Heroes

di realshaka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Donnerstag ***
Capitolo 2: *** II. Freitag ***
Capitolo 3: *** III. Samstag ***
Capitolo 4: *** IV. Sonntag ***



Capitolo 1
*** I. Donnerstag ***


Heroes

Ringrazio Caramell_ per avermi ispirato a scrivere con la sua storia "Cuori chimici".




I. Donnerstag
 

Milo non apprezza particolarmente gli aeroporti. Anzi, in verità li odia. Se non amasse così tanto viaggiare, ripete sempre, farebbe volentieri a meno di metterci piede.

C'è troppa confusione persino per i suoi gusti, fa fatica ad orientarsi perché tipicamente se deve raggiungere il gate 28 li trova solo fino al 27 da un lato e a partire dal 29 dall'altro. Una volta, a Barajas, ha quasi perso il volo per via di uno scherzo simile. Beh, anche perché lì spostarsi da un terminal all'altro è una maratona che Filippide può solo accompagnare.

Ma è finita qui? No, certo che no!

I suoi si aspettano sempre che torni a casa con qualche ricordo, lui puntualmente se ne dimentica fino al momento esatto in cui passa il controllo di sicurezza ed è costretto a dilapidare un patrimonio nei negozi di souvenir dell'aeroporto. Chissà come mai i prezzi sembrano sempre triplicati rispetto a quelli che si trovano in città, ai limiti del furto. Così, all'inizio di ogni suo viaggio in Europa - per allontanarsi un po' di più sta ancora mettendo da parte qualche soldo - si ripropone invano di fare incetta di cianfrusaglie inutili per tempo. 

Ora infatti, mentre aspetta il suo bagaglio, si sta già domandando cosa comprare nella capitale tedesca. Birra? Un sacco di patate? Di crauti? No, dai: vuole restare, se non nel reale, quantomeno nel verosimile. Potrebbe prendere un paio di calamite - belle però, non come le solite che trova dieci minuti prima di partire - e una t-shirt di hard rock per se stesso. Ha sentito che si trova dalle parti dello zoo e spera vivamente di riuscire a farci un salto.

Guarda impaziente il nastro trasportatore constatando che tutti gli altri passeggeri hanno già le mani occupate, mentre lui non ha ancora ricevuto il proprio trolley nero con il fermaglio a forma di scorpione.

Non gliel'avranno persa di nuovo, spera. È già capitato una volta e ricorda di aver pianto come un bambino per una settimana, perché in fondo vi era fin troppo affezionato. Trovarne una uguale poi era stata una fatica erculea, e pagarla ancora peggio. 

Fortunatamente stavolta il fato è più propizio e la valigia, seppur per ultima, sbuca fuori dal vano, scivola sui rulli e raggiunge il legittimo proprietario. La solleva e la abbraccia come se fosse il suo figliol prodigo: finalmente può incamminarsi verso l'uscita. 

I cartelli e le scritte per indicare l'uscita sono per ovvie ragioni in lingua tedesca e il giovane a stento riesce a non scoppiare a ridere come un idiota. Ormai, con tutto il viaggiare che ha fatto, è abituato all'alfabeto latino e lo riesce a decifrare ad una velocità non molto lontana da quella con cui legge in greco, ma vedere così tante lettere in una singola parola è quantomeno bizzarro.

Sa ben poco di tedesco, in effetti. Ricorda di essere stato in Germania in una sola occasione prima d'ora: all'Oktoberfest di Monaco; cioè, ricorda è un parolone visti i litri di birra che si è cacciato giù. Però, no, non ha imparato neanche una parola nella lingua locale.

Menomale che con l'inglese è messo bene, almeno. A scuola gli è stato insegnato malissimo, ma il suo spirito irrequieto gli ha imposto di impararselo da solo pur di poter vagabondare per il Vecchio Continente e, un domani, per l'intero globo. Quando incontra turisti britannici, americani o da qualsiasi altro Paese anglofono, ama ascoltare le loro conversazioni - nel primo caso, spesso il tema è il meteo - senza che se ne accorgano. Se invece ciò accade può sempre rispondere loro in greco e far finta di non aver capito nulla.

Di solito questo però non succede perché Milo, anche se a prima vista non lo direbbe proprio nessuno, sa essere piuttosto discreto.

Proprio mentre si appoggia al corrimano del tapis roulant nota che il ragazzo e la ragazza che ha davanti stanno discutendo di come arrivare alla stazione della metropolitana. Lei, bionda e dalla carnagione chiara, ha lo stesso accento di Vladimir Putin. Lui, rosso, alto e di una bellezza più divina che umana, è così francese che gli manca solo una baguette sottobraccio. Saranno una coppia?

Milo decide di seguirli un po' per scoprirlo, ma soprattutto perché non ha voglia di cercare l'autobus che si è segnato di prendere, e tutti sanno che raggiungendo alla metropolitana si arriva ovunque.

«Alla fine ti sei addormentata in aereo e non hai finito di raccontarmi cos'è successo alla festa da Hilda ieri sera dopo che me ne sono andato» commenta ad un certo punto il francese rivolgendosi alla compagna; santo cielo, sentirlo parlare è afrodisiaco!

«Giusto, scusami, praticamente stanotte non ho chiuso occhio» risponde lei divertita «Comunque nulla di che, mi ha detto di mandarle una cartolina e che le sarei mancata.»

«E Sigfried?»

«Ah, no, lui era già ubriaco prima che andassi via tu, non ti ricordi?»

«Sì, hai ragione...» ride il ragazzo «Quindi non ti ha ancora confessato i suoi sentimenti?»

Wow, questa sì che è una buona notizia, riflette colui che a ragion veduta si può momentaneamente definire il loro stalker. Se c'è un tale Sigfried di mezzo è plausibile che tra i due non ci sia alcuna scintilla.

«Scherzi, vero? Quello non si sveglierà mai, è dal tuo compleanno che non fa nulla: il sette febbraio, ti rendi conto?! Se me ne fregasse qualcosa dovrei prendere io l'iniziativa o aspettare il giorno del Giudizio.»

«Come sei melodrammatica...»

«Ma è la verità, Cam, però sai chi ci ha provato con me piuttosto?»

Il francese - Cam - scuote la testa per rispondere che, no, non ne ha idea.

«Aiolos, il suo amico greco che seguiva il corso di letteratura classica con noi! E poi, insomma, sai...»

«No, ti prego!» scoppia a ridere lui «I greci sono così strani...»

Il cuore di Milo sussulta, sente quelle parole colpire e ferire il proprio spirito patriottico. Nondimeno il sapere che a pronunciarle è stato un bel ragazzo con un fondoschiena da favola non fa che amplificare il dolore.

Porta una mano sul petto, fa segno di no e sospira. Gli altri due si accorgono finalmente della sua presenza e si girano verso di lui mostrando facce perplesse.

«Ξέρετε ότι είστε πραγματικά χαριτωμένος;» domanda il giovane greco a Cam.

Il francese non capisce mezza parola, ma si rende conto di aver appena insultato il popolo ellenico davanti ad un suo componente. Per spiegarlo in modo più tecnico, prende coscienza dell'enorme figura di merda che ha appena fatto. Le sue gote si colorano di rosso come i suoi capelli.

«Significa dunque non ti piacciono i greci, amico?» continua per confermargli che, sì, ha effettivamente fatto una figuraccia colossale.

«N-non intendevo...» farfuglia Cam imbarazzato «Scusami, io... Cioè...»

La sua compagna di viaggio non sa se intervenire in suo soccorso o puntargli un dito contro, intonare un ha-ha! degno di Nelson de I Simpson e sbellicarsi dalle risate. Il buonsenso le suggerisce suo malgrado di optare per la prima possibilità.

«Perdonalo, sai come sono i francesi» improvvisa «Quando è arrivato in Russia pensava che fossimo tutti cacciatori di orsi e che al posto dell'acqua dai lavandini uscisse Vodka.»

Il rosso la fulmina con lo sguardo e, dannazione, è così carino nel farlo! Milo ha un debole sia per i francesi sia per i rossi - da quando? Beh, da ora! - ed è la tipica persona che si innamora alla stessa velocità con cui manda giù drink il sabato sera. Accipicchia.

«Perché, non è così?» osserva con ironia.

«No!» replica la ragazza «Abbiamo anche gli hacker.»

Ridono tutti e tre di gusto, anche se il francese non abbandona del tutto l'espressione di imbarazzo e sembra palesemente che si voglia sotterrare.

«Mi stai simpatica, zarina» commenta porgendole la mano «Milo, molto piacere!»

«Anche tu» risponde lei stringendogliela «Natassia, piacere mio.»

«E il tuo ragazzo ellenofobico che ora non dice più una parola?»

«Oh, no, no» rispondono Cam e Natassia all'unisono «Noi non stiamo insieme, siamo solo migliori amici.»

Eureka! Finalmente la conferma definitiva: quei due non sono una coppia. Decisamente una buona, un'ottima notizia.

«E io non sono ellenofobico o come si dice, scusami per poco fa, Milo.»

«Ti scuso solo se mi dici il tuo nome» sospira il greco tendendo la destra stavolta al rosso e compiacendosi con sé stesso per la propria diabolica inventiva.

«Camus, piacere.»

Il tono francesissimo con cui Camus mette l'accento sulla u, le sue guance che pian piano tornano al loro candido colore naturale, il tocco magico delle sue dita in quella stretta di mano che Milo giura essere la più bella che abbia mai dato. Piacere tutto mio pensa il ragazzo davanti a quello splendore.

«Enchanté!» prova a rispondere imitando l'accento della sua nuova musa con un risultato a dir poco obbrobrioso.

Natassia scuote la testa, il francese solleva gli angoli della bocca, forse per compassione. Già stracotto di lui da oramai un abbondante minuto e mezzo, Milo alla vista di quel sorriso è sicuro di aver incontrato l'uomo dei propri sogni. Gli aeroporti, alla fin fine, non sono così terribili.

 

Fuori dal terminal c'è una confusione assurda: è difficile persino credere di trovarsi in Germania. Una coda infinita di taxi, auto private e navette varie. Per non parlare della miriade di autobus gialli che repentinamente accostano, aprono le porte per scaricare orde di passeggeri in partenza e riempirsi di nuovo fino quasi a scoppiare prima di ripartire senza perdere mezzo secondo ad aspettare i ritardatari.

Milo sa - non ufficialmente, s'intende - che Camus e Natassia sono diretti alla metro e che quindi sono degli ottimi candidati al ruolo di stella cometa per raggiungere il centro della città. 

«Quale prendete voi, ragazzi?» domanda ostentando una falsa noncuranza.

«X9» risponde sicuro il francese «Ci porta alla stazione della U-Bahn. Tu?»

«Ma dai, davvero? Anche a me conviene prendere la metropolitana, in effetti: devo raggiungere la stazione centrale.»

«Saremo compagni di viaggio per un po' allora» interviene la ragazza compiaciuta «Il nostro albergo è da quelle parti.»

Ma che splendida, meravigliosa, divina notizia! 

L'intero viaggio per l'hotel in compagnia di Cam-uomo-perfetto è la cosa più bella che ora Milo riesca ad immaginare. A quanto pare sa persino orientarsi sui mezzi di trasporto berlinesi con una sicurezza di sé che non ci si aspetterebbe nemmeno da un abitante del posto, dev'essere proprio arrivato da un altro mondo! Sia chiaro, il greco è contento anche di aver conosciuto una ragazza simpatica come Natassia - e probabilmente anche molto carina, ma solo per chi è attratto dal genere femminile. 

Un momento. E se poi si trovassero tutti nello stesso albergo? Magari pure vicini di stanza? Certo, Milo il francese vorrebbe portarlo nella propria!

Il suo fantasticare viene brutalmente interrotto dall'arrivo del famoso X9, su cui i ragazzi salgono praticamente soli. Dove debba andare tutta l'altra gente a questo punto è un mistero considerando che possono fare a meno di prendere la linea che, a detta di Camus, porta alla stazione della metro più vicina all'aeroporto. Poco importa perché, superato l'ingorgo all'uscita di Tegel, raggiungono Jakob-Kaiser-Platz nel giro di pochi minuti e ben presto sono sulla banchina della stazione sotterranea in attesa del treno.

«Se dormiamo nella stessa zona, potremmo uscire a bere qualcosa insieme una volta» prova a proporre Milo mentre la sua nuova fiamma studia attentamente la mappa del trasporto urbano.

«Certo» sorride Natassia.

No, no, no, piano. L'invito è rivolto o a Cam o a entrambi, costei rischia di fraintendere! Il ragazzo pensa bene di correre ai ripari prima che sia troppo tardi.

«Ad esempio, uhm, oggi pomeriggio voi due avete già programmi?»

«Volevamo andare a vedere i resti del muro» risponde il rosso più irresistibile di tutti i tempi.

«Ah, uello è un must!» inizia Milo «Ma cosa ne dite di rimandare a domani per avere più tempo, e oggi sorseggiare un drink in mia compagnia per poi perderci nelle vie di Berlino camminando lungo il fiume e ovunque ci porti il vento?»

Cam ride, Natassia pure e parallelamente il treno della U7 fa capolino dal tunnel.

Milo afferra il proprio bagaglio per prepararsi a salire. In quella nota che le loro valigie sono ben più grandi della sua e si maledice per non essersi offerto di aiutarli sulle scale.

«Scusami, Milo» riflette ad alta voce la ragazza «Perché anziché cambiare i nostri piani non ti unisci a noi? Ti divertirai di più che a gironzolare da solo, no?»

«Sarebbe un vero piacere...»

Il greco si morde il labbro e sorride all'idea di diventare, di punto in bianco, il nuovo compagno di viaggio di Camus: tanto tempo insieme vuol dire tante occasioni per arrivare a conoscerlo meglio

È un tipo di poche parole, un po' timido, cioè l'antitesi di Milo per definizione. Tuttavia quando Eros - Cupido per gli eretici che prediligono la mitologia romana a quella ellenica - scocca la sua freccia, c'è poco da fare; il ragazzo conosce così bene l'argomento che potrebbe scriverci una pagina su Wikipedia. 

La prima regola fondamentale è che al colpo di fulmine non frega assolutamente un fico secco che le persone coinvolte siano simili oppure no: in un caso varrà il detto gli opposti si attraggono, nell'altro il siete proprio fatti l'uno per l'altro. La seconda è che nel novantanove percento dei casi l'amore non sarà corrisposto, ma per ora è meglio non pensarci troppo e dare per scontato che il bel francesino sia single, interessato agli uomini e nello specifico - questo è senz'altro il punto più importante - ad un giovane e carismatico ventiduenne greco dai capelli color miele.

Natassia, d'altra parte, è Milo con il genere cambiato. Dà incessantemente aria alla bocca, commenta, ride di ogni cosa e cambia argomento una scioltezza incredibile. Nel viaggio Tegel-centro città Milo apprende che il nome tedesco impronunciabile dell'albergo di loro differisce dal suo per qualche gruppo di consonanti e un paio di isolati, ma la ragazza riesce anche a parlare della sua famiglia a San Pietroburgo, del suo cucciolo, Fenrir, e dei problemi di cuore della sua migliore amica Hilda, ripetutamente tradita dal fidanzato a cui lei a sua volta mette le corna con altri tre o quattro uomini. Per enorme gioia e fortuna di Milo, il cielo vuole che Camus non sia uno di loro. 

La ragazza comunque continua a parlare imperterrita e per vie difficili da ripercorrere arriva persino a vantarsi del fatto che i tedeschi nel secondo conflitto mondiale non siano stati in grado di invadere il suo Paese.

«La stessa sorte l'aveva subita anche Napoleone un secolo prima» aggiunge per stuzzicare il francese, che in risposta si limita lanciarle un'occhiataccia.

«Ah!» commenta Milo «Noi non facciamo male a una mosca da duemila anni. E abbiamo inventato anche la democrazia.»

«Sì, ma abbiamo portato noi in Europa la vera liberté» aggiunge Camus.

Il cuore del greco smette di battere. Santo cielo, udire quella voce celestiale pronunciare liberté è come sentirsi dire ti amo. Potrebbe ascoltarlo parlare francese per ore e ore - senza capire niente, ma a chi importa? - e perdersi nei suoi occhi verdi come smeraldi.

«Ti prego, puoi ripetere quella parola?» lo supplica.

«Che cosa? No.»

«Ti scongiuro, Cam!» tente di fargli gli occhi dolci «Io posso dire tzatziki se vuoi.»

Camus solleva le sopracciglia e, ok, Milo è semplicemente scemo.

«Tzatziki» prova a ripetere Natassia «Adoro il modo in cui lo dici! Avanti Cam, dagli corda, così me lo ripete.»

«Indendi come pronuncio tztatziki?» ridacchia Milo «Allora tu di' matrioska

Il francese si corregge: sono tutti e due degli emeriti idioti.

E come lui la pensano anche gli altri passeggeri della metropolitana che, al di là delle interpretazioni pittoresche che possono attribuire a quella stramba conversazione che accosta scatoline in legno, ideali di libertà e salsa al cetriolo, si spostano lentamente dall'altra parte del vagone.

«Va bene, va bene» si rassegna «Ma lo dico solo se voi due la finite!»

Gli occhi azzurri del bel greco brillano.

«Promesso!»

«Liberté» sbuffa il rosso, del tutto ignaro di quanta felicità abbia appena donato a Milo.

Questo, dal canto suo, viene catapultato in una dimensione di estasi mistica che lo astrae totalmente dalla realtà. Vede Cam sventolare il tricolore francese e intonare la Marsigliese mentre guida il popolo in rivoluzione. È un'immagine sublime, anche perché lo fa a torso nudo come la Libertà nel celebre quadro di Delacroix. 

«Grazie» bisbiglia quasi commosso.

«Prego.»

«Matrioska!» esclama la ragazza.

«Natassia!» la fulmina Camus - senza rendersi conto di essersi fatto primo attore di quel teatrino comico.

«Nächste Station: Berlin Hauptbahnhof.»

L'ultima parola se la prende dunque la voce elettronica del treno, annunciando ai tre ragazzi che è giunto il momento di prepararsi a scendere, con conseguente gioia di molti pendolari, ma anche una vena malinconica per quelli di loro che si stavano godendo la scena. 

«Di già? Ci abbiamo messo pochissimo» osserva Natassia stupita.

Milo invece, piuttosto che elogiare la compagnia dei trasporti berlinesi, preferisce assicurarsi di poter passare davvero i prossimi giorni con l'uomo dei suoi sogni.

«Sarà meglio scambiarci i numeri una volta giù dal treno, così poi ci sentiamo per andare a vedere il muro.»

«Certo, te lo dico anche subito» è la risposta della russa, cui ahimè non fa eco la voce di Camus.

«Grazie. E tu, Cam?»

«Scrivi pure a Natassia, tanto siamo in camera insieme.»

No, questo non è giusto! Perché Milo non può avere il numero della sua fiamma?

Se al suo posto ci fosse un qualsiasi ragazzo eterosessuale, sicuramente le cose andrebbero a rovescio e il poveretto si ritroverebbe in una situazione del tutto speculare, con il numero di lui e la bava alla bocca per lei. Certo che la legge di Murphy fa proprio schifo!

Ben altra preoccupazione si presenta quando il convoglio, dopo una frenata apparentemente interminabile, apre finalmente le porte. Milo si trova combattuto fra la galanteria che gli suggerisce di dare una mano a Natassia con il bagaglio, il cuore che vota per darla invece a Camus e il suo genoma di homo sapiens che gli mette a disposizioni solo due braccia. A cosa dare ascolto? 

