Il Cavaliere dell'Amore

di JLuna_Diviner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Il cavaliere ***
Capitolo 2: *** - Paure ***
Capitolo 3: *** - Fine ***



Capitolo 1
*** 1 - Il cavaliere ***


Marinette viveva nella sua nuova casa nel sud della Francia da ormai due mesi dopo il suo matrimonio, durante i quali le sue nuove amiche della cittadina erano sempre riuscite a tirare in ballo il solito argomento durante l'ora del tè. Era sulla bocca di tutti in quei giorni.

– Dicono sia un fantasma. – aggiunse Juleka Couffaine mentre appoggiava sul tavolino la tazza da tè, scostandosi di nuovo la lunga frangia nera che continuava a caderle sul viso.

– Io ho sentito che è uno dei nipoti del vecchio Dubois che si diverte a spaventare la gente di notte. – disse Mylène Haprèle accennando ad una risatina coperta dal suo ventaglio rosso porpora

– Ma sta zitta, che dici!? Quello non avrà nemmeno diciott’anni e questa storia me la raccontava sempre mia nonna che a sua volta l’aveva sentita da sua nonna. – la interruppe Alya Cèsaire brusca

– Allora sarà una burla a conduzione familiare, ora non scaldiamoci su... – disse Rose Lavillant, cercando di calmare le dame di fronte a lei agitandosi un pochino

– Mio cugino mi ha riferito che alla taverna si mormora sia uno straniero. – disse Alix Kudbel, appoggiandosi distrattamente sulla poltroncina verde con lo sguardo perso nel vuoto. Dal momento in cui l'aveva conosciuta Marinette nutriva grande rispetto per lei, andava a caccia con altri uomini, faceva sport, e rinnegava il ruolo da "donna di casa" che infondo anche a lei andava stretto. Soltanto che non aveva avuto abbastanza coraggio per opporsi al matrimonio combinato dai suoi genitori; che negli ultimi anni si erano molto impegnati, nonostante le umili origini, a far entrare la loro unica figlia in società per darle il matrimonio e la vita che meritava.

Di tutto ciò di cui le dame parlavano, la storia del cavaliere dal penetrante sguardo e la scintillante armatura era l’unica che le interessasse davvero. Ma, dato che c’erano troppi pochi dettagli su cui parlare per ricevere più informazioni; le conversazioni si spostavano subito su altro, per sommo dispiacere di Madame Marinette Couffaine, che nella sua mente sentiva riecheggiare le rime della poesia.

Quel nero destrier, i cui passi
ascolto nei sogni, quando l’ombra scende,
e passando al galoppo, m’appare
dalla notte nelle fantastiche strade
da dove viene? Quali sacre e
terribili regioni ha incrociato, d’apparir
tenebroso e sublime tanto, e da provar
un fremito nell’agitato crine?
 
Un cavalier dal penetrante sguardo,
vigoroso, ma placido, all’aspetto,
di splendente armatura rivestito,
 
senza timor cavalca l’animale strano.
E il nero destrier dice: “Io son la Morte!”
Risponde il cavalier: “Io son l’Amore!”

 
 Lei si era sposata a Maggio, con Monsieur Luka Couffaine, promettente dottore e abile musicista nel tempo libero. Il matrimonio era combinato dai genitori di entrambi per promesse fatte da vecchie amicizie; e anche se la dote della giovane non era tra le più promettenti, la bellezza che incorniciava la ripagava tutta. Al momento della loro unione Couffaine aveva già compiuto ventisei anni, mentre lei ne aveva appena ventiquattro.

Marinette aveva passivamente accettato la cosa, consapevole che il suo destino era scritto da ben prima che nascesse e ribellarsi sarebbe stato inutile e controproducente verso gli sforzi della famiglia, e anche Luka, ma per motivi diversi: lui, infatti, era troppo impegnato a crearsi una carriera per preoccuparsi cose come l’amore e il matrimonio.
Tuttavia, quando aveva incontrato per la prima volta la sua futura sposa, era rimasto letteralmente folgorato: la bellezza della giovane era innegabile; tutto di lei lo attirava, dalle movenze delicate alla voce vellutata, dallo sguardo che spesso si perdeva in chissà quali pensieri alle mani affusolate e pallide, pallide come del resto ogni altra parte del corpo.

Purtroppo, per Marinette non fu la stessa cosa; certo l’avvenenza e il carisma di Luka erano, anch’esse, innegabili, ma aveva capito da subito che per lui non avrebbe potuto provare nient’altro che andasse oltre la semplice e genuina amicizia. Non aveva esitato a renderglielo noto.
Lui ne era sì rimasto ferito, ma capiva perfettamente i desideri della sua sposa. Per affogare il dolore si era gettato a capofitto ancor più nel lavoro.

Dopo il matrimonio, erano andati a vivere in una lussuosa villa a tre piani, nel villaggio natale della madre di lui; era un posto relativamente tranquillo. I genitori di entrambi gli sposi l’avevano definito il posto ideale dove approfondire il rapporto e dove gestire una gravidanza.
Ogni volta che sentivano la parola gravidanza, Luka e Marinette sussultavano: nessuno dei due era pronto a diventare genitore, ma sapevano che, purtroppo, non avrebbero potuto evitarlo.
Tuttavia, cercavano di pensarci il meno possibile.
Nei confronti l’uno dell’altra erano amorevoli ma discreti, si venivano incontro nelle cose piccole e in quelle grandi come avrebbero fatto due amici. Ma nessuno dei due era veramente felice, e ne erano entrambi consapevoli.
 
A dispetto delle apparenze, Marinette era una ragazza con una fantasia senza confini; le sarebbe piaciuto molto viaggiare e divenire una stilista, ma, come sapeva fin troppo bene, a volte il destino ha altri piani e se infischia altamente di quello che desideriamo e sogniamo.
Per questo motivo, dunque, la storia del misterioso cavaliere la affascinava come non mai; i fantasmi l’avevano sempre attratta, forse perché se li immaginava tristi e soli come si sentiva lei.
Ogni volta che poteva, perciò, dopo il tramonto, si appostava dietro la finestra e fissava il buio, ma nessun aitante e misterioso cavaliere apparve mai.

