Der Hölle Rache

di meiousetsuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tod und Verzweiflung ***
Capitolo 2: *** Du wird erblassen ***
Capitolo 3: *** Alle Bande der Natur ***
Capitolo 4: *** Hört, hört der Schwur! ***



Capitolo 1
*** Tod und Verzweiflung ***


Documento senza titolo

Narratore: Levi
Rating: arancione
Hints! Di autolesionismo
Note: alla fine
Storia 1 di 4: drabble

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Capitolo 1: Tod und Verzweiflung

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Nella Città Sotterranea non abbiamo inutili nomi; un ratto è un ratto, io sono Levi e basta.
Il cadavere dalla pelle grigia spaccata da piaghe marcescenti è mia madre; servirebbe ricordare come si chiamava?
Non puzzerebbe di meno, ma non importa: nello stomaco non ho nulla da vomitare.
Ho fame, forse impazzirò… perché la sto vegliando, invece di sbarazzarmene?
Guardo il mio polso destro, attraversato dalle cicatrici che mi sono procurato alla sua morte, quando una lettera scura è affiorata, accelerata dalla sofferenza. E.
L’ho raschiata con un vetro tagliente, ma si riforma.
Non sei qui adesso? Non farti mai trovare, allora, perché il mio nome, per te, sarebbe Vendetta.


Note: I titoli: “Der Hölle Rache” (La furia Infernale) è “l’aria di bravura” della Regina della Notte
Qui, una splendida esecuzione, con sottotitoli in inglese, che parlano di “bond”, più efficace dell’italiano “legame”, visto che queste AU sono spesso chiamate anche “Soulbound”. La Regina qui ovviamente parla alla figlia, ma il senso emotivo c’è. C’è una condanna a uccidere, o si taglierà un legame insostituibile. Non pretendendo che Mozart potesse scrivere a tema! ^^
Il titolo della drabble: “Morte e disperazione”
La lingua tedesca credo sia adattissima, visto l’incipit della sigla, i cognomi, e l’architettura delle case, tipica della Baviera, precisamente la cittadina di Holzgerlingen
Nella drabble non ci sono annotazioni particolari, che aggiungerò nelle altre storie quando le scriverò. Per ora il tutto è molto canonico, tranne l’AU richiesto.

 

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Capitolo 2
*** Du wird erblassen ***


Documento senza titolo

Narratore: Levi
Grafic violence, hints! Di S&M
Storia 2 di 4: flash di 500 parole
Note: alla fine

Capitolo 2: Du wird erblassen


Non ho nessuna stima del giudizio della Corte: cosa ne sanno questi idioti com’è combattere fuori dalle mura? Però c’è Erwin che mi fissa, e per lui farei di tutto, anche mettermi in mostra.
Non credo che quel marmocchio legato come un animale da macello ― le mani bloccate dietro la schiena incatenate a un palo ― sia molto bellicoso, ma fidarsi è il peggior errore. E un uomo deve pur divertirsi.
Eren Jaeger grida la sua innocenza, come se fosse qualcosa di possibile; difende i suoi amici, accusa tutti di essere deboli e codardi, di aver paura della forza, protesta il suo diritto di essere il campione della razza umana. Interessante, non ha senso che gli sparino.
Il primo calcio in faccia lo lascia così stupito che non se ne rende conto subito, anche se non ho scherzato; la ginocchiata data ruotando la gamba gli fa sputare un dente, ma non si lamenta. Non c’è gusto, così. Un calcio nello stomaco gli spezza il fiato, poi lo strattono dai capelli, il collo tirato indietro, voglio godermi la sua espressione. Mi dico che è un’ordalia necessaria, ma la verità è che ci sto provando gusto, sento un’eccitazione sconosciuta che mi vibra dentro, non mi sono mai sentito così vivo. Un’altra ginocchiata tra il viso e il collo; potrei spezzargli la trachea, ma doso la mia potenza, appena al limite.
Quando gli metto un piede in testa mi lascia fare, distrutto.
“La mia opinione è che le parole non bastano per educare qualcuno, ci vogliono i fatti, e tu devi essere addestrato” * la mia voce suona fredda come il ghiaccio “bestiolina”.
É troppo facile pestarlo, è così in basso… perché non reagisce? Si aspetta pietà? Lo scoprirò presto il suo limite, non sono impressionabile se devo far male a una persona.
Gli metto un piede in faccia, ma qualcosa non va.
Il moccioso mi lecca la suola dello stivale, e il mio corpo va a fuoco. La E sul polso brucia come l’inferno, ma perché adesso? Non è possibile…
Strappo il polsino della sua camicia sporca, e la vedo, la L che sta sfrigolando sulla sua pelle martoriata.
NO. Non ti perdono di non essere lui — anche se basta un attimo, e so che il giusto nome di quel sentimento era riconoscenza.
Non ti perdono di essere te — come posso odiarti per non avermi salvato, se non eri nato?
Non voglio amare un maledetto ragazzino che ha un desiderio di morte a guidarlo.
Lo colpisco ancora e ancora, ho perso il conto dei calci, dal rumore gli ho rotto una costola.
Quando mi fermo e gli sollevo la testa dai capelli mi guarda per la prima volta, quasi sorridendo.
“Ancora” sussurra appena “se vuoi”. Senza che nessuno lo noti mi sfiora il polso con le labbra, rubando il sapore del suo stesso sangue.
Come in sogno vedo gli altri urlare e scattare, ma non sento nulla. Solo lui, e lo odio, e lo amo, e il mio peggior nemico da adesso sono io.

