L'amore tra le mani

di kianeko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Genzo ***
Capitolo 2: *** Maki ***
Capitolo 3: *** Kojiro ***



Capitolo 1
*** Genzo ***


L’amore tra le mani
Periodo di challenge e anche stavolta ho deciso di partecipare a una indetta sulla pagina facebook de "Il Giardino di EFP" tema "Le Mani", questa in particolare è sulle drabble, che io adoro. Neanche a dirlo come sempre sulla mia OTP preferita, Genzo e Kojiro, con l'aggiunta di Maki. Le parole della challenge sono 41 e io vi propongo una suddivisone in tre parti con 13 drabble per Genzo e Kojiro, mentre per Maki ne ho scritte 15.
Anche questa raccolta come la precedente “L’amore intraducibile” fa parte del proseguimento di “Amarti è più facile che odiarti” e di “50 per cento”. Come per l’altra raccolta, anche qui alcune delle drabble sono incomprensibili perché non hanno una collocazione definita per voi.
Come sempre vi ringrazio in anticipo per questa lettura e spero che lasciate una recensione.
L’amore tra le mani
Genzo
1. Uno schiaffo;
La mano di Maki era sospesa a mezz’aria.
«SEI SOLO UN GROSSO COGLIONE!» gli aveva urlato in preda al pianto.
«Maki ti prego calmati» disse Kojiro frapponendosi fra loro.
«CALMARMI? VUOI UNO SCHIAFFO ANCHE TU?» disse battagliera «CI METTO POCO AD ACCONTENTARTI!»
Genzo la osservava con occhi sgranati: la guancia gli pulsava come non gli era mai capitato e nelle orecchie aveva ancora lo schiocco, e dire che di ceffoni dalle donne ne aveva presi. All’improvviso capì perché fosse stata definita la miglior lanciatrice degli ultimi anni.
«Calmati,» le disse dolce Kojiro «ha capito perfettamente il tuo punto di vista».
4. Carezza;
Non sentire la brezza marina all’alba era una delle cose che più gli mancavano di Amburgo: nonostante fosse distante 100 km dal mare, il fiume Elba portava con sé l’aria salmastra del Mare del Nord.
«A cosa pensi?» chiese Kojiro sedendosi sulla sabbia accanto a lui.
«Al mare di Amburgo».
«Non c’è il mare ad Amburgo».
«Lo so».
Non sapeva come spiegarglielo ma in quell’esatto momento, seduto sulla spiaggia dell’isola di Okinawa, guardare l’oceano gli aveva messo molta malinconia. All’improvviso la mano di Kojiro si insinuò fra i suoi capelli: quella carezza silenziosa gli fece abbassare le difese e pianse.
7. Dito sul grilletto;
L’uomo mise il dito sul grilletto, voltò l’angolo e cadde a terra tagliato in due.
Maki urlò spaventata, gettandosi fra le braccia del fidanzato con le mani sugli occhi.
«Hai fatto cadere tutti i popcorn» la rimproverò bonariamente Kojiro.
«La colpa è vostra che mi fate sempre vedere questi cavolo di film.» sbottò contrariata «Lo sapete che mi fanno impressione».
Genzo sospirò sconsolato: si alzò dal divano e andò a prendere l’aspirapolvere. Chi l’avrebbe sentita la sua governante se avessero lasciato quel casino. Kojiro faceva apposta a proporre quei film.
«Genzo digli qualcosa tu» piagnucolò Maki quando tornò dai due.
10. Mano tagliata;
Genzo fissava l’uomo davanti a sé: lo sapeva benissimo che era maleducazione ma non riusciva proprio a farne a meno.
«Perché è così?» domandò in un sussurro alla ragazza seduta di fianco.
Lei alzò un sopracciglio «Di che parli?» chiese piano a sua volta lei.
«Del suo braccio».
«Sono stati i cinesi» rispose con naturalezza senza scomporsi.
«I cinesi?».
