Pokémon: storie di un altro mondo

di Albertyon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Bastardo e il suo Sacco di Pulci (pt 1 di 2) ***
Capitolo 2: *** Il Bastardo e il suo Sacco di Pulci (pt 2 di 2) ***



Capitolo 1
*** Il Bastardo e il suo Sacco di Pulci (pt 1 di 2) ***


Scott pt 1

Era una notte senza luna. Non vi era una luce in vista e, senza l’ostacolo delle nuvole in quel cielo terso, un’infinità di stelle risplendeva e illuminava tenuamente l’altopiano sottostante. Un’altra notte, un passante occasionale non avrebbe udito che il soffio del vento tra l’erba alta, il frinire e dei pokémon Coleottero, il leggero frusciare dei predatori che puntavano la loro preda.

Non questa notte.

Pesanti passi di corsa, voci e versi rabbiosi disturbavano gli abituali abitanti notturni dell’altopiano, che si allontanavano seccati per osservare il motivo di tanta confusione o si zittivano e si nascondevano impauriti.

Sotto la luce delle stelle, un giovane uomo correva a perdifiato, ansimando per lo sforzo e incespicando nell’erba e negli arbusti; nei suoi occhi un misto di panico, rabbia e frustrazione. Era alto e robusto; nella pallida luce notturna si intuivano i capelli chiari e i lineamenti della nobiltà distorti dalla fatica.

Al suo fianco lo accompagnava una più piccola sagoma scura che procedeva a quattro zampe e ogni tanto emetteva ora un sommesso ansito canino, ora uno sbuffo di braci roventi: un Houndour!

Il duo era inseguito da un vociante manipolo di sagome molto simili: giovani uomini dall’aspetto ben allenato accompagnati dai loro Houndour; l’unica differenza era la pericolosa luce omicida che brillava nei loro occhi.

“Eccolo! Lo vedo!”

Riuscì a esclamare tra gli ansiti uno degli inseguitori.

“Finalmente! Vediamo di farla finita! Houndour! Accerchiateli!”

Al risuonare di una voce più autoritaria, ma non meno giovane, il manipolo di pokémon si staccò dagli umani e procedette verso il bersaglio in formazione. Quando ebbero coperto metà della distanza, si separarono in due gruppi e iniziarono a manovrare in maniera esperta per tagliare la strada al bersaglio e bloccargli ogni via di fuga: erano pokémon abituati ad agire in branco e una simile coordinazione, anche senza ricevere ulteriori comandi, era roba da niente per loro.

“Merda!”

All’udire le urla degli inseguitori e i latrati sempre più vicini dei loro pokémon, il fuggitivo si lasciò sfuggire una serie di imprecazioni. Ora che l’avevano raggiunto in un posto così allo scoperto, continuando a scappare avrebbero solo consumato ulteriormente le loro energie.

Il ragazzo era frustrato, spaventato e furioso, ma non era uno stupido ed era più che lucido!

Vedendo che l’accerchiamento degli inseguitori era ormai quasi completo e con poche speranze di sfuggire anche se fosse riuscito a superarlo la prima volta, prese una decisione e cessò di correre, mettendo mano alla spada che portava allacciata alla schiena: anche una mediocre e smussata spada da addestramento era pur sempre qualcosa; il coltello che teneva alla cintura sarebbe stato la sua ultima linea di difesa.

 “Ender! Stammi vicino! Usa Smog!”

Diede l’ordine senza esitazioni, con voce calma e più sicura di sé di quanto realmente si sentisse. Obbediente e ben addestrato, l’Houndour aspettò che i suoi simili si fossero avvicinati prima di circondare sé stesso e il suo padrone con un anello di fumo maleodorante; i pokémon, che stavano per chiudere il cerchio intorno alle loro prede, furono costretti ad arretrare per non rischiare di rimanere intossicati. Uno di loro non fu abbastanza svelto, o abbastanza fortunato, da evitare la cortina fumogena in tempo e si ritirò a guaire e tossire al di fuori dell’accerchiamento.

Fuori uno, osservò il ragazzo con soddisfazione, poi amaramente repressa. Non che faccia molta differenza…

Il resto del branco si limitò ad a formare un cerchio più ampio intorno ai bersagli, ringhiando mentre il fumo si dissipava e camminando in circolo fuori portata senza tentare di attaccare, ma scoccando occhiate feroci al pokémon e all’umano. I padroni sarebbero arrivati a breve e, se avessero ricevuto l’ordine, avrebbero attaccato senza esitare; al momento però dietro al loro fare intimidatorio si celava una certa cautela. Sapevano che i due in mezzo a loro erano avversari da rispettare.

Così non va, rifletté il giovane fuggitivo. Le tattiche del branco erano temibili anche senza che si avvicinassero troppo. Ogni volta che incrociava lo sguardo con quelle bestie, ogni volta che un loro latrato gli martellava i timpani, sentiva la sua forza e la sua volontà venirgli meno: Fulmisguardo e Ruggito! Anche mosse così deboli si potevano rivelare pericolose se usate in continuazione da tanti pokémon, indifferentemente dal loro livello!

Anche quando tentava di contrattaccare con una botta della sua spada smussata, tuttalpiù l’Houndour bersagliato arretrava ringhiando per poi ricacciarlo al centro dell’accerchiamento abbaiando e sbuffandogli contro braci roventi.

“Finito di correre, Bastardo?”

Il gruppo di giovani inseguitori aveva finalmente raggiunto i fuggitivi e i pokémon. Sei ragazzi, di certo non più che sedicenni, quasi tutti ansimanti e apparentemente stravolti dall’inseguimento ancora più della loro preda. Solo uno sembrava quasi rinvigorito da quella corsa notturna: era più basso e forse più giovane degli altri, con capelli neri lunghi fino alle spalle e un arco con faretra a tracolla. Nel suo modo di muoversi si intuiva una sorta di grazia feroce. I suoi tratti, le labbra carnose, le sopracciglia arcuate, il naso diritto, presi singolarmente erano attraenti, ma nel complesso gli conferivano un’aria sinistra e lasciva.

