Quegli strani due.

di Proiezioni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avversari invisibili ***
Capitolo 2: *** 2. La cena col porno attore ***
Capitolo 3: *** 3. Un giorno di ordinaria irritazione ***



Capitolo 1
*** Avversari invisibili ***


1.

Avversari invisibili.


Indugiò con gli occhi sul pavimento di moquette e poi sul comodino vicino al letto che oscillava cullato da un movimento anomalo della terra. Probabilmente ci fu il primo rifiuto, l'incapacità totale di accettare potesse succedere proprio a lui. Seguì il realizzare che stava accadendo, che al di là delle proprie capacità straordinarie e della ferrea tempra di un corpo abituato a sopportare quasi di tutto - a parte la voglia di chiacchierare della moglie - ad accomunarlo coi terrestri c'era anche quell'amara possibilità di essere vinto da un essere così piccolo e insignificante, assolutamente imprevedibile che comunque lui avrebbe combattuto, seppur pur non potendo farlo con le proprie armi di sempre. Si sarebbe limitato agli insulti, ad imprecare contro qualcosa, se stesso, quello era certo, oltre allo struggimento tipico di ogni maschio quando le linee del termometro superano i trentasei e otto. 

L'espressione contrita fu solo il primo accenno al problema, seguito da quella sensazione di disgusto e nausea che prese concretezza quando Bulma lo invitò a pranzo. 

"Vegeta, ti alleni o no? Mia madre sta preparando i cannelloni, vuole sapere se pranzi con noi o se te li mette da parte".

"Non ho fame" affermò dandole le spalle. Ma un inflessione anomala e impercettibile nella sua voce dovette destare qualche sospetto nella compagna, a prova che - ancora una volta - lei lo conosceva meglio di chiunque altro nell'universo.

"Tutto bene?" Gli si avvicinò portandoglisi affianco. L'uomo continuò a rivolgere lo sguardo oltre le finestre. Aveva un espressione più torva del solito e per nulla giustificata in quel frangente.

"Sì perchè?" 

"Non lo so... Dalla voce mi sei sembrato strano, ma hai qualcosa?"

"Che dovrei avere?" Replicò prima di sentire una fitta allo stomaco che lo colse impreparato.

"Stai male?" Si preoccupò subito l'altra.

"Sto ... Bene" calcò sull'ultima parola rafforzando l'affermazione, più per convincere se stesso che l'altra.

"Non mi pare, ma hai mal di stomaco?"

L'altro non rispose ma sembrò indurirsi maggiormente.

"Ehi, mi rispondi?"

"Per la miseria, mi stai facendo un interrogatorio? Sì, ho mal di stomaco" si arrese infine, spazientito.

"Non è da te. Potresti digerire anche le pietre".

"Vuoi farmene una colpa?" E una punta di sarcasmo nel tono tradì il suo risentimento.

"No, assolutamente, stavo solo pensando al come mai... Sei un po’ pallido in effetti…”

“Che significa…?”

“Magari è solo un’influenza”.

“Un… Un influenza?”

“Beh, non fare quella faccia, può capitare” replicò lei senza comprendere perché fosse così sconcertato. “Succede eh…”

“Non a me!”

“Perché scusa? Sei mica un Dio? Ah sì, sua altezza non accetta di essere abbattuto da un virus…”

“Non mi è mai successo senza motivo” specificò irritato dall'irriverenza dell’altra. “A parte quando le ferite non curate si infettavano”.

“Sarà stato Trunks… A scuola gira parecchio, magari l’hai presa da lui”.

La faccia di Vegeta fu un misto tra sconcerto e avvilimento, Bulma non riuscì a non ridere.

“Non starai un po’ esagerando?”

“Senti fammi il piacere, vattene, hai esaurito la quantità di parole da rivolgermi oggi!” Poi la guardò e la faccia assunse una smorfia di sofferenza.

Bulma gli si apprestò con premura. “Tesoro…?”

“Ti…Ti ho detto vattene” ripetè infastidito prima di portare una mano davanti alla bocca e scattare verso il bagno giusto in tempo per ficcare la faccia esattamente sopra il water e rigettarci succhi gastrici e acqua.

"Vegeta!"

Bulma gli accorse dietro. Lui si alzò traballante e tirò lo sciacquone senza fiato. Si spostò al lavandino e si sciacquò bene la bocca.

“Adesso fammi sentire se è solo febbre”.

“Ti ho detto di levarti di torno” borbottò l'altro rimanendo chino sul lavandino. “Non ho bisogno del tuo aiuto.”

“Mamma mia, quanto sei orgoglioso” replicò lei sospirando. “Non sei diverso dagli altri uomini guarda…”

Lui ruotò un pò il capo verso di lei quanto bastò alle pupille per metterla a fuoco: era appoggiata allo stipite della porta con le sue pantofole rosa e indossava una maglietta con una scritta VIP. Aveva le braccia conserte e l'espressione rassegnata, quella che lui le aveva visto una marea di volte quando Bulma coglieva nel segno e a lui non restava che negare. La osservò con la sua aria da vincente: non seppe se irritarsi di più perché era ancora lì con lui o se perché l’aveva paragonato ad altri uomini.

“Cosa vorresti dire?” Le chiese irritato.

“Che montate tutti delle tragedie per un po’ di febbre o un po’ di stanchezza… Vuoi che ti prepari il giaciglio per trapassare dignitosamente? Però dico, come può il principe dei saiyan, sua radiosità, morire solo in un letto come un normale terrestre? Non sarebbe onorevole e dignitos…”

“Bulma piantala! Mi stai facendo girare i coglioni!” Ringhiò drizzando la schiena e urtando involontariamente il ripiano dove c'erano gli spazzolini. Questo oscillò rovesciando tutti i suppellettili sul pavimento.

“Non distruggermi il bagno…” commentò lei caustica, trattenendo a stento una risata che però affiorò tra le labbra.

“Fino a prova contraria è il mio bagno” specificò lui.

“Ma la casa è mia” replicò lei trionfante e poi si girò uscendo dal bagno per sentire alle sue spalle Vegeta fiondarsi di nuovo sulla tazza e rigettare nuovamente.

Quando Bulma fece per ritornare in suo sostegno, Vegeta ancora chino scorse le sue gambe nude dal basso delle spalle e con una spinta del piede le sbattè la porta in faccia prima che lei la varcasse: i cardini superiori dell'uscio partirono facendolo inclinare sulla destra.

Bulma incrociò le braccia al petto risentita e gli urlò da dietro la porta: “Senti! Visto che non ti si può parlare, ti lascio un termometro sul letto! Sicuramente non saprai come usarlo, basta che lo metti sotto l’ascella e aspetti 8 minuti, non è una cosa troppo complicata per un saiyan! Se sua altezza vorrà utilizzarlo, potrà scoprire se si tratta di una banale influenza o di un male ben peggiore!”

In risposta udì un nuovo conato del saiyan e sospirò dispiacendosene. Se ne andò scuotendo il capo e raggiungendo la madre per chiederle se avesse qualche palliativo per lo stomaco. Lei aveva finito il plasil che spesso le era utile sotto ciclo e non sapeva cosa potesse fare per quello zuccone del marito, sempre che avrebbe accettato un aiuto... 

“Gli preparo una pastina con un formaggino?” Pigolò Bunny.

“Ma quale formaggino mamma, ha quarant'anni, te lo lancia dietro, non lo conosci? Già non sopporta di essere indebolito, figurati se lo tratto da malato... Mi ha letteralmente  abbaiato addosso solo perché volevo aiutarlo…”

“Tesoro lo sai come sono fatti gli uomini… Già trentasette di febbre per loro è troppo da sopportare. Devi lasciarlo sbollire. Fallo vomitare un altro po’, poi vedrai che quando non ce la farà più ti chiamerà. Fidati di tua madre”.

“Guarda che quello non è un uomo normale. Pure se si stesse vomitando l’anima non mi chiamerebbe”.

“Ti sbagli. Lo sai che Vegeta è testardo e orgoglioso, ma tu sei pur sempre sua moglie, ricordalo.  Gli uomini fanno tanto i gradassi ma poi per certe cose sono peggio dei bambini… Pensa a Goku con le punture, grande e grosso, monta su delle tragedie... Ah, a proposito, hai ricevuto tutte le conferme per il compleanno? Goku e Chichi ci saranno?"

“Sì, verrà un bel po’ di gente. Dobbiamo far sistemare la casa però, con le mareggiate invernali sabbia e sale l’avranno parecchio rovinata e ci manchiamo da mesi".

“Chiamo la solita ditta e li mando a dare una rinfrescata agli esterni” disse sua madre controllando la consistenza dello spezzatino.

Bulma sospirò guardando il soffitto e la ciocca vicino al naso ondeggiò all'andamento del suo fiato. Riflettè se andare da Vegeta per appurare fosse tutto ok, ma decise di degnarlo di una buona dose di indifferenza per almeno una mezz’oretta, tempo che passò a tagliare le verdure mentre parlava al telefono col commercialista.

La madre, che frattanto era andata a preoccuparsi di Vegeta senza temere una sua reazione di disappunto, tornò in cucina dicendo che il povero guerriero aveva rifiutato di mangiare anche il riso in bianco.  

Bulma le sentì pronunciare quelle parole pur continuando ad avere un orecchio poggiato sulla cornetta del cordless e impegnato ad ascoltare l'anziano signore che seguiva i conti familiari da anni. Quando chiuse la telefonata la prima cosa che fece fu tornare dal marito ma venne accolta da un abbaio intimidatorio: “Si può dormire in santa pace in questa casa?!”

In risposta lei lo osservò steso sul letto a pancia in giù e col viso rivolto dalla parte opposta. “Sono io”.

“Ma tu guarda” commentò ironicamente l’altro.

“Vedo che stare un po’ male non ti ha fatto perdere la tua spiccata simpatia”.

Vegeta allora alzò la testa girandola verso la donna e le mostrò un’espressione irritata. “Senti che diavolo sei venuta a fare? Voglio riposare, ho lo stomaco in subbuglio e domani dovrò allenarmi il doppio per recuperare la giornata di oggi”.

“Domani ti conviene riposare e non sforzarti” replicò lei avvicinandosi.

“Io faccio quello che voglio domani” specificò l’altro tornando con la testa sul cuscino e rivolgendola verso i vetri in modo che non potesse guardarla.  In realtà non gli andava di farsi vedere da lei in quello stato di debolezza che non sopportava.

“Ti sei misurato la febbre almeno?” Chiese lei girando attorno al letto e trovando il termometro sbriciolato per terra. “Sei davvero stronzo lo sai?! C’era bisogno di distruggermelo?!”

“Così perderai la voglia di importunarmi”.

“Invece ti sbagli!” Bulma gli si portò davanti facendogli ombra. “Ne ho un altro e ti obbligherò a farne uso per il tuo bene! Piantala di remarmi contro!”

“Che farai tu?! Non sono sicuro di aver sentito bene” fece l'altro.

“Ti obbligherò”.

“Ma se mi basta soffiarti addosso per farti cadere per terra, vuoi addirittura obbligarmi adesso…? Buona fortuna” commentò salacemente prima di sollevare la schiena e sporgersi dal letto in tempo per non centrare il cuscino: vomitò sulla moquette il poco resto delle parole che si era tenuto dentro.

Lei lo osservò con le braccia conserte ed un'espressione caustica. “Non sei nella posizione per fare il gradasso… Se fosse qualcosa di più serio? Permetti che mi preoccupi?”

Lui alzò lo sguardo pallido verso di lei. “Che… Che diavolo dici?”

“Misurati la febbre per favore, così capiamo almeno se è influenza, vado a prenderti il termometro e un catino” gli disse muovendosi verso la porta. “Attivo r-5 per pulire a terra, non muoverti”. Bulma si abbassò per accendere un robottino e il programma di  pulizia si attivò rumorosamente emettendo della caotica musica latino americana.

“BULMA!” Abbaiò il saiyan mentre lei spariva nel corridoio. “Spegni quel diavolo di aggeggio!” Urlò esausto mentre ficcava la testa sotto al cuscino con disappunto che subì un picco vertiginoso di incremento quando il robot si avvicinò come una macchina infernale che sparava dagli altoparlanti ritmi di maracas e trombe a volume sempre più alto.



Trunks varcò la porta della camera trovando il padre e la madre sul letto. Lui era appoggiato contro la spalliera, lei gli era seduta vicino e gli stava allacciando un bracciale per misurare la pressione: Vegeta aveva la stessa aria contrita che aveva avuto Trunks quando era stato costretto a fare il paggetto insieme a Goten alle nozze di Videl e Gohan. Si avvicinò loro con cautela, quasi intimorito. Lo sguardo crucciato e nervoso di suo padre non era certo un incentivo ad avvicinarsi. Bulma non si accorse del suo ingresso e continuò a parlare. 

“Il medico mi ha detto che questo virus sta girando parecchio, è facile che tu te la sia presa da Trunks, probabilmente dopo anni che non ti prendevi una febbre ti ha colpito doppiamente più forte”.

“E’ stata colpa mia?” Chiese il bambino attirando la loro attenzione.

“Tesoro ma non pensarci neanche! Può succedere!”

