3.
Un
giorno di ordinaria irritazione.
Atterrò
in giardino come un missile, talmente veloce che sul tramonto si
stagliò come
un falco saettante lontano dalla fisionomia di un uomo volante. Il
padre di
Bulma stava cercando di educare il cane che Trunks aveva trovato
abbandonato
vicino un cassonetto, quando un pomeriggio di ritorno da scuola sua
nonna aveva
notato un batuffolo sotto una coperta lerca: era un bastardino molto
socievole,
di color caramello, dalla simpatica forma di siluro che aveva l'aria di
essere
un po' tonto, oltre al fatto che si muoveva goffamente per via di una
zampa
sbilenca. Bulma diceva che era l'incrocio tra un segugio e un bassotto,
mentre il
pensiero di Vegeta era stato intuibile dal solo sguardo scettico con
cui aveva analizzato
il suo buffo aspetto.
Tra
l’altro, neppure fosse un amante degli animali cui ostentava
una certa
indifferenza, se lo trovava di sovente tra i piedi quando lo lasciavano
libero
di entrare dal giardino interno, e ormai la sua presenza molesta era
diventata
abitudinaria al punto che neppure lo notava se talvolta se lo ritrovava
fuori
il trainer che gironzolava seguendo anche le sue tracce odorose.
Lo
scienziato non si accorse dell’arrivo del saiyan mentre il
cane emise un abbaio
di benvenuto ignorato.
“Ciao
Vegeta, bentornato” gli disse l’uomo, ottenendo un
lieve cenno in rimando.
Vegeta
si sentiva a proprio agio in presenza di quel mite cervellone, che a
differenza
di sua moglie non si curava di lui se non per fargli domande che
riguardassero
lo Spazio e i pianeti che in esso galleggiavano.
Il
cane
provò ad andargli in contro goffamente, ma Vegeta si
limitò ad entrare in casa
senza prestargli attenzione, varcando la soglia dell'ingresso e
riconoscendo
nell'aria l'odore familiare dell'ambiente. In qualche sfumatura odorosa
ritrovò
anche quella di Bulma. Ormai il rientro a casa iniziava ad essere un
ricostituente non solo fisico, ma anche mentale, oscillando in una
strana
ambivalenza di piacere e sopportazione.
Spesso
fuggiva da lì bisognoso di libertà e di distacco,
anche assecondando un
retaggio culturale e un istinto che lo accompagnava da quando era alto
poco più
di un soldo di cacio, altrettanto spesso sentiva il bisogno di
ritornare a ciò
che ora riconosceva come focolare, al calore della sua compagna con cui
aveva
stretto un rapporto così forte e profondo da non poter
essere messo abbastanza da
parte, e di cui intimamente si rammaricava nei momenti di inquietudine
e
isolamento.
Era
giusto un palliativo, quella fuga, nient’altro che un
provvisorio medicamento a
quella specie di cancro interiore che lo affliggeva. Case non ne aveva
mai
avute prima di quella, ma ora sapeva cosa significasse quella parola di
quattro
lettere: un luogo con le proprie cose, tra cui delle persone, la sua
famiglia.
Il
guerriero di un tempo, fermo in quel tempo sempre più
lontano, aveva ancora
parecchio da ridire sui cambiamenti che stava subendo la sua indole, ma
l'uomo
ragionevole non riusciva ad arrestare quel cambiamento a senso unico.
Vivere
sulla Terra aveva molti lati positivi, perchè non solo gli
consentiva di
allenarsi e di vivere in un ambiente favorevole, permettendogli anche
di
sviluppare più forza spirituale, ma aveva un buon clima, un
buon cibo, una
leggerezza generale che alleggeriva anche la pesantezza delle sue
riflessioni.
Era
mancato da lì alcuni giorni, sparendo da un momento
all’altro senza avvisare
nessuno e andandosi ad ammazzare di allenamenti in qualche punto della
Terra
che sceglieva di volta in volta, in base alle sue esigenze: talvolta si
metteva
alla prova in ambienti ostili come il deserto del Nord, o quello
torrido
dell’Est, dove il Sole cuoceva la pelle fino al tramonto,
altre volte sceglieva
paesaggi montuosi e ventilati dove il freddo raggiungeva kilometri
orari così
alti che trafiggeva di stillettate di ghiaccio la pelle, lasciando su
di essa
dei tagli di sangue che lo accompagnavano fino al rientro, attirando le
premure
medicamentose di Bulma che trovava anche il pretesto perfetto per
tornare a
toccarlo. A furia di spostarsi aveva scoperto che il pianeta ospitava
moltissime specie animali, oltre che una coloratissima flora, e che
se
poteva esserci una parola adatta per rappresentare la Terra ce
n’era una di
quattro lettere che non era solo casa, ma vita: era pieno, pullulante
di vita,
sembrava nato per ospitarla, questo perché era ricco di
acqua ed abbondava così
tanto di essa che la si poteva scorgere anche nelle iridi delle
persone, non
meno in quelle familiari della sua donna.
Sporco
e bisognoso di una doccia, si sfilò le scarpe incrostate di
fango e camminò
scalzo per i corridoi. Se Bulma lo avesse sorpreso a seminare terra per
la casa
non gli avrebbe risparmiato una ramanzina delle sue e Vegeta era
l'ultima cosa
che voleva sentire in quel momento: carico com'era di testosterone, con
ogni probabilità
avrebbe trovato un solo modo a entrambi congeniale per
zittirla.
Il
tramonto aveva già imporporato il corridoio del primo piano
dove c’era l'area
giorno, i salotti e gli uffici, il trainer creato per lui e una
palestra dove
Bulma si manteneva in forma quando non si recludeva nei laboratori a
lavorare.
