Anime sconnesse

di annie01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sophie Casterwill ***
Capitolo 2: *** Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Sophie Casterwill ***


Molti anni prima
Il re degli dei siede cauto sul suo trono sorseggiando nettare dalla coppa d’oro, raffinatamente decorata con tralci d’uva. L’espressione è calma, ma in realtà è consumato dal tormento, e ne sono prova le tempeste che da giorni ormai stanno devastando il regno degli umani. Un battito d’ali infrange il silenzio dell’enorme stanza. “Mi ha fatto chiamare mio signore?” Chiede con un inchino Ermes, il messaggero degli Dei e il confidente di Zeus. “Dimmi, stavi ancora seguendo tuo figlio?” No ha bisogno di dire il nome, tutti sanno che c’è un solo mezzosangue che Ermes consideri come suo figlio. “Padre ha solo sei anni, non riaccadrà più.” “Ci sei affezionato perché la mortale con cui l’hai generato porta lo stesso nome di tua madre?” “No, è scaltro, abile nel combattere e nel rubare. Ha preso tutte le mie caratteristiche, forse un giorno sarà addirittura in grado di tele trasportarsi.” “E cosa ne pensi delle visioni dell’oracolo?” chiede Zeus, come per mettere alla prova il dio. “May è stata consumata dalla follia, neanche le Parche sanno cosa…” “Succederà? Lo so, il destino di tuo figlio è legato al suo, il che lo rende illeggibile.” “Quindi cosa facciamo?” Zeus si alza imperioso e ordina “Chiama Atena, abbiamo bisogno della dea della saggezza.” Ermes si avvia verso l’uscita con le ali dei suoi calzari svolazzanti ma si ferma, di fronte alla figura di sua sorella. “Sono già qui padre, sapevo mi avresti fatta chiamare, il momento sta arrivando.” Atena si avvicina al proprio trono, la tunica bianca innaturalmente rigida e l’elmo nella mano. “So che hai paura di lei.” Dice la dea. Ermes rimane fermo a mezz’aria mentre un tuono squarcia il cielo. “Di una ragazzina non ancora nata?” “Della donna che diventerà. Per questo la vuoi sull’Olimpo, dico bene?” Zeus cammina per la sala e mai era stato tanto agitato. “Potrebbe distruggere il mondo con un movimento della mano.” “E un essere del genere è meglio averlo come alleato che come nemico.” Dice a bassa voce il messaggero. “Morta. La cosa migliore sarebbe averla morta.” Consiglia la dea ma il padre emette un gemito sofferto. “Non possiamo alzare un dito dato che è la figlia di Poseidone. Non posso fare lo stesso errore che ho fatto con Ade.” “Lasceremo che lo faccia qualcun altro.” Insiste la donna. “Ma allora perché volete farla addestrare?” Chiede Ermes confuso. Atena tace, non sapendo la risposta, forse per la prima volta dalla sua nascita. “Figli miei, sapete quando l’Avatar sceglie un nuovo ospite?”  “Quando è in arrivo una guerra o una calamità naturale.” Risponde Atena. “Esatto. Dall’alba dei tempi l’Avatar ha usato il corpo dei mortali per proteggere la terra, mai aveva osato scegliere un mago o un mezzosangue, ma questa volta l’Avatar sarà figlio di una strega e di un dio.” “Vuol dire che sta arrivando qualcosa di terribile.” Realizza Ermes. “L’addestreremo noi, sarà il legame che unirà mondo magico e campo mezzosangue, e quando avrà svolto il suo dovere sarà facile schiacciarla.” Dice Atena. Zeus annuisce, approvando il piano della sua saggia figlia, ma Ermes in silenzio è turbato dalla mostruosità dei due. “Figlio mio, l’Avatar nascerà tra meno di una settimana, il 31 luglio. La madre pensa di aspettare solo un figlio, un maschio. Tu vai e porta la bambina in un orfanotrofio, voglio che cresca inizialmente come una mezzosangue qualsiasi. Quando avrà sei anni cominceremo l’addestramento. Per ora non fatene parola con nessuno. Gli unici che ne sono informati a parte voi sono Chirone e Albus Silente.”
 
 
Presente
Cammino dritta, infilando un piede dietro l’altro in silenzio nel corridoio buio, non voglio occupare più spazio del necessario. Con le mani sfioro le pareti estremamente vicine tra loro, sono fredde e dure al tatto e non hanno una superficie uniforme.  Una leggera corrente mi spinge a proseguire verso il bagliore dorato che si intravede in fondo. Non ci sono altre fonti di luce ma nonostante questo non c’è l’aria di un mostro. Un brivido mi attraversa e sento un potere antico e grottesco graffiarmi prepotente la schiena. Ti stavo aspettando figlia delle stelle. Sguaino la spada e inizio a correre finché un’ondata di acqua gelida mi colpisce in pieno viso. Mi tiro su a sedere frustrata e con la luce delle finestre che mi ferisce dolorosamente gli occhi. Me li copro con le mani e come una serpe mi rivolto alla persona che troneggia su di me e che per svegliarmi mi ha lanciato un secchio d’acqua. Non sono bagnata grazie alla natura di mio padre ma non è stato comunque piacevole. Guardo furente mio fratello che non si scompone. “Percy…” “Senti non prendertela con me, non ti svegliavi e hai richiamato la tua spada: pensavo volessi affettare il cuscino” dice e noto da Kumatos, la mia spada che giace a terra, che non sta mentendo. Quel sogno era terribilmente reale. Scosto le coperte rimanendo in pantaloncini e mi porto una mano a massaggiare la tempia. Percy si siede accanto a me con le mani che toccano gli intagli del legno che sorregge il letto a castello. Li avevamo fatti io e Luke in un pomeriggio dove la voglia di allenarsi era inesistente. “Hai fatto un incubo?” chiede e mi viene da pensare a chi sia in realtà il fratello maggiore. Dopo il suo arrivo al campo ero entusiasta di avere finalmente qualcuno vicino con cui condividere momenti di quotidianità, ma sono consapevole che è stato anche il motivo per cui l’ultimo brandello di rapporto che univa me e Luke è sparito. “Non sembrava un sogno, era più un messaggio.” rispondo. Non voglio dire a Percy che sono spaventata a morte dal pensiero di cosa possa essere. Figlia delle stelle. Che sia una forza così antica da conoscere persino l’origine dell’Avatar? No, Estia mi ha sempre detto che essendo eterna non ho mai avuto una nascita, ero una forza primordiale che nei momenti di difficoltà si incarna in una persona. “Era un sarcofago d’oro, vero?” mi chiede assorto. Mi volto a guardare il suo viso. È arrivato al campo un anno fa eppure ha già perso la sua innocenza. Ha visto tante cose, troppe per un ragazzino di dodici anni e dopo aver salvato l’Olimpo restituendo la folgore a Zeus è partito in un’impresa folle con Annabeth e Tyson alla ricerca del vello d’oro per salvare il campo. Sospiro “Non so cosa fosse onestamente, non ci sono andata abbastanza vicino ma dava l’impressione di essere qualcosa di raccapricciante.” mormoro. Percy annuisce “Io e Annabeth ti abbiamo mentito. Non siamo partiti con Clarisse, dopo aver incontrato Hermes siamo saliti su una nave: la Principessa Andromeda. All’inizio pensavamo fosse una semplice nave da crociera ma era comandata da Luke. Ci ha mostrato un sarcofago d’oro. È lui. Si sta ricomponendo.” La rabbia dilaga nel mio petto asfissiante, assumo un’espressione gelida e frustrata. Mi hanno mentito. Penso a Luke il mio amore, l’ombra costante delle mie paure e una parte di me non può far a meno di odiare mio fratello e la figlia di Atena. Se solo me lo avessero detto…Boccheggio mentre rifletto sulle parole da dire “Perché?” chiedo tremante. Percy soppesa il mio sguardo, forse valutando l’idea di mentirmi ma sa bene che me ne accorgerei così opta per la verità. “Chirone pensava che tu finalmente avessi ritrovato un equilibrio, che stessi andando avanti e mi ha chiesto di non dirtelo.” sussurra piano quasi avesse paura di risvegliare i miei demoni. “Non ne avevate il diritto.” dico fredda. “Lo so ma dopo il risveglio di Talia non me la sentivo di darti un altro motivo per soffrire.” prova a giustificarsi. Un altro motivo? Io e Luke avevamo affrontato l’argomento così tante volte che mi sembra assurdo il fatto che Percy pensi che io soffra per il suo ritorno. Le visioni del passato del figlio di Ermes mi sono bastate per capire che io e Talia non potremmo mai essere buone amiche ma so anche che Luke ama me e niente potrà cambiarlo. “Non posso credere che, per un motivo così stupido, abbiate messo a repentaglio la sua vita ancora di più.” dico e la mia mente viaggia lontana a quando Luke ha quasi ucciso mio fratello con uno scorpione degli abissi e in quel momento nessuno aveva creduto davvero alla possibilità che il signore del tempo potesse risorgere. L’abbiamo sottovalutato tutti, anche Chirone. Per recuperare quel sepolcro Luke è sceso nelle profondità del Tartaro, da solo, nessun semidio ha mai compiuto un’impresa del genere. “Per me conta più la tua felicità che la sua vita.” afferma con rabbia e per un attimo mi perdo nei suoi occhi verde mare all’improvviso violenti come una tempesta.  “Avresti dovuto dirmelo, sono l’Avatar e sono io a proteggere voi.” “Prima di essere l’Avatar sei mia sorella. Annabeth ha pensato che se lo avessi saputo avresti abbandonato il campo per cercarlo.” Resto in silenzio ferita da quanto io sia prevedibile “Non mi importa di cosa ha pensato Annabeth, forse conosceva Luke, ma se crede di conoscere me si sbaglia. Si, avrei lasciato il campo ma solo per riportarlo a casa.” Ribatto piccata alzandomi in piedi. “Non tornerà Sophie” “Di questo passo è ovvio che non lo farà.” dico per poi afferrare un paio di shorts e una vecchia maglietta del campo e sparire verso i bagni comuni. Lungo il tragitto satiri e driadi mi salutano ma il peso di sapere che quei tre hanno incontrato Luke e non hanno fatto niente mi oscura la mente. È abbastanza tardi e non c’è fila così entro nella prima doccia libera e cerco di scacciare la figura di Luke dalla mia testa con un getto d’acqua gelata. Dopo cinque minuti esco con i lunghi capelli che lasciano cadere pesanti gocce d’acqua sul pavimento, con un gesto secco della mano le faccio evaporare così come le altre centinaia che imperlano il mio corpo. Già asciutta mi infilo un paio gli shorts e la maglietta arancione del campo per poi uscire. Cammino svogliata e quando passo davanti alla cabina di Hermes fiorisce in me il tormento. Cosa avrei fatto se fossi stata io a salire su quella nave? Cosa farei se lo incontrassi? Probabilmente cercherei in tutti i modi di convincerlo ad abbandonare il suo folle piano e a tornare con me al campo. E se non ci riuscissi? Resterei con lui. No. Non metterei mai la vita di una sola persona davanti a quella del mondo intero. Anche se quella persona dovesse essere Luke. Il dubbio si coltiva nella mia mente e striscia insolente fino alla mia anima. Quei suoi occhi azzurri, a volte troppo freddi e duri. Faccio scorrere lo sguardo sul campo, i semidei corrono indaffarati in ogni parte, in lontananza i satiri intonano melodie con i flauti per far crescere le fragole e le nuvole come al solito girano attorno alla cupola che ci protegge. Ed è tutto così pateticamente monotono. Mi passo frustrata una mano tra i capelli neri. Cammino imperterrita verso la cabina tre fin quando un turbine dorato mi investe. “Ei Casterwill, faccelo un sorriso dai.” dice Austin Lake con gli occhi ironici e mettendomi un braccio attorno alle spalle. Le piume delle frecce nella sua faretra mi solleticano la pelle della scapola e alzo gli occhi al cielo. Non mi dispiace solitamente la sua compagnia, è l’unico tra i suoi fratelli a non essere stupidamente vanesio come il loro padre Apollo, tuttavia oggi non sono decisamente in vena. “Allora, ti vedrò oggi pomeriggio al poligono?” chiede. “Non credo, ho promesso a Clarisse che mi sarei allenata con lei.” mento. Austin emette un verso di disgusto. So che odia i figli di Ares ed è per questo che ho detto il nome di Clarisse, almeno non correrò il rischio che scopra la mia menzogna. “E se ti proponessi una passeggiata dopo cena? Salterei addirittura la canzone serale per te.” Prova ancora e sorride a tutti i ragazzi che gli lanciano delle occhiate d’intesa per il suo braccio attorno a me. Illusi. “Austin, fai un favore a te stesso: lascia perdere.” dico senza pietà e scostando il suo braccio. Rimane fermo, scottato dalle mie parole, mentre io mi allontano velocemente. Rientro nella mia cabina sbattendomi la porta alle spalle e lanciando il pigiama sul letto. Percy smette di lucidare la sua spada e mi guarda impassibile. “Sophie…” inizia ma lo fermo subito. Oggi non ce la faccio. “Percy, ti prego.” supplico sull’orlo di una crisi di nervi. Soppesa le mie parole e sembra cambiare argomento. “Tranquilla, volevo solo chiederti cosa avessi intenzione di fare nel pomeriggio.” dice e nel frattempo rinfila la spada nel fodero. “Non so, forse andrò alla casa grande a giocare a pinnacolo con Dioniso.” “Come fai a passare del tempo con quel tipo?” “Tra tutti gli dei è sicuramente il più umano.” dico perdendomi in ricordi lontani. “Nel caso cambiassi idea: prima è passata Clarisse e ha detto che ti aspetta nell’Arena alle quattro.” “Va bene ci penserò. Andiamo a pranzo?” chiedo. Non salivo mai al padiglione della mensa prima dell’arrivo di Percy. Trovavo incredibilmente frustrante dover essere l’unica a sedere da sola al mio tavolo. Questo è uno dei motivi per cui ho sempre pensato fosse inutile avere tavoli divisi a seconda del proprio genitore divino. Per le case aveva un senso, dubito che un figlio di Atena riesca a studiare con un figlio di Efesto a lavorare nei paraggi, ma costringere delle persone a stare insieme in momenti intimi come il pranzo e la cena è semplicemente deprimente. Non siamo una famiglia, i mezzosangue condividono tra loro solo la sfortuna di avere in comune lo stesso genitore divino, la maggior parte dei componenti di una stessa casa si odia tra loro; forse gli unici ad andare d’accordo realmente sono i figli di Ares ma è solo perché l’odio che provano verso gli altri è maggiore di quello che provano per loro stessi. Aspettiamo che tutte le cabine compongano una fila ordinata e ci vuole un bel po’ per aspettare la casa di Ermes. Ancora non capisco perché abbiano nominato Travis e Connors capi-cabina, già Luke aveva diverse difficoltà a coordinare la marea di gente che affollava la cabina 11, con loro due al comando la cosa non ha fatto che peggiorare. Tra gli ultimi c’è stranamente anche Annabeth, ma il mio stupore svanisce quando la vedo insieme a Talia. “Allora?” Chiedo a mio fratello al mio fianco, essendo in due non c’è bisogno di restare in fila. “Cosa?” “Come va con civetta e pigna?” Percy mi guarda male ma sorride. “Sembra che io non sia nemmeno qui, ormai il poco tempo che passiamo insieme è quando Annabeth mi insegna il latino. La cosa peggiore è che la prossima settimana abbiamo una missione tutti e tre insieme, ho paura che sarò inutile.” “Se Chirone vuole che anche tu vada, significa che sei necessario.” “Si ma, voglio dire, Talia è la figlia di Zeus, controlla i fulmini, ha l’egida e sa combattere al pari di Luke, Annabeth è la ragazza più intelligente e coraggiosa che io conosca, crea strategie di attacco in due secondi e ha un cappello che la rende invisibile, mentre io controllo un po’ d’acqua e uso a caso la mia spada.” “Un po’ d’acqua Percy? Sul serio? Tu non ti rendi conto di quanto sei potente. È ovvio che Talia sia una spadaccina migliore e sappia controllare meglio i suoi poteri, è cresciuta per strada a combattere centinaia di mostri al giorno. Datti tempo Percy.” “E se per colpa mia una di loro dovesse morire?” “Non credo che sarà una missione cos’ pericolosa e in ogni caso stai tranquillo. Se qualcuno mai ucciderà Talia, sarò io.” “La odi così tanto?” “In realtà è lei che odia me, non che mi interessi.” “Credo ci odi perché tu le hai portato via Luke e io mi sono avvicinato ad Annabeth.” “Può darsi, ma non è solo questo. È una cosa a pelle, un po’ come tra i discendenti di Ares e Atena. Non andremmo d’accordo neanche in un’altra vita.” Mento, in realtà i figli di Zeus e Poseidone si trovano in sintonia di solito, e ne è una prova il fatto che la seconda guerra mondiale venne combattuta da quest’ultimi contro i discendenti di Ade. Forse potremo essere amiche io e Talia se  solo non fossi colpevole di averle portato via l’amore della sua vita.
