The Hunt - La Caccia

di _MoonFlower02_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Era la seconda caccia alla bandiera di Nico. Da quando gli altri avevano scoperto il suo potenziale, tutti lo volevano in squadra. 
Quell'anno era finito in quella composta dai figli di Atena, Ares, Ermes ed Efesto contro quelli di Afrodite, Apollo, Demetra, Dioniso e Poseidone.
Al suono del corno le due parti attaccarono. Annabeth e i suoi fratelli, insieme ai figli di Efesto, prepararono la difesa mentre gli altri avanzavano.
Nico saltò con un balzo il fiume che divideva i due campi e ricominciò a correre. 
Quel gioco non gli dispiaceva. Era uno dei pochi momenti in cui si sentiva vivo, correndo nella semi-oscurità del bosco. In più si sentiva utile, perché era parte di una squadra che non lo escludeva completamente.
Dopo qualche minuto rallentò. Si appostò dietro un albero e osservò gli avversari difendere la bandiera. Sentiva il sangue pulsare nelle tempie e aveva il fiatone a causa della corsa, ma non gli importava. 
Dopo l'anno precedente, i figli di Apollo avevano illuminato la bandiera con delle fiaccole. Sembrava una mossa stupida, visto che così ne indicavano la posizione, ma evitavano che un qualche figlio di Ade usasse i viaggi nell'ombra. 
Nico attese il segnale dei compagni di squadra e quando alcuni di loro si buttarono sulle torce, spegnendole, scattò in avanti afferrando il trofeo. Tornò indietro di corsa e si preparò al viaggio, ma sentì una presa sul braccio. 
Troppo tardi.
Vide tutto nero mentre si teletrasportava e atterrò in malo modo ruzzolando tra gli alberi. Si mise a sedere e guardò il ragazzo davanti a lui gattonare in cerca di un appiglio.
– Solace – ringhiò Nico – Cosa cavolo ti salta in mente? –
– Provi davvero questo durante i viaggi nell'ombra? – Chiese il biondo, ignorando la domanda. Si era alzato barcollando e si teneva la testa con una mano – Come fai a sopportare le vertigini? –
– Ci si fa l'abitudine. Anche se mi portano via molte energie. – Fu la risposta del moro, che però stava ancora sulla difensiva. 
Will spostò lo sguardo sulla bandiera, ancora stretta nella mano di Nico, e sorrise.
– Ora mi riprendo quel che è mio e me ne vado, okay? –
Nico scivolò indietro velocemente, ma il suo viso si contorse in una smorfia di dolore. 
– Ah! –
Il biondo si bloccò, fissandolo:
– Che c'è? –
– Non lo so, non riesco a muovere la gamba. –
Will si avvicinò velocemente all'altro e si chinò su di lui, ma il moro era troppo occupato a non svenire per accorgersi della loro vicinanza. Il maggiore chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e dalla sua mano sprigionò una luce gialla piuttosto chiara. La portò vicino alla gamba di Nico e aggrottò le sopracciglia. 
– Non ci sono molti segni visibili, deve essere una slogatura o una frattura.–
Appoggiò delicatamente la mano sulla zona livida e Nico gemette di dolore. Poi, però, la luce di Will iniziò a
scaldarlo e ad alleviare il dolore. 
– Perché lo stai facendo? – Chiese il moro quasi sussurrando.
– Sono figlio di Apollo, è il mio dovere. E poi è anche colpa mia. Se non ti avessi afferrato non saresti caduto. –
– Stavi cercando di riprendere la bandiera. –
Will alzò le spalle.
Spostò poi la mano e Nico si sorprese a rimanerne leggermente deluso. Quel calore era un sollievo per il dolore. Il biondo si alzò e si guardò intorno:
– Dove siamo? –
– Nella parte Est del bosco. –
– Allora sarà meglio muoversi; questa zona è piuttosto pericolosa, soprattutto di notte. –
– Posso teletrasportarci al campo con uno dei miei viaggi. –
Will lo guardò storto prima di rispondergli con un tono che non ammetteva obiezioni:
– Primo: Sei troppo debole per portare entrambi.
Secondo: Il motivo è che hai appena viaggiato nell'ombra.