“Sei stato svelto a partire, ora che mio padre non ti copre più le spalle. Non intendi restare per la veglia?”.

La voce del giovane era stridula e sgradevole. Una smorfia sprezzante e crudele era impressa sul suo volto, rendendolo ancora più sgradevole.

“Fottiti, Ramsay!”

La risposta del fuggitivo non si fece aspettare. Era chiaramente sconvolto e l’accusa del capo del manipolo di cacciatori lo aveva colto in pieno, colorandogli il volto di rabbia e vergogna.

“È di nostro padre che stai parlando, brutta carogna!”

Ramsay alzò le spalle, in segno di indifferenza. Non sembrava toccato dalla morte del genitore.

“Scott, Scott, Scott… ti devo ricordare che uno sporco bastardo non ha diritto a considerarsi suo figlio?”

Una luce di disprezzo, anzi di puro odio si era accesa nei suoi occhi. Con calcolata noncuranza alzò il braccio al cielo. Come dal nulla, una piccola, silenziosa figura piumata planò nel cielo notturno per appollaiarsi sulla sua mano tesa. Un Rowlet! Abbassò poi lentamente il braccio, tenendo lo sguardo fisso su Scott, fino a portarlo all’altezza del petto, e iniziò a grattare quasi distrattamente la testa del pokémon gufo. Gli occhi di entrambi, pokémon e padrone, luccicavano di sete di sangue.

“E tra poco non avrai nemmeno diritto a considerarti vivo.”

“Aaahh!!!”

Un urlo di rabbia frustrazione da Scott, mentre tentava inutilmente di menare un fendente a uno degli Houndour.

“Senti, Ramsay. Lo so che mi hai sempre odiato. Ma non possiamo chiuderla qui? Non puoi lasciarci andare e basta? Non ci vedrai mai più! Non proverò mai nemmeno a venirti vicino, tantomeno intralciarti la strada! Lasciami andare e non sentirai mai più sentir parlare di me o di Ender!”

Scott non ci sperava nemmeno. Sapeva che implorare avrebbe solo peggiorato le cose. Conosceva il fratellastro, l’immotivato odio che gli aveva istillato la madre, la sua perversione innata. A questo punto non sapeva nemmeno perché provasse a chiedergli di risparmiarlo. Forse per prendere tempo, per ritardare di ancora qualche istante la fine.

Guardò gli sgherri che Ramsay si era portato dietro: Jon, Ed, Robert, Rick, Brandon… tutti, incluso Ramsay, erano reclute del Corpo delle Fiamme Nere, come testimoniavano i loro giovani Houndour. Sapeva di poter battere quasi ciascuno di loro in un duello, con o senza la spada da addestramento… due per volta, se uno era Rick! Ma Ramsay anche da solo era un avversario formidabile, e ancor peggio se accompagnato da entrambi i suoi pokémon! Se il fratellastro aveva l’assistenza dei suoi scagnozzi, Scott non si faceva illusioni sulle sue possibilità.

Anche Ender, il suo Houndour, si rendeva conto di quanto brutta fosse la situazione. Era più forte e aveva più esperienza di molti dei pokémon che lo circondavano, quindi aveva confidenza di poterne affrontare anche un paio allo stesso tempo, ma non cinque! Hunter poi, il compagno di Ramsay, era un discorso a parte.

La fredda, teatrale risata del capogruppo risuonò sull’altopiano.

“Credi veramente che ti abbiamo seguito fin qui solo per darti una pacca sulla spalla e vederti andare via?”

Il ghigno crudele sul volto di Ramsay si allargò, rivelando una traccia della follia che vi stava dietro.

“Oh no! Siamo qui per assicurarci che veramente non ti avremo più tra i…”

“Sfidami allora!”, lo interruppe Scott, sorprendendo perfino sé stesso.

“Sfidami ora per l’ultima volta e almeno dimostra a quei vermi che puoi battermi anche da solo! O hai paura che finisca come l’ultima volta?”.

Scott si stava appigliando a qualsiasi cosa ormai, qualsiasi cosa che gli desse la benché minima speranza; l’orgoglio di Ramsay era una delle sue ultime possibilità.

Fortunatamente, il pesce abboccò all’amo e un rossore di rabbia e vergogna tinse anche il volto pallido di Ramsay.

“Richiamate i vostri Houndour!”

La sua voce era diventata ancora più stridula, ma suonò come musica alle orecchie di Scott.

“Vuoi un duello eh?”

Il giovane avanzò lentamente, arrivando a fermarsi a una ventina di passi dal suo fratello bastardo. I suoi uomini avevano richiamato al loro fianco i pokémon e si erano disposti tutt’intorno, tagliando le possibili vie di fuga.

“Pensi davvero che perderò ancora contro quel sacco di pulci deforme? Che ti lasceremo andare anche se tu dovessi vincere?”

Scott non rispose. Posò lo sguardo sul suo Ender e vide che gli rispondeva con un’occhiata carica di determinazione. Deforme? Non c’era nulla che non andasse in quell’Houndour, salvo che invece di essere rosso, il pelo intorno alla bocca e sul ventre era color panna, un marchio della sua discendenza da un Arcanine. Tuttavia quell’aspetto tempo prima era stato un pretesto sufficiente per Ramsay per ritenersi offeso e richiedere una sfida.

Scott ricordava ancora la sua espressione di totale sorpresa e umiliazione quando lui e Ender si erano rivelati la squadra migliore! L’erede al comando delle Fiamme Nere e il suo Houndour di razza avevano perso contro un bastardo che non avrebbe mai avuto una posizione e un botolo che era stato rifiutato!

E che scene che erano seguite! Ramsay e sua madre che urlavano all’affronto e pretendevano di far abbattere Ender, mentre Lord Cinder li metteva a tacere e Peter, il suo fratellastro maggiore, lo guardava con soddisfazione e con rinnovato rispetto.

