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Jupiter
and moons show me the way Following my dream of Babylon Jupiter and moons show me my fate Will the sun arise? Jupiter and moons let me escape From this world of pain... I'll die alone! Jupiter and moons show me the way Back to paradise, back to paradise…
(“Of
Jupiter and moons” – Temperance)
Erano trascorsi mesi, ormai,
senza che il gruppo degli Avengers fosse riuscito a trovare il modo di
localizzare Thanos per poi fargli riportare indietro le persone scomparse e
infine, come ringraziamento, ammazzarlo e tanti saluti a casa. Fury si era
rivolto a tutti coloro che conosceva, compresi gli scienziati più brillanti
dello S.H.I.E.L.D., ma nonostante tanto impegno e tanta fatica, nessuno di loro
era approdato a niente. Anzi, le cose erano addirittura peggiorate.
Il loro amico Scott Lang,
alias Ant-man, era scomparso senza lasciar traccia.
Chiaramente, non era un buon
segno. Significava, forse, che lo schiocco di dita di Thanos era in grado di
fare vittime anche dopo tanto tempo? Oppure che il maledetto Titano aveva
deciso che la popolazione della Terra era comunque oltre la soglia di
tolleranza e aveva optato per un secondo schiocco? Il fatto preoccupava non
poco Nick Fury e gli altri Avengers.
T’Challa e Shuri erano tornati
in Wakanda che, dopo la sparizione improvvisa di tante persone, era nella più
totale confusione: tanti guerrieri erano scomparsi misteriosamente e la gente
aveva paura, il sovrano e la sorella non potevano abbandonare il popolo in un
momento simile e avevano fatto la loro scelta. In fondo quella era la loro
gente, la loro terra. Però l’assenza di un alleato forte come Black Panther non
era sicuramente una buona cosa per gli Avengers…
E, cosa ancora più
preoccupante, Clint Barton, sconvolto per la sparizione della sua intera
famiglia, si era autoproclamato giustiziere
della notte, aveva lasciato gli Avengers e viveva come un fuorilegge,
girando il mondo per assassinare criminali e gang malavitose ovunque ne
trovasse. Non potendo scaricare la sua legittima furia su Thanos, aveva scelto
di sfogarsi su assassini e delinquenti comuni.
Un giorno, tuttavia, Fury
era giunto al quartier generale degli Avengers con un’espressione che, sul suo
volto, si poteva definire anche entusiasta. Era accompagnato da una giovane
bionda, molto carina, che indossava una tuta rossa, blu e oro e appariva
straordinariamente sicura di sé e determinata.
“Signori e signore” disse
Fury a mo’ di presentazione, “ecco a voi la risposta alle nostre speranze.
Avevo incaricato Maria di mettersi in contatto con lei quando… beh, sapete
quando. Ma Maria è svanita sotto i miei occhi e io temevo che non avesse fatto
in tempo a contattarla, invece oggi si è presentata a casa mia e… Insomma, lei
è Carol Danvers, conosciuta come Capitan Marvel.”
Gli Avengers guardarono la
ragazza senza capire. Perché una giovane biondina, per quanto bella e
dall’espressione fiera, sarebbe stata la risposta alle loro speranze? Prima,
però, che chiunque di loro potesse azzardare anche una sola domanda, la giovane
eroina li precedette.
“Bene, ora che ci siamo
presentati, proporrei di non perdere altro tempo in chiacchiere inutili e di
andare subito ad affrontare Thanos” disse, come se avesse suggerito di andare a
far spese nel centro commerciale più vicino.
“Aspetta un attimo” la
stoppò Tony Stark, allibito, “tu sai dov’è quel bastardo?”
“E, cosa ancora più
importante, sai come ucciderlo?” s’informò Natasha.
“Beh, sì, insomma, sappiamo
tutti com’è andata l’ultima volta” commentò Rhodey, poco convinto. “Chi ci dice
che non finirà allo stesso modo?”
“E’ semplice” replicò la
ragazza, con un sorrisetto orgoglioso. “La volta scorsa non avevate me. Io sono pronta, naturalmente chi non
se la sente può restare qui. Fury mi ha detto che i Guardiani della Galassia
metteranno a mia disposizione la loro astronave. Parto immediatamente, chi
viene con me?”
I modi bruschi della nuova
arrivata avevano spiazzato tutti non meno della rivelazione che lei sapeva dove
si era rifugiato Thanos e come eliminarlo. Fu Thor il primo a reagire. Con il
fedele Stormbreaker in mano si affiancò alla giovane.
“Questa mi piace” affermò.
“Io sono con lei.”
“Anch’io, naturalmente” lo
seguì a ruota Peter Quill, insieme ai suoi compagni. Beh, del resto l’astronave
era la loro.
“Ci sto” disse Natasha,
subito imitata da Steve, Bucky e Rhodey.
“Non pensate nemmeno per un
attimo di lasciarmi indietro” dichiarò Nebula, decisa.
“Ehi, ragazzi, capisco il
vostro desiderio di fare a pezzi quel grosso pezzo di merda, ma la nostra astronave
non potrà portarvi proprio tutti”
obiettò Rocket, preoccupato per l’assembramento che si prospettava.
“Abbiamo giurato che
lotteremo tutti insieme, fino all’ultimo, per uccidere Thanos e riportare
indietro le persone che ha fatto sparire” protestò Bucky, avvicinandosi di più
a Steve e stringendogli un braccio. “Nessuno di noi vuole rimanere qui.”
“Se non siamo tutti uniti
potrebbe finire male… come la volta scorsa” aggiunse Wanda, rabbuiata. Aveva
saputo da circa un mese che, tra le persone scomparse dopo lo schiocco, c’era
anche suo fratello Pietro… le notizie arrivavano in ritardo, dalla Sokovia.
“Vi ho già detto che non
finirà come la volta scorsa e non è necessario che siate tutti presenti, visto
che io svolgerò la parte maggiore” ribatté senza falsa modestia Carol. “Inoltre
il piccoletto ha ragione: l’astronave non può portarci tutti. Verranno solo
coloro che potranno effettivamente rendersi utili.”
“Ma senti questa, effettivamente rendersi utili” protestò
Stark, già innervosito dal tono di superiorità della giovane. “Bene, allora io
dovrò essere il primo a partecipare alla missione.”
“Primo o secondo non ha
importanza per me, quello che conta è che ci sarò” affermò con decisione Steve.
Bucky non perse tempo a ripetersi, ma annuì e lanciò uno sguardo di sfida a
Carol, come invitandola a fermarlo.
“La forza della Hulkbuster
sarà indispensabile contro Thanos” intervenne Banner, che fino a quel momento
non aveva parlato.
“Io conosco Thanos meglio di
chiunque altro, non potrete fare nulla senza di me” insisté Nebula, sempre più
corrucciata.
Nick Fury cominciò a pensare
che, se avesse atteso ancora, sarebbe scoppiata una nuova Civil War tra i suoi Avengers solo per decidere chi avrebbe
partecipato alla missione contro Thanos e chi no. Doveva essere lui a prendere
la decisione finale per tutti o sarebbero rimasti a discutere fino alla fine
dei tempi…
“Signori, basta discussioni,
stiamo solo perdendo del tempo prezioso e non possiamo permettercelo. So bene
che tutti voi vorreste ammazzare quel bastardo e posso capirvi benissimo,
perché provo i vostri stessi sentimenti. Tuttavia, come Quill e Rocket hanno
spiegato, la loro astronave non può portarci tutti” disse. “Sarò io a scegliere
e non voglio sentire neanche un minimo accenno di protesta. Con Carol andranno Peter
Quill, Rocket e Drax per i Guardiani della Galassia, poi Nebula, Thor, Stark,
Rogers, Bucky, Wilson, Rhodey e Banner. Questa è la mia ultima parola.”
“Ma non è giusto!” si
lamentò Natasha.
“Io devo esserci, mio fratello…” cominciò Wanda.
“Signor Stark, glielo dica
lei, io posso combattere al suo fianco e poi… non voglio che vada senza di me”
protestò Peter.
