vicenda.
Se al
rito del fidanzamento segue subito l’incoronazione (vale a dire, oggi, nella
stragrande maggioranza dei casi), sposi e testimoni procedono verso il centro
della chiesa, dove è preparato un tavolo con le corone nuziali. Durante
l’ingresso della coppia, il coro canta i versi del Salmo 127, intervallati dal
ritornello “Gloria a te, Dio nostro, gloria a te”.
Entrati
al centro della chiesa, gli sposi vanno a stare sopra un tappeto preparato
appositamente per loro (può essere un telo ricamato con motivi matrimoniali,
come si usa preparare in Russia, oppure un semplice tappetino largo abbastanza per accomodare i due sposi). Questo tappeto, il cui uso proviene
dall’antico matrimonio ebraico, simbolizza la dimensione sulla quale gli sposi
hanno un dominio riconosciuto dalla Chiesa: la gestione della loro vita comune,
la crescita dei figli, la dimora familiare.
Il
prete inizia il rito dell’incoronazione con tre preghiere nelle quali si chiede
la grazia di Dio per gli sposi: la grazia che trasforma la loro unione umana in
un’unione guidata dallo Spirito santo (proprio come
nella Divina Liturgia il prete prega per la discesa dello Spirito santo sul
pane e sul vino, perché si trasformino nel corpo e nel sangue di Cristo).
Le
mani degli sposi sono unite dal prete, e secondo gli usi sono legate assieme con un nastro o con un velo. Quindi il prete pone
sul capo degli sposi le corone, segno di regalità (la Chiesa concede agli sposi
di essere i sovrani della loro vita familiare, come compartecipi della regalità
di Cristo stesso), e anche di perfezionamento: gli sposi diventano “corona”
l’uno dell’altra, un completamento dell’immagine divina, uno strumento
potenziale di salvezza l’uno per l’altra, come ricordato anche da san Paolo nel
capitolo 7 della prima Lettera ai Corinzi. La corona è
pure segno di martirio, ovvero di testimonianza di
fede “nella buona e nella cattiva sorte”, che giunge fino al sacrificio della
vita. Il mistero del matrimonio richiede la volontà di morire a se stessi, al
proprio tornaconto personale, per sapersi donare all’altro per tutta la vita.
La
formula dell’incoronazione, che secondo alcuni usi si ripete per tre volte, è
la seguente: Il servo di Dio (nome) riceve come corona la serva di
Dio (nome), nel nome del Padre, del Figlio e
del santo Spirito, amen. Allo stesso modo, la formula si ripete per la
sposa: La serva di Dio (nome) riceve come corona il servo di Dio (nome),
nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito,
amen.
Le
corone, appena poste sul capo degli sposi, sono scambiate per tre volte (dal
prete stesso o dai testimoni, a seconda degli usi),
mentre il coro canta: Signore Dio nostro, coronali di gloria e d'onore.
Dopo ulteriori preghiere e litanie, il prete benedice una coppa
di vino: da questa coppa bevono gli sposi, in segno della loro partecipazione
comune di tutta la vita, in ogni suo aspetto di gioia o di dolore. La coppa di
vino viene direttamente dall’uso del matrimonio ebraico, e non ha alcuna
connessione con il vino del mistero eucaristico.
Il
prete conduce quindi gli sposi in una triplice processione attorno al centro
della chiesa, mentre il coro canta alcuni tropari
(inni della tradizione ortodossa) che parlano di temi collegati simbolicamente
al matrimonio. Durante il canto dei tropari, è uso
che i testimoni seguano gli sposi, eventualmente reggendo le corone sul loro
capo.
Il
canto dei tropari proviene dall’antico uso di
accompagnare gli sposi in processione con canti, dopo il matrimonio, dalla
porta della chiesa alla porta di casa della nuova
coppia. Nel tempo questa usanza pubblica è stata
abbandonata, i canti ecclesiali sono stati trasferiti a questo punto della fine
della celebrazione, e la processione è divenuta un episodio interno del rito
matrimoniale.
Al
termine della processione il prete scioglie le mani degli sposi, e ripone le
corone sul tavolo. Nelle preghiere finali che seguono, il prete chiede a Dio di
custodire le corone senza macchia nel suo regno: un segno dell’eredita che attende gli sposi cresciuti nell’amore e nella
fedeltà, che hanno portato frutti spirituali nel loro matrimonio.
Dopo
la benedizione finale, seguono secondo gli usi una serie di segni e di auguri:
la venerazione delle icone in centro alla chiesa (oppure sull’iconostasi),
l’augurio di molti anni alla nuova coppia, un’esortazione del prete agli sposi
a mantenere nella propria vita la grazia ricevuta da Dio. Nel caso di matrimoni
misti, anche un ministro di culto non ortodosso può avere a questo punto uno
spazio per rivolgersi agli sposi e offrire loro una parola di
incoraggiamento e di istruzione.
E la piega sardonica di Neilos sulla loro
bocca; e la linea irriverente del naso di sua madre e la lingua caustica di suo
nonno.
Ma c’è anche la stanca disillusione dei
gesti e il sorriso di chi non si aspetta nulla.
Siseos sente nello stomaco la paura di una
vecchia delusione. Perché anche i suoi figli hanno occhi di mare e risate
impertinenti; e non sono i figli di Ali.
“Ci credi?” gli domanda Grigoria, in mano
due bicchieri di vino per uomini che vorrebbero reinsegnargli due bambini.
“Non lo so.”
Euripide
imperat in questa drabble.
Quando
Saga e Kanon mi hanno raccontato questa loro piccola sofferta semiagnizione, io
non ho potuto esimermi dal ricordare l’Elettra
di teatrale memoria e scontrarmi e trovarmi d’accordo con la perplessità, che
comunque non è rifiuto, che Siseos presenta loro.
Perché
Siseos i suoi “nipotini” non li vede da più di vent’anni e in Grecia di uomini
con lo stesso naso e occhi chiari ce ne sono finchè si vuole. Vorrebbe
crederci, certo.
Ma li
ha cercati troppo, quei nipoti perduti, e ha sofferto troppo la loro scomparsa
per credere ai primi due che gli si presentino in quella veste.
Ma
almeno non li ha messi alla porta. È già qualcosa no?
Mi
scuso per la rapidità connaturata a questo aggiornamento, ma sono un po’
(tanto) ingarbugliata con il lavoro e problemucci vari.
Appena
avrà un po’ di calma, risponderò ai commenti ancora lasciati insoluti e alle
e-mail momentaneamente congelate. Chiedo venia!
“Non ricordo l’investitura” confida Saga in
un soffio di rimpianto.
Era stato di settembre.
Sotto la pioggia d’autunno, con nella bocca
il sapore della fatica, l’armatura aveva rifulso di cosmo e orgolio.
E Saga era nato cavaliere di Gemini.
“Io, la mia, non so se ricordarla” sussurra
Kanon, una sigaretta fra le dita.
Era stato di luglio.
Nell’aria umida d’estate, con nelle mani il
tremito della stanchezza, l’armatura aveva vibrato di seduzione e promesse.
E Kanon era nato generale di Ketos.
“Sei ancora…” indaga Saga.
“Arrabbiato?” provoca Kanon.
“Invidioso.”
“No. Assolutamente” ride Kanon,
allungandogli un bicchiere. “Lo sai. Giusto?”
“Sì.”
Che
strano numero, il ventinove.
E’
qualcosa che se ne resta lì, senta decidersi a fare un passo in più e senza
poter tornare indietro. Forse mi ha colpito perché è l’eta che adesso (a
breve^^) ho.
Forse perché
con questa drabble ritorno un po’ alle origini, con una malinconia vecchia e
canonica dopo Siseos e gli squarci su Mare
greco.
La “nascita”
di Saga e Kanon è quella del loro cavalierato, compiutosi fra l’odio e il
rancore che mi piace immaginare si sia armonizzato alla fine in un reciproco
riconoscimento. Con Saga in Gemini e Kanon generale, anche se cocciutamente
fedele ad Atena. Ma si sa. Le strade sono tortuose come gli arabeschi dei
coralli.
Poi.
Sarà che l’Omega sta per concludersi, sarà che è venerdì sera e sono
letteralmente a pezzi (credo che Kanon abbi appena ritrovato un pezzo sotto al
divano; o forse è la mia maglia?), sarà che quando si conclude una bella storia
(drabble in realtà^^) come quella cui ho appena assistito porre la parola “fine”
mi viene un po’ di nostalgia, allora ho deciso di aggiornare (anche per cercare
di non far lievitare i tempi più di quanto già siano dilazionati) e di portare
una nascita.
Aveva la parlata aspra delle motagne di
Arcadia, di una terra madre di uomini orgogliosi, che avevano sacrificato alla
propria coscienza anche la vita. Aveva i modi ruvidi della cavezza al muso
degli asini che si arrampicano per le strade strette di Stemnìsta, e nelle mani
la raffinatezza degli argentari, quando lisciava la stola sacerdotale.
Al Santuario tutti sapevano chi fosse.
“L’ho ucciso. Con queste mani.”
“Ti era fedele.”
“Molto. Forse troppo.”
“Lo rifaresti?” gli chiede Kanon, il
frullare di una falena in alto, attorno alla lampadina. “Tornassi indietro. Lo
rifaresti?”
“Se fosse necessario. Sì.”
Decisamente
la pressione a me fa bene.
Non
quella atmosferica, che in questi giorni sembra ballare la macumba nel mio
cielo; né quella arteriosa (o è quella venosa?). Anche quella ultimamante predilige
i calienti balli latini.
La
pressione cui mi riferisco in cotali circostanze è quella, aihmè abituale,
delle ultime settimane scolastiche, con annesse interrogazioni, valutazioni,
temi in poll-position e scrutini finali a degno coronamento di sudato anno
scolastico.
Dalla
parte del docente.
E fra
questo, la preparazione per gli esami il cui comunicato è capitato fra capo e
collo simile alla mannaia del boia con tanto di ghigno di stregatto, visto che
se qualcosa vuoi provare a ottenre, quella benedetta scure devi sentirtela
sulla nuca, riesco anche ad aggiornare (no. Mare greco non ancora) con Saga e
Kanon.
Qualcuno
me ne ha indotto nostalgia. Vuoi anche la complicità di certe lezioncine di
iliadica ascendenza con cui vado a nozze.
In
sostanza, rieccomi qui (più simile ad una mosca bianca che al tradizionale
fulmine a ciel sereno, a onor del vero), per i miei 5 lettori (e mezzo. Li
altri, temo ormai, di averli smarriti per strada, complice questa altalena “editoriare”).
E so
che mi attirerò gli strali di quei pochi che ancora resistono, tenaci.
Ma io
Saga proprio non riesco a vedercelo, remingo e depresso e buonista. Perché,
ammettiamolo, di buonismo ne troviamo fin troppo, ad ogni angolino di strada.
Io
Saga lo vedo così.
È un
soldato. È propto a uccidere. Per Atena. E per se stesso, se questo significa
ottenre quello che Atena vuole. Perché di qualcuno che fa il lavoro sporco; di
qualcuno che si sporca le mani e non si limita alle belle parole Atena ne ha
bisogno. Ne ha sempre avuto bisogno.
Come
di eroi glorificati dalla memoria (e no. Non sto parlando di Sagitter).
Sporcarsi
le mani, per Saga, è stato soprattutto (per me) il lucido assassinio di Kyriaki
Savvopoulou.
Chi è Kyriaki Savvopoulou, vi sarete chiesti
(o forse no) a questo punto.
Bene. È
una bella domanda.
Perché
fino a poco fa nemmeno io sapevo chi fosse.
È uno
di quei tanti personaggi di cui Kurumada ha farcito il manga, concedendo loro l’onore
di una comparsata, e l’onere di un infamante anonimato.
Kyriaki,
per amor di cronaca, è quel ragazzone che compare di sfuggita (tre pagine
appena, saltellando un po’) sul numero 7 di Saint
Seiya edizione Star Comics (2000).
