Nuoto Libero

di okbutfirstcoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Keep me from drowning [HashiMada] ***
Capitolo 2: *** Drowning in You [IzuTobi] ***



Capitolo 1
*** Keep me from drowning [HashiMada] ***


Il sole splende alto nel cielo limpido solcato solo da qualche spumosa nuvoletta. Un venticello leggero muove appena le fronde degli alberi di ciliegio, sollevando dolcemente i petali rosati e trasportandoli lungo il viale.

Un perfetto quadretto bucolico da osservare dalla finestra del salotto mentre si è sprofondati su una poltrona con una buona tazza di caffè in mano e nulla di più da fare, se chiedete l’onesta opinione di Madara Uchiha.

“Zio si è incantato di nuovo, secondo voi è rotto?” l’innocente voce del suo più giovane nipote lo riporta tristemente alla realtà, priva di comode poltrone e bollenti sorsate di liquido amaro.

“Le persone adulte pensano, Sasuke, e sbaglio o ti avevo detto di fare quattro vasche a stile libero? Che ci fai ancora qui? Veloce in acqua.”

“Ma qui non tocco, zio” la voce petulante del bambino, così a contrasto con lo sguardo vuoto e fisso puntato verso il viso del suo interlocutore, iniziavano a infastidire Madara, fastidio visibile dal tic nervoso del suo occhio sinistro e dal battere ritmico del piede scalzo sulle piastrelle lisce e scivolose del bordo piscina.

“Questo è un tuo problema” rispose l’adulto stirando le labbra in un sorriso forzato.

“Vieni fratellino ti tengo io a galla” intervenne a placare l’ira crescente dello zio la voce morbida e pacata di Itachi, il quale, giá in acqua, persuase con gesti svelti il fratello ad entrare accanto a lui.

 Un respiro profondo, Madara andiamo tu ami i tuoi nipoti, soprattutto Itachi, si Itachi è il migliore... nuovamente i pensieri di Madara vennero interrotti da uno strillo disarticolato che però ad un orecchio più allenato poteva ricordare vagamente il suo nome.

Stringendo maggiormente le braccia già conserte sul petto ampio e tonico ed espirando profondamente dal naso, l’oggetto ricercato da quelle urla scansionò con un movimento quasi inumano dei profondi occhi neri le numerose corsie, nelle quali diversi nuotatori si destreggiavano nelle loro migliori performance, fissandosi intensamente sulla forma scomposta di un ragazzino che pareva lottare contro un qualche mostro acquatico che lo attanagliava alle caviglie.

Muovendo passi svelti in quella direzione Madara iniziò a capire meglio la situazione man mano che la distanza di rimpiccioliva: ovviamente Obito era l’unica persona in grado di incastrarsi sui divisori galleggianti posti fra corsie, riuscendo nel fervore della situazione a perdere sia cuffia che occhialini.

Inspirando profondamente pronto a tuffarsi, dimentico del regolamento di ogni piscina che si rispetti, con la selvaggia chioma al vento, quando qualcun’altro lo precedette nell’azione di salvataggio dell’idiota che era il suo nipote più grande.

Un giovane uomo dalla pelle ambrata, il fisico slanciato e tonico coronato da spalle larghe e solide, si esibì in un perfetto tuffo di testa raggiungendo con poche e veloci bracciate il ragazzino, rigirandolo in modo che la testa non fosse più sotto acqua ed i piedi ne prendessero invece il posto. Lo sconosciuto rimase poi aggrappato con un braccio alle boe galleggianti, mentre sosteneva con l’altro il marmocchio dal viso paonazzo, causa scampato annegamento, e non sembrava minimante interessato a tornare all’amata terra ferma.

Madara osservava la scena confuso e sempre più infastidito dall’immobilità del bagnino improvvisato, ma non fece in tempo a verbalizzare il tutto, che una voce alle sue spalle lo anticipò anche questa volta.

“Razza di cretino! Credi di essere Gesù Cristo Salvatore o cosa? Devo esserci sempre io a ricordarti che NON SAI NUOTARE?!” tutto questo venne urlato direttamente nel suo sensibile orecchio, dato che il bastardo di turno aveva deciso di fermarsi proprio al suo fianco.

Detto bastardo era un ragazzo probabilmente più giovane di lui, dai capelli candidi quasi quanto la pelle diafana e sottili occhi vermigli illuminati da un misto di rabbia, esasperazione e preoccupazione.

Spostando leggermente lo sguardo sulla folla formatosi tutt’intorno per via dalle urla, Madara notò un viso più che familiare, la cui presenza lì in mezzo a tutti quei guardoni passivi, lo fece rianimare, incupendogli pericolosamente il viso.

