La logica rete delle conseguenze casuali

di Mikirise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Costellazioni ***
Capitolo 2: *** Fasi lunari ***
Capitolo 3: *** Fasi lunari e ammassi globulari ***



Capitolo 1
*** Costellazioni ***


 

La logica rete delle conseguenze casuali

 
Davvero ci sono momenti in cui l'onnipresente e logica rete delle sequenze casuali si arrende, colta di sorpresa dalla vita, e scende in platea, mescolandosi tra il pubblico, per lasciare che sul palco, sotto le luci della libertà vertiginosa e improvvisa, una mano invisibile peschi nell'infinito grembo del possibile e tra milioni di cose, una sola ne lasci accadere. (Alessandro Baricco)





⭐️. Andromeda


Si stanno tenendo la mano.

Hinata lo fa spesso. Probabilmente nemmeno se ne rende conto e, a scoprire dell’esistenza di sua sorella minore, Tadashi si dice che come cosa è più che logica. Hinata lo fa spesso, probabilmente senza pensarci, perché è abituato ad abbassarsi e prendere la mano della sua sorellina quando devono uscire di casa, e ci potrebbero essere macchine, o passanti abbastanza distratti, o qualcos’altro a cui Tadashi non riesce a pensare, in questo momento. Hinata lo fa spesso e non ci pensa sopra perché non dà nessun peso al gesto di tenere la mano a qualcuno. O forse un peso glielo dà e il suo unico problema è che non ci pensa poi così tanto a quello che potrebbe succedere dopo. Le conseguenze non sono mai state parte delle preoccupazioni di Hinata e sicuramente non in quelle di Kageyama. Forse è questa la differenza più grande tra loro.

Tadashi sospira, incrociando le braccia. Poi si passa le mani sul viso e… non sa che farci, adesso, col suo corpo.

Si stanno davvero tenendo per mano. Davanti a tutti. Cioè, sì, okay, è vero, non è che importi qualcosa e che in mezzo alla folla sono pochi a dare retta a una coppia di liceali, ed è anche vero che stare in città è diverso dallo stare in campagna, qui Tadashi ha visto coppie scambiarsi —ma è anche vero che si stanno tenendo la mano, insomma. Davanti a loro. I loro compagni di squadra, dietro di loro, che sicuramente non solo li avrebbero visti, ma che avrebbero potuto pensare...
Kageyama e Hinata non pensano molto. Tadashi si sistema la sciarpa sulle labbra, per coprirsi dal freddo, cercando di riscaldarsi il naso gelato. Non è una questione di si stanno tenendo le mani. È più una questione di: perché si stanno tenendo le mani? Lo fanno spesso? È la prima volta che lo fanno?

Kageyama è leggermente sobbalzato quando Hinata gli ha preso la mano, continuando a parlare di qualcosa come di dover andare a vedere la Torre di Tokyo e che così non si sarebbero più confusi con i trasmettitori in periferia. Quindi, forse, non è qualcosa che hanno fatto prima. Tadashi è stato abbastanza attento a studiare le relazioni dei suoi compagni di squadra, ma è anche vero che si è stufato quasi subito di guardare quei due, litigare sempre sulle stesse cose, parlare in continuazione di pallavolo. E Yachi, che è l'addetta a quella parte della squadra, non ha mai commentato nulla in proposito. Motivo per cui, Tadashi si gira verso di lei, che alza, imbarazzata, un lato delle labbra.

“Stanno davvero tenendosi le mani” borbotta Tadashi, indicandoli con un dito, mentre i due idioti si sono fermati ad aspettarli.

Continuano a parlare di qualcosa, che però Tadashi non riesce a sentire. Hinata indica qualcosa in alto. Alza anche in braccio e, poco prima che possa gridare e attirare l’attenzione su di loro, Kageyama, con la mano libera, lo colpisce al fianco, facendolo saltare all’indietro.

Per una frazione di secondo le loro mani si dividono. Ma entrambi riprendono la presa come se nulla fosse. Tadashi alza le sopracciglia verso Yachi, che aggrotta le sopracciglia, probabilmente per cercare di capire che cosa Tadashi le stia chiedendo e, quando vede la Strana Coppia, le sue labbra diventano un cerchio perfetto e si lascia sfuggire una risata divertita.

“No, no” gli risponde, muovendo la mano a destra e poi a sinistra, come se dovesse scacciare via un brutto odore. Il sospiro che lascia andare poi diventa una nuvoletta di anidride carbonica tra loro due, mentre Yachi si gira di nuovo verso Kageyama e Hinata. Scuote la testa. “Ci avevo un po’ sperato, l’altra volta, quando li ho visti tenersi per mano. Ma, uhm, pensandoci bene, quando non ero sicura di dove volevo andare, Hinata mi ha tirata a correre per la mano.” Mostra il braccio, coperto da strati e strati di vestiti. “Non è niente di -romantico. Sono solo, beh, loro.”

Tadashi aggrotta ancora di più le sopracciglia. “Lo sta guidando?”

“Beh” inizia Yachi, alzando una spalla. Ha una smorfia strana sul viso. Una cosa che fa spesso, prima di lasciare andare la tensione sulle spalle, prima di grattarsi la frangia con un dito e chiudere gli occhi, per trovare le parole migliori da usare. “È un po’ come se -Kageyama è molto bravo sul campo. È veloce, proattivo, forte. Come alzatore sa sempre cosa guardare, dove andare, come muoversi.” Yachi alza le braccia, come se volesse alzare una palla invisibile e fa un piccolo salto sul posto. Poi tira giù le braccia. “In un certo senso, quando stanno giocando a pallavolo, Kageyama trascina, con la sua tecnica e la sua esperienza, Hinata. È un po’ come se in campo lo prendesse metaforicamente per mano e lo trascinasse con sé. Ma quando sono fuori dal campo, quando non giocano a pallavolo, Kageyama è passivo, lento e non sembra rendersi conto di quello che gli succede intorno.”

Tadashi annuisce lentamente. “Quindi è un po’ come se Hinata dovesse prenderlo per mano.”

“Fisicamente e metaforicamente, però” aggiunge Yachi, alzando un dito. “Forse te ne sei accorto ma -è difficile ottenere l’attenzione di Kageyama. È ancora più difficile mantenerla. Se riesce a tornare a casa ogni giorno è per la forza dell’abitudine, almeno credo, e spesso rimane in silenzio a guardare il nulla perché sta pensando troppo forte. Hinata gli tiene la mano per fargli sapere dove andare. Lo trascina fisicamente. Non penso ne abbiano mai parlato, ma -loro si muovono prima di pensare, non importa se durante una partita o in altri momenti.”

Tadashi sbuffa una risata. “Ci hai pensato su tanto, eh?” Non è una critica. Sicuramente Yachi capisce i due idioti meglio di quanto molti di loro li possano capire. Per quanto per Tadashi Hinata sia diventato un amico e per quanto gli sia diventato facile capire quello di cui parla, Kageyama rimane un mistero. Cosa che rende la loro accoppiata un mistero.

Yachi arrossisce un po’. Si gratta la guancia. “È anche un peccato, però” continua, lanciando uno sguardo verso i due idioti. Poi torna a guardare Tadashi.

“Che cosa?” chiede lui.

Ma Yachi non risponde, inclina la testa e un pochino anche il corpo, per guardare oltre Tadashi e incontrare lo sguardo di -Tadashi segue lo sguardo di Yachi, per vedere Tsukki che cammina verso di loro e lancia sguardi confusi alla coppia di idioti. “Vi avevo detto di non aspettarmi” borbotta. Poi, senza aspettare la risposta di nessuno di loro due, alza un lato delle labbra e sbuffa una risata. “Ma si stanno davvero tenendo per mano?”

Hinata lo nota. Alza il braccio e li chiama verso di loro, per poi prendersi un colpo in testa da parte di Kageyama.

Continuano a tenersi per mano, sì.






i. “Ho sentito un pettegolezzo.” “Uno? Ne ho iniziati 12 stamattina.”


Si stira il braccio, cercando di allungarlo il più possibile e non sta pensando veramente allo stretching, ovviamente. Anche se forse dovrebbe. È che è difficile, okay? Non sa esattamente come dovrebbe comportarsi, in questi casi. Non sembra essere qualcosa in cui essere capitano lo può veramente aiutare. Per ora -beh, fino ad ora ha sempre lasciato correre.
Daichi ha imparato a non ascoltare le voci che girano per la palestra.

“Ehi Daichi.”

Non è una questione di noia, non è una questione di fastidio. Semplicemente, le voci che girano sono false e distraggono la squadra dall’obiettivo comune di andare alle Nazionali e vincere e diventare una squadra più forte di quello che sono adesso. I pettegolezzi che girano in palestra, e che sono molto facili da seguire fino alla fonte, sono un buon argomento di conversazione, un buon modo per passare il tempo.

Ad esempio, la storiella in cui si parlava della possibilità di Asahi criminale, che ha aiutato, senza volere, due ladri a derubare il negozio del coach Ukai? Divertente. Daichi ci ha potuto ridere sopra, mentre Asahi continuava a ripetere che non era successo proprio questo ma che aveva semplicemente aiutato Ukai in un piccolo trasferimento e che mentre lui stava dando una mano, per qualche strano scherzo del destino, c’è stato un piccolo quasi furto da parte di due bambini un po’ troppo esuberanti. Il fatto che Nishinoya continuasse a ridere però del pettegolezzo non lo lasciava spiegarsi , motivo per cui, adesso, la squadra lo chiama Asahi il Protettore dei Ladri. Lo Schiaccia Ladri. L’Asso del Furto. Ci sono altri nomi. Li hanno trovati tutti Nishinoya e Suga. Sono divertenti. Questo è un pettegolezzo che Daichi può accettare, perché non ci sono persone che vengono veramente ferite da questa storia, e non incrina nessuna relazione.

“Daichi?”

Un’altra storia che Le Persone Che Daichi Fa Finta di Non Sapere Chi Siano avevano inventato, prendendo come base la realtà, è che Tanaka ha un’amicizia con quel Kyotani dell’Aoba Johsai. Sembra che Uno del Gruppo che Sicuramente non Inizia Nessun Pettegolezzo li abbia visti parlare a bassa voce trai corridoi del palazzetto dello sport, e già solo il fatto che una persona come Tanaka parli a bassa voce dice tanto. Suga era scoppiato a ridere a sentire questa storia, poi, con una faccia molto più seria, si era girato verso Daichi e aveva detto: beh, questa potrebbe anche essere vera. E Daichi si è messo a ridere. No, no. Tanaka è così con tutti, che poi qualcuno gli abbia davvero dato retta non cambia poi così tanto le cose. Tanaka non ha saputo come rispondere a questa storia, che sembrava una mezza accusa, per qualche motivo. se non sospirando e borbottando qualcosa sul parlare delle tinte ai capelli e di quanto sia ingiusto il code dress della scuola. Anche questo, un pettegolezzo senza vere vittime.

“Daichi?”

Il fatto è che nessuno di loro prende davvero sul serio queste storie. Come si può prendere sul serio una storia che parla di Ennoshita che si arrampica su per i muri della scuola? E sicuramente, quel gruppetto di ragazzini che inventa queste storielle, o che le esagera, o che le racconta male, nemmeno pensa a fare male ai membri della squadra. Daichi li conosce abbastanza bene da sapere che sono dei bravi bambini. Soltanto che, a volte, escono fuori delle storie che sì, potrebbero ferire le persone. Rovinare la fiducia che la squadra ha creato. E questo potrebbe essere un problema.

Daichi non ha nemmeno capito come ha fatto a finire come capitano. Non voleva certo finire in questa posizione.

Sa che, guardando gli altri due membri del terzo anno, sicuramente lui è stata la scelta più ovvia, ma che poteva anche non esserlo, se ci fosse stata una persona con un pochino più di calma, che sapesse che cosa fare in questi casi. Potrebbe chiedere aiuto ad Asahi -se volesse che le cose vadano anche peggio. Forse Suga sarebbe la migliore scelta per chiedere aiuto. Anche se ha qualche sospetto che Suga incoraggi i Ragazzini che Spettegolano a spettegolare un pochino di più e... non va bene, come cosa. Non è una buona idea chiedere nemmeno a lui, perché potrebbe peggiorare le cose.

Daichi sospira e si gratta l’attaccatura dei capelli.

Il suo modo di prendersi cura dei ragazzi, di solito, è lasciare che le cose seguano il loro corso. Lasciare che sbattano la testa contro il muro, o che tocchino il fuoco e si brucino. Entrambe cose che sono effettivamente successe con Tanaka e Hinata rispettivamente, non sono metafore. Ha paura, però, che lasciar passare questo nuovo pettegolezzo lasci passare il messaggio sbagliato alla squadra. Soprattutto quando aveva già lasciato passare il tono con cui i pettegolezzi parlavano dell’amicizia di Tanaka con il numero 16 dell’Aoba Johsai.

“Ehi?”

Daichi cambia braccio, mentre si morde l’interno delle guance. Nessuno gli aveva detto che essere capitano voleva dire anche questo. Forse dovrebbe andare a chiedere consiglio al professor Takeda, che sicuramente sa come gestire queste situazioni meglio di lui. Perché, beh, è un adulto. Una specie di adulto. Un -comunque un professore, okay? Quindi Daichi potrebbe lavarsene le mani e fare la spia e vedere come fare per la prossima volta che una situazione del genere si presenta.

Beh. Se comunque una situazione del genere si presentasse di nuovo. Mettere in mezzo il professore, o il coach, vorrebbe dire rompere la fiducia che Daichi ha creato coi più piccoli. Sarebbe una specie di tradimento, farli sgridare da qualcun altro, solo perché lui non sa come gestire una situazione. Ci sono cose che dovrebbe sistemare lui.

“Daichi?”

“Uhm.”

“Cosa succede?” gli chiede Suga, dondolando i fianchi, per accompagnare il movimento di stretching. Daichi si gira finalmente verso di lui, sbattendo lentamente le palpebre. “Pensi ad Asahi calvo?” chiede, guardando dritto di fronte a lui e poi aggrottando le sopracciglia.

“Dovrei?”

“È l’unica immagine che mi turba” risponde immediatamente lui, per poi girarsi verso Asahi, che nel giro di due o tre secondi distoglie lo sguardo da lui, iniziando probabilmente a sudare freddo. Suga scuote lentamente la testa. “Non penso che nessun altro potrebbe turbarmi così tanto.” Poi si gira verso Daichi, sorridendo ampliamento. “Se continui a grattarti la testa con così tanta forza diventerai calvo anche tu.”

“Dici?” Daichi continua a mordersi l’interno delle guance. Ci sono state voci anche per quello che riguarda Suga, ovviamente. Strane voci sul suo neo, secondo le quali cambiava in continuazione posizione e, secondo le voci, era falso, un puntino che si disegnava ogni giorno prima di andare agli allenamenti. Daichi sospira. Quei ragazzini...

“Cosa c’è?”

“Non pensi che i ragazzi del primo prendano certe cose troppo alla leggera?”

Suga aggrotta le sopracciglia un pochino di più. Lancia uno sguardo ai quattro del primo anno, con Tsukishima che tiene le borracce d’acqua in un braccio e Kageyama sgrida Hinata per qualcosa che probabilmente ha fatto, ma che il ragazzino sta negando con tutte le sue forze, solo per poi lanciare uno sguardo confuso a Daichi. Non sta nemmeno più facendo finta di stirare i muscoli. “Che vuoi dire?” chiede con una smorfia. “Gli allenamenti, dici? A me non sembra.”

“No” sbuffa Daichi. “Non gli allenamenti. Ovviamente non la pallavolo. Parlo di...” È difficile metterlo a parole. Daichi fa cadere le braccia accanto ai fianchi e sospira per l’ennesima volta. “Ti ricordi la storia di Tanaka e il tipo dell’Aoba Johsai?”

“Quando dicevano che erano amici?”

Daichi fa una smorfia. “E hai sentito l’ultima cosa che dicono ultimamente? Quella di...” Daichi si gratta il naso con un dito e poi ruota gli occhi. “Yamaguchi e Tsukishima. Hai presente, no?”

Suga si porta una mano sulle labbra, per iniziare a pizzicarle con le dita, mentre cerca di concentrarsi sulla conversazione. “La cosa della gita a Tokyo?” chiede dopo un po’. “Beh, sì. Certo. Te l’ho detto io.”

“E sappiamo tutti e due che i pettegolezzi li iniziano Yamaguchi, Hinata o Yachi.” Fa una pausa, prima di aggrottare le sopracciglia e tornare a guardare Suga. “Cioè. Lo sappiamo, vero?”

Suga inclina la testa, continua a pizzicarsi le labbra screpolate. “Abbiamo sospetti. Non possiamo sapere se sono veramente loro” risponde, lasciando andare le labbra e incrociando le braccia. “Anche perché -perché iniziare un pettegolezzo su uno di loro?”

“Perché li fa ridere.”

Suga fa una smorfia, arricciando il naso, e poi ruota gli occhi. “Ah.” Sembra aver finalmente capito quello che Daichi vorrebbe dirgli e quindi scuote la testa. “No, no. Non penso che se uno di loro ha iniziato un pettegolezzo del genere è perché lo trovano divertente. Almeno, non nel modo che dici tu. O per, non lo so, qualche tipo di bullismo. Li conosci, dai. Non penso che abbiano nemmeno la voglia di pensare a cose del genere.”

Daichi non ne è poi così sicuro. Sono bravi ragazzi, è vero. Yachi e Hinata, poi, sono molto affezionati a Yamaguchi. La loro è stata forse l’amicizia più veloce che Daichi abbia mai visto nascere ed è davvero sicuro che tra di loro non vogliano farsi male. Però. “Forse loro pensano di non star facendo niente di male e poi invece...” Si gratta di nuovo l’attaccatura dei capelli. “Forse qualcosina dovremmo dirla. Se Yamaguchi e Tsukishima veramente si stavano tenendo per mano, o se veramente —forse il fatto che loro lo vadano a dire in giro potrebbe ferire i loro sentimenti. No? Forse il fatto che vadano a dire in giro queste cose potrebbe rovinare il rapporto tra Tsukishima e Yamaguchi, forse potrebbe rovinare la loro amicizia, e dico anche quella tra Yamaguchi, Yachi e Hinata, forse...”

“Ci stai pensando troppo” lo interrompe Suga, dandogli un colpo sul fianco, che fa saltare sul posto Daichi. “Non ci pensare, non è da te.” Si porta le mani sui fianchi e sorride, arricciando il naso.

“Non è una cosa carina da dire.”

“Non puoi pensare così male dei tuoi compagni di squadra.”

“Ma i pettegolezzi li iniziano loro, no?”

Suga fa una smorfia con le labbra, lanciando uno sguardo a Tsukishima che posa una borraccia d’acqua sulla fronte di Yamaguchi, inclinando leggermente la testa. Daichi segue il suo sguardo e vede come Yamaguchi sorrida, quasi rida al gesto, prima di cercare prendere tra le mani la borraccia e commentare qualcosa che fa sorridere Tsukishima, mentre Hinata grida qualcosa su un’ingiustizia.

“Non lo so” risponde alla fine Suga, scuotendo la testa. “Davvero non lo so.”

“Voglio solo essere sicuro che —questo tipo di brutta aria, non lo so, voglio che sappiano che sono al sicuro.” Daichi aggrotta le sopracciglia. “È strano, vero?”

Suga lo osserva per una frazione di secondo, prima di sospirare una mezza risata e dare una forte pacca sulla schiena di Daichi, col suo sorriso angelico che di angelico ha anche troppo poco e mentre Daichi cerca di non sputare via il polmone, urla, attirando l’attenzione di tutti: “Ma no, ma no!” Poi ride. “Si devono proteggere i più piccoli!”






⭐️. Cassiopea


“Hai idea di perché ci stanno fissando tutti?” gli chiede Tsukki, posando la borraccia d’acqua fredda sulla fronte di Tadashi. Ha un’espressione seria. Lo guarda dall’alto, probabilmente metà del viso deve sembrargli sfocata. “Allora?”

E Tadashi si porta le mani sulla fronte fresca, in contrasto con tutto il suo corpo, accaldato e sudato e la sua bocca secca. Sinceramente, no, non crede che tutti li stiano fissando e non crede nemmeno che ci sia un vero e proprio motivo per cui dovrebbero farlo. Quindi scuote la testa e prova a tirarsi su, in punta di piedi, per prendere la borraccia, che Tsukki porta un po’ più in alto con le braccia. “Di nuovo?” gli chiede e Tsukki alza una spalla, sorridendogli. È un bambino, ecco cosa, e Tadashi sta anche per dirglielo, ma…

“Sei ingiusto, Tsukishima!” grida Hinata, correndo verso di lui. “Io lo blocco, tu prendi l’acqua!” continua poi a gridare, questa volta rivolto verso Tadashi, che va subito sull’attenti, mentre Tsukki aggrotta le sopracciglia.

Dire che Hinata è in grado di combattere o immobilizzare Tsukki è —sono parole grosse. Però riesce a rallentarlo. Tsukki non si aspettava un attacco e quindi abbassa le braccia per spingere via Hinata e dà tempo e spazio a Tadashi per prendere la borraccia dalle mani fredde di Tsukki e gridare: “Vittoria!” Si rende conto solo in questo momento, in cui sta saltando su e giù, che le mani di Tsukki sono gelide.

E non ha tempo di pensarci su, perché Hinata si gira verso di lui e alza le braccia e grida: “Vittoria!” E pensano soltanto a battersi il cinque e continuare a saltare sul posto, mentre Tsukki si sistema gli occhiali sul naso e alza un sopracciglio. “Gliela stavo per dare” sibila contro Hinata.

“Stavi facendo il bullo perché sei alto” ribatte l’altro.

Tadashi sforza una risata. Apre la borraccia e si mette a bere, mentre Hinata inizia una filippica sullo spirito di squadra e l’importanza dell’acqua e —Tadashi aggrotta le sopracciglia. Ah. Lo sente adesso. Beve altri due sorsi e lancia uno sguardo verso il lato della palestra. Sì. Ora ha capito quello di cui parlava Tsukki. Pensa. Crede sia per questo, almeno.

Gira la testa per guardare direttamente il capitano che tiene le sopracciglia aggrottate, studia la situazione e poi sospira, dicendo qualcosa a Suga-san, che più che preoccupato sembra davvero tanto divertito dal teatrino che Hinata e Tsukki stanno mettendo su.

Forse le mani gelide di Tsukki sono dovute all’acqua, alle borracce gelide che forse non fanno così bene a loro che hanno appena sudato. Forse, le mani gelide solo dovute a, beh, Daichi, che sembra star cercando di capire se essere arrabbiato, oppure no.

Il capitano fa obiettivamente paura. Forse Tsukki sta letteralmente sudando freddo. Deve aver fatto qualcosa di stupido. Oppure deve aver pensato di fare qualcosa di un po’ cattivo, conoscendolo.

Tadashi chiude la borraccia e sorride tra sé e sé.

Chissà.





ii. La ricerca della fonte: un’esplorazione guidata dal Capitano Sawamura Daichi (parte 1)


In realtà, Daichi tiene a precisarlo, è stata un’idea di Suga.

E, questo non tiene a precisarlo, ma per rigor di cronaca si deve dire che la sua preoccupazione ha preso il tempo che ha trovato. Vedere i ragazzini del primo anno litigare su una borraccia d’acqua e poi giocare ha tranquillizzato Daichi quel tanto che bastava per andare avanti e, se non ne avesse parlato con Suga, in questo momento starebbe in classe, a mangiare e a pensare a che cosa potrebbe prepararsi da mangiare a cena. Il pettegolezzo che i ragazzini del primo anno hanno messo in giro su uno dei ragazzini del primo anno non sembra poter avere conseguenze sulla loro squadra. O sulla loro amicizia. Quindi va bene. Per adesso. Sicuramente, poi, sapranno anche affrontare le conseguenze in un secondo momento. Kageyama si comportava in modo strano, okay, ma è anche vero che Kageyama si comporta sempre in modo strano. Non sembra doverci essere nulla di cui preoccuparsi, secondo Daichi.

Ma Suga.

Suga le cose le prende a cuore, se pensa che siano importanti o se pensa che potrebbero farlo ridere più del dovuto. Si lascia trasportare, ecco. Daichi non sa in che categoria rientri questa storia, quando Suga lo prende dal braccio e gli dice: “Io il pettegolezzo l’ho sentito da Asahi. È da lì che dovremmo iniziare”, trascinandolo fuori dalla classe e questo è -abbastanza faticoso. Sì. Un po’.

Daichi lo segue per forza d’inerzia. Fermarsi gli prende più energia di quanta gliene prenda seguirlo, in questo momento e, comunque, cercare di avere un’idea della situazione potrebbe aiutarlo ad arginare i danni quando, o meglio, se la situazione esploderà loro in faccia. E poi, andare da Asahi non è poi una cosa così fuori dal comune. L’unico rimpianto di Daichi è il non essere stato abbastanza veloce da afferrare il pranzo. Avrebbe potuto mangiare carne, oggi. Uhm. La carne.

Certo. Avrebbe preferito starsene in classe a mangiare. Le lezioni del pomeriggio saranno pesanti e non può certo mangiare subito prima degli allenamenti. Ci ha provato, una volta, gli è venuto da vomitare. Uhmm. E poi voleva veramente mangiare carne. Era così felice questa mattina...

Asahi aggrotta le sopracciglia e inclina un po’ la testa. “Sì, beh, non avevo detto proprio questo” inizia con mezza risata, grattandosi l’avambraccio. “Io ho detto che mi hanno detto che Yamaguchi e Tsukishima si sono allontanati un po’ dal gruppo del primo anno perché Tsukishima si è sentito male,probabilmente perché non facevate altro che cercare di farlo mangiare a forza. E che Yachi, Hinata e Kageyama sono andati avanti, mentre Yamaguchi, lui, beh, ecco, è rimasto indietro. E quando sono andati a cercarli li hanno trovati a baciarsi dietro un palazzo, in un vicolo buio.” Si passa una mano sul viso. “Avrebbero potuto derubarli.”

“Sì, proprio questo è il problema” borbotta Suga, ruotando gli occhi.

“Tu mi hai detto che erano stati derubati” lo accusa Daichi. E Suga alza le spalle, come se non avesse fatto niente di sbagliato in tutta la sua vita. Se non lo avesse conosciuto, Daichi gli avrebbe anche creduto. Meglio non pensarci su. “Chi li ha trovati?”

“Uhm.” Asahi ci pensa qualche secondo, prima di scuotere la testa. “Forse Kageyama? Non lo so. Non me lo hanno proprio detto.”

“E chi sarebbe stato a raccontarti…?” incalza Suga, con le braccia incrociate. Si sta facendo trasportare. Daichi vorrebbe veramente tanto star mangiando il suo pranzo, in questo momento. Forse dovrebbe rubare il bento di Asahi e poi fingere di non aver mai fatto nulla di male in vita sua, ma, la verità, con lui non funziona così bene come invece funziona per Suga. “Stiamo provando a trovare la fonte.”

Asahi arriccia le labbra. “Uhmm.” Si gratta la nuca e ride nervosamente. “Beh, la prima parte -la parte di Tsukishima che si è sentito male, me l’ha raccontata Kageyama stamattina, ma è stata Kiyoko-san a dirmi il resto, mentre l’aiutavo a riempire le borracce, ieri. Poi l’ho detto a Suga e poi Suga lo ha detto a -beh.”

Suga annuisce un paio di volte, poi prende il braccio di Daichi e inizia a trascinarlo giù per il corridoio, dopo aver borbottato un rigoroso: “Grazie.”

Asahi sospira, Daichi riesce a sentirlo nelle ossa, mentre quasi inciampa trai suoi piedi e lo vede posare una mano sul fianco e scuotere la testa. Forse vorrebbe seguire anche lui le ricerche, ma Suga ha dimenticato di dirgli di seguirli e quindi non deve essersi sentito invitato. Beh. Peccato. Daichi avrebbe preferito avere un compagno di tortura in questa ricerca.

Ah. Questa ricerca che, con suo grande disappunto, ha anche più tappe. Se passassero per la loro classe, Daichi potrebbe prendere il suo bento e mangiare tra una tappa e l’altra.

Uhm, la carne...






⭐️. Perseo


Tsukki guarda fuori dalla finestra. Si è proprio alzato in piedi, ha guardato fuori dalla finestra e poi ha sbuffato, prima di tornare a sedersi al suo banco e prendere da mangiare. E Tadashi aggrotta un po’ le sopracciglia, alza un lato delle labbra, prima di scuotere la testa e riprendere a mangiare. Sono due giorni che Tsukki è strano. Ma non più strano del solito, soltanto strano in modo diverso.

Niente di cui si deve preoccupare, certo. Tranne per il fatto che sì, uhm, lui si preoccupa lo stesso, ovviamente. Solo che non lo dà a vedere. Perché ha imparato a capire molte delle sfaccettature di Tsukki, nel corso degli anni. Da quando ha smesso di cercare di mettere troppo impegno in qualcosa, a quando ha iniziato ad avere paura, a quando, per qualche motivo, ha preso il coraggio in mano ed è andato avanti e ha iniziato a essere -se stesso. Pienamente se stesso. Tadashi lo conosce abbastanza bene. Ma questa che vede non è paura. Questa che vede non è un desiderio di tornare indietro, o proteggersi o altro. È qualcosa di diverso.

“Ho bisogno dei tuoi appunti di Letteratura” borbotta Tsukki, sedendosi davanti a lui, e girandosi per prendere il suo bento. “Sono rimasto indietro e dovrei veramente tanto -non rimanere indietro.”

Tadashi inclina leggermente la testa prima di annuire e iniziare a mangiare. “Sì, certo. Posso anche fartene una copia, se ne hai bisogno per -Hinata e Kageyama hanno fatto così, l’ultima volta. Anche se non è servito a molto.”

“Non mettermi nel loro stesso piano.”

Tadashi sbuffa una risata appena accennata. “Scusa, Tsukki.” Poi torna a concentrarsi sul cibo. Non è nemmeno così normale che Tsukki rimanga indietro con le materie. Non che ne voglia fare una questione di stato, ma stanno succedendo delle cose che sono insolite. Kageyama che sta fuori da una lite con Tsukki, ad esempio. Tadashi ieri si aspettava che, a un certo punto, entrasse in gioco anche lui, anche soltanto per gridare e dare dell’idiota a Hinata. Ma Kageyama è rimasto in silenzio. Poi c’è anche la storia dello sguardo del Capitano. Daichi-san non si mette mai in mezzo a -beh, niente. Li lascia fare per quanto possano fare e li ferma soltanto quando diventano fastidiosi per gli altri, o pericolosi, o entrambe le cose. Normalmente, proprio per questo, il suo sguardo è concentrato sui Chiassosi Quattro. Non su Tsukki. E sicuramente non su Tadashi.

Il fatto poi che Tsukki si sia alzato in piedi per controllare una situazione quando i loro compagni di classe hanno fatto loro notare che il capitano e il vice-capitano della loro squadra stavano correndo da una parte e l’altra della scuola -ci sono davvero tante cose insolite in queste situazioni.

Tsukki picchietta col dito contro la sua guancia e continua a lanciare sguardi alle porte della classe. Tadashi può anche decidere di non mettere sempre bocca su tutto, ma ci sono cose su cui non può passare oltre. E quindi chiede: “C’è qualcosa che non va?”

E Tsukki sbatte lentamente le palpebre, prima di sistemare il suo sguardo su di lui, come se avesse appena fatto la domanda più stupida del mondo. “Ti sei divertito a Tokyo?” chiede come se potesse cambiare argomento così facilmente.

“Sì…?” è comunque la sua risposta. “Come sempre. Le amichevoli sono piacevoli e questa volta abbiamo avuto anche il permesso per guardarci intorno. È stato piacevole.”