Il
nome è mia invenzione, la sua dedizione al Sacerdote no. È attraverso di lui
che, effettivamente, vediamo Saga durante gli anni dell’usurpazione. Pochi
istanti, per carità, e a ridosso proprio dell’incotro fra Saori e Aioria. Tuttavia,
l’idea di ambiguità che caratterizza Saga, la sua duplicità è lì nel resa. Soprattutto
a fronte del lettore onniscente (o quasi) dei fatti semicontingenti.
Kyriaki,
quindi, nella mia fantasia è questo ragazzo arrivato ad Atene dall’Arcadia, a dispetto del suo nome di
ascendenza letteraria aspra regione montuosa del Peloponneso, con un poprio
orgoglioso che ben può vantare il ricnoscimento di lingua: l’arcadico-cipriota,
di antichissima ascendenza.
Ho
immaginato che Kyriaki fosse un discendente dei Savvopoulou, una famiglia di
cesellatori e argentari famosa a Stemnìsta,
villaggio semisconosciuto e abarbiccato in una valle centrale del Peloponneso e
ai tempi della lotta d’indipendenza prima capitale della Grecia. E che con la
sua abilità portasse ad Atene la sua religiosità arcaica e ferina, quasi
primordiale. Non tanto pura in sé, ma capace di credere in un miracolo anche
quando questo poi ha il colore del sangue, anche se puzza sempre di sangue (e i
bagni, che io sappia, non tolgono gli effluvi mentali).
Kanon,
cosa ne pensa al riguardo, lo sapremo presto. Confidate!
P.S.
Chiedo
venia per le veloci risposte alla recensioni.
“Da un po’” ammicca Saga, girando una nuova fotografia. “Qui
sei venuto ridicolo!”
“Mai come te in questa!” replica Kanon, la cravatta una lunga
strisica attorno al collo e un garofano rosso fra le mani.
“La ragazza era carina” ammicca Saga. “Come si chiamava?
Vaia?”
“Vana” sbuffa Kanon, accendendosi una sigaretta. “E sì, era
carina.”
“Potevi provarci.”
“Non questa volta” alza le spalle Kanon, il fumo una nuvola
pigra contro il cielo che va schiarendosi.
“E perché? Milo lo inviti perché ti faccia da spalla. No?”
“Appunto. Milo” glissa Kanon. “Con te, sto con te.”
Ok. Fa schifo.
Abbiate pietà.
Nella mia testa era riuscita meglio. O almeno mi sembrava riuscita meglio.
Doveva essere un augurio per una piacevole estate. Se aspettavo ancora un po’,
diventava l’augurio per un colorato autunno.
Ma, complici un
certo arciere pazzo, un equilibrista impossibile e un fissato delle pistole
(meglio se grandi; molto) e un certo esame che ha raggiunto il suo secondo step con annessi libri e vocabolari e
perdita del sonno (mio), riesco ad aggiornare solo ora.
Con questa cosa.
Mi piaceva l’idea
dei cari gemellini che si danno alla pazza gioia. E mostrano di sé un lato
seducente e conquistatore. Lo so: sono già superseducenti in armatura; ma
esserlo nella vita di tutti i giorni non è poi così facile. O no?
Forse la cosa
più difficile da capire, è il contesto. Che è propriamente genuinamente greco.
Ma andiamo con ordine.
Lo zeibekiko è una danza, il corrispettivo
maschile e virile dello tisfeteli, la
volgarmente detta “danza del ventre” che, pur essendo avendo fra gli adepti
soprattutto donne, vanta anche la presenza di ballerini che di solito ricoprono
però un ruolo più passivo. Comunque lo zeibekiko non è assolutissimamente una
danza facile, è complicatissima e non tutti possono ballarla. Come per lo
tsifteteli non ha dei passi precisi, si tratta soprattutto di improvvisazione,
ma vi sono comunque delle caratteristiche principali che la rendono
riconoscibile agli occhi di tutti.
Dietro allo
Zeibekiko c’è una vera e propria tradizione che il danzatore deve conoscere e
rispettare. Si tratta, a differenza di moltre altre danze, di
una danza triste che deve venire da un senso di insoddisfazione, deve esssere
la propria espressione fisica della disperazione della vita interiore, del
nostro sogno irrealizzato. E ‘la danza di un uomo che non può sopportare più le
cose tristi della vita. Una denuncia candida e trasparente di una persona che
non si è adattata a quello che ha. Ma con tutta questa tristezza intrinseca,
perchè le donne cadono in uno stato di adorazione per i ballerini di Zeibekiko?
E perchè questa danza viene vista come manifestazione di virilità? E’
semplice: per i greci, o meglio per le giovani greche, il vero uomo non è il
macho latino a cui siamo abituati noi italiani e che viene identificato nel
famsissimo slogan “per un uomo che non deve chiedere mai” . Le donne
greche apprezzano l’uomo che non si vergogna di rivelare il suo dolore o la
debolezza (e fidatevi non è una cosa facile da fare per l’orgoglio
maschile). Un uomo che ignora convenzioni sociali e correttezza, che simpatizza
con i testi che esprimono i propri sentimenti e che improvvisa in uno spazio
molto piccolo e con una dignità straordinaria una danza di protesta, è
effettivamente affascinante. Lo zeibekiko non ti rende un uomo, devi
semplicemente esserlo per danzarlo.
Ho scelto di
farlo ballare a Saga perché ho rivisto nella sua psicologia, nei suoi
atteggiamenti, quel seducente miscuglio di ribellione e affermazione di sé. Mi piace
immaginare quest’uomo ribelle (traditore) mentre esegue la danza per eccellenza
della ribellione. Non che Kanon siano un cattivo ballerino, sia chiaro. Ma qui
è decisamente surclassato dal fratello. Almeno sulla pista da ballo.
Sì perché,
invece, giustamente, nelle conquiste è il gemellino dei mari a stravincere.
Anche se, per una volta, va volentieri in bianco (e no, Kanon non è un tombeur de femmes).
Il garofano e la cravatta, che sembrano rimandare a un locale di alta eleganza, sono
invece elementi caratteristici di una relatà che è Grecia: il bouzoukia.
Descrivere cos’è
il bouzoukia non è facile. Si dovrebbe provarlo, per capirlo.
Fa parte della
vita notturna greca, senza vere e proprie limitazioni di età e soprattutto di
sesso. Avete presente il Lido di
Parigi? Prendete quello, la frenesia di una nostra discoteca, uno spirito di
ribellione stile anni ’68, una concezione balcanico-ellenica di antica
ascendenza che Orazio (uno che la vita se la sapeva comunque godere) ha ben
sintetizzato nel suo carpe diem,
mescolate il tutto è forse avrete un’idea di cosa sia un bouzoukia.
Semplificando
(molto) è un locale per il divertimento, aperto circa dalle 23.00-24.00 alle
5.00-6.00 del mattino, con l’alternanza di spettacoli anche e soprattutto da
parte di artisti famosi e momenti di musica “libera” in cui ci si scatena
arrivando a improvvisare senza inibizioni balli sui tavoli del locale (cosa
ritenuta lecita e normale, sia chiaro!). Il tutto accompagnato da ottimi
alcolici e da pioggie di fiori (soprattutto garofani, appunto) in omaggio agli artisti di turno o al/alla
ballerino/a più bravo/a. Non è un night
club o uno strip-tease; non ci troverete nulla del genere, tanto che, per
accedervi, oltre ad una buona prenotazione con qualche settimana di anticipo, è
richiesto un abbigliamento elegante, meglio per gli uomini se in giacca e
cravatta.
Le fotografie
sono parte integrante della realtà del bouzoukia, proposte all’avventore di
turno da una serie di fotografi che girano per il locale; l’acquisto non è
obbligatorio, ma può essere un piacevole ricordo.
Infine, Kanon ci va ogni tanto con Milo per “vivere”
un po’ e trovare una bella ragazza con cui davvero scambiare anche solo quattro
parole (viste che i tavoli sono di solito da quattro o sei persone mentre
quelli da due sono quasi assenti, non è insolito che coppie di amici vengano
unite a coppie di amiche; e comunque i tavolini sono distanti fra loro cinque
centimetri; una certa promisquità è d’obbigo), anche se, detto fra noi, non
disdegna di certo di finire la serata in altro modo^^.
L’oro sulle creste del Pindo, all’ombra dei chiostri delle
Meteore; una sfera lattiginosa fra filamenti di nebbia nel Devon; l’argento delle
acque del cielo in una corte di coralli. Il riflesso arancio sulla lancia della
statua o le ombre allungarsi sui tetti di Leonidion.
Ad Angistri, invece, il tramonto è l’odore di resina fresca
mischiato al sale del meltemi in uno
scampolo d’estate.
“Hai mai desiderato il cielo?” chiede Saga, nel fruscio dei
pini.
“Ho avuto il mare” sorride Kanon. “E poi i cieli sono tutti
uguali. Noiosi.”
“Noiosi.” ride Saga. “Cosa vorresti, allora?”
“Aiola” risponde
Kanon. “Come il tramonto.”
Ok. Non mi
convincie. Per nulla.
Ma benchè
questa drabble sia rimasta per due settimane sul file, e sia stata scritta
riscritta cantellata ricancellata e ancora scritta, questa è la forma con cui
ve la presento.
Che altrimenti
non la finisco più e non vado avanti. Con quelle due successive che, al
contrario, sono già pronte e sono una completamento dell’altra.
Decisamente
meglio.
Avevo comunque
intenzione di postarla oggi: 31 agosto. Fine estate.
E no. Non mi
riferisco a stagioni, solstizi, equinozi o altre convenzioni astronomico-tradizionali
e folkloriche o similia. È solo un termine ideale, almeno per me.
Il tramonto
delle vacanze (?) estive, e l’inizio del conto alla rovescia. 10 giorni e si
torna sui banchi. Letteralmente.
Intanto, la drabble.
L’inizio, lo
capite da voi, è una carrellata dei vari tramonti, nei luoghi cari ai
gemellini: il chiostro di Hosios alle Meteore; il Devon dov’è dislocata la casa
di Radhamantys (che prima o poi tornerà. Abbiate fede); il tramonto nel regno
di Posidone e in quello di Atena e infine a Leonidion, il paese natale dei
genitori di Saga e Kanon; dove loro sono nati. E sì, l’immagine delle ombre che
si allungano dai tetti è Virgilio. Potenza di otto ore di latino al giorno. Che
ci volete fare.
Angistri, invece, è una
perla. Una perla verde che profuma di pini, a pochi chilomentri dalla costa
attica. Lì dove Saga e Kanon hanno acquistato un piccolo mulino a vento e dove
stanno ricostruendo la loro vita (sì: ho cambiato. Non più Mikonos, ma questa
remota oasi. Più adatta. Perdonate il cambiamento in corso d’opera).
Che Saga e
Kanon possano aver desiderato il cielo (aka: il potere; o qualsiasi cosa che vi
possiate imamginare), i sembra plausibile. E mi piace l’idea che sappiano farsi
delle domande e ironizzare sul proprio passato con le loro risposte. Che il
cielo sia immutabile, in assoluto, so che non è vero. Ma io ce lo vedo così:
considerate che, alla domanda del mio professore, il cielo è… (classico
gioco di scrittura creative. Molto stimolante; provare per credere) io ho
risposto che è una discarica. Fate un
po’ voi.
Kanon lo vede
come me. E preferisce il tramonto, che cambia troppo velocemente per afferrarro
e resta solo un’aspirazione.
Aiola, infine, non è il nome di Aioria (Aiolia, nella grafia
alternativa) scritto male; la drabble non è yaoi. Aiola è la forma neutra plurale dell’aggettivo graco di
ascendenza omerica aiolos, dal
significato tanto affascinante quanto complesso da rendere, al limite dell’intraduzibile.
Banalizzando, indica qualcosa di prezioso e mutevole al contembo, come un
barbaglio. È un concetto, più ancora che un termine. Se avete un buon dizionario
di greco sarebbe più facile…
Comunque.
Buona fine
estate a tutti!
P.S.
Per chi di
dovere. L’arcere pazzo sta arrivando. Ancora un po’. Ci siamo quasi.
È che ho dovuto
fare qualche ricerca; ed evitare un omicidio tramite M&M’s. E non aggiungo
altro.
