Kiss Mint

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il caso ***
Capitolo 2: *** Ciak, si gira! ***
Capitolo 3: *** Kiss Mint ***
Capitolo 4: *** Ed ora? ***



Capitolo 1
*** Il caso ***



In questi tempi un po’ cupi e pesanti, ho voluto scrivere, a mo’ di antidoto, questa storia leggerina, in tre atti. Spero che l’apprezzerete e che vi faccia sorridere e divertire. Un abbraccio a tutti voi.



Cap. 1 Il caso
 
Quella volta, non era stato necessario recarsi alla lavagna della stazione di Shinjuku, come faceva Kaori di consueto, per trovare un caso da risolvere e la solita cliente bellissima.
Ci aveva pensato la sua amica stilista Eriko, a trovare il lavoro ai due City Hunter: una giovane donna d’affari in difficoltà, a capo di una grande azienda leader nel campo dei dolciumi e delle caramelle.
Il suo nome era Minnie Tsuku, ed era in rapporti con la stilista in quanto, un paio di volte, le aveva disegnato dei vestiti per degli spot pubblicitari.
 
Eriko aveva spiegato alla sweeper, per telefono, che Minnie stava per lanciare sul mercato un nuovo prodotto e, poiché a questo era legata l’emissione di ulteriori azioni quotate in borsa, temeva dei sabotaggi dalla compagnia concorrente, per danneggiarne l’immagine e far naufragare gli affari che ne sarebbero seguiti.
Aveva ricevuto lettere minatorie, e soprattutto i giorni precedenti, sul set dove si sarebbe dovuto girare lo spot per la nuova caramella, erano successe cose strane: piccoli incidenti, furti di oggetti ordinari, inghippi vari, che avevano rallentato le riprese.
Era importante, per la campagna pubblicitaria, uscire con lo spot il prima possibile, e battere la rivale che, stando alle voci di corridoio e alle informazioni raccolte in giro, avrebbe presentato un prodotto quasi identico al suo.
 
Ed ora Ryo e Kaori erano appena arrivati davanti al grattacielo della Fuji Ice, l’azienda di Minnie Tsuku, ricoperto di specchi e alla cui sommità campeggiava un’enorme insegna rappresentante la sagoma del monte Fuji, stilizzata, con tanto di neve sulla cima.
I due sweepers sostarono in silenzio, quasi intimoriti di fronte alla magnificenza del palazzo: se tutto quello sfarzo era studiato, per impressionare la gente e ostentare potenza e ricchezza, be’, allora indubbiamente raggiungeva il suo scopo.
I due quasi si pentirono di essere arrivati con l’insostituibile Mini rossa, e di averla parcheggiata nell’autorimessa sotterranea, accanto a macchine di grossa cilindrata, lucide e fiammanti; si aggiustarono, a disagio, i vestiti eleganti che erano stati costretti ad indossare su specifica richiesta di Eriko.
 
Minnie Tsuku era una donna di alta classe, abituata a trattare con i grandi della finanza e della politica: si muoveva in un mondo dorato ed insidioso allo stesso tempo, e non tollerava la sciatteria.
Era un’amante del bello, colta, ma anche tanto severa, quasi arrogante, con i suoi sottoposti o con chi sedeva un gradino sotto di lei nella scala sociale.
Si era fatta da sé, e non ammetteva la mediocrità altrui.
 
Gli sweepers si guardarono l’un l’altra, pensosi, e si decisero ad avanzare: la donna che dovevano incontrare poteva anche essere altezzosa quanto voleva, ma se era nei guai, e aveva bisogno del loro aiuto, allora, passata quella breve pagliacciata di presentarsi vestiti di tutto punto, poi avrebbero fatto a modo loro.
 
Kaori però, dal canto suo, era un po’ preoccupata: se era vero che Minnie era bellissima come dicevano, chi avrebbe tenuto a bada Ryo al suo cospetto?
Se si fosse fatto prendere dalle sue solite fregole da maniaco, non avrebbe tardato a saltarle addosso; e se la magnate era così inflessibile e rigida di indole, li avrebbe sbattuti fuori all’istante dopo aver chiamato la sicurezza.
Avrebbero perso l’ingaggio, che già immaginava favoloso, e sarebbero stati punto a capo.
Sospirò rassegnata.
 
Varcarono la soglia della hall, e si trovarono davanti un’occhialuta e anonima signorina al front office, che subito gli chiese distrattamente, ma sussiegosa:
 
“Posso fare qualcosa per voi?” e sorrise; un sorriso standard, previsto dal contratto e probabilmente finto come tutto il resto.
 
Ryo, che si aspettava di sfoderare tutto il suo fascino per conquistare l’ennesima donna (?), rimase talmente deluso dalla vista della segretaria, che si accartocciò su sé stesso, facendo boccacce.
La socia, infastidita dal suo solito comportamento sconveniente e da vero cafone, prese la parola e rispose:
 
“Sì, buon giorno. Siamo dell’Agenzia Saeba, e abbiamo un appuntamento con la signora Minnie Tsuku in persona.”
 
“Veramente?” si lasciò sfuggire la donna stupita, e solo allora si apprestò ad osservarli con più attenzione: notò subito che i due erano vestiti elegantemente e che, soprattutto, la loro bellezza era notevole.
Si soffermò a guardare Ryo in particolare, e finì per confondersi ed arrossire.
Abituata però a nascondere le proprie emozioni, tornò all’istante fredda e professionale come sempre e disse:
 
“Un attimo, prego” e alzò la cornetta del telefono, sussurrò alcune parole incomprensibili, e posando la cornetta al suo posto esordì con:
 
“Ultimo piano, prego.”
 
I due ringraziarono e si diressero verso uno dei numerosi ascensori di freddo metallo, che aprì le porte giusto in tempo per farli salire.
All’interno c’era ad aspettarli un lift in divisa, che li accolse con un sorriso di circostanza e un cenno del capo.
Ma, appena posati gli occhi sulla bella Kaori, si lasciò sfuggire uno sguardo compiaciuto, e i suoi occhi tradirono un luccicore appena accennato, ma inequivocabile: era rapito da ciò che vedeva.
La ragazza indossava uno splendido tailleur scuro dalle linee classiche, la cui gonna attillata le valorizzava le gambe, e la giacca, con i revers disseminati di luccichini discreti, e tenuta chiusa da due soli enormi bottoni, lasciava intravedere le forme morbide del seno perfetto, contenuto da un top di seta nera.
Il velo di trucco che aveva applicato sul viso, ne evidenziava gli occhi di calda ambra e i lineamenti perfetti; i capelli fulvi, dal taglio sbarazzino, completavano l’insieme.
Non era solo elegante, era veramente affascinante con il suo portamento da modella, e non passava di certo inosservata.
Come non passò inosservato, al geloso Ryo, il modo con cui il lift la guardava; e lo sweeper si risentì quando il ragazzotto chiese: “Signori, a che piano?” con voce melliflua.
E mentre già si apprestava a sbirciare le lunghe gambe della donna attraverso gli specchi della cabina, trasalì alla risposta secca del socio di lei:
 
“Attico!”
La sua voce era tagliente, e sorprese sia la socia che il lift.
Kaori fece spallucce, non capendo l’atteggiamento del partner, ma non ci fece caso più di tanto.
Il ragazzo premette il bottone, stupito e leggermente impaurito, e rimase impalato per tutto il tempo, continuando a guardare davanti a sé un punto lontano.
Si chiedeva chi fossero quei due, così ben vestiti e indubbiamente di bella presenza, che addirittura erano diretti ai piani alti, notoriamente off limits per la maggior parte delle persone; ma, ovvio, non fece domande. Gli era bastata quell’unica parola dell’uomo, per sentirsi in colpa e a disagio. Non vedeva l’ora che scendessero.
 
Ryo comunque, dopo quel guizzo di gelosia, era tornato quello di sempre: sguardo impenetrabile, un misto di disincanto e disinteresse, quasi impazienza. Kaori, che a stento mascherava il nervosismo, controllando i numeri accendersi in successione, poco prima di arrivare al piano, si voltò verso il socio e gli sistemò il nodo della cravatta.
Un gesto inconscio e gentile, premuroso, che sorprese non poco il partner; inaspettatamente si sentì invaso da un piacere dolce e rassicurante: Kaori lo amava, e ci sarebbe sempre stata per lui.
Per un attimo fu tentato di abbracciarla, o di restituirle la gentilezza, magari con una carezza, ma, al solito, si trattenne.
Lei non doveva sapere quanto lui l’amasse… Era meglio così, si ripeté per l’ennesima volta. Però gli sfuggì lo stesso un sorriso soddisfatto che la ragazza, troppo tesa e distratta, non vide e non poté apprezzare.
 
Appena usciti dall’ascensore, si ritrovarono a percorrere lunghi corridoi ricoperti di morbidi tappeti, che attutivano i loro passi e che, stranamente, li facevano sentire a disagio ancora più, come se udire il rumore delle suole delle scarpe, al contrario, potesse rassicurarli in un certo senso.
In ogni caso, guardandosi intorno, notarono alle pareti quadri dai soggetti astratti, che si abbinavano alla perfezione ad altri componenti di arredo dalle fogge moderne e geometriche, e che trasudavano ricercata eleganza.
Con l’attenzione distratta da quell’ambiente che richiamava al bello, giunsero, senza quasi rendersene conto, in vista della scrivania di una giovane donna, presumibilmente una delle segretarie di Minnie; Kaori fu la prima ad accorgersi della ragazza e che era davvero, per giunta, molto carina.
Già si aspettava che il socio si sarebbe fatto prendere dalle sue solite manie e, manco a farlo apposta, la tipa l’aveva già adocchiato.
Non aveva certo tutti i torti: quella mattina Ryo, con il suo completo elegante, era bellissimo, e se ci pensava si sentiva prendere da un leggero turbamento; maledizione, le faceva sempre un certo effetto, e diventava sempre più difficile non saltargli addosso, o anche solo lasciarsi andare ad un gesto che gli dimostrasse quanto lo amasse e lo desiderasse.
Si frenò mentalmente, ma non poté impedirsi di arrossire lo stesso.
 
La ragazza stava per dire qualcosa, affascinata dallo sguardo da seduttore di Ryo, quando si aprì la porta di legno massiccio, e ne uscì Minnie in persona che esordì con:
 
“Midori? Dovrebbero arrivare i nuovi attori per… Ah, ma vedo che sono già qui.”
 
“I-i nuovi attori?” balbettò Midori.
 
“Sì, i nuovi attori per lo spot pubblicitario” rispose quasi spazientita la manager; poi riprese, con tono più asciutto: “Midori? Cancella tutti i miei appuntamenti da qui ad un’ora, che non mi disturbi nessuno: ho da fare, grazie.”
 
