Otanjoobi Omedetoo

di hotaru
(/viewuser.php?uid=42075)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Poppu- 9 settembre ***
Capitolo 2: *** Aiko- 14 novembre ***
Capitolo 3: *** Hazuki- 14 febbraio ***
Capitolo 4: *** Onpu- 3 marzo ***
Capitolo 5: *** Hana- 25 marzo ***
Capitolo 6: *** Momoko- 6 maggio ***
Capitolo 7: *** Doremì- 30 luglio ***



Capitolo 1
*** Poppu- 9 settembre ***


Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno della Vergine in un giorno di tarda estate

 

 

Quella mattina Poppu scese le scale saltellando, non prima di aver chiamato la sorella con un sonoro: “Sveglia, Doremì! Devi andare a scuola!”.

La ragazzina dai capelli lunghi bofonchiò, ancora sotto le coperte:

-         Perché non pensi a quello che devi fare tu, invece? Preoccupati del tuo asilo. Non vedo perché dovresti dare ordini alla tua sorella maggiore… yawn

Dalla porta, la piccola rispose con un sorriso a trentadue denti (anzi, trentuno, perché uno l’aveva già perso) che la sorella non poté comunque vedere:

-         Perché da oggi sono più grande. C’è un anno in meno che ci separa, quindi datti una mossa!

Doremì si issò a sedere sul letto, ancora visibilmente assonnata:

-         Eh? Un anno in meno?

 

-         Buon compleanno, tesoro! – le dissero i genitori in cucina, con un sorriso.

-         Grazie! – rispose Poppu.

-         Dato che è un giorno speciale, ho preparato la famosa “colazione di compleanno” – aggiunse la madre, sbirciando la faccia della sua piccolina.

-         Non ci credo, che montagna di frittelle! – esclamò la bambina, precipitandosi verso la propria sedia.

La madre sorrise. Nonostante stesse crescendo, per fortuna Poppu era ancora la piccolina di casa. E lo sarebbe rimasta per un altro anno.

-         Ne mangio solo due, perchè poi dobbiamo andare. Papà, mi hai sentito? Non posso arrivare in ritardo proprio il giorno del mio compleanno! Vorrebbe dire che sto crescendo come quella ritardataria di Doremì!

O forse no?

      -      Chi sarebbe la ritardataria? – fece quest’ultima, comparendo sulla porta a occhi semichiusi, ma sgranandoli all’istante non appena adocchiò i dolci.

-         Wow, frittelle! – esclamò, fiondandosi verso la propria sedia – E sono ancora calde!

La madre sorrise. In fin dei conti, si vedeva che quelle due erano sorelle.

-         Bene, noi andiamo! - annunciò Poppu, costringendo papà ad alzarsi – Ciao a tutti!

-         Ciao, buona giornata! – le augurò la madre.

-         Non preoccuparti, mamma, questa sarà per forza una buona giornata. Anzi, un giorno speciale! Ciao!

La donna sorrise di nuovo, dolcemente. Desiderava con tutto il cuore che le speranze della figlia più piccola avessero buon esito. A quell’età, le delusioni di compleanno erano difficili da accettare. E ancor più da dimenticare.

-         Perché una giornata speciale? – chiese Doremì con la bocca piena – Solo per le frittelle?

 

-         Mamma, è andato tutto storto!– singhiozzava tra le lacrime la piccola Poppu, il viso nascosto in grembo alla madre – Era tutto sbagliato!

-         Mi dispiace, tesoro – disse costei dolcemente, accarezzandole i capelli – Hai voglia di dirmi cos’è successo?

-         Era… cominciato… tutto… così bene! Non appena sono entrata, le maestre mi hanno messo in testa una corona di cartoncino, decorata con tanti soli perché sono nata in estate! È stato così bello, mi sentivo la regina della giornata! Ma poi…

La donna aspettò, paziente.

-         Io… io ci tenevo tanto a far vedere che ero diventata più grande, invece ho combinato un pasticcio dietro l’altro! Mi si è rotto un cordone della scarpa mentre la allacciavo, poi qualche dispettoso me l’ha portata via e ho dovuto andare dalla maestra con un piede scalzo, e come se non bastasse durante il tragitto mi si è bucato il calzino! Mi dispiace tanto!

-         Non ti preoccupare, tesoro, lo rammenderemo.

-         E poi a pranzo ho starnutito, e mi sono rovesciata addosso il piatto, macchiandomi tutto il grembiulino! Sembravo proprio una bambina piccola!

-         Oh, Poppu…

-         Mi vergognavo tanto, così mi sono nascosta sotto un albero a piangere, ma una bambina petulante e pettegola mi ha visto e ha iniziato a prendermi in giro! Mi sono vergognata così tanto! – pianse.

La madre non disse niente, lasciando sfogare la piccola. Di solito Poppu era molto più battagliera, ma quella serie di “circostanze sfortunate” verificatesi proprio nel giorno del suo compleanno l’avevano messa in ginocchio. Aveva riposto in quella giornata tante aspettative che il minimo dettaglio andato storto l’avrebbe fatta crollare.

Doremì era rimasta tutto il tempo sulla porta a guardare, in silenzio. La madre la vide, e si mise un dito sulle labbra. Poppu era già abbastanza abbattuta di per sé: con la mamma poteva sfogarsi quanto voleva, ma farsi scoprire a piangere in quel modo anche dalla sorella maggiore avrebbe costituito un duro colpo per il suo orgoglio di “bambina grande”.

La ragazzina dai grandi codini annuì e poi si ritirò in corridoio. Senza fare rumore, infilò la porta e uscì.

 

Per tutto il resto del pomeriggio, Poppu era rimasta in camera sua. Non voleva saperne di uscire, e si decise a scendere solo quando la madre la chiamò per la cena.

Mogia mogia, un passo alla volta scese le scale. Entrò in cucina, ma non vide nessuno.

-         Ehi, ma dove siete? – chiese sorpresa.

A quel punto cominciò a sentire delle note provenire dal pianoforte. Le note di una canzone ben nota, che quel giorno nessuno le aveva ancora cantato.

 

Tanti auguri a te…

Tanti auguri a te…

 

Si precipitò in soggiorno, dove sgranò gli occhi per la sorpresa, sorridendo dalla gioia.

 

Tanti auguri, cara Poppu…

Tanti auguri a te…

 

-         E la torta a me! – esclamò Doremì, alzandosi dallo sgabello.

-         E a noi niente? Guarda che sono affamata! – ribatté Aiko.

-         Su, non litigate, ce n’è per tutti – cercò di mettere pace Hazuki.

-         Già, Momoko ha preparato tante di quelle prelibatezze… - disse Onpu.

-         Oh, non esagerare! – si schermì la biondina – E poi non dimenticate che la prima fetta è per la festeggiata! Happy birthday, Poppu!

-         Sì, tanti auguri!! – aggiunse Hana, che finora aveva guardato con occhi scintillanti la torta e i pasticcini in bella mostra sul tavolino.

Davanti a tanto splendore, Poppu non aveva ancora spiccicato parola. Tutto questo era per lei? Davvero?

