Emma Riley, avventure ad Hogwarts 1

di Asami_Ryuzaki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due lettere da Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Diagon Alley ***
Capitolo 3: *** Il binario nove e tre quarti ***
Capitolo 4: *** Il cappello parlante ***
Capitolo 5: *** Il maestro delle Pozioni ***
Capitolo 6: *** Il duello di Mezzanotte ***



Capitolo 1
*** Due lettere da Hogwarts ***


 
Due lettere da Hogwarts
 
 
Emma si svegliò stanca e accaldata. Aveva davvero dormito con le coperte d’estate? Non aveva il minimo senso.
«Buongiorno signorina Riley» sentì dire dolcemente al ritratto della giovane donna appeso al muro proprio di fronte al suo letto.
«Oh, andiamo Ashlyn» disse Emma svegliandosi del tutto «Quante volte ti ho detto di chiamarmi per nome?»
La donna nel quadro sorrise divertita e, muovendo leggermente i capelli neri con una mano, assunse un’espressione materna e gentile.
«Hai ragione. Scusa Emma, cara» rispose la donna con un leggiadro inchino.
«Non scusarti Ash» disse Emma con un sorriso.
«La tua mamma ti cerca Emma» la informò Ashlyn.
Emma sistemò il lenzuolo rosa e nero e i cuscini bianchi a pois neri.
«Potresti…?» iniziò Emma, ma Ashlyn la anticipò.
«Avvertire Flora che arrivi subito?»
«Sì… per favore» disse piano Emma e Ashlyn annuì.
«A dopo Emma» disse Ashlyn uscendo dalla visuale del quadro e iniziando ad attraversare gli altri per raggiungere il salotto al piano di sotto.
Emma entrò in bagno e ne uscì con indosso una T-shirt rosa, un paio di jeans e delle converse nere.
Scese le scale e si avviò in cucina per fare colazione.
«Hai fame Emma?» chiese la madre ad Emma.
Emma annuì ed entrò in cucina.
Flora Black, madre di Emma, puntò la bacchetta verso una padella che al momento si trovava sui fornelli, spense il fuoco e la fece volare fino al piatto di Emma, sul quale una spatola (volante pure quella) posò le uova e la salsiccia. Subito dopo anche una fetta di toast fluttuò fino ad Emma, che prontamente l’afferrò.
2 minuti dopo Emma vide i fratelli litigare per arrivare il prima possibile in cucina.
«Siete tremendi voi 2» disse Emma finendo la colazione «anzi… Steve è tremendo»
«Confermo» disse Henry divertito.
Steve ed Henry Riley. Gemelli diversi in tutto. Steve perfido e fastidioso ed Henry buono ed affettuoso. Di appena 2 anni più piccoli di Emma e costretti a condividere la camera da letto, anch’essa divisa tra l’insistente passione di Steve per il Quidditch (condivisa dalla sorella) e l’impressionante interesse e ammirazione di Henry verso le creature magiche (pienamente approvata da Emma).
«Tanto lo sappiamo tutti che io sono il più bello» si pavoneggiò Steve, in risposta ad Emma.
«Come no!» disse Emma sarcastica alzandosi da tavola «Un bellissimo schiopodo sparacoda!»
«Parla il vermicolo» disse Steve.
«Neanche sai cosa sono i vermicoli!» controbatté Henry.
«Certo, certo. Credeteci» ripeté Steve, con aria di superiorità. Emma fu frenata nel lanciare una sedia al fratello dalla voce della madre.
«Piantatela» disse la madre facendo volare la colazione nei piatti dei più piccoli «Emma, visto che hai finito potresti andare a prendere la posta?»
Emma annuì e si diresse al piano terra. Nel mentre incontrò anche suo padre e lo salutò con un bacio sulla guancia.
«Buongiorno signorina Riley» la salutò il quadro di una donna con una bambina sui 4 anni.
«Buongiorno a lei, Mrs. Edwards» rispose Emma. Raccolse le lettere da terra.
«Bollette, lettera dalla nonna…» lesse a bassa voce scorrendo le buste «Oh, il Ministro ha inviato qualcosa ai miei, chissà cos…» e si interruppe. Spostò la lettera del Ministro. Ce n’era un’altra.
«Alla signorina Emma Riley, cameretta al 2° piano, n° 80 Victoria Steet, Park Lane, Berkshire…» sussurrò Emma più a sé stessa che a Mrs Edward. Voltò la busta e lo vide: lo stemma della miglior scuola di magia e stregoneria al mondo.
«MAMMA! PAPÀ! HO RICEVUTO LA MIA LETTERA!» corse in salotto sentendo appena Mrs Edward congratularsi con lei.
Emma arrivò in salotto in pochi secondi lanciando sul tavolo le buste “inutili”.
«Che aspetti?» domandò Henry impaziente.
«La apri o no?» chiese Steve.
Emma guardò ancora una volta lo stemma prima di aprire la lettera, stando attenta a non strappare la carta.
«Beh, leggila» la incitò il padre con un sorriso.
Emma sfilò uno dei due fogli e lo lesse ad alta voce.
 
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
 
Direttore: Albus Silente
(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista,
Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso,
Confed. Internaz. dei Maghi)
 
Cara signorina Riley,
 
Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
 
L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
 
Con ossequi,
Minerva McGranitt
Vicedirettrice
Era contentissima. Aveva la sua lettera. Ora era strasicura di essere una strega. Avrebbe passato 7 anni ad Hogwarts: la migliore scuola di magia del mondo. Sotto la guida del miglior preside che Hogwarts avesse mai visto: Albus Silente.
«Sono fiera di te Emma- sorrise la madre, leggermente commossa -È grandioso, vero Ross?»
In tutta risposta il padre sollevò Emma e la caricò sulle spalle.
«Beh, tra pochi giorni sarà il 31 luglio. Ti conviene pensare a cosa vuoi farti regalare per il compleanno, mentre tua madre scrive la risposta alla tua lettera» annunciò il padre con un sorriso.
Emma esitò per un attimo. Non sapeva cosa le sarebbe piaciuto ricevere per il compleanno, ma sapeva di avere la testa da tutt’altra parte.
«Per il compleanno ve lo dico sta sera» rise Emma scendendo con un salto dalle spalle di suo padre ed atterrando in piedi «Devo parlare con Hermione. Devo dirle che mi hanno presa a scuola»
«Non le dirai che…» iniziò la madre.
«Ma certo che no!» disse Emma falsamente indignata «Ti immagini che conversazione?! “Ciao Hermione, lo sai che mi hanno presa a una scuola di streghe e maghi?”»
«Ok, vai. Ma inventati una buona scusa e poi riferiscila» disse il padre.
Emma uscì di casa, correndo da Hermione.
Suonò il campanello e ad aprire fu la signora Granger, che le sorrise in modo gentile.
«Buongiorno Emma» la salutò la donna.
«Buongiorno signora Granger» disse Emma.
«Starai cercando Hermione. Entra pure, è in camera sua»
«Grazie signora Granger» disse Emma entrando in casa.
Arrivò in camera di Hermione ragionando sulla scusa da raccontarle.
«Emma ciao!» sorrise Hermione.
«Ciao Hermione» disse.
Hermione era seduta su una poltrona viola con un enorme libro sulle ginocchia.
«Allora ti hanno presa a scuola?» Emma sapeva che Hermione aveva fatto richiesta di entrare in una scuola per super geni e cose così.
«Ehm…» Hermione esitò. Chiuse il tomo e spostò nervosamente una ciocca di capelli crespi dietro l’orecchio «In realtà… Diciamo che ho ricevuto una proposta d’iscrizione molto più… conveniente»
«Come si chiama la scuola» domandò Emma molto curiosa «Solo il nome» aggiunse notando l’ansia dell’amica.
«Beh…» Hermione non era molto convinta «Ok, la scuola si chiama Hogwarts»
Emma cercò di non far trasparire lo stupore. La sua migliore amica, proveniente da una famiglia di babbani, era una strega. Hermione sarebbe stata con lei ad Hogwarts!
«Beh, Hermione» disse Emma con un sorriso allegro sul volto «Penso che dovrai sopportarmi per altri 7 anni»
«Non pensavo tu fossi una strega Hermione» commentò Emma mentre entrambe camminavano verso casa di quest’ultima «Pensavo che fossi una semplice babbana»
«Babbana?» domandò Hermione curiosa.
«Una senza poteri magici» disse Emma aprendo la porta di casa.
«Quindi come funzione questa cosa della magia?» disse Hermione, Emma non rispose. Si era fermata davanti al quadro di Mrs. Edwards «Ti sembrerà folle Emma, ma quando l’altro giorno sono stata qui, a casa tua, mi è sembrato di vedere i quadri muoversi»
Emma sorrise compiaciuta «Hai tanto da imparare» batté le mani e disse: «Va tutto bene: è una strega»
A quel punto Mrs Edward ridacchiò lasciando sua figlia, che iniziò a correre per il quadro uscendo e rientrando dalla cornice.
«Buongiorno signorina Riley» salutò educata «Signorina Granger, benvenuta»
Hermione la guardò stupita. «Buongiorno» disse incerta.
«Vieni su, ai miei farà piacere sapere che la mia migliore amica è una strega» disse Emma felice.
«Come mai non mi sono mai accorta di nulla?» chiese Hermione mentre raggiungevano il salotto «Intendo di essere una strega»
«Non potevi “accorgertene”» rispose Emma «tutti i bambini, maghi o streghe che siano, compiono incantesimi involontari fin da piccoli. Normalmente i Babbani li scambiano per coincidenze, quindi sarebbe stato impossibile che te ne accorgessi. Ogni tanto capita che anche i Babbani più ottusi notino qualcosa di strano. In più senza la dovuta istruzione e un mezzo per incanalarla, la magia può essere estremamente instabile, per lo più i bambini non riuscirebbero a controllarla»
Hermione si guardò intorno. In cucina i piatti si lavavano da soli e uno straccio incantato li asciugava. Una scopa spazzava il pavimento dove, molto probabilmente, una tazza si era rotta, a giudicare da cocci.
«Buongiorno Hermione. Emma, puoi spiegarmi…?» la madre di Emma salutò Hermione con cortesia, poi guardò la figlia come se volesse ammazzarla.
«Beh» iniziò Emma «Ho pensato che a Hermione, prima di andare ad Hogwarts, farebbe piacere sapere qualcosa riguardo al mondo che la ospiterà per 7 anni, forse di più»
Flora rimase molto stupita, poi disse: «Se volete oggi potete leggere alcuni libri come Storia di Hogwarts o altri del genere, sempre se vi va»
Hermione, decisamente eccitata, annuì.
«Vieni Hermione, andiamo in camera mia, il libro dev’essere lì» e le due corsero su per le scale verso la stanza di Emma.
Era una camera abbastanza ampia; appena entrati sulla destra si trovava un grande armadio; accanto a questo un morbido divano; di fronte era posizionato un comodo letto a una piazza; a sinistra del letto un’enorme libreria era strapiena di libri; subito affianco c’era una scrivania il legno chiaro con appoggiati sopra una penna, un paio di libri, un set di scacchi molto particolare e un calamaio; come ultimo, accanto alla porta, sulla sinistra, erano appoggiati un grosso baule in legno e la scopa da corsa di Emma: una Scopalinda 7.
Sulle pareti scintillavano poster di famose squadre di Quidditch, i cui giocatori guardavano le ragazze appena entrate con aria fiera. Foto erano attaccate ai muri. I soggetti facevano quello in cui erano impegnati nel momento dello scatto, come correre, abbracciarsi, volare, fare incantesimi o preparate pozioni.
Nel suo quadro Ashlyn salutava, allegra, con la mano.
Emma si avvicinò alla libreria e prese un libro con la copertina in cuoio marrone e in oro il titolo Storia di Hogwarts.
Entrambe si sedettero sul divanetto.
«Allora Hermione» iniziò Emma «la prima cosa da sapere riguardo Hogwarts è che l’istruzione dura 7 anni, dagli 11 ai 17, in modo che alla fine dell’ultimo anno i ragazzi siano tutti maggiorenni»
«Ma si diventa maggiorenni a 18 anni, non a 17» osservò Hermione.
«Nel mondo magico si diventa maggiorenni a 17 anni» la informò Emma «Ad Hogwarts gli studenti vengono divisi in 4 case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Queste case hanno preso il nome dai 4 fondatori: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Priscilla Corvonero e Salazar Serpeverde. Beh, anche dai loro caratteri, in effetti» ragionò. Notò lo sguardo confuso di Hermione e aggiunse: «Godric Grifondoro era coraggioso e nobile d'animo. Amava far rispettare la giustizia e lanciarsi in sfide, proprio per questo, spesso finiva nei guai. Era conosciuto anche per essere leale, cortese e rispettoso nel confronto degli altri. Così tutti i Grifondoro. Tosca Tassorosso fondò la più completa delle case, premiando il duro lavoro, la pazienza, l'amicizia, la tolleranza e la correttezza più di qualunque altra qualità dei suoi membri. Priscilla Corvonero amava lo studio più di ogni altra cosa, ed è così anche per gli studenti della sua Casa. I membri di questa casa sono caratterizzati dal loro ingegno. Sono molto eccentrici e risultano alle volte incompresi, ma sono comunque in grado di stringere molte amicizie. Le caratteristiche che contraddistinguono un Corvonero sono l'individualità e la creatività. Infine i Serpeverde sono ambiziosi, scaltri, astuti, leader forti ed orientati verso l’obbiettivo. Essi hanno anche sensi altamente sviluppati di autoconservazione. Ciò significa che i Serpeverde tendono ad esitare prima di agire in modo da soppesare tutti i possibili risultati prima di decidere esattamente cosa dovrebbe essere fatto, proprio come Salazar»
«Wow» sussurrò Hermione «E… cosa si studia ad Hogwarts?» Hermione era chiaramente desiderosa di informazioni. Emma ridacchiò.
«Ad Hogwarts, al primo anno, si studiano Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, Storia della Magia, Difesa contro le Arti Oscure, Astronomia, Erbologia e Volo»
«Difesa contro le… cosa?» chiese Hermione «Cosa sono le arti oscure?»
«Maledizioni» rispose Emma abbassando lo sguardo «Hermione, ora ti dirò una cosa molto importante: non tutti i maghi sono buoni. Anni fa un mago è diventato cattivissimo»
«Come si chiamava?» chiese Hermione curiosa.
«Noi non pronunciamo il suo nome» disse Emma «Se vuoi posso dirtelo, ma cerca di non pronunciarlo in giro. A mia madre non piace sentirlo, come a molti nel mondo dei maghi»
Hermione annuì.
«Il suo nome era Voldemort» sussurrò Emma.
Hermione guardò la migliore amica con l’aria di chi voleva saperne molto di più.
«Scusa se te lo chiedo» disse Hermione insicura «Ma… Perché non vi piace sentirlo?»
«Perché non esiste mago o strega, in Gran Bretagna, che non abbia un parente o amico ucciso da questo mago o dai suoi seguaci» rispose Emma a denti stretti.
«Ma quindi anche tu…» mormorò Hermione. Aveva un tono di voce molto basso, sembrava che capisse il male causato da quel mostro. Questo tranquillizzò leggermente Emma, che si alzò e si avvicinò a una foto sulla parete e la guardò con nostalgia.
«Mio nonno» disse Emma con un mezzo sorriso sul volto. L’immagine che stava guardando Emma ritraeva un uomo di circa 55 anni che ricorreva ridendo una bambina con i capelli corti è gli occhi grigi. La bambina volava su una scopa giocattolo ed era a poco più di un metro da terra «Mia madre dice che i miei occhi sono diventati gradualmente marroni, dopo la sua morte. Da piccola avevo gli occhi di mio nonno, ora quelli di mia madre»
Hermione si alzò dal divanetto su cui era seduta e corse ad abbracciare Emma.
«Scusa tantissimo» disse Hermione stringendo Emma «non dovevo insistere!»
«Stai tranquilla» disse Emma sciogliendo l’abbraccio «È tutto finito, Voldemort è andato»
«È… morto?» domadò Hermione.
«Non credo» rispose Emma «Sono 10 anni che non si vede più e a metterlo fuori gioco è stato un ragazzino della nostra età, quando aveva solo 1 anno»
«Davvero?» chiese Hermione ed Emma annuì «Come ha fatto?»
«Non ne ho idea» disse Emma «Ma nessuno sopravvive a Voldemort. Nessuno, neanche uno, tranne Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto. Harry Potter ci ha salvati tutti».


Angolino mio
Ciao bellissimi!
Eccomi qui! Forse questa storia avrà una fine degna di essere chiamata tale XD
Ci sto mettendo gli anni a scrivere questa storia, dato che devo cercare informazioni da libri ed internet e, come sappiamo bene, le mie due fonti fanno un po' a cazzotti. Ma posso assicurarvi che il terzo capitolo uscirà entro il 17 (lo giuro sullo Stige!).
Non so ancora come farò ad arrivare al settimo libro di Harry Potter, ma prometto che ci proverò con tutta me!
Vi saluzzo belli!
∼Alix
 

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Capitolo 2
*** Diagon Alley ***


Diagon Alley


«Auguri Emma!» Hermione era appena entrata in casa della sua migliore amica abbracciandola.
Era il 31 luglio 1991, dell’11° compleanno di Emma.
Il giorno stesso sarebbero andati a fare spese per la scuola.
«Grazie Hermione» sorrise Emma «Allora, sei pronta ad andare a fare compere?»
«Certo, ma… diciamo che penne d’oca, pergamena, calderoni e bacchette magiche non si trovano proprio ovunque- osservò Hermione -Dov’è che si comprano tutte queste cose?»
«In realtà si trova tutto a Londra» disse Emma «Basta sapere dove andare»
«Buon compleanno Emma» disse il padre di Hermione, che intanto era comparso dietro la figlia.
«Grazie signor Granger» rispose Emma.
«Siamo noi che dobbiamo ringraziarti Emma» disse la signora Granger «È molto gentile da parte tua accompagnarci a fare spese per Hermione»
«Di nulla signora Granger» disse Emma.
La madre e il padre comparvero dietro di lei e sorrisero ai genitori di Hermione.
«Buongiorno Nelly, Albert» salutò la madre.
Emma vide la signora Granger sorridere
«Flora, Ross» rispose la signora Granger.
«È meglio se ci muoviamo» disse il padre di Emma «Prima arriviamo più tempo abbiamo»
Salirono tutti sull’auto del padre di Emma e partirono per Londra.
Durante il viaggio le due ragazze discutevano di cose da tipiche ragazzine Babbane. Sentendo i loro discorsi nessuno avrebbe mai potuto capire che non si trattava affatto di persone ordinarie. Parlavano infatti della loro vecchia scuola, paragonavano le persone più gentili che conoscevano a quelle che, invece, avrebbero volentieri buttato da un burrone.
L’unica cosa che avrebbe potuto ricondurli a qualcosa di non proprio ordinario erano i vestiti della famiglia di Emma. I genitori vestivano in maniera leggermente particolare: entrambi indossavano un mantello nero sopra la divisa da Auror, che indossavano quando entravano nel mondo magico. Emma aveva solo il suo amato mantello blu, con ricamato sulla schiena un drago blu, che le aveva fatto sua nonna pochi giorni prima, come regalo di compleanno.
«Emma» la chiamò suo padre, facendola voltare in avanti «Potresti leggere cosa dobbiamo comprare? Alcune cose me le ricordo, ma… sinceramente da vent’anni a questa parte non so quanti titoli diversi hanno avuto i vari libri di scuola»
«Certo» rispose Emma, andando a pescare la busta dalla tasca del mantello e prendendo in mano il secondo foglio che pochi giorni prima non aveva considerato.
 