Questa volta la Provvidenza gli è amica e invia a salvarlo una santa e gracile vecchiettina con al seguito un carrello della spesa dall'aria decisamente troppo pesante per scaricarlo dal treno senza l'aiuto di un baldo giovanotto. E prima che qualcuno gliela rubi, il greco si precipita davanti all'anziana signora chiedendole a gesti se abbia bisogno di aiuto; questione fin banale, ma preferisce farle capire subito di non essere uno scippatore onde evitare di prendersi una borsetta in testa. 

Grazie a questa mossa Milo riesce dunque a districarsi dal dilemma onore-sentimenti, fare la figura del bravo ragazzo - spezzando una lancia a suo favore, effettivamente lo è - con Cam e pure ad ottenere un vielen dank accompagnato da una caramella al limone.

 

Nessuno può visitare Berlino e perdersi il muro: sarebbe un affronto alla città stessa e alla sua storia. 

Ciò che non tutti sanno però è che oltre alla celebre East Side Gallery sono rimasti in piedi altre parti della cinta meno conosciute, ma testimoni anche migliori della drammatica divisione della Germania e di riflesso di un mondo spaccato in due durante la guerra fredda. Se infatti nel primo caso i murales con la Trabant e il bacio tra Honecker e Brežnev si devono ad artisti che dopo la sua caduta hanno voluto legittimamente celebrare la pace, nel secondo il cemento armato di Bernauer Straße è tutta opera della spietata DDR, cui non andava affatto a genio vedere i propri cittadini fuggire verso occidente. Naturalmente il tracciato di muro lungo la Sprea rimane una tappa essenziale nella hauptstadt, però, a costo di essere un po' puntigliosi, si intuisce subito che non debba essere la prima.

Milo esprime questo concetto con una tale verve da farne uscire i suoi nuovi amici convinti, o più verosimilmente abbastanza confusi da volerlo seguire piuttosto che farsi rispiegare tutto da capo. 

«E tu come sai queste cose?» si azzarda a domandare Camus.

Il biondo resta spiazzato. Da un lato ha la necessità di dare una bella impressione di sé al francese e immagina ragionevolmente che non sia il tipo di persona che si accontenta di un ragazzo con tanti muscoli e poco sale nella zucca. Pur senza essere una persona particolarmente piena di sé - questione talvolta discutibile - sa di possedere un po' di entrambi, e sarebbe stupido a nascondere o l'una o l'altra dote.

D'altro canto però deve fare i conti con la realtà: fino a stamattina non aveva nemmeno idea di come si chiamassero i due politici raffigurati nel bacio, né che esistesse una Bernauer Straße. Il merito del suo colto intervento da documentarista spetta invero ad Isabel, la receptionist dell'albergo che insieme alle chiavi della camera si è preoccupata di fornire al ragazzo una mappa di Berlino e qualche utile consiglio su cosa vedere assolutamente nei suoi cinque giorni in città, trasformatosi, per via della buona parlantina di lei, in un'approfondita erudizione sulla storia tedesca ed europea di metà Novecento.

«Beh, ecco» farfuglia «Diciamo che mi piace informarmi bene prima di intraprendere un viaggio.»

Mente in modo spudorato, ma alla fine è per una buona causa. Milo è sì un instancabile giramondo, ma è più che altro il tipo di turista che ama andare a zonzo per luoghi sconosciuti e lasciare che questi si presentino da sé. Sostiene che lo strolling sia la via più efficace per gustare appieno il clima locale.

Il rosso, intanto, ride sotto i baffi che non ha.

«Fai bene. Ci avevi dato più l'impressione dell'hippie vagabondo.»

«A me comunque gli spiriti liberi piacciono» precisa Natassia.

«Più di quanto a Cam piacciano i greci, almeno» ridacchia Milo per lanciare una frecciatina al francese.

«Dai, ti ho già chiesto scusa!» protesta lui; è un amore quando arrossisce.

«Lo so, Cam. Però mi diverte ripeterlo ogni tanto.»

Il rosso sbuffa e incrocia le braccia, ma sotto sotto in realtà non gli dispiacerebbe affatto ridere di gusto come Natassia. È il suo orgoglio a impedirgli di ammettere a Milo che per qualche assurda ragione lo trova a suo modo simpatico. È sicuramente un tipo affabile e talmente estroverso da sembrare invadente, ma se al francese desse realmente fastidio averlo intorno non avrebbe certo permesso alla sua amica russa di coinvolgerlo nella loro vacanza.

«Allora andiamo a vedere questo muro?» domanda la ragazza temendo di passare l'intero pomeriggio davanti all'ingresso principale della Hauptbahnhof che, per carità, è un enorme capolavoro di architettura, ma resta pur sempre una stazione ferroviaria.

«Dobbiamo prendere quello» risponde secco Cam indicando un pullman giallo.

«Autobus TXL?» 

«No, il tram lì dietro.»

«Ho già visto questa sigla da qualche parte.» mormora Natassia.

«Anch'io, forse era scritto sulla mia valigia.»

«No, sugli gli autobus fuori dall'aeroporto. Cam, sei sicuro che non dovessimo prendere quello stamattina invece della metropolitana?»

«Ops. Potrei aver guardato male la mappa in effetti. Scusatemi...»

«Tranquillo» lo rassicura Milo, che deve proprio a quella deviazione in metro la possibilità che ha avuto di fare amicizia con lui e Natassia «È stato carino fare quel giro, e comunque ci abbiamo messo poco lo stesso.»

«Non lo priviamo del titolo di navigatore ufficiale?»

«Non saprei, Natassia, tu hai voglia di guardare la cartina dei trasporti al posto suo?»

«Per niente.»

«Lo stesso io» replica il giovane greco prima di fare l'occhiolino a Camus «La mappa è tutta tua, mon cher

«Milo, ma che cosa dici?» il francese arrossisce per l'ennesima volta e, per gli dei dell'Olimpo, quanto è dolce e carino!

«Il mio accento fa così schifo?» ridacchia il biondo.

«No... C-cioè sì, anche, ma...» balbetta timido «Insomma... Mi hai chiamato...» 

«Signore

«No, signore è monsieur!» esclama Cam in evidente imbarazzo.

«E io invece cos'ho detto?»

«M-mon cher» risponde il ragazzo senza mutare espressione «Significa mio caro

Milo si stringe interiormente la mano e si complimenta con il proprio subconscio per il simpatico scherzo che è appena riuscito a mettere in atto giocando con la lingua francese.

D'altronde, lo deve ammettere, passa troppo tempo a mangiarsi Camus con gli occhi, e la sua attenzione alle proprie stesse parole ne risente non poco. Però non è nemmeno giusto dare la colpa a lui se la natura ha voluto dotare quel bel ragazzo di uno sguardo così seducente e un didietro a dir poco stupendo, no? Che male c'è nell'edonistica contemplazione di cotanto splendore?

«Perdonami, Cam, forse è meglio se evito di parlare francese senza esserne capace.»

«Oh no, no...» lo ferma il rosso «Va bene se parli francese, è...» no! Non può dire divertente, Milo non merita ancora tutta questa soddisfazione «È okay

Okay? Che conclusione assurda per una frase! Certo che un tantino di impegno in più nel nascondere l'ansia di non avere in bocca le parole corrette non guasterebbe. Camus rimprovera la propria timidezza che finisce sempre per remargli contro e prega il cielo che né Milo né Natassia abbiano fatto caso alla sua esitazione perché detesta con tutto il cuore mostrarsi insicuro.

«Ragazzi, questioni linguistiche a parte, vi volete dare una mossa?!» tuona la ragazza sbracciandosi per indicare il tram in procinto di partire.

«Non ce la faremo mai ad attraversare in tempo» il greco fa un cenno verso il semaforo con lo strambo ampelmännchen rosso.

Natassia però non sembra voler sentire ragioni: vuole solamente vedere il muro di Berlino e i due ragazzi le hanno già fatto perdere abbastanza tempo a discutere di hippie, autobus e filologia francofona, ci manca solo che tirino in ballo anche i segnali stradali! Opta dunque per la soluzione più rapida: controlla al volo che non vi siano auto in arrivo e si getta in mezzo alla carreggiata; no, non per suicidarsi.

«Oh, al diavolo i semafori!» esclama «Avanti, non fate le femminucce e sbrigatevi ad attraversare.»

ìIl tram successivo - il primo lo perdono perché un camion è ad un pelo dal tirare sotto sotto due idioten che cercano di attraversare la strada col rosso - lascia i tre ragazzi all'imbocco di Bernauer Straße.

Davanti ai loro occhi si staglia una lunga fila di pali in ferro arrugginito a separare la strada, parte della Repubblica Federale durante la guerra fredda, da un parco nato su quella che ai tempi della Germania Est costituiva la striscia della morte, un'area prossima al confine in cui le guardie della DDR avevano l'ordine di sparare a chiunque tentasse la fuga verso ovest. Questi, aggiunti postumi per mostrare dove si ergeva il muro propriamente detto, ben presto cedono il posto all'autentico cemento armato rimasto in piedi dopo la sua caduta. A vederlo ora, coi suoi tre metri e mezzo, pare quasi una presa in giro. Nel medioevo si costruivano fortificazioni ben più imponenti, anche se allora le mura servivano a proteggere le città dagli attacchi esterni, non ad impedire agli abitanti di uscire e andarsene.

La striscia della morte è un teatro all'aria aperta di scene macabre documentate dai pannelli esplicativi, nonché da un memoriale ai caduti che riporta foto, data di nascita e di decesso di ciascuno di loro, o meglio di quelli noti. Camus legge i loro nomi uno ad uno, Milo e Natassia si uniscono a lui. È una sensazione strana e angosciante conoscere i volti delle vittime della storia, poterli guardare negli occhi e incontrare uomini, donne e bambini veri piuttosto che gli eroi classici in armatura o la popolazione, un insieme collettivo e anonimo di esseri umani poco definiti.

Lungo Bernauer Straße i ragazzi trovano anche la Cappella della Riconciliazione, una ricostruzione completa del muro e della striscia della morte con tanto di torretta visibili dalla terrazza di un edificio lungo la strada, ed infine i resti di una casa dalla storia bizzarra che si era trovata col salotto attraversato dalla linea del progetto per il muro al momento della sua realizzazione. Continuando a camminare raggiungono un negozio di souvenir accanto al quale il marciapiede si apre sulla sottostante fermata della metropolitana.

Natassia lascia lo zaino a Camus ed entra nella botique. Chissà, forse vuole già spedire una cartolina a Hilda.

«Sai, Cam...» mormora Milo al ragazzo di cui - non può fare a meno di ammetterlo - si sta innamorando perdutamente «Ti facevo un tipo meno emotivo.»

«Cosa vorresti dire?»

«Non so come spiegartelo. Sei stato molto dolce prima, davanti al monumento alle persone uccise mentre cercavano di varcare il muro.»

«Tu e Natassia avete letto i loro nomi insieme a me.»

«Già, ma tu hai iniziato. E comunque prima mi sembravi una persona terribilmente razionale e fredda, quando invece il tuo carattere è molto più complesso e profondo di quanto tu dia a vedere.»

Camus si morde il labbro. Milo è riuscito, nell'arco di poche ore, a scavare nella sua persona più di quanto non sia riuscito egli stesso in ventitré anni, così come i suoi pochi amici a Strasburgo e Natassia durante il suo soggiorno in Russia. Quel biondino ellenico nasconde sicuramente qualche potere magico dietro al suo bel sorrisetto e al modo di fare tanto disinvolto.

«Ma io sono freddo e razionale.»

Milo solleva gli angoli della bocca. 

«Veramente sei molto più interessante di così...» fa un passo verso di lui e si sente mancare il respiro.

Dimentica tutto ciò che ha in testa, quali parole volesse dire poco fa a Cam, sempre ammesso che avesse pensato effettivamente a qualcosa. Ora riesce solo a desiderare di prendergli la mano, accarezzargli il viso, perdersi nell'incanto dei suoi meravigliosi occhi verdi e chiamarlo di nuovo - stavolta con senno - mon cher. Lo desidera con tutto sé stesso. Vuole assaporare le sue labbra sottili, stringerlo a sé e...

«Ragazzi!» irrompe Natassia nella loro conversazione spalancando la porta negozio con in mano due foto del muro «Sceglietene una a testa e ringraziatemi. C'era il tre per due.»

Il greco ha un colpo al cuore. No, santo cielo, perché arriva proprio adesso?! Dieci secondi in più e sarebbe andato tutto per il verso giusto.

«Natassia, ma questo è il Checkpoint Charlie» osserva Camus guardando la cartolina che la ragazza gli ha appena letteralmente sbattuto in faccia.

«E questo è il graffito della Trabant alla di cui vi ho parlato prima» soggiunge Milo.

«Sempre a lamentarvi, voi maschi... Siate un po' più cavalieri, su! Mi accontento di un grazie, Natassia, sei la migliore

«Grazie, Natassia, sei la migliore» rispondono in coro i ragazzi.

«Bravi, se foste dei cani come il mio Fenrir vi darei un biscottino.»

«Wow, che onore» è il commento evidentemente ironico del francese.

«Io non mi ci vedo a fare i miei bisogni per strada.»

«Sciocchezze, tutti gli uomini fanno pipì contro gli alberi o dove capita.»

«Ti prego...» Cam si mette una mano sulla fronte.

«Va bene, forse questo non ho modo di smentirlo, hai vinto» ammette Milo con una punta di dispiacere per la sconfitta.

Giunti a questo punto, i tre valutano dove recarsi: sono le cinque passate, la East Side Gallery è enorme e lontana. Il Checkpoint Charlie d'altra parte non dovrebbe richiedere tantissimo tempo, dista poco dal centro città e sembra una tappa eccellente per una storia su Instagram. Milo in effetti non ne ha ancora postata neanche una perché è troppo preso dall'ammirare il suo ragazzo ideale, ma farebbe bene a farsi vivo sui social almeno per assicurare a sua madre, che gli spia costantemente il profilo credendo che lui non lo sappia, di essere arrivato sano e salvo a Berlino.

Così, non appena i ragazzi raggiungono la meta, cioè la barriera che fungeva un tempo da punto di passaggio tra la Germania Est il settore americano di Berlino Ovest, il greco si diverte a fare l'influencer cercando di coinvolgere i suoi nuovi amici in una foto coi finti soldati. Natassia si lascia intuibilmente abbindolare e scatta selfie a raffica anche col proprio di telefono, mentre Camus non ne vuole sentire ragione e scuote la testa mentre gli altri due fanno gli scemi. 

 

Tutti sanno che in Spagna c'è l'usanza di cenare in tarda serata, mentre in Germania, agli antipodi, i ristoranti hanno il pieno di clienti molto presto. Complici senz'altro la stanchezza e la fame dopo il viaggio per arrivare a Berlino, i ragazzi optano per omologarsi alla massa e alle sette stanno già aspettando due zuppe di carne e patate e un piatto di würstel con crauti per Milo.

«Come mai vi date alla minestra?» domanda scherzosamente dopo che il cameriere se n'è andato.

«Perché quello che hai preso tu è devastante per lo stomaco» la ragazza si fa portavoce di entrambi «Magari lo proveremo più avanti, è meglio adattarsi gradualmente alla cucina locale.»

«È lo stesso motivo per cui tu, Cam, hai chiesto un'acqua minerale invece della birra?»

«No, quello è solo perché la birra mi fa schifo.»

«Shhh!» lo zittiscono simultaneamente gli altri due «Vuoi che ci uccidano e gettino i nostri corpi nel fiume? Non puoi offendere la birra in questo Paese!»

Sono proprio due deficienti, constata il ragazzo, però deve ammettere che trascorrere il tempo con loro non gli dispiace affatto. Anzi, in realtà spera che Milo rimanga qualche altro giorno in compagnia sua e di Natassia.

«Milo, quanto tempo conti di stare a Berlino?»

«Cinque giorni: martedì sarò di nuovo a Tegel. Voi?»

«Partiamo domenica sera tardi, ma proseguiamo in FlixBus.»

«Per andare dove?»

«Strasbourg, nell'est della Francia. Non so se la conosci, la mia famiglia abita lì.»

Strasbourg, Strasburgo... Certo che Milo ne ha sentito parlare: è la sede del Parlamento Europeo! Dunque è ad una coppia strasburghese che si deve la nascita dell'ottava meraviglia del mondo.

«Ho presente dov'è, ma è una delle tappe francesi che ancora mi mancano da vedere.»

«Oh» gli occhi del rosso si illuminano «Quindi sei già stato in Francia?»

«Puoi scommetterci, Cam» risponde il greco compiaciuto «Più d'una volta.»

«Che posti hai visitato?»

«Vediamo...» riflette «I castelli della Loira, Parigi, la Bretagna. Poi anche Arles, in Provenza, vicino a Marsiglia.»

«E ti sono piaciuti?»

«Oui, j'adore la France...»

Sul volto di Camus si espande via via un'espressione di perplessità mista a disagio fino a raggiungere quella soglia di saturazione oltre la quale il ragazzo non può fare a meno di ridere.

«Che c'è?»

«Niente, Milo, è solo che il tuo accento fa proprio schifo.»

Il biondo sorride: Camus sembra molto più sciolto e rilassato, e crede di potersene assumere il merito. Fa a meno di offendersi perché quelle parole sono cariche di verità e non gli dicono nulla che già non sappia. Al di là del greco, dell'inglese e una manciata di vocaboli spagnoli o italiani - peraltro ignora completamente quali appartengano all'uno e quali all'altro idioma - ha delle serie difficoltà con le lingue, anche se si ostina a provarci lo stesso.

«Vorrei sentire il tuo accento greco» stuzzica il rosso.

«Io però non sono mai stato in Grecia...»

«Io sì invece!» interviene Natassia, cui i panni della sola ascoltatrice vanno stretti «Due anni fa sono stata ad Atene per vedere il Partenone.»

«Davvero? E come ti è sembrata?»

La ragazza si ferma un attimo a massaggiarsi il mento per elaborare i dati nella propria mente e trovare un aggettivo che calzi opportunamente alla capitale ellenica.

«Caotica.»

«Beh, in effetti lo è» ridacchia Milo «Io vengo dall'isola di Milos, nelle Cicladi, ma ho vissuto un po' ad Atene per frequentare l'università. Piuttosto, voi due come vi conoscete?»

«Oh, è una lunga storia!» 

«Ma non è vero, Natassia, non lo è per niente.»

«Stai zitto, Cam, mi rovini tutta la tensione narrativa!» sbuffa «Raccontala tu, se proprio ci tieni.»

«Cosa ci vuole? Io ho appena concluso un Erasmus a San Pietroburgo, Natassia è la prima persona che ho incontrato al mio arrivo in università e ci siamo presentati con una normalissima stretta di mano.»

«Voi uomini siete troppo sintetici» borbotta la russa.

«Frequentavamo i corsi insieme, abbiamo stretto amicizia e ora eccoci qui in vacanza.»

«Avvincente» commenta Milo sarcastico «Potremmo portare questa trama sul grande schermo.»

In quella compare il cameriere con in mano i tre piatti fumanti ordinati dai ragazzi. L'odore è invitante, l'aspetto del cibo un po' meno, ma ad uno stomaco vuoto importa ben poco. Solo Camus non si fionda immediatamente sul cibo come un morto di fame e pertanto si salva da un'ustione al palato cui invece non restano immuni gli altri due.

