Si me dices que si - Se mi dici di si

di ArIeL_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambio vita, cambio pure me stessa ***
Capitolo 2: *** Il mio migliore amico ***
Capitolo 3: *** Si me dices que si ***
Capitolo 4: *** Amore o amicizia? La mia partenza ***
Capitolo 5: *** Una giornata speciale ***



Capitolo 1
*** Cambio vita, cambio pure me stessa ***


SI ME DICES QUE SI.


Capitolo 1.                Cambio vita, cambio pure me stessa.


Mi chiamo Arianna, Arianna Ferretti vengo da Brent un piccolo paesino a Londra nella bellissima e caotica Inghilterra. La descrivono così gli altri: fredda, grigia, piena di gente venuta da chissà dove. Io invece trovo che sia splendida, e non perché sono di parte, non è nemmeno il mio paese di origine, ci sono venuta quando la piccolissima cittadina della mia amata Spagna ormai mi stava stretta, ci sono venuta per cambiare aria, per cambiare vita, dopo essere cambiata io stessa. Brent è molto diversa dalla mia Madrid, il paesino in cui vivo adesso è di una tranquillità disarmante, non è come Londra, piena di turisti e di gente che corre da un lato e dall’altro. Brent è una cittadina comune con parchi, fontane, case e grandi palazzi, insomma vorrebbe sembrare una grande città, invece è soltanto una versione rimpicciolita della capitale. Ho vissuto i miei primi vent’anni di vita a Coslada un comune di Madrid con non più di novantamila abitanti, una città antica e anche un po’ rurale. Adoravo viverci, i campi immensi che si trovavano fuori città mi facevano sentire così libera, correvo fino a perdere il fiato e poi mi sdraiavo sull’erba e guardavo le nuvole che si spostavano con il vento. Chiusa tra le mura di casa mi sentivo sempre un po’ stretta. I miei genitori sono di origine Italiana e si sono trasferiti in Spagna quando a mio padre fu affidato un incarico importante che lo portava spesso fuori dalla loro amata Toscana. Loro hanno sempre lottato per il loro amore, ricordo che mi avevano raccontato qualche anno fa di come si erano conosciuti, i campi da coltivare, le vigne, e si erano incontrati sotto il sole cocente di Luglio, è stato un colpo di fulmine per entrambi, mia madre aveva gli occhi lucidi quando mi raccontava questa storia, io me la facevo raccontare ogni volta che potevo, al posto delle favole. Sono romantica in una maniera quasi indicibile, adoro isolarmi ogni tanto per pensare a me stessa, ma allo stesso tempo proprio in quei momenti li, vorrei qualcuno che mi prendesse con la forza e mi facesse uscire da quel guscio che mi creo a poco a poco almeno una volta al giorno. Sono sempre stata un contro senso, amo viaggiare ma ho una paura sfacciata di trovarmi sola in un posto che non conosco, mi piace leggere libri strappalacrime e guardare altrettanti film, per poi trovarmi a piangere da sola dopo averli guardati. Nonostante tutto sono nata e cresciuta tra paella e corrida, feste con gli amici, quelli che ci sono sempre stati e tanto amore. Ho frequentato regolarmente la scuola, ma non sono mai stata una delle migliori, anzi tendevo spesso a raggiungere la sufficienza nonostante la mia continua voglia di scoprire cose nuove che però aveva a che fare solo con le lingue. Adoro la mia lingua originale ma nel corso degli anni ho avuto modo di imparare anche l’italiano e di ritrovarmi ad essere rapita completamente dall’inglese, sognavo Londra e l’Inghilterra come una bambina di fronte ad un negozio di caramelle, mi attirava tutto, dalla lingua ai monumenti, dalla freneticità con la quale la gente si muoveva nel paese alle opportunità di lavoro, dal cielo sempre un po’ troppo grigio, un po’ come me, alla vita notturna dei giovani. Tutto mi sembrava talmente eccitante che quando decisi di andare non ci pensai nemmeno una volta in più. Ma facciamo un passo indietro, la mia decisione di andare a Londra non è stata delle più semplici, i miei genitori sono sempre stati delle persone aperte a questo tipo di avventure, dicono che così ti fai le esperienze, ed io sono sempre stata molto felice di questo, poiché ho imparato col tempo ciò che era giusto fare e ciò che invece potevo tranquillamente evitare. Due sono state le scelte più complicate da fare, lasciare i miei amici di sempre, e lasciare il mio migliore amico dall’età di tre anni. Le nostre famiglie si conoscono da sempre praticamente, abitavano entrambe in campagna e lavoravano insieme, Riccardo, ha la mia stessa età, lui è nato a Settembre ed io a Novembre, siamo entrambi due teste calde ma essendo cresciuti insieme ci vogliamo un bene immenso. Riccardo era un bambino molto vivace, i nostri genitori avevano preso la casa a Coslada nello stesso quartiere quando entrambe si trasferirono, mio padre e suo padre erano colleghi di lavoro, entrambi molto impegnati, e fu così che io e lui crescemmo praticamente insieme. Lui pranzava da me, o io da lui e così via, giocavamo a nascondino nel giardino di casa sua, ci prendevamo in giro, e mi faceva arrabbiare moltissimo. Una volta all’età di sei o sette anni mi aveva nascosto Rhys il mio coniglietto di peluche con la quale ci dormivo anche, ricordo di aver pianto tantissimo e di aver giurato di non voler più giocare con lui per la rabbia. Dopotutto eravamo bambini, ricordo un’altra volta durante un carnevale, io avevo un vestito da principessa regalatomi da mio padre di ritorno da un viaggio in Italia, che amavo tantissimo, mi pavoneggiavo davanti lo specchio girando su me stessa un sacco di volte, ricordo che uscita in giardino Riccardo si era travestito da supereroe, ed aveva in mano un sacchetto pieno di coriandoli, gli ho urlato di starmi lontano ma fu tutto vano, in un attimo avevo il vestito completamente ricoperto di palline di carta colorata, mi infuriai e smisi di parlargli per un paio di giorni, dovevo avere sui nove anni. Il bene per lui comunque è sempre rimasto, e ne abbiamo avute di discussioni andando avanti e diventando adolescenti. All’età di sedici anni, ci scoprimmo diversi per la prima volta mentre giocavamo dentro la piscina, c’eravamo sempre visti come fratelli, come complici, come se il sesso opposto non esistesse, come se non ci fossimo mai guardati davvero.