A Luka il curioso comportamento della giovane non passò certo inosservato e dopo un paio di mesi di silenzio ed ipotesi, le chiese spiegazioni. Marinette all’inizio si manteneva sul vago, aveva troppa paura di fare la figura della bambina davanti a suo marito, ma alla fine cedette.
– Un cavaliere misterioso, dite? Mia madre mi aveva raccontato qualcosa del genere... sì, ne sono sicuro, questa storia non mi è nuova. E dunque, ancora non lo avete visto coi vostri splendidi occhi? –
La ragazza, arrossendo per il complimento, fece di no con la testa, e lanciò un’occhiata alla strada.

Luka la osservò: aveva una scintilla negli occhi quando parlava del cavaliere, sembrava quasi febbricitante, e anche la voce appariva diversa.
– Beh, direi che questo mistero abbia bisogno di essere... risolto, ecco. – le disse.

– E come? – chiese lei abbacchiata, girandosi di nuovo verso la finestra.

– Non saprei. Forse andando incontro al nero destrier e al suo cavaliere. –

La giovane si voltò di scattò a guardarlo, gli occhi sgranati, le guance arrossate dall’eccitazione.
– I-io? Da sola? –
– Certo, perché no. Siete all’altezza di questo compito? –
Marinette gettò una rapida occhiata alla strada, poi tornò a guardare Luka, il quale rischiava di sciogliersi a causa della tenerezza che lei gli suscitava.
– Io stesso mi accerterò che le strade siano sicure, prima che voi andiate. -
Lei ci pensò su alcuni istanti, poi annuì vigorosamente.
– Perfetto. Domenica sera può andar bene? Ci sarà la luna piena, così la visibilità sarà migliore. –
 

Domenica sera, poco prima di mezzanotte, Luka rientrò in casa e sua moglie gli corse incontro.
– Allora? – chiese concitata.
– Via libera, è tutto tranquillo. Non per questo, però, dovete abbassare la guardia. –
Lei inspirò pesantemente, drizzò le spalle e gli sorrise.

– State tranquillo, caro. Sarò presto di ritorno e si spera con buone notizie. –
Fece per uscire, ma quando si trovò sulla porta ebbe un piccolo ripensamento e tornò vicino al ragazzo; lui alzò un sopracciglio e lei, in risposta, si alzò sulle punte per dargli un lieve bacio sulla guancia. Poi, uscì avvolta in un mantello verde.

Marinette si aggirò per le vie principali del villaggio, incontrando solo qualche ubriaco per strada.
Dopo tre giri, si fermò, pensando a dove avrebbe potuto trovare il cavaliere; e in quel momento una folata d'aria le fece spostare lo sguardo sul bosco.
- Ma certo, il bosco! - disse partendo con una camminata veloce. Arrivata sulla via che conduceva alla sua entrata, superò il cartello in legno che recava scritto il nome del villaggio e si sedette su un masso ad osservare l'area circostante.

Spero non sia una lunga attesa, anche perché non voglio che Luka si preoccupi.
Dopo quella che la parve un’eternità, ma in che in verità furono solo una ventina di minuti, udì uno scalpiccio che andava avvicinandosi. Strizzò gli occhi per vedere meglio e, dopo cinque furiosi battiti del suo cuore, scorse una sagoma imponente, riconducibile ad un uomo a cavallo, stagliarsi contro il profilo del bosco.

Trattenne il respiro, il cuore che martellava nel petto, provando ad immaginare cosa avrebbe fatto e detto il cavaliere e cosa avrebbe risposto lei; e in quel momento si chiese anche se le intenzioni di partenza del cavaliere fossero cattive o meno, augurandosi la seconda opzione.
Nel frattempo, il cavallo si era avvicinato abbastanza per rendere il cavaliere visibile alla luce della luna; lasciando la ragazza stupefatta: in sella al cavallo c’era la persona più bella che Marinette avesse mai visto in tutta la sua vita.

Era biondo, i capelli dello stesso colore del grano che gli ricadevano morbidamente in un ciuffo un po’ ribelle sugli occhi di un intenso verde smeraldo.  Il mento era un po’ appuntito e la pelle chiara.
Ma la cosa più sorprendente era che il cavaliere dimostrava la stessa età di Marinette, ovvero poco più di vent'anni.

- Io sono la Morte. -

La ragazza fu riportata di colpo alla realtà da una cristallina voce femminile, che sembrava venire direttamente dal cavallo. Si guardò attorno, confusa, quando il ragazzo parlò.

- Io sono l'Amore. -

Proprio come nella poesia che mi hanno recitato le anziane del paese...
– Io, ehm, sono Marinette Couffaine. – disse titubante.

Il ragazzo la scrutò così a lungo e così attentamente che le parve di essere nuda; assunse un’espressione più sicura possibile e attese.
– Non vedo amore in voi. – fece lui – Solo attorno a voi. Vi segue, ma non è corrisposto, o sbaglio? –
Lei fece un passo indietro: le parole del cavaliere la stavano mettendo a disagio. Eppure non scorgeva nemmeno una nota di accusa nelle sua parole: la sua era una semplice, vera e amara constatazione.

– Chi siete? – chiese guardandolo negli occhi.
Lui scese da cavallo e andò a sedersi sulla roccia dove fino a pochi minuti prima si era appoggiata lei.

– Ha importanza? – chiese di rimando. Era tristezza quella nella sua voce?
– E cosa sarebbe importante? – domandò curiosa.
In risposta, lui le mostrò una mano chiusa a pugno e alzò due dita.