Tutto questo era il passato. Ora Scott doveva trovare un modo per uscire vivo da questa situazione e non aveva un piano; sapeva solo che in qualche modo aveva convinto l’avversario più temibile ad affrontarlo da solo!

Ramsay era irritato: aveva sperato di far dilaniare il bastardo e il suo sacco di pulci dagli Houndour, ma non poteva lasciar correre un’insinuazione del genere! Paura! Lui! Non scherziamo! Aveva perso una volta in un duello ufficiale, ma né lui né il suo Houndour erano più gli stessi e questa volta non si sarebbe risparmiato!

I due pokémon si squadrarono; mentre i loro padroni si preparavano allo scontro, una battaglia di sguardi feroci e forza di volontà era già in atto. Non correva buon sangue tra Ender e Hunter e sembrava che questa sarebbe stata la resa dei conti anche per loro. Hunter, il magnifico purosangue di Ramsay, tentava di sottomettere col suo solo sguardo altezzoso il bastardo che aveva davanti a sé e che non aveva mai accettato nel branco, ma i suoi occhi incontrarono una determinazione non più debole della sua! Hunter ricordò il loro ultimo combattimento: il dolore dei morsi, il sapore dell’adrenalina nel sangue, la foga, la forza… la sconfitta.

L’esitazione dell’avversario!

Ender non si lasciò sfuggire quella finestra di una frazione di secondo che gli era stata concessa. L’iniziativa era tutto! Perfettamente coordinato col suo padrone, aveva già iniziato l’attacco nel momento stesso in cui aveva ricevuto il comando.

“Ender, Ruotafuoco!”

Avvolto in una coltre di fiamme, il pokémon si scagliò ruotando vorticosamente contro l’avversario. Hunter riuscì a evitare di poco l’impatto, ma le lingue di fuoco riuscirono comunque a strinargli il pelo e a provocare un dolore bruciante. Si lasciò sfuggire un lamento.

“Tch. Ancora quella mossa.”

Il disprezzo era evidente nella voce di Ramsay. Quella era la mossa che aveva posto fine al loro ultimo duello e per di più era un attacco che un Houndour normalmente non sarebbe stato in grado di imparare; un altro marchio d’infamia per un bastardo di sangue misto, ma ciò non rendeva la mossa meno efficace.

“Hunter, schiva e appena rallenta usa Morso!”

Avendo già visto Ruotafuoco in azione, avevano ovviamente avuto modo di allenarsi per contrastarla! Hunter riuscì a schivare, anche se con una certa difficoltà, gli attacchi successivi di Ender e appena scorse l’opportunità, il momento in cui le fiamme venivano meno e l’avversario si preparava a riprendere lo slancio, si avventò, fauci aperte, contro le sue zampe! L’intenzione era di prevenire e limitare i movimenti di Ender, per poi colpirlo a piena potenza quando non fosse più stato in grado di muoversi!

“Ender! Smog!”

L’Houndour ripeté la tattica che aveva utilizzato durante l’accerchiamento: apparire vulnerabile in un momento di immobilità per attirare l’avversario abbastanza vicino da non potersi ritirare in tempo! Esalò la nube tossica pochi istanti prima che Hunter gli mordesse la zampa e balzò all’indietro, fuori dalla sua portata… o almeno così pensava! Il pokémon purosangue oltrepassò il fumo velenoso senza curarsene e la sua bocca si chiuse a pochi centimetri dalla gola di Ender!

“Continua così! Mordi! Strappagli la gola!”

Ramsay, esaltato dallo scontro ravvicinato, iniziò an incitare il suo pokémon senza nemmeno dargli altri comandi, ma Hunter sapeva cosa fare. Le zanne gli scintillavano sinistre mentre con una catena di attacchi costringeva l’avversario ad arretrare e schivare disperatamente e più di una volta lasciarono striature rosse sul pelo di Ender.

“Merda!”

Scott non si aspettava un contrattacco così violento. Aveva sperato di cavarsela con la sua strategia principale, ma Hunter non lasciava spazio per lanciare né un Ruotafuoco né tantomeno un altro Smog o un Braciere. Rimaneva solo lo scontro diretto!

“Ender! Fulmindenti!”

Il loro ultimo asso nella manica, un altro regalo del padre di Ender. Per la sorpresa di Ramsay e del resto delle reclute, le zanne del pokémon iniziarono a emettere bagliori e scariche elettriche mentre cercavano la gola di Hunter.

Morsi, schivate, zampate, lotta a terra, il costante risuonare del latrare e del ringhiare inferocito dei due pokémon, i guaiti di dolore ogni volta che i denti trovavano presa. Hunter con Morso e Ender con Fulmindenti, entrambi davano il massimo per sopraffare l’avversario in una lotta che era diventata all’ultimo sangue, in mezzo alle incitazioni di Ramsay e dei suoi sgherri e agli ululati degli Houndour.

Scott era l’unico a mantenere un silenzio: col cuore che batteva all’impazzata e pareva essergli salito in gola, aveva paura che se avesse aperto bocca avrebbe vomitato. I due Houndour lottavano già da qualche tempo e l’effetto dei morsi elettrizzati di Ender si stava accumulando. Anche se di poco, era chiaramente in vantaggio. In questa situazione, non poteva sperare che uno come Ramsay avrebbe seguito le regole di un incontro onorevole.

Spostando l’attenzione su Ramsay stesso, gli fu facile capire di avere ragione. Gli incitamenti erano sempre più rabbiosi e ogni tanto gli lanciava occhiate cariche d’odio. Sicuramente avrebbe fatto qualcosa a breve.

Infatti, proprio mentre Hunter rallentava l’attacco in preda ai tremiti della paralisi…

“Facciamola finita! Arrow, usa Beccata!”

