Dear Diary

di Natory28
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRIMA PARTE ***
Capitolo 2: *** SECONDA PARTE ***
Capitolo 3: *** TERZA PARTE ***



Capitolo 1
*** PRIMA PARTE ***


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PRIMA PARTE


Caro Diario,

è un po' che non scrivo su queste pagine, saranno passati... quanto? Quindici anni. Ti ricordi di me? No, hai ragione ho lasciato passare troppo tempo. Comunque sono Clarke, Clarke Griffin e tu sei il mio ‘caro diario’. Non mi ricordo neanche perché non ti ho battezzato con un nome meno banale, ma farlo adesso non credo sia più sensato oramai.

Non so neanche il perché oggi senta tutta questa necessità di scriverti… ma che dico? So benissimo il perché di questo mio improvviso bisogno. Semplicemente ho pensato che tu potessi essere la mia cavia sacrificale per il mio sfogo di cui, ti giuro, ho un estremo bisogno.

Con te mi sento tranquilla, inconsapevolmente mi distrai e la cosa più bella è che non puoi chiedermi come sto. Sono io che, solo se voglio, sono libera di dirtelo. Lexa negli ultimi giorni me lo chiede fin troppo spesso, ed io dico sempre la stessa cosa: sto bene. Oh già, che sbadata, tu non la conosci Lexa. Beh ti piacerebbe. Comunque lei è mia moglie. Ci siamo sposate l'anno scorso. È stata una giornata memorabile, piena di gioia e allegria.

Ma sto divagando...

Per rispondere alla domanda che non fai, ma a cui io voglio disperatamente rispondere: sono uno straccio. Mi sento letteralmente uno schifo. Il mio cervello sta affogando, inondato da pensieri e parole dette con rabbia e lacrime sfuggite al controllo, cose dette d'impulso volte solo a far del male come una lama tagliente.

Comunque il mio malessere è tutto dovuto ad una litigata piuttosto seria con mia madre, Abby Griffin.

Il medico chirurgo che ha smesso di lavorare solo per badare a sua madre, mia nonna Rose che, tra parentesi ha cresciuto la sua unica figlia – io - facendomi diventare la persona che sono oggi. Io adoro nonna Rose è la persona più importante del mondo dopo Lexa.

Tornando a quella serata, ci siamo prese a parole molto duramente davanti a Lexa e a mio padre, nella serata pizza settimanale. Non pensavo esistessero ancora persone così false al mondo e tanto meno che potesse essere mia madre una di loro. Sono venute fuori delle cose che mi hanno colpito ed affondato. Spero solo che la nonna non abbia sentito nulla, confido nella sua sordità, perché sono sicura che ci sarebbe rimasta male. Ha un principio di Alzheimer, ci riconosce ancora, anche se la memoria comincia a farle difetto.

Quindici anni fa ho detto al grande chirurgo, Abby Griffin, di essere gay. Inizialmente è stata comprensiva, non ha fatto scenate o che altro, stupendomi notevolmente. Sembrava che l’avesse presa bene, appunto: sembrava. L'unica cosa che mi ha chiesto è stata quella di non dirlo a nessuno, né alla nonna né agli amici di famiglia né tanto meno agli zii, e che a papà ci avrebbe pensato lei.

All’epoca ero troppo presa dal fatto di aver vuotato il sacco per preoccuparmene e, forse ingenuamente, le ho dato corda, non capivo perché non potessi dirlo alla nonna. Ok, forse non avrebbe capito subito, all'epoca aveva ottant'anni, ma ancora oggi sono sicura che lei mi avrebbe accolta come se nulla fosse cambiato.

A conti fatti ho sbagliato, non avrei dovuto acconsentire a quella specie di ricatto. Avrei dovuto parlare con mia nonna, con i nostri amici di famiglia cogli zii. Avrei dovuto gridare al mondo di essere follemente e perdutamente innamorata di Lexa... ma, all'epoca, forse il timore e la mia costante premura di soddisfare tutti tranne me stessa ha prevalso. Così per l'ennesima volta mi sono fatta controllare e raggirare da lei.