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA
 DI HOGWARTS
Uniforme
Gli studenti del primo anno dovranno avere:
Tre divise da lavoro in tinta unita (nero)
Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno
Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)
Un mantello invernale (nero con alamari d'argento)
N.B. Tutti gli indumenti degli allievi devono essere contrassegnati da una targhetta con il nome.
Libri di testo
Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:
Manuale degli incantesimi, Volume primo, di Miranda Gadula
Storia della Magia di Bathilda Bath
Teoria della magia, di Adalbert Incant
Guida pratica alla Trasfigurazione per principianti, di Emeric Zott
Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore
Infusi e pozioni magiche, di Arsenius Brodus
Gli Animali Fantastici: dove trovarli, di Newt Scamandro
Le Forze Oscure: guida all'autodifesa, di Quentin Tremante
Altri Accessori
1 bacchetta
1 calderone (in peltro, misura standard 2)
1 set di provette di vetro o cristallo
1 telescopio
1 bilancia d'ottone
Gli allievi possono portare anche un gufo, OPPURE un gatto, OPPURE un rospo.
SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON È CONSENTITO L'USO DI SCOPE PERSONALI.
 
«In che senso “non è consentito l’uso di una scopa personale”?» domandò Hermione con una punta d’ansia nella voce.
«Già, regola stupida» sbuffò Emma, appoggiando il mento al palmo della mano e guardando il cielo con aria annoiata «Si aspettano un allenamento decente da parte nostra a cavallo di una Scopalinda 2? Bah!»
«Quindi dobbiamo volare su delle scope?» continuò Hermione, che non sembrava poi molto calma.
Emma parve capire il problema (Hermione era sempre così nello sport): non si può imparare a volare su una scopa grazie a un libro.
«Se vuoi posso darti una mano a imparare, una volta arrivati a scuola» propose Emma, cercando di sembrare rassicurante.
Hermione annuì, accennando a un sorriso.
Passarono in auto una trentina di minuti restando in silenzio, finché non accostarono davanti a un piccolo pub.
«Il paiolo magico» lesse Emma, guardando l’edificio che aveva davanti. Tutte le persone che passavano per quella strada sembravano non accorgersi del nome insolito di quel posto. Guardavano il negozio di dischi dall’altra parte della strada e la libreria lì accanto, come se fosse invisibile.
«Esatto Emma» rispose la madre, scendendo dalla macchina, seguita dagli altri «è un bar molto famoso tra i maghi ed è uno degli accessi per il luogo verso cui ci stiamo dirigendo»
Hermione lanciò uno sguardo eloquente ad Emma, che si limitò a un’alzata di spalle, prima di seguire i genitori all’interno.
Il paiolo magico era un locale particolarmente buio e dimesso, per godere della fama di cui parlavano i genitori di Emma. Vecchi maghi chiacchieravano, seduti al bancone, bevendo un whisky incendiario e un paio di anziane streghe e discutevano poco lontano.
Un omino col cappello a cilindro stava parlando al vecchio barman, completamente calvo, che sembrava una noce di gomma.
«Buongiorno Riley, Black» salutò il barman, interrompendo la conversazione «Vi fermate a bere qualcosa?»
«Salve Tom» salutò il padre di Emma, con un sorriso «Siamo un po’ di fretta, accompagno mia figlia e la sua amica a fare compere per la scuola»
«Non siete gli unici oggi» continuò Tom, con gli occhi che luccicavano «Non ci crederete! Oggi anche Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, sta andando a Diagon Alley»
«Spero per coi che lo incontriate» commentò il mago con la bombetta, al bancone «Mi è parso proprio un bravo ragazzo. È stato molto cortese»
Un mormorio di assenso si diffuse per il locale: era palese che la conversazione, ormai, non era più tra loro e il barista, ma, se non si fossero mossi, avrebbero dovuto parlare con tutti del famoso Harry Potter, dato che tutti sembravano avere un’opinione a riguardo.
«Lo terremo a mente, Dedalus» rispose sbrigativa la madre di Emma, che aveva sicuramente capito la gravità della situazione «Ora sarà meglio sbrigarci. Arrivederci. Forza ragazze» e diede una leggera spinta ad Hermione ed Emma, incitandole a seguire il padre di quest’ultima.
Uscirono in un piccolo cortile circondato da un muro, dove non c'era altro che un bidone della spazzatura e qualche erbaccia. Il padre di Emma iniziò a contare i mattoni del muro, come se ne stesse cercando uno in particolare e intanto bofonchiava «Tre verticali... due orizzontali...» poi annunciò «Bene, state tutti indietro» e toccò tre volte con la bacchetta il mattone.
Il mattone che aveva colpito vibrò... si contorse... al centro, apparve un piccolo buco... si fece sempre più grande... e un attimo dopo si trovarono di fronte un arco abbastanza largo da far passare una persona sulle spalle di un’altra. L'arco dava su una strada selciata tutta curve, di cui non si vedeva la fine.
«Benissimo» sorrise la madre di Emma, guardando l’espressione stupita delle ragazze e dei genitori di Hermione «Benvenuti a Diagon Alley!»
Emma si girava di qua e di là nel tentativo di vedere tutto e subito: i negozi, le cose esposte all'esterno, la gente che faceva le spese.
Il sole splendeva illuminando una pila di calderoni fuori del negozio più vicino. Un'insegna appesa sopra diceva: Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli.
Da un negozio buio la cui insegna diceva: Emporio del Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette bianche si udiva provenire un richiamo basso e soffocato. Molti ragazzi, più o meno dell'età di Emma, tenevano il naso schiacciato contro la vetrina, dove erano esposti dei manici di scopa. «Guarda» Emma sentì dire uno di loro, «il Nimbus Duemila, il più veloce di tutti».
«Wow» commentò Emma, guardando la Nimbus Duemila con ammirazione, sapendo che, anche se le fosse stato concesso prenderla, non avrebbe potuto usarla a scuola.
Alcuni negozi vendevano abiti, altri telescopi e bizzarri strumenti d'argento che Emma aveva visto nell’ufficio dei genitori una sola volta nella vita.
«Spioscopi» sussurrò meravigliata, voltandosi dall’altra parte della strada, e tornando con lo sguardo
C'erano vetrine stipate di barili impilati, contenenti milze di pipistrello e pupille d'anguilla, mucchi pericolanti di libri di incantesimi, penne d'oca e rotoli di pergamena, bottiglie di pozioni, globi lunari...
«Mi dispiace interrompervi» disse la madre di Emma, distogliendola dalla sua osservazione attenta della strada «Ma prima di tutto dobbiamo andare a prelevare dei soldi»
«Qui c’è anche una banca» domandò il padre di Hermione.
La madre di Emma annuì «Sì Albert, si tratta della Gringott, la banca dei maghi» e indicò l’edificio che si trovava precisamente davanti a loro.
Sinceramente Emma non capì come poteva non averlo notato.
Era un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con indosso un'uniforme scarlatta e oro, c'era...
«Sì, ragazze. Lui è un folletto» disse il padre di Emma in risposta allo sguardo stranito della figlia, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui. Il folletto era più basso di Emma di quasi tutta la testa. Aveva un viso scuro e dall’aria intelligente, una barba a punta e, come Emma non poté far finta di non notare, dita e piedi molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio. Ora si trovavano di fronte una seconda porta, questa volta d'argento, su cui erano incise le seguenti parole:
Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.
«Bisognerebbe essere proprio matti a cercare di rubare alla Gringott» considerò la madre di Emma «è un luogo sorvegliatissimo. Trappole, incantesimi e creature magiche proteggono questo posto»
Quando varcarono la porta una coppia di folletti si inchinò e li condusse a un grande salone marmoreo. Un centinaio di altri folletti seduti su sgabelli dietro un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri, pesavano le monete su delle bilance, ed esaminavano pietre preziose. Le porte erano troppo numerose per poterle contare, e altri folletti erano occupati ad aprirle e richiuderle per fare entrare e uscire le persone.
«Nelly, Albert, credo che voi dobbiate dirigervi a cambiare i soldi babbani con quelli dei maghi» propose la madre di Emma, e i signori Granger annuirono. Erano molto spaesati, ovviamente non sapevano dove cominciare.
«Penso che vi accompagnerò» propose il padre di Emma, capendo che, da soli, non sarebbero arrivati da nessuna parte «mentre Flora porterà le ragazze alla camera blindata di Emma»
Mentre il padre si allontanava con i genitori della sua migliore amica, Emma era rimasta ala parte di frase “La camera blindata di Emma”. Aveva una camera blindata tutta sua?
«Forza ragazze, questo posto è molto più interessante di quanto possa sembrarvi ora» disse la madre di Emma, avviandosi verso un folletto che in quel momento era libero «Siamo qui per prelevare dei soldi dalla camera blindata della signorina Emma Riley»
«Ha la chiave, signora?» domandò il folletto.
«Certamente» e sfilò dalla tasca del mantello una piccola chiave d’oro.
Il folletto la osservò da vicino «Sembra che vada bene»
«Molto bene» disse infine il folletto «qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate, Bongi!»
Arrivò un secondo folletto, che le accompagnò verso una delle porte della sala. Bongi tenne la porta aperta per farli passare. Si trovarono in uno stretto passaggio di pietra, illuminato da torce. Scendeva ripido e scosceso e per terra correvano i binari di una piccola ferrovia. Bongi fischiò e un piccolo carrello arrivò sferragliando verso di loro. Salirono a bordo e partirono.
A un certo punto, Emma pensò di aver visto una fiammata in fondo a un passaggio e si girò per vedere se era un drago, ma troppo tardi: scesero ancora più giù, superando un lago sotterraneo dove, dal soffitto e dal pavimento, spuntavano enormi stalattiti e stalagmiti.
Quando si fermarono, Emma era evidentemente l’unica con il forte desiderio di rifarlo, magari con un paio di giri della morte in più.
Bongi fece scattare la serratura della porta. Ne fuoriuscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, Emma rimase senza fiato. Dentro, c'erano montagne di monete d'oro. Cumuli d'argento. Mucchi di piccoli zellini di bronzo.
«Tutto tuo» disse la madre ad Emma, con un sorriso.
Era tutto suo? I suoi genitori avevano tenuto da parte tutti quei soldi solo per lei? Non poter fare altro che abbracciare sua madre e iniziare a raccogliere un po’ di soldi in una borsa.
«Come funzionano le monete dei maghi» domandò Hermione, stupita.
«Allora Hermione, la Valuta dei Maghi è composta da tre tipi di monete. In ordine di valore sono: i Galeoni, le Falci e gli Zellini. I Galeoni sono d'oro, le Falci sono d'argento e gli Zellini di bronzo. 17 Falci fanno un Galeone e 29 Zellini una Falce»
Emma, intanto aveva raccolto quello che, pensava, le sarebbe bastato ter tutto l’anno. Si voltò verso la madre e sorrise «Possiamo andare»
Dopo la divertentissima corsa di ritorno, rimasero un poco a sbattere le palpebre, accecati dalla luce del sole. Anche se ora aveva una borsa piena zeppa di soldi, Emma non sapeva da dove iniziare a fare i suoi acquisti.
I signori Granger e il padre di Emma corsero loro incontro.
«Avete fatto?» domandò la madre di Emma.
Il padre annuì e indicò con un cenno una borsa decisamente più piccola di quella di Emma.
«Potremmo andare per la tua uniforme» disse la madre di Emma, accennando con la testa al negozio di Madama McClan: abiti per tutte le occasioni.
«Forse è meglio che andiate da sole» considerò il padre di Emma «Noi andremo a prendere le bilance, i calderoni, i telescopi e tutte quelle cianfrusaglie» e si allontanarono.
Fuori dal negozio c’era un uomo gigantesco. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e scomposta e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguevano gli occhi che scintillavano come neri scarafaggi lì sotto.
Emma scambiò uno sguardo un po’ preoccupato con Hermione.
L’omone aveva in mano due gelati e stava facendo segno a qualcuno all’interno.
Le ragazze lo oltrepassarono ed entrarono da Madama McClan. Schivarono, sulla soglia, un ragazzino che doveva avere circa la loro età, con i capelli neri e gli occhi verdi, che stava raggiungendo il gigante all’esterno.
Madama McClan era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.
«Hogwarts, care?» chiese quando Emma cominciò a parlare. «Togli pure il mentello, cara. Ho qui tutto l'occorrente... Di là c'è un altro giovanotto che sta provando l'uniforme»
Nel retro del negozio, un ragazzino dal viso pallido e appuntito stava ritto su uno sgabello, mentre un'altra strega gli appuntava con gli spilli l'orlo di una lunga tunica nera. Madama Mcclan fece salire Emma ed Hermione su un altro sgabello vicino al primo, infilò anche a loro una lunga veste dalla testa e cominciò ad appuntarlo per farla della giusta lunghezza.
La prima cosa che Emma si chiese fu “Ma i ragazzi e le ragazze non dovrebbero stare in spazi differenti a privare i vestiti?”. Poi concluse che si trattava solo di provare una tunica e, effettivamente, non dovevano togliersi i vestiti per indossarla.
«Ciao. Anche voi di Hogwarts?» chiese il ragazzo con voce annoiata e strascicata.
«Si» rispose Emma, quel ragazzo aveva un’aria famigliare. Purtroppo non le ricordava nulla di buono «Anche tu, immagino»
Lui annuì «Prima ho parlato con un ragazzo. Gli ho parlato di Quidditch. Sembrava non avere idea di che cosa stavo dicendo. Roba da matti, non pensi?»
«Mh…» fu l’unica risposta di Emma.
«Tu ci sai giocare a Quidditch?» domandò il ragazzo.
Emma fece cenno di sì con la testa «Ho imparato ad appena sei anni»
«Beh, io sono molto bravo nel Quidditch» disse lui «Secondo mio padre sono un vero talento. Ho assolutamente intenzione entrare nella squadra della mia casa»
«Non ricordo di averglielo chiesto» mormorò Emma ad Hermione, facendola ridacchiare.
«Sai già in che casa verrai smistata» domandò il ragazzo.
«Non ne sono sicura» rispose Emma «Di sicuro mi piacerebbe essere Corvonero, ma anche Grifondoro non mi dispiacerebbe»
«Io sarò di sicuro un Serpeverde. Tutta la mia famiglia lo era. Immagina di venir smistati in Tassorosso. Probabilmente me ne andrei»
«Qualche problema con i Tassorosso?» domandò Emma, che ora stava sinceramente cominciando a trovare a dir poco insopportabile quella persona. Ora sapeva chi le ricordava: Steve, suo fratello minore.
