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Rieccomi
con una nuova storia! Era progettata prima di Beauty and the Beast, ma ve lo dirò dopo >.>
Per
ora sappiate che è in prima persona, le parti viola Kagome
e quelle blu Inuyasha!
Buona
lettura!
Aryuna
NekoToInu
Prologo
“I’m strong, and now it’s my turn,
I’ll show you the way”
Mi fissavo nello
specchio del camerino, osservavo il mio volto così pesantemente truccato.
Odiavo andare in scena con quel trucco, ma non c’era modo per convincere la
truccatrice ad alleggerirlo.
Sbuffai, per la decima
volta in quel minuto. Ero troppo nervosa prima dell’entrata in scena.
“Neko
in scena tra 5 minuti!”, disse un ragazzo dalla porta. Mi alzai, e presi un
respiro profondo. Era un’esibizione corta, solo un pezzo e poi via, tutto
finito.
“Neko!”,
chiamò una voce familiare dalla porta, “se non esci farai tardi”.
“Arrivo!”, risposi,
aprendo la porta. La mia arrangiatrice mi fissava, con il mio stesso disappunto
sul volto.
“Ti hanno truccato
troppo”, disse, fulminando con lo sguardo la truccatrice di spalle.
“È tardi per
lamentarsi”, sbuffai io, esibendo il mio sorriso migliore, “è ora di andare in
scena”.
Mi presentarono, ed io
entrai sul palco, nascosta dai fumogeni emessi dagli scenografi. La mia gonna
corta a pieghe seguiva i miei movimenti, mentre mi posizionavo al centro del
palco.
Scossa. Ero sempre
elettrizzata in quel momento. Loro non vedevano me e io non vedevo loro, ma
entrambi sapevamo che eravamo gli uni davanti all’altra.
La musica partì,
pianoforte elettrico e batteria, la chitarra e il basso attendevano il momento
giusto.
Avvicinai il microfono
alla mie labbra, il fumo si dissolse del tutto, ed io cominciai a cantare:
“I
did not believe that love was so random,
But
now, finally, I believe in destiny.
I
could not believe that something could be better,
But
now that I know you, everything seems so real”
La chitarra mi diede
il via, e quasi senza prendere fiato, cominciai a cantare la strofa successiva,
staccando il microfono e portandolo con me sul bordo del palco.
La folla urlava,
cantava con me, mi faceva sentire viva…
“At
least I feel the real essence of my life,
I
can’t believe that our meeting happened by chance.
I
crossed your eyes, and you mine,
And
our soul discovered that they liked”
La batteria scandì il
ritmo, il tempo giusto, io sorrisi, sapevo che quasi tutto il Giappone sapeva a
memoria il ritornello che stavo per cantare. Ero famosa, e tutti mi volevano, e
la folla stipata nella piazza non faceva altro che confermarlo.
“I
feel your breath,
Feel
your perfume,
I
want you to be here,
I
want you to be mine.
Show
me true love,
Show
me that your sincere,
Make
me understand that you believe in me,
So
that I can lose myself in your eyes”
Lo stacco musicale, ed
io mi sistemai nuovamente al centro del palco. Lanciai uno sguardo dietro le
quinte; anche se sapevo che dovevo evitarlo, non riuscivo ad esibirmi senza
incrociare almeno una volta lo sguardo del mio manager.
Lui mi sorrise,
conoscendo questo mio difetto, ma sapevo bene che una volta scesa dal palco mi
avrebbe sgridato, come sempre.
Tornai a guardare la
folla davanti a me, sorrisi, e mi avvicinai nuovamente al microfono. La musica
si attenuò, in questo pezzo rimaneva solo il pianoforte ad accompagnarmi.
“Finally
I understand my feelings for you,
I
cannot believe that you are true.
I
crossed your eyes, and you mine,
And
I discovered that you were all my life”
Di nuovo la batteria,
la chitarra e il basso, ed io ripetei il ritornello altre due volte. Poi, la
musica rallentò, ed io terminai la canzone ripetendo due volte l’ultima frase
del ritornello.
Sentivo il sangue
ribollire nelle mie vene, adoravo quella sensazione, un emozione che
nient’altro riusciva a darmi, solo cantare, cantare e ancora cantare.
La folla urlò, sapevo
che volevano di più, un bis, un’altra canzone, ma il mio tempo era finito. Li
salutai, a malincuore, e sentii il presentatore che annunciava la mia uscita.
“E questa era Neko con il suo ultimo singolo, Crossingyoueyes!”.
Attraversai i corridoi,
tutti che mi facevano i complimenti, qualche occhiata avversa di chi era
invidioso del mio successo, ma ormai ero abituata a tutto ciò che comportava
questo lavoro.
Entrai nel mio
camerino, e dopo ore sentii finalmente pronunciare il mio nome.
“Kagome,
ti ho detto mille volte che non devi guardare dietro le quinte!”, mi sgridò il
mio manager. Gli sorrisi, colpevole.
“Scusa Miroku, ma lo sai che mi tranquillizza vederti”, ammisi con
occhioni da cerbiatto. Lui, come al solito, cedette.
La porta si aprì, e vidi entrare la mia arrangiatrice.
“Miroku,
ci sono i giornalisti fuori”, disse esasperata, percorrendo la stanza ad ampie
falcate. Aveva i capelli legati in un’elegante coda di cavallo.
“Va bene Sango, ma prima…”, disse lui,
avvicinandola con sguardo serio. Sango lo guardò
preoccupata, io avevo già capito cosa voleva fare. La mano scivolò sul sedere
della donna, e si sporse per guardarle nella maglietta. Lei rispose fulminea,
come al solito.
“MANIACO!”, strillò,
schiaffeggiandolo. Lui, con faccia sognante, fuggì vicino alla porta.
