Uniti di fragolottina (/viewuser.php?uid=66427)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ci stanno cercando ***
Capitolo 2: *** Bacio ***
Capitolo 3: *** Braccati ***
Capitolo 4: *** Odio ***
Capitolo 5: *** Run away ***
Capitolo 6: *** Crescere ***
Capitolo 7: *** Tradimento ***
Capitolo 8: *** Morire ***
Capitolo 9: *** Vivere ***
Capitolo 1 *** Ci stanno cercando ***
1. ci stanno cercando
Kris camminava verso
casa. Era sera, stava tornando dal lavoro, faceva la cameriera in un
locale; si sentiva stanca, ma era incredibilmente vigile. Sentiva che
era vicino, tanto vicino da condizionare il suo essere.
Ripensò a cosa era successo proprio quel pomeriggio, stava
ripulendo un tavolo, c’era un bicchiere sul bordo e
scivolò. Lei l’aveva guardato pensando che si sarebbero
sparsi i vetri ovunque, che si sarebbe sicuramente tagliata nel
ripulire, che il pavimento sarebbe rimasto appiccicoso e…aveva
voluto che si fermasse. Il bicchiere si era fermato a pochi centimetri
da terra; lei lo aveva guardato impaurita, si era alzata cauta,
sperando che nessuno avesse visto e l’aveva preso: non aveva
dovuto raccogliere i vetri e non si era tagliata, ma avrebbe preferito
farlo.
Fu in quel momento che lo vide, un ragazzo appoggiato al muro con le
mani in tasca e un berretto da baseball calato a coprirgli gli occhi.
Quando fu davanti a lui si fermò per mezzo minuto, gli sembrava
addirittura di poter sentire il suo odore…riprese a camminare.
- Hai abbastanza soldi per dormire in albergo?
Lei si fermò di nuovo, deglutì e chiuse gli occhi, lui continuò.
- Siamo ricercati.
Si fermò davanti alla porta di casa sua con le chiavi in mano: e
se fossero stati già dentro? E se la stessero aspettando? No,
glielo avrebbe detto.
Le tremavano le mani, ci mise un’eternità per infilare la chiave giusta nel buco della porta.
Entrò e prese una sacca da sotto il letto, ci infilò
dentro tutto quello che le sarebbe potuto servire, poi staccò un
quadro davanti al letto e aprì uno sportellino nascosto;
tirò fuori diverse mazzette. Erano i soldi di emergenza, da
quando lavorava cercava di risparmiare in modo di avere qualche fondo
per scappare; dietro a tutti c’era una busta: erano soldi rubati,
erano quelli che le erano rimasti da quando li avevano rubati con Rob,
5 anni fa. Sospirò, cercando di non ricordare niente a parte il
fatto che doveva lasciare la casa in fretta e li mise nella sacca
insieme agli altri. Poi uscì, lui era ancora vicino, la stava
controllando; lo odiava da morire, ma non poteva farci niente.
Abitava in una città piccola, c’erano soltanto tre
alberghi perciò la scelta non era molto difficile. Andò
in quello meno costoso visto che non sapeva quanto avrebbe dovuto
fermarsi.
La stanza era di quelle classiche, color salmone e una coperta di un
colore indistinto, tra il verde muffa e il marrone; lasciò la
sacca in un angolo e si infilò nel letto vestita, le lenzuola
erano a fredde. Non chiuse gli occhi per un solo secondo, non poteva
permetterselo: una distrazione, una sola e l’avrebbero
ripresa…e avrebbero ripreso anche lui.
Kristen e Rob si erano conosciuti quando avevano 15 anni, frequentavano
lo stesso liceo. Lui giocava nella squadra di basket della scuola, era
bravo da far paura. Lei andava spesso agli allenamenti anche se non era
lui che le interessava, era un po’ troppo sbruffone per i suoi
gusti: l’intero istituto lo venerava ed era abbastanza bello da
avere la fila di ragazze, ci credeva anche troppo. Andava agli
allenamenti per dargli fastidio a dire il vero, aveva qualcosa, una
specie di potere, riusciva a muovere la palla con il pensiero.
Poi un giorno scommise con una tipa innamorata di lui che non avrebbe
fatto nemmeno un canestro a quella partita, pena un bacio. Fu una sfida
assurda e per un po’ lei tenne il gioco, ma ad un certo punto lui
iniziò a correre più veloce dei suoi pensieri, a saltare
più in alto di qualsiasi altro ragazzo. Non capiva,
com’era possibile? Ci mise tutto l’impegno di cui era
capace, ma lui iniziava ad anticiparla e sorrideva, sembrava quasi aver
capito. La partita era diventata una sfida tra loro due anche se gli
altri non lo vedevano; prese la palla. Lei cercò di tirargliela
via, ma lui non mollava, corse sotto canestro e fece punto.
Anya sbruffò, Alex riprese la palla al volo e sorrise soddisfatto. Avrebbe dovuto baciarlo…
La mattina dopo si tirò su a sedere, non si sentiva a fatto
riposata e decise che visto che lui era ancora vicino tanto valeva
approfittarne. Guardò la sacca nell’angolo accanto alla
porta e la zip si aprì lentamente, la sua divisa pulita
volteggiò in aria fino al suo letto; le cadde tra le mani e lei
iniziò ad infilarsela. La vita andava avanti, la vita andava
sempre avanti.
Il locale quel giorno non era molto affollato, c’erano un paio di
uomini ad un tavolo, una coppia dietro il separé e un ragazzo
giovane al bancone, era una settimana che veniva e sedeva in quel posto
ed era abbastanza carino da farsi notare.
- Puoi darmi un’altra tazza di caffè?
Lei si avvicinò con il bricco e glielo versò nella tazza che già aveva.
- Vuoi anche un altro toast?
- No, grazie! Come ti chiami?
Pensò al nome sul suo passaporto falso.
- Laura…Laura Watson…
Le porse la mano e lei la strinse.
- Io sono Tom…
Rimase in silenzio, guardandola mentre lei si voltava per mettere a fare dell’altro caffè.
- Sembrerei scortese se ti chiedessi di uscire con me?
Lei sospirò. Scortese…no, che non lo era. E le sarebbe
piaciuto, ma la visita della sera prima l’aveva destabilizzata e
lui era ancora vicino.
- Lavoro…
- Tutto il giorno?
- Si…
- Passo a prenderti quando finisci stasera?
Sospirò ancora, la sua tenacia era da ammirare. Si voltò e si appoggiò al bancone, fissandolo.
- Perché?
Lui si strinse nelle spalle.
- Sei carina…
Cosa sarebbe potuto succedere in una sera?
- Il mio turno finisce alle 9…
Lui sorrise.
- Sarò qui fuori!
Se ne andò sorridendo, lei continuò a guardare la porta
dalla quale era uscito e vide che un altro ragazzo stava entrando,
avrebbe voluto scappare, ma a cosa sarebbe servito? Lui era molto
più veloce di lei, l’avrebbe ripresa in meno di 10 secondi.
Si sedette al bancone e la guardò da sotto il cappello.
- Non è una buona idea…
Guardò la tazza che aveva lasciato Chris e gli cadde
“accidentalmente” addosso, ma lui la prese al volo e lei
sbruffò.
- “Mai più” nella mia concezione del tempo è un periodo molto più lungo!
Lui rise amaramente.
- Cosa ti fa credere che mi faccia piacere rivederti?
Lei sospirò rassegnata.
- Ci uscirò stasera, sono cresciuta, sono cambiata e se tu non ti metti in mezzo non mi troveranno!
Uscì come era entrato; lei andò sul retro e si sedette in un angolo, convincendosi a smettere di tremare.
Il suo turno finiva alle otto e mezza, ma voleva avere abbastanza tempo
per cambiarsi e tornare al locale; si fece carina, anche se molte delle
sue cose erano rimaste a casa e lei non poteva tornarci, non ancora.