“Avevo detto NIENTE
DISCUSSIONI!” ruggì Fury. “Non abbiamo tutto il giorno e io stesso vorrei
andare con loro, ma non lo farò. Ho scelto i più adatti e non tollererò altre
lamentele. Avanti, partite. E voi, chiudete il becco!”
I prescelti partirono di
corsa, ansiosi di mettere le mani sul maledetto gigante che aveva rovinato la
vita di tanta gente, oltre che dei loro amici. Speravano di costringerlo a
schioccare di nuovo le dita per riportare tutti indietro e poi, con l’aiuto della
nuova alleata che sembrava tanto sicura di sé, di farlo fuori una volta per
tutte.
Wanda, indignata per non
essere stata scelta per la missione, voltò le spalle a tutti e corse via, per
rinchiudersi nella sua stanza. Visione la seguì, preoccupato. Sapeva bene
quanto la sua amata soffrisse dopo aver scoperto che Pietro era scomparso a
causa dello schiocco e, se c’era
qualcuno al mondo in grado di consolarla e rassicurarla, era lui.
Mantis e Groot non erano
offesi perché Fury non li aveva scelti, tuttavia erano preoccupati perché i
loro amici avrebbero affrontato Thanos senza il loro aiuto e avevano paura che
non sarebbe finita bene. Fianco a fianco, si avviarono anche loro verso le
stanze che occupavano, sperando di rivedere presto i compagni sani e salvi.
Chi, invece, aveva preso
malissimo l’esclusione era Peter Parker. Non si era indignato come Wanda,
tuttavia aveva vissuto la decisione di Fury come la conferma, se mai ne avesse
avuto bisogno, di quanto lui fosse inadeguato, inadatto, sbagliato per essere un Avenger. Era probabile che, per Fury, lui
non facesse nemmeno parte del gruppo e fosse lì solo perché era il pupillo di
Tony Stark.
Ed ecco, questa era la
seconda cosa che aveva ferito Peter nel profondo: il signor Stark non aveva
detto una parola in sua difesa, non aveva cercato di convincere Fury a cambiare
idea. Diamine, era talmente entusiasta all’idea di salvare il mondo ed eliminare Thanos che non si era nemmeno degnato
di dire una parola in suo favore. Certo, con tutta evidenza anche il signor Stark
era d’accordo con Fury: lui non era un Avenger, era solo un ragazzino con tanta
buona volontà e poco altro. Non sarebbe stato affatto utile alla loro missione,
anzi, probabilmente avrebbe commesso qualche imprudenza e avrebbe rovinato
tutto.
Sì, più ci pensava e più si
convinceva che sia Nick Fury sia il signor Stark pensassero questo di lui.
Se ne stava lì a rimuginare
e ad autocommiserarsi quando si sentì chiamare dalla Romanoff. La giovane donna
aveva inizialmente provato delusione e umiliazione per essere stata esclusa da
Fury ma, ben presto, si era resa conto che Peter stava soffrendo molto più di
lei e si era avvicinata al ragazzo per parlargli.
“Peter, stai bene?” gli
chiese.
Che domanda stupida è questa? Certo che
non sto bene, non sto bene per niente, fu il primo pensiero di Peter. Ma, per fortuna, si trattenne.
Non aveva motivo di prendersela con Natasha, lei era sempre gentile e non era
certo colpa sua se lo avevano escluso; anzi, a dirla tutta, nemmeno lei era
stata scelta da Fury per la missione contro Thanos. Ma, invece di offendersi,
Natasha si stava preoccupando per lui…
“No” ammise Peter con un
filo di voce. “Avrei voluto andare anch’io ad affrontare Thanos.”
“Tutti noi lo avremmo
voluto” replicò Natasha, “ma l’astronave dei Guardiani della Galassia non
poteva contenerci tutti. Credo che a Nick sia dispiaciuto dover fare questa
scelta, sa che tutti noi abbiamo validissimi motivi per voler uccidere Thanos e
sa anche che uniti siamo più forti, però…”
“Forse questo vale per te, o
per Wanda” ribatté Peter, scuotendo il capo, “voi fate veramente parte degli
Avengers e Fury conosce il vostro valore. Ma io…”
“Tu cosa? Guarda che tu sei
un Avenger tanto quanto noi e il tuo contributo è importante quanto quello di
ciascuno di noi” esclamò la ragazza, stupita dal fatto che Peter potesse ancora
pensare una cosa del genere dopo tanto tempo che era con loro.
“No, io… non sono come voi” mormorò
Peter. Adesso l’insistenza di Natasha lo innervosiva quasi. Perché non era
sincera con lui?
“E perché non saresti come
noi? Sentiamo” ribatté Natasha. “E’ vero, sei il più giovane, ma ci siamo
passati tutti. Oddio, non tutti, forse, credo che Steve… ma lasciamo perdere. Wanda
è poco più grande di te e anche lei, all’inizio, era quasi impossibile da
gestire. Io stessa… beh, è una lunga storia. E pensi che noi non abbiamo mai
commesso degli errori, errori gravi, che potevano anche costare caro? Non hai
l’esclusiva, Peter Parker.”
Il tono di Natasha adesso
non era più condiscendente, anzi pareva piuttosto seccata, ma fu proprio questo
a convincere Peter ad ascoltarla con più attenzione.
“Vuoi qualche esempio? Non è
difficile. Sul pianeta Titano Peter Quill ha perso la testa e si è slanciato
contro Thanos, accecato dal desiderio di vendetta per la morte di Gamora: così
facendo, ha impedito a noi di strappargli il Guanto dell’Universo e impedire lo
schiocco. Mi sembra un errore abbastanza
grave, no? Ne vuoi sentire un altro? Circa tre anni fa Stark e Banner hanno
messo a punto un sistema di difesa
globale, almeno così lo definivano loro, chiamato Ultron. Nelle loro
intenzioni doveva essere un’intelligenza artificiale che avrebbe prevenuto
possibili attacchi alieni alla Terra, una sorta di Avenger perfetto che ci
avrebbe permesso di rilassarci un po’, di non dover stare sempre all’erta.
Peccato che poi Ultron si attivò autonomamente e si rivelò un androide nemico
molto più pericoloso di qualsiasi minaccia avessimo affrontato fino ad allora”
raccontò la giovane, ricordando quante volte gli Avengers si fossero dimostrati
inadeguati. “E vogliamo parlare del
violento dissidio tra Tony e Steve che ha quasi distrutto la squadra, due anni
fa?”
Peter ascoltava
attentamente. Era vero, gli Avengers non erano stati sempre degli eroi e anzi
spesso avevano commesso errori molto gravi. Ma questo, invece di rincuorarlo,
rendeva ancora più acerbo il suo dolore.
“Nessuno di noi è perfetto e
infallibile, anzi” concluse Natasha, con un sorriso di incoraggiamento. “Siamo
umani e come tali possiamo sbagliare. Avere dei poteri non ci impedisce di
commettere errori, piuttosto rende i nostri errori ancora più pericolosi di
quelli della gente comune. Ma nessuno di noi è migliore di te, Peter, questo te
lo devi mettere bene in testa.”
Il ragazzo rifletteva sulle
parole di Natasha e si rendeva conto che aveva ragione lei.
Eppure ciò serviva soltanto
a farlo sentire ancora peggio…
Jupiter
and moons, knowledge and wisdom: The demigods, their sons, came here to guide us Jupiter and moons, mercy and compassion; We'll explore another world... It's time to leave: we can't wait anymore!
(“Of
Jupiter and moons” – Temperance)
Ciò che tormentava veramente
Peter non poteva essere cancellato dalle sagge parole di Natasha e, alla fine,
la delusione e l’amarezza lo portarono a esplodere e a rivelarle anche quello
che avrebbe preferito tenere per sé.
“E allora, se anche il
signor Stark stesso ha commesso tanti errori, perché non ha detto niente quando
Fury mi ha escluso dalla missione? Perché non ha cercato di portarmi con sé?