“Stai meglio con il
reggiseno viola”, disse, rifugiandosi dietro alla porta, e chiudendola rapido
quando Sango gli tirò il mio microfono.
“Sango,
non rompere l’attrezzatura”, dissi io, abituata a quella scena giornaliera. Lei
mi fissò, inizialmente furibonda, ma pian piano riuscii a calmarla.
“Kagome,
l’esibizione di oggi è stata bellissima, eri proprio piena di energie!”, mi
disse, “ma stavo pensando che forse è il momento di comporre un nuovo disco”.
“Sango,
conosci il mio parere”, dissi io, “non mi piace comporre canzoni senza
ispirazione. Finiamo a comporre un disco arrangiato completamente da te,
ricordi l’anno scorso, vero?”.
“Sì, ti sei rifiutata
di proporlo alla casa discografica perché dicevi che andava a mio nome”, rammentò
Sango, osservandomi con disapprovazione. Io la
ignorai, ero irremovibile su quell’argomento.
Sentimmo una serie di
strani rumori all’esterno, e Miroku entrò di corsa
nella stanza, richiudendo la porta dietro di lui, sudato.
“Questi non sono
giornalisti, sono belve!”, disse sconvolto, “comunque, Kagome,
domani hai un incontro alla radio”. Io sbuffai.
“Nel pomeriggio devi
andare alla Tv”, continuò lui ignorandomi, “poi devi fare un’intervista per il
giornale, incontrare la scrittrice che intende scrivere la tua biografia, poi devi…”.
“Miroku,
non voglio!”, mi lamentai, scattando in piedi, “cosa sono tutti questi impegni?
Io voglio solo cantare!”.
“Per cantare devi fare
anche questo, o il tuo sponsor smetterà di appoggiarci! Poi come le paghiamo le
spese?”, mi rimproverò lui.
Io sbuffai, uscendo
dalla stanza: quel maledetto Naraku mi rendeva la
vita un inferno!
Scolai l’ennesima birra;
non era una novità, i miei amici erano abituati a vedermi bere così.
“Sono convinto che ti
serva una donna!”, mi disse Hiten, fissandomi,
“guarda me! Sono molto più felice di mio fratello, che è single”.
“Stai zitto Hiten, non vedi che è sbronzo?”, disse una voce familiare,
forse Bankotsu?
“Tanto Inuyasha non saprebbe tenersi una ragazza neppure volendo”.
Feci una smorfia: Koga poteva tenere per sé le proprie considerazioni.
“Non è vero, io adoro Inuyasha!”, disse una voce femminile.
“Jakotsu,
tu non fai testo”, disse Ayame, squadrandolo. La
vedevo troppo storta, stavolta avevo davvero esagerato con l’alcol.
“Inuyasha
è cafone, non è per niente romantico, è ovvio che nessuna lo voglia”, terminò
la ragazza, dandomi il colpo di grazia. Koga
ridacchiò sommessamente.
Perché tutte le sere
dovevamo finire a parlare di questo argomento. Mi alzai, traballando. Mi ero
scolato minimo 30 birre,il mondo era
storto. Sentì qualcuno sorreggermi.
“Dove vorresti andare?”,
mi chiese Koga, con il tono da fratello maggiore. Non
sopportavo quando faceva così, dato che litigavamo sempre.
“Volio
tornare a cascia”, dissi con voce biascicante. Oh cielo,
stavo peggio di quanto pensassi.
“Tu non guidi ridotto
così”, mi disse severo, “io lo accompagno a casa ragazzi, ci vediamo dopo!”.
“Non ho bisciogno di aiuto”, biascicai, prima di crollare sulla sua
spalla.
“Si, come io non sono un
demone lupo”, commentò, conducendomi fino alla macchina. Mi caricò e si sedette
al posto guida. Ormai sapeva a memoria come usare la mia macchina, succedeva
così quasi ogni sera.
Non ricordo cosa
successe, so solo che mi ritrovai sdraiato sul letto, con un mal di testa terribile,
che mi martellava sulle tempie.
E mi sono sentito
terribilmente solo.
Fissavo la finestra
che dava sulle scale di emergenza.
Era così invitante,
avevo voglia di saltare giù e scappare da tutti quegli impegni.
Ma in fondo, non era
così pesante, forse stavo esagerando…
“Kagome,
ci sono dei giornalisti!”.
…
No, non esageravo
affatto!
Allora,
che ve ne pare? ^^
Questa
storia è nata così, di colpo. In seguito ho pensato assomigliasse ad un film di
cui non ricordavo il nome (ho poi scoperto si trattava di Nottinghill) quindi posso dire di averlo ispirato da lì ^^
Volevo
scrivere due storie separate, NekoToInu e InutoNeko, l’uno dal punto di
vista di Kaggy e l’altro di Inu,
ma poi si sarebbe incasinato troppo per le scene assieme, e ho deciso di alternarli
in un’unica storia >.>
Emiko
mi obbliga anche a scrivere che i testi delle canzoni che leggete in questa
storia li ho scritti tutti io, e che ho scritto anche la musica (Emiko: mostro! O.O). -.-
Ok,
sorvoliamo, spero il prologo vi abbia incuriosito, è il più lungo che abbia mai
scritto >.>
Dedico
questa storia alla comunità di MSN, la mia piccola famigliola!
Emiko,
Roro, Mery, Marty, Lily, Vale, Giulia, e tutte quelle che ancora non
conosco, Kikka, mel, matt, ecc!
Capitolo
numero 1! Il prossimo non so quando arriverà, prima devo scrivere B&B >.>
Spero
vi piaccia, buona lettura! Alla fine (incredibile ma vero) i ringraziamenti!
Aryuna
Camere
affittate
Un suono spacca timpani.
