Ali d'amore

di reggina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolce Candy ***
Capitolo 2: *** Chi trova un amico trova un tesoro ***
Capitolo 3: *** Quel che successe a Lakewood ***
Capitolo 4: *** Perchè ricominciare è possibile! ***
Capitolo 5: *** A volte ritornano ***
Capitolo 6: *** Anthony ***
Capitolo 7: *** Tra passato e presente ***
Capitolo 8: *** Un'amore diviso ***
Capitolo 9: *** La sera della prima ***
Capitolo 10: *** Il fantasma di Lakewood ***
Capitolo 11: *** Il profumo del passato ***
Capitolo 12: *** Il profumo del passato(parte 2) ***
Capitolo 13: *** Restare o partire? ***
Capitolo 14: *** Prima che sia troppo tardi ***
Capitolo 15: *** La decisione di Candy ***
Capitolo 16: *** Ritorno da te ***
Capitolo 17: *** L'alba del giorno prima ***
Capitolo 18: *** Le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 19: *** Iris ***
Capitolo 20: *** In cima al campanile ***
Capitolo 21: *** Bacio sotto il vischio ***
Capitolo 22: *** Tu sei la mia famiglia ***
Capitolo 23: *** Ali d'amore ***
Capitolo 24: *** "Sulla tomba della mamma" ***
Capitolo 25: *** Fuochi incrociati ***
Capitolo 26: *** "Una lettera da Flanny" ***
Capitolo 27: *** Sulla collina di Pony ***



Capitolo 1
*** Dolce Candy ***


CAPITOLO 1 " DOLCE CANDY"

Ho come l'impressione che se le rose sparissero dal mondo, con loro sparirebbero anche le meravigliose e calde giornate estive.

(Marion Garretty)

************************************

Quando Anthony Brown incrociò per la prima volta lo sguardo di Candy, presentatagli come cameriera della famiglia Legan, si sentì ridicolo. Indossava il Kilt, il tipico costume scozzese, così come i suoi cugini Archie e Stear, che si contendevano le grazie della ragazzina; cercò quindi di vincere l'imbarazzo ostentando un rassicurante sorriso e presentandosi con una frase che fece subito breccia nel cuore della piccola Candy.

"Sei molto più carina quando ridi!"

Era poco più che una bambina, indossava abiti dismessi e inadeguati ad una serata di gala; l'ennesimo modo dei Legan per metterla in ridicolo, nonostante ciò dimostrava una disinvoltura e una simpatia tale da rendere impossibile non notarne la bellezza.

Nel cuore di Anthony si fece spazio un sentimento indefinibile, non era pietà o commiserazione per la sfortunata orfanella; dovette faticare per contenere la gelosia quando i due cugini mostrarono alla ragazza gli abiti che avevano fatto confezionare per lei.

Al primo acchito la giovane gli aveva ricordato la sua defunta mamma.

Che incanto poter danzare assieme quel valzer, poterla stringere tra le sue braccia, danzando così come fin sulla luna!

Aveva passato i giorni successivi perso nella contemplazione dell'immagine della fanciulla. Non gli interessavano le differenze sociali che potevano allontanarli, aveva deciso di ignorare le cattive impressioni e i divieti della zia Elroy per poter amare quella piccola cameriera.

Era così diversa dall'asfissiante Iriza "tutta piena di trine", la quale aveva interpretato come un'onta le attenzioni ricevute da Candy e umiliarla le sembrava la vendetta più efficace.

Ma Anthony aveva deciso di amare la semplicità e la dolcezza di quella spensierata fanciulla e niente e nessuno avrebbe intaccato tale decisione.

Passava sempre più tempo in giardino, incrociando vari semi di rosa per creare nuove specie floreali; sarebbe andato avanti con gli esperimenti finchè non fosse sbocciato un fiore di rara e suggestiva bellezza.

L'estate entrava nel pieno del suo splendore e i petali di rosa che si dischiudevano al bacio del sole erano palese metafora di quel sentimento, sempre più chiaro ed esplicito, nel cuore di Anthony.

Non aveva più remore: si era innamorato, per la prima volta.

Mai avrebbe scordato la gioia di Candy quando le aveva mostrato la rosa che aveva deciso di dedicarle.

"Si chiama Dolce Candy! Te la regalo perchè oggi festeggiamo il tuo compleanno!"

Allora aveva capito che i suoi sentimenti erano corrisposti.

Candy non sapeva il giorno in cui era venuta al mondo, aveva sempre spento le candeline in cirrispondenza al giorno in cui Suor Pony e Suor Maria l'avevano accolta; non conosceva i suoi genitori e, nella sua giovane vita, aveva conosciuto soprattutto persone ostili e nemiche come Iriza e il fratello Neal. Ma ora, finalmente, aveva trovato qualcuno capace di ascoltarla e apprezzarla e che, forse, sarebbe stato in grado di proteggerla!