Kanon sorride nervoso, la chiave nella toppa e il miagolio di un gatto
alla finestra. C’è sentore di eucalipto e di sale, nell’aria che si arrampica
lungo le strade di Leonidion.
“Pronto” replica Saga, le
mani artigliate alla giacca.
“Sicuro?”
“No”sbuffa. “Sí. Non lo so. È tutto…”
“Troppo veloce?” indaga Kanon.
“Un po’. Forse.”
“Saga” lo chiama, acanto a
lui su due gradini corrosi. “Decidi tu.”
Saga respira il profumo
d’argilla delle tegole, l’azzurro sbrecciato degli infissi e un vasetto di rosmarino
secco. E il gusto pungente di una sigaretta.
“E se va male?”
“Si riprova” scrolla le
spalle Kanon.
Note, commenti, spiegazioni, ringraziamenti (e strali auto inflitti)
seguono nella drabble seguente.
Nell’odore
di lavanda secca, il crepitio di foglie di alloro nelle pagine dei libri, il
tabacco di vecchie sigarette e il grigio degli anni su letti in ferro battuto. Leonidion è una lama di sole slla
tavola consunta dal tempo.
Saga
stringe la tazza calda; è malva gli
ha detto Kanon. Ricetta
di papà.
“È
poco” sussurra, una smorfia disperata negli occhi. “Troppo poco.”
E
Saga sorride di due collanine azzurre, la mano di suo fratello salda sulle
spalle.
Ooooook!
Erano millanta mesi (no. Dai.
Non esageriamo) che non aggiornavo questa fanfic.
Anche se, a onor del vero, buona parte delle drabble
sono pronte. Il motivo? Mmmm. Le cambio! Mano a mano
che procedo (e riscrivo e ricambio e riscrivo di nuovo) con Mare greco, devo aggiustare anche
queste. Ormai, il progetto è diventato tutt’altro rispetto a quello che era all’inizio.
Ma va bene così. Le cose
immutabili sono noiose.
Come dice Kanon.
O KannonBosatshu. O
chiunque condivida con me quest’idea.
Intanto, queste due drabble cono un dittico.
Sono nate assieme, e assieme
dovevano essere pubblicate. Un po’ come i cari gemellini^^
Comunque, sono uno spaccato, un momento
di ritorno alle origini che sto sviscerando meglio in una storiellina che
pubblicherò a breve (nota per il lettore: sono un’incallita bugiarda
inconsapevole. Io ce la metto tutta, ma poi disattendo comunque. Quindi: il breve
è da computare in ere geologico-bibbliche. O forse no.
Speriamo!).
Lo sfondo è l’ormai famosa (urka! Penso che nemmeno l’ente del turismo greco ne abbia
mai parlato tanto!) città di Leonidion, nel
Peloponneso. Dove Saga e Kanon sono nati, insomma.
La casa i n questione, spero sia
chiaro, è proprio quella della loro infanzia. C’è ancora, e che, scherziamo? Perché
mai dovrebbe esser vecchia e decrepita?
E dentro ci sono, negli scatoloni
e sotto a lenzuola che fanno tanto casa spettrale (e sì, un po’ di fantasmi ci
sono. Con quella luce ellenica che taglia l’aria e arroventa le pietre. Ma in
fondo nel mediterraneo è il mezzogiorno l’ora delle apparizioni. No?), i
ricordi di tutta (poca) una vita. Quella fino ai quattro anni, quando il padre
è morto e la madre…E no! Mica voglio togliervi la
sorpresa! Aspettate!
Il problema, dite? Nel ritornare
a casa?
Ecco: come forse qualcuno di voi
ricorderà, il problema è Saga. O meglio: il disturbo dissociativo della
personalità di cui Saga soffre. E che no, non gli è passato, dopo essersi
infilzato in modalità spiedino con lo scettro di Nike. È solo che riesce a
controllarlo meglio, grazie ad Atena e al cosmo. Ma un effetto collaterale (che
p scientificamente vero!) è la perdita della memoria, almeno fino alla prima
adolescenza. Insomma, il nostro Saga soffre di una genetica permanente amnesia.
E, con il tempo, rischia anche di risprofondare nel
suo status di alienazione. Kanon, che di anni non ne
aveva di più, almeno qualche particolare lo ricorda, e negli anni è riuscito a
mettere assieme qualche informazione in più.
Ecco, allora, svelata la
titubanza di Saga nella prima drabble, e la paura per
quel poco tempo concesso della seconda. Ma c’è Kanon,
ostinato come solo un fratello sa essere. A raccattare pezzettini qua e là.
Come le collanine con i pendenti blu, che nella cultura greca (anche
recente. Non andate sempre a scavare fra i testi classici!) hanno funzione
apotropaica e vengono messe al collo dei bimbi.
Grazie a tutti, siete sempre
magnifiche e magnifici!
Lo so: sono un po’ indietro con
le risposte ai commenti. Intanto, qui, faccio una standig
ovation a tutti! Per la grandissima gentilezza, le belle parole e gli
stimolanti stimoli (sì: è cacofonica, come espressione. Pietà!) che mi fornite!
Questa drabble è pronta da secoli. E per secoli (10 mesi in
realtà. Ma siamo comunque giù di lì) è rimasta a vegetare nel computer. Non mi
piaceva. Per nulla.
Così, questa sera, l’ho riscritta. Deciso. Tassativo.
E così, dopo un’accurato labor
limae, la posto.
È un po’ un punto di arrivo. Non della raccolta, ma di loro:
di Saga e Kanon.
Per quel misto di sospensione fra ieri e domani, per i tanti
ricordi che hanno e stanno costruendo e per la sottile angoscia che sta
premendo e crescndo. Lenta come un cancro.
Potevo parlare dell’addestramento; potevo parlare di quel
legame che, secondo tanti, c’è fra gemelli. Potevo parlare di un’armatura che
vola via nel cielo degli Inferi per soccorrere Saga dopo aver vestito Kanon.
Ma non l’ho fatto. E fondamentalmente perché penso che
quello, di Saga e Kanon, sia ormai il passato. La consapevolezza di aver fatto,
di esserci stati in qualche modo. E adesso, appunto, siamo al giro di boa.
Della boa della loro parabola, della loro vita (almeno nella mia ottica).
Quindi, adesso, la domanda è: ciò che li ha sempre legati, in
un modo o nell’altro, ci sarà ancora? Sopravviverà?
Saga sa che, prima
o dopo, il suo disturbo dissociativo della personalità (perché sì: per me Saga
è affetto da tale sindrome, e nemmeno Atena e il suicidio lo hanno guarito. Ha
solo potuto riportare la situazione a un maggior equilibrio) e sa che potrà
essere devastante, sa che potrebbe fare cose che non vuole fare e non
riconoscere persone che conosce da sempre. Lo sa. Lo accetta. Anche se per
questo non sta meno male; non ha minor paura.
E allora ecco che il futuro fa paura, e il sesto senso
vacilla. Anche in un cavaliere.
Kanon invece. Kanon invece sa che prima o dopo riperderà quel fratello che sta ritrovando, e
che può e non potrà farci nulla. Assolutamente nulla. E se, in altri scorci, ha
faticato ad accettarlo on lo vuole proprio accettare, qui lo sa e la sua paura
è proprio non accorgersene, non esserci in quel momento, il primo, quello
cruciale, in cui Saga avrà bisogno di lui. Anche se Saga lo guarderà senza
riconoscerlo e in ogni istante si chiederà chi sia la persona con cui sta
parlando.
Sesto senso ho voluto interpretarla così: con questa doplice
natura.
Il ricordo di un legame e l’intuizione di una consapevolezza.
Il ricordo di come si sono rincorsi nella vita e sul campo di battaglia e la
consapevolezza di un qualcosa che si sa che dovrà arrivare, ma si sta solo
immaginando. Tremando.
Infine, contro forse alle normali aspettative, è Kanon il
patito delle pianificazioni, dell’ordine (almeno mentale) quasi maniacale; Saga
invece vive alla giornata, vive senza progettare, senza porre scadenze a lungo
termine, anche se, all’esterno, è Saga il maniaco dell’ordine (apparente). Ma
questo è solo il disperato bisogno che ha di avere controllo sul mondo, visto
che non può/potrà averlo sul proprio cervello.
…
Urge Mare greco.
Ormai lo so. E so anche che queste drabbel avranno senso
completo solo quanso sarà meglio delineato questo mio personale universo
post-Hades (sì: c’è il problema Soul of
Gold, ora. Troveremo un equilibrio) e infra-Omega.
Intanto, grazie a quante e quanti, imperterriti, continuano a
seguirmi, nonostante silenzi, assenze e recensioni (graditissime!!!!) non
puntualmente commentate ( o proprio non commentate).
“Non rompere” sbuffa, sollevando in alto il giornale e
incrociando le gambe sul divano. “E rispondi.”
Di Sudore. E sangue pensa Saga. Come ogni soldato.
E dell’odore delle stelle che esplodono.
Ma Kanon sa anche di salsedine e corallo quando sale alla
terra; e di cumino, rosmarino e iodo quando lo va a trovare nel tempio di
Ketos. Oppure di incenso, sandalo e olio d’oliva, quando torna dalle stanze di
Anissa.
“Di sigarette” sogghigna alla fine.
“Sigarette?” ripete Kanon, divertito.
“E bergamotto e cedro.”
“Era…”
“L’odore di papà” sorride Saga. “Lo ricordo.”
Oddio.
Non ci ho messo mesi, ad aggiornare. E questo è già di per sé
un miracolo. Che poi sia riuscita a farlo augurandovi anche Buona Santa Lucia…Siamo proprio a Natale! E domani nevicherà! Poco ma
sicuro!
Intanto inizia una nuova serie, veloce veloce,
ma queste drabble sui cinque sensi mi stuzzicano.
Per la cronaca, il giornale che Kanon
ha in mano è una di quelle riviste femminili (tipo Cosmopolitan)
che una certa donzella ha lasciato in giro per la Terza. Come? Non sapete chi
è? Provate provate! Non è poi così difficile!
Si parla purtroppo troppo poco della memoria olfattiva, che
è una delle più forti e antiche che possediamo. E mi piaceva l’idea che Saga di
Neilos, suo padre, possa conservare qualche ricordo,
nonostante il tempo e soprattutto la malattia. E ricorda l’odore. Quel misto di
tabacco e dopobarba che gli sentiva addosso quando lo abbracciava. E mi piace l’idea
che risenta in Kanon lo stesso odore. Di famiglia, di
ricordo.
Una sorta di madelaine olfattiva, insomma. E in questa giornata dal
profumo di arance, fichi secchi e mandarini direi che ci sta. Molto!
Un abbraccio a tutti e buone scalette e asinelli!
P.S. Sì: decisamente ho voglia di tornare con maggior
costanza!
Milo ha bloccato il mangianastri, le braccia schiacciate sul
tavolino e il sesamo del pasteli a
scricchiolare fra i denti.
“Non male” concede Kanon, allargando le braccia sul divano.
“Comunque. La versione di Roubanis resta migliore.”
“Ti prego” storce il naso Milo. “È jazz.”
“Appunto” sogghigna Kanon. “La migliore.”
“Dale ha fatto un capolavoro” replica, facendo ripartite il
nastro. “Ascolta: surf rock puro. E quel tremulo picking sulla chitarra
elettrica…”
“Discutono ancora?” mormora Rdhamantis.
“E!” sospira Saga.
“Li conosci. No?”
“I do. Cosa tocca
oggi?”
“Misirlou. Jazz
contro surf rock. Per ora.”
“Incantevole. Davvero. Usciamo?”
“Certamente!”
Una pila di temi da correggere (che continua a incombere); un
temporale che sembra spaccare il cielo e musica sparata a mille (anche se non
le 23.00 di sera), mentre cerco canzoni fasciste (e no! Non è politica:
approfondimento sulle musiche del regime per i miei ragazzi. Domani: lezione di
storia).
E poi: bam! Ho
avuto un’epifania. Letteralmente.
E questa drabble che mi ha fatto penare per questi mesi si è
districata rapida rapida. Complice anche una telefonata ad un amico
appassionato di jazz che prima ha imprecato e poi non la smetteva più di
parlare. Aiuto!