Lui alzò le spalle «Il problema non è Tassorosso in sé. Il problema sono tutti quei nati babbani che gironzolano per Hogwarts»
Emma ed Hermione si scambiavano uno sguardo.
«I tuoi genitori sono come noi» domandò il ragazzo. Okay, quella voce così annoiata ora le stava ufficialmente dando i nervi.
«Sì, sono un mago e una strega» tagliò corto Emma.
«E dove sono?»
«Sono andati a comprare l’occorrente per Pozioni e Astronomia» neanche il tempo di dirlo e i suoi genitori e quelli di Hermione comparvero da dietro la vetrina del negozio.
«Mio padre, nel negozio qui accanto, mi sta comperando i libri, e mia madre sta guardando le bacchette magiche, un po' più avanti» spiegò il ragazzo «Secondo me non dovrebbero permettere agli altri di frequentare Hogwarts. Alcuni, ricevuta la lettera, non sapevano neanche cosa fosse Hogwarts. Ma ti rendi conto? Infondo loro non saranno mai capaci di fare quello che sappiamo fare noi»
Prima che Emma potesse tirargli addosso lo sgabello, Madama McClan disse: «Ecco fatto, mie care»
Le ragazze scesero con un salto dagli sgabelli. Non dispiaceva a nessuna delle due interrompere quella conversazione.
«Allora ci si vede ad Hogwarts» le congedò il ragazzo, con la stessa voce strascicata, mentre Emma infilava il proprio mantello.
Emma ed Hermione pagarono ed uscirono da Madama McClan, per nulla dispiaciute di aver posto fine a quella conversazione.
«Allora ragazze, avete preso la tunica» domandò la madre ad Emma.
Emma annuì «Ora mancano solo i libri di testo e le bacchette»
Comperarono i libri al negozio Il ghirigoro dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni di pietra e rilegati in pelle; libri delle dimensioni di un francobollo, foderati in seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche.
I genitori dovettero trascinare via le due ragazze, che sembrava avessero tutta l’intenzione di rimanere lì per il resto dell’estate.
«È rimasta solo la bacchetta magica?» domandò Emma, che ora camminava in fondo alla fila, accanto a sua madre.
Hermione inchiodò, facendo in modo di creare una specie di muro davanti ad Emma, che le finì praticamente addosso.
«Ma cos’hai che non va?!» domandò a Hermione, infervorata.
Hermione la guardò dritta degli occhi e le prese le mani, «Non ti abbiamo ancora comprato il regalo di compleanno!»
«Hermione ha ragione» concordò la signora Granger.
«Ma non c’è assolutamente bisogno» provò a controbattere Emma.
«Lo sappiamo che non c’è bisogno, tuttavia non ci compiono tutti i giorni undici anni, no?» disse il padre di Emma, guardando l’espressione esasperata della figlia.
«Ho un’idea» annunciò poi Hermione. Emma in cuor suo sperò che non si trattasse di nulla di esagerato, e invece «Signora Riley, potremmo regalare ad Emma un animale per il suo compleanno»
«Ottima idea» sorrise la madre di Emma, ignorando il suo sguardo sconvolto «Non penso che avrebbe senso prendere un gufo, dato che abbiamo già Jay. I rospi sono passati di moda da prima che io iniziassi la scuola… Quindi potremmo prendere un gatto»
Emma tentò di protestare, ma l’idea del gatto sembrava a tutti così irrimediabilmente perfetta, da rendere inutili i tentativi di Emma di controbattere.
Si diressero verso un negozio di animali di nome Il Serraglio Stregato, un luogo angusto, rumoroso e puzzolente. Emma vide, tra le creature esposte, enormi rospi viola, lumache, i gatti di ogni colore, corvi, Puffskeins, ratti neri che giocavano saltando con la coda e, perfino, un grasso coniglio bianco che continuava a trasformarsi in un cappello a cilindro e poi di nuovo in candido roditore, accompagnando ogni metamorfosi con uno schiocco secco.
Emma puntò subito alla zona dei felini, accompagnata da Hermione, e non poté non lasciarsi sfuggire un sospiro intenerito, quando vide un cucciolino tigrato, poteva essere un Soriano, che inciampava nella coda di un gatto arancione con un brutto muso schiacciato e le zampe, che parve abbastanza contrario.
Emma provò ad avvicinare la mano al gattino, che però scappò senza darle possibilità di prenderlo. Emma riprovò un paio di volte, ma niente da fare.
«È una causa persa mia cara, mi dispiace» disse la voce di una donna. Emma si voltò, era una strega di mezza età che indossa pesanti occhiali neri e abiti dimessi. A giudicare dall’aspetto doveva essere la proprietaria del locale.
«Cosa intende?» domandò Emma.
«Intendo che quella è una mezza Kneazle» spiegò la donna «è una gatta estremamente intelligente. Sono tre settimane che è qui e nessuno è mai riuscito ad acciuffarla»
Emma posò gli occhi sulla gattina, che ricambiò lo sguardo. Sembrava che la stesse studiando.
«Non ancora…» mormorò Emma, mentre il cucciolo le voltava le spalle e si sdraiava con il muso rivolto dall’altra parte.
«Beh, cara» disse la strega, con un sorriso «Direi che se riesci a prenderla te la regalo»
Emma guardò il gattino che ora non le prestava più la minima attenzione. Decise di usare l’effetto sorpresa. L’avrebbe afferrata per la schiena. Probabilmente l’avrebbe graffiata o l’avrebbe morsa, ma non le importava.
Con lentezza si avvicinò, finché la sua mano non fu a una ventina di centimetri dal dorso dell’animale. In mano di un secondo l’aveva afferrata.
La gattina si voltò a guardarla, con gli occhioni azzurri sgranati, completamente immobile. Emma riusciva a sentire il suo cuore battere prima rapidamente, poi sempre più piano, finché non raggiunse un ritmo lento e regolare.
Emma avvicinò anche l’altra mano e tentò di accarezzarle il viso. Lei non si mosse e si lasciò accarezzare.
Emma allentò lentamente la presa sulla gattina, finché non la mollò del tutto. La gattina rimase ferma e le leccò la mano.
«Beh, complimenti cara» sorrise la proprietaria «ora è tua»
Pochi minuti dopo stava uscendo dal serraglio stregato, con in mano un trasportino di vimini, contenente la gattina più bella del mondo.
Emma iniziò a balbettare ringraziamenti, non essendo tuttavia sicura che gli altri capissero. Diceva cose come “è il regalo più bello del mondo” e “Non ho mai avuto un animale”.
«Di nulla Emma» le disse la madre per quella che poteva benissimo essere la ventesima volta, ricontrollando la lista «Ora ci manca solo la bacchetta magica, da Olivander. Seguitemi»
Emma non stava più nella pelle! Non vedeva l’ora di possedere una bacchetta.
Quest'ultimo negozio era angusto e sporco. Un'insegna a lettere d'oro scortecciate sopra la porta diceva: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Nella vetrina polverosa, su un cuscino color porpora stinto, era esposta una sola bacchetta.
Mentre entrava Emma rischiò di venir travolta dal gigante che aveva visto davanti a Madama McClan. Riuscì a schivarlo per un pelo. A chiedere scusa per lui fu il ragazzo che avevano incrociato all’ingresso dello stesso negozio.
«Scusa» disse solo in tono dispiaciuto, per poi correre dietro al gigante.
Il loro ingresso venne accolto da un lieve scampanellio. Era un luogo molto piccolo, vuoto, tranne che per una sedia dalle zampe esili. Emma si mise a guardare le migliaia di scatoline strette strette, tutte impilate in bell'ordine fino al soffitto. Chissà perché, sentiva un pizzicorino alla nuca. Persino la polvere e il silenzio di quel luogo sembravano fremere di una segreta magia.
«Buon pomeriggio» disse una voce sommessa che fece sobbalzare Emma, Hermione e, aveva ragione di pensare, anche i loro genitori.
Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari.
«Buongiorno» disse Emma, leggermente in imbarazzo.
«Signorina Riley, ma certo» aveva iniziato «sapevo che l’avrei incontrata, prima o poi. È molto simile a sua madre. Sembra ieri che lei e suo padre vennero qui a comprare la loro prima bacchetta. Due opere d’arte a parer mio. Flora Black, legno di acacia e crine di unicorno, leggermente flessibile, undici pollici, è corretto?»
«Sì, signore» rispose la madre, sfilando la bacchetta dalla tasca del mantello «è la stessa bacchetta da vent’anni, non la cambierei per nulla al mondo»
Olivender annuì, con un mezzo sorriso. Emma si chiese se anche lei avrebbe dovuto ricordarsi i dati della propria bacchetta. Olivander spostò gli occhi sul padre di Emma «Ross Riley, legno di noce, flessibile, tredici pollici»
«Precisamente» fu la risposta del padre di Emma.
«Tu, invece sei la signorina Granger» disse il signor Olivander, non era una domanda «I tuoi genitori sono babbani, mi sbaglio?»
«N-No, signore» rispose Hermione, nervosa.
«Perfetto. Allora, signorina Granger, vediamo un po'» e tirò fuori dalla tasca un lungo metro a nastro con le tacche d'argento. «Qual è il braccio con cui usa la bacchetta?»
«Il destro, signore» disse Hermione, poi aggiunse in un sussurro «Almeno credo»
«Alzi il braccio». Misurò il braccio di Hermione dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all'ascella e poi prese anche la circonferenza della testa. E intanto diceva: «Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, signorine. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice e corde del cuore di draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago»
Emma, si accorse che il nastro stava misurando il corpo di Hermione per conto proprio, infatti Olivander volteggiava tra gli scaffali, tirando giù scatole.
«Può bastare così» disse, e il metro a nastro si afflosciò sul pavimento «Allora Signorina Granger, provi questa. Legno di noce nero e piuma di coda di fenice. Dieci pollici. Bella flessibile. La prenda e la agiti in aria»
Emma guardò Hermione prendere la bacchetta e agitarla debolmente. Olivander gliela strappò subito di mano.
Non servì che ne provasse altre, Olivander esclamò quasi subito «Trovata! Dieci pollici e tre quarti, molto flessibile, legno di vite e nucleo in corda di cuore di drago»
Hermione la prese in mano. Emma la vide alzare la bacchetta sopra la testa e abbassarla, sferzando l’aria e una scia di scintille rosse fuoriuscirono dalla punta.
Emma non poté non sorridere, mentre Olivander esclamava «Brava, proprio così! Abbiamo trovato la tua bacchetta»
Rimise la bacchetta di Hermione in una scatola e la avvolse in carta da pacchi spiegando «Pare che le bacchette di vite siano fortemente attratte da persone dotate di una profondità nascosta e ho scoperto che sono le più sensibili di tutte quando si tratta di riconoscere all'istante il proprio futuro padrone. E questa ha iniziato a vibrare appena è entrata qui dentro, signorina Granger»
Hermione aveva pagato sette galeoni d'oro la sua bacchetta.
«E ora veniamo a lei, Signorina Riley» Olivander si avvicinò ad Emma. Quest'ultima avrebbe dato chissà che cosa per vedergli abbassare le palpebre. Quegli occhi d'argento le facevano venire la pelle d'oca.
Poi si allontanò e il metro prese a misurare anche lei. Emma alzò le braccia di riflesso, mentre Olivander le chiedeva «Con quale mano usa la bacchetta»
«Usa la mano destra, signore» rispose Emma.
Venne misurata dal metro, mentre Olivander prendeva le scatole dagli scaffali.
«Può bastare» disse Olivander e il metro si accasciò a terra «Bene signorina Riley, provi questa. Undici pollici, legno di noce, nucleo in crine di unicorno, non flessibile»
Emma agitò la bacchetta, ma Olivander gliela strappò di mano.
«No…» Borbottò Olivender e prese un’altra scatola «Forse questa. Legno di abebte, nucleo in piuma di coda di fenice. Dodici pollici, molto flessibile»
Emma non fece nemmeno in tempo a muoverla che Olivander la cambiò con un’altra, poi un’altra e un’altra ancora. Provo cinque o sei bacchette, finché Olivander non guardò una scatola su uno degli scaffali.
Si massaggiò il mento in aria pensierosa «Mi chiedo se… Sì, dev’essere quella» e prese in mano la scatola.
«Legno di ciliegio, nucleo in corda di cuore di drago.
Porse la bacchetta ad Emma, che sentì un forte calore tra le dita e sferzò l’aria con la bacchetta e una scia di scintille blu e bronzo si sprigionò dall'estremità come un fuoco d'artificio.
«Brava! Sì, proprio così, molto bene» Olivander impacchettò anche la sua bacchetta dicendo «Un’accoppiata particolare. Dal legno di ciliegio si ricavano bacchette dal potere singolare. Il ciliegio, infatti, genera spesso una bacchetta dal potere davvero letale, qualunque sia il nucleo; ma se abbinata alle corde del cuore di drago, non dovrebbe mai appartenere a un mago che non abbia un eccezionale auto-controllo e forza d'animo. Speriamo solo che lei, Signorina Riley, saprà controllarla. Non ho dubbi che ci dovremo aspettare molto dà lei, infondo, se ha questa bacchetta è solo perché si fida di lei. È la bacchetta a scegliere il mago, signorina, e questa bacchetta ha scelto lei»
Emma prese la bacchetta e la pagò, stava per voltarsi e uscire, quando le venne in mente una domanda.
«Signor Olivander, lei sa dal cuore che drago proviene il nucleo della mia bacchetta?»
Olivander annuì «Si tratta della corda di cuore di un Petardo Cinese»
Uscirono dal negozio e tornarono a casa.
Emma ed Hermione chiacchierarono per tutto il viaggio in auto, mentre la prima accarezzava la sua nuova gattina. Aveva deciso di chiamarla Daphne sotto consiglio della madre, dato che si comportava con tutti -tranne Emma-, come la ninfa Dafne si era comportata con Apollo.
In poco tempo, però, fu chiaro che Daphne si sarebbe fatta toccare solo da Emma per mooooolto tempo. Ne ebbero la prova quando Hermione tentò di accarezzarla: Daphne si ritrasse, soffiando alla ragazza. Emma la guardò stupefatta, grattandola dietro le orecchie per farla calmare.
Aveva evidenti problemi di fiducia verso chiunque non fosse Emma.
Arrivarono a casa e i Granger li salutarono e sparirono dietro l’angolo della strada.
Emma dovette sorbirsi le lamentele dei fratelli sul fatto che lei aveva un gatto tutto suo mentre loro no. La madre spiegò e Steve, dato che Henry sembrava aver già capito il concetto, che, quando avrebbero compiuto undici anni, avrebbero pensato se prendere anche a loro un gatto.
Ovviamente non prese bene quell’ “avrebbero pensato”, per cui dovettero spiegargli anche che Emma aveva dato loro grandi soddisfazioni nei suoi undici anni di vita, questo implicava che, almeno in quei due anni che li separavano dal compleanno, avrebbero dovuto comportarsi in maniera disciplinata e responsabile.
Emma portò Daphne in camera sua e la guardò addormentarsi appena arrivata a contatto con il letto della padrona.
Emma guardò la scopa appoggiata al muro «Perché no?» disse fra sé e sé. Passò il pomeriggio a volare sul Berkshire, pensando al suo futuro ad Hogwarts.