Sospirò cercando quella calma che aveva ritrovato dopo un paio
di anni, quella che lui aveva distrutto in così poco tempo: le
sembrava di sbriciolarsi, ma non succedeva e se era ancora tutta intera
voleva dire che poteva continuare a vivere.
Tornò all’entrata del locale, avrebbe voluto aver messo
una gonna nella sacca, ma non aveva previsto appuntamenti nel suo piano
di fuga, quindi jeans.
Tom era già lì ad aspettarla in macchina; lei gli si
avvicinò e si fermò davanti al suo finestrino aperto.
- Ciao…
Lui la guardò con sospetto.
- Hai cercato di scappare?
Lei sorrise.
- No, sono solo andata a cambiarmi…
Fu una serata talmente piacevole che a Kris non parve vera, Tom era
normale e la vita con lui sarebbe stata normale: niente fughe, niente
cambi d’identità, niente furti.
Ma sapeva che non poteva durare, sapeva che la sua vita era legata a
quella di Rob e non a livello affettivo, ma per qualcosa di molto
più profondo. E se lui era lì c’era soltanto un
motivo.
La stava accompagnando a casa, non voleva che sapesse dove dormiva, ci
sarebbero state troppe cose da spiegare; quando si fermò vide un
uomo davanti al suo appartamento. Il suo cuore iniziò a batterle
all’impazzata, non voleva farsi prendere, non poteva farsi
torturare di nuovo in quel modo; stava pensando ancora quelle cose
quando sentì distinto un altro battito che aveva accelerato
insieme al suo. Non aveva scelta se voleva conservare la sua
libertà.
Scese dall’auto e guardò Tom negli occhi.
- Devi andartene!
Lui la guardò preoccupato.
- Ho sbagliato qualcosa?
Lei si guardò intorno impaurita, l’uomo si stava avvicinando.
- Ti spiego tutto un’altra volta! Ora vai!
Non era molto convinto.
- Sicura?
- Di corsa!
Gridò talmente forte che la sua voce rimbombò nell’auto e lui partì.
Lei si guardò intorno, era sola e non c’era soltanto un
uomo ad aspettarla. Iniziò a sudare freddo e si sentiva
pietrificata, di nuovo, tutto daccapo. No, non lo avrebbe permesso, mai!
Iniziò a correre verso la parte opposta da dove si era
allontanato Tom; di certo non era veloce come Rob, ma poteva prendere
tempo. Iniziarono ad inseguirla e lei cercò di correre ancora
più forte, cercò di concentrarsi per quanto fosse
possibile e si rese conto che dietro il suo respiro affannato ce
n’era un altro il suo. Stava venendo ad aiutarla, pregò
che avesse imparato a volare.
- Kristen, si fermi! Vogliamo soltanto parlarle…
Non li ascoltò, da quando le davano del lei? Di certo non lo
facevano quando era legata su quel lettino. Svoltò per il bosco:
tanto buio, tanti alberi e tante cose da muovere. Lui era vicino e
questo giocava a suo favore. Iniziò a toccare tutto quello che
poteva e tutto prendeva vita e rallentava i suoi inseguitori, non di
molto però.
Era finita, non aveva più fiato. Sentiva i passi dietro di lei
sempre più vicini, le gambe protestavano, ma non poteva
fermarsi, non voleva essere di nuovo una cavia. Gli occhi le si
riempirono di lacrime, mentre pensava che non ce la faceva più,
che Robert non avrebbe fatto in tempo; rallentò sconsolata, non
si era resa conto che stava singhiozzando.
Lui la prese al volo senza fermarsi e saltò. Si fermò
appollaiato su un albero come un felino tenendola per la vita.
- Ti avevo detto che non era una buona idea!
Lei si tolse le lacrime dal viso con le mani.
- Ti odio, Rob!
- Nemmeno tu sei proprio simpatica, ma ora calmati o non ne usciamo! Quanti sono?
Cercò di calmare il respiro e chiuse gli occhi concentrandosi.
- 30, sono tutti intorno…
Lui sospirò e la guardò negli occhi.
- Dobbiamo farlo!
Lei non riusciva a credere che ci stesse davvero pensando.
- Ma sei impazzito?
Salve,
devo ammettere di non aver mai scritto nulla su questa coppia, ma in
Twilight mi sono sembrati molto affiatati così mi sono presa la
briga di riscrvere le loro esistenze in chiave un po' sovrannaturale!
Spero che apprezziate il mio lavoro...baci&abbracci...
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Capitolo 2 *** Bacio ***
2. bacio
Robert era uscito
dallo spogliatoio stanco e perplesso, la partita era stata
strabiliante, ma...strana. C'era qualcun altro lì nel campo oltre le
due squadre, qualcuno che se l'era presa con lui, qualcuno che però non
aveva idea di quanto riuscisse ad essere veloce e forte in certi
momenti; ovvio che non lo sapeva, non era certamente di quelle cose che
poteva raccontare al suo migliore amico, mentre facevano i passaggi
dietro casa con il canestro attaccato alla porta del garage!
L'avrebbero preso per imbroglione prima e per pazzo poi, molto meglio
accontentarsi di essere soltanto bravo, anche se sarebbe stato in grado
di far impallidire Micheal Jordan.
C'era una ragazza appoggiata al
muro con lo sguardo scocciato, stava aspettando lui, dopo ogni partita
c'era sempre una tipa che se ne stava lì ad aspettare che uscisse e a
complimentarsi sulle sue prodezze; solo che in genere non sembravano
così infastidite. Si avvicinò tranquillo tenendo in una mano la sacca
per gli allenamenti.
- Stai aspettando me?
La ragazza sospirò.
- Se sto appoggiata a questo muro non deve per forza voler dire che sto aspettando te, non credi?
La guardo incerto, irascibile la tipa.
- Non stai aspettando me?
Sbruffo, era davvero arrabbiata.
- Si, va bene?
Ok,
non c'era dubbio che quella fosse una fuori di testa; una fuori testa
con tutte le forme al posto giusto e due occhi strabilianti, ma
comunque una fuori di testa.
- Beh, dimmi!
Incrociò le braccia sul petto e chiuse gli occhi scuotendo la testa, poi lo fissò squadrandolo da capo a piedi.
- Come hai fatto?
Deglutì sempre più perplesso, era tentato dal chiamare aiuto.
- A fare cosa?
Le sfuggì una mezza risata seccata.
- Come se non lo sapessi...a vincere!
Non sapeva esattamente cosa rispondere.
- Mi alleno?
Gli lanciò un'occhiata scettica.
- Ma fammi il piacere...
La ragazza iniziò a fissare il muro davanti a lei, inquieta,
mentre in lui si faceva largo una verità che non poteva
sospettare.
- Eri tu?
Non rispose, continuando a tenere lo sguardo lontano dal suo.
- Senti, facciamola breve, ok? Ho scommesso un bacio con una tizia del tuo fan club...
La interruppe ridendo.
- Ho un fan club?
Lo gelò con lo sguardo.
- Ne hai più di uno...comunque, posso?
Ora
si spiegava tutto, ma guarda le scene per farsi dare un bacio! Certo,
che alcune ragazze ne avevano di fantasia. Ci era quasi cascato, ma
ormai era ovvio che erano tutte stupidaggini; la guardò sorridendo.
- Un bacio?
In
genere rifiutava, ma andava premiata la creatività di quella ragazza e
poi, soltanto un bacio, non avrebbe fatto del male a nessuno.
- Senza lingua!
Annuì.
- Però posso sapere il tuo nome prima?
- Per vantarti con i tuoi amici? Oh...
Sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Perchè mi sono infilata in questo guaio?!
Il suo talento da attrice era innegabile.
- Niente nome, niente bacio...
- Kristen Stewart...
La
conosceva, di fama più che altro, era una delle ragazze più brave della
scuola; una di quelle che partecipava alle olimpiadi di matematica, hai
concorsi di scienze e soprattutto una di quelle che vinceva quasi
sempre. Ma non se l'era mai immaginata così, nella sua mente vagava
l'idea della tipica secchiona con tanto di occhialoni, apparecchio e
trecce.