“Sì, Josei Tsuku” e fece un piccolo inchino deferente, aspettò che i tre scomparissero dentro l’ufficio della signora e poi si risedette sospirando.
E così quelli erano i nuovi volti della campagna pubblicitaria?
Davvero una bella scelta.
Erano una novità, non li aveva mai visti, ma dovette ammettere che erano meravigliosi, soprattutto lui, con quelle spalle larghe, il viso maschio, gli occhi neri e cupi.
Sospirò di nuovo.
Certo anche la ragazza che lo accompagnava era una vera bellezza, e quasi l’invidiò.
Chissà se c’era del tenero fra i due?
Continuò a ragionare così, fino a quando una telefonata non la richiamò ai suoi doveri.
 
Nell’ufficio accanto, i due sweepers erano finalmente davanti alla famosa nuova cliente, che li fece accomodare su un ampio ma scomodo divano, studiato per mettere in soggezione i visitatori; però solo Kaori vi si accomodò, mentre Ryo, all’invito di sedere, rispose:
 
“Se non le spiace, preferirei stare in piedi.”
 
Era stranamente serio e distaccato, e Kaori se ne stupì non poco, perché Minnie Tsuku era veramente uno schianto ed era all’altezza della sua fama.
 
Minnie era una donna dal fisico curato e tonico, e Kaori immaginò che, nonostante tutto, trovasse del tempo per mantenersi in forma in palestra, e che sicuramente avesse un personal trainer che la seguisse giornalmente, perché davvero non aveva un filo di grasso.
Le mani erano curate e impreziosite da pochi ma significativi anelli, che da soli valevano tutto il loro appartamento, valutò la sweeper; i capelli, di un nero lucido corvino, erano raccolti in uno squisito chignon, e nemmeno un ciuffo era fuori posto; e quell’acconciatura quasi severa, metteva in risalto il lungo collo sottile e la nuca.
Indossava un morbido maglione dal collo alto, di cachemire color panna, probabilmente di alta sartoria, come i pantaloni marroni dal taglio classico, ma ampi e di calda lana di vigogna, che lasciavano scoperte delle bellissime scarpe col tacco, ovviamente di manifattura italiana.
Il viso, un ovale perfetto, era illuminato da una strana luce, forse ambizione: gli occhi erano quelli di chi valuta sempre chi ha di fronte e cerca di trarne maggior profitto possibile; non sembrava però una persona cattiva o estremamente maliziosa, e Kaori, seppur leggermente intimorita dall’aura sicura della donna, si disse che quella era pur sempre la sua prima impressione, e che avrebbe giudicato meglio quando l’avesse conosciuta.
 
Ryo, che era rimasto in piedi dietro lo schienale del divano, alle spalle della socia, non aveva detto altro. Era difficile immaginare cosa stesse pensando in quel momento.
Avrebbe potuto saltare addosso alla top manager come un macaco in calore, oppure sfoderare tutto il suo fascino da consumato seduttore, oppure… Kaori era quasi impensierita dal comportamento insolito del socio.
Lui, intanto, aveva già registrato il fatto che la donna di fronte a lui fosse bellissima, ma nulla a che vedere con la fresca bellezza della sua Kaori; stranamente non si sentiva attratto da lei, c’era qualcosa che lo disturbava, forse troppa freddezza.
In realtà era da qualche tempo che non provava più tanto interesse per le altre donne.
Non sapeva da quando fosse iniziato tutto questo, forse da molto prima del matrimonio di Miki e Falcon, quando si era in un qualche modo dichiarato alla sua partner; in un certo senso, era come se fosse finito il tempo delle scimmiottate.
Di sicuro era stato divertente correre dietro a tutte quelle gonnelle, e farsi prendere da loro a borsettate, schiaffi e spintoni, o a martellate dalla bella socia… e tutto per non rivelarle quanto, in realtà, lui fosse preso da lei e la desiderasse. Ma adesso gli sembrava tutto così inutile!
Non che avessero fatto passi avanti dopo l’episodio della radura… Anzi, erano rimasti lì, in sospeso, entrambi incapaci di fare avanzare la relazione, e lui non si sentiva ancora pronto a lasciarsi andare al suo amore per lei.
E comunque quella donna era troppo algida per i suoi gusti, e non avrebbe sprecato le sue energie per corteggiarla, fosse anche stato per finta.
 
In ogni caso, a dispetto di quella prima impressione scostante e cinica, Minnie si sedette con un sospiro nel divano di fronte a loro, e sorrise; questo ammorbidì i suoi lineamenti e la fece apparire più bella, più giovane e più umana.
Era un po’ come se avesse deposto la maschera.
 
Li guardò con un misto di divertimento e compiacimento, per poi esordire con:
 
“E quindi Eriko non stava esagerando” e inclinò la testa da un lato come per valutarli meglio “Aveva ragione a dire che siete bellissimi: due modelli nati.”
 
Kaori, a quelle parole, arrossì violentemente e prese a tormentarsi il bottone della manica della giacca; Ryo invece si irrigidì, stranamente a disagio per il complimento che gli aveva fatto la manager.
A quel punto lei rise divertita, per poi aggiungere:
 
“Ma lo so che non siete due modelli professionisti, né tantomeno due attori, e che il vostro lavoro è ben lontano da quello di frequentare passerelle, o set cinematografici o fotografici. Infatti, ho bisogno del vostro aiuto… E il fatto che siate stupendi è un piacevolissimo di più.”
 
“Lasci stare i complimenti” la interruppe Ryo, con voce neutra “Ci dica piuttosto in cosa consiste il suo problema.”
 
“Sì, Eriko ci ha accennato qualcosa, ma sarebbe bene che ci spiegasse meglio tutto. Potrebbe ricominciare da capo?”
 
“Oh, non siate così formali!” esclamò la donna con una risatina “Fuori da questo ufficio, io sarò la signora Minnie Tsuku, e voi gli attori selezionati per lo spot. Ma qui dentro, o quando saremo soli, saremo solo Min, Ryo e Kaori, d’accordo?” precisò.
 
 
I due sweepers annuirono.
 
A quel punto Min chiese:
 
“Gradite del tè o qualcosa da bere?” e alla risposta affermativa, lei stessa si premurò di preparare la bevanda e servirli, in maniera informale. Fatto questo prese a spiegare:
 
“Come sapete, sono a capo di una potente e influente compagnia leader nel settore dei dolciumi, e stiamo per espanderci; il lancio del nuovo prodotto, la caramella Kiss Mint, precederà di poco l’emissione di alcune OPA, ed è importante per noi che lo spot che gireremo sia il più possibile accattivante. Un’equipe di creativi ci sta lavorando da mesi e tutto deve essere perfetto. Solo che… ultimamente ho ricevuto delle lettere anonime che minacciavano gravi danni all’immagine della società, o alla mia reputazione, se non avessi bloccato l’uscita del prodotto. Pensavo che fossero i soliti deliri di qualche mitomane, fino a quando non si sono verificati degli spiacevoli incidenti, qui nella sede centrale o sul set dello spot, tanto che, sentendosi in pericolo, gli attori non hanno voluto più saperne di restare a girare. Indipendentemente dalle nuove azioni, la mia società dà lavoro a centinaia di famiglie, e la caramella è già in produzione, non posso sospenderla. Inoltre, sospetto che tutto questo sia stato orchestrato dalla diretta concorrente della Fuji Ice, che dovrebbe immettere sul mercato un prodotto simile al nostro.”
 
“Lei pensa che…” iniziò Ryo.
 
“Ti prego, avevamo detto che ci saremmo dati del tu” e gli sorrise.
 
Kaori ebbe una piccola stretta di gelosia.
Se era vero che, nonostante la sua strepitosa bellezza e questo nuovo atteggiamento più abbordabile, ancora Ryo non ci aveva provato, era altresì vero che la donna non perdeva tempo, e di certo apprezzava il suo socio; e come darle torto?
Inoltre loro erano lì in veste di colleghi di lavoro, e Minnie non poteva sapere che invece loro due fossero… fossero… che cosa?
Niente, si costrinse ad ammettere: non erano niente di più di due soci; non ancora una coppia, solo due persone che lavoravano – e vivevano – insieme. E Minnie era autorizzata a fare la civetta col suo partner, o anche solo a mostrarsi interessata.
Mentalmente sospirò, frustrata e rassegnata.
Ma nemmeno a farlo apposta, in quel momento il suo socio si appoggiò con le mani allo schienale del divano e, così facendo, sfiorò con le dita le spalle di Kaori.
Lei non seppe dire se fosse stata una cosa intenzionale, oppure no, però indubbiamente le fece enormemente piacere, e idealmente le si risollevò il morale.
 
Ryo riprese:
 
“Tu pensi che, sotto questi evidenti sabotaggi, ci sia una regia riconducibile al tuo diretto concorrente?”
 
“Sì, ho motivo di sospettarlo, perché Kenji Mifune mi odia, e farebbe di tutto per danneggiarmi. Lui è a capo della Fresh Power e, ovvio, vuole accaparrarsi una buona fetta di mercato.”
 
“Ma, intendi quel Kenji Mifune?” ruppe il suo mutismo Kaori “Cioè quell’uomo affascinante, considerato lo scapolo d’oro del Giappone, e che compare costantemente su tutte le copertine delle riviste patinate?” finì per esclamare, destando, per altro, un moto di nervosismo in Ryo: la sua socia s’interessava a questi bellimbusti?
Non doveva avere occhi che per lui?
 
Minnie rise di nuovo e rispose:
 
“Vedo che sei ben informata!” e le lanciò uno sguardo malizioso, che la fece sentire a disagio come se fosse stata colta in fallo; poi però, Kaori cambiò idea e, rialzando gli occhi e fissandola decisa, puntualizzò:
 
“Informarmi è il mio lavoro!”
 
Ma non c’era acrimonia nella voce della sweeper, solo orgoglio e determinazione.
Questa risposta conquistò la manager, che rivalutò la ragazza.
Inizialmente aveva scambiato la sua timidezza e ritrosia per mancanza di carattere, e immaginava che fosse solo l’assistente del bel Ryo; invece dovette ricredersi, e l’apprezzò molto.
Era indubbiamente affascinante, quella rossa, e aveva del temperamento.
Meglio così, si disse.
 
“Comunque sì, è quel Kenji: un uomo borioso e pieno di spocchia, che solo perché è a capo della ditta di famiglia, che vanta una tradizione nella produzione di dolciumi da tempi immemorabili, si crede l’unico in diritto di produrne e venderne. Io, invece, mi sono fatta dal nulla, e sono arrivata dove sono arrivata grazie al sudore della mia fronte. Sapeste quanta gavetta ho fatto, quanti sacrifici! Ed ora non permetto a nessuno di intralciare i miei affari. Potrò sembrare fredda e scostante, ma ho a cuore i miei dipendenti, e se va bene la compagnia, va bene anche a loro” concluse la tirata accalorandosi.
 