Ramsay non poteva accettare una nuova sconfitta. Avrebbe vinto, ma modo suo. Dopotutto, questo era un campo di battaglia, no? Niente stupide regole da seguire, contava solo l’annientamento del nemico. Un sorriso folle si disegnò sul suo volto.

Vedendo il Rowlet che si alzava in volo e si preparava a scendere in picchiata sul suo pokémon, Scott agì senza un vero piano, senza preoccuparsi di onore o conseguenze; sapeva che vincere l’incontro non lo avrebbe aiutato, ma in quel momento voleva solo proteggere il suo compagno e strappare quella vittoria dalle mani del fratellastro, a qualunque costo.

“Ender!”

Senza pensare, si mise tra il suo pokémon e Hunter, intercettando con la spada l’ennesimo Morso diretto verso la gola di Ender. Per quanto preso di sorpresa, il suo compagno fu rapido ad accorgersi del Rowlet in picchiata e dell’opportunità che gli aveva fornito.

Come se avessero provato la manovra migliaia di volte, Ender balzò sulla schiena del suo padrone ancora intento a trattenere Hunter e poi, usandolo come trampolino, si lanciò verso il pokémon gufo. Appena fu in aria, con uno sbuffo di fatica si avvolse in un manto di fiamme e iniziò a ruotare rapidamente, tramutandosi in una ruota infuocata. Arrow non ebbe tempo di schivare; fu investito in pieno dal Ruotafuoco aereo di Ender e non poté che schiantarsi al suolo, privo di sensi e ricoperto di ustioni e piume annerite

Nel mezzo delle esclamazioni di sorpresa e sdegno del gruppo di sgherri, Scott non aveva ancora finito: con un violento strattone liberò la spada dal morso di Hunter e prima che il pokémon avesse tempo di reagire gli assestò una violenta percossa contro la testa, usando tutta la sua forza. Sentì l’impatto riverberargli per tutta la lunghezza del braccio e il sordo crac di qualcosa che si crepava.

L’Houndour incassò il colpo e si preparò a contrattaccare e balzare alla gola dell’umano, ma le cose non andarono come sperava: le zampe, anzi l’intero corpo aveva cessato di rispondere; la vista gli si annebbiò mentre un dolore lancinante gli esplodeva nel cranio. Fece qualche passo barcollante verso Scott prima di crollare pesantemente a terra.

Vi fu un istante di silenzio. Scott non era meno sconvolto degli altri. La spada da addestramento gli cadde di mano, rompendosi mentre toccava il suolo. Era cresciuto circondato da Houndour e Houndoom e adorava quelle creature, anche quando gli si rivoltavano contro. Non avrebbe mai pensato che ne avrebbe colpito uno. Non con tanta forza. Era abbastanza sicuro che uno come Hunter si sarebbe comunque ripreso da un colpo del genere. Probabilmente. Forse.

“HUNTER!!!”

L’urlo di Ramsay squarciò il silenzio. Il giovane uomo accorse al fianco del suo pokémon, inginocchiandosi per poterlo accudire meglio, momentaneamente incurante del fratellastro. Scott stesso era come stordito; arretrò con qualche passo barcollante, ma subito si sentì afferrare da dietro.

“E adesso dove credi di andare?”

Robert, il più grosso dei seguaci di Ramsay, gli teneva bloccate le braccia, torcendogliele dolorosamente all’indietro. Quel dolore bastò a snebbiargli la mente offuscata.

“Ender!”

Il pokémon non si fece attendere; per quanto affaticato dallo scontro, rimaneva un combattente formidabile. Senza attendere ulteriori istruzioni, si lanciò contro la gamba indifesa del giovane uomo e vi conficcò le zanne di nuovo luminose di scariche elettriche. Il morso da solo avrebbe lasciato segni indelebili, forse avrebbe perfino reso inutilizzabile il piede, ma al momento a Ender importava solo di una cosa: liberare il suo allenatore.

Il ruggito di dolore di Robert quasi ruppe i timpani di Scott, che un istante dopo si trovò libero dalla presa del gigante. Senza pietà, pervaso dalla sola idea di liberarsi di quanti più avversari possibile, si abbassò e assestò una violenta gomitata ai testicoli di Robert, che si piegò in silenzio, la bocca spalancata in un guaito muto; senza dargli il tempo per riprendersi, Scott si voltò a fronteggiarlo con un movimento fluido e, prendendolo per la nuca con entrambe le mani, gli diede una, due, tre violente ginocchiate in volto.

Abbandonando il suo malcapitato aggressore a terra, Scott tornò a fronteggiare Ramsay e il resto dei suoi sgherri, coltello alla mano; se doveva morire, intendeva comunque rendere chiaro che si sarebbe portato qualcuno dietro.

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Note:

qualche mese fa inizia a scrivere la Fic "Pokémon: un altro mondo", ma mi bloccai dopo qualche capitolo. Man mano che scrivevo, mi  rendevo conto che non mi piaceva l'ompostazione che stavo dando alla storia, la gestione dei capitoli, ecc. 

Questo è il primo capitolo di un lavoro diverso, ma strettamente collegato,  che vuole essere impostato in maniera più antologica: una raccolta di storie  connesse tra di loro invece di un'unico romanzo.

Spero che vi piaccia e che mi farete sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 2
*** Il Bastardo e il suo Sacco di Pulci (pt 2 di 2) ***


scott pt 2 Il Bastardo e il suo Sacco di Pulci (pt 2 di 2)

Nessuno degli inseguitori sembrava ansioso di agire per primo. Gli Houndour parevano esitanti, ora che il loro capobranco era fuori combattimento, e nessuno dei loro padroni voleva fare la fine di Robert, che ora giaceva a terra inerte.

“Sei morto.”

Ramsay si era alzato, avendo appoggiato delicatamente in terra il capo del suo pokèmon ancora tramortito, e aveva afferrato l’arco, una freccia già incoccata e puntata verso il suolo.