– Dove sei diretto, e sai cos’è l’amore. Sono solo due, ma bastano. –
Lei lanciò uno sguardo al cavallo, nero come la notte, chiedendosi se la voce femminile fosse arrivata sul serio da lì o se la fosse immaginata.
– D’accordo, allora. Dove siete diretto? – chiese.

– Io sono un discorso a parte. Voi, piuttosto, dove siete diretta? –

A Marinette non potè non sfuggire uno sbuffo esasperato: quel ragazzo stava eludendo tutte le sue domande!
– Io? Io sono ferma qui, ancorata ad un uomo che mi ama ma che io non amo. E non ho via di fuga. D’altronde, è tutta una vita che giro in tondo rimanendo però ferma. –
Una piccola parte di lei si chiese perché tutto in un momento stesse aprendo la sua anima ad un perfetto sconosciuto.

Il ragazzo annuì, come se la capisse perfettamente, ma Marinette si disse che non poteva capirla: tanto per cominciare, era un uomo e detto questo detto tutto. E poi, era un cavaliere che se andava in giro in lungo e in largo senza rendere conto a nessuno.

–  Parlano molto di voi, in paese. Qualcuno ha composto anche una poesia, una nenia. Un cavaliere misterioso a cavallo di una magnifica bestia. Stando a questa poesia e alle voci che girano voi esistete da prima che la nonna di una mia conoscente nascesse, siete più vecchio di come apparite. – disse tutto d’un fiato.
Lui annuì nuovamente e volse lo sguardo alle stelle.

–  Ci sono tre cose che accompagnano l’uomo sin dalla notte dei tempi: l’Amore. La Morte. La Guerra. Tre cose così vecchie e al tempo stesso sempre giovani. Questo è perchè loro scrivono la storia. E la cancellano. –

Si girò a guardarla, come aspettandosi che lei rispondesse, poi si alzò.
– Se hai un sogno, non aspettare. Agisci Marinette. E ti dico anche che bisogna decidere cosa siamo disposti a rischiare. Alcuni mettono in gioco i propri sentimenti, altri il proprio futuro. -
Montò a cavallo e si guardò attorno, poi tornò a puntare lo sguardo su di lei con un sopracciglio alzato.

– Tuo marito ti lascia venire da sola per le strade a quest’ora della notte? –
– Sono venuta appositamente per vedere te. – confessò lei – Lui però prima ha controllato le strade. – aggiunse.
Il cavaliere annuì, prese le redini e fece girare il cavallo, dando così le spalle a Marinette. Lei sentì l’agitazione montarle dentro, non voleva che il ragazzo se ne andasse così presto.
– Aspetta! – urlò.

Il cavaliere fece prontamente fermare il cavallo, che nel frattempo aveva iniziato a camminare verso il bosco, ma non si girò.
– Io... ho ancora due domande da farti. La prima è questa: qual è il tu nome? –

– Ho tanti nomi, ad essere sincero; ma tu mi puoi chiamare Adrien . –
– La mia seconda domanda, Adrien, è questa: sai cos’è l’amore? –

Il cavaliere pensò un attimo prima di rispondere. Quando parlò, la sua voce sembrava al tempo stesso quella di un vecchio e quella di un bambino.
– Non per esperienza personale. –
Detto questo, lui e il cavallo sparirono nel buio, lasciando Marinette da sola.
Poco più lontano, Luka osservava la scena.




Angolo autrice:
Lo so che è fin troppo lungo il capitolo, ma sono presa da vena creativa e sto sfogando tutto il mio amore per Adrien e Marinette (eh, lo so che è anche la mia seconda fic ambientata nell'ottocento, prometto che un giorno cambierò disco)
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate. La poesia non l'ho scritta io ma è del poeta e filosofo portoghese  Antero De Quental, "Mors-Amor".

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Capitolo 2
*** - Paure ***


Un tipo strano, direi. –

State dicendo che gli credete? –

Indipendentemente dal fatto che dica la verità o meno, è un tipo strano. –

Strano in positivo o in negativo? –

Positivo, direi. Con accenni negativi. –

Era l’indomani mattina dell’incontro di Marinette col cavaliere; la ragazza e Luka si trovavano seduti nell’enorme studio di lui. Lei gli aveva raccontato come erano andate le cose, tralasciando tutte le parti in cui si faceva accenno al loro matrimonio combinato. Gli aveva però parlato dei due consigli che Adrien le aveva dato.

Era ancora decisamente elettrizzata per l’accaduto, ma anche pensierosa: quello che il ragazzo le aveva detto, infatti, la turbava e la trascinava nei meandri della sua mente, quei meandri che in venti e più anni di vita erano stati l’unico posto in cui potesse fuggire dall’opprimente mondo in cui viveva. Aveva dovuto nascondere quei pensieri al mondo e adesso doveva lasciarli affiorare?

Avrebbe dovuto dire a sua madre, a suo padre, ai suoi suoceri, al mondo intero che non amava Luka nel modo in cui tutti credevano e si aspettavano? Avrebbe dovuto gridare al mondo che stare chiusa in casa a fare la mogliettina perfetta non era quello che voleva? Avrebbe dovuto ammettere che non era pronta ad essere madre? Alle donne sarebbe venuto un infarto e gli uomini le avrebbero puntato il dito contro.

Così facendo, inoltre, avrebbe gettato disonore anche su Luka e lui non se lo meritava affatto; aveva sempre rispettato lei e i suoi sentimenti, aveva portato avanti egregiamente e senza problemi la farsa per far contenti i genitori: in pubblico la teneva per mano, la abbracciava, qualche volta si erano anche baciati, ma nel privato non dormivano neanche nella stessa stanza.

Come avrebbe potuto fargli una cosa del genere? Sarebbe stato così egoista!



Ma... ma la prospettiva di una vita libera la allettava come acqua fresca dopo una torrida nottata. Viaggiare, conoscere tradizioni e persone nuove, vivere esperienza adrenaliniche, provare sentimenti conturbanti. Poteva rinunciare a tutto questo di nuovo?

Nascose il viso tra le mani e prese dei profondi respiri.

