senz'anima - battiti dentro le canzoni.

di adovrelovato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** e tu anneghi perchè hai dentro il mare. ***



Capitolo 1
*** prologo. ***


«Io quella troia prima o poi la faccio secca, te lo giuro» imprecò Lara, facendo irruzione nella stanza di Agnese e buttando il suo zaino affianco al letto «se manchi un'altra volta a scuola mentre c'è ginnastica è la volta buona che prendo la pistola di papà e BOM!» imitò l'esplosione con le mani e si accasciò sulla sedia girevole accanto alla scrivania.
«Buongiorno anche a te, fai come se fossi a casa tua» la richiamò dal suo letto l'amica.
«Ormai è come se vivessi qui, pensavo ti fossi abituata.» Lara si tolse le scarpe.
Agnese sospirò «Di chi parli? Sofia?» l'altra annuii e lei continuò, abbandonando i libri per l'interrogazione del giorno dopo «Che ha combinato? Escludendo il fatto che esce con Nico, ovviamente»
«Ha portato Nico in palestra dopo l'intervallo e lui è rimasto anche l'ultima ora, gliene sarei stata grata se solo non gli fosse stata appiccicata come un francobollo tutto il tempo.»
«Escono insieme, mi pare normale, no?» buttò lì Agnese.
«Agnes lasciatelo dire, a volte fai proprio schifo a consolarmi.» Sbuffò.
E Lara poteva anche sembrare una bambina quando si parlava del ragazzo per il quale aveva preso una cotta, ma proprio non sopportava di vederlo accanto a quella. Lo aveva osservato per così tanto tempo che oramai era come se lo conoscesse. Il modo in cui portava la sigaretta alla bocca, abbassava lo sguardo sulle scarpe e accennava un piccolo sorriso di sufficenza a quelli che lui definiva amici per poi prendere un altro tiro e ridere, se lo era impresso in testa. Come la scena di un film che si guarda troppe volte e si finisce per perderne il significato. Il problema era che lei non aveva mai perso il senso e la ragione di quei gesti, dietro ai quali per mesi aveva ipotizzato nella sua mente perchè li compisse, come la trama di un banale romanzo adolescenziale letto una volta e poi appoggiato sulla mensola. Un segreto tra lei e l'autore, che nessuno avrebbe mai potuto spezzare. Sguardi come lettere su una pagina bianca piena di errori.
Il silenzio rieccheggiava ancora nella stanza quando Lara si accorse che la sua ultima affermazione non era stato un ottimo modo per rivolgersi ad Agnese.
«Scusami, sono una stronza» sussurrò, alzando i piedi da terra e incrociando le gambe.
«Sì, giusto un po'.» Entrambe scoppiarono in una risata rumorosa. Alla fine la loro amicizia era continuata così come era nata: in modo improvviso e inspiegabilmente profondo. 
«Prometti che non mi lascerai più da sola durante ginnastica o in qualsiasi altro momento?»
«Prometto.» Lara sapeva che quella promessa non lo era nel senso vero e proprio della parola, ma le andava bene così. In fondo ogni persona aveva bisogno del supporto di un'amica, che fosse in un giorno qualunque o nel più doloroso della vita.
Promesso.