Dopo una deviazione, si aprì sulla sinistra la stanza con
piscina interna che
godeva del panorama ad ovest, davanti alle sagome scure dei grattacieli
delineate
dal crepuscolo. Forse
era una delle stanze
che più preferiva. L'odore tenue di cloro sembrava
disinfettare anche la mente,
e nelle giornate terse l’acqua
assumeva
dei riverberi rossi sangue mentre il sole scendeva oltre
l’orizzonte, come una
palla di fuoco.
Vegeta
adocchiò subito le due presenze che galleggiavano tra i
riflessi purpurei: Bulma
nuotava con le mani protese verso il bambino e lo incoraggiava con aria
soddisfatta. La voce della donna arrivava ai padiglioni del suo
orecchio
sensibile come un mormorio ovattato che si infrangeva sui vetri e
rimbalzava
all'interno.
“Hai
visto? Stai nuotando! Continua a muovere le gambe così,
tieni il fiato!”
L'impegno
di Trunks aveva delineato sul suo viso paffuto un'aria concentrata,
come se
stesse svolgendo un'azione di vitale importanza. Quando il sorriso
compiaciuto
rivelò i suo dentini da latte, bevve e tossì
perdendo la concentrazione, ma
Bulma continuò a supportarlo senza agitarsi.
“Su,
non è niente! Dai che poi facciamo vedere a tuo padre come
sei diventato
bravo!”
Vegeta
rimase fermo a guardarli, assorto in un significativo silenzio.
…
Un
silenzio appagante seguì il loro amplesso saturo di
riflessioni e conforto. La
donna rimase stesa su una metà del suo
corpo, le gote ancora leggermente arrossate ma il respiro ormai
regolare. Aveva
un'aria appagata e rilassata, e da quando il saiyan si era stabilito
definitivamente li con loro, per quanto potesse essere
labile il
significato di definitivo per una battagliera esistenza come quella di
un
saiyan votato alla guerra, Bulma si era iniziata a prendere con lui
maggiori
libertà, cercando di abbattere le rigidità del
suo carattere formatosi in un
regime di misantropia molto persistente. Spesso cercava la sua
vicinanza
nel letto e lui la lasciava fare, non senza aver emesso un grugnito di
disappunto quando lei lo soffocava attaccandoglisi eccessivamente.
"Trunks
sta iniziando a nuotare. Dovresti vederlo..." gli
disse lei,
sgranchendosi un po’ la schiena e reclinandola all'indietro,
senza sciogliere
l'intreccio delle sue gambe dalle altre.
Vegeta
non le disse di averli visti, si tenne quell'immagine per sè
come se fosse
particolarmente preziosa. Poi con la mano le scivolò lungo
la pelle della
schiena, aggrappandosi a un fianco morbido. Bulma sentì i
ruvidi calletti sul
metacarpo della sua mano, nonchè regalo dei duri e costanti
allenamenti,
graffiarle la pelle e intuì il rimontare del suo desiderio
nel suo tocco che si
fece più forte e pastoso. Quando rimaneva fuori molti
giorni, tornava sempre
carico come un soldato al rientro dalla guerra. Lei gli prese la mano e
ci
giocò confidenzialmente, sfiorando quelle piccole aree
ruvide e stringendo poi
le dita tra le sue che si lasciarono fare ciò che le altre
volevano. Bulma aveva
scoperto di essere in grado di addomesticare quella scimmia selvatica
che nel
torpore che seguiva gli amplessi era docile e tranquilla, appagata dei
suoi
umori che lei aveva soddisfatto con tutto il proprio amoroso ardimento.
Innamorata
e rapita, seguì il profilo della sua mascella con un dito,
realizzando quanto
gli era mancato in quei giorni di assenza. Non si abituava mai alle sue
fughe e
quando lui rincasava era sempre sollevata di ritrovare nella sua figura
familiare la conferma del suo atteso ritorno.
Tra
le
sopracciglia del suo viso regale, era scolpito ormai un piccolo solco
verticale.
Lei sorrise osservandolo e lo sfiorò col polpastrello
dell'indice.
“Lo
sai
come si chiama questa?”
Lui
ruotò su di lei due pupille impassibili e lei
continuò con voce dolce. “Si
chiama ruga del disappunto…. Dovresti ridere di
più… Non lo fai mai”.
“Perché,
allunga la vita per caso?” Le chiese l'altro con una punta di
ironia.
“Perché
sei più bello quando ridi...” replicò
lei scivolando di lato e lasciando alla
mercè del suo sguardo avido le perline invitanti
e discrete dei suoi capezzoli rosa.
“E poi sì, allunga anche
la vita” aggiunse mentre si sedeva sul bordo del letto
alzando i capelli per
raccoglierli in una codina.
Lui
osservò la sua schiena, il sedere morbidamente poggiato sul
lenzuolo, il suo
collo scoperto dal gesto femmineo con cui lei si stava tirando su i
capelli.
“Dove
vai” indagò con tono che tradì una
latente contrarietà.
“A
lavorare,
io” puntualizzò Bulma alzandosi e infilandosi lo
slip di pizzo.
“A
quest’ora?” osservò l’altro.
L’orologio segnava le nove di sera e loro due non
avevano neppure cenato.
Bulma
si infilò con modi spicci il jeans che sagomò i
suoi glutei.
“Ho
la
consegna di un progetto fissata per domani. Avrei già finito
se tu non mi
avessi assalita...” commentò lei elargendogli uno
sguardo complice e
allacciandosi il reggiseno. “A proposito... Lo sai dove va a
scuola tuo
figlio?”
“Perché?”
“Domani
dovresti accompagnarlo tu” gli disse infilandosi la maglietta.
La
ruga
tra gli occhi dell'uomo si accentuò palesando tutta la sua
contrarietà.