Kaori voltò la testa verso il socio, in cerca del suo sguardo; lui seguì il suo movimento e intercettò i suoi occhi: sì, stavano pensando la stessa cosa.
 
Infatti, Ryo esordì con:
 
“Mi sembra un po’ stiracchiata questa scusa… Esistono leggi in materia che condannano la concorrenza sleale, e non credo che la compagnia multimiliardaria Fresh Power, si vada a inguaiare con queste bazzecole. Sembrano più scherzetti, e ripicche di natura personale… o sbaglio?” e la guardò con occhi penetranti.
 
A Minnie s’imperlò la fronte, per un attimo perse il solito aplomb di donna di mondo, sicura di sé. Dovette ammettere:
 
“Può darsi… in ogni caso, io ho bisogno di far uscire lo spot in televisione entro stasera: lo devo battere sul tempo, prima dell’apertura della Borsa di Tokyo. A cascata, le foto realizzate sul set verranno pubblicate sulla stampa nazionale, e verranno realizzati dei poster da mettere in giro per la città. Per il momento, mi serve il video. Per oggi!” concluse perentoria, con il tono di chi è abituato a dare ordini.
 
“E noi, esattamente, cosa dovremmo fare?” chiese Kaori, che aveva già un leggero sospetto: tutti quei complimenti che gli aveva fatto quando erano entrati, e prima, quando alla sua segretaria li aveva presentati come due attori… S’impensierì.
 
“Semplice!” rispose la manager “Voi dovrete aggirarvi per gli studi e per le sale di posa, per scoprire i responsabili dei sabotaggi ed impedire che agiscano indisturbati. E quale copertura migliore di quella di due attori professionisti?” e gli strizzò l’occhio.
 
“Vuoi dire che dovremo fingerci gli attori dello spot?” rincarò Ryo.
 
“No, non dovrete fingervi solamente: dovrete esserlo!” concluse contenta e soddisfatta.
 
“Che cosaaaaaaaaa?” esclamarono in coro i due sweepers.
 
A quel punto la manager sobbalzò; perché erano così stupiti?
Chi non voleva diventare famoso in televisione?
E poi loro erano perfetti.
Provò a spiegarglielo, ma lo sweeper rimarcò:
 
“Noi non possiamo farci vedere, esporci così. Noi siamo City Hunter, i nostri nemici non devono sapere chi siamo.”
 
“Mi dispiace, ma è tutto pronto! E poi non ho altri attori da trovare, così su due piedi, e voi fate al caso mio: due giovani bellissimi, l’immagine che voglio accostare al mio prodotto. E poi, in che veste potreste aggirarvi indisturbati fra gli addetti ai lavori? Eriko mi ha detto che avete già sfilato, una volta, e allora non è la stessa cosa?”
 
“Il ragionamento non fa una piega” borbottò Kaori all’indirizzo del socio.
 
Ma ancora Ryo non si convinceva. Allora la manager, che aveva già fatto le sue ricerche sui due, e sapeva quali fossero i loro punti deboli, da buona stratega e donna d’affari quale era, con noncuranza buttò lì:
 
“E comunque vi pagherò profumatamente, sia per l’eventuale buona riuscita del caso, sia per il vostro lavoro di attori.”
 
Kaori drizzò le antenne; non era così venale come sembrava, ma i loro conti erano perennemente in rosso, ed era da veri stupidi non approfittarne. In fondo, cosa gli si chiedeva? Di recitare. E, in un certo senso, non lo facevano sempre? Era una copertura come un’altra.
Persa nei suoi ragionamenti, per poco gli sfuggì quello che, dopo, disse Min:
 
“E tu, Ryo, vuoi mettere? Quante donne avrai ai tuoi piedi dopo che sarai apparso nel mio spot? La città tappezzata di tue foto, le riviste per signore con il paginone dedicato a te, a voi… chi potrà resisterti?”
 
A quelle parole Ryo stava già sbavando, dimentico delle proteste fatte in precedenza.
 
All’unisono, i due soci si trovarono a gridare:
 
“Accettiamo!”
 
“Bene, allora è deciso!” poi, guardando il suo elegantissimo orologio da polso, un Cartier, esclamò:
 
“È ora di andare. Prenderemo il mio ascensore personale e scenderemo di sotto, al piano dove è allestito il set.”
 
E con gesto disinvolto, tolse dall’attaccapanni la sua giacca di tweed, in tinta con la maglia e i pantaloni.
 
 

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Capitolo 2
*** Ciak, si gira! ***


Ed ecco a voi il secondo morso della caramellina Kiss Mint!
Sono contenta che abbiate gradito questa mia nuova fic, che passa leggera sui vostri schermi e magari lascia il tempo che trova :D
Grazie infinite a chi legge e commenta, a chi legge e va, e soprattutto grazie alle nuove lettrici: fa sempre piacere vedere nomi nuovi che commentano.
GRAZIE
Siete pronte a girare lo spot? ^_^





Cap. 2 Ciak, si gira!
 
 
In breve tempo si ritrovarono nel clima febbrile di una sala posa, con l’andirivieni tipico degli addetti ai lavori, delle maestranze, degli assistenti, tutti con relativo cartellino appuntato in cui era specificato nome e mansione.
Erano comunque in tanti, ed era un paradosso pensare che servissero tutte quelle persone per girare un breve filmato pubblicitario, che sarebbe durato pochissimi minuti.
Subito i due sweeper aguzzarono la vista e si misero in modalità City Hunter, attenti ad ogni movimento.
Si divisero e fecero un veloce e discreto giro dello studio, focalizzando le possibili vie di accesso e di fuga, i macchinari, gli attrezzi, cercando di scrutare le facce dei lavoranti, il loro modo di fare, alla ricerca di qualcosa di sospetto.
Ma nulla lasciava intendere che ci fosse qualcosa di strano sotto; tutti erano impegnati in qualcosa, ingranaggi di un meccanismo ben oliato.
Apparentemente tutti conoscevano tutti, e veramente gli unici estranei erano loro due.
Si ritrovarono dalle parti delle seggiole pieghevoli riservate alla regia, dirimpetto al set vero e proprio, dove uno sfondo raffigurante una baia al tramonto ricopriva per intero la parete; luci spot, lampade e bank erano appesi ad un intricato reticolo sopra le loro teste, in un groviglio di cavi elettrici e prese, mentre la macchina del vento era posizionata in un angolo, ed era facile indovinare che la scena dovesse riprodurre una sera d’estate.
I due si confrontarono.
Fu Kaori la prima a parlare:
 
“Allora, Ryo, cosa ne pensi di tutta questa storia?”
 
“Non ho notato niente d’insolito, e credo che la nostra bella top manager non ce l’abbia raccontata tutta. Chi ci dice che le lettere minatorie e i piccoli sabotaggi, non facciano anche quelli parte della pubblicità, magari indiretta? Sono una di quelle cose che catturano l’attenzione del grande pubblico. La storia del cinema è disseminata di set maledetti che hanno fatto la fortuna della pellicola, più che per la trama in sé.”
 
“A me ha colpito l’accenno fatto a Kenji Mifune… secondo me c’è sotto qualcosa.”
 
“Cosa intendi?”
 
“Mi sembra di aver letto che fra i due ci fosse stata una storia d’amore, parecchio tempo fa, quando lui era un giovane rampante e lei all’inizio della carriera. Non sono sicura, ma credo che, addirittura, per un periodo lei abbia lavorato proprio per la Fresh Power.”
 
“Dici sul serio?”
 
“Dovrei controllare e fare una ricerca più approfondita, forse ho tenuto da parte una copia della rivista in cui se ne parlava.”
 
“E brava la mia socia, che legge certe riviste!” la prese in giro lui, scompigliandole i capelli; al che lei, leggermente risentita, rispose:
 
“Se non sprecassi il tempo dietro le tue, di riviste, l’avresti letto anche tu” e gli batté il dito indice sul petto.
 
Ma non poterono approfondire la questione, che i due si sentirono toccare alle spalle e, voltandosi, si trovarono davanti un ometto basso e tozzo, tutto agitato, che li apostrofò:
 
“Oh, eccovi finalmente! Forza, forza, non c’è tempo da perdere!”
 
“Scusi …lei è?” chiese la sweeper.
 
“Come chi sono! Io sono il regista! Avete letto i copioni? No? Allora ve lo spiego io, presto, presto, non c’è tempo da perdere.”
 
E prese a spingerli sul palchetto rialzato del set: in quattro e quattr’otto furono attorniati da truccatori, parrucchieri e sarti che presero loro le misure, valutando, misurando e soppesando.
 
Presi dentro quel turbine i due soci si barcamenarono al meglio, prestandosi loro malgrado a tutte le richieste, alzando braccia e gambe, facendosi pettinare, truccare, toccare, mentre il regista parlava senza tregua, inframmezzando ordini urlati ai suoi aiutanti.
Quell’atmosfera frenetica li disorientava, li faceva andare fuori di testa; senza che se ne accorgesse, mentre era tutta presa a seguire le direttive del regista, a Kaori fecero cambiare la gonna, la giacca e il top, lì da in piedi, e per fortuna non se ne rese conto, perché in pratica l’avevano spogliata e lasciata in biancheria intima, per poi rivestirla con il costume di scena.
Stessa sorte toccò a Ryo, che fece giusto in tempo a nascondere la sua Phyton, facendola scomparire con un veloce gioco di mani, affinché nessuno la notasse.
Rivestiti di tutto punto, in una pausa del chiacchiericcio infernale del regista, appena lui si fu allontanato, i due si guardarono stravolti.
 
Entrambi avevano indosso dei vestiti da sera: Ryo uno splendido tait nero di seta, e Kaori un vestito finemente ricercato, lungo, grigio-argento, traslucido, con il corpetto in seta e le braccia e l’ampia gonna di fine tulle.
Erano bellissimi e veramente molto eleganti: si rimirarono, e non poterono trattenere un’esclamazione di apprezzamento reciproco.
Ryo s’incantò contemplandola e, in un sussurro, le disse:
 
“Sugar… sei bellissima.”
 