Angoletto dell'autrice (me :3)
Ciaone!
Sono tornata quasi subito! Sono contentissima di questa storia. Mi sto divertendo molto a scriverla e non mi stanco.
Ho pronto anche il prossimo capitolo che uscirà il 17, ma nel mentre preparerò anche quello dopo.
Sono l'unica che dall'inizio del libro ha odiato Malfoy?! Penso che sia così per tutti.
Beh, se avete delle domande fatele tranquillamente e io mi divertirò a rispondere.
Ciauz!

Alix

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Capitolo 3
*** Il binario nove e tre quarti ***



Il binario nove e tre quarti 


L’ultimo mese che Emma trascorse a casa venne passato sia da lei che da Hermione a spulciare i libri di scuola, a studiare le formule degli incantesimi e gli ingredienti delle pozioni.
Emma si era allenata molto nel volo in quei trenta giorni, facendo a gara di velocità con Steve, mentre Henry arbitrava.
Hermione li osservava da terra, aspettando Emma, per chiacchierare un po’.
L’ultimo giorno di agosto Emma iniziò a preparare il baule. Oltre il materiale per la scuola aggiunse il proprio set da scacchi: se ad Hogwarts c’era una minima possibilità di giocarci con qualcuno di minimamente abile, era il caso di avere con sé degli scacchi che si fidano.
Il treno sarebbe partito il giorno dopo alle undici in punto. Dopo aver constatato che mancavano ancora diciassette ore alla partenza in treno, Emma iniziò a percorrere la stanza a grandi passi, in cinque falciate arrivava da un lato e in cinque falciate tornava indietro.
Passò il pomeriggio a controllare se aveva preso tutto, poi arrivò la sera, e decise che il baule andava benissimo così.
Cenò, cercando di mangiare il più possibile, ma le si era chiuso lo stomaco per l’ansia.
Emma corse in camera e passò circa tre o quattro ore ad accarezzare Daphne -che già ronfava comodamente accucciata sul suo stomaco- prima di addormentarsi, e, in ogni caso, non dormì molto.
La mattina dopo si svegliò verso le sette meno un quarto, ma era troppo agitata per rimettersi a dormire.
Si alzò e si fece una doccia calda, cercando di rilassarsi. Ma era evidente che non bastava a calmarla, per cui decise di accendere il suo lettore CD portatile. Così la voce di Micheal Jackson e dell’acqua la distrassero per un secondo da quello che sarebbe successo in poche ore. Emma pensò che la musica fosse l’unica cosa in cui i Babbani battevano i maghi in maniera tanto schiacciante.
Si vestì da Babbana -non aveva voglia di beccarsi sguardi straniti alla stazione- e decise che si sarebbe cambiata sul treno.
Le poche ore che la separavano dal treno per Hogwarts passarono in fretta e, prima che Emma potesse accorgersene, si trovava in auto, diretta a King Cross. I suoi genitori avevano deciso, insieme a quelli di Hermione, di incontrarsi in stazione alle undici meno venti.
Raggiunsero King Cross perfettamente in orario. Incontrarono i Granger nel parcheggio. Hermione abbracciò Emma e le due si misero subito a chiacchierare. Promisero che si sarebbero sedute nello stesso vagone.
Suo padre appoggiò il baule della figlia su un carrello -così fece anche il signor Granger con il bagaglio di Hermione- ed Emma vi appoggiò sopra il trasportino di Daphne, che ancora dormiva beata.
Emma ed Hermione spinsero i propri carrelli dentro la stazione, guidati dai genitori di Emma. Si fermarono una volta arrivati tra il binario nove e il binario dieci.
Emma sfilò il biglietto del treno dalla tasca. C’era scritto Binario nove e tre quarti, ma lei non vedeva nessun binario nove e tre quarti, lì in giro.
«Ehm, mamma» chiamò Emma «Come si arriva al binario nove e tre quarti? Qui c’è?»
La madre ridacchio «Solo perché non lo vedi non vuol dire che non ci sia» poi guardò il muro e disse «Per arrivare al binario nove e tre quarti bisogna camminare in direzione della barriera i binari nove e dieci. Non devi pensare che ci andrai a sbattere contro, è molto importante crederci. Tu passerai con me per prima, poi Hermione con i suoi genitori e a chiudere la fila saranno Henry, Steve e Ross»
Emma annuì e cominciò a camminare in quella direzione, affiancata dalla mafre. La gente lo urtava, dirigendosi verso i binari nove e dieci.
Stava per andare dritta dritta a sbattere contro il tornello, e allora sarebbero stati guai... Chinandosi in avanti sul carrello, spiccò una corsa... la barriera si avvicinava sempre di più... ecco, non sarebbe più riuscito a fermarsi... aveva perso il controllo del carrello... era a un passo... chiuse gli occhi, pronto all'urto...
Ma l'urto non venne... aprì gli occhi.
Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente. Un cartello alla testa del treno diceva Espresso per Hogwarts, ore 11. Emma si guardò indietro e, là dove prima c'era il tornello, vide un arco in ferro battuto, con su scritto Binario Nove e Tre Quarti. Ce l'aveva fatta.
In pochi secondi anche la famiglia della sua migliore amica era passata, seguita dal padre e dai fratelli.
Una nube di fumo proveniente dalla locomotiva si alzava in grossi anelli sopra la testa della folla rumorosa, mentre gatti di ogni colore si aggiravano qua e là tra le gambe della gente. Gufi e civette si chiamavano l'un l'altro col loro verso cupo, quasi di malumore, sovrastando il cicaleccio e il rumore dei pesanti bauli che venivano trascinati.
Le prime due carrozze erano già piene di studenti, alcuni si sporgevano dai finestrini a parlare con i familiari, altri si litigavano un posto. Spinsero i carrelli lungo il binario in cerca di una cabina libera.
Emma ed Hermione non ci misero molto a trovare uno scompartimento vuoto e, con un consistente aiuto da parte dei genitori, riuscirono a caricare i bauli in un lato dello scompartimento.
Mancava ancora un po’ di tempo, quindi Emma decise, come Hermione, di scendere dal treno a salutare i genitori.
Abbracciò stretta la madre, che le diede un bacio sulla fronte «Ci vediamo a Natale» Emma annuì, poi abbracciò anche il padre.
Salì sul treno, dove Hermione l’aspettava. Entrarono nello scompartimento, sistemarono i bauli sposero la testa dal finestrino.
«Ci vediamo a Natale» salutò Emma «Henry, se Steve tocca la mia scopa mandami una lettera. Vedrò di mandargli un regalino adatto all’evenienza» Henry annuì da terra.
Il treno si mosse e prese velocità. Emma guardò i fratelli e i genitori scomparire dietro la prima curva, insieme ai signori Granger. Dal finestrino vedeva le case sfrecciare via veloci. Sentì un fremito di eccitazione. Non sapeva bene a che cosa stesse andando incontro... ma doveva essere qualcosa di speciale.
Daphne si era appena svegliata e grattava contro la porta del trasportino, chiedendo di uscire. Emma la guardò divertita. L’accontentò e infilò una mano in tasca. Ne prese fuori un topolino finto, di stoffa, che suo padre aveva incantato. Ora, se gli tiravi la coda, passava circa venti minuti a correre in giro.
Daphne, che adorava quel gioco, si mise subito a rincorrerlo. Per lei non era difficile prenderlo e, per fare il fenomeno, ogni tanto gli lasciava del tempo di vantaggio per farlo scappare e lei si girava dall’altra parte.
Qualcuno bussò alla porta dello scompartimento. Era un ragazzo dalla faccia tonda, con gli occhi leggermente lucidi.
«Scusate» disse lui, tirando su col naso «Posso sedermi? Non c’è posto sul treno»
«Ma certo» rispose Emma, facendo segno ad Hermione di spostarsi dalla sua parte. Il ragazzo si sedette di fronte ad Emma, mormorando un ringraziamento.
Emma guardò Hermione, che ricambiò la sua occhiata.
«Ehi» chiamò Emma, cercando di dare alla voce un suono gentile. Il ragazzo alzò la testa, aveva ancora gli occhi lucidi. «Cos’è successo?»
Tirò su col naso, poi disse con voce strozzata «Ho… ho perso il mio rospo. L’avevo con me quando sono salito sul treno, ma è scappato»
Emma sorrise incoraggiante e gli posò una mano sulla spalla «Se lo avevi con te sul treno vuol dire che è ancora qui, no?» il ragazzo annuì «Possiamo andare a cercarlo dopo pranzo, va bene…?» dimenticavo: non ho idea di come si chiami.
Il ragazzo annuì «Mi chiamo Neville Paciock»
«Okay Neville, allora dopo pranzo andremo a chiedere ai ragazzi negli altri scompartimenti se hanno visto il tuo rospo» decise Emma, sicura di sé. Si sentì fierissima quando Neville, che sembrava leggermente sollevato, le sorrise.
Passarono poco più un’ora a parlare del più e del meno, quando una sentirono un gran frastuono nel corridoio, e una donna sorridente, con due fossette sulle guance, aprì la porta dello scompartimento e chiese: «Desiderate qualcosa del carrello?»
Emma si alzò immediatamente -cominciava ad avere decisamente fame-. La signora del carrello aveva gelatine Tuttigusti+1, gomme Bolle Bollenti, Cioccorane, Zuccotti di zucca, polentine, Bacchette Magiche alla Liquirizia e un'infinità di altre cose. Poiché sapeva che Hermione non avrebbe preso nulla, decise di comprare qualcosa anche per lei e per Neville -sperava di tirarlo un su di morale-. Prese un po' di tutto, e pagò alla donnina undici falci d'argento e sette zellini di bronzo.
«E queste, che cosa sono?» le chiese Hermione mostrandogli un pacco di Cioccorane. «Non sono vere rane, no?»
«No, tranquilla» disse Neville. «È un incantesimo. Ma guarda che figurina c'è dentro, a me manca Morgana».
«Che cosa?»
«Oh, certo, scusa. Dentro alle Cioccorane ci sono delle figurine da collezione. Streghe e maghi famosi. Io ne ho circa cinquecento, ma mi manca Morgana».
Emma scartò la sua Cioccorana e prese la figurina. C'era su il viso di un uomo. Portava occhiali a mezza luna, aveva un naso lungo e adunco e capelli, barba e baffi fluenti e argentei. Sotto, c'era scritto il nome: Albus Silente.
«Vedi Hermione, questo è Silente, il preside di Hogwarts» poi girò la figurina e lesse «Albus Silente, attuale preside di Hogwarts. Considerato da molti il più grande mago dell'era moderna, Silente è noto soprattutto per avere sconfitto nel 1945 il mago del male Grindelwald, per avere scoperto i dodici modi per utilizzare sangue di drago e per i suoi esperimenti di alchimia, insieme al collega Nicolas Flamel. Il professor Silente ama la musica da camera e il bowling. Beh, sembra un tipo interessante» e sorride divertita.
Hermione prese la figurina e la rigirò tra le mani e con evidente stupore notò che Silente era…
«Sparito!»
 «Be', non puoi mica pretendere che se ne rimanga lì tutto il giorno» disse Neville, mangiando una gelatina verde. «Tornerà»
«Sai Neville, nel mondo dei Babbani la gente nelle foto non si muove» spiegò Hermione.
«Ma davvero? Cioè non si muovono per niente?» Ron sembrava molto stupito. «Che strano!»
Emma scartò un’altra Cioccorana «No! Ho trovato un'altra Agrippa, e ne ho già tre».
Hermione prese in mano un pacchetto e lesse «Gelatine Tuttigusti +1»
«Con quelle devi fare attenzione» la ammonì Emma. ‘Tuttigusti vuol dire proprio tutti i gusti... puoi trovare quelli più comuni come cioccolato e arancia, ma può anche capitarti fegato e trippa»
Si divertirono molto a mangiare le gelatine. Emma ne trovò al sapore di toast, di cioccolato, di tonno, di ciliegia, d'erba fresca, di caffè e di sardina.
Ora, la campagna che sfrecciava sotto i loro occhi si era fatta più selvaggia. Niente più campi pettinati. C'erano boschi, fiumi tortuosi e colline coperte di una vegetazione color verde scuro.
Neville si alzò in piedi e disse «Io inizio a cercare Oscar, magari qualcuno l’ha visto…» sembrava fosse tornato triste. Evidentemente il pensiero del rospo lo faceva sentire ancora triste.
«Ve bene Neville» disse Hermione «Noi ti raggiungiamo tra un attimo»
Quando Neville fu nel corridoio, Emma disse: «Penso che dovremmo cambiarci»
Hermione annuì ed entrambe infilarono l’uniforme scolastica. Emma prese con sé la figurina di Agrippa. «Magari qualcuno me la scambia con Morgana» aveva detto a Hermione. In un paio di minuti erano fuori dallo scompartimento e, con Neville -sembrava sull’orlo delle lacrime-, stavano chiedendo in giro del suo rospo.
Arrivarono davanti alla porta di uno scompartimento e Hermione spalancò senza troppi complimenti la porta. All’interno erano seduti due ragazzini, probabilmente del loro stesso anno, con accanto un cumulo invidiabile di dolcetti. Uno dei due ragazzini aveva spettinati capelli neri, che Emma ricordava di aver già visto da qualche parte, mentre l’altro aveva i capelli rossi e una macchia di sporco sul naso.
«Qualcuno ha visto un rospo?» disse Hermione in tono autoritario.
«Neville ha perso il suo» aggiunse Emma, che ora aveva notato, come anche l’amica, che quello coi capelli rossi aveva in mano la bacchetta magica.
«Gli abbiamo già detto che non lo abbiamo visto» disse il ragazzo con i capelli rossi, ma Hermione non lo stava più ascoltando.
«State facendo una magia? Vediamo!»
Emma venne tirata a sedere da Hermione, mentre il ragazzo stava lì, tra il sorpreso e il confuso. «Ehm... va bene»
Si schiarì la gola.
«Per il sole splendente, per il fior di corallo stupido topo, diventa giallo!»
Agitò la bacchetta ma non accadde nulla. Il topo era sempre grigio e continuava imperterrito a dormire.
«Sei sicuro che sia un incantesimo, vero?» chiese Hermione. «Comunque, non funziona molto bene, o sbaglio? Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici e mi sono riusciti tutti. Nella mia famiglia, nessuno ha poteri magici; è stata una vera sorpresa quando ho ricevuto la lettera, ma mi ha fatto un tale piacere, naturalmente, voglio dire, è la migliore scuola di magia che esista, ho sentito dire... Ho imparato a memoria tutti i libri di testo, naturalmente, spero proprio che basti... E… a proposito, io mi chiamo Hermione Granger, e voi?»
Tutto questo l'aveva detto quasi senza riprendere fiato. Emma pregò in silenzio che non si sarebbe comportata da “Sottutto”.
«Io sono Ron Weasley» bofonchiò il rosso.
«Harry Potter» si presentò il ragazzo con i capelli neri.
«Davvero?» disse Hermione. «So tutto di te, naturalmente... ho comperato alcuni libri facoltativi, come letture preparatorie, e ho visto che sei citato in Storia moderna della magia, in Ascesa e declino delle Arti Oscure e anche in Grandi eventi magici del Ventesimo Secolo»
«Sul serio?» chiese Harry tutto confuso.
«Ma santo cielo, non lo sapevi? Io, se fossi in te, avrei cercato di sapere tutto il possibile» disse Hermione. «Sapete in quale casa andrete? Io spero di essere a Grifondoro; sembra di gran lunga la migliore; ho sentito dire che c'è andato anche Silente, ma penso che anche Corvonero non dovrebbe poi essere tanto male... Comunque, meglio che ci muoviamo e andiamo a cercare il rospo di Neville. E voi due fareste bene a cambiarvi, sapete? Credo che tra poco saremo arrivati»
Hermione si alzò e uscì dallo scompartimento con un Neville molto confuso. Probabilmente si accorse che Emma non la stava seguendo, perché si voltò e chiese: «Tu non vieni Emma?»
Emma sfilò una figurina dalla tasca «Vi raggiungo tra un attimo. Te l’avevo detto che volevo scambiare Agrippa» si giustificò dopo. Hermione sospirò e sparì chiudendosi alle spalle la porta dello scompartimento.
Emma sospirò, con un sorrisetto. «Scusatela. È simpatica se la conosci bene, ma all’inizio può sembrare un po’… fastidiosa. In ogni caso io mi chiamo Emma Riley»
Notò che Ron stava guardando la sua figurina di Agrippa.
«Con cosa sei disposta a scambiarla?» le domandò.
Emma ridacchiò «Soltanto con Morgana».
Vide lo sguardo di Ron illuminarsi, mentre, in maniera decisamente goffa, sfilava dalla tasca una figurina.
«Ce l’ho» esclamò, porgendo la carta ad Emma.
«Affare fatto, allora» sorrise Emma, scambiando Agrippa con Morgana.
«Ora ti manca solo Tolomeo» disse Harry. Emma incrociò il suo sguardo e le venne in mente una cosa.
«Ecco dove ti avevo già visto!» esclamò Emma «Ci siamo incrociati da Madama McClan. E da Olivander il tuo amico ha tentato di investirmi»
Harry sembrò ricordarsene, perché disse: «Ah, già! Scusa ancora per Hagrid»
«Non fa nulla!» rispose Emma, con un sorriso. «Meglio che vada, ci vediamo a scuola»
Emma uscì dallo scompartimento salutandoli con la mano, poi partì alla ricerca di Hermione e Neville. Una volta che li ebbe trovati erano veramente abbattuti.
«Non l’avete trovato, vero?» domandò, notando che Neville ora stava davvero per piangere.
«No» rispose Hermione, sedendosi nel loro scompartimento «L’abbiamo cercato ovunque»
Hermione disse «Vado nella cabina della motrice. Chiedo tra quanto arriveremo» e uscì.
Emma si accomodò, mentre Daphne le si accoccolava sulle gambe e si lasciava accarezzare.
«Mi dispiace Neville» disse Emma, sentendosi un po’ in colpa per non averli aiutati «Mi dispiace. Avrei dovuto darvi una mano»
«Stai tranquilla» disse Neville con voce strozzata «Lo troverò… almeno spero»
Emma guardò Daphne e passò circa dieci minuti a giocare con lei, quando Hermione tornò annunciando che sarebbero arrivati in poco tempo.
Non passo neanche un secondo, che dal corridoio si sentì un urlo, seguito da un tonfo.
Emma incrociò lo sguardo di Hermione e uscirono correndo dallo scompartimento. Non fu difficile capire da dove provenisse, perché per strada incrociarono il ragazzo pallido che avevano visto da Madama McClan con altri due che fuggivano a gambe levate dallo scompartimento di Harry e Ron.
Corsero all’interno ed Hermione chiese: «Che cosa diavolo è successo, qui?», guardando tutti i dolci per terra e Ron che raccoglieva il topo grigio per la coda.
«Penso che me l'hanno ammazzato» disse Ron a Harry. Poi lo guardò più da vicino. «No… è incredibile... si è addormentato ancora!»
E difatti, era proprio così.
«Conoscevate già quel tizio?» domandò Emma, accennando alla porta dello scompartimento.
Harry le raccontò del loro incontro a Diagon Alley. Le disse che si chiamava Draco Malfoy e che già lì aveva capito che non era una brava persona.
«Ho sentito dire della sua famiglia» disse Ron cupo. «Sono stati tra i primi a tornare dalla nostra parte dopo che Tu-Sai-Chi è scomparso».
Emma annuì. «È verissimo. I miei genitori hanno aiutato a occuparsi del caso. Dissero che erano stati stregati. I miei non ci credono. Dicono che al padre di Malfoy non serviva una scusa per passare dalla Parte Oscura»
Ron si rivolse a Hermione: «Possiamo esserti utili in qualcosa?»
«Dovete sbrigarvi a vestirvi; vengo dalla cabina della motrice e il macchinista mi ha detto che siamo quasi arrivati. Non avete mica fatto a botte? Sareste nei guai prima ancora di arrivare!»
«È stato Crosta, non noi» disse Ron guardandola storto. «Vi spiacerebbe uscire mentre ci cambiamo?»
«Va bene... Sono venuta qui soltanto perché là fuori c'è gente che si comporta in un modo molto infantile, e corre su e giù per i corridoi» disse Hermione con voce altezzosa. «A proposito, hai il naso sporco, lo sapevi?»
Emma ed Hermione tornarono nel loro scompartimento. Emma guardò fuori dal finestrino. Stava calando la sera. Le montagne e le foreste si stagliavano contro un cielo violaceo. Sembrò che il treno rallentasse.
Una voce risuonò per tutto il treno: «Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente»
Si sentì lo stomaco chiuso per l’emozione. Chiuse Daphne nel trasportino e, con Hermione e Neville, si unì alla calca che affollava il corridoio.
Dopo aver rallentato, infine il treno si fermò. La gente procedette a spintoni verso lo sportello e poi scese sul marciapiedi stretto e buio. Emma rabbrividì all'aria gelida della notte. Emma si era trovata, in un attimo, accanto ad Harry e Ron e li salutò allegramente. Poi, sopra le teste degli studenti, si accese una luce, ed Emma udì una voce profonda e potente: «Primo anno! Primo anno da questa parte! Tutto bene, Harry?»
Il faccione peloso del gigante che avevano visto a Diagon Alley sorrideva radioso sopra il mare di teste.
«Quindi lui è Hagrid» disse Emma ed Harry annuì.
‘Coraggio, seguitemi... C'è qualcun altro del primo anno? E ora attenti a dove mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!’ Scivolando e incespicando, seguirono Hagrid giù per quello che sembrava un sentiero ripido e stretto. Da entrambi i lati il buio era così fitto che Emma pensò che il sentiero fosse fiancheggiato da folti alberi. Nessuno aveva molta voglia di parlare. Neville, che ancora non aveva ritrovato il suo rospo, tirò su col naso un paio di volte.
«Fra un attimo: prima vista panoramica di Hogwarts!» annunciò Hagrid parlando da sopra la spalla, «ecco, dopo questa curva!»
Ci fu un coro di «Ohhhh!»
Lo stretto sentiero si era spalancato all'improvviso sul bordo di un grande lago nero. Appollaiato in cima a un'alta montagna sullo sfondo, con le finestre illuminate che brillavano contro il cielo pieno di stelle, si stagliava un grande castello con molte torri e torrette.
«Non più di quattro per battello» avvertì Hagrid indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Emma ed Hermione salirono su una barca con Harry e Ron.
«Tutti a bordo?» gridò Hagrid che aveva un'imbarcazione tutta per sè. «Bene... Si parte!»
E le barchette si staccarono dalla riva, scivolando sul lago liscio come vetro. Tutti tacevano, lo sguardo fisso sul grande castello che li sovrastava. Torreggiava su di loro, man mano che si avvicinavano alla rupe su cui era arroccato.
«Giù la testa!» gridò Hagrid quando le prime barche raggiunsero la scogliera; i ragazzi obbedirono e i battelli li trasportarono attraverso una cortina d'edera che nascondeva una grande apertura sul davanti della scogliera stessa. Poi attraversarono un lungo tunnel buio, che sembrava portare dritto sotto il castello, e infine raggiunsero una sorta di porto sotterraneo dove si arrampicarono tra scogli e sassi.
«Ehi, tu! tuo questo rospo?» fece Hagrid che stava controllando le barche via via che i ragazzi scendevano.
«Oscar!» gridò Neville al settimo cielo tendendo le mani. Poi si arrampicarono lungo un passaggio nella roccia, preceduti dalla lampada di Hagrid, e finalmente emersero sull'erba morbida e umida, proprio all'ombra del castello.
Salirono la scalinata di pietra e si affollarono davanti all'immenso portone di quercia.
«Ci siamo tutti? E tu, ce l'hai ancora il tuo rospo?» Hagrid alzò il pugno gigantesco e bussò tre volte.