Non davanti a Luka, per carità!



Dopo che si fu calmata, rialzò la testa e guardò il ragazzo.

E riguardo i suoi consigli cosa pensate? –

Marinette, prima di rispondere ti voglio chiedere un favore: smettila di darmi del voi! Santo cielo, viviamo insieme da molto ormai – sembrava esasperato.

D’accordo, scusami. È che io sono stata educata così e certe abitudini sono difficili da perdere. E poi la smetto se la smetti pure tu. – rispose ridacchiando. – Allora, che ne pensi? –

Affare fatto. - e le sorrise caldamente. Beh, non ha tutti i torti. Certo, è rischioso seguirli, ma la vita cos’è senza rischio? Devi prendere in considerazioni i pro e contro che si presenteranno quando li metterai in pratica.

Mi stai per caso dicendo di fidarmi? –

Non alla cieca cara. –

Non sei d’aiuto. Non molto, almeno. Senza offesa. – sbuffò.

Sai qual è il tuo problema? – sbottò Luka che perse per un attimo la sua calma. La paura

Nella vita, è la paura che ci frega. Ma se vinciamo la paura, vinciamo anche la vita. Impara a rischiare, Marinette. So che sei una ragazza con tanta forza nel tuo cuore. –

E se così facendo combinassi un guaio? In mezzo a cui ci andassero anche altre persone? – disse mentre stringeva tra le mani la seta bianca del vestito

Si dice che la strada per il paradiso passi per l’inferno. –

Fra tutte le ragazze che Marinette aveva conosciuto nel suo nuovo paese, l’unica che le piacesse davvero era Alya Cèsaire. Figlia di un ricco mercante del paese e moglie di un proprietario terriero, aveva la sua stessa età ma era sposata da molto più tempo, da quando aveva compiuto diciotto anni. Suo marito, era un uomo di bell’aspetto ma di pessimo carattere: donnaiolo, grande bevitore e giocatore di carte.

Lui e Alya si erano conosciuti anni prima e si erano innamorati perdutamente. Ma alcuni anni più tardi dopo il matrimonio, i sentimenti erano cambiati: mentre la ragazza non aveva mai smesso di amarlo, l’uomo si era presto stufato di lei. L’unico motivo per cui non l’aveva lasciata era che Alya non si lamentava mai e inoltre, qualora dei soldi venissero a mancare nelle casse familiari a causa dei suoi vizi, c’era il caro suocero che tappava i buchi finanziari.

Marinette provava una pena infinita per Alya, ma non riusciva a spiegarsi come facesse a sopportare che tutti le ridessero e parlassero dietro. Tuttavia, lei non aveva mai provato un amore così cieco e dunque non se la sentiva di menare sentenze e giudizi. In fin dei conti, seppur per motivi diversi, anche lei era incastrata in un matrimonio scomodo.



La andava a trovare ogni giovedì nel pomeriggio, quando i rispettivi mariti erano al lavoro; era un momento piacevole per entrambe.

Quel giovedì, a quattro giorni dall’incontro con Adrien, Marinette era particolarmente distratta; le parole di Luka le ronzavano in testa insieme alle due piccole regole della vita elargite dal cavaliere.

Era da sempre che desiderava prendere in mano la sua vita e adesso, adesso che se ne presentava l’opportunità, aveva paura e titubanze. Come era possibile? Perché almeno per una volta le cose non erano semplici?



Ti vedo distratta, Marinette. Cosa ti cruccia? –

La voce dolce di Alya la riportò alla realtà. Mise a fuoco la ragazza e notò che aveva un’espressione divertita in viso.

Tutto a posto, stavo solo pensando. – si giustificò. Ma Alya rise come se avesse fatto una battuta.

Cosa c’è? – chiese leggermente piccata.

Oh, niente. – rispose l’altra. – È solo che credo di sapere che genere di pensieri affollino la tua mente. Te lo leggo in viso e nello sguardo. –

Marinette attese che andasse avanti, ma evidentemente Alya si divertiva a tenere qualcuno sulle spine.

E di grazia, cosa leggi? – la interrogò nascondendo il fatto che fosse leggermente indispettita.

Una sola parola: amore. A quanto pare finalmente Monsieur Couffaine ha finalmente fatto la mossa giusta. – si sentì rispondere.

Le spalle della ragazza si abbassarono. – Ti sbagli. Io non provo amore. – mormorò sconsolata.

E questo chi lo dice? Io penso che tutti amano. In modi diversi e a volte un po’ strani, ma amano. Anche tu, te lo leggo negli occhi. Sono diversi, si perdono più del solito. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, lo sai? –

Marinette non rispose e nella stanza calò un silenzio quasi rumoroso.

Cosa sai del cavaliere misterioso? – chiese tutto ad un tratto.

Non molto, a parte le storie di mia nonna. – disse Alya pensierosa. – Ma so che alcuni l’hanno incontrato. –

La giovane si voltò a guardarla di scatto, gli occhi fuori dalle orbite, la bocca che formava una “o” silenziosa.

Che cosa? Chi? – riuscì a rantolare con un filo di voce.

I nomi non li so, e le storie che vengono tramandate oralmente non sono molto affidabili. Ma mi ha detto che alcuni coraggiosi uomini, anni e anni fa, hanno pattugliato il bosco e i dintorni di notte per fermarlo. –

E...? – la incalzò l’altra.

Ecco, mi hanno detto di non dirlo in giro per non spaventare nessuno, ma... alcuni sono stati ritrovati morti. Altri, sono spariti nel nulla e nessuno li ha mai più visti. –

E che mi dici della nenia che cantano le vecchie del villaggio? Qualcuno deve essere sopravvissuto ad un incontro con il cavaliere se sanno cosa dice... –

Sinceramente non lo so Marinette. Quella canzone gira da decenni, è vecchia quanto la leggenda. Comincio a credere che forse è davvero solo una storia per tenere i ragazzini lontano dai boschi... –



Marinette dovette mordersi la lingua per evitare di urlare che non era una leggenda, che il cavaliere esisteva, si chiamava Adrien e che era la creatura più bella che lei avesse mai visto.