Questo complimento inaspettato fece arrossire lievemente la ragazza, che si confuse per un attimo e abbassò gli occhi sulle dita nervose; ma era tanta la voglia di esprimere i suoi sentimenti al socio, che si costrinse a rialzare lo sguardo e, fissandolo intensamente, gli disse:
 
“Anche tu, Ryo, stai benissimo” e nonostante l’insicurezza appena accennata, l’intensità con cui lo guardò, lo fece vacillare.
Lui si sentì rimescolare dentro e provò un potente desiderio di abbracciarla, e di sfiorare quella bocca con la sua; fece un passo avanti verso di lei, ma fu interrotto dall’irruzione sul set del regista, che continuava a sbraitare ordini.
A quell’ometto, se fosse andato avanti così, sarebbero scoppiate le coronarie!
 
“Allora, qui come siamo messi? Siete pronti? Avete letto il copione? Ah, no? Allora ve lo dico io cosa dovete fare, in due parole. Dovete baciarvi.”
 
“Cosaaaaaaaaaaaa???” urlarono in coro i due sweeper.
 
“Eh, certo! Cosa credevate di fare una gita in barca? La caramella si chiama Kiss Mint e lo slogan è Per freschi baci, Kiss Mint! quindi è ovvio che vi dovete baciare!! Sennò cosa ci state a fare qui???”
 
Il regista aveva gli occhi fuori dalle orbite, al colmo del collasso nervoso, mentre i due sbiancarono prendendo a sudare copiosamente.
 
Come avrebbero fatto ora?
Proprio loro?
Kaori era troppo vergognosa per poter pensare di baciare il suo Ryo, nonostante lo desiderasse fortemente da anni ormai; ma sarebbe stata la prima volta, e così, davanti a tutti, proprio non se la sentiva. La sua profonda timidezza poi, pensava, l’avrebbe resa comunque maldestra e l’avrebbe messa ancora di più in imbarazzo… si sarebbero fatti scoprire!
 
Ryo, dal canto suo, temeva di non sapersi controllare: era tale il desiderio che provava per Kaori, che temeva di strafare e, nonostante le parole che le aveva rivolto quel giorno nella radura fossero veritiere, ora, al pensiero di baciarla, andava letteralmente in tilt.
Lui, lo stallone di Shinjuku, si sentiva a disagio a baciare una donna, fosse anche davanti ad un pubblico di tecnici disinteressati! Ma non era una donna qualsiasi: era la sua Kaori!
E quello sarebbe stato il loro primo bacio, il primo senza un vetro a dividerli.
Ma se non lo avesse fatto, la loro copertura sarebbe saltata; che razza di attori professionisti sarebbero stati? Davvero poco credibili.
 
Le vecchie abitudini, però, presero il sopravvento, e infatti, istintivamente, lo sweeper prese a strepitare:
 
“Non se ne parla minimamente! Io, baciare questo travestito, questo mezzo uomo?” a cui fece seguito un’infuriata Kaori che gli sputò contro:
 
“E cosa ti fa pensare che a me andrebbe di baciare un rospo malefico come te? Un mandrillo perennemente in calore?”
 
E stava per far materializzare il solito mega martello, quando si alzò potente la voce del regista, che li mise a tacere:
 
“Ehi, voi due!! Si può sapere che problema avete??? Siete o non siete due attori?”
 
“Ma veramente io… noi…” prese a scusarsi Ryo, in atteggiamento servile, mentre Kaori a sua volta rispondeva:
 
“Ha ragione, ci scusi tanto, ci scusi tanto” e già pensava alla brutta figura fatta, davanti a tutte quelle persone.
 
In quel momento giunse Minnie Tsuku e, irrompendo sul set, esclamò:
 
“Che sta succedendo qui?”
 
Sentendo la sua voce, tutti si voltarono nella sua direzione e, ossequiosi, s’inchinarono al suo passaggio. Incedeva decisa e severa, e tutti, in qualche modo, si sentirono in soggezione al suo cospetto.
L’unico che sembrava non scomporsi più di tanto era il regista, che gesticolando e continuando a sbraitare insulti all’indirizzo dei due, che si erano fatti piccoli piccoli e non trovavano di meglio che ridacchiare come due stupidi, spiegò alla manager:
 
“Succede che questi due, invece di girare la scena, si sono messi a fare un sacco di storie, a litigare! Ma che razza di attori mi avete mandato? Dove li avete trovai? Sono due attoruncoli da strapazzo!”
 
“Come sarebbe a dire che non hanno voluto girare la scena?” e facendo questa domanda al regista, si voltò a guardare duramente il duo.
 
“Sì, devono semplicemente baciarsi, ma lui ha iniziato a dire che non voleva baciarla e bla bla bla.”
 
“Non c’è problema. Se non la vuole baciare lui, lo farò io!” intervenne una calda e forte voce maschile.
 
Per la seconda volta tutti si voltarono in direzione della porta, da dove proveniva quella voce sicura e perentoria.
Si levò un coro di “oh”, a cui seguì un silenzio imbarazzato.
 
“Tu- tu… come osi entrare nel mio palazzo, nel mio teatro di posa! Chi ti ha fatto passare?” sibilò Minnie traboccante collera.
 
“Mia cara, sai, era tanta la voglia di vederti che non ho resistito…” rispose l’uomo con un sorrisino provocatorio.
 
“Kenji… sei il solito serpente strisciante…” ribatté la donna.
 
La faccenda si stava facendo interessante, e tutti drizzarono le orecchie; i due soci, ripresisi dall’imbarazzo di essere stati messa alla berlina in quel modo, tornarono in modalità City Hunter.
 
E così quello era il famoso Kenji Mifune!
Era realmente un bell’uomo, dal portamento fiero ed elegante: indossava un lungo cappotto marrone scuro, sopra un completo color cammello, dal taglio sartoriale perfetto, sicuramente uscito da un atelier di alta moda; ai polsi luccicavano gemelli gemmati, un Rolex occhieggiava al polso sinistro, mentre, ai piedi, delle scarpe raffinate di pelle lucida completavano la mise.
Aveva una gran massa di capelli castano scuro, tagliati alla moda, e profondi occhi color nocciola, zigomi pronunciati e il mento volitivo.
Nonostante l’innegabile ricercatezza dei vestiti, e la prestanza fisica, non esibiva la sua bellezza in maniera spudorata, come invece si erano aspettati i due soci.
Una strana luce, però, traspariva dallo sguardo irridente con cui dettagliava la top manager.
Sembrava di rimpianto e tristezza, mascherata da derisione.
Quando fu ad un passo dalla sua ex, si tolse il cappotto con un gesto annoiato e lo appoggiò sulla prima sedia libera, senza curarsi di dove andasse a finire, e, sempre guardandola intensamente, disse:
 
“Se quel pappamolla di un attoruncolo non vuole baciare quella bellissima donna, lo farò io. Vi farò vedere io come si fa!”
 
Sembrava che la sfida fosse più che altro rivolta a Minnie che a Ryo; infatti lei, a denti stretti, sibilò:
 
“Non provarci nemmeno!”
 
“Oh, sì, certo che lo farò!” ribatté lui, e stavolta si voltò verso Kaori, e le sorrise con sguardo da consumato seduttore.
 
Kaori si sentì svenire.
Kenji era veramente un uomo affascinante, ma se prima moriva di vergogna al solo pensiero di baciare Ryo, e per giunta in pubblico, figurarsi ora un tipo come lui!
Senza contare che, non essendo una vera attrice, non sapeva nemmeno come si dessero i baci finti.
Si stava mettendo davvero male per lei.
Non la smetteva più di sudare.
Perché andavano sempre a cacciarsi in queste dannate situazioni?
Avrebbe voluto essere più scafata e sicura di sé stessa.
Uffa!
 
“Vedo che non sei cambiato!” lo apostrofò Minnie “Sempre a fare il cascamorto con tutte… razza di fedifrago che non sei altro!” finì con rabbia.
 
“Ancora con questa storia? È vero: le donne, le belle donne, mi sono sempre piaciute, ma non ti ho mai tradito!”
 
“Ed io non ti ho mai creduto! Quella volta che…” ma non finì di dire la frase.
 
La sua rabbia si era stemperata nel dolore; evidentemente stava facendo riferimento a qualcosa di molto triste, che ancora la faceva soffrire.
 
I due soci non si perdevano una sola parola di quell’acceso duello verbale, perché volevano capirci qualcosa in quel marasma, e soprattutto perché ad entrambi quelle schermaglie erano fin troppo familiari.
 
“La tua testardaggine è sempre stata proverbiale… e hai rovinato tutto.” disse Kenji.
 
“Ah, adesso è mia la colpa?” rispose piccata Minnie.
 
“Certo! E a proposito di tradimento, non era forse un’idea di entrambi, la caramella Kiss Mint? Non puoi lanciarla sul mercato come fosse solo tua, l’avevamo pensata e studiata insieme… quando stavamo insieme.”
 
Bingo! Ora si spiegava tutto!
Ryo aveva ragione: quegli strani sabotaggi non erano il risultato di una concorrenza sleale fra imprese, ma una ripicca dai risvolti personali.
 
“Ma ora non ha più importanza. Io ho depositato il brevetto, ed io lancerò la caramella. Che ti piaccia o meno” decretò Minnie.
 
“Non vuoi lasciarmi scelta… come sempre” ammise amaramente Kenji; sembrava aver perso un po’ della sua baldanza.
Era realmente dispiaciuto.
 
Kaori, sempre attenta agli stati d’animo altrui, si sentì molto partecipe del suo dolore.
 
“E va bene” riprese Kenji dopo una pausa, riacquistando un po’della sua sicurezza “Se è così che deve andare, ti lascerò l’onore e il piacere di tenerti la Kiss Mint, ma ricordati che quel bacio è nostro!” concluse lanciandole uno sguardo penetrante e ricco di sottintesi che fece tentennare Minnie; lei sapeva cosa era nascosto dietro quelle parole di fuoco.
 
Kenji, soddisfatto dell’effetto avuto sulla sua ex-fidanzata, tornò a guardare Kaori, con sguardo dolce e triste insieme, e disse, più in generale che a lei in particolare:
 
“A proposito di baci… qui c’è bisogno di dare una bella dimostrazione di come si danno…” e già avanzava verso la coppia di sweeper, ignorando completamente Ryo e concentrandosi solo su Kaori. Poi, rivolgendosi appena al regista, disse:
 
“E lei, si tenga pronto a girare la scena…”
 
Il cuore di Kaori perse un battito: stava succedendo davvero?
Quel Kenji, quel bellissimo uomo, l’avrebbe baciata sotto gli occhi di Ryo e di tutta quella gente?
Iniziò a tormentarsi le mani e a tremare, nonostante Mifune non avesse intenzioni malvagie né maliziose e, di certo, non le avrebbe fatto violenza.
Lei, per la cronaca, era un’attrice, e non ci sarebbe stato niente di male a simulare un bacio innocente.
Lanciò uno sfuggevole sguardo al suo partner, con aria colpevole e in cerca di aiuto: davvero lui l’avrebbe lasciato fare?
Non avrebbe mosso un muscolo, pur di non fare saltare la copertura?
In fondo il colpevole dei sabotaggi si era scoperto da solo: non sarebbe stato tutto inutile?
 