Così si conclude la prima giornata nella hauptstadt: nuove amicizie, nuove cotte, una cartolina in tasca e Milo che lancia occhiate provocanti al suo bel francesino mentre morde e mastica la salsiccia che ha nel piatto.

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Capitolo 2
*** II. Freitag ***


II. Freitag
 

È una giornata meravigliosa. Nel cielo azzurro sopra Alexanderplatz non si scorge neanche una nuvola, la luce del sole dona colori vividi agli alberi, ai palazzi e al loro riflesso nelle acque della Sprea. Il panorama dalla cima della torre della televisione, anche se visto attraverso i suoi finestroni, è davvero mozzafiato.

Si vede tutto: gli aerei che decollano da Tegel, la Hauptbahnhof con la sua mastodontica volta in vetro, la grande macchia verde che è il parco di Tiergarten, la cupola del duomo e gli innumerevoli altri edifici del distretto di Mitte. Volendo stilare una lista soddisfacente di quelli più interessanti bisognerebbe restare lassù a osservare il paesaggio urbano per almeno una settimana, se non un mese o un addirittura un anno. D'altronde l'architettura classica e moderna si incastrano come i pezzi del tetris tra le vie di Berlino, ed è un'impresa ardua trovare qualcosa che non attragga l'attenzione di chi osserva la città.

Seguendo l'alveo del fiume si avvistano persino le torri di mattoni dell'Oberbaumbrücke, che i ragazzi hanno attraversato questa mattina prima di fare tappa alla East Side Gallery. Pare che negli anni della Guerra Fredda fosse utilizzato come valico pedonale tra l'Est e l'Ovest. Camus sta guardando proprio in quella direzione quando un treno della metropolitana sbuca sul viadotto parzialmente nascosto dagli alberi e raggiunge i binari al livello superiore del ponte.

«Milo, guarda, sta passando un treno!»

Il ragazzo, all'udire di quella voce sublime, non può fare a meno di precipitarsi immediatamente dal suo grande amore forse non corrisposto. E dato che non sa ancora come il francese reagirebbe ad un abbraccio, si limita a posargli una mano sulla spalla e osservare con lui il convoglio giallo che oltrepassa il fiume.

«Ho vinto io» continua Camus ridacchiando «Ora mi devi offrire da bere.»

«Sì, è vero, te lo riconosco.»

Milo sorride: il vero trionfo, alla fin fine, è suo. La scommessa riguardava il dubbio se i binari dell'Oberbaumbrücke fossero in funzione o meno. Se ha puntato sull'opzione più improbabile, cioè il no, è stato solo per ingannare il rosso e costringerlo a farsi pagare un cocktail.

«Ti piace il panorama?» domanda quest'ultimo, forse un pochino a disagio per la mano del greco sulla propria spalla.

A me piaci tu, Cam vorrebbe rispondere Milo. Sposta il braccio, si appoggia al parapetto volgendo la schiena verso le vetrate e fissa il francese nei suoi bellissimi occhi verdi.

«Moltissimo...»

Camus diventa rosso come un peperone: è una cosa che gli capita spesso e che palesemente odia non poter controllare. Ha colto il messaggio, ma la sua timidezza gli impedisce di trovare le parole giuste e il suo sguardo sembra esprimere ogni reazione possibile, sia nel bene sia nel male. Potrebbe parimenti insultarlo disgustato o uscirsene con un oh sì, anch'io ti amo, sposami!, così come un già, è bello osservare questo paesaggio in compagnia di un CARO AMICO.

«Cosa state facendo voi due?» domanda Natassia notando uno dei suoi amici più immobile e silenzioso di una mummia e l'altro girato al contrario rispetto a tutti i turisti, alla stregua di un gambero nel regno di Poseidone.

«Ci godevamo la vista» commenta Milo rivolto più a Camus che alla ragazza.

«G-Già» balbetta il francese «Ho vinto io la scommessa.»

«Ancora quella scemenza della metro sul ponte?»

I due ragazzi annuiscono.

«Milo, come ti è venuto in mente di scommettere contro Cam? Sa orientarsi sui mezzi di trasporto come un orso polare in mezzo al ghiaccio... Autobus dall'aeroporto esclusi, naturalmente!»

«Quella è stata una svista. Per il resto io leggo le mappe per capire come spostarmi.»

«Anche noi ci proviamo» replicano Milo e Natassia all'unisono.

«La difficoltà è decifrarne il significato.»

«Beh, questo vale per noi mortali» precisa il greco «Tu ci riesci alla grande perché probabilmente sarai un semidio come Percy Jackson.»

Le pupille del francese si dilatano, sembrano quasi brillare mentre ride di gusto. È dannatamente perfetto già di suo, ma così è ancora più irresistibile. Natassia invece scuote la testa.

«Sei troppo gentile, Milo, non dobbiamo gasarlo troppo» si incammina verso l'ascensore per scendere «Andiamo, avete avuto abbastanza tempo per guardare il panorama anche se vi siete concentrati solo su quei treni inutili.»

Il biondo fa per seguirla, ma la mano di Camus gli afferra il braccio. Ha un tocco delicato, quasi angelico. Il battito del cuore del greco accelera e si fa più potente; riesce quasi a sentirselo dentro le orecchie.

«Grazie, Milo.»

Il greco sorride. Bitte schön. Ma il francese non lo lascia ancora andare.

«Aspetta, c'è un'altra cosa che...»

Milo sfiora le dita del rosso. La sua pelle è morbida e liscia, come se fosse fatta apposta per essere toccata e accarezzata dolcemente. Chissà com'è il resto di quel corpo magnifico, si domanda il ragazzo. Desidera esplorarne ogni centimetro quadrato, conoscere tutto di Camus. Gli si avvicina, non aspetta altro che un qualsiasi segnale da parte sua per stampargli un dolce bacio sulla bocca. È come se non aspettasse altro da sempre.

Costui però, dal canto suo, è talmente in ansia da non avere più saliva in gola. In fondo si può ben poco contro il panico dettato dall'introversione e Cam è un soggetto particolarmente sensibile a questo tipo di attacco.

«Io... Ecco...» ritrae la mano di colpo e la utilizza per indicare un edificio in lontananza a caso «Mi piacerebbe tanto salire su quel palazzo con la cupola di vetro. Dev'essere il parlamento.»

Il biondo si morde il labbro e si maledice per non aver agito istantaneamente. Mancava pochissimo. Pochi centimetri tra il proprio volto e quello di Cam, poche parole per annullare quella distanza, pochi istanti. Solo il suo ardore per il francesino non si può affatto dire che scarseggiasse o scarseggi tuttora. A chi importa di un palazzo con la cupola di vetro quando ha davanti a sé l'uomo dei propri sogni?

Tuttavia oramai l'occasione è sfuggita, riflette Milo, per quanto il tempo sia una risorsa preziosa e non molto abbondante, non ha senso forzare la sorte. È vero: detesta l'idea di fluttuare in un limbo senza sapere se i suoi sentimenti siano ricambiati o meno, ma per un ragazzo speciale come Camus è disposto a sopportarlo.

«Certo, Cam» sorride di nuovo «Andremo a visitare qualsiasi edificio tu voglia.»

«E se Natassia non fosse d'accordo?»

«In tal caso ti accompagnerei io e sarebbe il nostro primo appuntamento» risponde Milo ridendo.

«Già...»

«Forza, ora raggiungiamola in fila per l'ascensore, altrimenti ci urla in faccia.»

Camus annuisce. Finalmente le sue guance sono tornate pallide e il suo viso ha scacciato l'imbarazzo per cedere il posto ad un'espressione di serenità. È davvero troppo, troppo carino agli occhi di Milo.

«Allora, intanto dimmi di quale divinità greca sei figlio; sono curioso...»

Superfluo specificare che davanti ad una simile bellezza il ragazzo possa immaginare la risposta: Afrodite.

 

In vacanza la notte non è fatta per dormire. Ogni ora spesa in quel modo è un'ora sprecata: il mondo dei sogni è lo stesso alle Cicladi, sulle Alpi francesi, all'Università di San Pietroburgo e pure nella hauptstadt. Che senso ha attraversare mezzo continente per qualcosa che si può già vedere nel proprio letto? Milo ama respirare il più possibile l'anima dei luoghi che visita, dunque sa bene che il sonno è sì un bisogno fondamentale, ma non può permettersi di dedicare ad esso un minuto più del tempo strettamente necessario. La capitale tedesca offre innumerevoli opportunità dall'alba al tramonto, così come dallo stesso tramonto all'alba del giorno successivo. Una vera città non si spegne mai, e Berlino può fregiarsi di tale titolo a testa alta, forse più di qualsiasi altra meta europea il giovane greco riesca ad immaginare.

Il Capital Beach, ad esempio, è un locale interessante posto in riva al fiume, proprio di fronte alla stazione centrale. Completamente all'aperto come una vera spiaggia, mette a disposizione dei clienti alcune sdraio su cui distendersi comodamente a sorseggiare un drink a pochi metri dalla corrente. Milo ne ha scelto uno a caso, Natassia nella fretta ha chiesto semplicemente lo stesso e Cam ha aperto il menu dei cocktail direttamente alla pagina alcolici dolci e fruttati. La musica non manca, ma ora che è partita Despacito - già, continua ad andare di moda - nessuno dei tre ha voglia di mettersi a ballare da solo, né tantomeno di proporre agli altri due di andare in pista perché sotto sotto quella canzone piace a tutti, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo.

«Dovremmo tornare qui a prendere il sole» propone la ragazza posando il bicchiere mezzo vuoto «Sarebbe come andare al mare.»

«Mi sembra una buona idea, però se volete il mare bello dovete venire in Grecia.»

«Oddio, da voi dev'essere stupendo!» esulta lei.

«Anche la tua casa è sul mare» osserva il francese «L'unico problema è che il bagno si fa insieme alle foche.»

«Veniteci pure, vi ospito a casa mia se non avete problemi con le famiglie rumorose.»

«In che senso?»

«Avete presente il film Il mio grosso grasso matrimonio greco? I miei parenti ricalcano molto bene quello stereotipo...»

«A proposito, mi sono sempre chiesta se esistano film tedeschi.»

«Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino» intervien Cam «È uno dei miei preferiti in assoluto.»

Il giovane greco ha già sentito quel nome e crede che si tratti di una pellicola drammatica ma non sa di cosa parli esattamente. Ora però si immagina sdraiato sul divano ad amoreggiare con il suo principe rosso mentre in televisione scorrono le scene del film - qualunque esse siano - senza che nessuno dei due vi presti realmente attenzione.

«Hai ragione, è proprio un capolavoro» conferma fingendo di conoscerlo bene.

«Davvero piace anche a te? Io lo adoro.»

«Certo, affronta temi importanti e... Ehm, è fatto bene» meglio cambiare rapidamente discorso «Ragazzi, domani andiamo a vedere Charlottenburg?»

«Ci sta» commenta Natassia «È quella specie di castello con il parco, giusto?»

«Va bene anche per me» aggiunge il rosso, per niente avvezzo all'idea di mettere Christiane F. in secondo piano «Comunque, Milo, cosa ti ha colpito di più del film?»

«Beh, ecco...» il biondo suda freddo «La parte in cui si vede... Praticamente vuole passare quel messaggio... Quando c'è quel tipo che poi quindi... Vabbé hai capito, no?»

«Per niente, in realtà» risponde Cam dubbioso.

Milo fa finta di niente e continua a bere sperando in un gesto caritatevole dalla Provvidenza, che però non sempre gli è seconda. Emette alcuni versi incomprensibili con la bocca piena e li accompagna con gesti casuali come se volesse effettivamente spiegare qualcosa. Il francesino però non desiste e continua ad aspettarsi una risposta soddisfacente.

«Ragazzi, balliamo?» esordisce dopo ad essersi scolato tutto il drink.

«Vuoi ballare Despacito

«Io adoro Despacito

Qualcuno dei ragazzi che occupa le sdraio accanto a loro ascolta attentamente quella dichiarazione plateale del giovane ellenico e il grande tabù finisce presto per crollare. Uno si alza in piedi a ballare ed è subito un Fanculo, è inutile negarlo: questa canzone piace a tutti! generale. Il gesto estremo di Milo si trasforma in un'ottima escamotage che gli permette sia di eludere il discorso con Camus, sia di trascinarlo a forza sulla pista da ballo e ammirare il suo favoloso didietro muoversi al tempo vivace e incalzante della musica latina.

Natassia riprende a bere godendosi nel mentre la scena e l'atmosfera incantevole del Capital Beach. Decine di fari proiettano la loro luce sui palazzi lungo il fiume colorandoli di rosso, giallo, verde, viola. Chissà cosa nascondono dietro le loro architetture contemporanee.

L'aria è fresca, il cielo scuro e terso. Nella Sprea si riconosce benissimo il riflesso del ponte pedonale e del battello che vi passa sotto con a bordo turisti di ogni tipo, inclusi i bambini che non possono fare a meno di strillare hallo a tutte le persone che vedono a riva per salutarle. La ragazza risponde loro sollevando il bicchiere. Tolto tutto il casino sarebbe un luogo perfetto per meditare - questo chiaramente a patto di aver presente come si faccia, cosa non vera per Natassia. Quando ha finito di bere uno sconosciuto la invita sulla pista da ballo, dove intanto Despacito termina e cede il posto ad altre canzoni, tutte ancora abbastanza latineggianti.

Milo non si può dire esattamente che sappia ballare, però ci si mette d'impegno e sembra soddisfatto dei propri risultati. Camus d'altra parte se la cava meglio, ma è costantemente in cerca di una scusa per non mettersi in mostra. Superfluo enunciare quanto il greco sia corroso dalla voglia di danzare insieme a lui. Insieme va naturalmente inteso nel senso di in coppia.

Più sta con lui, più si innamora e non vuole separarsene. È una sorta di circolo vizioso invincibile che si autosostiene. Vorrebbe ballare un lento con sua la testa dolcemente appoggiata alla propria spalla, congelare il tempo, il mondo e tenerselo stretto per qualche frammento di eternità. Il peggio è che, per il tipo di persona estroversa che è Milo, di norma non esiterebbe tanto prima di dichiararsi apertamente al ragazzo per cui ha una cotta. Eppure stavolta non ci riesce proprio. In parte ci sono i ricordi di alcuni schiaffi in faccia che si è preso in passato operando in tale maniera, ma il ruolo decisivo lo gioca altro. Quella per Cam non è una semplice infatuazione. Non si tratta solo di un avvenente ragazzo francese dai capelli rossi, due occhi verdi d'incanto e un fisico da paura, né tantomeno è il suo fascino intellettuale intenditore di film cult a renderlo tanto interessante.

No, ha qualcosa in più. Ha qualcosa di sovrannaturale, di voluto da un misterioso e imprecisato destino. È come se il cuore di Milo gli appartenesse di diritto, tant'è che gli ha aperto le sue porte dal momento stesso in cui si sono incontrati sul tapis roulant dell'aeroporto. Un passo falso costerebbe troppo al giovane greco, che già smania per il solo fatto di avere il rosso vicino.

«Guarda, Milo, Natassia ha rimorchiato.»

Il biondo viene violentemente tirato giù dalle nuvole del mondo iperuranico in cui stava vagando con la mente, e impiega qualche istante prima di capire da che parte stia puntando il dito di Cam. La ragazza si accorge di loro e si avvicina insieme ad un ragazzo alto, ben piazzato e con una barbetta nera come i suoi capelli. Ecco, lei almeno ha fatto conquiste!

«Ragazzi, lui è...»

«Ioria» completa il ragazzo «Wilkommen in Berlin

Due strette di mano sono d'obbligo; Natassia supervisiona le presentazioni. Il nuovo arrivato è autoctono, abita da qualche parte nella periferia di Berlino. I suoi genitori hanno vissuto nella DDR, i suoi nonni sotto il reich nazista. Non che sia una storia tanto strana per il popolo teutonico, che nel Novecento ne ha viste di tutti i colori. Ora invece lui, finalmente, è libero di uscire la sera a vivere, divertirsi e sedurre una ragazza russa appena conosciuta. Riuscirci o meno poi è tutt'altra questione, ma almeno non c'è più alcun regime che gli vieti di fare un tentativo.

«È curioso che tra noi due sia io, greco, quello biondo» ridacchia Milo.

«Già, è una strana combinazione. Quelli di Natassia invece sono più chiari e si intonano perfettamente ai suoi meravigliosi occhi azzurri» nel dirlo il moro ammicca alla ragazza.

«È vero» conferma lei «Però è Cam ad avere i capelli migliori. Prova a sentire come sono soffici!»

Afferra una ciocca del povero francese e gli massaggia la testa come se fosse un gatto.

«Natassia, mi fai male!»

«E poi guarda i suoi occhi» lo ignora lei «Sono due smeraldi.»

Milo è sul punto di lasciarsi sfuggire un concordo: è il ragazzo più bello del mondo. Ioria dal canto suo esibisce un'espressione di dubbio e perplessità.

«D'accordo, sono molto... Uhm, verdi... Però non torturarlo, poveretto.»

«Sa anche ballare!» continua Natassia imperterrita come una marketer che sta presentando il proprio prodotto eccellente ed ineguagliabile.

«Anche Milo, se è per questo» sbuffa il francese, pur sapendo di mentire.

Natassia prende il braccio del greco per trasportarlo dall'altra parte della pista.

«Infatti ora insegnerà anche a me qualche passo. Voi divertitevi!»

«Ma cos...»

«Fidati, Milo, so quello che faccio.»

Ecco, proprio questo è il problema. Quanti disastri si sarebbero evitati nei millenni se gli esseri umani avessero sempre fatto a meno di credere ai so quello che faccio!

Evidentemente no, Natassia non ha la minima idea di cosa stia combinando a portar via Milo e costringerlo a vedere Camus con un altro ragazzo. Per lo meno nessuno dei due sembra intenzionato a ballare con l'altro. Anzi, si direbbe che sono abbastanza imbarazzati entrambi perché non sanno cosa dirsi o cosa fare. Meglio così. Finiranno per bere qualcosa al bancone e scambiarsi quattro parole di numero, vero? VERO?! Come se ciò non bastasse, come diamine può insegnare ad una ragazza a ballare se nemmeno lui ne è in grado? Certo che il comportamento di lei è davvero assurdo.

Il greco non trova pace fino al termine della canzone, quando constata, per sua fortuna e gaudio, che tra i due non è successo nulla. Tira un sospiro di sollievo. Menomale: un epilogo differente gli avrebbe mandato il cuore in mille frantumi. Cam-amore-di-una-vita è solo suo, chiaro? Nessuno deve azzardarsi a portarglielo via.

«Milo, grazie per il ballo» gli sorride Natassia.

«Prego» poi si rivolge agli altri due «Vi siete scatenati anche voi?»

«Beh, no...» risponde Ioria ruotando di nuovo gli occhi verso la russa «Speravo anch'io di ballare con una bella ragazza.»

«Ti garantisco che Cam balla meglio di una rag...»

«Natassia» la interrompe brutalmente il greco «Puoi mostrare tu al nostro nuovo amico i passi che ti ho insegnato, no?»

«Questa è un'ottima idea» risponde Ioria seguito da Camus.