Si limitò a cambiare argomento e  perdersi di nuovo nei suoi tortuosi pensieri, fingendo di ascoltare le chiacchiere dell’amica su questa e quella persona.

Alla fine, quando era ormai sulla strada di casa, aveva un piano.

Era nuovamente notte, ma stavolta la luna, coperta da un velo di nuvole, era visibile solo per tre quarti.

Una silente figura incappucciata si muoveva per le stradine secondarie, diretta verso il bosco, stavolta sola. Ci mise il doppio del tempo della prima volta, poiché aveva fatto il giro di mezzo paese piuttosto che attraversarlo ed essere riconosciuta, ma era soddisfatta ugualmente.

Arrivò vicino al masso sul quale sia lei che Adrien si erano appoggiati quella domenica notte e si calò il cappuccio sulle spalle; scrutò tutto attorno a sé e constatò che non c’era anima viva.

Sospirando, alzò lo sguardo verso la luna e pregò intensamente che lui si facesse vivo. Sua madre, quando era piccola, le raccontava che la luna accoglie tutte le preghiere degli amanti, è complice e spettatrice delle loro passioni e con la sua luce li aiuta a vedersi e a nascondersi.

Ma una nuvola coprì l’unica fonte di luce di quella notte e tutto piombò nell’oscurità; una poderosa folata di vento freddo soffiò dal bosco, e l’orlo del mantello della ragazza ondeggiò furiosamente. Marinette si portò una mano al viso per evitare che il vento le facesse lacrimare gli occhi e quando la abbassò con sua grande sorpresa vide un cavallo nero come la notte a pochi metri di distanza.

Basita, lo riconobbe come l’animale sul quale cavalcava Adrien.



Lui non c’è. – disse una familiare voce femminile direttamente nella sua testa.



Vieni pure. – continuò la voce. – Solo perché io sono la Morte non vuol dire che ti farò del male. –



Titubante, inghiottì la saliva che le bloccava la gola e si avvicinò alla bestia. Nuovamente, ne apprezzò tutto: era grande, sinuosa, irradiava potenza; arrivata a pochi passi, dovette reprimere la voglia di accarezzarle un fianco.



Sei... sei davvero la Morte? – domandò.



In una delle sue tante forme, sì. –



E dunque, di conseguenza, Adrien è davvero l’Amore? –



Esattamente. Non riesci a crederci, vedo. L’Amore non mente mai. Gli uomini mentono, l’amore no. Mi pare di capire che lui e le sue parole abbiano lasciato un segno non indifferente in te. –



Marinette arrossì ed evitò lo sguardo della Morte. L’animale alzò uno zoccolo e lo battè a terra.

E la cosa non è a senso unico. Anche tu hai fatto un certo effetto su di lui. – le disse, sempre parlandole nella testa.



Allora perché non è qui? – sbottò, incapace di trattenersi.



Perché essendo lui una delle tante forme dell’Amore, ha dei doveri. Così come me. Il che, – continuò – mi porta al motivo della mia presenza qui.



Ossia? –

Amore e Morte sono strettamente legati, anche se magari solo dal filo che può tessere un ragno. Sottile, invisibile, ma resistente. Ne sanno qualcosa i pochi uomini che anni addietro sono venuti, come te, a cercare me e Adrien di persona. –



Sono morti? – si sentì domandare con voce vacillante.



Alcuni, sì. Pochi altri, quelli abbastanza forti da sostenere il peso, l’onere e l’onore della comprensione - comprensione non totale, si intende - sono andati via. Hanno chiuso con la vecchia vita e ne hanno iniziata un’altra. La maggior parte di quell’esiguo gruppo è felice, te lo assicuro. Nemmeno la Morte mente. –



La ragazza si stava torcendo le mani in grembo, mentre una strana sensazione di esaltazione la pervadeva.

Hai detto che sei qui per un motivo. Quale sarebbe? –

Se accetti la forma di amore più pura che esista, devi accettare anche un’altra cosa. Immagini quale sia? –



Te. – mormorò Marinette. Si stupì nel sentire che la propria voce era ferma.



Io. – confermò la Morte. – La storia di Adrien è... ah, complicata. Chissà, forse te la racconterà un giorno. Ti basti sapere che pur essendo una forma dell’Amore, lui non conosce questo sentimento in prima persona. Ma questo lo sai. Non sai, invece, che quando ti ha vista, ha sentito per la prima volta qualcosa. Da quella notte, in lui si agita, quasi in rivolta, il suo stesso potere.

La voce si fermò e la ragazza giurò di poter sentire il rombare del proprio cuore nell’aria. Iniziava a capire dove stesse andando a parare quel discorso e non aveva assolutamente paura. Piuttosto, fremeva per arrivare ai fatti.



È vero che lui rappresenta l’Amore, ma è anche vero - ripeto - che non ha la minima esperienza. Non si farà mai avanti. Primo, perché conserva ancora le abitudini degli uomini e come ogni uomo alle prese col primo amore, è pieno di dubbi, ansie e paure. Secondo, perché non vorrebbe che tu rinunciassi alla vita.

Eccolo, il succo del discorso che tanto attendeva: lei era innamorata dell’Amore ed era anche ricambiata, e se voleva vivere il suo sogno doveva morire. Niente di più semplice. E facile.

