The Subliminal di nemesis_tm (/viewuser.php?uid=3333)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Narcy Road ***
Capitolo 3: *** Un ricordo... ***
Capitolo 4: *** L'incontro... ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
The
Subliminal
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Introduzione
- Signor Santato, mi scusi se la disturbo, ma la signorina
McTaylor la sta aspettando per l'appuntamento delle 10:00. -.George alzò
distrattamente lo sguardo verso l'assistente, e annuì distrattamente. Si alzò
con aria assonnata dalla sedia, e avanzò con passo lento verso la porta.
- Ah...mi scusi professore..? -.
L'uomo si fermò. - mm? - mugulò all'assistente.
Lei con fare zelante, gli mostrò una pagina dell'agenda.
- Sua moglie ha chiamato, mentre lei si concedeva un attimo di pausa, e ha detto
se per caso le piacerebbe di più, o mangiare al ristorante oppure vuole sapere
se deve preparare qualcosa... -.
Santato mosse a casaccio le mani per aria, socchiudendo
appena gli occhi. - Faccia come vuole. Mi potrebbe portare una tazza di caffè
caldo fra, diciamo...un quarto d'ora?? Nella stanza della McTaylor certo...arrivederla....-.
Aprì la porta e prese a camminare per il corridoio,
strascicando i piedi. Si sentiva a pezzi. In quei giorni lavorava come un
deficiente al Maddalena, l'istituto per ricovero mentale. Sempre più persone si
lasciavano prendere dalla foga della vita, e finivano per commettere delle
enormi cazzate: a lui, George, famoso psigologo, il compito di scoprire il perchè,
e cercare di inserire nella testa vuota di quelle persone un attimo di requie,
prima che finissero in prigione.
- Ciao Fred - . Quel cretino di Fred. Non faceva mai un
cazzo, dalla mattina alla sera, non un paziente, una commissione, qualcosa in
generale...nulla. E sia che anche lui era
laureato come Santato in psicologia e aveva anche conseguito un importante
master in malattie mentali, proprio come lui: George. Ma forse lo consideravano
più in gamba, oppure si divertivano a vederlo sgobbare, i gestori del
Maddalena: fatto sta, che era da sere che non dormiva. Certi pazienti e i loro
problemi....ti lasciano un vuoto enorme dentro...
Toc toc. Sempre quei due tocchi leggeri e rassicuranti,
quando doveva andare all'incontro con Gloria McTaylor. Ormai c'erano abituati
entrambi, sia lui, che la piccola Gloria.
Ma come mai questa volta nessuna risposta? Di solito si
sentiva un tramestio vivace, o magari un saluto al di la della porta....ma
questa volta niente. Un attimo in ansia, il dottor Santato bussò altre due
volte nella porta grigia della camera.
Toc Toc. Nessuna risposta. Appoggiò l'orecchio destro
nella porta, e rimase in ascolto trattenendo il fiato. Sentiva un debole rumore
dentro la stanza. Non capiva bene cosa fosse, ma non gli suggeriva nulla di
positivo. - Gloria? - chiamò dolcemente la bambina. Il rumore aumentò un poco
di volume, e appoggiando l'orecchio alla porta, George, poteva benissimo capire
cosa stesse accadendo all'interno. La piccola piangeva.
Con il cuore in gola, aprì la porta lievemente, mise la
testa nella fessura e poi, piano piano, entrò nella stanza bianca.
La bambina gli dava le spalle. Il suo vestito di seta
bianco, lungo fino alle gambe, l'avvolgeva teneramente: forse, si disse Santato,
stava piangendo per una banalità, non c'era di cui preoccuparsi..
Ma mentre lui pensava questo, il suo cuore lo tradiva: il
suo battere rimbombava nella stanza.
Le sue spalle
sussultavano rapidamente, scosse come da molti tocchi. Le braccia distese lungo
i fianchi, mosse lievemente dai convulsi isterici della bambina. La voce acuta,
era deformata, come da qualcosa di orribile. Non usciva normale come al solito:
con la gioia di vivere e tutte le altre sensazioni che i bambini provano ancora,
ma anzi, era come stridula e roca.
I capelli sembravano sporchi, e un rigolo si sangue si
intravedeva nelle caviglie nude della bambina.
- Gloria? - chiese nervosamente lo psicologo. Cosa stava
accadendo, accidenti, cosa mai stava accadendo porca puttana?... - Gloria! -
chiamò un attimo più forte, ma i suoi singhiozzi patetici e isterici
aumentarono di volume, ignorandolo.
- McTaylor ! -. George conosceva bene la bambina. Sapeva
che non bisognava affatto davanti di lei, ne fare movimenti bruschi, ne alzare
la voce: non sarebbe più stata avvicinabile. Ma ora era difficile trattenersi
dal fare ambedue le cose.
- Gloria! - ripetè disperatamente e si avvicinò alla
piccola tremolante. Gli cinse le piccole spalle con le sua mani, e lo voltò
verso di se.....
- GLORIA! CHE COSA HAI FATTO?! - urlò con la voce che
diventava roca e acuta improvvisamente.
La prese per le spalle e prese a muoverla convulsamente
avanti indietro.