-         È… per me? Davvero? – chiese, sbalordita.

-         Certo! – esclamò allegra Doremì – Adesso che hai un anno in più, sorellina, ti ci vuole una festa con ragazze grandi! Giusto?

-         Giusto! – risposero le altre in coro.

-         Anch’io mi posso considerare una ragazza grande? – chiese Hana.

-         Sì, certo, anche tu.

-         Anche se, a dire il vero, sei più giovane di me! – le fece notare Poppu, recuperando la favella e unendosi al gruppo.

Forse Hana aveva ragione. Forse tutte loro avevano ragione. In fondo, essere grandi non dipendeva solo dall’età.

E se essere la sorella piccola voleva dire poter contare sull’aiuto disinteressato di Doremì ogni volta che ne aveva bisogno, forse le andava ancora bene.

Ma solo per un altro anno.

 

 

 

Innanzitutto ringrazio moltissimo Steffa, che mi ha permesso di utilizzare la sua idea.

Se volete leggere l’originale, vi consiglio di andare nell’angolo di “Naruto” a cercare “Tanjoobi Omedetoo”.

Spero sinceramente che questa prima one-shot vi piaccia.

 

Arrivederci al 14 novembre, con il compleanno di Aiko Senoo!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Aiko- 14 novembre ***


Prima di tutto…

ale03: beh, aggiorno alle date dei compleanni… ed eccomi qui! Sono contenta che la prima one-shot ti sia piaciuta!

Tsukino_chan_91: grazie mille per i complimenti! La mia era un’idea senza pretese, non pensavo piacesse così tanto!

AikoSenoo: qui c’è la one-shot dedicata alla tua omonima… so che non è molto “tradizionale” e magari non ve l’aspettavate, ma spero piaccia lo stesso.

Sadako87: sono d’accordo con te: io all’inizio pensavo che “Doremì” fosse un cartone per i più piccoli, invece poi si è rivelato veramente stupefacente… uno dei pochi anime che sono migliorati strada facendo, a mio parere. Mi sento sempre un po’ sulle spine ad aspettare i commenti su uno scritto che riguarda il personaggio preferito di qualcuno… qui ho azzardato un po’, aspetto commenti!

 

 

 

Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno dello Scorpione in un giorno di pieno autunno

 

 

-         Sono stufa di stare in casa! Voglio uscire a correre! – una Aiko stanca e irritata si buttò a sedere sul divano.

-         Non puoi, lo sai. E poi guarda che tempo: l’aria è fredda e minaccia di piovere da un momento all’altro…

-         Non pioverà, invece- ribatté lei.

-         E come lo sai? – chiese il suo interlocutore, divertito – Non sei diventata una strega, alla fine.

-         Lo so perché oggi è il mio giorno. Strega o no, oggi ho potere. E ti assicuro che non pioverà. Quindi…

-         Quindi niente. Tu resti lì buona buona e magari ti bevi una tazza di tè. Adesso te la preparo.

-         Ma sto diventando una balena! – fece Aiko con voce lamentosa e sconfortata – Guardami… sembro una mongolfiera!

-         Le mongolfiere sono leggere: volano perfino! – rispose l’altro ridacchiando.

-         Sì, fai lo spiritoso! – gli ringhiò contro lei – Guarda che tutto questo è colpa tua! Vedi almeno di renderti utile!

-         Eh, ma che sbalzi d’umore! Non dovevano essere solo i primi mesi? E comunque non ti ho detto che adesso ti preparo un tè? E poi sta’ tranquilla, non sei grossa.

-         Come no? Guardami! Non tornerò mai più come prima!

-         Io invece scommetto che non appena avrai fatto ciò che devi, scapperai fuori di corsa dall’ospedale e non tornerai finché non avrai percorso a piedi l’intero Giappone.

-         Ah, magari… - rispose lei con aria sognante, pensando con nostalgia al sudore della corsa, e al vento che le rinfrescava il viso mentre ansimava felice. Quanto le mancava…

In quel momento squillò il telefono:

-         Rispondi tu! È per te! – le urlò una voce dalla cucina.

-         Quanto odio quando usi i tuoi poteri quando nessuno te lo chiede… - borbottò Aiko, rispondendo tuttavia con un “Pronto!” piuttosto allegro.

-         Ah, Doremì, quanto tempo! È incredibile, hai telefonato per prima! Ero convinta che te lo saresti dimenticata… - si udì una specie di “Uff! Uff!” provenire dall’altro lato dell’apparecchio – Sì, qui stiamo tutti bene… procede tutto per il meglio, non ti preoccupare! Però non so cosa darei per mollare qui la zavorra e andarmi a fare una bella corsa…

La conversazione tra le due amiche durò parecchio. E parecchio durarono anche quelle del resto della giornata. Fu tutto un “Hazuki!”, “Onpu!”, “Momoko!”, “Mamma! Papà!”, “Nobuko!”… arrivò anche una strana telefonata- probabilmente magica- dal Regno delle Streghe, a cui Aiko rispose con un “Hana!”.

Il buio scese in fretta, e verso sera le telefonate di auguri si esaurirono, lasciando la festeggiata con un gran mal di testa.

-         Non sei proprio abituata a stare in casa! Solo lo stare troppo al telefono ti fa andare in crisi! – commentò l’uomo biondo che le si sedette accanto, porgendole una tazza di tè.

-         Ne hai ancora per molto, con le tue battutine? E poi, adesso che ci penso, da te non ho sentito nessun “auguri”.

-         Come no? – ribatté lui, iniziando a baciarle piano il collo e solleticandola col fiato – E’ da stamattina che non faccio che pensarlo…

-         Leòn! – esclamò lei, ridacchiando – Smettila, mi fai venire i brividi!

-         E poi si può sapere perché sei stata così cordiale con tutti, quando con me fai il tiranno? – continuò lui, ben lungi dallo smettere la sua “tortura”.

-         Te l’ho già detto – ribatté lei – perché se sono bloccata qui è tutta colpa tua…

Per tutta risposta, il mago le sussurrò un “buon compleanno” all’orecchio, e le poggiò una mano sul ventre, sentendo quasi subito un “ribaltamento” interno…

-         Senti, senti! – fece, sogghignando – persino lui fa più movimento di te!

 

 

Questa non so proprio da dove sia uscita. Però con la Aiko di dieci anni che conosciamo noi non mi veniva in mente niente, così... mah, che ne dite? Troppo azzardata? Lo chiedo soprattutto ai fan di Aiko.   

 

Arrivederci al 14 febbraio, con il compleanno di Hazuki Fujiwara!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Hazuki- 14 febbraio ***


Prima di tutto…

AikoSenoo: sono felicissima che il mio “esperimento” ti sia piaciuto! Anch’io vedo un futuro per la fantastica coppia Aiko/Leòn, oltretutto Aiko ce la vedo proprio bene nel ruolo di mamma: per me con una prole di quattro figli se la caverebbe benissimo! Però sorge un dubbio: i bambini avrebbero dei poteri magici, in quanto figli di un mago? Povera Aiko!