Kenji era ad un passo dagli sweeper, e già allungava un braccio a sfiorare Kaori, nell’immobilismo di Ryo che ribolliva di rabbia e gelosia, ma incapace di fare alcunché, quando si sentì la voce tagliente di Minnie dire:
 
“Fermo!”
 
Questo ebbe il potere di bloccare Kenji veramente.
 
Ryo, mentalmente, tirò un sospiro di sollievo; era sull’orlo del precipizio, indeciso se sparagli in testa o sferrargli un pugno in quel bel musetto dai lineamenti perfetti.
 
“Ho detto che non te lo permetterò! Esci dal mio studio e dal mio palazzo, non voglio vederti mai più!” gridò Minnie, e poi chiamò: “Sicurezza?”
 
Ma Kenji, per niente allarmato dai comandi dell’ex, si volse velocemente verso di lei e disse:
 
“Hai ragione, non con lei!”
 
E già era addosso a Minnie e la baciava con passione, mentre lei si divincolava, cercando di respingerlo.
Lui, che la sovrastava, le aveva afferrato entrambe le braccia, impedendole di martellarlo di pugni sul petto, come aveva preso a fare inizialmente.
L’uomo continuava a premere le sue labbra su quelle della bella top manager, mentre lei mugugnava, non riuscendo a parlare e ad insultarlo.
Tutti, allibiti, guardavano la scena, senza riuscire a dire o fare niente.
Era stato tutto troppo veloce e imprevisto per poter intervenire, e comunque, data l’importanza dei due, nessuno si sentiva autorizzato ad immischiarsi in una faccenda evidentemente più che privata.
 
La tenacia e l’insistenza di Kenji furono premiate, perché gradatamente Minnie si rilassò e, anzi, finì per rispondere con altrettanta passione a quel bacio travolgente, dimostrando di apprezzare l’assalto del suo ex fidanzato, che aveva risvegliato in lei un ardore e un desiderio non del tutto assopiti.
 
Quando si staccarono, dimentichi del resto delle persone che, in silenzio, avevano assistito all’evolversi di quella strana litigata, si guardarono con occhi sognanti e ancora ebbri del rinato sentimento che li univa.
Lui le sorrise, e le fece una carezza dolcissima lungo la guancia.
Poi, con un sorrisetto ironico, disse, rivolto alla coppia di sweeper:
 
“Avete visto come si fa? Avete preso appunti?”
 
Quello era davvero troppo!
Ryo punto sull’orgoglio, gonfiò il petto, uscì dal quel suo insolito stato di passività, e con tono battagliero disse:
 
“Ehi, tu! Ma sai chi hai davanti? Hai davanti il grande Stallone di Shinjuku, che in fatto di baci e arte amatoria non è secondo a nessuno. Non sarai certo tu, damerino da due soldi, a dovermi insegnare come si fa!”
 
“Ah, sì?” rispose Kenji, per niente impressionato dall’uomo e, continuando a tenere fra le braccia Minnie, “Vuoi dire che sapresti fare di meglio?” lo sfidò.
 
“Che domande! E non ci vuole nemmeno tanto!”
 
“Vedremo, allora!”
 
Quei due galli cedroni si stavano sfidando a chi era il più bello nel pollaio! E la scena sarebbe stata anche divertente, se non fosse stato che, di lì a poco, Kaori avrebbe dovuto baciare il suo amore: sarebbe stato un sogno che si avverava, ma era tutto così assurdo.
E comunque non era così che se lo era figurato il loro primo bacio.
Assurdamente avrebbe voluto rifiutarsi, per orgoglio, per vergogna, per pudore.
Per la seconda volta si ritrovò sull’orlo dello svenimento; il cuore le batteva all’impazzata e non riusciva a capacitarsi di come fossero arrivati a quel punto.
 
Ryo si posizionò di fronte alla partner, deciso a raccogliere la sfida lanciategli dall’altro, ma quando la vide spaesata e terrorizzata, provò una forte ondata di tenerezza, e le sorrise rassicurante.
Non sarebbe stato solo per orgoglio virile che l’avrebbe fatto, e soprattutto non l’avrebbe messa in imbarazzo per egoistica vanità.
Le sussurrò:
 
“Ti fidi di me?”
 
Lei annuì lentamente e, guardandolo negli occhi, seppe che lui l’aveva compresa; riacquistò un po’ di sicurezza in sé stessa. Ovvio che si fidava di lui: come sempre!
Ryo aggiunse:
 
“Andrà tutto bene” e le fece l’occhiolino; poi rivolto a Kenji disse:
 
“Noi siamo una coppia ben ingranata: noi siamo City Hunter, e te lo dimostreremo!”
 
E nonostante la situazione fosse al limite del paradossale, e senza un minimo di atmosfera, Ryo si avvicinò ancora di più a Kaori e le prese il viso fra le mani, guardandola con amore e dolcezza; lei si lasciò avvolgere dal suo sguardo e, occhi negli occhi, annegò nei suoi, così vividi e profondi.
Lui si chinò leggermente sulle sue labbra vellutate, pregustando il momento in cui avrebbe finalmente sentito il tocco caldo di quella bocca così a lungo desiderata; si chiedeva come sarebbe stato, farlo senza niente ad impedirglielo, nemmeno un dannatissimo e freddo vetro a dividerli.
Quando si toccarono, entrambi furono attraversati da una potente scossa che si riverberò per tutto il corpo.
Era di gran lunga e infinitamente meglio, di quanto lo avessero immaginato e sognato mille volte.
 
Discretamente, il regista aveva dato ordine all’operatore di girare, mentre la macchina del vento produceva quella che doveva essere una leggera brezza notturna, che muoveva appena i capelli dei due.
 
Quel bacio dolcissimo, ben presto divenne più profondo e sentito, e nuovamente quel pubblico esterrefatto rimase sbalordito e senza parole.
Le donne si ritrovarono a sospirare sognanti, immaginando di essere al posto della bella Kaori; gli uomini ridacchiavano sommessamente, per non farsi sentire, ma invidiando Ryo, uno di loro.
Il regista ordinò all’operatore di continuare a girare, fino alla fine.
Era più che soddisfatto della performance di quei due attori, che all’inizio avevano fatto tante storie e ora, invece…
 
Quando i due sweepers si separarono per mancanza di fiato, furono richiamati bruscamente alla realtà e strappati dal loro personale sogno rosa, dagli applausi scroscianti e dalle grida entusiastiche delle maestranze e dei tecnici.
Solo allora Ryo e Kaori si ricordarono di dove fossero e perché, troppo persi in quel bacio infinito, per capacitarsi di chi gli stesse intorno.
 
Il grido del regista: “Buona la prima!” confermò le loro impressioni.
 
Kenji e Minnie, felici e soddisfatti, si strinsero più forte: sapevano riconoscere l’amore quando lo vedevano.
 
Ryo e Kaori invece si guardarono, ancora increduli dell’enorme passo fatto, e poi scoppiarono a ridere come due scolaretti: lui prese a grattarsi la testa a disagio e lei, abbassato lo sguardo, arrossì fino alle orecchie.
 
Minnie, sempre allacciata al suo amore ritrovato, si fece incontro ai due sorridendo, e prima di invitarli nel suo ufficio, si rivolse perentoria al resto dei lavoranti ordinando:
 
“Forza, ritornate al lavoro, non c’è tempo da perdere!” e tutti ripresero da dove erano rimasti, sciamando a destra e a sinistra, in modo più forsennato e chiassoso di prima: c’era ancora tanto da fare e dovevano pur sempre preparare tutto per la messa in onda dello spot entro la serata.
L’algida top manager Minnie Tsuku aveva dimostrato di essere anche umana, ma gli affari erano affari.
 
 
 
 
I quattro raggiunsero l’ascensore e, successivamente, il lussuoso ufficio della manager, senza parlare o quasi.
Quando sfilarono davanti a Midori, la segretaria, questa sgranò tanto d’occhi perché non si capacitava della scena che stava vedendo: la sua severa titolare sembrava un’altra, felice e sorridente abbracciata a quell’uomo bellissimo, che riconobbe come il famoso Kenji Mifune, titolare della ditta Fresch Power, nonché ex fidanzato della donna; e quella coppia di attori così affascinanti, anch’essi erano diversi, sembravano innamorati, come non le erano parsi poche ore prima.
Sospirando delusa, dovette ammettere che non c’erano speranze per lei, dal momento che quel bel moro teneva il suo braccio sulle spalle della ragazza in maniera inequivocabile.
Lui non aveva occhi che per lei.
 

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Capitolo 3
*** Kiss Mint ***



Ciao bella gente!
Sono contenta che questa storiellina vi piaccia, e vi serva per passare il tempo :D
Per questo ringrazio TUTTI nessuno escluso, e sì anche e soprattutto te che stai leggendo, sì dico proprio a te ;-)
Con tanta simpatia e gratitudine, vi ringrazio!!

 
 
ATTENZIONE: Ho sempre detto che la fic era costituita da 3 atti (3 capitoli), ma poi mi sono accorta che l’ultimo veniva troppo lungo quindi…ora esiste anche un cap 4 ^_^


Cap.3 Kiss Mint
 
Una volta dentro l’ufficio, Minnie li precedette in un’altra saletta, decisamente più intima e confortevole del salotto di rappresentanza in cui li aveva ricevuti la prima volta.
Ryo e Kaori indossavano ancora i vestiti di scena, e di certo non sfiguravano accanto a quei due magnati dei dolciumi.
 
L’atmosfera era più rilassata ed informale e le coppie si sedettero una di fronte all’altra, non prima di aver accettato, dalla padrona di casa, un piccolo rinfresco e delle bibite.
 
“A questo punto, direi che qui ci starebbero bene delle spiegazioni!” esordì Ryo con un tono fra il divertito e il serio.
 
“Hai ragione, Ryo” rispose Minnie, arrossendo leggermente.
 
Sembrava che la ricomparsa del suo ex fidanzato le avesse fatto cambiare radicalmente atteggiamento, nei confronti della vita e degli altri: che l’avesse ammorbidita.
 
“Però tengo a precisare che verrete pagati lo stesso per l’ingaggio”aggiunse la manager.
 
“Ma che significa?” s’intromise Kenji che, seduto comodamente sul divano, non si era mai staccato da lei, tenendole un braccio sulle spalle, o prendendole una mano, e soprattutto seguendola con lo sguardo ogni volta che si alzava per girare nel salottino.
 