“Certo se avessi evitato di starnutirmi in faccia e farmi una doccia di germi…” commentò Vegeta caustico.

Bulma gli diede una botta sul fianco, elargendogli un’occhiataccia. “Trunks, non è colpa tua se gli anticorpi di tuo padre non sono più quelli di una volta.”

“I miei anticorpi sono perfettamente funzionanti esattamente come una volta” puntualizzò lanciandole un’occhiata risentita. "Non sono mica un vecchio!"

"Nascondi solo bene gli anni" commentò lei con voce provocatoria, finalmente soddisfatta di potergli rinfacciare di quel dono che madre natura aveva lui regalato ingiustamente, e che lei invidiava tanto. "Anche se non hai una ruga di più, il tuo corpo ti dà dei segnali evidenti!"

Lui la guardò storto ma lei non ci badò: “Trunks vai a prendere la scatola verde che si trova sul lavandino nel bagno della mia stanza, per favore?”

L'altro agì subito.

“Dovresti chiedergli scusa” bisbigliò lei incenerendo il saiyan con quello sguardo brillante. Lui arricciò le labbra come se gli fosse stato imposto di fare qualcosa di quanto più lontano dalla propria indole. 

"Cerca di non farti alzare la pressione che il macchinario non mi registra i valori” borbottò lei. “Sai che Trunks non c’entra nulla… Se scopro che si sente in colpa per questa tua pessima uscita, ti giuro che…”

“Cosa?” La sfidò.

“Ti… Ti lascio in bianco per due mesi” disse aggiungendo però una smorfia di contrarietà. “Un, mese”. 

Si corresse pensando che due mesi sarebbero stati troppi pure per lei. Vegeta nel letto era sempre una calamita... 

L’altro replicò alla sua affermazione palesandole una certa dose di indifferenza. "Fa' come ti pare".

Trunks fece ingresso nella stanza insieme ai nonni.

“Si può?” pigolò Bunny. “Tutto bene? Come sta il nostro malato?”

Mai frase di quella signora lo indignò di più. Vegeta ruotò il capo dalla parte opposta rivolgendo lo sguardo oltre le finestre. La città gli sembrò assai più interessante rispetto a quei familiari impudenti e appiccicosi che mal sopportava nonostante sapesse essere persone molto, anzi troppo gentili.

“Insomma” rispose Bulma in sua vece.  “Ha visto giorni migliori…”

“Ho visto cosa? Sentite ma non si può riposare in santa pace in questa casa?” Borbottò seccato mentre staccava bruscamente il braccio su cui Bulma teneva una mano. "Vorrei stare solo, è chiedere troppo?"

I genitori di Bulma si fecero da parte ben abituati alle reazioni piccate dell’altro. Bulma si alzò facendo un gesto rassegnato. “Che brutto carattere che hai…”

Uscendo, la madre fece una scrollata di spalle con espressione soddisfatta. “Se reagisce così significa che non sta poi così male. Povero caro, il mal di stomaco può essere molto fastidioso”.

"Ma quale povero" commentò Bulma. "Povera me che devo armarmi di tutta questa pazienza!"

Trunks fu l’ultimo ad andarsene. Rimase vicino al padre ancora qualche istante e studiò la sua espressione contrita e seccata. Quando l’uomo ruotò le iridi appuntandole su di lui, Trunks provò uno strano senso di soggezione: “Ok, vado…”

“Aspetta” disse Vegeta, e il bambino si arrestò.

“Sì?”

“Vieni qui, avvicinati”.

L’altro camminò attorno al letto e lo raggiunse a piccoli passi.

“Senti…” Vegeta sapeva sarebbe stato cortese dirgli almeno un mi dispiace, non è colpa tua, ma per quanto si sforzasse, in quello stato poi, non gli riusciva proprio di farlo. Provò a obbligarsi a far uscire quelle parole, ma l'unica cosa che gli uscì dalle labbra tremolanti e strette tra loro fu l'ennesimo conato di vomito: il saiyan fece al figlio un cenno bruscò di allontanarsi.

“Papà! Va tutto bene?”

“Sì, a parte che ho la gola in fiamme”.

“Posso fare qualcosa?”  Gli chiese il piccolo con espressione dispiaciuta.

“Sì, non ti azzardare anche tu a trattarmi da malato” commentò l’altro.

“E’ che volevo essere utile, mi dispiace perché a scuola tutti erano malat…”

“Trunks, tu non c’entri nulla in questa faccenda, ci siamo capiti?” affermò Vegeta serio. Era quanto di più gentile potesse dir lui in quel frangente, perchè aveva i nervi a fior di pelle e la fascia che Bulma gli aveva montato sul braccio che ancora non si spegneva e continuava a stringersi e ad allentarsi.

“Chiamami tua madre” aggiunse spazientito. "Sennò le distruggo anche questo aggeggio inutile".

Bulma tornò di lì a poco. Negli occhi le brillava una luce soddisfatta. “Che succede? Ti sei rassegnato? Hai finalmente deciso di prenderti qualcosa per lo stomaco?”

“Piantala di fare l’ironica, non ho voglia di sentirti parlare, passami quelle dannate pasticche e levami questo coso dal braccio”.

“Se non volevi sentirmi parlare” replicò lei portandogli il farmaco. “Perché non te le sei fatte prendere da Trunks che era qui fino a poco fa?”

"Perché Trunks non sa come spegnere questo dannato aggeggio che mi sta stritolando il braccio” affermò spazientito, alludendo al bracciale misura-pressione che stringeva e allentava, ancora stringeva e allentava non trovando i valori corretti. Se non l'aveva già disintegrato era solo per non litigare con la moglie.

“Se non ti calmi non troverà mai la pressione giusta” fece lei porgendogli un bicchiere d’acqua e la pillola da deglutire. Lui la bevve controvoglia e lei lo guardò con aria rassegnata. “Allora, mi fai sedere?”

“Tanto fai sempre come ti pare” commentò lui.

Era un . Lei gli si sedette al fianco. “Il medico di famiglia mi ha spiegato, per quanto sappia sul tuo conto cioè niente, che quando non ci si ammala da anni, può capitare che il malore si accusi con più forza. Inoltre pare stia girando un virus che prende lo stomaco, quindi nulla di cui tu debba preoccuparti”.

“Mi fa piacere" replicò caustico. "Ma continuo a non capire come sia potuto succedermi questo”.

“Non sei infallibile”.

“Puoi evitare di ricordarmelo?”

Il bracciale della pressione si fermò con un bip. Bulma consultò i numeri. “Per stare male la tua pressione è pure troppo alta… Finirai per farti venire un ictus se non impari a calmarti."

Gli toccò la fronte. "Comunque febbre non ne hai, sarà stata un’alterazione transitoria, proprio com’è successo a Trunks mentre tu eri fuori ad allenarti chissà dove… Gli hai chiesto scusa?"

"Non sono affari tuoi quello che faccio o no con mio figlio".

"Sì che lo sono. Io sono la madre, devo ricordartelo? Sono io che devo consolarlo se tu lo ferisci" gli disse mentre sfilava la fascia attorno al suo braccio.

"Ma quale ferire! Non l'ho mica accusato, gli ho solo detto che la prossima volta che sta male, è meglio se non mi starnutisce in faccia e impara a voltarsi dal lato opposto!"

"Hai sempre dei modi bruschi. Guarda che è piccolo! Poi ci rimane male...Lo sai quanto ci tiene ad avere sempre la tua approvazione..."

Vegeta incrociò le braccia al petto. Lei si alzò e poi gli portò un altro bicchiere di acqua. "Te lo lascio sul comodino, se dovessi avere ancora la nausea con queste pasticche andrai alla grande. Non tutte insieme, ovviamente”.

"Mi hai mica preso per un imbecille? Ho mal di stomaco, non la demenza senile."

“Lo vuoi del riso in bianco?”

“Voglio solo dormire, quindi evitate di disturbarmi. Tutti quanti" puntualizzò acidamente.

"Come vuole... sua radiosità."

Quando la donna fu sull'uscio e si apprestò a chiuderlo, lui la richiamò. "Bulma..."

"Mh?"

"Lasciami Trunks domani”.

“Non vorrai allenarlo spero? Devi riposarti almeno un paio di giorni”.

“Lo porto al luna park” affermò l'altro.

Bulma ne fu entusiasta comprendendo che era il suo modo di farsi scusare. “Perchè non glielo dici tu?"

"Non ne ho voglia".

"Sarebbe carino però, così capirebbe, non posso farti sempre da ambasciatore..."

"Bulma."

"Mh?"

"Buona notte!"

"Ma vaffanculo" borbottò l'altra uscendo. 

L'altro chiuse gli occhi pronto a farsi un sonnellino appagante, ma non ebbe tempo neppure di addormentarsi che Trunks bussò timidamente di lì a poco, e aprendo la porta disse: "Papà..."

"Che c'è adesso?" Vegeta alzò la testa ruotandola verso il figlio.

"La mamma mi ha detto che mi vuoi parlare..."

Per un nanosecondo il saiyan pensò a Bulma e a come fargliela pagare, ma alla fine non gli rimase che arrendersi alzando gli occhi al cielo con un sospiro di rassegnamento: "Sì, vieni, e chiudi la porta".



Fine I episodo.

 

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Capitolo 2
*** 2. La cena col porno attore ***


2.

La cena col porno attore.

 

 

La cena fu servita dall'amorevole e cinguettante signora Bunny. Dei ravioli fumanti e grigliati e alcune prelibatezze furono sistemate al centro del tavolo alla portata di tutti i commensali. Trunks ne acchiappò uno al volo e lo portò in bocca con gusto. "Che buono!"

"Li ha fatti tua madre stamattina, non aveva molto da lavorare e mi ha dato una mano. È persino più brava di me in cucina" commentò soddisfatta mentre serviva il silenzioso genero che le era di fianco. Neppure Vegeta avrebbe mai potuto lamentarsi della cucina terrestre, abituato com’era stato a sopravvivere con quel che offriva la mensa di Freezer o che si trovava su un pianeta appena sottomesso, la vita sulla Terra offriva qualcosa, tra i tanti piaceri annoverabili, come la qualità di una cucina a cui ormai gli sarebbe stato difficile rinunciare. 

"Mamma non cena?"

"No, tua madre ha una cena di lavoro" disse la nonna mentre serviva il nonno baffuto. 

Vegeta era al corrente che Bulma quella sera sarebbe stata fuori, non si era interessato a sapere con chi perchè generalmente non era incuriosito da quel tipo di faccende. Tuttavia la sua curiosità subì un'impennata vertiginosa quando la vide passare vestita con  un certo lustro: vestitino elegante, tacchi, acconciatura sistemata. O era lui che non si abituava ad avere una donna così o era lei che nonostante i trent’anni passati riusciva sempre ad essere irresistibile: Vegeta non lo aveva ancora capito, ma l’effetto che faceva sugli uomini quando si presentava così era più o meno sempre lo stesso. Se la si guardava per più di mezzo secondo veniva la paresi facciale istantanea. Bulma passò di lì mentre era occupata al telefono, perciò si limitò a salutarli con un muto cenno che risuonò al tintinnio delle chiavi della macchina e poi sparì nel corridoio per rincasare piuttosto tardi, quando ormai tutti erano a letto. Varcò la soglia di casa dopo aver apposto l’impronta digitale su uno schermo e salì le scale parlando a telefono col responsabile del marketing aziendale. Vegeta che era nel buio del salotto a godersi la città costellata di luci e scritte luminose, udì la sua voce avvicinarsi progressivamente: "La cena è andata bene, abbiamo trovato un buon accordo, sicuramente ci farà una bella pubblicità, comunque lui è un bel tipo eh..." Lei varcò la soglia e si diresse al frigo per prelevare dell'acqua fresca. Non si accorse di Vegeta e continuò a conversare. "Sì è stato cortese, ma c’era da aspettarselo. Lo sai che mi ha detto? Anche se non hai più vent’anni potresti lavorare in questo settore e avere ancora tanto successo! Gli ho risposto che non ne dubitavo" e ascoltò la risposta dell’altro per poi esplodere in una grassa e rumorosa risata. "Comunque siamo andati in un posto riservato perché lui non voleva dare nell’occhio... In effetti sarei stata in imbarazzo se mi avessero visto con lui, anche se fortunatamente solo chi è del mio ambiente mi conosce..." Finì la telefonata con toni assonnati e si ritirò senza aver notato alcuna presenza. Salì le scale scalza, entrò in camera e prese a spogliarsi. Quando finì di infilarsi lo short del pigiama trovò il saiyan perfettamente sveglio e appoggiato alla porta.

"Santo cielo... Imparerai a bussare prima o poi? Entri sempre come una pantera..."

Il silenzio di lui in risposta non le insinuò alcun dubbio circa la curiosità del marito.

"Come mai ancora sveglio?"

"Ho caldo".

"Vero, quando è così umido tu non riesci a dormire bene" commentò lei infilandosi la maglia sopra la canotta. “Acceso il deumidificatore?”

Lui era troppo orgoglioso per chiederle come mai fosse tornata tardi e di cosa si fosse occupata. La conversazione udita aveva aumentato il proprio interesse, i toni erano stati ambigui e Vegeta non era riuscito a capire a cosa si riferisse con alcune equivoche osservazioni. Perciò fece il vago girando attorno al sodo.