Avevo deciso da tempo che udito
sarebbe stata per Kanon. E per il jazz.
Perché Kanon ama il jazz, e ama la città del jazz: New
Orleans. Tanto da passarci anche tre anni della sua vita. E da tornarci quando
la Grecia diviene troppo soffocante.
Il problemi erano altri: l’incerlocutore, ad esempio. E la
musica in sé, per dirne un altro. Perché doveva essere qualcosa che esisteva
negli anni Ottanta anche in Grecia. Soprattutto in Grecia.
Ed ecco che sono emersi Milo, con la sua leggerezza e il suo
atteggiamento ondivago, la sua personale crociata per convincere Kanon ad
aprpezzare, almeno per una volta, qualcosa che non sia solo jazz.
Ed è saltata fuori lei: Misirlou. Che tutti voi avete già
sentito, apprezzato, amato, odiato, orecchiato, detestato. E che, chiamata
così, dice poco o niente.
Avete presente Pulp
fiction? Sì: quel classico pop con John Travolta e una mafia esagerata fino
al parossismo. Ecco: Misirlou, nella
versione surf rock di Dick Dale, fu utilizzata nella colonna sonora del film Pulp Fiction
e ha conosciuto così una fama globale. È stata poi utilizzata nei film Space Jam
e Garfield 2,
in una puntata dello stesso anno del telefilm Friends,
nel film Charlie's Angels e in tutti i film
della serie Taxxi. Inoltre, la
canzone appare nel videogioco per Wii Rayman Raving Rabbids e nel gioco per PlayStation 2
Guitar Hero II (sempre nella versione
di Dick Dale).
Famosa, no?
Soprattutto nella versione che Milo ha deciso di idolatrare.
Ma di Misirlou esiste anche una precedente
versione jazz appunto arrangiata nel 1941 da Nick Roubanis, e una
ancora più antica canzone popolare greca, tramandata oralmente e rimaneggiata
di continuo.
A Saga e Radhamantis, per l’occasione passato in terra di
Grecia, l’occasione dell’ennesima disputa musicale e la fuga ad hoc per evitare incresciosi
coinvolgimenti. Soprattutto quando Milo inanella parole tecniche di cui molti
(io compresa) dubitano conosca esattamente il significato…
Il pasteli è un tipico dolce greco, o
meglio ancora un tipico snack, a base di miele e sesamo, diffuso nei supermercati
e nei bar, mentre E è l’esclamazione corrispodnente al nostro Eh.
Il mangianastri
invece…Dio! Io ci sono cresciuta, con il mangianastri (lo chiamavamo
mangiacassette, allora. E in effetti aveva una certa propensione a mangiarseli
davvero, i nastri delle cassette). Ho cercato di riprodurre la realtà degli
anni Ottanta-Novanta, quando faccio muovere davvero i mei personaggi. E allora:
niente mp3, ipad e altri aggeggi simili. Il massimo della modernità era lo
stereo. Sempre per le cassette.
Se poi penso che i miei studenti di prima, quando ho portato
loro una vecchia cassetta audio, mi hanno chiesto: “Prof. Come si fa a farla
entrare nell’Ipod?”. Non scherzo! Giuro!
… mi sento vecchia.
E sono in piena fase amarcord. Adesso metto su nostalgia canaglia e tiro fuori dal
frigo una scatola di gelato. Qualcuno mi fa compagnia?
Ok.
Qualche mese è passato. Ma almeno la mia versione
tartarughina sempra reggere. Ho il carapace duro, io. E se non sono convinta di
una cosa cancello tutto e ricomincio.
Quindi: sperate e sperate che io non demordo, e grazie
infinite di continuare a seguirmi!
A Leonidion, i ricordi sono sono una spilla appuntita e un
paio di orecchini dai contorni taglienti. Sono il quadrante duro dell’orologio
del bisnonno e il pizzicorio del velluto attorno ad anelli di corallo dal
cassone levigato.
“Questa era della mamma” sorride Kanon, un filo fresco di
perle a scivolare su dita ruvide di soldato.
“E questo della nonna” aggiunge, allungando a Saga un cammeo
blu. “Ti è sempre piaciuto”.
“Peccato. È rotto” mormora Saga, una smussatura sotto le dita
callose. “Qui. Senti?”
“Lo credo” ride Kanon. “L’avevi fatto cadere”.
“Mmh. Io ricordo che, a farlo cadere, eri stato tu”.
Ricompaio in punta di piedi.
Sperando di non spaventare nessuno con
questa apparizione dai tratti fantasmagorici (Halloween è passato da poco. Dai!
Ci sta!).
Sono sparita per tanto; e me ne
dispiace! Seriamente!
Ma ho scritto. Tanto. E adesso, forse,
inizierò anche a pubblicare. Chissà!
L’ho sempre saputo, e adesso lo so ancora
di più: scrivere è anche aspettare il momento. Per tirar fuori quello che ti
rimescola dentro.
E, purtroppo, i tempi si allungano.
Intanto, momento amarcord. Di nuovo.
Ma mi piace vedere i gemellini in queste atmosfere rarefatte, un po’ leggere un
po’ malinconiche. Sarà l’aria di novembre. Chissà!
Ancora Leonidion
(prima o poi ci andrò. Davvero!), ancora ricordi. Questa volta uno di quei
vecchi bauletti che ci finisco fra le mani per inciampo, quando cerchiano un
maglione in fondo a quell’armadio dove non andiamo mai a vedere.
Un po’ come a Saga e Kanon. Che si ritrovano ad ammirare vecchi tesori di
famiglia lasciati a riposare in qualche anfratto della loro casa d’infanzia.
Di Ariadne,
la madre dei gemellini, avete già fatto una sommaria
conoscenza in precedenza. Della nonna, invece, non sapete ancora nulla. Vi
anticipo solo che aveva un gran bel caratterino, un miscuglio fra quello di
Saga e Kanon.
I cammei sono di solito incisioni di
avorio montate su sfondo rosso, ma esistono anche alcune varianti (famose
soprattutto a Venezia) per lo sfondo in agata blu. Ecco: la nonna di Saga e Kanon ne possedeva uno così; e a furia di strapparselo
dalle mani a qualcuno è caduto per
terra.
Ma Kanon non
ci bada tanto, soprattutto visto che Saga sembra ricordare un particolare della
loro infanzia! Evvai! Forse ancora un po’ di tempo lo
avranno.
E anche voi, mie care lettrici e miei
cari lettori che non demordete, potere sperare che, a breve, ricompaia su
questi lidi.
Per Takis, il gusto dei ricordi ha il
sapore di una sigaretta fumata sotto i rami dell’eucalipto. Aspettando che il
caffè si depositi, con calma.
Chiacchierando con un estraneo, le gambe
distese sotto al tavolo o le braccia a riposare sullo schienale blu della sedia.
Del polipo corposo steso ad ascigare e della cera che si
scioglie nelle lampade alla sera. Di come Sakis il giaourti lo amasse con le
noci; e il miele. Tanto miele. A Kandakes, invece, piaceva con una punta di
marmellata di cedro e una scia di cereali croccanti.
Questa è difficile. Ma io amo le cose difficili. E amo
aprire spiragli su Mare greco che,
pian pianino, procede, fra riscritture e correzioni. E no, non sono io troppo
esigente; sono solo cresciuta rispetto a quando l’ho iniziata. E con me sono
cresciute tante cose.
Ma torniamo a noi.
Takis.
Takis è il proprietario di un locale, il Mirtoon, che affaccia direttamente sul mare, alla spiaggia
di Lakka di Leonidion. È,
in sostanza, un’istituzione, per il paese. E, attenzione attenzione…Esiste
davvero! TakisKirios è davvero il proprietario del ristorante
di Leonidion che fa da sfondo alla drabble.. E sì: l’eucalipto c’è davvero. E forma un bell’ombrellone
naturale che si unisce al pergolato della terrazza grezza. Unica differenza: il
locale esiste dal 2005; i gemellini si muovono in
contesto dei primi anni Novanta.
Un po’ di licenza poetica me la permettere. Giusto?
Il giaourti
lo conosciamo tutti: è il nome originale dello yogurt greco. Sì: quello greco greco. Quello tanto denso che lo spalmi su una fetta di
pane in modalità marmellata. Quello che davvero ti resta appiccicato sul
cucchiaino e che, se non accompagni con qualcosa, non sai davvero cosa ti
perdi.
Poi.
Sakis e Kandakes. Che sono due nomi
greci, anche se il secondo non sembra. Per me, i nomi al secolo di Saga e Kanon. Svelati in anteprima^^
Kanon qui si muove in solitaria. Ripercorre
le strade e i ricordi in una personale missione amarcord
che, cronologicamente, si colloca prima delle precedenti drabble.
Poco dopo la rinascita di Saga. Quando ancora non sapevano come parlarsi esattamente
e dovevano mettere in fila tutto quello che possedevano e sapevano. Di sé stessi;
e l’uno dell’altro.
Takis appartiene a Leonidion,
appartiene a quel mondo che hanno lasciato e che adesso cercano di recuperare.
Appartiene all’infanzia, ne è in parte un custode, come Isavros
lo è per i ricordi dei genitori di Saga e Kanon.
E Kanon vuole iniziare da lì. Da
un ristorante in riva al mare. A raccattare pezzi che forse, un giorno,
condividerà con Saga (e noi sappiamo che sarà proprio così).
Nel calcare rosso il santuario e Leonidion come strade da correre
in un fiato, un mare di scaglie negli occhi e la valle scaldata dal sole a
costeggiare lo sguardo.
Avrebbe voluto rivedere rosmarino alla finestra, e un cesto
giallo di limoni sul tavolo sotto la pergola, all’ombra degli oleandri.
Sbuffi d’infanzia incastrata nei vicoli, negli occhi
indifferenti dei gatti e nella piega sardonica dei vecchi. Il greto secco d’estate
e la striscia che taglia la vallata d’inverno.
Ma quel giorno, gli occhiali scuri e una valigia in mano, Saga
rivide solo un paese sconosciuto.
Ok. È angst.
Anzi: è
deprimente. Se siete arrivati alla fine senza conseguenze, meritate un premio.
Nikuman al ragù per tutti. Chi vuole favorire?
Scherzi a parte,
questa drabble è stata una sofferenza. Ci sto lavorando da inizi dicembre, e
non mi convinceva. Proprio no.
Sapevo che doveva
essere una drabble amarcord. Un po’
come la precedente. E sapevo che il protagonista doveva essere Saga.
E sapevo (ohmamma!
Sapevo un po’ troppe cose per essermi impelagata così!) che doveva riguardare
lo straniamento, il senso di sradicamento che può provare una persona nel
tornare nei luoghi della sua infanzia e non riconoscerli, sentirli anzi
estranei, stranieri. Indifferenti.
Saga coltiva
speranze, la prima volta che decide di tornare a Leonidio. In quella valigia
che si porta appresso, c’è il terrore e la trepidazione di ricordare un’infanzia
che la malattia ha cancellato. E la delusione colmata da aspettativa di ricordi
costruiti a tavolino, costruiti per provare emozioni che non arrivano, che
restano sul fondo di quella valigia, nell’indifferenza di gatti che randagi se
ne vanno.
Se Kanon, nella
precedente drabble, recupera con facilità quasi prouastiana l’infanzia, nella
complicità di una madeleine travestita da caffè, per Saga no. Per Saga doveva
essere l’impossiblità di ricostruirla, quell’infanzia. Perché è su questo che
si basa, per me, il rapporto dei due gemellini. Almeno all’inizio. Un aiutarsi
a vicenda in qualcosa di intimo, di personale.
Ma qui siamo a prima,
quando Saga ci prova da solo, a tornare all’infanzia. E ovviamente fallisce.
Ci riproverà in [Troppo], [Troppo poco], [Tatto] e
in alcune altre drabble disseminate nella raccolta. Con Kanon.
Qual era il
problema, allora?
Non riuscivo a
visualizzare la scena in parole, ecco.
Poi: una tazza di
tè, le mie casse lanciate in mondalità random e Vecchioni che riempi la serata.
Alessandro
e il mare. Malinconia. Onirico. Grandezza e inadeguatezza. Aspirazioni
frustrate.