Lei si voltò a guardarlo, gli sorrise, e si decise a rispondere prima a lui: quello era il momento di fare chiarezza con tutti.
 
“Caro Kenji, devi sapere che quando tu hai iniziato a sabotare la mia campagna pubblicitaria e a mandarmi quelle lettere anonime, ho ingaggiato questi due ragazzi qui di fronte, che non sono attori professionisti, ma gli sweepers più in gamba del Giappone, per scoprire cosa c’era sotto” e li guardò sorridendo, riconoscente.
 
“In realtà, noi non abbiamo fatto proprio niente” si sentì in dovere di precisare Kaori.
 
“Be’, intanto vi siete prestati per lo spot, e il regista è più che soddisfatto. Non capita così spesso di fare centro con la prima scena girata!” e Min le strizzò l’occhio. La sweeper abbassò appena lo sguardo arrossendo, mentre Ryo si schiarì la voce prima di chiedere:
 
“Kenji, lei lo sa che è passibile di denuncia per violazione delle norme sulla concorrenza?”
 
“Oh sì, ma che vuoi che me ne importi? Ho uno stuolo di avvocati che saprebbero togliermi dai guai in un batter d’occhio!” e scoppiò a ridere francamente, ma senza boria.
 
Il suo atteggiamento era quello dell’uomo sicuro delle sue ragioni e, soprattutto, mosso da una forza superiore: l’amore.
 
“Comunque diamoci del tu, Ryo” aggiunse l’uomo dopo essersi calmato “Senza rancore?” chiese poi, riferendosi a quel loro piccolo duello fra maschi alfa.
 
Ryo annuì, poi però chiese:
 
“Però non ci avete ancora detto cosa vi ha portato a tutto questo” e fece un gesto circolare con il braccio come a significare i sabotaggi, lo spot, le accuse, la sua entrata in scena ecc.
 
Minnie si mosse a disagio sul divano e sospirando parlò:
 
“All’inizio della mia carriera, quando ero ancora una semplice impiegata piena di ambizione e voglia di sfondare, trovai lavoro nell’azienda di Kenji. Lavoravo tantissimo e con passione, e piano piano, promozione su promozione, feci carriera. A quel tempo anche Kenji aveva iniziato a lavorare dal basso, in incognito, perché suo padre voleva che si facesse le ossa, e capisse fin da subito quanto lavoro e sacrificio ci vogliono per avere successo. Dico in incognito perché nessuno dei colleghi o dei superiori sapeva chi fosse e, infatti, si faceva chiamare Kenji Koshin. Era un giovane talentuoso e brillante e in pratica condividemmo la carriera: tanti passi faceva lui, tanti io. Va da sé che ci ritrovammo innamorati …” e si voltò a guardarlo; lui le sorrise con amore. Lei riprese:
 
“Insieme creammo un nuovo tipo di caramella, la Kiss Mint, appunto: morbida fuori e con il succo di menta all’interno; ed eravamo soddisfatti e orgogliosi del risultato. Già ci vedevamo ricchi e famosi. Fu a quel punto che Kenji mi confessò la sua vera identità…”
 
S’interruppe, e lui ne approfittò per continuare il racconto:
 
“Sì, a quel punto non potevo più mentirle. Mio padre era molto soddisfatto del mio lavoro e della mia carriera, e ormai era inutile nascondere chi fossi in realtà. Quando lo dissi a Min, ci rimase male, all’inizio, ma da donna intelligente qual è, capì la situazione, e i nostri rapporti non cambiarono più di tanto. Facevamo progetti per il nostro futuro, volevamo mettere su famiglia… Ma un’altra cosa le avevo taciuto: e cioè che i miei genitori avevano combinato un matrimonio d’interesse per me, con la figlia di un ricco amico di famiglia, fin da quando ero un bambino. Per tutti quegli anni avevo cercato di non pensarci, e visto che dovevo vivere come un ragazzo qualsiasi, mi ero illuso che fossi libero anche di scegliermi chi amare e chi sposare. Qui ho sbagliato a non dire niente a Min, e le chiedo ancora perdono per questo” e si girò a guardarla con occhi tristi.
 
Lei gli sorrise benevola, e lui, dopo una breve pausa, riprese:
 
“Dicevo che, quando gli anni di prova finirono, e potei rivelare la mia identità, in automatico riacquistai i diritti e i doveri della famiglia Mifune, e uno di questi era appunto sposare chi avevano scelto per me. Ma quando lo confessai a Minnie… chiaramente se ne addolorò, perché questa era una cosa ben più grave di averle mentito sul mio nome e sulla mia famiglia. Si sentì tradita, e iniziò a credere che per tutto quel tempo l’avessi ingannata, che il mio amore non fosse autentico; si sentì presa in giro. I nostri rapporti s’incrinarono irrimediabilmente, e a nulla valse la promessa che le feci di parlare con mio padre e di annullare il fidanzamento con Suzuka Tatara. Ero pronto anche a lasciare la ditta di famiglia per Minnie, ma tutto precipitò quel giorno che…” e non poté finire la frase.
 
Dopo un sospiro che denotava quanto le costasse, Minnie prese la parola:
 
“La nostra relazione era ormai esasperata da continue liti e ripicche; lui mi accusava di essere testarda e irragionevole, io a lui di essere un bugiardo e un ipocrita, in più, dal momento che, come vedete è un bell’uomo” e fece un sorriso sghembo “tutte le donne gli andavano dietro, e appena si sparse la voce che era nientemeno che il figlio del padrone, in parecchie sperarono di accalappiarselo. E lui… be’, lui… si lasciava corteggiare, e flirtava con loro. Vanità maschile?”
 
E gli lanciò uno sguardo accusatorio, a cui lui rispose ridacchiando a disagio e grattandosi la testa. Soddisfatta di averlo messo in imbarazzo, si voltò a guardare Kaori, che annuì complice: entrambe avevano a che fare con due tipi belli e farfalloni.
 
“Comunque sia” riprese la top manager “un giorno lo raggiunsi in ufficio, senza preavviso. Volevo a tutti i costi chiarire la nostra situazione, visto che non si decideva a prendere una decisione; me o la compagnia di famiglia. La segretaria, che mi conosceva, mi lasciò entrare senza problemi ed io… lo sorpresi… li sorpresi a baciarsi, lui e Suzuka.”
 
Fece una pausa dolorosa; pur essendo passato del tempo e avendo ricucito il rapporto, poche ore prima, in qualche modo, quel ricordo le faceva ancora male; ma si riscosse subito e continuò:
 
“Sì, i promessi sposi si stavano baciando, e quello fu per me la risposta che stavo cercando. Kenji non aveva nessuna intenzione di rompere il fidanzamento, ed io ero stata solo una stupida a credere che lui rinunciasse a tutto per me…”
 
Lui, che non aveva smesso di tenerle la mano, gliela strinse maggiormente, e le sussurrò:
 
“Scusa, amore.”
 
Ryo e Kaori, a quella vista si sentirono leggermente a disagio: avevano da combattere così tanto con i loro problemi sentimentali, che occuparsi anche di quelli degli altri era davvero troppo.
Ryo poi, anche lui eternamente indeciso, si sentiva solidale con Kenji, anche se doveva ammettere che quei comportamenti ambigui e da vigliacchi, finivano per far soffrire le donne che amavano.
Kaori, dal canto suo, si sentiva vicina a Minnie, e come donna perennemente appesa ad un filo sottile, sempre in cerca di conferme che non arrivavano mai, pensò che davvero nemmeno tutta la sua bellezza e il suo fascino, l’avevano risparmiata dalle pene d’amore.
Sotto l’aspetto freddo e distaccato, c’era un cuore a pezzi che a fatica era guarito.
Anche se, pensò la ragazza, aveva davanti una coppia che, dopo tanto girare e soffrire, avevano trovato il modo di ritrovarsi; l’amore vince sempre, o no
 
“In realtà quel giorno, quando Minnie ci sorprese, io stavo cercando di spiegare la situazione a Suzuka, ma lei non ne voleva sapere di rompere il fidanzamento, perché, a differenza di me, lei era innamorata, e non voleva rinunciare all’ulteriore benessere che sarebbe derivato dal nostro matrimonio. Cercò di sedurmi, e tanto fece che provò a baciarmi, riuscendoci. Fu in quel momento che Minnie entrò. Io non fui in grado di fare niente; avrei dovuto correrle dietro, spiegarle l’equivoco… ma non trovai la forza. Ero stanco dei nostri litigi, delle nostre baruffe, che, mi dissi, forse era meglio così… e la lasciai andare. Lei uscì dal mio ufficio e dalla mia vita, anche perché, giustamente, si licenziò dalla compagnia.”
 
“Inutile dire che ero a pezzi” proseguì Minnie “E giurai a me stessa che non mi sarei mai più innamorata. Mi gettai anima e corpo sul lavoro, e forte della mia esperienza e delle mie competenze, trovai degli investitori, e misi su la mia compagnia, la Fuji Ice. Come è diventata potete vederlo per conto vostro, no?” chiese agli astanti, girando lo sguardo tutto intorno, come a intendere l’ufficio, il palazzo, il suo impero.
 
“Io, invece” interloquì Kenji “volevo dimenticare tutta quella brutta storia, e mi diedi alla bella vita: feste, viaggi, spese pazze e soprattutto donne, quelle non mancavano mai. Suzuka ben presto si stufò di un libertino come me, e chiese ed ottenne di annullare il fidanzamento. Per me non faceva nessuna differenza, tanto non l’amavo e probabilmente non le sarei restato nemmeno fedele” ammise. “Cercai di godermi la vita, come non avevo potuto fare prima, quando lavoravo sotto falso nome e mi sudavo lo stipendio; e anche se potevo avere le più belle donne del Giappone e non solo, non mi legai mai a nessuna, perché in fondo al mio cuore c’era sempre Minnie” e le rivolse uno sguardo carico d’amore.
“Ero convinto, però, che la nostra storia fosse finita, irrimediabilmente, e che mai saremmo potuti tornare insieme: io le avevo fatto troppo male, e probabilmente non ero l’uomo giusto per lei. Min meritava qualcuno capace di metterla davanti a tutti e a tutto, un uomo deciso e concreto, non un vigliacco come me, un codardo.”
 
Ryo si mosse impercettibilmente, a disagio, ma questo non sfuggì a Kaori che, però, non ebbe il coraggio di guardarlo.
 