"Hai chiuso l'affare?"

"Sì, e alla grande anche".

"Di cosa si trattava?"

"Un cliente molto famoso del cinema che sarà uno tra i tanti testimonial per le prossime tre fiere del settore lusso. Il mio manager dice che più sono famosi, più influenzano l'opinione pubblica. Non posso dargli torto..." Fece lei buttandosi sul letto. "Dormi con me?"

"Vado da me che sto più fresco" e dicendolo si ritirò nel più completo silenzio.

Lei crollò in meno di una decina di secondi, lui invece fece fatica ad addormentarsi ed il sonno non fu appagante. Gli dava fastidio sentirsi tanto condizionabile da una donna, come una faccenda così ambigua che la riguardasse potesse a tal punto influenzargli l’umore, impedendogli di dormire tranquillamente. Di lei si fidava, la fedeltà tra loro due era un anello circolare che li faceva gravitare l’uno attorno all’altra, ma degli uomini che le ruotavano attorno non di certo: sospettoso Vegeta lo era di natura, possessivo lo si era scoperto quando aveva preso forma il suo affetto, e se avesse mai scoperto che era proprio Bulma, la donna che lo aveva salvato da una vita di perdizione, a tradire la sua fiducia, quel durissimo colpo sarebbe arrivato a fondo veramente. Mentre i dubbi latenti minavano il suo difficile ristoro in quella camera dove solo il deumidificatore acceso interrompeva di tanto in tanto il silenzio, il saiyan rifletteva che forse a qualche terrestre avrebbe fatto saltare la testa. Riflettendo su quanto stava diventando umano e ridicolo in quel mondo, chiuse gli occhi e si addormentò con una ruga di contrarietà sul volto.

 

 
Il risveglio può celare insidie anche quando si è al sicuro nella propria stanza. L'ultima cosa che Bulma avrebbe potuto sospettare era un risveglio brusco dopo una serata conclusasi con successo. Ma avrebbe dovuto capirlo che qualcosa di strano stava accadendo dacchè sua madre, che generalmente non bussava mai alla sua porta quando lei stava dormendo, andò e venì più volte per svegliarla e alle dieci passate insistette a bussare alla porta finchè non riuscì a svegliarla.

"Avanti" farfugliò Bulma con la bocca impastata dal sonno.

"Tesoro..."

"Dimmi mamma, che c'è?" Le chiese stiracchiandosi. “Perché non mi fai dormire?”

"Ti vogliono al telefono..."

"Chi è?" Fece lei perplessa.

"Il tuo collega, Kim, dice che è urgente".

"Oh santo Dio... Che palle" Mormorò con voce bassa. "Sì passamelo" allungò la mano e prese la cornetta. "Che succede Kim?"

La voce concitata dell'altro la costrinse ad ascoltare in silenzio. Probabilmente Bulma ci mise un po’ a mettere insieme tutti i pezzi mentre il cervello si attivava innescando turbinose sinapsi, ma quando questo iniziò a inviare messaggi di allarme la schiena le scattò in avanti come non fosse più lei a controllarla. "Che cosa?! Ma stiamo scherzando?"

 

...

 
La telefonata finì dopo una mezz'ora. Su una delle testate giornalistiche di varietà più famose si era guadagnata la prima pagina. "Da scienziata ad attrice hard. Nessuna resiste al fascino di Job. La Capsule Corporation investe in prima persona nel porno".

Il telefono che iniziò a squillare costantemente divenne ben presto un sottofondo come un altro: Bulma chiese alla receptionist di filtrare tutte le telefonate in arrivo da avvoltoi giornalisti e da curiosi colleghi che avevano letto la testata in edicola, respingendo anche chi le chiedeva l’esclusiva per un intervista di chiarimento.

In tarda mattinata Bulma ricevette il manager responsabile del marketing nello studio più appartato della casa. La stanza era invasa di riviste porno con inviti che le stavano arrivando da brand pornografici per farle una proposta. Aprì la rivista di pettegolezzi dove c'era l'articolo incriminato che era stato dedicato a lei e Job, l’attore più famoso dell’industria pornografica, e tra alcuni trafiletti pieni di falsità erano state allegate delle foto  scattate da qualche giornalista appostato fuori il ristorante. Il problema era l’ambiguità degli scatti: nella prima l'uomo le prendeva la mano con chiaro atteggiamento di affetto, nell'altra lei rideva e nell’ultima lui le apriva la portiera della macchina. Bulma andò su tutte le furie. "Pezzo di merda! Lo querelo se non fa ritirare questi articoli e queste foto dal giornale!”

“E non è neppure l’unico giornale, anche Pussicats ti ha citata, e Playguys”.

“Che stronzo… Questa è anche colpa tua!” Urlò la scienziata. “Hai insistito con tutti gli altri per farlo entrare nel giro dei clienti facoltosi, mi avessi proposto un politico, pure pure, un attore di film porno lo definite pure facoltoso?!”

“Bulma è solo marketing! Non volevamo mica che ci facesse pubblicità mentre gira un film hard tappezzando la scenografia con i loghi della Capsule Corporation!”

“Ci mancherebbe!”

“Ci sembrava solo un ottimo testimonial per farci lanciare in alto nel mondo delle auto di lusso. I competitors hanno già tutti dei testimonials di varie categorie. Non vedo il problema. Il nostro competitor maggiore ha come sponsor quella porno attrice ultra pagata”.

“Che non me ne frega un tubo te l’avevo già detto?!”

“Non arrabbiarti” replicò l’altro cercando di calmarla spiegandole il perché di quella scelta commerciale. “Doveva sponsorizzare solo il nostro brand extralusso. Questo tizio ci compra tutte le macchine più care che lanciamo sul mercato, è uno di quelli che investe, acquista i nostri titoli in borsa, adesso pare abbia comprato in contanti l’attico del grattacielo dove c’è l’insegna della Morini Rhum, proprio di fronte al nostro edificio. Da quello che ho sentito si è fatto fare i pomelli delle stanze in oro, i pavimenti in marmo rosa… Non sarà una cima di cultura, ma questo è uno che i soldi li sgancia, che è disposto a investire e a finanziare… Noi abbiamo ragionato in base al suo portafoglio, non in base al suo lavoro.”

“E avete fatto male” replicò Bulma sbuffando sonoramente. “Comunque troveremo un altro testimonial, e stavolta me lo scelgo io. Non ho bisogno dei suoi soldi, fortunatamente all’azienda non ne mancano. Mannaggia a me e a quando mi sono fidata di voi”.

“Nessuno voleva fregarti. Come potevamo sapere che questo era uno stronzo?”

“Intanto però sulle riviste ci sono io!” Puntualizzò infuriata. “Ho una famiglia, un figlio, ma porca miseria… Dovevamo capirlo quando ha insistito così tanto per parlare con me di persona”.

“Bulma, io ho pensato che ci teneva perché sei una bella donna, ma era pur sempre una cena di lavoro. Da qui a provarci…”

“Cosa che ha fatto, risultando ridicolo tra l’altro. Il locale poi è anche particolarmente riservato, la cosa sa ancora più di equivoca… Potevate pensarci no?”

“Nessuno ha sospettato della sua proposta perché Job è uno che passa le serate in giro per locali... Per noi era logico che volesse starsene a suo agio in ristorante tranquillo per occuparsi di affari che non riguardassero il porno. Ho pensato che non volesse farsi vedere in giro, ha una faccia troppo conosciuta, mentre tu non sei mai finita sulla cronaca rosa.”

“Sulla cronaca porno però sì, visto che guarda… Sono invasa di proposte!” Commentò tenendo in mano un biglietto su cui qualcuno del vicinato le aveva scritto via e civico: Quando le pare, passi per ripassare il copione. Sono ben dotato.

L’altro lanciò un’occhiata alle riviste con aria costernata.

“Comunque fammi una cortesia, adesso avvisa in ufficio e spiega l’accaduto, perché sono certa che si staranno tutti facendo delle grosse risate alle mie spalle.”

L’altro si congedò a testa un po’ bassa, muovendola sconfortato. Uscendo incrociò Vegeta nel corridoio che era fermo a pochi passi dalla porta, appoggiato al muro con le braccia conserte e con la sua aria superiore. Kim registrò la sua presenza già vista in altre occasioni notando per l’ennesima volta l’intimidatorietà del soggetto. Si sbrigò a superarlo salutando educatamente.

Vegeta entrò da dove lui era uscito trovando Bulma che sfogliava una rivista con aria infuriata. Lei lo accolse senza neppure degnarlo di una parola. L’uomo si appoggiò al muro con una spalla e con le mani affondate nelle tasche, e quando lei ebbe il coraggio di guardarlo le chiese:

“Non devi dirmi niente?”

“Io?” Replicò l’altra a disagio.

“Vedi un’altra Bulma? O hai una gemella che va in giro a cena con i pornoattori…?” commentò lui pungente.

“Come fai a saperlo?” Gli domandò imbarazzata.

“C’è una rivista con delle foto molti interessanti giù in cucina. L’ha portata su tua madre”.

“Senti … Non è assolutamente come pensi, anzi te l’avrei detto se avessi avuto un attimo di calma”.

Lui era stranamente, inquietantemente calmo e distaccato. “Guarda che io non penso niente. Anzi… Prima che inizi a pensare, e ad avere reazioni di cui possa pentirmi, è il caso che mi spieghi che ci facevi a cena con uno che non vede l’ora di saltarti addosso. Sfugge la mia logica aliena”.

Lei sbuffò. “Hai ascoltato mentre parlavo con uno dei miei manager? Eri fuori la porta?”

“Allora?”

“Quell’infame ha insistito per trattare direttamente con me, personalmente con me. Non ho voluto dire di no, mi sono lasciata influenzare e ci è sembrata una procedura normale, anche se effettivamente lui era molto insistente...

“Se ti fossi vestita meno appariscente magari sarebbe sembrato davvero un appuntamento di lavoro…” E lì uscì la gelosia latente che lui tanto ben celava.  

Bulma si ammutolì colpevole: aveva ragione Vegeta, ma ormai era fatta. Scrollò le spalle. “È colpa mia perché sono una vanitosa. Non mi capita tutti i giorni di andare a cena fuori con i clienti e quando c’è l’occasione cerco di essere al meglio”.

Qualcuno bussò alla porta. Bulma pensò fosse la madre ma una voce familiare e tanto amata si fece spazio dalla fessura dell’uscio. “Si può?”

"Goku!" 

L’altro neppure salutò Vegeta: "Allora Bulma, cos'è questa storia che vuoi diventare una grande attrice porno?  Ero da Muten quando l'ho saputo. Ma... Vegeta, tu sei d'accordo?"

"Ma ... Sei imbecille veramente allora!" Replicò l'altro indignato.

"Eh che ne so io...."

"Quella botta in testa anni fa ti fatto perdere anche qualche rotella oltre alla memoria!"

"Goku, è una notizia falsa, anche se so che a Muten, e non solo a lui…" aggiunse Bulma con vanità. "Non gli sarebbe dispiaciuto vedermi su una copertina di Playguys".

"In effetti mi pareva strano... Bulma non è più giovanissima per fare questo tipo di mestiere."

"Ma brutto idiota!" Berciò lei fuori di sè.  "Bada a come parli! Ci sono un sacco di porno attrici che lavorano alla mia età" e poi prese una delle riviste sulla cui copertina c'era una donna nuda non proprio giovanissima mentre mangiava una banana con la panna. "Tipo questa!  Scusa Vegeta, io mi tengo molto meglio, no? Cos'ho io meno di questa?"

"..." 

Nel silenzio imbarazzante che seguì, un ticchettio dalla porta li interruppe. Toc toc.

"Mamma..."

"Trunks, vieni pure".

Vegeta le lanciò un'occhiata allusiva indicando con gli occhi tutte le riviste pornografiche che erano sparse sul tavolo. Lei le spinse un pò indietro facendone cadere qualcuna oltre la scrivania, lontano dal campo visivo del figlio, e Goku per fare il vago ne prese una a caso fingendo di leggerla senza premurarsi della copertina su cui figurava a caratteri cubitali la scritta: "Quelle cattive ragazze" all’altezza del seno nudo di una modella.

Trunks entrò con fare sospettoso, avendo percepito uno strano chiacchiericcio nell'aria a seguito delle numerose telefonate che erano arrivate e ancora stavano tartassando il centralino del piano terra.

Vegeta e Bulma si scambiarono un'occhiata enigmatica, forse sperando di sviscerare dalla mente dell'una o dell'altro una risposta plausibile da dargli qualora lui avesse posto scomode domande.

Goku abbassò la rivista facendo capolino da dietro di essa. "Ciao Trunks! Come stai?"

"Ciao Goku, bene grazie... Sei venuto con Goten?"

"No, Goten oggi è in gita scolastica" gli sorrise l'altro.

Non ci volle molto a Vegeta per intuire che Trunks era incuriosito dalla copertina della rivista che Goku gli stava sbattendo davanti. Che imbecille! Pensò prima di far volare il giornale contro il muro con la forza della mente.

Bulma cercò subito di deviare la sua attenzione su altro. "Volevi dirmi qualcosa tesoro?"