Terzo: Hai una gamba malmessa, che non è la condizione ideale per certe cose. –   
Il moro abbassò lo sguardo e l'altro sospirò:
– Forza, ti aiuto ad alzarti. –
Il maggiore prese il braccio di Nico e se lo portò intorno al collo, sorreggendolo mentre barcollavano in avanti. Anche se Will non poteva vederlo, Nico arrossì nell'oscurità: non era abituato al contatto fisico e quella vicinanza lo metteva a disagio. Il moro zoppicava lentamente, appoggiandosi a Will che cercava di mantenere l'equilibrio. 
Una decina di minuti dopo decisero di fare una pausa. Si sedettero appoggiando la schiena ad un albero e ripresero fiato. Non avevano ancora detto una parola da quando erano partiti. 
All’improvviso nel silenzio si sentì un fruscio e due Mychemys spuntarono dagli alberi davanti a loro:
– Dannazione, che facciamo?! – Chiese Nico mentre cercava di mettersi in piedi, inutilmente. Si sentiva terribilmente impotente e questo lo faceva infuriare. Il biondo guardò la sua faretra vuota: aveva lasciato tutte le armi nella radura della bandiera.
– Non lo so... Non possiamo nemmeno scappare. –
– Tu puoi scappare. –
Il moro guardò Will con un'espressione così seria che il ragazzo quasi si mise a ridere:
– Io non ti abbandono, Nico di Angelo. –
Quelle parole fecero perdere un battito al ragazzo, che però non si scompose.
– Allora cosa facciamo? Si stanno avvicinando. –
Nico guardò le creature muoversi lentamente verso di loro, con le antenne che tastavano l'aria.
– Beh... Come tu hai i viaggi nell'ombra, anche noi figli di Apollo abbiamo una specie di arma segreta. –
– E sarebbe? –
Will si alzò e si allontanò un poco. 
– Ti consiglio di non guardare. –
Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi, sotto lo sguardo impassibile del minore. Portò le mani vicino al petto e da esse ricomparse la luce dorata di poco prima. Si espanse per le braccia, arrivando poi alla testa, alle gambe e infine inghiottì interamente la figura del ragazzo, lasciando al suo posto una supernova. Nico si coprì gli occhi con un braccio per non essere accecato da quella luce abbagliante mentre veniva invaso da un senso di calore sempre più forte. Ad un tratto, la sfera di luce esplose con un'onda d'urto così potente che ridusse in cenere i mostri. Si accorse appena in tempo che Will stava cadendo e scattò verso di lui riuscendo ad afferrarlo. Non gli importava del dolore alla gamba, voleva solo evitare che Will si ferisse. Il biondo sorrise leggermente quando riaprì gli occhi tra le braccia dell'altro, che arrossì nuovamente.
– Cosa c'è? –
– Grazie. –
Poi Will richiuse gli occhi, perdendo i sensi.
Nico era seduto su una sedia davanti a quel letto ormai da molto e vedeva dalla finestra dietro di esso che il cielo iniziava a schiarirsi. Riportò lo sguardo sul ragazzo e incontrò i suoi occhi chiari:
– Hey. – Disse piano il moro.
– Hey. – Fu la risposta di Will, che poi continuò un po’ confuso:
– Cos'è successo? –
– Eravamo nel bosco, c'erano quelle due formiche troppo cresciute e non sapevamo cosa fare. Quindi sei diventato una supernova. Mi spieghi cosa cavolo era? –
Nico scandì l'ultima frase, aggrottando leggermente la fronte. 
– In realtà non ne so molto, ma da come me lo hanno spiegato è come se concentrassimo tutta la nostra energia in una volta sola e provocassimo una piccola esplosione che danneggia i mostri. Non l'avevo mai provata su me stesso. –
– Perché no? –
– Beh, come vedi consuma molte energie ed è piuttosto pericoloso, in più non è il caso di svenire sul campo di battaglia. –
Will si guardò intorno, notando solo allora di essere in infermeria:
– Come siamo arrivati qui? –
– A quanto pare la tua "arma segreta" ha attirato l'attenzione degli altri che ci stavano cercando per la bandiera e... LA BANDIERA! –
– Come? – Chiese il maggiore stupito.