Ho avuto l’illuminazione.
E questa drabble ne è dunque anche un omaggio.
La prossima (e
non trascorrerà troppo, promesso!) sarà di tutt’altro tono. Promesso!
“Tisha aveva ventitrè anni. Io diciassette” ricorda Kanon
“Parlava un inglese peggiore del mio. Ma le forme erano al
posto giusto” sorride, negli occhi i barbagli di una notte trascorsa in una
stanzetta, la frenesia del Mardi Gras in sottofondo.
“È stata la prima volta che ho fatto l’amore” confessa,
rigirando fra le mani il sazerac, il sapore forte dell’assenzio sulla lingua.
“Mi ha lasciato questa, come ricordo” e mostra una linea
sottile sulla mano. “Una specie di gioiello. Lo portava al collo” scrolla le
spalle.
“Ti piaceva” ammicca Saga, gomito a gomito. “Molto.”
“Sì” annuisce Kanon. “Era davvero fantastica.”
E iniziamo con
le confessioni piccanti!
Questa è una
delle prime drabble che ho scritto, nella raccolta. Perché quando ho letto il
prompt l’accostamento mi è venuto subito; spontaneo.
Con il tempo si
è scritta e riscritta, questa piccola immagine. Ma il succo è rimasto sempre
quello.
Le confessioni;
i primi amori; lo svezzamento; una birra in mano e quattro chiacchiere al
bancone di un bar. Fra amici; fra fratello. Fra Saga e Kanon.
Che non si
conoscono davvero; che devono imparare cosa significhi, essere fratelli. Dove
si possa mettere un confine; e di quale confine si debba parlare.
E allora si può
partire anche dalle prime avventure erotiche. Da quella prima volta che ti segna e che non puoi proprio scordare. Da quella
prima volta che può essere fantastica o uno schifo totale.
Ma è la prima.
E te la ricorderai comunque.
Se bisogna
ripartire, allora è bene farlo dalle cose banali. Quotidiane. Da quelle che ti
restano dentro perché sono parte della tua esistenza.
Per Kanon una
parte è Tisha.
Questa
ragazzina che vi compare all’improvviso davanti e non sapete da dove sia
saltata fuori. Questa donna (perché sì, Tisha è donna) che ha una storia tutta
sua, da raccontare, e che per Kanon è il ricordo di un primo amplesso e una
cicatrice sulla mano. (O forse no. Forse c’è dell’altro. Chissà!)
Per chi non lo
sapesse, il Mardi Gras è il nome con
cui, convenzionalmente, si chiamano le ricorrenze carnevalsche a New Orleans,
mentre il sazerac è un liquore cajun
a base di cognac e aromatizzato all’assenzio (sì: quello verde che studiamo
sempre sui libri di letteratura).
Kanon ama New
Orleans. Ero sappiamo un pezzetto in più di quell’amore a cosa sia legato.
“Questa me l’ha regalata tuo fratello. La terza volta che
siamo stati a letto insieme.”
Dysis ha due occhi del colore delle ulive mature, una fede al
dito e un delta al collo. E lo mostra a Kanon con la naturalezza della
confidenza. Mentre Saga sbuffa, la mano ad accarezzarle come di nostalgia la
spalla liscia.
Saga l’ha conosciuto che aveva vent’anni, le illusioni della
città in tasca e una valigia fra le gambe.
“Cercavo casa” gli racconta. “E ho trovato lui. E mi piaceva”
ride. “Tanto.”
“E vi siete innamorati” ammicca Kanon.
“Non proprio” sorride Saga. “Ci siamo diveriti.”
E dopo Kanon,
non poteva mancare Saga.
San Valentino è vicino è ne ho
approfittato per queste due drabble a tema amoroso.
Le prime esperienza, come ho già detto nella drabble
scorsa, lasciano un segno. In bene e in male.
E qui scopriamo che anche Saga ha una liaison d’amore da confidare. E lo fa
per bene, con tanto di ragazza invitata all’incontro. Che, per inciso, parla
tutto lei e recupera vecchi ricordi con piacere, proprio e di Kanon, che non apre bocca per paura di farsi scappare una
sillaba.
Dysis è una ragazza che vive la cultura
hippie, che respira la Grecia degli anni Settanta, subito dopo la fine della
dittatura dei colonnelli. È la ragazza che non vuole legami e che non chiede
nulla al mondo, è come l’aria. O come il mare, se preferite.
Per Saga, che è Sacerdote da appena tre
anni, è la compagnia ideale. Lontano dalle vesti sacerdotali e dagli obblighi.
E di Dysis si ricorda, che la malattia che lo
affligge cancella i ricordi dell’infanzia e altera momenti dell’adolescenza. Ma
Dysis no. Dysis è una
sopravvissuta. Alla sua vita e ai ricordi di Saga.
E per questo è ancora più preziosa.
Perché con lei Saga ricrea una memoria che è percettiva, istintiva, più che
mentale. E Kanon. Kanon se
ne accorge. E gongola. Come solo un fratello può fare.
Non prendetelo male, quel ci siamo divertiti. Ce lo vedo in Saga;
e in Dysis. Due ragazzi che si volevano godere il
momento; due amanti, in cui la relazione non è solo sesso, ma non deve per
forza essere qualcosa di più. Saga è leale, ma conosceva e conosce i compiti
che aveva, e nemmeno la sua altra personalità era così spietata e opportunista
come vogliono farci credere (o almeno io non la vedo così!).
Ho trasformato il triangolo del prompt nella lettera delta.
Il delta di Dysis. Il regalo di un’avventura, e che
la ragazza conserva ancora, a ricordo di qualcosa di bello, di intenso, ma
anche di passato. Ora c’è una fede al suo dito; e l’amore di Kyros, suo marito, ad appagarla. Ma Saga è e resterà sempre
una parte della sua vita. Come lei per Saga.
E se volete proprio saperlo sì: Dysis tornerà, e con lei anche Tisha.
Sono due personaggi importanti, per i cari gemellini.
Molto.
Grazie mille e alla prossima!
*spande picche al cioccolato
fondente per i single. Ma che San Valentino!*
P.S.
Grazie a chi ha letto, ha chi si è
fermato e soprattutto a chi ha commentato.
Francine perseveri sempre con ostinazione! E per
me è sempre un piacere riflettere su quello che mi scrivi (e che mi manda in
crisi, anche ^^ Ed è davvero, davvero piacevole e interessante. Credimi! Io
adoro essere messa in crisi XP).
“Un regalo di Tama” risponde Kanon. Mentre un pappagallino
saltella indifferente sul tavolo, rincorrendo delle briciole.
“Ah” soppesa Saga. “E perché si trova qui?”
“Non potevo certo tenerlo ad Atalntis” considera Kanon.
“Troppo iodio e poca luce.”
“E allora lo hai portato qui” sospira Saga, stringendo la
radice del naso.
“Rallegra l’ambiente. Non ti sembra?”
“Doukas no? O Tisha.”
“Doukas se lo sarebbe mangiato” ride Kanon. “E da Tisha c’è
Samedi.”
“Samedi?”
“Il gatto.”
“Giusto” annuisce Saga. “E quindi?”
“Quindi” sentenzia Kanon, allongangli una tazza di caffè
turco caldo. “Adesso dai il benvenuto al tuo nuvo coinquilino.”
Ed eccomi di nuovo!
No, non ero scomparsa. Oddio,
dopo due settimane passate a letto fra termometri, aspirine e dormite pseudo-rigeneranti, qualche dubbio poteva anche nascere.
Sì, direi di sì.
Come avrete capito, sono reduce
da una di quelle super-ultre-mega influenze che
stanno imperversando in queste settimane, e che sì, complice l’affetto
incredibile dei miei studenti, mi sono beccata. O meglio: me l’hanno
appioppata.
Quindi: la mattina a scuola in
modalità zombie (perché no, se io mi becco l’influenza la febbre non ci può
essere, giusto giusto uno strascicato 36,7 e quindi…filaaaaa!) e il pomeriggio fusa con il letto. Risultato?
Una pila di compiti e prove da correggere neanche domani ci fosse la fine del
mondo e un ritardo cronico in tutto il resto.
Comunque.
Dopo questo lungo preambolo,
soprattutto per scusarmi per le mancate risposte ai commenti, sempre
graditissimi e stimolanti, e alcuni miei mancati commenti (che presto
arriveranno. Promesso!), eccomi qui.
Nuova drabble.
L’ispirazione, in verità, la
devo a mia sorella. E al suo modo di vedere il mondo in perpetua modalità di un
personalissimo “correlativo oggettivo”.
Perché, diciamocelo, se pensi ai
diamanti ti vengono in mente solo due cose: gli anelli e i campi da baseball. E
per Saga e Kanon non ci vedo bene né l’uno né l’altro.
Poi. Complice, dicevo, una
sorella fantastica, una serie tv sui pirati e una discussione sulle varie
specie di pappagallo esistenti (e forse anche non), sono approdata al diamante pappagallo.
Un simpatico e variopinto
uccellino che è presente soprattutto
nella Nuova Caledonia e isole limitrofe, anche se sporadicamente e’ stato
avvistato anche sulle coste orientali dell’Australia. È adorabile, con quelle
piumette verdi punteggiate di rosso e con la sua spiccata curiosità che lo
porta a saltellare ubique. [Mi ricorda taaaaanto un certo Robin. I colori ci sono ^^]
Passare dal pappagallino ai
nostri gemellini il passo è stato breve. Soprattutto,
immaginando il loro scambio di battute solo l’indifferenza del volatile.
Doukas e Tisha, per chi non è nuovo a questi lidi, sono personaggi
già noti.
New entry, accanto al nostro
diamantino (che sì: è ancora in attesa di essere battezzato. Sotto con le
proposte! Kanon alcuni nomi li aveva proposti, ma
Saga li ha bocciati tutti. Propendendo per una convivenza all’insegna del
mutismo. Suo. Non del pappagallo), è Samedi. Un gatto, sì. Perché dove c’è un uccello, è d’obbligo
la presenza di un gatto. Anche se questo si trova dall’altra parte del mondo,
vive in una delle vie più antiche di New Orleans e ama in modo particolare i
coriandoli e i pianoforti. Oltre ad avere il nome di BaronSamedi, il loa
dei cimiteri. Una specie di divinità degli inferi, insomma.
Tama infine.
Ecco: Tama
è un discorso complicato. Nel mio fan-verse è un
giovane ragazzo maori, che sfoggia un’invidiabile abbronzatura e una bella
capigliatura biondo ossigenato (che ci volete fare? È uno eccentrico^^).
Inoltre è il cavaliere del Tritone, il primo cavaliere di Posidone.
E quindi un compagno d’armi, con Tytis e Sorrento, di
Kanon. E comparirà presto. Di nuovo. Aspettate e
vedrete!
…
Mi sono dilungata. Va bene. Fa
niente.
Ci rivediamo la settimana
prossima (di certo!) e grazie mille come sempre a chi persevera. Con la
prossima drabble siamo a quota cinquanta! È il giro
di boa!
P.S.
Viva i draghi di Komodo!
Non ho ancora scoperto il perché,
ma oggi su Google che il doodle per i draghi di Komodo. E io adoro i draghi di Komodo.
Quindi: viva loro!
Le hanno sgusciate passandosi di mano il temperino, in bocca
il gusto della focaccia e dell’origano. Mentre il cielo, sopra Magiza, è un
ritaglio nero fra le ombre scure dei pini.
“Ancora non ci credo” borbotta Saga, ravvivando il fuoco.
“A cosa?”
“A questo” scrolla le spalle. “Che sei riuscito a
convincermi.”
“Però ti sei divertito” sogghigna Kanon, allungando pigro le
gambe sulla ghiaia tiepida di sole.
“Sì. Direi di sì” acconsente Saga. “Sei bravo a nuotare.
Sott’acqua.”
“Predisposizione naturale” ride Kanon. “Tu lo sei nelle
scalate, no?”
“Già” sorride Saga.
L’avevo
promessa.
Tempo fa (e più
precisamente qui) e anche se io sono una tartarughina imparentata con una lumachina,
piano piano ci arrivo, alle cose.