Perché mi considera inutile e, forse, ritiene anche che avrei potuto ostacolarli!”
esclamò, facendo un grande sforzo per non scoppiare a piangere. Ma qualche
lacrima dispettosa fece lo stesso capolino dai suoi occhi e gli scivolò lungo
le guance.
Natasha finse di non accorgersene,
lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé per guardarlo dritto negli
occhi.
“Il signor Stark, come lo chiami tu, ti vuole un bene dell’anima ed è
stato ben felice che Fury non ti abbia permesso di andare con loro perché non
voleva che corressi il minimo pericolo” dichiarò, scandendo bene le parole per
farle penetrare nella testa dura del ragazzo.
Un brivido corse lungo la
schiena di Peter sentendo Natasha dire apertamente una cosa che, secondo quello
che credeva lui, nessun altro poteva sapere (in realtà perfino Fury era al
corrente di quello che c’era tra Stark e il suo pupillo, come si divertiva a chiamarlo per prenderli bonariamente
in giro!). Tuttavia non era convinto fino in fondo e, almeno per principio, si
sentì in dovere di obiettare.
“Ma allora, se è come dici
tu, perché non me l’ha detto? Avrebbe potuto spiegarmi che non voleva mettermi
in pericolo… e io, ovviamente, avrei protestato dicendo che potevo essere di
aiuto e che nemmeno io volevo che lui rischiasse e allora…”
“E allora sarebbero stati
ancora tutti qui, invece di andare a catturare Thanos e a salvare il mondo”
tagliò corto Natasha, interrompendo il fiume di parole nel quale Peter la stava
annegando. “Senti, pensala come ti pare, ad ogni modo le cose stanno come ti ho
detto io. Me ne vado nella mia stanza, tu riflettici un po’ su, che ne dici?”
Peter rimase da solo nel
salone degli Avengers. Non sapeva bene cosa fare. Non voleva andare nella sua
stanza, voleva essere presente quando il signor Stark e gli altri fossero
tornati… ma non sapeva quanto ci sarebbe voluto. Perché non tornavano? Era un
bene o un male che ci mettessero tanto? Forse… forse Thanos li aveva uccisi
tutti e loro non sarebbero tornati mai più…
Questo pensiero raggelò
Peter.
No, no, se mi metto a pensare così
allora impazzisco. Devo essere positivo, Thanos può essere battuto e poi adesso
sono in tanti, c’è anche quella nuova, Capitan Marvel… sembra davvero che abbia
un potere devastante, magari anche più di Thanos. La volta scorsa lei non c’era
e, comunque, siamo andati vicini lo stesso a battere quel maledetto gigante.
Non devo pensare al peggio!
Ma, ovviamente, era più
facile a dirsi che a farsi. Le ore trascorrevano lentamente e nulla succedeva.
Era ormai calata la notte, ma Peter non si risolveva ad andare a dormire. Come
poteva dormire mentre il signor Stark e gli altri Avengers rischiavano la vita?
Gli occhi, però, si facevano sempre più pesanti…
Quando si rese conto che
stava per addormentarsi, Peter si riscosse e decise di uscire: avrebbe
aspettato il ritorno dell’astronave dei Guardiani della Galassia all’aperto, così
l’aria freddina della sera lo avrebbe tenuto sveglio e lui sarebbe stato il
primo a vederli tornare.
Per qualche suo strano e
contorto meccanismo mentale, si era autoconvinto che, se non si fosse
addormentato e fosse riuscito a resistere, allora anche gli Avengers avrebbero
sconfitto Thanos e sarebbero tornati sani e salvi.
Non avrebbe saputo dire
quanto tempo avesse trascorso là fuori, e nemmeno se, a tratti, fosse caduto in
una specie di dormiveglia. Ad un certo punto, però, Peter vide un lampo luminoso
nel cielo e, pochi attimi dopo, scorse l’astronave dei Guardiani della Galassia
che si faceva sempre più vicina.
Quando la vide atterrare il
suo cuore batteva così forte che temeva potesse scoppiare. Se l’astronave era
tornata significava che la missione era riuscita, che Thanos era morto… oppure
poteva essere che fossero dovuti scappare? E, in quel caso, poteva anche essere
che qualcuno non ce l’avesse fatta?
Questi pensieri angoscianti
gli si avviluppavano attorno al corpo, impedendogli persino di fare un passo
verso l’astronave. Era ancora più spaventato perché non riusciva a capire se le
sue preoccupazioni erano dovute al suo affetto per il signor Stark e per gli
amici o se… se invece erano una sorta di premonizione,
un altro effetto collaterale dei suoi sensi di ragno.
Ma i ragni avevano delle
premonizioni?
Finalmente il portello
dell’astronave si aprì.
Il primo ad uscirne fu Thor
che, cupo in volto e senza proferire verbo, si allontanò di corsa fino a
scomparire alla vista di tutti. Poi, pian piano, scesero tutti gli altri, ma
nessuno di loro aveva un’aria compiaciuta, nemmeno la giovane eroina che era
parsa tanto sicura di sé.
Tony fu il primo ad
accorgersi che Peter era rimasto là fuori per tutto il tempo e che,
stranamente, non era corso verso di loro tempestandoli di domande. Fu lui ad
avvicinarglisi, visto che il ragazzo, a quanto pareva, aveva perso
temporaneamente la capacità di muoversi e di parlare.
“Allora, ragazzo, che ci fai
qui? Perché non sei a dormire?” gli chiese. “Dai, entriamo.”
Il semplice fatto che Tony
fosse lì accanto a lui e che gli parlasse sembrò ridare vita a Peter.
“E’… è andata così male?”
mormorò, rientrando nel quartier generale degli Avengers a fianco dell’uomo,
mentre gli altri sfilavano accanto a loro l’uno dopo l’altro, cupi e
pensierosi.
“Thanos è morto e questo non
è un male” rispose Tony, ma il suo tono non era entusiasta come sarebbe dovuto
essere per una notizia del genere. “Purtroppo, però, quando noi siamo arrivati
al suo rifugio lui aveva già distrutto il Guanto e le Gemme dell’Universo, per
questo era così indebolito.”
“Sì, e quel barbaro con
l’ascia gli ha tagliato la testa prima che potessimo chiedere qualche
spiegazione in più, magari come fare a recuperare le Gemme distrutte!”
aggiunse, stizzita, Carol.
“Le aveva distrutte, che
informazioni poteva darci?” commentò Bucky, pratico come sempre.
“Così non lo sapremo mai,
grazie al vostro amico vichingo” tagliò corto la ragazza.
“Senza il Guanto
dell’Universo non potremo riportare indietro le persone che Thanos ha fatto
sparire” disse piano Steve, come riflettendo tra sé. “Non potremo salvare la
famiglia di Clint, i guerrieri di T’Challa, Maria Hill e tante altre persone…”
“E’ finita” concluse
amaramente Rhodey. “Thanos è morto e non farà più del male a nessuno, ma le
persone che ha ucciso non torneranno indietro. Dovremo farcene una ragione.”
E così, mentre gli Avengers
di ritorno dalla spedizione si disperdevano nel quartier generale, in attesa di
riunirsi tutti assieme e raccontare a Fury e ai compagni ciò che era accaduto,
Tony accompagnò Peter nella sua stanza.
“E’ molto tardi, avresti
dovuto essere a letto da un pezzo, domattina hai scuola” gli disse.
Il ragazzo, però, non
sarebbe riuscito a dormire se prima non si fossero chiariti. Quello che gli
aveva detto Natasha poteva anche andar bene ma, appunto, era stata Natasha a
dirglielo e lui voleva sentire direttamente dal signor Stark qual era il motivo
per cui non aveva nemmeno cercato di portarlo in missione.
Non appena giunsero nella
stanza di Peter, il giovane chiuse la porta e si piazzò di fronte a Tony,
deciso a non lasciarlo uscire finché non gli avesse detto la verità.
“Signor Stark, adesso deve
dirmi tutto” dichiarò, deciso.
Tony era già abbastanza
innervosito dal fallimento della spedizione. Sospirò rassegnato, scosse il capo
e lo guardò in faccia.