«L’hanno scoperto a rubare e come punizione gli hanno tagliato la mano. Credo sia successo circa 20 anni fa, io l’ho conosciuto così».
Genzo trovava disarmante il modo in cui, a volte, lei minimizzasse le cose: non la toccava proprio niente.
13. Mano che dice “basta”;
Erano sdraiati a letto a ridere come pazzi: non aveva capito bene chi avesse iniziato, ma ora la “guerra del solletico” stava finendo male, per lui. Si era ritrovato le mani di Maki e Kojiro addosso ed era solo riuscito a ridere e a contorcersi. Li odiava quando facevano così: se ne approfittavano.
Alzò la mano a dire basta «Vi prego non ne posso più» pregò fra le lacrime, riprendendo fiato.
«Ci hai chiamati “busta e francobollo” come punizione mi sembra il minimo» sentenziò Maki divertita.
«Se prometto di non farlo più, la smettete?».
«Forse» rispose Kojiro con un ghigno.
16. Carezza sul viso;
Le mani di Kojiro erano callose e indurite dal lavoro, quelle di Maki erano morbide e vellutate: erano mani diverse, eppure sul suo corpo suscitavano emozioni simili. Solo quando gli accarezzavano il viso le sentiva diverse.
Kojiro era leggero e quasi delicato, difficile da credere per un bestione di quelle dimensioni. Maki era più dolce e protettiva, nonostante il suo carattere focoso e irruento.
Durante quel brutto periodo, quelle mani e quelle carezze sul viso avevano lenito il suo dolore, ma non erano bastate. Sentiva la mancanza e soffriva, perché altre mani voleva avere sul suo viso in quel momento.
19. Mani sugli occhi;
Improvvisamente, due mani gli coprirono gli occhi. Mise le sue su quelle più piccole che erano sul viso: le tastava come a volerle riconoscere, ma erano inconfondibili.
«Devo indovinare?» chiese Genzo, mentre da dietro arrivava una lieve risata.
Sapeva perfettamente di chi fossero quei palmi sul suo volto, ma voleva stare al gioco e lasciare che si divertisse. «Sei una femmina?» e di nuovo quella risatina leggera.
«Hai gli occhi chiari?» stavolta gli arrivò un borbottio infastidito.
Avrebbe potuto continuare quel gioco tutto il giorno.
«Piccola peste dammi un bacio» disse voltandosi di scatto e sollevando il nipote da terra.
22. Stringere un fazzoletto;
Maki stava letteralmente sbriciolando il fazzoletto che aveva in mano, lo stringeva così forte che ne stava facendo coriandoli.
«Non capirò mai le femmine» disse guardandola di sbieco.
«Non c’è niente da capire. È una cosa super romantica» rispose fra i singhiozzi.
Kojiro sospirò «Davvero stai cercando di capire, Genzo? Io ho smesso tempo fa con mia madre e Naoko».
«Solo perché voi due siete due caproni insensibili».
«E tu non piangi?» chiese Genzo all’altra ragazza, che seduta sul divano guardava la tv con loro.
«Perché dovrei?» domandò questa a sua volta.
«Tre,» corresse il tiro Maki «siete tre caproni».
25. Mano sul cuore;
«Mano sul cuore?» chiese il primo.
«Sì, mano sul cuore» disse Genzo poggiando platealmente una mano sul petto.
«Hai fatto una promessa» precisò il secondo.
«Lo so che ho fatto una promessa, per chi mi prendete. Io rispetto sempre la parola data».
Adorava passare il tempo con quelle pesti dei suoi due nipoti: i figli di suo fratello maggiore erano più esigenti di una donna viziata. Stavolta aveva dovuto faticare non poco, per riuscire a scollarseli di dosso, per metterli a letto. Il più grande gli aveva strappato la promessa che la prima parata del campionato l’avrebbe dedicata a loro.