Uno sta palesemente cercando di convincere la ragazza a ballare, l'altro fa di tutto per potersene tirare fuori e basta. Il greco da parte sua concorda con entrambi, ma Natassia non è affatto convinta.

«Magari dopo: adesso sono un po' stanca. Andiamo sulle sdraio.»

«Non gradisci nemmeno un drink?»

«Anche questa è un'ottima idea, vero Milo?» bisbiglia Cam al greco lasciando che Ioria flirti con in pace con la loro amica.

«Decisamente, e io ti devo ancora ripagare per la scommessa.»

«Ovvio, non mi scordo dei miei crediti. Mi devi anche spiegare la tua opinione sulla storia di Christiane F.»

«Ne discutiamo domani a Charlottenburg, va bene?» temporeggia il greco «Così riesco a parlartene bene, senza tutto questo rumore.»

Il rosso solleva le spalle. Non trova che la musica sia particolarmente alta, ma comprende che il Capital Beach non sia il luogo ideale per discutere di critica cinematografica. Senza contare che il berlinese intento a corteggiare Natassia con scarsissimi risultati offre uno spettacolo divertente, alla stregua di una commedia.

 

L'hotel di Milo si affaccia praticamente sulla stazione. Cam e Natassia invece ne hanno scelto uno qualche isolato più lontano, in una zona abbastanza tranquilla e silenziosa.

C'è di mezzo un parchetto con un lampione, qualche altalena e un paio di spacciatori. D'altronde in quale parco non se ne trovano all'una di notte passata? Non che costituiscano un vero e proprio pericolo per i ragazzi, sia chiaro: sono sì criminali, ma vogliono solo vendere droga e di certo sono troppo destabilizzati dalle loro stesse sostanze per avere la forza di aggredire qualcuno. Eppure il greco preferisce diffidare di loro e accompagna i suoi amici fino all'ingresso dell'albero. È altresì opportuno precisare che non gli dispiace affatto passeggiare insieme a Camus.

«Sappiamo difenderci dai tossici, Milo» si pavoneggia Natassia «Cioè, io di sicuro.»

«Avevo voglia di passeggiare un po' prima di andare a letto. La notte è un momento incantato di ispirazione senza eguali.»

«Sei forse un poeta?» domanda Cam. Difficile però determinare se sia ironico o semplicemente affascinato.

«Qualcosa di simile: un data analyst.»

«Non ho idea di cosa voglia dire» osserva Natassia.

«Nemmeno io, però mi pagano e quindi va bene.»

Questa affermazione desta l'ilarità dei suoi amici, che non possono fare a meno di ridere. La parte del buffone gli riesce abbastanza bene, a quanto pare. La ragazza gli si avvicina, lo abbraccia e gli dà un bacio sulla guancia.

«Buonanotte, Milo» sorride.

«Anche a te, Natassia... Cam, vuoi pure tu il bacino della buonanotte?»

«N...»

Ovviamente quella del greco non voleva essere una domanda, tant'è che costui si precipita immediatamente a stampare dolcemente le proprie labbra sulla fronte del suo amato. Inutile dirlo, al tatto di quella pelle così liscia, delicata, divina, il ragazzo deve richiamare a sé tutto il proprio autocontrollo per accettare l'idea di doversi staccare dopo pochi secondi anziché scivolargli verso la bocca e stabilire se Camus sia un autentico French kisser. Non che abbia dubbi a riguardo, però dentro muore dalla voglia di sperimentarlo in prima persona.

Da parte del francese a questo punto ci si aspetterebbe l'ennesima espressione d'imbarazzo con tanto di viso rosso, sia che lo si conosca da una vita, un anno, o eventualmente due giorni scarsi. Eppure la Fortuna sa essere imprevedibile e ama burlarsi degli esseri umani, specie quando questi hanno appena trascorso una serata nel nome del reggaeton. Se così non fosse sarebbe impossibile dare una spiegazione della risposta del timido e innocente Camus che scuote la testa, sorride, fissa Milo coi suoi meravigliosi occhi verdi. Sicuramente aiutato dai cocktail del Capital Beach, scopre in sé un'inedita intraprendenza che lo porta a ricambiare il bacio del greco. Sempre un bacio amichevole, sia chiaro, sulla guancia.

«Buonanotte...» sussurra voltandosi per raggiungere Natassia.

«B-buonanotte» farfuglia Milo, totalmente destabilizzato e talmente incredulo da prendere sul serio in considerazione la possibilità che tutto ciò sia un sogno.

Rimane immobile, la bocca spalancata come un baccalà e le pupille perse nel vuoto mentre osserva i due amici varcare la porta scorrevole dell'albergo e sparire al suo interno. Si tocca le gote con entrambe le mani, mentre il ritmo del suo cuore si fa via via più incalzante finché constata che sì, la sinistra è decisamente più calda. Per tutti gli dei dell'Olimpo, è successo tutto per davvero!

Il corpo del ragazzo è attraversato da una scarica da un centinaio di chilovolt: sente un irrefrenabile impulso di correre, saltare, esultare. Purtroppo, vista la tarda ora, dal terzo è un po' costretto ad astenersi, anche perché se Cam dovesse affacciarsi alla finestra, la figuraccia sarebbe inevitabile. Nulla però gli vieta di fiondarsi nel parco alla velocità della luce, aggrapparsi a più d'un lampione con un'abilità da pole dancer che nemmeno immaginava di avere e persino abbracciare un albero che, per propria disgrazia, si trova in mezzo alla traiettoria del ragazzo più euforico dell'intera Germania.

Le sue labbra, le sue magiche, morbide labbra sottili su una guancia evidentemente predestinata alla beatificazione in questa notte mistica! Milo è certo di aver raggiunto le porte del Paradiso, il suo spirito brilla e arde come le stelle del firmamento, continua a ripetersi tre parole come un ossesso. Mi-ha-baciato! Anzi, ad onor del vero, non le ripete solo a sé stesso o alle piante. Pure gli spacciatori sono costretti a sorbirsi la sua frenesia.

«Willst du gutes Zeug?» chiede uno sperando di vendere la propria merce.

«Mi ha baciato! Capisci?! Mi ha baciato!»

«Inglese? Abbiamo roba buona» interviene il secondo «Cosa vuoi?»

«Solo il suo amore!» commenta Milo volgendo lo sguardo verso l'hotel alla fine del parco.

Lo spacciatore intuisce immediatamente che il ragazzo sia già bello che partito con la testa, anche se non capisce di cosa si sia fatto. Non ha gli occhi rossi, sembra avere un discreto senso dell'equilibrio e non puzza nemmeno di erba. Un po' di alcol magari, ma, insomma, non può essere in un simile stato solo per aver bevuto! Proabilmente è solo uno dei tanti idioten che non vuole comprare nulla.

«Amico, di cosa ti fai? Noi abbiamo quello che cerchi.»

«Non sono fatto» sospira Milo «Sono solo innamorato...»

«Innamorato, eh?» ridacchia prima di rivolgersi al collega «Dohko, er ist verliebt!»

L'altro risponde con un discorso lungo e incomprensibile, senza che il greco possa intuire mezza parola. Questa situazione non gli piace particolarmente, forse si è lasciato prendere troppo dall'allegria ed ora è il caso di prepararsi a lottare o fuggire.

«Dohko dice che allora dovresti andartene da qui: la nostra è roba forte, ma non può darti lo stesso piacere dell'essere innamorato. E poi fa male, se muori non puoi più amare.»

D'accordo, non è affatto il tipo di frase che ci si aspetta di sentire da uno spacciatore nei pressi della stazione di centrale di Berlino. Milo è confuso. Molto confuso. Che razza di delinquenti sono questi due? Beh, quantomeno non manca loro l'etica professionale.

«Dohko allora ha ragione...»

«Certo che ha ragione, non a caso ha studiato filosofia. Ora va' e approfitta di questa occasione, ma nel caso dovesse andarti male torna da noi: avremo sicuramente qualcosa con cui potrai consolarti.»

Il ragazzo annuisce. Invero non ha la minima intenzione di iniziare a drogarsi per una delusione d'amore, sia perché il suo cuore non concepisce realmente la possibilità di fallire con Camus, sia perché se avesse sempre fatto questo ragionamento nella propria vita ora sarebbe un Billie Joe delle Cicladi. Saluta dunque i due, per così dire, commercianti, infila le mani in tasca e si incammina verso la Hauptbahnhof.

Il vento è fresco, anche se non abbastanza da convincere Milo che uscire in maglietta sia stata un'idea pessima. A scaldarlo in fondo c'è il pensiero di rivedere presto Cam e passeggiare con lui nel fantomatico zoo di Berlino, dar da mangiare agli scorpioni - suoi animali preferiti, per quanto questo sia un gusto singolare - e capire che diamine ci trovassero quei ragazzi di Christiane F. per andare sempre lì.

Tasto dolens: il film. Il francese si aspetta un commento critico e un elenco motivato delle ragioni per cui Milo lo abbia apprezzato tanto, ed è un bel problema, dato che non ne ha mai visto nemmeno la copertina del DVD. Il suo cervello se ne rende seriamente conto solo ora e apre le valvole dell'ansia, che come l'acqua di un torrente in piena si riversa sempre più rapidamente nell'intero sistema nervoso, nel sangue, nel respiro, fino a colmare ogni cellula del suo corpo. Nell'arco pochi secondi, quando ormai è praticamente arrivato a destinazione, è subito oddio, se non vedo quel film sono morto!

Si precipita alla reception, per chiedere aiuto ad Isabel, che apparentemente oggi ha il turno di notte.

«Guten abend» la saluta «Avrei bisogno di un favore immenso...»

«Prego, mi dica.»

«Devo assolutamente recuperare il film Christiane F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino al più presto, sa come recuperarlo? Ho visto stamattina che il WiFi ha dei problemi.»

La donna si sistema gli occhiali e apre un cassetto per estrarre una serie di DVD tra cui, sventuratamente, non risulta esserci quello desiderato.

«È una richiesta strana la sua, specie a quest'ora della notte...» prende in mano l'ultima custodia scuotendo la testa «Mi dispiace, non ce l'abbiamo, ma se vuole posso darle Frozen - il regno di ghiaccio

Ecco, questo proprio non ci voleva. Non può mica andare da Camus e uscirsene con un ah, è favolosa la scena in cui Christiane F. duetta insieme alla principessa Elsa, ma nemmeno può ammettere di aver mentito per fare colpo e fare la figura dell'ignorante bugiardo.

Che fare? Che fare? Che fare?! L'ansia cede ben presto il posto alla disperazione, e se ne accorge anche Isabel, la quale prova a tranquillizzarlo.

«Non si preoccupi, qui vicino c'è un negozio di dischi e senz'altro ce l'avranno. Penso che apra intorno alle otto di mattina.»

Troppo tardi. L'appuntamento con Cam e Natassia è alle nove e mezza: a meno che il film non sia un OAV di qualche anime giapponese, il tempo a disposizione per vederlo non sarebbe sufficiente.

«Conosce altri negozi che invece siano aperti ora?»

«Ora?» la receptionist lo fissa come se fosse un mentecatto «È quasi l'una e mezza di notte...»

«Lo so, ma io devo assolutamente vedere quel film!» la implora il ragazzo.

Mossa forse a compassione, o più semplicemente speranzosa di ricevere la mancia da un cliente soddisfatto, la donna si mette al lavoro col PC per procurare a Milo un elenco delle videoteche e dei videonoleggio potenzialmente aperti o senza indicato alcun orario su internet. La lista è relativamente breve - d'altronde gli anni novanta e duemila sono finita da un pezzo - ma a detta di Isabel tali attività sono sparse su tutto il suolo berlinese e c'è da camminare parecchio.

«Danke schön, mi sta salvando la vita» mormora con un'espressione da cucciolo di Golden Retriever.

«Si figuri» ridacchia lei «Dev'essere una questione molto importante per lei se è disposto a girarsi tutta Berlino in piena notte.»

«Mi creda, camminerei anche fino in Francia, per questo motivo!»

Milo ama conferire una certa teatralità alle proprie azioni: gli viene naturale sia nell'esclamare iperboli shakespeariane, sia nell'uscire dalla porta dell'albergo credendosi Indiana Jones. A sua discolpa però va precisato che la ricerca del film non si prospetta tanto diversa da quella del Santo Graal.

 

Il ragazzo cammina sul marciapiede in compagnia della propria ombra, che periodicamente si sposta avanti e indietro con l'alternarsi dei lampioni. Passano poche auto nel quartiere di Moabit, poco a ovest della stazione, forse perché molta gente è già a dormire nel proprio letto, mentre per i più nottambuli è troppo presto per rientrare a casa.

Gli autobus gialli corrono ancora lungo le strade, e sicuramente Milo farebbe farebbe più in fretta se provasse a prenderne uno, eppure non lo fa. Non ne ha voglia. Tolto il fatto che senza Cam è un casino stabilire su quale mezzo salire e quando scendere, le luci della città sono troppo belle per essere viste attraverso un vetro, così come lo è il silenzio per essere costantemente interrotto da una voce elettronica ad annunciare la nächste station.

Camminando può invece meditare, sognare, riflettere. Riflettere su quanto il proprio cuore sia stato rapito dal fascino e la dolce fancesità di Camus, riflettere su quanto siano stupendi i suoi occhi verde smeraldo, i suoi morbidi capelli rossi - Natassia d'altronde aveva ragione nel suo spot pubblicitario - e nondimeno il suo fondoschiena da favola. Sognare invece, specie a tal proposito, di andare oltre la mera contemplazione visiva, con dettagli che non è necessario né opportuno raccontare ora. Ma sia chiaro, il suo non è un desiderio esclusivamente carnale. Anzi, si può dire che quello sia solo la ciliegina sulla torta. Nei confronti di Cam, anche se lo conosce veramente da pochissimo tempo, prova sentimenti ben più profondi. Portarlo nella propria camera entro la fine della vacanza è senza dubbio un obiettivo irrinunciabile per Milo, tuttavia non è il suo fine ultimo. Si sente un po' stupido a pensarci, ma sotto sotto sarebbe infinitamente grato alla Provvidenza se per una fortunata congiunzione un giorno potesse arrivare a presentare agli altri il francesino come proprio fidanzato.

Eppure ogni speranza è vana se non riesce a rimediare il film al più presto, il che sembra diventa via via più probabile mano a mano che le vetrine chiuse lo costringono a tirare una riga in penna sulle voci della lista. Il tempo, d'altra parte, corre come un cavallo al galoppo e in men che non si dica si sono già fatte le due e mezza. Il ragazzo si morde il labbro disperato.

No, decisamente non ha alcuna possibilità di farcela.

Il fato gli è avverso, anche se, va ammesso, un po' è stato poco sveglio a fingersi un grande ammiratore di qualcosa che conosce solo di nome. Non gli resta che leggere la trama su Wikipedia come la persona più triste di questo mondo e fondare i propri commenti sulle recensioni online scritte da sconosciuti. È un po' come mentire a Cam, però non sembrano esserci altre vie al momento, anche perché oramai Milo è giunto praticamente di nuovo alla East Side Gallery e inizia ad avvertire un leggero dolore alle gambe.

Ultimo tentativo prima di alzare bandiera bianca: Ostkreuz. Pare che ci sia una videoteca giusto dietro la stazione e prima di tornare alla Hauptbahnhof con le mani vuote e il cuore in mille pezzi tanto vale fare l'ennesimo disperato tentativo.

Un piccolo negozio in effetti c'è ed è pure aperto, tuttavia la luce rossa all'interno e i manifesti pubblicitari appesi all'unica vetrina lasciano intendere che non sia esattamente il posto da film drammatici. Più che Christiane F. sembra si possa trovare roba di Sasha G. o Rocco S. Beh, al peggio potrebbe essere il luogo giusto dove tornare una volta rimasto solo e depresso.

«Hallo!» esclama il ragazzo seduto dietro la cassa destato dal rumore della porta.

Milo non fa in tempo a ricambiare il saluto, si rende subito conto di chi ha davanti.

«Ioria?»

«Milo dalla Grecia?» risponde stupito il berlinese «Strano incontrarti di nuovo, e qui per giunta!»

«Eh già, se mi piacessi ti direi che è un segno del destino e che dobbiamo uscire insieme» ridacchia Milo con ironia «Come sei finito in questo negozio dopo il Capital Beach?»

«Oh beh, la tua amica russa non ci stava e ho detto al mio collega che avrei fatto io il turno di notte oggi... Tu piuttosto cerchi qualcosa in particolare?»

«Ehm...» farfuglia il ragazzo «Veramente...»

È molto strano chiedere Christiane F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino in una videoteca di film porno, per cui Milo pensa bene di dare un minimo di argomentazione alla propria singolare richiesta, sottolineando quanto sia importante per lui far colpo su Cam e su quanto sia stato meraviglioso quel suo bacio della buonanotte sulla guancia. In effetti coglie anche l'occasione per insignire Ioria del titolo di diario personale a cui raccontare tutto il proprio flusso di pensieri.

Questo, dal canto suo, rimane ad ascoltare in silenzio domandandosi semplicemente cosa diavolo lo abbia convinto a chiedere al greco cosa stia cercando piuttosto che indicargli le corsie e lasciarlo libero di importunare gli scaffali. Vabbè, oramai c'è poco da fare.

Di certo il cassiere dalla barbetta nera non ha granché di cui sorprendersi: per tutta la serata gli occhi di Milo erano rimasti puntati sul rosso, solo un imbecille non si sarebbe accorto subito di quanto ne fosse cotto. Certo, la richiesta del film resta comunque tra le più singolari che riesca ad immaginare, però dopo un quarto d'ora buono a sentire la sua storia, Ioria arriva quasi a prendersi la faccenda a cuore.

«Mi dispiace, Milo, non ho proprio idea di dove tu possa trovare il DVD che cerchi a quest'ora» scuote la testa dispiaciuto.

«Non fa niente, a meno che non ne esista la versione porno non mi aspettavo che ce l'avessi.»

«Aspetta però! Forse ho un'idea.»

Gli occhi del greco si illuminano. Un'idea? Un ultimo barlume di speranza prima di farmi inghiottire dalle tenebre? Va bene! Qualsiasi cosa gli andrebbe bene a questo punto, per dirla tutta.

Il tedesco dalla barbetta nera e le spalle larghe chiede a Milo di porgergli il telefono in modo tale da connetterlo al WiFi del negozio.

«Fatto. Siediti laggiù e a guardalo su internet, i treni ripartono tra un paio d'ore» sentenzia passandogli anche un paio di cuffie.

Il ragazzo annuisce, si precipita su iTunes per comprare il film e contempla incredulo la barra di caricamento che avanza. Per Zeus, Ioria gli ha appena salvato la vita! Non saprà mai sdebitarsi abbastanza, ma senz'altro avrà il dovere morale di procurargli almeno un nuovo appuntamento con Natassia. Peraltro sarebbe anche un modo efficace per restare solo con la sua fiamma... Che mente diabolica e ingegnosa!

Ben presto appare sullo schermo il volto di Christiane F. - o meglio, dell'attrice che la interpreta, che per quanto ne sappia Milo potrebbe benissimo essere la ragazza stessa.

Piscia e merda dappertutto, basta dare un'occhiata in giro. Da lontano fa un grande effetto: sembra tutto nuovo con i prati ben curati e i negozi pieni di roba, ma se entri nei portoni c’è una puzza, specialmente per le scale.