Suo fratello Izuna, colui che avrebbe dovuto badare ad Obito, se ne stava lì imbambolato come un idiota, un sorriso sghembo a deformare i dolci lineamenti del viso asciutto, mentre osservava spudoratamente il fondoschiena del bastardo albino.

Stanco di tutta quella ridicola messa in scena Madara si tuffó in acqua, incurante degli schizzi ed al contrario sperando che la maggior parte fosse finita addosso alla persona precedentemente al suo fianco e si diresse verso suo nipote ed il suo salvatore, la lunga chioma nera a seguirlo come la coda di un alligatore.

Arrivato di fronte allo sconosciuto, al quale spettava almeno un ringraziamento secondo le regole della buona educazione, rimase invece a fissarlo in silenzio non lasciando trasparire sul viso affilato e pallido il fiume di emozioni che lo stava investendo internamente: accidenti se quel tizio aveva vinto la lotteria su tutti gli aspetti.

Questi mantenne il contatto visivo esibendosi in un sorriso che doveva far male alla mandibola ed andava incrinandosi man mano che i secondi scorrevano sotto quegli occhi neri e rabbiosi. A spezzare la tensione palpabile proruppe la risata del ragazzino, quasi dimenticato e che ora si dimenava nella stretta del braccio abbronzato e sguazzava felicemente verso lo zio.

“Hai visto zio stavo per morire! Kakashi mi prenderà in giro per sempre quando lo verrà a sapere...”

“Obito vai a recuperare la tua cuffia e i tuoi occhialini, andiamo a casa”

“Coooosa?! A casa? Ma siamo appena arrivati!” le ulteriori lamentele del ragazzo gli morirono sulle labbra una volta incrociato lo sguardo omicida dell’adulto e svelto come una anguilla si dileguò nell’acqua in cerca degli oggetti smarriti.

Una mano si materializzò improvvisamente nel campo visivo di Madara, seguita da una voce calda, anche se leggermente nasale.

“Sono Hashirama, quello è tuo nipote quindi? È proprio simpatico”

La risata a seguito della goffa presentazione, più che distendere la tensione fra i due sconosciuti, doveva nascondere la punta di imbarazzo di Hashirama, che proprio non riusciva a non arrossire sotto quello sguardo magnetico.

Nel frattempo la mano rimaneva ignorata a fendere lo spazio fra i due corpi, mentre quegli occhi neri persistevano, freddi ed inespressivi, a fissare il viso di Hashirama, il quale iniziava a vacillare nella sua ingenua convinzione di dare sempre una piacevole prima impressione.

In un turbinio di ciocche bagnate e schizzi d’acqua Madara si voltò, deciso a tornarsene all’asciutto: stupidaggini del genere prima di pranzo e per giunta con una sola dose di caffè in corpo, non valevano un minimo del suo tempo. Alle sue spalle Hashirama rimase a farfugliare e sguazzare cercando di attirare l’attenzione del corvino senza però staccarsi dai galleggianti, unica fonte di salvezza da un imminente morte da annegamento.

Scrutando il bordo piscina Madara individuò la coda lunga e scarmigliata di capelli corvini del fratello, il quale, come la peste che era, stava spudoratamente flirtando con l’albino, impedendogli di tuffarsi in soccorso dell’amico, o fidanzatosicuramento non un parente, non si assomigliano per nulla, ancorato alle boe galleggianti come un naufrago si aggrappa ai resti della sua zattera.

Se non sai nemmeno nuotare perché ti sei tuffato poi, inutile arrovellarsi il cervello sui più che probabili deficit mentali altrui, Madara continuava a nuotare con pigre bracciate verso la sua meta, incurante dei rumori alle sue spalle, quando improvvisamente un peso non indifferente piombò sulla sua schiena, rischiando di fargli inspirare acqua nonostante i riflessi ormai allenati da innumerevoli gite in piscina con marmocchi scapestrati a seguito.

Voltando impercettibilmente il capo distinse con la coda dell’occhio pelle abbronzata e zigomi che avrebbero fatto vergognare il David di Michelangelo, riconoscendovi il bagnino-improvvisato-salvatore di bambini, che se ne stava tuttora con le lunghe braccia mollemente appoggiate sulle sue spalle, i polsi incrociati all’altezza del petto pallido ma scolpito ed i polpastrelli a solleticarne inconsciamente la pelle fresca.

“Che cosa credi di star facendo?” le parole perfettamente sillabate e scandite vennero pronunciate tra denti digrignati, perdendo in parte la chiarezza data dall’esagerata marcatura, ma parvero comunque raggiungere orecchie imbottite di ovatta o perfettamente funzionanti ma collegate ad un cervello troppo ottuso per percepire la pericolosa nota minacciosa nella loro intonazione.

