Una
scritta fredda, senza significato, una scritta che sconvolse l’animo del suo
lettore.
Una
scritta che avrebbe rivoluzionato la sua vita per sempre.
Con queste parole,
Joshua Norrington diede inizio a quello che sarebbe stato il suo romanzo. Le
dita, desiderose di scrivere e dare libero sfogo alle sue idee, erano immobili
sulla tastiera. Il cursore lampeggiava, sparendo e ricomparendo dopo
quell’ultima frase.
Non aveva idea di
come andare avanti.
La mente era piena
d’ogni tipo di fantasia, la storia era già scritta pagina per pagina nella sua
testa, ogni personaggio era delineato e chiaro, fatti, luoghi e persone erano
impostate, ognuno al proprio posto.
Ma le mani erano
comunque ferme.
Dannazione, si disse.
Perché non riusciva a fare niente? Aveva scritto tanti brevi racconti. Aveva
avuto anche un certo successo tra i suoi lettori e amici, che lo definivano
macabro e divertente al tempo stesso. Ma lui non era mai stato soddisfatto da
quegli scorci, non riusciva ad esserne felice.
Il suo racconto.
L’unica cosa per cui
scriveva, e l’unica che non riusciva a portare a termine.
Era ossessionato da
ogni suo personaggio.
Ossessionato dai
protagonisti.
Ossessionato,
semplicemente ossessionato da quelle dannate parole che vorticavano nel suo
cervello, volenterose d’uscire e impossibilitate a farlo.
Aveva riutilizzato
quegli stessi personaggi in altri piccoli racconti, piccoli pezzi di narrazioni
a sé stanti che avevano le radici prive di forza, soddisfacenti ma vuoti e
senza un senso apparente.
Forse era un progetto
troppo grande per lui. Abituato com’era a racconti brevi, sciocchi e piuttosto
macabri e rivoltanti, probabilmente non era più in grado di affrontare una
narrazione lunga.
Rilesse quelle due
righe.
Inutili. Infantili.
Sciocche.
Il suo spirito
critico era tremendamente cinico quella sera.
Non poteva scrivere.
Non ci riusciva.
Fissò ancora la
pagina word bianca, intrisa di quel falso inchiostro che erano le parole
designate come incise sul foglio virtuale. Niente. Niente di niente. Cosa
poteva…?
Lanciò sconcertato
uno sguardo al cursore, che aveva iniziato a muoversi sullo schermo, abile mano
che misticamente scriveva con chiarezza nuove parole. Una domanda.
Ti vedo un po’ in
crisi, Joshua, o sbaglio?
Cosa doveva fare?
Rispondere? Forse stava impazzendo…?
Non spaventarti,
Joshua. Sono qui solo per aiutarti.
Leggendo quella
frase, si sgranchì lievemente le dita, e scrisse a sua volta.
Cosa sei? Un
hacker? Ti sei infiltrato nel mio computer e ti prendi gioco di me?
Ci fu un lungo
intermezzo di bianco silenzio, ma il misterioso interlocutore rispose.
Un
hacker? No, Joshua. Il mio nome è…
Joshua attese
impaziente spiegazioni, scrutando attentamente lo schermo luminoso.
La mia creatrice
mi impedisce di rivelarti il mio nome. Però posso usarne uno fittizio. Mi viene
suggerito Christopher. Ti aggrada?
Ma con cosa diamine
stava interagendo? Era forse un’intelligenza artificiale? Un qualche virus?
Christopher…cosa
sei?
Comparvero alcune
vocali indicanti una strana risata.
Sono qui per
aiutarti, Joshua. So che non riesci a concludere…o meglio, a portare avanti una
storia, e sono stato incaricato di aiutarti da un’altra scrittrice in crisi.
E chi sarebbe
questa scrittrice?
Non posso dirtelo.
Guardò basito
quell’ultima risposta. E decise di credere a quella pazzia.
Va
bene. Però, perché non aiuti prima la tua creatrice, se è in crisi come me?
Non posso farlo.
Io sono una delle sue creazioni.
Ma in che senso
“creazioni”…?
Sei
forse un’intelligenza artificiale?
No, Joshua.
Le parole che
seguirono lo lasciarono incredulo più di prima.
Sono un
personaggio delle sue storie. Anzi, a dirla tutta sono un Protagonista, come
diversi altri miei compagni. E sono venuto qui per aiutarti.
