Un giorno, una scomparsa

di Sarren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno ***
Capitolo 2: *** Secondo giorno ***



Capitolo 1
*** Primo giorno ***


 Oggi il mio gatto non è tornato a casa.

 È un gatto molto affettuoso, ama giocare e farsi accarezzare. Spesso si mette a miagolare e non smette finché non gli si presta attenzione. È abitudinario, un po’ pigro e anche un gran goloso. Ogni mattina entra presto per fare colazione insieme a noi, a pranzo non manca mai per raccattare qualche bocconcino di cibo, lo stesso per la cena. La sera lo mettiamo fuori a dormire, ma lui fa di tutto per intrufolarsi dentro. Non è il tipo di gatto che si allontana tanto dalla casa.

 Ieri sera io ero uscito. Ogni volta che torno tardi, alla sera, lo trovo sempre dall’uscio di casa che mi aspetta. Chiede di entrare insieme a me ed è pronto a fare ogni moina per riuscirci. Ieri sera non c’era. “Strano” ho pensato tra me; niente di più. Se c’era qualcosa di più non ci ho voluto pensare. “È un caso, solo un caso” mi sono detto. Un caso può sempre accadere.

 La mattina, a colazione, lui non c’era. In casa non abbiamo detto niente in proposito. Nulla di più di un "strano che non si sia ancora visto". Ma a ogni ora che passava continuavamo a chiederci a vicenda "hai visto il gatto?". La risposta era sempre no.

 A pranzo lui non c’era. Finito di mangiare siamo usciti in giardino a cercarlo. Abbiamo chiamato ad alta voce il suo nome, abbiamo emesso quel suono a labbra strette, quasi privo di vocali, come dei rapidi bacini, che usiamo per attirarlo. Siamo usciti a passeggio per la via dove abitiamo e per quelle vicine, sempre ripetendo quel suono. Lui non c’era.

 "Mi sa che non torna più". Non ricordo chi l’abbia detto, alla sera, mentre mangiavamo. Non ricordo, del resto era quello che pensavamo tutti dentro di noi.

 Intercalando il richiamo dei bacini al suo nome, ho messo fuori gli avanzi di stasera nella sua ciottola. Avanzi prelibati per un gatto, di bistecca, tagliati a piccoli bocconi perché possa mangiarli facilmente. Domani quella ciottola sarà ancora piena?

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Capitolo 2
*** Secondo giorno ***


Apro la porta, esco in giardino, chiamo il suo nome. Non trovo nessuno. Nessuno che zampetti verso di me, miagoli, si strusci sulle mie gambe e si butti per terra a pancia in su, a chiedere coccole e cibo. Il giardino rimane vuoto mentre io continuo a chiamare il suo nome. La ciottola però è vuota. No, non mi lascio andare alla speranza. Se fosse lui non si sarebbe limitato a mangiare, ma sarebbe accorso al mio richiamo. “Saranno stati gli uccelli” penso tra me.
 Al pomeriggio, appena ho tempo, giro per la via, sempre chiamando il suo nome. Forse si è solo allontanato da casa per un po’. È giovane, non ancora sterilizzato, non è strano che scappi via. Se torna a casa lo farò sterilizzare. È sempre meglio che scappi via ogni volta. Sempre meglio di questa ansia che mi lascia dentro. Però non è il primo gatto a sparire senza tornare.
 Quando torno a casa, sento qualcosa, qualcuno, che si muove tra le foglie e le piante. Ho un sussulto, qualcosa si agita nel mio cuore. Cerco di calmarmi. “Non sperare troppo” mi dico “più si spera, più si rimane delusi, dopo”. Chiamo il suo nome, nel modo più normale e tranquillo che riesco (ma sento il nervosismo nel mio stesso tono). Tutto è fermo. Mando dei “bacini”, rapidi, il nostro richiamo. Mi risponde un miagolio. Un miagolio basso, rocco, si direbbe anche cauto. Non è il miagolio del mio gatto.
 Mi avvicino e, benché sia guardingo e scappi poco dopo, lo riconosco. È uno dei randagi che vive nella via, un tigrato. Adesso so chi ha mangiato la carne nella ciottola. La sensazione è quella di un pugno in pieno stomaco. Sapevo, lo sapevo che non dovevo sperare troppo. Eppure era impossibile non farlo.
 Non è più tornato, neppure alla sera. Ho deciso di mettere lo stesso del cibo fuori, sulla ciottola. Nel caso peggiore sarà comunque di nutrimento al randagio. Invece, nel migliore…
 Voglio sperare. Anche se forse verrò deluso, anche se servirà solo a farmi sentire peggio quando lui non tornerà. Voglio ancora sperare.

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