“Ogni tanto pensavo a lei, e seguivo sui giornali l’evoluzione della sua carriera, i successi, i prodotti vincenti che lanciava sul mercato; fra i due, il genio creativo era lei, io avevo solo qualche buona idea ogni tanto. Saperla sola, senza un uomo accanto, almeno ufficialmente, mi rattristava un po’, perché avrei voluto che fosse felice, che vivesse quella vita appagante che io non avevo saputo darle. Da vero presuntuoso, a volte pensavo che se non stava con nessuno, era perché amava ancora me; ma poi mi ripetevo che probabilmente, quando mi pensava, era odio quello che provava.”
 
E di nuovo la guardò con profondo dolore. Era innegabilmente pentito per tutto.
 
“Quando ho saputo che avrebbe lanciato sul mercato la Kiss Mint, però, la nostra caramella, il nostro bacio, mi sono detto che gliel’avrei impedito!” concluse con veemenza.
 
“Fin da subito ho pensato che ci fosse lui dietro ai sabotaggi” lo interruppe Minnie “Pensavo però che fosse più una questione legata alla concorrenza, una questione d’affari.”
 
“A me la cosa era parsa sospetta fin dall’inizio” intervenne Ryo finalmente “Era troppo plateale… quei dispettucci, le lettere anonime, tutto portava alla Fresh Power… e veramente rischiavi l’incriminazione” disse lo sweeper rivolto a Kenji.
 
“Hai ragione, ma era l’unico modo per farmi notare da lei… non m’importava di infrangere la legge, te l’ho detto che ho le spalle coperte. Però era una questione di orgoglio e… e soprattutto perché non ho mai smesso d’amarla. Appena ho scoperto che avrebbe lanciato la nostra caramella, ho pensato, sperato, che ancora pensasse un po’ a me, e dovevo saperlo a tutti i costi. Di certo, non potevo presentarmi alla sua porta, o chiedere un appuntamento alla sua segretaria per vederla” finì con un sorrisino ironico. “Contorto?” chiese ai due sweepers, a cui non restò che bofonchiare qualcosa in assenso.
 
Ryo e Kaori pensarono di aver sentito abbastanza; quello che all’inizio era sembrato un caso complesso e pericoloso, alla fine si era rivelato come un macchinoso ritorno di fiamma fra due ex-fidanzati.
Prima di decidersi ad alzarsi e prendere congedo, si scambiarono un fuggevole sguardo e Kaori parlò:
 
“Bene, direi che tutto è finito nel migliore dei modi, giusto?”
 
“Oh sì!” rispose entusiasta Minnie “Io ho il mio spot e, se tutto va come deve andare, da domani il Giappone avrà in commercio una nuova squisitissima caramella; senza contare che io e Kenji ci siamo ritrovati, e tutto grazie a voi.”
 
“A noi?” chiese incredula la sweeper.
 
“Sì, se non aveste fatto tutte quelle storie per baciarvi all’inizio, Kenji non ci avrebbe provato con me, e… be’, insomma… il resto lo sapete ” e Kaori arrossì violentemente, mentre Ryo si schiarì la voce a disagio.
 
“E comunque sì, grazie a voi, perché alla fine vi siete prestati come attori, e il video è venuto perfetto”riprese la manager e, alzandosi in piedi anche lei, andò alla scrivania a prendere il libretto degli assegni:
 
“Quanto devo scrivere?” chiese ai due soci.
 
Loro si guardarono perplessi e fecero spallucce; vedendoli indecisi, anche Kenji si alzò a sua volta e disse:
 
“Lascia stare Minnie, fai pagare me, in fondo è stata tutta colpa mia!”
 
“Ma no, che dici! Li ho assunti io, io sono la loro cliente.”
 
“E cosa c’entra? I guai te li ho procurati io, diversamente non li avresti mai chiamati.”
 
“Però lo spot è il mio, si sono prestati come attori…”
 
“Su, non fare come al solito tuo, non essere sempre così testarda.”
 
“Cosa vorresti dire?” rispose Minnie scaldandosi.
 
“Niente, che fa parte del tuo carattere, tutto qui” rispose Kenji alzando le spalle.
 
“Vorresti dire che sono ancora testarda e irragionevole come allora?”
 
“Ho detto solo…”
 
“Aaaaalt!” li fermò Ryo “Non mi sembra il caso di mettervi a litigare, no?”
 
“È vero” rincarò la dose Kaori “Vi siete appena ritrovati, e penso che dopo tutto questo tempo dovreste sforzarvi di andare d’accordo, e non litigare per le stesse cose di prima” concluse saggiamente.
 
Tra l’altro, pensò la sweeper, era una cosa così incredibile che due persone ricche sfondate come loro litigassero su chi dovesse pagare i City Hunter! A volte, loro due, non venivano pagati affatto.
 
“Avete ragione” ammise Kenji, a cui fece eco Minnie “Sì, scusate.”
 
“Allora facciamo così: lasciateci le vostre coordinate bancarie, e noi provvederemo, nei prossimi giorni, a farvi un cospicuo versamento” disse Minnie; e, rivolgendosi al suo fidanzato ritrovato: “E ci metteremo d’accordo sull’importo” poi, come a ricordarsi qualcosa: “Senza contare che avrete una piccola percentuale sulla vendita della caramella” e gli strizzò l’occhio.
 
 
 
 
Poco dopo erano alla porta principale dell’ufficio; Minnie li abbracciò calorosamente, e Kenji gli strinse vigorosamente la mano dicendo:
 
“Non sapremo mai come ringraziarvi.”
 
“Oh, su, non pensiamoci più” chiosò Kaori.
 
Infine ripresero la via del ritorno, non prima di essere ripassati in sartoria e aver ripreso i loro abiti.
Minnie aveva insistito perché si tenessero i ricchi abiti di scena, come regalo personale, ma gli sweepers avevano rifiutato, adducendo la scusa di non sapere come, e quando, indossarli di nuovo.
 
Appena salirono in macchina, istintivamente tirarono un sospiro di sollievo, poi scoppiarono a ridere: era bello essere ritornati loro di sempre.
Il viaggio di ritorno fu sereno, non parlarono poi molto e, quando entrarono in casa, si lasciarono cadere esausti sul divano del salotto.
Quella storia li aveva stancati più di una qualsiasi altra missione fatta di rapimenti, sparatorie, esplosioni e fughe rocambolesche.
 

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Capitolo 4
*** Ed ora? ***


Et voilà la fine è servita. Spero che questa mia storia non sia stata troppo sdolcinata, dolce sì ma non troppo ^_^
Forse l’ho già detto, ma era nata come antidoto a questi tempi un po’ troppo bui e insomma… spero che vi sia piaciuta.
A questo punto ringrazio le mie fedelissime
<3 Briz65, Valenicolefede, Fanny Jumping Sparrow, Stellafanel87 e Kaory06081987, vi lovvo a pacchi. Ringrazio anche tutti le altre lettrici silenziose, e chi ha messo questa storiella fra le preferite, ricordaste seguite.
Ne approfitto per farvi tanti Auguri per una Felice e Serena Pasqua… così com’è ;-)

 
 
Cap. 4 Ed ora?
 
Entrambi cercavano di non pensare al fatto che si fossero baciati; chi da un lato, chi da un altro, non sapeva come interpretare la cosa. Certo, era stato un bacio travolgente e ognuno ci aveva messo del suo, ma… stavano fingendo o facevano sul serio?
 
Per rompere la tensione che andava via via crescendo, Ryo propose:
 
“Che ne dici di guardare un po’ di tv?”
 
“Buona idea, socio!”
 
Ma non fecero in tempo ad accenderla, che beccarono subito l’intervallo pubblicitario e… sorpresa! Eccoli lì, campeggiare a tutto schermo, in un primo piano stretto: loro due, in quel caldo e sensualissimo bacio, mentre una voce fuori campo diceva:
 
Per freschi baci, Kiss Mint!” a cui seguiva un jingle accattivante e altre indicazioni sulla caramella.
 
Gli sweepers si bloccarono all’istante, ammutoliti. Kaori arrossì e iniziò a fumare come una teiera, mentre Ryo sbiancò, e una gran goccia di sudore gli scivolò lungo la tempia. Vennero sopraffatti da un misto di sensazioni: imbarazzo, compiacimento, disagio, orgoglio. Inoltre, prepotenti, ritornarono le emozioni provate in quel preciso momento: amore, desiderio, abbandono, sensualità, voluttà. Tutto questo era ciò che traspariva da quel semplicissimo video di pochi minuti, e d’ora in poi tutti lo avrebbero visto! In continuazione, poi! Non ci avevano minimamente pensato, quando avevano accettato di recitare.
 
Incapaci di guardarsi o di parlarsi, sarebbero rimasti lì in eterno fossilizzati, se il telefono non avesse preso a squillare con insistenza. A quel punto Ryo schizzò in piedi e si precipitò all’apparecchio, dicendo:
 
“Vado ioooooo!”
 
Kaori si voltò verso di lui solo quando lo sentì esclamare:
 
“Ciao Miki…” ma fu tutto quello che riuscì a dire perché, evidentemente, la bella barista stava quanto meno sbraitando a ruota libera e a voce alta, visto che lo sweeper fu costretto ad allontanare la cornetta dall’orecchio con una smorfia. Nel frattempo la socia l’aveva raggiunto, ancora turbata, ma con sguardo interrogativo: si chiedeva cosa avesse la sua amica per telefonargli a quell’ora e in quel modo. Ryo fu più che felice di passarle la cornetta, dicendo sbrigativamente ad un’infervorata Miki:
 
“È qui, te la passo”.
 
Ma non si allontanò dalla socia: era curioso di sapere anche lui. Kaori si fece pensierosa, ascoltando la barista dall’altra parte del filo, poi arrossì di nuovo, e Ryo capì, dalle poche frasi smozzicate che la socia riuscì ad assestare nella sequela ininterrotta di Miki, che i loro amici poco prima erano davanti alla tv e li avevano visti nella pubblicità incriminata.
 
Poi Kaori si fece triste e riuscì a dire:
 
“No, ma non facevamo sul serio… no, no, ti dico, eravamo sotto copertura…”
 
A quelle parole il partner si sentì morire: allora era quello che pensava? Che lui, con lei, avesse solo finto? Che l’avesse baciata solo per dimostrare, a quel damerino ben vestito, il suo valore come amante, come seduttore?
 
Suo malgrado, la guardò con occhi profondamente addolorati, tanto che Kaori, notandolo, s’impappinò parlando con Miki. Cosa voleva dire il socio con quello sguardo? Era per qualcosa che lei aveva detto? Quasi si distrasse, e non ascoltò più con attenzione l’amica, che continuava a fare domande sul perché e sul per come di quella pubblicità. Ma Kaori era troppo presa a studiare attentamente il partner, che si era allontanato da lei e aveva raggiunto la finestra, dandole le spalle. Non la sentì nemmeno quando Miki concluse dicendole:
 
“Però lasciatelo dire, eravate strepitosi, bellissimi!” che la ringraziò con voce vuota e terminò la telefonata con uno sbrigativo:
 
“Ora Miki ti devo salutare, ciao e grazie, ci sentiamo presto.”
 