 
 
Due mesi prima.
Qualcuno bussa insistentemente alla porta. “Percy…vai tu.” Mugugno ancora assonnata e senza l’intenzione di alzarmi. Ma non c’è bisogno dato che Grover si precipita dentro la cabina senza aspettare. “Percy! Sophie!” Urla come se non fosse abbastanza l’avermi svegliata nel cuore della notte.  “Annabeth…sulla collina…lei…” Balbetta e deve essere qualcosa di terribile. Improvvisamente attiva scendo dal letto a castello senza preoccuparmi di indossare il pigiama. Percy si veste alla rinfusa mentre Grover continua sconvolto. “è distesa lì…è distesa lì.” Annabeth è di guardia al vello stanotte. Che Luke sia venuto per riprenderselo e l’abbia attaccata? No, non farebbe mai del male ad Annabeth, e poi lei è sveglia, non si sarebbe fatta cogliere così di sorpresa. Usciamo fuori e nel tiepido bagliore dell’alba vedo tutti correre impazziti. Si sta spargendo la voce. Chirone ci raggiunge al galoppo. “è vero?” chiede. Grover annuisce, ancora sconvolto. Mio fratello è confuso ma prima che possa ricominciare a correre Chirone lo solleva mettendoselo in groppa e io mi alzo in volo. Anche dall’alto riesco a vedere il bagliore dorato del vello e la piccola folla fa spazio per farmi atterrare. Annabeth, con l’armatura greca che luccica all’alba è inginocchiata accanto ad una ragazza svenuta. Tutti i turni per il Vello erano solitari e in tutti questi anni non mi è mai sembrato di aver visto questa ragazza. “Il Vello ha guarito l’albero, ma il veleno non è stata l’unica cosa che ha espulso.” Dice la voce esausta di Chirone. Annabeth ci corre incontro con lo sguardo di chi ha appena visto un fantasma, e a giudicare dalle voci che sento intorno a me, deve essere così. “è lei…lì, all’improvviso…” cerca di spiegare con le lacrime che le scendono lungo il volto. La prendo per le braccia, scuotendola. "Annabeth calmati.” Dico e non posso fare a meno di pensare a quella notte di tanti anni fa, quando nel buoi più totale lei, Luke e Grover erano arrivati al campo. Sono troppo impegnata ad occuparmi di lei che non mi accorgo di Percy saltare giù dalla groppa di Chirone, che gli grida agitato di non andare. Mio fratello si inginocchia accanto alla ragazza ed è ora che la riconosco. E non perché io l’abbia già vista, semplicemente ho sentito così tanto parlare di lei che mi sarebbe impossibile non farci caso. Corporatura snella, capelli corti e neri e uno stile punk, decisamente fuori moda. Nessuno si avvicina, alcuni per lo sgomento, altri per la paura. “Le servono nettare e ambrosia.” Dice Percy senza accorgersi di parlare al vuoto. “Muovetevi! Ma che vi prende, gente? Portiamola in Infermeria!” Grida, ma non si muove nessuno. La ragazza tossisce e si discosta da Percy. “Chi…” “Mi chiamo Percy, adesso sei al sicuro.” L’anticipa lui. “Ho fatto un sogno stranissimo.” “Va tutto bene.” “Sto morendo.” “No. Stai bene, come ti chiami?” Chiede, ed io, così come Annabeth, trattengo il fiato, sperando di non sentire la risposta. Sperando che non sia vero. Avercela intorno, doverle spiegare che il ragazzo che amava ha intenzione di distruggere il mondo, significherebbe riaprire una ferita che non si è ancora rimarginata del tutto. “Io sono Talia, figlia di Zeus.” Dice per poi alzarsi in piedi tremante. Quasi tutti si inginocchiano, tranne me, Annabeth e Chirone. Mio fratello la ferma per un braccio. “Hey aspetta, sei ancora troppo debole.” Ma Talia non ci fa caso, è ferma e guarda dritto davanti a se, Annabeth le rimane a pochi passi di distanza. “Sei viva. Miei dei, sei viva!” Esclama con le lacrime che ancora sorgano e l’abbraccia. La nuova arrivata la stringe a se, tirando un sospiro di sollievo. Quando si scosta si guarda intorno. Non fa caso alla folla che la circonda, perché sta cercando qualcuno, ma che non troverà. “Dov’è Luke?” Chiede ansiosa. Il respiro mi muore in gola e mio fratello si alza dicendo “è una lunga storia, ne parleremo dopo che ti sarai riposata.” “Non ditemi che è morto…” dice terrorizzata al solo pensiero e nei suoi occhi oltre alla paura vedo quell’amore che io piano piano ho rubato, facendomi sentire una ladra. Chirone le si avvicina cauto. “Ma no mia cara. Ora ti spiegheremo tutto, ma prima hai bisogno di cure.” “No, ho bisogno di Luke.” “Lui non c’è al momento, quindi facci il favore di andare in Infermeria.” Dico, forse troppo irriverente. Il silenzio cala attorno a noi, fatta eccezione per Grover che tossicchia imbarazzato. Una serie di scariche elettriche le girano attorno e mi punta addosso i suoi occhi blu, senza pietà. “E tu chi saresti per permetterti di dare ordini ad una figlia di Zeus?” Chiede, improvvisamente in perfetta forma. Sto per risponderle ma Chirone si mette letteralmente in mezzo a noi. “Lei è una semidea molto speciale, avremo tempo di parlare anche di questo, ma ora dovrai affidarti ai figli di Apollo. Vieni con me.” Dice, e la sua voce sembra un balsamo, perché la semidea lo segue, non prima di avermi squadrata per bene passandomi accanto. E quando penso di aver superato la radiografia lei si blocca con uno sguardo di stizza. “Dove hai preso quell’anello?” Chiede riferendosi all’oggetto che porto in una collana appeso al collo, indistinguibile per via dei due serpenti che vi sono incisi. “Un regalo del mio fidanzato.” Dico con Annabeth e Percy che mi guardano male. Che c’è? Tanto prima o poi dovrà saperlo. “Quell’anello apparteneva a Luke…” Dice estremamente confusa. “Beh, non ti resta che mettere insieme i pezzi.” Ribatto sarcastica. Sembra rifletterci e quando ci arriva, scoppia ridere. Che sia impazzita per