– Abbiamo lasciato la bandiera nel bosco! –
– Probabilmente qualcuno l'ha presa e ha concluso il gioco. –
– No, non credo... Erano tutti così preoccupati che nessuno ha più pensato alla caccia. Persino Clarisse era in pensiero. –
Intanto il biondo si era tirato su e stava seduto appoggiato ai cuscini. Sorrise leggermente, ma poi tornò serio:
– E la tua gamba? –
– Non sono io il paziente qui, ma tu. E comunque è quasi guarita. L'ambrosia fa miracoli. –
Nico indicò il piattino di fianco a Will, che ne prese un cubetto e lo mangiò riacquistando un po' di energie. 
– Vado a chiamare qualcuno. –
– Non è necessario, Nico. Sto bene ora, ho solo bisogno di riposo. –
– Come vuoi. –
Il minore stava per uscire quando appoggiò una mano sullo stipite della porta e voltò la testa:
– Non ti azzardare a farmi preoccupare così un'altra volta, Solace. –
Il biondo rimase spiazzato, poi rise:
– Lo terrò a mente: non far preoccupare Nico di Angelo. –
L'altro uscì definitivamente e si fermò poco più avanti per osservare il cielo tinteggiato di rosa farsi sempre più blu. Sospirò e continuò a camminare verso il bosco alla ricerca della bandiera. Aveva bisogno di stare un po' da solo.

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Capitolo 2
*** II. ***


Era passato un anno preciso da quando aveva giocato all'ultima caccia alla bandiera. Anche le squadre erano cambiate e quell'anno erano i figli di Atena, Efesto, Apollo e Poseidone contro quelli di Demetra, Afrodite, Dioniso, Ares ed Eremes. Il moro era stato assegnato alla prima squadra e non vedeva l'ora di giocare. Voleva rifarsi dell'anno precedente, in cui per colpa di Solace non aveva potuto godersela appieno. 
Al suono del corno avrebbe voluto partire, iniziare a correre, setacciare il bosco,... ma l'avevano assegnato alla difesa. Anche Annabeth e Percy avevano lo stesso ruolo e, visto che non c'erano ancora nemici nei paraggi, facevano i piccioncini. A Nico si stringeva il cuore ogni volta che guardava nella loro direzione o che sentiva la ragazza ridere piano per qualcosa sussurratole dal semidio. Ogni occhiata una fitta allo stomaco. Per quanto avesse ammesso che Percy non era il suo tipo, che era etero e che era fidanzato, era pur sempre la sua prima vera cotta.
Si voltò per trovarsi davanti un figlio di Apollo che gli sorrise prima di continuare la perlustrazione.
Perché i figli di Apollo sorridevano sempre? 
Era una cosa che Nico proprio non capiva. Ogni dove ti voltavi c'era uno di loro che scherzava e faceva battute. Come facevano ad essere così allegri anche nelle situazioni critiche? 
Visto che nessuno dell'altra squadra aveva ancora trovato la loro bandiera, decise di fare un giro nei dintorni. Aveva fatto appena qualche metro tra gli alberi quando sentì un rumore lontano. Sembrava una persona, ma non ne era sicuro. Camminò verso la fonte di quel suono, che aumentava di intensità mano a mano che si avvicinava. 
Capì che erano singhiozzi. 
Chi mai poteva piangere in un momento del genere?
Will Solace, ecco chi. Stava seduto su una roccia con la testa bionda tra le mani e singhiozzava sommessamente. Nico si bloccò: non aveva mai visto un figlio del dio del sole piangere. L'altro si accorse di lui e, alzando lo sguardo, si asciugò gli occhi cercando di sorridere:
– Ciao Nico, che ci fai qui? Non eri in difesa? Il campo è dall'altra parte. –
Il moro non si spostò di un centimetro e continuò a fissarlo. Will non sostenne il suo sguardo e riabbassò la testa, mentre le lacrime tornavano a sgorgare dai suoi occhi. Il figlio di Ade si avvicinò piano e si sedette accanto a lui:
– Che c'è? –
– Niente Nico, torna a giocare. Ormai avranno trovato la nostra bandiera. –
Nico non riusciva a vederlo in faccia perché aveva la testa bassa, ma sapeva che era successo qualcosa. Qualcosa che era riuscito a far piangere un figlio di Apollo. 