Quale angoscia aveva attanagliato l'animo di Anthony mentre la ragazza partiva per il Messico e lui la salutava con una struggente melodia, emessa dalla sua cornamusa!

Era stato tanto in pena a saperla sola e avvilita laggiù, ma le aveva promesso di fare il possibile per aiutarla e fece di tutto per tener fede a quelle parole.

Che enorme sollievo poterla riabbracciare, all'improvviso, una mattina che le si era presentata al cancello delle rose, dove era avvenuto il loro primo incontro, quasi si trattasse di una fata!

Inutile descrivere i momenti magici e festosi che seguirono alla notizia della decisione dello zio William di adottare la ragazzina!

L'amore nei confronti di Candy aveva reso Anthony più spavaldo e fiducioso in sè stesso, tanto da portarlo a perdere l'ottemperanza verso i rigidi protocolli della zia Elroy. Agli occhi della vecchia il nipote appariva sempre più irriverente e indisciplinato, tanto da portarla alla decisione di allontanarlo, per qualche tempo dalla fanciulla, spedendolo in una villa nella foresta, ritenendolo il metodo migliore per "far mettere un pò di sale in testa" ad entrambi.

La lontananza, al contrario, rese ancora più saldi i sentimenti di Anthony e quando la rivide, ormai leggiadra signorina, decise che l'avrebbe voluta al suo fianco per tutta la vita; con la stessa fermezza con cui anni prima aveva deciso di amarla.

Si sentiva però crollare il mondo addosso ogni qualvolta Candy rammentava la sua somiglianza con il fantomatico principe della collina,

"Probabilmente ti piaccio perchè somiglio al tuo principe!"

Era sbottato un giorno. Se Candy era infatuata di un altro, certamente non era lui a poterla rendere felice.

"No, tu mi piaci perchè sei Anthony!"

Erano le parole più belle che potesse udire. Ora ne era sicuro: nessuno avrebbe più potuto ostacolare il loro amore.

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Capitolo 2
*** Chi trova un amico trova un tesoro ***


Ringrazio Andy Grim per l'incoraggiamento! Neanche io sopporto molto Terence, mi dava addirittura sui nervi da piccola; mentre guardavo con i luccichi agli occhi quelli blu di Anthony!

Spero ne salti fuori una piacevole storia...Buona lettura a tutti coloro che decidono di spendervi qualche minuto del loro tempo!

CAPITOLO 2: CHI TROVA UN AMICO TROVA UN TESORO

L'amore è simile alla rosa di macchia,

l'amicizia assomiglia all'agrifoglio,

l'agrifoglio è scuro quando la rosa fiorisce

ma chi è più costante nellla fioritura?

La rosa di macchia è odorosa in primavera

i suoi fiori estivi profumano l'aria;

ma aspetta che torni l'inverno

chi si ricorderà della rosa di macchia?

Disprezza allora l'inutile corona di rose

e ricopriti della lucentezza dell'agrifoglio

che -quando dicembre rattrista la tua fronte-

ancora sa mantenere verde la tua ghirlanda.

(Emily Bronte)

****************************************

Il capitano Walt, ormai in pensione, ripensava spesso all'ultimo viaggio della sua carriera in marina: ne avrebbe serbato per sempre un dolce ricordo grazie ad un energica e ottimista fanciulla, dall'aria sbarazzina con i suoi codini biondi che svolazzavano, soffici e leggeri, alla brezza che attraversava il ponte del battello.

Erano ormai passati sei mesi da quando, in una tiepida domenica autunnale, la sua imbarcazione aveva fatto scalo al porto di Southempton: lì aveva posato, per l'ultima volta, uno sguardo d'ammirazione e malinconia su Candy augurandole, in cuor suo, le migliori fortune di questo mondo.

Perchè una ragazzina amante degli animali, che si era battuta per imbarcare assieme a lei un procione e per trovare un dottore ad un gabbiano ferito, non meritava altre sofferenze!

Ma la caparbietà della giovane passegera si poteva riassumere nel gesto più significativo che aveva compiuto a bordo: persuadere un uomo ricco ed avaro a rovinare il meritato riposo, durante la pensione, al generoso capitano, che non aveva esitato a deviare rotta per prestare soccorso a dei poveri naufraghi!

Candy era ben consapevole che il valore della vita umana non ha prezzo: lo aveva sperimentato sulla propria pelle, poche settimane prima, durante una disgraziata caccia alla volpe!