Angolo dell'autrice!  (sono ancora qui OwO)
Ciao persone che stanno leggendo questo capitolo e sono arrivati qui sperando che io abbia notizie del tipo "Il 20 pubblico il nuovo capitolo".
Purtroppo non sarà così. Ho appena iniziato il liceo, percui devo stare molto attenta e impegnarmi nello studio. Questo vuol dire che avrò meno tempo per scrivere e potrei lasciavi senza aggiornamenti fino ad ottobre. Cercherò comunque di sfruttare il mio tempo libero al meglio.
Ora vi faccio una domanda: in che casata pensate verrà smistata Emma? E vi lascio col dubbio.
Detto questo vado.
Ciaux

∼Alix

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Capitolo 4
*** Il cappello parlante ***


Il cappello parlante


La porta si spalancò all'istante. Si vide una strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo. Aveva un volto molto severo, ed Emma pensò subito che nessuno avrebbe mai voluto contraddirla.
«Ecco qua gli allievi del primo anno, professoressa McGranitt» disse Hagrid.
«Grazie, Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io»
Spalancò la porta. La sala d'ingresso era veramente enorme. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle della Gringott, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena, e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori.
I ragazzi seguirono la professoressa McGranitt calpestando il pavimento tutto lastre. Emma udiva il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto degli studenti dovevano essere arrivati - ma la professoressa McGranitt condusse quelli del primo anno in una saletta vuota, oltre la sala d'ingresso. Ci si assieparono dentro, decisamente pigiati, guardandosi intorno tutti nervosi.
«Benvenuti a Hogwarts» disse la professoressa McGranitt. «Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei locali destinati alla vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo della vostra Casa.
«Le quattro Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuno ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell'anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiato con una coppa, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro al dormitorio cui verrà destinato.
«La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di farvi belli più che potete»
E così dicendo, i suoi occhi indugiarono per un attimo sul mantello di Neville, che era abbottonato sotto l'orecchio sinistro, e sul naso sporco di Ron. Emma si passò la mano sinistra tra i capelli castani, ravvivandoli un po’.
«Tornerò non appena saremo pronti per la cerimonia» disse la professoressa Mcgranitt. «Vi prego di attendere in silenzio»
Uscì dalla stanza.
«Di preciso, in che modo ci smistano per dormitorio?» stava chiedendo Harry a Ron. «Una specie di prova, credo. Fred ha detto che fa un sacco male, ma penso che stesse scherzando»
Emma sentì gli angoli della bocca alzarsi in un sorrisetto. Nessuna prova. Aveva letto il libro Storia di Hogwarts, quindi sapeva bene a cosa andavano in contro.
Poi accadde una cosa che la fece sobbalzare... Dietro di lui, molti ragazzi gridarono.
Si sentì mancare il fiato. Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra loro e quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e grasso stava dicendo: «Io dico che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità...»
«Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Pix tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi lo sai, non è neanche un vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui?»
Un fantasma in calzamaglia e gorgiera aveva d'un tratto notato gli studenti del primo anno.
Emma raccolse un po’ di coraggio «Noi…» la voce le era uscita stranamente acuta, quindi deglutì e continuò «Noi dobbiamo essere smistati…»
«Nuovi studenti!» disse il Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso «In attesa di essere smistati, non è vero?»
Alcuni annuirono in silenzio.
«Spero di vedervi tutti a Tassorosso!» disse il Frate «Sapete? È stata la mia Casa»
«E ora, sgombrare!» ordinò una voce aspra «Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento»
La professoressa McGranitt era tornata. Uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.
«Mettetevi in fila e seguitemi» ordinò la professoressa McGranitt.
Emma si mise in fila dietro Ron, seguita da Hermione. Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la sala d'ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande.
Emma non aveva mai visto un posto tanto splendido e sorprendente. Era illuminato da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti. In fondo alla sala c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la professoressa McGranitt accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Emma guardò in alto e vide un soffitto di velluto nero trapunto di stelle. Hermione le sussurrò: «È per magia che somiglia al cielo di fuori! L'ho letto in Storia di Hogwarts»
Emma abbassò lo sguardo, mentre la professoressa McGranitt, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un vecchio cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie.
Dato che tutta la sala stava guardando il cappello, fece altrettanto. Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:
Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!
Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.
A quel punto, la professoressa Mcgranitt si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.
«Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati» disse. «Abbott Hannah!»
Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa...
«TASSOROSSO!» gridò il cappello.
Il tavolo dei Tassorosso, a destra, si rallegrò e batté le mani quando Hannah andò a prendervi posto. Il fantasma del Frate Grasso la salutò allegramente con la mano.
«Hossas Susan!»
«TASSOROSSO!» gridò ancora il cappello, e Susan si affrettò ad andare a sedersi accanto a Hannah.
«Boot Terry!»
«CORVONERO!»
Questa volta, a battere le mani fu il secondo tavolo da sinistra; molti allievi della casa di Corvonero si alzarono per stringere la mano a Terry, quando egli ebbe preso posto tra loro.
Anche «Brocklehurst Mandy» fu assegnata a Corvonero, ma «Brown Lavanda» fu la prima nuova Grifondoro e il tavolo all'estrema sinistra esplose in un evviva generale.
Poi «Bulstrode Millicent» diventò una Serpeverde. Forse era una pura fantasia di Emma, dopo tutto quel che aveva sentito dire su quel dormitorio, ma gli venne da pensare che avevano tutti un aspetto sgradevole.
«Finch-Fletchley Justin!»
«TASSOROSSO!»
Emma notò che qualche volta il cappello gridava all'istante il nome del dormitorio e altre volte, invece, ci metteva un po' a decidersi. «Finnigan Seamus» rimase seduto quasi per un minuto prima di venire dichiarato un Grifondoro.
«Granger Hermione!»
Hermione arrivò quasi di corsa allo sgabello e si pigiò il cappello in testa con gesto impaziente.
«GRIFONDORO!» gridò il cappello.
Poi fu chiamato Neville Paciock, il quale, lungo il percorso verso lo sgabello, cadde. Con lui, il cappello impiegò molto tempo a decidere. Quando finalmente gridò «GRIFONDORO!», Neville corse via senza neanche toglierselo dalla testa, e tra scrosci di risa dovette correre a consegnarlo a ‘Macdougal Morag’.
Malfoy si presentò con aria tracotante, quando venne chiamato il suo nome, e fu esaudito immediatamente: il cappello gli aveva appena sfiorato la testa quando gridò: «SERPEVERDE!»
Malfoy andò a unirsi ai suoi amici Tiger e Goyle, con aria molto compiaciuta.
Ormai erano rimasti in pochi.
«Moon»... «Nott»... «Parkinson»... poi due gemelle, «Patil» e «Patil»..., poi «Perks, Sally Anne»..., e poi...
«Potter Harry» venne smistato in «GRIFONDORO!», seguito da uno scroscio incredibile di applausi.
«Riley Emma» chiamò la McGranitt ed Emma si avvicinò allo sgabello. Gli occhi le vennero coperti dal cappello e una vocina nella sua testa iniziò a parlare.
«Ah, vediamo un po’. Cos’abbiamo qui? Vedo il coraggio di un guerriero e la saggezza di un profeta… Dove ti colloco, mia giovane avventuriera. Tra i Tassorosso, dove potrai aiutare gli altri senza essere fuori posto? No? In Serpeverde conosceresti persone interessanti… Ma sento che non è quello che cerchi… Benissimo, allora Grifondoro o Corvonero? Ti sentiresti a casa tra i Grifondoro, circondata di amici pronti a seguirti anche nell’avventura più pericolosa. Sì… Tuttavia… Sei intelligente, perspicace e passeresti tutto il giorno sui libri per riuscire a prendere quel 10 a cui aspiri. È ovvio quello che cerchi, ma lasciami dire una cosa: sento che farai grandi cose con i Grifondoro, perché lì si celano i veri amici. Compirai atti di grande coraggio e scelte difficili… Ma la tua Casa è una e una soltanto… CORVONERO!»
Emma udì il cappello gridare l'ultima parola a tutta la sala. Se lo tolse di testa e si avviò con passo vacillante verso il tavolo dei Corvonero. Venne accolta da un applauso, strinse la mano alle sue nuove compagne di dormitorio.
«Ciao, io sono Padma» la salutò una ragazza con i capelli neri, stringendole la mano.
Salutò anche Padma, Micheal, Terry, Anthony, Kevin e Mogar.
E ora erano rimaste solo tre persone da smistare. «Turpin Lisa» divenne una Corvonero e si sedette accanto ad Emma Poi fu il turno di Ron. Il ragazzo aveva assunto ormai un colorito terreo. Il cappello gridò: «GRIFONDORO!»
«Zabini Blaise» venne mandato a Serpeverde. A quel punto, la professoressa McGranitt arrotolò la sua pergamena e portò via il Cappello Parlante.
Albus Silente si era alzato in piedi. Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.
«Benvenuti!» disse «Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!»
E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti.
Emma ci mise un po’ a notare tutto il cibo che era comparso nei sul tavolo, ma solo ora si rese conto di avere veramente fame. Non aveva mai visto tante cose buone tutte insieme su un solo tavolo: roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e di agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, carote, ragù, salsa ketchup e, per qualche strana ragione, dolci alla menta.
Chiacchierò per tutta la cena con i suoi nuovi compagni di casa.
«Allora entrambi i tuoi genitori sono maghi?» le chiese Mandy.
«Esatto» rispose Emma «Anche loro erano in Corvonero»
Mandy arricciò le labbra in un sorriso malinconico e disse: «Sei fortunata sai?». Allo sguardo interrogativo di Emma continuò, «Mia madre era una strega, mio padre un Babbano. Lui non venne mai a sapere nulla del mondo magico fino al mio quarto compleanno, dove iniziai a dar segno di possedere poteri magici. Quando mia madre glielo disse lui andò su tutte le furie… La lasciò. Mia madre riuscì a tenersi la casa e i soldi, ricorrendo all’aiuto del Ministero della Magia e mio padre venne obliviato»
Emma la guardò con gli occhi sgranati. «Oh… Mi dispiace molto»
Mandy le sorrise, non sembrava particolarmente afflitta. «No, non fa nulla. Ero piccola. Per di più non ricordo molto di mio padre. Ora mia madre è sposata con un altro Babbano ed è felice. Tu invece, Lisa?»
«Io sono Nata Babbana» rispose Lisa, versandosi un po’ di patate nel piatto «I miei genitori l’hanno presa bene, fortunatamente. Sono rimasti molto stupiti anche perché mia sorella maggiore è una Babbana. Ripensandoci, direi che quando mi hanno vista far volare una teiera si sono presi un bello spavento» e ridacchiò.
Padma era figlia di due maghi, lei e sua sorella gemella Calì mostrarono i primi segni di magia insieme. Anche Terry era figlio di maghi, ma non aveva fratelli, a differenza di Michael (anche lui figlio di maghi), che, invece, aveva un fratello maggiore.
I Nati Babbani a quel tavolo non erano pochi: oltre Lisa c’erano Mogar, Stephen e Kevin, tutti figli unici.
I genitori di Mogar furono contentissimi di sapere del mondo magico, come quelli di Stephen. Kevin viveva da solo con sua madre, che subito non credette a tutta quella situazione, ma quando capì che il figlio sarebbe dovuto andare ad una scuola di magia fu decisamente entusiasta.
Quando scomparvero anche i dolci, il professor Silente si alzò di nuovo in piedi. Nella sala cadde il silenzio.
«Ehm... solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibo e di bevande. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno.
«Gli studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta qui intorno è proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a ricordarlo anche loro»
E gli occhi scintillanti di Silente scoccarono un'occhiata in direzione del tavolo dei Grifondoro, verso un paio di ragazzi con i capelli rossi che ad Emma ricordarono molto Ron.
«Inoltre, Mr Gazza, il guardiano, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che è vietato fare gare di magia tra classi nei corridoi.
«Le prove di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra del suo dormitorio è pregato di contattare Madama Bumb.
«E infine, devo avvertirvi che da quest'anno è vietato l'accesso al corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa»
Emma scambiò uno sguardo con Padma. Probabilmente anche lei voleva saperne di più. Emma sentì Terry dire: «Ma non starà dicendo sul serio». Il problema era che secondo lei era serissimo…
«E ora, prima di andare a letto, intoniamo l'inno della scuola!» gridò Silente. Agli altri insegnanti s'era gelato il sorriso sulle labbra.
Silente diede un colpetto alla sua bacchetta magica, come se stesse cercando di scacciarne una mosca dalla punta, e ne fluì un lungo nastro d'oro che si sollevò alto in aria, sopra i tavoli, e cominciò a contorcersi a mo' di serpente, formando delle parole.
«Ognuno scelga il motivetto che preferisce» disse Silente. «Via!» Tutta la scuola intonò:
Hogwarts, Hogwarts del nostro cuore,
te ne preghiamo, insegnaci bene
giovani, vecchi, o del Pleistocene,
la nostra testa tu sola riempi
con tante cose interessanti.
Perché ora è vuota e piena di venti,
di mosche morte e idee deliranti.
Insegnaci dunque quel che è richiesto,
dalla memoria cancella l'oblio
fai del tuo meglio, a noi spetta il resto
finché al cervello daremo l'addio.
Ognuno terminò la canzone in tempi diversi. Alla fine, erano rimasti solo i due ragazzi con i capelli rossi a cantare a un ritmo lento da marcia funebre. Silente diresse le ultime battute con la bacchetta magica e, alla fine, fu uno di quelli che applaudirono più fragorosamente.
«Ah, la musica» disse asciugandosi gli occhi. «Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa»
Aprendosi un varco tra la ressa che si attardava ancora in chiacchiere, i Corvonero del primo anno seguirono un prefetto di nome Penelope Light, del quinto anno, uscirono dalla Sala Grande e salirono al piano di sopra passando per la scala di marmo.
Emma aveva le gambe pesanti. Un paio di volte Penelope fece passare i ragazzi attraverso porte nascoste dietro a pannelli scorrevoli e arazzi appesi alle pareti. Salirono altre scale, sbadigliando e strascicando i piedi, ed Emma stava già chiedendosi quanto avrebbero dovuto camminare ancora, quando si fermarono di colpo.
Un fascio di bastoni da passeggio fluttuava a mezz'aria davanti a loro e, quando Penelope fece per avvicinarsi, quelli cominciarono a menargli colpi all'impazzata.
«Pix» sussurrò Penelope a quelli del primo anno. ‘Il Poltergeist di Hogwarts». Poi, alzando la voce: «Pix... mostrati!»
Rispose un suono potente e volgare, come quando si fa uscire di colpo l'aria da un pallone.
«Preferisci forse che vada dal Barone Sanguinario?»
Ci fu uno schiocco e un omino dai neri occhi maligni e una gran bocca apparve galleggiando nell'aria a gambe incrociate, e afferrò i bastoni.
«Oooooooh!» esclamò con una risata maligna. «Pivellini del primo anno. Ma che bello!»
Si gettò a capofitto su di loro. Tutti si chinarono per schivarlo.
«Vattene, Pix, o riferirò tutto al Barone, stanne certo!» minacciò Penelope, composta.
Pix svanì con una linguaccia, lasciando cadere i bastoni accanto ai ragazzi. Lo udirono allontanarsi di corsa, sbatacchiando le armature al suo passaggio.
«Mi raccomando, state attenti a Pix» disse Penelope mentre riprendevano a camminare «Il Barone Sanguinario è l'unico che riesca a controllarlo; Pix non dà retta neanche a noi prefetti»
Salirono per una scala a chiocciola e Penelope si fermò davanti a una lustra porta nera, priva di maniglia o serratura. C’era solo un batacchio incantato in bronzo, a forma di aquila.
«Per entrare è necessario rispondere all'indovinello posto dal batacchio di bronzo, della porta, che è ogni volta differente» spiegò Penelope e bussò una sola volta. Subito il becco dell’aquila si spalancò, ma invece del verso di un uccello, una dolce voce musicale domandò: «La mia vita può durare qualche ora, quello che produco mi divora. Sottile sono veloce, grossa sono lenta e il vento molto mi spaventa. Chi sono?»
Penelope si girò verso i ragazzi del primo anno e disse: «Chi ha la risposta? Prendetela come una prova, una specie di test»
Emma guardò un attimo Kevin che ricambiò lo sguardo e alzò le spalle con un’espressione confusa.
Poi Emma si voltò ed alzò la mano: aveva avuto l’illuminazione.
«Sì Emma?» chiamò Penelope.
Tutti si voltarono verso di lei quando disse: «Si tratta della candela. La candela produce il fuoco e viene divorata da esso, le candele sottili si consumano più velocemente rispetto a quelle grosse e infine temono il vento che spegne la fiamma»
«Ottimo ragionamento» dichiarò la voce, e la porta si aprì.
La sala comune di Corvonero era ampia, circolare e ariosa. Armoniose finestre ad arco si aprivano sulle pareti, a cui erano appesi drappi di seta blu e bronzo: di giorno, i Corvonero godevano di una vista spettacolare sulle montagne circostanti. Il soffitto era una cupola trapunta di stelle dipinte, ripetute nella moquette blu notte. C'erano tavoli, sedie e librerie, e una nicchia di fronte alla porta ospitava un'alta statua di marmo bianco.
«Questa è la nostra fondatrice, Priscilla Corvonero» spiegò Penelope.
Indicò alle ragazze una porta che conduceva al loro dormitorio, e un'altra ai ragazzi. In cima a una scala a chiocciola - era chiaro che si trovavano in una delle torri - finalmente trovarono i loro letti: cinque letti a baldacchino circondati da tende di velluto blu scuro. I loro bauli erano già stati portati su -Emma vide anche Daphne che ronfava rannicchiata tra le lenzuola dal suo letto-. Troppo stanche per parlare, indossarono il pigiama e si infilarono sotto le coperte.
«È stata una bella giornata» mormorò Lisa, ricevendo dalle altre un mugolio di consenso all’unisono.
«Buonanotte» sussurrò Emma, facendosi sentire solo grazie al silenzio di tomba che si era creato in quell’ambiente.
Non ricevette mai risposta, né la cercò mai. Chiusero gli occhi e sprofondarono in un sonno profondo.


