Echo di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1 Ritrovamento nei ghiacci ***
Capitolo 3: *** Cap.2 Steve si risveglia ***
Capitolo 4: *** Cap.3 Sfiducia ***
Capitolo 5: *** Cap.4 Dall'altro Steve ***
Capitolo 6: *** Cap.5 Differenze oltre l'apparenza ***
Capitolo 7: *** Cap.6 Prima di un addio ***
Capitolo 8: *** Cap.7 The hard truth ***
Capitolo 9: *** Cap.8 Litigi ***
Capitolo 10: *** Cap.9 So chi sono? ***
Capitolo 11: *** Cap.10 Skrull o non skrull? ***
Capitolo 12: *** Cap.11 I motivi di Skrull Steve ***
Capitolo 13: *** Cap.12 I motivi di Skrull Steve II° parte ***
Capitolo 14: *** Cap.13 Fuori luogo ***
Capitolo 15: *** Cap.14 Io sto pensando a te ***
Capitolo 16: *** Cap.15 Ultimi saluti ***
Capitolo 17: *** Cap.16 Bacio d’addio ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Hello,
hello. C'è qualcuno là fuori?
Tony
appoggiò la mano sul
vetro gelido e vide il proprio riflesso. Dall'altra parte si vedevano
le luci
della città. Sentì dei passi alle proprie spalle,
alzò il capo vedendo il
riflesso di Steve sul vetro. Sogghignò, infilò le
mani in tasca e voltò il
capo.
“Già di ritorno, Capitano?”.
Steve
annuì e sorrise.
“Per poco. Sono passato solo a controllare la squadra, visto
che tu non vuoi
farlo”.
Tony
roteò gli occhi, si voltò.
“Ne abbiamo già parlato. Io lavoro da
solo”.
Steve
avanzò, scuotendo il capo.
“Questo non è vero da anni, Tony”.
Tony
sbuffò, allargò le braccia e si
allontanò dal vetro camminando per la stanza,
raggiunse il tavolinetto e afferrò una bottiglia.
“Senti, sono vivo e sobrio; quindi puoi anche chiudere il
discorso e tornare
alla tua missione”.
Steve
lo raggiunse, gli afferrò la bottiglia e la
ondeggiò.
“Non crederei che sei sobrio nemmeno se l'alcool test
risultasse negativo”
disse, con tono scherzoso.
Tony
sbuffò, incrociò le braccia e alzò la
testa, aggrottando la fronte.
“Sei tu il leader. Sei tu quello di cui ci fidiamo. Io servo
per i miei soldi,
le mie armi e il fatto che sono il migliore; non per coordinare un
gruppo”.
Steve
sospirò socchiudendo gli occhi, abbassò il capo
stringendo le labbra.
“Cambierai idea” sussurrò.
Lasciò la bottiglia sul tavolo, si voltò e
strinse
le spalline dello scudo.
“Ci vediamo tra due giorni” disse.
Tony
lo
guardò uscire, sospirò e si lasciò
cadere seduto sul divano affondando tra i
cuscini.
< Se pensa che tra due giorni avrò cambiato idea, si
sbaglia di grosso >
pensò. Stappò la bottiglia, sospirò e
ne bevve metà rovesciando il capo
all'indietro. < Non sarò mai il leader
degli Avengers >.
Udì dei fruscii, aggrottò le sopracciglia e
posò la bottiglia. Si alzò,
raggiunse la porta e vide la schiena di Natasha.
“Ehi! Che succede?” chiese.
Natasha
si voltò, spostò una ciocca di boccoli rossi
dietro l'orecchio e assottigliò lo
sguardo.
“Alcuni importanti dati presenti solo in cartaceo sono
spariti” spiegò. Steve
agganciò lo scudo al braccio, allargò le gambe e
aggrottò la fronte.
“Ci sono indizi? Tracce? Rilevamenti? La
sorveglianza?” chiese. Natasha scrollò
le spalle.
“Clint è andato sul posto per cercare indizi
insieme a due Mark per i
rilevamenti bio-chimici e termici. Le telecamere e tutti gli altri
mezzi di
sorveglianza sono stati disattivati, non hanno registrato
niente”.
Tony
incrociò le braccia, mugolò.
“Qualcuno deve averli hackerati. Quante persone sanno che
esistono anche
archivi cartacei fondamentali?”.
Steve
sospirò e si massaggiò la radice del
naso.
“Non devi ragionare così. L'HYDRA è
ovunque, chiunque potrebbe esserlo, è
inutile chiedersi chi lo sapesse e chi no”.
Natasha
si portò una mano al fianco.
“Però possiamo ricavare un elenco dei
sospetti”.
Tony
scosse il capo, e si passò la mano tra i capelli castano
scuro.
“No, ha ragione Cap. Se anche sapessimo chi aveva le
informazioni, non possiamo
essere sicuri che li conosciamo tutti, e inoltre se iniziamo una cosa
del
genere diffonderemo il panico. È meglio essere
discreti”.
Steve
sorrise, annuì e si mise lo scudo sulle spalle.
“Ora va meglio, Tony” approvò.
Natasha
sospirò, scosse il capo.
“State ancora litigando su chi è il capo? Andate
avanti da tre anni!” si
lamentò.
Tony
indicò con il mento Steve, ghignò.
“Andremo avanti finché il vecchietto non si
arrenderà” disse.
Steve
rise, e fece aprire l'ascensore.
“Il simbolo dell'America non conosce resa!”
esclamò. Entrò, si voltò e
guardò
Natasha socchiudendo le iridi azzurre.
“Tenetemi informato” ordinò.
Natasha
annuì, l'ascensore si chiuse.
Tony
sbuffò, incrociando le braccia.
<… E alla fine, decide sempre lui >
pensò. Sogghignò, scosse il capo e si
strofinò il pizzetto. < Meglio
così > si disse.
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Capitolo 2 *** Cap.1 Ritrovamento nei ghiacci ***
Cap.1
Ritrovamento tra i
ghiacci
Perché
c'è tanto silenzio
Sono solo, solo
Tony fece oscillare il bicchiere, i cubetti di ghiaccio al suo interno
tintinnarono
contro il vetro.
“Allora, Jarvis, novità dalle intercettazioni
delle chiamate di Nicky?”
domandò.
“Dodici chiamate alla signorina Hill, quindici all'agente
Romanoff, due
all'agente Barton, tredici al Capitano Rogers, quarantadue al suo
numero
personale e sedici criptate” elencò Jarvis.
Tony
inarcò un
sopracciglio, allargò le gambe.
“Criptate? Chi ha chiamato?”.
“Il destinatario è sconosciuto, ma secondo le
registrazioni vocali è il
fratello minore del generale Fury”.
Tony
si alzò di scatto, e
si toccò i bracciali dell'armatura.
“Fury ha un fratello?” chiese.
“L'ultima
traccia di lui
è riconducibile ad una base al Polo Nord,
signore”.
Tony
sogghignò.
“Lascia dodici Mark a guardia della casa, e tieni aperta la
comunicazione con
gli Avengers. Si va al polo, Jarvis”.
“Non
credo che il
Capitano Rogers ne sarà entusiasta, signore”
ribatté l’intelligenza artificiale.
Tony
sbuffò, e raggiunse
la finestra.
“Escludilo. Voglio proprio divertirmi” disse.
Guardò il vetro, osservò il
riflesso dell'armatura venire verso di lui e si voltò di
scatto, facendosela
aderire addosso. Il vetro si abbassò e lui si
gettò nel vuoto; spiccando il
volo. Sorvolò l'oceano, virò fino a vedere sullo
schermo una base
contrassegnata dal simbolo SHIELD. Atterrò, si
guardò intorno e vide due agenti
camminare verso di lui.
“Signor Stark! È successo qualcosa?”
domandò quello sulla destra. Tony avanzò,
alzò l'elmo dell'armatura, la neve cadde sul suo volto
facendogli arrossare il
naso e rizzare i peli del pizzetto.
“A New York si muore dal caldo, ho pensato di prendere un po'
di ghiaccio”
scherzò.
L'agente
sulla sinistra
gli indicò la base con la mano coperta dal guanto di lana,
abbassò l'arma e
sorrise da sotto il cappuccio ricoperto di neve.
“Venga, le offriamo una cioccolata calda!”.
Tony
annuì, seguì i due
agenti nella neve fino ad entrare nella base. Passò di
fianco ad una fila di
computer, infilò una pennetta e continuò ad
avanzare fino ad un tavolo con
altri cinque agenti seduti. Una si alzò, sorrise, e
indicò la sedia.
“Signor Stark, si accomodi!” disse, con tono
cinguettante. Una seconda roteò
gli occhi, bevve due sorsi da una tazza.
“È inutile che fai la civetta, è
fidanzato”.
Tony
rise, si sedette e
rilassò le spalle socchiudendo gli occhi.
“Oh, davvero? Questa mi suona nuova!”.
Un
agente si sfilò il
cappello, scrollò le spalle e versò una tazza di
cioccolata nel bicchiere
davanti a Tony.
“Allora posso provarci con la sua segretaria?”.
Tony
si accigliò
aggrottando la fronte, grugnì e si alzò
stringendo la tazza.
“No… E per punizione, niente autografo”
disse.
Un
secondo agente
s'imbronciò, un terzo sbuffò.
“Non è giusto!” esclamò un
quarto.
Tony
ghignò, abbassò
l'elmo e osservò i dati sul proprio schermo;
spalancò gli occhi. Indurì lo
sguardo, indietreggiò e dilatò le narici.
“Nemmeno tenere un soggetto
potenzialmente pericoloso sotto ghiaccio, sottoponendolo ad esperimenti
illegali in almeno cinquantasette paesi”.
Gli
agenti si alzarono
spalancando gli occhi, uno attivò gli allarmi che iniziarono
a suonare.
Tony
spiccò il volo, si
infilò nel corridoio sentendo degli spari ticchettargli
sull'armatura; svoltò
un angolo e sparò con i laser a degli agenti, l'allarme
suonava facendogli
fischiare le orecchie.
“Jarvis, disabilita i sistemi di sicurezza di questo posto e
informa Nicky che
nelle sue basi SHIELD ci sono più infiltrati di quanto
credeva” ordinò.
Volteggiò tra una serie di agenti, si sentì
afferrare per la gamba e spinse con
i repulsori facendoli cadere contro i muri; le pareti esplosero e lui
si spinse
in avanti passando attraverso un buco.
“Contatto gli Avengers, signore?”.
“No, spegni solo quel fottuto coso!”
urlò. Sfondò una porta di metallo con una
spallata, rotolò in terra e si mise in ginocchio alzando il
capo. Spalancò gli
occhi vedendo un blocco di ghiaccio, Steve Rogers era steso immobile
circondato
da apparecchiature, il corpo nudo visibile sotto lo strato di
ghiaccio.
“Non è possibile” sussurrò
Tony. Sentì una serie di tonfi e delle esplosioni
alle sue spalle.
“Signore, nemici con artiglieria pesante in
avvicinamento” informò Jarvis. Tony
si morse il labbro, si alzò e afferrò il blocco
di ghiaccio.
“Via da qui e fai esplodere tutto!”
ordinò. I propulsori si attivarono
facendolo schizzare fuori dalla base, una serie di esplosioni
rimbombarono e il
fumo salì fino ad avvolgere l'armatura in volo con stretto
il blocco di
ghiaccio.
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Capitolo 3 *** Cap.2 Steve si risveglia ***
Cap.2
Steve si risveglia
Non
so davvero dove sia il mondo,
ma mi manca in questo momento
Steve mugolò, della musica rock gli rimbombava nelle
orecchie facendogliele
fischiare. Si strinse il capo gemendo e fu scosso da una serie di
tremiti. Si
sporse, la testa gli ciondolò nel vuoto e vomitò.
Affondava in qualcosa di
morbido e tutto il corpo gli doleva. Ansimò,
boccheggiò, e si stese a faccia in
su.
"Non mi avrete ... con questo frastuono ..." biascicò.
Socchiuse un
occhio, gli pizzicava e si strinse l'addome che gli doleva. Si
rizzò a sedere
sgranando gli occhi e ansimò.
"L'aereo,
stava cadendo!" gridò. Si voltò, facendo cigolare
il letto su cui era
seduto.
Un
uomo
dagli intensi occhi castani e un pizzetto a mosca sul mento lo fissava,
tenendo
incrociate due muscolose braccia dalla pelle scura.
"Chi
sei?! Dove sono?!" gridò Rogers.
L'uomo
schioccò le dita facendo abbassare la musica, gli premette
la mano sulla spalla
facendolo stendere.
“Sei in una struttura militare segreta, soldato. Inspira,
espira, smetti di girare
e avrai risposte”.
Steve s'irrigidì, deglutì a vuoto e
annuì.
"Americana?" domandò. Guardò i muscoli tesi
dell'altro, i suoi occhi
assottigliati e le labbra strette.
< Sospetta di me. Se è americano perché
è tanto diffidente?>. Lo guardò
aprire e chiudere una mano e corrugò la fronte. < Ed
è dannatamente
impaziente. Più che un militare sembra un damerino. Forse
è un ufficiale >
rifletté.
Tony annuì, strinse le braccia incrociate spostando il peso
da un piede
all'altro.
“Esatto. Credo che lei abbia passato un lungo periodo di
inattività forzata”
rispose, duro. Steve strinse i pugni, irrigidendo i muscoli delle
spalle,
sentiva sapore di acido in bocca.
"La guerra?" domandò.
Tony
strofinò le labbra, espirando.
“Vinta. Da circa settant'anni” rispose, atono.
Steve
strinse gli occhi, il battito cardiaco gli divenne irregolare ed
espirò.
"Avevo ... un appuntamento" mugolò. Si morse il labbro fino
a sentire
il sapore del sangue. Socchiuse un occhio, vide il rossore sulla punta
delle
orecchie di Tony e deglutì.
"Ed il mio gruppo? La mia Peggy?" domandò. <
Sembrerebbe
imbarazzato > rifletté.
Tony sciolse le braccia incrociate, le fece oscillare facendo qualche
passo
indietro.
“Tutti morti” rispose duro. Socchiuse gli occhi
aggrottando la fronte.
< Resta calmo, Tony. Non menti bene, se non resti calmo >
si disse.
Steve fu colto da un capogiro e avvertì delle fitte al petto
sovrastare quelle
all'addome.
"Vi chiedo un permesso, allora. Cosicché io possa visitare
le tombe,
signore" biascicò.
Tony inarcò un sopracciglio, arricciando il labbro.