Tsukki lo osserva in silenzio. Ha solo aperto il bento, un po’ come fa tutti i giorni, non sembra essere intenzionato a mangiarlo, nonostante le forme e i disegni che le mamme fanno per rendere il cibo un pochino più accattivante. Tsukki sospira. Forse Tadashi non gli ha dato la risposta che si aspettava, o forse sì, perché quello era -comunque. “E a volte non speri che le cose rimangano esattamente come sono?”

Tadashi fa una smorfia. “Beh, no.”

Tsukki sospira e poi annuisce. “Esattamente.”

Tadashi rimane in silenzio, nella speranza che Tsukki continui la conversazione, ma non c’è niente. Non ci sono altre parole dopo questo, solo il disegno della luna sul riso che viene deturpata da Tsukki, che giocherella con le bacchette.
Tadashi sospira e mentre apre la bocca per dire qualcosa, per chiedere almeno un po’ di quella spiegazione che, è abbastanza sicuro, si merita. Ma, mentre sta per parlare, esattamente come il cliché vuole, passano per la classe, correndo il capitano e il vicecapitano della squadra di pallavolo della Karasuno, Daichi-san e Suga-san, facendo anche un gran baccano e, per una frazione di secondo, Tadashi ne è sicuro, dalla porta aperta di una delle classi, Suga-san lancia uno sguardo dritto verso di loro due, rallentando un po’, prima di continuare a correre.

Quando Tadashi si gira a guardare Tsukki, lo trova con mezzo sorriso, mentre giocherella con le bacchette tra le dita.

Cosa sta succedendo?

“C’è qualcosa che tu sai e che io non so?” gli chiede.

Tsukki alza una spalla. “Non credo.”

Tadashi sa perfettamente anche quando Tsukki gli mente. E sa quando non ha intenzione di dirgli la verità. Quindi sbuffa. Troverà la verità in un altro modo, comunque. Come ha sempre fatto. “Posso prendere i tuoi broccoli?” gli chiede quindi, e lascia cadere la conversazione.

Mentre afferra i broccoli di Tsukki -Tadashi non sa perché è una cosa importante, sinceramente, forse non avrebbe dovuto nemmeno darci troppo caso ma -sembra che Tsukki lo abbia fatto apposta. È una cosa innocente, ovviamente, ma… Tadashi sente le dita di Tsukki sulla sua mano, appena uno sfioramento, a dirla tutta, perché Tsukki stava continuando a giocherellare col riso e forse Tadashi ha calcolato male lo spazio tra loro due. Non che comunque abbia un qualche peso.
Le mani di Tsukki continuano a essere fredde. Tadashi fa finta di niente e mangia i broccoli.






iii. La ricerca della fonte: un’esplorazione guidata dal Capitano Sawamura Daichi (parte terza)


Kiyoko corre veloce.

Quella donna è veramente veloce e, per qualche motivo, ha deciso che oggi vuole correre. Va di qua. Poi va di là. Poi Daichi pensa che sì,è riuscita a intravederla da qualche parte, che forse c’è la possibilità di afferrarla e lei scompare trai corridoi e -quanto avrebbe voluto passare la pausa pranzo a mangiare il suo pranzo. Invece no.

Ha il dubbio, quasi la certezza, in realtà, di aver visto Kiyoko lanciare uno sguardo dietro le sue spalle, alzare un lato delle labbra, prima di iniziare a scomparire, andare di qua e di là, solo per dar loro fastidio. Anche perché non ci sarebbe motivo, altrimenti di evitarli. Tranne, appunto, la sua natura sfuggente. E Suga e Daichi non sono poi così veloci. Purtroppo.

Forse Daichi sarebbe stato più veloce se lo avessero lasciato mangiare. Ci pensa mentre Suga lo spinge avanti per fargli riprendere un pochino più di velocità. Daichi ha decisamente fame.

Alla fine, se Kiyoko parla con loro è perché lei vuole parlare con loro. E quindi mentre Suga lo trascinava ancora per i corridoi, tenendolo per il braccio, lei si è sistemata subito prima l’angolo del corridoio e Suga e Daichi che corrono se la ritrovano davanti appena girano a destra e per quanto Daichi stia per continuare a correre per pura inerzia e quindi andarle contro e probabilmente farla cadere per terra (cosa che può succedere come può non succedere, perché, Daichi forse non lo ha sottolineato abbastanza ma, Kiyoko è davvero molto veloce e si può spostare senza che nessuno la veda o la senta), Suga lo tira verso di lui, per fermarlo e inciampano uno su l’altro, in uno strano balletto per non perdere l’equilibrio.

“Eccovi” sussurra Kiyoko. “Vi ho cercato per tutta scuola.”

Se prima Daichi aveva un qualche dubbio su Kiyoko che li stava volutamente evitando per il solo gusto di farlo, adesso ne è completamente sicuro. Quindi scuote la testa, mentre assottiglia lo sguardo e vede, con la coda dell’occhio Suga muoversi sul posto e aprire più e più volte la bocca per -probabilmente per dire qualcosa. Come: “Scusa, non ti avevamo vista.” Cosa che dice, con una risata leggera.

E Daichi quindi ruota gli occhi, liberandosi il braccio dalla presa di Suga e poi sbuffando. “La storia di Yamaguchi e Tsukishima” inizia, grattandosi la nuca. Forse non doveva cominciare così una conversazione. Devono essere i morsi della fame a parlare. Ah. Se solo Suga, che ora lo sta guardando leggermente confuso, gli avesse dato il tempo di mangiare… È davvero l’unica cosa a cui riesce a pensare adesso. “Stiamo cercando di scoprire chi ha iniziato i pettegolezzi su Yamaguchi e Tsukishima. Suga ha sentito la storia da Asahi e Asahi dice di aver sentito la storia da te.”

Kiyoko si passa un dito sulle labbra, con fare dubbioso. “Ah, sì” risponde dopo un po’. “Tsukishima si è sentito male e si è allontanato dal gruppo del primo anno a Tokyo. Yamaguchi è rimasto indietro con lui. E li hanno trovati che si davano la mano, penso fosse implicato un bacio sulla guancia.”

Beh, per lo meno sanno di starsi avvicinandosi davvero alla fonte, visto che i livelli del bacio cambiano di persona in persona. Suga aveva parlato di un bacio appassionato. Asahi di un semplice bacio sulle labbra. Kiyoko di un bacio sulla guancia. Daichi era già arrivato alla conclusione che probabilmente non c’è stato nessun tipo di bacio. Ma non commenta.

“Chi li è andati a cercare e li ha trovati? Lo sai?” chiede Suga.

“No” risponde lei prontamente.

Non si aspettavano niente di diverso. “E chi te lo ha raccontato?” chiede ancora Daichi.

Kiyoko tira giù le braccia e guarda in alto a destra, come se stesse cercando di ricordare. “Tanaka-kun e Nishinoya-kun” dice alla fine. Aggrotta le sopracciglia, poi annuisce con forza. “Sì, li ho sentiti parlare tra loro. Per questo poi ho chiesto conferma ad Asahi. Che però non sapeva niente.”

Daichi sospira. Il suo pranzo sembra essere sempre più lontano. Suga fa un cenno col capo per ringraziare Kiyoko, poi lo prende di nuovo dal braccio e corrono via.

Non che facciano in tempo per parlare con Tanaka o Nishinoya. Suona la campana. Daichi non ha mangiato il suo pranzo.

Odia essere capitano.





⭐️.Cefeo


“Domanda” esordisce Hinata, aprendo con forza la porta degli spogliatoi e poi chiudendola immediatamente dietro di lui, senza la minima considerazione per Kageyama, che deve fermare la porta con la mano perché non gli arrivi in faccia. Comunque non protesta, per qualche motivo che fa aggrottare le sopracciglia a Tadashi.

Tadashi alza lo sguardo verso di loro. Ci sono soltanto Tadashi, Tsukki, Hinata e Kageyama nella stanza del club, perché, beh, sono arrivati prima e perché Daichi-san aveva in mano il suo bento e ha detto qualcosa sul non aver potuto mangiare prima ed è uscito in tuta per mangiare fuori dalla palestra, mentre Suga-san rideva. Questo, per quanto strambo possa sembrare, è la prima cosa normale che succede all’interno della squadra.

Tsukki si toglie il maglione. Non sembra voler nemmeno guardare Hinata e Kageyama. Anche questo è abbastanza normale.

“Se poteste tingervi i capelli, di che colore ve li tingereste?” finisce finalmente Hinata e Tadashi arriccia il naso, perché non ci aveva mai pensato e sicuramente non è un’opzione realizzabile. Tanaka-san non si è rasato i capelli proprio perché prima era biondo?

“Tu? Di che colore te li tingeresti?” chiede allora, più per forza dell’abitudine che per altro. Ci sono momenti in cui assecondare Hinata vuol dire assicurarsi la pace mentale della giornata intera. E, soprattutto, devono essere premiati i pensieri che non sono strettamente collegati alla pallavolo. Altrimenti si ritroverebbero a dover sentire discorsi infiniti sul Piccolo Gigante, sul voler sconfiggere tutti e, siamo sinceri, non tutti sono Kageyama che possono accettare certe situazioni.

Tadashi si infila la maglietta bianca, alzando le braccia e rimanendo in questa posizione per più tempo del necessario. Forse perché Kageyama così silenzioso non sembra essere una cosa normale. O forse perché per una volta nella loro vita Hinata e Kageyama non stavano parlando di pallavolo, o di voti bassi, prima di entrare nella saletta. Le cose normali si stanno mischiando troppo con le cose strambe.

“Di nero, probabilmente” risponde Hinata, portandosi una mano sotto il mento. “Per essere un vero corvo.”

“No” dice semplicemente Tadashi, scuotendo la testa. E quindi siamo arrivati a questo punto.

“Kageyama terrebbe i capelli così” ride Hinata un po’ troppo ad alta voce e Kageyama posa una mano sulla sua testa, per poi stringere le dita contro la sua fonte e fargli male. “Ha paura della mamma.” Hinata se le cerca, dopo un po’. È da dire anche questo.

Tadashi sbuffa una risata e si infila il giacchetto nero, prima in un braccio, poi in un altro. “Anche Tsukki ha paura di sua mamma. Alle medie voleva tingersi i capelli di rosso, mi pare, ma…” Tsukki si gira verso di lui, per fulminarlo con lo sguardo. E Tadashi ride nervosamente, mentre si tira su la lampo. “Scusa, Tsukki” borbotta per forza dell’abitudine, anche se non è esattamente dispiaciuto di averlo esposto. Si chiama autopreservazione. Infatti poi borbotta: “Io me li tingerei di biondo.” Ma nessuno gli dà troppo peso, perché: uno, Hinata annuisce e sembra approvare la scelta, due, Kageyama è troppo preso a far finta di nascondere una risata per prendere in giro Tsukki.

“Rosso?” gli chiede infatti.

E Tsukki non si tira indietro. Alza un sopracciglio, piuttosto, prima di portarsi una mano sulla guancia e rispondere: “Quindi hai paura di tua mamma, uh?” E sembra che l’informazione che ha dato prima Tadashi, il fatto che anche Tsukki avesse avuto paura di sua mamma, sia stata completamente dimenticata da Kageyama, che arrossisce fino alla punta delle orecchie, guardando verso il basso.

“Beh…” inizia. E poi inizia a boccheggiare. Non sembra riuscire a rispondere. “Comunque io -e poi! E non credo che…”

Tadashi si infila le mani nella tasca della giacchetta e questa è di nuovo una situazione completamente normale. Anche Hinata che passa lo sguardo da Tsukki a Kageyama, con un sorriso ampio, prima di iniziare a togliersi la divisa e cambiarsi per mettersi i pantaloncini e la solita maglietta bianca.

“Rispettare la propria madre è uno dei fondamenti della nostra cultura!” riesce a gridare alla fine Kageyama. E Tsukki sputa fuori una risata. E, Tadashi vorrebbe davvero dire di no, ma anche lui si lascia sfuggire una risata, mentre si tira fuori le mani dalle tasche per posarle sulle sue labbra e non far uscire da queste nessun suono. Queste risate fanno arrossire ancora di più Kageyama, anche se non dovrebbe essere fisicamente possibile, che sembra entrare, per qualche motivo nel panico più totale.

“È vero è vero!” gli dà man forte Hinata, in ginocchio per allacciarsi le scarpe. Ma questo non migliora la situazione. Kageyama sembra ancora un peperone rosso e probabilmente dovrebbero aprire tutte le finestre per fargli riprendere un po’ d’aria.

Tsukki sembra essere soddisfatto. Si sistema un po’ la giacca, poi si muove verso Tadashi, gli sfiora il dorso della mano, sempre con le dita fredde, che per qualche motivo non sembrano essere capaci di riscaldarsi e -questo non è normale. Ma sembra essere stato il modo di Tsukki di dirgli che stava scendendo in palestra. Una specie di avvertimento, per qualche motivo.

Le cose strambe e le cose normali si stanno mischiando con sempre più frequenza.

Tsukki non lo aspetta, va dritto verso la porta e Tadashi fa esattamente due balzi, per raggiungerlo.

Succedono cose più strane. Come il fatto che Hinata li segua, e lasci indietro Kageyama, con la faccia rossa e ancora mezzo balbettante e che ancora non è riuscito a cambiarsi.






iv. Anche i campioni devono riposare, preferibilmente insieme ad altri campioni


Daichi finalmente può mangiare la sua adorata carne. E vorrebbe davvero tanto potersi godere il momento.

Ma Suga.

Suga si è seduto accanto a lui, ha preso delle bacchette da chissà dove e ha iniziato a mangiare dal suo bento. E Daichi non ha mai assistito a un disrispetto così grande. E ha anche pensato di farglielo notare sottilmente, guardandolo con intensità e con davvero tanto astio, ma sembra che questo abbia solo invogliato Suga a mangiare di più, facendo perdere terreno a Daichi stesso e cibo prezioso. E adesso non sta mangiando, sta ingoiando.

“Se continui così” inizia Asahi, con un mezzo sorriso nervoso. “Beh, potresti vomitare in mezzo al campo e…”

Non finisce la frase, perché Daichi lo fulmina con lo sguardo e sì, con Asahi funziona molto meglio. Grazie e di niente.

“Quindi siete andati a parlare con Kageyama?” chiede Asahi, muovendosi sul posto. Ancora non sembra sapere come chiedere di unirsi alle ricerche. Ci sta girando intorno e, sinceramente, è così divertente vederlo muoversi in punta di piedi che Daichi potrebbe continuare a far finta di niente, per divertimento. Uhm. Forse per questo lui e Kiyoko vanno così d’accordo.

“Perché?” chiede Suga, prima di ingoiare e poi battere una mano sul petto. Daichi gli passa, senza pensarci, il suo cartone del latte. Quando Suga lo prende si maledice mentalmente perché, beh, quel latte voleva berlo lui.

Asahi continua a grattarsi dietro la nuca. “Non sono i ragazzini del primo a iniziare i pettegolezzi?” chiede.

E Daichi alza un sopracciglio e lancia uno sguardo a Suga, che almeno adesso non sta mangiando, quindi non dovrebbe strozzarsi una seconda volta. “Questo non lo sappiamo” ribatte debolmente. Il giro di pettegolezzi che parte dai più piccoli della squadra deve davvero divertirlo tanto se continua a negare l’innegabile. Beh. Meglio per Daichi. “Kiyoko-san ha comunque detto di aver sentito la storia da Tanaka e Nishinoya, quindi io continuerei da loro. Infatti, speravo di poterli incontrare in palestra ma -non vi sembra strano che non siano ancora arrivati?”

“Nah” risponde noncurante Daichi. “È ancora presto. Staranno perseguitando Kiyoko.”

“Eh. Su questo. Non dovresti... fermarli forse? Parlare con loro?” Asahi fa una smorfia, guardando verso l’alto e passando il peso su una gamba sola. “Dir loro di darsi una calmata?”

Daichi giocherella con una carota. “Nah” risponde di nuovo. “Kiyoko ha detto che ha tutto sotto controllo.”

Asahi non sembra convinto. Ma sospira, alzando le spalle. C’è una pausa, e Asahi guarda da un’altra parte. Non che Daichi ci faccia troppo caso. È preso a fare una piccola lotta di bacchette contro Suga, che continua a voler prendere i suoi stessi pezzi di carne e le sue stesse verdure. Daichi aggrotta le sopracciglia e prende con decisione il pezzo di carne, portandoselo in bocca il più in fretta possibile -e poi iniziando a tossire con violenza, portandosi la mano davanti alla bocca, perché aveva dimenticato che la carne era piccante. Suga ride, gettando la testa all’indietro. Asahi invece chiede: “E Kageyama?”

“Perché sei così fissato con quel ragazzino?” continua a ridere Suga. Posa le mani sul cemento e assottiglia lo sguardo. “Lascialo respirare. E poi lo sai anche tu che non è lui a iniziare i pettegolezzi. Lui risponde soltanto alle domande.”

“Uhm?” Asahi lancia un’occhiata veloce a Suga e Daichi. Poi scuote la testa e indica il cortile della scuola con un dito. “No. Voglio dire: e Kageyama?”

Daichi segue l’indicazione, per trovarsi Tsukishima, Yamaguchi e Hinata che si avvicinano parlottando alla palestra. Hinata salta per seguire i passi degli altri due e Yamaguchi sembra star fingendo, probabilmente per buona educazione o semplicemente perché è gentile così, di ascoltarlo. Risponde anche, ogni tanto.

Ma Kageyama?

Daichi si passa una mano sul viso e sospira. Non dice che quei quattro siano legati con la colla, anzi. Tsukishima sta molto attento a non passare troppo tempo con Kageyama e Hinata, mentre Yamaguchi sembra aver trovato una buona amicizia in Hinata. Ma che Hinata si sia presentato prima di Kageyama, e che non abbiano fatto quella stupida corsa mattutina, o che -Daichi sospira di nuovo. “Avranno litigato?” chiede.

Asahi non vorrebbe mostrarlo ma sta sorridendo. Quel -certo. Ovvio. Ha trovato un modo per unirsi alle ricerche senza entrare nel panico.

Figlio di buona donna.

Suga lancia uno sguardo ai ragazzi e tamburella le dita contro la coscia, mordendosi l’interno delle guance. “No” mormora. “No, mi sembra qualcos’altro.”




⭐️. Cigno


Succede di nuovo.

No, davvero, succede di nuovo e Tadashi si chiede per quale motivo se ne renda conto. Non se ne dovrebbe rendere conto. Non sono cose a cui una persona dà così tanto retta, per il motivo semplice che sono cose che succedono in continuazione. E quindi per lui il mondo non dovrebbe fermarsi e lui non ci dovrebbe pensare più di tanto. Non dovrebbe per niente.
Eppure Tadashi ci pensa.

Perché una cosa è essere Hinata e Kageyama, che non ci pensano a certe cose, che si muovono per puro istinto, una cosa invece è essere Tadashi. Cioè. Lui non si muove per puro istinto. Quindi è normale.

E quindi è successo questo.

Gli allenamenti sono stati, per quanto possano essere stati, normali. E forse Tadashi sta abusando di questo termine, ma lo fa solo per tracciare una linea e dividere le cose che sono davvero molto strambe, mentre raccoglie le palle in giro per la palestra.

Tadashi guarda la palla gialla e blu e la rigira tra le mani. Hinata e Kageyama sono stati strani in modi diversi. Hinata sembra essere tranquillo della sua nuova situazione. È scivolato sorridente, sotto lo sguardo confuso di tutti quanti, nella squadra di Suga-san, senza dare una spiegazione che non fosse che gli piaceva allenarsi con altri alzatori, ora che può. Kageyama è rimasto in silenzio e non ha commentato. E Tsukki li ha guardati e non ha detto niente di troppo maleducato a Kageyama, lo ha lasciato in pace durante tutta la partita. Queste sono cose strambe.

Yachi ha lanciato uno sguardo ai suoi amici, e quando Tadashi le si è avvicinato, per prendere una borraccia e bere un po’ d’acqua, lei gli ha chiesto se non potevano parlare durante questo momento di pausa, e se non la potesse accompagnare a prendere degli asciugamani puliti. Tadashi l’ha seguita. Questa è una cosa abbastanza normale. Yachi e Tadaschi creano sempre dei diversivi per poter spettegolare durante gli allenamenti e comunque non prende loro tanto tempo. Due, tre minuti al massimo. Nel primo mese, Suga-san e Narita-san si offrivano volontari per aiutare Yachi, qualsiasi cosa di cui lei avrebbe avuto bisogno e tante altre frasi strane e già fatte, ma, col tempo, la loro buona volontà ha lasciato spazio ad altro e una volta Suga-san ha alzato le sopracciglia un paio di volte, mentre Tadashi seguiva Yachi fuori dalla palestra. Doveva aver frainteso ma non è importante. Non che Tadashi potesse avere il coraggio di fare una mossa con qualcuno, quindi...

Lei gli ha chiesto se avevano litigato, mentre sistemava gli asciugamani sul braccio. Tadashi ha risposto Kageyama e Hinata? e lei ha aggrottato le sopracciglia e ha scosso la testa. Te e Tsukishima-kun.

Questa è una cosa strana.

Yachi ha subito ritrattato. Ha iniziato a muoversi nervosamente. No, no, stavo solo pensando. No no, non ti preoccupare, mi chiedevo soltanto chiedendo, perché mi sembra tutto molto strano. Stavo solo -no no, non ti preoccupare! Ma Tsukishima sta bene?

Questa è una cosa sia stramba che normale.

Quando sono tornati in palestra e Tadashi ha aiutato a dare gli asciugamani, Tsukki ne ha preso uno da lui, si è tolto gli occhiali e non ha detto niente. Non si sono sfiorati le mani, questa volta e Tadashi ha iniziato a chiedersi se, per caso, non fosse diventato pazzo. Magari si sta immaginando cose. Magari in realtà, tutto è normale e ci sta pensando su troppo.
Tsukishima ha parlato con Kageyama. Tadashi si chiede tanto il perché.

Tadashi rigira la palla tra le sue mani e sospira. Vorrebbe poter dire che ha fatto in tempo a dire o pensare a qualcosa. Ad esempio, vorrebbe davvero tanto parlare con Tsukki del nuovo videogioco che ha visto su internet e poi dirgli che forse oggi non potrà accompagnarlo a casa, perché, ugh, vorrebbe andare ad allenarsi sulle battute. Però.

Tsukki gli toglie la palla tra le mani, schiacciandola da sotto per farla salire verso l’alto e poi prendendola tra le sue mani. “Succede qualcosa?” gli chiede, prima di far ruotare la palla sul dito indice.

“Yachi mi ha raccontato una storia su un samurai dell’epoca Edo” risponde. Ed è una mezza verità, perché, se c’è una cosa che ha scoperto da quando è amico di Yachi è che inizia a sciorinare delle nozioni su argomenti diversi quando pensa di voler cambiare discorso. Soprattutto quando pensa di aver aver detto qualcosa di troppo. “Pensavo a questo.”

Tsukki sbuffa una risata sarcastica, per poi ridargli la palla in mano. Quando Tadashi prende la palla, sospira, alzando una spalla. “Se anche tu inizi a distrarti in continuazione, non finiremo mai qui.” Si porta le mani sui fianchi e si guarda intorno. Poi sospira di nuovo, passando il peso da una parte all’altra del corpo. Sembra nervoso. Si comporta in modo strano. Forse è agitato perché il tempo sta iniziando a passare troppo velocemente. È difficile bilanciare gli impegni, per lui. Forse è anche per questo che mantiene l’energia bassa in ogni sua attività. Il fatto che abbia iniziato a impegnarsi nella pallavolo deve averlo sbilanciato. Forse per questo Yachi sembra essere così preoccupato per lui. Può anche essere. “Daemon X Machina -hai sentito?” chiede Tsukki senza nemmeno muovere le labbra.

E Tadashi alza un lato delle labbra e deve contenersi dal saltare sul posto perché se ha sentito?, ugh, duh?, come potrebbe non aver sentito? Gliene voleva parlare prima oppure dopo, perché -è così che funziona tra loro, no? “Ho già chiesto un anticipo sulla paghetta -non penso che lo avrò, eh. Mio padre ha detto che prima dovrei partecipare attivamente a qualcosa di -ma li avrò. Prima o poi, abbiamo ancora tempo, credo, però, non vedo l’ora.”

Tsukki fa una smorfia con le labbra. “Ce li ho io” dice. Poi si gratta la nuca. “Potremmo accamparci fuori dal negozio il giorno dell’uscita. Come gli americani.” Si passa la mano sul lato dei pantaloncini. “Ho una tenda.”

“Come ai vecchi tempi” commenta ironicamente Tadashi, inclinando un po’ la testa. Questa è finalmente una conversazione normale. La prima vera conversazione normale con Tsukki da tutto il giorno. “Akiteru-niisan fuori dalla porta di camera tua per essere sicuro che non scappiamo in piena notte.”

“Beh, adesso lavora, quindi…”

“Sarà più facile scappare?”

Tsukki si inumidisce le labbra e sembra voler prendere di nuovo la palla, perché allunga le mani verso Tadashi, ma viene bloccato da Nishinoya che grida: “Yamaguchi! Tsukishima! Volete fermarvi ad allenarvi con noi?”

Tsukki schiocca la lingua contro il palato.

Tadashi gira la testa verso il gruppetto degli esaltati. Nishinoya sta saltando per attirare la loro attenzione, verso il palco di teatro, e Hinata sembra essere al settimo cielo, mentre Tanaka e Kageyama -di ritorno alla stramberia, perché Kageyama sembra essere pronto ad andare via, guarda fuori dalla porta della finestra, fa un saluto veloce e silenzioso e poi sembra volersene andare a cambiare. Tadashi aggrotta le sopracciglia, fa un cenno con la mano. “Oggi no!” risponde. “Vado ad allenarmi da Shimada-san!” Nishinoya continua lo stesso a saltare e Tadashi tira fuori una risata forzata mentre china di poco il capo, come se si dovesse scusare di qualcosa.

Tsukki sospira e mormora qualcosa, prima di prendere la palla dalle mani di Tadashi il più velocemente possibile e rimetterla nel suo posto.

Tadashi aggrotta le sopracciglia ancora un po’, lanciando uno sguardo a Tsukki e poi alle sue mani e si dice, uhm, oggi le sue mani sono freddissime anche dopo essersi allenato così tanto.

È un pensiero strano.




v. La ricerca della fonte: un’esplorazione guidata dal Capitano Sawamura Daichi (parte terza)


Daichi non ha vomitato sul campo e ha il bisogno di ripeterlo ad Asahi. Infatti, mentre si toglie la maglietta per cambiarsi ripete: “Visto? Non ho vomitato in campo.” E Asahi sospira, sistemandosi i capelli e guardando verso il basso, perché la prima e seconda e terza volta uno può anche rispondere, ma dopo la quarta volta in cui ripetono sempre la stessa cosa, Asahi si chiede se in effetti l’altra persona non abbia ragione. È un po’ troppo mollaccione.

Suga sorride, allacciandosi le scarpe, ma non commenta. Preferisce, invece, concentrarsi su cose serie ma che lo divertono. Daichi lo ha visto parlare con Hinata. Immagina che quindi abbia nuove informazioni da condividere con loro, ma, la verità, ha paura di chiederle perché non sa quanto personali queste nuove informazioni possano essere e non da se vuole effettivamente capire le nuove dinamiche dei ragazzi del primo anno. Perché è sicuro di aver visto Kageyama e Tsukishima parlare normalmente e se questo non è un avvertimento del disastro che verrà. Esploderà loro in faccia qualcosa, qualcosa di orrendo, qualcosa di imprevedibile e Daichi potrebbe non essere pronto a quest’eventualità.

Ma Suga.

“Hai scoperto che cosa è successo tra Hinata e Kageyama?” chiede Asahi, accovacciandosi a terra per mettersi le scarpe. Daichi lancia uno sguardo a Suga, seduto a terra con le gambe incrociate, e che annuisce lentamente, solo per poi fare una smorfia e scuotere la testa e poi sospirare. La stanzetta non è vuota. Tanaka si sta cambiando per correre a casa, qualcosa di collegato a sua sorella e la sua banda, Daichi glielo aveva sentito dire a Ennoshita, prima di entrare. E forse Suga ci mette così tanto a rispondere perché non vuole che gli altri lo sentano, nonostante il rumore che stanno facendo.

Daichi lo capisce, okay, i ragazzi del primo sono ancora sotto. Hinata e Nishinoya probabilmente rimarranno ad allenarsi e hanno convinto, chissà come, Tsukishima a rimanere con loro. E iniziare adesso nuovi pettegolezzi, dovuti al cattivo ascolto di un’informazione non va bene, ma...

“Sì e no” dice Suga alla fine.

Daichi voleva una squadra per poter giocare a pallavolo. A lui piace veramente giocare a pallavolo e gli piace veramente tanto avere così tante persone intorno a lui per poter giocare a pallavolo. Stanno anche diventando forti. Sono una buona squadra. E non è ancora pronto per vedere i più piccoli distruggerla. Non si sente nemmeno a suo agio al pensiero che il prossimo anno potrebbero distruggere la squadra e lui potrebbe non farci niente. Ma questi sono altri pensieri. Quindi prende un respiro profondo, si dice di farsi forza, come quella volta che i suoi fratellini gli hanno distrutto i libri di scuola e lui ha dovuto frequentare un anno scolastico intero con gli scarabocchi sul testo, e guarda Suga torturarsi il labbro inferiore con la punta delle dita.

Asahi, Suga e Daichi si sono seduti, senza nemmeno volere, in un piccolo cerchio formato da loro. Daichi tiene le braccia incrociate, Asahi prova ad allacciarsi le scarpe, nonostante i capelli che gli cadono davanti agli occhi ancora e ancora.
“Cosa pensate voi di Kageyama?” chiede Suga.

Daichi aggrotta le sopracciglia, ma è Asahi a rispondere: “È un bravo ragazzo.”

“Vive seguendo i suoi istinti” continua Daichi.

“Al di fuori della pallavolo non sa come essere un essere umano normale” dice Suga, inclinando la testa con una smorfia. “Sembra aver chiesto dello spazio a Hinata.”

Passano esattamente tre secondi. Nei primi due secondi, Daichi stava sorridendo tra sé e sé. Ah, i piccoli della Karasuno, pensava, hanno davvero tante potenzialità. Kageyama ha un talento fuori dal normale, finché ci sarà, terrà equilibrata la loro squadra e sempre concentrata verso l’attacco. In più, un ragazzino come lui riesce a rispondere alle provocazioni senza… e qui sono scattati i tre secondi, fanno tac e qualcosa fa tac anche nel cervello di Daichi che ha finalmente capito quello che Suga ha appena detto. E riesce a dire solo: “Eh?” Che comunque è meglio di quello che riesce a fare Asahi, cioè niente.

Suga si gratta la spalla. “Sono stati molto tempo insieme a Tokyo e sembra che abbiano fatto notare a Kageyama che potrebbe arrivare a certe soluzioni molto semplici, come la storia di ringraziare o di presentarsi, anche da solo, ma che fino a quando c’è Hinata lui non sembra preoccuparsene. Lui non sa se è vero e sta facendo una specie di periodo di prova senza Hinata per vedere se è un essere umano normale..”

“Questa cosa è dannatamente confusa” commenta Asahi, grattandosi la fronte con gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate.

“Questa cosa è problematica, se Hinata ha chiesto di stare nella squadra con te, piuttosto che in quella di Kageyama” dice invece Daichi.

“Io vorrei chiedergli come va questo periodo senza Hinata… Non mi sembra tanto diverso. E quando hanno litigato, la volta scorsa, non mi sembra che Kageyama fosse così perso, no?”