“Andate a prenderlo. Lo voglio fare io di persona. E il primo che vedo esitare…” squadrò i suoi uomini uno per uno, sollevando l’arco e puntando la freccia verso ciascuno di loro, “si ritroverà una freccia nella schiena.”

Le parole glaciali di Ramsay ebbero l’effetto di una doccia fredda sulla sua banda. Lo avrebbe fatto. Era veramente folle abbastanza per farlo. Anche Scott vide il cambiamento nelle loro espressioni: paura! Se non fossero andati a prenderlo, Lui li avrebbe uccisi. Provò quasi pietà per quelle reclute, condannate a seguire gli ordini di un pazzo, ma non fu che per un istante. Tutti gli si erano avventati contro, incitando i loro Houndour a fare altrettanto. Jon e Ed, più esperti e coordinati, tentarono fin da subito di fiancheggiarlo, mentre Brandon e Rick si lanciarono in un assalto frontale.

Lo scontro fu violento. Ender e Scott, per quanto esausti, combattevano in maniera intelligente e affiatata, attaccando e difendendo come se pokémon e allenatore fossero un’unica entità. Gli aggressori, dal canto loro, agivano senza una vera coordinazione, intralciandosi spesso a vicenda e mossi più che altro dalla paura del capo che, con la corda dell’arco tesa e la freccia puntata, li osservava da dietro; il loro unico vero vantaggio era nel numero, e questo costituiva un divario che i due bastardi non potevano superare con la sola tenacia.

Dopo pochi minuti, Ed e Rick erano a terra assieme a tre degli Houndour rimasti, privi di sensi o troppo provati per continuare, ma Brandon e Jon erano riusciti a immobilizzare Scott, tenendolo saldamente ciascuno da un lato; Ender, privo di forze, si divincolava inutilmente sotto le zampe dell’ultimo Hounndour.

Per quanto strattonasse, Scott non riusciva liberarsi dalla presa dei due scagnozzi di Ramsay, e non poté che seguire con lo sguardo il fratellastro mentre, messi via arco e freccia ed estratto dal suo fodero un minaccioso coltello, si avvicinava al suo compagno.

“Cosa vuoi fargli!? Lascialo stare!”, riuscì a rantolare, raddoppiando invano i suoi sforzi per liberarsi.

“Un occhio per un occhio, bastardo.”, gli rispose Ramsay, mentre con calma portava la lama al collo del pokémon. “Questo è per quello che hai fatto a Hunt…”

Il giovane nobile non riuscì a finire la frase; si sentì afferrato da dietro e, quando si voltò sorpreso e adirato, ricevette in pieno viso un violento schiaffo.

Tutti i presenti rimasero di sasso. Nella confusione, nessuno si era accorto dell’arrivo di Peter.

Il fratello maggiore di Scott e Ramsay era più alto ed esile dei due; da sempre cagionevole di salute, era naturalmente più portato per lo studio che per il combattimento, ma la furia che gli si leggeva in volto non era meno temibile.

Ramsay, attonito e colmo di vergogna, stava per commettere qualche sciocchezza, forse persino avventarsi sul fratello, ma lo sguardo pieno di sdegno di Peter, assieme agli occhi risplendenti di un pokémon che gli era silenziosamente comparso alle spalle, lo fecero desistere; poteva avere la meglio sul fratello nel corpo a corpo, ma non si faceva illusioni quando il suo Luxray era nei dintorni.

“A te penserò tra poco.” Il bisbiglio quasi inaudibile di Peter era così carico di rabbia che anche Ramsay non poté che mettersi da parte e lasciar fare il fratello, il nuovo Lord Cinder.

“Voi!” disse in tono perentorio, rivolto a Jon e Brandon. “Lasciatelo. Raccogliete quel che resta di quei buoni a nulla lì a terra e tornate a Muro di Spine. Qui me ne occupo io.”

I due scagnozzi esitarono, lanciando occhiate furtive e intimorite ora a Ramsay, ora a suo fratello. Quali ordini dovevano seguire? Quale punizione sarebbe stata la peggiore?

“ORA!”

“RAWRRR!”

“GRROWLL!”

L’urlo di Peter, accompagnato dai ruggiti del suo Luxray e dell’Arcanine che si era materializzato in quel momento in un lampo di luce dal pendente di cristallo che portava al petto, fece svanire ogni incertezza; i due afferrarono i compagni inerti e, con rapidità inaspettata, si diedero alla fuga trascinandoseli dietro.

I tre fratelli rimasero in silenzio per qualche istante, un’attesa carica di emozioni.

Scott era dolorante e terribilmente esausto; da come il semplice respirare gli faceva dolere il petto, probabilmente aveva almeno un paio di costole rotte. Non gli importava del dolore: era vivo, e grazie a Peter lo sarebbe rimasto ancora per qualche tempo. Anche se raramente lo aveva protetto in maniera così diretta, il fratellastro maggiore gli aveva sempre mostrato rispetto e lo aveva trattato come un suo pari.

Ramsay, dal canto, suo, era paonazzo per la furia e per la vergogna, ma la presenza dei pokémon del fratello istillava in lui sufficiente cautela da non agire in maniera avventata. Aveva sperato di risolvere l’intera faccenda in fretta, senza dare a nessuno il tempo di reagire e presentando a tutti un fatto avvenuto; cosa avrebbero potuto fargli, anche dopo che avesse ammesso di aver ucciso il bastardo? Al massimo una lavata di capo, magari un periodo di detenzione; la sua posizione, sua madre e i suoi sostenitori avrebbero velocemente ripulito questa macchia dalla sua vita. Non si aspettava che Peter si sarebbe mosso in modo così rapido e diretto.