Sofia era stesa nel letto di Nico, nuda. L'aveva vista poche volte vestita in casa sua. Era quasi sera e il tramonto colorava con tutta la sua invadenza il cielo di Roma di rosa pastello. Se fosse stato un fotografo e non fosse stato dotato di un'apatia straordinaria verso qualsiasi persona o fatto che entrava in contatto con la sua vita, avrebbe pensato che ci fosse qualcosa di poetico in quella scena. La pelle chiara della ragazza rifletteva la tonalità del cielo mentre questa dormiva serena, con la mano sotto la guancia e la bocca aperta. Probabilmente avrebbe sfoggiato la sua fotocamera professionale, trattenendo quell'istante su inchiostro per sempre. Ma non essendo un fotografo si limitò ad afferrare una sigaretta e consumarla vicino alla finestra.
Mentre i polmoni di Nico si riempivano di nicotina le gambe di Sofia si muovevano lente e sinuose sotto le lenzuola e lei, svegliata forse dall'odore di tabacco, si lasciava sfuggire un gemito di stanchezza.
Al ragazzo piaceva immaginarsi come un altro uomo, qualcuno diverso da quello che era lui. Era così deluso da se stesso e dalla sua vita da non voler più respirare al fine di un'esistenza fatta di bugie e imitazioni di clichè cinematografici. Però ne era costretto, qualcosa o qualcuno lo tenevano ancora stretto al terreno, a quel mondo illusorio e privo di speranza. 
«Mi piace quando fumi» sussurrò la ragazza.
Nico sorrise per poi spegnere la cicca. Se non ti piacessi probabilmente non saresti qui. Non lo disse, rispose alla sua affermazione con il silenzio, per poi sedersi accanto a lei e osservare in modo assorto il tramonto che veniva risucchiato dalla sera imminente. In un modo diverso dagli altri Sofia lo faceva sentire accettato, ma purtroppo lei aveva solo spogliato il suo corpo, lasciandogli ancora coperta l'anima. Lui sperava che un giorno facesse il grande passo, che lo aiutasse a liberarsi di tutti quei pensieri che gli comprimevano la mente, ma più i giorni si consumavano più la rassegnazione prendeva spazio dentro di lui. Aveva bisogno che qualcuno lo guardasse attraverso gli occhi e lo spogliasse delle sue barriere, non dei suoi vestiti. Sentiva la necessità di essere salvato, ma non lo avrebbe mai ammesso, nè a se stesso, nè tantomeno ad altri. Pensò a questo mentre guardava il cielo quella sera. Ti prego, vieni e salvami.

Angolo autrice 
Premetto che il titolo di questa storia è nato dal nulla, stavo cercando di abbozzare parole sensate e il correttore ha deciso di scrivere "senz'anima" , così, credendo al destino, ho deciso di cambiare il titolo, ancora non stabilito. Questa storia doveva essere un racconto breve (OS per chi se ne intende) proprio come Solamente unico - che vi consiglio di andare a leggere perché a volte farò riferimenti a quest'ultima- ma in seguito ho deciso di trasformarla in qualcosa di più lungo, con capitoli - privi di una lunghezza stabilita - per permettere a chi legge di conoscere in modo approfondito e sincero ogni personaggio. Non ho molto da dire, spero solo che quello che scriverò non vi faccia totalmente schifo. Il racconto è ispirato a varie canzoni di Low Low quali Ulisse, il sentiero dei nidi di ragno, borderline e sbagliato. Cercherò di attenermi il più possibile alle descrizioni psicologiche e fisiche dei personaggi descritti da Giulio, ma anche di non soffocare la mia indole da romanticona. 
Enjoy it e se vi va lasciate un commento o una stellina. 💘

 

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Capitolo 2
*** e tu anneghi perchè hai dentro il mare. ***


Nico camminava sotto l'anonima alba che ricopriva il cielo. Erano le sei, aveva le mani fredde ma il cuore che gli scoppiava dalla rabbia, o dall'amore. Non lo capiva mai, non riusciva mai a distinguere cosa gli facesse bene e cosa invece lo faceva incazzare. Un passo dopo l'altro si allontanava da casa, auricolari che facevano rimbombare nelle sue orecchie vecchie canzoni che ascoltava per scaricare la rabbia o non pensare. Ma questa volta non funzionavano, la testa continuava ad alzare il volume dei pensieri, rendendo ridicolo ogni suo tentativo di dimenticare come si sentisse. Aveva così tanta energia da non riuscire a scaricarla, se la sentiva nelle vene e nel petto, scorreva veloce e impertinente senza lasciargli lo spazio per respirare. Corse senza freno oltre il parco, dopo la chiesa, scappando dal rumore e dal rumore delle auto in strada. Aveva bisogno di stare solo, ma nessun posto gli sembrava un rifugio adatto. E più correva più se ne rendeva conto. Il fiato ora cominciava a mancargli per davvero e lo costrinse a sedersi dietro delle siepi davanti a una vecchia casa abbandonata dai proprietari da troppo tempo. Ci giocava da bambino in quel cortile, ora sembrava una foresta di anime in pena. Abbassò lo sguardo e neanche se ne accorse che le lacrime gli stavano scorrendo per il viso, neanche provò ad asciugarsele o a smettere. Non stava pensando a niente, piangeva e basta. Come un bambino che non ha ottenuto qualcosa con le bizze. Avrebbe voluto tornare a essere piccolo, guardare tutto con occhi diversi, liberarsi di questi demoni per un po', ma più ci pensava più questi prendevano spazio dentro di lui, consumando ogni sua risorsa. Gli occhi bruciavano e le mani stavano iniziando a essere fredde, il clima autunnale era una culla per la sua tristezza. Assecondava il suo dolore e gli dava un motivo per continuare a sentirsi così, come fosse la più rassicurante delle carezze. Nemmeno lui sapeva se in realtà aveva voglia di sentirsi diversamente da così, se ci sarebbe mai riuscito. Forse il problema era che lui non voleva uscire dal suo stato d'animo attuale, che ormai ci era abituato. Come molte persone sono spesso felici lui era, per la maggior parte del tempo, vuoto. Un insieme di emozioni e pensieri che alla fine si spiegavano solo con quella parola che significava tutto e niente allo stesso tempo. Tutto, tutto perchè il suo corpo era interamente concentrato ad alimentare e provare ad assimilare quel dolore, perchè la sua mente era un continuo di pensieri tristi o malinconici. E niente, niente perchè alla fine lui si sentiva così, come un fantasma in un mondo senza Melinda Gordon. Con nessuno che lo capisse o cercasse di tirarlo fuori da quel turbinio di merda. Niente, qualcosa che non si riesce a spiegare e neanche ad immaginare, come se fosse l'unica realtà che manca nella nostra grande lista, quella che tutti pensano di aver completato prima di alzare lo sguardo e rendersi conto che in verità non hanno combinato un emerito cazzo.