“Uhm” lo contraddice Asahi, con una smorfia. Scuote la testa, ma non dice niente. Piuttosto chiede: “E c’è la possibilità che chi ha detto che Hinata e Kageyama sono troppo vicini sia Tsukishima?”

Suga e Daichi girano contemporaneamente la testa verso Asahi, cosa che lo fa sobbalzare sul posto e distogliere lo sguardo, per qualche motivo. Forse stanno usando il loro sguardo intenso contro di lui. Uhm. Oh no.

“Siamo sicuri che non sia stato Kageyama a iniziare il pettegolezzo di Tsukishima e Yamaguchi?” chiede ancora Asahi, guardando verso il basso. “Lui alla fine…”

“No” taglia corto Suga. Scuote la testa più volte. “Teniamo le due cose separate. Kageyama non è il tipo di persona che inventa una storia. Se qualcuno ha iniziato la voce deve essere qualcuno che le storie le esagera. Per questo Daichi pensa che le inizino Hinata, o Yachi. Ma Kageyama…? No.”

“Non possiamo esserne sicuri.”

“Allora seguiamo la traccia. Siamo arrivati a Nishinoya e Tanaka, giusto? Chiediamo a loro.” Suga si gira e si guarda intorno. La stanzetta è semivuota e convenientemente tutti i ragazzi del secondo anno, tranne Nishinoya, sono raggruppati a prendere in giro Tanaka. È conveniente. Sembra essere quasi fatto apposta. Di solito, Ennoshita, Narita e Kinoshita vanno via prima, per poter correre a finire i compiti per la scuola. “Ehi, Tanaka” chiama Suga.

Tanaka si gira verso di lui, i bottoni della maglietta nei buchi sbagliati, mentre Kinoshita continua a ridere sotto i baffi. “Sì?”

“La storia di Tsukishima e Yamaguchi che si tenevano per mano a Tokyo, è vera?”

Tanaka ci mette un po’ a rispondere. Si porta una mano sul fianco e poi scrolla le spalle. “Beh, per quello che so, sì” risponde. “A Tokyo Tsukishima si è sentito male, probabilmente perché ha mangiato troppo, e Yamaguchi si è preoccupato, quindi lo ha preso per mano e lo ha portato in bagno a fare dio sa solo cosa. Mentre Tsukishima vomitava gli teneva la mano.” Si porta una mano sotto il mento, tiene anche gli occhi socchiusi, come se questo potesse aiutarlo a ricordare. Si gira verso Ennoshita. “O no?” Ennoshita non risponde, ruota solo gli occhi.

Questa è una versione completamente diversa da quella che ha raccontato Kiyoko.

“Poi, dopo che ha finito di vomitare, Yamaguchi ha dato un bacio sulla fronte di Tsukishima. Come una mamma” lo dice con un tono scherzoso. Come se fosse divertente.

Questa è una versione completamente diversa da quella che ha raccontato Kiyoko.

“Lo hai raccontato a qualcuno?” chiede Suga.

“A Noya-san, ovviamente. E lui ha iniziato a ridere e pensare quanto diverso sarebbe stato se li avessero trovati così in un vicolo buio. In effetti, ci sarebbe potuto essere un malinteso, in quella situazione.”

Ah. Ecco.

Daichi si passa una mano sul viso. Sono arrivati alla fonte della distorsione della storia e può vedere quanto le orecchie di Asahi sono diventate rosse. Daichi può dire che questa missione è finita, quindi.

Ma Suga.

“E a te chi lo ha raccontato, Tanaka?”

Tanaka alza un lato delle labbra, poi posa una mano su Ennoshita. “Questo ragazzone qui” annuncia fieramente, mentre Ennoshita muove la spalla per liberarsi dalla sua presa. “Perché?”

Suga si gira verso Ennoshita e alza un sopracciglio. Ed Ennoshita risponde alla sua domanda muta alzando le mani il più tranquillamente possibile. “Io non ho detto che poi Yamaguchi lo ha baciato sulla fronte.” Come se questo fosse il problema centrale di tutta questa storia.

Suga e Daichi condividono uno sguardo veloce. Poi Daichi chiede: “Chi ti ha raccontato questa storia?”

Ed Ennoshita aggrotta le sopracciglia e scuote la testa. “Beh, la fonte” risponde, scrollando le spalle. “Tsukishima.”

Okay, questo è strano. Dopo qualche secondo, Suga scoppia a ridere, tenendosi la pancia e Daichi chiude gli occhi, per cercare il tasto reset della vita.





⭐️. Le Pleiadi


Tadashi non è poi così sicuro, ma pensa che Yachi sia un pochino tesa, mentre vanno a scuola, tra lui e Tsukki. Cioè. Lui non è il tipo di persona che salta subito alle conclusioni ma -Yachi non sembra essere proprio a suo agio.

Quindi si gratta la nuca, si morde l’interno delle guance e poi chiede: “Preferisci tenere tu l’ombrello e io mi sposto in mezzo?” E Yachi sobbalza, mentre camminano, stringe i pugni intorno alla cartella e non sembra sapere che cosa dovrebbe rispondere.

Beh. Originariamente, questo era solo un modo per essere gentili. Ha iniziato a piovere, mentre andavano a scuola e hanno anche incontrato Yachi, che ha dimenticato il suo ombrello a scuola la settimana scorsa, a quanto pare, e le hanno detto che non sarebbe stato un problema accompagnarla, visto che, beh, stanno andando tutti dalla stessa parte, no? E forse Yachi avrebbe preferito dire di no, perché adesso lei… è anche vero che non è quel tipo di persona a cui piace stare in mezzo ad altre persone e ora, per questione di ombrello, è più facile coprirla se si trova in mezzo, senza che poi le cose possano sembrare -sconvenienti. Forse però lo sembrano lo stesso.

Yachi lancia uno sguardo con la coda dell’occhio a Tsukki, poi torna a guardare Tadashi. “Sembrerò sgarbata” inizia, intrecciando le dita tra loro. “Non voglio davvero sembrare sgarbata. Ma prima che voi arriviate, devo iniziare a sistemare alcune cose in palestra e andare a prendere gli asciugamani puliti, cambiarli con quelli sporchi e altre cose.” Yachi prende il cellulare dalla tasca e poi sospira. “Mi dovrei incontrare lì con Shimizu-sempai e voi siete così lenti…”

“Scusami?” chiede Tadashi, sbuffando una risata.

Yachi si inumidisce le labbra e chiude gli occhi per una frazione di secondo, come se stesse cercando il coraggio di dire qualcosa. Prende un respiro profondo e dice: “Yamaguchi, mi potresti fare il favore di prestarmi l’ombrello? Te lo ridarei dopo gli allenamenti mattutini, lo giuro e non ho nessuna intenzione di rubarlo. Se mi dimenticassi di restituirlo, sai sempre dove trovarmi, no?”

Tadashi aggrotta le sopracciglia e riesce a vedere quello sguardo intenso che Tsukki sta dedicando a Yachi, per qualche ragione. “Beh, sì, se…”

Yachi non aspetta che finisca la frase. Afferra il suo ombrello con una velocità impressionante e inizia a correre davanti a loro. E così, com’è comparsa è scomparsa, mentre Tsukki si avvicina a Tadashi, per coprirlo dalla pioggia leggera di un autunno anche troppo caldo.

Tadashi rimane senza parole. Cioè. Non ha proprio capito che cosa è successo, ma ha capito che è successo qualcosa. E lui e Tsukki rimangono in silenzio per un po’. Tsukki ha anche le cuffie sulle orecchie, anche se Tadashi è abbastanza sicuro che non stia ascoltando nulla.

“Che cosa sapete che io non so?” gli chiede dopo un po’, mettendosi le mani in tasca. “Perché mi sembra che io non so qualcosa d’importante e voi invece sì?”

Tsukki sospira e tiene l’ombrello un po’ più alto, forse per poterlo guardare negli occhi. “Non so niente che tu non sai.” Mente. Ovviamente sta mentendo.

E quindi Tadashi sospira e continua a camminare in silenzio. Ci sono delle gocce che gli cadono sulla spalla, per colpa della posizione in cui Tsukki tiene l’ombrello. Una goccia. Due gocce. Tre gocce. Quattro cinque e poi anche sei gocce.

Tadashi si accarezza il ponte del naso con le dita, perché, certo, c’è un motivo se lui e Tsukki non condividono mai l’ombrello, e con la mano abbassa il gomito del braccio di Tsukki che porta l’ombrello. E lo vede, quel sorrisetto sulla faccia del suo migliore amico, che ha inclinato l’ombrello, adesso, perché la pioggia cadesse fino a Tadashi, solo per irritarlo. Quindi posa la mano su quella di lui, per sistemare la posizione dell’ombrello e Tsukki si mette a ridere.

Ride, portandosi la mano libera davanti alle labbra, e Tadashi sbuffa, incrociando le braccia. “Che cosa infantile” borbotta.

E Tsukki allora inclina un’ultima volta l’ombrello, facendo cadere sui capelli di Tadashi così tanta acqua da poter essere la causa della sua morte.

Anche oggi Tsukki ha le mani fredde.





vi. La ricerca della fonte porta a imprevedibili e misteriose rivelazioni


“Sono sotto lo stesso ombrello” ci tiene a commentare Suga, dando un colpetto sul fianco di Daichi. “Che carini, vero? Sono dannatamente carini. Guardali! Aw. Comunque chi lo avrebbe mai detto?”

Daichi sospira. “Spero per loro che stiano insieme per tutto il liceo, perché la squadra…”

“Sì sì” borbotta Suga, dandogli una pacca sulla spalla, per zittirlo. “Sono carini, dai, ammettilo. L’esca più forte ci ha distratti su chi veramente stava facendo le cose zitto zitto, uh? Guarda. Quanto. Sono. Carini.”

Daichi alza un lato delle labbra. “Sì” dice alla fine, con un sospiro.

“Avete visto che sono arrivati sotto lo stesso ombrello?” chiede Nishinoya, spuntando da dietro il fianco di Suga. “Allora è vero quello che dicono, che stavano in bagno che si tenevano la mano. Parliamo di Tsukishima e Yamaguchi, vero? Sembrano una coppia stabile.” Arriccia le labbra. “Che noia.”

“Ma voi pensate che” parla Tanaka, posando il mento sulla testa di Nishinoya e arricciando il naso. “Cioè, voglio dire, è Yamaguchi che ha fatto la prima mossa, vero? Tsukishima, lo spocchioso, non sarà riuscito nemmeno a prendere il coraggio per dire a Yamaguchi come stavano le cose, uh?”

“Beh, questo non lo sai” ribatte Nishinoya, cercando di guardare verso l’alto. “Se nella coppia ci fosse Asahi, allora sì che lo avresti saputo. Asahi-san non fa mai la prima mossa…”

Asahi si porta una mano sul petto, indignato. “Non è vero!” cerca di difendersi, ma basta un’occhiata da parte di Nishinoya, per far sparire ogni sicurezza dal viso di Asahi. Bene.

“Cosa succede?” chiede Hinata, comparendo tra Suga e Daichi.

Daichi abbassa lo sguardo per guardarlo e poi sbuffa. “Tsukishima e Yamaguchi” gli spiega, mentre guarda gli ultimi membri della squadra andarsi a cambiare. “Sono arrivati sotto lo stesso ombrello.”

“Uhm, okay” risponde Hinata, perdendo immediatamente interesse. Se la situazione fosse stata simile a quella di una settimana fa, Daichi avrebbe detto che Hinata sarebbe corso da Kageyama per chiedergli di alzargli la palla. È troppo irrequieto. Hinata lancia uno sguardo a Kiyoko. “E perché ci interessa? È successo qualcos’altro?”

Yachi. Sicuramente è successa Yachi, visto che si tiene lontana dalla porta e guarda con molta intensità la palla che tiene in mano. Ma Daichi non vuole investigare e farà di tutto perché Suga non lo porti a investigare. Non vuole davvero spaventare la povera ragazzina.

“A Tokyo, Yamaguchi e Tsukishima si stavano baciando” informa Kiyoko. E Hinata apre la bocca e sembra essere pronto a gridare qualcosa, ma viene fermato dai riflessi pronti di Tanaka, che gli tappa la bocca con la mano.

“Non è vero” la corregge Daichi, scuotendo la testa. “Ma è vero che si tenevano per mano. Girano voci.”

“Non le hai sentite, Hinata?” chiede Suga.

“Uhm, no. Ma comunque che male c’è in tenersi per mano? Lo fanno tutti.”

“No, non lo fanno tutti.”

“Ah, no?”

“No.”

“Che strano” mormora Hinata, con le sopracciglia aggrottate. “Io comunque non ho mai visto Tsukishima e Yamaguchi tenersi per mano. Non lo sapevo.”

“Già, Tsukishima lo ha detto solo a Ennoshita, stiamo aspettando che si sentano abbastanza tranquilli per poterne parlare anche con noi.”

“Tsukishima ha detto a Ennoshita che lui e Yamaguchi si teneva per mano con Yamaguchi?”

“Hinata, oggi sei lento a capire le cose, uh?” ride Tanaka, con la bocca aperta.

“No -o forse sì, non lo so. È che non capisco bene perché dovrebbe essere importante che due persone si tengano per mano.”

Daichi sbatte lentamente le palpebre. Ha un dubbio. Un dubbio di cui non parlerà. Non lo dirà ad alta voce. Ma ha un dubbio. Posa una mano sulla testa di Hinata. “I fratelli maggiori portano sempre i fratellini in giro tenendoli per mano, giusto?” gli chiede e lancia uno sguardo dietro di loro, senza che nessuno se ne renda conto.

“Eh!” risponde Hinata a voce un pochino troppo alta. “Io e Natsu andiamo sempre in giro così!”

Alle loro spalle, Kageyama si irrigidisce e prende una palla in mano. È stato decisamente troppo silenzioso durante questo lasso di tempo. Non sembra voler parlare nemmeno adesso. Guarda solo la palla, in silenzio, come se stesse pensando intensamente a qualcosa. Uhm.

Oh no.

Oh no no no.

Daichi chiude gli occhi di nuovo e prende un respiro profondo, prima di sorridere a Hinata e dire: “Hai ragione, sì. Queste cose -lo faccio anche io con i miei fratellini.” Si inumidisce le labbra. “Va bene. Direi di iniziare a riscaldarci?”

Tutta la squadra a eccezione di Tsukishima e Yamaguchi, che ancora non sono arrivati in palestra, risponde con un trascinato: “Sì, signore!”

Tsukishima.

Daichi si passa una mano sul viso. Ah, Tsukishima. È cresciuto davvero tanto, a quanto pare… Non dirà niente a Suga, comunque. Chi lo avrebbe mai detto? Tsukishima? Eh. Sì. Tsukishima.




⭐️. Le Perseidi

Tadashi viene informato di tutto ben quattro giorni dopo che la voce è stata messa in giro, perché Yachi dava per scontato che Tsukki gliene parlasse, ma Tsukki ha avuto la bellissima idea di fingere di non sapere niente e Yachi ha iniziato a chiedere scusa e poi chiedere di nuovo scusa e si è seduta al banco di Tadashi e ha aspettato che anche Tsukki si sedesse con loro. Ha iniziato dicendo che doveva esserci anche Kageyama con loro ma che probabilmente si era addormentato in classe e quindi niente, avrebbe iniziato senza di lui. Tsukki si era messo le cuffie.

E Tadashi ha pensato, mentre Yachi parlava ah, ecco perché avrebbe dovuto litigare con Tsukki. Beh. No. Uhm.

In effetti, Yachi non era lì per spiegare la storia di Kageyama, Hinata e il tenersi per mano, quando è successo il cosidetto fattaccio. Cioè. Probabilmente Ennoshita avrebbe capito, se glielo avessero spiegato, ma è anche vero che doveva essere Kageyama a parlare e, in quel momento, non era riuscito a dire nemmeno una parola.

Non è successo niente di che.

A Tsukki piace tanto provocare e lo stava solo prendendo in giro, perché è questo che Tsukki fa, di solito. Punzecchia Kageyama e poi lo guarda annaspare mentre non sa che rispondere. E gli ha detto qualcosa sul come deve essere bello essere come il Duo degli Idioti, che non si fermano a pensare alle conseguenze, al significato delle loro azioni e cose del genere. E gli aveva chiesto se gli piaceva essere preso per la mano da Hinata ovunque andassero. Ennoshita, probabilmente perché aveva visto l’espressione di Kageyama, li aveva interrotti e aveva sentito quest’informazione senza contesto di due persone che si tengono per mano. Aveva chiesto chi. Kageyama è entrato nel panico. Tsukki ha pensato velocemente, forse si è sentito un po’ male per lui, forse ha pensato che ci sono delle cose che non dovrebbero essere sbandierate ai quattro venti, se non si è sicuri, e i sentimenti sono quel tipo di informazione, e ha detto che erano lui e Tadashi. Lui e Tadashi si tenevano per mano a Tokyo.

Davvero.

Questo non potrebbe rendere infelice o arrabbiato Tadashi nemmeno tra cent’anni. E quindi è sbottato con un e perché non me l’avete detto prima? Anche perché sarebbe stato tutto molto più divertente. Guardare i ragazzi del terzo anno correre di qua e di là, ad esempio, e meno frustrante, non capire il perché del comportamento strano di Hinata e Kageyama.

Hinata sa di tutto questo?

La risposta che gli hanno dato è no. Perché è Kageyama che ne dovrebbe parlare con Hinata e, nel loro caso, Yachi non può forzare la mano. Ci sono di mezzo dei sentimenti. A quel punto del discorso, Yachi ha lanciato uno sguardo veloce a Tsukki, che l’ha bellamente ignorata. Comunque, si è decisa a parlare adesso perché sembra che la situazione sarebbe potuta uscire fuori di mano. O che l’abbia già fatto, non lo sa, e tutta la loro squadra pensa che loro due, Tadashi e Tsukki, siano una coppia.

Tsukki si è tenuto le cuffie sulle orecchie per tutto il tempo. Non ha condiviso con lui il pranzo. Non ha commentato.

Sinceramente. E Tadashi lo dice sul serio: sinceramente, la situazione gli sembra esilarante e avrebbe voluto sapere tutto quattro giorni fa, quando tutto è iniziato. Si sarebbe divertito anche lui e avrebbero potuto divertirsi insieme. Rendere pazza o confusa la squadra. Guardare le facce basite. Prendere in giro Tanaka. È obiettivamente divertente. Ma dice di volerci pensare sopra, prima di commentare in qualsiasi modo questa situazione. Durante la pausa pranzo si è alzato e ha deciso di uscire dalla sua classe e fare una passeggiata.

Potrebbe anche fingere che questa sia una specie di lite di coppia e vedere come reagisce il capitano e come pensano tutti che l’equilibrio della squadra sia in pericolo.

Ha davvero avuto questo tipo di pensieri.

E si è anche chiesto per quale motivo Tsukki non gliene abbia voluto parlare. E perché, in effetti, negli ultimi giorni le loro mani sembravano sfiorarsi più del solito.

E quindi si è arrivati al momento in cui Tadashi deve tornare a casa, dopo gli allenamenti, e Tsukki lo segue in silenzio. Non piove. Yachi ha dimenticato di restituire l’ombrello, ma Tadashi se ne rende conto troppo tardi. Quindi.

Quindi.

Quindi.

Questa storia è abbastanza imbarazzante ora che sono solo loro due. Quindi.

Quindi.

Quindi.

Tadashi si morde l’interno delle guance.

In effetti, in momenti come questi vorrebbe davvero tanto essere un po’ come Kageyama o Hinata e non pensare troppo a questa situazione. Si gratta le pellicine dalle dita. Tiene le mani in tasca.

Quindi.

Quindi.

Quindi.

Tira la mano fuori dalla tasca, la lascia dondolare vicino al suo fianco e lancia uno sguardo a Tsukki e sospira. Cioè. Perché. Uhm. L’unico motivo per cui Tsukki può non avergli detto di questa situazione è che, per qualche motivo, Tsukki gli vuole tenere la mano. È un pensiero un po’ contorto ed è un po’ difficile da spiegare, ma a Tsukki non piace parlare di alcune cose. Quindi. Beh. Tadashi lascia dondolare la mano. Piano piano. Senza far spaventare Tsukki, che continua a far finta di star ascoltando musica.

Dondola piano la mano, l’avvicina a quella di Tsukki. E poi si sente che, beh, non vuole prendergli la mano come quei due idioti, palmo contro palmo, le dita sul dorso della mano. Non suona come una cosa da loro. Non suona come…

Tsukki inclina la testa e abbassa lo sguardo verso le loro mani. Tadashi intreccia il suo mignolo intorno al mignolo di Tsukki. E anche lui sta lì a guardare le loro mani. Eh. Questo sa un po’ più di loro. Sembra un po’ più libera, come cosa. Davvero. Non sa spiegarsi.

Quindi alza lo sguardo per guardare Tsukki e gli sorride, con la testa inclinata. E continuano a camminare, come se niente fosse. “Me lo potevi semplicemente chiedere, no?” gli chiede e Tsukki distoglie lo sguardo, inizia ad avere delle chiazze rosse per tutto il viso e la punta delle orecchie… anche quelle sono decisamente rotabili.

È divertente, anche confortante, tenere la mano di Tsukki.

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Capitolo 2
*** Fasi lunari ***


☄️. Eclissi Lunare

Yamaguchi si sta divertendo davvero tanto. Forse troppo.

Kei gli lancia un’occhiata e poi sospira. Non era esattamente quello che si aspettava che sarebbe successo. Non che abbia effettivamente pensato nel momento in cui tutta questa storia è iniziata, quindi… però non era quello che pensava che sarebbe successo.

“Quando mi sono reso conto di aver sbagliato strada” sta raccontando Hinata, saltando accanto a Yamaguchi. “Ormai avevo pedalato oltre la montagna vicino casa mia. E avevo superato anche l’altra montagna e non sarei mai arrivato in tempo a scuola. Allora inizio a…” Tira in avanti le braccia e le muove come se avesse davanti un manubrio.

Yamaguchi sorride.

Kei schiocca la lingua contro il palato, mentre ruota gli occhi.

I loro mignoli sono intrecciati. Nessuno dei due fa una gran rumore su questo dettaglio, ma Hinata ogni tanto lancia uno sguardo alle loro mani, come se fosse confuso, per qualche ragione e poi sorride, come se si aspettasse che loro gli dicessero qualcosa. Non lo ha fatto proprio adesso. Il problema sta nel fatto che lo fa spesso, guardando con molta intensità Yamaguchi, che invece cerca di ancorarlo nella conversazione che stanno tenendo in quel momento.

Ha dovuto ripetergli di continuare la storia della montagna e la rana un paio di volte, perché Hinata si distraeva, guardando verso destra e sinistra e puntando una o un’altra volta a piccoli dettagli nel buio che nessuno di loro aveva notato. Ma torna sempre a guardare le loro mani.

Yamaguchi e Kei sanno di che cosa lui vorrebbe che loro parlassero, ma Yamaguchi ha detto che trova più divertente lasciare questo detto-non-detto, almeno fino a quando Kageyama non troverà il modo di sistemare i suoi pensieri. Lo stanno facendo per lui, no? Ma è anche vero che ci si deve proteggere. Almeno, ha detto, se non confermano e non negano non stanno mentendo per davvero e così avranno un buon alibi quando tutti inizieranno a chiedere che cosa fosse passato loro per la testa al tra tante virgolette mentire sulla loro relazione, fine virgolette.

Kei ha trovato questo ragionamento molto razionale. Anche molto dispettoso, a modo loro. Gli è piaciuto. Se Yamaguchi volesse, potrebbe diventare un buon avvocato. Fa quasi paura.

La cosa importante, adesso, è che quando tornano a casa e ci sono gli altri membri della squadra, Yamaguchi intreccia insieme i loro mignoli. E continua a camminare, come se niente fosse, come se fosse qualcosa che hanno fatto per tutta la vita. Forse, passare così tanto tempo con Hinata lo sta rendendo troppo simile a Hinata. E Kei si morde l’interno della guancia, a pensarci. Yamaguchi è tutta una contraddizione.

Kageyama cammina accanto a Hinata, con le mani in tasca e lo sguardo basso. Un idiota e la sua stupidità. Potrebbe essere un nuovo quadro, il sogetto di uno di quei tristissimi film introspettivi. Un idiota e la sua idiozia. Che rimarrà solo con quella. E ha trascinato Kei nella sua stupidità. Che noia. Kageyama che non sa risolvere i suoi problemi da solo e quindi trascina gli altri giù per il fosso con lui. Stupido Kageyama. Kei continua a mordersi l’interno della guancia. Stupido idiota.

“Passando per la montagna, ho visto quest’enorme rana che mi stava fissando. Cioè. Boh. È stato strano perché io ho visto prima la rana, forse non era…” Hinata parla tantissimo, soprattutto con Yamaguchi e soprattutto quando non c’è Yachi intorno a loro. Quando sono tutti e tre insieme -a Kei piace veramente tanto Yamaguchi.

Non era questo il punto ma...

Si è scoperto che Hinata ha anche altri interessi oltre alla pallavolo. Non ci mette la stessa anima, quando parla di come da piccolo adorava collezionare le carte dei Pokémon. Non ci mette la stessa anima, quando parla di quel piatto che ha provato quando è partito con la sua famiglia per vedere il mare. Blatera tantissime parole, fa tantissimi gesti.

Kei lo osserva con la coda dell’occhio. Yamaguchi continua a rispondere. Kageyama rimane in silenzio. C’è Tanaka, che cammina stancamente dietro di loro, insieme a Nishinoya. E deve essere per questo che Yamaguchi tiene i loro mignoli intrecciati.

“Le rane sono strane!”

“Quello che dico anche io!” grida Hinata in risposta.

Kei sta pensando a tirare su le cuffie e far finta di non starli ascoltando. Ma gli piace la risata di Yamaguchi. Kei si morde l’interno delle guance. Hinata è irritante. Yamaguchi ha una bella risata. Come fare a decidere che cosa fare? Yamaguchi ha anche delle mani morbide. Che cosa fare? Come muoversi? Come reagire?

Si stanno avvicinando al punto in cui tutti prendono strade diverse, sotto la collina.

Cosa fare? Come comportarsi? Stupido Kageyama. Stupido idiota, guarda in che posizione hai messo Kei. Stupido, stupido, stupido.

“Stavo pensando” cambia discorso ancora una volta Hinata, guardando verso l’alto. Non ha nemmeno finito il discorso sulle rane. Ha solo cambiato argomento. Durante una frase. Di nuovo. Kei non commenta. Vorrebbe potersi mettere le cuffie, in questo momento. Yamaguchi ha smesso di ridere e Kageyama sembra solo essere qualcosa di patetico in sottofondo. È una situazione imbarazzante. Vorrebbe davvero essere da un’altra parte. Non aver fatto niente per aiutare nessuno. Che cosa gli è passato per la testa? La mano di Yamaguchi è soffice. “Congratulazioni” finisce semplicemente Hinata, guardando direttamente a Yamaguchi, con la testa inclinata e il mento alto.

Yamaguchi ruota gli occhi ma sorride, mentre Hinata sale sulla bicicletta e inizia a salutare tutti quanti. Alza le braccia. Inizia a gridare verso Tanaka e Nishinoya, che gli gridano indietro qualcosa sull’andare da un supermercato e prendere delle gare autoaderenti per una caviglia o qualcosa così. La verità è che Kei non li sta ascoltando perché è troppo distratto. Forse stanno promettendo cibo, invece. O forse -bah, che importa.

Chissà per che cosa si è congratulato Hinata. Forse per la battuta di oggi, che sembra aver dato problemi anche a Nishinoya. Forse. Probabilmente. O forse Hinata è così stupido da voler rendere ovvio e detto quello che invece Kei e Yamaguchi non voglio rendere esplicito e detto e ovvio.

Sono arrivati ai piedi della collina. Devono prendere tutti direzioni diverse.

Kei sospira. Li vede scomparire. Vede Hinata salire sulla bicicletta e andare via. Kageyama fare un cenno della testa, prima di andare via. Vede Yamaguchi salutarli e rimanere con lui.

C’erano veramente tante persone prima. E ora invece, a camminare in mezzo alla strada, ci sono soltanto loro due. Kei e Yamaguchi.

Yamaguchi, che fa scivolare via il suo mignolo, non gli tiene più la mano, mentre inizia a parlottare su quando gli piaccia allenarsi con Shimada-san.

Kei abbassa lo sguardo. Doveva mettersi le cuffie. Il suo mignolo è freddo. La sua mano è vuota.







i. Secondo studi condotti dall’Università di Harvard, a Ennoshita Chikara non frega un c@*!

Avevano detto di rimanere in silenzio e aspettare che i ragazzi si sentissero a loro agio per poter parlare della loro relazione. Avevano detto che avrebbero aspettato pazientemente, che Yamaguchi e Tsukishima parlassero apertamente della loro relazione. Avrebbero dato loro tempo e spazio e -avevano detto che avrebbero aspettato.

Chikara tira su la lampo del giacchetto della tuta e sospira. Avevano detto che avevano avrebbero aspettato…

“Bravo bravo!” grida Noya, dando forti schiaffi sulla schiena di Tsukishima. Ennoshita tiene gli occhi chiusi, non vuole vedere.

Avevano detto che avrebbero…

“Insomma? A cosa siete arrivati, eh?” Noya abbassa la voce, ma continua a dare pacche sulla schiena di Tsukishima. “Vi ho visti tenervi per mano! Allora? Eh? Eh?”

Avevano detto che…

“Venite a scuola tenendovi per mano?”

Avevano detto…

“Ci sono stati bacetti?”

Avevano…

“Degli abbracci molto lunghi?”

Chikara riesce a sentire fisicamente il tic all’occhio che ha, mentre dà un colpo in testa a Noya, per poterlo calmare. Avevano detto che avrebbero aspettato che i ragazzi si sentissero al sicuro, per poterne parlare. Non avevano detto di voler forzare loro la mano. Non avevano detto nemmeno che li avrebbero affrontati direttamente. Quindi. Lo sguardo che gli lancia Noya non è per nulla giustificata. E Tsukishima che si passa una mano sul retro del collo, con fare nervoso non prevede nulla di buono. Soprattutto quando il gesto dopo è distogliere lo sguardo e cercare di asciugarsi l’altra mano sul pantaloncino della divisa.

Tutta questa storia non sembra essere da Tsukishima. Sinceramente, Chikara aveva deciso di tenersi fuori da questa storia, soprattutto visto l’ultimo disastro che ha causato, chiedendo un consiglio a Tanaka su quello che aveva sentito. Si è detto: no. Lascia che gli altri si mettano in mezzo. Non farti trascinare da questa pazzia generale intorno a te. Restane fuori.

E ci sta anche riuscendo. Ci starebbe riuscendo. Ci sarebbe riuscito se...

“Io non lo dico per spaventarlo.” Noya si agita, cercando di liberarsi dalla presa di Chikara. “Lo dico perché la maggior parte degli adolescenti, soprattutto maschi, hanno problemi con la loro vita sentimentale, perché hanno problemi a esprimere il loro affetto.” Sta gridando. A Chikara verrà mal di testa. “È importante che, come suo sempai, gli faccia sapere che certi comportamenti sono più che normali.”

Chikara sbarra gli occhi, lanciando uno sguardo basito a Noya, che riesce finalmente a liberarsi dalla stretta. Tsukishima si muove nervosamente sul posto. Non capisce veramente l’ambiente che ha intorno. Non capisce quanto fuori luogo siano le sue parole. Non capisce quanto imbarazzante potrebbe essere la conversazione. Non capisce. “Chiedigli scusa” gli sibila contro Chikara, posandogli una mano sulla spalla. E Noya continua a non capire.

