La strada dell'onestà

di Ariel_ioscriviana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Uno.Due.Tre.
Quattro.Cinque.Sei.

I gradini del tribunale erano tanti, e lei li saliva con calma, misurando ogni passo, numerandoli mentalmente: "Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei."
E poi di nuovo:
"Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei."

Il cielo era sereno, poche nuvole, sembrava che contornassero il sole, non lo oscuravano, lo contornavano,e il sole brillava cocente, come brilla nei giorni della Sicilia.
Ed era solo primavera.
Un vento leggero accarezzava le chiome degli alberi -erano parecchi, lì intorno, e lei ne era felice "Lavoro in una zona con un pò di verde,potrò respirare!", amava la natura- e andava a sfiorare anche i suoi capelli,così si muovevano al ritmo dei suoi passi, così. E più in là, lo si poteva vedere,lo avrebbe potuto vedere, se solo avesse alzato lo sguardo da quei gradini, e avesse liberato la mente da quei numeri-Uno,due,tre,quattro,cinque,sei- c'era il mare.
Culla di vita e scrigno del suo cuore.
Tela in cui il sole distendeva i propri raggi, come pittore apparentemente distratto che sembra liberare a casaccio i colori della tavolozza sulla propria tela.
Il mare,il sole,gli alberi,il cielo,i mandorli e le arance. I caldi colori e le colline battute dallo scirocco. Se avesse alzato lo sguardo da quei gradini,l'avrebbe vista tutta lì, la sua terra.
La terra per cui iniziava ora ufficialmente la sua battaglia.
L'avrebbe vista, mentre era tutt'intorno a lei, mentre lei saliva quei gradini -uno due tre quattro cinque sei -e sembrava cingerla in un materno abbraccio.
Un abbraccio di riconoscenza.
Se non glielo davano gli uomini, lei, la terra, glielo dava. Se non glielo davano certi uomini,lei,la terra,non glielo faceva mancare.
Perchè proprio da quei certi uomini troppo spesso essa era strata maltrattata, e violentata, e adesso in lei vedeva un altro riscatto.
E se, in quel momento, le avessero chiesto perchè non rivolgesse il suo sguardo alla terra,e al mare,e al mercato di Ballarò e ai quartieri maledetti di Brancaccio -dove viveva la gente per cui voleva combattere,dove viveva la gente che voleva salvare,dove viveva la gente che voleva punire -avrebbe risposto, con quel suo sorriso dolce, con quel suo sorriso timido dietro cui dissimulava i suoi sentimenti, che era perchè quella terra la portava nel cuore.
E che era troppo impegnata a guardare i gradini ed enumerarli per sciogliere un pò l'impazienza e la tensione -stratagemma che sapeva essere in uso nella polizia, rifugiarsi nei numeri per sfuggire alla paura- ma che in realtà il suo cuore era lì, come sempre. Perchè camminava calma, lei. Ma nell'animo le si agitava l'emozione e, spiando fra i suoi passi-calmi e decisi,quasi sfiorava i gradini,però era anche svelta- un osservatore attento poteva scorgere una frenesia,un'impazienza,un'emozione,che guizzava fra le sue gambe e dava luce al suo sguardo.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
Le era sembrata una meta irraggiungibile, quella che stava per raggiungere, che aveva già raggiunto, ma da lì a pochi gradini -uno due tre quattro cinque sei- si sarebbe davvero concretizzata.
Aveva attraversato tutto il suo percorso di studi con questo sogno, e adesso poteva realizzarlo. Era arrivata all'università un pò intimorita, aveva attraversato momenti di sconforto ma non aveva mai perduto la sua decisione,la fiducia nella sua missione,un desiderio infranto alle spalle ed un altro davanti ai suoi occhi,un altro fra le sue mani.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
Aveva passato il concorso facilmente come non pensava, aveva incontrato difficoltà, sì, ma le aveva superate, era stato in fondo come scivolare nell'acqua -come quando lasciava scivolare il suo corpo e la sua anima nel suo amato mare- era stato così, in fondo.
Forse perchè era destino, sì, doveva essere stato per forza il destino, non sapeva se il destino esisteva, di sicuro esiste il caso, ma se il destino esiste è lui che l'ha voluto.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
"Chissà se riuscirò ad essere come voglio", si diceva, "Chissà se riuscirò a compiere la mia missione, a fare la mia parte, in questo mondo, chissà se ne sarò all'altezza.
Chissà se riuscirò a portare un sorriso, chissà se riuscirò a far fruttare l'eredità che loro mi hanno lasciato, chissà se ce la farò a portare un pò di giustizia, per quanto posso."

E così pensava, quando non c'erano più gradini da contare e c'era solo una porta da varcare.
Poi vide il suo sogno prendere forma negli ambienti e nelle persone.

L'atmosfera che l'avvolgeva aveva un qualcosa di familiare, ma la sua tensione non s'era allentata. Due carabinieri, appena si accorsero del suo arrivo,la salutarono mettendosi sull'attenti. Lei ricambiò il saluto con lo sguardo, gettando un'occhiata fugace sui due uomini per poi spostare gli occhi sul lato opposto.
Poi non pensò più nulla, perchè il presidente del tribunale, un uomo basso, un pò tozzo, ma abbastanza signorile, sulla sessantina, le venne incontro -con fare festoso più che solenne, del resto gli sembrava di vedere una figlia in lei- la salutò, le allungò il braccio, lei gli strinse la mano e lui le disse: "Ancora benvenuta e buon lavoro, giudice Marina. Domani ci sarà il suo primo processo".