il dolore? “Luke non mi avrebbe mai tradita con una come te.” Afferma e io non so se sentirmi offesa o stupita dalla sua pretesa che il figlio di Ermes l’aspettasse in eterno. “Sai non sapevo che anche agli alberi potessero crescere le corna.” Rispondo con un finto sorriso. Lei si sfiora il bracciale, che diventa l’Egida, quel terribile scudo che Atena aveva regalato a suo padre Zeus. Io, per tutta risposta plasmo nella mia mano una palla di fuoco. “Se credi che io abbia paura di una misera figlia di Efesto, ti sbagli.” Provoca lei. “Tu non puoi neanche immaginare chi hai di fronte.” Dico, preparandomi ad attaccare, ma all’improvviso un soffio di vento disperde le fiamme e l’Egida si disattiva, ritornando un innocuo bracciale d’argento. Da dietro un albero, compare Dioniso, che si avvicina a noi. “Voi donne siete tutte uguali. Sempre a disperarvi e litigare per uomini che vi abbandonano, spero che un giorno capirete come mia moglie Arianna.” A queste parole, Talia si inginocchia. “Divino Dioniso.” Lui sembra piacevolmente sorpreso e compiaciuto ma la fa rialzare “Oh non c’è bisogno cara, qui sono poco più di un insegnante per colpa del nostro amato padre.” “Fratello, sai dirmi dove si trova Luke Castellan?” Insiste e lui coglie al volo l’occhiata del centauro. “Brutta storia, ma sarò lieto di raccontartela se mi seguirai in Infermeria.” Lei acconsente e lo segue accompagnata da Chirone. Faccio per seguirla insieme a mio fratello ma Annabeth ci blocca. “Hai già fatto abbastanza, forse è meglio che torni alla tua cabina. Anche tu Percy.” Sussurra amareggiata. Io la guardo con rabbia allontanarsi, con i suoi capelli biondi che catturano le luci mattutine. “Cavolo, sarà un triangolo più bello di quello tra Menelao, Afrodite e Paride.” Dice una figlia di Afrodite. “Forse Sophie è stata un po’ esagerata a rispondere in quel modo, d’altra parte Talia si era appena risvegliata da un limbo simile alla morte.” Sussurra uno. “Sembra assurdo, comunque che Luke sia stato con due ragazze così diverse tra loro.” Dice un altro. Le innumerevoli voci che mi circondano hanno il potere di irritarmi a un punto tale che da me si irradia un campo d’energia che piega gli alberi fino a un chilometro di distanza. “Stai bene?” chiede ingenuamente mio fratello. Oh certo, a meraviglia. “Già la odio.”

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Capitolo 2
*** Hogwarts ***


Bisognerebbe ricominciare dall'inizio ogni giorno. Dirsi addio e perdersi di vista. E poi subito cercarsi e ritrovarsi. Bisognerebbe vivere soltanto di inizi. Come due sconosciuti, che si hanno senza aversi mai del tutto. 

Siedo annoiata sul mio letto mentre osservo mio fratello lucidare, con cura maniacale, la sua spada. "Percy, se non sarai pronto tra dieci minuti, andrò a fare colazione senza di te." Non che sia un'abitudine per me fare colazione, ma oggi mi sono svegliata con una strana voglia di pancake, e poi prima di pranzo abbiamo una partita a caccia alla bandiera. Nell'altra squadra c'è Talia, il che significa che non avrò pietà pur di vincere. "Lo so, scusa, è che voglio che sia tutto perfetto per la partita." Balbetta facendomi ridacchiare. "Non è con una spada più lucida che vincerai. Resta concentrato e attieniti al mio piano. Vedrai che vinceremo contro quella stronza." Non c'è bisogno che io dica il nome, e poi i nostri sentimenti verso la figlia di Zeus sono molto simili. Sembra convinto, così smette di torturare spada e armatura e mi segue fuori, ma sono completamente distratta, tanto da finire addosso a Grover. "Ahi, mi hai dato la scossa." Si lamenta il satiro massaggiandosi il braccio peloso. "Vuoi venire a fare colazione con noi?" Chiede Percy, non che abbia molto senso dato che al massimo Grover si nutre di mele e lattine. "Si, va bene, ma in realtà ero venuto a chiamare Sophie, Chirone e Dioniso ti aspettano nella Casa Grande per una cosa molto urgente." Miei dei, per una volta che avevo voglia di fare colazione. Sbuffo. "Per forza ora?" Chiedo, non volendo rinunciare ai pancake. Lui muove inquieto gli zoccoli. "Il signor D è stato piuttosto categorico." Sussurra e so che se non mi dovessi presentare la colpa ricadrebbe su di lui, come al solito. "E va bene, vado. Voi salite, poi vi raggiungo. Percy, non ti ingozzare o dopo non riuscirai a correre. Grover, controlla che non si ingozzi per favore." Il satiro mi fa il saluto militare mentre mio fratello incrocia le braccia al petto e borbotta. "Non ho bisogno di essere controllato." Liquido entrambi con un gesto della mano e vado verso la Casa Grande. Chissà di che si tratta, addirittura da non poter aspettare il pomeriggio. Entro nell'edificio a due piani, un po decadente e subito nell'ingresso ci sono Chirone, con il corpo equino confinato nella sedia a rotelle, e il signor D, con in mano una lattina di Diet Coke, ma stranamente in piedi e non sbracato sulla poltrona. "Buongiorno, cara." Mi saluta, scuro in volto il centauro; brutto segno. M'indica una busta bianca, con un sigillo rosso, chiusa, sul tavolo, a cui non avevo minimamente fatto caso. "Per me?" Chiedo ingenuamente e loro annuiscono. Il sigillo mostra la lettera acca finemente decorata. L'apro cauta. 
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Preside: Albus Silente (Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed, Internaz, dei Maghi)

Cara sig. Casterwill-Jackson abbiamo bisogno di lei. La preghiamo di presentarsi il prima possibile. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie. 

Distinti saluti, Minerva McGonagall, Vicepreside.