“Il
bus
della scuola non passa e io e miei non ci siamo.” Bulma prese
il suo boxer da
terra muovendosi verso l’uscita. “Se non lo
farai... Paghi pegno” e dicendolo
gli tirò l’intimo addosso lasciandolo sbracato sul
letto.
…
Trunks
fu molto contento che fosse suo padre ad accompagnarlo a scuola e non
suo
nonno. Era la prima volta che Vegeta si scomodava a quell'ora per lui.
Il
bambino camminava con la cartella sulle spalle, mangiando un panino con
la
marmellata e sorseggiando un succo di frutta. Decisamente
più intelligente dei
suoi compagni di classe e degno figlio delle due menti argute che
l’avevano
messo al mondo, aveva uno sguardo vispo e furbo, e sembrava
oltremodo
incuriosito dalla silenziosa figura paterna che ancora non aveva
iniziato ad
allenarlo.
“Papà,
come si chiamava il tuo papà?”
“Come
mai ti interessa?” Gli chiese l'altro, senza fissarlo.
“La
maestra ci sta insegnando a disegnare l’albero della
famiglia”.
“Sarebbe
a dire?”
“L’albero
gene…” Trunks ci pensò su, indeciso sul
come pronunciare la parola, e Vegeta lo
facilitò.
“Genealogico”.
“Sì!
Gene…a…logico, dice che dobbiamo disegnarlo fino
ai nostri bisnonni”.
Trunks
insistette
ancora, fissando suo padre con sguardo curioso. “Come si
chiamava il tuo papà?”
“Si
chiamava come me”.
“Avevate
lo stesso nome, e perchè?”
“Perché
si usava così. Mio padre era una persona importante, e
portava il nome di suo
padre, che era mio nonno”.
“Perché
io non ho il tuo nome allora?” Gli domandò con
acutezza.
“Perché
il tuo nome lo ha scelto tua madre.”
“E
perché?”
Vegeta
cercò di mostrarsi il più paziente e
accondiscendente possibile. “Perché quando
sei nato io ero lontano ad allenarmi. E ora basta con questo
interrogatorio”
tagliò corto, attraversando la strada.
Trunks
finì il succo di frutta sorseggiando gli ultimi rimasugli
rumorosamente e si
fermò vicino un cestino, alzandosi sulle punte.
“Papà mi aiuti a buttarlo?”
Vegeta
lo prese per la cartella e lo sollevò come un
sacco.
“Grazie”.
Continuarono
a camminare ancora un po’, avvicinandosi alla scuola dove
Trunks stava
frequentando la prima elementare.
“Papà,
lo
sai che Goten sta imparando a volare?”
“Mh…
Ovviamente…”
“Quando
sono stato a casa sua, Gohan mi ha detto che se voglio lo insegna anche
a me.”
Vegeta
percepì una stretta all’orgoglio, non tollerando l'idea che proprio il figlio del suo rivale iniziasse la propria prole alla lotta.
“Gohan
dovrebbe farsi i fatti propri, ma anche suo padre aveva il vizio di
immischiarsi in faccende che non lo riguardavano…”
“In
che
senso papà?”
“Niente.
Gohan è un buon combattente, ma deve battersi ancora con
me…”
“Tu
sei
molto più forte, vero papà?”
“Nessuno
sulla Terra può competere con me”
affermò prima di arrivare davanti al cancello
della scuola.
La
prima campanella era appena finita di suonare.
“Che
aspetti ad entrare?” Gli domandò vedendo il figlio
indugiare.
“Vorrei
allenarmi anche io come te al posto di fare i compiti come vuole la mamma”.
Dalla
gola del saiyan affiorò un singhiozzo strafottente.
“Hai sangue saiyan, è
logico sia così. Ma sei mio figlio e non puoi essere un
ignorante, anche io ho dovuto studiare. Adesso vai”.
“Va
bene papà, vado… Ciao”.
...
La
tenda color panna a bande verticali fu sollecitata da una lieve brezza.
La
donna sbirciò tra di esse, attirata dalla risata di suo
figlio, pur rimanendo
assorta con l’orecchio poggiato sulla cornetta del telefono
da cui usciva la
voce concitata di un interlocutore agitato. Bulma continuò
ad ascoltarlo mentre
Trunks correva in giardino con il cane, sotto gli occhi distratti del
nonno che
era impegnato a provare un antenna radio. Vegeta varcò la
soglia dell'ufficio mentre
lei rivolgeva lo sguardo tra i lembi della tenda con un'espressione
contrariata.
"Oh!
Ancora con questa storia?!" le sentì dire con voce irritata.
"Non mi
interessa, voglio quei dati e li voglio entro oggi! Ve li avevo chiesti
già una
settimana e mezzo fa, se avevate tutti questi problemi
dovevate
avvisarmi! Come mi presento alla riunione di domani senza quei
tabulati?! Cosa
gli racconto agli investitori, che il mio staff dorme in piedi!?"
Dall'altro lato della cornetta l'interlocutore si agitò di
più e la ruga tra le
sopracciglia della donna si accentuò in un solco ancora
più netto. "Beh
allora trovatela anche se è in ferie! Se non ha fatto il suo
dovere non è un
problema mio, non mi interessa se è partita per Plutone o se
è alla deriva in
mezzo all'Oceano, voglio quei dati entro oggi pomeriggio, intesi!?"
Vegeta
ascoltò gli ultimi scambi di battute e poi si
palesò lei quando ebbe chiuso la
telefonata con stizza.
"Bulma".
"Ah
sei qui..."
"Tua
madre mi ha detto che mi cercavi. Che c'è?"
"Sì,
ho bisogno di un favore".
L'altro
assottigliò lo sguardo, pronto alla bega del
giorno.
"Devo
andare in un centro commerciale a ritirare una cosa, e poi fare una
tappa in un
negozio. Vorrei portarmi Trunks perchè mio padre ha una
visita. Perchè non
vieni con noi?"
