I am not lonely when you are pouring

di ByeNina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** moongrin ***
Capitolo 2: *** brothergrin ***



Capitolo 1
*** moongrin ***


Le porte chiuse di una città che riposa, un diramarsi di segreti tra le strade scure, tutto perde di suono. Sembra di poter guardare il mondo senza i suoi colori mentre l'asfalto esala l'odore aspro della pioggia. Una folla di giovani, canzoni stridule, amici, fratelli, altri segreti. Seoul possiede migliaia di volti, ma quella della notte è la sua faccia più nera. Le luci delle finestre sono disegni di vita, se scuoti la testa, gli occhi nel cappuccio, fuori dal cappuccio, sembra di leggere la trama di quella familiarità sconosciuta. Nessuna madre, nessun figlio. Probabilmente un giovane, un bambino. 
Un paio di guance bianche e gelide, il passo svelto e incauto al tuo seguito. Seoul ha perduto ogni ricordo, non puoi riconoscerla, le tue mani, sono mani di un estraneo.
Uno scalpiccio di piedi in mezzo al molesto rombare di una moto laccata. Non riesci a capire cosa ti disturba di più. Ti tira la pelle quel bisogno di solitudine, la necessità di pensare pensieri. Le cose che nella tua mente stringono, si ammassano e chiedono di essere smagliate. Ti chiude il cuore la monotonia, una mancanza di coscienza, la convivenza forzata seppur dolce e docile. Un rispetto ed una cura che non hai mai incontrato.
Eppure soffocante, asfissiante, ridondante.
Ti rigetti in un fiume di mezzanotte, un flusso pieno di anonimato, dove perdi i tuoi confini, ti fondi con il buio. Dentro le tue vene, sotto la pelle sussurra la cronologia della tua vita: strana, stanca.
Il vento, a Seoul questa notte c'è vento, ti rompe la bocca, ti districa le ciglia. Vorresti stare solo, mentre tutti dormono. Mentre i tuoi compagni, il tuo esercito riposa. Ognuno assieme ai suoi angeli custodi.
Ed invece.
Nessun padre. Un bambino, un ragazzo scarmigliato, senza guanti, senza berretto. Sul corpo la corazza delle cose che non sa, gli danno forza di battere l'attrito della città.
Sembra che ti stia seguendo ma è così - così carino, che ti sosta dietro. Pochi passi di distanza. Vuole introdursi nel tuo cappuccio ogni volta che i tuoi occhi vi si nascondono. Sembra sporgersi ogni volta che ti vede sparire. Un tremore sotto le palpebre, dentro le pupille immense, piene, profondissime.
Rallenti e ti fermi, ti aspetti quasi che ti sbatta contro la schiena.
Il suo nero, il tuo nero rischiano di collassare l'uno nell'altro.
«Cosa ci fai sveglio, Kookie?» essere gentile in questo momento ti richiede uno sforzo immane. Vorresti solo poterti polverizzare e riprenderti la meritata calma.
«Non potevo dormire, Namjoon ... » respira. «  ... ssi. »
Che gran ruffiano.
Uno accanto all'altro. Il mutismo di Seoul, i vicoli, una lattina vuota, le mani rovinate. Le sue bellissime mani giovani, pulite.
Camminate vicini, ti fa male quel bisogno responsabile che senti di dire qualcosa, pure di fargli la paternale per esser uscito senza cappotto.
Eppure vicino ti sembra ridicolamente forte, solido, vorresti pervaderlo coi tuoi terrori, con l'incessante macchinare molesto dei tuoi pensieri. Sarebbe ingiusto. Crudele. Ma quanto hai bisogno di un'anima come la sua.
Si stringe a te, vuole che tu lo prenda, che tu lo assorba. Non ha paura di niente.
Con la sua candida voce, nel silenzio, la sua mano che sfiora quasi la tua mentre ti ciondola affianco :
«Moonchild don't cry/ When moon rise, it's your time ... »
La richiesta di un perdono.
Stringi gli occhi e sbuffi una risata mentre scuoti la testa nel cappuccio nero.
 
 




Note: Qualcuno mi ha detto che al mondo abbiamo bisogno di più namkook content. Infatti.

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Capitolo 2
*** brothergrin ***


Una casa vuota, una nuvola di vestiti umidi sul pavimento della stanza, il picchiare molesto di centinaia di migliaia di dita sopra il vetro. Il sole sembra non essere ancora sorto sebbene la sveglia digitale al lato della tua faccia stia segnando le dieci del mattino. Nessuna domanda. Dov’eri? Dove sei?
Soltanto una coppia di uova fritte che paiono due occhi indagatori, timidi del pallore gelatinoso dell’albume raggrinzito. Ti fissano dal fondo del piatto, la casa profuma di pane tostato e laboriosa solitudine. Scalciate le lenzuola, le gambe tutte nude ed i piedi gelidi, prendi tra le mani la tua colazione. La prendi tutta in un bacio distratto che sa di balsamo al miele e sciroppo per la tosse. Appunto, un colpo, un singulto. Il ragazzo che ti sta di fronte sembra più pallido del solito mentre si stringe alla gola la sciarpa di lana a strisce. Lasci che ti sieda accanto. «Se continui ad uscire così tardi ti ammalerai come me, » il suo tono docile e dolcissimo, un broncio ad arricciare tutte le parole e la secchezza delle sue povere corde vocali in fiamme.
Non gli rispondi, sbuffi un ciuffo dalla tua fronte, ti sembra che i capelli possano traspirare l’aria gelida di Seoul che hanno raccolto la notte scorsa. Gli offri un morso del tuo toast, rifiuta con un sorriso tiepido indicandosi il petto, il collo. Sta dicendo che gli fa male.  L’eco della pioggia battente si accatasta alle spalle dei tuoi pensieri, s’incastra il sapore croccante e americano del bacon caramellato, le briciole ti circondano le labbra facendole ispide e invitanti. 
Sai che vorrebbe farti domande. Non ne fa, affonda nei pantaloni ampi della tuta, la sua testa sembra sparire nella candida felpa gigante.
«Comunque se dovessi avrei una ragione in più per occuparmi di te.»
Il mondo esplode in un tuono, accanto alla porta socchiusa sosta un giovane biondissimo dal sorriso triste e denso d’amore. I piedi scalzi e le braccia conserte. Sembra che ti stia spiando perché solo tu puoi vederne l’ombra premurosa dal basso umido del tuo letto accartocciato.
Si inarca liquida nella luce grigia del temporale, non hai bisogno di coglierne il viso per conoscerne il proprietario.
Taehyung, il tuo attuale compagno di letto e di difetto, ti prende il piatto vuoto dalle mani.
La casa è muta, anche il tuo petto sembra essersi riempito del nuvoloso scrosciare delle immagini insonore della notte precedente.  
«Fatti una doccia, lavo queste cose,» sta parlando della treccia nera di vestiti sul pavimento.
Prima che scappi gli prendi la mano, rubi un nuovo bacio sciroppato mentre Jimin abbandona la cornice della porta scuotendo il capo, sulla faccia una riga di impotenza infelice.
«Lo faccio sempre io il bucato.» gli ricordi. 

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