Ma ho tante
cose in ballo; forse davvero troppe perché possa dedicare a ogniuna il tempo
che spetterebbe loro.
Intanto, è
arrivata l’escrusione nel mare che Kanon aveva promesso. E siamo a Magiza. Conoscete Magiza? No? Peccato
per voi!
Magiza è una di
quelle spiagge più solitarie di Agistri, l’isola più
piccola, nascosta e meno popolata del golfo Saronica
dove ho immaginato che Saga e Kanon abbiano una
piccola casetta, o meglio un piccolo mulino a vento per casetta. Il luogo
ideale per cercare di ricostruire i rapporti, lontano dai doveri del Tempio e
dai ricordi dell’infanzia di Leonidion.
Magiza gode della maggior parte
delle caratteristiche delle spiagge dell'isola, con il litorale che
essenzialmente consiste in una sottile striscia di ghiaia, mentre lo splendido
blu delle acque, unitamente all'intenso verde circostante, dà vita ad un
paesaggio incantevole. Il fatto inoltre di essere isolata le conferisce
un'atmosfera di paradiso perduto, ideale per sfuggire alla pressione
quotidiana.
E sì: se Saga è
un appazzionato di escrusioni e arrampicate anche libere (passione che da
ragazzo condivideva con Aioros. Oggi: chi lo sa?), Kanon ha invece sempre avuto
una fascinazione tutta sua per le immersioni. Come dire: il loro destino ce l’avevano
scritto nel DNA e nelle passioni giovanili, no? Ma che ci volete fare? Crescere
in un paesino arrampicato sulle falesie con il mare davanti qualcosa del
carattere doveva pur influenzarlo. Giusto?
Intanto, vi
lascio con il cerchio delle patelle, e proverò a raccogliere idee
per Luna. Questa sì che sarà un’impresa!
Le mani
di Tisha danzano eleganti, mentre dispone le carte a ventaglio.
“Scegli.”
“Devo
proprio?”
“Non
rompere, Saga” sbuffa Kanon. “E pesca.”
“E se
proponessi io?” azzarda ancora Saga, negli occhi verdi di Tisha la promessa di
una storia da raccontare.
“Non
qui” scrolla le spalle Kanon. “Qui decidono le carte.”
“Perché?”
“Perché
Tisha è una sorcière” appunta Kanon,
con naturalezza. “E perché il bar è mio.”
“Era”
precisa Tisha.
“Giusto.
Era.”
“Ara” sospira Saga, la carta che scivola
dal mazzo. “Allora?”
“La
luna” sorride Tisha. “Cajun Moon
quindi.”
“Ottimo”
sogghigna Kanon. “Adesso ci divertiamo”e allunga il microfono a Saga.
Uh! Questa volta ci ho messo
poco, ad aggiornare. Qualcuno (a buon diritto) potrebbe gridare al miracolo. Io
lo farei.
Ma una serie di drabble sono già pronte, quindi
di fatto è più il tempo tecnico di postare che altro. Soprattutto perché mi sono
imposta di non aggiornare più niente di una serie o di storie nuove se prima
non ho risposto ai commenti, pubblicamente o privatamente che sia.
Mi sembra il minimo!
Intanto, ritorna in campo Tisha, che qualcuno di
voi ha conosciutoqui. E scopriamo che adesso possiede un bar: o meglio,
possiede un bar che era di Kanon.
Quando il caro gemellino ha deciso di fare l’imprenditore? Desolata! Questa
è una storia ancora da confidare. Sapete com’è: Kanon
parla, ma mica dice tutto tutto!
Però il bar lo aveva, o almeno lo aveva comprato, e adesso è Tisha a gestirlo. Con l’originalità di una orgogliosa donna
cajun. Perché Tisha è molte
cose: anche sorcière,
che in lingua cajun (come in francese, del resto)
significa maga. E Tisha
ha ereditato dalle ave della sua famiglia il dono di paer
leggere le carte. Con serietà, ma anche con la leggerezza che usa in questa drabble.
L’idea del karaoke abbinato alle carte dei tarocchi, per chi volesse
cimentarsi al buio, con ogni carta che corrisponde ad una canzone nasce da un
gioco fatto in classe. E mi piaceva l’idea che per una donna come Tisha, che ha molto a cuore le sue tradizioni e la sua
cultura, ma che riesce anche a sdrammatizzarla, senza sentirsene snaturata o
offesa.
E ad andarci di mezzo è Saga, che ha perso una qualche scommessa con il
fratellino e adesso gli tocca pagare pegno. Cantando. Perché New Orleans è anche questo: buona
musica jazz e bluse. E questa è la città di Tisha,
della giovinezza di Kanon e di una vita che Saga non
conosce. Perché Orleans ha rubato il cuore di Kanon,
e Saga è disposto anche a fare una pessima figura contanto
una canzone mai sentita (Cajun Moon, per
la cronaca, esiste davvero: è una canzone del 1986 cantata da Ricky Skaggs, contante caountry.
Ascoltatela: a me ha sempre dato un brivido) pur di passare qualche ora
spensierata a raccattare alcune indiscrezioni sul fratello e godere della sua compagnua.
La baia di Garitsa è sfavillio di lanterne sul mare e
farandole di musica e danze lungo il molo in penombra. È due bicchieri di tsitsibira e una tzintzola divisa morso a morso, a cavalcioni di un parapetto.
“Kanon.”
“Mmh?”
“Hai un desiderio?” chiede Saga, gli occhi alla notte
incrostata di stelle.
“Molti” sorride Kanon, la testa gettata al cielo. “E li posso
prendere con le mie mani”, nel pugno il riverbero dell’universo. “E tu?”
“Qualcuno. Sì” sussurra Saga.“Ma avrò bisogno di un paio di
mani in più, per afferrarli.”
Due nel giro di
due settimane.
È un record,
inutile negarlo. Ma, signori, non si poteva mancare. E sì, lo so: sono comunque
in ritardo. Per la notte di San Lorenzo tradizionale; e per i giorni
aggiuntivi. Che ci volete fare: in questo agosto uggioso (ma anche luglio, e
giugno, lo erano. Uggiosi. Che bellezza!), con una luna che sembra un pugno in
occhio, o una gigantesca lampadina cui hanno dimenticato di installare l’interrutore,
a me, il dimenticato, è stata proprio la notte delle stelle cadenti.
Perché,
davvero, mi è passata senza nemmeno accorgermene. Troppo impegnata ad iniziare
il conto alla rovescia per il ritorno sui banchi di scuola.
E dunque.
Ma ai cari
gemellini, questa notte di stelle morenti che lasciano nel cielo una scia non è
passata senza colpo ferire. E benchè in Grecia la ricorrenza non sia avvertita
troppo, forse retaggio di quella cattiva nomea che le meteore si trascinano
dall’antichità, quando erano le lacrime
degli dei, versate per la morte di Fetonte nell’Eridano, c’è qualcuno che
la festeggia.
A Corfù, epiù
precisamente nella baia di Garitsa è
tradizione il 10 agosto spegnere tutti i lampioni e colorare la striscia di
cemento che è il lungomare con danze e canti (amo questa frase. Doveva essere
nella drabble; poi è sparita. Causa forze delle 100 parole), mentre sul mare
galleggiano tante lanterne con lumini. E vedere il cielo di Grecia specchiarsi
nel cielo del mare è uno spettacolo che, davvero, uno non vorrebbe perdersi.
Sempre, insomma, che i Greci abbiano una particolare predilezione per tutto ciò
che è carta oleosa e lucine tremolanti.
E il tutto ve
lo gustate di più se vi passano per le mani una tsitsibira e una tzintzola.
I nomi fanno schifo, sono d’accordo. Orribilmente cacofonici. Ma, parola di
Saga e Kanon, ne valgono davvero la pena: il primo è una particolare bevanda
tipica dell’isola, molto gustosa e dissetante e preparata con succo fresco di
limone, olio di limone, acqua, zucchero e zenzero tritato (i Greci hanno sempre
amato gli abbinamenti insoliti. Detto da una che ama mescolare i cibi e mette
il ribes nella carne e il limone nel riso. E vi assicuro che è super!), mentre
la seconda è un impasto a base di giuggole (sì: giuggiole. Avete letto bene;
esistono!) secche, uvetta e sesamo, anche questo un dolce titpico che si può
trovare solo a Corfù.
Forse può
sembrare presuntuoso da parte dei gemellini il loro atteggiamento. Ma insomma:
possono racchiudere in una mano un intero cosmo. Mi sembrava bello che quello
che desiderano non fosse tanto qualcosa fuori dalla loro portata, quanto
piuttosto qualcosa da raggiungere assieme.
Kanon ha i suoi
mezzi e qualche sassolino che vuole togliersi; e le mani vanno benissimo, per
quello. Saga ha qualche grattacapo in più, del tipo ricostruire un’infanzia che
non ricorda e raccattare qualche pezzo qua e là prima che la testa lo abbandoni
definitivamente. E in questo Kanon è un vero e proprio punto di riferimento.
Questa è la mia lettura, con Mare Greco dietro. Ma la drabble è a sé,
una nottata passata fra fratelli a guardare le stelle cadenti.
P.S.
Sono distrutta
e vado a letto.
Se non riesco a
rispondere subito alle recensioni della precedente drabble, scusatemi tutti.
Provvedero domani! Intanto: grazie mille!
“Fammi capire” Kanon si muove sulla sedia, il meltemi nelle
camicie e due caffè che si stanno depositando. Leonidion è un ritaglio di fine
estate all’ombra di limoni ed eucalipto. “Ti chiedo un personaggio che ti
piace, e tu dici la regina di cuori?”
“Cos’ha che non va?” chiede Saga.
“Oltre a essere matta?” ride Kanon. “Niente. Solo. Ti vedevo
più Darth Vader.”
“Quello, nel caso, potresti essere tu.”
“Adulatore” nicchia Kanon. “Ma cos’ha di speciale?”
“Carisma. Autorità. Rispetto” elenca Saga. “E tutto senza
davvero imporsi.”
“E taglia le teste.”
“Particolare fondamentale.”
Piccolo
aggiornamento prima del mare.
Perché sì: ultima settimana balneare settembrina prima di
rituffarsi nella caoticità scolastica. E ho deciso di
portare avanti i buoni propositi e quindi aggiorno! Non è passata nemmeno una
settimana: direi che sto migliorando.
Ne potrei aver paura XP
Comunque.
Cuori.
Questa drabble è per Saga; la
prossima sarà di Kanon. Già scritta e pronta per
essere distribuita. Un passo alla volta però.
Intanto, le drabble dei semi
saranno a “tema letterario”. In qualche nodo. In più di un modo, in realtà. Perché
le carte sono stupende, ma sono la normalità.
E con i cuori forse qualcuno si aspettava qualcosa di
romantico. E invece.
Diciamo che è una di quelle discussioni che nascono pigre,
quando l’estate se ne va e ti godi l’ultimo sole e hai solo voglia di fare
quattro chiacchiere. Di qualsiasi cosa. Anche di chincaglierie per divertirsi
(io sono un campione di questi discorsi, con mia sorella!)
La questione è semplice: un personaggio letterario che
piace. Non necessariamente il preferito, ma quello che viene in mente in un
ipotetico qui e ora. Il primo che ti
passa per la testa.
La Regina di Cuori sarà banale, forse. Ma per Saga la vedo
perfetta.
E no, non perché è matta. Ma per quello che rappresenta.
Nel libro di Carroll, s’intende. La vera regina di cuori, non quella disneyana,
per quanto godibile nel suo essere caricaturale.
O forse sono io che da ultimo bazzico troppo il Paese delle
Meraviglie e Batman.
Fatto sta: qui Saga inizia a sdoganare la sua malattia.
Accetta di scherzarci su, accetta che Kanon ci
scherzi; come decidono entrambi di scherzare su quello che è stato il loro
passato, quell’essere reggenti di due regni divini. E di aver esercitato il
potere. Soprattutto per aver esercitato il potere (e qui mi fermo, o parte un
discorso su come io veda questi due e il loro rapporto con il potere che
andrebbe decisamente fuori strada).
Quindi la regina ha un valore doppio: per serietà e
sdrammatizzazione insieme.