"Sono arrivati dei pacchi per te..."

"Altri?!"

"Sono giornali chiusi, te li porto?"

"No, no! Lasciali giù tesoro. C'è scritto che sono per me, sei sicuro?"

"Sì, su uno c'era questo biglietto che ti ho portato, c'è scritto..." e girandolo lo lesse lentamente. "Ad una grande carriera nel porno... Cos'è il porno?"

Tra i presenti calò una cappa di imbarazzato silenzio.

"Niente è... Cinema, è un genere" fece lei cercando di camuffare la cosa come meglio poteva.

"Che genere?" Chiese Trunks interrogando prima lei, poi il padre, poi Goku, dacchè avevano tutti espressioni poco convincenti. D’altronde era una bella novità che sua madre volesse fare l’attrice.

Bulma lanciò al compagno un'occhiata di smarrimento ma da lui non arrivò alcuna risposta, anzi, Vegeta la ricambiò con uno sguardo sostenuto come se volesse dirle: che diavolo vuoi?  

"È un genere molto in voga, parla d'amore!" Esclamò Bulma enfatizzando l’ultima parola.

Vegeta le fece eco a tono basso. "Amore... Questa poi".

"Ma di quei film che vede sempre la nonna? Quelle telenovelas dove si baciano sempre?"

"Esatto! Proprio quelle!" Replicò lei con eccessivo entusiasmo.
"Ah…” Il bambino sembrò deluso. “Ma sono noiosissime..."

"Beh, in effetti nei film porno fanno sempre la stessa cosa" pensò Goku ad alta voce ricevendo una truce occhiata dagli altri e surgelandosi la lingua immediatamente.

"Trunks non avevi dei compiti da fare?" Gli chiese infine Vegeta. "Fila adesso che qui ci stiamo occupando d’altro".

"Ok..." Replicò il piccolo per nulla convinto. 

Quando si fu richiuso la porta alle spalle, il trio riprese il dibattito.

"Grazie di avermi aiutata!" Sentenziò Bulma rivolgendo a Vegeta un'occhiata risentita.

"Che volevi che gli dicessi? A cena col porno attore ci sei andata tu, mica io! Il casino l'hai generato tu e sarai tu a risolverlo!"

"Vivere in coppia significa aiutarsi quando ci sono dei problemi, lo sai questo? Al tuo paese non si usava così?"

"Se è per questo, vivere in coppia significa anche avvisare l'altro del tipo di gente con cui vai a cena" puntualizzò Vegeta rafforzando la posizione delle sue braccia al petto.

"Ti ho già spiegato perchè non te l'ho detto! Non volevo farti impensierire!"

"Ehi, ehi, calmiamoci" disse Goku, alzandosi e poggiandosi poi sulla scrivania con le braccia. "Non c'è nulla che si possa fare? Tipo... Dargli dei soldi e chiudere tutto come ha fatto una volta Satan con una tipa che voleva pubblicare alcune foto..."

"Quello ha voluto che le foto uscissero apposta per guadagnare sull’esclusiva. Non intendo pagare uno stronzo del genere, gli darei anche la soddisfazione di riempirsi il portafoglio con i miei soldi! Me la vedrò da me" affermò mentre si congedava stizzita. "Ah, visto che siete in due baldi uomini, buttate tutte quelle riviste per favore, prima che le veda mio figlio. Dovete attraversare la strada, troverete dei secchi per la carta. Grazie!"  

Bulma aprendo la porta vide un'ombra volatilizzarsi. Si allontanò su di giri.

Goku interrogò Vegeta. "Scendiamo a buttarle?"

"Vacci tu, io non butto niente."

"E dai, dopo chi la sente Bulma..." gli disse cercando di farsi dare una mano. Ci provò ma non ci fu niente da fare. Vegeta non mosse un muscolo, osservò invece l’altro saiyan volare giù e trasportare la pila di riviste fino al cassonetto. Lì, una signora che stava passando vicino a Goku, notò alcuni giornali scivolati per terra e lo guardò con aria indignata.

“Ma non si vergogna? Leggere certa roba…”

Il saiyan si grattò la testa. 

 ...

 

Bulma cercò il compagno in camera trovandolo già a letto: era steso a pancia in giù, le braccia sotto al cuscino e l'aria rilassata, e nonostante fosse vigile e sveglio non la calcolò minimamente. Lei si infilò sotto le coperte e gli si adagiò sulle spalle. "Vegeta..."

"Mh..."

"Dormivi?"

"Sì" puntualizzò lui con una punta di risentimento.

"Senti... Non so davvero cosa fare" mormorò mettendo il muso come una bambina.

"Te lo dico io cosa fare. Dormi".

"Grazie del supporto". 

Lui si mosse facendola scansare e si girò a pancia all'aria. "Fammi capire, prima fai di testa tua e fai dei danni, e poi io dovrei aiutarti?"

"Ma almeno aiutami a risolvere la cosa... Trunks mi ha chiesto di nuovo cosa facesse un attore porno... Non era per niente convinto della mia risposta di stamattina, sembrava molto sospettoso..."

"Ma dai?! Non è mica scemo, Trunks è mio figlio".

"Beh, io ci ho provato a dare una risposta accettabile!"

"Certo, come no..." Vegeta ripetè le parole che Bulma aveva utilizzato riproducendole con un tono ironico e pungente. "Un genere che parla...d'amore! Ma non avevi una risposta migliore? È un maschio, mica una femminuccia."

"Che gli dovevo dire?! La verità!? Un genere che parla di sesso! Occupatene tu allora, visto che potresti avere un'idea migliore della mia!"

"Io non ho idee se vuoi saperla tutta, non mi è mai capitata una situazione più assurda. Solo voi terrestri potete vivere di questi inutili passatempi" incalzò alludendo all'industria del porno. "Pensavo che l'unico ostacolo sarebbe stato dirgli come si fanno i figli, invece bisognerà prima spiegargli tutto il mercato che voi terrestri vi siete inventati sul sesso. Roba da matti... Pensavo di aver visto tutto in giro per lo spazio, ma questo pianeta riesce sempre a stupirmi".

"Magari i nostri uomini vogliono godersi la vita, pensano più a riprodursi che ad allenarsi".

"Me ne sono accorto visto che in giro per questo pianeta è pieno di imbecilli".

"Noi terrestri siamo un popolo a cui piace divertirsi. Ci sono anche di queste assurdità purtroppo, non che non me ne vergogni, ma non abbiamo solo aspetti negativi. Pensa ad aiutarmi al posto di farmi la ramanzina".

"Io non intendo aiutarti. Chiama il tuo amichetto porno attore e chiedi a lui di sistemare la cosa" affermò duramente il saiyan sistemandosi di fianco e dandole la schiena. "Non me ne frega niente se oggi in tutta la città non si parla d'altro che del tuo esordio nel cinema porno".

Lei si voltò altrettanto risentita. "Sei veramente stronzo! Quasi quasi l'esordio lo faccio davvero! Il successo sarebbe assicurato credimi!" Esclamò per dispetto tirandosi il lenzuolo più in alto.

Vegeta incassò il colpo in silenzio, rivolgendo un'espressione bieca al muro di fronte. Non che lei fosse convinta mentre lo diceva, ma solo l'idea lo faceva irritare più che a sufficienza. Quella storia stava prendendo contorni sempre più ridicoli... A quel tizio che l'aveva incastrata stava già pensando se fargli saltare o no la testa. E non escludeva l'avrebbe fatto se la cosa non si fosse risolta, che già normalmente era facile alla pressione alta. Ne aveva fin sopra i capelli di quella faccenda del cinema porno.

Non si dissero altro. A colazione la madre l’accolse col serafico e consueto sorriso di sempre, come se non ci fosse nulla per cui la figlia dovesse turbarsi.

“Cara come hai riposato?”

“Male” puntualizzò Bulma inacidita.

“Dai, si risolverà tutto. Non hai pensato che questa è comunque pubblicità per l’azienda?”

“Non vorrei che in futuro si colleghi la Capsule all’industria pornografica”.

“E vabbè” fece l’altra versandole del caffè mantenuto al caldo nel termos. “Ci sono problemi ben peggiori”.

Bulma le lanciò in tralice un’occhiata pungente e rassegnata, pensando che non sarebbe cambiata mai. Figurarsi se per lei quello era un problema… Non si sconvolgeva mai di nulla. Se lei si fosse data al porno la madre l’avrebbe appoggiata con entusiasmo comunque.

“Hai visto Vegeta?” Indagò Bulma.

“Ha accompagnato Trunks a scuola”.

“Ma davvero?”  

“Sì, forse aveva voglia di fare due passi, perché ti stupisci”.

“Strano…” commentò la scienziata frugando con una mano nel sacchetto di biscotti.

Si chiuse in laboratorio a lavorare per tutta la mattinata. Non volle neppure accendere la tv né tantomeno osare sfogliare il giornale che comprava il padre ogni giorno, anche se non era il tipo di rivista che riportava trafiletti di quel genere. Pensò che se non fosse riuscita a sistemare la cosa, sarebbe stato il tempo ad archiviare il tutto.

Il problema però le ritornò addosso come un boomerang quando ricevette una telefonata da Chichi. Sperò non fosse in merito alla notizia che stava facendo chiacchierare le pagine dei giornali di gossip ma purtroppo l’altra la telefonò per darle una comunicazione ben peggiore: la moglie di Goku le riferì che Trunks durante l’orario di scuola era volato via raggiugendo casa loro perché i compagni di classe, sapendo di chi fosse figlio, non parlavano d’altro. A disagio e imbarazzato si era rifugiato da  Goten e non voleva tornare a casa propria per la vergogna.

“Ma scherzi?! Passamelo!”

“È andato con Goten a giocare, si sono allontananti adesso, ma tranquilla, io ho intuito che c’era qualcosa di strano in questa situazione e gli ho detto che si tratta di un incomprensione”.

“Ma lui ha capito davvero di cosa stiamo parlando?”

“Secondo me no, non so cosa possano avergli detto perché non vuole parlarne.”

“Ci mancava solo questa… Era la cosa che temevo di più…”

“Mi dispiace, non so cos’altro fare.”

“Grazie per l’aiuto, Chichi, adesso vengo a prenderlo io lì. Devo rassicurarlo che non è come pensa”.

“Ma mi spieghi cos’è successo?”

“Niente, uno che ci doveva fare da testimonial mi ha volutamente incastrata per fare uscire quest’articolo idiota, lo so che le foto sono equivoche ma non è assolutamente come sembra. Lo ha fatto solo per farsi pubblicità. Uno stronzo patentato”.

“Come l’ha presa Vegeta?”

“Bah… Dice che è colpa mia se mi sono cacciata in questa situazione imbarazzante e me la devo sbrigare da sola” commentò indispettita, giocherellando con la chiave inglese.

“Secondo me gli ha dato molto fastidio, orgoglioso com’è non vuole dartelo a vedere, e poi i saiyan sembrano estranei a queste faccende… Loro si preoccupano così poco dei problemi che abbiamo noi terrestri, a volte ci vedo molto di Goku in lui. Nonostante Goku viva sulla Terra da quand’è piccolino, sembra che comunque vivere come noi per lui non sia il modo giusto.”

Bulma sbuffò e nel silenzio che seguì entrambe si capirono perfettamente, ma Vegeta rispetto a Goku si stava rivelando molto presente in famiglia nonchè attentissimo a quello che faceva Trunks e che studiava, anche se non sembrava badarci più di tanto, esattamente come sembrava non badare a Bulma e ai suoi impegni mentre invece seguiva tutto perfettamente, anche in quel momento.

La donna chiuse la telefonata e girandosi trovò il saiyan fermo ad aspettarla.

“Non ti ho sentito arrivare, ti serve qualcosa? Perché sto uscendo.”

“Che è successo a Trunks?” Indagò sospettoso.

“Niente, è da Chichi” sospirò lei rumorosamente, sfilandosi poi la giacca e rimanendo in canotta. “A scuola il fratello grande di qualche compagno avrà fatto delle battute pesanti, quindi adesso chissà che si pensa… Chichi dice che si vergogna di tornare”.

“Ma dai…” fu l’ironico eco dell’altro.

“Puoi finirla di essere così provocatorio? Sono abbastanza nervosa già di mio. Adesso devo andare a recuperarlo”. Mentre usciva dal laboratorio si fermò a cercare il compagno con atteggiamento gentile, facendogli intuire che aveva bisogno davvero della sua presenza. “Ti andrebbe di venire con me?”

Vegeta la guardò in silenzio.
 

 
Trunks la accolse con un muso lunghissimo e una faccia più arrabbiata che imbarazzata. Chichi stava stirando la tuta lavata del marito quando Bulma varcò la soglia. Vegeta dal canto suo rimase fuori seduto su una panchina di pietra e Goku quando si avvide della sua presenza lo raggiunse con il consueto e positivo atteggiamento. “Ehilà, sei venuto anche tu, Vegeta, perché non entri”.

L’altro non replicò che con lo sguardo serio di sempre. Goku gli si sedette vicino e allora Vegeta gli disse:

“Pensavo ti stessi allenando”.