< Deve avermi scambiato per un qualche suo superiore > si
disse. Aggrottò
le sopracciglia indurendo l'espressione, rizzò la schiena
alzando il capo.
“Solo dopo che avremo completato le dovute specifiche. Al
momento lei è nostro
ospite”. Steve si rialzò seduto, si
strofinò le labbra rosa, quasi bianche, con
la mano e si mise in ginocchio.
"Mi auguro facciate in fretta. Ho settant'anni di vita a cui
rimediare" ribatté secco.
Tony
fece un
passo indietro, socchiuse gli occhi.
< Per quanto sembri umano, potrebbe essere qualsiasi cosa
> si ricordò.
Si chinò in avanti abbassando il capo, e
assottigliò le labbra.
“Torni in piedi. Ho bisogno che lei sia consapevole di quel
che fa” disse.
Steve
scese
dal letto mettendosi in piedi.
"Con
il
siero mi rimetto rapidamente" ribatté secco.
Osservò
l'altro indietreggiare, corrugare la fronte e le sue iridi fissarlo
intensamente.
< È nervoso come se fosse un animale selvatico pronto
a sbranarmi per essere
stato scoperto nella propria tana> rifletté.
Tony
distolse lo sguardo, alzò le spalle sogghignando. <
Naturalezza > si
ricordò. Si avvicinò, si sedette sul letto e si
sporse, socchiudendo gli occhi.
“Le devo rivelare informazioni classificate, Capitano.
Purtroppo potrebbero
causarle altri problemi, ma è il motivo per cui si trova qui
chiuso” spiegò,
con tono piatto.
Steve
si
sedette accanto a lui e annuì.
"Mi dica e mi dica anche chi è. Si è offeso
quando le ho detto
signore" ribatté secco.
Tony
si
strinse un ginocchio.
“Lei è rimasto congelato dal 1945 fino ad oggi.
Siamo nel febbraio 2015, ci
troviamo a New York. Lei è tenuto in custodia per questioni
di sicurezza
mondiale, le stesse che mi impediscono di rivelare troppe
informazioni” disse.
Assottigliò le labbra, lo guardò. < Meglio
che tu sappia di me meno di
quanto io so di te > pensò.
Steve
osservò l'irrigidirsi della sua schiena e si sporse,
guardandolo negli occhi.
"Prima di tutto, non date fiato alla bocca se poi non mi dite niente.
Vi
ho sorpreso? Lasciatevi stupire ancora" ringhiò. Gli
mostrò un pugno
dilatando le narici.
"Io sono un ragazzo di Brooklyn. Odio, e ripeto odio, i paroloni"
sibilò.
Tony ricambiò lo sguardo con aria dura.
“Evidentemente nel pleistocene per essere soldati erano
richiesti solo muscoli
e arroganza. Al giorno d'oggi, invece, vogliamo anche rispetto e un QI
di due
cifre” rispose. Inarcò un sopracciglio,
allargò le braccia e sogghignò.
“Ma visto che sono buono, traduco. Ha
dormito circa settant'anni, e
questa è una delle poche che posso dirti insieme alla
città in cui ci
troviamo”.
Steve digrignò i denti.
"Lei è sempre così pomposo e arrogante?"
sibilò.
Tony
aggrottò la fronte.
“Solo quando mi minacciano” rispose, sarcastico.
Poggiò le mani sul letto, tese
le gambe e piegò il capo.
“Lei ha autonomamente deciso che non sono un militare.
È un motivo abbastanza
valido per offendersi, non crede?”.
Steve
si
strinse un ginocchio fino a far scricchiolare l'osso.
"Se sono prigioniero qui, voglio almeno che mi si dica chiaramente"
sibilò.
Tony
roteò
gli occhi.
“Ma io l'ho detto. Circa mezz'ora fa.
È lei che non presta attenzione,
Capitano”. Lo derise. Incrociò le braccia, e
socchiuse gli occhi.
< Cosa sei? E soprattutto, come lo scopro? > si chiese.
Steve
lo
raggiunse all'addome con una gomitata, alzandosi di scatto.
Tony
gemette, si piegò in avanti e digrignò i denti.
Alzò il capo, si rizzò in piedi
e girò attorno al soldato.
“Non te lo consiglio. Puoi non credermi, ma sono l'unica
persona amichevole che
troverai nel raggio di un continente”.
"Ho servito questa patria con la mia vita. Il minimo che mi aspetto
è che
mi si dica almeno la verità!" gridò Steve.
Calciò un armadio mandandolo in
pezzi, si alzò un polverone e frammenti di legno si
sparpagliarono
tutt'intorno.
Tony
roteò
gli occhi, sbuffando sonoramente con le braccia incrociate, e storse il
labbro.
< Prepotente. Crede di essere l'unico a volere il bene della
nazione, Mr.
So-fare-tutto-io > pensò. Si passò una
mano tra i capelli, chiudendo gli
occhi, li riaprì e sospirò.
“Non mi importa quel che ti aspetti, prima donna. M'importa
la sicurezza del
pianeta, quindi accontentati di non essere legato”
ringhiò.
Steve
si
avvicinò i polsi e glieli porse.
"Fa pure! Però a quel punto non desisterò dal
cercare di farti la
pelle" ruggì.
Tony
gli
afferrò i polsi, lo strinse e lo sbatté contro il
materasso. Lo lasciò,
indietreggiò e allargò le braccia.
“Continua a sfuggirti la parte in cui TU sei la minaccia e io
sto solo cercando
di evitare una catastrofe mondiale, oh mia povera vittima!”
urlò.
Steve
lo
raggiunse con un pugno arrossandogli il viso e facendolo cadere a terra
su un
fianco.
"Qui l'unica minaccia che vedo sei tu! Io sono Steven Rogers, imbecille
di
un burocrate!" gridò.
Tony
strinse
i denti, si rialzò e sollevò il capo.
“Burocrate? Bada come parli, soldato”
intimò, con voce dura. Lo indicò con il
capo, e socchiuse gli occhi, rizzando la schiena.
“Io sono Anthony Stark, detentore del monopolio sulla milizia
e la sicurezza
mondiale, nonché super-eroe e tuo custode fin quando non
avremo chiarito tutta
questa faccenda. Quindi, ora, seduto!” ordinò. Si
irrigidì, batté i denti tra
loro e si tirò indietro.
< Merda! Per colpa di Cap e delle sue manie di farmi fare il
leader, la mia
ossessione al comando sta nettamente aumentando >
pensò.
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Capitolo 4 *** Cap.3 Sfiducia ***
Cap.3
Sfiducia
Sono
al limite e sto
urlando il mio nome, a pieni polmoni, come uno stupido.
Steve
si sedette di scatto e chinò il capo, digrignando i denti.
"…
Ed io sono Capitan America!" tuonò.
Tony
incrociò le braccia, sogghignò.
“…
E sei stato ben addestrato” disse, sarcastico.
Lo
indicò con il capo, e socchiuse gli occhi.
“Io
sono Iron Man... E prima che tu lo chieda, è il mio nome da
super-eroe,
lavoro che svolgo da molto più tempo di te;
ghiacciolo”. Fece l'occhiolino. “In
quanto a competenze, vinco io”.
Steve
conficcò le unghie nel palmo e digrignò i denti,
rialzandosi
nuovamente.
“Tu
non vali neanche la metà di altre persone che ho conosciuto!
Scommetto
che lo fai solo per il tuo ego!” ululò.
Tony
roteò gli occhi.
“Sarei
tentato di citarti Il Re leone, ma temo tu non sia abbastanza colto
per cogliere il riferimento” disse.
La
porta automatica si aprì con un fruscio, Clint sporse il
capo.
“Signor
Stark ...”.
Sgranò
gli occhi, si mise sulle punte e guardò i due.
“Cosa?”.
Steve
indietreggiò, strinse i pugni e si mise in posizione di
combattimento
con le gambe piegate e aperte.
“Allora
è una base di super-eroi quella che mi tiene
prigioniero?” domandò.
Clint
si tolse lentamente la faretra dalle spalle, indietreggiò
fino alla
finestra.
“Perché
ci sono due Steve Rogers in casa?”.
Tony
si sbatté la mano sulla fronte e sbuffò.
“Proprio
quello che volevo evitare, Barton”.
Steve
impallidì e deglutì a vuoto.
“Un
clone o un sosia?” domandò e la voce gli
tremò.
Sentì
le gambe tremargli e s'irrigidì.
Tony
incrociò le braccia.
“Non
la seconda e poco probabilmente la prima. Le vostre similitudini
attualmente sono del 99,8%” informò.
Clint
aggrottò la fronte.
“Dobbiamo
avvisare gli altri”.
Tony
scosse il capo.
“Meno
gente lo sa, meno panico si scatenerà, più
probabilmente il falso si
tradirà”.
Clint
guardò Steve socchiudendo gli occhi chiari.
“Non
mi guardi così. Non so che idea abbia lei degli avversari,
ma si vede
che lei è addestrato e in uno scontro non potrei farle
granché. Soprattutto
contando che suppongo non siate in due e che lei non sia abituato a
muoversi da
solo.
Non
mi mette a fuoco da vicino, senza offesa” ribatté
Steve.
Indietreggiò
ancora, rimanendo in posizione difensiva, fino a raggiungere
la parete.
“Con
il suo siero, dubito di reggere il confronto” disse Clint.
Tony
socchiuse gli occhi, incrociò le braccia e
sogghignò.
“Ma allora non sai solo sparare
insulti sperando di trovare quello giusto”.
“Che
cosa mi distingue dall'altro?” domandò secco Steve.
Corrugò
la fronte e ansimò, avvertiva delle fitte alle tempie e la
vista si
oscurò.
<
Nessuno mi conosce, nessuno può testimoniare per me ...
forse potrei
rispondere a delle domande private? > si domandò.
“…
E lei non si sottovaluti solo perché riceve delle buche in
amore”
brontolò.
<
Sperando che quello che ha sul collo nascosto sia un succhiotto e non
una puntura di vespa > pensò.
Tony
spostò il peso da un piede all'altro facendo qualche passo
lateralmente, mosse il capo a destra e sinistra tenendo lo sguardo duro.
“Al
momento solo il livello di educazione”.
Clint
si poggiò con la schiena al davanzale della finestra
stringendo la
presa sull'arco.
“…
E la delicatezza nel psicanalizzare i fatti altrui”.
Steve
rimase rigido, contro il muro, ma abbassò le braccia.
“Non
mi piace essere preso in giro e voglio sapere contro cosa
combatto”
ribatté asciutto.
Tony
indicò Clint con il capo, assottigliò le labbra.
“A
me non piace mettere a rischio gli altri contro una potenziale
invasione
di simil-cloni perfetti”.
Clint
poggiò le mani sul davanzale della finestra, sollevando i
piedi da
terra.
“Ci
deve essere qualcosa che solo uno dei due sa”
suggerì.
<
In realtà li distingue anche la stazza, il Capitano
è molto più grosso
di quest’altro > pensò.
Tony
arricciò il naso, strofinò le labbra tra loro e
incrociò le braccia.
Clint
dondolò avanti e indietro, tenendosi al davanzale.
“Se
hanno gli stessi ricordi la vedo particolarmente dura” disse
Tony, e
gli indicò la porta con il capo.
“Esci.
Comportati normalmente. Niente allarmismi” ordinò.
Clint
storse il labbro, sbuffò ed uscì.
Tony
si avvicinò, si chinò in avanti e
indurì lo sguardo.
“Come
avresti voluto il tuo scudo?” chiese.
Steve
strofinò il piede per terra. Si grattò il
sopracciglio ed espirò.
“Non
lo volevo. Il discorso uscì tra me e Howard”
spiegò. Aprì la mano
sudata e se la guardò. “Io volevo difendere,
più che attaccare e gli raccontai
che spesso mi nascondevo dietro i coperchi delle spazzature dell'epoca.
Lui
fece per questo lo scudo tondo, ma si rese conto che non aveva il suo
solito
stile letale e perciò cercò di darmene
altri”.
Proseguì
e gli occhi gli si arrossarono.
Tony
grugnì, si passò la mano tra i capelli e
sentì delle fitte al petto;
che divennero una sensazione di gelo. Si sporse guardando Steve negli
occhi.
“Ti
devo le mie più sentite scuse... Capitano” disse,
freddamente. Gli
porse la mano, le dita tremavano leggermente.
<
Mi ha preso in giro per tre anni. Per tre anni! È stato mio
amico, il
mio capitano, avevo superato lo stupido odio infantile per Captain
America per
essere alleati... era tutta una bugia > pensò.
Il
viso di Steve si illuminò e sorrise, le iridi azzurre gli
brillarono.
“Mi
credi?” domandò e la voce gli tremò.
Tony
inspirò, espirò e annuì.
“Risposta
naturale, spontanea, sicura. Si tratta di mio padre, so di cosa
stiamo parlando. Quella era la risposta giusta. Qualsiasi altra
sarà quella
sbagliata” disse, scuro.
Chiuse
gli occhi, e deglutì.
<
Ora dovrò affrontare quel traditore >
pensò.
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Capitolo 5 *** Cap.4 Dall'altro Steve ***
Cap.4
Dall'altro Steve
A volte quando chiudo gli occhi
faccio finta di stare bene
Tony
fissò il leader chino sul
tavolo, intento a fissare una mappa olografica. Strinse le labbra, si
avvicinò
e sospirò.
<
È quello chiuso a tre piani da qui il vero.
Lui è un falso. È un falso > si
ripeté.
Il
leader si voltò, sorrise.
“Tony…
Barton mi ha detto che forse non saresti
tornato”. Indurì lo sguardo, si alzò e
chinò il capo.
“Ero
preoccupato per te. Andare in missione da
solo è rischioso, hai una squadra alle spalle su cui
contare”.
Tony
strinse i pugni, conficcandoli
nella pelle.
“Ah,
si?” domandò sarcastico. Sfregò le
labbra
tra loro, deglutì e il leader gli mise una mano sulla spalla.
“Stai
bene, Tony?”.
<
Sembra sconvolto. In fondo è
naturale. Da quando ha scoperto fino a che punto l’Hydra ha
fatto marcire
questo stato, è rimasto profondamente scosso.
Suo
padre ha creato lo S.H.I.E.L.D.
per proteggere il mondo, ed invece è diventato la piaga
infetta che ha fatto
allargare una malattia su tutto. Chiunque, anche la persona
più dolce o
perbene, può essere dell’Hydra e questo lo
sconvolge > rifletté. Corrugò la
fronte. < Vorrei che si confidasse con me, aiutarlo quando
soffre così. Non
deve sempre nascondersi dietro un sorriso affascinante. Alle volte mi
chiedo se
il suo vero volto non sia la maschera dell’elmo di Iron-man
>.