Da quando sono nata, – iniziò – sono stata costretta a prendere strade che altri hanno deciso per me. Sono stata costretta a percorrerle, sopprimendo il mio vero io. A mio parere, è come se fossi già morta, sin dalla prima volta che mi è stato imposto qualcosa. La morte sarebbe una nascita, per me. Accetto... –



Aspetta. – la interruppe la Morte. – È vero sì, che questa vita non la senti come tua, ma è anche vero che durante questo tuo cammino hai incontrato persone e adesso, in un modo o nell’altro, sei legata a loro. Inoltre, non è me che devi accettare, in fin dei conti io ti sono stata sempre vicina. È all’altra faccia della moneta che devi comunicare la tua scelta. –



Marinette volse lo sguardo alla luna, anche se non aveva bisogno di suggerimenti. Per la prima, vera volta in poco più di vent’anni poteva davvero prendere in mano la propria vita. Con il sorriso sulle labbra, tornò a guardare il cavallo, che però era scomparso.

Il sorriso le si allargò ancor più.

Non vedo l’ora. –

Angolo autrice:

Dopo un bel pò di tempo mi sono rifatta viva (yayy...) e ho deciso di continuare con la storia.  Pensavo di aver fatto un buco nell'acqua con questa perchè non avevo ricevuto nessuna recensione fino a poco tempo fa, invece mi sono accorta di tre lettrici silenziose che mi hanno messa nelle storie seguite da Mippippippi e da _Farye_ (che ha anche recensito :3) e nelle storie preferite di TalesOfAFairy !!  Vi ringrazio infinitamente e spero vi sia piaciuto il capitolo! Ci avviamo verso la fine...

A presto! 

JLuna_Diviner

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Capitolo 3
*** - Fine ***


Si richiuse silenziosamente la porta alle spalle, il cuore in tumulto, le guance arrossate e i pensieri che frullavano a mille.

Poteva lasciare quella vita, una volta per tutte; sapeva che non c’era via di ritorno una volta imboccata quella strada, ma almeno sarebbe stata una sua scelta.

Sorrise alla consapevolezza che per una volta il suo destino sarebbe stato tutto in mano sua, ma un attimo dopo brillò nel suo animo una scintilla di rimorso e preoccupazione per quello che tali scelte avrebbero causato alle persone che le volevano bene.

Cosa avrebbero fatto i suoi genitori? E Luka, sarebbe stato additato come il marito di una fuggitiva? Con chi avrebbe passato i pomeriggi Alya?

Appoggiò la schiena al muro e, alzando lo sguardo, incontrò il proprio sguardo nel grande specchio che le era di fronte, appeso all’ingresso: come poteva voltare le spalle a tutti quegli anni di vita?

Non si vive né si ama nel vuoto. Intorno a lei c’erano persone che le volevano bene e che sarebbero state ferite, se si fosse concessa di fare ciò che voleva.

Era una regola universale, che non valeva solo per lei, ma a Marinette parve, in quel momento, di essere l’unica a sentirne il peso.

E mentre era i balia di questi pensieri, udì il suo nome, pronunciato da Luka sopra le scale, con un velo di preoccupazione.

Marinette?

Lei deglutì.

Sono qui. –

Silenzio, poi un sospiro.

Ti spiace raggiungermi nel mio studio, cara? –

Stringeva convulsamente la tazza di tè caldo fra le mani, seduta di fronte a suo marito. Era una stanza accogliente, calda e ordinata; sgattaiolava spesso lì per leggere o anche solo sfogliare un libro preso a caso dagli altissimi e stipati scaffali in mogano.

Seduta davanti a lui, dopo avergli riferito della sua chiacchierata con la Morte, la ragazza aveva cominciato a temere che, usando le sue doti, lui avrebbe potuto convincerla a non accettare l’invito della creatura. Non che fosse nello stile di Luka, ma le persone sono imprevedibili.

Lui smise di tamburellare le dita sul bordo di un grosso tomo e alzò lo sguardo, incrociando così quello di Marinette.

Cosa aspetti? Perché sei ancora qui? – chiese.

Lei, stupita dalla semplicità della domanda, ci mise un po’ a rispondere, e quando lo fece scandì bene ogni parola dopo averla accuratamente scelta.

Io non posso permettermi il lusso di mettere tutto in una valigia e voltare le spalle a questa vita, anche se tutto quello che mi circonda non è una mia scelta. Tu hai fatto tanto per me, non mi hai mai forzata, non mi hai mai rinfacciato nulla, non posso andarmene senza ringraziarti. –

Fece una pausa per scrutare il viso del ragazzo, che con un cenno la incoraggiò ad andare avanti.

I miei genitori... loro non hanno colpa. Sono nata nel momento sbagliato, nell’epoca sbagliata; non biasimo le persone, forse non biasimo nemmeno la società. Le cose vanno così, punto. Forse non a causa dei singoli individui, o magari proprio per quelli che si distinguono ed erigono.

Perciò non me la sento di partire senza salutarli, senza dirgli quanto gli voglia bene, quanto sia loro grata per aver cercato di darmi sempre il meglio. Non posso semplicemente salire sulla groppa di un cavallo e annullare o dimenticare tutto questo tempo.

È quello che voglio, ma so per esperienza che, nel migliore dei casi, si deve trovare un punto d’incontro tra ciò che si vuole, ciò che si deve e ciò che si può. –

Lui annuì, poi abbassò lo sguardo; Marinette avvertì una stretta al cuore intuendone il motivo.

Non vorrei doverti lasciare. – disse lentamente. – Tu... tu hai fatto molto per me e vorrei riuscire a dirti quanto te ne sia grata. Vorrei che tu potessi venire con me, o quantomeno parlare con Adrien. Sono sicura che saprebbe mostrarti la strada. –

Luka sospirò.

Voglio solo una cosa, anzi tre. –

Tutto quello che vuoi. –

Promettimi che sarei felice, che lotterai per la tua felicità. Secondo, non dimenticarti mai della storia che hai alle spalle. Non nel senso che deve essere un peso, no, ma cerca di ricordare perché sei dove sarai. E terzo... –

Si interruppe, le guance accese violentemente di rosso.

Lei lo incoraggiò posando la sua piccola e affusolata mano sinistra sulla sua destra.

Promettimi che non ti dimenticherai di me. – disse tutto d’un fiato.

Lei sorrise mentre una lacrima luccicante le rigava una guancia.