Tutta la veste era ricoperta di freschi rigoli di sangue,
che scendevano come mille affluenti di un fiume inesistente. La bocca era
impastata del rosso sangue, e le mani ne erano interamente ricoperte. Gli occhi
non c'erano. Gli occhi non c'erano. E
nelle mani....nelle sue
manine....c'erano....due piccole palline deformi, come se fossero state
schiacciate e compresse sotto una leggera forza.....neri gli incavi delle
pupille.....
- NNNOOOOOOO! - urlò George con la voce che s'alzava
sempre di più mollando la bambina e scivolando a terra. E anche lei urlò.
Cacciò un urlo bestiale, al di sopra dell'immaginabile, così acuto da
risvegliare ogni persona nell'intero del maddalena. Acuto, e forte. Stridulo e
crespo insieme. Cadde in ginocchio e si prese la testolina tra le mani, e dondolò
avanti indietro...poi senza preavviso si alzò, corse verso la finestra aperta,
la scavalcò, e cadde giu.....
Dietro George, ancora sdraiato a terra spaventato,
l'assistente lasciò cadere a terra il vassoio con il caffè caldo a terra....si
frantumò....
. .
. nota dell’autore
Salve! Questa, premetto, è la mia prima ff in assoluto
che ho scritto, un po’ di tempo fa. Dal mio canto ne sono entusiasta davvero:
per il semplice fatto che avendo scritto io questa storia, so anche come andrà
a finire, e posso garantire che non sarà una brutta trama.
Ora, annuncio una cosa: George, come avete capito, sarà
il protagonista della storia. Voi avete letto l’inizio e cosa avete capito di
lui? E’ uno psicologo, avete notato il suo carattere stufo, annoiato e senza
stimoli. Avete poi visto solo la parte brutta della bambina piccola,
Gloria McTaylor…. E vi starete domandando ma perché un comportamento così
assurdo?? Perché!!! Lo scoprirete.
Se seguirete la storia vi accorgerete di aver gia visto,
o letto da qualche parte una trama che gli somiglia. Ebbene, un po’ ho preso
spunto dal Sesto Senso, ma ho, diciamo, “copiato” solo alcuni passi innocui,
come la situazione dei personaggi, e il senso del mistero, di più no….
Vi ringrazio nel caso mi recensite, e salve a tutti!!!
nemesis_tm
nemesis_tm@libero.it
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Capitolo 2 *** Narcy Road ***
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Capitolo 1: "Narcy Road"
Narcy Road, era un piccolo paesino di montagna, situato in una piccola e
meravigliosa valle, in California. Il cielo, almeno in quel periodo dell’anno,
cioè ormai a fine di giugno, era invariabilmente blu, a parte qualche nuvola
passeggera destinata a scomparire. Non si sentivano mai voci eccitate, o rumori
di passi per le stradine ripide, che serpeggiavano tra le case come tanti fili
di una ragnatela. Comunque era davvero piccolo. Ci vivevano all’incirca un
centinaio di persone, tra vecchi, ragazzi giovani e adulti. Era accessibile, in
automobile, solo da est, attraverso una strada immersa nei boschi di betulle e
frassini, che si apriva direttamente nel centro di Narcy.
In questa graziosa e quanto mai inutilizzata piazzetta, si trovavano un bar
(ritrovo degli abitanti) il municipio, e una decina di case. Da li partivano due
stradine: una che serpeggiava verso nord, in salita fino alle baite, e l’altra,
che andava a finire nelle viuzze del paesino. Le case erano state tutte
costruite una vicino all’altra, e quindi le stradine erano piccole, sempre in
salita, oppure in discesa, e totalmente immerse in ombra. Si trovavano molti
gatti che camminavano solitari per le vie.
Era il 25 di giugno, e George Santato, era appena sceso dalla macchina.
Osservò con aria assente il bar alla sua sinistra, e la piccola chiesa alla sua
destra. Era candida e bianca come la neve. Il piccolo campanile suonava dei
bassi e riposanti rintocchi, come se non volesse rovinare la quiete che regnava
sovrana in quel posto.
Parcheggiata la macchina nel parcheggio posto dietro il municipio, decise che
per prima cosa si sarebbe comprato un pacchetto di sigarette al bar , e avrebbe
così colto l’occasione per chiedere informazioni al barista sul paese.
Due uomini abbastanza anziani e con il viso tutto rosso, sedevano su un
tavolino marrone in un angolo, e ridacchiavano distrattamente con una bottiglia
di vino rosso sopra la tavola.
Il bar, ( “Bar da Gastone” come diceva l’usurata insegna), aveva l’aspetto
familiare e vecchiotto dei bar classici che si trovavano in tutti i piccoli
paesini. Un uomo con dei baffi neri folti, stava osservando una piccola
televisione sopra uno scaffale.
“Salve” salutò il baffo.
“Salve” rispose George.
Il barista lo squadrò dal capo ai piedi con sguardo interrogatorio.
"Non ti ho mai visto qua? Che devi andare in Val Bour? Guarda che hai
sbagliato strada, sono in molti che lo fanno per errore...".
Quell'uomo era un fiume ininterrotto di parole, pensò George, se lo lascio
qua continua a parlare da solo. "No mi scusi..." lo fermò con voce
timida lo psicologo.
"Allora cosa desideri?" chiese il baffo con aria quanto mai
sorpresa.
"Un pacchetto di....vediamo...malboro rosse....e un
informazione...".
I due signori nel tavolino osservavano la scena un po' ebeti.