"Non
mi considerare proprio".
"E
dai, tanto non ti stai allenando...Vieni con noi, non farti pregare
ogni volta,
si tratta di un'oretta".
"E
cosa dovrei fare lì con voi?"
"Niente,
solo tenere sotto controllo tuo figlio".
"Non
puoi tenerlo tu sotto controllo, scusa?"
"Vegeta...
Ti risulta che io sia in grado di duplicarmi? Perchè non ho
questo dono,
purtroppo, e non posso portare mio figlio nella cabina dell'estetista
con
me" puntualizzò indispettita.
Fare
la
ceretta con Trunks che le bighellonava attorno non era il massimo,
visto che
già non era rilassante farsi strappare peli e peletti di
dosso. Vegeta non
aveva ben chiaro cosa fosse un'estetista ma intuì si
trattasse di un affare da
donna, visto che Bulma ci andava spesso quando lagnava di essere in
disordine. L'ultima cosa che avrebbe mai notato, come ogni
uomo rude
cresciuto altrettanto selvaticamente, era se lei avesse o no un mignolo
fuori
posto. A malapena notava l'intimo che lei comprava con cura, figurarsi
il
resto.
"Guarda
te lo dico subito" le disse con tono spazientito. "Se pensi che passi
l'intero pomeriggio a starvi appresso, sei fuori strada."
"Ti
ho detto che si tratta di un'oretta, tanto non stai facendo niente... E
poi non
lavori, il tempo lo hai. Non penserai che puoi startene qui a fare il
comodo
che ti pare?"
Lui
le
elargì un'occhiata bieca.
"Ti
ricordo che avermi qui non significa che io faccia le cose che farebbe
un
terrestre".
"E
io ti ricordo che non lavori e che sei servito e riverito, e che hai
delle
responsabilità con la tua famiglia, perchè se non
sbaglio... Questa casa non
è un hotel e tu non sei un ospite di passaggio."
La
risposta di lui si ridusse ad un grugnito di disappunto. Bulma
aveva un carattere forte e un temperamento
deciso, e quando si impuntava era una guerra, ma a conti fatti se l'era
scelta
anche per quel motivo.
Le
diede le spalle e proprio mentre usciva lei gli gridò: "Alle
tre
usciamo!"
Fu
così
che si ritrovò a varcare contrariato la porta automatica di
un centro
commerciale gremito di persone. Non fece neppure in tempo ad entrare,
che da
uno stand di una nota località dei tropici due ragazze
vestite con fiori e
gonnella gli andarono in contro e gli misero attorno al collo una
ghirlanda di
fiori colorata.
"Prego
signore" gli disse una suadente biondina.
Un’altra
dai capelli color rosso fuoco gli passò accanto non
risparmiandogli un
complimento. "Che muscoli..."
Vegeta
le
sentì sghignazzare mentre si allontanavano e si
staccò la corona floreale
buttandola per terra, infastidito da quell’invadenza.
"Non
stavi così male" commentò Bulma.
"Non
girerò di certo con questa cosa ridicola addosso"
replicò l'altro con
sprezzo.
"Trunks
la vuoi anche tu?"
Il
bambino fece una smorfia schifata, emulando suo padre. "Non mi
piace".
"Io
sono arrivata, ne avrò per una mezz'ora. Ti lascio dei
soldi, in fondo ci sono
le giostre, portaci Trunks. Ci vorrà andare sicuro".
Il
piccolo intanto iniziò a tirare i lembi dei pantaloni di
entrambi, pressandoli
per ottenere un giocattolo adocchiato in una vetrina. “Me lo
posso comprare?”
"Ti
ho detto di no, ne hai già tanti" replicò Bulma.
Ci
provò anche con Vegeta che non tardò a fucilarlo
con lo sguardo. "Trunks,
piantala!"
Vegeta
aveva lo strano potere di riuscire a intimorire chiunque, figlio
compreso cui
non aveva mai dato troppa confidenza nel senso terrestre del termine:
abbracci,
baci, carezze non erano parte del suo metodo educativo, ma tanto Bulma
compensava quella mancanza perfettamente, difatti se Vegeta aveva
ipotizzato
che Trunks potesse crescere senza spina dorsale, si doveva ricredere
ogni qual
volta pensava al ragazzo che era venuto dal futuro. In fin dei conti
l'aveva
cresciuto lei da sola, anche se sì, la dimensione era
diversa, ma non la sua
volitiva Bulma...
La
lunga fila per la giostra non fu certo una miglioria per la sua
pazienza: i
pianti e i capricci dei bambini in coda erano quanto di più
irritante per i
suoi nervi sensibili, e condividere uno spazio ristretto con
così tanti
terrestri era ciò che meno gli andava a genio.
Non
appena Trunks sarebbe salito, lui lo avrebbe aspettato in disparte
tutelando il
proprio spazio vitale. Ma fu quanto di più lontano dai suoi
piani, difatti
consegnata una banconota al giostraio, il tizio osservò il
piccolo Trunks e
disse: "I minori di sei anni vanno accompagnati".
"Ma
è ridicolo" borbottò Vegeta con le braccia
incrociate al petto.
L'altro
fece una faccia rassegnata. "Ha ragione anche lei, ma da quando un
bambino
si è fatto male mi tocca obbligare almeno un accompagnatore
a salire, perchè se
succede qualcosa il culo lo fanno a me e mi tocca chiudere".
"Trunks,
niente giro, non si può fare" sentenziò Vegeta,
ottenendo in rimando uno
sguardo deluso.
"Ma
come papà... Il brucomela è il mio preferito..."
"Ehi!
Ma vi muovete!?" Borbottò un papà con un bambino
sulle spalle, non capendo
perchè indugiassero all'ingresso. "Qui c'è gente
che aspetta!"