Alla prossima, intanto! E mentre io andrò a caccia di granchietti (per fotografarli! Cosa pensavate? Che poi, se
no, Cancer chela me!) e conchiglie, voi provate a
immaginare quale potrebbe essere la risposta di Kanon.
Un indizio ve l’ho anche dato!
Chi indovina, vince…Qualcosa lo
vince, statene certi! Forse anche solo il diritto a decidere l’argomento di una
delle quattro drabble libere finali (l’ultima,
desolata, è già scritta!)
La plakys
ha il gusto forte del formaggio di capra e del sudore che bagna la pelle.
L’hanno divisa in quattro parti,
spezzandola con le mani coperte di polvere e gesso. Sulle labbra una vecchia
canzone che assomiglia ad uno sberleffo.
“Avere i capelli bianchi, eh?” commenta
Saga, la borraccia in mano e la risata negli occhi.
“Se è per questo dice anche diventare saggi” replica Kanon,
armeggiando con l’imbragatura.
“Vale le mani scorticate, no?” provoca
Saga, nel sapore onnipresente del mare mescolato ai gabbiani.
“Sì. Vale tutto quello che mi hai fatto
penare” sorride Kanon. “L’anno prossimo però immersioni.”
Oggi
(ieri ormai), mentre mi stavo finendo di preparare la borsa per la scuola,
stipandovi dentro gli ultimi temi e prove corretti, mi sono ricordata: 2
giugno. Gemelli.
Ho
saltato il compleanno di Saga e Kanon!
E
pensare che quest’anno era ben decisa ad approfittare della ricorrenza per dare
alle “stampe” la drabble omonima.
A mio
scusante posso addurre che il 30 maggio è stata una giornata in trincea e che
quindi, con l’avvento del fine settimana lungo, la data mi è proprio sfuggita.
Rimedio
adesso.
E
scopriamo che Saga è un vero appassionato di free climbing. Sarà una passione derivata dal periodo passato alle
Meteore con Hosios? Chissà! Comunque sia, per questo compleanno, i cari
gemellini si sono dati all’arrampicata. E per farlo Saga non ha scelto un posto
qualunque ma Kalymnos, vera perla
rocciosa nel Dodecanneso, ricca di pareti e falesia di rocce calcaree per lo
più esposte a sud-sud-ovest e quindi perfette per essere affrontate tanto in
maggio quanto in agosto, con la loro piacevole ombra e il clima secco e ventilato.
E poi il mare ovunque di guardi.
Kalymnos,
ad onor del vero, è stata “scoperta” dagli appassionati di arrampicata solo nel
1996, da un italiano di Bari; in precedenza doveva la sua fama e la sua
economia soprattutto alla pesca e al commercio delle spugne. Ora: anche facendo
due calcoli e stiracchiando un po’ la cronologia, Saga e Kanon questo
compleanno lo fanno prima del 1996. Ma per un greco non credo che l’isola fosse
davvero così sconosciuta. E comunque piccole escursioni di appasionati ellenici
sono attestate anche ante 1996.
Nel
free climbing di solito, scarponcipi a parte, non si usa attezzatura, ma vista
l’ “inesperienza” di Kanon (resta pur sempre un cavaliere eh! Quindi anche se
affrontano una parete con difficoltà fra il 4c e il 7c dovrebbe sapersela
cavare) Saga ha preferito equipaggiarsi di corde e tiranti per maggior
sicurezza. In fondo di perdere di nuovo il fratello non ne ha alcuna voglia.
Che
poi Kanon fosse riluttante fin da principio quella è una storia che forse
racconterò altrove. Mentre aspettatevi l’avventura subacquea. Ho l’impressione
che Kanon non riuscirà a resistere un anno prima di trascinare il fratello in
un’esperienza dalla sua prospettiva.
La plakys, letteralmente “placenta”, a
discapito del nome disgustoso, è un tipico dolce di compleanno usato nell’antichità
e di cui Marco Porcio Catone, tanto
legato alle antiche usanze romane (perché sì, la plakys era una ricetta
mediterranea e non solo greca. Ai Greci il merito di averci ficcato sopra ad un
certo punto le candeline, tante quanti sono gli anni del festeggiato) ne fornisce
una ricetta nel suo De Agri Coltura
al libro LXXVI, a base di farina e formaggio di pecora. Una specie di focaccia
o torta salata insomma.
Ah! La
ricetta l’ho tradotta: se qualcuno è curioso o volesse cimentarsi nella
preparazione, me lo dica e gliela passo! Il risultato è un po’ insolito, ma
comunque non è male!
La
mancanza di particolari tradizioni legate al genetliaco non deve comunque
stupire. Per i Greci fondamentale è il festeggiamento dell’onomastico, non del
compleanno, attribuendo loro molta importanza ai santi protettori. In questo,
comunque, sono il linea con la tradizione antica, secondo cui ogni greco
antico, al momento della sua nascita aveva da quel momento in poi accanto a sé un
buon demone, derivato dalla divinità
sotto la cui influenza di nascita si veniva la mondo; una sorta di angelo
custode che lo avrebbe consigliato nella vita e protetto dal male, soprattutto
in occasione dei festeggiamenti della ricorrenza della nascita, quando il
confine fra la vita e la non vita, il prima e il dopo, era più sottile.
Per
quest Saga e Kanon dividono la focaccia in quattro
parti: due per loro, e due simboliche per i loro daimones.
Infine,
la conzoncina simile allo sberleffo
cui si fa riferimento è la tradizionale canzone augurale di buon compleanno
della Grecia e che recita così:
Na zeseis [nome della persona]
Kai chronia
polla [che è poi il modo per dire buon compleanno in Grecia]
Megalas na gineis
Me aspra mallia
Pantu va skorpizeis
Tes gnoses
to fos
Kai oloi
na lene
Na enas
sofos
E che
tradotta suona più o meno così
Che tu viva (a lungo) [nome del
festeggiato in vocativo]
E [possa vivere] molti anni
Che tu possa diventare grande/crescere
Con i capelli bianchi
Che tu diffonda ovunque
La luce del sapere
E che tutti dicano:
ecco (lui è/è diventato) un uomo saggio.
Post
Scriptum
Prometto
che, quanto prima, risponderò come si conviene a tutte le recensioni.
Intanto,
grazie infinite a chi non demorde e continua, nonostante tutto, imperrito, a
seguirmi!
Kanon, le mani affondate nell’impasto, amalgama
con forza, nel profumo intenso di cannella e chiodi di garofano.
“Dopo lo
decoriamo; e poi ci aggiungiamo il miele.”
Saga,
accanto a lui, sbocconcella in silenzio i kourabiedes di Milo. Kanon è
arrivato quella mattina, una busta di carta e un ghigno poco rassicurante. E si
è impadronito della sua cucina e della sua attenzione, snocciolando vecchi
ricordi con i gusci delle noci.
Saga sorride: l’affetto di Kanon
è caldo. Come pane.
“Re, Saga.”
“Mmh?”
“Ci pensi
tu alla nave?”
”E con
cosa?”
“I kourabiedes.”
“Non
credo basteranno.”
Per prima cosa: Auguri a tutti!
Sono riuscita a mantenere la promessa, e ha
scrivere la tanto sospirata drabble
natalizia. Saga è stato dolcissimo a raccontarmi
questo episodio di alcuni anni fa: la prova che, sotto sotto,
Kanon si sente molto protettivo nei confronti di suo
fratello.
La drabble, me ne
rendo conto, è un po’ difficile: da un lato perché fa riferimento ad alcuni
particolari di Mare greco che, non
avendo ancora pubblicato, non possono esser conosciuti; dall’altra perché lascia sottintesi alcuni riferimenti alla cultura e alle
tradizioni natalizie greche. Pertanto, cercherò di fornire alcune rapide e
agevoli spiegazioni.
In primo luogo, il fatto che Saga non ricordi la sua infanzia è, per me, legato alla lettura che do della sua
doppia personalità, definendola come disturbo
dissociativo della personalità, che prevede a livello medico dei vuoti di
memoria anche relativi all’infanzia.
Per quanto riguarda le tradizioni natalizie: andando con ordine, quello che Kanon sta preparando è il Christopsomo” (Χριστόψωμο)
o “pane di Cristo”, una pagnotta di pane dolce che, a seconda
dei posti, assume forme e nomi diversi, con decorazioni sulla crosta che
rappresentano scene di vita familiare, come “croci” “pastori” ecc. Viene
preparato dalle donne ed assume il significato di una vera e propria cerimonia
religiosa. Vengono utilizzati ingredienti costosi,
acqua di rose, farina, sesamo, miele, chiodi di garofano e cannella per
l’impasto, mentre per la decorazione si abbonda con miele e noci. Inoltre, il
retro della pagnotta è decorato con i disegni di foglie, fiori, frutti,
uccellini e altro. Anche i kourabiedes appartengono alla tradizione gastronomica greca:
si tratta infatti di dolcetti tipicamente natalizi
regalati dagli adulti ai bambini durante il 24 dicembre, in occasione di una
sorta di questua infantile nel proprio rione. Sono a base di mandorle e a volta
con l’aggiunta di un liquore come il rhum a forma di mezzaluna e ricoperti di
zucchero a velo.
Infine, la nave cui Kanon fa riferimento è la variante greca dell’albero di
Natale, che in Grecia non è usato, sostituito appunto da un’imbarcazione
decorata con cerchietti di metallo lucido ( e non
biscotti, come vorrebbe invece il nostro caro gemellino), specchio del
viscerale legame che da sempre intercorre fra la Grecia e il suo mare.
“Non è così semplice” borbotta Kanon, la piccola candela e
l’accendino in mano. “E tu potresti collaborare.”
“Più di così?” ride Saga.
A Leonidion tutto è carta oleosa e piccole fiammelle che si alzano
nel cielo. È uova rosse picchiettate di cera nella tasca dei jeans e maghiritsa dal gusto forte di cipolle e
aneto.
È il ricordo di braci sfrigolanti di ladorigani, dell’agnello caldo fra danze e di fantocci bruciati sul
sagrato della chiesa.
“Ti ricordi?” chiede Kanon, mentre la lanterna si disperde
sospinta dal vento.
“Forse” sussurra Saga. “Torneremo?”
“Ogni anno, se vuoi.”
Ce l’ho fatta!
Son riuscita a mantenere la
scadenza settimanale; con un giorno di differita causa ricorrenza ovettosa. Ma
a voi va bene lo stesso, vero?
Per prima cosa: buona
Pasquetta a tutti!
Avete aperto tante uova? Vi
siete abbuffati di cioccolato? Bene! Allora questa drabble è proprio in tema.
Perché, quest’anno, Saga e Kanon non se ne sono andati in giro a Pasqua e mi
hanno messo nell’uovo una bella storiella di una loro piccola tradizione. E io
ho voluto condividerla con voi. I fondo, sotto sotto, quei due sanno essere
così teeeeneri!
Dunque: per capirci ho inteso
il promt Ringraziamento come Pasqua. Forse non è molto ortodosso,
ma non riuscivo proprio a vederceli, i cari gemellini, in una festa
completamente avulsa dalla loro cultura. Scusatemi la licenza quindi.
La Pasqua ortodossa fa quindi da sfondo a queste parole. Per prima
cosa, precisiamo che in Grecia la Pasqua, che cade in una data diversa da
quella cattolica (quest’anno divrebbe essere attorno al 5 di maggio, se non ho
sbagliato i calcoli), è una festa profondamente sentità, più ancora del Natale.
Le celebrazini, con anche forti diversità nelle varie regioni o città
dell’Ellade, prendono anche due settimane e sono l’occazione per la famiglia
per riunirsi.