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Capitolo 2
*** Il mio migliore amico ***


Il mio migliore amico.

 
Avevamo organizzato una festa in piscina con gli amici della scuola, ovviamente stessa scuola, stessi compagni, ricordo che mi ero innamorata di Damian, il ragazzino più carino della classe, capelli ambrati occhi celesti, di una bellezza mozzafiato, era il mio sogno, e quando ho saputo che sarebbe venuto anche lui ricordo di aver saltato per tutta la stanza guardando la faccia corrucciata di Riccardo. Non lo avevo mai visto così triste, lui è uno che di solito si diverte e le organizza quelle feste, ma quel giorno lui mi guardò in maniera diversa. Ero andata a prendere le patatine dentro casa, ero passata davanti lo specchio del bagno per guardarmi, avevo i capelli neri che mi scendevano perfettamente sulle spalle, ed il mio costume giallo, spiccava subito, ero magra e mangiavo soprattutto schifezze, ne erano la prova quei due brufoli sulla fronte spuntati quella stessa mattina che avevo cercato di nascondere con quintali di fondotinta. Le mie amiche e gli altri ragazzi erano già fuori a bordo piscina in attesa di qualcosa da spizzicare, sono uscita in giardino e ho passato una mano tra i capelli di Riccardo in maniera molto distratta, sapevo che lui avrebbe capito, lo facevamo spesso tra di noi per farci capire che avevamo notato qualcosa di strano e che potevamo confidarci.
<< che hai? >> gli chiesi, spesso parlavamo in italiano in modo da non farci capire dagli altri;
Riccardo sembrò guardarsi intorno, ricordo di aver visto che tentennava quasi a parlarmi. La cosa mi sembrò palesemente strana, ma fu quando Damian si avvicinò con un fiore in mano che capì.
Il mio migliore amico, era cambiato, lo avevo notato il giorno prima di quella festa, quando chiusi nella mia stanza a gambe incrociate sul mio letto, mi confidava di aver paura di poter essere un giorno, lasciato solo. Riccardo è ed era un bel ragazzo, lo era anche a sedici anni, lo noti, insomma, ti cambia la voce, diventi più virile, guardi il fisico, ed io quella volta lo guardai in maniera diversa, mentre mi parlava io guardavo la sua bocca, e pensai addirittura di volerlo baciare. I suoi capelli castani, ed i suoi occhi blu, avevano suscitato in me reazioni che mai avevo provato prima, troncai quella discussione sulla sua paura in un modo che ancora oggi se potessi tornare indietro non rifarei. Mi ero accorta di quelle sensazioni ma da adolescente quale ero mi ero buttata immediatamente su qualcun altro dimenticando lui e le sue paure.
Damian comunque mi aveva corteggiata tutta la giornata, in maniera talmente evidente che anche le mie amiche mi spinsero a rompere il ghiaccio, così quel giorno di fronte a tutti e nell’imbarazzo più totale lo baciai. Ricordo di aver rincorso Riccardo per una ventina di metri, era scappato furioso come un toro, tra le risate dei nostri compagni di classe, era uno dei giorni più belli per me, e lui se n’era andato. Non ci parlammo per quasi un mese, finchè quel venerdi di settembre il giorno del suo compleanno, gli piombai a casa decisa ad avere una spiegazione, nel