Note: Il titolo: Dovrai impallidire (perdere sangue fino alla morte)
* La frase citata finisce esattamente dopo l’asterisco


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Capitolo 3
*** Alle Bande der Natur ***


Documento senza titolo

Capitolo 3: Alle Bande der Natur

Narratore: Levi
what if?, lime, violenza, missing moment
Storia 3 di 4: OS di 1500 parole
Note: alla fine

Apparentemente non sembriamo bene assortiti, non in quel senso.
Ci alleniamo duramente, combattiamo per non pensare troppo e sopravvivere, per essere uomini e per uccidere, è la nostra missione, non lasciamo che nulla travalichi questo obiettivo. Non sono una persona sentimentale, e probabilmente non sono in grado di comprendere cosa significa realmente; tutto quello che potrebbe indebolirmi l’ho sepolto in un cimitero che esiste solo nella mia mente insieme a mia madre, l’infanzia che non ho avuto, la paura, la fame divorante e gli stracci pieni di pidocchi.
Ma quando Zoe ci ha fissati col suo sguardo da scienziata che esamina degli insetti rari ― o giganti ― al microscopio, ha capito.
“Voi maschi vi fate male anche per giocare, non sapete divertirvi altrimenti. Non badatemi, fate finta che non abbia parlato, vado… a raccogliere dati, a dopo!” Si è allontanata con un fare indifferente che non avrebbe ingannato neppure un idiota, anche di spalle mi pareva di vedere uno dei  mezzi sorrisi del suo sadico senso dell’umorismo.
Di giorno siamo fieri componenti dell’Armata Ricognitiva, i migliori. Non ci risparmiamo, anzi, ci sfidiamo a superare i nostri limiti; Eren, Mikasa e Armin erano tre bambini quando sono entrati nel Corpo Addestramento Reclute, ma la guerra fa crescere in fretta. Sono orgoglioso di loro, ma non sentiranno mai parole simili dalla mia voce, devono credere di non aver fatto mai abbastanza.
La notte, però, è nostra. Distrarsi è pericoloso, ma questo aumenta il piacere e al mattino potremo raccontare a noi stessi che quello che accade al buio è una bugia. Siamo persone sbagliate? È davvero importante? Forse lontano, fuori dalle mura, ci aspetta un mondo giusto e integro, ma la realtà ora è questa. Eren in ginocchio per me, che mi spoglia chiamandomi il suo Capitano, il suo idolo, la sua vera anima, e anche se non so amare senza riserve provo qualcosa che gli assomiglia terribilmente, perché non ho mai voluto nessuno in questo modo. Ho esperienze di sesso, chi non ne ha fatte ― di sua volontà, per poter mangiare o per stordirsi in una gratuita illusione ― nella Città Sotterranea? Sono attraente, le ragazze mi cercavano e anche gli uomini, ma ho accettato solo se avevo il pieno controllo. Eren è anche di più, penso che aver avuto qualcuno che si curava della sua esistenza abbia lasciato delle tracce che neppure le esperienze orribili che ha vissuto hanno eliminato totalmente. Lo sento quando crede che stia dormendo, mi accarezza la E sul polso e mi cede un pezzo più grande della coperta che dividiamo negli accampamenti, capisco quando vorrebbe dirmi che mi ama e si morde le labbra a sangue per non sembrarmi un marmocchio sdolcinato. Me lo dimostra di più così e io faccio lo stesso impedendogli di sentirsi ridicolo. Gli faccio sempre un po’ male, lo risollevo per i capelli quando sono soddisfatto di quello che ha fatto con la bocca tra le mie gambe ma lo bacio per ricompensarlo, il mio sapore nella sua saliva, i denti che cozzano, le mani che graffiano, ma neppure ce ne accorgiamo. A volte sono brutale con lui, so che gli piace, senza dolore non sente di meritare nulla, è come se volesse pagare una colpa, un debito alla vita. Ogni volta è più appagante, e alla fine provo qualcosa che vorrei scacciare via, una sottile ansia che tutto possa finire e penso che dovrei allontanarlo, siamo il punto debole uno dell’altro. Ma la natura è crudele e il nostro Legame me lo impedisce, noncurante della mia volontà; è il mio compagno, respiro liberamente se divido l’aria con lui, mi sento opprimere il petto se c’è troppo spazio vuoto tra noi. All’inizio l’ho chiamata maledizione, ma l’invidia che ci circondava era così densa che non ho potuto evitare di capire. Siamo fortunati, perché tutti nascono con una lettera sul polso, ma niente garantisce che incontreranno il loro soulmate; è sempre stato così, anche i libri di mitologia chiamati “storia” ne parlano, ma da quando la Terra è preda dei giganti questa probabilità è diminuita immensamente. Ho visto ragazzi con braccia e gambe masticate dai mostri morire toccando quei segni sulla pelle come il più grande rimpianto, tombe ― vuote o piene ― con la lettera incisa vicino al nome dell’ucciso per essere leggibile al fantasma della felicità che non ha conosciuto. Qualcuno si è congratulato con noi come degli sposi notando le iniziali brillare scarlatte; Mikasa mi ha promesso la più atroce delle torture se Eren soffrirà a causa mia, e se c’è una persona che può spaventarmi con quel giuramento è lei. Però non potrebbe uccidermi, tutti sanno come funziona. Non sarebbe difficile manomettere le mie spade o l’attrezzatura per il movimento tridimensionale e far sì che un gigante mi afferri, massacri, mangi e vomiti come un osceno bolo di sangue, organi e liquame, ma è troppo onorevole, mi fido di lei, non colpirebbe mai in modo così basso.