Era arrivata in Inghilterra, per studiare alla Saint Poul School, su ordine dell'enigmatico zio William con il cuore ancora avvolto dal gelo della morte. Il soggiorno nella sua confortevole casa di Pony non aveva lenito il dolore per la perdita del suo amato Anthony; forse anche il signor Andrew pensava che cambiare aria le potesse giovare, aveva ipotizzato la ragazza.

L'aria londinese pareva aver ritemprato lo spirito dell'esuberante e vulcanico Stear e di suo fratello Archie, dai tratti aristocratici e più riflessivi. Li aveva lasciati partire in pena per lei, ma quando li aveva scorti ad attenderla, al porto, sembravano i giovani spensierati e allegri di un tempo.

Rammentare la tragedia era una cosa che i fratelli Cromwell si ravvedevano bene dall'evitare in presenza della loro piccola parente adottiva; sebbene neppure loro avessero ancora superato lo schock.

Di tuttaltro timbro era inveve l'accoglienza riservata a Candy dalla perfida Iriza, la quale, con grande disappunto dei suoi giovani parenti, pareva essere stata mandata appositamente lì per rovianre le loro giornate, insieme all'inseparabile e insopportabile fratello Neal.

Era riuscita ad allontanare la prima amica che Candy aveva incontrato in "quella prigione", con questa definizione Archie e Stear le avevano presentato il collegio, rivelandone il passato da badante dei cavalli presso le scuderie dei Legan. Questa nuova amica era una tale Patty che, al primo impatto, si era rivelata davvero strana agli occhi della signorina Candice White Andrew per i suoi modi gentili ed eccessivamente educati di interagire con chicchesia. Se ne era però subito ravveduta ma l'aveva mortificata l'allontanamento di Patty dopo le infamanti menzogne diffuse da Iriza.

"Sei un assassina!"

Queta era la stoccata che faceva vacillare le convinzioni e la positività di Candy.

"Hai portato Anthony alla morte!"

Non era stata colpa sua...era stato un incidente...non aveva ucciso lei Anthony!

Innanzi al resto delle compagne la giovane Andrew non dava segni di cedimento, fronteggiando fiera lo sguardo della ragazza che le aveve sempre rovinato l'esistenza, ma alla sera i ricordi riaffioravano e con essi tutta la tristezza che li avvolgeva.

Dopo alcune settimane di soggiorno nel prestigioso collegio, si sparse la voce che gli studenti avrebbero avuto libera l'ultima domenica del mese: l'entusiasmo di Candy fu presto stemperato dalla notizia che nessun familiare aveva dato permessi per lei. Tuttavia quella domenica fu ugualmente speciale: incontrò il signor Brighton, il padre adottivo della sua cara amica d'infanzia Annie, che l'affidava alle sue cure.

Il comportamento di Annie la lasciava però interdedda: fredda e distaccata, fingeva di ignorarne la conoscenza, rinnegando le sue origini. Nonostante ciò la sua vecchia e fidata amica si prese cura di lei, così dolce e delicata pur avendo avuto più fortune di chi era chiamata a proteggerla. Iriza ci mise nuovamente lo zampino, riuscendo però a rafforzare quell'amicizia rara e duratura.

Che colpo per Annie udire di nascosto Archie, del quale era segretamente innamorata, rivelare i suoi veri sentimenti a Candy! Si era sempre messo da parte perchè, quando ancora erano in America, il sentimento che univa la fanciulla ed Anthony era palese a tutti e nè lui nè Stear avrebbero potuto competere con il cugino.

Ora però era tutto diverso: erano cresciuti e il ricordo di Anthony si faceva sempre più affettuoso e meno triste. Per loro, ma non per Candy! Fu felice quando Archie finalmente si accorse di Annie e fece l'impossibile per spingere Patty tra le braccia di quel genio di Stear.

Lei forse non avrebbe più amato...Anthony era ancora vivo nel suo cuore e ne soffriva la mancanza, benchè non lo desse a vedere a nessuno. Di notte le pareva di udire il nitrito dei cavalli sopraffare la rassicurante e dolce voce del ragazzo che aveva amato...Ma una sera, di ritorno dalla stanza dei cugini, dove aveva strappato loro una cara fotografia, vide davero qualcuno al galoppo.

L'impatto fu tremendo, i ricordi l'avvolsero in una spirale insopportabile e, traumatizzata, rotolò giù per le scale per fermarne la corsa.

Non si trattava però di Anthony bensì di Terence: l'indisciplinato e anticonformista ragazzo che aveva causato solo grane e casini da quando aveva messo piede in quella scuola!