Circa un anno prima al mio coming out sono uscita di casa. La mia insofferenza era diventata evidente anche ad un cieco. Nonostante lei non sapesse ancora nulla - magari ne aveva il sospetto non lo so - la nostra coesistenza non poteva andare oltre. Mia nonna fu la prima a notare il mio malessere e, insieme a mio padre, mi aiutarono ad evadere da quella gabbia. E meno male, se no… altro che litigi.

Il tempo è passato senza che me ne accorgessi. Dopo qualche anno Lexa si è trasferita a casa mia e la mia felicità è esplosa completamente. Onestamente è passato tutto in secondo piano, mia madre e mio padre sapevano e accettavano la cosa, o almeno questo è quello che credevo.

E interessante come le diatribe, celate da sentimenti non espressi, vengano fuori come problematiche che fino al giorno prima tu non avresti mai catalogato come tali. Invece è così, con un'inezia ti esplodono in faccia. Ogni singolo problema, ogni singola tua mancanza, ti viene spiattellata davanti con rabbia e risentimento come un rigurgito schifoso e maleodorante.

Magari è veramente colpa tua, sei talmente impegnata a vivere la tua vita felice, che non ti accorgi dell'infelicità di una, che insiste a farti pesare ogni singola goccia della sua triste esistenza parcheggiando l’intero carico sul tue spalle. E tu sei lì, che accumuli il peso, innalzando il tuo livello di sopportazione ad un limite che neanche tu pensavi di raggiungere, sopportando frecciatine e dispetti detti fra i denti, atti solo ed esclusivamente a farti del male. Ah, ma prima o poi i nodi vengono al pettine e credo che l'altro giorno io e la mamma ci siamo arrivate.

È partito tutto da una cosa apparentemente banale, io e Lexa stiamo cercando una casa più grande. Vogliamo ingrandirci, non per aumentare la famiglia, le figlie di Anya - la sorella di Lexa - sono più che sufficienti da gestire, ma per avere un posto tutto nostro e leggermente più grande di un bilocale. La casa dove stiamo ora, appartiene a me e a mio padre Jake. Quindi mi è sembrato naturale voler parlare con lui e mia madre. Anche se sapevo benissimo che lei avrebbe dato di matto, cogliendo la palla al balzo per urlarmi contro.

Ovviamente non sono rimasta delusa dalle mie aspettative, il suo comportamento è stato scontroso e ostile dal momento in cui io e Lexa abbiamo messo piede a casa loro. Abbiamo fatto a mala pena in tempo a mangiare la pizza e dopo la sua arroganza ha prevalso, sbalordendomi con le sue recriminazioni miste ad insulti pesanti.

Subito ha obiettato sulla fatto di cambiare casa, anche perché la sua opinione legge. Se lei non è d’accordo sono gli altri che si devono adattare abbassando la testa e ad acconsentire alla sua richiesta... ma questa volta no mamma! Comunque, a suo modo di vedere, io e Lexa, non abbiamo nessun bisogno di cambiare dimora, lei la ritiene più che sufficiente e cambiarla sarebbe solo una cosa inutile e dispendiosa. Quando l’ho sentita dire cose del tipo: ‘ma non vi va più bene quella dove state? Perché mai dovreste cambiarla? Non ha senso…’. Io mi sono limitata a dire un freddo e lapidario ‘NO’ per poi farmi prendere dalla collera più assoluta. Mi è completamente partito l’embolo. La sua strafottenza mi ha mandato fuori di testa e, ovviamente, non nel senso buono. Lexa ha provato in tutti i modi a calmarmi, ma ormai non c’era più niente che mi potesse fermare.

Lei non ha nemmeno voce in capitolo in tutto questo, tanto meno sulle decisioni mie e di mia moglie. Quando mi ha rinfacciato di pensare solo a me stessa e che non avevo rispetto per lei è stata la fine.

Ha continuato ad inveirmi contro dicendomi di essere solo un'egoista, di pensare solo a me stessa e a Lexa, alla nostra vita e che avrei dovuto interessarmi più a loro, perché loro sono la mia famiglia. Errore, mia cara mamma. Sai la novità? Lexa è mia famiglia, un normale ciclo di vita che tu lo voglia o no.