“Te l’ho già detto” ripeté
in tono stanco. “Abbiamo raggiunto Thanos nel suo rifugio e gli abbiamo
intimato di darci il Guanto dell’Universo, ma lui ha detto di averlo distrutto.
Io non gli credevo, ma Nebula ha detto che suo padre non mente mai e anche le
condizioni del gigante sembravano confermare le sue parole: era talmente debole
da non essere nemmeno in grado di difendersi e questo perché aveva speso tutte
le sue energie per distruggere le Gemme. Poi Thor ha avuto un colpo di genio e
l’ha decapitato, così non abbiamo potuto chiedergli altro. In ogni caso, dubito
fortemente che ci avrebbe aiutato a trovare un rimedio.”
Dunque la situazione era
quella: Thanos era morto e con lui anche la speranza di riportare indietro le
persone svanite. Non c’era da stupirsi che gli Avengers fossero così
abbacchiati. Ma non era quello che Peter voleva sapere.
“Signor Stark, perché non ha
voluto che partecipassi alla missione?” domandò senza girarci tanto intorno.
“Io? E’ stato Fury a
scegliere quelli che avrebbero fatto parte della spedizione e tu sei stato
escluso” rispose laconico Tony.
“Sì, certo, e lei non si è
mai opposto alle decisioni di Fury prima d’ora, vero? Perché non ha cercato di
parlargli, di convincerlo a farmi venire con voi?” insisté il ragazzo.
“Perché avrei dovuto?” fu la
poco soddisfacente replica di Stark.
“Dunque avevo ragione… lei
non mi voleva” mormorò Peter, col pianto in gola. “Se non ci avesse pensato
Fury, sarebbe stato lei a escludermi.”
“Probabilmente sì, è così”
tagliò corto l’uomo.
“E lo dice così, non cerca
nemmeno di addolcirmi la pillola?” esclamò Peter, allibito. Va bene, Tony era
deluso e di certo anche arrabbiato per il fallimento della spedizione, ma
perché era così duro con lui? “E’ questo che pensa, dunque: Peter Parker, non ti volevo nella missione.
E’ andata male, ma il tuo contributo avrebbe probabilmente potuto anche
peggiorare le cose. Nessuno di voi mi ritiene degno di essere un Avenger e
lei meno di tutti!”
Un lampo passò negli occhi
di Tony. Era stremato dalla fatica e dalla frustrazione e non aveva nessuna
voglia di mettersi a discutere con Peter su un argomento di cui avevano già
parlato milioni di volte.
Afferrò il ragazzo per le
spalle e avvicinò il volto al suo, fissandolo negli occhi così profondamente da
sondargli l’anima.
“Vuoi sapere quello che ho
pensato? Te lo dico subito, anche se ormai dovresti saperlo. Ho pensato che per
niente al mondo avrei voluto che tu ti avvicinassi a Thanos. Ho pensato che,
comunque fosse andata, sarei stato molto più tranquillo nel saperti al sicuro
sulla Terra. Ho pensato che quel maledetto Titano non avrebbe dovuto posare il
suo sguardo su di te nemmeno da lontano” disse con veemenza, scuotendo il
ragazzo ad ogni frase. “Sono riuscito solo a pensare che non avrei resistito
se, in qualche modo, lui ti avesse… se ti avesse potuto colpire. Se ti avessi
visto svanire di nuovo, ancora una volta, allora io…”
Le ultime parole erano state
appena sussurrate, ma erano quelle che risuonavano più forte nella testa di
Peter.
“E’ il mio incubo da mesi”
ammise l’uomo, sempre a bassa voce. “Quasi ogni notte sogno che svanisci tra le
mie braccia e che io non posso fare nulla per salvarti… e nel sogno non c’è
Strange a riportarti indietro, non c’è nessuno. E adesso so che sarebbe potuto
accadere, che le Gemme non esistono più e che, se tu fossi svanito, non saresti
mai più ritornato indietro, come non ritornerà Maria, o la famiglia di Clint, o
i guerrieri del Wakanda, o…”
Quello che aveva detto
Natasha era vero, ma detto dal signor Stark acquisiva tutta un’altra valenza.
Improvvisamente Peter si sentì incredibilmente piccolo, stupido e egoista:
aveva pensato solo a se stesso e alla sua delusione, non a quello che poteva
aver provato Tony o a quello che avrebbe voluto dire per Clint sapere che non
c’era modo di riavere la sua famiglia, per Wanda sapere che non avrebbe mai più
rivisto suo fratello… Gli venne di nuovo da piangere, ma stavolta per la
vergogna e per il dispiacere di essere stato così infantile mentre tante
persone soffrivano.
“Mi dispiace… mi dispiace
tanto, signor Stark” mormorò, con i singhiozzi che venivano a spezzargli le
parole in bocca. “Io non volevo, io… era solo che anch’io avevo tanta paura per
lei, avevo paura che non tornasse più e… Non voglio che lei faccia l’eroe,
signor Stark, ho paura che un giorno…”
Il gelo di un brutto
presentimento scivolò tra i due come uno spettro malvagio, entrambi
rabbrividirono e poi Tony prese tra le braccia Peter e lo strinse in un
abbraccio tanto forte che rischiò di soffocarlo. Peter si aggrappò disperatamente
alle spalle dell’uomo, per trovare calore e cacciare quel brivido che lo aveva
raggelato fino in fondo alle ossa.
“Sono qui, Peter, sono
tornato sano e salvo e Thanos è morto. Non farà più del male a nessuno” disse,
con la bocca tra i suoi capelli. “Lui non c’è più e noi adesso dovremo lavorare
per rimediare a ciò che ha fatto, dobbiamo riuscire a salvare quelle persone.”
“Io l’aiuterò, signor Stark,
lavoreremo insieme. Vedrà, ce la faremo. Thanos non può aver vinto, vinceremo
noi, vinceremo noi, signor Stark” promise Peter, adesso finalmente
tranquillizzato e rasserenato tra le braccia dell’uomo che amava.
Tony lo sollevò di peso, lo portò sul letto e
si distese con lui, baciandolo a lungo, lentamente, godendo il sapore della sua
bocca morbida, perdendosi nel calore del suo corpo. Gli accarezzò i capelli
scompigliati, gli coprì la fronte, le guance e il viso di piccoli baci e poi
riprese a baciarlo sulle labbra tiepide e dischiuse. Il freddo presentimento si
allontanava dalla mente di entrambi mentre i loro corpi si allacciavano e si
completavano, in una danza armoniosa come il movimento dei pianeti
nell’universo. Tony stringeva Peter come se non volesse lasciarlo mai più e il
ragazzo lo ricambiava con tutto l’affetto del suo cuore pieno d’amore: per
quella notte, almeno, ogni timore e preoccupazione per il futuro fu cancellata
e dimenticata, lasciando spazio solo all’amore e alla felicità di ritrovarsi
insieme.
Panic
on the streets, chaos, terror. "Jupiter, oh God, have mercy on us!" Finally their prayers were heard and "The saviors" turned the tied! Demigods they were: they talked About another world "upside down" Ready to embrace all humans! "let's
go together!"
(“Of Jupiter
and moons” – Temperance)
Dopo la spedizione fallita
degli Avengers trascorsero molti mesi, circa un anno e mezzo. Nick Fury non
voleva arrendersi e aveva messo al lavoro i più validi scienziati dello
S.H.I.E.L.D. per trovare un rimedio alla perdita delle Gemme dell’Universo,
mentre gli altri eroi cercavano di trovare un senso nelle loro giornate ognuno
a modo suo.
Natasha era preoccupata per
Clint e si teneva in contatto con Carol, Rhodey e i Guardiani della Galassia che
continuavano le loro missioni in giro per l’universo e la tenevano aggiornata
su dove si trovasse e cosa stesse facendo Occhio di Falco, ormai diventato il lato oscuro di se stesso.