Peter stesso pareva quasi calmo, ma non era che un’illusione: la stanchezza e il dolore lo avevano tanto provato quella notte che non aveva energie da sprecare nell’apparire arrabbiato. Guardò entrambi i suoi fratelli minori: uno a terra, che cercava di rialzarsi affiancato dal suo Houndour; uno a pochi passi da lui, così fremente e paonazzo che sembrava volesse saltargli al collo, con quelle mani che si aprivano e chiudevano spasmodicamente. Il bastardo e il suo sacco di pulci da un lato, il purosangue dall’altro. Come si sarebbe comportato suo padre con loro? Un triste sospiro gli sfuggì dalle labbra. Scosse lievemente la testa. Non aveva più importanza. Lui non era suo padre. Suo padre era morto. Ma lui era adesso il nuovo Lord Cinder. Come si sarebbe comportato lui?

Con un secondo sospiro, senza degnare i fratelli di un’altra occhiata si avvicinò al suo Luxray per rovistare nella borsa che portava fissata alla sella, Quando ebbe trovato quello che cercava, una piccola radice nodosa, si andò a inginocchiare di fianco ad Hunter, che ancora giaceva immobile a terra. Il pokémon era vivo, constatò con vago sollievo, ma ci avrebbe messo del tempo per riprendersi. Con movenze rapide e sicure, Peter infilò un pezzetto della radice nella gola dell’Houndour, massaggiandolo per costringerlo a inghiottire. Passò poi al Rowlet di Ramsay, Arrow, che sottopose allo stesso trattamento. Il tutto si svolse in assoluto silenzio. Non ci volle molto prima che entrambi i pokémon dessero segni di ripresa.

Peter si alzò e finalmente riportò la sua attenzione su Ramsay.

“Il tuo arco. E la faretra. Dammeli.”

Il fratello più giovane ebbe un sussulto di sorpresa e si portò l’arco al petto, protettivo.

“Perché?”

Nel giro di pochi minuti si era trasformato da un pazzo omicida in un ragazzino che non voleva lasciare andare il suo giocattolo.

“Ramsay. Non farmelo ripetere. Sono stanco e non ho intenzione di discutere. Dammeli.”

Non c’era rabbia nella sua voce; ne emergevano solo stanchezza e tristezza, con una crescente nota di fastidio. Cogliendo l’umore del padrone, i suoi pokémon gli fecero eco ringhiando sommessamente.

Il giovane esitò ancora un istante. Sia l’arco che la faretra erano capolavori di mastri artigiani ed erano tra le sue possessioni predilette. Ma se consegnarle a Peter lo avrebbe calmato, poteva accettare di separarsene per un poco.

Appena ebbe gli oggetti tra le mani, il giovane lord li gettò quasi distrattamente in aria, senza nemmeno guardarli. Senza alcun preavviso, un torrente di fiamme incandescenti li investì in pieno a mezz’aria, tramutandoli in cenere in pochi attimi. Peter rivolse un rapido sguardo di approvazione al suo Arcanine, che aveva colto al volo le sue intenzioni. Eppure non si sentiva meglio.

Nel frattempo Ramsay era impegnato a sbraitare:

“NO! NO! NOOO!!! IL MIO ARCO! COME CAZZO TI PERM...AH!”

Uno spettacolo grottesco, il giovane urlava e scalpitava con le mani tra i capelli, il viso rosso e contorto in una smorfia. Peter non si fece impressionare e mise fine alla pietosa inscenata del fratello con un secondo schiaffo, subito seguito da un terzo quando vide lo sguardo colmo d’odio che Ramsay gli aveva lanciato.

Umiliato, infuriato, il giovane perse per un istante il controllo. Già si stava avventando contro il fratello maggiore quando davanti gli si pararono i brillanti occhi del Luxray, che si era interposto tra i due.

“Sei uscito nel mezzo della notte. Senza permesso. Ti sei fatto seguire da altre cinque reclute. Senza permesso. Hai fatto uscire gli Houndour dalle loro gabbie. Senza permesso. Invece di restare al capezzale di tuo padre, hai passato la notte a inseguire tuo fratello. A cercare di ucciderlo…”

“Fratello! Quello non è mio fratello! È solo uno schifoso bastardo e se morisse farebbe felici tutti quan… AH!”

Il quarto schiaffo non si fece attendere.

“Non sono qui per ascoltare quello che hai da dire. Dalla tua bocca non esce che la spazzatura che ci hanno versato dentro nostra madre e quelli del suo circolo. Nostro padre tollerava. Io no.”

Gli occhi di Peter erano fissi su Ramsay. Per quanto le sue parole suonassero come musica per Scott, e paressero irreali al suo feroce, folle fratellastro, né la sua voce né la sua espressione tradivano emozioni di soddisfazione o rabbia: parlava con malinconia e indifferenza, con monotonia, come se appena gli importasse, come se avesse altro per la testa. Un nuovo sospiro. Lo sguardo si fece deciso, il tono perentorio.

“Per esserti dimostrato indegno del tuo titolo e del futuro che i nostri genitori avevano progettato per te, revoco il tuo diritto di nascita a concorrere per qualsiasi posizione all’interno del Corpo delle Fiamme Nere. Verrai trasferito da qualche parte come semplice recluta. Se lavorerai duro e accumulerai meriti, come gli altri, avrai l’occasione di scalare i ranghi. Basta scorciatoie. Basta appoggiarsi al nostro nome e trascinarlo nel fango.”

Ramsay boccheggiava. Gli sembrava di vedere la torre dorata dei suoi progetti per il futuro abbattersi al suolo in cenere.

“N-Non puoi farlo! Nostra madre… e Sir Qasar… la Squadra delle Spine…”

“Le Spine verranno sciolte e ridistribuite. In quanto a nostra madre e ai suoi supporti… pensi che me ne sia stato con le mani in mano in questi anni?”

Un triste sorriso si disegnò sul volto di Peter. Probabilmente il viziato fratello minore pensava veramente che nulla sarebbe cambiato, che con la morte del padre la posizione di Lady Treant sarebbe rimasta salda. Che lui non si fosse preparato ad assumere il potere.