“L’acqua è profonda, qui non tocco” fu, difatti, l’unica riposta, elargita con spiazzante semplicità ed innocenza.

“E allora? Pensi che io tocchi? È una piscina per adulti non per marmocchi o nani, e ora scansati che mi stai facendo andare sotto e non ho per niente voglia di ingurgitare acqua sporca”

I tentativi di rimuovere quel peso incombente, a seguito della più che chiara esortazione vocale, risultarono in un futile spreco di energie dato che più Madara si dimenava, più l’altro stringeva la presa di braccia e gambe, arrivate in soccorso delle prime, in una vera e propria morsa da piovra.

“Ma io non tocco, ho paura! No! Non lasciarmi qua, aspetta almeno che arrivi mio fratello!” il tono di voce era passato da supplichevole a palesemente piagnucoloso e la stretta si era invigorita maggiormente, eliminando ogni spazio fra i due corpi, ora incollati.

Un fraintendibile rossore stava risalendo dal petto di Madara verso il viso, colorando la pelle lattiginosa di un rosso cupo, per la rabbia! Non ha niente a che vedere con l’imbecille spalmato sulla mia schiena o il fatto che sia attraente!

La pericolosa discesa di tali pensieri verso il luogo di non ritorno che era la libido del loro creatore, fu bloccata dalla brusca scomparsa del peso addizionale presente fino a un momento prima.

Osservando finalmente il proprio intorno, Madara si accorse di essere arrivato al bordo piscina e che il suo indesiderato passeggero se ne stava seduto con le gambe a penzoloni, i piedi immersi nell’acqua ed il capo chino sotto le sfuriate del fratello, che razza di geni hanno quei due per essere così diversi ma allo stesso tempo imparentati, il quale lo aveva rudemente sollevato per la collottola per trascinarlo sgraziatamente sul pavimento piastrellato.

Sollevandosi sulle braccia Madara notò come la cuffia dell’altro fosse scomparsa ed una cascata di lisci capelli castani, umidi per l’acqua, penzolasse ai lati del volto oscurandolo, le punte appena arricciate a sfiorare le cosce. Distolse velocemente lo sguardo, mentre qualcosa si muoveva pericolosamente nel suo basso ventre.

Quando fu completamente eretto, i piedi finalmente assicurati su di una superficie solida, poté notare il malloppo di curiosi che si era formato tutto intorno e non trattenne minimamente lo sguardo omicida puntato nella loro direzione.

Scostando la chioma appesantita dall’acqua acuí l’udito carpendo parte delle parole scambiate fra i due fratelli al suo fianco: insulti da parte dell’albino su quanto fosse idiota e sempre pronto ad azioni suicida il fratello, il quale per suo conto se ne stava chino e silenzioso, una pesante nube di depressione a circondarlo.

Al suo fianco si materializzò Izuna, il solito sorriso sghembo e condiscendente a discendergli le labbra. Madara lo fulminò con lo sguardo più cattivo e minaccioso che poteva racimolare, spostando poi l’attenzione sui due sconosciuti, pronto a dar voce a tutta la frustrazione accumulata in quel susseguirsi di eventi incredibili.

Le sue iridi color pece incontrarono uno sguardo altrettanto duro, appartenente ad occhi dal taglio sottile ed esotico, le orbite, innaturalmente vermiglie, inquisitorie e curiose.

“Ah lui è Tobirama, stava giusto tentando di impedire la morte precoce di suo fratello maggiore. Che coincidenza no? Entrambi siamo condannati ad una esistenza segnata da fratelli maggiori problematici!” la risatina di scherno di Izuna venne repentinamente soffocata dalla mano del fratello, ora crudelmente stretta intorno alla sua gola, fautrice di una morte lenta e dolorosa. Un sorriso di inquietante compiacimento si aprì sul suo volto all’udire i gorgogli e gli sputacchi del fratello agonizzante.

“Così rischi di fargli del male” una voce seriosa intervenne in soccorso del diavolo con cui aveva la sfortuna di condividere il DNA, ed una mano si chiuse intorno al suo polso stringendo con sicurezza ma senza fare male.

Madara lasciò immediatamente andare il fratello, che iniziò ad inspirare con esagerata teatralità, ispirando compassione negli ingenui osservatori, mentre l’albino- Tobirama, lo fissava imperturbato e quasi schifato.