Tsukino_chan_91: beh, erano solo 3 mesi giusti giusti, in fondo non hai aspettato poi così tanto… (scherzo!). Comunque anche qui ho avuto un’ispirazione un po’ fuori del comune, chissà come verrà giudicata!

kikkyxx14: per quel che riguarda Onpu e Toru, potrei anche farci un pensierino… tanto fino a marzo c’è tempo, non si sa mai!

ale03: speravo proprio che, malgrado la Aiko che ho descritto fosse un po’ irritata e di cattivo umore (anche a me capita il giorno del mio compleanno), il capitolo risultasse nel complesso dolce… e questo? Si aspettano commenti!  

 

 

 

Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno dell’Acquario in un giorno di pieno inverno

 

 

Le avevano offerto di nuovo un sorso di quella birra scura, amara come il caffé, ma lei aveva rifiutato. Ad essere sincera non le dispiaceva, anche se c’era un po’ da abituarsi a quel gusto particolare, ma quella sera voleva dedicarsi completamente a qualcos’altro, ubriacarsi di canti e ballate fino a sentirsi ebbra di musica.

-         Allora, la nostra violinista orientale è pronta a ricominciare? – chiese il barista da sotto la zazzera rossiccia dei capelli.

Hazuki annuì, felice.

Si sistemò il violino sulla spalla, appoggiandovi sicura la guancia e parte del mento, aspirando fino in fondo il profumo dello strumento. Notò che a quello del legno pregiato si erano mescolati tutti gli odori di quel pub affollato: birra, whisky, un po’ di fumo… ma anche l’odore della pioggia e il profumo dell’erba che accompagnavano l’entrata di ogni nuovo cliente.

Prese l’archetto e, con un movimento fluido e sicuro, attaccò a suonare. Persa nella propria musica, non si rese nemmeno conto che gli altri musicisti con il flauto, la fisarmonica, la chitarra e il bodhràn (*) l’avevano seguita a ruota. Ritornò effettivamente in sé solo quando si rese conto che tutti i clienti presenti nel locale avevano iniziato a cantare a squarciagola, mezzo in inglese e mezzo in una lingua a lei sconosciuta.

Ma poco importava: era la voce del violino a fare da interprete per lei.

Quando all’inizio si era unita al gruppo dei musicisti, questi ultimi l’avevano guardata un po’ sorpresi, visto il suo essere chiaramente straniera, ma non avevano mosso alcuna obiezione.

Anzi, l’uomo con la chitarra aveva iniziato a strimpellare qualcosa, e lei gli era andata dietro senza alcuna difficoltà.

Dopo pochi pezzi, aveva già conquistato l’intera folla lì dentro.

Impegnata in un sofisticato abbellimento- che tuttavia lì sembrava così naturale- sbirciò per un attimo la gente seduta ai tavoli del locale: cantavano tutti a squarciagola, segno che erano decisamente ubriachi, ma sembravano divertirsi un mondo.

Solo un ragazzo se ne stava seduto in un angolo, in silenzio, ad osservarla. Un ragazzo dai capelli rossi, come un elevato numero di presenti, e gli occhi di brace, che chiaramente non aveva nessun altro.

Le sarebbe piaciuto rimanere lì fino all’alba, per una volta avrebbe fatto le ore piccole senza alcuna difficoltà, ma ad un certo punto il proprietario decise, per quanto a malincuore, che era giunta l’ora di rispettare il sonno altrui.

Perciò offrì da bere a tutti i musicisti, e la jam session si concluse lì. I “colleghi” di quella sera le strinsero la mano entusiasti, parlandole di festival e céilì (**) a cui avrebbe assolutamente dovuto partecipare. Hazuki, altrettanto su di giri, rispose che ci avrebbe pensato, ma in fondo… perché no?

Quando finalmente furono fuori, sotto le stelle ubriache di nuvole, tanto belle grazie all’aria fredda e rarefatta che c’era, la ragazza si concesse un sospiro felice e strinse ancor più il manico della custodia del violino.

-         Allora? Piaciuta la serata? – chiese il ragazzo che camminava di fianco a lei, che non sembrava patire affatto il freddo.

-         È stato… è stato fantastico! – esclamò Hazuki con voce emozionata, le guance arrossate e i capelli castani sciolti sul cappotto per cercare di proteggere il collo dal gelo – È stato…

-         … magico? – chiese pacatamente il giovane.

Hazuki, dopo un momento di sorpresa, annuì, non riuscendo a trovare altro aggettivo per definire quella serata, quella gente, quell’atmosfera…

-         Beh, forse ti stupirà sapere che io non c’entro niente – le disse lui – È questo posto che è magico.

-         Sì, mi sembrava di aver… sentito qualcosa – ammise lei, sorridendo. Quando Fujo le aveva proposto quel tour musicale nelle cittadine più sperdute dell’Irlanda meridionale, non aveva immaginato niente del genere. Ma oramai sentiva che avrebbe anche potuto rimanere lì per sempre.

-         Beh, forse per le tue amiche sarebbe un po’ difficile venirti a trovare… anche se effettivamente sei sempre in giro per il mondo con i tuoi concerti – constatò il giovane.

Hazuki sorrise, senza stupirsi affatto.

-         A volte mi dimentico che sai leggere nel pensiero – disse – E non ti ho ancora ringraziato per questo splendido…

-         Compleanno? – completò lui.

Stavolta la ragazza si sorprese un po’:
      -    Ma allora lo sapevi! E l’hai fatto apposta? Non so come ringraziarti…

Fujo sorrise sornione, rispondendo:

-         Più che altro sono loro che dovrebbero ringraziarmi. Non sanno cosa si sarebbero persi, se non ti avessi portata qui.

Hazuki arrossì.

-         Veramente io non sono niente di speciale… qui invece sembra che nascano con la musica nel sangue. Ci sono bambini che suonano in maniera straordinaria…

La ragazza si bloccò quando sentì una mano scostarle leggermente una ciocca di capelli che le era finita sul viso. Abbassò immediatamente lo sguardo, incapace di guardare negli occhi colui che le stava di fronte.

-         Domani ti porto alle isole Aran – esordì inaspettatamente Fujo.

Hazuki sussultò e, suo malgrado, alzò la testa.

-         Ma se sono dall’altra parte dell’isola! – esclamò, prima di accorgersi che il ragazzo si era chinato su di lei e le aveva poggiato le labbra sulla fronte.

Si prese tutto il tempo di arrossire come un papavero scottato dal sole, nonostante la notte buia e fredda, mentre il giovane mormorava:

-         Ho le mie risorse… comunque buon compleanno – prima di dedicarsi ad un punto un po’ più morbido appena sotto al naso.

 

 

(*) Bodhràn: tamburo tradizionale irlandese di pelle di capra.

(**) Cèilì: festa da ballo tradizionale.

 

 

Non lo so. Hazuki ce la vedo bene sia con Fujo sia con il ragazzo che suona la tromba (scusate, ma non mi ricordo il nome ç_ ç)… comunque questa è venuta fuori così.

Ah, l’Irlanda! Non ci sono mai stata, ma ho una voglia pazzesca di andarci da circa dieci anni. Voi ci siete mai andati?