“Sei mio fratello, Ramsay. Ti voglio bene e intendo proteggerti. Ma certe cose devono cambiare. Ora torna a casa. Di Scott me ne occupo io. Vai a…”

Un tremito nella voce. Un istante di esitazione che bastò a far trapelare le emozioni in tempesta che aveva cercato di tenere chiuse dentro di sé.

“Vai a rendere omaggio a nostro padre. E a consolare… consolare nostra madre.”

Ramsay fissò come stordito il fratello. Era abbastanza sicuro di non aver capito bene. Peter che gli toglieva i suoi privilegi? Impossibile. Sua madre e i suoi sostenitori non glielo avrebbero permesso. E per cosa poi? Per aver fatto la festa al bastardo?

“Vai, Ramsay!”

Il giovane si riscosse. Era sicuro che tutto si sarebbe sistemato. Certo, se fosse riuscito a liberarsi del bastardo sarebbe stato meglio, ma ora aveva altre priorità. Richiamò i suoi pokémon nei cristalli che portava incastonati in due anelli ornati.

“Sporco bastardo schifoso.” Sputò ancora, rivolto a Scott. “Per questa volta ti è andata bene, ma se ti rivedo ti...”

Scott non seppe mai cosa gli avrebbe fatto se lo avesse rivisto. Ad un cenno del padrone, il grande Arcanine di Peter aveva sollevato senza tante cerimonie il giovane per il mantello, come per la collottola, e ora penzolava dalla fauci del pokémon, divincolandosi con le mani alla gola per cercare di non soffocare.

“Accompagnalo a casa, Pride. Non posso più vederlo per stanotte.”

Il fedele pokémon non se lo fece ripetere. Con un verso di assenso si avviò di gran carriera nella direzione che poco prima avevano preso i seguaci di Ramsay, che a ogni sobbalzo si lasciava sfuggire un urletto che era a metà tra l’imprecazione e il guaito.

Sempre guardando nella direzione in cui i due si stavano rapidamente allontanando, dopo qualche istante Peter chiamò:

“Wise!”

Una sagoma alata non tardò a fare la sua silenziosa comparsa: un Noctowl si era come materializzato dal cielo notturno e descriveva ampi cerchi sopra le teste di Scott e Peter.

“Non voglio correre rischi. Seguili dall’alto e controlla che ritornino a casa senza problemi. Io vi raggiungerò più tardi con Envy.”

“Hoot!”

Il pokémon gufo obbedì prontamente, lanciandosi con un frullio d’ali all’inseguimento dell’Arcanine.

 

Nel giro di pochi minuti, in quel tratto dell’altopiano non erano rimasti che Scott e Peter con i rispettivi pokèmon. Passarono diversi minuti prima che Scott rompesse il silenzio. Il respiro del giovane lord si era fatto via via più affannoso, tradendo le turbolente emozioni che tentava di nascondere.

“Peter… io…”

Non sapeva cosa dire. Fino a poco prima pensava che sarebbe morto prima che sorgesse il sole, mentre ora grazie all’uomo davanti a lui sembrava che il pericolo immediato fosse passato. Tuttavia, non si faceva illusioni: con la morte del padre nulla sarebbe tornato com’era.

Peter sembrò riscuotersi.

“Scott… mi dispiace. Io… io non sarò in grado di proteggerti se torni a casa. Lo sai, vero?”

Il giovane annuì, sconsolato. Lo capiva bene. L’attacco da parte di Ramsay non era che un assaggio di quello che si sarebbe dovuto aspettare dalla fazione della matrigna. Per questo era stato così rapido nel fuggire non appena gli era giunta la notizia della ricaduta di Lord Cinder: senza l’ala protettrice del padre, uno stuolo di sicari, avvelenatori e  “incidenti” non avrebbero tardato a toglierlo di mezzo per consolidare la posizione di Lady Treant. Non si era aspettato tanta rapidità dal fratellastro però; se non fosse stato avvisato per tempo da un garzone e non avesse interrotto i suoi preparativi in fretta e furia, chissà in quale fosso lo avrebbero lasciato a marcire!

Anche Peter annuì, pensoso. Sembrava che stesse per dire qualcosa, ma si interruppe. Pescò fuori da una tasca un fazzoletto di seta e ci si soffiò rumorosamente il naso. Lo ripose. Esalò un sospiro, come se avesse preso una difficile decisione, e dandosi due pacche sulle gambe riprese a parlare:

“Ce lo aspettavamo, sai. Io e nostro padre. Se non si fosse… sentito di nuovo male così all’improvviso intendevamo… pensavamo di farti uscire in segreto. Tra qualche giorno. Avevamo già tutto pronto.”

Peter si avvicinò a Envy, il Luxray che era rimasto con loro. Solo in quel momento Scott notò la voluminosa sacca legata dietro la sella del pokémon.

“Scorte di cibo per qualche giorno, denaro, vestiti da viaggio. Già solo con questo dovresti potertela cavare per qualche tempo. Di sicuro meglio che col fagotto che ti stavi preparando.”

Un tenue, triste sorriso gli si disegnò sul volto. Scott rispose a sua volta strusciando i piedi imbarazzato.

Un attimo di silenzio.

Peter balzò agilmente in sella.

“Monta su. Ti diamo un passaggio fino alla strada.”

Scott accettò, colmo di gratitudine: non solo era troppo stanco e ammaccato per mettersi immediatamente in viaggio, ma aveva sempre desiderato cavalcare il Luxray del fratellastro. Con un grugnito dolorante si levò in piedi e, richiamato Ender nel suo cristallo, montò sul pokémon felino. Fu sorpreso dalla forza del pokémon: non un verso o un cenno di disagio nell’avere due persone in groppa.