L’unica accusa valida che mi ha fatto è che non ho mai tempo. È vero ultimamente lavoro molto, ma di questi tempi forse è meglio così. Di sicuro non ho la possibilità di stare in panciolle come ha fatto la grande Abby, che ha semplicemente smesso di lavorare. Comunque, per la cronaca, mi sembra di fare già abbastanza.

Quando chiamano corro sempre, cerco di fare del mio meglio, ma non è mai abbastanza. La maggior parte delle volte che mi telefonano sono solo sciocchezze, ma io continuo a correre. Solo quando succedono le cose serie lo vengo sempre ad imparare per ultima. Un esempio lampante è stato quando nonna Rose è finita al pronto soccorso perché era caduta, beh, io lo sono venuta a sapere solo la sera tardi quando era già a casa.

Il suo modo di essere essere opprimente e apprensivo continua a persistere, esattamente come faceva quando ero ancora un'adolescente. Non molla la presa e questo è a dir poco soffocante.

Tra tutti gli insulti che mi ha rivolto, mi ha anche accusato di essere una menefreghista. Rinfacciandomi che lei sono due anni che non esce con papà e che io mi sarei dovuta proporre per restare a casa con la nonna, così che loro due possano uscire per un giro o cose così. Onestamente passare il tempo con nonna Rose non mi disturberebbe per niente, anzi, e sono sicura che non darebbe noia neanche a Lexa, lei adora mia nonna, ma tra tutte le doti che ho - compresi pregi e difetti - la lettura del pensiero ancora mi manca.

Non posso immaginarmi le cose. Chiedermi le cose è solo riservato alle cazzate, tipo metterle a posto il cellulare, l’iPad o robe simili. E poi tutte le santissime volte che le chiedo come va, sembra un disco rotto: bene, come vuoi che vada?! Io lavoro tutto il giorno e quando arrivo a casa sono stanca e vorrei passare la sera con mia moglie, ma questo ambizioso programma spesso viene turbato dalla irrequieta telefonata di mia madre che mi mette sempre di pessimo umore.

Quella stessa madre che mi ha rinfacciato di non aver mai accettato né me né il mio matrimonio, che quindi mi ha tollerato solo per il quieto vivere. E bello venire ad imparare queste cose dopo quindici anni. Ha persino accusato Lexa di avermi cambiato: 'questa non è più mia figlia ed è tutta colpa tua'.

A quelle parole non volevo credere alle mie orecchie. Con un braccio ho fatto scivolare Lexa dietro di me, facendole da scudo contro mia madre. Come si è permessa di dirle quelle cose? Per un attimo l'idea di prenderla a schiaffi mi ha sfiorato, ma io non sono così e poi lei non ne vale la pena. Mio padre ha provato ad intervenire, ma le nostre urla hanno preso il sopravvento e lui è sempre stato troppo buono per riuscire a sovrastarle.

Come ho detto prima: tutti i nodi vengono al pettine. E sta volta è quella buona. Si è spinta troppo oltre, ha detto una volta di troppo che non sono più sua figlia. Beh, se è  quello che vuole… è quello che avrà.

Io sono gay, amo Lexa e con lei sto costruendo la mia famiglia. Ed è con lei che voglio passare il resto della mia vita, non sarà certo Abby Griffin ad impedirmi di essere felice. Con il suo egoismo, la sua infelicità e il suo voler sempre essere al centro dell'attenzione, si sta facendo terra bruciata attorno. A me dispiace per la nonna e mio padre, ma adesso ho bisogno di mettere distanza tra me e il grande chirurgo in declino.

Lexa mi ha visto piangere un giorno intero, cercando di coccolarmi e sussurrandomi parole dolci per farmi stare meglio. La sua rabbia nei confronti di mia madre è diventata come un vulcano in eruzione e non posso certo darle torto, mi ama e vuole proteggermi esattamente come me nei suoi confronti.