E il violino… lo suonavo anch’io, ma ho cominciato un po’ tardi e adesso non ho più il tempo di andare a lezione. Mi manca così tanto… è uno strumento fantastico, come una dama da corteggiare: all’inizio fa tanto la difficile, ma quando si scioglie tira fuori le note più magiche del mondo!

 

Arrivederci al 3 marzo, con il compleanno di Onpu Segawa!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Onpu- 3 marzo ***


Prima di tutto…

Tsukino_chan_91: non pensavo che la storia ti potesse piacere così tanto! Devo dirti però che a me Masaru non dispiace, soprattutto perché Fujio mi sembra avere un carattere abbastanza simile a quello di Hazuki, mentre per gli altri tre dei Flat4… non so, mi sembra che i loro caratteri e quelli delle Ojamajo a cui sono accoppiati siano più complementari. E sì, mi piace anche Akatsuki, anche se Tetsuya è un degno avversario.

Comunque per il compleanno di Hazuki ho scelto di mettere Fujio un po’ per i capelli rossi (come hai detto tu, si mimetizza bene fra gli irlandesi) e poi perché è l’unico con cui Hazuki potrebbe parlare di magia. Insomma, è venuto fuori lui! Piuttosto, dimmi cosa ne pensi del compleanno di Onpu!

Alissyachan: sono contentissima che qualcuno nato in uno dei compleanni che racconto abbia recensito! Hai visto che all’inizio c’è sempre una dedica per i nati lo stesso giorno?

kikkyxx14: ti dirò, io non sono una fan di Onpu… quindi vediamo che cosa ne è venuto fuori! Grazie per il commento, spero che recensirai anche questa one-shot!

ale03: oh, bene! Qualcun altro convinto che Hazuki sia adatta sia all’uno che all’altro! Invece Onpu ha il destino segnato, non c’è scampo, il suo ragazzo è uno solo!

BAbyDany94: sono contenta che la one-shot su Hazuki ti sia piaciuta, ma sei vuoi lasciare anche un commento un po’ più lungo, per dirmi che cosa hai apprezzato di più e cosa meno, sei la benvenuta!

 

 

 

Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno dei Pesci in un giorno di tardo inverno

 

 

-         Davvero, papà? Mi porterai con te?

L’aria meravigliata con cui Onpu aveva accompagnato questa domanda la sera prima permeava ancora la sua espressione. Solo che ora vi si era aggiunto anche un senso di estasi totale, inimmaginabile per chiunque tranne che per una bambina di sei anni giusti giusti che ha l’occasione di trascorrere l’intera giornata del proprio compleanno accanto al padre che non vede quasi mai. Su un treno, per di più.

Ora che la piccola Onpu si trovava su quell’enorme serpente di metallo, si sentiva ancora più emozionata. Non tanto per l’essere sul treno, quanto perché l’uomo che avrebbe dovuto guidarlo era suo padre.

E poco importava se l’avesse messa su un sedile e le avesse chiesto di stare tranquilla e non disturbare gli altri passeggeri. Si sentiva importante, avrebbe voluto dirlo a tutti: “Il mio papà è l’uomo che sta guidando questo treno”.

Ora, Onpu era una brava bambina, buona e ubbidiente. Ma manifestava una certa tendenza a fare sempre quello che le pareva. La libertà era la cosa che più le stava a cuore. Perciò non ci pensò due volte a saltar giù dal sedile e andarsene a fare un giro per i vari scompartimenti.

Su quel treno sembrava esserci il mondo intero: un uomo con la propria valigetta ventiquattrore, assolutamente impeccabile, seduto accanto a una donna con un bambino piccolo in braccio, che di tanto in tanto scoppiava a piangere. Due sedili più in là c’erano due studentesse liceali, le cui risatine causavano un certo fastidio agli altri passeggeri.

Onpu vagava qua e là, osservando tutti i personaggi più interessanti che le capitavano a tiro. Ovviamente ogni tanto saliva su un sedile libero per guardare fuori dal finestrino, e godersi il paesaggio che scorreva via a velocità incredibile, anche se il sole luminoso di quel tre marzo rimaneva lo stesso.

Ad un certo punto la sua attenzione fu attratta da uno strano ragazzino che guardava fuori dal finestrino con aria piuttosto interessata. Ad una prima occhiata ciò che l’aveva maggiormente attirata erano stati i suoi tratti così strani: i capelli di un colore indefinibile e gli occhi verde bottiglia. Poi, guardando meglio, si era accorta che sembrava non essere accompagnato da nessuno, malgrado fosse appena un po’ più grande di lei.

Estremamente curiosa, ma facendo finta di nulla, si sedette sul sedile libero di fronte a lui. Per un po’ di tempo guardò fuori dal finestrino, anche se di tanto in tanto lanciava un’occhiata a quello strano bambino. Aveva un’espressione particolare, una specie di smorfia dipinta sulla faccia, come se stesse sempre ridendo di qualcosa.

Dopo qualche minuto Onpu lo guardava ormai fisso in volto, infischiandosene di fare la figura della sfacciata, sicura che quel ragazzino avesse qualcosa che proprio non andava.

Alla fine lui dovette accorgersi di quei grandi occhi scuri che lo osservavano attenti, perché si voltò verso la bambina con un’aria piuttosto sorpresa. Dopo un po’, però, riprese la sua solita espressione sorniona e divertita.

-         Deve piacerti molto la magia, eh? – fece, con il sorriso accattivante di chi una cosa proprio non se l’aspettava, ma è comunque felice che sia accaduta.

-         Io non credo alla magia – rispose lei, indispettita.

-         Guarda che ogni volta che dici una cosa del genere da qualche parte ci sono un mago o una strega che cadono morti.

-         Davvero? – chiese Onpu, improvvisamente preoccupata.

-         No, come vedi io sono ancora vivo e vegeto – sghignazzò il ragazzino.

La sua interlocutrice si indispettì ulteriormente, ma lui non vi fece caso.

-         Comunque non pensavo che su un treno noioso come questo qualcuno potesse vedermi – aggiunse.

Stavolta Onpu non ce la fece a rimanere zitta:

-         Questo treno non è affatto noioso. Come ti permetti di dire una cosa simile? – gli rispose, difendendo l’onore leso del proprio papà.

Il bambino non ribatté, facendo spallucce.

-         Mah, se lo dici tu hai ragione. Dopotutto conosci questo mondo meglio di me. È la prima volta che ci vengo.

Onpu non era sicura di aver capito bene.

-         Vuoi dire che è la prima volta che sali su un treno? – chiese.

-         Beh… anche – ammise l’altro – Però mi piace di più quello che c’è fuori. È bellissimo veder passare tutto così velocemente.

-         Sì, piace anche a me! – rispose la piccola sorridendo.

-         Che carina che sei quando sorridi – le disse all’improvviso quello strano ragazzino.

A tale affermazione Onpu lo guardò storto.

      -    Adesso lo sei decisamente di meno – constatò l’altro senza scomporsi.

      -    Senti un po’… - cominciò la bambina, decisa a dirgliene quattro a quello sconosciuto

           impertinente.