28. Foto tra le mani;
Kojiro stringeva una foto tra le mani: era ingiallita dal tempo e gli angoli erano consunti. La fissava da 10 minuti con malinconia. Genzo non aveva bisogno di sapere il soggetto, se lo immaginava. Erano passati più di 20 anni, ma quel dolore nel cuore del suo compagno non era ancora passato e forse non se ne sarebbe andato mai.
«E se te ne procurassi una meno logora?» chiese la ragazza.
Si voltò a guardarla: era impazzita di colpo? Come poteva trovare qualcosa che neanche la sua famiglia aveva?
«E sentiamo, come faresti?» domandò Kojiro duro.
«Come faccio sempre, cercando».
31. Osservare i movimenti di una mano;
Maki ruotava il polso, prima a destra poi a sinistra, muoveva le dita aprendole e chiudendole, poi con molta calma si mise il guantone. Genzo osservava affascinato la meticolosità con la quale eseguiva i movimenti: lenti e misurati, quasi scaramantici. Anche lui prima delle partite aveva i suoi riti.
«Che bella inquadratura» esordì la ragazza seduta al suo fianco.
«Già è vero» ammise continuando a guardare la nazionale di softball in televisione.
Pur avendo visto molte partite della ragazza, non aveva mai fatto caso alla precisione e la cadenza con la quale li eseguiva: probabilmente erano meccanici e dettati dall’abitudine.
34. Anello al dito;
«A quando la proposta?» domandò facendo sobbalzare Kojiro.
«Ti sei rincretinito? Vuoi farmi morire?».
«Non evitare la mia domanda, quando le farai la proposta?» chiese di nuovo indicando la piccola scatola di velluto rosso che l’altro teneva fra le mani.
«Il giorno del mio compleanno».
«Manca poco allora».
«Già e me la sto facendo sotto peggio che alla finale dei mondiali».
Genzo rise «Cosa ti preoccupa?».
Kojiro spostò lo sguardo sull’oggetto che aveva fra le mani «Che mi dica di no».
«Non essere scemo. Tutte le donne vogliono l’anello al dito: figurati Maki che ti, e mi, sopporta da anni».
37. Mano che stringe un fiore.
Piccola e cicciosa, la mano di suo nipote più piccolo gli porgeva un fiore.
«Grazie. È per me?» chiese Genzo allungando la sua.
Il bimbo scosse la testa in segno di assenso e aprì la paffuta manina per far cadere quel bocciolo arancione; non verificò neanche l’avvenuto scambio, che già era ripartito di corsa verso le aiuole.
A sua madre sarebbe venuto sicuramente un infarto, ma era troppo divertente vedere quel “bambolotto” strappare tutti i fiori più colorati. Aveva un’aria accigliata e teneva un broncio permaloso, ma era un tenerone, come lui.
Tornò alla carica stringendo nella manina l’ennesimo fiore.

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Capitolo 2
*** Maki ***


L’amore tra le mani
Secondo capitolo della chanllenge indetta dalla pagina facebook de "Il Giardino di EFP" con tema "Le Mani", questa volta tocca a Maki.
Mi ripeto, alcune delle drabble sono incomprensibili perché non hanno una collocazione definita per voi, e come sempre vi ringrazio in anticipo per questa lettura e spero che lasciate una recensione.
L’amore tra le mani
Maki
2. Mani che si cercano senza mai toccarsi;
Maki li osservava da lontano: quando erano in pubblico Kojiro e Genzo dovevano mantenere una certa distanza, avevano un “nome” da difendere. Per loro non era un problema, ma lei sentiva che se avessero potuto sarebbero stati appiccicati tutto il tempo. Li conosceva bene e percepiva i loro sentimenti meglio di quanto immaginassero: aveva imparato ad amarli come fossero una sola persona. Per lei osservare il modo in cui si sfioravano le mani, quando si passavano vicino, era uno strazio: si cercavano continuamente eppure non arrivavano a toccarsi. Forse era per questo che quando facevano l’amore non si lasciavano mai.
5. Segno particolare sulla mano;
Maki aveva notato lo strano segno che Genzo aveva sulla mano destra, già la prima volta che avevano fatto l’amore.