Procedendo a passo deciso, seppure non di corsa, Envy li portò fino a un’ampia strada lastricata di ciottoli e da lì, seguendo i comandi del padrone, proseguì fino a un crocevia. La cavalcata iniziò in un silenzio imbarazzato e colmo di emozioni inespresse, ma col tempo i due iniziarono a parlare. Della loro infanzia. Di loro padre. Della gente di Muro di Spine. Del loro addestramento e dei loro pokémon. Risero assieme ricordando i momenti più comici, condivisero il loro cordoglio al pensiero del padre che non c’era più. Parlarono dei loro progetti per il futuro. Peter avrebbe dovuto lavorare duramente per colmare il vuoto lasciato dal padre, per tenere sotto controllo gli avversari, per proteggere chi dipendeva da lui, per adempiere alle sue responsabilità. E Scott? All’improvviso si trovava immerso in un mare di nuove possibilità. Finora aveva vissuto senza la certezza di poter godere di un futuro, senza il lusso di poter pensare a piani a lungo termine. Ma adesso? Certo, avrebbe sempre dovuto guardarsi le spalle, possibilmente tenere un profilo basso, ma come avrebbe vissuto giorno per giorno? Aveva sempre dimostrato un grande talento con i pokémon, era sveglio, ben istruito e sapeva combattere bene… le possibilità erano praticamente illimitate! Forse avrebbe cercato di fare carriera con Ender, rifletté; aveva confidenza nelle loro capacità combinate e un paio di competizioni di bassa lega sarebbero state non solo una sfida più che alla sua portata, ma anche un ottimo trampolino di lancio! Quando le sue doti fossero state riconosciute, avrebbe facilmente trovato un’occupazione. Chissà, magari avrebbe potuto ambire a diventare un cavaliere!

Mezzo ridendo, mezzo considerando seriamente questi piani appena sbocciati, i due arrivarono al luogo del commiato. Tre strade si congiungevano a quella che avevano seguito fino a quel momento. Una serie di frecce in legno, affisse un po’ sbilenche a un palo, indicavano le città a cui portavano: Muro di Spine e Alta Rocca a nord, da dove erano arrivati; il Monte Argento e la Capitale a ovest; Basso Fiume a est, al confine con le Terre Indomate; la Valle e Verdecolle seguendo la strada che portava a sud.

Entrambi i giovani uomini discesero dal Luxray, le gambe e la schiena rigide dopo la cavalcata.

“Quindi sei convinto? Andrai a sud?”

“Sicuro! Voglio mettere più strada possibile tra me e quegli sciacalli. E poi inizia a essere la stagione delle gare e dei tornei. Non dovrebbe essere difficile trovare qualcosa da fare dopo averne vinti un paio.”

Il sorriso di Scott era triste, ma pieno di confidenza. Voleva rassicurare non solo il fratellastro, ma anche sé stesso.

Peter rispose con un cenno affermativo.

“Sì, non mi sembra una brutta scelta. Adesso, prima che tu parta, lascia che ti dia ancora alcune cose. In quella sacca trovi tutto il necessario per sopravvivere ma,” e rovistando dietro alla sella produsse un fagotto dalla forma allungata e un sacchetto di seta, “qui ci sono i nostri doni di addio.”

Il fagotto si rivelò contenere una spada di ottima fattura, affilata e inserita in un fodero ornato in cuoio rosso. La lama era corta, a un solo taglio e aveva un’esotica curvatura concava che la rendeva più larga vicino alla punta e all’impugnatura che nella parte centrale. Peter gli disse che poteva considerarla l’eredità lasciatagli da Lord Cinder, un dono commissionato apposta per lui.

Scott era senza parole. Fece due affondi di prova: era ben bilanciata, ma pesante. Anche senza un fantoccio su cui testarla, poteva immaginare l’effetto devastante di quella lama su un elmo o un’armatura leggera. Ci avrebbe messo qualche tempo ad abituarcisi, ma si sarebbe rivelata una risorsa preziosa.

Ma fu il contenuto del sacchetto a fargli spalancare gli occhi per la sorpresa: un cristallo blu, grande quanto il suo pollice, che emanava una tenue luce azzurrina.

“Ma questo…Peter… Io…”

“Non ti preoccupare. Se intendi fare strada come allenatore, la tua squadra avrà bisogno di nuovi membri. E poi, è fin da quando si sono schiuse le uova di Envy che mi preghi di dartene uno.”

Scott fu travolto da un moto di gratitudine e commozione. Per quanto negli ultimi anni il loro rapporto si fosse fatto più distante, con Peter che si preparava a succedere al padre mentre lui si allenava con armi e pokémon, il fratellastro gli aveva sempre guardato le spalle. Questi doni, la spada e il pokémon all’interno del cristallo, non erano un modo per sbarazzarsi di lui, ma importanti strumenti per il suo futuro. Se la sarebbe dovuta cavare da solo da lì in avanti, ma questo non voleva dire che Peter lo avrebbe lasciato partire totalmente senza risorse.

“Ho anche queste due lettere per te. Una dichiara la tua affiliazione alla casata di Cinder. La userei con cautela, fossi in te, ma il mio appoggio dovrebbe semplificare un po’ di procedure qua e là. L’altra è una lettera di nostro padre per te. Non l’ho letta.”

Scott accettò le due pergamene. La prima la mise da parte, nella sacca da viaggio. La seconda la tenne stretta per qualche tempo, prima di intascarla: l’avrebbe letta quando si fosse sentito pronto.

I due fratelli si abbracciarono e si salutarono, senza sapere se mai si sarebbero rivisti. Probabilmente no, pensavano. Peter, in groppa al suo Luxray, tornò alla sua città, al suo lutto, alla sua famiglia. Scott lo seguì con lo sguardo fino a quando poté distinguere le sagome nel cielo notturno dell’altopiano. Quando non lo vide più, con un ultimo sospiro si incamminò verso sud, verso il primo capitolo delle sue avventure.

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Note:
E con questo la prima storia, che da il via a questa serie, è conclusa.
Spero vi sia piaciuta e che mi farete sapere cosa ne pensate!
Sono al lavoro anche su altre storie, ma non ci vorrà troppo prima che aggiunga un nuovo capitolo.

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