Leggo di sfuggita il secondo foglio, e intravedo cose come bacchette, calderoni, rospi e una lista infinita di libri di testo. Riduco istantaneamente la pagina in cenere. Chirone mi guarda contrariato. "Ricordi cosa ti dissi quando Ermes ti portò qui al campo a dieci anni?" "Si, ma ora la mia priorità è un'altra. Quando avrò risolto le cose qui, magari andrò ad aiutarli." "In questo momento sono loro la tua priorità, sono anche loro la tua famiglia, hai un fratello lì." Insiste Chirone. "Mia madre è Afrodite e i miei unici fratelli sono Percy e gli altri figli di Poseidone." Lui si avvicina con la carrozzina. "Tua madre è Lily Potter, e quella è la tua gente. Se l'Avatar si è reincarnato nella figlia di un dio e di una strega significa che devi aiutare entrambi. Mi sono scambiato in questi anni delle lettere con Silente, è un uomo saggio e non avrebbe mandato questa lettera se la situazione non fosse critica. La loro è una scuola al pari di una mortale, non sono addestrati ad affrontare forza oscure come noi. I mezzosangue possono cavarsela per ora, loro hanno bisogno di una guida ed è il tuo destino esserla." "E Luke?" Chiedo tremante. Lui abbassa lo sguardo. "Anche per questo ti chiedo di partire al più presto, non saresti di alcun aiuto. Ho bisogno che ti liberi la mente prima che scoppi una guerra vera e propria. E sai bene quanto me, che la guerra sarà contro il figlio di Ermes." Deglutisco, ma impotente accetto. In quanto Avatar sarò sempre costretta a mettere il mondo prima di me stessa. "Bene, vado a fare le valigie." Dico lapidaria ed esco cercando di non incontrare i loro sguardi. Nel tragitto che mi porta alla cabina tre cerco di imprimermi ogni dettaglio del campo mezzosangue, dalle aiuole della casa di Demetra fino al più piccolo filo d'erba. Cose della vita di ogni giorno, che tanto davo per scontate, chissà quando avrò la possibilità di rivederle. Materializzo una valigia, dato che non ne avevo mai avuto bisogno e ci butto dentro poca roba, tanto posso creare qualsiasi cosa di cui ho bisogno. Sto per chiuderla ma la cerniera s'inceppa. Com'è possibile? Una valigia magica non dovrebbe farlo. Mi abbasso per capire il problema ma noto subito un bigliettino attaccato alla lampo. σώσε τον γιο μου. Salva mio figlio. So bene chi è il mittente. Serro la mascella, ignorando le lacrime agli occhi e la frustrazione è tale che comincio a prendere a pugni la valigia. "Non stressarti o ti verranno le rughe." Sussurra una voce calda alle mie spalle ma non ho bisogno di girarmi. "Non è il momento Apollo." Una luce mi acceca gli occhi. "Non credi che la valigia sia molto meglio rosso fuoco? Proprio come la mia macchina, ancora ti ci devo portare a fare un giro. Tanto ora che sei immortale ho il permesso di tuo padre." Mi alzo in piedi, pronta a fronteggiarlo. "Il permesso lo devi chiedere a me e in ogni caso la risposta sarebbe no. Punto secondo: riporta la valigia al suo colore. Punto terzo: sparisci." Soffio isterica ad un centimetro dal suo viso angelico, tanto bello quanto odioso. Mi fissa con i suoi occhi azzurro cielo e sorride, mostrando i denti di un bianco innaturale. "Altrimenti?" Chiede facendosi ancora più vicino e sfiorandomi, con una mano, il collo.   "Altrimenti, penso che ben ricorderai che di voi dei posso fare ciò che voglio ormai. Neanche i dodici Olimpi insieme sarebbero in grado di fermarmi." Ribatto altezzosa, non sono una che abusa dei suoi poteri e infatti durante l'addestramento qui al campo m'impongo da sola di non usarli, ma Apollo riesce a scatenare dentro di me una serie di sentimenti negativi, che mi portano a volergli sempre dimostrare che non sono una stupida ninfa, e che con me non può permettersi di giocare. Per tutta risposta lui mi scosta una ciocca di capelli e si avvicina languido al mio orecchio. "In realtà tutto ciò che ricordo di quei giorni erano le lezioni con l'arco e delle stupende notti passate insieme." Con una spinta lo scosto via da me ma non sembra offeso, anzi si limita a ridacchiare. "Ero solo una bambina." "Oh, non ti azzardare a farmi la morale come Artemide, avevi dieci anni ma si può dire che, per la tua natura divina ne avessi sedici, o a quell'età non avresti già avuto il seno che hai ora. A proposito mi manca, era così bello dormirci sopra." "Sparisci prima che ti uccida." Dico facendo materializzare Kumatos nella mia mano. Il dio mi gira intorno squadrandomi senza ritegno e con desiderio palpabile. "Sarai anche più potente, ma sono immortale quanto te." Sorrido maligna. "Vero, ma vediamo quanto ti piace una spada nello stomaco." Dico slanciandomi in un affondo, tuttavia il dio del Sole sparisce in tempo e la punta della mia spada finisce ad un centimetro da mio fratello con Grover che mi guarda terrorizzato. "Te la sei presa perchè non ti abbiamo aspettato?" Chiede Percy, facendomi ridere. "Certo che no, è solo che c'era...niente lasciamo perdere. Spero tu abbia mangiato i pancake anche per me." "Si, blu." Dice fiero e io alzo gli occhi al cielo. "Perchè c'è una valigia là?" Chiede indicando il bagaglio, che per fortuna è di nuovo nero e chiuso. "Percy..." Provo ma non trovando le parole. Lui si siede afflitto sul letto mentre Grover rimane impalato all'ingresso. "Non dirmi che te ne vai? Per andare dove poi? Tu non hai una famiglia,a  parte me e Sally." Le sue parole mi fanno più male del previsto ma lascio perdere, sono sicura non le abbia dette con cattiveria. "Percy ascoltami un attimo. Ci sono delle cose che dovresti sapere. Non sono immortale perché sono l'Avatar, lo sono perché mia madre non è una mortale come la tua, ma una strega, discendente di Ecate. Ho più sangue divino rispetto ad un semidio: mentre voi per diventare immortali dovete compiere strabilianti imprese, a me ne è bastata una. Tuttavia seppur in minor parte ogni progenie di Ecate conserva il poter della madre, talvolta saltando qualche generazione ed è cosi che sono nati i maghi e le streghe, che proprio come noi hanno vari centri per addestrare i più giovani. In una di queste scuole, in Inghilterra, che si chiama Hogwarts, c'è l'altro figlio di mia madre, che ha circa la tua età ma ovviamente lui non sa nulla di me o dei semidei. Purtroppo come noi, anche loro hanno dei nemici potenti e Zeus ha paura che si possano alleare con i nostri, così ha preferito addestrare  me in modo da creare un legame tra le due parti ed in caso allearci a nostra volta."  Spiego, nella speranza di essere stata abbastanza chiara. Percy resta in silenzio per almeno cinque minuti per poi dire. "Come è possibile che dei discendenti alla lontana conservino ancora parte dei poteri di una divinità?" "Non lo so Percy, non conosco questo mondo, ed è per questo che devo andare via. Devo capire le loro capacità e se effettivamente possano darci una mano." "No, è...è un peso troppo grande, anche per l'Avatar, e poi perchè un titano dovrebbe cercare appoggio in un mago? Un titano sconfiggerebbe Ecate in tre secondi, figuriamoci un suo lontano discendente." Ribatte lui, alzandosi in piedi e cominciando a fare avanti e indietro. "Infatti il problema è nel caso in cui decidano di attaccare il loro mondo, la loro è una scuola, un semplice college con altre materie, non sono addestrati come noi, non saprebbero come difendersi se un titano li dovesse attaccare, ma d'altra parte come noi non sapremo difenderci se una squadra di maghi dovesse attaccare il campo." "Il bronzo celeste riflette la magia." "Lo so, ma non sappiamo come combattono, Percy ti prego cerca di essere comprensivo." "Mi dispiace non ci riesco, la trovo una cosa senza senso, ma se questo è il volere di Zeus, ben venga. Quando parti?" "Ora, posso prendere Blackjack?" Chiedo ma si fa scuro in viso. "Non puoi aspettare dopo la partita?" "Preferirei andarmene mentre tutti sono occupati." Spiego, morendo dai sensi di colpa. Ce la farà da solo? Si, Percy è forte. Inglobo la valigia in una sfera d'aria e ci avviamo verso le stalle. Appena ci vede Blackjack scalpita. "Dove si va capo?" Chiede a mio fratello, che tuttavia nega mentre gli accarezza il manto nero. "Non sono il tuo passeggero oggi."Ribatte amareggiato, il tutto nella mia testa, come se il comunicare con i cavalli fosse tramesso su un'altra piattaforma. Lui nitrisce emozionato, mi adora. "Dove andiamo principessa?" "Oggi molto lontano, sei pronto per un bel volo?" "Sono sempre pronto per te." Sorrido e gli salgo in groppa, cercando di evitare inutile smancerie che farebbero solo rattristare di più mio fratello. "Mi mancherai Sophie." Dice Grover, tirando su con il naso. Oh no, ti prego. "Anche tu capretta, e mi raccomando tieni d'occhio mio fratello. Percy, fai vedere a quella chi comanda, allenati e prima che tu te ne accorga sarò di ritorno. Annuisce poco convinto. "Beh, fammi sapere poi come sono questi maghi." "Certo, ciao ragazzi." Saluto per l'ultima volta e sprono Blackjack ad alzarsi in volo.