Ringhiai, mentre la testa mi esplodeva.
Ormai non era una
novità, era così tutte le mattine da circa un mese. Ero un hanyou,
ma un’altra settimana così e, resistenza o meno all’alcol, sarei finito in
ospedale.
Acchiappai il cellulare
sul comodino, e osservai il numero sullo schermo. Era ancora quella dannata
vecchiaccia. Emisi un brontolio sommesso, e risposi:
“Pronto?”.
“Signor Taisho, scusi se la disturbo a quest’ora, ma ho avuto un
problema con…”.
“Non me lo dica”, la
interruppi subito, “la lavatrice, giusto?”.
“Si, come ha fatto ad
indovinare?”, chiese la voce gracchiante dall’altro lato.
“Lasci perdere, sono da
lei tra mezz’ora”, le dissi, attaccando senza aspettare la risposta. Presi al
volo un paio di jeans strappati e un maglietta sporca, non aveva importanza,
tanto si sarebbero risporcati.
Era anche vero che con
questo ragionamento non facevo il bucato da una settimana…
Mi mancò la presenza di Kikyo, come succedeva ormai ogni mattina. Kikyo era stata la mia ragazza, finché un giorno non era
sparita, e non aveva torto: Ayame aveva ragione
riguardo il mio modo di comportarmi.
Kikyo mi faceva il bucato,
piegava e stirava, puliva la casa e la cucina, faceva tutto insomma. Potevo
dire che l’avevo schiavizzata e non le avevo dato nulla in cambio. Un giorno,
tornato a casa, era come se lei non fosse mai entrata. Tutto di lei, comprese
le foto, era sparito.
Scossi la testa, scacciando
quei pensieri. Presi una bottiglia di latte e ne bevvi un sorso, mi infilai i
pantaloni e mi sedetti sulla sedia, accanto all’oggetto che ancora riusciva a
farmi uscire da quella schifosissima vita che mi ero creato: la mia chitarra.
Non avevo tempo per
suonare, mi limitai a fissarla, come incantato. Infilai la maglietta, presi gli
attrezzi ed uscii.
Io non ero un idraulico,
né un meccanico, né un tecnico, ma tutto questo insieme. Ero un tuttofare. Loro
mi chiamavano, se potevo fare quel lavoro dicevo che andava bene, altrimenti
nulla.
Finché non avevo
incontrato quella vecchietta. Da allora, ogni mattina, mi chiamava con un nuovo
problema, e il 99% delle volte riguardava la lavatrice.
Gli avevo detto mille
volte che doveva ricomprarla, ma continuava ad usarla, e il mattino successivo
mi chiamava perché, sempre lo stesso
tubo, aveva ceduto, e aveva il bagno allagato.
“Signor Taisho, proprio non capisco! Stavolta l’ho caricata poco,
c’erano solo le lenzuola e i vestiti di mia nipote!”.
‘Meno male che era
poco’, pensai, osservando quell’elettrodomestico che urlava pietà e una degna
sepoltura. Mi limitai a bloccare la fuoriuscita di acqua, per poi voltarmi
verso la vecchia.
“Signora, ho cercato di
essere chiaro, ma a quanto pare non ha funzionato, quindi glielo ripeterò!”,
dissi tra i denti, sembrava quasi un ruggito trattenuto, “questa macchina è la
trisavola di qualunque altra lavatrice della città, anzi, ma che dico, di tutto
il Giappone! Quindi mi faccia il favore, la ricompri e la smetta di chiamarmi!”.
“M-ma…
è un regalo di nozze!”, balbettò, guardandomi mentre mi avviavo alla porta. Non
volevo nemmeno venir pagato per quanto ero esasperato. Mi voltai con sguardo
furente.
“Appunto! Ipotizzando
che siete vedova da 10 anni e siete stata maritata per 60, quello macchina ha
superato ogni record di sopravvivenza!”, e sotto lo sguardo incredulo della
vecchia uscii, sbattendo la porta.
Ora il mio umore era
pessimo, e nessuno mi aveva ancora chiamato per un lavoro decente!
Ok, dovevo ammettere
che senza la guida di Sango, considerando il mio
pessimo senso dell’orientamento, era stata una cattiva idea scappare
dall’albergo senza neppure una cartina della città! E Tokyo non era certo piccola…
Oltretutto, ero
vestita in modo tremendamente sospetto per il caldo che c’era: cappotto nero,
cappello e occhiali scuri. Stavo per asfissiare, ma non avevo molta scelta. In
giro per la città c’erano cartelloni con la mia immagine stampata sopra e il
mio nome a lettere cubitali, non era certo un’idea geniale andare in giro completamente
scoperta!
Un odore fastidioso e
piacevole allo stesso tempo raggiunse il mio naso: avevo sempre avuto un
olfatto molto sviluppato, come quasi tutti i miei sensi. Mi voltai verso il
ragazzo che mi passava accanto, con capelli argentati e simpatiche orecchie da
cane. Lui mi ignorò completamente, e non poté che farmi piacere. In compenso,
per seguirlo con lo sguardo non guardai dove stavo andando e…
“Ehi, stai un po’
attenta!”, disse il ragazzo contro il quale mi scontrai. Caddi a terra, e gli
occhiali schizzarono poco distante. Il cappello si storse, lasciando libera una
buona parte delle ciocche corvine che vi tenevo raccolte.
Il ragazzo, dopo
avermi guardato male, assunse un’espressione sorpresa.
“Ma tu… tu sei Neko!”, strillò,
incredulo, io scattai in piedi, e mi voltai per allontanarmi di corsa, prima di
avere tutta la strada addosso. Ma qualcosa mi prese per il polso.
“Ehi, mi sei finita
addosso, non ti sembra il caso di farti perdonare?”, disse con un tono che non
mi piaceva affatto, troppo confidenziale.