Voltatosi bruscamente verso colui che osava, nuovamente, mettergli le mani addosso si ritrovò faccia a faccia con un paio di clavicole perfettamente scolpite, la pelle abbronzata tesa ed ancora umida, ovvio che dovesse anche essere un maledetto albero ambulante, comincio a pensare che madre natura si sia divertita un botto con lui: dieci su dieci sull’aspetto e zero su cervello e istinto di sopravvivenza

“Senti un po’ non ho chiesto la tua opinione su come trattare mio fratello minore e di sicuro non intendo ucciderlo, con la bocca larga che si ritrova lo farà sicuramente qualcun’altro” e poi sarò obbligato ad uccidere qualcuno sul serio! “quindi vedi di farti i fatti tuoi”

La mano che poco prima stringeva il suo arto venne ritratta come se scottata all’udire quelle parole rabbiose ed insieme alla sua controparte, venne alzata in segno di resa ai lati del bel volto, ora pallido e leggermente imperlato di sudore.

“C-certo, io non intendevo insinuare n-nulla di strano, ero solo preoccupato… sai presto servizio di volontariato al pronto soccorso, troppe volte uno scherzo si trasforma in qualcosa da rimpiangere” pronunciate le ultime parole le braccia ricaddero dolcemente ai lati del busto e le spalle si abbassarono lievemente: l’intero corpo sembrava essersi sgonfiato come un palloncino bucato.

Una punta di rammarico al modo brusco con cui si era rivolto al ragazzo fece capolino nello stomaco di Madara, troppo lieve per trasformarsi in una vera e propria scusa, in ogni caso i muscoli contratti del viso si distesero in un’espressione comunque seria, ma meno minacciosa.

“Suvvia calmiamo i bollenti spiriti, non è meglio riappacificarsi davanti ad una bella bibita fresca? Andiamo fratellone tu e il tuo nuovo amico ed io e Tobi, sembra quasi un’uscita a quattro!” la voce di Izuna si infilò nuovamente nella conversazione, il suo braccio serpeggiante a cingere il collo di Madara.

“Andiamo fratellone i bambini stanno giocando, pensa Itachi e Sasuke non si sono nemmeno accorti che loro cugino stava per incontrare il Padre Eterno! Sono arrivati anche Kakashi e Rin quindi Obito se ne starà buono per un po’, inoltre sei stato davvero maleducato con il povero Hashirama” l’ultima frase venne accompagnata da un gesto nella generale direzione del castano, il suo viso ora illuminato da divertita confusione e una punta di curiosità ed eccitazione all’idea di conoscere quell’uomo dalla chioma selvaggia quasi quanto il carattere,

“Un drink glielo devi”

Madara rimase pietrificato per una frazione di secondo, la schiena dritta come la corda di un violino sul punto di spezzarsi, iniziò poi a sputacchiare e farfugliare con indignazione:

“Io?! Io gli devo un drink? Ma se lo ho dovuto perfino trascinare fuori dall’acqua! È lui che deve un drink a me se dobbiamo mettere le cose come stanno!”

“Ah si quello...ti ringrazio per non avermi lasciato in balia dell’acqua profonda prima e poi un drink te lo offro volentieri non serve chiederlo!” il sorriso che si aprì sulle labbra di Hashirama per quanto smagliante fece correre un brivido lungo la colonna vertebrale di Madara, anticipazione di quello che di lì a poco sarebbe successo.

“Bene allora è deciso! Il bar della piscina non è distante, andiamo? Io sono Izuna, tra le altre cose, e quello è mio fratello scorbutico, Madara”

 “Ad essere onesti io non ho mai detto di voler venire- “

“Oh andiamo Tobirama per una volta non essere così asociale! Izuna è stato così gentile da invitarci!”

Sotto i suoi stessi occhi sgranati ed increduli Madara venne trascinato da un raggiante Hashirama verso i tavolini e le sedie di plastica posizionati a pochi metri dalle piscine.

“Quindi tu sei Madara....sai credo che mi ricorderò di te” l’ultima affermazione proferita con assoluta convinzione dal castano, suonò alle orecchie di Madara come l’inizio di una dolce catastrofe.

****
Questa è la prima storia in assoluto che pubblico, spero leggerla vi divertirà quanto a me ha divertito scriverla!
Ovviamente recensioni e commenti sono ben apprezzati. 
A breve seguirà il secondo capitolo dal punto di vista di un altro personaggio qui presente.
Fino ad allora ¡hasta la vista! 
Moony

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Capitolo 2
*** Drowning in You [IzuTobi] ***


Tobirama odia la mattina.

Non per la tradizionale ragione di dover abbandonare il caldo abbraccio delle coperte per affrontare una nuova giornata di lavoro e responsabilità, purtroppo questa è una eventualità ineluttabile nella vita di ogni persona che si rispetti. Al contrario a suo parere crogiolarsi ulteriormente nel proprio letto, avvinghiandosi a quei pochi e preziosi ultimi minuti di ozio prima di esporre la pelle ancora accaldata alla frescura dell’aria mattutina, è un piacere che le persone produttive ed efficienti come lui non possono permettersi.