Tuttavia sono sempre più convinta che sono io che me ne metto troppo, ma ora basta. Sono veramente stanca di tutti questi sensi di colpa che si è sempre divertita ad instillarmi.

E il momento di vivere e con Lexa al mio fianco non ho più paura di niente.

Non so se mia madre se ne farà una ragione e, a dirla tutta, non mi interessa. Non mi impedirà di vivere la mia vita, con Lexa, mia moglie, la mia famiglia. Lei è tutto quello di cui ho bisogno e lo sarà sempre.

Grazie caro Diario, come sempre non mi hai deluso, ti sei preso carico di tutto il mio bagaglio di pensieri senza protestare. Poter scrivere queste cose mi ha fatto bene, non ti ringrazierò mai abbastanza per il tuo tacito aiuto, ma adesso mi scuserai… spero proprio di non aver più bisogno di te, almeno per un po’. A meno che non decida di scrivere anche tutte le belle esperienze che io e Lexa affronteremo insieme… in tal caso preparati… perché ho intenzione di annoiarti a non finire.

Ciao, caro Diario e alla prossima.

Clarke.

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NOTE AUTRICE.

Onestamente non so che scrivere in queste note. A volte ti mancano le parole e non riesci a dire quello che pensi. Ed io mi sento proprio così in questo momento.

Ho solo due cliché che al momento calzano a pennello. Il primo è questo: Quello che non ti uccide ti fortifica… e non c’è cosa più vera. L’altro invece assomiglia più ad una preghiera: Vivi e lascia vivere, ma soprattutto VIVI….

Scusate per lo sfogo, e soprattutto scusato per avervi rubato tempo prezioso… ma a volte non riesco a far tacere i miei pensieri e l’unico modo che ho è scriverli.

Un abbraccio

Lory

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Capitolo 2
*** SECONDA PARTE ***


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SECONDA PARTE

Caro Diario,

lo so che ti avevo promesso che non avrei più scritto nulla di triste, ma evidente in questo periodo sei l'unico che riesca a farmi sfogare come si deve. A questo proposito, volevo condividere con te la lettera che ho scritto a mio padre, Jake.

Dalla famosa litigata con mia madre, sono passate più di due settimane, nonostante questo non riesco a smettere di pensare, di rimuginare, di piangere e di sentirmi triste.

Mio padre continua a chiamarmi per sapere come va. Nell’ultima telefonata, però, mi ha chiesto di fare qualcosa che, al momento, non sono in grado di fare: chiamare mia madre. Per convincermi ha detto: 'chi ha più testa la usi'. Ma si vede che ora non ho la testa, io non ci riesco, mi sento svuotata e non so come reagire a questa cosa, che mi sta opprimendo in una maniera che non credevo possibile.

Ti giuro che ci sto provando.... provo a pensare ad altro ogni singolo istante, ma la mia mente - traditrice - ritorna sempre lì, come un chiodo fisso che continua a martellarmi il cervello con queste emozioni intense che non riesco a controllare.

Così, giusto o sbagliato che sia, ho pensato di scrivere a mia padre, non so neanche se lui riuscirà a comprendere come io mi senta, ma adesso è l'unica cosa che ho sento di dover fare.

*****

Ciao papà,

mi dispiace, ma ora come ora non riesco a fare quello che mi hai chiesto. Proverò a spiegarti come mi sento, anche se a volte fatico a capirlo pure io.

Non faccio altro che rimuginare. Penso senza sosta ed il risultato è sempre quello, mi vengono gli occhi lucidi e comincio a piangere. Sinceramente sono stanca, molto stanca di tutta questa situazione, sono stanca di sentirmi così... triste ed inadeguata.

Non riesco a far finta di niente, sono già tornata da lei dopo il matrimonio. A fatica ho cercato di riavvicinarmi, mandando giù un boccone amaro, per il quieto vivere, per te, per la nonna ed in fondo anche per lei.

Mi ha rinfacciato di essere cambiata, probabilmente ha ragione, ma io sono sempre stata così, solo che prima mi nascondevo, ho sempre cercato di essere quella che voleva, una 'normale' ragazza senza grilli per la testa... ma non ero io quella ragazza, non lo sono mai stata.