-         Almeno il giorno del tuo compleanno dovresti sorridere, sai? – continuò lui, quasi rimproverandola.

Onpu, esterrefatta, stava per chiedergli come facesse a saperlo- non le sembrava di avercelo scritto in faccia, che quel giorno era il suo compleanno- ma non fece in tempo, perché il viso del padre spuntò improvvisamente dal corridoio tra i sedili:

-         Onpu, sei qui! Mi hai fatto preoccupare, lo sai? Si può sapere cosa ti è saltato in mente di andartene a gironzolare? E che ci fai qui tutta sola?

A quest’ultima domanda la bambina rivolse uno sguardo stupito al ragazzino che non aveva smesso di sederle davanti. Possibile che il padre non lo vedesse?

      -    Quindi ti chiami Onpu… è un bel nome, molto musicale (*) – commentò lui,

            imperturbabile.

La piccola non smise di fissarlo nemmeno mentre il padre la prendeva per mano e la trascinava con sé lungo il corridoio, deciso a riportarla nel vagone giusto.

Onpu si era voltata, anche se ebbe giusto il tempo di vedere la testa del ragazzino fare capolino dal sedile e dirle a voce alta:

-         Ciao Onpu, ci vediamo! Ho la sensazione che ci rincontreremo presto… soprattutto se continuerà a piacerti la magia! E ancora tanti auguri!

Quelle furono le ultime parole che udì, e mentre la porta dello scompartimento si chiudeva si rese conto che, malgrado fosse molto maleducato mettersi a gridare in treno, nessuno dei passeggeri aveva detto niente. Nessuno aveva alzato la testa per sgridarlo. Anzi, sembrava non se ne fossero nemmeno accorti.

Quando quella sera Onpu fu sotto le coperte, al calduccio perché le notti di marzo erano ancora piuttosto fredde, ripensò ai particolari di quella bizzarra giornata.

Di due cose si convinse: che il treno era un posto decisamente speciale, dove si potevano incontrare i tipi più imprevedibili, forse addirittura magici; e che quello era stato davvero il compleanno più particolare dei sei che aveva festeggiato fino a quel momento.

Poco prima di addormentarsi, le venne in mente che alla fine quel ragazzino sconosciuto non le aveva nemmeno detto il suo nome.

“Beh, non importa… tanto le persone che si incontrano in treno non si rivedono più.”

Tuttavia la sensazione che prima o poi avrebbe rivisto quel sorriso sornione dall’aria canzonatoria non la abbandonò, e la portò a sognare raganelle e note musicali per tutta la notte.

Anche se il giorno dopo, che non era più il suo compleanno, se n’era già dimenticata.

 

 

(*) Onpu, in giapponese, significa “nota musicale”.

 

 

Spero sia chiaro chi fosse il ragazzino incontrato da Onpu in treno, mie care fan dei “Flat4”... allora, vi è piaciuta?

La frase in cui dico che Onpu faceva sempre quello che le pareva perché le piaceva sentirsi libera è riferita alla sua formula magica “Magia della musica, diffondi la libertà!”.

Mi scuso per il riferimento forse inappropriato alle fate e al modo in cui muoiono tratto da “Peter Pan”… ma la tentazione era troppo forte!

Che ne pensate dei treni? Io non faccio mai incontri interessanti, anche se lo prendo due volte a settimana… e voi? Avete qualche storia da raccontare in proposito?

Aspetto commenti!

 

Arrivederci al 25 marzo, con il compleanno di Hana Makihatayama!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Hana- 25 marzo ***


Prima di tutto…

Hatori: che bello sentirti anche qui! Mi fa davvero piacere che il compleanno di Onpu ti sia piaciuto, in quanto Pesci anche tu! Hana è un Ariete, ma spero ti piaccia anche questo…

Alissyachan: non dirlo, che adesso mi viene l’ansia da prestazione! Comunque è vero, Toru fa sempre la sua figura… anche da bimbetto impertinente!

kikkyxx14: sono contenta che tu abbia apprezzato il riferimento a Peter Pan… secondo me ci stava troppo bene... e anche il resto della storia! Grazie per aver commentato!

ale03: meglio per te, se non prendi spesso il treno, anche perché incontri interessanti io non ne ho mai fatti… uffa… comunque spero ti piaccia anche il compleanno della Regina delle Streghe! Aspetto commenti!

Tsukino_chan_91: sono felice soprattutto perché Onpu ti è sembrata così IC. Sai, non è un personaggio semplice da trattare, sono contenta di essere riuscita a renderla bene. Il compleanno di Hana forse è un po’ triste… comunque aspetto commenti!

 

 

 

Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno dell’Ariete in un giorno d’inizio primavera

 

 

-         Vostra Maestà, è tutto pront… ma dov’è finita? – chiese sorpresa la strega quando vide la sedia del trono nuda e vuota.

-         Non c’è – le rispose un’altra strega, intenta a trovare il modo migliore di disporre le decorazioni di rose blu in tutto il palazzo.

-         Come non c’è? Ma oggi…

-         È il suo compleanno, lo so – disse la strega con aria tranquilla – E infatti sparisce tutti gli anni, almeno da centoventi compleanni fa. Comunque non preoccuparti, per stasera sarà di nuovo qui.

-         Ma… cosa farà tutto il giorno? – chiese l’altra, curiosa.

-         È la Regina, quindi può fare quello che vuole.

 

La Regina, intanto, si trovava nel mondo degli umani. Passeggiava tranquillamente per la strada, osservando con aria interessata i cambiamenti dell’ultimo anno. Portava i lunghi capelli biondi raccolti in cima al capo e indossava un vestito bianco di cotone, forse ancora troppo leggero per quel periodo.

Ma per la regina delle streghe il freddo è l’ultimo dei problemi, e Hana si godeva tranquillamente il sole di quello splendido giorno. Il suo giorno.

Aveva fatto colazione nella pasticceria Asuka, che preparava torte e dolci per gli abitanti della città da più di cento anni. C’era andata più che altro per controllare quanto fosse cresciuta la bambina bionda figlia dei proprietari, ed era rimasta alquanto compiaciuta del fatto che la piccola, appena riusciva a rimanere sola in cucina, chiacchierasse tranquillamente con tutti gli oggetti lì presenti.

Pentole, cucchiai, stampi per dolci… perfino il forno parlava con lei, e le raccontava del fastidioso cigolio che sentiva ogni volta che gli aprivano lo sportello. Passando senza essere vista, Hana aveva sentito la bambina bionda promettere al forno che i genitori l’avrebbero riparato presto.

Sicuramente sarebbe diventata una pasticcera degna della propria antenata, colei che aveva fondato il negozio.

Camminando, Hana giunse al parco cittadino, dove due bambine stavano giocando nello spazio per la sabbia. Quella con i capelli castani alzò la testa a guardarla, poi fece un cenno alla sua amica e guardò di nuovo nella sua direzione. L’altra bambina, dai grandi e sinceri occhi azzurri, le sorrise rassicurante.