Steve e Bucky frequentavano
dei gruppi di sostegno dove si riunivano le persone che avevano perduto i loro
cari e, per cercare di aiutarli, raccontavano le loro esperienze. Questo faceva
bene a tutti: le persone si sentivano accolte e comprese da chi aveva sofferto
ancora più di loro e non si era arreso, ma anzi spingeva gli altri ad avere speranza
e ad andare avanti. Ma era terapeutico anche per Steve, che finalmente sentiva
di avere un vero ruolo e un posto in quel nuovo mondo, e per Bucky, che in quel
modo ripagava l’immenso debito che aveva nei confronti dell’umanità dopo i
tanti anni vissuti come Soldato d’Inverno… e iniziava a far pace con la sua
coscienza.
A dire la verità,
inizialmente Bucky non aveva avuto alcuna intenzione di partecipare a simili incontri.
“Non ci penso nemmeno,
Steve!” aveva reagito. “Quella gente è già abbastanza traumatizzata e ha
bisogno di una figura rassicurante come te, non certo di trovarsi davanti il
Soldato d’Inverno!”
Quello era l’eterno
argomento sul quale i due si scontravano da anni. Nonostante tutto, Bucky non
riusciva a perdonare se stesso per ciò che aveva fatto, mentre Steve lo
incoraggiava a iniziare una nuova vita in cui mettere a frutto, in positivo,
tutto ciò che era diventato.
“Bucky, ti ho ripetuto mille
volte che nessuno, ormai, pensa a te come al Soldato d’Inverno” aveva detto Steve, circondando con un braccio le
spalle del suo compagno. “In questi anni la tua storia è stata su tutti i
giornali, anche allo Smithsonian hanno modificato le notizie che ti riguardano
e il mondo ti vede come l’eroe di guerra degli anni Quaranta che è stato rapito
e torturato orribilmente per diventare un sicario. Se la metti così, allora
anche Natasha non dovrebbe avere il coraggio di uscire di casa!”
“La Romanoff è stata
addestrata per diventare un sicario, ma poi ha fatto la sua scelta. Io sono
stato agli ordini dell’Hydra per decenni e ho commesso attentati, omicidi, cose
orribili…”
Steve lo guardò fisso negli
occhi.
“E allora proprio per questo
adesso hai il dovere di rimediare,
facendo tutto il bene che puoi fare ogni volta che te ne capita l’occasione”
affermò con decisione. “Questa è la tua occasione, Bucky.”
Ed era stato proprio così.
Adesso Bucky era felice di aver seguito il consiglio di Steve e si sentiva
meglio ogni volta che vedeva il volto di qualcuno illuminarsi di speranza dopo
aver ascoltato la sua storia. In fondo, se ce l’aveva fatta il Soldato
d’Inverno, potevano farcela tutti.
Bruce Banner aveva sfruttato
gli ultimi mesi chiuso nel suo laboratorio, inondandosi di raggi gamma, per
riuscire finalmente a ottenere ciò che aveva sempre desiderato: far convivere
Banner e Hulk nella stessa persona, il gigante verde dalla forza devastante con
la mente del brillante scienziato. E, alla fine, era riuscito nel suo intento e
adesso non doveva più lottare contro le pulsioni scatenate in lui dallo stress.
Tony Stark continuava a
lavorare su tute, armature e congegni sempre più avanzati e sofisticati per
farsi trovare pronto se e quando lo S.H.I.E.L.D. avesse trovato un modo per
risolvere il dramma dello schiocco di
Thanos; Peter alternava il lavoro al suo fianco con l’ultimo anno di scuola
superiore ed era indeciso sulla scelta del college, perché quello che veramente
avrebbe voluto sarebbe stato continuare a lavorare alla Stark Foundation al
fianco del suo signor Stark!
Infine, una lieta notizia
aveva, almeno un po’, risollevato l’umore di tutti, facendo capire che la vita,
tutto sommato, andava avanti. Pepper e Happy Hogan si erano sposati e avevano
avuto una bambina che, adesso, aveva un anno e mezzo e si chiamava Morgan.
Happy e Pepper si erano avvicinati molto quando lei e Stark avevano deciso, di
comune accordo, di lasciarsi; si erano legati sempre di più e, quando la donna
aveva scoperto di essere incinta, avevano deciso di sposarsi. Happy lavorava
ancora per Tony mentre Pepper, al momento, si occupava di Morgan, ma anche lei
avrebbe ripreso il suo lavoro non appena la bimba fosse stata grande
abbastanza. *
Insomma, la vita andava più
o meno avanti per tutti, ma nessuno aveva dimenticato le persone che erano
svanite e tutti speravano che, un giorno, al quartier generale degli Avengers
sarebbe piombato Fury con un bel gruppo di scienziati dello S.H.I.E.L.D. e una
brillante proposta per risolvere la situazione.
Invece, qualcuno piombò
davvero al quartier generale, ma non era Fury e non erano gli scienziati dello
S.H.I.E.L.D.: era Scott Lang, alias Ant-Man, che tutti credevano fosse
scomparso due anni prima a causa dello schiocco.
“Ma no, io non ne sapevo
nemmeno niente, ero imprigionato nel regno quantico e sono ritornato
casualmente, credevo fossero passate un paio d’ore e invece… e Hope è
scomparsa” spiegò Scott al gruppo riunito degli Avengers, che lo guardavano
come un’apparizione dal cielo (che, del resto, era un po’ ciò che era…).
“Dunque anche lei è svanita come le altre persone di cui mi avete parlato. Beh,
dobbiamo fare qualcosa!”
“Ma pensa, noi siamo stati
qui per due anni a girarci i pollici e aspettavamo giusto te che venissi a
spronarci” fece Tony, piuttosto acido.
“Non credo che Scott volesse
dire questo” intervenne Steve, cercando di calmare gli animi. Cosa non facile,
poiché tutti erano piuttosto sovraeccitati per l’accaduto.
“No, infatti. Io volevo dire
che… beh, se io ho attraversato il regno quantico e sono tornato qui due anni
dopo allora… allora potrebbe esistere un modo per ritornare indietro nel tempo,
radunare le Gemme perdute e fare di nuovo questo schiocco di cui parlate per riportare indietro gli scomparsi!”
esclamò Scott.
“Viaggi nel tempo? Magari!
Se avessimo il T.A.R.D.I.S. potremmo farlo, non è vero, signor Stark?”
s’intromise Peter, da buon nerd appassionato di Doctor Who e simili. “Ma noi non ce l’abbiamo, purtroppo. Oppure
sì? Signor Stark, perché fa quella faccia? Signor Stark, abbiamo davvero il T.A.R.D.I.S.???”
Eh già, perché Stark aveva
fatto una faccia strana e adesso fissava Scott come se fosse diventato un
mostro a due teste, ma in realtà non lo vedeva davvero, la sua mente lavorava a
pieno ritmo e ricordi e idee si affastellavano.
“Non abbiamo il
T.A.R.D.I.S., ragazzino, ma viaggiare nel tempo potrebbe essere un’opzione
possibile” intervenne Fury. “Lo S.H.I.E.L.D. lavora da anni su questo progetto
e se i viaggi nel tempo non sono ancora una realtà è solo perché resta da
capire come potremmo muoverci nel regno quantico senza ritrovarci ai tempi
della Regina Elisabetta senza possibilità di tornare indietro.”
“Se si tratta solo di questo posso pensarci io”
ribatté Tony, come se gli avessero proposto di progettare la cosa più semplice
del mondo. Improvvisamente sembrava aver ripreso tutta la sua baldanza e il suo
entusiasmo. “Bruce, Peter, con il vostro aiuto potrò sviluppare la mia idea
ancora più in fretta. A patto che facciate esattamente quello che dico io,
senza obiezioni, domande, proposte alternative e quant’altro. Chiaro?”
La nuova versione verde di
Bruce Banner e il Bimbo Ragno si
scambiarono un’occhiata interrogativa, per poi affrettarsi a seguire Tony che
non aveva perso tempo ad aspettare la loro risposta e si era già eclissato.
“Avete dunque approntato un
modo per tornare indietro nel tempo?” domandò il Dottor Strange a Fury. “Spero
che sappiate quello che fate.”