Sicuramente ho sbagliato a tirarla tanto per le lunghe avrei dovuto uscire prima da quella gabbia dorata che mi ero costruita, ma forse - all’epoca - non ero pronta.

Quello che fa più male è non essere accettata dalla propria madre, fa un male cane te lo assicuro, perché io le voglio un bene dell'anima. È mia madre e lo sarà sempre e che lei non accetti me, Lexa e il mio matrimonio con lei è una cosa che mi ha spezzato letteralmente il cuore.

Purtroppo non sono così forte come a volte faccio credere, l'intera faccenda mi sta spezzando e non ho idea di come fare finire tutta sta diatriba che imperversa fuori e dentro me.

Ti giuro che ci ho provato in ogni modo ad assecondare le sue esigenze, ma mi rendo conto che non ci sto più dietro. Non ce la faccio. Lei non mi vuole in quella casa, parole sue, ed io non mi sento a mio agio a tornarci… almeno non in questo momento.

Se adesso io la chiamassi finiremmo per discutere e non riuscirei a reggere un'altra lite. Ultimamente fatico, a sorridere, la serenità è un vago ricordo e Lexa per prima si sta preoccupando che io mi possa ammalare.

Per il momento cerco di tenere a bada le emozioni, ma a volte sono troppo intense per poterle gestire.

Sfogarmi non serve a niente, se non a rivivere il litigio che ci ha portato fin qui.

Forse sarò egoista, proprio come mi ha rinfacciato lei, ma credo di aver bisogno di più tempo, anche se a conti fatti non so quanto mi potrà essere d'aiuto.

L'altra cosa importante è questa: io mi rendo conto che gestire la nonna non sia una cosa semplice e se l'è proprio sognato che io le abbia mai detto: ‘arrangiati, la mamma è la tua’. Lei sa benissimo quanto bene voglio alla nonna Rose, l'ha detto solo ed esclusivamente per farmi male. Beh, lo devo ammettere… ci è riuscita e anche bene.

Comunque se mi avesse chiesto aiuto, io in qualche modo gliel'avrei dato. Sono impegnata, questo è vero, lavoro, sono impegnata a tenere dei corsi, ma lo stipendio mi serve, e in entrambi i casi ho un riscontro economico. Mi devi scusare, ma di questi tempi l’unica cosa che mi viene da pensare è che io sia fortunata a lavorare.

Mi ha urlato contro che non voglio dormire lì, è vero anche questo, perché quella non è più casa mia, come ha più volte sottolineato lei, è la SUA casa... ed io rispetto questa cosa.

Pensandoci, io potrei anche dormire lì, ma poi cosa risolverei? Io non ho il sonno così leggero, se la nonna dovesse cadere - di nuovo - durante la notte probabilmente non la sentirei. Fermo restando che io la mattina seguente dovrei andare a lavorare, sarebbe impensabile lasciarla da sola e sarebbe altrettanto impensabile per me chiedere una settimana di ferie, visto quanto al momento io sia murata al lavoro.

Poi cosa che non sarà rilevante per lei, ma lo è infinitamente per me, visto che né io né Lexa siamo ben accette, non riuscirei neanche a vedere mia moglie se io dormissi lì e per me questo è inaccettabile.

Al momento non so cosa sia meglio fare, non ho la bacchetta magica, ma se una sera alla settimana volete uscire voi due insieme, ci rimango io con la nonna, non è una problema, basta chiedere e io mi piazzo lì finché non tornate, stessa cosa per i week end, però, adesso, è tutto quello che posso fare.

Prima o poi dovremo parlare e chiarire, ma ora non ce la faccio.

Ora, forse, è meglio che la smetta di scrivere, se no torno a piangere e non mi sembra proprio il caso.

Come ho detto prima, sono stanca di farlo.

Scusa per lo sfogo papà, volevo solo che capissi quello che sto passando.

Ti voglio bene.

Clarke

*****

Questo è quanto, credi che possa essere utile per il mio stato d'animo? Io spero proprio di sì perché sono veramente stanca di tutto questo fardello che continua a gravare sulle mie spalle.