- Va bene, Kris...
Lo interruppe brusca.
- Kristen!
Sospirò: perchè cavolo faceva così tanto la difficile?!
- Kristen, un bacio!
Si
mise di fronte a lei appoggiando le mani al muro alle sue spalle, la
guardò a lungo negli occhi finché lei non li chiuse, poi si sporse e le
sue labbra toccarono quelle di lei appena socchiuse; sentì un fischio
alle sue spalle, qualche suo compagno che evidentemente aveva gradito
lo spettacolo, poi un gran frastuono.
Kristen lo stava guardando
incredula; il suo fisico non era cambiato molto in quegli anni in cui
erano stati lontani, ma i suoi occhi, oh, non poteva immaginare niente
di più diverso. Il solito azzurro, ma nono avevano più niente a che
vedere con quell'orgoglio, quella forza d'animo che li aveva sempre
contraddistinti, sembravano arresi; tremava di paura tra le sue
braccia, costretta a ricordare il passato, tutto quello che le avevano
fatto. Temeva quasi che si sarebbe sbriciolata e scivolata tra le sue
dita come una manciata di sabbia; ma doveva convincerla.
- Kris, se
non facciamo del male a loro, lo faranno a noi! Preferisci che studino
di nuovo le mie reazioni nel sentirti soffrire, è quello che vuoi?
Il
panico la avvolse una nuvola nera e tossica che la strinse nella sua
morsa, facendola lacrimare e singhiozzare più forte, mettendola davanti
a quella scelta inevitabile.
- Poco, solo per darci il tempo di scappare...
Gurdava
fisso davanti a lei, scossa di tanto in tanto da un tremito, fragile,
come una bambola di vetro finissimo; annuì e lo fissò negli occhi, le
sfuggì un mezzo sorriso isterico.
- Ma senza lingua!
Sospirò come
risposta ed improvvisamente anche lui ebbe paura, aveva baciato delle
ragazze, ma sapeva quanto poteva essere distruttivo e pericoloso
baciare Kris; le mise una mano sul suo viso impaurito, mentre gli
uomini che stavano dando loro la caccia avevano raggiunto l'albero sul
quale si erano nascosti, qualcuno gridò.
- Tutti al riapro, stanno per farlo!
Lei
strinse in un pugno la maglietta di Rob all'altezza della spalla e
chiuse gli occhi, mentre vedeva i suoi avvicinarsi lentamente, ma anche
in quel modo poteva vederli, azzurri, intensi; qualcosa di caldo e
morbido si posò sulle sue labbra. Una bacio.
Quando si
staccarono della scuola non erano rimaste che macerie. Il ragazzo che
aveva fischiato poco prima, giaceva a terra con la testa sanguinante,
colpito da un pezzo di intonaco; avevano distrutto tutto con un bacio.
Wow,
mi avete letta talmente in tante soltanto in una notte che ho deciso di
mettermi sotto e mandarvi subito il secondo capitolo!
Tiva95, sono contanta che tu non abbia mai letto niente come questo, spero che anche questa parte ti piaccia!
Baci&abbracci...
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Capitolo 3 *** Braccati ***
3. silenzio
Rob spinse via un albero che gli era
quasi caduto addosso, guardò Kris a terra, i suoi occhi
continuavano a vagare su quel disastro; le si accucciò accanto e
lei sussultò.
- Ti sei fatta male?
Non si aspettava davvero una risposta, la ragazza posò gli occhi su di lui, fissandolo.
- Tu si.
Semplice constatazione, si guardò i vestiti sporchi di terra e
foglie, sentiva che da un momento all'altro sarebbe crollata, ma si
costrinse a resistere; deglutì e si passò le mani sulle
guance bagnate di lacrime, senza rendersi conto di sporcarsi ancora di
più. Sospirò cercando di ritrovare la calma necessaria
almeno ad alzarsi; Robert la sostenne con lo sguardo, pronto ad
aiutarla. Afferrò il suo braccio per sorreggerla, quando la vide
inciampare in un ramo spezzato rischiando di cadere; Kristen lo
allontanò bruscamente, non voleva il suo aiuto. Iniziò a
camminare insicura in direzione della strada.
- Non ho un posto dove andare...
Si fermò rimanendo di spalle, avrebbe voluto dirgli di cavarsela
da solo, ma non poteva abbandonarlo; non aveva mai capito quel legame
che li univa, ne perchè la loro vicinanza dava certi effetti
collaterali, ma non poteva fare a meno di aiutarlo come sapeva che
avrebbe fatto lui.
- Passo in albergo a prendere le mie cose, vai a controllare casa mia.
Sentì muovere in alto fra gli alberi, segno che Rob era già partito.
Non era crollata tutta la scuola, ma soltanto la palestra; Kristen
Stewart e Robert Pattinson furono gli unici sopravvissuti. Li
interrogarono diverse volte, insieme e poi divisi, ma con il loro stato
di shock non riuscirono a spiegare cosa era succecco, anche
perchè non lo sapevano nemmeno loro. Il loro racconto terminava
sempre con una stessa frase "ci siamo baciati, poi la scuola è
crollata".
Aveva racimolato le sue cose in fretta, l'uomo della reception era rimasto a bocca aperta vedendola in quelle condizioni, se chiama la polizia è la fine, ma non l'aveva fatto e lei se ne era andata lasciando i soldi sul bancone, senza guardarlo negli occhi.
Quando arrivò davanti alla porta di casa sua Robert era seduto
contro lo stipite, aveva l'aria sofferente. Rimase a fissare il suo
incubo di sempre che faceva capolino nella sua vita reale, ribaltando
ogni equilibrio; cercò le chiavi ed aprì la porta senza
considerarlo, apatica.
- Fa male.
Abbassò le palpebre lentamente e si portò un dito alle
labbra intimandogli di fare silenzio; doveva rimettere insieme i cocci
della sua vita ed aveva bisogno del silenzio più assoluto per
farlo. Rob la seguì in una piccola cucina, si mise sulla sedia che lei posizionò
davanti ad un tavolo. Ce lo fece allungare e tirò fuori la
cassetta del pronto soccorso da dentro uno scaffale. Gli
arrotolò la maglietta fino a scoprire una lunga scheggia di
legno infilata sulla sua spalla sinistra; toccò la pelle
arrossata con la punta delle dita e dalla gola del ragazzo uscì
un gemito strozzato. Ritrasse la mano, impaurita da quel senso di
disagio che provava tutte le volte che lui stava male.
- Non ce la faccio!
- Devi!
Scosse la testa con le lacrime agli occhi, lui la gurdò supplichevole.
- Starò zitto!
Tirò su con il naso.
- Come se questo cambiasse le cose!
- Kristen, ti prego...
Deglutì un groppo troppo grande, poi allungò una mano
tremante verso di lui, verso quel dannato pezzo di legno; lo strinse
nelle dita e vide i muscoli delle sue braccia tendersi stringendo forte
tra le mani i bordi del tavolo. Prese un respiro prteparandosi
mentalmente all'urlo che si sarebbe riversato nella sua testa. E lo
tirò via.
Si morse il labbro, mentre le sue lacrime, scurite dal percorso sulla
sua guancia sporca di terra, cadevano e macchiavano silenziose i suoi
pantaloni; lanciò la scheggia sul pavimento e facendosi forza
iniziò a cospargere la ferita con una pomata antibiotica.
- Grazie, Kris...
Non voleva nemmeno i suoi ringraziamente, non lo avrebbe aiutato se non avesse avuto altra scelta.
- Domani starai abbastanza bene per andartene e portarteli via da qui!
Lo coprì con un cerotto di garza e si allontanò; si
andò ad accucciare davanti alla finestra, guardando fuori quella
notte così silenziosa, il mondo sembrava non portare tracce di
quello che avevano fatto. Ma la mattina dopo qualcuno avrebbe visto
tutti quegli alberi caduti, avrebbero iniziato a farsi domande, Tom
avrebbe raccontato di come lei era scappata senza un motivo apparente;
l'avrebbero ripresa per primi, infondo Rob era abbstanza veloce da
riuscire a sfuggirgli per un po'. Per questo l'avrebbero picchiata,
avrebbero sfruttato quel legame per farlo correre da lei, una forza
fuori dal comune ed una velocità così strabiliante di
certo erano più promettenti di qualche trucchetto
telecinetico degno di X-files.