“Lo sto davvero dicendo per lui!” ribatte a voce anche troppo alta, infatti. “Immagina avere un partner e non riuscire nemmeno a tenergli per bene la mano. Li hai visti anche tu, no? Allora? Non che dici? Non possono davvero tenersi solo così la mano. Non ci credo che non si abbraccino nemmeno! Tsukishima!” Si gira verso il ragazzino, che continua a cercare un modo di scappare dall’angolo in cui Noya lo ha infilato. Sembra essere un animale in gabbia. “Se non ci sono abbracci, o baci, o parole tenere -sei sicuro che valga come relazione? Sei sicuro che stiate bene? Non bene fisicamente ma bene tra voi due? Ne avete parlato? Perché tu sei un po’ troppo spocchioso nel tuo modo di fare e esprimerti. Ci pensi che magari Yamaguchi vorrebbe un po’ più di tenerezza? Sei più tenero quando non ci siamo?”

“Oi!” lo rimprovera Chikara, strattonandolo di nuovo.

“Non dovrebbe imbarazzarsi così tanto!”

“Oi!” ripete Chikara con un po’ più di forza.

“Lo dico per lui” ripete con più forza Noya, girandosi verso Chikara. Poi si gira verso Tsukishima che sembra aver deciso di scindere corpo e anima, per poter scappare dalla situazione. “Mi sto preoccupando per te.”

Tsukishima sospira, accarezzandosi il retro del collo, prima di alzare un lato delle labbra. È tornato. Chikara lascia andare Noya. Tsukishima sorride col suo fare falsamente innocente. “Parli per esperienza personale, giusto?” chiede il ragazzino e uau.

Chikara alza le mani in aria e fa qualche passo indietro. Ci è andato pesante. Non che Tsukishima abbia mai giocato per perdere, certo, e non che Noya non se la sia cercata. Solo che -uau, ci è andato pesante.

Noya rimane immobilizzato, come se fosse stato congelato sul posto, prima di ruotare gli occhi. Quel poco tempo di di esitazione di Noya dà il tempo a Tsukishima per uscire dall’angolo in cui è stato intrappolato. Scivola via con dei movimenti fluidi e finisce di sistemarsi la tuta, per aggrapparsi alla porta dello spogliatoio.

“Sì” gli risponde Noya, girandosi velocemente verso di lui. Tsukishima sobbalza, anche se prova a non farlo vedere troppo. e Noya tiene i pugni chiusi. “Ovviamente lo dico per esperienza personale.”

Tsukishima non si gira verso di loro. Non gli piace quest’argomento, non vuole parlare di quest’argomento. Spostare il campo di battaglia verso una conversazione che rende anche Noya nervoso, è una mossa di tutto rispetto. Solo che Noya le cose che non vorrebbe fare le fa, le cose di cui non vorrebbe parlare le discute. È stato questo l’errore di Tsukishima.

Chikara sospira. Non vuole davvero mettersi in mezzo. Non vorrebbe girare intorno a Yamaguchi e Tsukishima come sta facendo Noya, anche se sa che questo comportamento di Noya è dovuto a un suo comportamento poco pensato, com’è stato parlare delle parole di Tsukishima a Tanaka. Nonostante questa consapevolezza, non vuole mettersi in mezzo.

Quindi Chikara prova a non vedere Tsukishima che scocca la lingua contro il palato, stringe la mano contro il pomello della porta, e che sembra essere, per qualche motivo, molto ma davvero molto a disagio. Quasi come se si sentisse in pericolo. Chikara finge di non vederlo.

Lo sente chiudere la porta. Dà un colpo in testa a Noya, sgridandolo con un: “Avresti solo dovuto chiedergli scusa.” Poi si passa una mano sul viso e sospira: “Tu hai il permesso dei tuoi per il nostro mini-ritiro?” cambia discorso.

Noya, dolce anima gentile, glielo lascia fare.




.Luna piena

Yamaguchi ride, tirandogli di palleggio la palla e aspettando la palla in palleggio indietro. Kei non trova che ci sia molto da ridere. “Non c’è niente da ridere” lo rimprovera infatti, ritirandogli la palla.

La palestra è riempita dai rumori e dal loro eco. Le palle cadono per terra, poi rimbalzano sui loro polpastrelli, poi ci sono i passi pesanti dei loro compagni di squadra e le voci -tante grida, un sacco di rimproveri, tante palle chiamate, oche conversazioni. Eppure, Yamaguchi e Kei riescono a chiacchierare, come riescono a farlo durante le pause a pranzo o quando Kei decide di non mettersi le cuffie.

“Scusa, Tsukki” parte Yamaguchi, allungando le braccia per colpire la palla. “Ma è vero che Nishinoya-san che prova a darti una lezione di educazione sentimentale fa ridere.” Kei gli tira indietro la palla, ma Yamaguchi non sembra essere concentrato, la palla cade per terra. Yamaguchi continua a ridere. “Ti ha chiesto se mi tratti bene?”

Yamaguchi è un ragazzo dispettoso. Kei non sa come il resto della squadra non se ne sia mai reso conto, ma è vero che Yamaguchi è, ed è sempre stato, un ragazzo moderatamente vivace, con idee che non sempre vanno bene col suo viso quasi angelico. Forse è per questo che vanno d’accordo, loro due. Perché la vivacità di Yamaguchi è sempre guidata dalla sua coscienza e il suo essere dispettoso è solo un modo per ridere, senza fare male a nessuno. È come se si godesse le piccole casualità della vita, gli scherzi della quotidianità. A Kei è sempre piaciuta questa cosa. Deve essere, dice sempre Yamaguchi, il senso dell’umorismo che si ottiene dopo anni ad essere uno dei più piccoli e gracili trai bambini. Dopo aver avuto tanta paura, è difficile tornare ad avere così tanta paura. È difficile accettarlo.

Yamaguchi tiene la palla tra le mani. Sta ancora ridendo. “Scusa, scusa” continua a ripetere, ma poi torna a ridere con ancora più forza. Alza una mano, come se volesse dirgli che presto smetterà di ridere, ma poi torna a ridere ancora di più.

Kei sospira, posando una mano sul fianco. “Davvero?” gli chiede. Ma le risate sono contagiose, si sa, e quindi, per quanto voglia tenere il suo tono serio, Kei si ritrova a scoprirsi ridere piano, con un sorriso sulle labbra. Odia questa storia. Ma.

“E tu non hai risposto?”

“Cosa dovevo rispondere?”

Yamaguchi prende dei respiri profondi. Sta davvero cercando di calmarsi. Inspira e poi espira. Si asciuga delle lacrime e poi torna a respirare profondamente. “Non lo so” ammette alla fine. “Potevi dirgli che ci siamo appena messi insieme e che ci sono cose che ancora non ci sentiamo a nostro agio a fare. Non lo so. O che non ci piace il PDA. Questa sarebbe stata valida, come risposta.”

“Avevamo detto di non dire niente di esplicito. Nel caso…”

“Okay, sì, ma ti aveva messo alle strette” ribatte Yamaguchi, con una smorfia. “Forse dovremmo cambiare strategia. Per prendere tempo.”

“Prendere tempo, dici.”

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia. “Eh. Sì.” Tira in aria la palla e poi la riprende tra le man. “Prendere tempo. Per Kageyama.” Tira di nuovo la palla in aria. Sta avvertendo che tra poco ricomincerà a mandarla verso Kei. E Kei è pronto e sarebbe pronto anche senza gli avvertimenti, ma Yamaguchi è gentile in questo modo e a lui non dispiace.

Quindi riceve la palla di palleggio. Yamaguchi fa la stessa cosa. Kei la rimanda indietro di palleggio e Yamaguchi fa lo stesso e Kei…

Kageyama, eh?

È impossibile dimenticare che tutto inizia da lui. Lui e la sua confusione. Lui che nemmeno sa come affrontare i suoi sentimenti. Kei lancia uno sguardo alla palestra con la coda dell’occhio. La richiesta di spazio da parte di Kageyama ha sbilanciato leggermente la squadra. Non nel gioco. Sinceramente non ci vuole che un semplice due di ragazzini del primo anno, coi loro umori, distruggano una squadra. La Karasuno è abbastanza stabile, adesso. C’è un asso che tiene uniti i fili, delle fondamenta sicure in Tanaka-san e Sawamura-san, un appoggio non indifferente in Suga-san. Non è proprio una questione di stabilità sportiva, quindi, quanto di quella pratica. Hinata, di solito, si allena con Kageyama. Non avere loro due come coppia fissa, rende le altre coppie fisse durante gli allenamenti più variabili. Per la squadra non è un male. Ma è un comportamento che potrebbe alzare qualche dubbio.

Quello che Yamaguchi e Kei stanno facendo è: far alzare tutti i dubbi su di loro. Attirare così tanto l’attenzione da dare il tempo a Kageyama di riprendersi e ricominciare a comportarsi normalmente.

Non è detto che funzioni. Ci sono già state delle domande. Suga-san ha chiesto se i due idioti hanno litigato e, Kei non ne è sicuro, ma Daichi-san sembra guardare loro quattro come se sapesse. Non è davvero detto che funzioni.

Soprattutto se Kageyama continua a preferire allenarsi con Asahi-san.

“Tsukki!”

Kei aggrotta le sopracciglia e si gira verso Yamaguchi. Ma non vede Yamaguchi. Solo una palla dritta in faccia, che gli fa chiudere gli occhi e gli fa male, fisicamente e anche emotivamente. Cazzo. Di solito Hinata si prende le pallonate in faccia. Cazzo cazzo cazzo.

Kei si passa una mano sul viso. Non sente di star sanguinando e non sente nemmeno di essersi fatto poi così tanto male. Il rumore delle palle in palestra si ferma. Devono starli tutti guardando. Cazzo cazzo cazzo cazzo.

Yamaguchi corre verso di lui e gli toglie a forza la mano da davanti il viso, prendendola dal polso e studia il viso con un’espressione preoccupata.

“Sto bene” cerca di tranquillizzarlo Kei. Anche perché è vero che sta bene. Se si è preso una pallonata in faccia (cazzo) non è certo perché Yamaguchi non ha tirato bene, o ha tirato senza avvisare. Kei è stato colpito perché, come un idiota, si è lasciato assorbire da altri pensieri. Ha fatto l’idiota. È stato uno stupido. Ma almeno non si è fatto troppo male.

Yamaguchi passa una mano intorno al suo viso, alzando il mento di Kei, per essere sicuro di poterlo guardare negli occhi. Lancia uno sguardo alla squadra, con la coda dell’occhio, e posa entrambe le mani sulle guance di Kei.

Lo sta avvisando. Ma Kei non capisce di cosa.

Poi lo capisce.

Yamaguchi si allunga e gli dà un bacio sulla fronte, appena sopra gli occhiali. Ed è un bacio infantile e veloce. Quando si allontana sta sorridendo. “Così il dolore dovrebbe non esserci più” dice.

Non ci sono rumori di palle lanciate, palle che rimbalzano, palle che cadono. Solo il silenzio, mentre Yamaguchi si alza in piedi e poi porge la mano per aiutare Kei ad alzarsi.

Kei la prende, quella mano. Kei si alza. Kei prende tra le mani la palla. Kei la lancia a Yamaguchi. Kei ha deciso di non pensare che Yamaguchi gli ha dato un bacio sulla fronte. La fronte di Kei brucia. Così anche le sue guance e le sue orecchie. Kei ha deciso che la pallavolo è un buon modo di evitare i suoi problemi e le voci dei suoi compagni di squadra, che sembrano aver iniziato a fare una ola, alzando le braccia e accompagnandosi con un oooooh anche troppo rumoroso.






ii. Capricorno: non farlo. non uscire di casa. non aiutare nessuno. passa la giornata a faccia in giù sul tuo letto

Kinoshita dondola i piedi e mangia in silenzio ed è anche di troppo buon umore. È una storia che inizia ad aprile e che si conclude adesso. Ci sono voluti alcuni mesi, ma finalmente Kinoshita sembra essere qualcosa di simile a felice e quindi Chikara finge di non essere troppo irritato.

Le due coppie di ragazzini del primo sono stati importanti per arrivare a questo punto e Narita che sembra essere incapace di dire no, mentre si lascia trascinare di qua e di là dalle decisioni di Chikara e Kinoshita, non ha aiutato. E tutto inizia con Chikara e Kinoshita in palestra, che guardano la partita tre contro tre e si dicono che i ragazzini sembrano essere stati divisi in coppia, con due trope completamente diversi come inizio di una, o due?, storia, storie?, d’amore. Gli amici d’infanzia e i rivali. Parte tutto così.

Kinoshita ha un sorriso anche troppo esplicito. Non ha mai sorriso così, nei due anni di conoscenza con Chikara. Mai. Fa quasi venire voglia di prenderlo a calci. E infatti Chikara gli dà un colpo sulla spalla e poi fa finta di sorridere, cosa che fa ridere Kinoshita. Figlio di buona donna. Kinoshita si porta un raviolo in bocca. E -uau, che figlio di buona donna.

Kinoshita, durante quella partita, stava tenendo il punteggio e, annoiato ha detto: i primi saranno gli amici d’infanzia. Chikara non aveva capito subito, ma ci è arrivato. Ci ha messo un po’, ma ci è arrivato. E infatti ha risposto: i due ragazzini che si sono picchiati hanno più probabilità di cambiare la loro relazione.

E Kinoshita aveva riso di lato e detto: scommettiamo?

E Chikara aveva chiesto: che cosa?

E Kinoshita: chi perde deve comprare il pranzo all’altro fino a quando non ci si diploma.

E Chikara si era detto, ma sì, dai, quante probabilità ci sono che quello spilungone e il ragazzino con le lentiggini si mettano insieme? La verità è che non pensava nemmeno che il bimbo basso coi capelli arancioni e il tipo alto senza anima negli occhi facciano qualcosa. Non tanto perché non ci -ma perché la vita non è una commedia romantica. Non tutte le persone che interagiscono tra loro provano attrazione. Non è detto che tutte le persone provino attrazione per il loro stesso sesso, poi. E non è detto nemmeno che da quelle basi non nascesse una bella amicizia. Nel peggiore dei casi Chikara avrebbe perso. Nel più probabile dei casi, nessuno dei due avrebbe dovuto comprare un bel niente all’altro. Quindi Chikara ha detto: okay, ma soltanto fino a quando la coppia sarà effettivamente una coppia.

E ora quei due idioti di Tsukishima e Yamaguchi sono una coppia e Kinoshita è così tanto un figlio di buona donna che Chikara ha di nuovo l’istinto di picchiarlo. E lo fa.

Kinoshita ride. Non ride così tanto di cuore e così tanto spesso. Non di solito. Chikara immagina che sia una buona cosa, allora, che abbia vinto una stupidissima scommessa. Ma è anche vero che Chikara ha 17 anni e odia perdere. Quindi gli dice: “Lo sai che tanto non dureranno, vero?” E Kinoshita gli lancia un’occhiata veloce da sotto le ciglia e sbuffa una risata.

“Forse.”

Poi tornano entrambi a guardare davanti a loro. Kinoshita dondola i piedi. Narita è convenientemente silenzioso. E Tanaka ha fatto inginocchiare davanti a lui Yamaguchi, che non sembra riuscire a fermare le sue risate.

“Scusa scusa” sta continuando a ripetere, mentre si copre la bocca e i suoi occhi sono un po’ socchiusi, un po’ troppo piene di lacrime. Chikara alza un lato delle labbra. Dovrebbe fermare Tanaka, ma, la verità?, sembra che Yamaguchi riesca a maneggiare la situazione meglio del suo ragazzo.

Kinoshita continua a mangiare di buon umore. Un raviolo dopo l’altro. Nemmeno offre. Figlio di buona donna.

“Devi prendermi sul serio, Yamaguchi, per il tuo bene” grida Tanaka, prendendolo dalle spalle per scuotere il ragazzino. “Ci sono delle cose a cui non sei ancora pronto. Lo dico davvero. Per te. Devi stare più attento a non venderti così facilmente, non lo sai che la cosa migliore sarebbe non abbracciarsi, non baciarsi e per l’amor del cielo non…”

“Tanaka!” lo riprende Chikara, con le braccia incrociate. Ma davvero? Ma che problemi hanno questi ragazzi? Perché si devono comportare così?

Yamaguchi ride. Non riesce più a contenersi, a quanto pare. E Tanaka si gira verso Chikara con due occhi quasi lacrimanti per il dolore che questi ragazzini gli stanno infliggendo. Deve essere difficile, in effetti, essere stato superato in quanto a vita amorosa da due ragazzini più piccoli. Chikara non ha tempo per provare pena per Tanaka. “È pericoloso!” continua a gridare. “Non lo sai che cosa potrebbe succedere loro! Non lo sappiamo se -e poi!”

“Smettila di spaventare i ragazzini” lo rimprovera Chikara, con un sospiro.

Yamaguchi ride. Continua a ridere. Forse non ha capito in che situazione si sta trovando. Forse è solo molto nervoso. Chikara non saprebbe proprio dire. “Scusa, scusa. Lo giuro. Non lo farò. Non farò niente di stupido.” Non è credibile, se lo dice con le lacrime agli occhi Yamaguchi si passa una mano sul viso. Chikara sospira.

Bambini…

Tanaka lo scuote ancora un po’ dalle spalle. Poi gli dice: “È che, vedi?, Yamaguchi, il sesso alla tua età potrebbe ucciderti. Il sesso ti uccide, capito? Se fai sesso, muori.”

Il mento di Yamaguchi trema. Sta per rimettersi a ridere, ma viene anticipato da Kinoshita, che sputa un po’ del raviolo che aveva in bocca, per ridere a voce altissima.

E Kinoshita è un figlio di buona donna, perché è un figlio di buona donna, ma almeno questa storia sembra avergli fatto tornare la voglia di ridere e quindi Chikara si può ritenere soddisfatto. Tanaka abbraccia Yamaguchi e mormora qualcosa sul non dare la propria gioventù a Tsukishima, e Chikara sospira e sorride.

Va bene così. Almeno, beh, per adesso. Per adesso va bene così.





.Gibbiosa calante

“Ti giuro” sta dicendo Yamaguchi, con gli occhi puntati sulle sue patatine fritte. Ci giocherella un po’, immergendole nel ketchup e Kei si è sempre chiesto come faccia a mangiare le patatine fredde. “Mio papà mi mi ha detto che non mi darà la paghetta fino al prossimo mese. Dice che spendo troppo, ma non so come faccio a spendere tutti quei soldi che dice lui. Forse in cibo. Forse invece è tutta colpa tua che non fai altro che dirmi quel videogioco e quell’altro videogioco!” Yamaguchi sbuffa, scuotendo la testa e portandosi una patatina in bocca. “Mi ha detto che se voglio più soldi, allora dovrei trovarmi un lavoro. Dovrei chiedere a Shimada-san, secondo te?”

“Ti darebbe davvero il lavoro?” gli chiede Kei, posa la guancia sul palmo della mano e sbuffa una risata. “E poi ti ho detto che te lo presto il videogioco.”

“Ugh.” Yamaguchi allunga il braccio per prendere un’altra patatina dal gruzzoletto di Kei. “Non è la stessa cosa, avere un videogioco prestato. Immagino non sia nemmeno la stessa cosa comprarlo con soldi di qualcun altro. Alla fine, non capisco davvero di che cosa si lamenta papà, se tanto i soldi che mi dà me li guadagno. Ultimamente sembra essere più oppressivo del solito.”

Kei fa una smorfia. “Per la cosa dei soldi?”

“Uhm no” risponde Yamaguchi. “È come se fossi sempre indietro per lui. Se gli avessi chiesto dei soldi per, non lo so, uscire con la mia ragazza, probabilmente me li avrebbe dati. Forse anche più di quelli che ho chiesto. Ma visto che ho chiesto soldi per giocare con il mio amico alto, niente. Poi, oltre la cosa della ragazza, non fa altro che chiedermi se ho deciso quale università frequentare, o -per la cosa di inglese? Non mi ha parlato per quasi una settimana.”

“Non sei andato male a inglese.”

Yamaguchi sbuffa, ruotando gli occhi. “Sono andato male a inglese” ribatte, giocherellando con la patatina appena rubata tra le dita. “Almeno, lui dice così.” Sospira e riprende a mangiare.

“Dovremmo trovarti una ragazza” borbotta Kei, accarezzandosi il retro del collo. Detesta averlo detto. Ma gli piace come Yamaguchi sbuffa e scuote la testa, come se avesse appena detto una grandissima stupidaggine.

“Con la situazione di Kageyama?” chiede, ruotando gli occhi. “E poi non sarebbe felice nemmeno così. Almeno, non credo. Boh, non lo so. No. No no. E poi le ragazze mi parlano solo per parlare di te.”

Kei alza un lato delle labbra. “Ops.”

“Sì, infatti. Ops.” Yamaguchi ruota gli occhi. Prende un’altra patatina per giocherellarci. “A questo punto potrei dire anche a lui che sto uscendo con te e per questo mi servono i soldi.”

“O forse potresti fare un bilancio di quello che spendi e iniziare a risparmiare.”

“Cosa? No? Perché sei così?” lagna Yamaguchi, coprendosi la faccia. “Diciamogli che ci siamo messi insieme e che ci servono i soldi per i nostri appuntamenti.”

“Inizia a risparmiare i soldi.”

“Dai, Tsukki, che ti costa? Diciamogli che stiamo insieme e vediamo se mi ci dà i soldi.”

“Risparmia soldi.”

“Dai Tsukki!” continua a lagnare Yamaguchi.

Kei prende in mano la bottiglia e poi la posa sulla fronte di Yamaguchi. “Risparmia” gli ordina di nuovo e sente Yamaguchi ridere piano. “E, se vuoi, lo sai, non è che mi importi molto della Situazione Kageyama. Gli abbiamo dato anche troppo tempo, no? Se vuoi cercarti una ragazza o se c’è qualcuno che ti piace, potremmo anche far finta di lasciarci.” Scrolla le spalle. Accompagna i movimenti di Yamaguchi con la bottiglia sulla fronte e lo guarda mentre sbatte lentamente le palpebre, come se non capisse. “La priorità saresti tu, no?” finisce Kei, togliendogli la bottiglia da sopra la fronte e distogliendo lo sguardo.

Quasi perde il sorriso di Yamaguchi. Sembra quasi brillare. “Scherzi?” gli chiede. “Ci sono così tanti pro in questa faccenda che, fosse per me, potremmo continuare all’infinito.”

“Pro?”

“Sì.” Yamaguchi inclina la testa con un sorriso. Poi inizia a contare sulla punta delle dita. “Uno: nessuna ragazza mi chiede da qualche giorno se posso mettere una buona parola per te.”

“Un pro per entrambi.”

“Già. Due: Nishinoya-senpai mi compra un sacco di gelati.”

“E questo perché…?”

“Perché ho un ragazzo.”

“Non ha senso.”

“Tre: stiamo facendo un favore a un amico.”

“Amico tuo.”

“Amico nostro.”

“Ti rendi conto che lo hai messo dopo il gelato? Sicuro che sia davvero tuo amico?”

Nostro amico.”

Tuo amico.”

Yamaguchi ruota gli occhi e fa un gesto con la mano, come se volesse cancellare le ultime frasi. Continua a sorridere. A Kei piace. “Quattro: possiamo prendere in giro tutta la squadra. Li hai visti che faccia hanno fatto quando ti ho dato un bacio sulla fronte?”

“No.”

“Ti sei perso una scena bellissima.”

“Immagino.”

“Dovrei riprovarci?”

“Non hai nessun senso della preservazione?”

“Dovrei averlo? E poi…” Yamaguchi scuote la testa e fa una smorfia. “Che cosa vorrebbe dire?”

“Non lo so, ma Tanaka-san continua a ripetere che non hai nessun senso della preservazione e che non ne devo approfittare.”

Si fermano a guardarsi negli occhi e, dopo qualche secondo, entrambi sbuffano una risata. “Vedi? Il punto quattro è un buon punto” dice Yamaguchi, muovendo le spalle e sistemandosi sulla sua sedia. “Cinque: se devo far finta di avere un ragazzo, sono felice che il ragazzo sia tu. È per questo che ti dico che dovremmo dire a mio papà che stiamo insieme e fingere che i soldi che ci servono per il videogioco sia in realtà per i nostri appuntamenti.”

“Risparmia quei soldi e non lagnare.”

Yamaguchi invece lagna. Kei comunque è felice che -perché okay, ma… e quindi è felice che Yamaguchi non voglia un altro finto ragazzo o ragazza che sia. Si passa una mano sul viso. Chiude gli occhi.

Sta diventando sempre più patetico.







iii. Maestro di Pateticità e altri motivi per cui chi si fa i fatti suoi campa cent’anni

C’è qualcosa che non va. Chikara se ne rende conto, ma è anche vero che Chikara non vuole farci niente. Nota delle piccole cose. La lontananza tra Hinata e Kageyama, che non sembra volersi curare da sola, e nemmeno con l’aiuto di Yachi, la troppa vicinanza tra Yamaguchi e Tsukishima che sembra essere fatta apposta, Daichi-san e i suoi sguardi ai ragazzini del primo. Noya che ha deciso, per qualche motivo, di voler diventare il guru sentimentale di Tsukishima e non fa altro che metterlo all’angolo nella speranza di impartirgli lezioni di educazione sentimentale. Sono piccole cose che non hanno senso da sole, ma che se messe nel giusto contesto…

“Hai avuto il permesso dei tuoi genitori per il mini-ritiro?” chiede Chikara a Tsukishima, che lo guarda con le sopracciglia aggrottate, prima di tornare a sistemarsi gli occhiali intorno alla testa. “Ormai manca poco.”

Tsukishima inclina la testa e sospira, guardando da un’altra parte. Un nuovo dettaglio sembra essere questo strano nervosismo di Tsukishima. Un nervosismo calmo, come se non sapesse come si dovrebbe comportare, nonostante lui sappia sempre come muoversi nel mondo. È facile per lui affrontare le persone indirettamente. Battutine, scherzi, risatine sono tutti modi per rimanere in superficie, riuscire a scappare dalle persone, senza che loro se ne rendano conto. Questa presa di posizione -il fatto che sia stato lui a girarsi verso Chikara a dire: io e Yamaguchi… è qualcosa di nuovo. Deve voler dire che gli piace davvero Yamaguchi. Deve voler dire anche, forse, che voleva tagliare fuori ogni possibile risposta da Kageyama. Uno scontro diretto. Non è da lui.

Chikara sa che c’è qualcosa che non va, ma…

“Mia madre non è sicura” risponde piano Tsukishima, sistemandosi anche i bordi della maglietta, insistentemente. “Non ci saranno degli adulti e non conosce il posto. Mi ha anche chiesto se potevo portare Akiteru.”

“Hai detto no, vero?” chiede Noya, tirando indietro la testa, per poterlo guardare, anche se a testa in giù. “Poi tutto perderebbe senso.”

“Perderebbe senso anche se Tsukishima non venisse” ribatte Narita, ruotando gli occhi. “Se deve venire tuo fratello, potremmo anche legarlo una volta arrivati e nasconderlo fino a quando non dovremo tornare a casa.”

“Sequestro di persona” concorda Kinoshita, annuendo. “Mi sembra una buona soluzione.”

“Eccetto che non lo è” sospira Chikara, passandosi la mano sul viso. Poi torna a Tsukishima che cercava di sgattaiolare verso la porta. Di nuovo. Deve essere stressante, per lui. “Come mai tua mamma si preoccupa così tanto? Hai qualche malattia?”

“Ragazzi, buoni che qua Chikara ha deciso che Tsukki sta per morire!”

“Tsukki?”

“Non sono malato.”

“Beh, lo spero tanto!” risponde sarcasticamente Kinoshita. “Se fosse malato, avesse asma o altro, ce ne saremo già resi conto, non pensi?” chiede a Chikara, che sospira. In effetti però rimane strana come cosa.

“Non mi dire…” inizia e si ferma in tempo, perché ha già fatto qualche problema a Tsukishima e Yamaguchi, non vuole metterli in mezzo in un’altra bufera. Non è davvero quello che vuole fare.

Solo che non aveva calcolato Tanaka, che compare dietro le spalle di Tsukishima, e posa le mani sulle sue braccia, con quella sua stupida e spaventosa faccia. “Tua mamma è una donna saggia” sibila da dietro l’orecchio del ragazzino, facendolo rabbrividire. “A non lasciare che suo figlio parta col suo ragazzo.”

Chikara ruota gli occhi. Ecco. Si alza un oooooh tra tutti i ragazzi presenti nella stanzetta. “Non è questo” cerca di difendersi Tsukishima, ma ormai è troppo tardi.

“Sporcaccioni!” grida Kinoshita, portandosi le mani ai lati delle labbra.

“Ooooooooooh!” continua Narita, senza nemmeno prendere fiato. È spaventoso.

Noya ride. Ride. Continua a ridere. E Tanaka inizia la sua solita manfrina su quanto il sesso sia una cosa brutta, su quanto dei ragazzini dovrebbero starci lontani e su come l’astinenza sia veramente l’unica soluzione per rimanere vivi.

Tsukishima sembra voler morire. Sembra quasi voler piangere. Quindi Chikara sospira, alza il braccio, per passarlo intorno alle spalle del ragazzino e dice: “Okay, okay, basta.” Mentre lo trascina fuori dalla stanzetta, nell’attesa che i ragazzi si calmino.

Tsukishima non è riuscito a rispondere. O, vista la situazione, sotterrarsi e non sentire al suo funerale come la causa del suo decesso sia: sesso. Non è riuscito a difendersi. Anche questo è un sintomo allarmante che dice a Chikara che no, qualcosa non va, forse dovrebbe davvero fare qualcosa.

“Grazie” borbotta Tsukishima, chinando un poco la testa, poi, senza nemmeno guardarlo negli occhi, scappa via, verso la palestra.

Forse è il momento che Chikara inizi a mettersi in mezzo.






.Ultimo quarto

Yachi, Yamaguchi e Hinata passano davvero molto tempo insieme.

Tsukishima non se n’era reso conto, prima. Sembrano essere sempre insieme a parlottare, seduti in cerchio, con le gambe incrociate, mentre non sembrano nemmeno degli studenti del liceo. Sono sempre lì, sugli scalini della palestra, Yachi che ruota gli occhi più spesso di quello che vorrebbe. Vengono baciati dal sole. Sembrano brillare di luce propria. Passano davvero molto tempo insieme.

Kageyama e Kei, invece, sono stati uniti dalle circostanze. Sono rimasti dentro la palestra, mentre i secondi e i terzi sono andati chissà dove, chissà per quale motivo, insieme al coach Ukai.

“Se non gli avessi chiesto spazio,” inizia Kei, lanciando un un ultimo sguardo ai tre fuori dalla palestra. “Hinata sarebbe corso qua e avrebbe iniziato a pregarti di alzargli la palla.” C’è la possibilità che i più grandi se ne siano andati nella speranza che avere più spazio, insieme alla mancata presenza di altri alzatosi, ispirasse il riavvicinamento del Duo di Idioti. Kei posa una mano sul fianco e sospira. La squadra sembra essere lontana anni luce dalla soluzione al mistero. “Se tu gli hai chiesto di starti lontano, tu devi chiedergli di riavvicinarvi, però.”

Kageyama alza lo sguardo verso di lui, poi torna a fissare il vuoto. “Lo so” borbotta in risposta.

“E allora perché ne stiamo ancora parlando?”

Kageyama tira su un ginocchio, scuote la testa. È imbarazzante quanto a lungo debba pensare a una cosa che è ovvia a chiunque abbia degli occhi e sia stato nella stessa stanza di quei due idioti per più di un minuto. È frustrante. “A te Yamaguchi piace, giusto?” E si permette anche di trascinarlo giù con lui.

Lei fa una smorfia. “Uh?” si permette anche di metterlo in mezzo. È incredibile. Irrispettoso. Una palla ai piedi. “Uh??” ripete con più vigore.