“Beh, il ritorno di Scott
Lang ha appena dimostrato che è possibile e senza danni fisici per il
viaggiatore… almeno credo. Stai bene, Scott?”
“Sì, immagino di sì” rispose
l’uomo, ancora piuttosto scombussolato ma soddisfatto di vedere che la sua
proposta era stata accolta con tanto entusiasmo.
“Non era a questo che mi
riferivo, ma ne riparleremo quando sarà il momento” replicò laconico Strange,
allontanandosi per andare a meditare o qualcosa del genere.
“E ti pareva che quello non
se ne uscisse con qualche frase misteriosa” commentò Peter Quill, quando il
Dottore fu uscito dalla stanza. “Io sono dispostissimo a viaggiare nel regno
quantico o dove accidenti vorrete, è l’unica speranza per rivedere Gamora.”
“Molto bene, allora tu e i
tuoi compagni andrete a cercare Thor, che deve essersi rintanato in qualche
isoletta sperduta della Norvegia. Avremo bisogno di tutta la squadra!” disse
Fury.
“Io e Rhodey andremo a
prendere Clint” si offrì subito Natasha. “Eri sulle sue tracce, vero, Rhodey?
Per quanto sia cambiato, la possibilità di salvare la sua famiglia lo
convincerà di certo.”
“Se lo dici tu…” commentò
War Machine, poco convinto. Lui aveva visto con i suoi occhi quello che Clint
aveva fatto ultimamente e, anche se le vittime erano in realtà mafiosi e
trafficanti di droga, non era stato un bello spettacolo…
Quello che non era accaduto
in un anno e mezzo accadde in poche settimane: grazie all’aiuto di Scott, lo
S.H.I.E.L.D. fece avere agli Avengers delle fialette rosse che contenevano
particelle Pym**, che avrebbero permesso
agli eroi di rimpicciolirsi tanto da poter viaggiare nel tempo a livello
quantico; Clint e Thor furono recuperati e riportati al quartier generale…
sebbene Thor fosse nel frattempo lievitato
e sembrasse più un motociclista strafatto che un dio Asgardiano; infine, Tony
con la collaborazione di Banner e Peter mise a punto dei bracciali GPS per
potersi orientare durante i viaggi nel regno quantico senza il rischio di
ritrovarsi in piena Guerra dei Cent’Anni o, all’opposto, talmente vecchi da
necessitare il ricovero immediato in una struttura per anziani!
Insomma, tutto era pronto,
restava solo da decidere il dove e il
quando.
“Dovremo tornare indietro
per recuperare le Gemme dell’Universo prima
che se ne impadronisca Thanos” spiegò Tony, “per cui facciamo mente locale
sulla collocazione delle Gemme nei vari momenti della storia.”
“A New York nel 2012 erano
presenti ben tre delle Gemme: quella del Tempo, quella della Mente e il Tesseract” disse Steve. “Un gruppo di
noi dovrà recarsi là.”
“La Gemma della Realtà era
ad Asgard nel 2013” rammentò Thor. “Era entrata in Jane… sì, una mia ex…
insomma, le aveva causato una grave malattia e per questo io l’avevo portata ad
Asgard per farla curare."
“La Gemma dell’Anima era su
Vormir” disse Nebula. “E’ stato là che mio padre è andato insieme a Gamora, per
poi tornare con la Gemma… ma senza Gamora.”
“Andremo noi su Vormir!” si
offrì subito Quill, pensando che, in quel modo, avrebbe riportato indietro
anche Gamora oltre alla Gemma.
“Assolutamente no”
intervenne con decisione Strange. “Quando viaggerete nel tempo, dovrete fare in
modo di non creare alcun paradosso temporale, o sarà il collasso dell’intero
universo e, a quel punto, sarà molto peggio di qualsiasi cosa abbia potuto fare
Thanos.”
“Che vorrebbe dire?” il
volto di Peter Quill era il ritratto della delusione.
“Non sai cos’è un paradosso
temporale? Cavolo, si vede proprio che non hai mai guardato la serie del Doctor Who!” esclamò Peter.
“No, non l’ho mai vista,
perché a differenza di te io ce l’ho, una vita” ribatté Quill. “E poi di
Dottori qui abbiamo già Strange che ci basta e ci avanza! Cosa vuoi dire,
Dottore, sul fatto che io non posso andare su Vormir?”
“Il paradosso temporale si
crea quando viene consapevolmente modificato un evento del passato” spiegò
tranquillamente Strange. “Se tu seguissi Thanos e Gamora su Vormir, cercheresti
di salvarla e questo provocherebbe un paradosso temporale che potrebbe anche
distruggere l’universo che volete salvare.”
“Allora andremo su Vormir prima che ci vadano Thanos e Gamora”
disse Natasha.
“La Gemma del Potere era su
Morag nel 2014” ricordò Rocket. “Potremmo ritornare a quell’anno e
impadronircene e, nello stesso anno, recuperare anche la Gemma dell’Anima da
Vormir.”
“Questo è molto più saggio,
ma non dovrete essere voi a recarvi là, altrimenti si creerebbe un…” iniziò
Strange, ma Quill lo interruppe sbuffando.
“Paradosso temporale, sì, ho
capito! Allora chi andrà su Morag e Vormir? E noi che cosa dovremmo fare nel
frattempo?”
“Andrò io” disse Clint, e
Natasha si offrì di andare con lui.
“Verrò anch’io con voi”
disse Nebula.
“Quill, tu e i tuoi amici
potreste accompagnare Thor nel 2013 ad Asgard e recuperare la Gemma della
Realtà” propose Fury, sia per dare uno scopo a Star-Lord sia per assicurarsi
che Thor, ridotto in quelle condizioni pietose, non facesse fallire tutta la missione.
Era molto meglio farlo scortare dai Guardiani della Galassia!
“Scusate se faccio una
domanda stupida” intervenne Rhodey. “Ma non sarebbe molto più semplice se un
gruppo di noi andasse indietro nel tempo, trovasse Thanos da piccolo e gli
torcesse il collo? Oh, via, non mi guardate così, non sto parlando di un tenero fanciullo innocente!”
“No, certo, ma uccidere un
bambino... Invece io proporrei di tornare tutti insieme indietro a due anni fa,
prima che Thanos possa fare lo schiocco
e, a quel punto, farlo fuori! Che ne dite?” propose con molto entusiasmo Peter.
“Ragazzo, mi sembra che tu
non abbia capito niente del paradosso temporale, nonostante la tua cultura televisiva” replicò Strange,
gelando subito il suo slancio. “NON
POTETE intervenire direttamente e consapevolmente su un evento già accaduto
per cambiarlo o farete collassare l’universo. Tutto ciò che è successo dovrà
succedere. Per questo dovete recuperare tutte le Gemme, portarle qui nel
presente e usare il Guanto dell’Universo per rimediare a ciò che ha fatto
Thanos. Non esistono alternative possibili.”
“Ah, già, la famosa
possibilità su un milione” commentò sarcastico Tony.
“Su quattordici milioni e
seicentocinquemila scenari possibili, a voler essere precisi” disse Strange,
fissando l’uomo con una strana espressione che mise a disagio un po’ tutti.
“Bene, allora,
ricapitoliamo, chi va dove e con chi?” fece Stark, per togliersi di dosso la
brutta sensazione che aveva avuto e anche per iniziare, finalmente, ad agire
invece di chiacchierare.
“Io vengo con lei, signor
Stark!” disse Peter… e Tony capì immediatamente che ci sarebbe stato un altro piccolo problema da risolvere prima di
partire per la missione indietro nel tempo!