Lui si abbassò la maglietta.
- Non credo, cercano te...
Questa era una novità dovevano averla rivalutata; sentì
salirle agli occhi lacrime di rabbia: non era giusto che lui fosse
lasciato in pace.
- Come fai a saperlo?
Provò a ruotare il braccio con una smorfia.
- Li ho seguiti e sentiti parlare di Laura Watson!
Un brivido le percorse la schiena, mentre appoggiava la guancia contro
il vetro freddo; chiuse gli occhi, stavolta era impossibile non
sbriciolarsi, tenere tutti i pezzi che rischiavano di staccarsi insieme.
I loro genitori non li avevani più mandati a scuola, ma anche in
casa, li guardavano di sottecchi: i loro figli erano improvvisamente
diventati ingestibili. Robert aveva sentito sua madre sussurrare a suo
padre prima di addormentarsi "Tesoro, e se stanotte distruggerà
anche la nostra casa?". Per questo non avevano opposto resistenza
quando un gruppo di ricercatori si era recato a casa loro per
prelevarli e studiarli, anzi era sembrata la scelta migliore; li
avrebbero curati e resi di nuovo i loro adorati bambini. Li misero in
una stanza più simile ad una prigione che alla camera di un
ospedale li costrinsero a cambiarsi lì dentro, insieme, uno di
spalle all'altra; Kristen non si era mai spogliata per nessun ragazzo,
ma a nessuno importò del suo imbarazzo. Anzi le chiesero di
voltarsi, per valutare se il loro legame era anche di tipo sessuale;
Robert si pentì di aver pensato che fosse carina davanti al suo
viso arrossato ed ai suoi occhi lucidi. Umiliata, come se fosse una
cavia prima di una persona, ma quella presto sarebbe sembrata una
sciocchezza.
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Capitolo 4 *** Odio ***
4. Odio
Kristen si
svegliò nel suo letto e per un secondo ebbe la tentazione di
credere di aver fatto soltanto un brutto sogno; purtroppo la
verità era troppo evidente. Indossava ancora i vestiti sporchi
della sera prima ed il suo odore, oh, il suo odore era ovunque, come se
fosse vissuto lì da sempre. Cercò di ricostruire i fatti
mentre si dirigeva in bagno a farsi una doccia; doveva essere svenuta
quando Rob le aveva detto che era proprio lei che stavano cercando.
Rabbrividì sotto il getto dell'acqua calda ricacciando indietro
tutta quella serie di ricordi che cercava di evitare da 5 anni.
Si avvolse in un morbido accappatoio e l'odore familiare del detersivo
che usava per fare il bucato la distese; infondo, se Robert l'aveva
lasciata sola significava che era al sicuro. Ma quando entrò in
cucina ebbe un attimo di panico; tutto era come prima che perdesse i
sensi: la scheggia di legno insanguinata per terra, la cassetta del
pronto soccorso sul tavolo aperta. Posò lo sguardo su ogni cosa,
per ultimo sul frigorifero, dove sotto una delle calamite a forma di
frutta c'era un foglietto con una calligrafia non sua; si
avvicinò piano, le sembrava di muoversi a rallentatore e lesse.
Sarò sempre abbastanza vicino
da poter intervenire se sarà necessario, ma cercherò di
non influenzare la tua vita; non sono in grado di affrontarci insieme.
Se non si faranno più vivi me ne andrò di nuovo. Robert.
Si strinse più
forte nell'accappatoio, si sentiva persa; odiava essere così
fragile, odiava che bastasse così poco a mandarla in crisi.
Chiuse gli occhi respirando lentamente, assaporando il silenzio che si
era di nuovo impossessato di casa sua.
Lasciò la cucina immersa nella confusione, non se la sentiva di
riordinare, non ora almeno; tirò fuori dalla sacca la divisa del
giorno prima, la stirò e se la mise. Si passò il
correttore sotto le borse che aveva sotto gli occhi, dovute alle
lacrime della sera prima; sembrava così distrutta. Mimò
un sorriso davanti allo specchio che non avrebbe convinto nessuno e
sospirando andò a lavoro.
Nonostante le sue tristi previsioni, Tom si presentò nel locale
al suo solito posto anche quel giorno; Kris rimase a guardarlo
preoccupata prima di avvicinarsi a chiedergli l'ordinazione.
- Toast e caffè, come sempre!
Sorrise e lei annuì, mettendone a scaldare uno sulla piastra e
preparando un piattino giallo; gli si avvicinò con una tazza ed
il contenitore del caffè già pronto.
- Grazie...e per ieri sera, Laura, non preoccuparti...
Lo fissò in ansia: e se l'avesse seguita? Se l'avesse vista
toccare cose inanimate che improvvisamente prendevano vita? Se avesse
visto Rob sollevarla come un ramoscello e spiccare un salto di un paio
di metri? Si morse la parte interna della guancia, come faceva sempre
quando era nervosa; lui intuì il suo disagio.
- Si, del tuo padrone di casa, anche io ho abitato in affitto per un po'...i proprietari sono odiosi!
Kris rise annuendo sollevata.
- Già, sembra quasi che ti diano la caccia!
Anche lui rise divertito.
- Esatto! Perciò non sentirti a disagio, ti capisco!
Posò il contenitore del caffè in silenzio; nessuno poteva
capirla, nessuno tranne lui, l'unico che non poteva fare a meno di
odiare. Prese il Toast e lo mise sul piatto porgendoglielo.
- Grazie...
Avevano iniziato con piccole cose. Li chiudevano in stanze separate, ma
divise soltanto da un vetro infrangibile, in modo che potessero
vedersi; quando colpivano lui, lei tremava e piangeva, ma quando
colpivano lei le cose cambiavano. Uno schiaffo, un solo schiaffo e con
un pugno aveva crinato il vetro antiproiettile; il ricercatore aveva
riso, come se finalmente stessero ottenendo quello che volevano, Kris
gli aveva mandato la prima vera occhiata d'odio, poi l'avevano colpita
di nuovo. L'avevano riportata in stanza dopo di lui a pezzi e
arrabbiata, aveva provato a dirle che gli dispiaceva, lei si era tolta
il fazzoletto con cui si stava coprendo metà viso mostrandogli i
segni violacei, il labbro spaccato.
- Sei uno stupido! Io mi sono controllata perchè non hai potuto
farlo anche tu?! Guardami, tutto questo è colpa tua!
Gli aveva dato uno schiaffo e non aveva saputo fermarla, aveva ragione
era colpa sua, ma non poteva farci niente, alla semplice idea che
qualcuno potesse anche sfiorarla sentiva crescere qualcosa dentro,
qualcosa che non riusciva a controllare.
Robert scosse la testa cercando di allontanare il ricordo della sua
faccia martoriata e tornando a guardarla, infastidito da quel tipo;
protettivo, infondo quel Tom avrebbe potuto farle del male. Lo
sentì proporle una festa in maschera per la settimana dopo, di
certo non poteva mandarla da sola; si guardò i jeans macchiati
di terra e la maglietta di sangue. Non aveva fatto in tempo a preparare
le valige, la Finlandia è lontana dal Canada e doveva arrivare
prima di loro, prima che la raggiungessero; si sistemò lo zaino
con i soldi e lo stretto indispensabile sulla spalla, aveva bisogno di
un vestito nuovo.
Grazie
a tutte quelle che mi seguno, hanno inserito la mia storia tra i
preferiti e soprattutto che mi recensiscono! Mi riempite di complimenti
ed io mi sento a dir poco onorata di riuscire ad appssiondrvi! Spero
che continuerete a seguirmi e ad amare quello che vi sto raccontando!
Baci&abbracci...