Kageyama alza appena lo sguardo, non sembra essere tanto interessato alla reazione di Kei. “Ho chiesto se a te Yamaguchi piace. E, aggiungo adesso, se ti piace, come hai fatto a capirlo?”

“Perché non ti fai i fatti tuoi?” risponde Kei. È entrato nella difensiva. Probabilmente tra poco inizierà a offendere Kageyama senza il minimo ritegno. Si sta davvero irritando.

Kageyama invece è rimasto calmo. Si morde la lingua, forse, e giocherella con le dita, toccandosi i polpastrelli. Questa cosa irrita Kei ancora di più.

“Ma lo hai capito in che situazione ti trovi, sì?”

“Sì” risponde semplicemente. “È solo che mi facevo domande.”

C’è un momento di silenzio tra loro. Un silenzio riempito dalle risate di Yamaguchi e Yachi fuori dalla finestra. Kei non vorrebbe sentirsi così tanto a disagio. Sinceramente, l’unico motivo per cui ha deciso di aiutare Kageyama è che gli faceva pena. O almeno: gli aveva fatto pena mentre cercava balbettante delle scuse da rifilare a Ennoshita-san, ma anche a se stesso. Deve essere che ha pensato di essere sulla stessa barca del Re, qua. Potrebbe aver simpatizzato. Non si dovrebbe simpatizzare col Re. Anche se è un Re Patetico.

Kei si posa una mano sul fianco. Fa qualche smorfia. Gli sta costando forza e pazienza, questa conversazione. Non ha nemmeno nessuno per chiedere forza o pazienza.

Una volta.

Ha deciso di essere gentile una volta e guarda che cosa succede.

“Non posso dire che sia stata una cosa improvvisa” riesce a dire alla fine. Tiene la voce un po’ più bassa. Ad eccezione di Hinata, tutti i presenti in questa palestra sanno che Kei e Yamaguchi non stanno davvero insieme. Non vuole coprirsi di ridicolo più di quanto sta già facendo. “Yamaguchi mi è sempre piaciuto. Forse, da piccolo non me n’ero reso conto. Nei momenti buoni, nei momenti brutti, Yamaguchi c’è sempre stato e a un certo punto è diventato una presenza calma, un rumore bianco. Qualcosa che ho dato per scontato.” Deglutisce. Si morde il labbro inferiore. Kageyama non ha poi tutta questa reazione. Rimane in silenzio. Ogni tanto lo guarda. Kei è quasi irritato da questo comportamento. “Yamaguchi sarà sempre lì. Mi dicevo così. E a un certo punto, ho smesso di guardarlo. Fino a qualche mese fa. Lui —è come se si fosse imposto. Come se si fosse messo proprio davanti a me. Mi abbia detto di guardarlo. Costretto. Forse costretto a guardarlo. Ma non è stata una cosa improvvisa. Se fossi stato più attento, probabilmente me ne sarei reso conto prima.”

Rimangono di nuovo in silenzio. È la prima volta che Kei dice cose del genere. Non ha capito per quale motivo dovrebbe aver detto cose del genere a quest’idiota qua. Kageyama giocherella con le dita. “Come fai a nasconderglielo?” gli chiede.

Quest’idiota.

Kei fa altre smorfie. Arriccia le labbra, inclina un po’ la testa. Poi guarda Yamaguchi parlare con Yachi e Hinata. Sta lì, seduto con le braccia tra le gambe e il suo enorme sorriso. Devono star parlando di cibo. Si è infilato la giacca della tuta, probabilmente perché ha freddo, nonostante non faccia nemmeno tanto fresco. Come fa a nasconderglielo?

Kei inclina la testa. Yamaguchi non gira mai lo sguardo verso di lui? Come fa a nasconderglielo?

“Penso che…” Kei si morde la lingua. Perché dovrebbe rispondere? Lui e Kageyama non sono nemmeno tanto amici. Sono due persone che stanno nello stesso club di pallavolo. Nient’altro. Kei lo ha aiutato solo perché… solo perché. E ora sta continuando a coprirlo solo perché gli piace la situazione che si è venuta a creare. Perché gli piace come Yamaguchi si comporta con lui davanti agli altri. Anche se è solo per finta. Perché Tsukishima è così patetico. Non c’è niente di altruistico in questo.

“Ho parlato con Hinata” gli dice Kageyama, sistemandosi sul pavimento. “Non di —di te e Yamaguchi. Gli ho chiesto che ne pensa.”

“Perché?”

Kageyama scrolla le spalle. “Perché” inizia. Poi sbatte piano le palpebre. “Perché ne stava parlando con Yachi. E Yachi ha detto -beh, tutto e niente.”

“È brava a dire bugie.”

“Già.” Kageyama sembra dirlo solo per assecondarlo. Forse non è sicuro di quello che renderebbe una persona una buona bugiarda. Forse nemmeno si è reso conto che Yachi stava mentendo. Kei alza un lato delle labbra. Un idiota. “A noi piace la pallavolo. Gli ho chiesto cosa ne pensa. Se crede che questa vostra…” Gesticola.

“Relazione” suggerisce Kei, ruotando gli occhi.

Kageyama gonfia una guancia. Non sembra essere sicuro della parola, ma non è abbastanza bravo in grammatica per controbattere. “Relazione” ripete quindi, come se stesse assaporando la parola. “Cosa ne pensava della vostra relazione. E lui ha detto che siete stati furbi e fortunati, perché avete trovato due cose che amavate nello stesso posto. Quando poi Yachi gli ha chiesto se non pensa di poter essere fortunato anche lui così, lui ha risposto…” Si gratta la fronte, con un’espressione irritata. “Ha chiesto se secondo noi avrebbe potuto avere una possibilità con Tanaka-san.”

Kei sputa una risata, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Kageyama.

Non ha nemmeno voglia di scusarsi. Forse per questo ride con più forza, tenendosi la pancia con le braccia.

Kageyama gli dà un pugno sugli stinchi. Kei alza il piede da terra e però non riesce a smettere di ridere, cosa che rende la faccia di Kageyama sempre più scura. “Come faccio?” gli chiede, passandosi una mano sul viso. “Se lui non vuole -come faccio a nasconderglielo? Come fai tu?”

Kei ora si stende un po’ in colpa. Kageyama è patetico. Lo è davvero. Non dovrebbe interferire.

Lancia uno sguardo a Yamaguchi. Kei non ha mai nascosto niente. O ha sempre nascosto tutto, non lo sa con precisione. Come fa a nasconderglielo? Come fa a nascondergli tutto quest’amore che prova per lui? No. Non pensa di farlo. Yamaguchi sta gesticolando, tirando le spalle in avanti, accovacciato sulle scale.

“No” mormora Kei, scuotendo la testa. “Lui non vede. Non vede me.” Deve essere una cosa loro, il non vedersi a vicenda. Il non guardarsi nel momento giusto. Kei è patetico. Almeno non è il solo.

“Non va bene” mormora Kageyama, coprendosi il viso con le mani e Kei aggrotta le sopracciglia, guardando, per la prima volta, tutto il gruppo di Yamaguchi.

Mentre Kageyama si raggomitola in se stesso, con le orecchie rosse, Hinata lo guarda, con uno sguardo curioso e, quando i loro sguardi si incontrano, sorride. Sorride socchiudendo gli occhi, mostrando i denti.

Kei ruota gli occhi.

Non ci può credere. No.

Anche in questa situazione. Non ci può davvero credere. È patetico da solo. Hinata vede Kageyama e Tsukishima si è accontentato di tenere la mano di Yamaguchi, senza essere visto. È davvero patetico da solo.

Che palle.





iv. trentaquattro e più motivi per cui un codardo non dovrebbe mai agire e altre bellissime avventure

Che cosa ti piace fare per vivere?

(No, no, questa risposta è sbagliata.) Chikara si accarezza la testa e giocherella con la penna rossa. Non si può andare avanti così.

A Chikara non piacciono molte cose. Gli piace farsi i fatti suoi. A volte, non può farsi i fatti suoi, però, ed ecco il dramma. Cosa fare in situazioni del genere? Immischiarsi, non immischiarsi. Tutto dovrebbe dipendere dalle informazioni che ha sulla situazione. Le informazioni quindi sono -poche. Anche troppe però, secondo i gusti di Chikara. Troppi paradossi in questo momento.

(Anche questa risposta è sbagliata.)

“Ma ti sei impegnato per fare questa simulazione?” chiede Chikara, lanciando uno sguardo annoiato a Tanaka, poi sbuffa. Se Tanaka non si impegna, questa è una perdita di tempo. Per entrambi. È anche vero che sarebbe un cattivo amico se non rimanesse per parlare di qualsiasi cosa sia stia passando per la testa di Tanaka. A meno che lui non voglia parlare di ragazze. a Chikara non va di parlare di ragazze e se Tanaka parte con un suo monologo su quanto bella e intelligente e simpatica e chissà che cos’altro sia Shimizu-senpai, ecco, Chikara non esiterà ad alzarsi e andarsene via. “Che c’è?” Anzi, guarda, è già pronto ad andare via.

Tanaka scuote la testa. “No, niente.”

(Risposta sbagliata.)

Certo, no, niente. È quasi frustrante quanto poco Tanaka lo sembra conoscere. Quindi Chikara posa una mano sotto il mento e lo osserva in silenzio, prima di dire: “Pensi a Yamaguchi e Tsukishima.” Ruota gli occhi e giocherella con la penna rossa, mentre continua a correggere il suo compito simulato. Tanaka è facile da leggere. Almeno non sta pensando a “Non dovresti farti distrarre così facilmente.”

“Uhm.”

“Non hai imparato niente dall’ultima volta con Noya?”

Tanaka apre la bocca, come se volesse gridare una specie di difesa, ma poi aggrotta le sopracciglia, rimane ben seduto, con le mani unite tra le gambe e annuisce lentamente. Chikara sospira. Spera di non aver tirato fuori un argomento che nessuno dei due vuole affrontare. Non che a lui importasse qualcosa, quando il tutto è successo, però...

“Non sono affari tuoi” continua Chikara, tenendo gli occhi sul compito. Ne sta parlando come se lui stesso non stesse pensando di andare a parlare coi due ragazzini, o, almeno, con Tsukishima. È un po’ come se stesse cercando di convincere se stesso, non Tanaka. “Non dovresti immischiarti.” Come se si volesse dare una giustificazione. Sa che c’è qualcosa che non va. Non sa esattamente che cosa. Sa che dovrebbe fare qualcosa. Non sa esattamente che cosa.

“Non mi sto immischiando.”

Chikara sospira ancora. Anche questa risposta è sbagliata. La cerchia con la penna rossa, poi inclina piano la testa. “Ti stai immischiando.”

“Però è diverso dalla situazione di Noya, no?” ribatte Tanaka, grattandosi la testa. “Perché per Noya non potevamo farci niente perché lui non ci aveva detto niente, ma Tsukishima ci ha detto che...”

“Okay, ma tu li stai solo spaventando finché non diranno che non staranno più insieme” lo interrompe Chikara. Alza lo sguardo verso di lui, poi scuote la testa. “Non stai facendo qualcosa per loro. Lo stai facendo soltanto perché non ti va di ripetere una situazione. Che è un po’ il contrario di quello che sta facendo Noya. Ma tutti e due non state facendo altro che o proiettare o infastidire due ragazzini. Dovreste davvero smetterla.”

“Lo sai che non è così.”

“Tu non potevi fare niente, nella storia di Noya, perché non eri nella coppia” dice ancora Chikara. Rimane in silenzio per qualche secondo, per studiare lo sguardo di Tanaka che sembra essere stato appesantito con un troppa colpa. Non era quello che voleva fare Chikara. Almeno. Lui crede che non lo voleva fare. È sicuro al novantotto percento che non voleva parlare di Noya. “Non puoi far niente per la situazione di Tsukishima e Yamaguchi, perché non fai parte della coppia. Anzi. Penso che da quando tu e Noya avete iniziato il vostro attacco sincronizzato, Tsukishima abbia provato a stare davvero più lontano da Yamaguchi.”

“Non è una cosa brutta.”

Chikara assottiglia lo sguardo. “Non sai di cosa sto parlando, vero?” gli chiede. Si accarezza il retro del collo, con gli occhi chiusi. “Quello che è successo a Noya? Potrebbe succedere di nuovo. Ma questa volta per colpa tua.”

Tanaka abbassa lo sguardo. Chikara non vuole essere duro con lui e non vuole sicuramente prendersi la responsabilità di sgridare i suoi compagni di squadra per un atteggiamento infantile, ma è anche vero che non vuole che quei ragazzini si sentano male o abbiano delle brutte esperienze perché lui non ha fatto niente.

“Cerca di calmarti” gli dice. “Tsukishima e Yamaguchi non sono Noya e Asahi-san. Nessuno dei due lascerà il club di pallavolo. Continueranno a giocare con noi, ma tu devi lasciarli fare. Fidati di loro. Sono abbastanza grandi, okay?”

“Però è vero che il sesso potrebbe ucciderli...”

Chikara gira la simulazione di compito per farla vedere a Tanaka e sorride genuinamente mentre gli dice: “Anche un 21 in grammatica potrebbe ucciderti.” Che non c’entra niente, ma che dovrebbe mettere fine a questa discussione, almeno per un po’. “Smetti di far paura a dei ragazzini.”

Chikara ha troppe informazioni su questa storia. Più di quante ne vorrebbe. Sa sicuramente che ora che ha parlato di questa storia con Tanaka, dovrà per forza parlare di questa storia con Tsukishima, almeno per tranquillizzarlo. O forse, la cosa migliore che potrebbe fare adesso è lasciare che si riprenda, che smetta di allontanarsi dal suo migliore amico soltanto perché qualcuno da fuori continua a mettergli strane idee in testa.

Ci sono delle cose che non quadravano già dall’inizio della storia. Il fatto che Tsukishima si sia buttato in prima linea, il fatto che, Chikara lo sa, non stavano parlando di lui e Yamaguchi, quando stava prendendo in giro Kageyama, quella volta. Non è quel tipo di persona. A meno che non voglia coprire qualcosa. E che cosa potrebbe voler coprire?

Tanaka si morde l’interno delle guance. “Non è mio dovere, proteggere i più piccoli?”

Chikara ruota gli occhi. “No.”




.Luna calante

Piove. Piove con veramente tanta violenza e, a un certo punto, sembra che le gocce di pioggia che cadono sul terreno stiano diventando più forti di qualsiasi altro rumore. Kei non riesce a sentire nient’altro, mentre rimane in piedi, davanti all’entrata di scuola, con le mani in tasca. E si chiede se tornare a casa oppure no.

La palestra si è allagata. Succede più spesso di quanto sia bello ammettere e nessuno di loro pensa che sia un grandissimo problema. Kei ha visto Hinata saltare sulle pozzanghere ai lati del campo da gioco e dire qualcosa come qualcuno mi schiaccia la palla? Voglio migliorare la ricezione. E in quel momento gli è sembrata una situazione paradossale, ridicola, quasi comica. Si potrebbe anche fare male. Ma non era quella la cosa importante. La palestra allagata è parte della quotidianità e, con grande disappunto di Kei, la maggior parte delle volte la squadra, con la complicità del professore e del coach, decide di allenarsi lo stesso. Ma oggi sembra essere impossibile. Daichi-san ha anche litigato con il capitano della squadra di basket, perché loro, il club di basket, ha deciso che era possibile utilizzare la palestra e Daichi-san allora voleva convincere che anche loro, il club di pallavolo, si allenasse e -un disastro, se volete chiederlo a Kei. Ma la palestra è stata chiusa.

I ragazzi se ne sono andati a uno a uno. I ragazzi del secondo hanno detto qualcosa sul dover studiare, Noya ha detto che sarebbe andato ad allenarsi con la squadra di pallavolo delle mamme. Tanaka è rimasto indietro, ma non ha dato fastidio a Kei. Strano. Lo ha guardato da lontano durante tutta la riunione per decidere che non si sarebbero allenati, Tanaka è stato dietro di lui e lo fissava, ma non ha gridato niente di sconveniente, non ha fatto nessuna battutina, non ha detto niente. Per qualche ragione, questo comportamento mette Kei più in allerta di quello precedente. Ma non importa. I ragazzi del terzo anno sono rimasti a scuola. Dovevano sistemare alcune faccende in una riunione per pensare a nuove strategie. Il coach Ukai ha detto che si sarebbero incontrati tutti al negozio della sua famiglia, ma loro non si sono ancora mossi.

Kei arriccia il naso. Sta iniziando a fare freddo, in effetti. Starnutisce.

“Salute” dice Yamaguchi, sistemandosi il colletto della giacca per potersi coprire. È sempre stato molto freddoloso. Kei sospira e guarda i nuvoloni neri in cielo. Dovrebbero farsi coraggio e iniziare a camminare per andare a casa. O forse dovrebbero aspettare un altro po’, perché la pioggia non sembra volersi calmare. “Come sta la mano?” chiede Yamaguchi.

Kei lancia un’occhiata veloce alle sue dita e poi alza una spalla. La mano sta bene. Si è fatto male, durante gli allenamenti del mattino, ma più che altro per una sua stupidaggine e perché ultimamente gli è più difficile rimanere concentrato sul gioco, per qualche motivo. “Sto bene” mormora dopo qualche secondo, aprendo e chiudendo la mano per mostrare che sta dicendo la verità.

Hinata si è infilato il suo impermeabile e ha preso la sua bicicletta, prima di andare via. Si è guardato intorno, stava parlando con Yamaguchi e gli aveva detto che sarebbe andato fino a casa e poi si sarebbe allenato lì, nonostante sua madre detesti quando lo fa. C’è un sacco di spazio a casa sua, è una delle cose belle di vivere in mezzo alle montagne. Però non voleva dare fastidio a sua sorella, che probabilmente si sarebbe addormentata subito dopo essere tornata a casa. Yamaguchi gli aveva risposto di non allenarsi sotto la pioggia e che probabilmente l’Associazione di Quartiere lo avrebbe accolto a braccia aperte nella loro palestra se si fosse voluto allenare con loro. E Hinata si era illuminato in un sorriso e aveva cercato -Kei sarà anche patetico, ma quei due sono più patetici di quanto lo possa essere lui, perché ugh. Aveva cercato Kageyama, comunque, e avrebbe probabilmente voluto dirgli il suo solito alzami la palla!, ma poi ha girato la testa, ha detto che ci avrebbe sicuramente pensato, è salito sulla sua bicicletta ed è andato via.

Sono irritanti. Ma finché Kageyama non arriva alla sua soluzione, Tsukishima può far finta di avere il diritto di tenere la mano di Yamaguchi. Quindi okay. Sono irritanti, ma può sopportarli,

Altra cosa importante, successa adesso, Yachi ha finalmente ricordato di restituire l’ombrello a Yamaguchi, che adesso ci giocherella, tenendolo tra le due mani. E continua a piovere. Ed è una buona coincidenza che oggi gli allenamenti siano saltati, perché Yamaguchi deve venire a casa sua. Mamma ha anche preparato i suoi piatti preferiti. Forse avrebbe dovuto dirle di non cucinare tantissimo, ma sua mamma si emoziona sempre troppo, quando Kei parla di portare a casa un amico, non importa che questo sia sempre Yamaguchi.

Finché Kageyama non trova la sua risposta, Kei ha tempo per decidere se fare la sua mossa.

Yamaguchi apre l’ombrello e inizia a rigirarlo tra le mani. “Penso che dovremmo aspettare un altro po’, uh?” gli chiede, senza distogliere lo sguardo dall’ombrello che si muove verso destra e poi verso sinistra. Poi lancia un’occhiata divertita a Kei e gli dà una fiancata. Kei non ha nemmeno il tempo per gridargli contro, perché Yamaguchi corre immediatamente via, verso il fango davanti scuola, coprendosi con il suo ombrello giallo.

E Kei alza un lato delle labbra e apre il suo ombrello e cerca di seguirlo, correndo verso di lui per poterlo prendere dal colletto e scuoterlo e dirgli di non dargli mai più nessuna fiancata. Ma Yamaguchi è troppo veloce. Balza tra le pozzanghere e sembra essere sempre lo stesso bambino delle elementari di quando si sono incontrati. Veloce e divertente e gentile. Kei cerca di stargli dietro ma, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovano davanti ai cancelli della scuola, con tutte le spalle bagnate e Yamaguchi si gira verso Kei e ride, mostrando i denti, con il naso arricciato e le lentiggini bagnate.

E a Kei manca un battito.

Se non fosse stato per finta -se fossero stati insieme per davvero, in questo momento Kei avrebbe potuto prendere il suo viso tra le mani e gli avrebbe baciato il naso. È un pensiero strano. È un pensiero quasi doloroso. Se non fosse stato per finta. Se Kei fosse stato meno patetico. Se Kei avesse avuto un po’ più di coraggio.

Ma Kei è patetico e adesso non pensa di avere tutto questo coraggio.




v. Daichi-san scende dal cielo e concede la sua saggezza: fatti i fatti tuoi e campa cent’anni

Chikara è stato chiamato da Daichi-san per passare per il negozio della famiglia del coach Ukai. E Chikara ci è andato, ma soltanto perché quando il capitano ti dice di fare una cosa, allora tu provi a fare questa cosa. Per lui. Perché Daichi-san non è il tipo di persona che spreca parole o fatti. E, quando chiede aiuto, è semplicemente perché ha bisogno di aiuto. E quando Chikara lo ha trovato fuori dal negozio, con le braccia incrociate che guardava assentemente la pioggia, ha capito che quello che doveva dire era importante. E quando Daichi-san gli ha fatto cenno di avvicinarsi, Chikara si è avvicinato.

“Cosa sai della situazione?” chiede Daichi-san, girandosi verso di lui, prima di sospirare e poi accarezzarsi la fronte. “Ho la sensazione che tu sai anche troppo della situazione.”

Chikara alza un sopracciglio. “Di Tanaka e Noya che potrebbero non passare gli esami?” gli chiede. Infila le mani in tasca e posa le spalle sul muro. Sa di che cosa parla e sa anche che forse la cosa migliore non è aggiungere carne al fuoco. Ci sono delle cose che sono strane. Il rapporto freddo tra Hinata e Kageyama, okay, ma anche le reazioni di Tsukishima a Yamaguchi nonostante loro dovessero stare insieme. C’è il comportamento di Tanaka, che però Chikara ha già provveduto a riprendere. E anche la reazione di Noya alla relazione tra Tsukishima e Yamaguchi. Sono un bel po’ di problemi causati da soli due ragazzini che si tengono la mano. E dice che si tengono per mano perché... “Non penso che stiano davvero insieme.”

Daichi-san annuisce piano. “Neanche secondo me” concorda. Si gratta un sopracciglio col pollice e chiude gli occhi, probabilmente per rimanere lucido. “Normalmente non te ne avrei parlato, ma penso che sei l’unico che può dirmi se in effetti valga la pena fare qualcosa oppure no. La squadra potrebbe risentire della situazione, a lungo andare. Tsukishima ha solo fatto un favore a un amico e immagino che lo stia facendo anche Yamaguchi. Come dire? Devono aver pensato che per loro è più semplice affrontare questa situazione, piuttosto che per Kageyama. Ed è un gesto nobile, sono sicuro di questo, ma non sono sicuro che sia un gesto che sia stato ben pensato. La reazione di Kageyama non è stata certo la migliore. Anche se, in effetti, se fosse stato lui a uscire allo scoperto, non penso che sarebbe riuscito ad affrontare Nishinoya e Tanaka da solo.”

“Forse neanche Tsukishima potrebbe affrontarli.” Chikara si inumidisce le labbra. Yamaguchi sembra essere molto più bravo a gestire quei due, invece, nonostante la sua età. Sta iniziando a fare freddo. “Ho parlato con Tanaka.”

Daichi-san annuisce di nuovo. “Ho parlato con Nishinoya” lo informa. “Dovremmo parlare anche coi ragazzi? Perché non possiamo permetterci che la squadra...” Si interrompe, accarezzandosi la fronte. “Preferirei non mettermi in mezzo” ammette. “Normalmente queste cose si sistemano da sole. Ma sono tre settimane, ormai, che andiamo avanti così. La settimana prossima partiremo per il nostro ritiro, vorrei davvero che in quella settimana fossimo tutti -sereni. In pace tra di noi, lo capisci?”

“Non penso che ora non siamo in pace, è più una questione di...”

“Equilibrio, sì.” Daichi-san si gratta nervosamente la testa. “Non è sicuramente la prima volta. Forse anche questa cosa si risolverà senza interventi, ma... Sono sincero, questa cosa mi preoccupa.”

“Sono dei bravi ragazzi” lo rassicura Chikara. “Non faranno cose stupide e non vorranno mai fare cose cattive l’uno all’altro. Che Tsukishima si sia esposto per un compagno di squadra dovrebbe volerci dire quanto le loro relazioni siano più forti di quello che noi pensavamo, no? Hanno avuto un inizio un pochino burrascoso, parlo di Kageyama e Tsukishima, ma anche Hinata, ma stanno imparando a conoscersi, probabilmente si sono anche affezionati tra di loro, stanno costruendo le loro fondamenta. Se poi noi interferissimo, non saremmo lungimiranti.”

“Non mi piacciono relazioni romantiche nella squadra” ammette ancora una volta Daichi. “Soprattutto, non dopo l’ultima volta. Mettere in pericolo l’equilibrio adesso, vuol dire mettere in pericolo l’equilibrio anche tra qualche mese o qualche anno. Forse non fare niente non è lungimirante da parte nostra.”

Chikara aggrotta le sopracciglia. Incrocia le braccia. “Parli come Tanaka” gli fa notare. Studia l’espressione del viso di Daichi-san che non risponde. “È strano che io debba dire questo, non mi sento nemmeno di avere il diritto di dirlo ma, non è il momento di avere paura, capitano. Non siamo una squadra che non riesce a sopravvivere alla rottura di una coppia, penso che ce ne siamo già resi conto. E stiamo parlando di ragazzini che amano la pallavolo forse più di quanto sono capaci di amare qualcos’altro. Non perderemo la palestra.”

Daichi-san si muove nervosamente sul posto. Si morde il labbro inferiore e aggrotta le sopracciglia. “Chi te lo ha detto?” gli chiede, guardando la pioggia cadere. “È stato Suga, vero?”

Chikara si lascia sfuggire una risata. “Saremo sempre accanto a te, capitano.” Posa una mano sulla spalla di Daichi-san.

“Oddio, smettila” protesta lui, muovendo la spalla per far scivolare via la mano di Chikara.

“Non ti abbandoneremo mai, non lasceremo che il club di basket ci rubi la palestra.”

“Ma ti ha detto tutto? Tutto quanto? Ma perché?” lagna Daichi-san, coprendosi il viso. “Ennoshita, smettila.”

Chikara alza un lato delle labbra. “Suga-san mi ha detto che quando fai il codardo il modo migliore per farti tornare in te è questo. Parlare del tuo incubo col tipo che si ruba la palestra...? Ma almeno lo ha detto soltanto a me” lo informa. “Ma lo penso davvero. Di avere fede nei ragazzi, lo credo per davvero.”

“Non intervenire, quindi.”

Chikara annuisce, con una smorfia sulle labbra. Si guarda intorno. Continua a piovere. Non sembra voler smettere. “Non intervenire e godersi lo spettacolo, no?” gli dice dopo un po’, a mezza voce. “Sperare anche che Tanaka e Noya non rompano Tsukishima durante il processo.”

“Ho sentito che Nishinoya ha dato dei preservativi a Yamaguchi.”

“Che cosa ha fatto?”

Daichi-san sbuffa una risata, posando una mano sulle labbra. “Ti ho detto che ho dovuto parlare con lui.”

Chikara si accarezza la fronte. “Penso di volergli parlare anche io, a questo punto.”




.Luna Nuova

“Esistono diversi modi per prendersi la mano” sta dicendo Yamaguchi, seduto sul futon con le gambe incrociate e la mano ben aperta davanti a lui. Fa cenno a Kei di fare qualcosa -qualcosa come, beh, posare il palmo della mano sul palmo della mano di Yamaguchi e Kei prima controlla che ore sono, poi fa un calcolo veloce per capire più o meno quante ore possono dormire prima di sgattaiolare fuori di casa e sedersi davanti al negozio di videogiochi. Potrebbero anche comprare Daemon X Machina online ma... “Tsukki...” Perderebbero il divertimento dell’accamparsi fuori da un negozio, poi.

Kei sospira. “Va bene, va bene” mormora. Si siede sul futon che ha sistemato per Yamaguchi, incrocia le gambe e sospira. Poi posa la sua mano su quella di Yamaguchi. "Non capisco perché ti sei fissato con questa storia, però." Yamaguchi ha la mano calda e i polpastrelli stranamente fermi, contro le mani fredde e i polpastrelli leggermente tremanti di Kei. Yamaguchi ha una mano più compatta. Un palmo grande, delle dita un pochino più corte. Kei ha un palmo allungato, delle dita più lunghe. Nel complesso, le loro mani sono della stessa grandezza, però...

Yamaguchi assottiglia lo sguardo e allarga la mano, per vedere se anche Kei riesce a seguire i suoi movimenti. Poi sorride. “Allora sì, guarda, dicevo che ci sono diversi modi per tenersi la mano, no?” ripete. Fa scivolare la mano leggermente a sinistra e Kei riesce a vedere tutte e dieci le loro dita, prima che Yamaguchi stringa il palmo con le sue dita. “Questa la chiamano a waffle perché, guarda, fa lo stesso effetto degli waffle. Ti rendi conto che Kinoshita-san mi ha detto che ci teniamo la mano come dei bambini soltanto perché non ci teniamo la mano così?” Smette di stringere, tira su le dita e tornano nella posizione iniziale. “Non lo so perché pensano che possono dire tutto quello che vogliono su noi due, ma credo che lo facciano in buona fede. Hai sentito di Noya-san e Asahi-san?”

Kei sospira. Non ha mosso la mano. Non ha tenuto la mano di Yamaguchi. Non riesce a non pensare a quei due idioti che sono bloccati in un limbo perché entrambi sono degli idioti e non si rendono conto l’uno dei sentimenti dell’altro. Kei avrebbe voluto pensare ai videogiochi, perché è per questo che Yamaguchi è qui, perché vogliono giocare Daemon X Machina. Vorrebbe anche parlare di qualcos’altro come la scuola, se vuole, oppure, boh, qualcosa. Vorrebbe parlare di qualcosa che non sia questa situazione, per il semplice motivo che non sa come comportarsi in questa situazione. Che non sa se anche lui vuole essere visto da Yamaguchi. Forse questa storia...

“La tua mano sta davvero meglio” dice Yamaguchi. “Mi sono preoccupato.”

“Come altro ci si tiene per mano?”

“Ah, sì.” Yamaguchi arriccia il naso. Fa scivolare di nuovo la mano verso sinistra, per poi stringere il palmo. Kei asseconda i suoi movimenti. “Questo è a pancake. Penso che sia così che i fratelli maggiori tengono la mano dei fratellini. Quando devono attraversare la strada e cose del genere.” Di nuovo, fa scivolare le loro mani nella posizione iniziale. Kei lo lascia fare. “Non mi piace tenerti così la mano, però, perché le tue mani sudano sempre.”

“Non è vero” protesta automaticamente Kei.

E Yamaguchi ride piano. “Sì che è vero. Guarda adesso. Stanno sudando.” Alza le sopracciglia, ma non stacca le loro mani, non si tira indietro. “Sudi sempre freddo. Non ho capito perché, ma è per questo che preferisco tenerti la mano col mignolo.”

“Sembra una cosa più libera, così.”

“Sì, è vero.”