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Capitolo 2
*** Due ***


Quando era diventata giudice, aveva ricevuto le congratulazioni di tutti.
Parenti, amici, conoscenti che erano scomparsi da sempre e adesso si rifacevano miracolosamente vivi.
Sulla sincerità dei primi e dei secondi, non aveva dubbi. Su quella dei conoscenti prima dimenticati, aveva più di una riserva.
Era ben consapevole del fatto che quelle persone puntavano in realtà a qualche sorta di protezione.

Quando lei non era nessuno, nulla più che una ragazzetta universitaria piena di sogni che forse neanche avrebbe realizzato, un pò idealista, nessuno di loro la considerava. Adesso, era un giudice.
"Nel caso in cui avessi bisogno, non so, può sempre capitare, meglio tenersela buona questa qui" era probabilmente il ragionamento che tanti avevano fatto. Ma Marina aveva fatto una promessa, e loro non lo sapevano. E anche se lo avessero saputo, probabilmente sarebbero rimasti fermi nella loro posizione, certi che basta poco per far cambiare opinione alla gente. Ma con Marina no. Marina sapeva, aveva sempre saputo, che nel suo cammino avrebbe trovato tanti poco di buono che avrebbero tentato di farla deviare dalla strada tracciata dalla sua onestà, che avrebbero provato a sedurla con le promesse del dio denaro. E lei giurò a sè stessa e a loro che mai avrebbe ceduto a quelle lusinghe, mai sarebbe scesa a patti con i suoi valori, mai avrebbe calpestato la sua dignità e i suoi ideali, avesse dovuto significare perdere tutto, perdere la vita.
E se la portava addosso questa promessa, Marina, cucita sul suo cuore, la portava come un distintivo, questa promessa e la fedeltà ai suoi principi.

Dunque, tutti erano fieri di lei quando divenne giudice.
Suo padre, però, no.
Soleva ripetere che quello del giudice "non è un mestiere da donna", è un lavoro rischioso, e sua figlia non era fatta per sporcarsi le mani con i delinquenti, per stabilire le pene da assegnare a questo e a quello sfiorando sempre il pericolo della ritorsione.
Glielo diceva anche quando Marina nutriva il sogno di diventare poliziotta, "Sei pazza,è un lavoro troppo rischioso,pericoloso,è sporcarsi le mani con i deliquenti, e tu non sei fatta per questo, per maneggiare le pistole col rischio di spararti in fronte,ma sei pazza,Marì?"
In realtà, il buon vecchio signor Siculiano, era soltanto preoccupato per quella figlia che vedeva così convinta dei suoi ideali che per essi avrebbe pure dato la vita -ed era pure possessivo,diciamolo- tutto questo lo portava ad agire così.
Quando vide che la convinzione della figlia nel diventare giudice s'accresceva, però, iniziò ad essere brusco e minacciò anche di tagliare per sempre i ponti con lei, cosicchè, quando Marina vinse il concorso, le telefonò soltanto e le disse "Congratulazioni, e stà attenta", in un tono che era un rimprovero pregno di malinconia, quasi l'avesse persa per sempre, la figlia.
La mamma di Marina, dal canto suo, non era meno preoccupata per la figlia, ma ne era comunque orgogliosa, di lei e della sua missione, e non poteva che assecondare le sue ambizioni e incoraggiarla.
Cosicchè, alla festa per il concorso, con Marina c'erano tutti meno che il padre, che era rimasto a casa da solo a fumare nervosamente un sigaro dietro l'altro, mentre pensava alla figlia, alle sue filippiche anti-mafia e ai suoi elogi di Borsellino e Falcone, e al suo voler diventare non un normale giudice, che era già rischioso, ma un giudice anti-mafia, "per poter estirpare per quanto posso questo cancro da questa terra e dalla mia patria", diceva.

A Marina questa situazione, inutile negarlo, pesava. Aveva tentato di recuperare il rapporto con il padre, ma non poteva mettere a tacere i suoi sogni.
Sapeva che in fondo lui era soltanto preoccupato per lei e sperava che un giorno si sarebbe reso conto di star sbagliando.
Pensava anche a questo, Marina, mentre nella sua casa a Palermo, rilassata sul divano, il balcone aperto a far entrare il sole e l'aria, sorseggiava un the e dava un'occhiata al Codice Penale e a manuali di diritto. Il tramonto inondava la stanza, rendendo tutto d'un arancio acceso e disegnando arabeschi rossi sui muri, e i capelli di Marina appena mossi dal vento sembravano fili d'oro. Amava l'immobilità del tramonto, quella sua capacità d'infonderti una sensazione tanto dolce e tanto intensa insieme semplicemente lasciandotelo scivolare addosso, lasciandotelo entrare dentro,negli occhi, nei capelli e in ogni parte di te.
Così si alzò in piedi, posò il codice e i manuali sul tavolino, e camminando svelta, come guidata da quella luce, uscì sul balcone. E ammirò la città tinteggiata da quelle tinte calde, il mare luccicante d'oro, le cime delle colline brillanti come diamanti, il sole un'arancia nel cielo.
E sentito il richiamo del tramonto, il richiamo della vita, poggiò dolcemente la sua schiena alla ringhiera, chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal vento e risucchiare dal tramonto.
E la sua figura sembrava un'esplosione di vita e d'immobilità insieme, come il tramonto.

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