Secondo te, caro diario, riuscirò a passare oltre? Sai è una domanda ricorrente ultimamente. Adesso sono veramente a pezzi, affranta, delusa e non riesco a sorridere come vorrei… e il voltare pagina mi sembra uno scoglio a dir poco insormontabile.

Anche ieri mi sono sfogata con Lexa, ho pianto tanto e lei mi ha stretto a se e coccolato tutto il pomeriggio. Lei è sempre più incazzata con mia madre e non posso certo darle torto, posso solo immaginare quanto vedermi così, triste e nervosa, le faccia male... ma non so come fare per poterla rassicurare.

Comunque quello che posso dire è che solo tra le sue braccia mi sento bene ed al sicuro, lei è tutta la mia vita e lo sarà per sempre.

Grazie come sempre per avermi ascoltato. Intendevo annoiarti con cose più allegre, divertenti, ma anche questa volta non ci sono riuscita, mi dispiace averti deluso.

Spero solo che la prossima volta l'argomento sia un po' meno depresso e triste.

Ciao… caro Diario e alla prossima.

Clarke.

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Capitolo 3
*** TERZA PARTE ***


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TERZA PARTE

 

Caro Diario,

è un pezzo che non ti scrivo. Sono passati mesi, forse troppi, avrei voluto – o forse dovuto - scrivere prima, ma tra una cosa e un’altra ho preferito la via più semplice: tenermi tutto dentro… e ora, ovviamente, ne pago le conseguenze. Forse ho tirato troppo la corda e sto arrivando al limite di esplosione.

Così mi sono detta: perché non annoiare a morte il mio caro Diario?!

Infatti eccomi qui a romperti le scatole.

Per aggiornati mi sa che ci vorrà un po’ più di tempo delle altre volte. Infatti ho bisogno di tornare all’invio di quella mail di cui ti ho parlato la volta precedente. Te la ricordi? Io sì, non potrei mai dimenticarla.

Sarò sincera non credevo che il suo effetto fosse così devastante, quello che ho scritto ha smosso le acque talmente tanto, da costringere mio padre, Jake Griffin, la persona meno tecnologica di questo mondo, a rispondere alla mail.

 

‘Ciao Clarke,

ho letto la tua lettera e mi sono messo a piangere… e anche adesso che provo a risponderti la situazione non è delle migliori. Capisco che sia difficile fare il primo passo, ma la situazione in essere vi fa stare molto male, entrambe state soffrendo e anche io non sono da meno. Bisogna che troviate un po’ di forza per superare questa fase dove vi siete dette delle cose troppo scomode di impeto, lasciando che la rabbia prendesse il sopravvento, causando quelle ferite che noi tutti, in questo momento, stiamo vivendo. Io vorrei vivamente che le cose si aggiustassero e tornasse un clima di serenità tra di noi.

Un bacione e spero di vederti presto, con la speranza di ritrovarci tutti assieme.

Con affetto

Papà’

 

All’epoca la reazione a quella email non e stata delle migliori, il pensiero ricorrente era sempre quello: possibile che sia sempre io la causa di tutti i mali?!

Ovviamente ho pianto e tanto, non riuscendo a capire cosa ci fosse di sbagliato in me. Ne ho parlato con Lexa, le ho fatto leggere la mail e ovviamente non l’ha presa bene, per niente. Lei ha tuttora il dente avvelenato, neanche tanto per quello di cui l’ha accusata mia madre, ma per gli insulti, del tutto privi di senso, che ha rivolto a me. Come biasimarla, lei mi ama e detesta vedermi soffrire.

Io non ho mai risposto al messaggio di mio padre, non sono riuscita a farlo, perché non avrei saputo cosa scrivere.

Così, il tempo passava inesorabile, mentre io cercavo solo ed esclusivamente di non pensarci, ma era una missione impossibile.

Una sera forse una settimana o due dopo – ora non ricordo esattamente – mentre io e Lexa stavamo cenando, mi è arrivato un SMS di mia madre.  