Hana sapeva perfettamente cosa significassero quei gesti: sapeva che la bambina dai capelli castani poteva vedere spiriti e fantasmi, di qualunque genere essi fossero. Umani, animali… ogni tanto capitava che per strada si chinasse ad accarezzare un micino abbandonato, ma i passanti che si attardavano a guardarla vedevano soltanto una bambina un po’ strana che stava- chissà perché- accarezzando l’aria. Per questo aveva chiesto l’aiuto della sua migliore amica: le aveva spiegato come stavano le cose e le aveva domandato di avvertirla, se per caso anche lei vedesse gli animali e le persone che apparivano a lei. Se riuscivano a vederli entrambe, allora voleva dire che non erano dei fantasmi.

La piccola dagli occhi azzurri era rimasta davvero sbalordita da quella rivelazione, ma era sicura che la sua amica non le stesse mentendo: era infatti in grado di “annusare” all’istante la puzza di una bugia- cosa che le procurava non pochi guai con gli adulti- e quella non lo era.

Dopo un po’ Hana si alzò, rammaricandosi di non poter rimanere ancora un po’ ad osservare i giochi delle discendenti di Hazuki e Aiko. Ma quella giornata non sarebbe durata in eterno, lo sapeva fin troppo bene.

Lungo un viale alberato, trovò una bambina dai capelli scuri e gli occhi verdi seduta sotto un ciliegio, intenta ad osservare le fronde da sotto in su. Hana le si fermò accanto, chiedendole:

-         Allora, cosa dice oggi il fischio del vento?

La bambina la guardò sorpresa, incredula che un’adulta potesse conoscere il suo segreto e parlargliene come fosse la cosa più normale del mondo. Ma si riprese in un attimo, e rispose solennemente:

-         Che sarà una magnifica giornata, senza ombra di pioggia. Forse un po’ d’acqua arriverà domani.

-         Mi fa piacere saperlo. Grazie mille.

-         Prego – rispose la piccola, osservandola allontanarsi. Sorrise ancora, sbalordita, mentre il fischio del vento le raccontava chi fosse in realtà quella donna tanto bella. Ma non disse nulla, e decise che avrebbe mantenuto il suo segreto.

Intanto Hana era quasi arrivata all’ultima tappa di quel suo annuale ritorno del mondo degli umani.

Era contenta che il suo compleanno cadesse all’inizio della primavera: in principio era stato veramente difficile riuscire ad entrare lì, e gli alberi pieni di boccioli e tenere foglie neonate l’avevano aiutata non poco.

-         Ciao, dolce Doremì – disse alla lastra di pietra che dopo qualche passo si era trovata davanti – Sai, se non sapessi che nel mondo degli umani è tradizione portare fiori o al massimo bruciare dell’incenso, ti avrei portato una bella bistecca. So che l’avresti gradita più di mille rose.

Poi mosse leggermente le dita, come se stesse suonando l’aria, e splendide campanule crebbero dal terreno andando ad abbracciare la tomba dell’amica.

-         … credo ti dovrai accontentare di questo.

Hana si voltò e uscì lentamente dal cimitero. Immersa nei mille ricordi di quello che per gli umani era un lontano passato, non si era accorta della bambina che stava avanzando con una grossa scatola fra le braccia, finché quest’ultima non le sbatté addosso, finendo col sedere a terra.

-         Ohi, ohi – fece, massaggiandosi il didietro – Perché devo sempre essere così sfortunata?

Quando poi alzò gli occhi verso la donna che l’aveva aiutata a rialzarsi, la sua espressione si mutò in pura gioia.

-         Oh! – esclamò – Ma che fortuna! Tanti auguri!

-         Grazie – rispose Hana.

-         Però è strano… non riesco a vedere quanti anni compie…

-         È perché sono parecchi – rispose la strega con un sorriso.

-         Beh, auguri lo stesso – ribadì la bambina, per poi recuperare la scatola e continuare per la propria strada, salutandola.

-         Dolce e pasticciona… - mormorò Hana, pericolosamente vicina alle lacrime, ancora una volta – Dev’essere proprio nei geni degli Harukaze… grazie al cielo.

 

Quella sera il gran ballo nel Regno delle Streghe, al quale vennero invitati anche i maghi del Regno vicino, fu davvero spettacolare: rose blu in ogni dove, dai boccioli più minuscoli ai fiori già sbocciati e grandi quanto una bacinella.

-         Tutto bene, Maestà? Vi state divertendo? – le aveva chiesto una strega.

Al che Hana si era alzata, facendo comparire la propria inseparabile, fidata fisarmonica, e aveva attaccato un bel valzer, seguito da un minuetto, sulle cui note tutti avevano ballato felici.

Un bel compleanno, non c’è che dire. Ma i migliori erano stati altri.

 

 

Lo so che è tristissimo, me ne rendo conto. Ma pensateci un attimo: Hana è effettivamente destinata a vivere molto di più rispetto alle normali esistenze di Doremì e delle sue amiche, ed è inevitabile che arrivi il momento in cui le nostre beniamine saranno scomparse da molto tempo, ormai dimenticate.

Eppure, come avete visto, in un certo senso sopravvivono nelle loro discendenti: ipotizzando che ciascuna delle nostre protagoniste si sia sposata con un mago, ho pensato che le loro discendenti potessero sviluppare un qualche potere magico (d’altra parte una cosa del genere veniva già accennata in una puntata, dove un bambino discendente dell’ex-regina poteva parlare con gli animali, ve lo ricordate?).

Spero siano chiari i “riferimenti” che vi ho inserito: la pro-pro-pro-pro-nipote di Momoko sa parlare con gli arnesi di cucina, quella di Hazuki (terrorizzata dai fantasmi) vede gli spiriti ma ci ha fatto l’abitudine, quella di Aiko “fiuta” le bugie e quella di Onpu, che suonava il flauto, comprende ciò che dice il suono del vento. Mentre la discendente di Doremì… in tutta la sua dolcezza, non poteva far altro che sapere all’istante il compleanno delle persone che le stanno intorno, e di conseguenza far loro gli auguri.

Troppo strana? Mah, ditemi voi.

 

Arrivederci al 6 maggio, con il compleanno di Momoko Asuka!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Momoko- 6 maggio ***


Prima di tutto…

Tsukino_chan_91: sono felice che il compleanno di Hana ti sia piaciuto così tanto, e che tu abbia apprezzato anche alcuni dettagli come il potere della discendente di Hazuki e il micino fantasma… pensavo sarebbero passati inosservati, ma mi fa piacere che qualcuno li abbia notati!

BAbyDany94: mah… vediamo cosa ne pensi del compleanno di Momoko…

Hatori: sono davvero contenta di averti fatto apprezzare Hana, soprattutto perché è un personaggio che a cui ho imparato io stessa a voler bene. Non so mai cosa aspettarmi dalle tue recensioni, ogni volta che pubblico mi chiedo: “Chissà cosa ne penserà Hatori”. Spero di aver fatto un buon lavoro...

kikkyxx14: contenta che ti sia piaciuta! Che ne pensi di questa?

AikoSenoo: tranquilla, commenta quando vuoi! ^^ Piuttosto, sono contenta che i miei compleanni di piacciano… che ne pensi di quello di Momoko?

ale03: grazie mille per i complimenti (arrossisco!). Spero tanto ti piaccia anche questo compleanno!