– Che c'è? – Ripeté allora il moro. 
L'altro si arrese con un sospiro tremante:
– È... è mia madre. Lei... sta male. Mi hanno informato che è in ospedale e che la sua situazione è grave. Potrebbe non... –
La frase fu interrotta da un singhiozzo più forte degli altri, ma Nico capì lo stesso e abbassò lo sguardo a sua volta. 
– Will. – Disse poco dopo e il biondo si voltò verso di lui. 
Nico perse un battito. 
Il rossore del pianto faceva sembrare i suoi occhi lucidi ancora più azzurri e splendenti sotto la luce della luna. Quando si fu ripreso Nico notò che non aveva continuato la frase e che l'altro lo stava fissando. Così continuò:
– Will, la morte non è una cosa di cui avere paura. –
Forse era stato troppo diretto, ma non c'era un modo leggero per affrontare certi argomenti.
– È una cosa normale e anche se non vorremmo che esistesse, è necessaria. In fin dei conti, è solo un'ennesima avventura. – 
Il biondo lo stava ancora fissando. Non capiva cosa stesse pensando, la sua espressione era indecifrabile. Poco dopo sospirò:
– Probabilmente hai ragione, però non è mai facile lasciar andare le persone che amiamo. Lei è... lei è tutto per me. Non posso perderla. –
Nico annuì. Lo sapeva bene. Prima sua madre, poi Bianca. Tutte le persone che amava sembravano abbandonarlo.
Mosse la mano portandola su quella del biondo, che si stupì di quel contatto. Subito Nico ritrasse la mano, ma non prima di aver sentito un brivido percorrergli tutta la schiena.
– Parlami di lei. – Disse il moro dopo un lungo silenzio. 
Will sembrò stupito, ma accennò un sorriso che rimase sul suo volto per tutto il racconto. Lui parlava, con alcune lacrime che gli rigavano il volto di tanto in tanto, e Nico ascoltava intervenendo di quando in quando. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato. Forse ore, forse minuti, forse il gioco era già finito. Alla fine, Will si asciugò le ultime lacrime e disse:
– Grazie. –
– Di niente, tanto mi annoiavo in difesa. –
Rispose Nico abbozzando un sorriso. L'altro rimase lì, a fissare quella curva sul volto del minore, così dolce e così diversa da tutte le espressioni che gli aveva sempre visto addosso. Nico fece per andarsene, quando l'altro lo fermò:
– Aspetta. Per favore non dire a nessuno quello che è successo. Non voglio far preoccupare gli altri. – 
Il moro si stupì. Annuì e si avviò nel bosco per tornare alla sua cabina. Era sicuro che ormai la caccia fosse finita, visto che il cielo iniziava già a schiarirsi. 
Mentre camminava pensò a Will e al fatto che anche i figli di Apollo piangano e stiano male, ma si sforzino di sorridere e infondano allegria a tutti. 
Quando arrivò davanti alla sua cabina vide un'altra testa bionda correre incontro a Will, anche lui emerso dagli alberi. Vide che era preoccupata e che il maggiore si grattava la testa. Non poteva sentirli ma probabilmente stava inventandosi qualche scusa sull'essersi perso nel bosco. Non aveva segni di pianto, né di tristezza. Sorrideva imbarazzato alle domande della ragazza, come se non fosse successo nulla. 
Nico pensò che Will Solace fosse un ragazzo forte.
 
 

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Capitolo 3
*** III. ***


Nico Di Angelo era deciso a giocare al massimo quella partita. Niente glielo avrebbe impedito. O almeno così sperava. Dopo i due anni precedenti quella sera cercava di evitare Will, visto che entrambe le volte gli aveva impedito di giocare come si deve. Il suo rapporto con il figlio di Apollo era cambiato durante quell'anno, adesso erano quasi... amici.