Piangeva con il viso rivolto verso il cielo, sperando che quel Dio di cui tutti parlano potesse aiutarlo in qualche modo, come se il suo silenzioso pianto potesse davvero diventare urlo di disperazione agli occhi di qualcun altro.

Lara era stazionaria in un'emozione contrastante. Il suo corpo le diceva di stare a casa e non andare, ma la sua mente lo faceva muovere e ondeggiare per la casa così da riuscire a prepararsi in tempo per l'autobus. Un passo dopo l'altro lasciava il calore di casa sua per sfidare il tempo autunnale. Solitamente non metteva mai la giacca, ma quel giorno provava più freddo del previsto. Lo aveva capito che aveva la febbre, se la sentiva premere addosso come una crema appiccicosa, ma non poteva saltare scuola. Aveva studiato duramente il giorno prima per quel compito e doveva a tutti i costi dare prova a sé stessa che ce la poteva fare. Si accasciò sui sedili di quel puzzolente mezzo e chiuse gli occhi, aveva un'ora per riposarsi ed era troppo stanca per passarla sveglia.

Nico non passò da casa prima di entrare a scuola, era senza zaino e libri, ma decise che in quanto a borse ne aveva già abbastanza sotto gli occhi. Il giorno prima si era preso un pugno da quel cafone che gli aveva rotto il cazzo per una sigaretta e lui gli aveva risposto che non gliel'avrebbe data neanche se fosse stato Dio sceso in terra. Rude, ma necessario. Quel figlio di papà non doveva neanche rivolgergli la parola, non gli interessava cosa avrebbe pensato una volta girato l'angolo. Nonostante il labbro rotto riuscì a mettere a segno anche lui qualche punto, costringendo il damerino ad andarsene senza pronunciare parola. Assurdo come un po' di nicotina e qualche sentimento represso possano risvegliare tanta rabbia.
Nico infilò le mani dentro la felpa e si nascose dietro l'edificio nel quale sarebbe dovuto entrare tra pochi minuti scartando una barretta al ciccolato che era ormai diventato un reperto dentro le tasche di pail.
Gliel'aveva passata Sofia un pomeriggio uscendo dalla loro classe per raggiungere un suo amico qualche piano più in basso. "Tieni" aveva detto lei "mangi troppo poco, tra poco caschi per terra". Ma lui in quel momento non ne aveva voglia e l'aveva conservata, dimenticandosela. Sarebbe stata fiera a vederlo mangiare il suo dono, ma lei non era lì. Era a qualche inutile conferenza con la sua stupida classe per smaltire le ore di alternanza prima che l'esame arrivasse. Si domandò se amasse Sofia veramente, se stesse con lei per abitudine o perchè provava seriamente qualcosa. Se l'avesse amata si sarebbe dimenticato della sua merendina? Avrebbe considerato inutili le conferenze alle quali partecipava o l'avrebbe sostenuta? Si sarebbe mai domandato per quale motivo un giorno portava il cappotto e il trucco mentre quello successivo solo una felpa, camminando struccata per il corridoio? E lei? Chissà se lei se lo domandasse perchè un giorno Nico sorrideva mentre l'altro tornava con il labbro spaccato. Chissà se lei si chiedeva perchè si fosse dimenticato la merendina. Chissà... chissà se lei si chiedeva mai se lo amasse veramente o se fosse solo sesso.