Tony
lo guardò negli occhi, e sentì
delle fitte.
<
… E come potrei, bastardo figlio di
puttana? Mi hai preso per il culo tre anni, e non posso nemmeno dirtelo
per non
scatenare un casino interno alla tua stupida squadra! >
pensò. Annuì, e
sogghignò.
“Un
po' ammaccato. Mi avresti fatto comodo, tu e
il tuo scudo in vibranio”.
Steve
ridacchiò, si sedette di nuovo
e piegò la schiena in avanti. “Avresti potuto
aspettarmi, o chiamarmi”.
Tony
roteò gli occhi, si sedette a
sua volta e sorrise.
“Saresti
venuto a salvarmi in groppa al tuo
aeroplano bianco?” chiese, divertito.
Steve
alzò gli occhi al cielo, spostò
alcuni puntini sulla mappa olografica e mugolò.
“Sarei
venuto anche a piedi, volendo”.
Tony
accavallò le gambe, poggiò la
schiena sulla scrivania.
“Ehi,
Cap. Come avresti voluto lo scudo?”.
Steve
alzò il capo, lo voltò e
aggrottò la fronte.
“Vibranio
e adamantio. Gli artigli del capitano
James Logan, il mio vecchio capitano, erano di quel materiale. Era
fantastico”.
Tony
sentì delle fitte, si alzò.
“Vedrò
se posso accontentarti” sancì. Si voltò
e
si allontanò, inspirò ed espirò.
<
Devo allontanarmi, prima di tornare a
credergli > pensò. Sentì gli occhi
dell’altro continuare a fissarlo mentre
si allontanava.
|
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Capitolo 6 *** Cap.5 Differenze oltre l'apparenza ***
Cap.5
Differenze oltre l'apparenza
Ma
non è mai abbastanza
Perché il mio eco, eco
è l'unica voce che ritorna
Tony
fissò la porta, vi poggiò la mano e
aprì
una schermata.
Il
Capitano era chino su una tavola
da disegno, Tony ingigantì la schermata osservando la mano
del Capitano
tracciare le linee della schiena.
Tony
strinse il pugno.
<
Sta disegnando me > pensò.
Sentì
gli occhi pizzicare, ridusse la schermata,
guardando una serie di schizzi che lo ritraevano sparsi sul letto.
Indietreggiò, corse nel corridoio e si chiuse nell'ascensore.
<
Non credergli. Non credergli. Non credergli
> pensò.
Uscì
dall'ascensore, raggiunse un'altra stanza.
<
Devo vedere quello vero. Accettare che lo è
> si disse.
Bussò
alla porta.
Il
rumore fece rabbrividire Steve che spalancò
gli occhi di colpo ed osservò la porta chiusa. Strinse le
ginocchia fino a far
sbiancare le nocche.
"Non
sapevo che si bussasse alle porte dei
prigionieri" rispose gelido alzando la voce, in modo che l'altro lo
sentisse.
Tony
accennò un sorriso, aprì la porta ed
entrò;
aveva gli occhi arrossati e cerchiati da occhiaie, la fronte tesa e la
punta
delle dita tremava arricciandosi.
“Volevo
essere educato”.
Steve
era seduto sul letto, teneva le ginocchia
piegate e le gambe incrociate sotto di sé.
<
Doveva mancare per poco, evidentemente è
rimasto chiuso in se stesso fino ad adesso. Forse per non ammettere
nemmeno con
se stesso che non se la sta passando bene > rifletté.
Si deterse le labbra
rosate con la lingua.
"Suppongo
tu voglia essere meno aggressivo
con me. Perciò anche io ti chiedo scusa per averti
aggredito" rispose con
tono gelido. Unì le mani e ticchettò con la punta
dei polpastrelli.
Tony
afferrò una sedia e la mise davanti a
Steve, si sedette e intrecciò le mani guardando in basso.
<
Vorrei evitare di sembrare uno sull'orlo
della disperazione > si disse.
Alzò
il capo, annuì lentamente.
“Ho
parlato con ...”.
Espirò.
“…
Lui. Il racconto reggeva, nessuno scivolone
degno di nota. Solo dettagli. Minuscoli, insignificanti, stupidi
dettagli”.
Lo
guardò, le iridi erano liquide e arrossate.
“Mi
dispiace. Non volevo credere che una persona
con cui ho combattuto e per cui sarei morto fosse...”.
Inspirò.
“Comunque,
chi sostituisce un simbolo come te
non ha intenzioni amichevoli, ma vuole conquistare la fiducia della
razza. Il
che vuol dire che c'è un problema”.
Steve
teneva la schiena ritta e fissava Stark in
viso. Osservò la pelle abbronzata e abbassò lo
sguardo sul suo pizzetto,
socchiuse gli occhi.
<
È abituato a sembrare sicuro di sé. Farlo
nuovamente sentire alle strette finirebbe per farci esplodere tutti e
due di
nuovo > rifletté.
"Vogliono
la Terra intera e senza minacce
oltre a loro. Un ambiente funzionale, ma non asettico, altrimenti
avrebbero
preferito postazioni militari. Spiegami bene cosa significa essere
supereroe...
Ironman". Lo invogliò arrochendo la voce all'ultima parola.
Tony
strinse gli occhi chiudendo i pugni di
scatto, e deglutì pesantemente.
<
Un ambiente funzionale, ma non asettico. Un
mondo freddo, ma senza minacce. Dio, sembra il mio incubo migliore
>.
Aprì
gli occhi e lo guardò, scrollò le spalle,
sogghignando.
“Sei
stato il primo supereroe della nostra
storia, dovresti saperlo” disse.
Si
passò la mano tra i capelli, e ridacchiò.
“Io
sono un vendicatore. Ho fatto delle cose, e
devo riscattarmi per questo. Voglio difendere il pianeta, o vendicarlo.
Essere
supereroe vuol dire essere te”.
Si
indicò.
“Essere
Iron Man vuol dire che se non c'è
un'altra scelta, se ne trovano altre due, e che se c'è un
filo spinato, si
taglia per salvare tutti”.
Steve
inarcò un sopracciglio e lo grattò.
Allungò le gambe facendo cigolare il letto ed
espirò rumorosamente.
<
Non credo convenga mettermi a discutere
sulla possibilità che non ci sia altra scelta che stendersi
sul filo spinato
perché non si può tagliare >
rifletté.
Incrociò
le braccia sul petto muscoloso ed
assottigliò gli occhi.
"Ormai
è appurato che è come se mi
conoscessi, è quasi inquietante il fatto che anticipi molti
miei pensieri o
modi di dire" si lamentò. Alzò il capo ed
osservò il soffitto.
"La
caratteristica di un super-eroe è di
poter girare più indisturbato. Perciò deve essere
andato in qualche posto senza
scorta dove tiene dei segreti". Concluse.
Tony
sospirò, accennando un sorriso.
”È
perché lui ti somiglia. Mi avrebbe detto che
bisogna stendersi sul filo spinato, e che non sempre c'è
un'altra scelta”.
Ridacchiò,
grugnì sonoramente e scosse il capo
con forza.
“Però
lui è legato alle autorità. Vi ha perso un
po' fiducia, però di solito non usa il suo essere
super-eroe”.
Si
grattò il pizzetto, deglutì, sospirò e
lo
guardò.
“Forse
dovrò chiedere a Tasha. È la spia del
gruppo, lei potrebbe scoprirlo; aa dovrei parlare alla squadra del
problema, e
non mi crederebbero”.
Steve
sciolse le braccia, chiuse gli occhi e si
portò la mano alla fronte, ascoltando il proprio battito
cardiaco. Riaprì gli
occhi e guardò Tony, si concentrò sul suo corpo
proteso, sul tic all'indice e
lo guardò in viso.
"Sta
a me convincerli di ciò che sono. Se
non vorranno crederti, crederanno ad entrambi, insieme. Sono pronto a
mettere
in gioco la mia anima e tutta la verità che mi riguarda". Si
sporse in
avanti avvicinando il viso a quello di Stark, guardandolo negli occhi.
"Non
permetterò a questo mondo di
finire".
Tony
strinse i pugni tendendosi, ansimò
sbiancando e gli occhi divennero più scuri.
<
Non così vicino. Non-Così-Vicino >.
Tremò,
tese i muscoli fino sentirli dolere e
strinse i denti fino a farsi male.
“Non
è solo la tua anima, quella in gioco”.
Steve
osservò un rivolo di sudore scendere sul
viso dell'interlocutore. Mise le mani sul letto e si spinse
all'indietro,
allontanandosi fino ad appoggiare la schiena ritta sulla spalliera del
letto.
"Allora
decidi tu quanto ti fidi della tua
squadra" sussurrò.
Tony
si poggiò allo schienale della sedia, si
passò la mano sul viso.
“Non
ho molte scelte. Ha agito indisturbato per
anni” sussurrò.
Inspirò
ed espirò ripetutamente, abbassò la mano
e lo guardò.
“È
fastidioso. Mi conosci quanto lui, e mi hai
visto meno. Non capisco se è perché sei empatico,
o sono io incapace di
comportarmi normalmente”.
Steve
inspirò ripetutamente, sentiva odore di
disinfettante che gli pungeva le narici.
"Potrei
vantarmi e dire che gioco meglio
quando il tabellone segna più punti agli avversari,
attendendo la palla buona
da colpire". Iniziò. Sentiva le gambe formicolare e il
battito cardiaco
era irregolare.
"Però
ti ho promesso la verità. Semplicemente
mi hanno rubato la vita e vogliono usarmi per fare del male... a te. E
se devo
qualcosa a tuo padre, questo è aiutare anche suo figlio,
oltre che il mondo. Ti
chiedo ancora scusa per averti attaccato".
La
sua voce era calda e aveva un’inflessione
rauca sulle c.
Tony
strinse i pugni e si alzò di scatto, lo
afferrò per il colletto della maglia tirandolo verso di
sé.
“Non
osare trattarmi con pietà, Rogers”
ringhiò.
Lo
scosse, stringendolo con forza, lo fissò
dritto negli occhi.
“Non
voglio la tua compassione, e smetti
immediatamente di parlarmi come fossi un cucciolo ferito. Io, con
quello, ci
andavo a letto. No, mi correggo, io e lui stavamo insieme, Rogers.
Quindi non
azzardarti a trattarmi in questo modo accondiscendente, o giuro su Dio
che ti prendo
a pugni su quel sorriso perfetto”.
Steve
lo fissò a sua volta negli occhi e
sorrise. Appoggiò la mano su quella dell'altro e fece leva,
facendogli
scricchiolare le ossa.
"Non
provo pietà per te... E se veramente
ci stai insieme e, non ho capito il vostro rapporto, ti voglio
ricordare che la
tua fiducia non dura a lungo".
<
Mi sta provocando, vuole qualcuno su cui
sfogarsi. Howard, ti deve odiare parecchio >.
Tony
lo guardò, accentuò la presa premendolo
contro il muro, aveva il volto arrossato e teso.
“Ho
ucciso cose più grosse e pericolose di te,
Rogers” sibilò.
Lo
lasciò, sospirò, e lo fissò
intensamente.
“Devo
fidarmi di te. Devo... Ma
è accanto a lui che ho combattuto.
Lui mi ha protetto, guidato. Ci ho litigato, mangiato insieme, gli ho
raccontato tutto di me. Gli ho parlato di mio padre e della mia follia,
di
quanto lo odiassi e di quanto mi servisse. Ci sono andato a letto,
Rogers.
Ripetutamente, e fidandomi ciecamente”.
Gli
afferrò il volto, lo avvicinò a sé.
“…E
l'ho fatto credendo fossi tu. Quindi cerca
di afferrare la differenza. Di te devo fidarmi per esigenza e logica.
Lui mi ha
conquistato, giorno dopo giorno, e ancora adesso è nella sua
stupida stanza che
mi disegna”.
Steve
sentì la presa sul suo viso farsi più
forte, sentiva le dita premere su mento e zigomi.
"Sai,
dalla tua reazione, penso di aver
trovato una differenza tra me e l'altro" sibilò.
Regolò
il respiro, sentiva il suo volto
accaldato e la mano umida di sudore di Tony.
"Non
potrei proprio prendere il suo posto
sotto le lenzuola" ringhiò.
<
Non voglio la mente Tony, per quella non ho
bisogno di essere sincero. Se dobbiamo combattere insieme, voglio che
tu ti
fidi per altro > pensò.
Tony
lo lasciò di scatto, lo guardò, batté
le
palpebre e scoppiò a ridere. Si piegò in avanti,
rise più forte scuotendo il
capo.
“Ok.
Ok. Hai vinto tu”.
Tossì,
rise ancora e si rizzò.
“Senti,
odio essere trattato con condiscendenza.
Ho appena scoperto che il mio ragazzo è un alieno che voleva
conquistare il
mondo, e che io probabilmente eseguendo i suoi ordini lo stavo
aiutando… E hai
citato mio padre, che è il modo più rapido per
farmi uccidere qualcuno”.
Si
sedette sul letto di Steve, e sorrise appena.
“Faremo
come vuoi tu. Io non riesco ad agire
oggettivamente, e dobbiamo per forza scoprire cosa c'è
sotto”.
Steve
tirò indietro le ginocchia, le premette
contro il petto e strinse le gambe.
"Cosa
ti fa pensare sia alieno? In ogni
caso, quella sua caratteristica dominatrice deve nascondere qualcosa".
Rogers
deglutì a vuoto un paio di volte e sentì
le orecchie bruciare.
<
Ho letto troppi fantascientifici, mi
vengono strane supposizioni > rifletté.
Tony
incrociò le gambe sul materasso.
“Perché
gli inumani non hanno così tanto
controllo da poter mantenere per anni di fila senza mai sbagliare le
sembianze
di una persona, inoltre ha copiato tutto, perfino i ricordi.
È più logico sia
alieno” disse.
Si
grattò il pizzetto arricciando le labbra.
“Pensi
che sia importante che è dominante?”.
Steve
incassò il capo tra le spalle, alzandole e
abbassò lo sguardo.
"Ha
i miei ricordi, gli sarebbe convenuta
l'altra scelta. Inoltre Barton sembra uno che non ama chi cerca di
controllarlo
totalmente e sembrava avesse avuto quel genere di
difficoltà".
Il
suo battito cardiaco accelerò ed espirò dalle
narici.
Tony
annuì guardando il soffitto.