 

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Capitolo 3
*** III. Samstag ***


III. Samstag


La sveglia desta Milo dal sonno alle otto e mezza. Già di per sé sarebbe da considerarsi un orario illegale in vacanza, ma, pur di vedere Cam al più presto, il ragazzo è disposto a compiere un tale sacrificio. Peccato solo che tra la disperata ricerca del film, i centotrentotto minuti necessari per arrivare ai titoli di coda e l'attesa del treno della S-Bahn la sua notte sia durata tre ore scarse.

Ha un mal di testa degno di un post sbronza e la necessità di bere un'autocisterna di caffè. Vorrebbe scaraventare il telefono dalla finestra, sbarrare le tapparelle, ributtarsi sul letto e non abbandonare la propria stanza almeno fino al tramonto. Sì, vorrebbe. Vorrebbe anche - e invero molto di più - darsi una mossa a provarci seriamente con Camus, ma sa fin troppo bene che le due opzioni si escludono a vicenda. Meglio optare per il caffè allora.

E infatti, dopo il quarto espresso nella sala breakfast dell'albergo ed una doccia gelata quanto la leggendaria Asgard, il giovane è pronto per uscire con un aspetto, se non del tutto umano, almeno vagamente meno vampiresco. Cerca di darsi un po' di carica anche con la musica. Look Back in Anger di David Bowie, TVC15 di David Bowie, Boys Keep Swinging e Station to station, con molta fantasia anch'esse del duca bianco. E pensare che fino a ieri a momenti non aveva idea di chi fosse! È stata proprio la storia di Christiane F. a farglielo scoprire, e ora è già in fissa con quella colonna sonora. Ovviamente su tutte troneggia la canzone più bella di sempre: Heroes.

«Oh, we can be heroessss... Just for one day!» intona davanti allo specchio mentre si pettina i capelli color miele.

A dire il vero ha apprezzato molto il film in generale, non solo la scelta dei brani di sottofondo. Pur non definendosi un amante del cinema drammatico tedesco, lo trova davvero un lavoro ben fatto, qualcosa per cui tutto sommato non è così orribile rinunciare a un po' di sonno, specialmente visto che piace tanto al bel francesino.

 

La facciata dello schloß di Charlottenburg, il più grande edificio storico berlinese salvatosi dopo il secondo conflitto mondiale, appare piuttosto spoglia rispetto a quanto ci si possa aspettare da un castello barocco del genere. Tutt'altra storia invece gli interni, oggi sede di un museo. Evidentemente al momento della sua progettazione gli architetti dovevano aver pensato che fosse meglio sacrificare parte del fastigio esteriore per esaltare maggiormente lo sfarzo dei saloni e salotti del palazzo. L'oro, grande protagonista dell'interior design settecentesco, la fa da padrone. Ce n'è dappertutto: sulle pareti, sul soffitto, incastonato nei mobili; insomma, il luogo ideale per gli amanti del genere artistico.

Milo d'altro canto ritiene che la storia sia finita con la battaglia di Azio, per cui finisce ben presto per stancarsi di gironzolare con l'audioguida e finisce per importunare Cam con i propri commenti sul film. Ne ha parecchi, complice senz'altro la caffeina che lo costringe a parlare ancora più a manetta di quanto già non faccia normalmente.

Il francese lo ascolta in silenzio, limitandosi ad annuire di tanto in tanto. Nel mentre i suoi occhi verdi brillano e questo Milo riesce a coglierlo, gioirne e interpretarlo come un invito a continuare. Produce oralmente una recensione degna di un esperto critico di cinematografia, con tanto di termini tecnici che non sapeva nemmeno di avere nel propio vocabolario mentale e persino qualche parola tedesca di mezzo. Poi ovviamente non si astiene dall'aggiungere il proprio parere personale, ovvero esattamente ciò che Cam gli aveva chiesto in principio.

«È incredibile come con una storia vera riesca a farti vedere da vicino il mondo della droga e della prostituzione, senza voler giudicare nessuno, ma solo coglierne la situazione drammatica e provare una compassione così umana...» continua il greco quando oramai è giunto il momento di concludere la visita «L'ho trovato senza ombra di dubbio un film meraviglioso .»

Camus sospira e si lascia scappare una risatina.

«Sembra che tu l'abbia appena visto per la prima volta.»

Milo deglutisce. Sì, in effetti è esattamente così. Suda freddo. Spera invano che Natassia piombi tra loro all'improvviso con un'altra cartolina o un video del suo cane che scodinzola, ma niente. Fortunatamente nell'uscire all'aperto il sole provvede a investire violentemente i suoi occhi e procurargli lo spunto per un'escamotage geniale. Poi sia chiaro: fortuna e genialità, specie per quanto concerne Milo, sono concetti del tutto discutibili.

«Beh, stamattina appena sveglio ho ascoltato tutta la colonna sonora ed è stato come rivederlo per intero. Mi emoziono ogni volta come se fosse la prima.» improvvisa asciugandosi una lacrima «I, I wish you could swim...»

«Non chiedermi di cantare!» esclama Cam ridendo.

«Like the dolphins...»

Il francese lo fissa e scuote la testa. No, non ha la minima intenzione di mettersi a duettare, ma fa niente: è terribilmente carino anche così mentre sorride.

«Like dolphins can swim» fa un passo verso di lui «Though nothing, nothing will keep us together» un alto passo e sono uno di fronte all'altro, i visi a meno di due spanne «We can beat them, forever and ever...»

«Oh, we can be heroes!»

La voce di Camus è paradisiaca. Basta, Milo non ce la fa più. Vuole baciarlo. Non gli importa di come possa reagire, di quali conseguenze ciò possa avere. Desidera solo avvinghiarsi a quella meraviglia di Madre Natura e chiamarlo mon amour.

«Just for one day» conclude chiudendo le palpebre «Cam...»

«Milo...»

Ma a pronunciare il suo nome, ahimè, non è il giovane dagli occhi smeraldo.

Natassia lo guarda perplessa, Camus si tira indietro istantaneamente e diventa più rosso che mai. Anche il greco stavolta si sente un attimo in imbarazzo e cambia colore. Perché proprio ora?!

«Davvero voi due piangete per Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino?» domanda la ragazza «Siete peggio dei bambini!»

«Ehm, no, ecco... Insomma...» farfuglia il biondo «Sai, la luce negli occhi con questo sole...»

«Mah!» protesta Natassia «Io non piango neanche se mi mettono il succo di cipolla come collirio.»

«Che strano, non l'avrei mai detto» ironizza Cam nascondendo per quanto possibile - cioè poco - l'imbarazzo.

«Per mille orsi polari, Cam, cosa ti è successo?» controbatte lei «Il tuo viso sembra la bandiera dell'Unione Sovietica.»

«Beh, forse mi sono scottato» ricicla la scusa del greco «Sai, con questo sole...»

Milo scoppia a ridere e gli altri due ben presto lo seguono. Non sa bene se sia per il parallelismo tra le gote rosse di Camus e il regime comunista, il fatto che il francese abbia ripreso la sua battuta o semplicemente per non pensare alla chance che ha perso per via di Natassia. Quest'ultima ipotesi lo porta a maledirsi per averne auspicato l'arrivo improvviso poc'anzi, anche se oramai non può farci nulla.

E d'un tratto la russa decide pure di prendere i suoi amici per il braccio per trascinarli di corsa verso il laghetto. D'altronde è chiaro sia a Cam, che è in vacanza con lei, sia a Milo, che la conosce da quarantott'ore, quanto sia strana e imprevedibile.

«Ragazzi, io A-DO-RO i cigni!» tuona arrestandosi di colpo senza badare più di tanto al rischio di scaraventare uno dei due in acqua.

I pennuti a riva, spaventati dalla foga con cui Natassia si precipita verso di loro, si tuffano nello stagno e nuotano goffamente verso il largo. Sono piuttosto buffi, a dire il vero.

«Un tempo ne avevo uno, si chiamava Hyoga...» sospira «Peccato solo che Fenrir lo abbia ucciso e mangiato.»

«Da come ne parlavi fino a ieri credevo fosse un cucciolo tenero e coccoloso» commenta Milo.

«Tenero e coccoloso?» interviene Cam, che evidentemente ha avuto modo di conoscerlo «Quella belva è il cugino vivente di Cerbero.»

«Ehi, non insultare il mio cane!»

«Suvvia, Natassia, è più un lupo che un cane. Darebbe del filo da torcere persino a, che ne so, un drago.»

La ragazza incrocia le braccia e solleva lo sguardo con il volto fiero.

«E infatti grazie a lui i draghi non hanno mai invaso la Russia.»

«Proprio come Napoleone» conclude Milo trattenendosi a malapena dal ridere.

«Siete proprio due crétins» replica Cam.

Milo sorride, i suoi occhi gridano palesemente io vorrei essere il TUO crétin, ma la sua bocca non dice nulla.

Stavolta c'era quasi, ne è sicuro. Il bacio della buonanotte già lo aveva praticamente convinto, ma solo ora ritiene di aver ricevuto le Tavole della Legge. Glielo dice il suo sesto senso, se non addirittura il settimo e l'ottavo, ammesso che esistano. Camus prova senz'altro qualcosa, altrimenti non sarebbe arrossito così all'arrivo di Natassia, giusto? Giusto?! E poi la dolcezza nel cantare David Bowie... Perché quel ragazzo gli appare così perfetto?

Purtroppo le occasioni per stare solo con Cam poi scarseggiano e Milo è costretto a rimandare i propri piani. Ad ogni modo il francese sembra molto interessato ad osservare le piante e i fiori dell'immenso giardino di Charlottenburg, su cui naturalmente Natassia trova qualche parola da spendere. A quanto pare conosce per filo e per segno il linguaggio vittoriano dei fiori e coglie ogni occasione per farne sfoggio. Le rose gialle, ad esempio, sono simbolo di infedeltà e gelosia, tant'è che ritiene che Hilda ne debba regalare un'intera piantagione al proprio ragazzo.

«E per confessare il proprio amore invece si usano quelle rosse, vero?»

«No, Milo» scuote la testa «La rosa rossa è la passione, un amore che arde. Ciò che serve in quel caso è una rosa muscosa, come quelle laggiù.»

Il ragazzo osserva curioso la pianta indicatagli da Natassia. I fiori hanno un bel colore rosa intenso e sembrano possedere un'infinità di petali. Chissà quanto occorrerebbe per il classico m'ama non m'ama con uno di quelli. Forse un tempo sufficiente affinché l'amore svanisca senza mai nascere.

Si avvicina all'arbusto ignorando completamente il cartello che vieta di calpestare il prato; in sua difesa si può dire che tale indicazione sia data unicamente ai conoscitori della lingua tedesca. Per quanto l'idea sia romantica, prova un certo dispiacere al pensiero di recidere una delle rose dalla pianta destinandola a seccarsi e morire. Eppure sono davvero belle, gli sembra un peccato anche lasciarle semplicemente lì.

Per fortuna, specialmente dal punto di vista delle rose, l'uomo del terzo millennio, a differenza di quanto accadeva tipicamente in età vittoriana, dispone sempre di un terzo occhio in grado di immortalare per sempre qualsiasi immagine. Così, con dodici megapixel al proprio servizio, cattura uno di quei fiori e lo conserva, anziché tra le pagine di un vecchio libro, sul proprio spazio iCloud. Meno poetico, è vero, ma senz'altro sia Milo sia la pianta convengono che sia la scelta migliore.

Lo stesso destino spetta anche ad alcuni arbusti cresciuti in quella stessa aiuola, e una volta tornato da Natassia non attende a mostrarle il proprio bouquet digitale.

«Che idea singolare!» esordisce lei prima di posare gli occhi sullo schermo.

«Mi sarebbe dispiaciuto staccarli dalle loro piante. Questo è per te!»

La ragazza sorride, osserva l'immagine di un ramo pendente circondato da tanti piccoli petali viola e cambia immediatamente espressione. Lo squadra attentamente, come se i neuroni nel suo cervello avessero appena rinvenuto la Stele di Rosetta e possiedano finalmente la chiave per decifrare l'intero alfabeto geroglifico.

«Glicine...» mormora «L'amicizia.»

«Come mi hai detto tu» sorride Milo «È per dirti che ti trovo veramente simpatica e mi sto divertendo molto con te e Cam.»

Natassia ricambia il sorriso e annuisce. Deve ammettere che una cotta per Milo, anche se abbastanza modesta, se l'era presa. D'altra parte però il suo ego si sente rafforzato dall'idea di aver capito tutto. E in effetti ciò è proprio vero.

«Grazie, Milo. Però ora dimmi, a proposito di Cam...» inspira «Quando intendi mostrargli la rosa?»

Il ragazzo arrossisce come farebbe il suo amato. Sta perdendo troppo tempo ad aspettare il momento giusto, forse farebbe meglio a fregarsene totalmente e creare da sé le circostanze che cerca. Prendere Camus in un angolo e urlargli in faccia sono pazzo di te giusto un istante prima di baciarlo come se mancasse un giorno all'apocalisse.

Annuisce senza dare una risposta alla ragazza, ma lasciandole intendere che lo voglia fare al più presto. Natassia lo abbraccia, forse per dargli coraggio e dirgli che può farcela, forse per consolarlo dinanzi ad un fallimento sicuro. Il greco non ha il tempo di chiederle quale delle due opzioni sia corretta poiché la sorte dona rose rosse ai momenti troncati in piena spannung. Stavolta è proprio la voce di Cam ad adempiere a questo compito.

«Natassia, Milo, venite a vedere cos'ho trovato!»

Dopo ad aver visto statue, fontane, un mausoleo e persino una casetta del tè, è dura comprendere il fascino di un ponte ferroviario, anche se la presenza di una scala e del passaggio pedonale verso la stazione della metro fa una certa gola alle gambe stanche di tutti quanti. Tuttavia il rosso non ha alcuna fretta di ritornare in centro ed esorta gli altri due a seguirlo sotto l'arcata di calcestruzzo.

Non sono gli unici a seguire il corso del fiume piuttosto che attraversarlo: alcuni ciclisti - tutti con indosso rigorosamente il casco - li sorpassano per varcare un cancello aperto sull'unica via, una piccola strada sterrata che si snoda in mezzo alle siepi. È dura capire se si tratti di una proprietà privata, galeotte le usuali insegne in tedesco. A dire il vero i ragazzi non hanno minimamente idea di che razza di posto si tratti, intuiscono solo che possa chiamarsi Kolonie Tiefer Grund, o almeno così sembra suggerire il cartello con la scritta più grande.

Passano alcuni minuti prima che Camus si convinca ad entrare trascinando Milo e Natassia con sé. D'altronde Berlino è in Europa: la probabilità che sbuchi fuori il proprietario con un fucile è relativamente limitata. Nel peggiore dei casi basterebbe scusarsi e tornare di corsa a Charlottenburg, il che tutto sommato fornirebbe una storia molto interessante da raccontare una volta a casa.

Superata la prima curva il sentiero diventa piuttosto rettilineo e alcune siepi cedono il posto a bassi cancelli e steccati, dietro i quali tante piccole casette in legno sono circondate da orti colmi di piante e qualche nanetto di pietra. Oltre le capanne sulla sinistra, gli alberi crescono fin sopra il viadotto della S-Bahn, a destra invece i giardini finiscono direttamente nelle acque della Sprea. Tra un recinto e l'altro sono posti con cadenza del tutto irregolare anche dei piccoli pontili per le barche. Il desiderio di esplorare per bene uno scenario così rurale e insolito nel cuore di una metropoli come la haupstadt è forte, sicché i tre giovani finiscono per essere rapiti dal fascino della stradina sterrata e decidono di percorrerla tutta. O almeno ci provano. Camminano per cinque minuti, che presto diventano dieci.

È passato un quarto d'ora abbondante quando si trovano sotto il ponte di quella che ha tutta l'aria di essere un'autostrada. Il pilone dall'altra parte del fiume è decorato dalle tag dei graffitari. CHB, Taxy, Axir, Steve.702; piuttosto interessanti, come del resto tutta la street art. Poco dopo il ponte compare anche un viadotto ferroviario troncato prima di attraversare la Sprea. Senz'altro si tratta o di un'opera incompiuta o di una linea abbandonata da anni. A detta di Camus è più probabile la seconda opzione, sia perché il design in acciaio della struttura ha un gusto da primo Novecento, sia perché tutti sanno che in Germania i lavori non restano mai incompiuti. Sarebbe entusiasmante poter raggiungere l'altra riva e arrampicarsi a vedere in che condizioni è ridotta l'intera ferrovia; sicuramente la location perfetta per un aprire un locale un po' alternativo.

Milo si morde il labbro. Ricorda solo ora dell'accordo con Ioria. Eh già, una volta terminato Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino il senso di riconoscenza aveva preso il sopravvento. Una serata a ballare la techno tutti insieme, soprattutto con Natassia, in uno dei più importanti club berlinesi, una sorta di tempio dell'underground di cui al momento non ricorda esattamente il nome. Per sua fortuna gli è stato tacitamente attribuito il ruolo di scout della vita notturna, quindi può ragionevolmente aspettarsi che qualunque sua proposta sia destinata ad andare a buon fine.

«Ho un'idea per stasera!» esclama di punto in bianco dopo ad aver controllato il nome del posto sul cellulare.

Il francese e la russa si voltano ad osservarlo con aria interrogativa.

«Andremo a ballare in una delle discoteche più belle e caratteristiche di tutta Berlino: il Golden Gate.»

«Credevo fosse a San Francisco.»

«E cos'ha di speciale?» domanda Cam.

«Beh, tutto! Ascolteremo la miglior techno del mondo con DJ come Coco, Koljah, Fred LA... Devo dirne altri?»

Ovviamente il ragazzo non ha la minima idea di chi siano le persone che ha appena nominato, si attiene scolasticamente al messaggio con tutte le informazioni inviatogli da Ioria. Ciò non gli preclude certo il gusto di fingersi un esperto in materia. Se ci si buttasse avrebbe davanti a sé una brillante carriera nel teatro o nella politica.

«Techno?» interviene Natassia con un filo di disgusto «Piuttosto ballo Despacito tutta la notte.»

«Non è la solita techno che sentiamo in Grecia o in Russia, questa è la vera techno berlinese. Abbiamo anche la metro diretta dalla stazione.»

«Mi sembra un'ottima idea, Milo.»

Camus, forse fiero che Milo abbia finalmente imparato a controllare che mezzi prendere o forse semplicemente incuriosito, vota a favore del progetto. Va anche precisato che il timore alla prospettiva di ascoltare di nuovo Despacito gioca un ruolo piuttosto consistente.

Natassia risponde con una smorfia. Non che il due contro uno la spaventi, sia chiaro: sa benissimo di avere la tempra per poterli battere entrambi anche senza ricorrere alle mani. Piuttosto preferisce dire di aver scelto deliberatamente, dall'alto del proprio smisurato altruismo, di assecondare gli amici. Comunque stiano le cose, il giovane ellenico non può che compiacersi del risultato. Anzi, in verità è sul punto di sbavare. Nella sua testa non c'è una gran differenza tra mi sembra un'ottima idea e sposami, Milo, ti amo, purché sia Cam-ragazzo-dei-sogni a pronunciare la frase.