“Vuoi un autografo?”,
domandai in una smorfia.
“Oh, non è
sufficiente”, disse tirandomi a sé, e prendendomi la vita con un braccio.
“Lasciami o urlo”,
dissi gelida, fissandolo con occhi infuocati.
“Vuoi vedere come ti
tappo la bocca?”.
Qualcosa si parò tra
me e il ragazzo, e un odore sgradevole raggiunse il mio naso.
Lo stesso odore di
prima.
“Lasciala andare”,
dissi, allontanando con la mano quel teppista dalla ragazza. Il suo odore
sgradevole mi aveva colpito, e mi ero accorto di quando quel tizio l’aveva
avvicinata.
Perché ero intervenuto?
Bella domanda, me lo stavo chiedendo anch’io…
Incrociai gli occhi
color cioccolata della ragazza, solo per un istante, poi distolsi lo sguardo,
sentendo che non potevo reggerne il peso. Il colore era lo stesso di Kikyo, anche se erano decisamente più caldi.
“Che vuoi…hanyou”, disse il ragazzo con aria sprezzante.
Ok, considerando una
notte mezza insonne, una vecchietta rompiscatole, 30 birre e una cucina
allagata, quel ragazzo aveva scelto l’hanyou
sbagliato con cui fare il razzista. Lo acchiappai per la maglietta, ringhiando,
e, prima che potesse anche solo vedere i miei movimenti, gli avevo già
assestato un pugno sul naso.
Cadde a terra come un
sacco di patate, reggendosi il naso sanguinante e rotto.
Io, dal canto mio, mi
voltai e mi allontanai tranquillamente, seguito dagli sguardi increduli della
folla che aveva assistito alla tentata resistenza di quel teppista.
Fissai allucinata il
ragazzo a terra, poi il mio salvatore, ma lui già si era allontanato.
Non aspettai un attimo
e lo rincorsi, non volevo certo aspettare che il maniaco si riprendesse. È
anche vero che peggio di Miroku non c’era nessuno… ma perché rischiare?
L’odore sgradevole di
quel ragazzo era anche terribilmente attraente, non mi era mai capitato di
sentire un odore simile; era muschiato, quasi selvaggio.
Continuai a seguirlo,
finché non si voltò a fissarmi.
“Si può sapere che
vuoi?”, mi disse scontroso. Rimasi sorpresa, si era accorto che lo seguivo? Ma
soprattutto, mi guardava come se non mi avesse mai visto prima.
“Bè…
volevo ringraziarti”, gli dissi, sistemandomi i capelli nel cappello.
“Bene, lo hai fatto,
ora vattene, il tuo odore è sgradevole!”, disse senza tanti mezzi termini. Si
voltò e attraversò la strada. Io, inizialmente rimbambita, decisi di seguirlo
per dirgliene quattro.
Come si permetteva di
trattarmi in quel modo?
Sentii un clacson, e
poi qualcuno mi tirò in avanti, prima che la macchina mi investisse. Il
proprietario della vettura urlò contro di me frasi poco piacevoli.
Ma non era l’unico ad urlare…
“Insomma, mi hai
scambiato per superman, ragazzina?”, strillò l’hanyou,
guardandomi malissimo.
La sua mano era ancora
stretta attorno al mio polso.
“Ma…ma…”, balbettai io, confusa, osservando i suoi occhi
ambrati. Lui li distolse subito, come se non volesse incrociare i miei.
“Vattene a casa e
smettila di seguirmi”.
“Dimmi un albergo e ci
vado!”, ribattei io, scocciata.
“Pagami e te lo dico”,
fece lui, sbuffando. Io inarcai un sopracciglio.
“Lavori come mappa
vivente?”, domandai, confusa.
“Rientra nei miei
lavori”. Lo fissai perplessa, e lo mollai in mezzo alla strada. Non era affatto
un bravo ragazzo come credevo.
Fissai la ragazza mentre
si allontanava. Finalmente me l’ero scrollata di dosso!
Subito dopo, il mio naso
cominciò a prudere: mi mancava il suo odore sgradevole. Perché in fondo era,
non so come, anche terribilmente attraente.
Ringhiai, ignorando il
prurito del mio naso, quando sentii un tonfo. Capii subito chi era stato a
provocarlo considerando gli incidenti che aveva causato in meno di tre minuti.
Feci dietrofront e andai verso la ragazza, che era inciampata in un tombino.
“Il mondo ce l’ha con
me, uffa! Dov’è Sango quando serve?”, stava
piagnucolando, continuando a rimanere a terra.
La acchiappai per il
braccio e la tirai su.
Perché stavo facendo
tutto questo non lo sapevo nemmeno io.
“Allora ragazzina”,
cominciai, “ti dirò gratis dove trovare un albergo e ti ci accompagno per
assicurarmi che ci arriverai viva!”.
Lei mi fissò,
contrariata per il mio dubbio del tutto fondato riguardo la sua sopravvivenza.
Stavolta non riuscii a distogliere lo sguardo, anche perché sarebbe stato
maleducato.
“Si può sapere che
lavoro fai?”, mi domandò, dubbiosa.
“Faccio tutto, sono un
tuttofare”, ringhiai scocciato, tirandomela dietro. Lei mi seguì docilmente tra
la folla, tenendo però gli occhi bassi. Sembrava che si stesse nascondendo, e
il suo abbigliamento sembrava confermarlo.
Avevo perso gli
occhiali, tutto stava andando contro di me e un ragazzo scorbutico mi stava
trattando come una bambina.
Sperai che nessuna
rivista di gossip registrasse quegli avvenimenti, o ero rovinata!
In compenso, in
compagnia di quel ragazzo mi sentivo protetta, esattamente come se fossi
circondata da guardie del corpo.