Fine capitolo terzo
* Pepper e Happy si sposano veramente,
almeno nei fumetti, e ho pensato che fosse la soluzione ottimale per entrambi, visto
che è anche prevista dalla Marvel stessa. Naturalmente Morgan qui è più piccola
che nel film, perché io non ho fatto trascorrere tutti quegli anni (l’ho
trovata una delle tante assurdità del film). E, come racconterò in storie
successive, Morgan è effettivamente figlia di Tony, ma lui non dovrà saperlo…
** Nel film sembra che le fialette con
le particelle Pym siano in numero limitato, ma poi vediamo che Steve, nel 1970,
ne trafuga alcune da un laboratorio dello S.H.I.E.L.D., dunque è chiaro che gli
scienziati dello S.H.I.E.L.D. studiavano e forse utilizzavano già da anni
quelle particelle. Nella mia versione io mi sono tolta il pensiero e ho fatto
in modo che fossero proprio gli scienziati dello S.H.I.E.L.D. a fornire le
particelle necessarie.
Jupiter and moons, knowledge and wisdom:
The demigods, their sons, came here to guide us
Jupiter and moons, mercy and compassion;
We'll explore another world...
It's time to leave: we can't wait anymore!
Jupiter and moons show me the way
Following my dream of Babylon
Jupiter and moon show me my fate
Will the sun arise?
(“Of Jupiter and moons” – Temperance)
Nick Fury si portò le
mani alla testa, già prevedendo un altro dibattito furioso, con scene di
disperazione, rabbia e litigi per decidere chi sarebbe andato a recuperare le
Gemme, quando e con chi… erano supereroi, sì, ma in certi momenti Fury si
sentiva come se stesse gestendo un bel gruppo di bimbetti della scuola materna!
Per fortuna questa volta le cose andarono meglio del previsto perché ricevette
un aiuto insperato: Stephen Strange si incaricò personalmente di formare i
gruppi per scongiurare il più possibile il famigerato paradosso temporale e…
beh, nessuno poteva protestare contro il parere
dell’esperto, no?
“Dovete tenere bene a
mente che chiunque di voi provocasse un paradosso temporale sarebbe colpevole
del collasso dell’intero universo e finirebbe per risultare molto più dannoso
di ciò che ha fatto Thanos stesso, perciò non potrò accettare obiezioni alle
mie scelte” esordì il Dottore, tanto per chiarire chi comandava in quel campo.
Gli Avengers si
scambiarono occhiate perplesse e alcuni sembravano già piuttosto scocciati per
quell’intromissione.
“Immagino che tu ti
inserirai in un gruppo fatto apposta per te, non è così, Dottore?” lo provocò
Tony che proprio non ce la faceva a stare zitto e a prendere ordini da qualcun
altro.
“Al contrario, io non
potrò partecipare affatto, sarei il primo a creare un paradosso temporale”
rispose a sorpresa Strange. “E, se io sono disposto ad accettare l’esclusione
per me stesso, voi dovrete essere pronti a fare lo stesso.”
“Vuoi dire che
qualcuno non farà il viaggio nel tempo?” domandò Peter Quill, seccato,
immaginando di essere il prossimo escluso. In fondo Strange gli aveva già detto
che non poteva tornare indietro sul pianeta Morag né a Vormir, per non creare
un collasso dell’universo cercando di salvare Gamora!
“I gruppi saranno
questi” disse Strange, ignorando la domanda di Star-Lord, “come avevo
anticipato, i Guardiani della Galassia accompagneranno Thor nel 2013 ad Asgard
per recuperare la Gemma della Realtà.”
“Ah” Quill era
rimasto spiazzato dal modo indiretto in cui Strange aveva risposto al suo
dubbio, tuttavia era contento di poter partecipare ad una delle spedizioni
insieme ai compagni di sempre.
“Sui pianeti Morag e
Vormir del 2014 andranno Natasha, Clint e Nebula che si sono offerti volontari
e Rhodes e Wanda li accompagneranno” disse poi il Dottore.
“Dottor Strange, non
sono d’accordo” protestò Visione, in tono pacato ma deciso. “Non posso lasciare
che Wanda partecipi ad una spedizione così pericolosa: deve permettermi di
andare con lei, oppure non le consentirò di partire.”
Lo sguardo di Strange
si posò sull’interlocutore, poi su Wanda che, accanto a lui, iniziava ad
agitarsi.
“Penso che tu
comprenda benissimo il motivo per il quale non posso lasciarti andare in
nessuna spedizione” disse all’androide. “Possiedi un frammento della Gemma
della Mente* e già di per sé questo
provocherebbe un paradosso temporale, inoltre il Thanos del 2014 potrebbe scoprire
che, in origine, la Gemma della Mente era interamente in tuo possesso e
ucciderti per prenderla. Non devo essere io a spiegarti le conseguenze, vero?”
“No” concordò
Visione. “Va bene, non parteciperò alla spedizione, ma non posso lasciare che
vi partecipi Wanda.”
“Ma io…” obiettò la
ragazza, subito interrotta da Strange.
“Se volete discutere
di questo, vi pregherei di ritirarvi in un’altra stanza” disse, sapendo bene
che ci sarebbero state altre proteste non appena avesse parlato della terza
spedizione. Visione e Wanda avrebbero dovuto risolvere i loro problemi in
privato… “Però fate in fretta, gli altri non possono aspettare voi per
partire.”
Mentre Visione
accompagnava Wanda in un’altra stanza, tranquillo ma deciso a usare tutto ciò
che poteva pur di impedirle di recarsi su Morag e Vormir (anche a farle perdere
temporaneamente i sensi, se necessario), il Dottor Strange si preparò
all’ultima bordata di fischi e contestazioni.
“Per concludere, l’ultima
spedizione sarà quella che tornerà nella New York del 2012 per recuperare le
ultime tre Gemme. Ad essa parteciperanno Rogers, Stark, Banner, Lang e Wilson.”
Nick Fury non riuscì
a trattenere un sorrisetto sarcastico: se fosse stato lui a pronunciare quelle
parole sarebbe venuto giù l’intero quartier generale degli Avengers ma, visto
che era stato Strange a farlo, la prima reazione era stata un totale e pauroso
silenzio.
Poi, inevitabilmente,
c’erano state le proteste…
“Strange, non pensare
nemmeno a lasciarmi fuori da questa missione!” esclamò Bucky. “Ne ho abbastanza
di sentirmi escluso dagli Avengers per un motivo o per l’altro. So quello che
ho fatto e non potrò mai perdonarmelo, ma proprio per questo voglio rimediare a
tutti i costi e, per farlo, devo combattere al fianco di Steve. Non potrai
impedirmelo!”
Il tono poteva anche
sottintendere una vaga minaccia, ma Strange non era il tipo da spaventarsi,
anzi mantenne la sua posizione ancor più decisamente di prima.
“Quello che dici è
giusto, Barnes, comprendo il tuo bisogno di rimediare al male che hai fatto ed
è questo il motivo per cui ti renderai conto che, per farlo, dovrai rimanere
qui” disse, calmo e pacato come sempre. “Capisci, vero, che la tua presenza in
uno qualsiasi di quegli anni, che sia il 2012, il 2013 o il 2014 creerebbe un
paradosso temporale gravissimo?”
Bucky stava per
ribattere nuovamente, poi un pensiero parve attraversargli la mente e lo
bloccò. Il giovane vacillò leggermente prima di trovare la forza di replicare
alle parole del Dottore.
“In quegli anni io
ero… il Soldato d’Inverno. E’ questo il paradosso temporale” mormorò.
Lo sguardo di Strange
su di lui si fece a un tempo malinconico e orgoglioso, come quello di un padre
che avesse visto il figlio comprendere una dura lezione.
“Sapevo che avresti
compreso, Barnes” approvò. “Credimi se ti dico che capisco benissimo quello che
provi, anch’io vorrei partecipare a una delle spedizioni ma non potrò, proprio
come te. La mia presenza causerebbe un collasso totale dell’universo.”
“E’ meglio così,
Buck, davvero” gli disse Steve, cercando di consolarlo da quella delusione. “Io
e gli altri dovremo incontrare il direttore dello S.H.I.E.L.D. di allora… e tu
sai benissimo che in realtà si trattava di una copertura per l’Hydra. Sarà più
facile per me fingere con loro sapendo che tu sei qui, al sicuro, e che non
potranno mai più farti del male.”