Angolo tutto mio!
Guarda che fascia, non se l'aspettava! Scommetto quello che volete che voi avreste smistato Emma in Grifondoro, bricconcelli! Okey, forse potevo risparmiarmela questa... Vabbè!
Allora come va la vita? La scuola? Io vorrei aver ricevuto quella benedetta lettera!
Beh, sto preparando gli altri capitoli che ci metteranno un po' ad uscire, anche perché ho un'idea per un'altra fan fiction che non c'entra proprio nulla con questa e mi sta occupand troppo le idee.
Beh, spero di non metterci troppo!
Ci si becca belli!

∼Alix

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Capitolo 5
*** Il maestro delle Pozioni ***


Il maestro delle Pozioni

 
A Hogwarts c'erano centoquarantadue scalinate: alcune ampie e spaziose; altre strette e pericolanti; alcune che il venerdì portavano in luoghi diversi; altre con un gradino che scompariva e che bisognava saltare. Poi c'erano porte che non si aprivano, a meno di non chiederglielo cortesemente o di non far loro il solletico nel punto giusto, e porte che non erano porte ma fingevano di esserlo. Molto difficile era anche ricordare dove fossero le cose, perché tutto sembrava soggetto a continui spostamenti: i personaggi dei ritratti si allontanavano per farsi visita a vicenda, ed Emma pure le armature camminavano.
Neanche i fantasmi contribuivano a rendere più semplice la situazione. Era assai sgradevole quando uno di loro, all'improvviso, scivolava attraverso una porta che un ragazzo stava cercando di aprire. I fantasmi delle case erano sempre felice di indicare la direzione agli studenti, ma Pix il Poltergeist, se lo incontravi quando eri in ritardo per una lezione, era capace di farti trovare due porte sprangate e una scala a trabocchetto. Ti tirava in testa il cestino della carta straccia, ti sfilava il tappeto da sotto i piedi, ti lanciava addosso pezzi di gesso oppure, avvicinatosi di soppiatto, ti afferrava il naso e strillava: «PRESO!»
Ancor peggio di Pix, se possibile, era il custode Argus Gazza. Emma un giorno vide Harry e Ron che cercavano di passare per una porta, che risultò essere l'entrata al corridoio del terzo piano di cui era vietato l'accesso agli studenti. Non volle credere che i due si fossero smarriti, convinto com'era che stessero cercando di forzarne l'entrata di proposito, e minacciò di rinchiuderli in prigione se non fosse stato per il professor Emma, che spiegò cortesemente a gazza che se avesse voluto fare qualsiasi cosa ai due avrebbe dovuto risponderne a Ross Riley e Flora Black, entrambi Auror di tutto rispetto. Il professor Raptor l’aiutò particolarmente diede una rapida mano a tutti e tre e li accompagnò a incantesimi.
Gazza possedeva una gatta di nome Mrs Purr, una creatura color polvere, tutta pelle e ossa, con due occhi sporgenti come fari, spiccicata al suo padrone. La gatta pattugliava i corridoi da sola. Bastava infrangere una regola di fronte a lei, mettere appena un piede fuori riga, ed eccola correre in cerca di Gazza, il quale puntualmente appariva due secondi dopo, tutto ansimante. Gazza conosceva i passaggi segreti della scuola meglio di chiunque altro -tranne forse i gemelli Weasley (i fratelli maggiori di Ron), di nome Fred e George, entrambi simpaticissimi- ed era capace di sbucare fuori all'improvviso al pari dei fantasmi. Gli studenti lo detestavano, e desideravano con tutto il cuore di riuscire ad assestare un bel calcio a Mrs Purr.
E poi, una volta che uno riusciva a trovare la classe, c'erano le lezioni. Per Emma non fu un grande problema e, in tutta sincerità, si divertiva molto a provare gli incantesimi su libri e topi sfortunati che passavano di lì per caso.
Ogni mercoledì a mezzanotte bisognava studiare il cielo stellato con i telescopi e imparare il nome delle stelle e i movimenti dei pianeti. Tre volte alla settimana, ci si doveva recare nella serra dietro al castello per studiare Erbologia con una strega piccola e tarchiata, la professoressa Sprite, con la quale i ragazzi imparavano a coltivare tutte le piante e i funghi più strani e interessanti, e a scoprire a cosa servivano.
La lezione più noiosa era di certo Storia della Magia, l'unico corso tenuto da un fantasma. Il professor Ruf era già molto, molto vecchio quando si era addormentato davanti al camino della sala dei professori e, la mattina dopo, alzatosi per andare a fare lezione, si era lasciato dietro il corpo. Ruf non la finiva più di parlare con voce monotona, mentre i ragazzi prendevano nota di nomi e date, facendo una solenne confusione tra Emeric il Maligno e Uric Testamatta.
Invece il professor Vitious, l'insegnante di Incantesimi, che era anche il direttore di Corvonero, era un mago basso e mingherlino che doveva salire sopra una pila di libri per vedere al di là della cattedra. All'inizio della prima lezione prese il registro e, quando arrivò al nome di Harry diede un gridolino eccitato e ruzzolò giù, scomparendo alla vista.
La professoressa Mcgranitt era ancora diversa. Severa e intelligente, fece un bel discorsetto ai ragazzi nel momento stesso in cui si sedettero per ascoltare la sua prima lezione.
«La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts» disse. «Chiunque faccia confusione nella mia aula verrà espulso e non sarà più riammesso. Siete avvisati»
Poi trasformò la sua cattedra in un maiale e viceversa. Tutti rimasero molto impressionati e non vedevano l'ora di cominciare, ma ben presto si resero conto che ci sarebbe voluto un bel po' di tempo prima che diventassero capaci di trasformare un mobile in un animale. Presero un mucchio di appunti complicati, dopodiché a ciascuno fu dato un fiammifero che dovevano provare a trasformare in un ago. Alla fine della lezione, solo Emma e Hermione erano riuscite a far diventare il loro fiammifero appuntito e argentato; la professoressa Mcgranitt le gratificò con due dei suoi rari sorrisi.
Il corso che tutti non vedevano l'ora di frequentare era Difesa contro le Arti Oscure, ma le lezioni di Raptor si dimostrarono un po' una barzelletta. L'aula odorava fortemente di aglio: si vociferava servisse a tenere lontano un vampiro che egli aveva incontrato in Romania, e che temeva che sarebbe tornato a prenderlo per portarlo via. Il turbante, così disse ai suoi allievi, lo aveva ricevuto in dono da un principe africano, come pegno di gratitudine per averlo liberato di un fastidioso zombie; ma nessuno era proprio sicuro che quella storia fosse vera. Tanto per cominciare, quando Seamus Finnigan, di Grifondoro, aveva chiesto a Raptor di raccontare come aveva fatto a scacciare lo zombie, lui era diventato tutto rosso e aveva cominciato a parlare del tempo. E poi avevano notato che intorno al turbante aleggiava uno strano odore, e i gemelli Weasley insistevano che anche quello era imbottito d'aglio, perché Raptor fosse protetto ovunque andasse.
Il venerdì successivo Emma arrivò in sala grande accompagnata dalle sue nuove amiche. Quando si sedettero al tavolo Emma lanciò un rapido saluto ad Harry e Ron, che ricambiarono sorridendo.
«Cosa abbiamo oggi?» chiese Emma a Lisa prima di addentare un biscotto al cioccolato.
«Pozioni doppie» disse Padma precedendo Lisa.
Emma poteva giurare di aver visto Anthony rischiare di soffocarsi con la torta di zucca, una volta sentita la parola “Pozioni”.
«Il capo della casa di Serpeverde è Piton, e quelli di Serpeverde dicono che lui li favorisce sempre... vedremo se è vero» disse Terry, lanciando un’occhiata al tavolo dei professori.
In quel momento arrivò la posta. Oramai Emma ci aveva fatto l'abitudine, ma il primo giorno era rimasta impressionata quando un centinaio di gufi avevano fatto irruzione all'improvviso nella Sala Grande, durante la colazione, descrivendo cerchi sopra i tavoli finché, individuato il proprio padrone, non gli avevano lasciato cadere in grembo lettere e pacchetti. Era abbastanza abituata a ricevere posta via gufo, ma prima di Hogwarts non ne aveva mai visti così tanti tutti insieme.
Jay planò fino a raggiungerla, tenendo attaccato al becco una busta. Emma prese la lettera e accarezzò il gufo sulla testa, mentre leggeva il mittente. «Ross e Flora Riley» disse sottovoce. Guardò Jay e gli disse «Sei stato bravo. Vai a riposarti alla guferia, questa sera ti porterò la risposta»
Il gufo le beccò amichevolmente un dito, per poi uscire da una delle grandi finestre della Sala Grande.
Pozioni non fu così terribile come temeva, almeno non lo fu per lei… Il professor Piton sembrava odiare Harry in tutti i sensi che la parola poteva assumere.
Le lezioni di Pozioni si svolgevano in una delle celle sotterranee. Qui faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato a far venire loro la pelle d'oca anche senza tutti quegli animali che galleggiavano nei barattoli di vetro lungo le pareti.
Come Vitious, anche Piton iniziò la lezione prendendo il registro, e sempre come Vitious, giunto al nome di Harry si fermò.
«Ah, vedo» disse con voce melliflua, «Harry Potter. La nostra nuova... celebrità»
Draco Malfoy e i suoi amici Tiger e Goyle (altri due di Serpeverde) nascosero un ghigno dietro la mano. Piton finì di fare l'appello e alzò lo sguardo sulla classe. Aveva gli occhi neri, gelidi e vuoti, e facevano pensare a due tunnel immersi nel buio.
«Siete qui per imparare la delicata scienza e l'arte esatta delle Pozioni» cominciò. Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma ai ragazzi non ne sfuggiva una: come la professoressa Mcgranitt, Piton aveva il dono di mantenere senza sforzo il silenzio in classe. «Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia... Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, la gloria, addirittura la morte... sempre che non siate una manica di teste di legno, come in genere sono tutti gli allievi che mi toccano»
Anche questo discorsetto cadde nel silenzio. Emma e Lisa si scambiarono un'occhiata. Hermione era seduta sul bordo della sedia e sembrava non vedesse l'ora di dimostrare che lei non era una “testa di legno”.
«Potter» disse Piton d'un tratto «Che cosa ottengo se verso della radice di asfodelo in polvere dentro un infuso di artemisia?»
Hermione era già lì con la mano alzata. Emma la imitò: la risposta era tanto semplice per qualcuno che aveva letto tutto il libro, quanto complicata per qualcuno che aspettava di arrivare a scuola per iniziare a studiare
«Non lo so, signore» disse Harry.
Le labbra di Piton si incresparono in un ghigno.
«Bene, bene... è chiaro che la fama non è tutto»
Ignorò le mani alzate.
«Proviamo ancora. Potter, dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi una pietra bezoar?»
Hermione alzò di nuovo la mano più in alto che poteva senza alzarsi dalla sedia, ma Harry non aveva evidentemente la più pallida idea di che cosa fosse un bezoar. Malfoy, Tiger e Goyle si sbellicavano dalle risate, guadagnandosi un’occhiataccia di Emma, che Malfoy intercettò ghignando, mentre lei alzava ancora la mano. Emma era sicura al 100% che Malfoy si ricordasse di averla già incontrata da Madama McClan, ma non lo dava molto a vedere, cosa che Emma ritenne una benedizione divina.
«Non lo so, signore»
«Immagino che tu non abbia neanche aperto un libro prima di venire qui, vero, Potter?»
Piton continuava a ignorare le mani di Emma ed Hermione. «E... Potter, qual è la differenza tra l'Aconitum napellus e l'Aconitum lycoctonum?»
A questo punto, Hermione si alzò in piedi con la mano protesa come se volesse toccare il soffitto.
«Non lo so» disse Harry, apparentemente tranquillo. «Ma penso che Hermione lo sappia. Perché non prova a chiederlo a lei?»
Alcuni risero, Emma compresa. Ma Piton non lo trovò affatto divertente.
«Sta' seduta!» ordinò secco a Hermione. «Riley» disse poi Piton, sempre con quella voce fredda che le fece accapponare la pelle per lo stupore.
«Sì, signore?» chiese Emma, che dovette combattere contro l’istinto di farsi piccola piccola sotto lo sguardo glaciale di Piton.
«Dovrai rispondere alle domande che ho posto al signor Potter, signorina Riley. Spero che lei ne sia in grado» disse il professor Piton, ricevendo in risposta un cenno d’assenso da parte di Emma. «Per tua norma e regola, Potter, ascolta qualcuno che si è preso la briga di aprire i libri durante le vacanze» Hermione lo guardò indignata «e che non ha disturbato la lezione in maniera decisamente irrispettosa».
Emma prese un respiro profondo. E iniziò a dire «Asfodelo e artemisia insieme fanno una pozione soporifera talmente potente da andare sotto il nome di Distillato della Morte Vivente. Un bezoar è una pietra che si trova nella pancia delle capre ed è un antidoto che salva da molti veleni. Per quanto riguarda l'Aconitum napellus e l'Aconitum lycoctonum, sono la stessa pianta, nota anche con il semplice nome di aconito» aveva detto tutto d’un fiato.
Piton annuì, poi guardò la classe, «Be'? Perché non prendete appunti?»
Ci fu un improvviso rovistare in cerca di penne e pergamene. Sovrastando il rumore, Piton disse: «E alla casa di Grifondoro verrà tolto un punto per la tua faccia tosta, Potter, mentre a Corvonero verranno assegnati cinque punti perle risposte della signorina Riley»
Col procedere della lezione di Pozioni, la situazione dei Grifondoro non migliorò. Piton li divise in coppie e li mise a fabbricare una semplice pozione Curabolle. Intanto, avvolto nel suo lungo mantello nero, si aggirava di qua e di là per la classe, osservandoli pesare ortiche secche e schiacciare zanne di serpente, muovendo critiche praticamente a tutti tranne che a Malfoy, che sembrava stargli simpatico. Emma stava togliendo il calderone dal fuoco e Piton aveva appena cominciato a dire agli altri di osservare il modo perfetto in cui Malfoy aveva stufato le sue lumache cornute, quando il sotterraneo fu invaso da una nube di fumo verde e acido e da un sibilo potente. Non si sa come, Neville era riuscito a fondere il calderone di Seamus trasformandolo in un ammasso di metallo contorto, e la loro pozione, colando sul pavimento di pietra, bruciava le scarpe degli astanti facendoci dei buchi. In pochi secondi, tutti i ragazzi erano saltati sugli sgabelli, salvo Neville, che si era bagnato con la pozione quando il calderone si era bucato e adesso piangeva di dolore, mentre sulle braccia e sulle gambe gli spuntavano bolle infiammate.
«Ma che razza di idiota!» sbottò Piton mentre con un sol tocco della sua bacchetta magica ripuliva il pavimento dalla pozione versata. «Suppongo che tu abbia aggiunto gli aculei di porcospino prima di togliere il calderone dal fuoco. Non è così?»
Neville frignava perché le bolle avevano cominciato a spuntargli anche sul naso.
«Portalo in infermeria!» intimò Piton a Seamus in tono sprezzante. Poi si girò verso Harry e Ron, che avevano lavorato accanto a Neville.
«E tu, Potter... perché non gli hai detto di non aggiungere gli aculei? Pensavi che se lui sbagliava ti saresti messo in luce, non è vero? E questo è un altro punto in meno per i Grifondoro»
Un'ora dopo, lasciato il sotterraneo, mentre risalivano le scale, Emma venne raggiunta da Ron e da un Harry molto contrariato.
«Emma, ti va di venire a trovare Hagrid con noi alle tre? Ti vedo un pelo provata» le disse Harry, con un mezzo sorriso.
«Certo» rispose Emma «Devo proprio staccare la spina, sto studiando troppo! Ma ti rendi conto che entro la fine dell’anno si aspettano che saremo capaci di trasformare i porcospini in puntaspilli? Roba da matti!»
«Sì, non riusciamo a trasformare un fiammifero in ago, figuriamoci un porcospino in puntaspilli» ammise Ron.
Alle tre meno cinque avevano lasciato il castello e avanzavano attraverso il parco. Hagrid viveva in una casetta di legno al limitare della foresta proibita. Fuori della porta erano poggiati una balestra e un paio di stivali di gomma.
Quando Harry bussò, dall'interno si udì un raspare frenetico e una serie di latrati sempre più forti. Poi risuonò la voce di Hagrid che diceva: «Qua, Thor... qua!»
La sua grossa faccia pelosa apparve da dietro la porta socchiusa, prima che la spalancasse.
«Aspettate un attimo!» disse. «Sta' giù, Thor!»
Li fece entrare, cercando di trattenere per il collare un enorme cane nero, di quelli usati per la caccia al cinghiale.
La casa era formata da un'unica stanza. Dal soffitto pendevano prosciutti e fagiani; sopra una piccola catasta di legna già accesa c'era un bollitore di rame e, in un angolo, un letto imponente coperto con una trapunta a patchwork.
«Fate come se foste a casa vostra» disse Hagrid lasciando andare Thor che si avventò dritto dritto su Ron, cominciando a leccargli le orecchie. Al pari di Hagrid, Thor non era poi così feroce come sembrava.
«Ti presento Ron» disse Harry a Hagrid, mentre questi versava dell'acqua bollente in una grande teiera e disponeva alcuni biscotti su un piatto.
«Un altro Weasley, eh?» chiese Hagrid guardando le lentiggini di Ron. «Ho passato metà della vita a dar la caccia ai tuoi fratelli gemelli per la foresta»
«Mentre lei è Emma» la presentò Harry.
«Sei la figlia di Flora, eh?» chiese Hagrid, mentre Emma annuiva «Ah, beh, che dire di quella ragazza?! Era proprio un genio, così come suo marito, Ross. Sempre con la mano alzata in classe e pronti a dare una mano! Sai, Emma, tua madre era una grande amica della madre di Harry, Lily. Veramente inseparabili loro due, sembravano sorelle! Diligenti e testarde, se proprio vuoi saperlo».
Emma annuì e aggiunse: «E fu per questo che mia madre scelse proprio Lily e James Potter come miei madrina e padrino». Poi Emma sorrise ad Harry e disse: «Beh, prima o poi dovevi saperlo, no?» in risposta allo sguardo confuso di Harry.
Per poco i biscotti di Hagrid non spezzarono loro i denti, ma finsero di gradirli moltissimo, mentre gli facevano il resoconto delle prime lezioni. Thor aveva poggiato la testa sulle ginocchia di Harry e gli sbavava addosso, tutto contento.
Emma, Harry e Ron godettero molto a sentire Hagrid chiamare Gazza ‘quel vecchio scemo’.
«E quanto alla gatta, Mrs Purr, una volta o l'altra la presento a Thor. Lo sapete che ogni volta che vado su alla scuola mi segue dappertutto? Non riesco a levarmela dai piedi... Gazza la aizza»
Harry raccontò a Hagrid della lezione di Piton. E Hagrid gli disse di non prendersela, perché a Piton praticamente non andava a genio nessuno degli studenti.
«Ma a me, sembrava proprio che mi odiasse»
«Sciocchezze!» esclamò Hagrid «E perché mai?»
Eppure Emma notò che Hagrid, nel pronunciare quelle parole, evitava lo sguardo di Harry.
«E tuo fratello Charlie, come sta?» chiese Hagrid a Ron «Mi stava molto simpatico... con gli animali era fantastico»
Harry si chiese se Hagrid l'aveva fatto apposta a cambiare argomento. Mentre Ron raccontava a Hagrid che lavoro faceva Charlie con i draghi, Emma vide Harry prendere un pezzetto di carta che era stato lasciato sul tavolo, sotto la teiera e lo lesse. Era il ritaglio di un trafiletto dalla Gazzetta del Profeta:
ULTIMISSIME SULLA RAPINA ALLA GRINGOTT
Proseguono le indagini sulla rapina avvenuta alla Gringott il 31 luglio scorso a opera di ignoti maghi o streghe dalle Arti Oscure.
Oggi i folletti della Gringott hanno ripetutamente affermato che nulla è stato trafugato. Anzi, la camera di sicurezza che i rapinatori avevano preso di mira era stata svuotata il giorno stesso.
«Ma tanto non vi diremo che cosa conteneva; quindi, se non volete guai, non ficcate il naso in questa faccenda»: così ha dichiarato oggi pomeriggio il folletto portavoce della Gringott.
«Hagrid!» esclamò Harry «la rapina alla Gringott è avvenuta il giorno del mio compleanno! Forse è successo quando c'eravamo noi»
Non c'erano dubbi: anche stavolta Hagrid evitò lo sguardo di Harry. Bofonchiò qualcosa e gli offrì un altro biscotto.
Quando Harry e Ron fecero ritorno al castello per cena, le loro tasche erano stracolme di biscotti che i due ragazzi erano stati troppo beneducati per rifiutare, ed Emma si era fatta raccontare tutto quello che era successo il giorno del suo compleanno e, a questo punto, anche quello di Harry. Hagrid aveva ritirato un pacchetto dalla camera blindata alla Gringott lo stesso giorno della rapina. E ora dove si trovava? E poi, c'era qualche cosa su Piton che Hagrid sapeva e non voleva dire a Harry?