"Che cosa desideri sapere?" chiese l'uomo.
"Dove si trovano gli appartamenti....di Tom, mi è sembrato di leggere
così...è giusto, cioè, voglio dire...esiste?".
Il barista gli consegnò il pacchetto di sigarette e prese in mano la
banconota che l'altro gli porgeva. "Si " rispose mentre dava indietro
il resto " giri a destra, e prosegua per dietro la chiesa. Affianca la
staccionata, e alla prima stradina in salita a sinistra, volta. Te lo trovi
davanti, è abbastanza alto e tutto bianco.".
"Grazie. Arrivederci".
"Arrivederci".
George uscì all'aria aperta. Come al suo arrivo, non si trovavano persone
nella piccola piazza, ne si sentivano delle voci provenire dalle vie, o magari
una donna su un pogiolo che stendeva i panni....proprio nulla. Sorrise a se
stesso: aveva trovato il luogo ideale, proprio quello che faceva al caso suo.
Attraversò la piazzetta bonariamente accendendosi una cicca, e
abbandonandosi in una panchina vicino alla chiesa, prese a pensare.
C'era un cosa che gli era rimasta dentro, come un nodo irremobivile, ma non
come un malanno qualsiasi, o come un piccolo problema....dentro di lui una cosa
davvero pesante gli torturava il cuore. A tratti, come se stesse guardando
spezzoni di una vecchia pellicola, gli ritornavano alla mente i ricordi di
quella giornata orribile...il sole piacevole, accompagnato da un leggero
venticello...la sua assistente, perfetta e sorridente come al solito....
Sospirò triste. Quella giornata non l'avrebbe rimossa mai più. Come un
computer che infetto da un virus irremovibile, non è più utilizzabile, e
quindi è meglio buttarlo nella spazzatura...così si sentiva...una merda....
Non era riuscito a portare a termine il suo compito. Il compito che gli
avevano assegnato, e che glielo avevano dato, solo perchè lui, il migliore, ci
sarebbe riuscito. Però c'erano stati degli imprevisti. Apprensioni e paure
indecifrabile nel volto della ragazzina. Strani mormorii senza significato si
alternavano a momenti di gioia, sprazzi di pura follia....
Gloria. Una bella bambina di dieci anni all'incirca. Fra un po' ne avrebbe
compiuti undici. La mamma gli avrebbe organizzato la festa, avrebbe invitato i
suoi amici....
E invece niente. Il compleanno si festeggiava al cimitero. E tutto perchè
lui, George Santato, non aveva scoperto quello che attanagliava il cuore di
Gloria....e lei si era uccisa....prima cavandosi gli occhi...poi come spinta da
una forza esterna, si era spinta su una finestra...e si era buttata di sotto....
E lui, l'aveva sentita. O se l'aveva sentita, come ancora la sentiva di
notte, o mentre aspettava che il semaforo diventasse verde, o mentre aspettava
il caffè al bar....ovunque....
Dapprima come un leggero pianto, un singhiozzo sommesso e irritante...poi
un'isteria totale...e la visione...l'aveva voltata....il suo vestito bianco
sporco di sangue...e i suoi occhi, nelle mani della bambina....
Si accorse che stava tremando e gli occhi gli erano diventati lucidi, quindi
decise di alzarsi, e magari andare a vedere la stanza che aveva prenottato per
un mese.
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Gli appartamenti di Tom, erano davvero fuori luogo in confronto al resto del
paese. Un albergo quattro stelle in un paese di cento abitanti?? Ma dove era
finito!!
"Mi scusi!" chiese cortesemente al ragazzo giovane che si trovava
dietro il bancone della reception.
"Mmm?".
Era un ragazzo alto con i capelli neri e l'espressione burbera. I classici
ragazzi duri, con le sopracciglia unite.
"Ehm...ho prenotato....dal 25 al 25 di luglio.....si, sono Santato...".
Mentre il ragazzo cercava nel computer i dati del pernottamento, George
osservò l'arredamento dell'albergo, e nella mappa dello stabile, vide che sotto
terra si trovava la sala piscina e sauna....era il posto dei suoi sogni.
"Bene, mi dia i documenti, e può gia salire in camera se vuole..."
prese le chiavi da uno scaffale e gliele porse "io mi chiamo Dick, bene,
arrivederla".
"Arrivederla".
Portati sopra i bagagli, e fumata un'altra sigaretta, il nostro protagonista
proprio di passeggiare o di fare qualsiasi cosa che non fosse dormire o guardare
la tv, non se la sentiva...Era ora di vedere la famosa piscina!!
Un quarto d'ora dopo, con le ciabatte ai piedi, e l'asciugamano sulle spalle,
e una borsa in mano, George, scendeva in ascensore fino al livello terra. Quando
giunse al terzo piano (l'appartamento di George si trovava al quinto),
l'ascensore terminò la sua ascesa, e spalancò le porte. Evidentemente una
persona lo aveva fermato per entrare. Una ragazza, circa sulla trentina, era
appena entrata con una borsa e un paio di infradito ai piedi: evidentemente
anche lei stava andando in piscina. George la salutò con un sorriso audace,
cosa che lei gratificò con un bel sorriso.
"E' il signor Santato per caso?" chiese la donna.
"Certo sono io" rispose prontamente George.