«E questo?» chiese indicandolo.
«Oh! Questo è un morso di John».
«John?».
«Sì, il mio akita. Quando ero piccolo mi divertivo a tirargli la coda e una volta che l’ho fatto troppo forte si è vendicato».
«Deve essere stato un bel morso per lasciarti un segno così grosso».
Genzo passò una mano sulla nuca con fare imbarazzato «In realtà ci vollero dei punti e il signor Mikami si arrabbiò come una bestia».
«Sei e resti un cretino» disse Kojiro sconsolato.
8. Baciamano;
Schneider la salutò con un baciamano da manuale e lei arrossì vistosamente.
«Ehi biondo!» esclamò Kojiro inviperito «Tieni le tue zampacce giù dalla mia ragazza o ti faccio male».
«Non ti facevo così geloso» lo canzonò il tedesco.
«Io sono geloso di tutto ciò che mi appartiene» precisò stringendole la vita.
Maki avvampò ancora di più. Cercò Genzo con lo sguardo e lo trovò in piedi in un angolo che sorrideva soddisfatto. All’improvviso ebbe un lampo di genio: era stato lui a mandare Schneider a fare tutta quella sceneggiata, solo per averla imbarazzata e Kojiro che sputava fuoco e fiamme.
11. Dita sulle labbra;
Kojiro le poggiò le dita sulle labbra per zittirla dolcemente, «Non avere paura, fidati di me».
Quando faceva così lei non aveva paura, era terrorizzata: i colpi di testa del suo ragazzo la mettevano sempre in imbarazzo.
«Kojiro, non credo sia il caso» provò a ribattere.
«L’idea della festa di compleanno è tua».
«La festa, non giocare a “Obbligo o verità”. Dobbiamo dargli una spinta non farlo arrabbiare».
«Dobbiamo dargli un calcio in culo.» sentenziò Kojiro incrociando le braccia al petto «È un borioso, spocchioso, gradasso, …».
Stavolta fu Maki a mettere le dita sulle labbra di Kojiro per zittirlo.
14. Inchiostro sulle dita;
Maki si stava lavando le mani da 5 minuti buoni: quel maledetto pennarello indelebile aveva deciso di suicidarsi iniziando a colare inchiostro sulle sue dita.
«Vuoi che prenda della carta vetrata?» le chiese Kojiro divertito.
«Non fare dell’ironia spicciola o stasera ti spedisco a dormire sul divano» aveva ribattuto arrabbiata.
«D’accordo, d’accordo» aveva risposto alzando le mani e uscendo dal bagno.
Se c’era una cosa che le dava suoi nervi era la gente che la prendeva in giro quando era in difficoltà: se avesse fatto quello che gli aveva chiesto, adesso non starebbe a strofinarsi le dita come se volesse spellarle.
17. Pugno;
Un pugno, due, tre, …
Maki non riusciva proprio a capirli: si amavano alla follia eppure se le suonavano di santa ragione. Si era seduta sulla panchina e li guardava picchiarsi.
Sei, sette, otto, …
Sbuffò contrariata: quella sera le sarebbe toccato rappezzarli un’altra volta, sentirli borbottare un'altra volta e il giorno dopo avrebbero fatto l’amore come se nulla fosse successo.
Dieci, undici, dodici, …
«La fate finita? Voglio andare a casa» cercò di richiamarli all’ordine, ma con scarso risultato.
Avere a che fare con quelle teste dure era inutile: si alzò, prese la borsa e li lasciò a “litigare”.
20. Catturare un bacio tra le dita;
Maki adorava i bambini ed essere circondata dai piccoli della nazionale la mandava in brodo di giuggiole. I gemelli Ozora erano “troppo grandi per i bambini”, come dicevano loro, ma gli altri bambi erano tutti piuttosto piccolini. Da poco la piccola Misugi aveva imparato a mandare baci con la manina: si baciava il palmo e soffiava bacini a tutti, soprattutto al suo papà. Ne aveva davvero per chiunque: persino quei musoni di Kojiro e Genzo. Era splendido vedere come Jun afferrasse con le dita ogni singolo bacio e lo rispedisse alla mittente che rideva felice tra le braccia di Yayoi.