Ps= purtroppo la geografia è uscita dal mio mondo anni or
sono...quindi vi prego se prossimamente butterò giù
qualche sfrondone siate clementi e fatemelo sapere così
provvederò a correggere!
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Capitolo 5 *** Run away ***
5. run away
Per diverso tempo
continuarono a picchiarla registrando ogni cambiamento fisico di
Robert: il battito accelerato, il respiro affannoso, ma la cosa
più interessante era la sua testa. Il suo cervello mandava
impulsi come se stessero realmente facendo del male a lui, per questo
sentiva il bisogno di fermarli. Ma questo di certo non bastava a
placare l'odio di Kristen: era lei che torturavano, era lei che tornava
in stanza con gli impacchi di ghiaccio; lui aveva l'impressione di
soffrire, lei si portava dietro anche le cicatrici.
Quella notte Kris dormiva già da un pezzo, di spalle sulla
branda, Rob non ci riusciva, avrebbe voluto spiegarle che ogni suo urlo
arrivava decuplicato nella sua testa; fu in quel momento che due
ricercatori passarono davanti alla loro stanza, parlando, credendoli
addormentati. Il ragazzo rimase immobile fingendo di essere in un sonno
profondo per sentire cosa dicevano.
- Se con un bacio hanno distrutto un edificio, cosa farebbero con un orgasmo?
Ricordò quando l'avevano legato sul fondo della piscina senza
poter respirare, volevano testare cosa sarebbe successo sott'acqua; la
cosa più brutta era stata l'esitazione di Kris, il suo sguardo
vuoto, per 3 secondi aveva pensato di abbandonarlo, di lasciarlo
morire. Poi aveva vinto l'istinto, aveva preso un bel respiro e si era
tuffata; era scesa ed aveva soffiato la sua aria tra le sue labbra,
inevitabilmente toccandole. Il secondo dopo tutto l'acqua era uscita
dalla piscina.
- Come farai a convincerli? Lei non accetterà mai e lui non se la sentirà di farlo senza il suo consenso!
- La drogheremo, sono adolescenti, entrambi vergini, non appena la
vedrà nuda e con le gambe aperte...come dire...la sua
virilità sarà sull'attenti!
Risate.
Rob deglutì guardandosi dalla vita in giù, poi
posò gli occhi su di lei, sulla sua figura rannicchiata ed
arresa: non poteva permetterlo, era troppo per entrambi. Non appena le
voci si furono allontanate saltò giù dalla branda; le
tolse le coperte di dosso e la prese in braccio. La ragazza
mugugnò qualcosa prima di aprire gli occhi, poi si scostò
i capelli dal viso e lo guardò ostile.
- Si può sapere cosa diavolo stai facendo?
Lui rimase fermo davanti alla porta della loro cella/stanza; c'era una
tastierina numerata con sopra un piccolo display: serviva un codice.
Poggiò la mano sul muro, poteva buttarlo giù, ma di certo
se ne sarebbero accorti e li avrebbero presi.
- Kristen, sai la combinazione?
- Se ci prenderanno ci puniranno...
Si massaggiò un braccio sul quale era evidente un segno rosso.
- Vengo punita ogni giorno per colpa tua!
La guardò fisso negli occhi, blu nel blu, non era il caso di discutere, almeno non questa volta.
- Vogliono drogarti e vogliono costringermi a violentarti per vedere che succede!
Quella frase ebbe l'effetto sperato, i suoi occhi azzurri si svuotarono
di tutto l'odio e si riempirono piano, piano di panico;
allontanò lo sguardo dal suo portandosi le dita alla bocca ed
iniziando a torturarsi le unghie.
- Ma io non ho mai...
La interruppe.
- Nemmeno io e non voglio. Non con te, non così...
Deglutì e la sentì iniziare a tremare tra le sue braccia.
- Kris, la combinazione!
Si morse il labbro e chiuse gli occhi.
- 5747761.
Digitò in fretta il numero sulla tastiera, si accese una lucina
verde accanto al display e la porta si aprì; Rob se la
caricò meglio sulle spalle e corse via alla ricerca dell'uscita,
veloce, come soltanto accanto a lei riusciva ad essere. La ragazza
seguiva una mappo mentale ad occhi chiusi, sussurrandogli all'orecchio
dove andare, quando girare, quando fermarsi perchè c'era
qualcuno; era come se l'aria circostante gli suggerisse tutte le
informazioni di cui aveva bisogno e in quel momento pensò che
forse non era soltanto bravura quella che le permetteva di essere la
studentessa più brava della sua scuola.
Si fermarono a casa loro, ma non passarono dalla porta; si
intrufolarono nelle loro camere dalla finestra, giusto il tempo per
cambiarsi, infondo i loro genitori erano quelli che li avevano lasciati
portar via da quei mostri senza tanti pensieri. Avevano bisogno di
soldi, dovevano andarsene; si appostarono davanti ad una banca. Robert
riuscì a forzare la porta e Kristen gli fornì il codice
per il deposito, nessuno si accorse di niente; cercarono nei bassi
fondi e trovarono uno spacciatore che oltre a marijuana e diversi tipi
di cocaina vendeva anche documenti falsi.
Si divisero il bottino e andarono all'aereoporto più vicino come
Laura Watson e Matt River, comprarono due biglietti, uno per la
Finlandia ed uno per il Canada; la ragazza riuscì a manomettere
i controlli elettronici della sicurezza in modo che non si accorgessero
che in quelle borse non c'erano vestiti, ma soltanto soldi. Si
guardarono un'ultima volta, si promisero di non vedersi mai più
e si divisero.
Quando la mattina dopo, vennero denunciate la rapina in banca e la fuga da quella prigione erano entrambi in due stati diversi.
Wow...hanno
avuto un passato drammatico direi...ringrazio tutte quante
recensiscono! Non avevo mai scritto in questa sezione e sono strafelice
di aver ideato una storia nuova che vi piace, spero che continuando non
deluderò le vostre aspettative e che riceverò sempre i
vostri commenti...oh! Ci conto!
Isabella Connor...mi paragoni a zia mayer, a new moon che tra l'altro
è il mio preferito, mi fai anche pubblicità! Sono
commossa, continua a seguirmi!
Baci&abbracci...
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Capitolo 6 *** Crescere ***
7. crescere
Kristen si
guardò allo specchio. Il velluto viola scuro del vestito la
avvolgeva come una coperta creando un forte contrasto con i suoi occhi
azzurri, era una meraviglia nella sua semplicità; un
normalissimo vestito elegante senza spalline, ma quando l'aveva provato
la prima volta nel negozio di abbigliamento aveva avuto l'impressione
che qualcuno l'avesse cucito proprio per lei. Staccò dalla
spallina lo scialle di seta rosa pallido, leggero come una carezza
intorno alle spalle; si tolse il fermaglio che le teneva i capelli
raccolti lasciandoli cadere liberi sulla schiena, mentre prendeva la
sua borsetta e ci metteva dentro la mascherina viola che le aveva
comprato Tom: ora era veramente pronta.
Robert la guardò entrare nella sala a braccetto con il suo
accompagnatore, sorrise timidamente per qualcosa che aveva detto; era
uno spettacolo, sembrava una stella cadente in procinto di cadere, ma
nonostante la fragilità era bellissima e lo odiava, avrebbe
dovuto ricordarsene. Fece un passo indietro verso una parete che la
luce della sfera stroboscopica non riusciva a raggiungere, le aveva
promesso che non avrebbe interferito con la sua vita ed aveva tutta
l'intenzione di mantenere la parola.
Tom la accompagnò verso il tavolo con il buffet e le
riempì un bicchiere di ponch alla frutta dello stesso colore del
suo scialle, sorrise quando glielo porse e si voltò. Rimase
immobile, gelata, l'uomo che l'aveva aspettata sotto casa, che l'aveva
inseguita era lì, dall'altra parte della sala; si
allontanò dal suo accompagnatore, cercando di confondersi con un
gruppo di altre persone, lanciò un'occhiata timorosa alle sue
spalle, ma lui la stava fissando e fece un passo nella sua direzione.