Lo seguivo senza dubbi
su dove mi stesse portando, avevo fiducia, e sapevo che presto saremmo sbucati
davanti ad un albergo… dove avrebbero chiesto il mio
nome per una stanza… e non potevo dirgli che ero Neko, ma KagomeHigurashi, e così avrebbero saputo il mio nome, e tutti i
miei tentativi di tenerlo nascosto sarebbero andati in fumo.
E ancora non capivo
perché quel ragazzo mi ignorasse! Possibile che non mi conoscesse? Eppure era
giovane, o lo sembrava, tutti ascoltano la musica alla radio cavolo!
Mi accorsi che mi
stavo ingarbugliando in un discorso inutile e senza senso: non c’era nulla di
male a non conoscermi, e per me era meglio così.
Tornai al problema
dell’albergo e…
Spalancai gli occhi,
illuminata da un’idea geniale! O meglio, geniale per me, se mi avesse sentita Sango mi avrebbe falciata all’istante.
“Senti, hai detto che
sei un tuttofare?”, domandai, già con voce troppo smielata. Lui capì subito che
c’era qualcosa che non andava, perché mi squadrò.
“Si”, rispose
semplicemente.
“E abiti in affitto?”.
Mi guardò malissimo.
“Che ti importa?”. Bè, non aveva tutti i torti a chiedermelo.
“Visto che sei un
tuttofare, puoi anche affittare stanze e…”.
“Non se ne parla!”, mi
interruppe subito, “Tu sei proprio fuori!”.
“…io
ti pagherò metà dell’affitto come se dividessimo la casa e mi pagherò i viveri
in più”, terminai ignorandolo.
Lui mi guardò,
boccheggiando, poi richiuse la bocca, fissandomi con una sguardo indecifrabile.
Gli affari andavano
male, avevo appena perso un cliente, e una ragazzina sprovveduta mi chiedeva il
suo aiuto.
Dimezzare sarebbe stato un
miracolo per il mio portafogli piangente.
Sorrisi, quasi maligno.
“Perché no?”.
Vidi benissimo che la ragazza,
spaventata, deglutì.
Dopo
il suicidio di The theft per scrivere i
ringraziamenti (ancora peggio fu per Profumo, nel quale peraltro saltò la
corrente poco prima che salvassi la pagina e li dovetti riscrivere tutti T.T), ho deciso di fare come molti, cioè di scriverli volta
per volta!
Marty:
Martyyyyy! Sono felicissima di dedicarvi la mia ficcy ^^ (e in essa le mie canzoni) (emiko:
Mostro! O.O)(me: basta! XD). Che ne dici del punto di
vista di Inu? Un po’ troppo malinconico forse, ma
capiamolo porelloù.ù (porello un corno, schiavista! è.éndKikyo) >.>’
Roro:
Roro-chan! Mi spiace che vedi il cap
pubblicato prima di avere l’anteprima, il prossimo prometto che non lo pubblico
prima di avertelo fatto leggere! ù.ù (fosse una
grande storia…ndTakuto)(
tu che fai qui? O.O Torna da Roro,
solo lei ha l’onore di scrivere le tue battute! ndMe)
*caccia via Goshinuccio*
Mery:
*Si precipita a leggere le ficcy
di mery >.>* No, mi piacerebbe farlo, e lo farò
giuro, devo solo ritagliare uno spazietto di tempo,
che purtroppo è molto poco ultimamente, dato che mio bro
ha gli esami universitari e sta sempre al pc ^^ Però
ho letto Feelingsand…couples, anche se, sempre per lo stesso motivo e perché ci
si aggiunge che non sono brava a farlo, non ho mai commentato *si inchina profondamente per chiedere perdono*Scusaaaaaa! ç.ç
Onigiri:
Felice che il prologo ti sia piaciuto, che mi dici di questo nuovo capitolo? ^^
Suvvia, non scrivo così bene >.> *Emiko la aggredisce* d’accordo, scrivo bene, scrivo bene ç.ç Cercherò di aggiornare presto, un bacio! ^^
Ary22:
Grazie per il commento, ti piace la piega che sta prendendo la storia? Un
incontro bizzarro, lo ammetto, ma sono così pucciosi!
*.* Oddio, mi sto commentando da sola, non va bene questo >.>’ Fammi
sapere cosa ne pensi ^^
Kaggi18:
Capitolo postato, come vedi, spero la storia ti piaccia ancora *perdita di fiducia in sé stessa in breve termine T.T* *Emiko gli da una padellata in testa*
Ehm, cosa dicevo? Ah si, ti è piaciuto l’incontro tra Inu
e Kagome? ^^ Fammi sapere, una bacio!
Lilysol:
Onore, il commento di zia lily! *.* *brillano brillano gli occhietti da volpe adorosa di Ary* Inchino profondo
inchino *spazza e pulisce la strada che Lily percorrerà
per il prossimo commento* Ehm, io non mi sento
onorata, nooooù.ù In
compenso, ora sai di avere una nipote pazza ù.ù
Meg___X3:
Bè, in effetti credo che solo a me ricorda Notting Hill, le associazioni del mio cevello
sono misteriose anche per me! XD Sono felice ti sia piaciuto Koga, e anche Ban e Jak (che è tutta stà confidenza? ndBankotsu) (zitti o vi cancello dalla storia è.éndme) (nooo,
poi non posso più vedere inu! ç.çndJakotsu) ù.ù Scusa,
problemi con lo staff, comunque spero il capitolo ti sia piaciuto, nel prossimo
Koga combinerà un po’ di guai ^^’
Emiko:
Ok, durante questi commenti mi hai dato del mostro, aggredito e tirato una
padellata, ora spero di sopravvivere quando ci incontreremo sperando che non mi
ucciderai >.>’ RAGAZZI, EMIKO NON è PAZZA E OMICIDA! Sono io che mi
diverto a prenderla in giro! In realtà è tantodolce, è vero solo che mi dice mostro ^^’
Capitolo
numero 2! Devo ringraziare Roro, che mi ha convinto a
scrivere in uno dei miei momenti di assenza di ispirazione (per roro questo e altro ù.ù)
Un
po’ di pubblicità, leggete The last time! XD
E
HeartBreakers, di me e roro-chan
^^
E
adesso il capitolo, un bacio!