“Siamo
tutte persone che erano abituate a fare
da sole. Una spia russa, un principe generale alieno, un mostro in
fuga, un
soldato ribelle, un capitalista geniale. Abbiamo accettato lui come
leader
perché sapeva come far collimare i nostri pessimi caratteri.
Forse il trucco è
quello. Il trucco è instillare fiducia”.
Steve
appoggiò la fronte sulle ginocchia e
chiuse gli occhi.
"La
domanda è: vogliono dominare la razza
umana o il dominio serve ad altro?" si chiese tra sé e
sé.
Tony
poggiò la spalla contro quella dell'altro,
ticchettò.
“Sinceramente?
Non importa. Sono qui, hanno
sostituito delle persone, forse uccidendole o forse rapendole. Quindi
vanno
eliminati. Se il dominio gli serve per aprire un fast food o
perché sono i
Grandi Signori Del Male, non è affar nostro”.
"Vedremo"
rispose Steve.
|
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Capitolo 7 *** Cap.6 Prima di un addio ***
Cap.6
Prima di un addio
La
mia ombra,
ombra,
è l'unica amica che ho.
Il
Capitano Rogers aprì la porta del laboratorio
ed entrò, chiudendosela alle spalle.
"Tony,
stai lavorando a quello scudo che
avevi detto che mi avresti fatto?" chiese. Incrociò le
braccia al petto e
sorrise.
Tony
si voltò di scatto, sgranò gli occhi e
aprì
la bocca, la richiuse e si alzò girando intorno alla sedia.
"Ehi.
Da quando si entra senza
avvisare?".
Raggiunse
delle schermate, le chiuse di botto e
dimenò le mani in aria.
<
Dio, sembro una fidanzata beccata dal
ragazzo con l'amante > pensò.
Afferrò
una tazza di caffè, e vi tamburellò con
le dita.
<
Quello vero è in camera sua, chiuso,
sigillato. Ok? Ok > si disse.
Il
Capitano si staccò dalla parete e gli camminò
intorno, inarcando un sopracciglio.
"Non
dirmi che nemmeno tu, con tutte le tue
ricchezze, riesci a trovare l'adamantio" disse.
Tony
sbuffò, e roteò gli occhi, girando intorno
alle apparecchiature.
"Posso
comprare tutto l'adamantio del
mondo, non è quello il problema" disse.
Lo
guardò negli occhi, avvampò e abbassò
lo
sguardo.
"Il
problema è tu che entri mentre sono in
fase creativa".
Steve
gli appoggiò una mano sul fianco e si
piegò, baciandogli il collo.
"Fase
creativa? Questa è una novità"
sussurrò.
Tony
rilassò le spalle e socchiuse gli occhi
sentendo i muscoli rilassarsi.
<
Non ce la faccio > si disse.
Socchiuse
gli occhi, piegò il collo e intravide
la schermata con lo scudo olografico volteggiare. Si morse il labbro,
mise le
mani sulle spalle di Steve e lo allontanò.
"Fondere
vibranio e adamantio non è facile,
sono opposti".
Steve
indietreggiò, il petto muscoloso gli si
alzava e abbassava. Strofinò le mani tra loro ed
annuì.
"D'accordo,
sei occupato con la fusione di
altri opposti" disse. Socchiuse un occhio e schioccò la
lingua sul palato.
"Però,
non è che Clint ha di nuovo fatto
quasi esplodere il tuo laboratorio per cucinare con armi
super-tecnologiche i
suoi pop-corn, vero?" domandò.
Tony
ondeggiò sul posto, batté il piede a terra,
si allontanò e tornò di nuovo da lui.
Grugnì, lo afferrò per la maglia e lo
tirò a sé. Lo baciò con foga, il
ciuffo di capelli biondi di Steve gli batté
contro gli occhi sgranati. Lo spinse contro il muro, aderì
addosso a lui e lo
guardò.
"Ti
piace scoparmi?" chiese.
Il
Capitano sgranò gli occhi e gli mise le mani
sulle spalle, sgranando a sua volta gli occhi.
"Tony"
disse indurendo il tono.
Strinse la presa e corrugò la fronte.
"Sì,
ti desidero, ma non mi sembrava tu
avessi niente in contrario" ringhiò.
Tony
gli strattonò la maglietta, gliela tolse
con uno strattone più forte, la gettò in terra e
gli strinse con forza i
fianchi.
"Ti
piace aprirmi le gambe? Ti piace sapere
di avermi in pugno?" chiese, ringhiando.
Gli
premette le unghie nella pelle chiara, si
sfregò contro di lui con foga con la mascella contratta.
"Ti
eccitava l'idea che io fossi il leader,
così potevi dire di scoparti il capo degli Avengers, oltre
che l'uomo più
potente d'America?".
Steve
digrignò i denti e si voltò di scatto, sentendo
il corpo dell'altro contro il suo. Sentì il suo membro
pulsare e i pantaloni
stringergli alla vita ed avvampò.
"È
il tuo modo di farmi pagare il volerti
come leader? Siamo arrivati a questo?!" sbraitò.
Tony
gli portò una mano al cavallo dei pantaloni,
gli strinse l'erezione con forza.
"Quindi
tu puoi aprirmi le gambe, ma io non
posso scoparti?" chiese.
Gli
morse con forza un orecchio, lo leccò e
soffiò.
"Vuoi
che sia la tua puttana,
Capitano?".
Rogers
gli mise una mano sul petto e lo
spintonò, facendolo volare all'indietro.
"Non
puoi dare a me la colpa del tuo
sentirti una puttana!" sbraitò. Il suo viso divenne
vermiglio e i suoi
occhi febbricitanti. Tirò un calcio a un tavolo ribaltando,
facendo finire una
serie di oggetti metallici per terra con dei tonfi. Ansimò
rumorosamente e si
portò una mano al viso.
"Prima
lo eri per il governo, ora per me.
La prossima volta a chi dirai che ti sta rendendo tale?!"
ruggì.
Tony
si mise seduto, ansimò e sputò sangue
insieme ad un dente. Lo guardò, aveva gli occhi rossi e
liquidi.
"Sono
contento tu l'abbia detto. Così,
almeno, so che mi ci consideri".
Si
slacciò i pantaloni, li calò e aprì le
gambe.
"Avanti,
vieni a scoparmi. Cosa te ne
frega? Mi hai già fottuto il cervello, tanto".
L'altro
si portò le mani ai capelli, ansimò ed
iniziò ad avanzare avanti ed indietro per la stanza.
Tirò un calcio a un
contenitore di metallo e strinse gli occhi. Si voltò verso
Tony e deglutì,
guardandogli le cosce delle gambe aperte, la pelle abbronzata. Lo
raggiunse e
deglutì a vuoto, rabbrividendo. "Si può sapere
che cazzo ti sta
prendendo?". Lo spintonò a terra e lo guardò
negli occhi. "Ti sei
ricordato un giorno che se ti fai scopare non va bene?"
sibilò.
Tony
gli strinse le spalle, lo spinse verso di
sé e aderì a lui.
"Ti
amo" ringhiò.
Lo
guardò negli occhi, si strusciò con foga.
"Ti
amo, brutto stronzo, pezzo di merda"
ringhiò ancora.
Gli
graffiò la schiena, le lacrime gli rigarono
le guance.
"Ti
amo e non me ne frega niente se mi
scopi, ormai".
Rogers
gli si mise di sopra, gli strinse i
fianchi con le ginocchia ed iniziò a baciarlo con
foga.
"Ti
amo anch'io" sussurrò roco.
|
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Capitolo 8 *** Cap.7 The hard truth ***
Cap.7
The hard truth
"Ascolta,
ascolta. Mi accontento di
un sussurro se è tutto quello che hai da darmi.
Ma
non lo è. Non lo è?".
Steve
intrecciò le dita tra loro,
cercò di raddrizzare la schiena e deglutì a
vuoto. Inspirò ed espirò,
voltandosi verso Tony. "Perciò ora Clint farà
venire qui il resto della
vostra squadra. Ho capito bene?" domandò.
Tony annuì, si buttò sul letto sentendo delle
fitte alla schiena e al
fondoschiena.
"Vuoi che te lo ripeta ancora?" chiese, brusco.
Steve indietreggiò rabbrividendo, vide gli occhi arrossati
dell'altro e si
concentrò sul legno della porta. Deglutì a vuoto
un paio di volte e sfregò le
mani sulle braccia.
< Per quello che dà a vedere, è un
miracolo che non abbia ucciso qualcuno.
Ha voglia di piangere e questo aumenta la sua furia omicida repressa
> si
disse.
La porta si aprì ed entrò Clint.
"Barton" lo salutò.
Clint si portò due dita alla fronte, le allontanò
di scatto, e guardò Tony.
"I ragazzi chiedono dov'è Steve, Stark".
Tony rise roco, divaricò le gambe stendendosi più
in basso e fissò Clint
sogghignando.
"A fanculo, Barton. Falli entrare".
Clint storse il labbro, uscì nuovamente e si
sentì un vociare sommesso.
Steve lo guardò di sottecchi e si mordicchiò il
labbro. < Forse dovrei ...
fare cosa? Si sta grattando il collo come se si volesse staccare la
pelle.
Sembra appena uscito da una violenza sessuale > si morse
l'interno della
guancia. Rabbrividì sentendo il vociare farsi più
alto. < Gli passerei la
mia giacca, ma che scusa potrei inventarmi? >.
Tony si strofinò ripetutamente la mano contro il fianco fino
ad arrossarlo,
masticò l'aria deglutendo saliva, sfregava i denti tra loro
tenendo le gambe larghe;
i pantaloni erano leggermente scesi.
Clint
socchiuse la porta, sporse il
capo.
"Proprio proprio sicuro di
volerli vedere? Non sembrano entusiasti, il clone ‘sta
mattina li ha strigliati
tutti per ore".
Steve giocherellò con il proprio ciuffo ed
assottigliò gli occhi. "Stark
ed io pensiamo possa essere l'inizio di un'invasione" disse, cercando
d'indurire il tono.
<… E Tony è provato. Impazzirà,
quello è il suo ragazzo e si sente violato e
tradito. Èmeglio chiudere alla svelta la faccenda,
così può andare avanti >.
Tony si alzò di scatto, spalancò la porta e
tirò dentro Clint; lo spinse e
l'arciere cadde sul letto sgranando gli occhi.
Natasha
si voltò, estraendo la
pistola. Tony le strinse il polso, lo girò dietro la schiena
della donna e la
trasse a sé, le puntò un cacciavite sotto il
mento.
"Ora voi mi ascolterete, perché giuro su Dio che potrei
uccidervi tutti
senza neanche sentirmi in colpa".
Clint guardò Steve con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
"È stato lei?".
Thor strinse il manico del martello e lo puntò verso Tony.
"Datti una calmata, uomo di metallo" sibilò con il suo
vocione roco.
Steve
si avvicinò a Clint e gli porse
una mano.
"Per favore, rimaniamo tutti calmi. Stark, così mi metti in
una situazione
difficile" cercò di dire con tono pacato.
Banner
si nascose dietro la gamba di
Thor, aprendo e chiudendo le mani.
"Tony, ti supplico, lo sai che non voglio guai" balbettò.
Tony ansimò, lasciò Natasha e
indietreggiò.
"Lui è Steven Rogers. Quello che conoscete, quello che mi
scopavo e che
amavo, è un alieno".
Natasha si voltò di scatto, scosse la testa e
guardò Clint.
Clint
le si avvicinò, le sfiorò la
spalla.
"Tutto bene, Nat. Non è del tutto impazzito, dice la
verità" la
rassicurò.
Tony tornò nella stanza, si gettò seduto in terra
con le gambe aperte e le
ginocchia piegate.
"Non ve l'ho detto perché non volevo. Non volevo credere di
aver
combattuto con un alieno che probabilmente vuole conquistarci tutti,
conquistare la nostra fiducia e il nostro rispetto. Ma
non posso aspettare di scendere a patti con me stesso. Dobbiamo
agire".
Thor abbatté il martello su una parete, aprendovi un solco e
facendo aprire
delle crepe sul soffitto.
"Un traditore?!" tuonò.
Banner
si portò le mani alla testa, i
suoi occhi brillarono di verde.
"Cer-cerchiamo di calmarci. Magari se glielo chiediamo, ci sa
spiegare" farfugliò.
Steve si morse il labbro a sangue e raggiunse Tony, inginocchiandoglisi
accanto.
Clint agitò le mani davanti al gruppo coprendo la porta
della stanza con il
proprio corpo.
"Sta calmo, Thor. Gliela faremo pagare, ma dobbiamo essere certi che
non
ce ne siano altri" provò, con tono mite.
Natasha raggiunse Bruce e lo abbracciò, lanciò
uno sguardo oltre la porta.
Tony
si stringeva le ginocchia
sfregandovi le unghie, alzò il capo arrossato e sudato verso
Steve.
"Che vuoi? Sto bene. Alla grande. Potrei sconfiggere un esercito. Di
nuovo" disse.
Steve gli prese una mano, gliela chiuse a pugno e se la
appoggiò sulla guancia.
"Tirami un pugno se ti serve, ma ho bisogno di te per questa cosa".
Indicò il resto del gruppo con la mano aperta. "Loro hanno
bisogno di te,
siete una squadra" sussurrò.
Thor
digrignò i denti e corrugò la
fronte.
"Prima mio fratello, ora il capitano, la mia fiducia è
sprecata ovunque
vado" borbottò.
Tony guardò Steve, aprì la mano e gliela
poggiò sulla guancia.
"Non siamo negli anni quaranta. Non mi basterà per guarire"
sussurrò.
Si alzò, inspirò, espirò.
"Ma posso fingerlo"
mormorò.
Avanzò, si lisciò la maglietta e
guardò Thor.
"La tua fiducia è stata tradita... La nostra. Quella di
tutto il
pianeta" disse.
Li guardò, indurì lo sguardo.
"Sapete quanto gli ero vicino. Non l'ho mai nascosto. Lo amavo. Lo
amo".
Vide Natasha sobbalzare, deglutendo. Sogghignò infilando le
mani in tasca.
"Quindi vi chiederò uno sforzo. Vi chiederò di
fidarvi dell'ultima persona
di cui vorreste. Vi chiedo di fidarvi di me".
Agitò le mani camminando davanti a loro.
"Sono il vostro uomo migliore. Prendo sempre il maggior rischio, e le
maggiori responsabilità. Pago i danni e costruisco le
attrezzature, e tutti
quanti chiamate me quando la situazione scotta. Sapete chi sono. Potete
farlo?