Il ricordo di quella notte è impresso a ferro e fuoco nella mia memoria.
Quando ci siamo ritirati i tuoi amici ti hanno portato in infermeria, passando a testa bassa per non guardarmi in faccia. A proposito, sono strani i tuoi occhi, non ho mai visto un colore simile è affascinante e disgustoso insieme, per quello mi piace. Sono azzurri, ma non come il cielo, come un minerale sotterrato in una caverna; brillano di una luce che mi ricorda i fuochi fatui. Sei un ragazzo già finito, Eren, ma così pieno di odio che basterà a tenerti in vita in forma umana e anche in quella di mostro finché non avrai sterminato tutti i tuoi nemici; non mentirmi, è una faccenda personale, vero? Sei sul campo di battaglia mentre dormi, mentre mangi, e anche se facciamo l’amore. È così che si chiama tra persone con il Legame, non sto a raccontare balle a me stesso. Ci sono esigenze del mio corpo che non ascolto, come quella del riposo.* Ma quando hai aperto la porta della mia stanza senza bussare come un sottoposto dovrebbe, sfidandomi, qualcosa in me ha ceduto.
“Le ferite sono rimarginate, guarisco in modo anomalo”. Per tutta risposta ti ho squadrato con fredda approvazione, appena un cenno del mento sollevato dalle pergamene che stavo decifrando.
“Anche il dente ricrescerà, non preoccuparti”.
“Non lo sono. Di’ in fretta quello che devi e vattene, sono impegnato”. Pronunciando quelle parole una fitta di rimorso mi ha attraversato le viscere. Dovevo amarti, non trattarti così, ma non so farlo.
“Sono qui per consegnarmi!”
Lo hai detto con una tale espressione seria e gridando come al tuo solito che ho quasi sorriso. Mancava solo che battessi i tacchi.
“Quindi sai qual è il tuo ruolo? Non sei stupido, vero?” Mi sono alzato nascondendo l’agitazione, ogni passo tanto leggero da non far scricchiolare il pavimento di legno, ma pesante abbastanza da tuonare nel tuo cuore.
“L’hai fatto con un uomo?” Sei rimasto sbigottito, quasi scandalizzato, e un nauseante senso di colpa mi è salito alla gola. Sei tanto giovane, e destinato a me. Siamo così danneggiati, Eren.
“Con una donna?” Scuoti la testa con forza, e no, sei anche vergine. Se esistesse un Dio imprecherei.
“Piegati sulla scrivania e abbassa i pantaloni, stringiti al bordo con le mani”.
Sei avanzato fino a toccare il legno dandomi le spalle, la testa curva, e hai chiesto una cosa sola.
“Poi mi bacerai?”
L’ho fatto prima e dopo, sul letto e sullo scrittoio e alla fine non ho detto niente, mentre piangevi piano di felicità.