Doveva ammettere che era una bella signora. Il fisico era asciutto e rotondo
nei punti giusti. I capelli erano neri scurissimi, come per altro i suoi occhi,
che favevano un gran contrasto con la dentatura bianca come la neve.
"Come fa a sapere chi sono?" chiese gentilmente George.
Lei sorrise mentre la porta dell'ascensore si apriva, e lasciava intravedere,
dietro una porta vetrata, la candida piscina.
"Sono la propietaria dell'albergo. Aspettavo ansia il suo arrivo....devo
ammetterlo sa George? O meglio ancora...dottor Santato?" terminò la frase
con un tono che era un ibrido tra il malizioso e il divertito.
"Si...sono uno psicologo...e sono qua solo ed esclusivamente per
riposarmi dal lavoro...".
Lei sorrise e s'incamminò verso la piscina, e George dietro di lei.
A un certo punto lei si voltò di scatto, e si ritrovarono vicini con il
viso.
"E' un piacere conoscerla...." disse piano lei.
"Anche per me.." rispose George nel mondo dei sogni.
Decisamente quello era il posto dei suoi sogni....
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Capitolo 3 *** Un ricordo... ***
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Capitolo 2: "Un ricordo..."
La vita a Narcy Road era inaspettatamente interessante, oltre che rilassante
e monotona...
Il primo giorno, trascorso praticamente tutto in piscina a osservare la
giovane donna che si tuffava nell'acqua morbida, si era rivelato un po'
annoiante. Certo, il paesaggio era romantico e solo il vederlo, gli bastava per
placare per qualche minuto i suoi problemi, e le sue angoscie. Una valle a forma
di ovale, e tutte le montagne che girano intorno al perimetro dell'ovale,
lasciando spazio a betulle, pini, faggi (anche se quelli erano più verso la
pianura). Il cielo, magnificamente blu, era colmo di nuvole dalle bizzarre
forme, che spiccavano nel cielo per il loro colore bianco, quasi incandescente.
L'aria non era quella sporca della città, ma era assai pulita e gradevole.
Oltre al paesaggio, c'era stato poi l'incontro con la signora. E quello era
servito a tenergli il sorriso stampato sulle labbra per un bel po'.
Così, George, si trovava ora il secondo giorno da passare in quel paradiso
di boschi incantati, e fate meravigliose. La sveglia era suonata verso le otto
di mattina, ma lo psicologo, aveva allungato la mano con un grugnito, e l'aveva
spenta. Poi dopo circa due orette, passate muovendosi insonne nel dormiveglia,
George aveva deciso di alzarsi e fare colazione. Dopo una doccia calda, che ebbe
lo scopo di svegliare completamente lo psicologo, e dopo essersi vestito, George
uscì dalla stanza e chiuse la porta a chiave e scese a fare colazione.
Una volta giunto davanti la reception, diede le chiavi a Dick, e gli chiese
dov'era la stanza per la colazione. "Dritto per quel corridoio, e infine
trova due porte. Apra quella a destra. Buona colazione".
"Grazie". Così, percorso il corridoio, in cui si trovavano molte
foto di attori famosi e cantanti che avevano sostato in quel posto, si trovò
davanti le due porte. Entrò nella stanza.
Aveva un'aria dolce e tipicamente familiare, e sembrava come di essere
immersi in un sogno. Regnava una strana quiete e silenzio, rotto solamente dal
tintinnare delle posate delle poche persone che stavano ormai finendo di fare
colazione. Sulla sinistra si trovava un lungo tavolo con sopra dei piatti
bianchi, delle posate, dei bicchieri, delle tazze, e dei contenitori di succo di
frutta. Un po' scostato da quest'ultimo, un altro tavolo, questa volta riempito
di contenitori piccoli, e vaschette e confezioni di plastica contenenti
marmellate di ogni genere. Sempre in quel tavolo, si trovavano le briosche, e
pastine varie. In un tavolo a parte, i cereali e il te.
Preso posto in un tavolino dai bordi rosa in un angolo dove c'era un
cartellino con scritto il suo nome, una cameriera gli portò un bricco del
caffè e del latte, e prese le ordinazioni (latte oppure caffè) per tutti i
giorni del mese. Dopo aver osservato una coppia di anziani alzarsi e andare via
salutando i camerieri, Geroge fece colazione mangiando un po' di tutto senza
riguardo.
Mezzora dopo, usciva dalla stanza con la pancia piena e una meravigliosa
sensazione di sazietà. Solo gli dava fastidio non aver incontrato la ragazza
della piscina! L'indomani si sarebbe svegliato presto - probabilmente la signora
si alzava presto per qualche camminata nei boschi, o per aiutare nell'albergo.
George uscì dall'albergo, e fumandosi una sigaretta, fece una passeggiata
per la piazzetta osservando il paesaggio magnifico. In un bordo della piazza,
cadeva ripido un burrone, e di fatti, si trovava una staccionata di legno come
protezione. Da li, sotto la piacevole ombra offerta da una betulla, Santato
osservava i boschi, e le montagne. Quel giorno era tutto incantevole, sublime e
appagante.
Erano quei paesaggi che portavano consiglio, oppure pensiero, come si suol
dire...