Aryuna
Una
Star per convivente
Mi alzai dal letto
sbadigliando. La luce filtrava dalla tapparella rotta. Possibile che un
tuttofare avesse la tapparella rotta? Mah, decisi di non pensarci.
A piedi scalzi mi
avviai in cucina. Inuyasha, questo il nome dell’hanyou, mi aveva prestato, pardon,
affittato uno dei suoi pigiami. Sì, me lo stava facendo pagare.
In realtà ne usavo
solo metà, la maglietta era talmente grossa che fungeva da camicia da notte, ma
lui, ovviamente, non aveva dimezzato il prezzo.
“Buongiorno”, dissi,
vedendolo in cucina mente beveva il latte dalla bottiglia. Lui ringhiò in risposta.
“Non ho capito”, dissi
io ironica, strappandogli di mano la bottiglia e versandomi il latte in un
bicchiere. Lui mi fulminò.
“‘giorno Ka…”, si interruppe, e questo mi fece sospettare che avesse
dimenticato il mio nome. Meglio, così se avesse scoperto che ero Neko non lo avrebbe sventolato ai quattro venti.
Gli restituii il
latte, e mi sedetti tranquilla al tavolo, seguita dalle suo occhiate tutt’altro
che amichevoli.
Diedi uno sguardo alla
casa. Il giorno prima, appena entrata, ero andata subito a letto.
Il disordine regnava
sovrano.
L’unico angoletto
pulito era alla mia destra, dove una chitarra stava poggiata delicatamente al
muro.
“Suoni?”, domandai,
osservandolo. Lui grugnì.
“Oh, ho sempre amato
tradurre i grugniti”, dissi pungente, sorseggiando il mio latte.
“Ehi, siamo a casa mia
qui!”, sbraitò lui, quasi sbattendo l’anta del frigo dove aveva appena rimesso
il latte.
“Appunto, gli ospiti
vanno trattati con riguardo”, dissi, sorridendo. Lui sbuffò, tagliando subito
la discussione. Prese una specie di cassetta degli attrezzi arrugginiti e si
dileguò oltre la porta. Dopo poco sentii sbattere l’uscio di casa.
“Oh, ciao”, mormorai
scocciata. Che cafone!
Lanciai l’ennesima
occhiata alla casa… forse era il caso di dare una
sistemata.
Ma come si permetteva!
Ero talmente arrabbiato che anche la gente per strada mi stava alla larga.
Così non sarei mai
riuscito a trovare un lavoro.
Quella ragazza… come aveva detto che si chiamava? Kaname? Kasumi? Mah, che
importanza aveva, in fondo? Assomigliava troppo a Kikyo
per i miei gusti, e questo non faceva che infastidirmi ancora di più. Mi
rendeva nervoso.
Perché avevo accettato?
Avrei preferito Koga come convivente, ma che dicevo,
avrei preferito Jakotsu! E con questo dicevo tutto!
Ma avevo bisogno di
dividere le spese, dato che nessuno mi assumeva.
“Ehi!”, chiamò qualcuno,
ma ero talmente distratto che non me ne accorsi.
“Botolo ringhioso!”,
disse la stessa voce di prima. Mi voltai di scatto, lanciando una chiave
inglese in quella direzione. Koga la prese al volo, schivandola
anche.
“Stai zitto, lupastro
ricoperti di pulci!”, ringhiai, avvicinandomi per riprendere la mia chiave.
Lui, di tutta risposta, la nascose dietro la schiena.
“Inuyasha,
Inuyasha! Non si salutano così gli amici”, ridacchiò,
osservandomi un po’ sorpreso. Non capì il perché finché non parlò di nuovo.
“Ieri non sei venuto al
pub”. Dilatai gli occhi. Giusto! Come avevo fatto a dimenticarmene? E non solo,
non sentivo, neppure adesso, il bisogno di bere. In compenso mi pizzicava il
naso.
Koga mi fissò preoccupato.
“Ehi?”. Lo osservai.
“Ti sei fatto?”, chiese
di punto in bianco.
“Ma come ti vengono
certe idee?”, urlai, lanciandogli un cacciavite. Acchiappò anche quello.
“Che ne so! Il primo
pensiero di tutti è stato che se non bevevi eri andato dallo spacciatore”,
disse con semplicità. Non aveva neppure il minimo rimorso per aver pensato una
cosa simile?
“Per tua informazione
non è successo nulla di simile e… So cosa stai per
dire! Non sono andato neppure in un bordello, chiaro?”, sbraitai. Per strada alcuni
mi fissavano increduli, la mamme, scandalizzate, portavano lontano i bambini
coprendogli le orecchie e altri si allontanavano rapidi temendo una rissa.
“Su amico, calmati! In
fondo era normale sospettarlo, no?”, fece Koga in
guardia, la mano con i miei attrezzi davanti.
“No che non lo è!”, gli
urlai contro, strappandogli la chiave inglese e il cacciavite di mano. Lui non
si oppose, sbuffando.
“E allora perché non sei
venuto?”, domandò avvicinandosi pericolosamente. L’arrabbiatura lasciò spazio
al disagio. Deglutii, odiavo quando Koga faceva
l’impiccione, e avevo un terribile problema al riguardo: cedevo sempre, e quasi
subito. Usava dei trucchi stupidissimi per tirarmi fuori quello che voleva
sentire, e io ci cadevo sempre.