Kris chiuse gli occhi e strinse il pugno che non reggeva il bicchiere,
si morse il labbro impdendosi di piangere, ma cosa poteva fare se non
disperarsi?
Proprio in quel momento qualcuno le sfiorò la spalla coperta
dalla seta, si voltò di scatto impaurita e fissò lo
sguardò su una mascherina nera che nascondeva un paio di occhi
blu.
- Calma, nessuno oserà avvicinarsi se sei con me...siamo pericolosi insieme, ricordi?
La ragazza annuì incapace di dire niente.
La spinse paino verso un divanetto seminascosto, si sederono vicini; si
sentiva più tranquilla accanto a Rob, era forte, avrebbe potuto
far loro del male, far male a tutti quelli che volevano farne a lei.
- Non sarebbe una buona idea, attireresti troppo l'attenzione!
- Cosa facciamo, allora?
Si accomodò meglio sul divano appoggiando le braccia sullo schienale.
- Ci godiamo la festa ed aspettiamo che se ne vadano...
Kris rimase seduta composta e timorosa, lui continuò a guardare
i suoi capelli castani, poi si sporse verso di lei appoggiando i gomiti
alle ginocchia.
- Ti sta bene questo vestito...
- Lo so...
Gelida, una sferzata di ghiaccio sarebbe stata più calda.
- Sei cambiato, Rob, sei cresciuto...
La guardò, credeva che non avrebbe più detto una parola ed invece aveva parlato di sua iniziativa.
- Anche tu, sono passati 5 anni, siamo cresciuti!
Si sollevò la mascherina, facendola scivolare sui capelli come
una fascia; lo guardò con il viso scoperto, non l'aveva mai
guardato in quel modo, riconoscente, senza odio.
- Grazie, se non ci fossi stato tu mi avrebbero presa, anzi, l'avrebbero fatto il primo giorno...
Studiò il suo viso, non credeva che sarebbe successo, non
credeva che potesse davvero redimersi ai suoi occhi; lei tirò un
sospiro di sollievo come se un po' della tensione le fosse scivolata di
dosso e si appoggiò allo schienale del divano avvolgendo lo
scialle che ormai le era calato a metà schiena agli avambracci
per non rischiare di farlo cadere.
Lui si alzò e le si mise davanti, porgendole una mano.
- Vuoi ballare?
Lo guardò a lungo, poi prese la sua mano ed una leggera scossa di elettricità statica unì il loro contatto.
Robert la guidò verso la pista, si fermò e la
guardò prima di appoggiarle delicatamente una mano sul fianco
stringendo leggermente con le dita il velluto soffice; lei posò
la sua sulla sua spalla, mentre continuavano a stringersi l'altra.
Iniziarono a muoversi seguendo la lenta melodia di una canzone, Kristen
si appoggiò quasi istintivamente con la testa al suo petto, 5
anni fa non avrebbe potuto farlo, 5 anni fa Robert non era così
alto, ma ora erano cambiati; lui si abbassò strusciando la
guancia contro i suoi capelli. La ragazza si lascò guidare,
sentendo di poter abbassare la guardia tra le sue braccia,
finchè non lo sentì ridere vicino al suo orecchio.
- Kris?
Lei aprì gli occhi, anzi, li sgranò quando si accorse che
riusciva a vedere tutte le altre persone che ballavano dall'alto, la
sua testa era almeno ad un palmo più in alto delle altre; si
agitò dimenticando tutta la serenità di poco prima e
la forza di gravità ricominciò a farsi sentire. Per un
secondo ebbe paura di farsi male, ma la stretta di Rob sui suoi fianche
si accentuò e ammortizzò la caduta piegando poco le
ginocchia, poi fece toccare il suolo anche a lei.
- Grazie...
Alzò gli occhi e fissò i suoi, qualcosa si ruppe dentro
di lei, si liberò da tutti i suoi timori, preconcetti,
perchè gli occhi di Rob erano così magnetici; scosse la
testa e si voltò verso gli altri che ballavano, quando si rese
conto che dai suoi occhi era passata a fissare le sue labbra, non si
era resa conto che erano così vicini. Ma il ragazzo cercò
di nuovo il suo sguardo e quando lei si trovò con la sua bocca a
pochi centimetri da quella di lui una morsa di panico la
attraversò tutta.
- Non possiamo...è pericoloso...
- Siamo cresciuti, l'hai detto anche tu e se fossimo in grado di contorllarci?
Deglutì, mentre il suo viso continuava ad avvicnarsi.
E si baciarono.
Non
mi sono dimenticata di voi! Solo ho avuto alcune difficoltà
tecniche, come ho scritto da qualche altra parte odio Bill Gates!
Comunque, wow...sono contenta che questa storia si sia fatta
così tante ammiratrici...siete carinissime, spero che
continuerete a seguirmi!
Vi lascio con un dubbio: quali saranno le conseguenze di questo
bacio? Lo scoprirete nella prossima puntata! baci&abbracci...
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Capitolo 7 *** Tradimento ***
7.
La
terra tremò. Intorno a Kristen e Rob c'erano persone
preoccupate, donne che si reggevano al braccio dei loro cavalieri, ma
tutto finì lì.
Si allontanarono e la ragazza si guardò intorno: nel tavolo del
buffet un po' di ponch si era versato sulla tovaglia, ma quello era
l'unico danno reale. Dopo pochi secondi la musica ripartì e
tutti ripresero a ballare o parlare come se niente fosse successo;
Robert sorrise e la guardò.
- Visto?
Sorrise anche lei, improvvisamente consapevole di una
possibilità che aveva sempre ritenuto inesistente; guardò
Rob, non si era mai sentita così libera e felice.
Forse fu per quello che le uscirono di bocca le ultime parole che
avrebbe sognato di pronunciare.
- Allora, possiamo stare insieme?
Robert la guardò, l'entusiasmo che le illuminava lo sguardo e
la serenità con la quale forse non si era nemmeno resa conto di
ciò che gli aveva appena chiesto la facevano sembrare una
persona completamente diversa; più simile alla ragazza che aveva
conosciuto cinque anni fa nello spogliatoio della palestra.
Allungò un braccio intorno alle sue spalle e se la strinse
addosso, prima di sussurrarle all'orecchio.
- Quel Tom con cui sei venuta ti sta cercando!
Tom...si era completamente dimenticata di lui...immaginava di dovergli delle spiegazioni...
Il ragazzo si guardò intorno controllando, poi proseguì.
- Quell'uomo che voleva prenderti se ne è andato, sei in grado di risolvere le cose e raggiungermi a casa?
Lei annuì nei suoi occhi e lui le diede un ultimo bacio sui capelli.
- A dopo, allora!
Quando Tom la raggiunse Kristen era di nuovo sola, prese la mano del
ragazzo cercando di essere più delicata possibile, non voleva
ferirlo dopo che lui si era comportato in modo così gentile con
lei, non più del dovuto almeno.
- Puoi portarmi a casa, per favore?
Lo vide rabbuiarsi, ma acconsentì docile alla sua richiesta;
durante il tragitto la ragazza cercò di spiegargli quello che le
era successo, raccontandogli di come una volta frequentava Rob, di come
non aveva funzionato, di come era riapparso e di come fosse ancora
parte della sua vita: un cumolo di menzogne, ma si rendeva conto che
era impossibile dirgli la verità. Lui si limitò a
rimanere in silenzio ascoltandola, ovviamente non sembrava felice, ma
Kris non credeva fosse il tipo di ragazzo che l'avrebbe insultata e
magari picchiata; anche perchè se l'avesse fatto probabilmente
Robert l'avrebbe ucciso...e poteva farlo...
Superò la via che conduceva a casa sua e lei lo guardò
allarmata; cercò di tirare la leva della portiera, ma non ci
riuscì.
- Tom, fammi scendere subito, se lui...
Il ragazzo rise in modo sinistro.
- Verrà a cercarti, veramente è quello che spero...lo
sai, lui è sempre stato più interessante di te!