Rimangono in silenzio. Mano contro mano. Forse è vero che a Kei sudano le mani, perché sente qualcosa di umidiccio tra di loro. Ed eppure Yamaguchi rimane lì, nella stessa posizione. Akiteru ha voluto che tenessero la porta aperta, perché ha sentito da Shimada-san che ha sentito da Saeko-san che Yamaguchi e Kei si stavano frequentando e Kei non ha ribattuto nulla, mentre Yamaguchi rideva, mangiando le sue patatine fritte. Che importa. Yamaguchi probabilmente avrebbe invogliato Akiteru a dire che sì, stavano insieme e lo avrebbe portato come testimone davanti a suo padre per avere più soldi della paghetta. Meglio non toccare troppo questo argomento. Per lui questa è una storia che fa ridere. Una situazione che non è seria. E Kei invece sta qui, con le sue mani sudate a pensare che forse non gli basta tenere la mano di Yamaguchi, che forse vorrebbe essere visto da Yamaguchi.

“Sono sicuro che ci siano altri modi per tenere la mano di qualcuno” continua lui, aggrottando le sopracciglia. Yamaguchi muove la mano verso il dorso della mano di Kei. “Così? Tipo così credo, ma penso che quello sia il modo in cui le persone tengono la mano quando, non lo so, stanno a un ristorante e cose così. Non penso che dovremo usarla. Non lo so però. Perché se stiamo andando al ritiro e non ci teniamo la mano così quando mangiamo, sarà sospetto?”

Quando ha smesso di guardarlo? Quando ha perso l’interesse di Yamaguchi, quando ha perso Yamaguchi? Se si fosse reso conto di questo affetto che prova per lui prima, sarebbe riuscito a dirgli qualcosa? Se pensasse di non avere niente da perdere, riuscirebbe a dirgli qualcosa? E che cosa gli dovrebbe dire? Cosa vorrebbe potergli dire? Se Kei dicesse la cosa sbagliata adesso, perderebbe il suo migliore amico. E poi con chi aspetterebbe l’uscita dei videogiochi? E poi con chi giocherebbe sotto la pioggia? E poi chi finirebbe le patatine fritte del suo menù? Se Yamaguchi lo guardasse, probabilmente si prenderebbe tutta la responsabilità di fargli parlare dei suoi sentimenti. Se Yamaguchi lo guardasse, probabilmente adesso starebbero già parlando di quanto ridicolo e patetico e sfigato sia Kei.

“Cosa fanno le coppie durante tutto il tempo libero? Perché far finta per qualche ora è okay, ma queste saranno tre giorni, ventiquattro ore su ventiquattro.”

“Non so se ti stai emozionando troppo oppure se ti stai agitando troppo. Non penso che cambi molto da quello che facciamo sempre.”

“Sarebbe divertente se ci scoprissero durante il ritiro.”

“No, non lo sarebbe.”

“Lo so. Però, beh, dovremmo essere preparati, non pensi?”

“Ti stai agitando troppo.”

Yamaguchi sospira e tira giù la mano, per poi lasciarsi cadere verso il cuscino. “Nishinoya-senpai mi ha dato un preservativo” confessa, coprendosi il viso. “Cioè, non so perché lo abbia fatto. È solo passato, mi ha dato questa cosa e poi è scappato e Daichi-san ha iniziato a gridare e io ho guardato e... ugh. Che cosa dovrebbero fare due persona che stanno insieme?”

“Non lo so. Cosa faresti se chiudessi la porta e stessimo insieme?”

Yamaguchi alza un sopracciglio e lo guarda da dietro le dita che nascondevano il suo viso. “Giocheremmo a Yu-Gi-Oh!.”

Kei sbuffa una risata. “Ma sei davvero uno sfigato allora.”

Yamaguchi gli dà un calcio al ginocchio con il piede. “Che cos’altro si dovrebbe fare? Se anche stessimo insieme, non sarebbe da poi così tanto tempo. Due, tre settimane? Non c’è molto da fare quando ancora non si ha nemmeno parlato. Baci? Sì, okay, ma noi siamo soprattutto amici. Quindi è ovvio che giocheremmo a Yu-Gi-Oh!, senza che nessuno ci veda, perché è un gioco da bambini.”

“Non penso nemmeno che i bambini ci giochino più.”

“Ci giocheremmo noi.”

“Se stessimo insieme?”

“Perché? Ora che siamo amici non possiamo giocare a Yu-Gi-Oh!? Non ho i privilegi?”

Kei scuote la testa.

Yamaguchi gli tira il cuscino in faccia allora, alzandosi a sedere. “Allora sei un infame! Gioca a Yu-Gi-Oh! con me!” grida tra le risate, alzandosi in piedi e allungandosi per afferrare di nuovo il cuscino e tornare a colpirlo col cuscino. “Gioca!”

“No!” risponde Kei, ridendo e coprendosi il viso.

“Gioca! A! Yu-Gi-Oh! Con! Me!” A ogni parola lo colpisce col cuscino. Sale su di lui a cavalcioni per fermarlo e continua a colpirlo. “Ho anche portato le carte!”

“No!”

“Gioca!”

“No!”

Ridono tutti e due. “Gioca!” ripete Yamaguchi con la voce rotta dalle risate. Smette di colpirlo, però, forse perché gli occhiali di Kei sono storti, deve aver avuto pietà di lui. “Infame” mormora però, sospirando e sedendosi vicino a lui. Ha i capelli arruffati. Anche il fiatone. Sembra divertito. “Dai, Tsukki, giochiamo a Yu-Gi-Oh!”

“Sta insieme a me” risponde Kei, senza pensarci.

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia e si gira verso di lui. “Uh?” riesce a chiedere, prima di togliersi i capelli da davanti agli occhi. “Eh?”

Kei non stava pensando. Ma lo ha detto. Ha l’opportunità. Ha le parole. Non ha il coraggio, ma ormai le parole sono state dette. Devono essere state le orecchie arrossite di Yamaguchi dopo lo sforzo di tenerlo giù, o il discorso che stavano facendo, o quell’adrenalina che gli aveva dato alla testa. Non lo sa. Sa solo che guarda dritto negli occhi Yamaguchi, dopo essersi sistemato gli occhiali sul naso e gli aveva detto: “Sta con me. Per davvero questa volta, però.”

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Capitolo 3
*** Fasi lunari e ammassi globulari ***


o. La lettera di Yachi, in cui Yachi racconta tutto alla mamma, tranne come sta lei


Devono partire la mattina presto, anche se il posto in cui devono andare non è poi così lontano. Anzi. Probabilmente l’idea di una partenza anticipata era stata pensata dai più grandi per poter aiutare i nonni di Suga-san, che li ospiteranno per pensiero dei due fratelli maggiori che avevano deciso di accompagnarli, per poter ottenere il permesso della mamma di Tsukishima-kun per partire.

Hitoka si stropiccia gli occhi con il dorso della mano e cerca di non sbadigliare, mentre lancia un’occhiata veloce a Tsukishima-kun, seduto con la mano sotto il mento, mentre guarda fuori dal finestrino, con le cuffie sulle orecchie. Deve essere assonnato. Come lo sono un po’ tutti. Ma non tutti hanno ancora preso posto. Kageyama-kun si muove nervosamente fuori dal pullman, sistemandosi il giubbotto sulle spalle, ad esempio.

Shimizu-senpai ha chiuso gli occhi e ha posato la fronte sul finestrino, accanto a Hitoka. Sembra avere intenzione di dormire per tutto il viaggio, nonostante Tanaka-san continui a chiedere scusa a tutti. Neanche lui si è ancora seduto. Ha iniziato a parlare con sua sorella maggiore a bassa voce. C’è la possibilità che Saeko-san non sappia guidare poi così bene. Secondo quello che Hinata-kun continua a ripetere, c’è anche la possibilità che tutti loro muoiano. Ma Kageyama-kun sembra essere più rilassato sulla faccenda. Ha detto che Hinata-kun non fa altro se non esagerare.

Hinata-kun si è seduto in un sedile laterale, a destra, vicino al finestrino. Hitoka non sa se avesse nutrito qualche speranza di vedere Kageyama-kun sedersi accanto a lui, forse no, ma c’è stata la possibilità, che però Kageyama-kun ha ignorato bellamente, continuando a camminare per il corridoio del pullman. E ha sistemato il suo zaino negli scompartimenti in alto, prima di guardarsi intorno e scendere di nuovo dal pullman. Hitoka li ha osservati e adesso le sembra che tutto sia più complicato di quanto fosse un mese fa. Di quanto fosse quando sono partiti per Tokyo, quando Hinata-kun e Kageyama-kun non solo si erano seduti l’uno accanto all’altro, ma avevano anche fatto chiasso per tutto il viaggio. Un mese fa, era difficile vedere Hinata-kun senza Kageyama-kun, adesso è difficilissimo vederli insieme, o uno accanto all’altro. Hitoka ha l’impressione, la brutta sensazione, che, se non sistemeranno questa situazione presto, forse quei due potranno continuare a essere compagni di squadra, ma falliranno miseramente a essere partner.

Hitoka si muove nervosamente sul suo sedile. Sperava che a quest’ora la situazione so sarebbe sistemata, invece il tutto sembra davvero peggiorato.

I ragazzi sono tutti stranamente silenziosi. Non parlano tanto, quando normalmente sono pronti a gridare, a essere emozionati per un viaggio del genere. I ragazzi del terzo, ad eccezione di Shimizu-senpai, che sembra essersi addormentata, girano per i corridoi, per essere sicuri che ci siano tutti. Li contano uno a uno. Controllano anche le posizioni in cui si sono seduti. Continuano a ripetere che il sistema delle coppie dovrebbe andare più che bene. Ognuno di loro dovrebbe sedersi accanto a un compagno di squadra e non staccarsi più l’uno dall’altro. Perché, beh, in questo modo non dovrebbero perdersi e si dà la responsabilità di prendersi cura l’uno dell’altro.

Hitoka si è seduta volutamente accanto a Shimizu-senpai, e adesso continua a lanciare occhiate veloci, un pochino preoccupate ai suoi amici dietro di lei, per vedere come si potrebbe risolvere la faccenda. Se c’è una cosa di cui è sicura è che tutto il loro gruppo, ora come ora, non sta bene. Quindi sospira e, di nuovo, si muove sul posto, abbracciando il suo zainetto.

Le coppie che si creano spontaneamente sono: Ennoshita-san e Nishinoya-san, Kinoshita-san insieme a Narita-san. Daichi-san sbuffa, grattandosi la testa. Suga-san dice che si siederà vicino a Tanaka-san e Daichi-san e Asahi-san si siederanno insieme. Convenientemente, gli unici che sembrano essere rimasti senza posto fisso, sono i ragazzi del primo anno. Tutti a eccezione di Hitoka non hanno un partner. E Yamaguchi tarda ad arrivare.

“Yamaguchi dovrebbe arrivare tra poco” li informa lei, puntando un ginocchio sul sedile, per poterli guardare. E Suga-san le sorride dolcemente, facendole cenno di abbassare la voce. “Ha detto che ha avuto un problema a svegliarsi e a svegliare suo papà, ma che è qui vicino. E chiede anche scusa.” Finisce di dare l’informazione con una voce un pochino più bassa, mostrando i messaggi che Yamaguchi le ha mandato.

Suga-san scivola a sedere sul sedile più vicino a quello di Hitoka, con un sospiro. “Non possiamo non aspettare” borbotta, grattandosi le sopracciglia, mentre Daichi-san passa per il corridoio, per scendere dal pullman. Passando, dà un colpetto in testa a Suga-san, che nemmeno sembra rendersene conto.

Hitoka continua a lanciare sguardi a Hinata-kun e Tsukishima-kun dietro di loro. Non dovrebbe starci a pensare troppo, ma la situazione sembra essere un virus. Forse, se lascia che il tutto passi senza che nessuno faccia niente le cose peggioreranno. Forse sarà tutto andato a farsi friggere. Tutto quello che hanno costruito.

“Ehm” inizia, grattandosi con insistenza il polso. Poi si tira indietro, quando Suga-San si gira verso di lei. Normalmente chiederebbe consiglio a Shimizu-senpai. Forse sarebbe la scelta più sensata.

“Va tutto bene, Yacchan” sorride ancora una volta dolcemente Suga-san. Ha la testa posata sul sedile, stancamente, come se anche lui volesse lasciarsi cadere in un sonno profondo. “Le cose, prima di andare meglio, vanno sempre peggio.”

“Perché?” chiede lei, continuando a grattarsi il gomito. Le cose non potrebbero andare meglio e basta? Perché dovrebbe esserci quel momento in cui si tocca il fondo? Perché non possono solo stare bene?

A Hitoka piace essere la manager del club di pallavolo. Perché ha trovato degli amici. Perché li può aiutare. Perché non si sente sola. Perché ha trovato qualcosa in cui non si sente completamente incapace. Perché allora non può andare sempre tutto bene? Perché le cose devono sempre andare male per poi migliorare? Perché non possono semplicemente migliorare e basta?

Sta per fare tutte queste domande. Suga-san le sorride abbastanza teneramente da farle sentire di poter chiedere, ma Yamaguchi si aggrappa alla porta del pullman, nonostante ancora non stessero partendo, e ha il fiatone. Sale gli scalini, forse non si è reso conto che ci sono ancora Daichi-san e Kageyama-kun fuori. O forse sì. Chissà. “Sono qui!” riesce a dire. “E mi dispiace tantissimo. Ho dimenticato di mettere la sveglia… o forse la sveglia l’ho messa ma non l’ho sentita e nemmeno papà ha sentito la sveglia, e doveva partire anche lui, quindi ci siamo addormentati tutti e due e io gli avevo detto… ma lui ha detto no no e allora…” Posa le mani sulle ginocchia e prende un altro respiro profondo. “Mi dispiace tantissimo… oh, ciao Akiteru-niisan.” Fa un cenno con la testa ad Akiteru-kun, che risponde con un altro cenno della testa e un sorriso.

Hitoka sbatte velocemente le palpebre, lancia uno sguardo a Tsukishima-kun che ha spostato le cuffie, per poter sentire le scuse di Yamaguchi-kun. Poi però vede, quasi sente nelle ossa, la mano che si alza di Hinata-kun e il suo urlo: “Yamaguchi!” Anche Shimizu-senpai apre gli occhi, con le sopracciglia aggrottate, disturbata dal forte rumore. “Siediti qui!”

Yamaguchi-kun ride, avanzando verso Hinata-kun. Si guarda intorno, grattandosi il retro del collo e gli fa cenno di abbassare la voce. “Sì, sì” gli risponde comunque e c’è il momento in cui passa davanti a Tsukishima-kun. Si lanciano uno sguardo veloce, se Hitoka non stesse osservandoli, probabilmente non se ne sarebbe resa conto. Appena lo sguardo finisce, Tsukishima-kun inizia a guardare fuori dal finestrino, si sistema di nuovo le cuffie sull’orecchio, e Yamaguchi-kun torna a camminare verso un troppo entusiasta Hinata-kun.

Deve essere terribile, essere innamorati. Nella prima lettera che Hitoka scrive alla sua mamma, scrive: cara mamma, sono così felice di non essermi mai davvero innamorata.






.Variabile Cefeide

È stata un’idea di Yachi. Tadashi e Hinata l’hanno solo seguita, dopo aver messo in ordine le loro cose nell’enorme stanza in cui avrebbero dormito e aver ricevuto le prime direttive dai più grandi per quel che riguarda il loro stare tutti insieme fuori casa.

Questo non è un vero ritiro. Almeno, non un ritiro di pallavolo. Che loro siano arrivati alla casa dei nonni di Suga-san come squadra, ha poco a che fare con questi tre giorni. Semplicemente, vogliono passare un po’ di tempo insieme, e questo era il motivo per cui non avevano invitato il professore o il coach. Quindi le regole sono abbastanza semplici. La prima, rispettare i turni del bagno, la seconda, rispettare i turni della cucina, e la terza, rimettere in ordine ogni cosa che mettono in disordine. Non sono regole impossibili. Per il resto, sono completamente liberi di fare qualsiasi cosa loro vogliano. La casa è grande, l’aria è fresca, ci sono un sacco di alberi, qui intorno.

Hinata ha trovato una palla dieci minuti dopo essere sceso dal pullman, e ha iniziato a giocarci dieci minuti e un secondo dopo essere sceso dal pullman. Il sistema delle coppie funziona ancora adesso, Akiteru-niisan e Saeko-san hanno promesso che avrebbero fatto di tutto per non essere degli adulti noiosi e Tanaka-san si è praticamente buttato tra Tsukki e Tadashi, dicendo che avrebbe dormito proprio vicino a Yamaguchi, ah! Vi tengo d’occhio. E Tadashi aveva riso, portandosi una mano sulle labbra e aveva pensato ah, così è bello. È una cosa che conosce. Gli piace. E stava per dirlo a Tsukki, ma Yachi si è affacciata dal corridoio e gli ha chiesto se voleva fare un’esplorazione dei giardini, come se fossero dei bambini. E Tadashi -le esplorazioni dei posti nuovi sono cose importanti.

È stata un’idea di Yachi quindi, uscire all’aperto, andare in giardino.

Ed è stata un’idea di Yachi anche questa. Quindi stanno tutti e tre seduti, ginocchia a terra, mani sulle cosce e sguardo concentrato. Delle bottigliette d’acqua accanto a loro. “Non sono sicuro di questa cosa” borbotta Tadashi, sospirando. Anche perché non fa poi così caldo. L’aria è troppo fresca, sono anche saliti in montagna. E lui già sente freddo. Non può protestare dicendo cose del genere, però, perché lo prenderebbero in giro, tutti e due, e Tadashi vuole mantenere l’alleanza con Yachi per poter prendere in giro Hinata. Il freddo e un possibile raffreddore scendono in secondo piano quando si tratta di poter prendere in giro un amico.

“Hai solo paura di perdere” lo prende in giro Hinata, ma sembra essere anche lui abbastanza nervoso. Giocherella con le dita. Tamburella contro la coscia. Deve essere una delle cose che gli sono rimaste dal passare così tanto tempo con Kageyama. Tadashi sospira. È anche vero che è difficile tenere Hinata sempre nella stessa posizione. Forse potrebbe usare questa come scusa, ma...

“Runa-san dice che i ragazzi della Johzenji lo fanno per allenamento quasi ogni giorno” cerca di incoraggiarli Yachi, prendendo il cellulare dalla tasca. Poi prende un respiro profondo e chiude una mano in un pugno. Già il fatto che lo facciano quelli della Johzenji per allenarsi è, però, uno dei motivi per cui Tadashi preferirebbe non farlo. Ugh. “Aiuta alla concentrazione e sono sicura che vi farà più che bene. Basta che vi sediate uno davanti all’altro e cercate di rimanere il più seri possibile, se vi concentrate, non succederà nulla di troppo disgustoso, giusto?”

“Tu vuoi solo vederci sputare uno sull’altro” ribatte debolmente Tadashi, sospirando e lanciando uno sguardo alle nuvole che stanno iniziando a farsi pesanti in cielo. Pioverà. Ci vorrà poco. Pioverà e dovranno rimanere tutti dentro casa.

“Non lo puoi provare!” grida lei, nervosamente, accompagnata da movimenti spezzati delle mani. Tadashi torna a guardare lei, prima di scuotere la testa e sbuffare. Non che comunque adesso abbia qualcosa di meglio da fare. “Bevete, bevete, io intanto cerco freddure su internet... voi bevete bevete. E poi non ingoiate. Cioè, uhm, mettetevi l’acqua in bocca.”

“Boss” commenta Hinata, condividendo uno sguardo divertito con Tadashi. Ed entrambi si girano per affrontarsi, uno davanti all’altro, e aprono ognuno la propria bottiglietta d’acqua quasi nello stesso momento. L’acqua è fredda. Tadashi vuole davvero trovare la forza per concentrarsi e non ascoltare nulla di quello che Yachi dirà e magari non sputare l’acqua in faccia a Hinata. Perché sarebbe tutto davvero troppo disgustoso da sopportare. Ma.

Si porta la bottiglietta alla bocca, beve quel poco d’acqua che basta per avere il controllo ed essere sicuro di non sputare. E quindi Hinata punta il dito contro di lui, e, con la bocca piena d’acqua, fa dei versi che dovrebbero essere un’accusa e attira l’attenzione di Yachi. “Spione” borbotta Tadashi, senza muovere nemmeno tanto la lingua per non buttare giù l’acqua e poi sospira.

“Non barare” lo riprende Yachi, prima di tornare al cellulare, per cercare freddure. E basta questo perché Tadashi tiri giù le spalle e ruoti gli occhi e si riporti la bottiglietta d’acqua alle labbra, per riempirsi la bocca.

Lui e Hinata si guardano negli occhi. L’unico rumore che c’è è quello del vento leggero che inizia ad alzarsi. Pioverà sicuramente e sta facendo freddo e loro hanno deciso di giocare con l’acqua. Ma davvero. Ma quanti anni hanno? Ugh. E perché Tadashi non riesce a dire no quando gli dicono di fare stupidaggini? (Perché sono divertenti, ovviamente.) Hinata ha la faccia da criceto stupido, mentre cerca di non ingoiare l’acqua. Tadashi dovrebbe riuscire a fargli una foto se...

“Okay, okay, ne ho una!” esclama finalmente Yachi. “Qual è lo sport preferito dell’ape?”

Tadashi ruota gli occhi. No. Non c’è proprio possibilità che qualcuno possa ridere per questo tipo di barzellette. Questo gioco sarà più difficile del previsto, non tanto perché sarà difficile mantenere la concentrazione, ma perché Yachi non sembra avere un buon senso dell’umorismo. Ugh. Ancora. Solo ugh. Hinata muove lo sguardo verso di lei e inclina la testa, prima che Yachi gli faccia segno di tornare a guardare Tadashi.

“Il pungilato.”

Non fa ridere. Tadashi vorrebbe tanto dirlo. Ma il mento di Hinata inizia a tremare. No. Hinata si porta le mani davanti alle labbra. Oh no. Fa anche delle facce strane. Ti prego no. Hinata scoppia a ridere. Si bagna di acqua e bava ed è così disgustoso, mentre tira indietro la testa e inizia a ridere, e ridere e ridere, quasi buttandosi per terra. E la barzelletta non faceva ridere, ma anche Yachi ride e -Hinata che fa boccacce e poi si sputa addosso, unito con le risate dei suoi amici, fanno scoppiare a ridere anche Tadashi, che si ritrova la sua bava sui pantaloni, mentre continua a ridere. Va sempre a finire così con loro.

Hinata non sembra riuscire nemmeno più a respirare. Si porta una mano sulla pancia e cerca di prendere il respiro, solo che ogni volta che sembra calmarsi, torna a ridere più forte e questo fa ridere ancora più forte Tadashi, che si raggomitola su se stesso e si dice pensa a cose tristi pensa a cose tristi pensa a... solo che poi gli viene in mente la faccia da criceto di Hinata che sputa l’acqua e torna a ridere.

“Non ci posso credere che i giocatori della Johzenji sono più seri di voi” dice tra le risate Yachi. Si sta passando una mano sul viso, come se dal tanto ridere avesse iniziato a piangere. “Secondo round. Dai, su, secondo round!” Facile a dirsi.

Tadashi prende un respiro profondo. Pensa a cose tristi pensa a cose tristi pensa a... i compiti in classe. Quelli di inglese. Ecco. Fantastico. ogni traccia di buon umore può scomparire, pensando ai compiti di inglese. Sono un incubo. L’ultima volta che ha fatto un compito di inglese Tadashi avrebbe voluto piangere. La vita non dovrebbe essere tutta in inglese. E invece. Ah. Davvero. Non gli viene più voglia di ridere. Tranne per il fatto che Tadashi guarda la faccia di Hinata, che si è già riempito la bocca di acqua e gli trema il mento, mentre sbuffa una risata.

Hinata aggrotta le sopracciglia, offeso. Yachi ride piano.

Okay. Okay. È calmo. Si mette dell’acqua in bocca. Stringe i pugni sopra le cosce, ancora una volta. Spera che la reazione di Hinata non sia così estrema questa volta. E che Yachi non rida.

“Okay” sbuffa Yachi. Sta ancora ridendo un pochino, lei che può, continua ad asciugarsi le lacrime dagli occhi. “Okay, okay.” Tira su col naso. Tadashi dovrebbe chiudere gli occhi per non scoppiare a ridere già da adesso. Cioè, sente proprio di volersi rimettere a ridere e non c’è nessun motivo per farlo. Okay. Okay. Non può perdere così facilmente. “Ne ho una. Ehm... sì...” Sta ridacchiando. No, dai, lo deve star facendo apposta, perché non può esserci un altro motivo. “Ehm, allora, sì. Allora. Un uomo sta finendo di usare il computer e preme il tasto spegnimento, allora...” Ride piano. Poi si schiarisce la gola. “Allora, il tasto spegnimento. Subito dopo arrivano i poliziotti e l’uomo cosa succede? C’è qualcosa che non va? E i poliziotti: non aveva chiesto lei un arresto di sistema?” Scoppia a ridere, tenendosi la pancia.

Tadashi chiude gli occhi. Sente proprio i muscoli intorno alla bocca fare quello che vogliono e poi si sente sputare in avanti, mentre scoppia a ridere. E questa volta la bava e l’acqua finiscono sopra Hinata, che prende a ridere di nuovo ad alta voce, tutto bagnato e sporco di terra. E comunque lui continua a rotolarsi a terra, con le gambe in aria e gli occhi chiusi.

Diventa quasi difficile respirare, di nuovo, e Tadashi ogni tanto deve aprire la bocca cercare di riprendere fiato, per poi continuare a ridere come un idiota. Che forse è, certo, magari lo è. Ma è -piacevole. Quindi. Non cerca nemmeno di pensare a cose tristi questa volta. Loro continuano semplicemente a ridere, finché Tadashi non si passa una mano in faccia, perché anche lui ha iniziato a lacrimare dal tanto ridere e non vede passare Tsukki, con un pentolone tra le mani, insieme a Kageyama.

Si guardano per una frazione di secondo. C’è questo momento in cui sembra che debbano dirsi qualcosa. Ma poi Tsukki distoglie lo sguardo ed entra in casa, seguito da Kageyama e Tadashi si inumidisce le labbra, si gira verso Hinata, che sembra essere nella sua stessa posizione e situazione, ed entrambi, nello stesso momento gridano: “Terzo round!” come se volessero nascondere, o dimenticare, qualcosa.





.Luna crescente


“Cos’avete lì?” chiede Ennoshita-san, quando Kei e Kageyama entrano in cucina, con un’enorme pentola. Kei sbuffa, potrebe anche lanciare uno sguardo e guardare lui stesso. Tutto questo è così noioso. Akiteru non sta cucinando. Akiteru non ha un turno in cucina ed eppure anche lui sta qui a mangiare come un parassita. Kei non è nemmeno dell’umore giusto per avere a che fare con la squadra ventiquattro ore su ventiquattro. Avrebbe preferito rimanersene a casa. “Zucchine?”

“Patate” risponde velocemente Kageyama, iniziando a trascinare la pentola e Kei verso il cortile che dà sulla cucina. “Le dobbiamo pelare?” Si guarda intorno, poi sbadiglia. “Per forza?”

Ennoshita-san sbuffa una risata e scrolla le spalle. “Se è quello che vi ha detto Noya, direi proprio di sì.” Poi si guarda intorno e alza una spalla, prendendo un coltellino e un pelapatate, per poi darli a Kei, che ruota gli occhi e si dice che tutto andrebbe meglio se solo non dovesse aiutare a cucinare. I turni sono sicuramente impari, e questo lo ha già detto, e poi Yamaguchi sta là fuori a giocare con l’acqua, con questo tempo, e sicuramente si ammalerà. Prenderà il raffreddore oppure la stupidità da Hinata. “Mettetevi là” indica Ennoshita-san con un gesto della mano. “Io vado a cercarlo, a proposito, così poi iniziamo a fare il riso.” Si asciuga le mani e poi lancia loro uno sguardo severo, con le sopracciglia aggrottate. “Non fate cose strane mentre sono fuori” li avverte.

E Kei pensa cosa strane. Che cose strane potrebbero fare ora come ora? Sbuffa, trascinando fuori dalla cucina, verso il giardinetto, la pentola piena di patate, aiutato da Kageyama, che segue con lo sguardo Ennoshita-san, fino a che non scompare dietro la porta. Poi lasciano cadere la pentola sul pavimento e si siedono uno da una parte delle patate e uno dall’altra. Separati dal pentolone. Kei si rigira tra le mani il pelapatate e il coltellino, prima di decidere che solo perché Kageyama sicuramente non sa che cosa fare con un coltellino in mano, non si deve per forza complicare lui stesso la vita. E gli passa il coltellino, prima di fare cenno di prendere una patata.

Pelare le patate con i pelapatate è facile. Kei sta anche attento a non andare a finire nel suo palmo della mano, per non grattarsi via la pelle. È facile. Sembra quasi un modo per vincere facile. E quindi lancia un’occhiata a Kageyama che, con la testa quasi tra le ginocchia, sembra non riuscire a capire come usare quel singolo coltellino e, insieme con la buccia di patata sta buttando via quasi tutta la patata.

Kei ruota gli occhi e sospira, lanciando uno sguardo al pelapatate. Non vuole farlo. È l’ultima cosa che vuole fare, in realtà, ma allunga il braccio, per fare scambio con Kageyama. Un pelapatate per un coltellino. Kageyama, come l’idiota che è, rimane a guardare la mano di Kei e inclina la testa, come se gli volesse fare la domanda più stupida del mondo. “Prendilo” sbuffa Kei. “Dammi il coltellino.”

Kageyama sbatte lentamente le palpebre, prima di passargli il coltellino e prendere il pelapatate. Kei sbuffa ancora una volta e riprende a pelare patate. Che importa. Non è che lui non ci riesca. È solo un pochino più complicato, certo, ma -che importa? Non importa. A chi importa? Non a lui. Stupido Kageyama. Kei deve stare più attento, adesso, non solo al palmo, ma anche alle dita. Ma non importa, ha detto che non gli importa. Che cavolo. No. Non gli importa. “Che c’è?” chiede bruscamente quando si rende conto che Kageyama non sta pelando patate. No, perché questo sarebbe il colmo. Non sa nemmeno pelarle con un pelapatate? Ah no. No no. Kei non ha la testa anche per questo. Si sta alzando il vento. Il cielo si fa leggermente più scuro.

“No, niente” mormora Kageyama, iniziando a pelare la patata che ha in mano. Non sta attento al palmo della mano. Peggio per lui. Continua a lanciare strani sguardi a Kei.

“Che c’è?” ripete Kei, girandosi verso di lui. Magari vuole litigare. Può essere questo. Sarebbe una cosa buona, perché anche a Kei va di litigare e il loro rapporto si basa principalmente sui loro battibecchi. E Kei, in un modo o nell’altro si deve sfogare. “Se hai qualcosa da dire, dillo e basta.”

Kageyama muove nervosamente il piede. Continua a farlo ballonzolare, probabilmente preferirebbe stare là fuori a fare qualsiasi cosa faccia quando non sta giocando a pallavolo. Kei anche preferirebbe mettersi le cuffie alle orecchie e starsene da solo. Sperava che la storia di sua mamma che non voleva (una balla colossale) gli avrebbe dato una scusa per starsene a casa. Ma Akiteru deve sempre mettersi in mezzo. Mai una volta che si faccia i fatti suoi. Mai. Nemmeno una volta nella sua vita. E nella situazione che si trova adesso con Yamaguchi -avrebbe davvero preferito starsene a casa. Quindi pelare le patate? Non è un male. Anche se è ingiusto.

“Mi stavo chiedendo...” Kageyama fa una smorfia, cerca di concentrarsi sulla patata, prima di sospirare e passarsi una mano sulla fronte. “È che non so se noi due siamo amici” gli dice alla fine, mordendosi le labbra e guardando verso il basso. Sembra volersi sotterrare se non farsi mai più rivedere.