 

Prima di aprire TripAdvisor i ragazzi non sapevano che il kebab fosse un piatto tipico della haupstadt. In effetti pare che lo sia diventato in seguito all'arrivo di numerosi turchi in città, specialmente nel quartiere di Kreuzberg, a sud est di Mitte. A detta di Milo, che con la complicità di un forte appetito ha apprezzato particolarmente il proprio panino, meriterebbero un premio per aver portato qualcosa di alternativo ai due o tre piatti che costituiscono l'intera cucina tedesca.

Ne aveva parecchia di fame, a dirla tutta. E di sonno. Decisamente troppo e per via della digestione in corso, del non aver dormito, dell'effetto del caffè oramai concluso e dell'interminabile camminata del mattino. Eh già, interminabile è il termine che più le si addice. Se poco dopo il ponte autostradale aveva creduto di essere quasi alla fine della Kolonie Tiefer Grund, beh, si era sbagliato di grosso. O meglio, in senso stretto no, anzi, aveva proprio ragione. Peccato che subito dopo cominciasse la Kolonie Westend, almeno tre volte più grossa della precedente. Un altro chilometro e mezzo a piedi sotto il sole senza intravedere una strada con macchine, tram o camionisti a cui fare l'autostop. Forse, col senno di poi, avrebbero fatto meglio a tornare indietro verso il castello. Ma poiché tale senno non lo potevano ancora possedere, hanno camminato fino a Siemensstadt, un'enorme area industriale fortunatamente collegata al trasporto pubblico. Da lì, dopo una modesta attesa di appena venti minuti, un autobus di periferia ha permesso loro di raggiungere la stazione della S-Bahn e quindi l'intero sistema ferroviario urbano.

Ovviamente è stato Camus a stabilire con quale linea fare cambio per arrivare a Kreuzberg, così come, dopo mangiato, per spostarsi a Tempelhof. Un posto molto singolare per il centro di una grande città, forse anche più delle due kolonien. Si tratta di un ex aeroporto costruito dagli americani durante la Guerra Fredda e utilizzato per trasportare merci e persone tra Berlino Ovest e il resto della Repubblica Federale. L'idea era essenzialmente quella di scavalcare la Germania Est, che altrimenti avrebbe intercettato qualsiasi spostamento. Nei fatti questo ponte aereo aveva finito per rivelarsi una sorta di cordone ombelicale per la città, qualcosa di veramente essenziale per la sua sopravvivenza poiché costituiva l'unica via per portare beni di prima necessità alla popolazione.

Divenuto di colpo inutile dopo la caduta del muro, Tempelhof era stato progressivamente dismesso e trasformato in un parco pubblico, dove oggi ci si può rilassare, prendere il sole, giocare a palla, correre sulla pista di decollo fingendo di essere un aereo oppure organizzare una grigliata su quella di atterraggio con amici, parenti, amici dei parenti e chi più ne ha più ne metta. Superfluo specificare che a Milo interessi principalmente la prima opzione: dormire.

Onde evitare che Cam e Natassia se ne escano con qualche strana idea che preveda di camminare ulteriormente, li convince a sdraiarsi sul prato a riposare e abbronzarsi un po'. D'altronde ne hanno bisogno entrambi: sono decisamente troppo pallidi. Da parte sua invece il greco ha già un bel colorito grazie al sole delle Cicladi, sicché fa a meno di spogliarsi e crolla addormentato non appena la sua testa dorata tocca i fili d'erba.

A svegliarlo dopo un tempo che fatica a definire ci pensa il caldo. Ha la maglietta fradicia di sudore e un gran bisogno di bere mezzo litro d'acqua, ma non riesce ad aprire le palpebre per la troppa luce. Solo la voce angelica di Camus riesce a destarlo del tutto, convincendolo che valga la pena di farsi accecare dal sole pur di contemplare per un istante ancora il ragazzo più bello del mondo. E infatti, non appena i suoi occhi si posano sul corpo snello e fine di lui, Milo rimane totalmente estasiato. A torso nudo il rosso è terribilmente attraente, il desiderio di levargli anche i pantaloni è ai limiti dell'irrefrenabile.

«Tieni, Milo» gli allunga la borraccia «Idratati!»

Dannazione, quanto è sexy! Esclama il ragazzo alla propria coscienza. Comprende che sia giunto il momento di spogliarsi, sia perché sta morendo di caldo, sia perché spera di affascinare Cam con i propri muscoli. D'altronde gli sono costati ore e ore di palestra, sarebbe un peccato non sfruttarli. L'ironia della sorte vuole invece che l'effetto sortito sia un altro.

«Oddio, Milo!» esclama l'altro scattando indietro «Quello è... Uno scorpione?!»

Milo si osserva confuso e ridacchia. Cam si è davvero spaventato vedendo il suo tatuaggio?

«Sì, Cam» annuisce «Ma è solo disegnato sulla mia pelle!»

Il francese arrossisce per l'imbarazzo e torna a sedersi a gambe incrociate accanto a Milo, che coglie immediatamente l'occasione per afferrargli il polso.

«Vedi, Cam?» porta la mano del ragazzo sul proprio petto, in corrispondenza del pungiglione «Non preoccuparti, non ti può fare del male.»

«Come mai ti sei tatuato questa bestia?»

«Questa bestia è il mio segno zodiacale» scuote la testa «A proposito, il tuo qual è?»

«Acquario.»

«Beh, pensa un attimo alla coincidenza. Se prendi uno scorpione come animale domestico dove lo metti? Dentro ad un acquario!»

Camus lo fissa con l'espressione da ok, stavolta in quanto a demenza hai raggiunto il limite ultimo, ed è a un passo dal dirlo ad alta voce. Milo coglie bene il messaggio e prega Zeus di essere colpito da un fulmine e spedito dal fratello Ade. Come cavolo gli è venuto in mente di dire una simile frase da rimorchio di classe beta a un ragazzo come Cam? Persino su Grindr sarebbe suonata pessima!

Ecco, in un solo colpo ha distrutto tutto ciò che sarebbe potuto accadere. Una meravigliosa vacanza rovinata dalla sua scellerata impulsività. Eppure, mentre attende con ansia l'inesorabile giudizio, accade l'impensabile. I meravigliosi occhi verdi del bel francesino brillano per un istante mentre li punta in quelli di Milo. Abbandona lo sguardo severo e scoppia a ridere come un ragazzino al circo.

«Sei proprio uno scemo, Milo!» esclama mettendosi a cavalcioni sul corpo del greco.

Mayday, mayday, mayday. Cosa sta succedendo?! Davvero quello è Cam? O forse dall'alto dell'Olimpo il padre degli dei ha accolto la sua richiesta ed ora il ragazzo si trova nell'Elisio?

«Sai...» continua il francese piegandosi sul petto di lui «Ti facevo più intraprendente.»

Milo gli accarezza i fianchi e scende verso il tanto bramato fondoschiena.

«E io credevo che avessi paura degli scorpioni.»

«Solo di quelli pericolosi: le altre bestie, come dici tu, è meglio che mi stiano dentro...»

È impossibile credere che il paradiso sia un posto migliore di Tempelhof. Insomma, se fosse per Milo, in questo momento ignorerebbe volentieri il divieto di atti osceni in luogo pubblico. Oppure potrebbe portarlo con sé in albergo e non staccarsi per un secondo da lui nemmeno in metropolitana.

Porta un braccio intorno al collo del rosso. Le loro labbra sono a pochi centimetri. Il greco chiude gli occhi, pronto ad annullare una volta per tutte quella distanza.

«Milo!» esclama il francese «Milo, svegliati!»

Il ragazzo si alza di soprassalto, quasi tirando una testata a Camus e Natassia che sono seduti accanto a lui per riportarlo nel mondo della veglia.

«Oh, eccoti finalmente!» interviene la ragazza «È ora di andare a cena, hai dormito per tutto il pomeriggio.»

«E intuisco anche che tu abbia fatto dei bei sogni» ridacchia Cam notando un certo rigonfiamento nei pantaloni del giovane.

Naturale, doveva per forza essere un sogno! Che odio il fato tanto crudele. Milo vorrebbe piangere e prendere a pugni in faccia il dio del sonno Hypnos per averlo tratto in un simile inganno. Certo, d'altra parte se lo sarebbe anche dovuto aspettare: le cose stavano andando divinamente, sì, ma a dire il vero la scena pareva anche a lui un tantino surreale.

«Ragazzi, che?» farfuglia sbadigliando «Che cos'è successo? Siamo qui da tanto?»

«Tu da quattro ore, noi nel frattempo abbiamo fatto il giro di tutto il parco.»

«Già, ed è enorme» osserva Natassia «E si muore dal caldo; il sole del sud Europa è tremendo.»

«Beh, potrei sbagliarmi, Natassia» puntualizza il rosso «Ma definire Berlino sud Europa mi sembra un tantino esagerato.»

«È vero, casa mia semmai è in sud Europa» aggiunge Milo, che vuole pensare a tutto fuorché al suo sogno infame.

«Dite quello che volete. Greci, tedeschi, francesi... Per me siete tutti del sud.»

Tendenzialmente è inutile cercare di contraddire la ragazza, questo lo sa bene Camus, che nonostante la conosca da tempo non si è ancora rassegnato ad insistere con le proprie ragioni, ma anche Milo, il quale invece nei due giorni e mezzo trascorsi in sua compagnia ha imparato ad apprezzare questo suo tutto sommato simpatico lato tirannico. I due ragazzi preferiscono dunque annuire e stabilire cosa fare per cena.

Beh, per Milo in realtà è più una colazione, ma questo è un altro discorso. Tra l'altro ha pure bisogno di tornare in hotel per una doccia, poiché fuori dal regno onirico ha ancora addosso la maglietta sudata. Tutta colpa del sole del sud Europa, in fondo.

 

Scendendo nella hall, il greco è colto da una visione stupefacente, quasi biblica. Ad aspettarlo poggiato al bancone della reception, Camus con tanto di camicia nera in raso, pantaloni perfettamente aderenti al suo bellissimo corpo tali da rendere il massimo onore a quel fondoschiena favoloso, capelli pettinati in maniera impeccabile e un profumo estasiante che si diffonde in tutta la sala fino a penetrare nelle narici di Milo e scendere giù nel suo corpo per dare una carezza al suo cuore innamorato.

«Cam...» emette un suono mezzo soffocato dirigendosi verso di lui.

«Ciao, Milo, finalmente sei pronto»

«Sei così...» inizia senza sapere come completare la frase - magnifico, sexy, sali un attimo in camera con me per favore? «Così elegante.»

«Grazie» risponde l'altro con un sorriso timido «Anche tu non scherzi.»

Oh santo cielo, riflette il greco, questo sì è il momento per saltargli addosso!

Non fosse per un piccolo problema: Natassia. È seduta su un divanetto in pelle pochi metri più in là, Milo non l'ha nemmeno notata perché troppo preso dal sogno meraviglioso del suo principe in tenuta serale. Pure lei naturalmente si è vestita di tutto punto e deve aver investito tempo e fatica anche nel trucco, ottenendo un risultato senz'ombra di dubbio appetibile e intrigante per i leoni tedeschi, tra cui ovviamente Ioria.

«Ciao Natassia, come siamo incantevoli stasera.»

«Grazie, Milo. Vedi, Cam? Non è difficile fare dei complimenti ad una signora.»

«Non te li faccio solo per tenere a freno le tue manie di gloria.»

In tutto questo Isabel, che apparentemente non ha mai colleghi che le diano il cambio, ascolta la conversazione e pensa bene di intromettersi.

«Dove andate di bello stasera? Non a vedere Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino immagino» ironizza.

Cam si volta verso di lei con uno sguardo perplesso. Cosa c’entra il suo film preferito con la receptionist? Possibile che Milo, dopo ad aver ascoltato David Bowie, sia andato ad importunare persino quella poveretta?

«Ehm, no» scuote la testa «Andiamo al Golden Gate...»

«Con il sottoscritto!»

La porta di vetro scorrevole si apre per far fare al berlinese con la barbetta nera il proprio ingesso teatrale. Completa la risposta di Camus e lancia un’occhiata seducente a Natassia. Isabel d’altra parte lo osserva con una chiara espressione da però, tanta roba!

«Oh no, ancora lui...» borbotta rivolgendosi al greco «È stata una tua idea?!»

Milo ostenta un sorriso a trentadue denti e annuisce. Oramai il dado è tratto, non possono certo mandar via Ioria come se niente fosse.

«Guten abend, Camus und Milo. Natassia...» le si avvicina per baciarle la mano «Sei persino più bella di ieri sera.»

«Grazie, Goethe» risponde asciutta «Ciao anche a te.»

Cam si trattiene dal ridere, Milo pure e guarda negli occhi prima lui e poi la receptionist. Eh già, Natassia questa me la farà pagare. E ha ragione: a meno che non scatti qualche magica scintilla tra i due, la ragazza si segnerà certamente questo affronto nella propria blacklist.

 

Berlino è, fra le altre cose, la città della techno per eccellenza. DJ famosi ed emergenti si esibiscono ogni sera nei club più famosi al mondo attirando enormi folle di persone disposte a fare code chilometriche prima di arrivare all'ingresso. Tra questi, a detta di Ioria, il migliore in assoluto per chi ha solo un'altra notte nella haupstadt è appunto il Golden Gate. Inoltre ad andarci presto - ovvero prima delle due di notte - riuscire ad entrare è abbastanza facile. I ragazzi, dopo un cocktail di nuovo al Capital Beach, arrivano addirittura all'una.

Il locale occupa un ex magazzino sotto un viadotto della ferrovia in riva alla Sprea e non molto lontano da Alexanderplatz. Passandovi accanto si nota solamente una facciata grigia con qualche graffito, una porticina chiusa, due o tre finestre con le tapparelle sbarrate. Aguzzando un pochino l'udito, tuttavia, o addirittura toccando la parete esterna, si sentono bene le vibrazioni dei bassi che gli strati insonorizzanti non riescono a schermare del tutto.

L'entrata è sotto il viadotto, sull'altro lato della struttura, anche se non vi è letteralmente alcuna insegna che indichi il club. Il motivo si fa noto ai giovani non appena raggiungono il buttafuori, che sbuca da dietro una tendina nera con qualche buco che dovrebbe fare da porta.

«Hallo.»

«Hallo» risponde Milo «Siamo in quattro.»

«Dimmi il nome del club.»

Il giovane ellenico lo guarda perplesso. Che domanda è? Ci lavori!

«Golden Gate.»

«Va bene, potete entrare» sbuffa l'uomo indicando la cassa.

Una password piuttosto debole, ma tanto meglio. Milo avrebbe saputo rispondere a qualsiasi domanda sulla serata dopo ad aver studiato a memoria le note di Ioria. Al peggio sarebbe comunque intervenuto lui parlando tedesco piuttosto che starsene imbambolato a guardare la scollatura di Natassia.

Ad ogni, varcano tutti e quattro la soglia e si ritrovano catapultati nel cuore dell'underground berlinese, e forse addirittura mondiale. Si para loro davanti una stanza dal soffitto alto, poco illuminata da rosse luci soffuse, le pareti impregnate dell'odore acre del fumo e due divanetti sgualciti posti davanti al bancone rovinato del bar. Non c'è ancora molta gente, ma il baccano non manca: il suono delle casse è potente e proviene dalla stanza accanto con la pista da ballo, il DJ set e un leopardo dipinto sul muro.

Natassia ordina un paio di birre. Ne ha bisogno: già la musica le fa schifo e doverla ballare con quel tipo certo non aiuta. Solo l'etanolo e l'elaborare un piano su come punire Milo in maniera esemplare le danno conforto.

«Camus, tutto bene?» domanda Milo notando che il francese non ordina né dice una parola e si guarda intorno spaesato come un gatto in mezzo alla strada.

«Cosa? Oh, sì, sì. Non ho mai visto un locale così e mi incuriosisce parecchio.»

«Se bevi te lo godi di più» risponde ridendo e passandogli il proprio cocktail.

«Cos'è?»

«Non ne ho la più pallida idea. Ho solo chiesto alla barista qualcosa di dolce e fruttato.»

Camus gli sorride e beve qualche sorso dal bicchiere di Milo prima di rendersi conto che il sapore è orrendo. D'altronde però non ci si può aspettare chissà che dal bar di una discoteca: tendono sempre ad abbondare con l'alcol e mandare a quel paese il gusto del cocktail.

«Come fai a bere questa roba? Sembra un disinfettante alla pesca!»

Il biondo contempla Cam in tutto il suo splendore mentre entrambi scoppiano a ridere. Ma purtroppo il riso assume ben presto un retrogusto amaro. È l'ultima sera con lui. L'indomani se ne tornerà in Francia con Natassia e con ogni probabilità Milo non lo rivedrà mai più. Perché ha aspettato così tanto ad agire? Ha perso troppo tempo e ora potrebbe essere tardi. Anzi, è sicuramente tardi.

«Milo» il francese lo chiama destandolo dai suoi pensieri via via più tristi «Balliamo?»

Arrossisce leggermene nel parlare. Il greco ha un colpo al cuore perché, per gli dei dell'Olimpo, non è vero che tutto è perduto! Cam, Cam-figlio-di-Afrodite, la freccia di Eros lo sta invitando a ballare.

«Insieme a te?»

Il rosso annuisce e sorride. Senza rispondere Milo salta in piedi con un balzo felino, a momenti si rovescia il disinfettante alla pesca addosso. Prende il ragazzo per il braccio e lo trascina di corsa sulla pista, di fronte alla console di Koljah. O forse Coco o uno degli altri, non gli interessa. Vuole solo ballare per il resto della notte con il ragazzo che ha saputo rapirgli il cuore sul tapis roulant di Tegel.

Natassia, concedendogli una tregua, gli fa l'occhiolino per augurargli buona fortuna, Ioria pure.

«Aspetta» inizia la ragazza «Anche tu sai che è stracotto di Cam?»

«Certo, con quei capelli così morbidi e gli occhi color smeraldo come non potrebbe? Ieri l'ho visto stare sveglio fino alle quattro di notte per vedere quel film con cui sono tanto fissati.»

«Oddio, non ci credo!» ride lei «Ma tu perché eri con Milo alle quattro di notte?»

«È una lunga storia, te la racconto in cambio di un ballo.»

«Dopo la prossima birra, va bene?» sorride.

Il ragazzo annuisce e le passa la sesta ed ultima bottiglia. Milo e Camus, intanto, si scatenano sulla pista al ritmo della techno. Non avrebbero potuto scegliere alcun posto migliore dove trascorrere la serata.

 

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Capitolo 4
*** IV. Sonntag ***


IV. Sonntag

I capelli rossi di Cam ricadono delicatamente sul collo di Milo facendogli quasi il solletico. Il francese, che lo sa, di tanto in tanto muove apposta la testa per farlo ridere e strappargli un dolce bacio sulle labbra.

Giacciono abbracciati e senza nulla addosso, sotto il lenzuolo. Non dormono. Non ne sentono più il bisogno, però sono al contempo troppo stanchi e contenti per alzarsi dal letto o cambiare posizione. D'altronde ne hanno più che valida ragione: sia dopo ad essere usciti dal Golden Gate, prima di addormentarsi, sia al loro risveglio, non si può certo dire che siano rimasti con le mani in mano.

Il giovane ellenico è ancora totalmente estasiato dalla situazione e indugia a credere che non si tratti di un altro sogno. Eppure no, stavolta non lo è. Stavolta è tutto vero. La techno, il disinfettante alla pesca, i passi di danza totalmente improvvisati e fuori tempo. Le risate di Camus, poi le braccia intorno ai suoi fianchi per ballare una canzone che in teoria sarebbe stata tutt'altro che un lento. E allora i due ragazzi non avevano potuto fare a meno di correre fuori dal locale per andare in riva al fiume, uno scenario di gran lunga più romantico per scambiarsi il primo bacio. E il secondo, il terzo, il quarantottesimo.