Potete fidarvi?".
Thor si mise il martello alla cintola e gli diede le spalle, facendo
ondeggiare
il mantello rosso. "Ripagherò l'onta con il sangue. Ti
seguirò per questo,
uomo di metallo" ringhiò. Digrignò i denti e i
capelli biondi gli finirono
davanti al viso.
Steve si rialzò in piedi e si voltò verso Clint.
Clint strinse le labbra, sospirò.
"Thor voleva dire che la seguiremo perché, in fondo,
l'abbiamo sempre
fatto" disse.
Natasha prese la pistola, la mise nella cintura della tuta di pelle
nera.
"Lo faremo perché dobbiamo finire il lavoro" disse, dura.
Si voltò e si allontanò nel corridoio.
Bruce deglutì e scosse il capo.
"Ce-certo che ci fidiamo" farfugliò.
Regolò il battito cardiaco e seguì la rossa.
Tony guardò i due allontanarsi, osservò Steve
vicino a Clint e guardò la
schiena di Thor. Si voltò, tornò nella stanza e
si gettò sul letto.
< Vorrei solo... >.
Sospirò, chiuse gli occhi.
< ... Steve >.
Steve si sfilò la giacca e gliela lasciò addosso,
chinò il capo, ed espirò
rumorosamente.
"Vuoi che vada con Clint?" chiese.
Tony si tirò la giacca sulle spalle, lo guardò e
scosse il capo.
"Resta" sussurrò.
Steve si sedette sul letto accanto a lui e guardò Barton
chiudersi la porta
alle spalle.
"Non volevo andasse così" ammise.
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Capitolo 9 *** Cap.8 Litigi ***
Cap.8
Litigi
"Potresti
venire e salvarmi.
Provare
a cacciare la follia fuori dalla
mia testa".
Steve
accarezzò la coperta del letto
ed alzò la testa, osservando il soffitto.
"Uno stronzo può capitare anche se non è alieno"
sussurrò.
Tony alzò il capo, guardò il mento di Steve.
"Sai cosa sto provando adesso, vero?" sussurrò, con tono
roco.
Steve si passò la mano sul mento e con l'altra
ticchettò sul letto.
"Credo che tenerti accanto uno che assomiglia a lui non aiuti.
Però,
qualche idea me la sono fatta" ammise con voce roca.
Si guardò la punta delle scarpe e sospirò.
Tony singhiozzò, si mise seduto avvolgendosi con la giacca
di Steve e strinse
le labbra.
"Sto diventando pazzo" disse.
Steve gli appoggiò una mano sulla spalla, continuando a
tenere lo sguardo
basso.
"Non penso davvero che questa sia solo una buca in amore, per lei.
Anche
io so cosa vuol dire sentirsi traditi, eppure cercare ancora l'altro,
l'essere
presi da lui" ammise, arrossendo.
Tony strinse un pugno, fece il gesto di colpire il volto di Steve e
fermò il
colpo ad un palmo dal naso del soldato. Ansimò, la mano
tremò e la abbassò.
"Una 'buca in amore'?" sibilò.
Lo guardò con occhi gonfi e arrossati.
"Potendo, tornerei a quando ho deciso di cercarti e mi ucciderei,
piuttosto che farlo. Potendo, ti ammazzerei qui e ora e farei finta che
non sia
mai successo nulla. Potendo, andrei in camera sua, aprirei le gambe, e
lo
supplicherei di scoparmi ancora, ancora, ancora e ancora fino a
svenire".
Gli gettò addosso la giacca, si alzò in piedi e
scosse il capo.
"Sto impazzendo e tu parli di 'buche in amore'?".
Steve tirò indietro le gambe e le appoggiò sul
letto, stringendo la propria
giacca al petto.
"Mi scusavo per quello che ho detto la prima volta". Le sue iridi
azzurre divennero liquide.
"Toglierò la parafrasi, forse così il concetto
sarà chiaro" disse,
indurendo il tono. Alzò il capo e strinse la mascella.
"Parlo del fatto che il mio ragazzo, quando si ricordava, tra una
sgualdrina
e l'altra, si divertiva a fottermi. Così è
più chiaro?" sussurrò.
Tony lo guardò, gli occhi arrossati.
< Sono dannatamente gelidi > pensò Steve.
"E quindi? Oh, poverino. Stavi
con uno che ti tradiva e non hai avuto le palle di sfancularlo" chiese
Tony.
Si portò la mano al petto.
"Mi spezza il cuore, sul serio. Pensa che io invece sono la sgualdrina
di
turno. E sai cosa? Ne vado
fottutamente
fiero. Sono la puttana che si sbatte quando ha voglia, e quindi?"
disse,
il volto arrossato e contratto.
Si mosse in tondo, oscillava ondeggiando, sfregando i denti.
"Non mi interessa. Mi sono fatto fottere e l'ho mandato a quel paese. E quindi? Quindi?" chiese.
Si voltò, guardò Steve negli occhi.
"Non hai la minima idea di cosa sia la follia. Il tuo ragazzo ti ha
tradito, non hai avuto il coraggio di lasciarlo, ti sei lasciato usare
e poi
non contento ti sei lasciato pure morire, o speravi così".
Allargò le braccia.
"Io? Io troverò le prove che l'uomo che amo vuole
distruggere il pianeta
che amo e gli pianterò una pallottola in fronte. E poi non lo piangerò,
metterò a posto il pianeta e continuerò a
combattere. Quindi?!".
Steve si rialzò in piedi, si allontanò dal letto
e gli diede le spalle.
"Quindi niente. L'importante è che tu faccia ciò
che devi, Mr. Stark"
disse gelido. Raggiunse la finestra e guardò fuori, oltre il
vetro.
Tony abbassò il capo e ansimò stringendo i pugni.
"Senti, sai cosa?" chiese.
Alzò la testa, allargò le braccia.
"Mi dispiace per il tuo ragazzo. Io l'avrei lasciato al primo
tradimento,
ma ognuno ha il suo" disse.
Respirava in maniera affannosa, barcollò.
"E vuoi saperla un'altra cosa?
Mi dispiace tu non sia riuscito a morire eroicamente. C'ho provato, due
volte. Fa
schifo fallire".
Cadde in ginocchio, le braccia gli tremavano e vedeva appannato.
"Sai cos’altro? Sono stato felice, mentre ero la sua puttana.
Dannatamente
felice".
Provò ad alzarsi, cadde nuovamente e sputò.
"Mi ha fratturato delle ossa, fatto sputare sangue, ferito. Ed io mi
sono
comportato come la classica moglie vittima di violenze domestiche, con
tanto di
'Non lo fa a posta' incorporato".
Fece nuovamente leva in terra, le braccia gli cedettero e
sbatté con il capo in
terra. Digrignò i denti, sospirò chiudendo gli
occhi e rotolò stendendosi sul
pavimento a faccia in su.
"Ma l'ho perso. Avrei lasciato
che mi facesse qualsiasi cosa, capisci?
Ma non posso lasciare invada il pianeta. Devo fare il mio
dovere. Sennò,
come posso non impazzire?".
Steve lo guardò steso a terra, fissava con gli occhi vitrei
sopra di sé. Lo
sentì digrignare i denti e strinse un pugno, conficcando le
unghie nella pelle.
"A tuo padre non importava fare la cosa giusta, ma l'avrebbe fatto per
vendetta" sussurrò.
Tony incrociò le braccia sopra il petto, tenne gli occhi
chiusi.
"Sarebbe bello avere qualcosa da vendicare; ma non ho niente. Non mi ha
lasciato neanche quello".
Steve s'infilò nuovamente la propria giacca e mise le mani
in tasca,
sospirando.
"Tanto per cominciare, non mi sembrava che la tua lingua fosse venuta
meno. Cosa c'è, puoi insultare un solo Capitan America alla
volta?" lo
sfidò.
Tony aprì un occhio, accennò un sorriso.
"Sono depresso… E sobrio. Non riesco a capire se sono stato
violentato o
se ho voluto succedesse. Oh, e me la sto prendendo con il biondo
sbagliato".
Steve scrollò le spalle ed abbassò il capo,
guardandolo nell'occhio aperto.
"Quello che cercavo di dirti è, che alle volte, pensi di
volerlo, ma è
violenza lo stesso" sussurrò.
Tony allungò una mano verso di lui, scosse il capo e la
ritirò di scatto
nascondendola sotto di sé.
"Dovresti dire per prima cosa quello che cerchi di dire, e poi tutto il
resto" sussurrò.
Steve si sedette sul pavimento davanti alla sua testa, continuando a
guardarlo
in volto.
"Non tutti si vantano delle proprie prestazioni sessuali, sai?"
domandò.
Tony scrollò le spalle, aprì entrambi gli occhi e
allungò nuovamente le mani.
Si morse il labbro, le poggiò a terra e grugnì.
"Sono diretto. Forse troppo. Le mie emozioni funzionano
così. O non sento
niente, o sento tutto cento volte. Credo, non ho ancora ben capito".
Inspirò, espirò e guardò gli occhi
azzurri di Steve.
"Ehi. Ho una cosa da chiederti, Capitano".
Steve osservò alcune venature dorate nelle iridi castano
scure dell'altro uomo.
"Dimmi".
Tony allungò la mano, tese le dita.
< In fondo, posso solo farmi più male di
così > si disse. Inspirò.
"Puoi provare a cacciare via questa cosa dalla mia testa?".
Steve gli prese la mano nella propria e se la strinse al petto.
"Ci proverò, se tu me lo permetterai" rispose addolcendo il
tono.
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Capitolo 10 *** Cap.9 So chi sono? ***
Cap.9
So chi sono?
Sono
al limite e sto urlando il mio nome a
squarciagola,
come
uno stupido, al limite dei miei polmoni
Il
Capitano Rogers si allontanò dal palazzo di
Giustizia, stringendosi nel cappotto che indossava. Il satellite di
Stark lo
stava puntando.
"Continuo
a seguirlo, signore?" chiese
Jarvis.
Tony
si passò la mano sul volto corrucciando la fronte
con gli occhi arrossati.
"Saresti
un leader migliore di me,
Tony" soffiò Steve.
Tony
voltò il capo, sentendo le labbra
dell'altro alla base della propria schiena.
"Ah?"
chiese.
Steve
gli poggiò un bacio sul solco dei
glutei, sorrise.
"Ti
seguono, no?".
Tony
roteò gli occhi sbuffando, affondò il
capo nel cuscino.
"Sei
tu il nostro Capitano".
Deglutì,
espirò ed annuì appena.
"Il
nostro amico ha un segreto, dobbiamo scoprire
quale".
Il
Capitano superò un paio di barboni e si diresse in
vicoli man mano sempre più stretti, fino ad arrivare a uno
deserto. Il lampione
dell'ultimo vicolo era semi-spento, il luogo era illuminato dalle luci
dei
palazzi.
Aprì
una porta metallica ed entrò, scendendo lungo
delle scalinate sporche.
"Sembra
sia entrato in un tunnel" comunicò
Jarvis.
Tony
annuì, fece scorrere lo sguardo su una serie di
schermate e alcune si chiusero, altre si aprirono e dei sensori rossi
lampeggiarono.
"Ok.
Seguiamolo J" ordinò.
"Gli
sono proprio dietro, sir".
La
porta metallica si richiuse con un tonfo e il boato
risuonò nel seminterrato, il Capitano avanzò.
L'ambiente
era umido, si sentivano le tubature
gocciolare. Avanzò tra una serie di uova alte quanto lui,
trasudanti una melma
radioattiva e luminosa. Superò una parete su cui erano
appesi dei mantelli
rossi. In più punti il pavimento era sporco di sangue e
delle mosche gli
ronzavano intorno.
Al
centro del seminterrato c'era un trono su cui era
seduta una bambina umanoide dalla pelle verde, rigata e le orecchie a
punta.
Le
sue iridi arancioni brillavano nell'oscurità e i
suoi capelli erano agghindati con uno chignon tenuto fermo da delle
stecche di
legno.
Tony
si bloccò sentendo il fiato mancare, guardò fisso
lo schermo osservando la bambina guardare intensamente il Capitano.
"Devo
intervenire, sir?" chiese Jarvis.
Tony
scosse il capo, deglutì percependo il sudore
freddo e il battito accelerato.
"Non
ancora. Vediamo chi è la piccola signora
delle uova".
Il
Capitano strinse un pugno spasmodicamente, mentre
si approssimava a lei. La melma verde e l'acqua che gocciolava dai tubi
si
mischiavano ristagnando in pozzanghere coprendo alcune delle macchie di
sangue.
La
bambina gli porse la manina, guardandolo con gli
occhi socchiusi.
"Che
nuove riporti?" chiese, con tono duro.
Tony
strinse i pugni fino a farsi male, sentendo la
testa pesante e il battito rimbombargli nelle orecchie.
<
Se lo sapevo, cosa mi ferisce così? > si
chiese.
Alcune
uova pulsavano, altre tremavano, immensi feti
si dimenavano dentro di essi.
Piccoli
simboli e ringhi si alzavano da uno dei più
luminosi e ricoperti di melma, si vedeva una membrana che lo avvolgeva
oltre il
guscio.
Il
Capitano si mise in ginocchio, prese il palmo della
bambina e lo baciò. Piegò il capo, emise un breve
sospiro.
"Ho
la piena fiducia degli eroi del pianeta, mia
signora. Possiamo sostituire un altro membro senza che sia sospetto".
Un
rivolo di sudore gli scivolò lungo la guancia, mentre
cercava di nascondere una
smorfia.
Tony
sobbalzò, deglutì e strinse gli occhi.
La
regina bambina annuì.
"Non
serve sostituire Tony Stark, in quanto già
dei nostri. Forse è tempo di sostituire la Romanoff. In
quanto agente ha
accesso a dati che potrebbero esserci utili".
Il
capitano alzò il capo aggrottando la fronte.
"Stark
è uno dei nostri, mia signora?".
Tony
trattenne il fiato, iniziando a tremare convulsamente.
Scosse il capo chiudendo gli occhi.
<
Non crederle. Dio, non crederle > pensò.
La
bambina annuì, poggiandosi la mano sulle gambe.
"Naturalmente,
uno dei nostri inconsapevoli.
Sennò per quale motivo credi sia diventato così
potente? Lo è per aiutarci".
Il
Capitano sorrise, con aria più rilassata.
“Attraverso
di lui, ci vendicheremo dei Kree. Avremo
di nuovo una casa” disse la piccola.
Tony
indietreggiò, cadde in terra e gli schermi
tremarono. Vide la Regina ondeggiare la piccola mano.