Il panico si impossessò di nuovo della ragazza, non era possibile, si era lasciata prendere così?
Non lo vide allungare la mano dentro la tasca della sua giacca, tirare
fuori una bomboletta spray e spruzzargliela sul viso; l'ultima cosa che
vide fu l'asfalto che scorreva veloce sotto i suoi occhi, poi tutto si
spense, compresa lei.
Quando si risvegliò si aspettava di trovarsi legata,
imbavagliata, magari, invece era seduta contro il muro completamente
vestita come alla festa; si guardò intorno riconoscendo la
stanza che divideva con Robert, evidentemente dovevano averne costruita
un'altra anche lì.
- Come si sente, Kristen?
Sospirò.
- In trappola...
- Vogliamo soltanto parlarle, non saremmo arrivati a tanto se lei avesse acconsentito senza fare storie!
Deglutì e si accorse di una cosa, la porta era aperta, davvero
si sentivano così sicuri da correre un tale rischio;
evidentemente l'uomo nella sua stanza dovette percepire i suoi pensieri.
- Voglio farle un'offerta...
Lo guardò ostile, ma lui continuò ignorandola.
- Non vogliamo lei, lo sa, è Robert che ci interessa. Abbiamo
sperimentato a lungo le vostre reazioni congiunte ed abbiamo dati a
sufficienza per non darle più fastidio, ma deve aiutarci a
prenderlo!
Lo fissò, le stavano chiedendo di tradirlo?
- Se crede che potrei portarlo qui con la forza...
L'uomo rise scuotendo la testa.
- Niente di tutto questo, ci basta che lei resti qui fino a domani
mattina. Lui la verrà a cercare e noi lo cattureremo, il suo
sarà un ruolo completamente passivo, poi sarà libera!
Si sollevò in piedi titubante, non poteva farlo, lui non
l'avrebbe tradita, ma la libertà...non aveva mai bramato niente
come la libertà.
- Come vede può uscire, ma torneremo a prenderla dimenticando la
nostra chiacchierata e tenendola qui. Capisce, che non potremmo
rischiare che lei cerchi di liberarlo...
Fissò il pavimento ai suoi piedi, non aveva scelta.
- Le basterà sedersi sulla brandina ed aspettare l'alba...
Guardò la brandina e poi la porta, sentiva l'aria profumare di libertà e vita fin da lì.
Si avvicinò al letto dove aveva versato litri di lacrime e si sedette composta, l'uomo sorrise alzandosi.
- Vado a prenderle un caffè...
Si allontanò e lei rimase lì con la sua colpa.
...mi dispiace, so che probabilmente vorrete uccidermi per questo, ma è proprio così che vanno le cose!
Spero di non deludervi troppo! baci&abbracci...
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Capitolo 8 *** Morire ***
9. Salvataggio
Mattina.
Kristen fu riaccompagnata nel suo appartamento, lo avevano preso, aveva
sentito distintamente il momento in cui Robert aveva varcato la soglia
dell'edificio; per salvarla, ovvio. Non sapeva che la ragazza che
voleva salvare, quella per cui aveva attraversato mezzo mondo era
esattamente la stessa che era rimasta lì, a fare da esca e che
l'aveva barattato con la sua libertà; l'avrebbe capita, infondo
non aveva avuto altra scelta, lei non era forte come lui e non voleva
vivere per sempre in prigione: era stata l'unica scelta possibile.
Allora perchè si sentiva così male?
Entrò nella sua casetta diretta alla cassaforte dietro al
quadro, se ne sarebbe andata di lì; una volta sull'aereo che
l'avrebbe portata in un altro stato, si sarebbe sentita meglio. Si
sarebbe costruita una vita, una vita senza paura, senza lacrime, senza
stare perennemente con le difese alzate. Avrebbe potuto terminare la
scuola, magari in una di quelle che offrivano corsi serali, oppure
privatamente, poi chissà se se la fosse cavata bene
l'università. Robert...aveva abbandonato Robert...
Le sfuggì un gemito, no, non ci doveva pensare, ora l'unica cosa
che doveva visualizzare erano i suoi progetti per il futuro ed ora
poteva farne tanti. Avrebbe incontrato uomini pronti ad amarla, ragazzi
che l'avrebbero vista come un angelo, sarebbe stata felice e quella
notte le sarebbe sembrata soltanto uno sbiadito ricordo lontano;
avrebbe avuto dei bambini, bambini con gli occhi azzurri. Come Rob...
Si fermò. Sarebbe stato inutile, impossibile. Rob era radicato
in lei, in profondità: una radice che partiva dal centro del suo
cuore e in sottili fili si estendeva in tutto il suo essere. Non
l'avrebbe dimenticato, tutto le avrebbe ricordato lui. C'era soltanto
una cosa da fare.
Andò in cucina e da un cassetto tirò fuori un coltello,
uno di quelli affilati che usava per tagliare la carne; si diresse
decisa in bagno e si fermò davanti allo specchio: si
trovò incredibilmente bella. Una bellezza malinconica, come
quelle immagini di madonne tristi. Appoggiò il coltello sul
piano del lavandino ed aprì lo sportellino che si trovava sopra
pieno di medicinali, cercò un antidolorifico e ne prese due
pasticche: così non avrebbe provato dolore. Si asciugò la
bocca con il dorso della mano e si guardò di nuovo, immaginando
il suo corpo steso, avvolto da quell'abito bellissimo, quando
l'avrebbero trovata; una volta aveva letto in un libro che le
principesse indossavano il loro abito più bello ed elegante
quando si suicidavano, lei stava facendo lo stesso.
Aspetto quelche minuto, solo per dare il tempo di fare effetto al
medicinale, poi quando sentì la testa alleggerirsi prese la
lama. Doveva restare concentrata soltanto un altro po', il tempo di
passarla all'interno dei suoi polsi, poi si sarebbe lasciata andare e
sarebbe tutto finito; piegò indietro la mano sinistra, mettendo
in mostra le sottili linee bluastre delle vene e proprio quando il
coltello era a pochi centimetri dalla sua pelle un battito diverso ed
irregolare del suo cuore la fermò. Lasciò cadere la lama
ed invece del polso si ferì per sbaglio una mano, guardò
il sangue che gocciolava dalle dita, troppo poco per morire, quel
taglio si sarebbe rimarginato in fretta, era solo un graffio. Tu-tum.
Di nuovo fissò il suo riflesso nello specchio, l'espressione da
Madonna triste era sparita e nei suoi occhi era rimasta soltanto una
scintilla di qualcosa che inizialmente non riuscì a comprendere;
poi sentì una fitta acuta alla spalla sinistra, come se qualcosa
stesse pungendo una vecchia ferita. Robert. Lei gli aveva tolto quella
scheggia e l'aveva medicato, ora qualcuno stava buttando all'aria il
lavoro che le era costato tanta fatica e tanto coraggio; in quel
momento capì cosa c'era nei suoi occhi. Rabbia cieca. Infondo
lui aveva provato a spiegarglielo mille volte quando lei tornava
picchiata: la sentiva soffrire e l'unica cosa che voleva era salvarla,
perdeva lucidità.
Lei invece la stava riacquistando, gli antidolorifici ormai l'avrebbero
dovuta intontire, ma era come se non avessero effetto; prese uno
straccio e se lo avvolse diverse volte intorno alla mano per fermare
l'emoragia che si era provocata.
Andò nella sua stanza per cambiarsi, forse quello era l'abito
perfetto per suicidarsi, ma non lo era per salvare qualcuno.
Lei avrebbe salvato Rob, o sarebbe morta nel tentativo.
Ricordava quando per poco non lo lasciava affogare in quella piscina, i
suoi occhi arresi, mentre dalle sue labbra sfuggiva l'ultima bolla
d'aria, ma ora era diverso; lui doveva sapere che non l'avrebbe
abbandonato mai più. Salvandolo si sarebbe riscattata e se
fossero rimasti insieme nessuno avrebbe avuto il coraggio di
afforntarlo, perchè insieme erano forti.