23. Patto di sangue;
«Che significa “patto di sangue”?» chiese Maki stupita.
La ragazza si grattò la testa pensierosa, «Significa che due persone con un coltello si tagliano il palmo e poi si stringono la mano» spiegò con noncuranza.
«C’è davvero chi fa ancora queste cose medievali?».
«Sì, capita».
«Come sarebbe a dire capita?» domandò atterrita.
Per Maki cose come il “patto di sangue” erano da relegare nei peggiori film di gangster o di vampiri, non avrebbe mai potuto immaginare che una cosa del genere potesse esistere davvero. Poi le venne un dubbio.
«Mi stai prendendo in giro!» esclamò mentre l’altra scoppiò a ridere.
26. Mani sporche di sangue;
Genzo ripeteva, come una cantilena, di avere le mani sporche di sangue: per quanto facessero o dicessero non smetteva di ripeterlo. Kojiro era allo stremo della pazienza e vederlo in quello stato lo stava facendo soffrire come non gli era mai capitato.
Maki si sentiva soffocare e voleva solo piangere, ma sapeva che era rimasta solo lei a dare forza a entrambi.
Gli prese le mani cercando di attirare la sua attenzione «Genzo non c’è niente, vedi sono pulite. Non c’è sangue».
«C’è il suo sangue Maki e non se ne andrà via se non torna» disse scoppiando in lacrime.
29. Mani sott’acqua;
Maki era stesa sulla spiaggia a prendere il sole: amava quei momenti di relax, che sapevano di famiglia, con Kojiro e Genzo.
«È mai possibile che quei due abbiano solo il calcio per la testa?» borbottò guardandoli divertirsi come bambini.
«Te l’ho detto, con i piedi non ci sai fare» fece Kojiro fissando il pallone che si allontanava fra le onde.
«Va bene, va bene, vado a prenderlo» rispose Genzo allontanandosi in mare.
«Troppo silenzio» borbottò Maki col tono di una mamma apprensiva.
Si voltò e li vide fare il bagno a largo, troppo abbracciati e con troppo le mani sott’acqua.
32. Mani sulla pelle;
Maki adorava sentire le carezze di Kojiro e Genzo sul suo corpo: lo scivolare lento di quelle mani sulla pelle era la cosa più eccitate che le fosse capitata. Nonostante fossero dei bestioni enormi, erano entrambi dolci e delicati eppure erano diversi: se a coccolarla fosse stato Kojiro o Genzo, sarebbe riuscita a riconoscerlo. Con loro aveva imparato che non tutte le coccole sono uguali, anche se fatte con la stessa intenzione.
A dirla tutta le mani di Kojiro erano state le prime che aveva avuto su di lei: Genzo era stato un “effetto collaterale” molto piacevole di quella relazione.
35. Mani di velluto;
Come facesse, uno come Genzo con delle mani grosse come pale, ad essere così leggero e delicato la stupiva sempre: le aveva sfilato quella busta dalla borsa senza che se ne accorgesse.
«Come mai sei stata in questa clinica?» chiese accigliato.
«Da quando si fruga nella borsa di una donna?» domandò a sua volta allungando un braccio per riprendersi il maltolto.
«Rispondi» disse perentorio allontanandosi da lei.
Maki adorava Genzo, ma quando faceva il despota voleva sempre dargli un bel calcione nelle parti bassi. Sospirò sconsolata. «Mani di velluto, se avessi l’accortezza di ridarmi quella busta te lo faccio vedere».
38. Mano che tenta di fermare una pallottola;
Genzo era in piedi davanti a Kojiro con un braccio teso intento a parare qualcosa di invisibile.
«Non è la stessa cosa?» disse l’attaccante.
«Se li genera con le mani è come se fossero le mani» aveva ribattuto il portiere.