Cam aveva un sapore buonissimo. Milo sarebbe rimasto volentieri a baciarlo per tutta la notte appoggiato al parapetto dello Jannowitzbrücke, avvinghiato a lui in un abbraccio per cui aveva aspettato tre lunghissimi giorni. Ma quello era solo l'inizio. Il meglio sarebbe arrivato più avanti, nella camera del greco.

Una playlist di David Bowie lasciata in riproduzione casuale, la porta chiusa a chiave, Cam nudo sul letto con gli occhi chiusi, i denti stretti e le gambe intorno al corpo di Milo. Qualche grido che senza l'insonorizzazione delle pareti avrebbe senz'altro svegliato metà albergo e tanta, tanta passione.

Ora Cam si diverte a tracciare con le dita il contorno del tatuaggio a forma di scorpione; Milo gli bacia la fronte e lo fissa nei suoi occhi verdi smeraldo.

«Sei il ragazzo più bello e dolce che io abbia mai incontrato» gli sussurra.

Camus sorride e alza le sopracciglia ridacchiando.

«Lo dici solo perché mi hai portato a letto stanotte... E stamattina.»

«No, lo penso davvero» protesta il greco «Mi pento solo di non avertelo detto apertamente prima.»

«Beh, ammetto che in fondo non mi sarebbe affatto dispiaciuto trascorrere altre notti così. E pensare che non sono mai stato il tipo da sesso con uno sconosciuto!»

Tali parole arrivano addosso a Milo con una certa violenza. Sesso con uno sconosciuto. No, non è questo, non è stata solo passione carnale, c'era qualcosa di più. C'è qualcosa di più. La parola che ronza nella testa del ragazzo biondo è amore. Si è innamorato di Camus, non solo del suo posteriore.

Quanto poi ciò sia razionalmente plausibile nell'arco di settantadue ore è un altro discorso, ma in fondo tutti sanno che provare a razionalizzare un sentimento come l'amore è più stupido che mangiare le pietre. Il sesso, quello sì che si può spiegare con la ragione, così come un teorema di matematica. Ma l'amore proprio no: appartiene a tutt'altro livello. È imprevedibile, folle, dispotico e totalizzante. Fa perdere il senno, ma quando è corrisposto regala momenti superlativi di cui persino gli dei vanno invidiosi. Momenti come quelli che Milo ha trascorso e con il suo bel francesino.

Io ti amo, Cam! esclama il cuore del giovane, ma non la sua bocca.

«È stato questo per te, Cam?» domanda irrequieto «Sesso occasionale?»

«Beh, io ti piaccio e tu mi piaci, ci siamo conosciuti per caso in questa vacanza, ma stasera torneremo alle nostre vite. Cos'altro sarebbe potuto succedere?»

Quest'altro giro è una coltellata in pieno petto per il giovane ellenico. Ciò che più lo ferisce è la veridicità del ragionamento fatto dal rosso. Entro fine giornata Cam sarà su un autobus per Strasburgo, Milo a bere da solo o con Ioria e a piangere su una panchina. Se potesse anticipare il volo di un giorno lo farebbe senza pensarci due volte.

«Tu mi piaci veramente, Cam, credo di...» chiude gli occhi «Credo di essermi innamorato di te.»

«Non dire queste cose con leggerezza» lo rimprovera il francese staccandosi da lui «Ci conosciamo da giovedì mattina!»

Scende dal letto e inizia a rivestirsi con fare nervoso, le spalle rivolte verso Milo.

«Se te lo dico è perché lo penso davvero» replica il greco raggiungendolo e mettendogli una mano sulla spalle «Perché vuoi scappare da me?»

Il volto di Camus è rigato da due piccole lacrime lungo gli zigomi, il suo sguardo è serio, ma non riesce a tenere gli occhi fissi in quelli di Milo. Tutto ciò non ha alcun senso. Potrebbe restare anche se fosse solo per il sesso, non c'è motivo per cui possa avere tanta foga di andar via.

«Devo andare a fare il check-out» sospira «Grazie per questi tre giorni, Milo, è stata davvero una bella vacanza. Buon rientro in Grecia.»

Il giovane ellenico rimane sbigottito. Buon rientro. Non è presto per salutarsi? C'è ancora tempo per finire di vedere la città insieme prima del tramonto. No, no, deve aver capito male. O forse si è assopito con Cam tra le braccia e sta avendo un incubo per la paura di perderlo.

«Saluterò Natassia da parte tua. Adieu» sentenzia il rosso uscendo di fretta.

Milo prova a rincorrerlo, ma non appena è sulla porta si rende conto di essere vestito della sua sola pelle.

«Fermati, Cam, ti prego!»

Nulla. Camus volta l'angolo del corridoio e sparisce.

Il ragazzo si infila un paio di pantaloni e le scarpe, si precipita verso gli ascensori. Nessuno dei due è al piano ovviamente, e piuttosto che aspettarli preferisce correre giù per le scale. Piange, soffoca un urlo. Attraversa la hall ed esce alla velocità di un treno per raggiungere il francese, che è quasi dall'altra parte della strada.

«Cam!» grida «Cam, aspetta!»

Si butta sulle strisce senza accorgersi che il semaforo pedonale è rosso, un'automobile è sul punto di tirarlo sotto. Il conducente gli fracassa i timpani con il clacson e urlandogli fuori dal finestrino che è un idiot.

Il giovane si scusa con un cenno, fa due passi indietro per tornare sul marciapiede e si inginocchia per terra disperato. È inutile continuare. Il francese è stato più che chiaro: con Milo non vuole avere più a che fare. Inseguirlo è una pessima idea, in grado di portare solo altro dolore piuttosto che risolvere qualcosa. Che poi, a dirla tutta, da risolvere non c'è un bel niente. Cosa si aspettava? Una relazione a distanza? O magari di trasferirsi in Francia per un colpo di fulmine? A questo punto, perché non sposarsi direttamente con Camus, adottare un bambino e chiamarlo Hyoga in onore della povera pennuta vittima di Fenrir?

L'automobilista ha ragione: è un davvero un idiota. È stato un idiota ad innamorarsi di un ragazzo che già sapeva destinato ad uscire ben presto dalla sua vita, e parimenti a scendere in strada a torso nudo, con cintura e stringhe slacciate.

Attraversa sconsolato la porta scorrevole. Isabel nel vederlo così prova un po' di pena e gli sorride per tentare di rincuorarlo, ma purtroppo non può fare nulla di concreto. È semplicemente la fine.

 

Milo non impiega molto a decidere di uscire. Non sopporta l'idea di stare nella camera che ha condiviso, seppur per una sola notte, con colui che gli ha rubato, scaldato e infine frantumato il cuore. Il profumo di Cam di cui le lenzuola sono ancora intrise gli dà la nausea.

Vuole pensare a qualsiasi cosa fuorché a lui; inizia con una passeggiata lungo il fiume, le mani in tasca e gli auricolari nelle orecchie. Si guarda bene dall'evitare David Bowie, che lo farebbe solo star peggio.

Cammina in direzione di Alexanderplatz, nel verso opposto rispetto alla corrente, che invece scorre verso Charlottenburg. Sui lati della Sprea sorgono gli edifici del governo federale, dal gusto decisamente contemporaneo; senz'altro in questo gioca un ruolo decisivo il fatto che la riunificazione della Germania sia avvenuta in tempi molto recenti. Vetro, cemento, acciaio e ancora vetro. Sembrano il proseguimento naturale della Hauptbahnhof fino alla stazione di Friedrichstraße, oltre la quale iniziano a mescolarsi con dei palazzi dall'aspetto più antico via via che ci si avvicina all'Isola dei Musei.

C'è una brezza piacevole lungo il fiume. Molti abitanti e turisti se la godono con una bottiglia di birra e le gambe a penzoloni sopra l'acqua, altri preferiscono stare seduti ad un tavolino fuori dal bar. D'altronde si sa che di domenica la gente non ha nulla da fare. Qualcuno ha avuto persino l'idea di portare qualche quintale di sabbia per realizzare un campo da beach volley. Milo è quasi tentato di chiedere ai ragazzi in costume se possa unirsi; alcuni, tra l'altro, non sembrano niente male.

Ma la sua attenzione viene ben presto catturata da uno strettissimo vicolo pedonale tra la ferrovia sopraelevata e il palazzo lì accanto. Il suo spirito dell'avventura gli suggerisce di andare a scoprire dove porti e il ragazzo, naturalmente, gli dà subito retta. Così facendo, dopo ad aver visto praticamente in tutti i retrobottega dei ristoranti siti sotto i binari e ad averne captato fin troppo l'odore di fritto, arriva ad Hackescher Mark.

C'è già stato, in verità, con Camus e Natassia. Vi hanno pranzato venerdì, prima di salire sulla torre della televisione. Era stata l'occasione per provare il famoso currywurst, la salsiccia coperta di pomodoro e curry tipica di Berlino. Un cibo da strada gustoso e sorprendentemente molto meno pesante di quanto ci si possa immaginare, a detta del ragazzo, che coglie dunque l'occasione per mangiarne un altro. Certo, i pasti in solitudine sono sempre un po' tristi, ma tanto oramai per Milo è impossibile che le cose vadano peggio. Inoltre ha pur bisogno di mettere qualcosa sotto i denti per non morire di fame.

Era partito con l'idea di fare una vacanza da solo: questa è la sua occasione. Due ultimi giorni per vagabondare tra le vie della haupstadt come un cane randagio, due ultime notte in cui cercare un po' di divertimento a Schöneberg, dove in effetti aveva programmato di spendere le proprie serate fin dal principio. Prima di incontrare Cam, s'intende. Prima di prendersi quella maledetta sbandata, s'intende. Prima di farsi spezzare il cuore, s'intende.

Di passare per Alexanderplatz o Unter den Linden, il viale che dal duomo arriva fino alla porta di Brandeburgo e Tiergarten, in tutta onestà non ne ha voglia. Un po' perché ci va chiunque, un po' perché la città è troppo grande e intrigante per perdere tempo a rivedere gli stessi posti. Supera rapidamente il Foro Marx-Engels, i cantieri per la U5 e il municipio. Finisce in mezzo ad alcuni palazzi palesemente ricostruiti cercando di imitare uno stile classicheggiante, obbiettivo però abbastanza mancato. Continua a camminare fino al momento in cui gli si para davanti il viadotto della ferrovia urbana, con tanto di stazione della metro annessa.

Legge il cartello ed ha un brivido. Jannowitzbrücke. Con tutti i luoghi possibili, proprio lì doveva andare a finire? D'altro canto, però, non ci si può neanche aspettare che un fiume devi il proprio corso nell'arco di una notte.

Le pareti del Golden Gate vibrano ancora, l'acqua scorre sotto il ponte, il cui parapetto se ne sta lì, fermo, grigio; invero come qualsiasi parapetto. Per quel pezzo di metallo non è cambiato nulla da ieri sera. Cosa sia successo tra Milo e Camus non ha influenzato e non influenzerà minimamente la sua esistenza, così come quella della Sprea o della S-Bahn. Un cuore infranto non conta nulla per il mondo, non è vero?

Tuttavia una delusione d'amore non è affatto cosa da poco per chi la prova, anzi, tutt'altro. È l'unica questione che per quella persona, Milo in questo caso, conta nell'intero cosmo. Tutto gravita intorno a Cam, non può negarlo a se stesso. Non davanti al luogo sacro che quel parapetto rappresenta. La verità è che dentro spera visceralmente di poter tornare indietro e cambiare le cose.

Scuote la testa per allontanare i propri pensieri. Deve andarsene al più presto; qualunque altro posto va bene. Fa dietro front. I suoi occhi azzurri sono lucidi, ma non deve piangere. Deve solo correre via.

E lo fa. Torna verso il centro di Mitte, attraversa il primo ponte che trova, poi un altro. Procede rapido sul marciapiede di una strada trafficata - stavolta, però, prestando molta attenzione ai semafori. Non sa esattamente dove si trovi. Fugge a ovest, come se ad inseguirlo ci fossero i soldati della DDR. E come molti prima di lui, testimone il monumento a Bernauer Straße, la sua corsa finisce in corrispondenza del muro. O meglio, dove un tempo esso si ergeva ed ora ne restano dei frammenti commemorativi: Potsadmer Platz.

Si arresta davanti al palazzo delle ferrovie, fortunatamente non per uno sparo, ma per la sola stanchezza. Non tanto nel fisico, quanto semmai nella testa. È al sicuro, è lontano dai luoghi che gli ricordano Cam.

Che cosa sto facendo? Dove fuggo? si domanda guardandosi intorno. Scappare dallo Jannowitzbrücke, sì, è facile. Pensare che i propri sentimenti vi rimangano, d'altra parte, è sciocco e inutile. Può correre ovunque, può diventare il Forrest Gump d'Europa. Ma è il tempo a detenere l'esclusiva capacità di curare i suoi tormenti.

Si rassegna. Rivede malinconico tutto ciò che ha fatto con Camus. Il loro ridicolo incontro in aeroporto, l'autobus di cui ricorda persino il numero, X9. Il continuo arrossire di lui, tanto carino e dolce all'inizio, o il suo bellissimo accento francese. Stenta a credere che un tipo così lo stia facendo soffrire tanto pur essendoci stato a letto, in fin dei conti. Maledetto amore, spietato e crudele maestro dell'inganno! Ripensandoci, Milo realizza che no, la mendace felicità dell'innamorarsi non vale il dolore che poi si finisce inevitabilmente per provare. È business: se i costi superano gli incassi, per quanto alti essi siano, si tratta di un cattivo affare.

Se lo ripete in continuazione mentre attraversa il parco Tilla Durieux, essenzialmente un lungo prato in mezzo ai palazzi costruiti al posto del muro. È solo un pessimo affare. Segue dei tubi blu posti lungo la strada, passa accanto all'ingresso di un centro commerciale. La gente sembra fastidiosamente serena nel godersi una domenica pomeriggio così soleggiata.

Il ragazzo, forse sperando invano di raggiungere il loro medesimo stato di pace, forse solo bisognoso di riposare, si sdraia sull'erba, alza il volume della musica e prova ad abbandonarsi sotto i raggi del sole. Già, il sole caldo e brillante del sud Europa.

Quando riapre gli occhi non sa bene se siano passati cinque minuti o se si sia addormentato. Prima non aveva idea di che ore fossero, quindi non può nemmeno fare il conto. Ad ogni modo, nella seconda ipotesi è certo di non aver sognato nulla. Il suo subconscio deve aver provato una certa pena e aver deciso di non mostrargli nulla di angosciante per compassione.

 

Le parole tedesche sono qualcosa di fantastico. Gleisdreieck, ad esempio, è un termine ferroviario dato dall'unione di gleis, binario, drei, tre, ed ecke, angolo, ed indica un incrocio a triangolo tra i binari. È anche il nome della stazione in cui Milo intende prendere la U-Bahn quando oramai è stanco di camminare, benché nutra qualche dubbio su quale delle tre linee prendere e in quale direzione.

L'istinto gli suggerisce la U2, non tanto per il richiamo alla band irlandese che conosce solo di fama, quanto per il fatto che ci siano meno scale per raggiungerla rispetto alle altre. Nota che da una parte il percorso è quello che crede di aver fatto al contrario, verso Potsdamer Platz e Alexanderplatz. Dall'altro invece vi sono Bülowstraße, Nollendorfplatz, Wittenbergplatz. Il treno arriva prima che il giovane termini di leggere le fermate. Poco male, ci sarà senz'altro un cartello anche a bordo.

Non trova posto per sedersi, ma in piedi c'è abbastanza spazio affinché non si debba stare schiacciati come sardine. Dov'era rimasto? Ah, sì, Wittenbergplatz, poi l'interscambio con la S-Bahn. Zoologischer Garten, il famoso zoo di Berlino. Quello di Christiane F., in pratica. Ecco, proprio per questa ragione Milo si promette di non scendere lì per nessuna ragione al mondo, salvo tuttalpiù un guasto improvviso alla metro.

In verità dopo la prima fermata comincia già a ritrattare, pensando che tutto sommato sarebbe comodo poter cambiare linea. In fondo la stazione non può ricordargli Cam più di tanto, a patto che si muova solo al suo interno senza uscire nel piazzale. Poi naturalmente, una volta arrivato, la prima cosa che fa è proprio uscire per vedere coi propri occhi l'insegna gialla della Terrassen am Zoo, appesa fuori dalla stazione già ai tempi in cui era stato girato il film. Il paesaggio in generale non è molto diverso da quello che il ragazzo ha potuto vedere sullo schermo, in effetti. Cambiano giusto i nomi dei negozi e la tipologia di automobili parcheggiate tra lo zoo e la stazione ferroviaria. Beh, e naturalmente i turisti hanno preso il posto dei tossicodipendenti, o quantomeno davanti alla facciata anteriore.

Come sia dietro, oltre il sottopasso, Milo non ha modo di scoprirlo subito perché si dirige dall'altra parte, verso l'ingresso dello zoo per scattare qualche foto. Di entrarci non ne ha voglia, sia perché la visita richiede con ogni probabilità una mattina o un pomeriggio intero, sia perché dubita di poter effettivamente dare da mangiare agli scorpioni, e comunque dovrebbe farlo da solo. Però è da un po' che non posta alcuna instastory; sua madre si starà senz'altro preoccupando.

Fa due o tre tentativi per immortalare il cancello del giardino zoologico, ma, verificando poi quale scatto sia uscito meglio, scorre troppo indietro nella galleria. Rosa muscosa: che nome bizzarro per i fiori dell'amore. Eppure quell'immagine è ancora lì in attesa di essere mostrata a Cam. Non ce n'è stato tempo nella notte, né tantomeno nel mattino.

Milo sospira. Non ne può più. Appena riesce a distrarsi un attimo salta sempre fuori qualcosa a riportarlo indietro. Stavolta non si trattiene dal piangere, e piuttosto che correre si trascina sconsolato dentro la stazione. I passanti gli girano intorno, salgono di fretta sulle scale per prendere i loro treni. E il suo a che binario passa? Anzi, la vera domanda semmai è un'altra: dove vuole andare?

Non trovando alcuna risposta finisce per arrivare all'uscita posteriore della stazione. Di individui loschi che parlottano tra loro scambiandosi pacchetti sospetti non ne mancano, così come di gente che, dopo ad averne acquistato uno, si affretta a trovare un luogo appartato dove consumarne il contenuto. Altri invece, sia uomini sia donne, sono lì per vendere o comprare tutt'altro tipo di merce. Beh, evidentemente da quel lato dell'edificio non è cambiato nulla dai tempi di Christiane F.

Il ragazzo non ci fa troppo caso, cerca solo una panchina o un muretto sui cui sedersi e soffrire in silenzio e solitudine. Prova a consolarsi pubblicando finalmente la foto dello zoo e scorrendo il feed di Instagram. Amici al mare, video di scorpioni che si comportano da gatti, modelli con un fisico da paura. Sempre la stessa roba. I social diventano noiosi con troppa facilità.