Angoletto dell'autoressa che si sente in colpa
!
Vi chiedo umilmente perdono! Un mese è passato dall'ultimo capitolo! Un mese! Dio, giuro che ho i sensi di colpa.
Okey, torno seria! Si tratta di un capitolo formenente descrittivo, quindi potrebbe risultare un pelo noioso a tratti (sorry), ma dal prossimo si parte seriamente! Sappiate solo che ho in programma di far uscire il capitolo di Halloween ad Halloween (c'è il piccolo problema che lo devo ancora scrivere, ma vabbè).
Ora domande interessanti e che vi faranno riflettere:

Voi che ne pensate delle domande che Piton ha posto a Harry? Sapete il motivo percui Piton prova quell'odio apparentemente incondizionato verso Harry? E perché non prova lo stesso odio verso Emma? Questo e molto altro nei prossimi capitoli (che usciranno molto presto).

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Capitolo 6
*** Il duello di Mezzanotte ***


Il duello di mezzanotte
 
«Lezione di volo!» esclamò Emma, «Grandioso!».
Il giovedì successivo sarebbero iniziate le lezioni di volo, a cui tutti i ragazzi del primo anno avrebbero partecipato insieme.
«Ti pareva!» commentò cupo Harry, che si trovava poco distante da Emma. «Mi mancava solo questa: rendermi ridicolo a cavallo di un manico di scopa sotto gli occhi di Malfoy»
«Non sai ancora se ti renderai veramente ridicolo» disse Ron con grande buonsenso.
«Ho sempre sentito Malfoy vantarsi di quanto è bravo a giocare a Quidditch, ma scommetto che sono tutte balle» disse Emma a Harry e Ron
Certamente Malfoy parlava molto del volo. Si lamentava del fatto che agli allievi del primo anno non fosse consentito di entrare a far parte della squadra della propria casa, e raccontava avventure mirabolanti che finivano sempre con lui che sfuggiva per un pelo ai Babbani, volando via a bordo di un elicottero. Ma non era il solo: chiunque provenisse da una famiglia di maghi non faceva che parlare del Quidditch, Emma compresa.
Neville era un po’ un’eccezione generale: non era mai salito in vita sua su un manico di scopa, perché sua nonna non gli aveva mai neanche permesso di toccarne uno. Anche se non l’avrebbe mai detto a voce alta, Emma pensava che la signora avesse le sue ragioni, visto che Neville riusciva a procurarsi una quantità incredibile di incidenti anche quando stava con i piedi per terra.
Hermione era nervosa quanto Neville al pensiero di volare. Il volo non era certo una cosa che si potesse imparare a memoria sui libri. Intendiamoci bene, non che lei non ci avesse mai provato.
Giovedì mattina, durante la consegna della posta, Emma era andata a sedersi al tavolo di Grifondoro accanto a Hermione, mentre un barbagianni calava su Neville.
Lui aprì tutto eccitato il pacchetto da parte di sua nonna e mostrò una palla di vetro, che piena di fumo bianco.
«Una Ricordella!» esclamò Emma. «Mia madre ne ha regalata una a mia nonna per lo scorso Natale»
Neville sorrise guardando la Ricordella, «Nonna sa che dimentico sempre le cose... Questa ti dice se c'è qualcosa che hai dimenticato di fare. Guardate: uno la tiene stretta così, e se diventa rossa... Oh!»
E tutta la sua eccitazione svanì perché Ricordella era diventata d'un tratto scarlatta: «...vuol dire che hai dimenticato qualcosa...».
Neville stava sforzandosi di ricordare che cosa mai avesse dimenticato, quando Malfoy, che proprio in quel momento passava accanto al tavolo dei Grifondoro, gli strappò di mano la palla, guadagnandosi uno sguardo carico d’odio da parte di Emma.
Harry e Ron balzarono in piedi. Entrambi probabilmente speravano di farla pagare a Malfoy, ma la professoressa Mcgranitt, che fiutava i guai prima di ogni altro insegnante, piombò come un fulmine.
 «Che cosa succede qui?» domandò in tono gelido.
«Professoressa, Malfoy mi ha preso la Ricordella»
Tutto corrucciato, Malfoy rimise prontamente la palla sul tavolo. «Stavo solo guardando» disse, e se la svignò seguito da Tiger e Goyle.
Quel pomeriggio, alle tre e mezzo, i ragazzi del primo anno si diressero nel cortile della scuola per la lezione di volo. Era una giornata chiara e ventosa, e l'erba si piegava sotto i loro passi, mentre scendevano di corsa giù per la collina verso un pianoro dalla parte opposta del parco, in direzione della foresta proibita, le cui chiome lontane ondeggiavano.
Per terra c'erano quaranta manici di scopa ordinatamente disposti in tante file. Emma, sinceramente, concordava con gli studenti che si lamentavano delle scope della scuola, dicendo che, se uno volava troppo alto, alcune cominciavano a vibrare, oppure sbandavano leggermente a sinistra: nessuna di quelle lì a terra sembrava particolarmente nuovo.
Giunse l'insegnante, Madama Bumb. Era una donna bassa, coi capelli grigi e gli occhi gialli come un falco.
«Be', che cosa state aspettando?» sbraitò. «Ciascuno prenda posto accanto a un manico di scopa. Di corsa, muoversi!»
Emma posò gli occhi sulla sua scopa, con scarsissima fiducia. Era vecchia, e alcuni rametti sporgevano formando strani angoli.
«Stendete la mano destra sopra la vostra scopa» disse Madama Bumb guardandoli tutti, «e dite: "Su!"»
«SU!» gridarono in coro.
A Emma, la scopa saltò immediatamente in mano, ma fu una delle poche. Quella di Hermione si era limitata a rotolare per terra e quella di Neville non si era neanche mossa. I manici di scopa lo sentivano quando avevi paura; c'era stato un tremito, nella voce di Neville, che aveva tradito il suo desiderio di rimanere con i piedi piantati in terra.
A quel punto, Madama Bumb mostrò a tutti come montare il manico di scopa senza scivolare verso il fondo, e poi passò in rassegna la scolaresca per correggere la presa. Emma scambiò uno sguardo soddisfatto a Harry e Ron quando disse che erano anni che Malfoy usava la presa sbagliata.
«E ora, quando suonerò il fischietto, datevi una spinta premendo forte i piedi per terra» disse Madama Bumb. «Tenete ben salde le scope e sollevatevi di un metro circa; poi tornate giù inclinandovi leggermente in avanti. Al mio fischio... tre... due...»
Ma Neville, nervoso e sovreccitato com'era, nel timore di rimanere a terra, si diede la spinta prima ancora che il fischietto avesse sfiorato le labbra di Madama Bumb.
«Torna indietro, ragazzo!» gridò lei, ma Neville stava continuando a sollevarsi in aria ad una velocità preoccupante… tre metri… sei metri… e…
WHAM! Un tonfo, uno schianto sinistro e Neville era lì sull'erba, faccia a terra, come un fagotto informe.
Il suo manico di scopa salì sempre più in alto e poi si allontanò come andasse alla deriva, verso la foresta proibita, scomparendo alla vista.
Madama Bumb era china sul ragazzo, come lui con il viso sbiancato dalla paura.
«Polso rotto» la udì bofonchiare Emma. «Coraggio, mio caro… non è niente, alzati».
Poi si rivolse al resto della classe.
«Nessuno si muova mentre io lo accompagno in infermeria. Lasciate le scope dove si trovano, o verrete espulsi da Hogwarts prima di avere il tempo di dire "a". Andiamo, caro».
Neville, con il volto rigato dalle lacrime e reggendosi il polso, si avviò zoppicando insieme a Madama Bumb, che lo cingeva con il braccio.
Non erano ancora fuori della portata di voce che Malfoy scoppiò in una sonora risata.
«Hai visto che faccia, quel gran salame che non è altro?» Gli altri Serpeverde si unirono a lui nel prenderlo in giro.
«Chiudi il becco, Malfoy!» gli gridò contro Emma.
«Oh, non prenderai mica le difese di Paciock!» disse Pansy Parkinson, una ragazza Serpeverde con la faccia da carlino e un carattere forse peggiore anche rispetto a quello di Malfoy. «Non avrei mai creduto che proprio a te, Riley, stessero simpatici i piagnucolosi, e per di più ciccioni»
«Chiunque è meglio di te, Parkinson» rispose Emma, lanciandole uno sguardo gelido.
«Guardate!» disse Malfoy facendo un balzo in avanti e raccogliendo qualcosa fra l'erba. «Quello stupido aggeggio che la nonna ha mandato a Paciock»
La Ricordella brillò al sole, mentre lui la teneva sollevata.
«Da' qui, Malfoy» disse tranquillamente Harry. Tutti tacquero all'istante per godersi la scena, Emma compresa.
Malfoy ebbe un sorriso maligno.
«Penso che la metterò in un posticino dove Paciock dovrà andarsela a riprendere... cosa ne dite, per esempio... della cima di un albero?»
«Dammela!» gridò Harry, ma Malfoy era già balzato in sella al suo manico di scopa ed era decollato. Non aveva mentito: volava proprio bene, persino Emma doveva ammetterlo; tenendosi in quota all'altezza dei rami più alti di una quercia, gridava: «Vienitela a prendere, Potter!»
Harry afferrò la sua scopa.
«No!» gli gridò Hermione. «Madama Bumb ci ha detto di non muoverci... Ci caccerai tutti nei guai!»
Emma mise una mano sulla spalla di Hermione, come a rassicurarla, poi sorrise ad Harry e disse: «Buona fortuna e vedi di dargli una lezione».
Harry annuì. Emma lo vide inforcare la scopa, calciare forte il suolo e via. Era davvero un portento! Sembrava molto portato per questo genere di cose. Le urla di ammirazione dei ragazzi si mescolavano con i respiri affannati di alcune ragazze ancora a terra.
Harry virò con decisione in modo da trovarsi di fronte a Malfoy, a mezz'aria. Malfoy aveva l'aria esterrefatta.
«Dammela» gli gridò Harry, «o ti butto giù da quel tuo manico di scopa!»
«Ah, sì?» rispose l'altro. Fin da terra si sentiva la preoccupazione nella sua voce.
Harry si piegò in avanti e partì come una freccia in direzione di Malfoy. Malfoy fece appena in tempo a scansarsi; Harry invertì la rotta bruscamente tenendo ben salda la sua cavalcatura. Da terra Emma batté forte le mani, mentre Hermione le lanciava uno sguardo di rimprovero.
«Niente Tiger e Goyle a salvarti l'osso del collo quassù, eh, Malfoy?» disse Harry a Malfoy.
Sembrò che anche a Malfoy fosse venuto in mente lo stesso pensiero. «Prendila, se ci riesci!» gli gridò, gettando la palla di vetro in aria e poi lanciandosi di nuovo in picchiata verso terra.
Emma guardò con odio Malfoy che atterrava non molto lontano da lei, per poi tornare a puntare gli occhi su Harry. Stava acquistando velocità in una picchiata precipitosa, alla rincorsa della palla, tra le grida preoccupate di chiunque si trovasse a terra (tranne i Sepreverde, ovviamente). Harry allungò la mano, e a pochi metri da terra la afferrò, appena in tempo per raddrizzare la scopa; poi atterrò dolcemente sull'erba stringendo in mano la Ricordella sana e salva.
«HARRY POTTER!»
La professoressa Mcgranitt avanzava a passo di corsa verso di loro. Si mise in piedi, tremante.
«Mai... da quando sono a Hogwarts...».
La Mcgranitt era quasi senza parole per l'indignazione e gli occhiali le lampeggiavano furiosamente. «Come osi... avresti potuto romperti l'osso del collo...»
«Non è stata colpa sua, professoressa...» tentò Emma.
«Taci, signorina Riley...»
«Ma Malfoy...»
«Basta così, Weasley. Potter, seguimi immediatamente».
A Emma non sfuggirono le facce trionfanti di Malfoy, Tiger e Goyle, mentre Harry si allontanava come inebetito dietro alla professoressa Mcgranitt, in direzione del castello.
Malfoy scoppiò a ridere appena la McGranitt non fu più a portata d’orecchio. Emma fece un paio di passi verso di lui, impugnando saldamente la bacchetta: per una volta era decisa a suonargliele.
Hermione le afferrò un braccio e le sussurrò: «Emma, non ci provare neanche! Vuoi farti cacciare fin da subito? Dammi retta, è meglio che stai ferma prima che Madama Bumb…»
Com’è che si dice? Quando parli del diavolo spuntano le corna? Beh, qui è stato più che altro un: “Quando parli del falco spuntano le piume” o qualcosa così.
Madama Bumb si stava avvicinando a grandi passi, aveva un’aria talmente minacciosa che persino Malfoy decise di fare silenzio quando la vide.
«Allora, vi muovete o no?!» gridò, «Mettetevi di nuovo su due file e iniziamo ad esercitarci, non abbiamo tempo da perdere!».
Mostrò di nuovo come si montava su una scopa e specificò con particolare enfasi il fatto che NESSUNO, per NESSUN motivo, sarebbe dovuto partire prima del suo fischio.
Al fischiò Emma vide un’Hermione decisamente pallida alzarsi da terra solo di pochi centimetri, a differenza sua, che aveva deciso di spingersi a un paio i metri in alto, prima di tornare a terra.
Emma fu forse l’unica a tentare, perché Madama Bumb la squadrò e le sorrise, per poi dire: «Vedete ragazzi, è questo che intendevo. Ora riproviamo»
Fece ripetere l’esercizio cinque o sei volte, finché anche il più spaventato non riuscì ad alzarsi di più di un metro.
«Ora proverete ad avanzare» mostrò rapidamente come raggiungeva la fine delle due file che erano tornate a formarsi, poi spiegò che avrebbero dovuto svolgere l’esercizio due a due, per non scontrarsi, e tracciò con la bacchetta una specie di linea del traguardo che gli studenti avrebbero poi oltrepassato.
La prima coppia di studenti partì. Una ragazza di Grifondoro, Lavanda Brown, rischiò di disarcionare la ragazza che le volava accanto, una Tassorosso di nome Sunan Hossas. Una volta arrivate al traguardo Lavanda Brown si scusò più di una volta, facendo sorridere Susan Hossas.
Le coppie successive non andarono molto peggio, ma nemmeno tanto meglio. Un paio di volte qualcuno rischiò di cappottarsi o di far rotolare a terra la persona che aveva accanto.
Emma si posizionò sulla linea di partenza, accanto a…
«Malfoy» ringhiò.
«Vedi di non intralciarmi, Riley» ghignò Malfoy. «Non vorrai fare la fine del tuo amico Potter».
«Ride bene chi ride ultimo, Malfoy» mormorò Emma.
«Tre…due…uno…» al fischio di Madama Bumb, Emma scalciò il terreno e si inclinò in avanti, accelerando fin da subito.
Poteva essere solo un’impressione, ma Emma poteva giurare che prima il traguardo era molto più vicino. Malfoy le era appena davanti ed Emma non poteva accettare una sconfitta, non contro Malfoy. Stava acquistando velocità, con il vento che le fischiava nelle orecchie e le pungeva il viso. Erano sempre più vicini. Ora fianco a fianco.
Emma sussurrò alla scopa: «Non abbandonarmi proprio ora…», neanche quella potesse rispondere. Appena il tempo di pensare che, effettivamente, per parlare a una scopa bisogna proprio aver perso la testa, quella iniziò ad accelerare.
La linea del traguardo venne tagliata da Emma ben più di un paio di secondi prima di Malfoy.
Ecco, ora c’era un problema: la scopa non rallentava. Emma dovette prendere una decisione veramente stupida per riuscire ad atterrare: fare il giro di tre o quattro torri del castello e riprendere il controllo della scopa.
Stava uscendo dalla Sala Grande dopo ora di cena, quando Harry la fermò, affiancato da Ron, per raccontarle quel che era accaduto quando aveva lasciato il campo di allenamento con la professoressa Mcgranitt.