Neanche se bevessi tutta l’acqua del fiume Lete potrei. –

Prese un respiro profondo e sollevò gli occhi dalla scrivania, mentre la sua mano indolenzita lasciava cadere dolcemente il pennino sul ripiano.

Erano due giorni che scriveva incessantemente; scriveva lettere per tutti coloro che avevano avuto un ruolo di rilievo nella sua vita: sua madre, suo padre, i parenti, le sue amiche.

Si passò il dorso della mano sulla fronte e guardò fuori dalla finestra.

A breve, Adrien, a breve ti raggiungerò...

Tutto bene? – giunse una voce dalla porta.

Con calma, prese in mano tutte le lettere e controllò che ci fosse il nome su ognuna, poi si alzò, andò verso il marito e gliele consegnò; lui le accettò con un cenno d’intesa.

Quando sarà il momento... – si limitò a dire lei.

Lui la tranquillizzò, ribadendo che avrebbe fatto tutto per bene al tempo giusto.

Rimasero in piedi, uno di fronte all’altra, per un po’, imbarazzati, poi lei lo abbracciò di slancio.

Grazie. Grazie di tutto. Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso tra noi. Forse col tempo avrei potuto amarti come avresti voluto e meritato... –

No. – la interruppe lui con uno strano tono cupo. – Ad ognuno ciò che si merita quando lo merita. Ho preferito di gran lunga che le cose siano andate così; almeno ho avuto la fortuna di conoscerti. E chissà, magari un giorno questa mia azione di aver liberato una creatura pura dalle catene della società varrà qualcosa anche per la mia felicità. –

Lacrime scendevano dagli occhi di Marinette, lacrime che prontamente Luka asciugò.

Se ti fai vedere così, Adrien penserà male. Un bel sorriso, su. –

La ragazza sorrise e alzò il mento; negli ultimi giorni aveva acquisito una sicurezza finora a lei sconosciuta, che la faceva sentire in grado di fare tutto.

Si guardò attorno, cercando di assimilare ogni dettaglio di quella stupenda casa, che una piccola parte di lei sperava di rivedere, presto o tardi.

Pronta? – le chiese lui tendendole una mantellina.

Da tutta la vita. –

L’addio fu struggente: Luka le teneva una mano tra le sue, sorridendo mestamente, mentre lei lo ringraziava per la comprensione e la libertà che gli stava dando; il giovane si limitò a scuotere la testa e dirle che stava rendendo solo giustizia.

Dopo una serie di abbracci, lui le aprì la porta, facendo entrare un fascio di luce lunare nell’atrio, insieme ad una frizzante, quasi fredda, aria autunnale.

La guardò preoccupato.

Non avrai freddo? –

Sto per seguire verso l’ignoto un misterioso cavaliere a cavallo di una creatura parlante che dice di essere la Morte e tu ti preoccupi che io abbia freddo? – rise lei.

Effettivamente vista da questa prospettiva... –

Risero, per poi piombare nel silenzio.

Marinette alzò un braccio e tracciò il profilo delle labbra del ragazzo con un dito; lui le baciò i polpastrelli tenendo gli occhi chiusi.

Lasciò ricadere il braccio lungo il fianco e si voltò verso la porta aperta; Luka continuava a tenere le palpebre abbassate.

Arrivederci Luka. – bisbigliò la ragazza, e furono le ultime sue parole che risuonarono nella grande villa.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi, molti minuti dopo, la porta era ancora aperta, e un senso di vuoto aveva pervaso la casa, ma non il suo cuore; che potè giurare di riconoscere in quell’esatto istante il sapore della pace.

Il percorso che l’avrebbe portata al limitare del bosco lo aveva pianificato per bene, in modo che nel percorrerlo non avrebbe incontrato nessuno e al tempo stesso avrebbe incontrato tutti: si fermò davanti alla cappella, per una breve ma intensa preghiera; passò davanti a tutti i negozi; sostò sotto casa di Alya, e quella fu la pausa più lunga e dolorosa. Sapeva bene che la ragazza era sola, molto probabilmente in camera da letto a cucire per non farsi vincere dal sonno: ci teneva ad andare ad accogliere quello scellerato del marito quando lui si degnava di tornare, a qualsiasi ora, con il puzzo di fumo e rum addosso.

Strinse i denti e contrasse la mandibola, augurandosi che presto anche per la sua amica arrivasse il giorno della liberazione. Con un sospiro, si costrinse a continuare.

L’ultima tappa fu la taverna. Grasse risate e urla si sentivano fin dall’altra parte della strada, dove si trovava lei. Era da lì che tutto era partito: gli uomini avevano avvistato cavallo e cavaliere, avevano sparso la voce, ne era nata una nenia. Dopo chissà quanti anni - molti più di quanti ne avrebbe potuti contare - quella nenia era arrivata a lei e l’aveva portata lì, in piedi nel silenzio di quella notte, con un uccellino imbizzarrito al posto del cuore.

Si concesse un attimo per ascoltare la cacofonia proveniente dal locale, poi drizzò la schiena e riprese a camminare, per fermarsi solo una volta arrivata davanti al masso che era stato spettatore dei suoi due precedenti incontri notturni.

Loro erano lì. Lui era lì.

Le dava le spalle; era in piedi davanti al cavallo, la testa dell’animale tra le mani, la fronte quasi poggiata sul suo muso. Stava sussurrando qualcosa, ma non riuscì a capire cosa.

Le dispiacque interrompere una scena di tale intimità, quindi si fermò a un paio di metri e restò in silenzio, cercando di non fare rumore neanche respirando; sperò che il tamburellare furioso del suo cuore non la facesse scoprire.

Ma i suoi tentativi furono vani: quasi subito Adrien si girò verso di lei, e la visione del suo viso le fece al tempo stesso perdere un battito e aumentare la frequenza cardiaca. Gli occhi azzurri accesi di una luce calda e familiare, il sorriso splendente, le guance arrossate, chissà se dal freddo o dall’emozione di vederla.