Il
tizio del botteghino accelerò i tempi incassando la
banconota per due e
spingendoli cautamente in avanti. "Mi faccia il piacere, ne ho fin
sopra i
capelli di bambini che si lagnano e genitori che polemizzano."
"Dai
papà, per favore..."
Vegeta
pensò
che far saltare in aria la giostra, dando un valido motivo ai cuccioli
terrestri per frignare, sarebbe stato molto appagante, ma se prevalse
il
buonsenso fu solo per suo figlio. Bulma si era raccomandata di non fare
danni.
"Ma
tu guarda cosa mi tocca fare... Questa è l'ultima volta che
assecondo te e tua
madre. Poi gliene dico quattro anche a quella" farfugliò tra
sè e sè, salendo
sul brucomela con la vena pulsante sulla tempia che sembrava stesse per
scoppiare. Aveva la pressione alle stelle e le braccia conserte in un
atteggiamento di inamovibile chiusura col mondo. Non capiva
come suo
figlio potesse divertirsi su un gioco del genere che attraversava una
mela a
una velocità ridicola, per non parlare dei bambini lamentosi
che lo facevano
imbestialire ulteriormente.
Quando
furono giù dalla giostra, si affrettò ad
allontanarsi pieno di
vergogna. Trunks ci mise di più a raggiungerlo,
sembrava insoddisfatto e
pieno di energie come se volesse fare un altro giro, ma Vegeta fu
categorico:
avrebbero aspettato Bulma fuori di lì.
Non
tardò a lanciargli uno sguardo spazientito, visto che ci
aveva messo diversi
minuti a raggiungerlo.
"Allora?
Dov’eri finito, si può sapere?"
"Ho
comprato la foto con le monetine che mi erano rimaste dal gelato"
replicò il piccolo mostrandogli la foto che una
macchinetta automatica
scattava a tutti nel punto più ripido di discesa del bruco.
Vegeta
sbirciò la foto irrigidendosi immediatamente, ferito nel suo
riserbo
aristocratico.
“Che
foto ridicola…!” Commentò infastidito,
riprendendo il passo.
Bulma
uscì dal centro commerciale con una grossa pianta in
braccio. Adocchiò subito
Vegeta e Trunks poco distanti l'ingresso, il compagno era appoggiato
al muro riscaldato dal sole, le mani nelle
tasche e l'umore vagamente migliorato da quando era uscito all'aria
aperta.
"Bambola
hai bisogno di una mano?" Le chiese un tipo, incrociandola.
"No,
grazie" tagliò corto lei, andando in contro al saiyan al
quale non sfuggì
l'approccio dell'uomo che si girò verso di lei lanciando
un’occhiata al suo
sedere sculettante.
"Eccovi!
Ma dove eravate finiti, vi ho cercato dappertutto! Ho pensato che foste
andati
via..."
"Ancora
qualche minuto e me ne sarei andato" disse Vegeta con tono scocciato.
"Mi avevi detto che saresti stata poco”.
"E
dai, non arrabbiarti, adesso ce ne andiamo".
Montarono
in macchina e si lasciarono il parcheggio alle spalle. Nell'imboccare
la curva
della tangenziale Bulma non potè vedere che centinaia di
metri più avanti due
macchine si tamponarono bruscamente, innescando una reazione a catena
che il
saiyan anticipò facilmente.
"Oddio!"
Esclamò lei frenando d'improvviso.
La
testa che oscillò violentemente verso il manubrio fu
trattenuta dalla mano del
saiyan che a una velocità incredibile la frappose tra lei e
il
volante.
Trunks
non si fece nulla ma diede solo una testata innocua al tettuccio. Bulma
aprì
gli occhi spaventata e realizzò che Vegeta le aveva evitato
l'impatto.
"Grazie..."
mormorò con un filo di voce.
"Perchè
non stai più attenta?" Borbottò lui duramente.
"Lo
so ma hanno frenato tutti all'ultimo... Non potevo
prevederlo…"
Bulma
uscì fuori dall'auto per controllare i danni riportati dal
veicolo, Vegeta fece
lo stesso ma allontanandosi verso il guard-rail della
sopraelevata.
"Dove
vai?" Gli domandò Bulma massaggiandosi il collo.
"A
casa" replicò atono, sparendo poi in volo prima che
arrivasse altra gente
ad accodarsi all’incidente.
...
Trunks
trovò la madre in laboratorio intenta a lavorare al suono
noioso di una
conferenza di un noto ingegnere che progettava hardware per computer.
Era stesa
sotto al motore di una macchina quando il figlio arrivò nel
laboratorio. Il
cane le andò ad annusare le caviglie scoperte.
“Ehi,
ciao bello… Che ci fai tu qui?” Commentò
accarezzando la sua testa pelosa.
“Mamma,
è con me”.
Bulma
scivolò fuori e mise in pausa lo stereo.
"Tesoro, hai già finito di fare i compiti?"
“Sì,
mi
ha aiutato il nonno.”
“Cos’hai
in mano?”
L’altro
gli porse una foto. "Guarda…”
“Di
cosa si tratta?” Non fece neppure in tempo ad analizzarla
attentamente che
scoppiò a ridere rumorosamente.
“Non
ci
credo!” Esclamò notando l’espressione
truce del compagno che a braccia conserte
e aria irritata sfrecciava sul bruco, accanto al figlio.
“Bellissima foto!”
“Papà
ha
detto che la foto è ridicola…”
“Non
dargli retta, è lui che non sa divertirsi”
replicò lei, sorridendo. “Lo sai
com’è fatto tuo padre. Dalla a me, la faccio
incorniciare e la conservi nella
tua cameretta.”
“Ma
perché papà non ride mai?”