Andando con ordine, per prima
cosa Leonidion, che ho immaginato
essere il luogo d’origine del padre dei gemellii e dove da piccoli si recavano
in occasione della Pasqua, prima di entrare al Tempio. È una piccola città (era
comune fino al 2011) nel Peloponneso, più precismente in Tsakonia, regione
fulcro di una varità moderna di dialetto dorico. Rinomata per la sua posizione
geografica particolare, incastrata fra due montagne e attraversata da un fiume
e con il mare sullo sfondo. È rinomata per la sua tradizione pasqule, quando,
durante la notte del sabato santo, subit dopo la Resurrezione, i fedeli,
soprattutto giovani, si riuniscono su una piccola altura per far volare delle mongolfiere di carta precedentemente
costruite con le loro mani. Simili a delle lanterne o a dei piccoli palloncini
aerostatici, ricevono energia dalla candela che viene accessa in una speciale
nicchia presente in perpendicolare al corpo tondeggiante. Menre le lanterne si
alzano in cielo nella notte, sul sagrato della Chiesa viene bruciato il
fantoccio del Giuda.
Altre tradizioni legate alla
Pasqua greca sono il colorare le uova di
rosso, un po’ come si usa anche in Italia. Il colore rosso è scelto per
varie ragioni: secondo alcuni ricorda il sangue di Cristo, per altri è il
colore della felicità per la resurrezione; altri ancora ritengono che rimandi
ad un episodio intercorso fra Pietro e Maria Maddalena. Comunque, queste uova
vengono colorare e decorate con immagini impresse con la cera solitamente fra
il giovedì e il venerdì santo. Il primo uovo prende nome di uovo della Madonna e si crede abbi
particolari poteri apotropaici.
Il sabato santo, invece, un po’
in tutta la Grecia, prima o dopo la funzione in chiesa in base alla tradizione
si consumano per cena alcune delle uova rosse, la zuppa maghiritsa a base di interiora di agnello tagliate finissime e
lessate con cipolla, aneto, riso e accompagnate da una salsa a base di uovo e
limone, e kokoretsti, interiora
sempre di agnello allo spiedo. La domenica di Pasqua, infine, si fanno cozzare
fra loro le uova dipinte cercando di non romperle e si cucina l’agnello all’aperto,
su lunghi spiedi fatti girare manualmente, bagnandolo con una foglia intinta
nel tradizionale ladorigani, un
miscuglio aromatico di olio e origano, mentre attorno si parla, si canta e si
balla.
Naturalmente, queste sono solo
alcune informazioni riguardanti la Pasqua ortodossa, che è estremamente varia,
complessa e sfaccettata solo all’interno della Grecia. Spero comunque di esser
riuscita a chiarice il background della drabble.
Ci sono stati i giorni di psicosavato, con le loro torte dal
profumo di sesamo e melograno sulle tombe. A Gazi il Re si consuma nel fuoco,
fra il ricordo della tsinka e
bicchieri di vino rosso che passano di mano in mano.
“Ti sta bene, quella maschera” ironizza
Kanon.
“La tua, invece, fa schifo” ribatte Saga,
allungandogli un loukoumades.
“Tutta invidia” ride Kanon. “Nervoso?”
“No. Non proprio” scrolla le spalle Saga.
“Non ci sono più abituato. Ecco.”
“È solo per una notte.”
“Sì. Lo so.”
Del
perché abbia scelto il prompt indipendenza per una festa di
Carnevale è argomento ostico e contorto. Nella mia testa in primo luogo.
Innanzi
tutto il Carnevale è il periodo del rovesciamento e delle maschere, e in fondo
Saga ci ha vissuto quasi quindici anni con una maschera addosso. Poi. Fargliela
reindossare era una bella tentazione, soprattutto se accanto e alla luce del
sole (vabbè, è notte nella drabble, ma non puntualizziamo) ha un fratello che
ci scherza su come se stesse parlando del tempo.
Amo
Kanon in questa drabble: il suo modo di sdrammatizzare la situazione con un
sorriso storto, ma anche l’abitudine ritrovata a individuare gli stati d’animo
di suo fratello, la preoccupazione mascherata in parole dirette e un po’ rudi,
date da anni e battaglie.
E Saga
in fondo vuole provare, vuole osare e acquistare la sua indipendenza. Vuole potersi mettere una maschera, anche una
semplice maschera di Carnevale, senza sentirsi addosso il peso degli anni sul
trono di Grecia e senza dover scrutare ogni volto che gli passa accanto.
L’indipendenza
della drabble è quella di Saga, il suo ostentare orgoglio e determinazione
anche con una maschera reindossata in un giorno di festa.
O
almeno era il mio intento. Non so se si è ben capito^^
Inoltre,
complice questo martedì grasso da me un po’ uggioso, sono andata a curiosare un
po’ nelle tradizioni carnevalesche greche. E ve le riporto anche come note di
appendice alla drabble stessa.
Dunque.
In
Grecia il Carnevale ha origini
antichissime, risalenti ai culti pagani per la fertilità celebrati in onore di
Dioniso, e poi con il tempo mescolati alle tradizioni veneziane importate
durante il periodo di dominazione ellenica da parte della Serenissima.
Il
risultato è una farandola di tradizioni che uniscono cultura pagana, folklore
veneto e scansioni liturgiche in un mix allettante e coinvolgente.
Benchè
il carnevale più famoso, terzo in Europa, sia quello di Patrasso, tutte le
città greche hanno una loro tradizione carnevalesca, la cui celebrazione cade
in periodo però diversi fra loro e anche in riferimento alla nostra tradizione:
in Tessaglia, Tracia e Macedonia si festeggia tra Natale ed
il 6 Gennaio; a Volos si svolge in Maggio e si chiama
“Maiouma”, ad Atene si osserva prima della Quaresima.
Il
giorno per eccellenza destinato al Carnevale vero e proprio, in cui si
osservano tutte le più tradizioni, è l’ultima domenica prima della Quaresima.
In questo giorno aumentano la gioia, la goliardia delle maschere, si balla e si
fa festa in maniera sfrenata. Per tutto il giorno si assiste a sfilate di
maschere, si fa visita alle persone care, si mangia e si beve, si sparano
petardi e fuochi d’artificio, soprattutto nella parte settentrionale del Paese.
Ma al tramonto e quando la campana delle chiese suona
il vespro, si va in chiesa per pregare, chiedere perdono delle “dissolutezze”
del carnevale e dare inizio alla Quaresima. Il sabato e la domenica che
precedono l’inizio della quaresima (in greco detti “Psichosàvato”) sono i giorni
dedicati ai defunti: si preparano torte di grano bollito farciti con zucchero,
cannella, noci, sesamo, melagrana, prezzemolo e uva sultanina, delle pastelle e
dei dolci di semolino che verranno portati da donne e ragazze vestite di nero
in processione al cimitero e riposte sulla tomba delle buonanime dei defunti.
Il
giorno in cui iniziano i festegiamenti, invece, prende nome di Tsiknopempti, da
Pempti che vuol dire Giovedi
e Tsiko deriva da “tsinka” che è l’odore della
carne arrostita, della grigliata come vuole la tradizione, consumata assime al
buon vino e ai dolci tipici del Carnevale (e non solo^^): i loukoumades, di origine complessa, una
volta tipici del Natale, e oggi diffusi durante tutto l’anno e richiestissimi a
Carnevale.
Infine,
l’ultimo giorno di festa, dopo i vespri, viene bruciato il fantoccio del Re Carnevale, che assume su di sé la
responsabilità di ogni dissolutezza dei giorni di festa e apre la strada alla
Quaresima e alla Pasqua, sentitissima in Grecia.
Infine,
Gazi è un quartiere centrale di
Atene, nel tempo sede di varie culture immigrate e per questo estremamente
variegato e multicuturale, anche se la sua vivacità e data anche
dall’attaccamento alle tradizioni elleniche.
La moneta barbaglia fra le dita, in bocca
il gusto di latte e uova.
“Me ne offri un morso?”
“E la tua, di fetta?”
“Sparita” scrolla le spalle Saga, nella
luce assordante dei fuochi
“Mi canti una kalanda?” contratta Kanon.
“Sono stonato” ride Saga. “E non credo di
farcela, comunque.”
“Troppa Fix?” ammicca Kanon, la fetta di
vassilopitta a spezzarsi morbida fra le mani.
“Chissà” replica Saga. “Però mi sono
procurato questa.”
Ad Atene un nuovo anno è il rosso di una
melagrana, l’odore caldo dello zucchero e il ricordo di una complicità bambina.
“Allora: dividiamo?”
“E me lo chiedi?”
Questa drabble l’ho scritta (in testa) sotto la doccia; l’ho
trascritta mentre mi asciugavo i capelli e adesso ve la presento.
Con Saga e Kanon vi
faccio i miei migliori auguri a tutti voi che perseguite nel seguirmi nonostante le mie molte mancanze per un 2014 sereno, felice e pieno di bollicine^^
Sono
passati secoli dall’ultimo aggiornamento.
Poco
meno di sei mesi, a voler essere pignoli. Tante cose, in sei mesi. Troppe cose.
Però,
se è vero l’adagio che quello che si fa il primo dell’anno poi lo si fa tutto l’anno, la faccenda fa ben sperare.
Perché ho
deciso di riprendere in mano (non che l’avessi mai abbandonata, eh) questa
raccolta di drabble; non potrò garantire
sistematicità, ma come proposito per questo nuovo anno vediamo
se riesco a dare una bella accelerata.
E parto
da qui, dal Capodanno.
Un
capodanno greco, per non sbagliare. Quindi, forse, è
meglio lasciare qualche noticina.
La moneta della prima frase si riferisce
alla moneta che, secondo la tradizione, è consuetudine nascondere nell’impasto
del vassilopitta,
il “Dolce di San Basilio”, santo cui è dedicato il primo giorno dell’anno. La
prelibata leccornia consiste in una ciambellina a base di latte, uova, burro e
zucchero, nel cui interno e’ stata inserita una moneta
di buon auspicio. La prima fetta viene destinata a
Cristo, la seconda alla Madonna, la terza a San Basilio, poi alla casa, al
capofamiglia e via via a tutti gli altri membri della
famiglia seguendo una rigida gerarchia. Tra tutti i commensali chi trova la
moneta viene considerato il fortunato dell’anno.
(Per la
cronaca, la drabble non lo dice, ma l’idea del dolce
è stata di Milo; e Aioria ha ben aiutato a
prepararlo, recuperando da chissà dove una teglia e una vecchia ricetta^^).
La kalanda o kalanta è un tradizionale
canto di natale greco. Ci sono in realtà tre Kalende, nella
tradizione.I bambini fanno la kalanda
alla vigilia di Natale, Capodanno e per l’Epifania (il 5 gennaio).
Vanno di porta in porta e di canto in canto, spesso
portano con sé dei triangoli per suonare mentre si canta. Ovviamente, il
triangolo viene suonato ripetutamente e non
necessariamente al ritmo della canzone creando una confusione abnorme. I bambini infine spesso chiedono piccole somme di denaro o
dolci di Natale.
Per
addolcire la pillola viene anche aggiunto una piccola
frase inaugurale per il padrone di casa.
Σ ‘αυτότοσπίτιπου ‘ ρθαμε
, πέτραναμηραγίσει κι ο νοικοκύρηςτουσπιτιού χρόνιαπολλάναζήσει .
In questa casa dove siamo venuti
Nessuna pietra potrà mai incrinarsi
E il padrone di casa
potrà vivere per molti anni.
Il
fatto che ci si riferisca alle pietre è perchè le
vecchie case venivano costruite in pietra e questa è
una meravigliosa tradizione che risale ai tempi Bizantini
Infine,
la melagrana fa parte di una
tradizione diffusa soprattutto nelle isole elleniche. Centro di questa
consuetudine è la scelta della persona che sarà la prima ad
entrare in casa il 1° dell’anno. La persona prescelta entra in casa con un
rituale preciso: due passi in avanti (il primo con il piede destro) e due passi
indietro per far entrare la fortuna e scacciare la sfortuna. Ripete
il movimento tre volte e poi la terza volta entra nella casa e scaglia con
forza un melograno per terra affinché si rompa in segno di prosperità e fortuna.
Infine,
a dispetto del suo nome di traviante suono anglo-americano, la Fix è una birra
ellenica in produzione locale, dal momento che sulle
tavole greche compare dal 1864 e un suo stabilimento fa bella mostra di sé proprio
ad Atene, visitabile semplicemente prendendo la metropolitana, scendendo alla
stazione Sigrou-FIX (un nome un programma) e bussando
alla porta (più o meno).