Bucky fece un
sorrisetto storto. Gli bruciava doversene restare al quartier generale, ma allo
stesso tempo sapeva benissimo che sia Steve sia Strange avevano perfettamente
ragione.
“Io di sicuro non
riuscirei a fingere con loro e li farei a pezzi… Tutto sommato è meglio che
resti ben lontano da loro” commentò con un’ironia amara. Steve avrebbe voluto
abbracciarlo, ma non poteva farlo davanti a tutti, così si limitò a stringergli
affettuosamente il braccio… ovviamente non quello di vibranio!
“E io perché non
posso partecipare? Signor Stark, voglio venire anch’io nella New York del 2012
con lei e gli altri! Dottor Strange, perché pensa che io non sarei utile in
quella spedizione? Io non…”
Peter avrebbe
continuato a protestare per altri venti minuti, ma Strange lo bloccò subito.
“Ragazzo, dimmi solo
una cosa: quanti anni avevi, tu, nel 2012?”
“Beh, avevo quasi
undici anni quando ci fu l’attacco a New York, ricordo che facevo l’ultimo anno
delle scuole elementari e…” si interruppe vedendo che Tony alzava gli occhi al
cielo in un gesto che gli aveva visto fare molte volte e che, in genere, non
prometteva nulla di buono. “Cosa c’è, signor Stark?”
“Ti sei appena
risposto da solo, non te ne sei accorto?” ribatté Stark. “Se non è un paradosso
temporale questo…”
“Il Peter Parker del
2012 era ancora un bambino e non esisteva nemmeno
l’idea di un Avenger di nome Spiderman” soggiunse Strange, divertito suo
malgrado. “Sarebbe probabilmente il paradosso temporale peggiore di tutti.”
Era vero e, con tutta
la buona volontà di questo mondo, Peter non poteva proprio continuare a
sollevare obiezioni. In fondo non poteva dare la colpa a nessuno se non era poi
così tanto che era al mondo e, soprattutto, se erano solo pochissimi anni che
era diventato l’amichevole Spiderman di
quartiere…
Una volta decisi i
gruppi, tutto accadde rapidamente. Gli Avengers scelti per il viaggio nel tempo
partirono per recuperare le Gemme e gli altri rimasero al quartier generale.
Con ogni probabilità non ci sarebbe stato molto tempo per lamentarsi ancora
visto che, se tutto fosse andato bene, la missione nel tempo reale non sarebbe durata più di qualche minuto.
Visione e Wanda erano
nella loro stanza, ma Bucky continuava a girare intorno a Strange, fissandolo
con uno sguardo che, provenendo da chi era stato il Soldato d’Inverno, non era
poi molto rassicurante.
“Tu sai già cosa
dovrà succedere, non è vero?” gli domandò alla fine.
“Sì, ma se lo dico
non accadrà” rispose lo stregone.
“Posso sapere,
almeno, se Steve tornerà… sano e salvo?” insisté Barnes, a disagio. In realtà
voleva che Strange lo rassicurasse sul fatto che a Steve non sarebbe accaduto
nulla di male, si sentiva inutile, proprio lui che per tanta parte della sua
vita normale si era preso cura del
compagno e adesso non poteva essere al suo fianco. Ma, in qualche oscuro modo,
il pensiero di Steve in un non meglio precisato passato gli aveva provocato un brivido. In quel passato Steve
avrebbe incontrato agenti dell’Hydra che si spacciavano per agenti dello
S.H.I.E.L.D. ed era quello il motivo per cui lui non aveva potuto andarci, ma
come avrebbe reagito Steve ritrovandoseli davanti? Bucky sapeva bene come
avrebbe reagito lui: non sarebbe
riuscito a trattenersi, avrebbe cercato di farli a pezzi e quindi Strange era
stato saggio a impedirgli di unirsi alla spedizione, ma Steve? Certo, Steve
sapeva controllarsi, sapeva quando era il momento di mantenersi lucidi e con i
nervi saldi, eppure… qualche anno prima, quando aveva visto anche lui i filmati
che mostravano i test e gli esperimenti effettuati dall’Hydra sul suo Bucky, ne
era rimasto sconvolto **. Steve era
un uomo buono, gentile, generoso, ma era anche il testardo piccoletto di Brooklyn che non sopportava i bulli e che era
disposto a farsi pestare a sangue pur di non darla vinta. Solo pochi anni prima
aveva abbandonato gli Avengers e si era messo contro il Governo americano (lui,
Captain America!), in opposizione agli Accordi di Sokovia, e aveva fatto tutto
questo per lui. Come avrebbe potuto comportarsi trovandosi di fronte gli uomini
che avevano fatto tanto male al suo compagno?
Steve aveva fatto
tanto per lui… avrebbe rischiato di compromettere una missione così importante?
Bucky non se lo
sarebbe mai perdonato.
“Barnes, il Capitano
ha dimostrato più volte di sapersi mantenere lucido anche nelle situazioni più
gravi” disse Strange, rispondendo alla sua domanda senza rispondere veramente.
“Se non ne fossi stato più che certo, avrei impedito anche a lui di partecipare
alla spedizione nel 2012.”
“Grazie” mormorò
Bucky, prima di lasciare la stanza.
Aveva capito. Strange
non poteva rivelare niente prima che accadesse, perché avrebbe rischiato di
compromettere la riuscita di tutto il piano, ma gli aveva detto abbastanza da
rassicurarlo.
Steve sarebbe rimasto
lucido e freddo di fronte agli agenti dell’Hydra e avrebbe compiuto il suo
dovere, sarebbe tornato con le Gemme e… sì, mancava sicuramente pochissimo
tempo al suo ritorno e a quello degli altri Avengers. Forse era addirittura
questione di secondi…
Peter si avvicinò
timidamente allo stregone.
“Lei ha risposto alla
domanda di Barnes, può rispondere anche alla mia?” chiese, con un filo di voce.
“Anche il signor Stark tornerà sano e salvo?”
Strange sapeva che
quel momento sarebbe arrivato. Poteva solo cercare di prendere tempo, quella era davvero una domanda alla quale
non poteva rispondere.
“Non hai bisogno
della mia risposta, tra pochi secondi saranno tutti qui e potrai vederlo con i
tuoi occhi” disse, cercando di evitare lo sguardo del ragazzo. “Anzi, credo che
stiano già tornando. Tuttavia dovrai tenerti pronto, perché non saranno i soli
a tornare dal passato… e questo sarà il momento in cui anche noi entreremo in
azione per aiutarli.”
“Allora ci sarà una
battaglia!” esclamò Peter, senza sapere se si sentiva più emozionato o
preoccupato.
“Sì, ma non saremo
soli. Saremo in tanti, saremo uniti. Adesso basta con le domande e prepariamoci
all’azione” tagliò corto lo stregone.
Sì, lui aveva
previsto tutto e sapeva perfettamente quello che sarebbe dovuto succedere. Lo
sapeva ormai da quasi due anni e sapeva che quella
era l’unica possibilità di far ritornare le persone scomparse, distruggere
Thanos e il suo esercito e salvare il mondo.
Era la sola
possibilità di vittoria nei quattordici milioni e seicentocinquemila scenari
che lui aveva previsto, ma nessuno avrebbe dovuto saperlo, altrimenti non
sarebbe mai accaduto e Thanos avrebbe prevalso.
Lui era l’unico
depositario di quel segreto e aveva accettato di esserne custode per tutto quel
tempo.
Il momento della
verità era ormai giunto.
FINE
* Qui mi autocito,
perciò se volete sapere perché Visione non è stato ucciso da Thanos e perché
possiede ancora un frammento della Gemma della Mente dovete leggere la mia long
fic ispirata a Infinity War: “Yo contigo tu conmigo”” xD
** Mi autocito di nuovo: la scena in cui Steve e gli
altri Avengers vedono i vecchi filmati girati dall’Hydra per documentare gli
esperimenti sulla forza e la resistenza del Soldato d’Inverno si trova in una
mia OS del 2015 intitolata “Undivided”.