Bulma
scrollò le spalle con aria rassegnata ma serena, ricordando
quelle poche volte
che sorrideva o la sua consueta risata strafottente che le elargiva in
talune
occasioni di ironia.
“È
fatto così, ma sa ridere anche lui.” Poi
abbassò il tono di voce. “Ha solo un
brutto carattere, ma basta conoscerlo… A volte è
un po’ timido”.
“Timido?
Come quando uno diventa rosso?”
Bulma
si
accese un sigaretta. “Esatto. Essere timidi è
quando non ti piace che tutti ti
guardino, per esempio, o stare al centro dell’attenzione
degli altri. O quando
devi chiedere qualcosa a qualcuno e ti vergogni… O quando
una bambina carina
vuole darti un bacio e ti senti imbarazzato” aggiunse con
occhiata complice. “E
poi devi sapere che tuo padre è una persona molto
orgogliosa”.
“Che
significa essere orgoglioso?”
“Non
è
facile da spiegare…” rispose l’altra,
espirando una nuvola di fumo. “Però se
sai mantenere un segreto ti confido una cosa sul tuo
papà…”
Trunks
annuì interessato.
“Tuo
padre non è un uomo come gli altri, per questo spesso
è serio e un po’ duro.
E' stato educato in maniera diversa, è
abituato a considerarsi una persona
più in alto degli altri perchè non un saiyan
qualunque. Lui è il principe dei saiyan e se non fosse
venuto qui, ora forse sarebbe stato il Re in carica”.
“Davvero?!”
“Sshh…
Non dire a nessuno che te l’ho detto, neppure a
lui” gli sorrise lei. “Ora sai perché
lui si allena sempre…”
Trunks
pendeva letteralmente dalle sue labbra.
“Ma
perché
ha lasciato i saiyan? Per stare con te?”
Lei
sorrise della sua ingenuità cercando una spiegazione con un
senso. “Tuo padre non
è nato qui… Lui viene da una stella che ora non
c’è più… Il suo popolo non
era
come le persone che tu conosci. Loro combattevano sempre, erano
soldati, anche
tuo padre, per questo è sempre molto
serio…”
“Ma
i
soldati non sanno ridere?”
Bulma
ci pensò su. “Certo che sanno ridere, ma il
soldato è un mestiere difficile.
Anche il padre di Goten era un saiyan, però lui era
cresciuto qui e rideva
spesso… La nostra Terra è un posto speciale,
ricordalo sempre”.
“Per
questo papà vive qui con noi allora.”
“Esatto”
sussurrò lei. “Portagli sempre rispetto, anche
quando non lo capisci.
Lui ci tiene molto a te e vedrai che presto allenerà anche
te. Tu hai tanta
forza, proprio come lui”.
Bulma
gli disse quelle cose senza avere la totale certezza che fosse davvero
così, ma
una parte di lei sapeva. Era la sua fede nella speranza a spingerla a
credere
nel suo compagno, e non solo... C’erano sempre quei suoi
occhi un po’ tristi
che parlavano da sé, e poi non poteva spiegare a nessuno di
quei piccoli passi
che compiva giorno dopo giorno, tra la timidezza e l’indugio
di mostrarsi
partecipe alla vita di famiglia. C’erano cose che non si
potevano spiegare, ma
solo sentire dentro, esattamente come sentiva dentro lo sguardo
silenzioso con
cui lui sapeva guardala. Era capitato un pomeriggio, neppure così lontano, che il saiyan aveva raggiunto in soggiorno suo figlio mentre lei lo aiutava a fare i compiti, si era seduto al tavolo con la sua consueta posa da duro e lei ad un tratto aveva
spostato gli
occhi e si era accorta che l’uomo la stava
fissando con una strana intensità… Così gli aveva fatto il consueto occhiolino di
complicità che lui
aveva corrisposto col solito silenzio.
Se
Vegeta non era andato via ma aveva deciso di rimanere e assumersi
quelle
responsabilità, anche se non era un padre modello,
significava che aveva a suo
modo a cuore anche quel bambino, e Bulma notava tutti i suoi piccoli
progressi: Vegeta
stava iniziando lentamente ad abituarsi, a cedere…
Già il fatto che fosse salito
con Trunks su quella giostra, anche se palesemente controvoglia, era il
segno
tangibile che suo figlio significava molto per lui.
Alla
fine
cercò di concludere la conversazione tranquillizzando il
bambino. “Quindi non
preoccuparti mai se lo vedi sempre serio e ti sembra severo…
Tuo padre ti vuole
bene, però non te lo dimostra come faccio io.”
“Perché
tu sei una femmina, giusto?”
Bulma
fece una faccia rassegnata, intuendo chi gli potesse aver insegnato
quel tipo
di distinzioni. “Mica tutti gli uomini sono fieri e
orgogliosi come il tuo
papà. Ce ne sono molti che sono romantici… Magari
lo sarai anche tu”.
Trunks
fece una smorfia. “Preferisco essere come il mio
papà”.
Lei
interrogò
l’orologio. “Accidenti, tra poco si cena, non mi
ero accorta di che ore
fossero. Andiamo a vedere cos’ha preparato tua nonna, inizio
ad avere appetito.
Porta il tuo pelosetto in giardino, lo sai che poi va girando per tutta
la casa
e nei laboratori si può fare male.”
La
cena
fu servita una mezz’ora dopo quando fuori stava diluviando e
l’acqua si
abbatteva con violenza contro le ampie finestre. Di tanto in tanto dei
lampi balenavano
tra le nuvole nere e infine un fulmine fece saltare la corrente.
“Oh
santo cielo!” Esclamò la madre di Bulma,
interrompendo la sua chiacchierata. Si
accesero poco dopo le luci di emergenza.
La
scienziata stava centellinando un caffè e fumando una
sigaretta come di
consueto dopo i pasti. “È un blackout che ha
colpito tutta la città” replicò
Bulma osservando oltre le finestre. Poi sentendo il trambusto provenire
dal
salotto accanto, si girò verso il figlio. “Trunks!