La madre di Will era passata a miglior vita due mesi dopo il loro discorso nel bosco, e questo in qualche modo li aveva avvicinati. Non che parlassero un granché, in realtà, ma di tanto in tanto facevano due chiacchiere. Più che altro, Will parlava e Nico lo ascoltava commentando i suoi discorsi. 
Il moro non sapeva bene cosa gli stesse succedendo, ma l’essersi avvicinato a Will lo aveva aiutato ad affrontare parte dei suoi problemi e ora persino osservare la coppietta storica non gli faceva lo stesso effetto. Non gli faceva più così male ora. 
Nico si avvicinò al centro della postazione per ascoltare il piano, anche se aveva già deciso di attaccare qualunque fosse stata la sua mansione. Dopotutto, lui odiava seguire gli ordini. 
Quell’anno Chirone aveva pensato sarebbe stato divertente comporre le squadre in base alle iniziali degli dèi, quindi le cabine di Ares e di Atena stavano ideando una strategia mentre i figli di Apollo e Afrodite preparavano armi e difese. Lui, figlio di Ade, ascoltava il piano per capire quanto avrebbe dovuto allontanarsi da esso. Una scossa di adrenalina però lo percorse quando lo assegnarono ai cacciatori: avrebbe attaccato e non sarebbe stato rimproverato per averlo fatto. 
Si avviò svelto verso le armature leggere con un sorriso stampato in faccia. Dalle espressioni degli altri che lo incrociavano però intuì dovesse sembrare più un ghigno sadico. Solo Will non apparve turbato, anzi si avvicinò sorridendo e salutandolo con la mano. Prima che potesse dirgli qualsiasi cosa però il moro lo bloccò, stendendo le braccia:
– Non ci provare Solace, quest’anno non ti voglio tra i piedi. –
L’espressione del biondo si gelò, ma non diede altri segni di reazione.
– Co... come? – 
Chiese con un sorriso che Nico non capì fosse vero o falso.
– Sono due anni che cerco di giocare un buona partita e stavolta non sarai tu ad impedirmelo. –
Nico stava quasi ridacchiando, ma il suo tono appariva comunque duro alle orecchie di Will. Il biondo prese un respiro profondo, scostandosi di lato con un gesto teatrale:
– Allora sarà bene che io mi discosti da voi, Milord. – Disse con voce aristocratica facendo un mezzo inchino e mostrando il passaggio libero. Il minore si mosse e prima che lo superasse l’altro aggiunse:
– Non le starò tra i piedi. –
E così fu. Non vide, sentì, né pensò a Will durante tutta la durata della caccia. 
L’unico pensiero fisso era la bandiera, che strinse finalmente tra le mani poco prima di mezzanotte. Aveva corso, combattuto e gridato. Aveva ferito ed era stato ferito. Aveva vinto. 
O meglio, avevano vinto, ma era stato lui ad afferrare effettivamente la bandiera. Il suono finale del corno era stato musica per le sue orecchie, così come le esultanze dei compagni di squadra. Si sentiva vivo, energico, e... osservato. 
Dopo aver ricevuto e fatto varie congratulazioni, notò una ragazza semi-nascosta tra gli alberi che gli faceva dei cenni. Con ancora il bottino stretto in pugno si allontanò dal gruppo, raggiungendola. La conosceva di vista, era una figlia di Afrodite poco più grande di lui. 
– Ti serve qualcosa? – Chiese diretto Nico lanciandosi occhiate alle spalle.
– In realtà è a te che serve qualcosa, ed è un cervello. – Rispose lei ancora più secca. 
– Ma forse un cervello ce l’hai ed è un cuore che ti manca. – Continuò incrociando le braccia. 
Il moro era allibito, non sapendo come comportarsi.