Tornando al nocciolo della questione, Tobirama odia la mattina, perché suo fratello trova sempre un modo innovativo per rendere il su risveglio traumatico. Essere schiaffeggiato con un paio di slip da nuoto maschili gli mancava.

Sollevando l’indumento offensivo tra pollice e indice, Tobirama lo osservò con circospezione: tessuto elastico verde smeraldo con disturbanti stampe di fragoline, questo di sicuro non l’ha tirato fuori dal mio guardaroba.

Inarcando un sopracciglio in direzione del castano, il suo sguardo esige una spiegazione per tale comportamento anormale, alle otto di mattina di sabato per giunta.
 Hashirama sapeva quanto Tobirama avesse a cuore il suo tempo libero ed il poco riposo che riusciva a rubare dal suo più che traboccante calendario. Soprattutto il tempo libero del sabato mattina che impiego solo ed unicamente per dormire.

Non ottenendo una qualsiasi tipo di reazione dal fratello, apparentemente immune allo sguardo interrogatorio e fulminante direttogli, e con la pazienza oramai al limite, Tobirama si decise a vocalizzare la propria confusione.

“Che cosa significa questo?” disse agitando lievemente il capo di vestiario colpevole di quel risveglio tutto fuorché ristoratore.

“Quello, fratellino, è un costume, andiamo in piscina!”

”Lo vedo che è un costume, il mio albinismo indebolirà pure la mia vista ma non così tanto da confondere questo abominio con un qualcosa di mia proprietà. Questo 
costume non è mio, primo perché non mi metterei mai una cosa così striminzita, in pubblico poi, secondo perché è semplicemente disgustoso. Da dove l’hai tirato fuori? Il reparto per bambini o quello per spogliarellisti?”

“Oh non essere così crudele, l’ho comprato giuste per te! Non vedi le fragoline? Si intonano con i tuoi occhi! E poi lasciatelo dire, ti serve proprio una bella abbronzatura, sei tutto pallido e smorto la gente penserà che ti tengo rinchiuso in uno sgabuzzino e ti nutro di bucce di tubero!”

Ignorando le idiozie sparate a raffica dal fratello e maledicendo qualsiasi entità avesse deciso di dare ad Hashirama una bocca così larga e nessun filtro per tapparla, Tobirama si alzò dal letto, scostando le coperte e lenzuola (non importa se inverno primavere o apocalisse, senza almeno due strati ad avvolgerlo lui non dormiva), stiracchiandosi con tanto di soddisfacenti scricchiolii di articolazioni intirizzite dal sonno.

Posati i piedi sul pavimento in legno ed issatosi su di essi, si diresse deciso verso il bagno adiacente alla propria stanza, ignorando il continuo vociferare del fratello.

“Preparami una tazza di caffè, non ho i recettori pronti per ascoltare il piano che la tua testa bacata ha deciso di partorire per oggi”

Detto ciò si chiuse la porta alle spalle, non necessitando di voltarsi per vedere il sorriso a trentadue denti che spaccava a metà la faccia del fratello rischiando di dislocargli la mandibola.

E sarei io il fratello minore, a volte penso di avere a che fare con un bambino, nonostante la vena acida dei suoi pensieri un piccolo sorriso di stava già facendo strada sulle sue labbra sottili e pallide, che ci può fare se Hashirama è come un raggio di sole e la sua felicità è peggio della malattia più contagiosa del mondo.
 
•••••
 
Rinfrescato e profumato Tobirama si avviò verso la cucina, dopo una rapida tappa in camera per recuperare gli occhiali da vista. Raggiunta la soglia si trovò di fronte una tavolata imbandita con tutti i piatti e le combinazioni di cibo possibili per il pasto mattutino. Suo fratello si era nuovamente superato inutilmente dato che in quella casa abitavano solo loro due e, nonostante la grandezza dello stomaco del primo, tutto quel cibo sarebbe sicuramente finito nella pattumiera.

Non che mi lamenti, dopotutto alla casa ci pensa solo ed unicamente Hashirama. Chi l’avrebbe mai detto che quello scimmione fosse così portato ai fornelli e delicato nella cura delle sue amate piante?  Loro padre non aveva mai apprezzato quei tratti così “femminili” del figlio primogenito e non aveva perso occasione per ricordarglielo ed umiliarlo, per fortuna che il vecchio è morto o non so quanto avremmo resistito ancora.

Scuotendo il capo per scacciare quei pensieri cupi Tobirama si accomodò e iniziò a servirsi dei pancake, accompagnandoli con della frutta fresca. Era felice che il fratello si fosse fatto influenzare dal suo stile di vita più salutare, non avrebbe mai dimenticato la prima mattina sotto quel tetto ed il fatto che Hashirama intendeva davvero mangiare patatine per colazione.