Appena torna la luce
generale devi portare giù il cane! Ti ho già
detto che il suo posto è nel
giardino con gli altri animali, era nei patti quando l’hai
portato a casa!”
“Va
bene…”
fece l’altro, imbronciando il musino.
La
luce
ritornò qualche istante dopo con un abbaglio intermittente,
e anche la tv si
riaccese, sintonizzandosi sul documentario interrotto.
La
madre riprese a parlare della cucina tecnologica di cui si era
innamorata alla
Fiera del Mobile. La figlia in realtà non la stava
già più ascoltando, ma
osservava Vegeta che con aria annoiata torturava uno stuzzicadenti tra
le
labbra e fissava distrattamente la televisione, isolandosi mentalmente
dal
resto dei commensali. Bulma si sfilò una pantofola e
allungò le gambe sotto al
tavolo e l’uomo trasalì quando
sentì che la gamba di lei strusciava
ambiguamente contro la sua. Lanciò uno sguardo in tralice ai
genitori di Bulma,
volendo assicurarsi non notassero il movimento in atto sotto al tavolo,
e poi
tornò a fissare la compagna che appariva decisamente
divertita: solo a Bulma
poteva venire in mente un’idea del genere!
“Che
ne
pensi tesoro?” Gli chiese Bunny mostrandole la foto della
cucina sulla rivista
di settore. “La vedresti bene di questo colore?”
Lei
osservò la foto senza particolare interesse, salendo col
piede più in alto.
“Non male, sì… Magari poi andiamo a
vederla”.
Lui
le
lanciò un’occhiata carica di severità,
come se le stesse chiedendo cosa le passasse
per la mente, ma in risposta l’altra salì
leggermente più in alto e il saiyan
sussultò cercando di bloccarle la gamba. Nel compiere quel
movimento nervoso e
istintivo, incappò nella gamba altrettanto esile della madre
di Bulma.
“Oh,
signore! Che succede qui sotto?”
Vegeta
si
alzò subito e si accomiatò, non senza aver
lanciato uno sguardo irritato alla
divertita compagna.
“Metti
a letto Trunks, per favore?” Gli chiese Bulma mentre usciva,
trattenendo una
risata che affiorò nel tono malfermo.
Il
saiyan grugnì qualcosa, andando a recuperare il figlio nella
stanza accanto. Il
cane li seguì con una camminata sbilenca e l’aria
goffa di un siluro carico di
esplosivo.
Quando
furono in camera il bambino palesò tutta la propria
contrarietà nel doversi
mettere a letto. “Io non ho sonno”.
“Ti
verrà”
tagliò corto l’altro, sperando che così
sarebbe stato. Non era la prima volta
che Trunks, sveglio e bighellonante, lo ostacolava senza volerlo, impedendogli di acchiappare
Bulma e
trascinarla da qualche parte. Ultimamente fargli prendere sonno a un'ora decente era quasi un miraggio. Se non bussava alla loro porta era solo perchè Vegeta l'aveva redarguito dal farlo, dicendogli più volte che un maschio doveva superare incubi e paure di mostri che sembravano prender forma nell'ombra, ma l'ultima volta c'era mancato poco che li beccasse, visto che Trunks aveva varcato la soglia della cucina buia tirandosi dietro un peluche di dinosauro con cui stava pulendo il pavimento, e se la penombra non avesse favorito i due amanti, il figlio avrebbe scoperto com'era stato messo a quel bizzarro mondo...
“Mi
fai
tenere almeno Tory qui con me?” Gli domandò il
bambino con tenerezza. “Mamma
dice che lo devo portare in giardino ma almeno mi tiene compagnia prima
che mi
addormenti… ”
Vegeta
pensò che poteva essere una buona opportunità per
farlo concentrare su altro
laddove non si fosse addormentato.
“Fa’
come ti pare, ma non farlo uscire dalla camera, non mi va di sentire
tua
madre”.
Si
ritirò andandosene in camera propria. Bulma lo raggiunse non
molto dopo, trovandolo
nella vasca da bagno dove non si fece scrupolo ad entrare con
agilità. L’acqua
fuoriuscì insieme al sapone quando lei ci scivolò
dentro, sorridente.
“Chi
ha
detto che potevi entrare? Mi starei rilassando”
precisò lui.
“Io
ti
faccio rilassare meglio” replicò lei adagiandosi
su di lui senza badare alla
sua espressione contrariata. “Hai messo a letto
Trunks?”
“Avevo
alternative? Non chiedermi se dorme perché non sono la sua
balia. Per oggi ho
già fatto abbastanza” le disse sistemando meglio
la schiena contro il bordo
della vasca su cui andò ad appigliare i gomiti.
“In
effetti devo ringraziarti… Non mi hai solo risparmiato un
bernoccolo in fronte,
ma ti sei anche fatto un giro sulla giostra con Trunks. Lo hai fatto
molto
felice…”
“Ne
avevo abbastanza di lagne e non avevo voglia di combattere anche quelle
di tuo
figlio. I bambini terrestri sono davvero viziati.”
“Pensi
che io lo stia viziando?”
“Abbastanza”.
“Vuoi
che lo spedisca per lo spazio quindi? Alla stregua di un pacco,
è la stessa
cosa” commentò lei ironica.
“I
saiyan se la cavavano benissimo anche da piccoli. È una
prova che dovevano
superare quando nascevano troppo deboli”.
“Certo,
come no…” fece lei. “Se Goku non fosse
stato trovato dal nonno adottivo, non è
detto che sarebbe sopravvissuto”.
Quel
nome lo fece inquietare. “Senti, perché non ti
tappi un po’ la bocca? Non ho voglia
di parlare di Kakaroth.”