“Inuyasha,
per caso hai conosciuto qualcuno?”, cominciò lui. Io arrossii automaticamente.
“Ah, ci ho preso!”.
“No, non è vero!”,
mentii io subito, ma continuavo ad essere inspiegabilmente rosso. Perché poi?
Il pizzicore al naso aumento. Era da quando avevo conosciuto quella ragazza che
faceva così, in assenza di quell’odore fastidioso.
“Su, come si chiama?”,
domandò malizioso.
“Ti ho detto che non ho
incontrato nessuno”, sbraitai nuovamente io.
“Quanto sei difficile,
insomma! Dimmi il nome”, insistette Koga,
impuntandosi sempre di più. Sapevo che tra poco sarei caduto in uno dei suoi
trucchi, e non potevo evitarlo. Ero sempre stato incapace in queste cose.
“Non c’è assolutamente
nessuno, Koga!”.
“Quante ne conosco?”.
“E CHE NE SO QUANTE
KAGOME CONOSCI?”, urlai.
…
Ops. Lo dicevo io che
sarebbe successo. E, incredibilmente, mi ero ricordato il nome di quella
ragazza.
Il volto di Koga si illuminò, vittorioso, e capii che tanto valeva
sputare il rospo prima che si facesse tutti i suoi castelli mentali.
“E va bene, andiamo al
pub. Tanto non mi chiama nessuno”, cedetti, incamminandomi verso il locale. Koga trotterellò dietro di me fin troppo allegro,
incentivando il mio pessimo umore.
Quella casa era un
vero e proprio porcile. Vestiti sporchi ovunque, sul pavimento c’era talmente
tanta polvere che si poteva scommettere su quale batuffolo sarebbe arrivato per
primo alla fine del corridoio!
‘Se devo abitare qui,
mi rimboccherò le maniche e lavorerò sodo!’, pensai, cominciando a raccogliere
i vestiti e lanciando tutto il lavatrice. Notai che aveva tutti jeans e
magliette bianche, quindi non dovevo nemmeno dividere troppo i capi.
Aprii l’acqua e
cominciai a mettere tutti i piatti, le posate, le pentole, ecc, nella
lavastoviglie, e poi lavai il tavolo e tutti i ripiani.
Soddisfatta osservai
la stanza. La cucina era già più vivibile adesso.
Presi in mano
l’aspirapolvere e cominciai a fare strage di acari. Ero rimasta in pigiama – o
meglio – in maglietta, ma non avevo cambi. Dovevo andare a comprarmi qualcosa.
Ma prima, avrei
sistemato tutto, così Inuyasha si sarebbe sentito in
colpa per avermi trattato male!
“Voglio proprio vedere
questa ragazza”, ridacchiò Koga, mentre rientravo. Mi
aveva obbligato a fargliela conoscere.
Aprii la porta e…
“Kami!
Ma cosa è successo qui?”, urlai incredulo. La casa splendeva, le finestre –
prima incrostate – facevano filtrare la luce dal tramonto e non c’era neppure
una maglietta sul pavimento. Volai in cucina, e vidi la lavastoviglie carica, e
fuori in balcone era steso tutto il bucato.
“Ma cosa diamine…”.
“Sicuro di aver preso
una ragazza impacciata e non una colf?”, mi domandò Koga
osservando l’appartamento. Non lo vedeva così pulito da quando Kikyo era andata via, e lui aveva cominciato a riportarmi
ogni sera, ubriaco, a casa.
“Non posso credere che
quella inetta abbia pulito tutto”, ringhiai, infastidito. Mi ricordava ancora
di più Kikyo.
Sul tavolo della cucina
c’era un post-it: ‘Sono uscita a fare compere, da oggi niente più affitto del
pigiama!’. Il tutto era corredato da una faccina che faceva la linguaccia al
lettore, alias io.
“Affitto del pigiama?”.
Sobbalzai, mentre Koga, dietro di me, mi osservava
scuotendo il capo.
“E non rompere!”, mi
limitai a dire, lasciandomi cadere sul divano. Koga
mi seguì, annusando spesso l’aria? Perché lo faceva? A proposito, la casa era
piena dell’odore di Kagome, il naso non pizzicava
più.
“Ehi, ma sei sicuro che
sia umana?”, mi chiese di punto in bianco.
“Certo, che domande!”.
“Non senti…
odore di gatto?”.
Lo osservai, confuso.
L’odore di Kagome era sgradevole, come quello di Koga, ma al contempo attraente. Non era normale per un
umano, in effetti. Mi concentrai meglio. Era vero, sapeva di gatto.
L’ascensore era rotto.
Ringhiai, preparandomi a salire le scale carica di tutti quei pacchi e
pacchettini. E intanto pregavo che Inuyasha sapesse
aggiustare un ascensore.
…
Probabilmente mi
avrebbe fatto pagare pure quello.
Salii le scale, con la
schiena a pezzi – causa le pulizie di prima – e a quel punto ricordai che io
non avevo le chiavi di casa.
E adesso come facevo?
Dovevo solo sperare che Inuyasha fosse tornato dal
lavoro. Suonai il campanello, e sentii dentro delle voci. Più di una. Oddio, e
se fossero dei ladri? In fondo, non avendo le chiavi, non avevo neppure chiuso
la porta a dovere.
La porta si aprì, e mi
trovai faccia a faccia con un ragazza – chiaramente youkai
– alto, con coda di cavallo e occhi azzurri.
Urlai.
Lui pure.
“Che succede qui?”,
strillò una voce familiare, e il suo odore mi pizzicò il naso.