Sopprimendo un brivido afferrò la tazza fumante apparsa nel suo campo visivo ancora prima che essa toccasse la superficie del tavolo, ricevendo uno sguardo divertito ed esasperato dal fratello, il quale non condivideva la sua passione -si chiama dipendenza, fratellino!- per il caffè.

Alcune sorsate più tardi e facoltà mentali recuperate, Tobirama fu pronto per ascoltare l’idea di un “rilassante” sabato, a detta del fratello: una giornata in piscina, circondati da marmocchi urlanti, genitori esasperati e piscine sovraffollate.

“Devo ricordarti che tu non sai nuotare? E che hai paura dell’acqua fonda come una femminuccia davanti ad un insetto?” alle sue frecciatine il sorriso di Hashirama si allargò in maniera impossibile, stirando le labbra morbide al loro limite.

“Ma è anche per questo che voglio andarci! E poi mi fido di te e so che non ti perdoneresti mai se mi succedesse qualcosa di male” rispose quello con voce pacata.

Tobirama inclinò il viso verso il tavolo tentando invano di nascondere il leggero rossore apparso sulle sue gote pallide all’udire parole tanto sincere e vere. Incapace di formulare parole concrete oltre il magone che gli si era formato in gola per l’emozione, l’imbarazzo e il ricordo del terrore puro di perdere l’unica persona che gli era rimasta -non pensarci ora! Ritorna in te!

“-non credi? Eh? Ma mi sta ascoltando?” improvvisamente una mano abbronzata dalle dita affusolate apparve nel suo campo visivo sventolando a pochi millimetri dal suo naso.

Infastidito Tobirama la scacciò con un guizzo del polso, corrugando la fronte ed assottigliando gli occhi verso il fratello, il quale sapeva quanto ritenesse importante il suo spazio personale e quanto odiasse quando non veniva rispettato.

“Sì, certo che ascoltavo” mentì roteando gli occhi ed incrociando le braccia al petto.

“Quindi sei d’accordo sul fatto di indossare il mio regalo? Ti farebbe bene sai, hai proprio bisogno di una bella abbronzatura!” il tono divertito con cui pronunciò tali parole Hashirama, si trasformò in una vera e propria risata al vedere l’escalation delle espressioni del fratello: da incredulo, mortificato, palesemente imbarazzato ed infine stizzito.

Le seguenti urla e gli insulti di una certa voce ferma e bassa e le risate fragorose ed a tratti stridule che vi si sovrapponevano, non furono di certo una novità per i vicini i quali oramai si erano abituati alle bizzarrie dei due fratelli della porta accanto.
 
•••••
 
Con i piedi affusolati ben piantati sulle piastrelle lisce, le lunghe gambe fasciate dal lungo costume scuro divaricate, il bacino dalle ossa leggermente sporgenti sospinto in avanti, il busto, con la pancia piatta e gli addominali visibili anche se rilassati, inarcato secondo la curva dolce della spina dorsale, le braccia coperte da una rada peluria candida, conserte sul petto ampio. Tobirama fissava intensamente il grande ambiente della piscina dove bambini si rincorrevano e giocavano in gruppetti, i genitori che chiacchierando osservavano in modo disinteressato le prodezze dei figli, nuotatori più o meno esperti che occupavano le varie corsie.

Troppe persone, il pensiero di immischiarsi fra tutta quella gente gli faceva accapponare la pelle.

Spostando lo sguardo sul fratello lo vide accucciato davanti ad un gruppo di ragazzini, tra i quali ne spiccava uno con un’insolita mascherina a coprirgli la parte inferiore del volto, intento a restituirgli un pallone probabilmente calciato via nella foga del gioco.

Un acre sensazione di invidia gli si espanse nel petto, ma Tobirama la soffocò velocemente, consapevole della sua incapacità di avere un rapporto così aperto perfino con degli innocui bambini. E forse non lo avrò mai con nessuno…. l’avvicinarsi del fratello lo riportò alla realtà, libero anche se per poco dalla gabbia opprimente che poteva essere la sua mente.

Il viso di Hashirama, libero delle ciocche castane ora intrappolate nella cuffia, pareva più giovane, ma non meno attraente. I lineamenti addolciti ulteriormente dal sorriso che gli increspava le labbra ed illuminava gli occhi di un affetto che a volte Tobirama sentiva di non meritare.

“Tutto bene?” la domanda posta quasi con noncuranza per non farlo andare sulla difensiva, la leggera inclinazione del capo prova della malcelata preoccupazione, 
perché ti preoccupi sempre per me, idiota, non sei mia madre.