“Tu
non
hai mai voglia di parlare in generale” replicò
l’altra, allontanandosi scocciata
prima di venire acchiappata per le braccia, trattenuta dalla sua presa
micidiale.
“Non
ho
detto di allontanarti, ma solo di starti zitta”.
Bulma
allora sembrò ritrovare il sorriso e gli si
avvinghiò addosso puntando il naso
contro il suo. Lui si lasciò sovrastare dalla curva del suo
corpo flessuoso che
lo spinse più in basso, quasi sotto l’acqua.
“Lo vedi che non puoi fare a meno
di me? Sono il tuo antistress, ammettilo…”
“L’unica
cosa che sei è la mia condanna” replicò
prima di venire baciato con
affetto.
E
poi
il bacio si dispiegò con tutta la passione che stavano
serbando dentro.
Il
saiyan la fece rotolare di sotto fluidamente, spostando altra acqua
schiumosa che
finì fuori la vasca, e nel momento in cui lei gli
mormorò qualcosa continuando
a baciarlo, l’ansito intermittente e continuo di un intruso
li fece voltare insieme:
il
cane inclinò leggermente il capo, osservandoli
incuriosito, poi adocchiò Vegeta e si mise a scodinzolare.
“Ma…
che
diavolo ci fa qui questa salsiccia pelosa che hai regalato a tuo
figlio?!
Ultimamente me lo trovo sempre tra i piedi!”
Bofonchiò irritato.
“E io che
ne so? Forse non ho chiuso bene la porta… Ma non
l’hai fatto portare giù in
giardino?”
“L’ho
lasciato a tuo figlio per farlo addormentare”.
“Vabbè
lascialo qui, dai, tanto non ci da fastidio… Lo porto io
giù quando ho finito
con te…” mormorò lei soavemente,
provando di nuovo a baciare il compagno ma venendo da lui schivata.
“Non
riesco a concentrarmi se mi fissa a quel modo”
replicò Vegeta seccato,
notando che il cane lo fissava intensamente, con la lingua di fuori e la fiatella incostante.
Lei in
rimando gli torturò con baci e morsi la piega del collo.
Vegeta fece fatica a
resistere alla tortura che Bulma gli stava infliggendo, e proprio
quando tornò
a rivolgere le sue attenzioni alla donna, il cane abbaiò
pretendendo il suo
interesse.
“Ma ch..."
“Tory! Sei
qui?” Urlò Trunks entrando nella camera vuota dei
genitori con cautela e
circospezione. "Esci subito! Questa è la camera dove dormono mamma e papà!"
“Oh cavolo, è
Trunks!” commentò Bulma.
“Ma
dai!?”
replicò Vegeta con acido sarcasmo, alzandosi subito e
infilandosi al volo
l’asciugamano sui fianchi.
Acchiappò
il cane per il collare e lo sollevò come un sacco di patate.
“Trunks!”
Esordì entrando in camera e accostando la porta del bagno
alle spalle.
L’altro
sussultò pronto alla sgridata. “Scusa
papà”.
“Prenditi
subito
questa specie di wurstel imbranato!” Gli ordinò
facendolo cadere tra le sue piccole
mani. “Portalo in giardino prima che lo veda tua madre, e
torna a dormire. Se
ti becco che stai gironzolando per le camere, scordati parchi giochi
per il
resto del mese”.
“Va
bene.”
Trunks fece per andare via ma poi tornò indietro.
“Papà, posso farti una
domanda?”
“Basta che
sia solo una”.
“Quando
posso entrare con te nel trainer ad allenarmi? Voglio imparare a
combattere
anche io”.
Vegeta non
si era aspettato quella domanda. “Presto”.
“Presto
quando?”
L’uomo si
abbassò alla sua altezza poggiando l’avambraccio
sul ginocchio.
“Come mai
questa fretta?” Gli domandò conoscendo la
risposta. “Ti piace combattere?”
“Voglio
diventare anche io forte come te e Gohan”.
Vegeta
rivide nei suoi occhi il figlio del futuro cui non aveva risparmiato
sprezzo e
disinteresse, anche quando gli aveva chiesto se potessero allenarsi
insieme
nella stanza dello spirito e del tempo. Suo figlio era quanto di
più prezioso
avesse, non aveva mai smesso di pensarlo da quando lo aveva visto
morire, era
una parte sua, aveva il suo sangue reale dentro, il suo ardore alieno
che
bolliva nelle vene, ma gli occhi erano gli stessi che poco prima aveva
avuto ad
una spanna dal volto. Occhi d’acqua, pieni di vita…
Fece la
stessa cosa che aveva fatto suo padre un giorno, in un momento di
incoraggiamento, gli diede una pacca sulla spalla e piegò
appena le labbra,
leggermente, in un sorriso che affiorò con timidezza, dietro la faccia di sfida.
“Vieni domani pomeriggio nel trainer… E vediamo che sai
fare.”
FINE.
Storia che
mi è stata un pò ispirata da
un’intervista in cui
Toryama ha dichiarato che Vegeta,
rispetto a Goku, è sempre stato molto attento
all’educazione di suo figlio,
aiutato anche da Bulma a divenire più umano e a capire cosa
significhi famiglia nel senso terrestre del termine.
Colgo
l’occasione
per augurare a tutti voi che festeggiate una buona pasqua! Un abbraccio!
Ricordo
un paio di termini ai
malintenzionati : © le
mie storie sono
tutelate dal diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in
quanto
persona fisica nonchè tutelata giuridicamente. Dunque, avviso
chi non
ha di meglio da fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di
pensarci due volte a
provare a plagiare o a rubare la farina del mio sacco: non
rischiate
solo un brutto bannaggio su questo sito, ma
rischiate anche in termini
legislativi . Fate attenzione.
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