"Torna
da loro, e inventa una missione per te e
la donna. La prenderemo e avremo fatto un passo avanti".
Tony
deglutì vedendo Steve annuire, si mise in piedi e
ansimò indietreggiando ancora.
"J?
Dobbiamo subito dirlo al Capitano e trovare
qualcosa da fare".
"Subito
verso casa, sir".
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Capitolo 11 *** Cap.10 Skrull o non skrull? ***
Cap.10
Skrull o non skrull?
Alle
volte quando chiudo gli occhi faccio finta di star bene,
ma non è mai
abbastanza.
Steven guardò Tony intento a finire di sistemare la sua
armatura nella stanza
dove era rinchiuso.
"Perciò
la prossima vittima sarà Natasha?
Certo
che... sembra strano ci sia una specie di regina. Pensi siano legati
tra loro a livello genetico, come delle strane piante?"
domandò.
<
Mi chiedo se sia passato prima dai suoi amici, per avvertirli che
l'attacco alieno si avvicina > pensò.
Indietreggiò
fino al letto e serrò un pugno, sedendosi.
"Lo
voglio sapere, perché ho tutta l'intenzione di combattere
anche io
con voi". Aggiunse.
<
Non avrei dovuto parlare troppo l'altra volta. Ho cercato di aiutarlo
e mi ha risputato tutto in faccia. Ora siamo pari. Io l'ho aggredito la
prima
volta e lui mi ha pestato la seconda >.
Tony
teneva gli occhi arrossati fissi sul suo lavoro, assemblando
componenti tra loro.
"No.
Forse. Quel che è certo è che riescono a copiare
un altro essere
vivente in maniera esatta, ricordi compresi".
Allungò
un braccio, iniziando a istallare componenti sottopelle.
<
Il mio Capitano… Il mio amante, il mio eroe.
Era
sollievo quello sul suo volto, quando gli hanno detto che ero dei loro?
Tiene davvero a me? > pensò.
Scosse
il capo, le spalle arcuate in avanti.
"C'è
una cosa che devi sapere, Capitano" disse, atono.
Steve
annuì, sfuggendo al suo sguardo.
"Ti
ascolto" rispose.
"Per
prima cosa, delle scuse", iniziò Tony, mentre armeggiava con
i nano-componenti, "ti ho aggredito, insultato e umiliato. Ti ho usato
come punch-ball. Non avrei dovuto".
Le
mani gli tremavano, il piccolo cacciavite gli sfuggì e si
graffiò,
sanguinando. Sibilò di dolore.
Rogers
si alzò di scatto e, piegatosi in avanti, gli
tamponò la ferita con
un fazzoletto.
"Mi
sta bene se non cerchi di uccidermi per far tornare tutto come
prima".
Tony
rise appena, roco.
"No.
No, non lo farei".
Sollevò
il capo al soffitto, lasciando che Steve tamponasse il sangue,
immobile, lo sguardo spento.
"Potrei
essere uno di loro, qualsiasi cosa siano... E anche se non lo
fossi, sono un uomo innamorato. Quello che voglio da te, quello che ti
sto
chiedendo, è di fermarmi. Non importa come, fermami e basta".
Steve
lo guardò con aria confusa.
"Tu
non sei uno di loro.
Ne
ho la certezza".
<
Forse gli sto chiedendo di affrontare una prova troppo grande >.
Tony
gli lanciò uno sguardo perplesso da sotto le ciglia.
"E come fai ad esserne tanto
sicuro?".
Steve
gli posò un braccio sulla spalla.
"Sono
abbastanza empatico da riconoscere delle emozioni umane quando
me le trovo davanti".
Tony
gli poggiò la mano sul braccio.
"Le
emozioni non ci rendono umani. Credimi, anche... lui ne prova.
Molte, e molto spesso".
Steve
piegò di lato il capo: "Mi stai chiedendo un favore che
riguarda
lui?".
Tony
afferrò un telecomando e glielo mise in mano.
"Ho
provato a chiudere gli occhi e fingere andasse bene, ma non
è
abbastanza" disse.
Guardò
Steve.
"Se
io dovessi essere uno dei loro, o peggio unirmi a loro, premilo.
Mi aiuterà a tornare a casa".
Steve
sentì la mano tremare e lo mise in tasca.
"Ti
ho promesso che avresti potuto contare su di me, lo farò"
giurò.
Tony
sogghignò, si mise in piedi di scatto scaraventando
all'indietro la
sedia.
"Tranquillo,
soldatino: non voglio farmi esplodere. È una
ricalibrazione neuronale".
Afferrò
una tazza di caffè, bevendo la d'un fiato.
<
Non so neanche io se sto mentendo. Cosa potrebbe farmi quell'arma che
ho costruito? Rendermi di nuovo un Avengers, o ridurmi il cervello a
gelatina?
> si chiese.
Steve
ritornò al letto e vi si accomodò con fare
stanco. Si udirono dei
passi pesanti.
"Signore,
il Signor Rogers sta arrivando". Risuonò la voce
dell'A.I..
Tony
annuì, prese un respiro profondo e si passò la
mano tra i capelli.
"Allora...
Combattimento contro l'alieno cattivo?" chiese.
Steven
si mise in posizione di combattimento, dicendo: "Mi serve
un'arma".
Tony
fece un sorriso storto, raggiunse il tavolo di lavoro e prese lo scudo
di Captain America.
"Gliel'ho
requisito con la scusa che mi servisse per degli
esperimenti. Credo spetti all'originale".
Steven
lo prese con le dita tremanti e se lo rigirò tra le dita con
aria
riverenziale.
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Capitolo 12 *** Cap.11 I motivi di Skrull Steve ***
Cap.11
I motivi di Skrull Steve
Perché
il mio eco, eco, è l’unica voce che torna indietro.
La
mia ombra, ombra, è l’unica amica che ho.
La
porta si aprì con un tonfo.
"Che
cosa?". La voce tonante di Skrull Steven risuonò nella
stanza.
Tony
prese un respiro profondo, l'armatura nero e oro gli aderì
al corpo.
<
A lutto per il funerale del mio amato > pensò.
Sogghignò,
caricando le armi.
"Show
time".
Skull
Steve strinse un pugno e guardò in viso Tony.
"Da
quanto?" disse perentorio.
Steve
indietreggiò.
<
Se lancio lo scudo, lo intercetterà >.
Tony
sorrise.
"Meno
di quanto dovrei, se ti aiuta".
Dalla
finestra entrò Natasha, che si mise di fianco a Tony.
"Non
posso credere sia vero, ma ho controllato tutti i tuoi movimenti.
Stark ha ragione. Chiunque tu sia, non sei dei nostri" disse, gelida.
Skrull
Steve cercò di raggiungere Steve con un calcio e
colpì Natasha con
una spallata.
"Tony.
Io sono sempre stato dalla tua parte!".
Rogers
aveva schivato parandosi con un pugno.
Natasha
svicolò di lato, tenendosi la spalla con una mano. Con un
rapido
movimento, afferrò dei dischetti elettrificati dai tavoli da
lavoro e li lanciò
contro Skrull Steve.
"Sei
tu che hai tradito noi!".
Skrull
Steve afferrò l'armadio e lo utilizzò come scudo,
digrignando i
denti.
"Voi
non avete idea cosa vuol dire svegliarsi un giorno con
l'impossibilità di mantenere la libertà per cui
hai combattuto!
Voglio
solo che 'almeno' Tony mi resti accanto!
Non
è come pensate voi!" sbraitò a pieni polmoni.
Una
freccia colpì l'armadio, frammenti di legno volarono
tutt'attorno.
Tony
afferrò Natasha, trascinandola dietro un tavolo.
Natasha
lo guardò.
"Non
ascoltarlo. Vuole usarti" sussurrò.
Tony
annuì secco, si alzò e fece per sparare, le gambe
gli tremarono e
tornò acquattato.
<
Sono rimasto da solo? Anche in mezzo agli Avengers, mi sento come se
la mia ombra fosse la mia unica amica > pensò.
Il
martello di Thor mandò in pezzi l'armadio.
Skrull
Steve fu costretto a indietreggiare dell'onda d'urto.
"Sapevo
che a dirvelo avrei parlato a vuoto! Sapevo che avreste
frainteso!
Non
volevo scatenare una Civil War tra noi!" gridò.
<
Non sta cercando di negare facendo cadere il dubbio su di me.
Potrebbe
dispiacermi per lui, so cosa vuol dire rimanere solo col proprio
eco, ma ha tentato di rubarmi la vita > pensò Steve.
Tony
vide il martello di Thor dirigersi spedito verso le spalle di Skrull
Steve, volò in quella direzione e lo protesse dall'impatto.
Sgranò gli occhi,
stupido del proprio gesto.
<
L'ho difeso... > pensò.
Si
voltò, guardandosi intorno.
Thor
richiamò indietro il martello.
"Lady
di ghiaccio, io non sarei riuscito a ferire mio fratello.
Dovete
far ragionare l'Uomo di Metallo" tuonò.
<
Se usassi subito il telecomando, gli darei la certezza di non essere
umano.
Però
ho dato la mia parola a Stark > pensò.
Natasha
strinse le labbra, fece qualche cauto passo avanti.
"Stark.
Non è uno di noi. È un eco, un ricordo del
passato. Non ti ha
mai amato" disse.
Deglutì.
<
Sono crudele a dire questo, ma meglio che mandargli addosso Hulk ...
> pensò.
Skrull
Steve ruggì, il suo viso si deformò,
sollevò un pezzo di pavimento e
lo lanciò contro la Romanoff.
Rogers
la parò con il proprio scudo.
Tony
si frappose tra lui e gli altri Avengers.
"Ehi!
Ti amo da diventare matto, ma sai che non lascerò tu gli
faccia
del male".
"Non
può dirti una cosa come quella!" disse Skull Steve, cercando
di riprendere un'espressione umana.
Thor
si rigirò il martello tra le mani.
<
Perché il tradimento mi perseguita? Una parte di me vorrebbe
fidarsi
del Capitano traditore, per poter credere che anche Loki possa tornarmi
fedele >
pensò.
Tony
prese un respiro, tolse l'elmo dell'armatura.
"Okay,
cavaliere alieno. Cosa volete da noi, e perché non dovrei
chiamare Hulk?".
Skrull
Steve lo guardò.
"La
regina mi ha mentito, tu non sei un alieno.
Avrei
dovuto immaginarlo, voleva dissipare le mie resistenze"
sussurrò. Strinse le labbra. “Ha cominciato a
subodorare che le nascondevo
qualcosa”.
Thor
guardò Clint, aveva l'espressione dubbiosa come la sua.
Tony
sentì le gambe tremare.
"Non
lo sono?" chiese.
Natasha
fece capolino da dietro lo scudo.
"Quindi
volevi fare resistenza?".
"Se
lo fossi non riusciresti a importi...
Controlleranno
tutti quelli che usciranno dalle uova future come hanno
fatto con i precedenti… come hanno fatto con tutti gli
ultimi nati" esalò lo
Skrull.
<
Non sta mentendo > capì Steve.
Tony
cadde in ginocchio con il fiato corto.
Natasha
lo raggiunse di corsa, lo sollevò e lo trascinò
dietro lo scudo.
Natasha
guardò l'alieno.
"Quindi
vorresti opporti? Per Tony?".
Skrull
Steve sentì un impeto furioso scuoterlo e raggiunse il muro
con un
pugno, ansimando.
"È...
nella... mia... testa...".
Tony
ghignò, si sfilò il casco e lo mise in testa allo
Skrull.
"Cap?
Ricordi il telecomando?".
Steve
lo estrasse lentamente dalla tasca.
"N-non
fare cose... pericolose" sussurrò.
<
Anche se non ha lo sguardo di uno che vuole resettarsi la testa
>.
Tony
negò, prese il telecomando e guardò lo Skrull.
"Ti
fidi di me?" chiese.
|
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Capitolo 13 *** Cap.12 I motivi di Skrull Steve II° parte ***
Cap.12
I motivi di Skrull Steve II° parte
Non
voglio stare giù e voglio solo sentirmi vivo.
Skrull
Steve sentì un impeto furioso scuoterlo e raggiunse il muro
con un
pugno, ansimando.
"È...
nella... mia... testa...".
Tony
ghignò, si sfilò il casco e lo mise in testa allo
Skrull.
"Cap?
Ricordi il telecomando?".
Steve
lo estrasse lentamente dalla tasca.
"N-non
fare cose... pericolose" sussurrò.
<
Anche se non ha lo sguardo di uno che vuole resettarsi la testa
>.
Tony
negò, prese il telecomando e guardò lo Skrull.
"Ti
fidi di me?" chiese.
“Sempre”
disse Steve Skrull, guardandolo intensamente negli occhi.
Tony
iniziò a digitare sul casco, Bruce guardava il tutto
nascosto dietro
lo stipite della porta, tremando.
“Premi
il pulsante, Cap” ordinò a Steve.
Rogers
obbedì, lo Skrull cadde in ginocchio, mugolò e
perse i sensi.
******
Tony
si sedette sul bordo del letto, giocherellando
con entrambe le mani con un orologio, gli occhi arrossati segnati da
delle
profonde occhiaie.
La
luce elettrica, di un intenso azzurro, illuminava
l’infermeria
della Stark Tower.
“Ti
ringrazio” sussurrò Skrull Steve. Con un mugolio
sofferente si alzò a sedere sul letto e si
appoggiò alla testata di metallo,
guardandolo in viso.
<
Siamo da soli.
Forse
avevo davvero la fiducia della squadra, se ci
hanno lasciati soli. O forse sono tutti dietro la porta ad osservarmi
con le
telecamere pronti a saltarmi alla gola al primo passo falso.
Sì,
questo sembrerebbe un mio piano. Più probabile che
l’altro Rogers stia convincendo gli altri a mettermi alla
prova > rifletté.
“Una
supersaiyan
si è presentata con Nick Fury, che a quanto pare
è uno skrull come te,
appena ti ho rassettato quella testa.
Sai,
non ti perdonerò mai di avermi nascosto che sei
verde. Lo sai quanto adoro i giganti versi. Avremmo potuto
divertirci” disse
Stark semi-ironico.
<
Sono giorni che vomito acidità gratuita sul vero
Cap e con lui non riesco. Sono stanco di prendermela con il Cap
sbagliato >
pensò.
“Suppongo
tu ti stia riferendo a Capitan Marvel, Carol
Danvers.
Sì,
lei sta aiutando… la mia gente a salvarsi dagli Kree.