“Stamattina mi sono allenato con Gohan, era un po’ fuori allenamento, poi Chichi mi ha chiesto di rimanere per far distrarre i bambini”.

“Spero tu non abbia fatto altri danni con quella lingua” replicò Vegeta alludendo alla sua innata capacità di usare talvolta le parole per complicarsi l’esistenza.

“In realtà non ho proprio parlato. Mi sono addormentato dopo pranzo, ero cotto, il sole adesso picchia forte nelle ore calde e bisogna allenarsi presto, ma Gohan prima delle undici non riusciva a liberarsi perché aveva un impegno con Videl…”

“Che rammollito pure lui. Occuparsi sempre di altro quando avrebbe una grande energia su cui lavorare”.

“Eh, lo sai la vita terrestre è così. Quando c’è la pace si hanno tante distrazioni e son tutti tranquilli… A proposito, Bulma ha mica risolto quella situazione?”

“Se è qui a recuperare mio figlio ci sarà un motivo no? Non si è risolto un bel niente”.

Goku si girò in direzione della folata di vento che si sollevò da est, respirando a pieni polmoni l’aria proveniente dalla montagna e inebriandosi di essa. Ma il turbine di aria portò con sé un foglio di giornale che gli si schiantò sulla faccia.

“Accidenti” mugugnò liberandosi il viso e trovandosi davanti la foto dell’attore porno e le sue dichiarazioni circa la presunta relazione con Bulma. Si girò mostrando il foglio a Vegeta che neppure lo prese in mano. L’altro saiyan strinse la mascella rabbiosamente.

“Comunque, tu non puoi aiutarla?” Chiese Goku.

“Ma che domande stupide mi fai? Come potrei aiutarla? Il problema adesso è dare a mio figlio una spiegazione che abbia un senso. Di certo io non mi metto a farlo al posto di Bulma. Lei ha fatto il danno, lei lo risolve”.

“Beh, capisco… Forse è un po’ imbarazzante parlare di questo tipo di cose con un bambino dell’età di Trunks”.

Convenendo all'assurdità di quella situazione che toccava evidenti punte di ridicolezza e imbarazzo, Vegeta in rimandò indurì l'espressione ancora di più. Se fosse stato possibile, con quello sguardo bieco avrebbe fatto afflosciare anche i fiori che oscillavano poco più avanti.

Bulma uscì con aria affranta. Si avvicinò ai due e fece una scrollata di spalle. “Si è impuntato che non vuole venire.”

“Che significa?” Ringhiò spazientito Vegeta.

“Vuole dormire qui. Magari stasera lo lascio sbollire e poi torno domani a riprenderlo”.

“A noi fa piacere se rimane. Goten sarà contentissimo” fece Goku sorridendole e venendo ricambiato.

Fu allora che Vegeta si alzò nel più completo silenzio e varcò la soglia di ingresso con atteggiamento per nulla accondiscendente. Chichi lo vide entrare nel salotto, superare il tavolo e arrestarsi in piedi di fronte a Trunks che montava un palazzo di Lego.

“Trunks”. La voce dura e incontestabile ebbe sul figlio l’effetto di una sirena di sicurezza. Se si era scomodato anche il padre a venire fin lì e ad entrare in casa per chiamarlo, respingerlo avrebbe significato andare in contro a una punizione certa. “Muoviti, dobbiamo andare”.

L’altro si sollevò col naso già rosso e sgocciolante. La vergogna lo imbarazzava da morire e gli faceva venire da piangere.

“Ma io...”

“Obbedisci” gli disse solamente, e l’altro non potè contestarlo.

Chichi fu soddisfatta dell’atteggiamento di Vegeta e rimase persino stupita che nonostante quel casino e il suo carattere poco affabile, lui stesse dando a suo modo un supporto alla moglie.

Tornati a casa da un viaggio silenzioso, fu Vegeta a seguire il figlio in camera. Quando furono soli gli disse solamente: “Dovresti piantarla di frignare. Che fai lasci scuola perché degli imbecilli si mettono a fare cicalecci idioti?”

“Ma io mi vergogno di tornare a scuola ed essere preso in giro perché la mamma si deve abbracciare nuda ad altri attori. Mi hanno detto che oltre ai baci si deve spogliare e deve baciarl…”

“Lascia perdere cos’hanno detto.” Tuonò l'altro irritandosi al pensiero. “Tua madre non farà un bel niente perché niente ha fatto. Quando risolverà il problema, sarà l’idiota che ha fatto uscire quelle foto a vergognarsi. Se qualcuno ti dice qualcosa faresti bene a fregartene e a dirgli di tapparsi la bocca” affermò muovendosi per uscire, perché a sua detta aveva fatto già troppo per calmare le acque. Pareva che ai terrestri non importasse altro che ficcanasare nei fatti degli altri. Che popolazione idiota!

“Ma allora mamma non vuole fare l’attrice per davvero?” Gli chiese Trunks tirando sul col naso.

“Ma quale attrice… Ci manca solo questo” replicò l’altro scomparendo.

Trunks sembrò tranquillizzarsi. La sicurezza del padre era un punto cui ancorarsi. Se lui non se ne preoccupava significava che non c’era niente di cui agitarsi.  Se lui diceva di zittire gli altri, Trunks avrebbe fatto così trovando nelle parole paterne la propria forza.

La sera però Vegeta non si presentò in camera da letto. Bulma lo cercò invano, pronta a raggiungerlo nella sua per tentare un approccio, ma non lo trovò nè lì nè da nessun'altra parte. Aveva sperato lui facesse cadere la questione ma rassegnata finì per accoccolarsi sotto le lenzuola tentando invano di addormentarsi. Non capiva se Vegeta era veramente arrabbiato con lei o se era solo totalmente menefreghista da abbandonarla in quella situazione imbarazzante. Era lei ad aver bisogno di conforto e non sapeva dove trovarlo: il corpo di Vegeta poteva essere l'unico baluardo di pace e sicurezza, ma ora era certa che lui ce l’avesse con lei anche e soprattutto per aver messo il figlio in una situazione di tale imbarazzo. Di tutta quella storia assurda l’unica cosa piacevole era l’idea che la rabbia di Vegeta si fosse originata da una gelosia che lui le nascondeva strenuamente. Chiuse gli occhi nell’esatto momento in cui Vegeta si materializzò davanti una porta elegante, di legno lucido e pomelli d’oro baroccheggiante. Con i suoi metodi non troppo ortodossi, il saiyan buttò a terra la porta assestandole un calcio e un istante dopo accorse un tizio che si stava allacciando una vestaglia di raso rossa. Per Vegeta era stato semplice trovare l’indirizzo, l’aveva sentito dire da quel manager che Bulma aveva ricevuto a casa il giorno prima. Per chi come lui conosceva bene la città per aver da sempre goduto di un buon panorama, non era difficile orientarsi tra le scritte più appariscenti che si illuminavano sopra i grattacieli quando calava la notte. Vegeta spesso le osservava annoiato per interminabili minuti e ormai le conosceva a memoria. Davanti gli uffici centrali della Capsule Corporation c’era un solo edificio con la scritta di un Rhum famoso e sul pianerottolo dell’attico c’era un solo appartamento che si apriva dietro una porta imponente e particolarmente elegante.

“Ma che cazz... E lei chi sarebbe?! Come ha fatt…”

Non fece in tempo neppure a finire che Vegeta con l’imposizione di una mano fece saltare il muro al proprio fianco.

L’altro fissò la scena basito e terrorizzato, e quando le grida di una ragazza seminuda cessarono e il rumore dell’esplosione lasciò il posto al fruscio del vento, la voce di Vegeta suonò calma e gelida. Hai meno di un’ora per andare a parlare coi giornali, o con Dio o con chi diavolo ti pare. Se domani mattina non vedo una dichiarazione in cui ammetti di aver provato a fregare mia moglie, torno indietro e ti riduco in maniera tale che con le donne potrai giocarci al massimo a carte.  Ti è chiaro?”

Fu l’unica e inequivocabile cosa che disse prima di sparire lanciandosi in volo giù per il varco che aveva aperto, allontanandosi mentre una furiosa folata di vento si insinuava sul pianerottolo distrutto facendo agitare la vestaglia dell’uomo che rimase shockato coi testicoli al vento.

Bulma si svegliò verso le nove di mattina quando la madre bussò alla porta. Come stava succedendo ogni mattina da tre giorni, il telefono squillava già alla buon’ora. Bunny era stata sempre redarguita dalla figlia dall’entrare in camera da letto se c’era Vegeta, questo perché lui era riservatissimo e lei non voleva rinunciare a dormirgli di fianco. Inaspettatamente però, svegliandosi, trovò il marito accanto a sé: era steso a pancia in giù e non sembrava interessarsi al ticchettio insistente sulla porta. Bulma non pensava che sarebbe ricomparso nel suo letto in maniera così furtiva, non dopo tre giorni passati in rotta di collisione a farsi battute pungenti. Le fece strano vederlo materializzarsi nel letto dopo che ci si era infilato in silenzio, senza svegliarla, forse solo per starle vicino: il saiyan sonnecchiava tranquillo e non sembrò neppure spazientirsi per la presenza fuori la porta, anzi sembrò non badarci proprio come se se lo aspettasse...

Bulma si alzò velocemente e andò a socchiudere l’uscio dietro cui l’aspettava sua madre. “Che c’è?” sussurrò a tono molto basso per non infastidire l’uomo che riposava.

La serranda era quasi del tutto abbassata e c’era poca luce ma abbastanza da dipanare l’ombra e permettere a Bunny di intravedere la sagoma distesa di Vegeta e la sua schiena estremamente robusta e prorompente che fu per lei uno spettacolo come sempre.

La donna sorrise alla figlia e passandole la cornetta le mormorò: “Pare ci sia una buona notizia tesoro…”

 

 

Fine  II episodio.(Ragazzi non escludo una cena col porno attore - seconda parte. In questa ho voluto che tutti eccetto Trunks sapessero cosa fosse il porno, nella prossima cena mi sa che il povero Vegeta cascherà dal pero...)

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Capitolo 3
*** 3. Un giorno di ordinaria irritazione ***


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3.

Un giorno di ordinaria irritazione.





Atterrò in giardino come un missile, talmente veloce che sul tramonto si stagliò come un falco saettante lontano dalla fisionomia di un uomo volante. Il padre di Bulma stava cercando di educare il cane che Trunks aveva trovato abbandonato vicino un cassonetto, quando un pomeriggio di ritorno da scuola sua nonna aveva notato un batuffolo sotto una coperta lerca: era un bastardino molto socievole, di color caramello, dalla simpatica forma di siluro che aveva l'aria di essere un po' tonto, oltre al fatto che si muoveva goffamente per via di una zampa sbilenca. Bulma diceva che era l'incrocio tra un segugio e un bassotto, mentre il pensiero di Vegeta era stato intuibile dal solo sguardo scettico con cui aveva analizzato il suo buffo aspetto.

Tra l’altro, neppure fosse un amante degli animali cui ostentava una certa indifferenza, se lo trovava di sovente tra i piedi quando lo lasciavano libero di entrare dal giardino interno, e ormai la sua presenza molesta era diventata abitudinaria al punto che neppure lo notava se talvolta se lo ritrovava fuori il trainer che gironzolava seguendo anche le sue tracce odorose.  

Lo scienziato non si accorse dell’arrivo del saiyan mentre il cane emise un abbaio di benvenuto ignorato.

“Ciao Vegeta, bentornato” gli disse l’uomo, ottenendo un lieve cenno in rimando.

Vegeta si sentiva a proprio agio in presenza di quel mite cervellone, che a differenza di sua moglie non si curava di lui se non per fargli domande che riguardassero lo Spazio e i pianeti che in esso galleggiavano. 

Il cane provò ad andargli in contro goffamente, ma Vegeta si limitò ad entrare in casa senza prestargli attenzione, varcando la soglia dell'ingresso e riconoscendo nell'aria l'odore familiare dell'ambiente. In qualche sfumatura odorosa ritrovò anche quella di Bulma. Ormai il rientro a casa iniziava ad essere un ricostituente non solo fisico, ma anche mentale, oscillando in una strana ambivalenza di piacere e sopportazione.

Spesso fuggiva da lì bisognoso di libertà e di distacco, anche assecondando un retaggio culturale e un istinto che lo accompagnava da quando era alto poco più di un soldo di cacio, altrettanto spesso sentiva il bisogno di ritornare a ciò che ora riconosceva come focolare, al calore della sua compagna con cui aveva stretto un rapporto così forte e profondo da non poter essere messo abbastanza da parte, e di cui intimamente si rammaricava nei momenti di inquietudine e isolamento. 

Era giusto un palliativo, quella fuga, nient’altro che un provvisorio medicamento a quella specie di cancro interiore che lo affliggeva. Case non ne aveva mai avute prima di quella, ma ora sapeva cosa significasse quella parola di quattro lettere: un luogo con le proprie cose, tra cui delle persone, la sua famiglia. 

Il guerriero di un tempo, fermo in quel tempo sempre più lontano, aveva ancora parecchio da ridire sui cambiamenti che stava subendo la sua indole, ma l'uomo ragionevole non riusciva ad arrestare quel cambiamento a senso unico. Vivere sulla Terra aveva molti lati positivi, perchè non solo gli consentiva di allenarsi e di vivere in un ambiente favorevole, permettendogli anche di sviluppare più forza spirituale, ma aveva un buon clima, un buon cibo, una leggerezza generale che alleggeriva anche la pesantezza delle sue riflessioni.