“Non lo siamo” risponde di riflesso Kei. Poi sbatte velocemente le palpebre, rendendosi conto di aver risposto nello stesso modo in cui ha fatto migliaia di volte con Yamaguchi. Bah. Non che importi. Torna a pelare le patate.

“No, sì” continua Kageyama, rigirando la patata in mano. “Volevo solo essere sicuro perché -a volte è difficile capire le persone. Non che comunque io abbia mai pensato a te, un maleducato rompiballe, un amico.”

“Beh, lo stesso vale per me” risponde per ripicca Kei. Giocherella col coltello, poi. Lo rigira tra le dita. “Perché me lo hai chiesto?” È una domanda lecita.

“A volte non capisco le persone” risponde lui, semplicemente, scrollando le spalle.

“Però hai capito che mi piaceva Yamaguchi.”

“Non l’ho capito. Me lo ha detto Yachi.”

Ah, ecco. Kei cerca di tornare a pensare alle patate e alle bucce e alla possibilità di pioggia e al fatto che sta iniziando a fare davvero freddo. Certo, comunque, Kageyama non è che non capisce le persone, è che non gli importa di capire le persone. Kei è sicuro di questa cosa. Almeno, lo era prima di questa storia. Questo tipo sta sempre a guardare le persone dall’alto in basso, questo tipo sta sempre a pensare al suo solo punto di vista, questo tipo non ha niente in testa che non sia la pallavolo. Però. È vero che la pallavolo è facile da capire. Quando cade la palla dalla tua parte del campo hai perso, Quando cade dall’altra parte del campo, hai vinto. E Kageyama non sembra capire pienamente nemmeno Hinata, che forse è la cosa più semplice da capire, e per la quale lui, Kageyama, ha più interesse a capire. Kei si rigira la patata tra le mani. Magari davvero non capisce le persone. Magari davvero per lui le cose devono essere esplicite, altrimenti non le capisce. Magari...

Kageyama sembra lavorare bene con il pelapatate. E Kei si passa una mano sul viso. “Hai bisogno di un amico?” gli chiede. E questa deve essere la conversazione più imbarazzante che lui abbia mai fatto. Ma sembra che debba essere fatta.

Kageyama non risponde. Continua a pelare le patate. Guarda verso il basso.

Kei si passa una mano dietro il collo. Sospira. Fa qualche smorfia. Perché sempre lui? Perché non qualcun altro? Perché? “Ci stavo pensando, infatti” inizia, lanciando uno sguardo verso l’alto. “Che ci stai mettendo troppo a pensare alla faccenda del tenersi per mano e forse non avrei dovuto dirti niente, quella volta. Non pensavo che ci sarebbero state queste conseguenze, te lo dico sul serio. Forse, tornando indietro, ti prenderei in giro per altre cose. Forse no. Però ormai le cose sono fatte e non so se ti devo chiedere scusa o no. Ma so che ti stai comportando da stupido.”

Kageyama lo fulmina con lo sguardo, tenendo le sopracciglia aggrottate. Sto cercando di aiutarti, idiota, vorrebbe dirgli Kei, ma si limita ad alzare le mani in aria, col coltellino tra le dita. Alza un lato delle labbra. È quasi frustrante, molto faticoso, parlare con Kageyama, deve usare più parole di quelle a cui è normalmente abituato, ma comunque sembra una cosa che deve fare per forza.

“Io penso che tu hai già la soluzione a questo dilemma, ma se c’è bisogno che te lo dica io, allora te lo dico. Hinata per te non è un amico. Non lasci che chiunque ti prenda per mano. O, non lo so, altre persone sì, lo farebbero, ma tu no, se io ti prendessi per mano, o se lo facesse Yamaguchi, o Yachi, o Tanaka-san, per te sarebbe completamente diverso. E penso che tu lo sappia ma che stia facendo un po’ finta di niente, perché c’è questa parte di te che vorrebbe rimanere nella situazione in cui vi trovavate prima. Perché hai paura di perderlo come amico, ma, sorpresa!, se continui a comportarti così, se lui non se la sente più nemmeno di chiederti di alzargli la palla, o se preferisce rimanere più tempo al negozio, o se fa finta, perché fa finta, Kageyama, di aver dimenticato le cose in palestra per non fare la strada con te quando torna a casa, allora come amico lo hai già perso, non pensi? E, la cosa peggiore, tu sai il perché, ma lui non saprà mai il perché. Quindi ti stai comportando da stupido. E da cattivo amico.” Questo doveva dirglielo qualche settimana fa, ma non aveva alcun motivo per farlo. Adesso non ha nessun motivo per non dirglielo. E poi gli fa quasi pena. “So che per te è difficile, ma: smettila di comportarti da stupido.”

Kageyama si morde l’interno delle guance e continua a pelare le patate. “Il coraggio non ripaga sempre” borbotta.

Cazzo se è vero. Kei sbuffa. Il problema qua è che Kageyama e Hinata sono diversi da lui e Yamaguchi. “E allora divertiti a morire da solo” ribatte.

Rimangono per qualche secondo in silenzio. Nessuno dei due pela le patate. Un vero peccato, perché forse così avrebbero fatto anche prima. Se riuscissero a finire prima dell’arrivo di Nishinoya-senpai, forse non dovranno nemmeno aiutare a cucinare. Non per davvero. “Tu lo hai detto a Yamaguchi” dice Kageyama, continuando a mordersi l’interno delle guance.

“Uhm.”

“Com’è andata?”

Kei sospira, inclinando la testa. “Non lo so” risponde sinceramente.

Kageyama annuisce piano. Poi sbuffa. “Sfigato.”

“Ci sarai tu” risponde in automatico Kei. Ci pensa un po’. Arriccia le labbra e poi chiama: “Ehi, Kageyama.” Si gratta la fronte. “Comunque un po’ amici lo siamo.”

Kageyama sbatte lentamente le palpebre, poi annuisce piano. “Ah, okay” risponde, come se se lo fosse appena appuntato. È davvero senza speranze. Non che comunque Kei abbia tanta scelta, per quel che riguarda gli amici.






.M4 nello Scorpione

“Smettila” lagna Tadashi, allungando le braccia per fermare Hinata che si dondola in avanti e indietro, in avanti e indietro, con le braccia accanto alle orecchie e la faccia che gli sta diventando sempre più rossa. “Dai, no, cadi. Poi se cadi è peggio. Dai, smettila! Se poi ti facessi male non potresti nemmeno giocare! La smetti? Oi! Dai! Hinata, la smetti?” Non può certamente muoversi dal ramo su cui si trova. E certamente non può nemmeno scendere. È rimasto lì, seduto, dopo aver seguito Hinata su per l’albero e poi, quando si è reso conto di quello che stava facendo si è bloccato. E invece Hinata ha continuato a salire, mentre Yachi è andata a cercare qualcuno che possa aiutare Tadashi. Perché lui è patetico così. E il cielo è diventato ancora più scuro. Sempre più scuro. Pioverà presto, mentre Hinata continua ad andare su e giù per l’albero. “Ti farai davvero molto male” gli ripete Tadashi, quando Hinata si aggrappa a un ramo con le gambe, per poterlo guardare a testa in giù. E lui continua a sorridere, ma forse non c’è molto da sorridere. Tadashi stringe le ginocchia intorno al ramo su cui è seduto e ferma con le mani il busto di Hinata, che dondola di qua e di là.

Hinata sorride. Non sembra spaventato, non lo è mai. E a un certo punto il suo sorriso scompare, mentre guarda da un’altra parte e lo vede sospirare, mentre si libera dalla presa di Tadashi e scende di un ramo, per potersi sedere proprio davanti a lui. Le gambe a cavalcioni, le mani sul ramo, il sorriso scomparso.

“Lo dico per te, ché poi ti fai male” gli ripete Tadashi, passandosi una mano sulla fronte. Non è sicuro che il cambio di umore sia dovuto a questo, ovviamente, non è così stupido e conosce abbastanza bene Hinata da sapere che c’è qualcosa che non va. Ma non sa da dove iniziare con cose del genere. Con Tsukki, non parlano mai delle cose che non vanno. O forse lo fanno, solo che tutto esce fuori così spontaneamente da non fargli rendere conto di starsi aprendo. Fare nuove amicizie è più difficile di quello che tutti pensano. “Almeno così puoi continuare a giocare a pallavolo, no?”

Hinata inclina la testa e annuisce piano, prima di chiedere: “Sei mai stato rifiutato?” Si gratta la nuca, prima di sorridere con la bocca aperta. “È che penso di essere stato rifiutato, ma non ne sono poi così sicuro, quindi mi chiedevo se è così che ci si sente.”

Tadashi sbatte lentamente le palpebre. Ci mette qualche secondo prima di carburare e riuscire a capire, ma ci riesce. All’inizio pensa alla pallavolo. Per Hinata, la cosa più importante è la pallavolo. Quando è entrato al liceo ha pensato che avrebbe avuto una squadra, non ha mai neanche pensato a un possibile rifiuto. Quando ha trovato Kageyama, ha pensato di aver trovato un partner. Non ha mai pensato a un possibile rifiuto. E poi c’è stato un rifiuto. E poi ce n’è stato un altro. Ma Tadashi non è sicuro che parli proprio di questo e in questo tipo di contesto. Quindi deve chiedere: “Kageyama?” E si sente stupido, un pochino insensibile, a fare una domanda del genere. Ma è anche vero che vuole essere sicuro, prima di iniziare questo tipo di conversazioni.

Hinata annuisce, prima di tirare su un piede e Tadashi già lo vede per terra, dopo aver sbattuto la testa e sarà tutta colpa sua se... “Ho fatto una cosa che non dovevo fare. E mi dispiace tantissimo, vorrei chiedergli scusa, perché lo sapevo che non avrei dovuto farlo, ma l’ho fatto lo stesso. E non era proprio una cosa che volevo fare -cioè, in realtà, sì, lo volevo fare, ma sapevo anche che lui mi aveva detto di non farla” inizia a blaterare, posando il mento sul ginocchio, per poi far scivolare la testa in modo tale da poter posare la fronte su questo. “E vorrei chiedergli scusa, ma non so come fare perché lui...”

“Ti ha chiesto spazio” completa Tadashi, con le sopracciglia aggrottate. Poi si morde l’interno delle guance. “Ma è stato prima o dopo che ti ha chiesto spazio?” Deve capire anche quanto Hinata ha capito della situazione. Se siamo al punto in cui tutt’e due stanno impazzendo perché si sono tenuti la mano a Tokyo, forse si è a buon punto. Se invece la preoccupazione di Hinata viene dopo, allora sono in un punto completamente diverso, forse lontano anni luce dal punto di arrivo e a questo gioco ci dovranno continuare a giocare per davvero troppo tempo. E Tadashi dubita che lui e Tsukki possano dare loro questo tempo. Osserva Hinata dondolare un piede.

“Dopo” risponde Hinata. E Tadashi deve trattenersi da sospirare. “Dopo che lui mi ha chiesto spazio. Il problema è che -sai quando ti mancano le persone? Sai quando... e io ho pensato almeno una parte, prova a salvare almeno una parte. Cerca di capire quello che sta succedendo. E lo so che Kageyama mi aveva detto di dargli spazio, perché è giusto, Suga-san dice che è giusto, perché questo sarebbe il suo essere... la sua crescita e io credo in questa cosa. È giusto che Kageyama cresca, non c’è nessuno che lo capisce più di me ma io ho pensato...”

“È il motivo per cui non lo prendi per mano.”

Hinata alza una spalla. “Ho scoperto che le persone non lo fanno così spesso con gli amici” risponde con una smorfia.

“Ma il punto è che a te manca prendere per la mano Kageyama” cerca di incalzare Tadashi. Almeno questa conversazione lo distrae da fatto di essersi bloccato su un ramo di un albero. Vai così Hinata. Continua a parlare. Sembra anche che si stia andando per la giusta direzione. Sembra anche che tra poco non ci sarà più motivo per fingere di stare insieme con Tsukki.

Tadashi aggrotta le sopracciglia. Continua a mordersi l’interno delle guance. Uhm. Una cosa alla volta. Vuole pensare a una sola cosa alla volta.

“Non è solo questo” risponde Hinata. “Non penso che sia solo quello. È che -lo so che è normale che Kageyama abbia più amicizie, ma non lo vedo sforzarsi di fare altre amicizie. E lo so che è normale che debba imparare a capire il corso delle conversazioni da solo, ma non parla con altre persone al di fuori del club di pallavolo, perché passa gli intervalli a dormire!”

“Lo vai a controllare?”

“No!” esclama offeso Hinata. Poi tira indietro la testa. “No” ripete più a bassa voce, prendendo un respiro profondo. “Lo so perché Yachi lo va a trovare durante gli intervalli. Lo fa perché bevono entrambi il latte, quindi se lo comprano a giorni alterni e poi lo condividono e... il punto è che a me sembra di star impazzendo. Perché non posso stare con lui mentre lui cresce? Perché dovrebbe crescere da solo? Perché non lo posso aiutare? Perché non ho capito molto bene dove sta la linea confine di questo spazio che devo rispettare e ci sono cose che -non lo so. Non sapevo se potevo aspettarlo dopo gli allenamenti, quindi ho smesso di aspettarlo. Non sapevo se potevo chiedergli di alzarmi la palla, quindi ho smesso di chiedergli di allenarsi con me. Non sapevo se potevo chiedergli -quasi tutto, e allora prima di rendermene anche solo conto è passato davvero tanto tempo e mi sembra che tra noi si stia creando una specie di...” Fa un cenno con la mano, come se volesse tagliare qualcosa. Poi abbassa le spalle e sospira. “Allora mi sono detto che dovevo salvare il salvabile. Kageyama è il mio partner, giusto? Ed è anche mio amico. E allora la settimana scorsa sono rimasto dopo gli allenamenti e gli ho chiesto di rimanere con me. Non -non era proprio quello che volevo dire. Non volevo nemmeno fermarmi ad aspettarlo era solo che... e quindi sono rimasto perché non lo so, e gli ho detto rimani e lui ha...” Hinata aggrotta le sopracciglia e si gratta la fronte. “Non volevo farlo.”

Tadashi sbatte lentamente le palpebre di nuovo. Sembra qualcosa di familiare. Suona come una situazione familiare. La conosce. Riesce a sentire il rimani, anche se non con la voce di Hinata. Distoglie lo sguardo. Si accarezza il collo. Riesce a sentire il rimani, detto a lui, non con la voce di Hinata. “Devi averlo spaventato.” Deglutisce. Non deve proiettare. Dovrebbe concentrarsi su Hinata, adesso.

“Lui non ha risposto. È solo andato via.” Hinata si gratta il polso. Si inumidisce le labbra. “Non lo so, sento di essere stato respinto. Non so nemmeno in che senso. So solo di esserlo stato e che devo aver rotto una specie di promessa. Perché gli avevo detto che gli avrei dato tempo, no?, ma invece non l’ho fatto.” Abbassa la testa. “Non sono stato un buon amico.”

Non che Kageyama sia migliore, visto che tutta questa storia si sarebbe potuta evitare se lui fosse stato più sincero, più veloce e meno egocentrico. Anche la situazione che si è creata con Tsukki si sarebbe potuta evitare.

“Non penso che mi perdonerà mai.”

Tadashi sospira, tirando indietro le spalle. Che fare? Che fare. Può dare un buon consiglio, proprio perché si trovano in due situazioni diverse. Può essere l’altra campana che suona. Quindi deve pensarci bene. Lui sa sicuramente di più di quello che sa Hinata. Forse più di quanto sappia Kageyama. E forse può schiarirsi un po’ le idee anche lui. “Tu non hai paura?” gli chiede, inclinando la testa. “Non dico di cadere dall’albero, non è quello che voglio dire, mi stavo chiedendo se tu non hai paura in generale.” Tamburella col dito, Sospira. “Non ci sono delle cose che tu pensi che sarebbero un po’ troppo da grandi, o un po’ troppo da altre persone...? Perché, voglio dire, penso che tu mi abbia appena detto che Kageyama ti piace. Non sono molto sicuro, ma mi sembra così, e -ti piace Kageyama?”

Hinata scrolla le spalle. “Beh, sì” risponde come se fosse una cosa ovvia. “È il mio partner.

“Ti piace nel senso che gli vuoi tenere la mano.”

“Sì.”

“Che lo vuoi abbracciare.”

“Okay.”

Tadashi prende un respiro profondo e chiude gli occhi. “Baciare?” chiede con una punta di esitazione.

Hinata sospira pesantemente. “Sì.” Si spinge un po’ in avanti e ripete: “Sì, Yamaguchi, mi piace Kageyama.”

Bella storia. “E da quanto lo sai?” chiede ancora Tadashi. Aveva un punto, una volta, ma è stato completamente risucchiato dalla conversazione. Anche perché -queste sono cose che... Tadashi li odia tutti.

“Non lo so” risponde Hinata. “Ma quando tu hai chiesto se mi piace Kageyama mi è sembrato giusto. Cioè. Ha solo senso come cosa. E già ci tenevamo per mano.”

E lo ha accettato così? Niente drammi? Niente dubbi? Lo odia davvero tanto. “Okay, sì.” Tadashi scuote la testa. Aveva un punto, basta ritrovarlo. “A te piace Kageyama. Ora che lo hai realizzato, non ti fa paura il passo successivo?”

“Il passo successivo?”

“Eh, il passo successivo. Dirlo a Kageyama. Avere la possibilità che ti dica sì -o anche che ti dica no. Ma se ti dicesse sì, cosa viene dopo? Cosa dovresti fare una volta che state insieme? C’è una specie di guida? No. Non ti viene ansia a pensare a te stesso come parte di una coppia, come parte di qualcosa che prima non esisteva? Non ti viene -ansia? Non hai come un sentimento negativo... una specie di paura... una specie di...”

“No, non particolarmente” risponde di nuovo Hinata, scuotendo la testa. “Certo, non glielo posso dire, però. Non adesso. Sarei un pessimo amico se gli dicessi una cosa del genere, soprattutto dopo la settimana scorsa. Ma penso che se avessi l’opportunità, se avessi anche il diritto di dirglielo, lo farei. Glielo direi. Davvero perché...”

Perché sei un idiota. “Io non me la sento, invece” dice a bassa voce.

Hinata aggrotta le sopracciglia e si lascia scivolare a testa in giù sul ramo. “Cosa dici, Yamaguchi?” gli chiede, scuotendo la testa. “Tu con Tsukishima ci stai già.”

Tadashi si morde la lingua e non risponde più. Dovrebbe trovare un modo di scendere dall’albero. Oppure dovrebbe trovare il coraggio di dire a un amico le cose così come stanno. Non ci aveva pensato prima ma, quando tutto questo finirà, quest’enorme bugia che stanno dicendo a Hinata, perché è a lui che stanno cercando di imbambolare, con che faccia potrà ancora dirsi suo amico? Con che coraggio si potrebbe presentare davanti a lui e dire che sì, che è stato un amico leale? Non ci aveva pensato prima. Era una situazione divertente, nessuno si sarebbe fatto davvero male. Tranne per il fatto che sì, Hinata sta facendosi male e forse lo sta facendo anche Kageyama. E lui, Tadashi stesso, ha fatto male a Tsukki. Forse è solo il momento di iniziare a dire un po’ più di verità e un po’ meno bugie. Forse dovrebbe iniziare a pensare anche agli altri, da ora in poi. “Hinata.” Forse. “Se ti dicessi che io...” inizia.

“Tadashi!” grida Saeko-san, comparendo sotto l’albero, con un’enorme scala tra le braccia. “Mi hanno detto che sei un gatto che non riesce a scendere dall’albero. Non ti preoccupare, piccolo, la sorellona è qui!”

Hinata atterra senza nessun problema accanto a Yachi, che guarda insistentemente verso l’alto. Il momento è finito. Tadashi non sembra essere destinato a poter essere un amico vero e leale.




.Primo quarto

Adesso, per qualche motivo, Yamaguchi sembra essere arrabbiato con lui. Non bastava essere stato respinto. Non bastava dover fingere davanti a tutti di stare comunque insieme, ma adesso Yamaguchi sembra essere anche arrabbiato con lui e Kei ha molta poca pazienza e lo stanno veramente testando, in questo momento. Rimane seduto a tavola, con le gambe sotto il sedere, e mangia un po’ di riso, prima di rendersi conto di star mangiando con Kageyama, praticamente, e che ogni morso che quel ragazzo dà gli fa venire voglia di sbatterlo per terra e ripetergli tutte le regole del galateo. E Yamaguchi è seduto davanti a lui, mangia in silenzio, ogni volta che Kei cerca di guardarlo, distoglie lo sguardo, come se Kei avesse ucciso una persona. Cioè, sì, okay, un pensierino lo ha fatto, ma non ha mai ucciso nessuno, per la cronaca, Kei ci tiene a precisarlo anche a se stesso. E non è la prima volta.

Yamaguchi lo sta facendo da quando Kei ha fatto il suo stupidissimo passo falso. Perché lui lo sapeva, lo sapeva, che non doveva dire niente, lo sapeva che doveva continuare a calcolare, che doveva continuare ad accontentarsi, che non doveva dire niente, perché sarebbe andata bene, finché lui non avesse preteso niente, finché lui non avesse chiesto niente in cambio, sarebbe andato tutto bene. Yamaguchi sarebbe stato al suo fianco e sarebbe stato il suo migliore amico e tutto starebbe andato bene. Invece no. Kei ha perso il controllo per un secondo e guarda che cos’è successo.

Kei ha perso il secondo per un secondo e ha perso Yamaguchi.

E non è una cosa da lui, okay, ma Kei detesta trovarsi in questa situazione. Ma non è abituato. Non riesce a pensare neanche a una giornata senza poterci parlare e -non è da lui, ma comunque chiede, allungandosi verso Yamaguchi: “C’è qualcosa che non va?” E prega, prega ogni dio in cielo, se esistono, se veramente possono farci qualcosa, di avere una vera risposta da parte di Yamaguchi, di avere finalmente una conversazione degna di questo nome. Perché ne ha fisicamente bisogno.

Yamaguchi si porta una mano sulle labbra, inizia a pizzicare le pellicine, si guarda intorno, prima di iniziare a giocherella con le bacchette. “Sì” risponde, guardando verso il basso. Quindi, okay, sì, c’è un problema. La cosa peggiore è che Hinata, seduto accanto a Yamaguchi, che si ingozza col riso, quasi si strozza, gira la testa verso di loro e inizia a osservarli, senza nemmeno nascondersi. E Yamaguchi non ha aggiunto niente. È solo stato in silenzio, continuando a mangiare.

Visto? Non esistono dei.

“Ho fatto qualcosa?” La voce di Kei viene coperta da quella di tutti gli altri suoi compagni di squadra, non si sta veramente preoccupando di tenere nessun segreto adesso. Semplicemente, gli dà fastidio che Yamaguchi non si sia seduto accanto a lui, gli dà fastidio che non gli parli come prima, gli dà fastidio che lo stia evitando.

Yamaguchi si guarda intorno, prima di scuotere la testa e cercare di tornare a mangiare. Non sembra essere nervoso, non sembra essere nemmeno irritato, semplicemente, sembra continuare a guardare da un’altra parte e questa cosa, questa singola cosa, fa salire il sangue al cervello di Kei. Non riesce a pensare logicamente, freddamente, come ha sempre fatto. Solo perché Yamaguchi continua a non guardarlo.

“Allora perché mi stai guardando come se ti avessi ucciso il cane?”

Kageyama lo prende dalla manica della maglietta. Cerca di tirarlo giù e forse Kei ha urlato, perché un po’ di teste si sono girate verso di lui. È imbarazzante. Kei si accarezza la fronte e torna a sedersi, mentre Yamaguchi torna a mangiare in silenzio. Ora sembra nervoso. Ma non lo guarda. Continua a non guardarlo. Kei si morde l’interno delle guance. Yamaguchi continua a non guardarlo. “Mio nonno ha un cane” inizia Kageyama, cercando di riportarlo al presente. “Spero che tu non lo abbia ucciso.”

“Sai che non l’ho fatto, Kageyama.”

“Lo spero. Ma le tue parole mi hanno un po’ scosso. Dovresti chiedere scusa.”

Kei alza un sopracciglio verso di lui. Poi sospira. Siamo al colmo. Kageyama che gli dice di scusarsi per qualcosa? Siamo davvero alla fine del mondo. Kageyama che prova a dire o a fare qualsiasi cosa per non avere un conflitto sul tavolo? Kageyama che prova a essere quello logico? Siamo a questo punto? “Non ho intenzione di uccidere il cane di tuo nonno, Kageyama” gli dice, passandosi una mano sul viso. “Era questo il punto.” Kageyama che prova a essere davvero suo amico è l’ultima cosa che aveva pensato che sarebbe successa. Ma anche Yamaguchi che non gli rivolge la parola per quasi ventiquattro ore complete era sulla lista delle cose impossibili, quindi, sì, dai perché no? Perché non cadono ciambelle dal cielo, a questo punto? Perché non trasferirsi in qualche altra realtà alternativa?

“Dovresti comunque chiedere scusa.” Kageyama alza le sopracciglia. Poi inclina la testa per indicare Yamaguchi, che continua a mangiare in silenzio.

Kei alza lo sguardo e poi sospira. Ha ragione. Dovrebbe. Ugh. Kageyama che ha ragione... tanto vale prepararsi per la fine del mondo e non pensarci più. “Mi dispiace” dice. Gli inizia a battere il cuore a un ritmo che non può e non deve essere naturale. È un cuore pesante quello nel petto di Kei. Riesce a sentire ogni battito, ogni movimento e il respiro, per qualche ragione gli diventa più pesante, meno naturale.

“Non c’è niente di cui scusarsi” ripete Yamaguchi, continuando a mangiare. Non lo degna di uno sguardo.

E questa cosa fa imbestialire Kei ancora di più. Chiude i pugni e cerca di prendere un respiro profondo, per rimanere lucido. Solo che non ce la fa. Quindi in questo stato d’animo a metà tra la rabbia e il panico, si deve alzare in piedi, sotto gli occhi di tutti i suoi compagni di squadra, delle manager e di suo fratello. Sente dire Kageyama qualcosa sul dover andare subito a cagare, ceh gli avrebbe fatto ruotare gli occhi per l’ennesima volta, se non fosse stato questo il momento. E poi esce dalla stanza.

Sente Yamaguchi mormorare: “Tsukki.” Ma comunque non si ferma, perché ha bisogno di aria e di pensare con lucidità. Perché non lo vede. Non lo vede. Continua a non vederlo. Kei ha preso un rischio. Ma non è cambiato nulla. E per la prima volta, non lo sa, non lo sa, non sa che cos’altro fare. Ha bisogno di aria. Ha fatto un errore. Un errore enorme. E adesso non sa come sistemare la situazione. Non sa da che parte andare.

Perché vorrebbe tornare indietro. Vorrebbe capire come agire. Vorrebbe sapere che cosa ha fatto di sbagliato, dove sarebbe potuto andare meglio. Ma non lo può fare. E non riesce a pensare a niente che riguardi futuro o presente. Solo a quel momento, in cui, preso dall’emozione o da qualsiasi altro fattore, ha fatto l’errore più grande della sua vita. Non riesce a rimanere lucido.

E allora il braccio di Akiteru intorno alle sue spalle, che lo abbraccia e lo tira verso di sé e gli dice: “I miei sensi da fratello maggiore mi hanno detto che hai bisogno di me.” Come se Kei prima non avesse fatto una scenata a cena, davanti a tutti -quel braccio un po’ lo salva e fa il lavoro che dovrebbe fare un fratello maggiore, stranamente.

Akiteru riporta lucidità a Kei.




.Ammasso Globulare di Ercole

Si sono tutti preparati per andare a letto, ma Tsukki non è tornato. Si sono tutti preparati per addormentarsi, si sono lavati i denti, si sono messi i pigiami, hanno parlato, si è fatta notte fonda, ma Tsukki ancora non è tornato, e nemmeno Akiteru-niisan e Tadashi non può davvero non pensare di non avere un po’ a che fare con Tsukki che inizia a gridare senza un vero motivo, durante la cena. E lui, che di solito si addormenta facilmente, lui che di solito non ha problemi a chiudere gli occhi e non pensare più a quello che è successo durante la giornata, sta lì, con le coperte addosso, Tanaka-san accanto che russa, con la bocca aperta, e il pensiero di Tsukki. Ha fatto più di una stupidaggine da quella notte a casa di Tsukki. Deve chiedere scusa. Deve far sapere che gli dispiace. E gli bruciano le gambe. Non sa spiegarlo, ma gli bruciano le gambe, sente tantissimo caldo.

Si passa le mani sul viso, prova a togliersi i capelli dalla fronte. Deve dire a Tsukki che gli dispiace, per davvero questa volta. Perché ha preso tutta questa situazione con leggerezza e, non lo sa, non sa che cosa sta succedendo ma questo? Questo intorno a lui? Tsukki che va via? Tsukki così nervoso? Non poterci parlare? Questo? Non gli piace per niente.

Sente caldo. Sta sudando. E forse dovrebbe fare altro, dovrebbe prendere aria anche lui. Quindi tira via le coperte da sopra di sé e poi spinge via con i piedi le lenzuola che si sono attorcigliate sotto di lui. In realtà, all’inizio non fa molto. Rimane solo sdraiato a guardare il soffitto, pensando che deve prendere aria, ma incapace di muoversi. Perché lo sa che ha fatto tantissimi errori. E lo sa che ci dovrebbero essere modi per rimediare, perché non ha lasciato passare poi così tanto tempo, non è veramente nella stessa situazione di Kageyama, deve solo rimettere in ordine i suoi pensieri.

Il soffitto è buio. I ragazzi russano, e Tadashi si alza a sedere e si guarda intorno. Non ci sono i ragazzi del terzo anno. Probabilmente non si erano nemmeno preparati per andare a dormire, ora che ci pensa. Deve avere un significato diverso, per loro, questo ritiro. Se Tadashi è qui, preso dai suoi problemi sentimentali, se i ragazzi del secondo anno sono qui semplicemente presi da quello che si può considerare uno stato di intermezzo, in cui ancora si ha un anno davanti e un anno indietro in cui si sono create delle basi, Suga-san, Asahi-san e Daichi-san stanno assaporando l’ultimo anno. E lo stanno vivendo esattamente come se fosse il primo. Forse non vogliono che finisca.

Tadashi si alza lentamente in piedi, stando attento a non fare troppo rumore. Ci mette un po’ a riconoscere le forme dei ragazzi, addormentati un po’ per tutta la stanza, ci mette ancora di più a decidere che direzione prendere per uscire dalla stanza. Sta attento a ogni passo. Sta attento a ogni cosa che si potrebbe trovare per terra e, alla fine, riesce ad aggrapparsi alla porta e a uscire.

Fuori dalla stanza non ci sono rumori. Non sembra esserci nemmeno anima viva e Tadashi ricorda come Saeko-san sia andata in giro a lamentarsi perché non aveva nemmeno un compagno di bevute, o di chiacchierate notturne, dopo la scomparsa di Akiteru-niisan. E Tadashi sospira, giocherellando con le dita. Tsukki non è tornato e sembra essere nervoso, arrabbiato, come se non avesse un punto a cui appoggiarsi. Non riesce a non farsi domande. Non riesce a non pensare che un po’ deve essere colpa sua. Non riesce a non pensare che ha fatto troppi errori.

I suoi passi non sono mai stati leggeri, ma non sono nemmeno così pesanti. Si sente camminare, il rumore che fa, mentre va in bagno e sta pensando a Tsukki, ai videogiochi, alla domanda che, prima che tutto questo iniziasse, Tsukki gli ha fatto. Quella domanda in cui chiedeva se Tadashi voleva che tutto rimanesse così com’era. E la risposta che Tadashi ha dato, che pensava fosse vera, quando l’ha data, ma che adesso si chiede se non fosse una bugia. Ha risposto no. Beh. No. Non spera che le cose rimangano uguali. Non pensava che comunque la cosa che sarebbe cambiata...