La risposta un po’ indispettita, un po’ affezionata, venne troncata da un urlo acuto proveniente dalla piscina più vicino a loro. Un ragazzino, che Tobirama riconobbe appartenere al gruppetto del pallone di prima, quello con i buffi occhialini dalle lenti arancioni, si stava dimenando nel mezzo della corsia. Gli urli ora chiari, ora gorgoglii, le braccia ora visibili, ora le gambe.

Nella periferia del suo campo visivo vide un uomo avvicinarsi lentamente al punto in cui lo sfortunato stava affogando. Statura media, corporatura snella appesantita però da un invidiabile dose di muscoli guizzanti, carnagione molto pallida in contrasto con la chioma selvaggia color inchiostro che gli copre quasi tutta la schiena. Quello che attira maggiormente la sua attenzione è però la scelta di vestiario dello sconosciuto: gli slip da nuoto più striminziti che Tobirama abbia mai visto. Almeno il colore è sobrio. 

Perso come era nel ribrezzo di tale vista, non si accorse della scomparsa del fratello fino a che non lo vide gettarsi in acqua e nuotare magistralmente fino al povero ragazzino agonizzante.

Nel giro di un millisecondo tutti i suoi allarmi interni suonavano impazziti e pensieri contrastanti affioravano e si incavallavano nella sua testa.

Ma è impazzito o cosa?! Vuole amazzarsi?!

E poi da quando sa nuotare così!

Dannato Hashirama sarai la causa della mia calvizie precoce di questo passo!

Il viso trasfigurato dallo sgomento e dalla preoccupazione, Tobirama corse in direzione del fratello, ora aggrappato alle boe galleggianti insieme al ragazzino ansante, fermandosi all’ultimo momento sul bordo della piscina essendosi ricordato di non star indossando né cuffia né occhialini.

“Razza di cretino! Credi di essere Gesù Cristo Salvatore o cosa? Devo esserci sempre io a ricordarti che NON SAI NUOTARE?!” le ultime parole vennero urlate a pieni polmoni in modo che raggiungessero le orecchie del fratello a metri di distanza.

Il sussulto che il volume della sua voce causò sulla persona a suo fianco, passò completamente inosservato a Tobirama.
 
•••••
 
Nel frattempo un ulteriore paio d’occhi osservava la scena con interesse, o meglio osservavano con interesse il fondoschiena del bell’albino.

Niente male, proprio niente male. Dopotutto Uchiha Izuna era un famoso amatore di cose belle, soprattutto se dette cose belle erano dotate di gambe, braccia e respiravano.

Aggiustando la lunga coda di capelli corvini che posava sulla spalla sinistra, si incamminò con fare ozioso, ma intenzionato, come un gatto ruffiano si avvicina al padrone per chiedere cibo dopo aver finito il proprio pasto, in direzione della sua nuova preda, inconsapevole di quanto quella caccia sarebbe stata difficile.

Piazzandosi nell’esatto punto in cui il fratello era appena sparito tuffandosi in acqua, osservò con maggiore attenzione il suo vicino. Il viso spigoloso e pallido era deformato in un’espressione fra il confuso e l’incredulo, le labbra sottili ma così invitanti schiuse ed i sottili occhi vermigli sgranati.

"Ti devo fare i miei complimenti per questo ben di Dio qui dietro...piacere, comunque, sono Izuna. Tu sei…?”

Perfetta, la sua uscita era semplicemente perfetta ed Izuna già pregustava la sua conquista. Inumidendosi le labbra con la punta della lingua come il felino gongolante che era, aspettava impaziente l’abbandono della sua nuova vittima alle sue lusinghe, ignaro del tumulto di emozioni contrastanti che lentamente andavano a colorare il viso pallido del ragazzo che ora lo fissava incredulo, gli affilati occhi spalancati comicamente e le sopracciglia che quasi raggiungevano l’attaccatura dei capelli.
 
••••
 
Tobirama non poteva credere alle proprie orecchie, semplicemente non poteva. Aprì la bocca pronto a riprendere quell’insolente, ma nulla uscì dalle sue labbra e rimase a boccheggiare come un pesce, incapace di formulare frasi compiute o insulti oltre il pesante imbarazzo che si stava impadronendo di lui.

È davvero possibile che esistano persone cosi sfacciate al mondo? 

Il suo stallo momentaneo venne sfruttato dall’altro il quale gli si avvicinò improvvisamente piantandosi sotto il suo naso ed osservandolo da sotto le lunghe ciglia scure.

“Lo sai che è veramente maleducato ignorare le domande altrui? Ti ho chiesto come ti chiami non di calcolare il peso del sole” finì con una punta di sfacciataggine ed un sorrisino saccente che fecero riscuotere l’altro.