Come posso accettare che tutto finisca? Come hai osato, maledetto ragazzino, fare questo a me?
Domani ci attende uno scontro decisivo nella Foresta degli Alberi Giganti** e tutti sono nel panico.
“Capitano, Eren non riesce a trasformarsi!” Una, due, dieci voci, ma non le ascolto più. Sono contento? Non devo, sono il soldato più forte dell’umanità, non appartengo solo a lui.
“Questa sarebbe una scusa? Chi è troppo vigliacco può restare qui, non so che farmene di voi!”
‘Perché non puoi, Eren? È per il Legame, non riesci a snaturarti perché ti separerebbe da me?’
“Sì. So cosa stai pensando. Ma tu puoi aiutarmi, Levi”. Non mi sta chiamando capitano, qualcosa non va; il mio nome è riservato all’intimità.
Succede tutto così velocemente che lo capisco troppo tardi, non è da me, non è possibile.
È il calore del sangue che sgocciola sulla mia mano destra a riportarmi alla realtà, la E che brucia fino all’osso. Le mie dita stringono un coltello conficcato fino al manico nello stomaco di Eren, appena sotto il costato, le sue dita come una morsa che trattengono il mio polso.
“Se la situazione si farà disperata, dovrai essere tu, Levi. Rischierò di morire, e il mio corpo reagirà o finirò insieme a voi”.
Prima che riesca a divincolarmi mi costringe a mezzo giro, e la lama dentellata morde la sua carne.
Restiamo così, a guardarci negli occhi, nei miei sento delle gocce salate e calde, ma non sto piangendo, ho scordato come si fa. Penso che sarò io a morire oggi.


Note: Il titolo: (Tra noi saranno recisi) tutti i vincoli nella Natura
*Levi è una dichiarata citazione di Elle (Death Note). Ha le stesse occhiaie, insonnia cronica e solleva le tazze di tè col medesimo gesto “errato”, cioè tenendole dal bordo con le dita dall’alto, il che renderebbe impossibile bere
** Per Wiki è scritto tutto in maiuscole

 

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Capitolo 4
*** Hört, hört der Schwur! ***


Documento senza titolo

Capitolo 4: Hört, hört der Schwur!

Narratore: Eren
what if?, pre-slash, linguaggio, happy ending
Storia 4 di 4: OS di 1000 parole
Note: alla fine