Così prese a pensare a una lontana vacanza che aveva fatto da piccolo, con
la sua famiglia. Suo padre, che era un maniaco della montagna, insisteva perchè
tutta la famiglia camminasse con lui per sentieri e rifugi. Però sua madre
detestava camminare, così rimaneva a valle a girare per i paesi e guardare
negozi. George sospirò. Magari avesse ancora la felicità e la spensieratezza
d'un tempo.
Dopo che ebbe finito tutte le sigarette, decise che si sarebbe comprato un
altro pacchetto, così attraversata la piazza, entrò nel bar. Il baffo stava
parlando felicemente con un altro uomo che se ne stava per andare. I due signori
del giorno prima non c'erano.
"Salute! Siete il signore di ieri giusto? Avete trovato allora gli
appartamenti??" lo salutò il baffo animatamente.
George sentì il viso contrarsi in un sorriso. Era una persona davvero
gioviale... "Ma certo! Volevo ringraziarla per il suo favore...".
"Suvvia.. " disse in tono amabile l'uomo appoggiandosi al bancone
" lei mi ha chiesto un informazione, mica la luna..." poi rise.
Sembrava che qualcuno stesse muovendo una scatola di scarpe piena di oggetti
piccoli di metallo.
George sorrise. "Grazie lo stesso! Certo che mi sembra fuori luogo in
confronto al resto del paese l'appartamento....!".
L'uomo gli sorrise. "Lo so! Me lo dicono in molti. Però, nonostante la
posizione infavorevole agli affari, come si potrebbe pensare, molta gente viene
dalla altre valli per sostare qui. E' l'unico albergo, e da questo paese si ha
facile accesso ai sentieri più semplici e si ha un paesaggio incantevole, non
trova signor...? " concluse con tono interrogatorio.
"Santato. Mi chiamo George Santato, e sono qui per un mese proprio per i
bei paesaggi e le montagne....volevo rilassarmi dalla frenesia della città e
riposare...finalmente ho trovato un po' di requie! ".
" La capisco " rispose annuendo il baffo " comunque io mi
chiamo Joan Miller".
" Molto piacere" .
Il baffo annuì ancora. "Desiderate qualcosa?" chiese poi.
"Certo "rispose George "allora....due pacchetti si Malboro
rosse ("il fumo fa male!!" commentò il baffo) e un'altra
informazione!!! ".
" Dica pure " disse porgendogli i due pacchetti.
" Vedete.....ma gli appartamenti si chiamano da Tom....perchè la
propietaria è una femmina??".
Lui rise di rimando. "Perchè prima appartenevano a suo padre. "
rispose " E lei ha ereditato lo stabile, decidendo di tenere il
nome...".
"Capisco...mi ha fatto piacere parlare con lei!"
"Gia anche a me. Penso che ci rivedremo giusto??!".
"Certo!" salutò con la mano e uscì dal bar.
Ora nella piazza si trovavano diversi ragazzi e ragazze che parlavano e
ridevano. Un ragazzo e una ragazza si baciavano vistosamente in mezzo al gruppo,
mentre un'altra coppia era indaffarata in una panchina, li vicino. Erano tutti
vestiti da reppers, e alcuni dicevano volgarità, si capiva, per farsi vedere o
sentire. Gli ricordarono alcuni gruppi di ragazzi che aveva visto in città. Non
mancan mai, pensò George tra se e se.
Aveva ancora voglia di osservare il paesaggio dalla piazza, ma non si sentiva
a suo agio in mezzo a quei teppisti, così accendendosi un'altra sigaretta,
prese la strada che portava alle vie del paese. Un ragazzo lo guardò con un
sorriso sornione nel volto.
A quanto pareva la vita nel piccolo paese non era totalmente priva di
interesse o attività, anzi. Vedeva persone che si parlavano per strada. Alcune
donne, che avevano il balcone alla stessa altezza si parlavano mentre stendevano
il bucato. Bambini correvano a per di fiato e grossi cani gli inseguivano
abbaiando.
Era proprio bello vedere come tutti si conoscessero. Saluti e scherzi
ovunque, nell'aria più amichevole. E lui, non conoscendo nessuno, rimaneva
escluso da questa felicità, anche se sorrideva, osservando le case e le
persone.
Sentiva la pancia più gonfia, e prese mentalmente nota, che dall'indomani,
avrebbe come minimo camminato tutta la mattina in modo da smaltire la colazione
abbondante. Poi siccome proprio non sapeva che fare, avanzò bonariamente verso
un sentiero che partiva direttamente dalla strada della città, e camminò in
quella direzione.
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Il sentiero, era pianeggiante e immerso nella flora del bosco. Un'ombra
amica, e un leggero venticello gli muovevano i capelli e gli davano un forte
senso di beatitudine nel volto. A sprazzi, s'intravedeva il paesaggio montano e
le nuvole. E nel silenzio della montagna pensò a lungo.
Pensava a quello che gli attanagliava il cuore. E più ci pensava più ci
rimaneva male.
Aveva fallito. Aveva fallito penosamente. Tutto qui. Non ce l'aveva fatta,
tradendo la fiducia che i genitori di Gloria, avevano affidato in lui. Tradendo
la fiducia di tutti i medici del Maddalena. Di sua moglie. E aveva poi ucciso la
poca passione che aveva per se stesso, per la sua persona.
Era sempre stata una bambina problematica. Pochi capivano quello che lei
diceva, oppure vedeva. A volte, senza il minimo motivo, cominciava a urlare,
forte, con la voce roca e stridula di chi ulra troppo...