«Che stanno facendo?» chiese Maki alla ragazza intenta a fare zapping.
«Ah, stanno litigando».
«Questo lo vedo, ma per cosa?».
L’altra si voltò per guardarla in viso «Se il Dottor Strange ferma i proiettili con le mani».
«Seriamente?».
La ragazza fece spallucce.
Maki sospirò sconsolata: nonostante avessero 31 anni suonati erano dei bambini, di quasi 100 kg l’uno, ma bambini.
40. Dito sul mappamondo;
«Qui!» esclamò Maki puntando il dito sul mappamondo.
«Perché?» chiese Genzo guardando sotto il dito.
«Perché è una meta esotica».
«Siamo giapponesi, più esotici di così si muore».
«Voi uomini non capite un fico secco» disse imbronciata.
«Va bene, se ti piace Bali ci andremo in vacanza».
«Sei un tesoro» disse Maki buttandogli le braccia al collo e baciandolo sulle labbra.
«Tutte queste smancerie con me non le hai fatte» intervenne Kojiro piccato.
«Perché mi hai preso in giro».
Genzo alzò un sopracciglio perplesso.
Kojiro si voltò, prese il libro lì vicino e glielo mise in mano.
«Mangia, prega, ama?».
41. Magia con la mano.
Maki da bambina avrebbe voluto fare la prestigiatrice, poi aveva incontrato il softball ed era stato amore. Non aveva però perso la sua passione infantile ed era ancora brava a fare semplici trucchi che per lo più stupivano i bambini. Proprio come in quel momento attorniata dai piccoli della nazionale.
«Come hai fatto?» chiese con occhi sgranati la piccola Misugi.
«È una magia» rispose alla bambina.
«Con la mano?».
«Sì, con la mano».
«Ooohhh!» esclamò stupita guardandole il palmo.
Non poteva dirle che aveva un pollice finto di gomma da cui estraeva i fazzoletti colorati, ci sarebbe rimasta troppo male.

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Capitolo 3
*** Kojiro ***


L’amore tra le mani
Terzo e ultimo capitolo della chanllenge "Le Mani" indetta dalla pagina facebook de "Il Giardino di EFP". L'ultimo atto l'ho affidato a Kojiro.
Alcune delle drabble sono incomprensibili perché non hanno una collocazione definita per voi.
Grazie per questa lettura e spero che lasciate una recensione.
L’amore tra le mani
Kojiro
3. Schiocco di dita;
Maki schioccò le dita come se avesse avuto un’illuminazione «E che ne dici se la facessimo in un posto tranquillo, ma da dove si vedono i fuochi d’artificio del matsuri?».
«Sì, perché no!» esclamò Kojiro convinto «Tra l’altro quest’anno il mio compleanno cade proprio il giorno del Tanabata».
Sapeva quando Genzo fosse legato al Tanabata matsuri: non glielo aveva detto subito, ma alla fine si era confidato con lui. Doveva aiutarlo a tutti i costi, non poteva più vederlo soffrire in quel modo. Se stava male, di riflesso, si sentiva a pezzi anche lui.
«Maki sei un genio!» disse baciandola.
6. Zampa e mano;
Kojiro osservava Genzo che stava facendo dei giochetti con il cane.
«Seduto!» ordinò all’animale e questo eseguì «Bravissimo John!» esclamò mentre il cane si rimetteva su quattro zampe scodinzolando felice.
«Tu gli ordini le cose e lui lo fa, pure contento?».
«Certo è un cane».
«Io non lo farei mai».
Genzo rise di gusto «Certo che no, sei la Tigre».
Kojiro non capiva cosa ci trovasse di bello: anche Wakashimazu aveva insegnato dei giochetti simili al suo.
«Prova!» disse Genzo all’improvviso «Allunga la mano verso di lui e digli zampa».
«Zampa!» e immediatamente John poggio la zampa sul suo palmo.