Era mancato da lì alcuni giorni, sparendo da un momento all’altro senza avvisare nessuno e andandosi ad ammazzare di allenamenti in qualche punto della Terra che sceglieva di volta in volta, in base alle sue esigenze: talvolta si metteva alla prova in ambienti ostili come il deserto del Nord, o quello torrido dell’Est, dove il Sole cuoceva la pelle fino al tramonto, altre volte sceglieva paesaggi montuosi e ventilati dove il freddo raggiungeva kilometri orari così alti che trafiggeva di stillettate di ghiaccio la pelle, lasciando su di essa dei tagli di sangue che lo accompagnavano fino al rientro, attirando le premure medicamentose di Bulma che trovava anche il pretesto perfetto per tornare a toccarlo. A furia di spostarsi aveva scoperto che il pianeta ospitava moltissime specie animali, oltre che una coloratissima flora, e che se poteva esserci una parola adatta per rappresentare la Terra ce n’era una di quattro lettere che non era solo casa, ma vita: era pieno, pullulante di vita, sembrava nato per ospitarla, questo perché era ricco di acqua ed abbondava così tanto di essa che la si poteva scorgere anche nelle iridi delle persone, non meno in quelle familiari della sua donna.

Sporco e bisognoso di una doccia, si sfilò le scarpe incrostate di fango e camminò scalzo per i corridoi. Se Bulma lo avesse sorpreso a seminare terra per la casa non gli avrebbe risparmiato una ramanzina delle sue e Vegeta era l'ultima cosa che voleva sentire in quel momento: carico com'era di testosterone, con ogni probabilità avrebbe trovato un solo modo a entrambi congeniale per zittirla.  

Il tramonto aveva già imporporato il corridoio del primo piano dove c’era l'area giorno, i salotti e gli uffici, il trainer creato per lui e una palestra dove Bulma si manteneva in forma quando non si recludeva nei laboratori a lavorare. Dopo una deviazione, si aprì sulla sinistra la stanza con piscina interna che godeva del panorama ad ovest, davanti alle sagome scure dei grattacieli delineate dal crepuscolo. Forse era una delle stanze che più preferiva. L'odore tenue di cloro sembrava disinfettare anche la mente, e nelle giornate terse  l’acqua assumeva dei riverberi rossi sangue mentre il sole scendeva oltre l’orizzonte, come una palla di fuoco. 

Vegeta adocchiò subito le due presenze che galleggiavano tra i riflessi purpurei: Bulma nuotava con le mani protese verso il bambino e lo incoraggiava con aria soddisfatta. La voce della donna arrivava ai padiglioni del suo orecchio sensibile come un mormorio ovattato che si infrangeva sui vetri e rimbalzava all'interno.

“Hai visto? Stai nuotando! Continua a muovere le gambe così, tieni il fiato!”

L'impegno di Trunks aveva delineato sul suo viso paffuto un'aria concentrata, come se stesse svolgendo un'azione di vitale importanza. Quando il sorriso compiaciuto rivelò i suo dentini da latte, bevve e tossì perdendo la concentrazione, ma Bulma continuò a supportarlo senza agitarsi. 

“Su, non è niente! Dai che poi facciamo vedere a tuo padre come sei diventato bravo!”

Vegeta rimase fermo a guardarli, assorto in un significativo silenzio.

 

 

Un silenzio appagante seguì il loro amplesso saturo di riflessioni e conforto.  La donna rimase stesa su una metà del suo corpo, le gote ancora leggermente arrossate ma il respiro ormai regolare. Aveva un'aria appagata e rilassata, e da quando il saiyan si era stabilito definitivamente li con loro, per quanto potesse essere labile il significato di definitivo per una battagliera esistenza come quella di un saiyan votato alla guerra, Bulma si era iniziata a prendere con lui maggiori libertà, cercando di abbattere le rigidità del suo carattere formatosi in un regime di misantropia molto persistente. Spesso cercava la sua vicinanza nel letto e lui la lasciava fare, non senza aver emesso un grugnito di disappunto quando lei lo soffocava attaccandoglisi eccessivamente.

"Trunks sta iniziando a nuotare. Dovresti vederlo..."  gli disse lei, sgranchendosi un po’ la schiena e reclinandola all'indietro, senza sciogliere l'intreccio delle sue gambe dalle altre.

Vegeta non le disse di averli visti, si tenne quell'immagine per sè come se fosse particolarmente preziosa. Poi con la mano le scivolò lungo la pelle della schiena, aggrappandosi a un fianco morbido. Bulma sentì i ruvidi calletti sul metacarpo della sua mano, nonchè regalo dei duri e costanti allenamenti, graffiarle la pelle e intuì il rimontare del suo desiderio nel suo tocco che si fece più forte e pastoso. Quando rimaneva fuori molti giorni, tornava sempre carico come un soldato al rientro dalla guerra. Lei gli prese la mano e ci giocò confidenzialmente, sfiorando quelle piccole aree ruvide e stringendo poi le dita tra le sue che si lasciarono fare ciò che le altre volevano. Bulma aveva scoperto di essere in grado di addomesticare quella scimmia selvatica che nel torpore che seguiva gli amplessi era docile e tranquilla, appagata dei suoi umori che lei aveva soddisfatto con tutto il proprio amoroso ardimento.

Innamorata e rapita, seguì il profilo della sua mascella con un dito, realizzando quanto gli era mancato in quei giorni di assenza. Non si abituava mai alle sue fughe e quando lui rincasava era sempre sollevata di ritrovare nella sua figura familiare la conferma del suo atteso ritorno.

Tra le sopracciglia del suo viso regale, era scolpito ormai un piccolo solco verticale. Lei sorrise osservandolo e lo sfiorò col polpastrello dell'indice.

“Lo sai come si chiama questa?”

Lui ruotò su di lei due pupille impassibili e lei continuò con voce dolce. “Si chiama ruga del disappunto…. Dovresti ridere di più… Non lo fai mai”.

“Perché, allunga la vita per caso?” Le chiese l'altro con una punta di ironia.

“Perché sei più bello quando ridi...” replicò lei scivolando di lato e lasciando alla mercè del suo sguardo avido le perline invitanti e discrete dei suoi capezzoli rosa.  “E poi sì, allunga anche la vita” aggiunse mentre si sedeva sul bordo del letto alzando i capelli per raccoglierli in una codina.

Lui osservò la sua schiena, il sedere morbidamente poggiato sul lenzuolo, il suo collo scoperto dal gesto femmineo con cui lei si stava tirando su i capelli.

“Dove vai” indagò con tono che tradì una latente contrarietà.

“A lavorare, io” puntualizzò Bulma alzandosi e infilandosi lo slip di pizzo.

“A quest’ora?” osservò l’altro. L’orologio segnava le nove di sera e loro due non avevano neppure cenato.

Bulma si infilò con modi spicci il jeans che sagomò i suoi glutei.

“Ho la consegna di un progetto fissata per domani. Avrei già finito se tu non mi avessi assalita...” commentò lei elargendogli uno sguardo complice e allacciandosi il reggiseno. “A proposito... Lo sai dove va a scuola tuo figlio?”

“Perché?”

“Domani dovresti accompagnarlo tu” gli disse infilandosi la maglietta.

La ruga tra gli occhi dell'uomo si accentuò palesando tutta la sua contrarietà.

“Il bus della scuola non passa e io e miei non ci siamo.” Bulma prese il suo boxer da terra muovendosi verso l’uscita. “Se non lo farai... Paghi pegno” e dicendolo gli tirò l’intimo addosso lasciandolo sbracato sul letto.

 

 

Trunks fu molto contento che fosse suo padre ad accompagnarlo a scuola e non suo nonno. Era la prima volta che Vegeta si scomodava a quell'ora per lui. Il bambino camminava con la cartella sulle spalle, mangiando un panino con la marmellata e sorseggiando un succo di frutta. Decisamente più intelligente dei suoi compagni di classe e degno figlio delle due menti argute che l’avevano messo al mondo, aveva uno sguardo vispo e furbo,  e sembrava oltremodo incuriosito dalla silenziosa figura paterna che ancora non aveva iniziato ad allenarlo.

“Papà, come si chiamava il tuo papà?”

“Come mai ti interessa?” Gli chiese l'altro, senza fissarlo.

“La maestra ci sta insegnando a disegnare l’albero della famiglia”.

“Sarebbe a dire?”

“L’albero gene…” Trunks ci pensò su, indeciso sul come pronunciare la parola, e Vegeta lo facilitò.

“Genealogico”.

“Sì! Gene…a…logico, dice che dobbiamo disegnarlo fino ai nostri bisnonni”.

Trunks insistette ancora, fissando suo padre con sguardo curioso. “Come si chiamava il tuo papà?”

“Si chiamava come me”.

“Avevate lo stesso nome, e perchè?”

“Perché si usava così. Mio padre era una persona importante, e portava il nome di suo padre, che era mio nonno”.

“Perché io non ho il tuo nome allora?” Gli domandò con acutezza.

“Perché il tuo nome lo ha scelto tua madre.”

“E perché?”

Vegeta cercò di mostrarsi il più paziente e accondiscendente possibile. “Perché quando sei nato io ero lontano ad allenarmi. E ora basta con questo interrogatorio” tagliò corto, attraversando la strada.

Trunks finì il succo di frutta sorseggiando gli ultimi rimasugli rumorosamente e si fermò vicino un cestino, alzandosi sulle punte. “Papà mi aiuti a buttarlo?”

Vegeta lo prese per la cartella e lo sollevò come un sacco. 

“Grazie”.

Continuarono a camminare ancora un po’, avvicinandosi alla scuola dove Trunks stava frequentando la prima elementare.

“Papà, lo sai che Goten sta imparando a volare?”

“Mh… Ovviamente…”

“Quando sono stato a casa sua, Gohan mi ha detto che se voglio lo insegna anche a me.”

Vegeta percepì una stretta all’orgoglio, non tollerando l'idea che proprio il figlio del suo rivale iniziasse la propria prole alla lotta.

“Gohan dovrebbe farsi i fatti propri, ma anche suo padre aveva il vizio di immischiarsi in faccende che non lo riguardavano…”

“In che senso papà?”

“Niente. Gohan è un buon combattente, ma deve battersi ancora con me…”

“Tu sei molto più forte, vero papà?”

“Nessuno sulla Terra può competere con me” affermò prima di arrivare davanti al cancello della scuola.

La prima campanella era appena finita di suonare.

“Che aspetti ad entrare?” Gli domandò vedendo il figlio indugiare.

“Vorrei allenarmi anche io come te al posto di fare i compiti come vuole la mamma”.

Dalla gola del saiyan affiorò un singhiozzo strafottente. “Hai sangue saiyan, è logico sia così. Ma sei mio figlio e non puoi essere un ignorante, anche io ho dovuto studiare. Adesso vai”.

“Va bene papà, vado… Ciao”.

 

...



La tenda color panna a bande verticali fu sollecitata da una lieve brezza. La donna sbirciò tra di esse, attirata dalla risata di suo figlio, pur rimanendo assorta con l’orecchio poggiato sulla cornetta del telefono da cui usciva la voce concitata di un interlocutore agitato. Bulma continuò ad ascoltarlo mentre Trunks correva in giardino con il cane, sotto gli occhi distratti del nonno che era impegnato a provare un antenna radio. Vegeta varcò la soglia dell'ufficio mentre lei rivolgeva lo sguardo tra i lembi della tenda con un'espressione contrariata.  

"Oh! Ancora con questa storia?!" le sentì dire con voce irritata. "Non mi interessa, voglio quei dati e li voglio entro oggi! Ve li avevo chiesti già una settimana e mezzo fa, se avevate tutti questi  problemi dovevate avvisarmi! Come mi presento alla riunione di domani senza quei tabulati?! Cosa gli racconto agli investitori, che il mio staff dorme in piedi!?" Dall'altro lato della cornetta l'interlocutore si agitò di più e la ruga tra le sopracciglia della donna si accentuò in un solco ancora più netto. "Beh allora trovatela anche se è in ferie! Se non ha fatto il suo dovere non è un problema mio, non mi interessa se è partita per Plutone o se è alla deriva in mezzo all'Oceano, voglio quei dati entro oggi pomeriggio, intesi!?"

Vegeta ascoltò gli ultimi scambi di battute e poi si palesò lei quando ebbe chiuso la telefonata con stizza. 

"Bulma".

"Ah sei qui..."

"Tua madre mi ha detto che mi cercavi. Che c'è?"

"Sì, ho bisogno di un favore".

L'altro assottigliò lo sguardo, pronto alla bega del giorno. 

"Devo andare in un centro commerciale a ritirare una cosa, e poi fare una tappa in un negozio. Vorrei portarmi Trunks perchè mio padre ha una visita. Perchè non vieni con noi?"

"Non mi considerare proprio".

"E dai, tanto non ti stai allenando...Vieni con noi, non farti pregare ogni volta, si tratta di un'oretta". 