Arriviamo a questa famosa Hogwarts praticamente di notte, ma ciò che si presenta ai miei occhi è uno spettacolo mozzafiato. Un castello imponente, con mille luci, si staglia all'orizzonte sulle rive di un lago. Guardo l'orologio e sono le otto, chissà cosa fanno i maghi a quest'ora. Atterro nell'immenso e deserto cortile, sarà ora di cena dato che non c'è nessuno in giro. Saluto Blackjack dopo averlo più volte ringraziato ed essermi scusata per il lungo viaggio. Controllando le correnti mi sparo in faccia un getto d'aria, dato che sto morendo di caldo, ed è solo il trenta settembre. Mi guardo intorno. Cosa dovrei fare? Non so nemmeno da dove si entra. Continuo a girare fin quando un ramoscello spezzato non attira la mia attenzione. Sguaino Kumatos e mi metto in posizione di guardia, sarà pure una scuola ma la prudenza non è mai troppa. Fortunatamente, anche se deserto, il cortile è ben illuminato e non mi è difficile scorgere in lontananza un uomo alto e imponente, con lunghi e arruffati capelli scuri. Non può essere sicuramente umano, dev'essere a metà tra un gigante o forse un iperboreo sotto la foschia. Scatto verso di lui e gli punto la spada al collo. "Crono ti ha ordinato di seguirmi fino a qui non è vero? Rispondi!" Ordino pungolando sulla giugulare. L'omone si limita ad alzare le mani e a farfugliare qualcosa di decisamente poco chiaro. Sto per infilzarlo quando la voce di una signora mi blocca. "Signorina Potter, si fermi!" Una strana signora vestita con una strana tunica corricchia verso di noi con in mano un bastoncino, ma è sempre bene non fidarsi così rivolgo la mia arma verso di lei. "Cos'è l'oggetto che ha in mano?" Chiedo alterata. "Questo è un oggetto sicuramente più pacifico dell'arma contundente che ha lei. Se potesse farmi il piacere di posarla, sarei poi lieta di accompagnarla nel castello e presentarla agli studenti." I suoi occhi azzurri scintillano ma non mi faccio intimorire. "Cosa ci fa un iperboreo qui?" Chiedo riferendomi all'uomo ma ritirando la spada per il momento. "Non so cosa sia la creatura di cui parli, ma lui è Hagrid, un mezzogigante e il nostro fedele guardiacaccia. La prego di non minacciarlo mai più e ora mi segua." "Chi è lei?" "Io sono Minerva McGranitt, professoressa di trasfigurazione e vicepreside di Hogwarts. Viene?" Insiste e alla fine, ancora piuttosto turbata, la seguo attraverso l'immenso cortile e ci fermiamo davanti al portone. Agita il pezzo di legno, che deduco essere una bacchetta, contro di me e noto la scritta 'campo mezzosangue' ridursi a 'campo'. "Vede, la parola mezzosangue nel mondo magico ha un significato molto diverso dal suo e preferirei che i primi tempi la nasconda. Ora entreremo e il cappello parlante stabilirà la casata a cui apparterrà per il resto dell'anno."  La guardo dubbiosa e profondamente in disaccordo, con uno schiocco delle dita faccio tornare la mia maglietta normale. "Vi ho già fatto il favore di venire, se resterò qui sarà alle mie condizioni, mentre per quanto riguardo il resto, non lascerò decidere la mia posizione per il resto dell'anno ad un cappello. Deciderò io le mie parti." Lei mi guarda corrucciata, e leggermente sorpresa dai miei poteri ma si vede che non gradisce il mio tono. "Molto bene per ora,  ne parlerà con il preside Silente." Dice per poi aprire il portone ed entrare. Nulla di diverso rispetto al campo mezzosangue, sembra il padiglione della mensa, ma al posto di esserci undici tavoli, ce ne sono solo quattro, chissà in base a cosa sono divisi loro. A quanto vedo dalle tovaglie e dal vestiario ci sono quattro colori predominanti: rosso, blu, giallo e verde. Spero solo che non si dividano in base al loro colore preferito. Tutti si girano a guardarmi curiosi e colgo le supposizioni dei tavoli centrali. "Avete visto il bagliore dorato? Sarà anche lei una Veela?" "Forse è una studentessa di Beauxbatons in ritardo?" "Dal portamento direi più Durmstrang." Verso la metà noto due tavoli estranei agli altri, con ragazzi e ragazze con delle divise molto diverse. "Campo mezzosangue? Magari viene da una scuola a cui possono accedere solo i mezzosangue, sarebbe molto meglio per tutti." In fondo ci fermiamo davanti ad un tavolo messo in orizzontale e rialzato, che credo essere quello dei professori, considerando l'età palesemente avanzata. Con mio grande stupore a partire dall'uomo al centro, con una lunga barba e capelli bianchi, si alzano tutti facendo un inchino a mezzo busto. Poi sempre quest'ultimo si avvicina verso di noi e prendendomi per mano, mi gira davanti al resto egli studenti. Fortuna che non sono mai stata una ragazza timida. "So che è una sera piena di notizie fondamentali, ma innanzitutto vi invito ad alzarvi e a porre il giusto rispetto che si deve all'Avatar, Sophie Casterwill." Tutti lo fanno, alcuni immediatamente, altri più riluttanti. "Dopo gli eventi accaduti alla coppa del mondo di Quidditch e l'abbassamento delle misure di sicurezza per via del Torneo Tremaghi abbiamo preferito chiamare un aiuto. L'Avatar, come sono sicuro saprà spiegarvi meglio domani la professoressa McGranitt, è una creatura straordinaria, figlia di un Dio e di una strega, dotata di poteri che vanno oltre la vostra immaginazione, ma poichè in prima persona so quanto sia difficile credere a queste parole chiederò a Sophie di farvi una dimostrazione. Te la senti mia cara?" Chiede poi rivolgendosi a me, come se ora potessi rifiutarmi dopo tutte queste premesse. Tuttavia non sono in vena di grandi dimostrazioni così mi limito a creare un fulmine che ha comunque il potere di lasciarli a bocca aperta, alcuni addirittura si mettono ad applaudire come se i miei poteri fossero roba da circo. "Direi che è sufficiente. Ricordo ancora a voi tutti che il termine ultimo per mettere il proprio nome dentro al calice è il 31 ottobre, tra un mese. Ora, credo sia il momento di andare a dormire, buonanotte a voi tutti. Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley siete pregati di venire immediatamente nel mio ufficio." Al primo nome mi manca un battito. Sto per incontrare mio fratello. Silente mi fa cenno di seguirlo e io obbedisco, nonostante il sorriso sereno e il buon temperamento incute comunque un certo timore. Percorriamo varie scale, e noto affascinata come non sappiano stare ferme, così come i protagonisti dei quadri. "Si abituerà presto." Dice Silente, continuando a camminare dritto finchè non si ferma davanti ad una scala a chiocciola protetta da due gargoyles di pietra, a cui sussurra qualcosa di incomprensibile. Saliamo le scale ed entriamo in un raffinato studio, pieno di oggetti magici di ogni genere, disposti in ordine su tavoli e mensole. Accanto alla sedia del preside è presente un trespolo, sulla sinistra una specie di pozzo e, adagiato su un mobile basso un vecchio cappello. "La professoressa McGranitt mi ha detto che vuoi decidere da sola la tua posizione." Annuisco. "Molto bene, lascia almeno che ti spieghi come funziona qui ad Hogwarts. Il centauro Chirone mi ha riferito che nel luogo da cui provieni siete divisi in case, secondo il vostro genitore divino, noi non teniamo conto della discendenza, preferiamo piuttosto seguire le attitudini dei nostri studenti. Cappello?" Mi giro a guardarlo e uno strappo vicino al bordo si spalanca come una bocca, iniziando ad intonare una canzone. "Forse Grifondoro la vostra via, culla dei coraggiosi di cuore: audacia, fegato, cavalleria fan di quel luogo uno splendore. O forse è Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale: qui la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale. Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, se siete svegli e pronti di mente, ragione e sapienza qui trovan linguaggio che si confà a simile gente. o forse a Serpeverde, ragazzi miei, qui troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei, che qui raggiungono fini ed onori!" Una volta finito, lo strappo si ricuce, tornando ad essere di nuovo un polveroso cappello a punta. "Qui i colori che prima ho visto nella Sala, non sono altro che le quattro...?" "Casate. Si, è corretto. Rosso per Grifondoro, giallo per Tassorosso, blu per Corvonero e verde per Serpeverde. Allora, pensa di essere in grado di scegliere?" Ci rifletto per un momento, quanto dovrò stare qui? Sicuro non più di un anno ma potrebbe rivelarsi un anno infernale se scelgo male i miei compagni. "Dove si trova Harry Potter?" Chiedo anche se in realtà la risposta non influirebbe sulla mia, già presa, decisione. "Tuo fratello è un valoroso Grifondoro, così come lo era tua madre e il padre di Harry." "La prego, la chiami per nome, mia madre è Afrodite." "Purtroppo, ho imparato a mie spese, che i legami familiari non si possono recidere od ignorare, ma sento che saprai capirlo da sola. Per quanto riguarda la casata?" "Non sceglierò, immagino vada contro le regole, ma come ho già detto alla vicepreside resterò qui alle mie condizioni. Ed una di queste è di scegliere da sola e nel corso del tempo i miei compagni. In ogni caso, non sono qui per studiare, motivo per cui non ho preso alcuna cosa del materiale della lista, ma per difendervi e per scoprirne di più sulle forze che sembrano minacciarvi." "Molto bene, signorina Casterwill, scelta interessante, ma comprensibile." Sembra voler aggiungere qualcosa ma viene interrotto dalla Mcgranitt che scorta dentro tre ragazzi. La prima,una ragazzina dai ricci e crespi capelli castani, e da grandi occhi color nocciola, mi porge subito la mano. "Hermione Granger." Dice con un sorriso cordiale, ma già trovo insopportabile la sua voce. Dopo è il turno di un ragazzo molto alto, dai capelli rossi e chiari occhi azzurri, le lentiggini risaltano sulla sua pelle lattea. Risulterebbe bello se non fosse per l'aria da pesce lesso. Mi stringe piano la mano e non c'è cosa che potrei odiare di più. "Ron Weasley." Ed infine si fa avanti la mia più grande curiosità, uno dei motivi per cui ho accettato questa stupida idea di allearci ai maghi. Mediamente alto, capelli neri scompigliati e profondi occhi verdi dietro il vetro degli occhiali. Se non fosse per questo particolare assomiglierebbe prodigiosamente a mio fratello. Mi porge la mano ma io lo anticipo. "Harry Potter." Sussurro piano e lui sembra sorpreso. Trattengo la presa più a lungo ma non sento quel legame così familiare che ho con Percy. Hermione mi guarda perplessa mentre Ron sembra ammaliato dal bagliore dorato che mi circonda. Rimaniamo in un silenzio piuttosto imbarazzante, rotto solo da Silente che fa comparire quattro sedie e ci invita a sedere, mentre la McGranitt rimane in piedi dietro di noi. "Harry, non vorrei darti anche questo peso ma è giusto che tu sappia. Sophie è l'Avatar, protegge la Terra dominando gli elementi ed è il ponte tra questo mondo e quello degli spiriti, nonchè figlia di un dio e di una strega, e tua sorella." Dice il preside, cercando di farla più breve possibile. Sorellastra vorrei correggere ma resto in silenzio, così come gli altri, che non sembrano aver afferrato il concetto. "Quindi il padre di Harry era un dio? Ma di che dei stiamo parlando? E soprattutto come è possibile che abbia perso contro lei-sa-chi?" Inizia a chiedere Hermione, che a questo punto mi sembra evidente, sia l'unica sveglia e intelligente del gruppo. "Harry e Sophie hanno in comune solo la madre." Spiega dolcemente la donna alle nostre spalle. Ron emette un gemito strozzato mentre Harry sembra finalmente riscuotersi. "No, mia madre amava mio padre, non lo avrebbe mai tradito." Alzo gli occhi al cielo. "Mio padre è Poseidone, dio greco del mare e dei terremoti e gli dei si prendono sempre ciò che vogliono. Non è detto che tua madre fosse d'accordo." Hermione mi guarda inorridita. Ok, forse ho fatto una pessima scelta di parole, così l'ho trasformato in uno stupro, anche se in effetti non è troppo lontano dalla verità. "E che razza di dei sarebbero?" Chiede il rosso e un tuono si propaga nel cielo. "Innanzitutto stai attento a come parli, comunque non è di certo il vostro Dio, per quello bisogna entrare in argomenti che non mi competono. Io sono qui per parlarvi di entità, che, proprio come me, hanno il potere di controllare i più vari aspetti della nostra vita. Dai terremoti alle inondazioni fino ad arrivare alle emozioni, come l'amore e la paura." Hermione mi guarda attenta e la sua bocca si apre, pronta a rovesciarmi addosso miliardi di domande ma viene interrotta da Harry. "Tu sapevi della mia esistenza vero?" Chiede con un tono accusatorio che decisamente non mi piace. Annuisco. "E non ti sei mai preoccupata di sapere come stessi?" Sta forse cercando di farmi sentire in colpa? Ha decisamente sbagliato persona. "Il luogo da ove vengo io, il campo mezzosangue, non è una scuola, lì veniamo addestrati a combattere e ogni giorno ci confrontiamo con mostri di ogni genere per tenere al sicuro le persone. Sinceramente non ne ho avuto il tempo." Spiego ed alla fine è la verità. Sull'Olimpo mi avevano accennato al fatto di avere un fratello, ma tra l'addestramento, il campo, Luke, lo stato dell'Avatar e la profezia di Percy, conoscerlo era davvero l'ultima delle mie priorità. "Bene, neanch'io ho il tempo per conoscerti ora, Professor Silente, professoressa McGranitt, con permesso noi andremo. Buonanotte." Dice ferito e si alza, seguito dagli altri due. Silente è sul punto di dire qualcosa ma lo interrompo alzando la mano. "Non ce n'è bisogno, non è mio fratello e non sono qui per lui. Piuttosto vorrei sapere quali sono le questioni così urgenti che vi hanno portato a chiamarmi." Il preside mi scruta con i suoi occhi azzurri e percepisco che non si fida molto di me. "Quattordici anni fa, tuo fratello, per motivi ancora poco chiari, è riuscito a fermare l'avanzata del mago oscuro più grande di tutti i tempi, tuttavia sappiamo con certezza che è ancora vivo e temiamo possa tornare con alleanze ben più forti delle precedenti. Chirone mi ha informato che anche voi avete una guerra in corso." Mi mordo le labbra. "La nostra non è una guerra, dobbiamo solo riportare a casa un nostro amico." I suoi occhi emettono un guizzo e mi sorride bonariamente. "So già che farai il possibile per aiutarci, ma vorrei che instaurassi un buon rapporto con Harry. Per quanto riguarda l'alloggio, data la tua scelta, abbiamo preparato una stanza singola nei dormitori femminili di Grifondoro a cui ora ti scorterà Minerva." Annuisco. "Va bene, ma penso che andrò da sola per familiarizzare con l'ambiente." Sto per avviarmi ma la voce della McGranitt mi richiama. "Le sconsiglio di andare da sola, come deve aver notato alle scale piace cambiare." Le faccio cenno di aver capito ma vado comunque da sola, senza preoccuparmi dei bagagli, che staranno sicuramente già lì. Settimo piano, torre ovest. Quanto potrà essere difficile?