Alcuni giorni non c'erano problemi. Era la bambina felice e sorridente che
avrebbe dovuto essere, e non dava a vedere se il suo cuoricino era preso da
qualche paura o angoscia. Alcune ,mattine, si svegliava con le borse agli occhi
di chi non ha dormito...i capelli trasandati, sporchi....il viso incavato e
usurato dal sudore....le mani strette a pugno, rigide, irremovibili, come
percosse da qualcosa di potente e oscuro....il piscio ancora fresco nelle gambe,
e il sangue, che scendeva a fiotti dal naso. Alcuni giorni tornava dal dottore
con i suoi capelli in mano....e i grossi lacrimoni negli occhi....Erano quelle
mattine che lei neanche parlava. Osservava a vuoto un punto fisso della stanza,
e ovunque tu decidessi di spostarle il corpo, lei manteneva fissa la testa in
quel punto, senza battere ciglio, come una bussola....
Non parlava mai dei suoi problemi....se aveva fame non lo diceva...se doveva
andare in bagno neanche....non parlava quasi mai e se lo faceva, era solo per
salutare e per parlare dell'unica cosa che sembrava appassionarla. Era una
cartone animato giapponese, che parlava della felicità nel mondo. Non c'era
violenza, solo pace e felicità. Era forse un modo per esprimere il suo odio
verso il dolore, e la gueraa o la violenza.....oppure gli piaceva semplicemente
il cartone....
Il problema della bambina, era che qualunque tecnica, o domanda (tipica degli
psicologi, che usano spesso con i bambini affetti da problemi) gli venisse fatta
o usata, per farla parlare...non funzionava. Era una macchia negli schemi che
gli psicologi avevano scritto in secoli di studi sul carattere umano...era
indecifrabile...e incapibile...
Si ricordava ancora la prima frase che gli aveva detto. Lei crede di
essere umano ma non lo è. Lei cura gli uomini...e per accontentarli fa finta di
essere come loro....per non suscitare invidia nei loro cuori...perchè di fatto
lei....è qualcosa di più. Lei decifra pensieri altrui come nessuna sa fare, e
capisce di cosa hanno bisogno le persone....ma non capisce una cosa...lei può
curare una cosa che è umana....perchè lei è alieno....ma non può curare una
cosa aliena se lei è alieno....deve essere umano per farlo...
Con questo lei voleva forse intendere di essere un'aliena? Forse era proprio
così? O forse era un modo per ingannare lo psicologo?? Di fatto...una frase del
genere non l'aveva più detta....
Poi mentre, tornava nei suoi passi verso il paese, il suo viso gli tornò in
mente....il suo viso di quel giorno...il giorno in cui l'aveva fatta finita...in
cui si era tolta gli occhi e si era inzuppata di sangue....il giorno in cui
aveva mostrato finalmente, un punto di debolezza a George....e mentre la gola
gli si seccava, e la sigaretta che si era appena accesa gli cadeva di bocca, il
viso di Gloria gli tornò in mente. Un lampo veloce nella sua mente...e ricordò
la sua voce gracchiante in quel momento....quasi
terribile...isterica...quasi....aliena....roca....
....professore, quando tutto mi cade sopra la testa...quando ogni fatica del
mondo mi colpisce nello stomaco...quando il nodo, che ormai ho sempre fisso
nella gola mi attanaglia mostrandomi la crdueltà del mondo....io penso a
lei...e penso che potrà salvarmi...
"NNNOOOOOOO...Gloria perchè sei morta.....PERCHE'??????....".
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Capitolo 4 *** L'incontro... ***
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Capitolo 2: "L'incontro..."
Erano passati quattro giorni dall'arrivo di George, a Narcy Road. La vita
proseguiva calma e decisamente tranquilla, intervallata da momenti di
solitudine, e altri in cui George, parlava con qualche amichevole abitante del
paese. Certamente la vacanza stava avendo dei risultati positivi nella
personalità di George. Sorrideva spesso, e molte volte si era ritrovato a
ricordare i bei momenti della sua infanzia, della sua vita coniugale, i suoi
primi amori, i suoi sbagli....riusciva a ridere di tutto, e sorridere al suo
destino. Qualche mattina si vedeva un mattiniero Santato, attraversare le vie
del paese con uno zaino nelle spalle, e degli scarponi da trekking ai piedi, che
con un'andatura molleggiante, si avviava per i piccoli sentierini di montagna.
Camminava piano, pensando alla sua vita, e sopratutto assaporando i piaceri
dell'aria pulita, pregustando il magnifico paesaggio montano, con il cielo che
somigliava a un mare mediterraneo, posto alla rovescia sopra il capo...
Poi, giunto in prossimità di una collinetta verdeggiante, magari con qualche
albero e un minuscolo corso d'acqua che passava in mezzo, George si fermava,
prendeva un asciugamano dallo zaino, e si stendeva, per ore e ore, dormendo,
ascoltando musica, e mangiando qualche panino, bevendo un po' di the....
Altri giorni preferiva dormire fino a tardi, per poi andare a fare colazione
insieme agli abitanti dell'albergo, e magari andare a fare un salutino al
propietario del bar, Joan Miller.....
Era riuscito a instaurare un magnifico rapporto di amicizia con quell'uomo.