Non credevo che tu avresti voluto ascoltarmi una volta saputa la
verità”
mormorò roco Skrull Steve.
“A
quanto pare tra gli alieni va molto di moda il
tradimento. Quella supernova in gonnella ci ha raccontato la triste
storia in
cui lei, povera Mary Sue innocente, aveva dimenticato di essere
terrestre e i
kree la usavano, male per altro, come un’arma.
Mi
suona familiare, un rapito che tengono in vita per
le sue armi, che sottovalutano, e poi li ammazza tutti…
Peccato
che lei, invece di essere sulla Terra a
salvarci da ‘cosucce’ come Thanos, Chitauri, etc.;
sia rimasta nello spazio a
fare la salvatrice di popoli a caso. Probabilmente ha un qualche
complesso del
dio”. Allargò le braccia. “Non che io
possa parlare. Mi sento già un dio su
questa Terra” scherzò.
<
Mi sto sentendo morire e sono qui a sorridere. Perché
con lui riesco a fingere così bene e con l’altro
no? C’è qualcosa in lui che mi
fa saltare i nervi.
Forse
perché è ancora un soldatino ubbidiente e non ha
ancora imparato a ragionare con la sua testolina bionda >
rifletté.
“Tony…”
mormorò Steve.
“Dimmi
la verità” ordinò Stark, guardandolo
negli
occhi.
Skrull
Steve arrossì, riassumendo le sue sembianze
umane. Il suo fisico massiccio era molto più grande di
quello di Tony.
“Quello
che c’è stato tra di noi, è sempre
stato vero.
Nel
momento in cui prendiamo i ricordi di qualcuno,
diventiamo come quel qualcuno, solo se c’è
un’affinità di anime. Io ho perso la
donna che amavo, la casa, i genitori, mi sono sacrificato per la mia
gente;
siamo dannatamente simili io e Steve Rogers.
Ora
io sono un infiltrato, ma non tra voi. Fingo di
fare il doppio gioco, quando faccio il terzo. Ho finto di essere parte
di una
delle schiuse di uova geneticamente modificate e mentalmente
controllate. Ho
permesso alla regina di entrare in parte nella mia testa, per
controllarla. Non
le avrei mai permesso di farvi del male, è solo una bambina
accecata dalla sete
di vendetta che non sa quel che fa.
Io
non voglio la conquista della Terra. Voglio solo
fermare questa frangia estrema della mia gente. Potrei essere sul
pianeta che
hanno scelto come nuova casa, ma ho scelto di rimanere su questo
pianeta per
proteggerlo.
Avevamo
anche un piano per evitare che io e l’altro
Rogers c’incontrassimo mai. Non avreste dovuto aver bisogno
di scoprire la
verità” spiegò.
Tony
lasciò cadere l’orologio sul comodino ed estrasse
dal cassetto un pacchetto di more, iniziando a mangiarle rumorosamente.
“Quindi
il fratello di Fury è il vero Fury, che è
d’accordo
con voi. Giusto?
Cosa
aveva intenzione di fare con l’altro Cap? Tenerlo
congelato in eterno? O congelarlo e scongelarlo come un bastoncino
Findus
andato a male?” domandò Stark, indurendo il tono.
Il suo sguardo divenne glaciale.
Steve
gli prese la mano con cui teneva la bustina, e
sospirò quando l’altro allontanò la
mano.
“Niente
del genere. Fare una macchina del tempo per
rimandarlo da Peggy. Gli avremmo spiegato tutto e lui avrebbe
sicuramente
capito e cambiato nome.
Tony,
smettila di considerarmi un mostro.
Sia
in questo, che…”. Prese il viso di Tony con una
mano, accarezzandolo delicatamente. “… Tu non sei
una puttana, tu sei il mio
ragazzo.
Lo
so che alle volte sono brutale, ma sei tu a dirmi
che posso continuare. Mi dici più forte, io mi fido, e poi
scopro che ti si è
rotto qualcosa” gemette.
“Smettila
di essere il solito ansioso. Mi sono sentito
violato perché mi hai mentito. Mi sono sentito una puttana
perché pensavo
volessi usarmi per avere questo dannato mondo.
Non
m’interessa le sane motivazioni che ti hanno
spinto a questo ‘sacrificio’, prima donna, angelo
sacrificale del cazzo.
Non
ti sei fidato della squadra. Tutto quello che
dicevi era solo per riempirti la bocca” ringhiò
Tony, allontanandogli la mano.
Skrull
Steve sospirò pesantemente.
“Voi
volevate l’eroe dell’America.
Io,
invece, sono solo un soldato che ha perso la sua
guerra. I Kree hanno sterminato donne e bambini, ci hanno dato la
caccia per
tutto l’universo.
Ci
eravamo rifugiati sulla terra per inventare delle
armi per difenderci, ma quando ci hanno raggiunto anche qui e
trucidato, i
pochi rimasti hanno fatto una diaspora.
Se
non fosse stato per Carol, la mia gente non avrebbe
mai trovato una nuova casa”.
Tony
si alzò di scatto, facendo cadere la sedia per
terra.
“Perché,
allora, non ti porti a letto, la cara ‘pompata
batteria spaziale’?!” gridò.
Skrull
Steve gli avvolse il fianco con il braccio
muscoloso e lo trasse a sé, facendoselo cadere in ginocchio
sulle gambe.
“Tony,
io ti amo, dannazione.
Io
mi sento Steve, ho i suoi ricordi, il suo DNA. Ti
dispiace così tanto se sono Capitan Skrull invece che
Capitan America?
Quello
che c’è stato tra di noi era vero, è
sempre
stato vero” gemette. Gli posò la fronte sulla
spalla. “Perché non dimentichiamo
tutto e basta? Ti supplico” lo implorò.
“Non
sai come vorrei… Diamine, non so neanche come
chiamarti” gemette Tony. Lo baciò con passione,
ripetutamente, sentì l’altro
stenderlo sul letto, avvertì il suo corpo massiccio
immobilizzare il suo e gli
avvolse i fianchi con le gambe.
<
Sono stanco di sentirmi così disperato, di precipitare
sempre più in giù. Voglio solo sentirmi vivo, con
te al mio fianco > pensò.
|
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Capitolo 14 *** Cap.13 Fuori luogo ***
Cap.13
Fuori luogo
E
riuscire a vedere il tuo viso di nuovo, ancora una volta.
La
luce azzurra degli schermi olografici illuminavano le armi appoggiate
sul tavolo.
“Ho
preparato qualche giocattolo” disse Tony. Guardò
Natasha prendere dei
bastoni e attivare la parte finale laser.
“Alla
fine me lo hai fatto davvero” sussurrò Skrull
Steve, guardando uno
scudo appoggiato sul tavolo. Era simile a quello di Capitan America, ma
la
stella centrale era verde.
Steven
si strinse il suo, più piccolo, al petto.
<
Non ho mai tenuto tanto a questo simbolo come in questo momento. Forse
mi serve a ricordare chi sono veramente > pensò.
Thor
gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
“Rilassati,
ragazzo. Non hai visto il meglio di noi, ma di solito siamo
amichevoli compagni d’armi” cercò di
consolarlo.
Steve
annuì e lo vide allontanarsi.
<
Parla così, ma posso leggere dalla sua postura che
è ben lontano dalla
tranquillità normale anche in questo momento. Sembra che la
furia della
battaglia gli scorra nelle vene.
Però,
se voglio che si fidino, devo essere il primo a smettere di usare la
sua empatia per ferire gli altri > rifletté.
“Cosa
pensate di fare adesso con gli Skrull?” domandò
Natasha, guardando di
sottecchi Banner che si raddrizzava gli occhiali.
Tony
s’infilò un orologio e lo attivò, da
esso si propagò un’armatura che
lo avvolse completamente.
<
Costruire gingilli in laboratorio è l’unico modo
che conosco per
ritrovare la normalità. Non so fare altro, in fondo sono
solo ‘un meccanico’.
In
fondo il mio cuore l’ho ricostruito in laboratorio. Non
conosco altro
modo per far funzionare i miei sentimenti > rifletté.
“Se
la ‘miss’ America volante si decidesse ad usare i
suoi poteri, potremmo
salvare il mondo. Invece è troppo impegnata a cambiare
pettinatura” disse con
tono acido.
“Quindi
pensi di attaccare gli alieni?” domandò Natasha,
infilando la
pistola alla cintola.
<
L’aggressione di Stark mi ha fatto capire una cosa. Loro sono
più
importanti del mio essere Vedova Nera. Non ho neanche provato a
difendermi da
lui. Non voglio fare del male alla mia famiglia, all’unica
vita che conosco.
Poi
Fury mi ha cresciuta. Se era uno skrull, ben vengano gli skrull
>
pensò, sistemandosi un boccolo rosso dietro
l’orecchio.
“Possiamo
uccidere la regina. Tutti i suoi servi, indissolubilmente legati
a lei, comprese le uova, morirebbero nello stesso momento”
disse Thor. Lanciò
il martello, lo fece volteggiare e gli tornò in mano.
“Thor,
è solo una bambina” disse Clint, lamentandosi.
<
Anche se è un’aliena pazza, potrebbe avere
l’età di mia figlia >
rifletté.
“Sicuramente
il Capitano… voglio dire…”
balbettò Banner.
“Va
bene se lo chiamate Capitano” disse Rogers.
<
Sicuramente vuole chiedergli del suo piano. Se mi assomiglia quanto
sembra, sicuramente ne avrà uno > pensò.
Skrull
Steve, appoggiato ad una stampella, annuì.
“Sì, ho un piano, Banner.
Ultimamente ti stavo aiutando a ottenere il corpo di Hulk, mantenendo
la tua
mente per un secondo scopo” spiegò.
“Pensavo
fosse per darmi finalmente un fidanzato con cui divertirmi”.
Scherzò Natasha, facendo l’occhiolino.
<
Non voglio che questo cambi, che smettiamo di essere una famiglia. In
fondo io sono un ex-assassina e non sono stata giudicata per la mia
nota rossa.
Possiamo andare oltre il ‘piccolo’ segreto del
‘Capitano’ > sperò
intensamente.
“Hulk
è un grande guerriero. Averlo sempre al nostro fianco
farebbe tremare
Yggdrasil” festeggiò Thor.
“Nessuno
Skrull potrebbe prendere il posto della regina, ma Hulk ha molti
elementi in comune con la nostra razza. Essendo impregnato di
radiazioni gamma,
elemento a cui sono legati i poteri più elevati della nostra
galassia, potrebbe
risultare come un dio per la nostra gente.
Il
mio piano era di far passare a lui il comando”
spiegò Skrull Steven.
“Mi
sembra un buon piano, ma… se il dottore non si accetta
completamente,
non riuscirà mai” disse Steven.
“Ed
ecco perché mi hai convinto a costruire
‘Barbara’. Quell’armatura era
un ottimo modo per convincere Banner.
Riesci
a fare il leader persino in questi momenti” disse Tony.
Afferrò un
cacciavite e lo fece girare sulla mano.
“Tony,
non ricominciare. Sei tu il boss” borbottò Skrull
Steve.
“Ora
sì che vi riconosco” festeggiò Clint.
Steve
avvertì un brivido lungo la schiena e
l’arcuò. < Mi sento
decisamente di troppo. Non solo questo tempo non mi appartiene, ma
questo luogo
mi rigetta come un elemento estraneo.
Ho
trovato la ‘versione migliore di me stesso’.
Peggy,
cosa darei per essere con te, per rivedere di nuovo il tuo viso
>
pensò.
“Perciò,
se acceleriamo il processo con il possente Hulk, avremo la nostra
vittoria?” tuonò Thor.
“Esattamente”
disse Steve Skrull.
“Allora,
ragazzo, dovremo darti tutto il nostro appoggio” disse
Natasha.
Afferrò il braccio di Banner e gli posò un bacio
sulla guancia, facendolo
arrossire.
“E-e-ecco…”
balbettò Banner.
Clint
lo raggiunse e gli diede una manata sulla spalla.
“Fantastico.
Così finalmente potrò giocare ai videogame con te
Hulk senza
dover ricomprare il controller alla fine” disse, facendogli
l’occhiolino.
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Capitolo 15 *** Cap.14 Io sto pensando a te ***
Note:
in molte cose mi sto rifacendo al canon del
cartone animato Avengers assemble, mescolandolo con il canon del MCU.
Cap.14
Io sto pensando a te
Non
voglio stare giù e voglio solo sentirmi vivo
E
riuscire a vedere il tuo viso di nuovo, ancora una volta.
Skrull
Steve si sfilò la maschera di stoffa e la
lasciò cadere sul tavolo.
<
Ha fatto di tutto per ingelosirmi e devo dire che
ci è anche riuscito. Durante la missione pensavo che sarei
stato preoccupato
per le sorti della regina o che avrei dovuto riconquistarmi la loro
fiducia in
battaglia.
Invece
non facevo altro che pensare a Tony che aveva
detto all’altro Cap: “Hai le chiappe più
belle d’America”.
Il
mio lato b lui non l’ha mai guardato con tutto
quell’interesse > pensò, corrugando la
fronte.
Risuonava
il rumore prodotto dalla cascatella nel
salone, di fianco al laboratorio dove si trovavano.
“Ti
vedo pensieroso. Pensavi che il piano non avrebbe
funzionato?” domandò.
Tony
scrollò le spalle e rispose: “No, non è
quello.
Pensavo alla macchina del tempo”. Aprì uno
stipetto e ne trasse un pacchetto di
patatine.
“Mnh?”
mugolò Steve, mentre l’altro lo apriva.
Tony
si mise una manciata di patatine in bocca e le
masticò rumorosamente, facendo volare briciole
tutt’intorno.
“Cioè,
volevi davvero far inventare a Banner la
macchina del tempo?
La
prossima volta a chi chiederai. A quell’incapace di
Richards? O peggio, ad Hammer…”
borbottò.
“Non
credi di esagerare?” gli chiese Steve.
Tony
negò con il capo, dicendo: “Fammi indovinare,
invece che far viaggiare nel tempo, faceva viaggiare il tempo
attraverso il
viaggiatore. Quindi ve lo ritrovavate pericolosamente bambino o
adulto”.
“Sì”
esalò Steve, mentre Tony gli porgeva la bustina
delle patatine.
“Questo
succede quando non fai fare le cose a me”
borbottò Tony.
Steve
si mise un paio di patatine in bocca e indicò
l’altro con un’altra.
“Quindi
inventerai la macchina del tempo?” chiese.
Tony
gli allontanò la bustina e masticò un altro paio
di patatine.