momento probabilmente più sbagliato che potevo scegliere. Ero uscita di nascosto intorno a mezzanotte, con una torta in mano che avevo comprato il giorno precedente, ero così contenta di potergliela portare dopo giorni di silenzio, mi mancava moltissimo, più di Damian che in quel periodo era più impegnato del solito. Ricordo di aver attraversato il vialetto che separava le nostre case, facendo attenzione, e davanti il garage, Riccardo stava baciando “l’empo” come la chiamavamo noi, la secchiona della classe, occhialuta e con i capelli sempre in disordine, una serpe. Non ci pensai un attimo a lanciargli la torta rovinando il loro momento. Fui ingiusta e impulsiva, stavolta correre non serviva perché Riccardo era molto più veloce di me e mi raggiunse afferrandomi un braccio.
<< che ti prende? >> mi chiese con il fiatone.
La prima sensazione che ebbi, fu quella di tirargli uno schiaffo o qualcosa di simile, il tutto senza senso ed immotivato soprattutto. La verità è che mi aveva fatto male vederlo con un’altra ragazza, per la seconda volta mi rendevo conto che lo stavo guardando in maniera diversa.
<< perché con lei?! >> gli esclamai.
Riccardo si guardò in giro, poi mi prese le spalle tra le mani.
<< sono giorni che non ci parliamo e vieni qui a criticarmi? >>, quasi non lo riconoscevo più. Ricordo di essermi liberata dalla sua presa e di aver passato tutta la notte a piangere.
Impulsiva lo sono sempre stata, ed anche molto diretta, ma solo sulle cose che mi davano fastidio, ad esempio spesso rimproveravo i miei genitori per il volume della tv troppo alto, o per un viaggio di troppo. Lo facevo anche con Riccardo, lo rimproveravo ogni volta che non veniva a cena da me dopo che lo avevo fatto io, o quando una mattina non mi aspettava davanti casa per prendere l’autobus insieme per andare a scuola. Riconosco di essere stata e di essere abbastanza fastidiosa, ma non lo faccio apposta, ho un carattere molto competitivo ma dotato di una sensibilità oltre uomo.

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Capitolo 3
*** Si me dices que si ***


Si me dices que si.

 
Nei mesi successivi c’eravamo limitati ad andare a scuola insieme, avevamo cercato di mettere da parte gli asti, dopo la mia rottura con Damian e la sua con Romi. I pomeriggi estivi dei miei diciannove anni furono indimenticabili, passavamo un sacco di tempo insieme, molto più di prima, un pomeriggio di agosto dopo aver riso come matti per un video in rete di una scimmietta che dopo aver mangiato troppo si lasciava rotolare nel fango, ci ricordava quando eravamo piccoli ogni volta che finiva di piovere saltavamo sulle pozzanghere del giardino fino a procurarci entrambi una settimana di punizioni, mi accorsi che forse il mio migliore amico mi piaceva davvero.
Mi ricordo il profumo di pulito sulla maglietta blu come i suoi occhi che indossava, l’amaca del mio giardino era abbastanza grande per entrambi così c’eravamo sdraiati a faccia in su con una cuffia a testa nell’orecchio, riuscivo a rilassarmi a tratti, fino a quando partì una canzone, un ritmo che mi faceva impazzire, ci ritrovammo a canticchiarla insieme.