Non ti riporto il contenuto esatto perché definirlo patetico e vittimista è un vero e proprio eufuismo. In pratica lei si aspettava che fossi io a chiamarla, che fossi io a fare il primo passo, perché secondo la sua mente contorta era lei che aveva ragione ed io torto (sai che novità), ma poi mio padre le ha fatto leggere la mail e forse vedere la sofferenza che stava creando in tutti noi questo conflitto le ha fatto chiedere scusa a me e a Lexa, anche se il suo modo lasciava decisamente a desiderare.

Quando l’ho fatto leggere a mia moglie ancora un po’ e le usciva il fumo dalle orecchie, era quasi accecata dalla rabbia. Ricordo ancora quello che mi ha chiesto, usando un tono forse troppo rancoroso: “E adesso… cosa pensi di fare?”.

Devo ammetterlo, in quel momento non volevo far altro che buttare via il cellulare e farmi di nebbia, ma la mia ingenuità, il mio buonismo, mi ha impedito di farlo. Ho discusso con Lexa per questo, fino alla nausea, ma alla fine le ho risposto: ‘Quando posso passo e parliamo’.

Ripesandoci avrei dovuto ascoltare mia moglie, la delusione di quel incontro è stato veramente sconfortante.

Sono rientrata in quella casa, da sola, perché Lexa aveva giurato che non ci avrebbe mai più messo piede e di solito è di parola, quindi non me la sono sentita di forzarle la mano, e mi sono sentita un’estranea. Il mio approccio era positivo, avevo buoni propositi, ero disposta ad ascoltarla. Ingenuamente speravo che mi chiedesse scusa – in modo sincero questa volta –  e non solo per risaltare il suo continuo vittimismo, ma mi sbagliavo.

Come una sceneggiatura già scritta e ben nota, ha esordito rinfacciandomi subito le mie accuse nei suoi confronti – che tra parentesi continuo a pensare che sia solo ed esclusivamente la verità, ma non questi sono dettagli – in quel momento ho capito come sarebbero andate le cose. Infatti ha portato subito la conversazione su sé stessa – come è solita fare – trascurando completamente tutto il resto, non lo so, ad esempio il fatto che mi abbia insultato e anche pesantemente.

Ricordo perfettamente che per lei sono solo una figlia ingrata e lei non riesce ad accettarmi.

Ho cercato di trattenere la rabbia, facendo una fatica enorme, sapevo benissimo che urlandole contro non avrei risolto nulla. Così ho ingoiato il rospo, per l’ennesima volta, non esprimendo ad alta voce il conflitto che c’era dentro di me.

I miei pensieri stavano andando veloci, faticavo a comprenderli, forse offuscati da quella collera che non riuscivo ad evitare, ma poi… è spuntata dalla porta mia nonna, con il suo bellissimo sorriso guardandomi in quel modo speciale che riserva solo a me ed in un attimo la rabbia che provavo si era dissolta. Senza pensarci troppo, sono corsa ad abbracciata forse più forte di quanto avrei dovuto, le ho dato un timido bacio sulla guancia e le ho chiesto come stesse, ricacciando indietro quelle lacrime che minacciavano di scendere.  

È incredibile il potere che mia nonna ha su di me, le voglio talmente bene che farei di tutto per lei. Lexa dice sempre che quando io mia nonna ci guardiamo ci illuminiamo l’un l’altra, e forse ha ragione, se non fosse stato per lei non avrei abbassato la testa… un’altra volta, ma l’idea di non vederla più mi faceva stare ancora peggio.

Lei non sa nulla di questa faccenda e sono contenta che non si sia accorta di nulla, ci rimarrebbe troppo male e lei ha già sofferto abbastanza nella sua vita, e si merita tutta la serenità di questo mondo.

L’ho salutata e mio malgrado sono ritornata a sedere su quello scomodo divano, affianco a mia madre, sospirando e cercando disperatamente la mia razionalità. La nonna era già fuggita in cucina ed io potevo finalmente parlare. Ho ceduto a quelle scuse – che di scuse avevano veramente poco – forse troppo velocemente, ma per lo meno sono riuscita a dettare le mie condizioni, cosa che un tempo non mi sarei mai sognata nemmeno di pensare.