 

 

 

Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno del Toro in un giorno di piena primavera, in particolare a S.S., che ormai è romana d’adozione

 

 

Momoko si svegliò quella mattina con in corpo un’immensa voglia di mettersi al lavoro.

Aveva già trovato su varie riviste di cucina le ricette di cui aveva bisogno, ma ovviamente una vera pasticcera avrebbe preparato tutto il giorno stesso, in modo che ogni cosa risultasse fresca e fragrante.

Andò in cucina e tirò fuori la grande cassetta di pesche che si era procurata con la madre. Ne prese una e la annusò a fondo, quasi chiedendole che cosa avrebbe voluto diventare. In fondo non trovava che il mestiere del pasticcere fosse molto lontano da quello dello scrittore: entrambi plasmavano qualcosa che già si trovava in natura, riuscendo in qualche modo a sublimare gli animi.

Si era sempre identificata molto in quel frutto dolce e profumato che portava nel nome (*): morbido e malleabile, estremamente versatile. Come era lei, forse, a cavallo tra quei Paesi separati dall’oceano: Giappone e Stati Uniti.

Quando aveva dovuto lasciare l’America aveva pensato che in fondo, se con una pesca si possono preparare creme e gelati, torte e macedonie, allora anche lei poteva riuscire ad essere più americana o giapponese a seconda delle necessità.

Sembrava una fantasia da bambina, ma in qualche modo quel pensiero era riuscito a darle coraggio.

Non resistette, e morse il frutto succoso che ancora teneva in mano.

-         Ma come, tesoro? Non dovevi preparare un sacco di dolci per stasera? Se te le mangi, non ne resterà più nemmeno una! – scherzò la madre entrando in cucina.

Momoko non rispose subito, ma sorrise con la bocca piacevolmente piena e le labbra già appiccicose.

-         Non preoccuparti – disse dopo un po’ – È solo che sono così belle che non ho resistito. Inoltre se devo preparare dei dolci devo assicurarmi che siano buone!

-         Giusto – annuì la madre, dirigendosi nella stanza a fianco mentre Momoko si metteva al lavoro.

La ragazzina era talmente concentrata nel proprio operato da accorgersi solo dopo un po’ di una serie di click click che si udivano bene nel silenzio.

Alzò la testa, sorpresa, ed esclamò:

-         Ma mamma! Cosa…

-         Scusami, tesoro – rispose la donna, abbassando sorridendo la macchina fotografica – È solo che non ho resistito. Adoro fotografare le persone mentre fanno qualcosa che adorano. È come cogliere la loro stessa essenza.

-         La loro… essenza? – ripeté Momoko.

La madre annuì.

-         Esatto. Non mi servono foto in cui la gente stia in posa o faccia finta di sorridere. Certo, ce ne sono di molto belle, ma quelle che cerco io sono proprio quelle più spontanee e naturali.

-         Quindi dovremmo fare una foto a te mentre fotografi – ponderò la ragazzina, sorridendo.

-         Sì, forse – rispose la madre – Ma ora basta perdere tempo: ti serve una mano? Non posso lasciare che passi il tuo compleanno a lavorare!

-         Va bene così, grazie – rifiutò Momoko – A me piace stare qui, tra il forno e le pentole. Mi sento a mio agio. Non potrei passare un compleanno migliore.

 

-         Oh, che meraviglia! – esclamarono all’unisono Doremì e Aiko quella sera, nel vedere tutte le prelibatezze preparate dall’amica – Chissà che bontà!

-         Dovete aspettare di assaggiare, prima di dirlo – fece Momoko mentre sistemava gli ultimi piatti.

-         Comunque hanno un aspetto magnifico – commentò Onpu.

-         Già, una presentazione degna dei migliori chef – concordò Hazuki.

-         Già, è fantastico! – esclamò Hana.

-         Non dite così, mi fate arrossire! – si schermì la pasticcera.

-         Beh, comunque ti dobbiamo ringraziare – disse Doremì prendendole le mani – Tu hai trascorso il tuo compleanno a sgobbare e noi ci godremo tutta questa meraviglia. Sei incredibile! Tanti auguri!

Un coro di altri “auguri”, “buon compleanno” fece eco alla dichiarazione di Doremì. Momoko sorrise, felice che il suo essere pesca le permettesse di mescolarsi così anche ad altri tipi di frutta, così diversi da lei. Doremì era una grande e dolce fragola; Hazuki una mandorla delicata ma forte; Aiko simile ai mirtilli scuri e selvatici; Onpu identica alle more, aspre e scorbutiche prima del tempo, ma dolci e perfette quando è trascorso il giusto periodo; Hana un ananas vivace e sprizzante allegria.

-         Ma che cosa aspettiamo? – esclamò per l’appunto quest’ultima – Queste leccornie aspettano soltanto noi!

-         Prego – le invitò Momoko – Allora… ci sono pesche al forno, con lo zabaione, ripiene agli amaretti, meringate, una macedonia col gelato… e infine la torta.

Le amiche erano rimaste a bocca aperta di fronte a tale, ampia scelta.

-         Non fate complimenti! – esclamò ancora una volta la festeggiata, mentre le altre si avvicinavano quasi con reverenza al tavolo imbandito.

Quando poi iniziarono ad assaggiare, e sui loro volti si dipinse un sorriso deliziato, Momoko pensò che un pasticcere viveva forse solo ed esclusivamente per quei momenti: per l’istante in cui qualcuno sorride solo grazie a ciò che ha appena messo in bocca.

Sì, davvero un compleanno coi fiocchi. E per l’anno successivo, cos’avrebbe preparato?

       

 

(*) “Momo” in giapponese significa “pesca”.

 

 

Mi è venuta l’acquolina in bocca, a scrivere questo capitolo. Ha fatto lo stesso effetto anche a voi?

 

Arrivederci al 30 luglio, con il compleanno di Doremì Harukaze!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Doremì- 30 luglio ***


Doremì- 30 luglio Prima di tutto…
Hatori: sono proprio felice che il compleanno di Momoko ti sia piaciuto, anche perché l’ho scritto piuttosto in fretta e non mi sembrava che l’idea fosse granché… invece a quanto pare è piaciuto. E sono contenta anche di aver azzeccato i frutti!
BabyDany94: beh, per questo avete dovuto aspettare un po’… ma eccolo qui! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto (e anche che ti abbia fatto venire l’acquolina in bocca)!
kikkyxx14: felice di aver azzeccato i frutti, e soprattutto che ti sia piaciuta!
ale03: tranquilla, puoi leggere quando vuoi! Anche se il giorno giusto sarebbe più adatto… Comunque in giapponese “pesca” si dice “momo”, mentre il “ko” è un tipico suffisso per nomi femminili, che letteralmente significa “bambina”.