<< Yo dejo todo por ti, si me dices que si >> Riccardo si alzò di scatto girandosi verso di me.

<< lascio tutto per te, se mi dici di si >> gli dissi incredula guardandolo. L’avevo tradotta in italiano in un tempo commentabile.

Riccardo aveva avuto il coraggio di dichiararsi con quelle due frasi, ma il pensiero che la nostra amicizia si sarebbe rovinata per sempre, mi indusse a trasformare quella frase in qualcosa di meno sentimentale.

<< che vuoi dire? >> gli chiesi.

<< vuol dire che qualunque cosa accada, se hai bisogno di me, io lascio tutto se mi dici di si >> rispose Riccardo, i suoi occhi blu si accesero di speranza, la stessa che invece moriva dentro i miei.

<< certo, una frase d’aiuto, in amicizia >> esclamai fiera di quelle parole.

Riccardo si sdraiò di nuovo a fianco a me, più incredulo che mai, quel pomeriggio capì che si era arreso. Diventò il nostro motto comunque, ed ogni volta che avevamo bisogno di aiuto bastava scrivere un messaggio, o dirlo per telefono, e in qualsiasi momento della giornata qualsiasi cosa stessimo facendo scappavamo per raccontarci tutto. Una volta ricordo, dopo essermi lasciata con un ragazzo, chiamai Riccardo nel cuore della notte:

<< lascio tutto per te >> dissi piangendo, avevo bagnato il telefono con le lacrime, e dall’altro lato del telefono con la voce impastata dal sonno:

<< se mi dici di si >>.

Due minuti dopo lo trovai sotto casa mia con la felpa sopra il pigiama e i capelli completamente in disordine. Era l’unico che sapeva come consolarmi. Io e Riccardo ci volevamo così bene che ormai era poco il tempo che passavamo in compagnia di altri amici, se c’era da andare al cinema, andavamo insieme, se c’era da passeggiare tutta la notte, lo facevamo insieme, per quanto tenessi lontana la voglia di stare con lui, non potevo farne a meno, eravamo l’uno il punto di riferimento dell’altro. Poi, un giorno arrivò quella notizia da Londra, avevo mandato diversi curriculum da dopo la fine della scuola, e tra le mie mete più ambite c’era lei, la capitale delle capitali, la mia amata Londra, ne avevo mandati tantissimi, e speravo ogni giorno che mi chiamassero. A fine Novembre di quattro mesi fa, arrivò quella chiamata, ricordo tutto come fosse ieri, subito dopo pranzo avevo appuntamento con Riccardo per la nostra solita passeggiata al centro commerciale, mi ero preparata e vestita, quando il telefono ha iniziato a squillare, ero convinta fosse lui, ma il numero straniero mi fece ben sperare.

<< hello >> risposi di fretta,

<< Hello, Mrs Arianna? >> una voce femminile mi aveva risposto dall’altro capo del telefono.

<< yes >>

<< Emhm, sorry, I'm Benedicta , I call her from the "Spanish garden" restaurant in Brent, a province near London.>>

<< yes >>. Ero talmente eccitata che tutto quello che riuscivo a dire era “si”.

<< can we meet for an interview next week? >> continuò la ragazza.

Io non ci pensai nemmeno mezza volta, volevano incontrarmi ed avrei fatto qualsiasi cosa pur di andarci.

<< emhm, ok, will see next week, thank you >> la salutai, per poi lanciare il telefono sul mio letto e mettermi a ballare come una stupida per tutta la stanza. Lo stesso giorno lo dissi ai miei genitori ma non ebbi il coraggio di dirlo a Riccardo.

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Capitolo 4
*** Amore o amicizia? La mia partenza ***


Amore o amicizia? La mia partenza.

 
Qualche giorno prima di partire uscì a cena con i miei per il compleanno di mia madre, in un ristorantino al centro di Madrid, uno dei suoi preferiti.

<< Avremmo dovuto invitare anche Riccardo >> sbottò mia madre mentre cercava un pacco di fazzolettini dentro la sua borsa.

<< ormai siete inseparabili >> continuò rivolgendosi a me. Io sorrisi.

<< Sembrate fidanzati >> esclamò mio padre, ed io quasi soffocai.