La ragazza riagganciò la cornetta del telefono e, con passi incerti, si diresse verso il suo compagno.
 
Lui sembrava lontanissimo, chiuso nel suo solito mutismo, ma stavolta Kaori era convinta che in qualche modo c’entrasse lei, in tutto questo. Sostò un attimo alle sue spalle, ma poi avanzò ancora e gli si affiancò. Un inspiegabile senso di colpa la stava tormentando, e decise di approfondire la questione, d’indagare nell’animo di quell’uomo così schivo e tormentato. Gli toccò appena il braccio e lui, infine, si voltò verso di lei. Le sorrise con un velo di tristezza, ma non le disse niente.
 
Sentirle dire quelle cose alla sua migliore amica, lo aveva profondamente ferito, ma poi aveva dovuto ammettere con sé stesso che non poteva essere diversamente. Quante volte lui l’aveva allontanata con insulti e prese in giro, oppure si era prudentemente tirato indietro dopo essersi lasciato un po’ andare, quando, preso dall’impellenza dei suoi sentimenti, le aveva fatto capire che teneva a lei e che le voleva bene? E poi ancora, aveva passato anni a sminuirla, a dirle che era l’unica donna che non lo eccitava – quelle rare volte in cui si degnava di riconoscerla come tale – a convincerla che non fosse bella, sensuale e affascinante, mentre lui, al contrario, era innegabilmente un grande amatore, un seduttore, un uomo di mondo, e lei una verginella inesperta e imbranata. Ed ora cosa si aspettava? Che lei credesse al suo bacio? Che credesse che lui l’avesse baciata perché desiderava farlo da sempre e quello fosse stato il suo modo per esprimerle il suo amore? Erano in un set cinematografico, erano stati chiamati lì per fingere; di più: erano stati sfidati a farlo meglio di, di… di due persone che invece si amavano. E non avevano trovato altro che ricorrere a quel bacio travolgente, Minnie e Ken, per esprimere il reciproco sentimento. Un sentimento che era rimasto lì, intatto, sospeso, dopo essere stato bistrattato, ferito, offeso… a cui era bastato un bacio per rinascere. Sospirò mentalmente.
 
Kaori lo guardava interrogativamente, ma i suoi occhi erano pieni d’amore e apprensione, e Ryo, in un moto inconscio, le sfiorò la guancia con una carezza appena accennata; voleva rassicurarla, farle capire che non era colpa sua.
 
Ma la ragazza, senza troppo soffermarsi su quel gesto gradito e inaspettato, gli chiese:
 
“Ryo, c’è qualcosa che non va?”
 
Lui, però, rispose:
 
“Niente, non preoccuparti, va tutto bene”.
 
Per l’ennesima volta si stava tirando indietro, e invece avrebbe dovuto dirle che no, non andava bene per niente, che lei non aveva capito che quel bacio era autentico, e che lui soffriva per questo.
La socia era decisa ad andare fino in fondo e insistette:
 
“È per qualcosa che ho detto o che ho fatto?”
 
Lui continuava a sorriderle e a non parlare, e più faceva così, più spingeva la socia a voler sapere. Kaori non avrebbe mollato, non stavolta. Decise di cambiare tattica.
 
“Senti Ryo, a proposito del caso di oggi, dello spot… del bacio, io volevo dirti che…” però furono interrotti dal suono invadente del telefono, di nuovo. Per un attimo rimasero lì impalati, uno di fronte all’altra, incapaci di muoversi, come se fosse più importante restare lì e chiarirsi, che rispondere alla chiamata. Ma la suoneria insistente li stava facendo innervosire: chi chiamava non aveva nessuna intenzione di darsi per vinto. Sospirando di frustrazione, Kaori andò a prendere la telefonata.
 
“Oh, ciao Mick!” esclamò allegra, nonostante tutto. Poi lo lasciò parlare, sorridendo, arrossendo, anzi addirittura un paio di volte scoppiò a ridere, senza dire una parola. Incuriosito dal comportamento della socia, Ryo la raggiunse. Lei, quando se lo trovò vicino, gli regalò un sorriso radioso, e lui fu punto da una stilettata di gelosia: perché era così felice, adesso? Era per Mick, per quello che le stava dicendo? I suoi sorrisi migliori lui li voleva tutti per sé.
 
In ogni caso, lei si decise a parlare nel ricevitore:
 
“E così anche tu ci hai visti in tv? Ed eravamo belli? Ah sì, Ryo un po’ meno, vero?” e scoppiò a ridere di nuovo. Il socio s’indispettì; la ragazza rimase un attimo in ascolto e poi disse:
 
“Sì, era un caso che stavamo seguendo… sì, eravamo sotto copertura… però il bacio era vero” e arrossì fino alle orecchie, ma non perse quel suo magnifico sorriso, che già da un po’ aveva stampato in viso.
 
Fu costretta a ripetere, suo malgrado:
 
“Sì, ti ho detto! Facevamo sul serio!”
 
Udendo quelle parole, a Ryo parve che un macigno fosse stato tolto dallo stomaco: si sentiva libero, e talmente felice che avrebbe potuto spiccare il volo senza ali.
 
Allora lei aveva capito, aveva sentito il suo amore, il suo desiderio! Era al settimo cielo. Ancora una volta lei era stata più brava di lui, aveva compreso anche se lui non aveva parlato. Gli venne voglia di abbracciarla, di strapparla da quel telefono molesto, tanto più che dall’altro lato c’era Mick con le sue moine, con quel suo modo di fare antiquato e da gran seduttore; ma la ragazza non aveva così tanta fretta di mettere fine alla conversazione e continuava a ridere, sorridere, inframmezzare frasi con cui gli spiegava il caso appena risolto. Perché con Miki era stata più sbrigativa? Ryo mordeva il freno, e si faceva sempre più nervoso e impaziente, anche se non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe fatto nel momento in cui Kaori avesse chiuso la comunicazione.
 
La socia lo guardava sorridendo, e davvero quando era felice, le ridevano anche gli occhi e non solo le labbra… ah, quelle labbra! Lui le aveva assaggiate e… improvvisamente sentì il bisogno di averle ancora.
 
Infine la partner si decise a salutare il suo amico americano e a mettere giù la cornetta, e ancora ridacchiando per qualcosa che le aveva detto Mick, si rivolse a Ryo e gli chiese:
 
“Dove eravamo rimasti?”
 
Questa mossa della rossa lo destabilizzò, perché proprio non se l’aspettava. Cosa c’era da dire ancora? Lei aveva capito, lui si era spiegato, basta. Cosa altro doveva dirle, lui? Ma lei continuava a guardarlo con attenzione, e sembrava determinata a non mollare la presa. Ryo iniziò ad indietreggiare, in preda ad un leggero tremore, ma più indietreggiava e più lei avanzava sicura, fino a quando lui non si trovò letteralmente con le spalle al muro. Il famigerato Ryo Saeba non aveva più scampo. A quel punto, Kaori fece l’ultimo definitivo affondo, e chiese a bruciapelo:
 
“Allora Ryo: quando ci siamo baciati, facevi sul serio, o no?”
 
Lui iniziò a sudare copiosamente; ecco che ricominciava a fare il codardo, a volersi tirare indietro di nuovo… Ma non era stato lui, quello che si era sentito male al pensiero che lei credesse che il suo bacio non fosse autentico? Cosa gli stava prendendo? Che strano effetto, gli faceva quella donna… possibile che si sentisse così tanto in soggezione davanti a lei? Eppure lei era lì, era la solita Kaori, la solita bellissima e affascinante Kaori; la stessa di quella mattina, quando avevano fatto colazione e lui le aveva rinfacciato che il cibo preparato fosse pessimo; la stessa che lo aveva preso a martellate, quando lo aveva sorpreso a rovistare nel suo cassetto della biancheria intima; la stessa che premurosa gli aveva sistemato la cravatta in ascensore; la stessa che gli aveva regalato un bacio fantastico che lo aveva mandato in orbita. Inghiottì a disagio, con la gola improvvisamente secca. Per un attimo chiuse gli occhi e, quando li riaprì, il suo sguardo fu calamitato dal sorriso sornione stampato su quella bocca di fragola. Oh, come avrebbe voluto cancellarlo quel sorriso irridente! E c’era solo un modo per farlo!
 
In un attimo accorciò le distanze fra loro e, appoggiandole una mano dietro alla nuca, la attirò verso di sé e la baciò. La sentì sussultare dalla sorpresa, e per un attimo le sue labbra si contrassero: il sorriso era scomparso, Ryo aveva vinto; ma fu giusto una frazione di secondo, perché Kaori non poté impedirsi di ridere, ed ecco che il sorriso era rispuntato. Il socio si staccò da lei e, guardandola interrogativamente, le chiese:
 
“E questo che vuol dire? Perché ridi?”
 
“Perché sei il solito scemo!” ma continuava a guardarlo con amore e desiderio. A lui, invece, sembrava di essere su un altro pianeta: cosa significava tutto questo? Allora lei non perse tempo e reiterò:
 
“Non mi hai ancora risposto. Facevi sul serio, sì o no?” voleva costringerlo a dirglielo.
 
Senza più difese ormai, lui si lasciò andare ad una risata sincera e disarmante: quella ragazza era davvero testarda e non mollava l’osso. La sua testolina rossa voleva sapere la verità; bene, sarebbe stata accontentata.
 
“Sì, Sugar, facevo sul serio. Erano anni che desideravo baciarti, e oggi è stata l’occasione che aspettavo, contenta?”
 
“No” rispose lei laconicamente.
 
“Ma come? Non era quello che volevi sapere?”
 
“Certo! Ma dannato idiota che non sei altro, perché ci hai messo tanto???” sbottò lei. Però non riusciva ad essere arrabbiata con lui: gli aveva già messo le braccia intorno al collo e lo guardava con occhi innamorati.
 
“Hai ragione, vedrò di farmi perdonare” e le sorrise con malizia.
 
Stava per baciarla di nuovo, quando si ricordò di una cosa: frugò nelle tasche, ed estrasse un pacchetto di caramelle. Scartandolo ne prese una e, rifacendo il verso alla pubblicità che avevano girato insieme, disse:
Per freschi baci, Kiss Mint” e poi mostrandole la caramella le chiese: “Ti va?” e se la mise in bocca, prima di rituffarsi su quelle morbide ed invitanti labbra. Kaori rispose felice al richiamo del socio, e si lasciarono andare ad un bacio infinito, al sapore di… menta.
 

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