9. Mano ferita;
«Uno che fa il portiere dovrebbe avere più cura delle mani» disse Maki rimproverando Genzo.
«Lui si è scansato e ho colpito un albero» rispose l’interessato.
«Non dare la colpa a me, potevi anche evitare di cominciare a rompere i coglioni».
«Non ti ci mettere anche tu: avete sbagliato entrambi».
Kojiro sapeva che Maki aveva perfettamente ragione e se ne stava rendendo conto proprio in quel momento che lei bendava la mano ferita di Genzo. Si era spostato per riflesso incondizionato, istinto, non si era accorto dell’albero alle sue spalle.
«È possibile, che non riusciate a stare insieme senza picchiarvi?».
12. Grazia o morte, segnale con il pollice;
Kojiro sbuffò nervoso «Un pollice in su e uno in giù. Perché non vi mettete d’accordo?».
«Non mi piace la camicia» disse Maki.
«Ma che dici, è uno schianto» constatò Genzo.
Si stava pentendo, veramente tanto, di aver chiesto consiglio a quei due: una volta la camicia, un’altra la cravatta, un’altra ancora i pantaloni. Gli stavano saltando i nervi mentre quei due battibeccavano.
In uno scatto di rabbia iniziò a spogliarsi pezzo dopo pezzo, fino a rimanere nudo.
«Così va meglio?» chiese ironico e spazientito.
Maki e Genzo si scambiarono uno sguardo d’intesa e alzarono entrambi il pollice in su.
15. Mani che si stringono;
Se c’era una cosa che Kojiro voleva più di ogni altra, era poter stringere la mano di Genzo in qualsiasi momento, poter “controllare” la sua presenza sempre. Da bambino aveva sofferto così tanto per la morte di suo padre che ora non poteva fare a meno di cercare il contatto fisico con le persone che amava. Mentre con Maki era una cosa naturale prendersi per mano, con Genzo era impossibile perché era un uomo: le uniche cose che gli restavano da fare per poterlo toccare, era prenderlo a pugni, congratularsi con lui e stringergli la mano per aiutarlo a rialzarsi.
18. Indicare qualcuno;
«Che ti prende?» chiese Genzo alla ragazza di fianco.
«Credo che quel tipo con gli occhiali da sole ci stia pedinando» rispose guardando la vetrina davanti a sé.
«Tu guardi troppi polizieschi» le disse sconsolato.
Kojiro non si faceva suggestionare, ma durante tutta quella passeggiata si era sentito osservato. Era strano da spiegare, eppure anche lui aveva notato un tipo strano fin da quando erano usciti. «Credo abbia ragione».
«Kojiro ti ci metti anche tu adesso? Avanti, dove sarebbe questo tizio con gli occhiali?» domandò ancora il portiere.
La ragazza si voltò e indicò un uomo dietro di loro, «Lui».
21. Promessa stretta con i mignoli;
«Dammi il mignolo» gli disse Maki decisa.
«Non siamo all’asilo, per favore» protestò Kojiro.
Lei strinse gli occhi arrabbiata e gli mise la mano chiusa a pugno con il mignolo alzato sotto il naso, «Non puoi fare sul serio».
Quando quella donna si metteva una cosa in testa, era impossibile smuoverla. Si era fatta promettere che, il primo giorno libero che avesse avuto, l’avrebbe portata a fare shopping, ma a lei non bastava: dovevano per forza fare quella cosa con i mignoli come fosse “voto infrangibile”.
«E va bene» cedette sfinito, mettendole la mano chiusa con il mignolo alzato davanti.
24. Impugnare coltello;
Genzo impugnava il coltello con grande maestria, sembrava non facesse altro dalla mattina alla sera: affettava le verdure come uno chef. Quando all’inizio lui gli aveva detto di aver seguito un corso di cucina, Kojiro non ci aveva creduto, invece non solo sapeva cucinare, ma sapeva farlo anche dannatamente bene.
«Ti ha insegnato tua madre?».