“I-Inuyasha”,
balbettai, tenendomi una mano sul petto. L’altro ragazzo che aveva urlato mi
fissava sconvolto. Oddio, avevo già visto quello sguardo.
“Che hai Koga, paura di una ragazzina?”, lo canzonò Inuyasha, mentre io mi affrettavo ad entrare per posare i
pacchi.
Il lupo continuò a
seguirmi con lo sguardo, ignorando l’amico. Sapevo bene cosa stava per dire…
“Ti prego, fammi un
autografo!”, urlò improvvisamente, buttandosi a terra in ginocchio e con le
mani giunte. Anche se me lo aspettavo sobbalzai.
Inuyasha lo fissava sconvolto.
“Ma…
che fai, alzati!”, dissi tirandolo su. Inuyasha era
sempre più sconvolto.
“Oddio, e un sogno che
si avvera! Inuyasha, picchiami, devo sapere se sto
sognando oppure no!”.
“Con piacere”, sibilò
l’hanyou, dandogli un calcio sulla stinco. Il lupo
cominciò a saltellare per tutta la stanza tenendosi la gamba.
Io fissavo la scena
sconvolta, finché non incrociai gli occhi di Inuyasha.
“Che sta succedendo?”,
mi chiese in un sibilo minaccioso.
“Ecco…io…”, cominciai, in difficoltà. Koga,
che aveva smesso di saltellare, ci fissava, confuso.
“Inuyasha,
non mi dire che non la conosci! Questa è Neko, la
cantante più famosa del giappone!”, quasi urlò il
lupo, prendendo il telecomando e accendendo su un programma musicale.
Le note di Crossingyoureyesriempirono la stanza, mentre io diventavo un
peperone. Nel video musicale apparivo spesso, a tratti camminando per strada, a
tratti in uno studio di registrazione.
Inuyasha ora era davvero
sorpreso.
Mi fissò, senza dire
una parola. Il suo sguardo però parlava chiaro: ‘perché non me lo hai detto?’.
“Ecco, ho pensato
fosse un bene mantenere segreta la mia identità, dato che non la sapevi”,
dissi, giocando nervosa con le mie ciocche corvine.
Prese Koga per una spalla e, tirandoselo dietro, uscii sbattendo
la porta.
Stavolta mi venne da
piangere, e cominciò a pizzicarmi il naso, assieme agli occhi.
Fissavo da ore il
soffitto del pianerottolo.
Mi sentivo preso in
giro, e ci avevo messo ore per liberarmi di Koga.
Ora, sapevo che Kagome era in pericolo. Anche se
avevo fatto promettere a Koga di non parlare sapevo
che presto lo avrebbe saputo tutto il quartiere.
Entrai nuovamente dentro
casa, era tutto buio, tranne la luce accesa della TV.
“Kagome?”,
chiamai, guardandomi intorno. In effetti, magari non si chiamava neppure così,
ed era solo uno pseudonimo.
Poi, sentii il suo odore
eliminare il pizzicore del mio naso, e scoprii che si era addormentata sul
divano mentre guardava un programma musicale. Sorrisi, vedendola dormire così.
“E adesso mandiamo un vecchio singolo di Neko,Why don’t you!”, disse il presentatore, e partì una
musica al pianoforte elettrico, nel video era lei a suonarlo.
Possibile che non
l’avessi mai vista prima?
Suonò il citofono e,
ringhiando, mi avviai a rispondere.
“Pronto?”.
“Posta, ci apre?”, disse
una voce femminile in mezzo ad un brusio. Riappesi subito senza aprire.
Posta? Osservai
l’orologio.
…
Posta all’una di notte?
Con un sospetto nella
mente corsi al balcone per osservare il portone del palazzo. C’era una folla
non indifferente, e ci misi poco a capire che fossero.
Impallidii. Giornalisti.
Koga ci aveva messo davvero
poco a far girare la notizia.
“Kagome
svegliati, siamo nei guai!”.
Ringraziamenti:
-Roro:
Stavolta hai letto in anteprima, eh? Che ne dici? Ti piace la piega? Ma non
volerne così tanto a Koga, in fondo è un bravo
ragazzo, io lo adoro! *.*
-Kaggi_inu91:
Ok, mi sono appena accorta che agli scorsi commenti ho scritto Mery invece che Giulia XD Ehm, una piccola gaffe, capita a
volte >.>’ … PERDONO! ç.ç Spero davvero mi perdonerai,
sono riuscita a leggere Campof
Rock, mi piace! *sbava* P.S: brava, mandiamo a cuccia
inu, magari si da una svegliata! A cuccia! è.é
-Onigiri:
Davvero ti piace così tanto? *.* Me commossa ç.ç
Spero anche questo cap sia venuto bene, è un po’ forzato
causa assenza di ispirazione >.>
-Ary22:
Aryyyy!!!! ^^ Che dici, ti piace il cap? Ti do una piccola anteprima, nel prossimo appaiono due
personaggi, uno dei quali è molto amato e tante, me compresa, gli sbavano
dietro *sbavsbav*
-Meg___X3:
No, l’hai aggiunta davvero? ** Grazie!!!! Me commossa all’infinito ç.çBè, quella di superman è
notevole, lo ammetto XD A proposito, sto leggendo la tua ficci,
anche se non ho molto tempo e sono rimasta indietro! ç.çSigh! Primao poi riuscirò a
commentarla! *Aryuna sprigiona energia*
Kaggi18: Ciao, vista l’apparizione
di Koga? Forse è un po’ troppo pettegolo, lo ammetto!
Grazie per i commenti, un bacione!
Bchan: Uff, ti ho aggiunto in tempo! appena ho postato ho visto il tuo commento e sono volata a scriverti nei ringraziameti! Non ti salterei per nulla al mondo *.*