<< non c’è niente, siamo solo amici >> risposi restando calma.

Di quella serata ricordo che pensai a quella frase per tutto il tempo.  Il fatto era che non lo sapevo più se eravamo solo amici, ed il fatto che i miei se ne fossero accorti forse voleva dire che da fuori si notava qualcosa di più. Avrebbero potuto invitarlo e avrei dovuto dirgli che andavo via.
Erano un paio di giorni che pensavo ad una ipotetica relazione con il mio migliore amico. Avevo ripercorso le nostre risate, le nostre confessioni, le nostre lacrime. Il giocare e ridere insieme, i nostri sguardi, e tutto riportava al fatto che entrambi ci piacevamo, entrambi ci volevamo, ma stare insieme voleva dire rovinare un giorno la nostra amicizia, e la sua amicizia era ciò che di più prezioso avevo e non potevo permettermi il lusso di perderla. Avevo deciso di andare da sola, anche se c’eravamo promessi che saremmo andati insieme ovunque, lontano dalla nostra casa ci saremmo lasciati andare e tra vivere una storia d’amore con lui per paura di perderlo e restare a debita distanza per mantenere l’amicizia, avevo optato per andare da sola.
Quella stessa sera decisi che dovevo parlargli.

<< lascio tutto per te, …ti devo parlare >> gli scrissi un messaggio. La risposta non tardò ad arrivare.

<< se mi dici di si, …alle 11 sotto casa mia >>.

Mi liberai dalla cena con la mia famiglia ed alle undici in punto lo aspettai sotto casa sua.

<< allora che succede?, non dirmi che hai risentito Damian? >> mi disse sorridendo abbracciandomi, era uno di quegli abbracci da toglierti il respiro.

<< no, non si parla di sentimenti oggi >> risposi. Lui mi guardò serio.

<< che succede Ari? >>

<< Mi hanno chiamato da Londra, per lavorare in un ristorante >>

<< Grande!!! Faccio le valigie e andiamo come promesso >> era felice, mi abbracciò di nuovo.

<< parto dopodomani >> conclusi decisa. Cercando di allontanarmi.

Riccardo si fermò, c’era il ghiaccio nei suoi occhi.

<< perché non mi hai detto niente? >> urlò lui, << avevamo detto che saremmo andati insieme >>

<< Riccardo, io ho bisogno di andare via, da sola >>

<< perché? Volevamo entrambi andare a Londra e ricominciare da capo >>

<< Era tempo fa Riccardo, adesso ho bisogno di andare via da sola >> glielo dissi tutto d’un fiato e con le lacrime agli occhi.

Fu l’ultimo giorno che lo vidi.

Erano passati tre mesi da quel giorno. Ero arrivata a Brent, avevo iniziato a lavorare e avevo anche una casetta tutta mia, un monolocale non lontano da dove lavoro. E Riccardo mi mancava ogni giorno, aprivo sempre quella chat e avrei voluto raccontargli della mia vita, ogni tanto ascoltavo la nostra canzone chiusa tra le coperte del mio letto. Non ho mai avuto davvero il coraggio di cercarlo e di chiedergli scusa, magari ho pensato che aveva già una vita sua. Seduta sul letto dopo una giornata di lavoro ricevetti una telefonata di mia madre:

<< mamma >> risposi

<< Arianna, tesoro, come stai? >>

<< bene, mamma >>

<< hai lavorato oggi? >> mi chiese

<< si, ho appena finito il turno >>

<< Riccardo oggi è passato qui a casa >> mi disse

<< Riccardo? Che voleva? >>

<< Ha aiutato papà a far partire la macchina, è così caro, mi ha chiesto di salutarti, scrivigli >> mi incitò mia madre.

<< lo farò, ciao mamma >>

<< ciao tesoro >>.

Chiusi la chiamata con una fretta indicibile. Poi composi il numero di telefono di Riccardo, lasciai squillare con il cuore in gola per un paio di secondi, poi riattaccai delusa. Pensai che se avesse visto la chiamata mi avrebbe cercato. Quel giorno ci misi un bel po’ ad addormentarmi.

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Capitolo 5
*** Una giornata speciale ***


Una giornata speciale.

 
Qualche giorno dopo quella chiamata, durante il turno al ristorante arrivò un messaggio:

<< lascio tutto per te >> ricordo di essere scivolata sul pavimento che avevo appena lavato, rompendo lo schermo del mio telefono, gli risposi quasi subito.