Parlavano a lungo di sentieri, e di montagne, poi combiando discorso discutevano
di piccoli pettegolezzi che giravano per tutto il paese (nei piccoli paesi è
una cosa caratteristica, e anche George si stava trovando un bel fascino),
magari sorridendo di qualche scherzo fatto dai ragazzi più grandi...
Un'altra persona con cui George sentiva di essere partito con il piede giusto
era Samantha, la bella e gioviale propietaria dell'albergo in cui George
dormiva. Il loro punto di ritrovo preferito era la piscina, dove una splendida
parete fatta interamente di vetro, permetteva loro di osservare le tre cime più
alte e vezzose della valle, con sopra le nuvole, e il cielo....
Ridevano per molte cose, anche spesso stupide e infantili, però si
divertivano un mondo. Il sorriso di lei era a dir poco magnifico. E lui...bhè
rideva con una vocetta acuta, e in maniera decisamente contagiosa, a tal punto
che i due se ne stavano anche minuti interi piegati sugli sdrai, con lo stomaco
che si contraeva dalle risate...
George amava osservarle gli occhi. Se ne stava li, mentre lei gli rivolgeva
la parola, a guardare quegli angelici cerchi blu, dove sfumavano lievemente al
centro in un tipico verde alga. Spirali di sfumature e sfumature che si
rincorrevano e s'incontravano, e infine la pupilla nera, come una piccola
entità nel mezzo della meraviglia....e quasi sempre, preso da quegli occhi, non
ascoltava i suoi discorsi, e, dopo che lei glielo faceva notare, arrosendo, si
scusava dicendo che era davvero distratto. Lei non se la prendeva male, anzi
rideva sommesamente, e spesso lo prendeva in giro, domandandosi come faceva una
persona come lui, ad essere uno psicologo di così grande fama.
Ma se il rapporto con Samantha, e quello con Joan erano di grande amicizia,
quello con Dick, il ragazzo alla reception dell'albergo, era semplicemente
formale e freddo. Spesso George faceva qualche battuta davanti di lui, e cercava
di strappargli almeno un sorriso, ma a Dick, di sorridere evidentemente non gli
importava gran chè....
Tutto sommato, Narcy Road era, almeno per George, il paradiso, e il luogo
ideale che lui cercava da circa trent'anni, su cui vivere e finire i propri
giorni....spesso, prima di coricarsi a letto, George pensava all'immenso
dispiacere che avrebbe provato, fra qualche settimana, nel ritornare al
Maddalena, a lavorare nello stress più totale, cercando di guarire menti malate
e pazze....
A volte lui si scopriva a volere diventare pazzo....Era un pensiero strano,
si disse una notte George, ma almeno....giusto.....
Aveva visto in un suo vecchio paziente, la felicità negli occhi...durante
ogni seduta e ogni incontro, breve o lungo, quel ragazzo aveva sempre il sorriso
nelle labbra. Certo diceva delle amenità assurde, e farfugliava pensieri
incapibili, ma era felice...chissà come viveva la sua
condizione....probabilmente sempre con il sorriso, e con la voglia di vivere,
anche se rinchiuso in un posto di riabilitazione, alto e mastodontico.....
Un giorno avevano traferito il ragazzo in un altro posto....e George non
aveva avuto più occasione ne di sentirlo, ne di vederlo.....
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Era pomeriggio avanzato, e il sole stava dolcemente finendo il suo percorso a
occidente, mentre lentamente la luna avrebbe cominciato a salire alta nel
cielo....
Una giornata magnifica si stava infine concludendo nel cielo.....
E George, camminava con il pensiero nelle nuvole, le mani dietro la schiena,
lo sguardo perso...
Capitava di tanto in tanto, che gli veniva in mente quel giorno....sempre
quel maledettissimo giorno.....soffriva, dirignava i denti e ogni forma di
felicità e gioia cessava di esistere dentro di lui....la gola si bloccava,
secca e arida, e delle lacrime, seguite da qualche singhiozzo isterico,
sgorgavano dallo psicologo...
Quel pomeriggio, stava ripensando a Gloria. Non con le lacrime però, non con
il senso del panico nel cuore...ma con una sorta di mezzo sorriso sulle labbra.
Ricordava i primi giorni di permanenza di Gloria al Maddalena, il suo
arrivo.....la sua faccia sbalordita di vedere un posto così strano....la sua
risata felice che sgorgava direttamente dal cuore.....
Era stata un bambina normale, si disse George, poi gli era capitato qualcosa,
magari nella mente e nel suo pensiero, che l'avevano fatta cambiare....più
fredda con tutti, più asociale, e spesso burbera.....in alcuni momenti cacciava
via il cibo che le veniva portato in camera, sporcando il grmbiule di qualche
infermiera, e il pavimento....poi urlava....la voce roca, e le vene del piccolo
collo che si gonfiavano....urlava di andare via....lasciarla sola....loro non
capivano....in quei momenti, lei accettava solo la compagnia dello psicologo che
aveva conosciuto fin dall'inzio, e a cui era stata affidata...cioè lui, George
Santato.....
Con le ginocchia a terra, le braccia sui capelli.....gli occhi contornati di
nero, e il suo viso livemente pallido e tremolante.....sussurrava alcune
parole.....