D'un tratto un'automobile sportiva rossa fiammeggiante gli si ferma accanto e abbassa il finestrino. L'uomo alla guida, sulla sessantina e avvenente quanto un babbuino, fa segno a Milo di salire a bordo. Se non fosse per il potenziale pericolo della situazione, il ragazzo scoppierebbe a ridere. È la prima volta che viene scambiato per un prostituto. Scuote la testa per farlo capire al suo aspirante cliente, a cui però non sembra che importi.

«Non sono qui per quello, sono solo un turista.»

«E non ti piacerebbe ripagarti i soldi del viaggio, bel biondino?» risponde l'altro con fare viscido.

«Io un lavoro ce l'ho già» si alza per tornare dentro la stazione, al sicuro «Vai qualche metro più avanti: quei tizi stanno aspettando che arrivi un cliente.»

«Quelli li conosco già tutti» ridacchia l'uomo spegnendo il motore «E sono sicuro di poterti dare più di quello che guadagni in un mese» il suo tono è fastidiosamente arrogante «Avanti, sali!»

Fa per aprire la portiera ma qualcuno la blocca dall'esterno.

«Er ist keine prostituierte

A parlare è nientedimeno che Dohko. Milo lo riconosce e rimane stupito da quanto sia stranamente comune ritrovare le stesse persone in giro per Berlino. Prima Ioria ad Ostkreuz, ora lo spacciatore-filosofo di Moabit. Il fato è così dannatamente ciclico. Dal canto suo, l'uomo viscido sembra riconoscerlo ed esserne leggermente intimorito. Mette in moto il veicolo e raggiunge coloro da cui, a sua detta, ha già fatto acquisti in passato.

«Dohko!» esclama il ragazzo per salutare il suo salvatore non mascherato «Danke schön. Sapessi quante cose sono successe dall'altra sera...»

Realizza però che è inutile raccontare tutta la storia, dal momento che, se non ricorda male, il suo interlocutore non parla inglese. Né greco, immagina.

«Bitte sehr» risponde Dohko «Bist du immer noch verliebt?»

Milo lo fissa perplesso. Non ha la minima idea di cosa gli stia chiedendo. Già ha compreso a stento che la prima parte fosse un prego. Si indica l'orecchio e fa segno di no con la testa. La gestualità sembra l'unica via per comunicare con l'uomo.

«Immer noch verliebt» si sforza di provare a tradurlo «Ancora innamorato?»

Ah, ecco che significa! Di materiale per rispondere a questa domanda ce ne sarebbe, se non per una storia intera, almeno per scriverne un paio di capitoli. Da dove iniziare? Dal Golden Gate? Dalle rose di Charlottenburg? O forse dalla disperata ricerca di Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino in piena notte? Oppure, pensa il ragazzo, sarebbe bello costruire un'argomentazione filosofica insieme allo spacciatore per dimostrare che l'amore è una forza puramente malvagia. D'altronde provengono l'uno dalla terra di Platone e Aristotele, l'altro da quella di Hegel e Nietzsche: chi meglio di loro può affrontare la filosofia? Certo, potrebbero iniziare a discutere animatamente con tesi e antitesi, anche se Milo è già certo a priori di aver ragione. Ecco, per questa sola ragione Socrate lo massacrerebbe di botte e maieutica. Il problema tuttavia non si pone, in parte perché il filosofo ateniese è morto da oltre duemilaquattrocento anni e in parte perché pensare di intraprendere una simile conversazione a gesti è da folli. L'elaboratissima risposta di Milo si sintetizza quindi in un cenno.

«Ja» mormora annuendo.

Dohko gli dà una pacca sulla spalla. Che il giovane ellenico stia soffrendo come un cane è palese, questo è il suo modo per consolarlo senza parole. A dire il vero, vista la sua esperienza lavorativa, il filosofo ha in mente altri metodi per far tornare il buonumore. A scapito della salute, chiaro, ma in fondo non è mica un medico.

Infila un mano in tasca e ne estrae un pacchetto verde fatto con un pezzo di qualche vecchio giornale e lo porge a Milo. Costui, lo ferma immediatamente. Non ha alcuna intenzione di comprare della droga, specie avendo visto e parlato continuamente del film di Christiane F. negli ultimi giorni.

«Joint, weed» prova a convincerlo Dohko puntando sul fatto che sia roba leggera.

Il ragazzo continua a scuotere la testa. Non gli interessa fumarsi una canna per affogare i propri dispiaceri, inoltre crede - correttamente - che sia illegale anche in Germania. L'altro solleva le spalle, getta la carta del pacchetto a terra e la accende per sé sedendosi accanto a lui. Il silenzio, misto un po' al fumo passivo, finisce per dare a Milo quella pace e tranquillità che stava cercando. Gli sembra quasi di conversare con un vecchio amico, benché in realtà non possa definire né Dohko un amico, né la loro una vera e propria conversazione. Una conversazione tra muti, magari.

Si guarda un po' intorno mentre l'altro fuma. L'auto rossa è sparita, e con essa senz'altro anche uno dei prostituti. Gli affari vanno bene anche per i colleghi di Dohko che non sono in pausa. Alcuni, avendo finito la merce e dunque la loro clandestina giornata lavorativa, se ne vanno via. Un treno giallo della S-Bahn entra in stazione, un altro ne esce e rincorre il sole all'orizzonte. Se non fosse luglio mancherebbe poco al tramonto. Una debole folata di vento investe il volto di Milo con l'odore della cannabis, quasi facendolo tossire. A terra, invece, solleva la cartaccia verde e gliela manda a sbattere contro la caviglia attirando la sua attenzione. È una banale pubblicità, nulla di più. Berlin-Paris ab 10€ mit FlixBus!

Quella scritta colpisce il ragazzo come il fulmine di Zeus. Gli si accende Times Square dentro la testa. Il suo cuore batte all'impazzata. Finalmente l'idea in cui non sperava più.

«Dohko!» esclama raccogliendo il foglio verde «Dove si trova la stazione degli autobus?»

Dohko scuote la testa per dire che non ha capito e continua a fumare. Milo punta il dito contro l'autobus raffigurato nel volantino accartocciato.

«FlixBus bahnhof?» prova a farsi capire.

«Haltestelle? Haltestelle FlixBus?»

Il greco non ha idea di cosa ciò voglia dire ma annuisce. Male che vada può sempre chiedere aiuto a qualche altro spacciatore. Con sua somma fortuna, tuttavia, gli va bene al primo colpo.

«Zentraler Omnibusbahnhof Berlin» risponde Dohko, che quindi indica la stazione dello zoo e mostra a Milo due dita per spiegargli quale metropolitana prendere «U-Bahn zwei, bahnhof Kaiserdamn

«Danke schön, herr Dohko» lo ringrazia Milo con un pessimo accento tedesco.

«Bitte, herr...»

«Milo.»

«Milo. Auf Wiedersehen, Milo» gli stringe la mano prima di fare un altro tiro.

«Auf Wiedersehen» risponde il ragazzo prima di correre dentro l'edificio.

Ha un piano, finalmente ha un piano!

Innanzitutto si ferma per guardare al volo delle calamite nel negozio di souvenir della stazione; per la prima volta in vita sua non sarà costretto a prenderle al prezzo maggiorato in aeroporto. Sceglie quelle che più gli piacciono e le compra. Quanto alla maglietta di hard rock, beh, ne farà a meno e spenderà quei soldi per altro. D'altronde tempo e denaro, già proverbialmente connessi da un forte legame, sono risorse piuttosto preziose.

Sale le scale per raggiungere il gleis 5, dove passano i treni per la Hauptbahnhof. Apre la rubrica telefonica per fare una chiamata e incrocia le dita perché vada tutto per il verso giusto. A questo punto può solo sperare nella clemenza della sorte.

«Pronto? Ciao, ti devo chiedere un favore enorme...»

 

Milo non apprezza particolarmente gli aeroporti. Anzi, in verità li odia. Quanto alle autostazioni si può invece dire che non abbia mai elaborato una propria personale opinione. Il fatto di vivere su un'isola, unito alla posizione poco strategica della Grecia rispetto all'Europa continentale, non gli ha consentito di viaggiare molto in autobus. La ZOB, Zentraler Omnibusbahnhof Berlin, gli appare come un posto totalmente nuovo, con quel gusto un po' surreale e intrigante che si prova sempre davanti a ciò che non si conosce.

Aria condizionata a manetta, scanner per le valigie, code infinite per arrivare al gate: non vi è nulla di tutto ciò. Solo un edificio con la biglietteria, qualche negozio di viveri e acqua, beni essenziali per affrontare un viaggio da parecchie ore, delle panchine per aspettare sotto la grande tettoia che copre il piazzale e un tabellone luminoso con le partenze. L'imbarco, sia dei passeggeri sia dei bagagli, avviene direttamente alle porte dei mezzi. C'è un'atmosfera molto più informale che a Tegel, è quasi un ambiente familiare.Gli autobus sono diretti in tutto il continente, ma arrivano e partono con grande disinvoltura; gli aerei, d'altra parte, sono così snob da farsi riservare un'intera pista e un camion pieno di carburante ogni volta.

D'accordo, forse è bene che il ragazzo la smetta di vagare nei propri pensieri e vada a cercare il proprio FlixBus tra le partenze. Vi sono oltre trenta piattaforme, ma sono l'una accanto all'altra e gli autobus ne occupano sì e no la metà. Freiburg, gleis 28.

Il biglietto indica che occorre presentarsi un quarto d'ora prima della partenza, ovvero entro dieci minuti scarsi da ora. Quando il ragazzo arriva sulla banchina, in realtà, le porte sono ancora chiuse. E lo vede.

No, non il Setra verde a due piani; cioè, anche, ma non ci fa molto caso. Vede il ragazzo più bello del mondo. Capelli rossi, pelle chiarissima, corpo slanciato e un fondoschiena da favola. Il suo Cam.

È voltato di spalle. Di fronte a lui Natassia, tanto per cambiare, parla a manetta di sa il cielo cosa. Ioria le tiene un braccio intorno al collo e la ascolta massaggiandosi la barbetta con l'altra mano. È il primo a vedere Milo, se non altro perché già sapeva che prima o poi sarebbe arrivato. Gli fa un cenno con la testa cercando di non farsi notare, proprio come pattuito per telefono.

«Natassia» interrompe la ragazza dal suo monologo «Chi è che hai detto che ti veniva dietro in Russia?»

«Sigfried» risponde lei «Troppo sfigato per i miei gusti, non sa prendere l'iniziativa.»

«Non come me allora...»

Il tedesco ride e la bacia, Cam cerca di guardare da tutt'altra parte ma fortunatamente non verso Milo.

«Cam» lo richiama Ioria «Natassia sta dicendo la verità? Non ci credo che solo questo tipo voleva provarci con una ragazza così sexy.»

«Ehm, Natassia, cosa rispondo?»

«Beh, anche un altro in realtà. Un tipo greco di nome Aiolos, ma è stata solo una notte...»

«Dalla Grecia, eh? Focosi i sud-europei!» continua Ioria.

Camus si spazientisce. Sbuffo.

«Ioria, Natassia, vi prego, non voglio sentire parole come greci, Grecia o qualsiasi cosa!»

«Ξέρετε ότι είστε πραγματικά χαριτωμένος;» Milo gli posa una mano sulla spalla «Che strano, a me avevi detto di non essere ellenofobico.»

Il francese si volta, gli occhi increduli, la bocca spalancata da baccalà. Milo lo ha seguito fino alla ZOB nonostante le sue parole crudeli. O è un emerito cretino o uno stalker. Eppure mentirebbe a se stesso dicendo che trovarselo lì non lo stia portando al settimo cielo.

«Milo, t-tu...» balbetta «Perché sei qui?»

«Perché, Cam? Mi piaci da morire, è da quando ti ho visto in aeroporto che ho una cotta per te, e trascorrendo tutto quel tempo insieme negli ultimi tre giorni ho sentito nascere qualcosa di più» prende fiato «Ti sembrerò stupido e forse lo sono, ma è questo ciò che provo, nient'altro.»

Camus scoppia in lacrime. Non sa neanche lui se sia più per la gioia di potersi stringere forte tra le braccia di Milo per un'altra volta o per la tristezza del fatto che sia l'ultima. Capisce fin troppo bene cosa voglia dire: è ciò che prova anche lui. Prima non lo voleva ammettere, aveva troppa paura di doversi separare dal greco. Ora invece, a pochi minuti da quel momento inevitabile, sa che non c'è più nulla da fare. Perché reprimere i propri sentimenti se la via del dolore è già in ogni caso quella che avrà da percorrere?

«Oh, Milo, je t'aime!» singhiozza «Ma tra poco partirò e tu invece...»

Il giovane ellenico lo zittisce posando le proprie labbra sulle sue. Ha i brividi. È come baciarlo per la prima volta. Al diavolo il parapetto dello Jannowitzbrücke. Il bel francesino ha un sapore meravigliosamente dolce, ed è molto meno timido con la lingua che con le parole. Sembra passare un secolo prima che i due si stacchino. Intanto arriva anche il conducente dell'autobus ad aprire il vano per i bagagli.

Milo accarezza il viso di Cam e gli sorride prima di mostrargli il proprio smartphone.

«Vedi, Cam? Questa è una rosa muscosa, significa che ti amo» scorre senza lasciare al ragazzo il tempo di rispondere «E questo invece è un biglietto per l'autobus alle tue spalle. Significa che abbiamo un altro giorno per stare insieme.»

Gli occhi verdi smeraldo - o, a seconda dei gusti, verdi FlixBus - di Camus si illuminano. Non è possibile. Non può averlo fatto veramente. È proprio un crétin. Già, il SUO crétin, però.

«Milo, questa cosa è da pazzi!»

«Credo di aver fatto di peggio» il biondo alza le spalle «Chiedere sai che sei davvero carino? in greco ad uno sconosciuto e far finta che volesse dire dunque non ti piacciono i greci, amico? ad esempio. Oppure, che ne so, girare mezza Berlino in piena notte per cercare un film per cui lui andava pazzo e che io non avevo mai visto. Ne sono successe di cose, ora che ci penso bene.»

Camus scuote la testa e ride di gusto.

«Aspetta, mi stai dicendo di aver visto davvero Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino l'altra notte?»

Ioria e Natassia, tagliati fuori dalla conversazione fino a poco fa, annuiscono per rispondere al posto di Milo. Conoscono entrambi la storia. L'uno per personale coinvolgimento, l'altra per informazioni ottenute con di un ballo che, col senno di poi, avrebbe concesso a Ioria anche senza nulla in cambio.

«E loro com'è che lo sanno?» chiede perplesso al ragazzo.

«Beh, ecco...» ridacchia Milo «Il viaggio dura undici ore, giusto? Avremo un sacco di tempo per parlarne.»

Abbraccia Camus di nuovo, affondandogli la testa tra i capelli. Forse il paradiso allora è la ZOB, o forse un FixBus su cui possa dormire accoccolato a lui. Undici ore di viaggio, una giornata a Strasburgo e un'altra notte per tornare a Berlino in tempo per l'aereo di martedì: sembra fattibile. Anzi, forse è la migliore idea che abbia mai avuto in vita sua. Bizzarro credere che sia tutto merito di quello stupido volantino in cui Dohko teneva l'erba.

Quindici minuti prima della partenza, come previsto, ai passeggeri viene richiesto di mostrare il proprio biglietto e di dire ad alta voce dove siano diretti, in modo tale che i bagagli possano essere divisi a seconda della destinazione. Milo si trova ad essere per pura casualità il primo della fila.

«Strasburgo.»

Il conducente a momenti getta il suo trolley a terra prima di rendersi conto che il fermaglio non sia un vero scorpione velenoso. Guarda malissimo il ragazzo e gli indica la porta dell'autobus. Prima di salire, però, è il momento di dire addio ad un amico.

«Ciao, Ioria, è stato un piacere conoscerti» inizia Cam.

«Ciao» aggiunge Milo «E grazie mille per avermi aiutato oggi.»

«Buon viaggio, ragazzi.»

Dà una pacca sulla spalla ad entrambi, dopodiché è il turno di Natassia.

«Non ti dimenticherò, mio boccale di birra!» esclama lei gettandosi tra le braccia del giovane.

«Neanche io, mia vodka. Ora, ti prego, dimmelo per un'ultima volta.»

«Prima tu.»

«Freiheit

«Matrioska

Naturalmente, per coerenza con la loro drammaticità da film romantico in bianco e nero, si scambiano l'ultimo bacio. La ragazza saluta Ioria con un fazzoletto prima di varcare la porta del FlixBus e raggiungere i suoi amici al piano superiore.

«Auf Wiedersehen, Natassia.»

«Do svidanija.»

 

Il Setra verde sfreccia nella notte sull'asfalto dell'autobahn 115. Una volta uscito dalle tangenziali di Berlino dovrà attraversare l'intera Germania da nord est a sud ovest prima di varcare il confine francese e raggiungere Strasburgo.

Milo abbraccia Cam da dietro e lo stringe dolcemente a sé, la schiena contro il finestrino e le gambe messe come può nello spazio a sua disposizione. Pur di stare vicini per il tempo che resta loro sarebbero disposti persino a farsi venire un crampo muscolare se necessario. In realtà sono abbastanza comodi: hanno occupato i sedili davanti al vetro anteriore, che, come è noto a chiunque abbia preso un autobus a due piani in vita propria, oltre alla vista panoramica sulla strada offrono più spazio e comfort per le gambe.

Natassia, invece, è seduta appena dietro di loro, ma non ha nessuno accanto e quindi occupa entrambi i posti. Milo, sentendosi in colpa per averle essenzialmente sottratto il compagno di viaggio, chiede al francese consigli su come coinvolgerla nella conversazione e non isolarla.

«Tranquillo, Milo» risponde lui a bassa voce per non disturbare gli altri passeggeri «Natassia appena sale su un aereo o un autobus si addormenta e non si sveglia fino all'arrivo.»

Il greco si volta per controllare e, sì, la ragazza è completamente nel mondo dei sogni. Cuffie nelle orecchie, cappuccio della felpa in testa, bocca spalancata. Ha persino una mascherina per gli occhi; certo che per dormire è decisamente organizzata. Meglio così: farà a meno di sentirsi il terzo incomodo.

«Hai ragione. Mi chiedo se si sia accorta che siamo partiti.»

«Ne dubito» risponde Camus «Comunque devo dire che a me un po' dispiace.»

«Che cosa?»

«Il fatto che ce ne stiamo andando via così; alla fine non siamo saliti sulla cupola di vetro del parlamento.»

«Vuol dire che dovremo tornarci insieme un giorno.»

«È buffo, Milo, perché un giorno è tutto ciò che ci rimane.»

Milo gli bacia il collo.

«Chi può dirlo ora? Magari abbiamo davanti un'intera vita insieme, e magari proprio a Berlino.»

«Ti immagini?» ridacchia silenziosamente il francese «Noi tra dieci anni in un appartamento a Kreuzberg con vista sull'Oberbaumbrücke per vedere le metropolitane gialle che passano.»

«A te, pensandoci adesso, non piacerebbe un destino del genere?»

«Moltissimo» sussurra Cam.

Il giovane ellenico lo stringe ancora più forte. L'amore non è spietato e crudele, è solo imprevedibile. E più sta vicino a lui, più apprezza questa imprevedibilità. Anzi, la adora.

«Ora pensiamo al nostro giorno, che è tutto ciò che abbiamo» accarezza il viso di Cam «Oh, we can be heroes, just for one day

 

 

Fine

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