Lara fu svegliata da un tocco maleducato e iruento sulla spalla, che le fece girare la testa poco dopo aver aperto gli occhi. Un ragazzo moro e sulla trentina aspettava qualche risposta al suo movimento, ma lei era troppo sconbussolata dalla febbre per potergliene offrire una immediata. Fece un respiro profondo e si sistemò sul sedile dritta, ma fu il tizio davanti a lei a parlare «Signorina è la seconda volta che fa la corsa completa, dove avrebbe dovuto scendere?»
E Lara si svegliò improvvisamente dopo aver sentito quelle parole, non sapeva neanche cosa dirgli, prese il suo zaino in spalla e corse fuori dalla corriera in preda al panico imprecando sottovoce. Era ancora in tempo per il compito, controllò l'orario sul cellulare, per poi aumentare il passo. La scuola era distante dieci minuti e sarebbe riuscita ad arrivare in meno di sette se avesse camminato abbastanza in fretta. Era già esausta dalla corsa, ma doveva riuscire ad entrare prima dell'inizio della seconda ora. Il compito di storia era il suo unico pensiero, aveva fatto una scommessa con sé stessa e doveva vincerla. La salita le mozzò il fiato, ma era riuscita a superarla, ancora pochi metri la separavano dalla scuola. Le gambe la imploravano di fermarsi, tremavano per la febbre e per il tempo inospitale senza darsi pace. Lara insistette fino all'ultimo, prima di sentire una voragine aprirsi sotto i piedi e gli occhi chiudersi mentre le ginocchia toccavano l'asfalto freddo del parcheggio.

Nico non era entrato, non aveva voglia di sopportare l'ambiente scolastico, era rimasto lì, seduto sul muretto a porgersi domande senza risposte fino al momento in cui le sue natiche non erano iniziate a diventare della temperatura del suo freezer. A quel punto si era alzato, aveva buttato la plastica dello snack nel bidone della plastica e aveva camminato per qualche metro con le mani in tasca e lo sguardo basso. Si sentiva privo di ogni interesse, come se fosse in stand-by da una vita. Andò avanti così fino a che un tonfo catturò la sua attenzione. Nico si girò e vide qualcuno a terra. In quel momento sperò non fosse morto, non avrebbe saputo gestire una situazione del genere. Avvocati e medici che ti fanno il terzo grado per sapere quanti uccellini cantavano nel momento dell'accaduto. No. Non ne aveva bisogno. L'ansia lo fece affrettare ad avvicinarsi al corpo, una ragazza. Appoggiò indice e medio della mano destra sul suo collo per accertarsi che non fosse morta e negli istanti che precedevano un battito da quello successivo cercò di ricordarsi il massaggio cardiaco che aveva visto quella volta insieme alla madre su Grey's anatomy, con scarsi risultati. Nico sospirò quando si rese conto di non aver a che fare con un morto. Le afferrò un braccio, sostenendole la schiena e le gambe. Non avrebbe voluto entrare a scuola, ma era l'unico modo per accertarsi che quella ragazza stesse bene. Il suo viso sembrava di ghiaccio, ma il suo corpo emanava calore. Lui notò le sue guance rosse, unico spiraglio di speranza in tutto quel pallore, forse era come lui, ricoperta da un solo colore, inconsapevole di averne centinaia al suo interno.