“Non
so, ci devo riflettere. Non mi dispiacerebbe
farmi l’amante” lo stuzzicò.
Skrull
Steve si piegò e gli avvicinò le labbra
all’orecchio, chiedendogli con voce roca:
“Vorresti
stare con ben due Steve in contemporanea?”.
Tony
lo allontanò, la bustina scricchiolò.
“Magari
preferisco lui a te” disse Stark, e socchiuse
gli occhi. “Anche se…
Fammi indovinare.
L’essere ‘così attivo’ viene
dalla tua vera identità”.
Skrull
Steve gli sfilò il sacchetto di patatine dalle
mani e lo posò su un tavolo.
<
La mia vita è iniziata con te. Tutto il resto
l’ho cancellato. Voglio solo poter vedere il tuo viso, il tuo
vero sorriso,
ogni giorno. Mi sentivo vivo fianco a fianco con te in quel sottomarino
quando
abbiamo combattuto Teschio Rosso. Mi sono sentito al settimo cielo
quando,
tenendomi per mano, mi hai detto che credevi in me. Eravamo come un sol
uomo a
combattere contro Ultron e non c’era altro per me.
Voglio
solo sostenerti e cancellare gli errori che tuo
padre ha fatto, anche creando quel rottame, considerandolo migliore di
te>
pensò.
“Ti
ho già detto che puoi chiamarmi Steve. Per me è
quella l’unica identità che conta” disse
secco.
Tony
gli posò la guancia sul petto e inspirò il suo
odore, rabbrividendo di piacere.
“Sai,
non mi dispiacerebbe essere preso dal tuo lato
verde. Sarebbe come avere un Hulk personale” ammise.
Steve
Skrull gli accarezzò le guance e gli posò un
bacio sulla fronte.
“Tony,
sei sempre il solito” mormorò.
<
Sei un’opera d’arte vivente. Passerei tutta la
vita a disegnarti e so che non riuscirei a renderti giustizia.
Il
mio destino è in te, nel tuo respiro. Nessuno può
amarti più di me, nessuno può conoscerti
più di me, neanche il vero Rogers >
pensò.
“Sarebbe
un triangolo perfetto. Tu sopra, Cap sotto,
ed io a godermela al centro” disse Tony. Gli avvolse il collo
massicciò con le
braccia e gli sorrise.
“Ho
il terribile sentore che Rogers sarebbe anche
d’accordo” mormorò Skrull Steve,
passandosi la mano sul viso e sospirando
pesantemente.
“Facciamo
un patto. Io vi permetto di rimandare
indietro il capitanino, ma tu, in cambio, non ti lamenterai
più quando parlerò
dello scudo intorno al mondo” propose Stark.
Steve
Skrull lo sollevò, prendendolo in braccio.
“Stark,
te l’ho detto, sarebbe un mondo freddo” disse.
Tony
assottigliò gli occhi e gli chiese con tono
serio: “Vuoi che io sia il capo, oppure no?”.
“Ecco,
se ti decidi, ti lascerò fare ciò che
vorrai”
cedette l’altro. Gli sorrise.
Tony
ghignò. “Dobbiamo fermare Thanos prima che
diventi una minaccia. Approfittiamo della presenza di quella
‘lucciola’”
sussurrò.
“Non
ti sta proprio simpatica Capitan Marvel, vero?”
domandò il Capitano.
“Lei
è l’unico Capitano che non voglio in mezzo ai
piedi.
Ha un rapporto fin troppo stretto con il ‘mio’
Skrull” disse Stark. Gli
mordicchiò l’orecchio, mentre l’altro
andava a sedersi su una brandina,
abbandonata tra dei rottami in un angolo del laboratorio.
Skrull
Steve roteò gli occhi e se lo fece sedere sulle
gambe.
<
Farò tutto quello che vuoi, perché solo con te mi
sento vivo > pensò.
|
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Capitolo 16 *** Cap.15 Ultimi saluti ***
Scritta per
#12DAYSAFTERCHRISTMAS2019EDITION.
Fandom: MCU
Personaggi: Bucky: Steve
Prompt: 01 Gen: Personaggio X si
convince che personaggio Y
non sia più personaggio Y. Decidete voi se personaggio X ha ragione o se sta
delirando.
Cap.15 Ultimi saluti
Ancora una volta solo
il mio eco, la mia ombra, sono i miei unici amici
E sono al limite e
sto urlano il mio nome a squarciagola come un pazzo
Qualche volta quando
chiudo i miei occhi fingo di stare bene ma non è
mai abbastanza
Su un ripiano di metallo era
appoggiato un braccio di
metallo, su cui spiccava una stella rossa, una banana e il peluche di
un
orsacchiotto.
Barnes era piegato in avanti, con le
mani coperte da dei
guanti di pelle, intento a lavorare al motore di una macchina. Aveva la
testa
sotto il cofano alzato.
Udì dei passi ed
indietreggiò.
“Siamo chiusi”
disse. Notò l’ombra della persona che era
entrata allungarsi per terra, illuminata dalla luce del sole che
entrava dalla
porta aperta.
Alzò
lentamente la
testa, mentre l’uscio del suo garage veniva chiuso.
Sgranò gli occhi e
impallidì.
“Tu chi sei?!”
gridò, trovandosi davanti Rogers.
Steve avanzò lentamente,
alzando le mani.
“Io sono Steve. Siamo
migliori amici da quando siamo bambini”
disse.
“Tu non assomigli per
niente a Steven Rogers” ringhiò Bucky,
allontanandosi lentamente dalla macchina.
Steve deglutì.
“Senti… Non sono venuto qui per
destabilizzare di nuovo la tua vita. Mi hanno raccontato quello che ti
è
successo. L’hydra, il controllo mentale, il
congelamento…
Io capisco che tu non mi
riconosca” sussurrò. I suoi occhi
divennero liquidi e arrossati. “I tuoi ricordi sono confusi,
stai ancora
ricostruendo la tua vita”.
“Smettila di parlarmi
così. Non so chi sei!” gridò Bucky. Con
la protesi di legno che aveva al posto del braccio mancante
accarezzò uno
stipetto di metallo.
“Bucky. Io sono il vero
Steve. Quello che hai conosciuto è
uno Skrull” gli spiegò Rogers, indicandosi.
“Un cosa?”
ringhiò Bucky. Aprì il primo cassetto e vi
frugò
dentro.
Steven sospirò
pesantemente, avvertendo un peso sulle
spalle, che curvò.
“Se stai cercando la
pistola, ricordati che sei più bravo
con il fucile e quello lo hai sicuramente nascosto sotto la cassetta
degli attrezzi.
Lo so che non sei stato in te a lungo, ma queste cose non le avrai
cambiate”
mormorò roco.
< La guerra per te non
è finita, come non è finita per me
> pensò.
Bucky s’irrigidì.
< Come fa a sapere tutte
queste cose di me?! > .
“Io non volevo andarmene
senza averti rivisto almeno una
volta. Sei un fratello per me e credevo fossi morto, che non ti avrei
rivisto
mai più” gemette Rogers, mentre una lacrima gli
rigava il volto.
Bucky richiuse il cassetto senza
estrarre la pistola.
“Cos’è
uno skrull?” ripeté gelidamente
Steve gli rispose: “Ti
ricordi quando da ragazzi leggevamo
quei fumetti con gli alieni che prendevano l’aspetto delle
persone? Era tutto
vero. O meglio, è successo a me.
Mi hanno privato della mia vita,
della mia identità”.
< So che è assurdo.
Ancora mi chiedo come lo si possa
credere. Mi sono svegliato nel ghiaccio e ho scoperto che la mia vita
non mi
apparteneva più >.
Bucky domandò:
“Quindi quello che ho considerato te per
tanti anni, era uno skrull?”.
Steve annuì.
“Perché dovrei
crederti?! Dammi una prova…” ringhiò
Barnes.
“Sono stanco di dover
dimostrare chi sono! Non voglio anche
con te!” gridò Rogers, serrando i pugni.
“Andiamo! Riflettici, concentrati,
ricordati. Potrei mai essere quel grosso gorilla.
Non voglio doverlo dimostrare a te
chi sono!”.
Bucky fece un ghigno.
“Forse sei pazzo. Probabilmente sono
più folle di te a volerti credere, ma…
Ho sempre pensato che quel Capitano
non avesse niente né del
piccolo arista, perennemente ammalato, né del soldato dal
bel culetto che avrei
seguito anche in capo al mondo”. Lo raggiunse, mettendoglisi
di fronte.
< Sono anni che continuo a
litigare con quel tipo. Forse
è più facile credere che fosse un alieno venuto
dallo spazio, che pensare di
aver perso l’amicizia più importante della mia
vita >.
Gli occhi azzurri di Steven erano
spenti e liquidi.
“Però lui
è perfetto, è il Capitan America che tutti
volevano” gemette Rogers.
Bucky ne cercò il viso.
“A me mancavi tu”
ammise.
Steven si conficcò le
unghie nella mano, fino a ferirsi il
palmo con le unghie.
“Però al mondo
no. Sto per andarmene, sto per tornare
indietro nel tempo” sussurrò.
Bucky gli posò una mano
sulla spalla.
“Perché sei
venuto, allora?” domandò.
Rogers lo abbracciò.
“Te l’ho detto,
avevo bisogno di te” ammise con un filo di
voce.
< Sapevo che tu mi avresti
voluto, preferito. Sapevo di
poter contare su di te una volta ancora > pensò,
abbandonandosi contro l’amico.
Bucky lo cullò, lo
ascoltò singhiozzare e gli massaggiò la
schiena.
< Sì. È
lui, lo riconosco. Non ha mai avuto paura di
mostrare quello che prova. Al contrario di me, lui è sincero
con i suoi
sentimenti.
Forse sono folle a pensare che lo
Steve che conosco non sia
il vero Rogers > pensò.
Promise: “Ci sono qua io.
Ti ascolto, va tutto bene. Puoi restare
con me tutto il tempo che vuoi”.
“Sono così
felice di averti rivisto” gemette Steven.
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Capitolo 17 *** Cap.16 Bacio d’addio ***
Partecipa all’Epiphany Run
di Piume d’Ottone.
Prompt: 02. Microonde
Cap.16 Bacio d’addio
Perché il
mio eco, eco.
Oh la mia ombra,
ombra.
Hey, hey
c'è qualcuno là fuori...
Il laboratorio era illuminato da
delle lampade bianche che
ferivano gli occhi. Si riflettevano nelle porte a vetri che davano vita
al
cubicolo.
Rogers si grattò la fronte.
< Mi chiedo quanti laboratori
abbia questa casa. Si vede
proprio che è ricco >. Strofinò il piede
per terra. < C’era addirittura
una cascata in salotto! Accanto a quel pianoforte stupendo.
L’altro Steve è
proprio fortunato a vivere qui. Da bambino
non avrei mai potuto neanche immaginare un posto simile.
Santo Cielo, non solo sono nel
futuro, ma addirittura in una
casa che è avanti con i tempi! Tutta questa tecnologia
è fantastica > pensò.
Tony si portò il
caffè bollente alle labbra e lo sorseggiò.
“Vero caffè italiano, si vedono le tue
origini”. Indossava degli spessi
occhiali protettivi, che davano al suo volto qualcosa da insetto.
“Voi lo fate
più forte, come piace a me”.
“Il tuo fidanzato non te lo
prepara?” domandò Rogers. Vagava
all’interno della stanza, guardando pezzi di metallo,
bulloni, chiavi inglesi e
laser.
Tony ribatté, posando il
caffè in un angolo libero del
tavolinetto accanto a lui.
“Non si abbasserebbe
mai”.
Steven espirò
rumorosamente dalle narici, infilando le mani
in tasca.
“Devi avere pazienza. Sai,
non è come nei videogiochi che
puoi infilare una macchina del tempo anche nel microonde.
Anche se mi chiedo come ci
entreresti” disse Stark.
“Vuoi davvero farti
l’amante?” domandò Rogers, passandosi la
mano tra i capelli biondi.
Tony gli porse una bustina raccolta
da terra, Steve la prese
con mani tremanti e l’aprì, trovandovi dentro un
cheesburger.
“No, ti stimo troppo. Non
sei tipo da seconda scelta”
sussurrò Stark.
Steven incassò il capo tra
le spalle, gli occhi liquidi.
“Non mi sarei mai messo tra
due già fidanzati. Voi due
sembrate direttamente una coppia sposata” mormorò.
Stark gli rispose: “So cosa
significa essere la copia di se
stesso. Per tutti è l’armatura il vero Ironman, io
sono solo il figlio mal
riuscito di Howard Stark, il grande uomo”. Corrugò
la fronte. “Per colpa dei
tuoi ricordi, persino per il mio ragazzo alle volte sono solo
l’ombra di
Howard”.
Steven rabbrividì,
giocherellando con l’orecchio.
< Non oso immaginare quanto
gli abbia detto riguardo ai
miei ricordi più intimi. Mi vergogno così tanto,
non vedo l’ora di scappare
> pensò.
“In un’altra vita
avremmo anche potuto stare insieme”
sussurrò Tony. Saldò due pezzi di lamiera
insieme, generando una serie di
scintille azzurre.
Steve si era allontanato,
aspettò che finisse in un angolo
della stanza.
Tony posò la saldatrice
per terra.
“Hai chiusi con i tuoi
conti in sospeso? Non vorrei fare di
te un fantasma” scherzò, con voce impastata.
< Non riesco a capire se
è divertito o disperato. Forse
solo melanconico, come me > pensò Rogers.
“Sì, mi sono
visto con Bucky. Non chiedo altro” mormorò.
Tony annuì, facendo
ondeggiare un piccolo ciuffo che
spiccava andando verso l’alto.
Steven addento il cheesburger,
sporcandosi le labbra di
formaggio e briciole.
“Tra noi non avrebbe
funzionato. Siamo attratti, ma troppo
diversi”. Morse di nuovo il panino, il sapore del cetriolo
copriva in parte
quello della carne. “Siamo come un microonde e una macchina
del tempo. Possiamo
andare bene insieme solo nella fantasia” spiegò.
Stark sospirò.
“Forse hai ragione
tu” mormorò, avvitando un bullone.
“Però posso darti un regalo
d’addio?”
domandò.
Steve finì il panino,
annuendo. Lo raggiunse e si piegò in
avanti, chinandosi sulle ginocchia.
“Un altro panino? O un
fornetto?” scherzò.
Tony chiuse gli occhi e lo
baciò, lo ascoltò mugolare di
piacere e si allontanò lentamente.
“Un bacio
d’addio” sussurrò.
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