A quest’ultimo pensiero, anche lei arrossì.

Sei venuta. – la accolse lui.

Sono venuta. E tu sei qui. – rispose lei.

Io ci sono sempre stato. Tu piuttosto... –

Anche io ci sono sempre stata. – lo interruppe la giovane, senza foga ma con decisione.

Adrien sorrise, poi la scrutò da capo a piedi, le sopracciglia aggrottate; Marinette giurò di non aver mai visto nulla di più dolce e bello.

A quanto pare non sei preoccupata per il freddo. – constatò il ragazzo. A lei non sfuggì come, con assoluta e normale naturalezza, si stessero dando del tu. La cosa le piacque.

Suppongo che non avrò bisogno di vestiti caldi, non dopo che sarò... salita sul tuo destriero. Con te. –

Lui annuì, senza però allentare la tensione della fronte. Dopo un attimo di stasi da parte di entrambi, si tolse il mantello; la sua armatura scintillò lievemente. Le andò vicino e le cinse le spalle con il mantello, fissandolo bene con una spilla sotto il collo.

Non ritirò le mani; rimase fermo, indeciso, per qualche secondo, poi le accarezzò la gola con il pollice; vedendo che lei socchiudeva gli occhi e dischiudeva le labbra, prese coraggio e le posò una mano sulla guancia, mentre con l’altra seguiva il profilo della mascella.

Le punte dei loro piedi si toccavano, i loro respiri si univano. Gli occhi di lui erano fissi sul volto di lei, quelli di Marinette erano chiusi; le mani di lei rimasero per un po’ ferme, abbandonate lungo i fianchi, ma presto si mossero e andarono a posarsi sul petto di Adrien.

Nonostante la cotta di maglia, la ragazza potè giurare di percepire contro il palmo delle mani il battito furioso del cuore di lui.

Lo senti? – sussurrò Adrien. – Batte così per te. Non mi sono mai sentito così vivo. –

Lei rovesciò la testa all’indietro e rise. Lui la guardò, incerto, poi le sue labbra si distesero in un sorriso; la risata della ragazza echeggiava nella notte, cristallina, vera. Libera.

È tutto vero. – ripeteva lei, quando l’euforia glielo permetteva, tra una risata e l’altra.

Lui annuiva stringendola a sé, baciandole la testa, mandando giù nel profondo dei polmoni l’odore dei suoi capelli.

Sarebbero potuti restare così per l’eternità, ma, quando ormai il battito dei loro cuori si era regolarizzato, il cavallo nitrì.

Adrien sospirò e si girò a guardare l’animale, tenendo un braccio attorno alla vita di Marinette; lei sbirciò al di sopra della sua spalla il destriero del ragazzo.

È ora di andare. – la informò.

Marinette annuì e insieme si avvicinarono al cavallo, fermandosi al suo fianco; lei allungò una mano, senza alcuna titubanza, e ne accarezzò la schiena, avvertendo i muscoli possenti a riposo. Il pelo era liscio e morbido, corto.

Quando dici che dobbiamo andare... – fece. – Chi ce lo impone? –

Nessuno. Siamo liberi. Ma tenerci in movimento è sempre preferibile. – rispose lui con una scrollata di spalle. Le posò una mano sul gomito e lei si voltò a guardarlo; quegli occhi, Dio, quegli occhi...

Senza interrompere il contatto visivo, Adrien la prese per i fianchi e, come se lei non pesasse nulla, la issò in sella, delicatamente. Appena lei si sistemò, a ruota salì in groppa, dietro Marinette, e afferrò le redini. L’animale iniziò a muoversi, passi lenti, quasi come in una processione. Forse le stava dando il tempo per cambiare idea, o girarsi a dare un ultimo sguardo. Non fece nulla di tutto ciò; rimase dritta, con la schiena contro il petto del cavaliere, il suo cavaliere, beandosi delle braccia di lui che le sfioravano i fianchi mentre teneva le redini, del suo mento sulla sua testa.

Ormai erano arrivati ai primi alberi del bosco; la Morte si fermò. Le fronde ondeggiavano, e Marinette ringraziò mentalmente Adrien per il mantello. Si girò a guardarlo, per quanto la posizione di entrambi glielo permettesse.

Lui la stava fissando con espressione pacifica. Le sorrise.

Ricorda questa sera, perché sarà l’inizio dell’eternità. –

Poi diede un impercettibile colpo di redini, e l’animale partì al galoppo, lasciando profondi solchi nel terreno che sparivano con la stessa velocità con cui erano comparsi.

Angolo autrice:

Siamo arrivati alla fine.

Vi ho fatti aspettare, me ne scuso, ma sono un essere profondamente sfaticato, senza contare la mia ispirazione altalenante che va e viene troppo spesso
Sì insomma, mi dispiace, ma ora sono qui, questo conta, no?

Se vi sembra che il finale lasci qualcosa in sospeso sappiate che è altamente voluto. Ciò non toglie che nel caso di malcontento generale, sì, avete il diritto di prendermi a calci. Quando dico che è voluto non intendo affatto dire “mi ero rotta le palle di vedere la fic incompiuta nella cartella insieme ad altre trentordici mila e allora ho cercato di farla finita il prima possibile”. ASSOLUTAMENTE NO. Semplicemente mi sono detta che andare a scrivere di altri cavoli era inutile e sarebbe potuto risultare fuorviante. La storia è incentrata su Marinette, i suoi problemi e la leggenda del cavaliere. Il resto è una cornice.

Ho finito, credo. Boh. Non mi viene altro, quindi passo ai ringraziamenti:

alwais

hanon993

TalesOfAFairy

mippippippi

_Farye _

Grazie. Grazie delle attenzioni silenziose, della recensione, e della pazienza. Grazie di tutto!Fatemi sapere se vi è piaciuta, o cosa avreste preferito vedere da questa storia…

A presto,

JLuna

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