«Cercatore?!» gli chiese Emma, decisamente esterrefatta. «Beh, non so che dire… Pensavo che a noi del primo anno non fosse permesso far parte della squadra di Quidditch»
«Infatti non si può» rispose Harry. «Ma la McGranitt ha deciso che si sarebbe trattato di una lecita eccezione»
«Congratulazioni allora!» sorrise Emma. «Ti consiglio di non parlarne ad Hermione: infondo è stato infrangendo le regole che ti sei trovato a fare da cercatore, no?».
Non ci volle molto perché venissero raggiunti da qualcuno di decisamente poco gradito: Malfoy, con al seguito Tiger e Goyle
«L'ultima sera, Potter? Stai per prendere il treno e tornare dai Babbani?»
«Vedo che sei molto più coraggioso, ora che sei tornato coi piedi per terra e hai i tuoi amichetti al fianco» rispose Harry con freddezza.
«Con te sono pronto a battermi in qualsiasi momento, da solo» disse Malfoy. «Se vuoi, anche stanotte. Un duello tra maghi. Soltanto bacchette... niente contatto fisico. Be', che cosa c'è? Non hai mai sentito parlare di duelli tra maghi?»
Emma stava per intervenire per far presente a Malfoy che si trattava di qualcosa totalmente al di fuori delle regole della scuola e che Harry non avrebbe mai accettato di fare una cosa così stupida, che qualcuno l’anticipò.
«Certo che ne ha sentito parlare» disse Ron voltandosi bruscamente. «Io sono il suo secondo, e il tuo chi è?»
Malfoy squadrò Tiger e Goyle valutandone la stazza.
«Tiger» disse. «Ti va bene a mezzanotte? Ci troviamo nella sala dei trofei, che non è mai chiusa a chiave».
Quando Malfoy se ne fu andato, Emma, Ron e Harry si guardarono.
«Che cos'è un duello tra maghi?» chiese Harry. «E che vuol dire che sei il mio secondo?»
«Be', il secondo è quello che prende il tuo posto se muori» disse Ron disinvolto, cominciando finalmente a mangiare il suo pasticcio di carne ormai freddo. Poi, cogliendo l'espressione sul viso di Harry, si affrettò ad aggiungere: «Ma si muore soltanto nei duelli veri, sai, i duelli tra maghi veri. Il massimo che potrete fare, tu e Malfoy, sarà mandarvi addosso un po' di scintille. Nessuno di voi due conosce abbastanza magia per farvi male sul serio. Comunque, scommetto che si aspettava che tu rifiutassi»
«E se agito la bacchetta e non succede niente?»
«Butta via la bacchetta e dagli un bel pugno sul naso» suggerì Ron.
«Harry lo sai che sono dalla tua parte» disse Emma, con un’aria decisamente più severa, «Ma nonostante ciò devo avvertirti che i duelli sono completamente al di fuori dei limiti delle regole scolastiche e…»
«Chiedo scusa».
Era Hermione.
«Ma è possibile che in questo posto non si riesca a stare un po’ in pace?» disse Ron.
Hermione lo ignorò e si rivolse a Harry.
«Non ho potuto fare a meno di sentire quel che vi stavate dicendo con Malfoy...»
«E ti pareva?» bofonchiò Ron, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Emma.
«... e non dovete assolutamente andare in giro di notte per la scuola. Pensa ai punti che farete perdere ai Grifondoro se vi beccano... e vi beccano di sicuro. È davvero egoista da parte vostra»
«E davvero non sono fatti tuoi» rimbeccò Harry.
«Ciao, eh!» la salutò Ron.
In tutti i casi, non era quel che si dice il modo ideale di concludere la giornata, pensò Emma molto più tardi, mentre giaceva sveglio ad ascoltare le altre ragazze che si addormentavano beatamente. Era più che certa che Harry si sarebbe presentato al duello con Malfoy e che, senza ombra di dubbio, avrebbe fatto di tutto per vincere.
Alle undici e mezzo Emma decise che, se non poteva fermare Harry e Ron, allora li avrebbe accompagnati.
Indossò la vestaglia e si avviò verso la torre di Grifondoro. Percorse di corsa le scale fino alla porta del dormitorio di Grifondoro e non ci volle molto perché tre persone sbucassero dal quadro che chiudeva l’ingresso.
«Emma?» disse Harry. «Che ci fai qui?!» domandò esterrefatto.
«Vengo con voi, ovviamente» rispose Emma, sorridendo. «E mi sembra di non essere stata l’unica ad avere quest’idea»
Lo sguardo sarcastico che Emma lanciò ad Hermione bastò a farle alzare gli occhi al cielo.
«Allora, andiamo o no?» disse Emma.
«Tu puoi venire» disse Ron, per poi guardare Hermione con aria poco gentile, «Ma tu vattene»
   ‘E va bene, però vi ho avvertito; ricordatevi quel che vi ho detto, domani, quando sarete sul treno che vi riporta a casa; siete proprio dei...’
Nessuno seppe mai cos’erano Harry e Ron. Hermione si era voltata verso il ritratto per tornare dentro, ma si era trovata di fronte un quadro vuoto. La signora nel quadro era andata a fare una passeggiata notturna e Hermione si trovò chiusa fuori della torre di Grifondoro.
«E ora che cosa faccio?» strillò.
«Questo è un problema tuo» disse Ron. «Noi dobbiamo andare, altrimenti faremo tardi»
Emma lo guardò con aria di rimprovero. «Lei è la mia migliore amica. E quindi viene con noi»
«Neanche a parlarne!»
«Pensate che io me ne resti lì fuori ad aspettare che Gazza mi scopra? Se ci trova tutti e tre, gli dirò la verità: gli dirò che stavo cercando di fermarvi, e voi mi appoggerete» gridò Hermione.
«Bella faccia tosta, non c'è che dire...» cominciò Ron.
«Chiudete il becco!» disse Harry aspro. «Ho sentito qualcosa»
Era una specie di ronfo.
«Mrs Purr?» chiese in un sussurro Ron scrutando le tenebre. Non era Mrs Purr. Era Neville. Stava lì raggomitolato sul pavimento, profondamente addormentato; ma non appena gli si furono avvicinati, si svegliò di colpo e saltò su.
«Meno male! Mi avete trovato! Sono ore e ore che sono qui. Non riuscivo a ricordarmi la parola d'ordine per andare a letto»
«Parla piano, Neville. La parola d'ordine è "grugno di porco", ma ora non ti servirà a niente: la Signora Grassa è andata a zonzo»
«Come va il braccio?» chiese Harry.
«Bene» rispose Neville mostrandoglielo. «Madama Chips me lo ha aggiustato in meno di un minuto»
«Bene. E ora, Neville... dobbiamo andare in un certo posto. Ci vediamo più tardi...»
«Non mi lasciate!» li scongiurò il ragazzo balzando in piedi. «Non voglio rimanere qui da solo, il Barone Sanguinario è già passato due volte»
Ron guardò l'orologio e poi lanciò un'occhiata furibonda a Hermione e a Neville.
«Se uno di voi due si fa beccare, non avrò pace finché non avrò imparato quella Maledizione dei Fantasmi di cui ci ha parlato Raptor, e giuro che la userò contro di voi»
Hermione fece per aprir bocca, forse proprio per dire a Ron come usare la Maledizione dei Fantasmi, ma Harry le sibilò di tacere e fece cenno a tutti di procedere.
Scivolarono lungo corridoi illuminati dal chiarore lunare proveniente alte finestre. Ogni volta che giravano un angolo, Emma si aspettava di imbattersi in qualcuno, ma ebbero fortuna. Salirono su per una scala fino al terzo piano, e silenziosamente si avviarono verso la sala dei trofei.
Malfoy e Tiger non erano ancora arrivati. Coppe, scudi, piatti e statue luccicavano nei punti illuminati dai raggi della luna. Strisciavano lungo i muri, tenendo d'occhio le porte situate a entrambe le estremità della stanza… I minuti scorrevano lentamente.
«È in ritardo. Forse ha avuto paura» fece Ron in un sussurro.
Emma sentì quella che era la parvenza di dei passi, ma non erano di tre persone, e neanche due… «Non credo proprio» sussurrò,  sentendo il cuore batterle nelle orecchie.
Poi, un rumore nella stanza accanto li fece sobbalzare. Harry aveva appena sollevato la bacchetta quando udì la voce di qualcuno... ma non era Malfoy.
«Annusa qua dentro, ciccina, potrebbero essere nascosti in un angolo»
Era Gazza che parlava con la gatta, Mrs Purr. Harry agitò all'impazzata la bacchetta, facendo segno agli altri tre di seguirlo più in fretta possibile. Svelti, senza far rumore si diressero verso la porta opposta al punto da cui proveniva la voce di Gazza. L'ultimo lembo degli abiti di Neville era appena sparito dietro l'angolo, quando udirono Gazza entrare nella sala dei trofei.
«Sono qui, da qualche parte» lo udirono borbottare, «probabilmente nascosti»
«Da questa parte!» Emma bisbigliò agli altri e, in preda al terrore, cominciarono a sgattaiolare lungo la galleria. Sentivano avvicinarsi Gazza. D'un tratto, Neville lanciò un gridolino terrorizzato e spiccò la corsa... inciampò, afferrò Ron per la vita e franarono entrambi sopra un'armatura.
Il baccano e lo strepito furono tali da svegliare l'intero castello.
«CORRETE!» gridò Harry e tutti e cinque si misero a correre per la galleria, senza guardarsi indietro per vedere se Gazza li stesse seguendo. Girarono dietro lo stipite di una porta, percorsero un corridoio, e poi un altro, Harry in testa, senza la minima idea di dove si trovassero o di dove stessero andando. Lacerarono un arazzo e si ritrovarono in un passaggio nascosto, che venne percorso a precipizio e sbucarono vicino all'aula di Incantesimi, che sapevano essere lontana mille miglia dalla sala dei trofei.
«Credo che lo abbiamo seminato» ansimò Emma appoggiandosi contro la parete fredda e asciugandosi la fronte. Neville era piegato in due, e ansimava senza riuscire a riprender fiato.
«Ve l'avevo detto, io» mormorò Hermione premendosi una mano sul petto, «ve l'avevo detto!»
«Dobbiamo tornare alla torre di Grifondoro il più in fretta possibile» disse Ron.
«Malfoy vi ha ingannato» disse Hermione a Harry. «Te ne rendi conto, non è vero?».
«Non ha mai avuto la minima intenzione di battersi con te... Gazza sapeva che qualcuno si sarebbe trovato nella sala dei trofei; Malfoy deve avergli fatto una soffiata» concluse Emma. Ora tutto quadrava perfettamente.
«Andiamo» rispose solo Harry.
La cosa non sarebbe stata tanto semplice. Non avevano fatto neanche una decina di passi che il pomello di una porta cigolò e qualcosa schizzò come una pallottola fuori da un'aula di fronte a loro.
Era Pix. Li vide ed emise uno squittio tutto contento. «Zitto, Pix... per piacere... o ci farai espellere»
Pix ridacchiò.
«In giro per il castello a mezzanotte, pivellini? Ah, ah, ah! Sciocchi e insulsi, dovrei proprio dirlo a Gazza» disse Pix con voce serafica, ma gli occhi gli brillavano di cattiveria. «E' per il vostro bene, sapete?»
«Ma levati di mezzo!» sbottò Ron colpendolo con forza... ma fu un grosso errore.
«ALLIEVI fuori dalle camerate!» cominciò a gridare Pix, «ALLIEVI fuori dalle camerate, nel CORRIDOIO degli INCANTESIMI!» Si tuffarono sotto di lui e spiccarono una corsa con tutta la forza che avevano nelle gambe, dritti verso l'estremità del corridoio, dove andarono a sbattere contro una porta... chiusa a chiave.
«Siamo arrivati al capolinea» disse Ron sconfortato mentre spingevano inutilmente cercando di aprirla. «Siamo perduti! la fine!»
Udirono dei passi: era Gazza, che correva più in fretta che poteva verso il punto da cui provenivano le grida di Pix.
«Vi decidete a fare qualcosa?» sbottò Hermione. Afferrò la bacchetta di Harry, colpì il lucchetto e sussurrò: «Alohomora!»
Il lucchetto scattò e la porta si spalancò davanti a loro, la oltrepassarono spintonandosi, la richiusero velocemente e vi pigiarono contro l'orecchio, rimanendo in ascolto.
«Da che parte sono andati, Pix?» stava chiedendo Gazza. «Svelto, parla!»
‘Di' "per favore"‘.
«E va bene... per favore!»
«NIENTE! Ah-ha! Te l'avevo detto che non avrei detto niente se non dicevi per favore! Ha ha! Haaaa!» E i ragazzi udirono Pix allontanarsi con un sibilo mentre Gazza, furente, lanciava maledizioni.
«Crede che questa porta sia chiusa a chiave» bisbigliò Harry. Emma però lo sentì solo lontanamente.
Emma era pronta a giurare di essere precipitata in un incubo: era troppo, dopo tutto quel che aveva passato fino a quel momento.
Non si trovavano in una stanza, come aveva creduto. Erano in un corridoio. Il corridoio proibito del terzo piano. E ora, capivano perché fosse proibito.
Stavano fissando dritto negli occhi un cane mostruoso, un bestione che riempiva tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste. Tre paia di occhi roteanti, dallo sguardo folle; tre nasi che si contraevano e vibravano nella loro direzione; tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva come tante funi viscide dalle zanne giallastre.
«Cerbero…»  squittì Emma, con la voce spezzata.
Era lì, perfettamente immobile, tutti e sei gli occhi fissi su di loro, ed Emma capì che l'unica ragione per cui non erano ancora morti era che la loro improvvisa comparsa lo aveva colto di sorpresa, sorpresa che però stava superando rapidamente: il suo  ringhiare sordo non dava adito a equivoci. Si mosse lentamente verso di loro, e nel farlo lasciò visibile, anche se per pochi attimi, una botola in legno sul pavimento.
Emma riuscì a scorgere Harry che cercava il pomello della porta un attimo prima che cadessero tutti e cinque all'indietro... Harry richiuse la porta sbattendola e ripresero a correre, anzi quasi a volare, lungo il corridoio. Gazza doveva essere andato a cercarli in qualche altra direzione perché non lo videro da nessuna parte, ma di quello non si preoccuparono affatto. L'unica cosa che volevano fare era mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel mostro. Non smisero di correre fino a che non ebbero raggiunto il ritratto di Grifondoro, al settimo piano.
«Io vado, ci vediamo domani» salutò Emma, avviandosi verso il suo dormitorio.
Una volta arrivata alla testa di aquila, la sua voce musicale disse: «Sono fratello e sorella e quando lui si addormenta, lei subito si sveglia e quando lei si addormenta, lui si sveglia...secondo voi chi sono?»
Emma rimase in silenzio per qualche secondo prima di affermare: «Il sole e la luna»
Arrivò fino al suo letto praticamente strisciando. Sfilò la vestaglia e si abbandonò sul letto.
Aveva troppe domande.
Perché tenere un mostro come quello nella scuola? Cosa ci faceva al terzo piano? Come diamine avevano trovato un esemplare di cane a tre teste? Ma soprattutto cosa nascondeva quella botola?
Una cosa la sapeva di sicuro: aveva scoperto dove si trovava il pacchetto preso da Hagrid il trentuno di luglio, dalla camera di sicurezza numero settecentotredici.
 
Angolo della sottoscritta che ha scritto un capitolo in due giorniiiiiii
Eccomiiiiiii! Sono tornata, come promesso. Ecco il capitolo "Il duello di Mezzanotte", uno dei miei preferiti in tutto "Harry Potter e la Pietra Filosofale"
Ora... Non credo che domani riuscirò a scrivere tutto il capitolo di Halloween, questo vuol dire che uscirà i primi di Novembre (anche perché mi sta venendo un esaurimento nervoso a forza di scrivere sulla tastiera).
Questo capitolo mi piace molto, anche se scommetto che chi ha solo visto i film non avrà capito molto, per questo sono stata il più possibile fedele al libro.
Beh, ci si becca il prima possibile.
Ciao belli!

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