"E cosa dovrei fare lì con voi?"

"Niente, solo tenere sotto controllo tuo figlio".

"Non puoi tenerlo tu sotto controllo, scusa?"

"Vegeta... Ti risulta che io sia in grado di duplicarmi? Perchè non ho questo dono, purtroppo, e non posso portare mio figlio nella cabina dell'estetista con me" puntualizzò indispettita.

Fare la ceretta con Trunks che le bighellonava attorno non era il massimo, visto che già non era rilassante farsi strappare peli e peletti di dosso. Vegeta non aveva ben chiaro cosa fosse un'estetista ma intuì si trattasse di un affare da donna, visto che Bulma ci andava spesso quando lagnava di essere in disordine.  L'ultima cosa che avrebbe mai notato, come ogni uomo rude cresciuto altrettanto selvaticamente, era se lei avesse o no un mignolo fuori posto. A malapena notava l'intimo che lei comprava con cura, figurarsi il resto.

"Guarda te lo dico subito" le disse con tono spazientito. "Se pensi che passi l'intero pomeriggio a starvi appresso, sei fuori strada."

"Ti ho detto che si tratta di un'oretta, tanto non stai facendo niente... E poi non lavori, il tempo lo hai. Non penserai che puoi startene qui a fare il comodo che ti pare?"

Lui le elargì un'occhiata bieca. 

"Ti ricordo che avermi qui non significa che io faccia le cose che farebbe un terrestre".

"E io ti ricordo che non lavori e che sei servito e riverito, e che hai delle responsabilità con la tua famiglia, perchè se non sbaglio... Questa casa non è  un hotel e tu non sei un ospite di passaggio."

La risposta di lui si ridusse ad un grugnito di disappunto. Bulma aveva un carattere forte e un temperamento deciso, e quando si impuntava era una guerra, ma a conti fatti se l'era scelta anche per quel motivo.

Le diede le spalle e proprio mentre usciva lei gli gridò: "Alle tre usciamo!"

Fu così che si ritrovò a varcare contrariato la porta automatica di un centro commerciale gremito di persone. Non fece neppure in tempo ad entrare, che da uno stand di una nota località dei tropici due ragazze vestite con fiori e gonnella gli andarono in contro e gli misero attorno al collo una ghirlanda di fiori colorata. 

"Prego signore" gli disse una suadente biondina.

Un’altra dai capelli color rosso fuoco gli passò accanto non risparmiandogli un complimento. "Che muscoli..."  

Vegeta le sentì sghignazzare mentre si allontanavano e si staccò la corona floreale buttandola per terra, infastidito da quell’invadenza.

"Non stavi così male" commentò Bulma.

"Non girerò di certo con questa cosa ridicola addosso" replicò l'altro con sprezzo.

"Trunks la vuoi anche tu?"

Il bambino fece una smorfia schifata, emulando suo padre. "Non mi piace".

"Io sono arrivata, ne avrò per una mezz'ora. Ti lascio dei soldi, in fondo ci sono le giostre, portaci Trunks. Ci vorrà andare sicuro".

Il piccolo intanto iniziò a tirare i lembi dei pantaloni di entrambi, pressandoli per ottenere un giocattolo adocchiato in una vetrina. “Me lo posso comprare?”

"Ti ho detto di no, ne hai già tanti" replicò Bulma.

Ci provò anche con Vegeta che non tardò a fucilarlo con lo sguardo. "Trunks, piantala!"  

Vegeta aveva lo strano potere di riuscire a intimorire chiunque, figlio compreso cui non aveva mai dato troppa confidenza nel senso terrestre del termine: abbracci, baci, carezze non erano parte del suo metodo educativo, ma tanto Bulma compensava quella mancanza perfettamente, difatti se Vegeta aveva ipotizzato che Trunks potesse crescere senza spina dorsale, si doveva ricredere ogni qual volta pensava al ragazzo che era venuto dal futuro. In fin dei conti l'aveva cresciuto lei da sola, anche se sì, la dimensione era diversa, ma non la sua volitiva Bulma...

La lunga fila per la giostra non fu certo una miglioria per la sua pazienza: i pianti e i capricci dei bambini in coda erano quanto di più irritante per i suoi nervi sensibili, e condividere uno spazio ristretto con così tanti terrestri era ciò che meno gli andava a genio.

Non appena Trunks sarebbe salito, lui lo avrebbe aspettato in disparte tutelando il proprio spazio vitale. Ma fu quanto di più lontano dai suoi piani, difatti consegnata una banconota al giostraio, il tizio osservò il piccolo Trunks e disse: "I minori di sei anni vanno accompagnati".

"Ma è ridicolo" borbottò Vegeta con le braccia incrociate al petto.  

L'altro fece una faccia rassegnata. "Ha ragione anche lei, ma da quando un bambino si è fatto male mi tocca obbligare almeno un accompagnatore a salire, perchè se succede qualcosa il culo lo fanno a me e mi tocca chiudere".

"Trunks, niente giro, non si può fare" sentenziò Vegeta, ottenendo in rimando uno sguardo deluso.

"Ma come papà... Il brucomela è il mio preferito..."

"Ehi! Ma vi muovete!?" Borbottò un papà con un bambino sulle spalle, non capendo perchè indugiassero all'ingresso. "Qui c'è gente che aspetta!"

Il tizio del botteghino accelerò i tempi incassando la banconota per due e spingendoli cautamente in avanti. "Mi faccia il piacere, ne ho fin sopra i capelli di bambini che si lagnano e genitori che polemizzano." 

"Dai papà, per favore..."

Vegeta pensò che far saltare in aria la giostra, dando un valido motivo ai cuccioli terrestri per frignare, sarebbe stato molto appagante, ma se prevalse il buonsenso fu solo per suo figlio. Bulma si era raccomandata di non fare danni.

"Ma tu guarda cosa mi tocca fare... Questa è l'ultima volta che assecondo te e tua madre. Poi gliene dico quattro anche a quella" farfugliò tra sè e sè, salendo sul brucomela con la vena pulsante sulla tempia che sembrava stesse per scoppiare. Aveva la pressione alle stelle e le braccia conserte in un atteggiamento di inamovibile chiusura col mondo. Non capiva come suo figlio potesse divertirsi su un gioco del genere che attraversava una mela a una velocità ridicola, per non parlare dei bambini lamentosi che lo facevano imbestialire ulteriormente.  

Quando furono giù dalla giostra, si affrettò ad allontanarsi pieno di vergogna. Trunks ci mise di più a raggiungerlo, sembrava insoddisfatto e pieno di energie come se volesse fare un altro giro, ma Vegeta fu categorico: avrebbero aspettato Bulma fuori di lì. 

Non tardò a lanciargli uno sguardo spazientito, visto che ci aveva messo diversi minuti a raggiungerlo. 

"Allora? Dov’eri finito, si può sapere?"

"Ho comprato la foto con le monetine che mi erano rimaste dal gelato" replicò  il piccolo mostrandogli la foto che una macchinetta automatica scattava a tutti nel punto più ripido di discesa del bruco.

Vegeta sbirciò la foto irrigidendosi immediatamente, ferito nel suo riserbo aristocratico. 

“Che foto ridicola…!” Commentò infastidito, riprendendo il passo.

Bulma uscì dal centro commerciale con una grossa pianta in braccio. Adocchiò subito Vegeta e Trunks poco distanti l'ingresso, il compagno era appoggiato al muro riscaldato dal sole, le mani nelle tasche e l'umore vagamente migliorato da quando era uscito all'aria aperta. 

"Bambola hai bisogno di una mano?" Le chiese un tipo, incrociandola. 

"No, grazie" tagliò corto lei, andando in contro al saiyan al quale non sfuggì l'approccio dell'uomo che si girò verso di lei lanciando un’occhiata al suo sedere sculettante.

"Eccovi! Ma dove eravate finiti, vi ho cercato dappertutto! Ho pensato che foste andati via..."

"Ancora qualche minuto e me ne sarei andato" disse Vegeta con tono scocciato. "Mi avevi detto che saresti stata poco”.

"E dai, non arrabbiarti, adesso ce ne andiamo".

Montarono in macchina e si lasciarono il parcheggio alle spalle. Nell'imboccare la curva della tangenziale Bulma non potè vedere che centinaia di metri più avanti due macchine si tamponarono bruscamente, innescando una reazione a catena che il saiyan anticipò facilmente.

"Oddio!" Esclamò lei frenando d'improvviso. 

La testa che oscillò violentemente verso il manubrio fu trattenuta dalla mano del saiyan che a una velocità incredibile la frappose tra lei e il volante.  

Trunks non si fece nulla ma diede solo una testata innocua al tettuccio. Bulma aprì gli occhi spaventata e realizzò che Vegeta le aveva evitato l'impatto.

"Grazie..." mormorò con un filo di voce.

"Perchè non stai più attenta?" Borbottò lui duramente.

"Lo so ma hanno frenato tutti all'ultimo... Non potevo prevederlo…" 

Bulma uscì fuori dall'auto per controllare i danni riportati dal veicolo, Vegeta fece lo stesso ma allontanandosi verso il guard-rail della sopraelevata. 

"Dove vai?" Gli domandò Bulma massaggiandosi il collo.

"A casa" replicò atono, sparendo poi in volo prima che arrivasse altra gente ad accodarsi all’incidente.

 

...

 

Trunks trovò la madre in laboratorio intenta a lavorare al suono noioso di una conferenza di un noto ingegnere che progettava hardware per computer. Era stesa sotto al motore di una macchina quando il figlio arrivò nel laboratorio. Il cane le andò ad annusare le caviglie scoperte.

“Ehi, ciao bello… Che ci fai tu qui?” Commentò accarezzando la sua testa pelosa.

“Mamma, è con me”.

Bulma scivolò fuori e mise in pausa lo stereo.

"Tesoro, hai già finito di fare i compiti?"

“Sì, mi ha aiutato il nonno.”

“Cos’hai in mano?”

L’altro gli porse una foto. "Guarda…”

“Di cosa si tratta?” Non fece neppure in tempo ad analizzarla attentamente che scoppiò a ridere rumorosamente.

“Non ci credo!” Esclamò notando l’espressione truce del compagno che a braccia conserte e aria irritata sfrecciava sul bruco, accanto al figlio. “Bellissima foto!”

“Papà ha detto che la foto è ridicola…”

“Non dargli retta, è lui che non sa divertirsi” replicò lei, sorridendo. “Lo sai com’è fatto tuo padre. Dalla a me, la faccio incorniciare e la conservi nella tua cameretta.”

“Ma perché papà non ride mai?”

Bulma scrollò le spalle con aria rassegnata ma serena, ricordando quelle poche volte che sorrideva o la sua consueta risata strafottente che le elargiva in talune occasioni di ironia.

“È fatto così, ma sa ridere anche lui.” Poi abbassò il tono di voce. “Ha solo un brutto carattere, ma basta conoscerlo… A volte è un po’ timido”.

“Timido? Come quando uno diventa rosso?”

Bulma si accese un sigaretta. “Esatto. Essere timidi è quando non ti piace che tutti ti guardino, per esempio, o stare al centro dell’attenzione degli altri. O quando devi chiedere qualcosa a qualcuno e ti vergogni… O quando una bambina carina vuole darti un bacio e ti senti imbarazzato” aggiunse con occhiata complice. “E poi devi sapere che tuo padre è una persona molto orgogliosa”.

“Che significa essere orgoglioso?”

“Non è facile da spiegare…” rispose l’altra, espirando una nuvola di fumo. “Però se sai mantenere un segreto ti confido una cosa sul tuo papà…”

Trunks annuì interessato.

“Tuo padre non è un uomo come gli altri, per questo spesso è serio e un po’ duro. E' stato educato in maniera diversa, è abituato a considerarsi una persona più in alto degli altri perchè non un saiyan qualunque. Lui è il principe dei saiyan e se non fosse venuto qui, ora forse sarebbe stato il Re in carica”.

“Davvero?!”

“Sshh… Non dire a nessuno che te l’ho detto, neppure a lui” gli sorrise lei. “Ora sai perché lui si allena sempre…”

Trunks pendeva letteralmente dalle sue labbra.

“Ma perché ha lasciato i saiyan? Per stare con te?”

Lei sorrise della sua ingenuità cercando una spiegazione con un senso. “Tuo padre non è nato qui… Lui viene da una stella che ora non c’è più… Il suo popolo non era come le persone che tu conosci. Loro combattevano sempre, erano soldati, anche tuo padre, per questo è sempre molto serio…”

“Ma i soldati non sanno ridere?”

Bulma ci pensò su. “Certo che sanno ridere, ma il soldato è un mestiere difficile. Anche il padre di Goten era un saiyan, però lui era cresciuto qui e rideva spesso… La nostra Terra è un posto speciale, ricordalo sempre”.

“Per questo papà vive qui con noi allora.”

“Esatto” sussurrò lei. “Portagli sempre rispetto, anche quando non  lo capisci. Lui ci tiene molto a te e vedrai che presto allenerà anche te. Tu hai tanta forza, proprio come lui”.