Qualcuno gli posa una mano sulla spalla e Tadashi sbatte lentamente le palpebre, mentre si gira, per affrontare chiunque o qualsiasi cosa lo stia toccando, per poi irrigidirsi, a vedere Shimizu-senpai, che gli sorride dolcemente. “Devi andare in bagno?” gli chiede sussurrando, avvicinandosi verso di lui, per non dover alare troppo la voce.

Tadashi si guarda intorno e poi rimane in silenzio, perché non sa esattamente che cosa dovrebbe rispondere. Non ha mai veramente parlato con Shimizu-senpai, l’ha solo guardata da lontano e sa che Yachi ha un’enorme cotta per lei, così come la maggior parte della squadra e che sa fare degli onigiri buonissimi. Non sono delle informazioni utili, ora come ora. Cioè. Se volesse piantare il seme di una possibile situazione imbarazzante per Yachi, avrebbe abbastanza informazioni, ma la verità è che non vuole trascinare giù anche lei, solo perché loro quattro sono in una situazione scomoda. Dovrebbe trovare una risposta. “No” dice alla fine.

E Shimizu-senpai aggrotta le sopracciglia, prima di togliere la mano dalla sua spalla, e poi passare una mano sulla fronte di Tadashi. “Hai fatto un brutto sogno?” gli chiede e forse non vuole darlo a vedere, ma si passa la mano con cui ha toccato Tadashi sul fianco, deve essere perché è sudatissimo. Questa cosa è imbarazzante. E Shimizu-senpai sembra essere un po’ a disagio, anche se sorride un po’ e inclina la testa. “Andiamo a berci una tazza di tè” gli dice, spingendolo verso la cucina.

Un brutto sogno. Forse tutto questo è un brutto sogno. Normalmente, Tadashi ha sempre freddo. È più forte di lui. Rabbrividisce al minimo venticello, sente freddo già alla fine dell’estate. E adesso invece, ora che se ne rende conto, se si passa una mano sotto il collo, la mano esce fuori bagnata. Non sicuramente per colpa della pioggia battente fuori dalla casa. Camminano in silenzio, Tadashi e Shimizu-senpai. Tadashi non ha davvero molto da raccontare adesso e non sa come maneggiare un possibile tè con lei. Non ora. Non con tutti questi pensieri che gli girano per la testa, sicuramente non con tutte queste questioni in sospeso, o con Tsukki che sta così lontano per colpa sua... Sì, questo deve essere sicuramente un brutto sogno e lui deve per forza potersi svegliare, prima o poi.

“Ha fatto un brutto sogno” annuncia Shimizu-senpai, aprendo la porta ed entrando in cucina. E Tadashi le lancia uno sguardo veloce, appena sente la sua voce, per poi girarsi verso la cucina e rendersi conto di avere davanti Daichi-san e Asahi-san, con una tazza di tè freddo sul tavolo. Shimizu-senpai lo spinge un pochino in avanti e Tadashi aggrotta le sopracciglia. “Forse potete aiutarlo.”

Daichi-san fa una smorfia verso Shimizu-senpai, come se avesse appena pensato a qualcosa di molto scortese che però non può dire ad alta voce adesso, mentre Asahi-san si muove di lato, per farlo sedere insieme a loro. “Sono un esperto di incubi” dice poi Daichi-san, quando Tadashi si muove verso di loro. Lo accompagna con lo sguardo, fino a quando non si siede accanto a lui e Tadashi tiene gli occhi puntati verso terra. Daichi-san posa una mano sulla sua testa, gli scompiglia i capelli, probabilmente per tranquillizzarlo. Daichi-san ha un sorriso gentile, delle mani ruvide ma sempre delicate. E Tadashi un pochino sente le orecchie arrossirgli, mentre chiude gli occhi. “Sicuramente ti potremo aiutare, okay?”

A Tadashi viene quasi da piangere. Ma non piange.




. Gibbiosa crescente

Akiteru è stato molto attento a non bere niente di alcolico. È stato molto attento anche alle parole di Kei, a non ripeterle, ad afferrare da quel poco che suo fratello minore ha detto per riuscire ad avere il quadro completo della situazione. Ed è stato attento, con grande disappunto di Kei, a far mangiare il suo fratellino, mentre parlavano. Kei non è sicuro che abbia capito tutto, ma pensa che forse il quadro generale lo abbia capito. E lo ha visto doversi fermare fisicamente dal chiedere più e più volte che cosa? e poi eh? e cosa? perché lo sa che questo porterebbe solo a un silenzio da parte di Kei.

Kei che giocherella con il suo cibo, di cui non aveva davvero bisogno, visto che aveva cucinato e aveva quasi mangiato a casa dei nonni di Suga-san. “È una storia imbarazzante” borbotta, facendo ticchettare le bacchette tra loro, con una mano sotto il mento e senza fare contatto visivo con suo fratello. Lo dice perché lo pensa davvero. Kei che prova affetto per Yamaguchi da praticamente sempre, Yamaguchi che comunque gli è sempre stato vicino, che ha seguito il gioco per aiutare Kageyama, okay, e poi Kei che fa un errore alla Hinata, un errore dovuto alla troppa ambizione, avarizia, al poco pensare alle conseguenze. Un errore alla Hinata. E la risposta logica di Yamaguchi è stata... “Ha detto che gli piaccio anche io.” Sinceramente, rivivere quel momento è anche più imbarazzante di quello che vorrebbe ammettere e Akiteru che lo guarda con quella faccia che non sembra essere sicura se deve essere preoccupata, in quanto fratello maggiore, divertita, in quanto stronzo, o dubbiosa, in quanto pettegolo. Kei sospira.

“E allora qual è esattamente il problema?” gli chiede, infatti, posando un gomito sul tavolo, per potersi sporgere verso Kei e guardarlo negli occhi. “La soluzione non dovrebbe essere molto semplice, a questo punto?”

Kei si morde l’interno delle guance e scuote la testa. “Se pensi alle persone come esseri bidimensionali, probabilmente sì” risponde irritato. Il problema è che noi non lo sono. Lascia le bacchette accanto alla ciotola e continua a scuotere la testa. E la cosa peggiore è che lo sapeva. Yamaguchi è lo stesso ragazzo che ha paura di dirsi che è andato bene in inglese, nonostante i suoi voti siano nella media, perché il papà dice che non sono dei voti degni di nota. Yamaguchi è quel tipo di ragazzo che prima di provare qualcosa in pubblico, ci prova da solo mille volte. Yamaguchi è il tipo di persona che vuole diventare più forte, anche se da solo, che si impegna, che... Kei sapeva quale sarebbe stata la risposta. Kei sapeva perché andava bene che Yamaguchi non lo vedesse. Quindi l’errore è stato suo. Non doveva chiedere più di quanto qualcuno può dare. Yamaguchi è quel tipo di persona che prende coraggio, ma è anche quel tipo di persona che un impegno lo prende sul serio e una relazione è forse...

“E tu che tipo di persona sei?” chiede Akiteru, quasi annoiato. Prende la sua lattina di caffè freddo e se la porta in bocca, prima alzare le sopracciglia per chiedere ancora una volta la risposta. “Sono sicuro che stai pensando a che tipo di persona sia Tadashi. Che tipo di persona sei tu? Perché per te non va bene mettersi insieme?”

Kei aggrotta le sopracciglia e raddrizza la schiena. “Non ho mai detto questo” risponde piano. Ci ripensa. No. Non pensa di aver mai detto che per lui sarebbe una brutta cosa stare con Yamaguchi, probabilmente è per questo che glielo ha chiesto senza pensarci. Ci sono momenti in cui la sua mente logica e fredda lo abbandona, sono quei momenti in cui sente di stare al sicuro e con Yamaguchi lui si sente al sicuro, con Yamaguchi sa che, per qualche ragione, ogni parte di lui è compresa e accettata. Stare con lui -in realtà è quello che Kei vuole.

“Secondo te, perché ti è scappata quella confessione?” chiede ancora Akiteru, prendendo le bacchette di Kei e iniziando a mangiare dal suo piatto.

Kei sospira, spingendo la ciotola verso suo fratello. Poi inizia a mordersi l’interno della guancia ancora e ancora. Perché, dice lui. Kei ci deve pensare su moltissimo. Pensa alla situazione specifica. Erano loro due, da soli, in camera sua. E Yamaguchi gli aveva appena preso la mano, gli aveva mostrato come prendergli la mano e poi avevano iniziato a giocare. E forse era venuto un qualcosa in mente a Kei. Forse era stata quell’irritazione che gli aveva portato Kageyama, quell’ingiustizia per cui Kageyama era visto da Hinata, nonostante fossero lontani fisicamente, e Kei, invece, non era minimamente visto da Yamaguchi. Forse era stato questo. Forse più che una dichiarazione, forse più che una richiesta di stargli accanto, che sono due cose che Yamaguchi già sapeva, forse, era una richiesta di essere visto. Kei abbassa lo sguardo. Ed eppure, le cose, invece di migliorare, sono peggiorate. Sotto questo punto di vista sono...

“Non penso che la tua fosse una richiesta poi così impossibile, sai?” continua Akiteru, nonostante non abbia avuto una vera e propria risposta. “Non hai chiesto poi così tanto, non ti sei forzato emotivamente su di lui, non hai fatto niente di sbagliato. Hai solo fatto una domanda. E non era qualcosa che Tadashi non poteva darti. Ha solo scelto di non farlo, e va bene così.”

Yamaguchi però non è quel tipo di persona che ama l’esplicito. Kei si muove nervosamente sulla sedia. “E adesso?” gli chiede. “Adesso ho rovinato tutto?”

Akiteru arriccia le labbra, poi torna a guardare la ciotola tra di loro e scrolla le spalle. “Le cose, prima di andare meglio, vanno sempre peggio” risponde. “Forse hai sistemato tutto, ma devi essere paziente.”

Non è una risposta. Kei ruota gli occhi. Facile metterla così. A parole è tutto semplice. E fuori sta piovendo e piovendo e l’unica cosa a cui Kei riesce a pensare è che ha perso Yamaguchi. Che non ci può fare niente. E quindi, frustrato, grugnisce, posando la testa sulla mano, a nascondere il suo viso.

“Però, sai?, sono fiero di te” gli dice Akiteru, posando una mano trai suoi capelli. “Per averci provato. Sei così distaccato, di solito, che avevo paura che avresti lasciato stare tutto, che non avresti provato nemmeno a parlare con Tadashi, che ti saresti solo detto di aver preteso troppo. Invece, ci hai parlato, giusto? Gli hai parlato di quello che provi. Ed è normale adesso essere frustrati, sentirsi giù, ma... almeno ci hai provato. Bravo il mio fratellino.”

Non ha fatto niente di tutto questo. “Sta zitto” borbotta Kei, scivolando verso il tavolo e posando su questo la fronte. Non ha fatto niente di tutto questo.




. Via Lattea

Gli hanno preparato un tè caldo e Asahi-san ha detto che Tadashi ha la febbre. Gli è bastato toccargli il polso per rendersene conto, gli ha anche chiesto se non è per questo che sente tanto caldo e che forse dovrebbero trovargli un posto in cui dormire e riposarsi e che dovrebbero avere dei medicinali da qualche parte. È stato perché è rimasto su quell’albero, dopo essersi bagnato e si è preso l’inizio della pioggia. È stato sicuramente per questo e Tadashi si maledice mentalmente perché, uau, davvero, chi si ammala la prima notte di un ritiro? Perché queste cose devono capitare a lui? Perché non può semplicemente... non riesce a pensare molto lucidamente. I pensieri sono un po’ sconnessi. Ma il tè è buono, e i senpai sono gentili. Lo hanno portato in una stanza vuota. Suga-san dice che non la usano perché sua zia giura di averci visto un fantasma dentro e, quando Daichi-san lo ha colpito per farlo sta zitto, ha riso a voce così tanto alta da poter svegliare tutti i loro compagni di squadra.

“Asahi-san” chiama Tadashi a bassa voce, mentre Asahi-san gli passa una coperta. Tadashi si passa una mano sul naso e sbatte le palpebre più volte, prima di sospirare. Lui non si sente poi così male. Forse un po’ la testa che gli sembra annebbiata, ma pensava fosse così per colpa del sonno. “Cos’è successo tra te e Nishinoya-senpai?”

Asahi-san si siede accanto a lui, con le gambe incrociate e gli posa una mano sul petto, per farlo sdraiare e gli sorride. “Che cos’è successo?” gli chiede a bassa voce. Poi si alza in piedi per assicurarsi che le finestre siano chiuse. Nonostante tutti continuino a dire che Suga-san sembra avere l’istinto più protettivo tra tutti i senpai, Tadashi ha sempre pensato che Asahi-san avesse qualcosa di molto più delicato, quando si tratta di prendersi cura dei più piccoli, qualcosa che, per qualche motivo, sa di materno.

Oh. Bene. Tadashi sta davvero delirando.

“Nishinoya-senpai continua a ripetermi di non fare come te. Perché è il modo di perdere le persone è questo, dice. Ma non ho capito cosa è successo. Nessuno sembra saperlo.” Tadashi segue Asahi-san con lo sguardo, mentre si risiede accanto a lui, gli posa una mano sulla fronte e poi sospira. “Nessuno vuole dirci niente. È un po’ come quando sai che è successo qualcosa, ma non sai proprio tanto bene che cosa. Sono curioso.”

Asahi-san sorride. Tadashi sente quanto la sua fronte sia sudata. Si sta rendendo conto di avere davvero tanto caldo e che non è una cosa normale. “Nishinoya ti ha detto questo?” gli chiede ancora. E poi sospira. “E nessuno ne parla?” A questo punto si tira i capelli indietro e alza una spalla. “Questa è una cosa strana.”

“Lo è?”

“Siamo una squadra molto pettegola” ride piano Asahi-san. “Probabilmente te ne sei già reso conto.” Prende un panno, per posarglielo sulla fronte, togliendo da questa la mano che teneva posata sulla fronte poco prima. Ha le mani fresche. Tadashi sospira e non sa dove dovrebbe guardare. Non succede spesso di ammalarsi fuori casa. Forse dovrebbe chiamare suo papà e farsi portare a casa, ma papà è in viaggio per lavoro e, paradossalmente, adesso che è con la squadra è più seguito di quanto lo possa essere a casa. Daichi-san ha anche detto che domani cucineranno una bella zuppa, per lui. Sono gentili, i senpai. “Non è successo niente, però, forse è per questo che nessuno ne parla.”

Tadashi sbatte velocemente le palpebre e sente come il panno bagnato si riscalda, a contatto con la sua pelle. Deve avere veramente la febbre. “Allora perché Noya-senpai dice...” Non finisce la domanda. Tira su col naso. Detesta questa storia della febbre. Lui sente davvero di stare bene. Nonostante le sue gambe scottino. E la nebbiolina in testa. E questo leggero dolore alle ginocchia e alla schiena. Beh. Niente di serio.

“Perché ho giocato in difesa” risponde piano Asahi-san. “Ci sono persone che riescono a vivere il momento, sai?, ma io non sono così. Noya è così. Noya vive adesso e pensa adesso e sente adesso. Io invece sto sempre a pensare a dopo. Sto provando a migliorare. Ma non ci riesco sempre. Mi sono bloccato. E Noya non ha aspettato. Com’è giusto che sia. Penso anche di averlo ferito, di avergli fatto male. E quindi anche in questo senso ha fatto molto bene ad andare avanti. E ora siamo amici. Di nuovo.”

Tadashi deglutisce. Dovrebbe smettere di proiettare. Prima su Kageyama, adesso su Asahi-san. Ma è difficile. “Però lui sembra essere abbastanza triste” mormora, sospirando. “Forse sta aspettando.”

Asahi-san ha un sorriso molto dolce. Quando non è sotto pressione, quando non pensa che qualcuno lo veda, ha l’espressione di una persona che ha tante responsabilità, ha l’aura di una persona che potrebbe prendersi cura di ogni cosa. È rassicurante. “Devi essere molto stanco” gli dice, però. “Ti sei fatto trascinare da Yacchan e Hinata, uh?”

Tadashi ride piano. Questo è il senso della loro amicizia. Quando Tadashi è bloccato, Yachi e Hinata lo spingono in posti in cui normalmente non andrebbe, anche se è pericoloso, anche se poi si prende un malanno.

“Non puoi fare il mio stesso errore, comunque, Yamaguchi” lo rassicura Asahi-san, sistemandogli le lenzuola sulle spalle. “Tu hai già fatto un passo in più di quello che ho fatto io, vero? Sei già più coraggioso di quello che sono stato io.”

Non è vero. Non lo è stato.



.Eclissi solare

Akiteru apre la porta di casa, poi fa un passo indietro, chiudendola di nuovo e facendo cenno a Kei di passare, prima di girare i tacchi e andare via. E Kei sospira, con le mani in tasca, entra in casa e vede Yamaguchi, seduto davanti all’entrata, con un piumone sopra le spalle, che guarda le loro scarpe, come se fossero la cosa più importante del mondo. Poi, quando le gambe di Kei, alza lentamente lo sguardo e sorride piano, prima di mettersi in piedi.

Non parlano da quasi una settimana. Anche oggi che sarebbero dovuti stare insieme, anche ieri, che potevano sedersi vicini durante il viaggio, sono stati divisi. E sembra una cosa davvero molto importante. Il fatto di stare lontani, sembra qualcosa di una gravità inconcepibile. Sembra essere una cosa che non è mai successa prima d’ora.

Kei si muove sul posto e si guarda intorno. Quel codardo e traditore di Akiteru lo ha abbandonato qui, da solo. È imbarazzante. Soprattutto dopo che si è mostrato così nervoso per una semplice giornata in cui Yamaguchi ha attivamente provato a non guardarlo. Soprattutto dopo aver provato a ottenere qualcosa, lo sguardo di Yamaguchi, e non esserci riuscito. Normalmente, con lui, si sente al sicuro. Normalmente, Kei, con Yamaguchi, si sente come se ci fosse una bolla intorno a loro, in cui nessuno può entrare, in cui entrambi sono protetti, ma lui l’ha rotta. Con la sua richiesta, ha rotto un equilibrio. E ora si sente in pericolo e forse è così che si sente anche Yamaguchi.

Gli fa male anche solo il pensiero che Yamaguchi si senta in pericolo, accanto a lui. E quindi abbassa lo sguardo, preso da un senso di colpa che Akiteru gli ha detto di togliersi da sopra le spalle. E quindi Kei si gratta la testa e sospira, mentre cerca di togliersi le scarpe, per entrare in casa.

“Scusa, Tsukki” mormora Yamaguchi, con la voce roca. È una voce strana, e Kei si chiede se non sia perché non parla da un po’. Non si aspettava nemmeno che fosse ancora sveglio, vista l’ora che lui e Akiteru hanno fatto fuori casa.

“Non c’è niente di cui scusarsi” risponde lui, giocherellando con la punta del piede. Non c’è nessun rumore in casa. Non hanno nemmeno acceso la luce. Chissà da quanto tempo Yamaguchi era qui, ad aspettare. È un po’ troppo da fare per fare delle semplici scuse. La verità è che Kei spera un po’ di non fare gli stessi errori di Kageyama. Spera di non perdere Yamaguchi come amico. Perché già gli manca. Perché è l’unico amico che ha per davvero, senza sforzi, senza complicazioni. “Sono io che ti devo chiedere scusa, invece” dice. E lo dice per questo. Per salvare il salvabile. Per riavere Yamaguchi con sé, per poter avere di nuovo il diritto di potergli stare accanto, perché non saprebbe davvero che cosa fare se non ne avesse più il diritto. Non ci ha mai pensato. Non lo credeva possibile, un mondo in cui Yamaguchi non è suo amico. “Perché tu le cose me le hai dette e io comunque mi sono frustrato e ti ho gridato contro.” Sospira, poggiando tutto il peso del corpo su una gamba. Cerca di guardare il soffitto, invece che Yamaguchi. “Sapere che io ti piaccio, dovrebbe essere sufficiente, ma la verità è che non è questo è che... non mi guardavi.” Scrolla le spalle, mordendosi l’interno delle guance. Lo dice, tutto questo, perché gli dispiace per davvero. “Mi dispiace.”

Yamaguchi giocherella con le mani. Si è alzato in piedi. Continua a tirare su col naso. Si è raffreddato. Tipico. “Che cosa cambierebbe, se stessimo insieme?” gli chiede. Cerca anche di schiarirsi la gola. Forse non dovrebbe stare nemmeno in piedi. Magari ha la febbre.

“Non lo so” risponde sinceramente Kei. “Non lo so, non credo molto. Giocherei con te a Yu-Gi-Oh!” prova a scherzare.

“Avrei il diritto di Yu-Gi-Oh!” dice dubbioso, portandosi una mano sotto il mento.

Kei ruota gli occhi. “Smettila di parlarne come se fosse una negoziazione” sbuffa, inginocchiandosi per slacciarsi le scarpe e poi togliersele. Sente gli occhi di Yamaguchi su di lui. Davvero. L’unico motivo per cui sta sopportando tutto questo è perché vuole davvero molto bene a Yamaguchi.

Yamaguchi, che sbatte lentamente le palpebre e ripete: “Negoziazioni.” Poi stringe la mano intorno alle lenzuola e lancia uno sguardo verso il corridoio, prima di girarsi verso Kei, che nemmeno lo sta guardando, perché le scarpe sembrano essere, per qualche motivo, più difficili da togliere, adesso, e lo sente soltanto inginocchiarsi accanto a lui. “Tsukki” lo chiama a bassa voce, e poi, quando Kei si gira verso di lui, per affrontarlo, per la prima volta, si allunga quel tanto che basta per far toccare le loro labbra. Così. Fine. Poi si allontana e lo guarda, con la testa leggermente inclinata. Le sue labbra erano calde. Yamaguchi non è soltanto raffreddato. Ha la febbre. “Io non posso mettermi con qualcuno” gli dice poi, buttandosi per terra, seduto, poco lontano da lui. “Ma è vero che tu mi piaci. E non lo so se suona come una negoziazione, in realtà, ma io non voglio che tu stia male o che sia così nervoso per colpa mia. Ma non ti posso dire che posso stare insieme a te, anche se mi piaci.” Si gratta la fronte. “Non capisco bene il perché. È come una cosa di -non mi piacciono le cose che vanno a finire male.”

Kei gonfia una guancia. “Come fai a sapere che finirà male?” gli chiede.

Yamaguchi scrolla le spalle. Poi starnutisce e rabbrividisce. “Non lo so” risponde poi, con la voce roca. “I numeri non sono dalla nostra, però.”

Kei sente di non star seguendo la conversazione. Si sfila la scarpa e poi si gratta la tempia. Deve mettere insieme lui i pezzi. Allora. Yamaguchi sta diventando coraggioso. Yamaguchi preferisce le cose non dette. Ci sono più spazi in cui muoversi. Se Kei non avesse detto niente, probabilmente Yamaguchi avrebbe accettato di continuare a essere il suo finto ragazzo, fino a che fosse stato necessario. “Quello che ti dà fastidio è l’etichetta?” chiede Kei con una smorfia, girandosi verso Yamaguchi, che sbadiglia svogliatamente. “Che se stiamo insieme ci sarebbe un’etichetta?”

“Nah” risponde Yamaguchi. Poi assottiglia lo sguardo e guarda davanti a lui. “Forse...?”

“Quando facciamo finta non ti dà fastidio.”

Yamaguchi ridacchia. “Perché facciamo finta” spiega, sistemandosi di nuovo sul pavimento. Probabilmente dovrebbe riportarlo a letto e farlo dormire. Qui, all’entrata, potrebbe prendere anche più freddo. Ricorda che, quando erano piccoli, Yamaguchi si è preso un raffreddore con tanto di febbre a trentanove dopo essere rimasti una notte a guardare le stelle. Lo ricorda, perché è stata la prima notte che ha passato fuori casa, e perché ricorda perfettamente che è stata la prima volta che Yamaguchi ha parlato apertamente dei suoi genitori. La prima volta che si è reso conto che Yamaguchi non ce l’ha una mamma. “È diverso, quando si fa finta.” Si schiarisce la gola.

“Perché è solo un modo per rendere felice qualcun altro.”

“Già.” Yamaguchi si schiarisce di nuovo la gola. “Ma se siamo solo noi due...?”

Kei incrocia le braccia, sospirando. È un pensiero ingarbugliato, ma è un pensiero che riesce a capire. Kei non ha mai fatto niente attivamente per rendere felice Yamaguchi. E Yamaguchi non ha mai chiesto niente per essere felice a Kei. E Kei non ha mai chiesto niente a Yamaguchi, prima di quella notte. È difficile iniziare una relazione se l’altra persona è un’incognita per te. È pericoloso affidarsi, se non sai quello che potrebbe succedere se ti affidi all’altro. “Perché non ne abbiamo parlato prima?” È difficile stare insieme a qualcuno con cui non sembri parlare.

Yamaguchi tira su col naso. “Hai iniziato a dire di fare finta di niente. Continuavi a ripetere fai finta di niente” lagna. “Dopo che ho detto non lo so hai solo iniziato a fare quella cosa che fai sempre e hai iniziato a stare zitto e ho pensato che non mi volessi parlare. Tu non ascolti. È come se ti mettessi sempre le cuffie. È stato irritante.”

“Non l’ho fatto.”

“Lo hai fatto invece.”

“No.”

“Sì” ribatte Yamaguchi. Solo che la voce gli si rompe per colpa di un colpo di tosse. Uhm. Questo tizio lo ha baciato. Kei spera di avere degli anticorpi abbastanza forti. Dà un colpo sulla spalla di Yamaguchi, come se questo potesse aiutarlo. Yamaguchi alza la mano per fermarlo. “Ma io ho fatto la stessa cosa” dice alla fine. “Scusa.” Si passa una mano sul naso, probabilmente per grattarselo. “Scusa, Tsukki.”

Non sa come rispondere a queste scuse, quindi si morde l’interno della guancia e si cerca dei fazzoletti nelle tasche. Si tocca le tasche dei pantaloni, solo per poi rendersi conto di indossare ancora la giacca, motivo per cui inizia a sfilarsela, mentre Yamguchi continua a tirare su col naso. Kei arriccia il naso. “Sei disgustoso” gli dice.

“Lo sei tu” borbotta Yamaguchi, sistemandosi di nuovo il piumone sulle spalle. Continua a cadergli. Dovrebbe andare a dormire. “E mi dà fastidio dire bugie a Hinata. Non c’entra niente, ma mi dà fastidio dire bugie a un amico.”

Kei ruota gli occhi. Posa i gomiti sulle cosce. “A me non dà fastidio mentire a Hinata. Sai quanto mi importa? Ma... E vuoi giocare a Yu-Gi-Oh!, giusto? Cioè, lo vuoi fare per davvero?”

“Che fai? Prendi in giro?”

“Sto chiedendo che cosa vuoi fare insieme a me.”

Yamaguchi sospira. C’è di nuovo del silenzio. Un silenzio buio, troppo tranquillo per loro che sanno che tipo di persone si trovano lì dentro. Domani sarà felice alzarsi dal letto. “Io dico che come stiamo adesso va bene” dice dopo un po’. “Più qualche bacio durante i giorni festivi.”

Kei alza un lato delle labbra. “Ma non stiamo insieme” mette in chiaro con un tono forse un po’ troppo leggero. Anche perché sta cercando di trattenere una risata. “Ti avevo detto di non farla suonare una negoziazione.”

“Uhm.” Yamaguchi sospira ancora una volta e chiude gli occhi, posando la schiena sul muro dell’entrata, perché non sembra riuscire nemmeno a tenersi seduto. “Allora ritiro i baci i giorni festivi. Così come stiamo va bene. Ti posso anche tenere la mano, se vuoi, ma solo in giorni speciali, tipo il giorno del tuo compleanno, oppure a Natale. So che può essere dura per te, pensare di non baciarmi ma...”

Kei sbuffa. “Stai scherzando?” borbotta. “Ma chi ti vuole baciare?”

“Tu.”

“Ew. Lasciami in pace. Non ti avvicinare. Ma ti sei visto?”

Yamaguchi sorride, ma, davvero, ha il naso rosso e un po’ di moccio sotto il naso. “Come?” chiede. “Adesso non mi vuoi baciare?” chiede, strisciando verso di lui. Poi arriccia le labbra, come se fosse un personaggio di qualche manga e come se volesse dargli davvero un bacio. “Non vuoi? Davvero non vuoi?”

Kei arriccia il naso e cerca di spingerlo via con una mano, ma non ci mette troppa forza perché, ugh, davvero, questo ragazzo è malato e non sarebbe un combattimento equo. “Dai” borbotta, cercando di tenerlo indietro, ma Yamaguchi, nonostante sia raffreddato, nonostante la febbre, si butta su di lui. “Yamaguchi!”

“Sei solo un codardo” mormora Yamaguchi, rotolando di schiena, perdendo il piumone a metà strada. Sbadiglia di nuovo. Si stropiccia gli occhi, stancamente. “Io voglio stare con te” gli dice poi, girandosi di fianco. “Solo che non conosco un altro modo. Questo è il mio unico modo. Ti dà fastidio?”

Kei sbuffa una risata. Qualche ora fa aveva paura di aver perso Yamaguchi anche solo come amico. E adesso gli dice che possono stare insieme, che possono tenersi anche per mano. “Tu mi dai fastidio” risponde, ridendo e Yamaguchi gli dà un pugno debolissimo sulla schiena. “Sta con me, per davvero” gli ripete poi, posando la mano sul pavimento e scivolando sul pavimento, per poterlo guardare negli occhi. “Nel modo in cui sai, non m’importa. Ma stai con me.”

Yamaguchi sorride arricciando il naso. Se non fosse malato, forse Kei lo avrebbe baciato adesso. “Aw, che carino” mormora. “Ti potrei tenere la mano anche i giorni feriali.”

Kei ruota gli occhi. “Potrei giocare a Yu-Gi-Oh! con te a Natale...” inizia per prenderlo in giro ma si ferma immediatamente. Muove una ciocca di capelli da davanti gli occhi di Yamaguchi. “Dire a tuo padre che stiamo insieme per farti aumentare la paghetta.”

“Non sarebbe più neanche una bugia.” Yamaguchi ride piano, poi gli prende la mano guardando verso il basso. Intreccia le loro dita insieme s sospira. Non riesce a respirare bene, per colpa del moccio. Ha gli occhi un pochino rossi. Sul naso c’è qualche segno di pelle morta e rossastra. È la cosa più bella che Kei abbia mai visto in tutta la sua vita. “Sì” mormora Yamaguchi. “Stai con me anche tu” dice con la voce roca. “Anche io voglio stare con te.”


 

Note: Ultimamente detesto lasciare note alla fine della storia ma volevo dire che questa doveva essere una OS che ha perso il controllo e che questa dovrebbe essere la fine della Tsukkiyama, più che della storia in generale. Avevo intenzione di seguire la asanoya, che ha avuto davvero poco spazio, al contrario di quello che volevo. Continuare la storia su questa storia, sarebbe un pochino come perdere la TsukkiYama per la quale la storia stessa è nata. Quindi, non lo so, forse ci sarà almeno una OS Asanoya che metterò in una serie per poterla collegare a questa storia, e per la KageHina non lo so se usarla ancora come coppia secondaria o altro, in realtà dovrei ancora pensarci. Comunque. Spero che la storia vi sia piaciuta. Mi prenderò tempo per strutturare l'asanoya, sperando di riuscire a fare qualcosa. Anche perché questa OS-allungata doveva essere un regalo per una persona e devo regalare una asanoya a un'altra persona, lol. Queste note sembrano una minaccia, per questo di solito preferisco non farle ahah

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