– Si può sapere di cosa stai parlando? –
– Allora è proprio la materia grigia il problema! – Ribatté la ragazza sgranando gli occhi. Davanti al viso confuso ed irritato del ragazzo, la figlia di Afrodite sospirò e sembrò addolcirsi:
– Senti... So che per te sono praticamente un estranea, ma te lo devo dire. – 
Gli mise le mani sulle spalle, avvicinandosi. Temendo in una qualche sorta di dichiarazione Nico cercò di allontanarsi, ma lei lo trattenne e continuò:
– Si tratta di Will. –
Il minore smise di opporsi e lei lo prese come un invito a spiegarsi:
– Ero abbastanza vicina a voi prima dell’inizio del gioco da sentire tutto: sei stato crudele. –
– Crudele? Will sa che scherzo. –
– Stavi scherzando? Ne sei certo? –
– Beh... Sì, insomma... –
– Se non ne sei sicuro tu come può esserlo lui? –
– Si può sapere cosa vuoi? – Chiese lui scrollandosi le sue mani dalle spalle. 
Lei si avvicinò di nuovo, stavolta però con un sorriso gentile:
– Solo aiutarti. In realtà più aiutare Will, ma per farlo mi servi tu.–
– Fantastico. –
– Nico, ascoltami: Will Solace è innamorato di te da quando lo conosco. E oggi lo hai ferito. –
Al silenzio dell’altro, continuò:
– Visto che da solo non capisci qualcuno doveva dirtelo. È piuttosto bravo a nascondere i sentimenti dietro un sorriso, siano essi positivi o negativi. È per questo che trovo i figli di Apollo particolarmente terrificanti. –
Su quello i due erano d’accordo, ma Nico non lo sottolineò. Era troppo concentrato sull’eco che gli rimbombava in testa: Will... Innamorato... Ferito...
La ragazza gli mise una mano sulla guancia, riportandolo alla realtà quanto bastava per fargli capire dove Will si trovasse e il perché lui odiasse il contatto fisico. 
– Va’ da lui. – 
Fu l’ultima cosa che lei disse con tono delicato prima di allontanarsi. I festeggiamenti si stavano spostando al campo, ma lui rimase nel buio. Nessuno presta mai attenzione ad un figlio di Ade nell’ombra. Le gambe si mossero prima lentamente, poi correndo nella direzione indicata loro da quella campeggiatrice invadente ma provvidenziale. 
Camminava, correva, si inciampava e ricominciava. Aveva ancora il fiato corto dalla partita appena giocata e non poteva viaggiare nell’ombra. 
Non lo avrebbe fatto comunque. 
Correndo si schiariva la mente, surriscaldata dai troppi pensieri. 
Si fermò solo quando gli alberi si diradarono aprendo la vista sul lago del campo. L’unica luce era quella della luna, che però era abbastanza da illuminare una figura arancione seduta al fondo del molo. La osservò da lontano riprendendo fiato. 
La testa del figlio di Ade era così pesante da sembrare una bolla di sapone e talmente piena da sentirla come svuotata. 
Ormai non pensava più. 
Per questo non si accorse di essersi avvicinato fino a quando non incontrò lo sguardo dell’altro, giratosi dopo aver sentito i passi sul legno. I suoi occhi chiari lo riportarono alla realtà.
– Nico, cosa ci fai qui? – Chiese Will, muovendo i piedi bagnati dall’acqua. 
Non c’erano segni di lacrime sul suo viso, ma dietro il solito sorriso la sua espressione era triste. Stavolta Nico lo vedeva. Aveva aperto gli occhi.
Non disse niente, si limitò a portare in avanti il braccio con la bandiera stretta in pugno. 
– Sì, abbiamo vinto. Non ho visto la scena ma so che sei stato tu a rubare la bandiera. Congratulazioni. – 
Sorrise, più sinceramente stavolta. Nico si sedette accanto a lui, facendo attenzione che le sue scarpe non toccassero il lago. Si voltò verso l’altro e gli mise la bandiera in mano, quasi bruscamente. 
– Mi dispiace per prima. – Disse soltanto, alzando solo allora lo sguardo. 
Ci fu un attimo di silenzio, ma prima che il maggiore potesse dire qualsiasi cosa Nico continuò:
– Non mi rendo conto quando supero i limiti e non avevo intenzione di essere così... crudele. Mi dispiace. – Concluse, citando la figlia di Afrodite. Pensò però non fosse il caso di parlargli della conversazione avuta con lei. 
Will si rigirò la bandana tra le mani, osservandola. Gliela porse nuovamente con un mezzo sorriso:
– Dovresti tenerla, te la sei guadagnata. Potresti... Potresti indossarla in battaglia. –
Nico era confuso. Lui si stava aprendo, scusandosi, e l’altro non pensava che a quel pezzo di stoffa. 