Bulma gli disse quelle cose senza avere la totale certezza che fosse davvero così, ma una parte di lei sapeva. Era la sua fede nella speranza a spingerla a credere nel suo compagno, e non solo... C’erano sempre quei suoi occhi un po’ tristi che parlavano da sé, e poi non poteva spiegare a nessuno di quei piccoli passi che compiva giorno dopo giorno, tra la timidezza e l’indugio di mostrarsi partecipe alla vita di famiglia. C’erano cose che non si potevano spiegare, ma solo sentire dentro, esattamente come sentiva dentro lo sguardo silenzioso con cui lui sapeva guardala. Era capitato un pomeriggio, neppure così lontano, che il saiyan aveva raggiunto in soggiorno suo figlio mentre lei lo aiutava a fare i compiti, si era seduto al tavolo con la sua consueta posa da duro e lei ad un tratto aveva spostato gli occhi e si era accorta che l’uomo la stava fissando con una strana intensità… Così gli aveva fatto il consueto occhiolino di complicità che lui aveva corrisposto col solito silenzio.

Se Vegeta non era andato via ma aveva deciso di rimanere e assumersi quelle responsabilità, anche se non era un padre modello, significava che aveva a suo modo a cuore anche quel bambino, e Bulma notava tutti i suoi piccoli progressi:  Vegeta stava iniziando lentamente ad abituarsi, a cedere… Già il fatto che fosse salito con Trunks su quella giostra, anche se palesemente controvoglia, era il segno tangibile che suo figlio significava molto per lui.

Alla fine cercò di concludere la conversazione tranquillizzando il bambino. “Quindi non preoccuparti mai se lo vedi sempre serio e ti sembra severo… Tuo padre ti vuole bene, però non te lo dimostra come faccio io.”

“Perché tu sei una femmina, giusto?”

Bulma fece una faccia rassegnata, intuendo chi gli potesse aver insegnato quel tipo di distinzioni. “Mica tutti gli uomini sono fieri e orgogliosi come il tuo papà. Ce ne sono molti che sono romantici… Magari lo sarai anche tu”.

Trunks fece una smorfia. “Preferisco essere come il mio papà”.

Lei interrogò l’orologio. “Accidenti, tra poco si cena, non mi ero accorta di che ore fossero. Andiamo a vedere cos’ha preparato tua nonna, inizio ad avere appetito. Porta il tuo pelosetto in giardino, lo sai che poi va girando per tutta la casa e nei laboratori si può fare male.”

La cena fu servita una mezz’ora dopo quando fuori stava diluviando e l’acqua si abbatteva con violenza contro le ampie finestre. Di tanto in tanto dei lampi balenavano tra le nuvole nere e infine un fulmine fece saltare la corrente.

“Oh santo cielo!” Esclamò la madre di Bulma, interrompendo la sua chiacchierata. Si accesero poco dopo le luci di emergenza.

La scienziata stava centellinando un caffè e fumando una sigaretta come di consueto dopo i pasti. “È un blackout che ha colpito tutta la città” replicò Bulma osservando oltre le finestre. Poi sentendo il trambusto provenire dal salotto accanto, si girò verso il figlio. “Trunks! Appena torna la luce generale devi portare giù il cane! Ti ho già detto che il suo posto è nel giardino con gli altri animali, era nei patti quando l’hai portato a casa!”

“Va bene…” fece l’altro, imbronciando il musino.

La luce ritornò qualche istante dopo con un abbaglio intermittente, e anche la tv si riaccese, sintonizzandosi sul documentario interrotto.

La madre riprese a parlare della cucina tecnologica di cui si era innamorata alla Fiera del Mobile. La figlia in realtà non la stava già più ascoltando, ma osservava Vegeta che con aria annoiata torturava uno stuzzicadenti tra le labbra e fissava distrattamente la televisione, isolandosi mentalmente dal resto dei commensali. Bulma si sfilò una pantofola e allungò le gambe sotto al tavolo e l’uomo trasalì quando sentì che la gamba di lei strusciava ambiguamente contro la sua. Lanciò uno sguardo in tralice ai genitori di Bulma, volendo assicurarsi non notassero il movimento in atto sotto al tavolo, e poi tornò a fissare la compagna che appariva decisamente divertita: solo a Bulma poteva venire in mente un’idea del genere!

“Che ne pensi tesoro?” Gli chiese Bunny mostrandole la foto della cucina sulla rivista di settore. “La vedresti bene di questo colore?”

Lei osservò la foto senza particolare interesse, salendo col piede più in alto. “Non male, sì… Magari poi andiamo a vederla”.

Lui le lanciò un’occhiata carica di severità, come se le stesse chiedendo cosa le passasse per la mente, ma in risposta l’altra salì leggermente più in alto e il saiyan sussultò cercando di bloccarle la gamba. Nel compiere quel movimento nervoso e istintivo, incappò nella gamba altrettanto esile della madre di Bulma.

“Oh, signore! Che succede qui sotto?”

Vegeta si alzò subito e si accomiatò, non senza aver lanciato uno sguardo irritato alla divertita compagna.  

“Metti a letto Trunks, per favore?” Gli chiese Bulma mentre usciva, trattenendo una risata che affiorò nel tono malfermo.

Il saiyan grugnì qualcosa, andando a recuperare il figlio nella stanza accanto. Il cane li seguì con una camminata sbilenca e l’aria goffa di un siluro carico di esplosivo.

Quando furono in camera il bambino palesò tutta la propria contrarietà nel doversi mettere a letto. “Io non ho sonno”.

“Ti verrà” tagliò corto l’altro, sperando che così sarebbe stato. Non era la prima volta che Trunks, sveglio e bighellonante, lo ostacolava senza volerlo, impedendogli di acchiappare Bulma e trascinarla da qualche parte. Ultimamente fargli prendere sonno a un'ora decente era quasi un miraggio. Se non bussava alla loro porta era solo perchè Vegeta l'aveva redarguito dal farlo, dicendogli più volte che un maschio doveva superare incubi e paure di mostri che sembravano prender forma nell'ombra, ma l'ultima volta c'era mancato poco che li beccasse, visto che Trunks aveva varcato la soglia della cucina buia tirandosi dietro un peluche di dinosauro con cui stava pulendo il pavimento, e se la penombra non avesse favorito i due amanti, il figlio avrebbe scoperto com'era stato messo a quel bizzarro mondo...

“Mi fai tenere almeno Tory qui con me?” Gli domandò il bambino con tenerezza. “Mamma dice che lo devo portare in giardino ma almeno mi tiene compagnia prima che mi addormenti… ”

Vegeta pensò che poteva essere una buona opportunità per farlo concentrare su altro laddove non si fosse addormentato.

“Fa’ come ti pare, ma non farlo uscire dalla camera, non mi va di sentire tua madre”.

Si ritirò andandosene in camera propria. Bulma lo raggiunse non molto dopo, trovandolo nella vasca da bagno dove non si fece scrupolo ad entrare con agilità. L’acqua fuoriuscì insieme al sapone quando lei ci scivolò dentro, sorridente.  

“Chi ha detto che potevi entrare? Mi starei rilassando” precisò lui.

“Io ti faccio rilassare meglio” replicò lei adagiandosi su di lui senza badare alla sua espressione contrariata. “Hai messo a letto Trunks?”

“Avevo alternative? Non chiedermi se dorme perché non sono la sua balia. Per oggi ho già fatto abbastanza” le disse sistemando meglio la schiena contro il bordo della vasca su cui andò ad appigliare i gomiti.

“In effetti devo ringraziarti… Non mi hai solo risparmiato un bernoccolo in fronte, ma ti sei anche fatto un giro sulla giostra con Trunks. Lo hai fatto molto felice…”

“Ne avevo abbastanza di lagne e non avevo voglia di combattere anche quelle di tuo figlio. I bambini terrestri sono davvero viziati.”

“Pensi che io lo stia viziando?”

“Abbastanza”.

“Vuoi che lo spedisca per lo spazio quindi? Alla stregua di un pacco, è la stessa cosa” commentò lei ironica.

“I saiyan se la cavavano benissimo anche da piccoli. È una prova che dovevano superare quando nascevano troppo deboli”.

“Certo, come no…” fece lei. “Se Goku non fosse stato trovato dal nonno adottivo, non è detto che sarebbe sopravvissuto”.

Quel nome lo fece inquietare. “Senti, perché non ti tappi un po’ la bocca? Non ho voglia di parlare di Kakaroth.”

“Tu non hai mai voglia di parlare in generale” replicò l’altra, allontanandosi scocciata prima di venire acchiappata per le braccia, trattenuta dalla sua presa micidiale.

“Non ho detto di allontanarti, ma solo di starti zitta”.

Bulma allora sembrò ritrovare il sorriso e gli si avvinghiò addosso puntando il naso contro il suo. Lui si lasciò sovrastare dalla curva del suo corpo flessuoso che lo spinse più in basso, quasi sotto l’acqua. “Lo vedi che non puoi fare a meno di me? Sono il tuo antistress, ammettilo…”

“L’unica cosa che sei è la mia condanna” replicò prima di venire baciato con affetto.

E poi il bacio si dispiegò con tutta la passione che stavano serbando dentro.

Il saiyan la fece rotolare di sotto fluidamente, spostando altra acqua schiumosa che finì fuori la vasca, e nel momento in cui lei gli mormorò qualcosa continuando a baciarlo, l’ansito intermittente e continuo di un intruso li fece voltare insieme: il cane inclinò leggermente il capo, osservandoli incuriosito, poi adocchiò Vegeta e si mise a scodinzolare.

“Ma… che diavolo ci fa qui questa salsiccia pelosa che hai regalato a tuo figlio?! Ultimamente me lo trovo sempre tra i piedi!” Bofonchiò irritato.

“E io che ne so? Forse non ho chiuso bene la porta… Ma non l’hai fatto portare giù in giardino?”

“L’ho lasciato a tuo figlio per farlo addormentare”.

“Vabbè lascialo qui, dai, tanto non ci da fastidio… Lo porto io giù quando ho finito con te…” mormorò lei soavemente, provando di nuovo a baciare il compagno ma venendo da lui schivata.

“Non riesco a concentrarmi se mi fissa a quel modo” replicò Vegeta seccato, notando che il cane lo fissava intensamente, con la lingua di fuori e la fiatella incostante.

Lei in rimando gli torturò con baci e morsi la piega del collo. Vegeta fece fatica a resistere alla tortura che Bulma gli stava infliggendo, e proprio quando tornò a rivolgere le sue attenzioni alla donna, il cane abbaiò pretendendo il suo interesse.

“Ma ch..."

“Tory! Sei qui?” Urlò Trunks entrando nella camera vuota dei genitori con cautela e circospezione. "Esci subito! Questa è la camera dove dormono mamma e papà!"

“Oh cavolo, è Trunks!” commentò Bulma.

“Ma dai!?” replicò Vegeta con acido sarcasmo, alzandosi subito e infilandosi al volo l’asciugamano sui fianchi.

Acchiappò il cane per il collare e lo sollevò come un sacco di patate.  

“Trunks!” Esordì entrando in camera e accostando la porta del bagno alle spalle.

L’altro sussultò pronto alla sgridata. “Scusa papà”.

“Prenditi subito questa specie di wurstel imbranato!” Gli ordinò facendolo cadere tra le sue piccole mani. “Portalo in giardino prima che lo veda tua madre, e torna a dormire. Se ti becco che stai gironzolando per le camere, scordati parchi giochi per il resto del mese”.

“Va bene.” Trunks fece per andare via ma poi tornò indietro. “Papà, posso farti una domanda?”

“Basta che sia solo una”.

“Quando posso entrare con te nel trainer ad allenarmi? Voglio imparare a combattere anche io”.

Vegeta non si era aspettato quella domanda. “Presto”.

“Presto quando?”

L’uomo si abbassò alla sua altezza poggiando l’avambraccio sul ginocchio.

“Come mai questa fretta?” Gli domandò conoscendo la risposta. “Ti piace combattere?”

“Voglio diventare anche io forte come te e Gohan”.

Vegeta rivide nei suoi occhi il figlio del futuro cui non aveva risparmiato sprezzo e disinteresse, anche quando gli aveva chiesto se potessero allenarsi insieme nella stanza dello spirito e del tempo. Suo figlio era quanto di più prezioso avesse, non aveva mai smesso di pensarlo da quando lo aveva visto morire, era una parte sua, aveva il suo sangue reale dentro, il suo ardore alieno che bolliva nelle vene, ma gli occhi erano gli stessi che poco prima aveva avuto ad una spanna dal volto. Occhi d’acqua, pieni di vita…

Fece la stessa cosa che aveva fatto suo padre un giorno, in un momento di incoraggiamento, gli diede una pacca sulla spalla e piegò appena le labbra, leggermente, in un sorriso che affiorò con timidezza, dietro la faccia di sfida.

“Vieni domani pomeriggio nel trainer… E vediamo che sai fare.”

 

 

FINE.

 

 

 

Storia che mi è stata un pò ispirata da un’intervista in cui Toryama ha dichiarato che Vegeta, rispetto a Goku, è sempre stato molto attento all’educazione di suo figlio, aiutato anche da Bulma a divenire più umano e a capire cosa significhi famiglia nel senso terrestre del termine.

Colgo l’occasione per augurare a tutti voi che festeggiate una buona pasqua! Un abbraccio!

 

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