«Mi madre non sa fare neanche un uovo sodo.» rispose senza distogliere lo sguardo dalla cipolla che stava affettando «È stata la nostra governante in Giappone».
Chiunque fosse stato in realtà non gli importava, perché non poteva fare a meno di trovarlo sexy mentre cucinava.
27. Mani sudate;
Kojiro aveva le mani sudate, gli scivolava qualunque cosa, non era mai stato tanto agitato in vita sua.
«Ti vuoi calmare?» chiese Genzo.
«Non ci riesco, va bene?» sbuffò nervoso.
«Non dovrebbe essere difficile: le hai proposto di fare l’amore in tre con nonchalance e ti agiti per un semplice “vuoi sposarmi”?».
«Semplice? Ti pare possa essere una cosa semplice?».
Era la Tigre, ma non era certo colpa sua se fare la proposta di matrimonio a Maki lo agitava: aveva paura del no. Inspirò a fondo cercando di riprendere fiato, ma le mani non volevano saperne di smettere di sudare.
30. Toccare un animale;
Kojiro non aveva mai avuto un animale: quando suo padre venne a mancare aveva 9 anni e anche se ne avesse voluto uno non potevano permetterselo. La sua vicina di casa, però, aveva una gatta che ogni 6 mesi circa scodellava cucciolate di gattini. Naoko passava da lei per giocare con quei batuffoli: la prima volta che l’aveva accompagnata a vederli, si era ritrovato assalito da gattini miagolanti: aveva appena staccato da lavorare e aveva addosso l’odore di fritto del ristorante dove era stato a consegnare le bibite.
A lui piaceva molto toccare quel pelo soffice e liscio, lo rilassava.
33. Guanto;
Kojiro osservava il guanto di Genzo poggiato sulla panca: era enorme come enormi erano le mani del portiere. Non si rendeva mai conto di quanto fossero grandi finché non gli vedeva indossare i guanti. Gli piaceva sentirsele addosso, amava quello che gli facevano quando erano in camera da letto, nonostante ciò, con i guanti incutevano quasi timore. Era strano che una cosa così stupida potesse fare la differenza.
«Qualcosa non va, capitano?» gli chiese Wakashimazu.
«No, pensavo alla partita» mentì spudoratamente.
Perché se le mani di Genzo lo impressionavano con i guanti, quelle di Wakashimazu lo impressionavano con e senza.
36. Lasciare la presa;
«Lasciami andare» sibilò la ragazza arrabbiata.
«Solo se mi prometti che gli parlerai» disse Kojiro stringendo più forte la mano intorno al suo braccio.
«Non dire stronzate. Non prometto proprio un cazzo».
La strattonò verso di sé «Genzo sta soffrendo e non voglio che accada, per cui gli parlerai con le buone o con le cattive».
La ragazza fissò la mano che Kojiro stringeva attorno al suo bicipite, «Stai davvero cercando di intimidirmi?» alzò gli occhi verso di lui «Pensi che questo basti per ottenere una mia promessa?».
Kojiro sapeva che non serviva a nulla e sconsolato lasciò la presa.
39. Tatuaggio.
Non c’erano dubbi, quello sul dorso della mano era un tatuaggio: sembrava tanto la coda di un drago o forse di un serpente.
«Sei sicura sia tuo cugino?» chiese titubante Kojiro.
«Sì, perché?» domandò a sua volta lei.
«Ha un tatuaggio sulla mano».
«Se ti stupisce quello, dovresti vedergli la schiena».
Kojiro si voltò basito verso Genzo, che come lui osservava il ragazzo davanti a loro con aria perplessa.
«Mi sento un po’ a disagio» gli disse piano «Sei sicuro che usciremo vivi da qui?».
«Lo spero proprio, ho il contratto con il Bayern in scadenza e vorrei tanto rinnovarlo».
Grazie a tutti per essere arrivati fin qui, spero davvero vi siano piaciute queste mie piccole pazzie.
Vorrei ringraziare Fafanella per la pazienza e le stupidate piene di risate che si siamo dette su questi tre.

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