– Per esempio... così... – Disse il biondo quasi sussurrando, avvicinandosi e legandogli la bandiera dietro la nuca di modo che gli coprisse il naso e la bocca. Ridacchiò, ma non si allontanò. 
– Proprio come un cowboy. – 
Nico non riusciva a respirare, e non solo perché la bandiera puzzava di terra. La luna faceva risplendere gli occhi del figlio di Apollo, come se Artemide lo stesse benedicendo. L’unico rumore era l’acqua del lago che pacifica bagnava il molo e le parole della ragazza si ripetevano nella mente altrimenti vuota di Nico: “Will è innamorato di te da quando lo conosco”...
Erano ancora vicini e la loro distanza non accennava ad aumentare, anzi sembrava diminuire sempre di più. Con cautela, Will appoggiò delicatamente le labbra sulla morbida stoffa in corrispondenza di quelle di Nico, chiudendo gli occhi. 
Il minore quasi non lo avvertì, ma il suo cuore lo sentì eccome. Accelerò battendo all’impazzata mandandogli brividi lungo tutto il corpo e la fresca serata sembrò gelida quando l’altro si allontanò. Sospirò come se avesse trattenuto il fiato da sempre e osservò l’altro, che sembrava aspettare con ansia una sua qualsiasi reazione. Lentamente, Nico tirò la bandiera abbassandola sul mento. Non sorrise né mosse un muscolo, ma l’altro sembrò leggere il suo sguardo e ridacchiò, sollevato. A quel punto anche il figlio di Ade si sciolse, lasciandosi andare ad un sorriso ed abbandonandosi tra le braccia di Will. Gli prese il volto tra le mani e sfiorò le sue labbra, tirandosi leggermente indietro all’ultimo secondo. Un brivido gli percorse la schiena vedendo l’altro che si protendeva verso di lui dischiudendo le labbra, gli occhi socchiusi che lo osservavano tra le ciglia. Finalmente si decise ad azzerare le distanze tra di loro e sentì Will sospirare sulla sua bocca, avvicinandosi ulteriormente. Il biondo gli passò una mano tra i capelli, quasi come una carezza, facendo segno al minore di fermarsi:
– Sei sicuro che... –
Ma prima di riuscire a finire la frase Nico lo baciò nuovamente, stavolta con più foga.
Parlò, o meglio farfugliò, di nuovo solo quando i suoi polmoni sembravano non poterne più. Era certo di poche cose nella sua vita, e ora sapeva che quella era una di esse. 
– Sicuro. – Disse solo e Will fece il più luminoso sorriso che il moro gli avesse mai visto sul volto. 
Il figlio di Apollo lasciò una scia di baci delicati sul viso di Nico, prima su una guancia, poi il mento, il collo, per poi finire sulle sue labbra sottili aggrappandosi al suo giubbotto. 
Il cielo si stava schiarendo quando Nico, con la testa appoggiata nel grembo del ragazzo che gli scompigliava i capelli, sbadigliò rumorosamente. 
– Credo sia ora di andare, raggio di sole. –
– Non chiamarmi così. – Ribatté Nico strofinandosi gli occhi.
– Come vuoi, fiorellino. –
Il figlio di Ade ridacchiò:
– Di bene in meglio. – Commentò mettendosi a sedere per poi alzarsi e stiracchiarsi. 
Offrì una mano a Will, che l’accettò per mettersi in piedi e non la lasciò fino a quando non arrivarono al confine delle cabine. A quel punto il moro si fermò, e con lui Will. A quell’ora erano pochi i campeggiatori in giro, ma era comunque incerto su cosa fare. Guardò il figlio di Apollo, i suoi occhi color del cielo e le sue lentiggini abbronzate e ogni dubbio lo abbandonò. Strinse la sua mano intrecciando le loro dita e camminò a testa alta al centro del campo. Perché con Will al suo fianco non avrebbe mai più tenuto lo sguardo basso. Sarebbe stato coraggioso. Sarebbe stato se stesso.

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