Non ne posso più di questa situazione, in parecchi modi. Uno, non sono completamente invalido anche se per adesso non ho le mani, il fumo che esce dalle braccia significa che tutto va come dovrebbe. Ormai non mi spavento più quando mi strappano alla carcassa crollata del gigante mutaforma, la maggior parte di me si fonde e intreccia con i suoi muscoli e tendini, e del dolore, per quanto atroce, decido di non curarmi.
Da quando mi sono assicurato che la L riaffiora, considero tutta la faccenda una gran rottura e basta.
Due, guardare Levi fare le pulizie approfondite è qualcosa di troppo eccitante, e non voglio restarmene fermo a letto… cioè, da solo, se mi raggiungesse andrebbe benissimo.
Soltanto lui può conciarsi come una massaia e restare l’uomo che è.
Lo osservo dedicarsi con scrupolosa attenzione alla rimozione delle ragnatele, spazzare il pavimento, procedere col lavaggio delle finestre con acqua e aceto, infine ad arieggiare l’altro materasso, quello della brandina su cui da due giorni dorme senza lasciarmi. Mi getterei ai suoi piedi per questo, ma temo che potrebbe punirmi nell’unico modo intollerabile, decidendo che sono soltanto un bambino imbecille, un idiota suicida*, andandosene e incaricando Armin o Petra di curarsi di me. Con Mikasa ha un rapporto teso, credo che lo faccia apposta a tenerla occupata e lontana da me.
È geloso.
Questo pensiero mi attraversa completamente, è fisico, e così potente che sovrasta la sofferenza e la sensazione del mio corpo che si rigenera. Vorrei che mi possedesse, qui e ora, ma so di non avere speranza. Lo fisso in quegli occhi d’acciaio, che spuntano dai due fazzoletti rosa ― uno in testa e l’altro legato davanti per non respirare la sporcizia ― come quelli di una danzatrice di un antico disegno della collezione di Armin. Guardami.
“Sei troppo basso per spolverare sopra l’armadio, devi salire su uno sgabello”.
In un attimo la temperatura della stanza scende, sento una vampata di rabbia che proviene dal suo fisico compatto mirare e colpirmi come una martellata.
“Sta zitto, bastardo, lo sto facendo per te, la pulizia è essenziale, perché vi piacesse vivere come dei maiali non lo capirò mai, per fortuna ci sono io a farvi lavorare”.
“Fino a prova contraria quello che aveva una madre che faceva…”
Ho esagerato. Levi si strappa la copertura dal viso, scoprendo le labbra perennemente piegate in un’espressione di disprezzo, raggiungendo il lato sinistro del lettino di ferro in tre passi silenziosi e letali, come una belva. Un piede posato sulle lenzuola, solleva di poco l’attrezzo che brandisce in mano.
“L’unica puttanella che vedo è sdraiata qui e ha voglia di giocare. Vorresti che ti spaccassi questo addosso, uh?”
Il pesante battipanni resta sospeso su di me, e non riesco a non inghiottire così rumorosamente da farlo divertire. Non è facile capire quando è offeso o scherza, ha quasi la stessa reazione; credo che dipenda da chi ha davanti, da quanto lo trova tollerabile.
Faccio segno di sì con la testa, senza osare neppure un battito di ciglia non necessario, lui mi da un colpo di assaggio su un fianco, ma si ferma subito.
“Non ancora, e non per quei moncherini, ma per questa”.
Abbassa la coperta ruvida, mi sfila con attenzione la camicia fuori dai vecchi pantaloni stinti che uso per dormire, e tocca la fasciatura che copre la ferita che mi ha fatto col coltello a doppia lama. Che io gli ho fatto fare, perché non sono bravo a ragionare come lui, perdo la lucidità. Quando mi ha visto sanguinare troppo mi ha fissato con odio, perché non mi avrebbe sacrificato, ma davanti a due giganti anomali che gli erano arrivati troppo vicino mi sono trasformato senza ostacoli, dovevo capirlo da prima. Sono stato stupido e per mostrarmi eroico l’ho fatto stare male, non potrebbe negarlo; noi ci sentiamo.
“Sta guarendo bene, non è nulla. Stai diventando sentimentale, Capitano, sarà la vecchiaia”.
Adesso ho passato il limite, non potrà non farmi niente, e io ne ho davvero bisogno.
Levi mi sorride, inquietante, poi si dirige verso il tavolino dove ha posato le cose per fare le pulizie, in ordine di grandezza: la scopa poggiata ad un angolo, il secchio con l’acqua, la pila di stracci, il battipanni che torna al suo posto, la paletta di legno, il sapone. In questo momento realizzo cosa mi ricorda; è la stessa disposizione dei suoi strumenti di tortura, precisa, efficace, funzionale, perché si tratta di eseguire un compito e Levi non fa niente senza sforzarsi al massimo o con troppo coinvolgimento. Mi domando se distingua le due situazioni, e soprattutto se lo vorrei.
“Apri la camicia, Eren. Già, non puoi. Fastidioso”.
Rapido e deciso slaccia i bottoni dell’indumento non proprio pulitissimo che porto, ma sembra non badarci, poi tira giù anche i pantaloni, fino a scoprire il mio sesso. Quando il piumino per raccogliere la polvere mi passa lieve sulla gola, poi mi solletica sul petto, emetto un gemito senza vergogna, chiudo gli occhi e posso solo sperare che non stia per finire, che scenda di più. Lo sta facendo, sento quel tocco morbido e impazzisco di desiderio, se è un sogno non voglio svegliarmi.
“Non smetto, non agitarti, in fondo te lo devo”. La sua bocca si posa sulla mia mentre continua a farmi morire di piacere solo sfiorandomi con le piume, scivolo con le labbra lungo uno zigomo, l’orecchio, poi con i denti afferro il fazzoletto e lo tiro via, per sentire i suoi capelli d’inchiostro e seta sul viso.
“Levi… te lo giuro, sarei felice di morire per te, ogni giorno. Ma cercherò di non farlo per non lasciarti solo. Hai la mia parola”.
“Ti amo anche io”. L’ha bisbigliato così piano che ho il dubbio di aver capito quello che vorrei, che non sia reale, ma credo di sì, perché continua a farmi quella cosa meravigliosa, e mi bacia ancora, e sento che il mondo è ancora un posto che può essere salvato, e che ho un motivo per voler vivere.


Note: Il titolo: Ascolta, ascolta il giuramento!
* He is nicknamed “the suicidal idiot” (Wikia)
Mi scuso della volgarità nel rating arancione, ma nell’audio originale non ci vanno leggerissimi...

 

 

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