Mi
dispiace annunciarvi che il prossimo capitolo sarà l'ultimo...lo
so, quasto è un po' cortino, ma serva soltanto a spiegare cosa
passa per la testa a Kris, cosa l'ha portata a tradirlo e cosa la
farà tornare indietro...questi poveri ragazzi avranno un lieto
fine? Lo scoprirete presto...Baci&abbracci...
Ps=come sempre le vostre recensioni sono dolcissime, ringrazio tutte!
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Capitolo 9 *** Vivere ***
9.vfvcar
Kris si
fermò di fronte all'edificio chiedendosi come le era venuto in
mente di buttarsi tra le fauci del nemico, doveva essere impazzita.
Scosse la testa, non era esattamente il momento per comportarsi da
vigliacchi: lei lo aveva messo nei guai ed era un suo compito aiutarlo
ora.
Raggiunse la porta e guardò lo schermo accanto all'ingresso;
serviva per riconoscere le impronte digitali. Sospirò, niente
paura, doveva soltanto convincere una macchina che lei era autorizzata
ad entrare; deglutì e poggiò la mano sul dispositivo ad
occhi chiusi. Sentì il calore dello scanner percorrerle il
palmo, cercò di capire quello che cercava; lo sentì
passare di nuovo questa volta in modo più lento analizzando ogni
sua piccola linea della mano. Con l'altra toccò la scatola che
conteneva i circuiti, la luce si fermò come se stesse acquisendo
nuovi dati e tornò indietro per ricominciare daccapo la
procedura; una voce gracchiante ed elettronica "accesso autorizzato".
Finalmente all'interno, purtroppo quei corridoi bianchi con le luci al
neon le ricordarono momenti poco piacevoli, ma ora era diverso.
Si lasciò guidare dal suo sesto senso, dal suo captare le cose, se stessa era l'unica persona su cui potesse contare.
Rallentò e si fermò davanti a lei c'era una parete a
vetri con la solita brandina ed il bagno in un angolo, ricordò
quanto era stato duro fare pipì senza una parete vera a
nasconderla; Rob era seduto per terra ad un angolo, pallido, aveva
l'aria così sofferente. Fece un passo, poi un altro e un altro
ancora, se si fosse fermata forse si sarebbe persa di coraggio e lei
non poteva, nè voleva farlo. Si fermò quando fu tanto
vicina da poter appoggiare il palmo della mano sul vetro, lui non si
mosse, ma sapeva che poteva sentirla.
- Rob...
Appoggiò la testa contro il muro dietro di lui e la guardò freddo.
- Kristen...
Sospirò.
- Mi dispiace...
Scorse un livido che sbucava dal collo della sua mglietta.
- Oddio, Rob...
Si avvicinò alla porta, il tempo di concentrarsi per pochi
secondi e digitò il codice sulla tastierina; spinse il vetro e
corse a raggiungerlo. Non oppose resistenza alle sue mani che gli
sollevavano la maglietta e sfioravano delicatamente i suoi lividi,
tutto sommato era la cosa più piacevole della giornata; quando
tornò a guardarlo negli occhi c'era una lacrima al lato del suo
occhio.
- Io...io...non avrei voluto, ma mi sono spaventata...non volevo finire di nuovo qui dentro...
- E ti è sembrato giusto mandarci me immagino...
Non rispose, la sua obiezione non faceva una piega, avrebbe voluto
spiegargli quanto male si era sentita; ma rimase zitta, quando entrambi
erano chiusi in quel laboratorio lui ci aveva provato milioni di volte
e lei non l'aveva mai ascoltato. Ora aveva tutto il diritto di odiarla,
quanto lei lo aveva odiato.
- Mi dispiace...
- L'hai già detto...
Scosse la testa trattenendo le lacrime.
- No, per quel giorno, quando ti avevano legato sul fondo della piscina...io...
Si asciugò le guancie con le mani.
- Io non ti abbandonerò più...davvero, anche se tu non lo vorrai ti starò vicino!
Il ragazzo guardò i suoi occhi bassi, ma decisi.
- Aspetta, tu sei venuta qui per salvarmi?
La sua testa si mosse e questa volta annuì.
- Io non ti odio, Rob, non più! Sei l'unico di cui posso
fidarmi, l'unico che mi chiama ancora Kristen, nonostante sulla mia
carta d'identità ci sia stampato Laura Watson...
Lui sorrise sarcastico, iniziando a sentirsi meglio, guardò la
mano della ragazza che era rimasta sul suo addome, probabilmente non si
era nemmeno resa conto di quel che stava facendo.
- Tu mi ami, Kristen Stewart?
La ragazza sgranò gli occhi ed arrossì.
- Cosa? Io...no...
Fece scivolare la sua mano dal suo corpo e si alzò meglio la
maglia mostrandole la pelle bianca senza più nemmeno un livido.
- Sono stata io?
Robert annuì.
- Volevi che io stessi meglio, è stato più forte di te...puoi fare tutto quello che pensi!
Il ragazzo si sollevò e le porse una mano dall'alto.
- Posso portarti via di qui, Kris, possiamo andarcene insieme! In
Finlandia ci sono tanti di quei posti disabitati...lì potremmo
starcene tranquilli senza mai fare del male a nessuno, potremmo provare
anche cose che non abbiamo mai fatto...e magari diventeremo così
bravi da controllarci!
Kristen chiuse gli occhi immaginando tutto: la loro vita insieme, una
casa che profumava di legno appena tagliato, un camminetto che
scoppiettava, lei tra le sue braccia...sentì la sua eccitazione
crescere, immaginando la prima volta che avrebbero fatto l'amore...
Aprì gli occhi e prese la mano di Robert.
Tom ed altri uomini erano dall'altra parte del vetro di quella stanza,
li videro abbracciarsi senza dar loro il minimo peso; poi si voltarono
verso di loro e li guardarono sorridendo. Robert abbassò il viso
verso quello di Kristen, le tirò indietro i capelli, continuando
a tenere una mano sulla sua nuca; si baciarono, ma non quei baci
timidi, veloci, che si scambiavano quando erano obbligati, un bacio
pieno di passione, un bacio nato per distruggere che li stava
coinvolgendo molto più del dovuto. La ragazza sorrise ad occhi
chiusi contro le sue labbra, stringendo con una mano un lembo della sua
maglietta.
Quando riaprirono gli occhi Rob appoggiò il mento sulla sua
testa tenendola vicina e guardò al di là del vetro, le
macerie della struttura.
Kris aprì gli occhi e sorrise nel suo letto, insipirando il
profumo di casa sua, casa loro; si tirò su a sedere guardandosi
intorno e fissando gli occhi sulla metà del letto vuota accanto
a lei. Prese la vestaglia da sopra le coperte e se la infilò;
scese lentamente le scale fino in cucina. Rob era ai fornelli con i
pantaloni del pigiama e basta, rimase alcuni secondi a guardarlo, poi
gli si avvicinò e con la punta delle dita seguì la linea
della sua spina dorsale nuda.
- Kris, se vuoi mangiare smettila!
Ma lei si avvicinò ancora e gli posò un bacio tra le
scapole, lo sentì sospirare, poi si voltò; la
guardò negli occhi poi la sollevò e la fece sedere sul
tavolo della cucina.
- Ok, mi hai convinto!
Le aprì i lembi della vestaglia fecendosi spazio tra le sue
gambe, mentre la ragazza sfiorava i contorni del suo pigiama.
- Ma abbiamo appena finito di ricostruire la veranda, andiamoci piano!
Rise come faceva da bambina, come aveva ricominciato a fare da quando
vivevano insieme, da quando lei e Rob avevano iniziato ad amarsi senza
aver paura di niente.
Lieto fine...sono un'appassionata di lieti fini!
Grazie di tutto l'appoggio che mi avete dato e spero che sia il finale che volevate anche voi!
Una bacione a tutte quelle che recensiscono, leggono, mi preferiscono e
mi seguono...questa storia è tutta per voi! Fragolottina...
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