Come poteva essere
possibile?
Lo so, sembra inverosimile.
La mia stessa esistenza pare inverosimile persino a chi l’ha creata con tanta
cura. Eppure esisto, anche se dovrei essere relegato in qualche documento
scritto a mano o sul computer.
Voleva spiegazioni. Non lo sorprendeva tanto quel fatto
assurdo, in verità; era piuttosto l’incredulità nei suoi confronti, di cui non
riusciva a capacitarsi.
Come puoi aver preso vita?
Attese la risposta pazientemente, e rimase meravigliato
dalla replica.
In tutta verità lo ignoro, ma credo dipenda dal grande
amore che la mia creatrice ha riposto in me per tutti questi anni. Sono il suo
preferito, dopo tutto, tra i tanti che ha creato.
Il primo. L’ombra che ha dato origine a tutte le luci.
L’ombra?
Non capisco…
Mi sarei
sorpreso del contrario.
La risata che seguì sullo schermo lo infastidì.
Non mi stai aiutando a capire. Perché vuoi aiutarmi?
Per quale motivo?
Non lo so. Sono qui e basta. Se vuoi che ti aiuti, lo
farò. Altrimenti, me ne andrò, e ti lascerò nel tuo brodo di crisi.
Brodo di crisi.
Rise a quell’espressione.
Sono felice che questo ti diverta. Almeno abbiamo
spezzato la tensione.
Poteva essere una soluzione, dopo tutto…
Va bene. Solo una domanda.
Certo.
Perché sei un’ombra? Essendo tu il primo, non dovresti
essere invece una luce? Un’illuminazione?
No, Joshua.
Joshua ebbe l’impressione di percepire tristezza, una
profonda tristezza in quella risposta.
Sono un’ombra,
perché sono l’origine del male che sta consumando la mia creatrice. Un cancro
che la divora dall’interno, giorno e notte, e di cui non può liberarsi, poiché
non è in grado di cancellarmi. Non sono che un’infezione.
Un’infezione?
L’ossessione, Joshua. Sai bene cosa intendo.
Lo sapeva.
L’ossessione, una creatura mostruosa, mostruosa come
l’essere che l’ha generata: Christopher. Sono l’ossessione di una scrittrice
che non riesce a dominarmi.
Non vuole che questo si ripeta, e dia vita ad altri
esseri come me, altri Protagonisti destinati a rimanere chiusi per sempre in
decine di cassetti, nelle menti, imprigionati dai loro stessi creatori in
eterno. Non potete combattere tutto questo, a meno che non risolviate ciò che
vi consuma.
Ora cominciava a capire. Ma…
Christopher…
Sono pericolosi. Potrebbero fare molti danni. Per
questo…meno Protagonisti si liberano dalle loro catene, meglio è.
Se vengono imprigionati
sulla carta, il gioco è fatto.
Sono…?
Vuoi dire che ce ne sono altri come te?
Sì. Il problema è che la maggior parte non è come me.
Sono malvagi, covano risentimento nei confronti di chi
li ha creati e di chi non ha mai avuto la possibilità di leggerli.
E vogliono fare loro del male.
E tu perché saresti diverso?
Passarono parecchi secondi prima che sullo schermo
comparisse la risposta.
Io sono nato in un modo differente, Joshua. Non ero un
Protagonista. Non ero un personaggio.
Ero…
Non finì la frase. Joshua digitò più e più volte di
continuare, ma Christopher non rispose.
Christopher, dove sei andato?
Nessuna risposta. Perché?!
Dannazione, Christopher! Dove sei…?
Sulla riga comparvero una miriade di lettere e numeri
senza alcun senso, che iniziarono ad occupare la pagina per intero.
Cosa poteva fare?
Come poteva…?
Il cursore si fermò di scatto, senza preavviso. Lesse con
calma glaciale le poche informazioni ricomparse sullo schermo dopo quello
sfogo, e sgranò gli occhi.
Domani…
Le parole apparivano con una lentezza snervante.
Mi rimetterò…in contatto con…te.
Ora…devo andare…
No, Christopher! Che sta succedendo? Non andare!
Aspetta!
Il cursore riprese a lampeggiare lentamente, senza più
dare alcun segno di vita.
Le parole rimasero immobili, ferme, esattamente come lo
erano all’inizio del documento, prima…prima di Christopher.