Lara si svegliò per la terza volta in poche ore, ma questa volta non fu disperata o ansiosa, era troppo stanca anche per provare sentimenti. Riuscì a mala pena ad aprire gli occhi, mentre cercava di proteggersi dalla luce nella stanza in cui si trovava. Qualche lacrima scese ugualmente, ma non le diede fastidio e quandò riuscì a distinguere i mobili intorno a lei si sentì immediatamente meglio. La voce rassicurante della bidella fu come la sua canzone preferita, non la amò mai così tanto.
«Prima che tu possa dire qualcosa ho già avvisato la tua professoressa dell'inconveniente, voi ragazzini siete pazzi a venire a scuola per una verifica quando avete la febbre» rise tra sé e sé, cambiando lo straccio sulla sua fronte «Vorrei avere la vostra forza di volontà nel venire a lavoro.»
Lara sorrise, ma lo fece solo dentro di lei perchè tutto il suo corpo sembrava troppo affaticato per poter compiere quel movimento realmente. Loredana stava dicendo qualcos'altro, ma lei sentì solo le prime parole, per poi addormentarsi nuovamente.

Nico se ne andò dalla presidenza e si sentì come se avesse appena confessato un omicidio. Non si sentiva in colpa, ma odiava le domande. Per fortuna ad alcune aveva saputo rispondere senza produrre ulteriori domande, ma dal momento che stava palesemente saltando scuola, il preside finse di non averlo mai visto. A Nico non sarebbe importato comunque se si fosse cacciato nei guai, in quel momento voleva solo andare a vedere come stava quella ragazza. Attraversò tutta la scuola per arrivare in quella specie di infermieria ficcata dentro un ripostiglio.
Loredana uscì con il viso concentrato, ma senza stress evidente. Era tranquilla, come se fosse solo routine per lei.
«Sta dormendo di nuovo, si è svegliata e ho provato ad accennargli di te, ma nel momento in cui gliene stavo parlando i suoi occhi hanno ceduto.»
«Non importa» sussurrò lui per paura di svegliarla o di essere sentito «per favore non le dica il mio nome, non vorrei essere considerato un eroe o qualcosa del genere, queste ragazzine fraintendono spesso.» In verità mentiva, avrebbe voluto che qualcuno lo considerasse un eroe, un giorno.
«Oh lei non è come le altre, credimi» rise «ma se davvero preferisci così, lo farò.»
«La ringrazio. Se le va però mi potrebbe aggiornare sulle sue condizioni.»
«Conpiacere» accettò «vuoi entrare per un minuto? Dubito si svegli, dorme dellagrossa.»
Nico annuì ancora prima di poter pensare a cosa stava facendo. Loredana chiuse la porta e lo lasciò solo con quella ragazza di cui gli sfuggiva anche il nome. L'aveva già vista, qualche anno prima. Forse era nel suo stesso corso di boxe o l'aveva vista in una pubblicità in televisione. Si avvicinò al lettino, esaminando il suo corpo come fosse un dipinto in un museo. Per quanta tranquillità ci fosse lui, la sentiva scatenare una tempesta dentro la sua mente. E non poteva fare niente per fermarla. Il viso pallido si era ridipinto di rosa, donandole una nuova visione di esistere. Non era più la ragazza stesa sul cemento, indifesa dal mondo dove la sua unica scelta era poter essere salvata. Aveva una grinta che prima era sfuggita dagli occhi di Nico e che ora glieli stava riempiendo. Il pensiero del ragazzo si spostò e si immaginò l'evenienza in cui lui non sarebbe stato lì ad aiutarla, a portarla al sicuro. Un'evenienza in cui lei fosse ancora stesa sulla ghiaina con le gote troppo bianche e le labbra colorate da un dolce viola. Poi pensò che invece qualcuno ci sarebbe stato, che qualcun altro avrebbe avuto la possibilità di vederla cadere e aiutarla ad alzarsi. Qualcuno che si sarebbe vantato del fatto, raccontandolo a tutti e ritraendola come una principessa bisognosa del suo cavaliere. Lui l'aveva salvata in un certo senso, ma non si sentiva né cavaliere né principe, tanto meno re. Però per la prima volta si sentiva qualcuno. Qualcuno che aveva avuto il coraggio di vivere e cambiare per un secondo. Qualcuno, e non più un'anima tra tante. Avvicinò la sua mano alle dita esili della ragazza con l'intenzione di sfiorarle, per poi tirarsi indietro. Avrebbe potuto svegliarla e invece doveva solo lasciarla riposare. Indietreggiò, uscendo dalla porta. Avrebbe potuto innamorarsi e invece doveva solo scappare. 

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