Queste cazzo di scale, ma perché si devono muovere? Che problemi avevano quelli che hanno fondato questo maledetto castello? Neanche a pensarlo e la rampa dove mi trovo ora gira su stessa portandomi al corridoio sul alto opposto. Guardo il fine orologio che mi ha regalato Tyson quest'estate e segna quasi mezzanotte. Sto vagando da quasi dure ore e non so a che piano e ne tanto meno in quale parte mi trovo.  Immersa nel cercare un modo per capire dove andare vengo colta di sorpresa da una voce alle mie spalle. "Stai violando il coprifuoco." Non mi giro, sono talmente frustrata che potrei uccidere qualcuno ma lo sconosciuto mi prende per un braccio e mi fa voltare puntandomi poi in faccia una luce accecante. Emetto un gemito infastidito e il ragazzo mette subito giù la bacchetta per poi fare un inchino a mezzo busto. "Perdonami non sapevo fossi tu." Alzo gli occhi al cielo. "E tutta questa paura da dove viene, non sai nemmeno cosa sono in grado di fare." Lo osservo meglio. Alto, fisico asciutto, occhi e capelli scuri. Ordinario. Non sapendo cosa fare si presenta. "Cedric Diggory, prefetto di tassorosso, ti sei persa?" Chiede premuroso. Che dunque tutti i tassorosso siano gentili? "Sophie Casterwill e si, mi sono persa, potresti accompagnarmi alla torre di grifondoro?" Lui sembra rifletterci su. "Vedi Sophie col tempo capirai che le scale non si muovono a caso, il castello imparerà a conoscerti con gli anni e ti porterà dove sa che devi andare. Se io mi dovessi avvicinare alla zona ovest è molto probabile che la scale ci portino da tutt'altra parte." Continuo a chiedermi chi cazzo abbia avuto l'idea di fare delle scale dotate di cervello. Sbuffo. "Bene, quindi cosa dovrei fare? Dormire sul pavimento?" Chiedo facendolo ridere. "Certo che no. Noi prefetti abbiamo una stanza privata, puoi stare da me e farti accompagnare domani da qualcuno di grifondoro." Lo guardo attenta. "Audace, non era una caratteristica dei grifondoro?" Lui sembra collegare solo ora le due cose. "No, non intendevo assolutamente...posso lasciarti la camera e andrò da qualche amico." Rido per la sua onestà e trasparenza. "Stai tranquillo Cedric, non mi sconvolgo per così poco." Lui si passa una mano tra i ricci nel più totale imbarazzo per poi chiedermi di fargli compagnia per la ronda. Ridiamo e scherziamo e devo ammettere che non è così male, anche se sembra molto forzato, come se parlasse con un filtro per non spingersi troppo oltre. Finito il turno lo seguo lungo un corridoio, che deve appartenere alle cucine. e ci fermiamo davanti a delle botti impilate in una nicchia sul lato destro. Cedric si abbassa e poggia la mano sul coperchio della seconda botte partendo dal basso. "Vuoi ubriacarti? In teoria non dovresti dare l'esempio agli altri studenti?" Chiedo ma lui mi ignora e per giunta mi mette un dito davanti alla bocca per farmi stare zitta. "Non distrarmi o ci ritroveremmo ricoperti di aceto." Dice lui serio ed io sgrano gli occhi pensando stia scherzando. Da dei colpetti al coperchio con un ritmo sconosciuto e il grande coperchio si apre. Lui mi libera la bocca e mi fa cenno di entrare. E io che pensavo che la cosa più strana fossero le scale. Faccio come dice e ci ritroviamo in una sala circolare, nei colori del giallo e nero e dal basso soffitto, tappezzata di piante, che sembrano vive ma in una maniera che farebbe raccapricciare mia zia Demetra. Vengo colpita da un particolare viticcio e mi avvicino per osservarlo meglio ma prima che Cedric mi possa avvertire, la pianta mi rovescia addosso l'acqua del suo sotto vaso, bagnandomi dalla testa ai piedi. Istintivamente, con un movimento del polso la faccio bruciare. "Ma sei impazzita? Spegnila subito o la professoressa Sprite ci ucciderà!" "Stai scherzando? Quella pianta è una maleducata." Incrocio le braccia al petto, mentre il tassorosso si dispera, implorandomi di smetterla, ma spengo le fiamme solo quando il viticcio colpevole è ridotto in cenere. "Mi espelleranno." Dice lapidario mentre si avvia verso la sua camera. "Ma è solo una pianta." Lui scuote la testa. "La professoressa Sprite è la responsabile della nostra casata ed è stata lei a mettere lì tutte le piante, sono come dei figli per lei. Quando domani lo scoprirà noi tassorosso staremo in punizione per tutta la vita." "Mi prenderò io la colpa se necessario, tanto non hanno nessun  potere su di me."  "Grazie ma ti ho portato io qui, quindi la responsabilità è comunque mia." Entriamo nella sua camera, con un imponente baldacchino dalle coperte nere e gialle ed un armadio di legno d'acacia. Mi presta una camicia, dato che ovviamente le mie cose sono disperse nella stanza fantasma e mi indica il bagno ma sfacciatamente inizio a cambiarmi davanti a lui. Adoro vedere il poco autocontrollo dei maschi. Sembra curioso ma alla fine il suo buon senso lo porta in bagno. Ridacchio e mi infilo sotto le coperte e aspetto il suo ritorno per ringraziarlo ed augurargli la buonanotte, per poi cadere in un sonno profondo sperando che i sogni mi mostrino Luke. 

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