George, seduto su un lettino, gli porgeva delle domande con voce atona, per
stimolare la sua calma, per darle un senso di tranquillità, di amicizia....di
farle capire che li, nessuno poteva farle del male...ma lei era incapibile...e
incurabile....quando si accennava alla sua sicurezza nel maddalena, scoppiava in
lacrime urlando, imprecando, bestemmiando....come se fosse in preda al demonio,
ondeggiava avanti e indietro, scivolava per terra....si dimenava...e solo George
poteva aiutarla....con un abbraccio, o una carezza.....poi lei si calmava,
provvisoriamente, e stentava un sorriso ambiguo e privo di vera gioia....per poi
ritornare nell'oblio....
George sussurrò.....che strano destino che era toccato a quella bambina.
Pensava questo da circa un quarto d'ora, e non si era accorto che qualcuno
percorreva il sentiero insieme a lui. Aveva pensato troppo intensamente, e non
si era accorto di nulla. Così, si girò dietro di se, e osservò il sentiero
con sguardo vacuo. Era sicuro di aver sentito un rumore dietro di se....come un
passo veloce e furtivo. Aveva sentito anche un lieve respiro, come se la persona
che gli era di dietro avesse il fiatone....Ma forse era solo
immaginazione....forse i pensieri poco piacevoli che stava facendo su Gloria lo
avevano stimolato ad una situazione di allerta, e magari di panico....ma doveva
calmarsi, il tramonto stava per iniziare e il paesaggio era sublime...così si
voltò dall'altra parte deciso a proseguire ancora per qualche minuto in quel
sentiero che conosceva bene...ma si trovò davanti una bambina.
Ma che coincidenza era??! Lui pensava a una bambina bionda, piccola, di dieci
anni, e cosa spunta??!...una bambina, bionda, piccola, che avrebbe potuto
benissimo avere dieci anni, per l'altezza e l'espressione del viso....
Sorrideva. I capelli biondi sciolti sulle spalle, e gli occhi di un intenso
blu, che somigliavano per un certo verso al cielo che durante il giorno
sovrastava quelle montagne. L'espressione del volto era singolare: furba, quasi
sembrava che stesse ghignando. Forse voleva fargli uno scherzo infantile, come
molti bambini piccoli fanno....poi George pensò che sicuramente tra qualche
secondo sarebbero arrivati i suoi genitori.....ma attese invano....
Squadrandosi a vicenda, lei sempre con quell'espressione furba, e lui con lo
sguardo accigliato, i due, come per tacito accordo, non si parlavano. Eppure non
era da aver paura di una ragazzina di appena dieci anni, o giu di li!! Ma forse
il ricordo di Gloria lo ammutoliva....e lo lasciava immobile....
"Ciao" disse con voce minuta la ragazzina.
"Ciao" rispose cautamente George. "Dove sono i tuoi
genitori".
"A casa" rispose la bambina con voce scherzosa.
George si accigliò. "E sanno che tu sei qui?".
Lei sorrise di più, e la sua attenzione fu colta da un piccolo fiore li
vicino, ai bordi del sentiero. "si" rispose mentre lo raccoglieva
"Loro sanno sempre tutto...".
George sorrise. "Ah davvero?" domandò.
"Certo" rispose lei, gli occhi che si dilatavano. "Sempre e
ovunque...".
"Allora, non sono in pensiero....sanno che tu sei al sicuro no??".
Lei fu attraversata da un lampo strano. Era come se per un decimo di secondo
fosse diventata malvagia, poi era tornata come prima, sorridente e gioviale.
"Loro sanno sempre....ma non posso sapere se sono al sicuro....".
George decise di cambiare discorso. Quella ragazzina aveva dei modi
spettrali, e anche intelligenti di rispondere. "Come ti chiami?".
Lei scosse il capo. "Non lo posso dire. Sei uno sconosciuto".
George annuì con il capo. "Mi sembra giusto. Bhè...ora io andrei a
casa, si sta facendo tardi e dopo per i sentieri è pericoloso....cosa dici, mi
accompagni a Narcy Road?".
I suoi occhi si restrinsero, e il sorriso scomparve dal volto, la sua voce
divenne dura. "No. No. NO.". Ripetè tre volte, e l'ultimo più forte.
Evidentemente la sua mente collegava qualcosa di spiacevole al piccolo paese, e
Geroge non si sentiva sicuro a lasciarla li. Così decise di tentare a
persuaderla.
"Capico" riprese a parlare "che è un paese monotono. Piccolo,
ma è piacevole viverci. Tu che dici? Vuoi venire a mangiare un gelato? Poi mi
dici dove abiti e ti riporto a casa, va bene?" concluse con un sorriso.
Lei sorrise con aira da prendere in giro. "No non ci casco. Lei non è
abile come i miei genitori. Non sa convincere una ragazzina....ne a risolvere i
suoi problemi..." poi si allontanò di fretta per il sentiero, e dopo
averlo abbandonato, si immerse nella flora, e il suo fruscio contro rami e
cespugli terminò dopo qualche secondo.
George tornò a casa pensieroso....aveva trovat qualcosa di allettante quel
giorno....qualcosa di sublime...aveva scorto qualcosa di terribile nel
subconscio della ragazzina, come....una breccia, un punto in comune con un'altra
bambina del suo passato...in un certo senso gli ricordava Gloria...
.....lei non è abile a convincere una ragazzina...ne a risolvere i suoi
problemi....
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