Quei vincoli sono ancora in essere, dopo mesi. Vado a trovarli considerando prima le mie esigenze, tempo, voglia (sempre troppo poca) e non secondo le loro. La cena settimanale ormai è un vago ricordo e non corro più quando c’è un problema del cazzo (scusa il francese) alla TV o al computer, ora non possono fare altro che aspettare i miei tempi e rispettare i miei spazi. Mi rendo conto di quanto questa mia conquista sia irrisoria, ma per una persona come me, sempre abituata ad essere scontata per ogni cosa, è un gran passo.

Io non li chiamo più, sono sempre loro che mi cercano, le  telefonate sono diminuite, non sono più frequenti come prima e ogni tanto mi arriva qualche messaggio che fatico a comprendere e mi lasciano l’amaro in bocca. L’altra sera mia madre mi ha scritto che le mancavo. Vero o falso che sia mi sono infuriata leggendolo, non ha il diritto di scrivimi cose del genere solo per farmi sentire in colpa.

L’argomento con Lexa è diventato un tabù, tutte le volte che mi chiamano o che mi scrivono è sempre sulla difensiva. Il suo tono cambia diventando più aggressivo quando mi chiede cosa volevano o cosa avevano da dirmi. Non gliene faccio di certo una colpa, ma il risultato si può sintetizzare in tre parole: minimizzo, tralascio, ometto.

Ho provato diverse volte a tirare fuori l’argomento, ma finiamo sempre per discutere, o peggio, litigare, ed io sono stanca di questa storia, vorrei rimuovere tutto il problema come se non fosse mai successo, ma immagino di essere solo un’illusa perché la realtà dei fatti la conosco bene e che lo voglia o no è questa.

Ogni mattina mentre guido per venire al lavoro, mi ritrovo ad annegare in questo groviglio di pensieri. Sai, a volte mi piacerebbe proprio registrarli tutti e poi riascoltarli in loop, quasi fosse la cura a tutti i miei mali.

È buffo, stamattina stavo ascoltando la radio in macchina e trasmettevano l’ultima canzone di uno dei gruppi preferiti i Thirty Seconds to Mars: Rescue me.

È singolare quanto una canzone possa descrivere il tuo stato d’animo. Mi sono ritrovata a cantare il ritornello e a pensare che fosse quello di cui avrei bisogno in questo momento.

‘Rescue me from the demons in my mind’

Forse è proprio quello che mi serve, essere salvata da quei demoni che infestano i miei pensieri ormai da mesi.

Comincerai ad odiarmi caro Diario, non faccio altro che lamentarmi, ti chiedo scusa per questo, ma al momento visto che non riesco a parlare con Lexa liberamente, non mi rimane altro che assillarti con i miei assurdi sproloqui. Solo il fatto di scrivere e raccontarti come vanno le cose, tirando fuori quello che ho dentro, mi fa stare meglio. Dovrei farlo più spesso, me ne rendo conto, ma il tempo è veramente poco.

A dire la verità una bella notizia ce l’ho da darti, io e Lexa finalmente abbiamo comprato casa insieme e a Marzo dell’anno prossimo il nostro sogno comincerà a realizzarsi. Infatti ci trasferiremo nella nostra nuova casa. E quel nostra è una grossa conquista, a scapito di tutto e tutti stiamo vivendo la nostra vita senza preoccuparci delle conseguenze, o almeno provandoci.

Ad essere sincera io sono ancora in bilico, considerando tutti quei pensieri negativi che cercano sempre di offuscare questa mia gioia di vivere che fatica a prendere il sopravvento, ma ci sto lavorando.

Sono arrivata ad una conclusione: penso troppo. Ma sono fiduciosa, prima o poi riuscirò a spegnere il cervello e a fare quel reset che mi permetterà di cancellare ogni singola cosa negativa, sono ad un passo e forse la nostra casa mi darà la spinta giusta.

Credo di averti annoiato anche troppo con i miei sproloqui mentali e non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi ascoltato.

Ciao… caro Diario e alla prossima.

Clarke

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