<< se mi dici di si, ti chiamo appena finisco il turno >>.

Aspettai la fine del turno con un impazienza assurda, mi precipitai a casa e composi il suo numero di telefono. Stavolta squillò solo un secondo.

<< Riccardo >> dissi speranzosa

<< Arianna >> la sua voce era molto fredda e distaccata.

<< che è successo Riccardo? >> notai nella sua freddezza che qualcosa non andava.

<< mio nonno, se n’è andato ieri sera >> mi disse distrutto.

<< cielo, mi dispiace un sacco, vorrei essere li con te come facevamo qualche mese fa >>

<< mi dispiace anche per quello che è successo tra noi >> continuai

<< acqua passata, tu come stai? >> mi chiese

<< vuoi venire da me? >> d’un tratto sentì il bisogno di averlo vicino, di abbattere tutti i muri che mi ero costruita per evitare quella relazione, magari poteva funzionare pensai, mi presi il rischio di chiederglielo.

<< yo dejo todo por ti, Riccardo, si me dices que si >> gli ripetei la nostra frase nella lingua originale e lui capì all’istante.

<< si >> mi disse quasi sollevato nella voce.

Chiusi la chiamata con un euforia tale da poter correre per giorni, e com’ero solita fare nei momenti felici iniziai a ballare per la stanza al ritmo della nostra canzone.
Il mese successivo Riccardo arrivò a Brent, aveva preso l’aereo e un autobus perché per colpa dei miei turni non potevo andarlo a prendere. Me lo trovai sotto casa seduto sulla sua valigia e il telefono in mano, ricordo di essergli corsa incontro e di averlo abbracciato talmente forte da farlo quasi cadere a terra, quel giorno, c’eravamo baciati per la prima volta.

Oggi viviamo insieme, stamattina mi sono svegliata prima, ieri sera Riccardo mi ha promesso una sorpresa. Lo guardo dormire accanto a me a petto nudo, e penso che non c’è niente di meglio che possa desiderare al momento. Mi alzo con la mia calma, ho il giorno libero e non ho intenzione di pensare al lavoro, anche se di recente ho avuto qualche problema con alcuni colleghi al ristorante, che mi ha seriamente fatto pensare di cercare qualcos’altro. Ma oggi è un giorno speciale è un anno che stiamo insieme, l’anno più bello della mia vita credo, anche il più difficile, ma senz’altro sopportabile grazie a lui. Riccardo si sveglia, si stropiccia gli occhi e mi viene a dare un bacio.

<< pronta per la sorpresa? >> mi chiede felice ed io lo guardo ed annuisco.

<< andiamo a Londra oggi, ti porto al Tower Bridge >> mi dice e mi da un grosso bacio sulla guancia.

Da quando sono arrivata a Brent non avevo ancora avuto modo di poter visitare Londra. E questa mi sembra l’occasione perfetta. Il viaggio in treno non è stato lunghissimo e non riesco quasi a trattenere la curiosità, non riesco ad immaginare quale sorpresa mi ha riservato Riccardo. Arrivati sul ponte, resto col fiato sospeso per tutto il tragitto:

<< Ieri mi ha chiamato mio padre, ci sarebbe l’opportunità di un bel lavoro a Coslada >> mi dice sorridendo.

Io vengo colta alla sprovvista e mi fermo quasi al centro del ponte;

<< anche qui hai un bel lavoro >> gli dico seria,

<< si ma è una grossa opportunità per me >> mi dice mettendosi di fronte a me

Io mi giro verso il fiume,
<< cosa mi vuoi dire Riccardo? >> dico stufa.

<< Yo dejo todo por ti, si me dices que si >> gli sento dire scandendo le parole,

<< Riccardo sono già qui, non ha senso questa frase, che vuol dire >> dico seccata e girandomi lo trovo in ginocchio di fronte a me con un anello nelle mani, scoppio in lacrime senza nemmeno rendermene conto.

<< Lascio tutto per te, se mi dici di si, ma stavolta il si, è un’altra cosa >>

Io lo guardo incredula.

<< si >> gli dico felice.

Sono arrivata a Brent che non avevo niente, che ero una ragazzina sola in preda ad una crisi d’identità e adesso, adesso ho tutto quello che ho sempre voluto.

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