Dedicato a tutti coloro che sono nati sotto il segno del Leone in un giorno di piena estate, specialmente ad A.T., che fa anche lei un quinto di secolo


Ogni volta che cercava di riportare alla mente il giorno del suo compleanno, la prima sensazione che ricordava era sempre la stessa. Svegliarsi nel proprio letto in un bagno di sudore, con i capelli completamente zuppi anche se li aveva lavati la sera prima, e l’aria immobile. La finestra aperta era completamente inutile, se fuori non c’era nemmeno un filo d’aria.
Nascere nel bel mezzo dell’estate comportava tutto questo, anche se Doremì non se n’era mai lamentata. Principalmente perché sapeva che, malgrado il caldo torrido, sua madre quella sera le avrebbe cucinato una bella bistecca succulenta.
Si alzò e si vestì, come una brava bambina di ormai sette anni dovrebbe fare. I capelli, invece, le davano ancora un po’ di problemi, e doveva sempre essere la mamma a pettinarglieli. Comunque presto avrebbe imparato a pensarci da sola.
Si prospettava una giornata magnifica: probabilmente avrebbero fatto una gita presso qualche fiume con papà, che avrebbe provato a farla pescare, mentre la mamma si occupava di Bibì.
Ma quando arrivò in cucina, si rese conto che un elemento fondamentale del suo compleanno stava già andando storto.
Pioveva.
E non si trattava di un temporale passeggero: era quella pioggia estiva dolce e fragrante, capace di durare un’intera giornata.
Infatti lesse sul viso dei suoi genitori un certo dispiacere, quando le dissero che la gita al fiume era stata annullata.
- Ma non devi preoccuparti, Doremì – le disse suo padre – Festeggeremo degnamente anche a casa: ho giusto un bel po’ di palloncini da gonfiare… -.
Sembrava potesse andare bene comunque. E invece no.
Perché nel pomeriggio, con la pioggia che cadeva scrosciante, a sua sorella venne la febbre alta. Troppo alta per una bambina di nemmeno due anni.
- Devono essere questi sbalzi di temperatura – mormorò sua madre, preoccupata – La porto in ospedale, spero che riescano ad abbassargliela in fretta -.
Suo padre annuì, mentre avvolgevano Bibì in una coperta leggera e la infilavano in macchina.
Ora, non è che a Doremì quella specie di nanerottola stesse proprio simpatica: da quando aveva imparato a camminare, la seguiva ovunque- perfino in bagno- e non perdeva occasione per sbavarle addosso. Però vederla così arrossata, mentre respirava a fatica, la preoccupò non poco.
- Ehi, tranquilla – fece suo padre, appoggiandole una mano sulla testa – Non devi preoccuparti, saranno di ritorno prima di quanto pensiamo -.
Doremì annuì, anche se la sua aria mogia non passò. Niente, in quella giornata, stava andando per il verso giusto. Era davvero la bambina più sfortunata del mondo.
Suo padre se ne accorse, e andò ad aprire un cassetto lì vicino. Ne tirò fuori un pacchetto con un bel fiocco rosa, e glielo porse.
- Questo è il tuo regalo – disse – Sarebbe stato bello aprirlo con la mamma e Bibì, ma vista la giornata forse potremmo guardarlo insieme -.
La bambina aprì in fretta il regalo, curiosa. Vide che era una videocassetta, ma quando notò il disegno sulla custodia rimase senza fiato.
- Allora? – chiese suo padre – Sai leggere il titolo? -.
Doremì annuì, scandendo piano le parole:
- “Majo no takkyuubin” (*)-.
- Sono sicuro che ti piacerà. Adori le streghe, non è vero? -.

Mentre il padre infilava la cassetta nel videoregistratore, la bambina studiò attentamente l’immagine sulla custodia, bevendone ogni singolo particolare.
Una ragazzina a cavallo di una scopa, sullo sfondo il mare e i gabbiani e tra le braccia un gattino nero.
Quando suo padre pigiò il tasto “Play”, Doremì dimenticò tutto il resto.
Entrò in quel mondo magico e così reale, chiedendosi se anche lei a tredici anni avrebbe scoperto di essere una strega. Se davvero indossassero una semplice veste nera, e non avessero alcun bisogno di una bacchetta magica.
Però volare sulla scopa non sembrava affatto semplice e si chiese se, data la sua goffaggine, ci sarebbe riuscita. Magari arrivata a tredici anni sarebbe stata più agile. Forse.
Anche a lei avrebbero dato un gatto nero parlante come accompagnatore? Ma magari c’erano anche altri animali… forse anche gatti bianchi o raganelle…
Lei credeva profondamente alla magia, anche se l’unica a cui l’aveva confidato era la sua migliore amica, Hazuki. Lei non si era espressa al riguardo: le bastava che non esistessero spiriti o fantasmi, le streghe le erano indifferenti.
Quando il film finì, il telefono prese a squillare.
- Pronto? Oh, certo cara! Davvero? Bene, sono sollevato. Sì, sì, ci penso io -.
Il padre mise giù il ricevitore e le rivolse un gran sorriso.
- Bibì sta bene e fra un po’ lei e la mamma torneranno a casa. Cosa ne dici se intanto cominciamo a cuocere le bistecche? -.
E c’era da chiederlo? Doremì fece un salto giù dal divano, prontissima ad aiutare.
Ma prima tolse la cassetta dal videoregistratore, la mise premurosamente nella custodia e la portò in camera sua.
Non accese la luce, e per questo finì per inciampare e cadere immancabilmente a terra.
- Doremì, tutto bene? – fece la voce di suo padre dalla tromba delle scale.
- Sì, non mi sono fatta niente! -.
Ma la bambina non si rialzò subito dalla sua postazione sul pavimento. Era ancora immersa nel film.
Le streghe. Le streghe. Lei era certa che esistessero, e un giorno ne avrebbe trovata una. Forse sarebbe addirittura diventata una di loro.
- Allora, Doremì, preferisci il sushi? – la chiamò la voce di suo padre.
- Certo che no! Arrivo subito! – esclamò lei, precipitandosi giù dalle scale con tanta foga che rischiò di cadere.
Un inconfondibile profumino di bistecca stava già cominciando a diffondersi per la casa.
 

(*) “Majo no takkyuubin”: è il titolo giapponese di “Kiki’s Delivery Service”, film di Hayao Miyazaki.

Kiki


Ed eccoci giunti alla fine.
Questo è l’ultimo compleanno della raccolta, l’ultimo della serie iniziata a settembre. Se avete visto “Kiki’s delivery service” (Kiki- consegne a domicilio”), sicuramente l’avete capito di più.
Comunque il film narra le vicende di Kiki, una giovane strega di tredici anni, che deve imparare a cavarsela da sola, e parte da casa con la sua scopa e il suo gatto Jiji.
Ve ne consiglio la visione, perché è splendido (come tutti i film di Miyazaki, del resto)!
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato e messo la storia fra i Preferiti o semplicemente nei Seguiti. Anche coloro che hanno semplicemente letto, cercando magari il capitolo dedicato al loro personaggio preferito: mi farebbe piacere che me lo dicessero in questo che è l’ultimo, tanto per salutarci. Comunque fate quello che volete.
Grazie quindi a ale03, Tsukino_chan_91, AikoSenoo, Sadako87, kikkyxx14, Alissyachan, BabyDany94, Hatori.

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=275069