“Tobirama ed è la massa del sole e non peso, non ha senso parlare di peso del sole. Comunque è 1.989*10^30 kg “

“Eh?”

“La massa del sole.”
 
Davanti all’espressione persa del moro Tobirama si lasciò scappare un sospiro e si portò l’indice ed il pollice della mano sinistra a pizzicare il setto nasale in una dimostrazione di irritazione -ed imbarazzo perché non riesco a non sembrare un nerd nemmeno per un secondo. 
 
A salvarlo dal disagio e dall’impaccio della situazione ed allo sguardo paralizzante di quegli occhi così incredibilmente neri e profondi che lo fissavano in modo strano, come se davvero fosse interessato a uno come me, arrivarono le voci rispettivamente lagnanti ed indispettite del fratello e dello sconosciuto che lo stava involontariamente trasportando a bordo piscina.
 
Quella era l’occasione buona per sbarazzarsi del suo fastidioso interlocutore e tornarsene a casa, nella sua stanza od ancora meglio nel suo laboratorio, dove nessuno lo avrebbe interpellato e avrebbe potuto chiudersi nuovamente nel silenzio e nella solitudine che gli erano tanto amici.
 
Piegandosi oltre il margine del pavimento agguantò il fratello per la collottola, sollevandolo rudemente ed ottenendo in risposta un mugolio dolorante di protesta. Lo rilasciò poi sulle piastrelle lasciandolo ricadere pesantemente sul sedere.
 
A causa della ruvidezza dei gesti gli era rimasta in mano la cuffia del fratello, ed ora i lunghi capelli castani gli ricadevano sul viso quasi a proteggerlo dalle parole sferzanti di rimprovero che Tobirama gli stava gettando addosso.
 
Da quel momento in poi i seguenti avvenimenti accaddero in un baleno ed in maniera offuscata, come in un sogno: i due sconosciuti dai capelli corvini, probabilmente fratelli o cugini data la palese somiglianza, passarono dal battibecco alle mani e suo fratello, costantemente pronto al sacrificio, si intromise per separarli, ricevendo in cambio occhiatacce e rimbrotti da quel cane rognoso dall’impossibile chioma arruffata.
 
La mediazione opportunista del moro più giovane e la sua inconcepibile proposta di un’uscita a quattro per calmare i bollenti spiriti.
Le sue proteste futili ed il suo fare impacciato una volta tutti al bar, io nemmeno bevo!
Le occhiate spudorate di Izuna ed il modo in cui giocherellava in maniera oscena con la cannuccia del suo drink colorato e zuccheroso.
Le scenate del fratello per attirare l’attenzione di Madara, per il quale era già perdutamente cotto.
 
 
••••
 
 
 
Anche ora, a distanza di due anni, Tobirama si chiede cosa abbia spinto quel ragazzo perfetto ad abbassarsi al suo livello e perfino corteggiarlo apertamente per mesi (chi l’avrebbe detto che avresti fatto così tanto il difficile, eh Tobi?). 
 
“Sento le rotelline del tuo cervello scalpitare fino a qua, smettila di pensare e goditi le coccole del fidanzato migliore che tu possa mai desiderare per una buona volta!”
 
Izuna, la voce soffocata nel maglione di Tobirama sul quale aveva tuttora la faccia schiacciata, borbottò svogliatamente, strusciando poi il naso, e non solo quello! Non vede che siamo praticamente incollati? Ci sono Madara e Hashirama nell’altra stanza accidenti! – nel tessuto soffice e caldo.
 
“Sei troppo carino quando arrossisci, ma non pensi che ormai sia passato abbastanza tempo da quando abbiamo iniziato ad uscire e non avevi nemmeno il coraggio di tenermi per mano?” Va bene lo ammette, si diverte troppo a stuzzicare il suo albino preferito, è così facile farlo scaldare.
 
“Piantala”
 
Se l’imperativo mancava di vere intenzioni o minacce ed invece che scaraventare fuori dal divano il corpo slanciato ed armonioso del proprio seccatore personale, Tobirama vi si avvinghiò con maggior forza, non era di certo colpa sua.
E se qualcuno volesse sostenere il contrario, ebbene incontrerebbe solo un muro di indifferenza e forse qualche pugno o calcio da parte dei due fratelli maggiori che, l’uno nelle braccia dell’altro, osservavano la scena dalla stanza accanto.

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Chiedo scusa alle persone pignole come me che odieranno il cambio di aesthetic nei pensieri dei vari personaggi, ma purtroppo non sono riuscita a modificarle nel modo che desideravo e sono impaziente di caricare questo ultimo capitoletto. Spero la lettura sia comunque piacevole!
Moony

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