Il primo incontro con Candy, sul parapetto della nave che li conduceva in Inghilterra, era stato turbolento e tuttaltro che amichevole: si era preso gioco di lei, canzonandola per le sue lentiggini. Gli aveva risposto a tono, pentendosi immediatamente di averlo, pur per un istante, avvicinato all'angelica immagine di Anthony: l'incontro con il nobile ragazzo, soprattutto di cuore, era avvenuto su tutt'altri toni e frasi di presentazione.

Terence però attirava come una calamita la graziosa fanciulla, con la stessa facilità con cui l'attiravano i guai: per lui era andata alla ricerca di una farmacia, nel pieno della notte, a lui si sentiva affine perchè ne poteva comprendere la solitudine!

Ormai la primavera era nell'aria, il roseto nella villa degli Andrew sicuramente risbocciato,maggio alle porte e la festa dei fiori pure:la rinascita della natura forse avrebbe permesso a Candy di risvegliarsi dal suo letargo interiore, forse sarebbe stata capace di amare nuovamente. Una sola certezza aveva però nella vita: l'amicizia che per sempre l'avrebbe unita ad Annie ,Archie, Stear e alla nuova compagna Patty.

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Capitolo 3
*** Quel che successe a Lakewood ***


Grazie a Tetide per la recensione!

Questo è uno dei capitoli cruciali...

CAPITOLO 3 "Quel che successe a Lakewood"

Narra una leggenda che Chloris, dea dei fiori, trovò una ninfa morta in un bosco. La raccolse e la portò da Afrodite, dea della bellezza e da Dionisio, che insegnò agli uomini la coltivazione della vite, affinchè le donassero l'immortalità, Afrodite le donò la sua bellezza, Dionisio il profumo. Chloris portò la ninfa da Apollo, dio del sole, che la riportò in vita: così diventò la rosa e fu incoronata regina dei fiori.

********************************

Iriza Legan era perfida, la sua avversione nei confronti della giovane cugina acquisita rasentava il patologico: continuava ad umiliarla e a procurarle guai anche in collegio, ostacolava la tenera amicizia che stava sbocciando tra la ragazza e il sovversivo Terence.

In realtà anche la viziosa e prediletta nipote della vecchia Elroy Andrew era attratta dal ribelle figlio del duca di Granchester e, complice la sua frivolezza e la sua faciloneria, pareva aver scordato il segreto lasciato a custodire alla cara zia in America.

Iriza non aveva mai conosciuto sofferenza, era stata abituata a pestare i piedi per ottenere qualsiasi cosa, non era cresciuta e non aveva sviluppato nessuna forma di affetto verso nessun altro se non se stessa. Non aveva rispetto neppure per la vita umana: aveva messo a repentaglio quella di Candy, facendola mandare in Messico, aveva provato a giocare con quella di Anthony...senza aver però fatto i conti con l'inaspettato intervento del Signor Brown.

Quando anni dopo Candy venne a conoscenza del peggior misfatto di cui si era resa colpevole non potè esimersi dal liberarle un sonoro ceffone.

Anche gli altri due cugini, Archie e Stear, erano caduti vittime del contorto tranello dei Legan, ai quali erano imparentati per via delle loro madri.

Era successo tutto il giorno della caccia alla volpe: non vedendo tornare nè Anthony, nè Candy erano andati alla loro ricerca, trovando il grazioso corpicino della ragazza scosso dai singhiozzi e riverso su quello esanime del suo cavaliere.

"Quel povero ragazzo è morto!"

Si diffuse la notizia tra tutti i nobili che avevano preso parte a quella giornata di festa.

Archie e Stear erano stati incaricati di vegliare Candy, che presentava la febbre molto alta per via dello shock.

La signora Legan fece arrivare il suo medico di fiducia: con grande sorpresa, nonostante la frattura riportata alla testa, Anthony respirava ancora ma non vennero date grandi aspettative di sopravvivenza.

La donna diede ordine che si trasportasse il giovane a casa sua, Iriza ne approfittò per aggraziarsi la zia Elroy: se, come loro tutti si auguravano, un miracolo avesse salvato quella giovane vita si presentava una ghiotta opportunità per sbarazzarsi di quell'orfanella causa di tanti guai.

La zia acconsentì, tacendo anche agli altri la reale situazione: credendolo morto, Archie e Ster non sarebbero vissuti di inutili illusioni come invece, credeva, stesse facendo lei.

Anthony non migliorava, il dottore parlò di coma e di possibili danni dopo un eventuale risveglio.

Decisero di avvisare il signor Brown, il padre del ragazzo, che a Lakewood godeva quasi dello stesso alone di mistero che circondava lo zio William. Si era visto di rado, quando camminava per il roseto con il figlio aveva una strana espressione di gioia mista a nostalgia, mentre Anthony rideva in modo strano.

Anthony caduto da cavalloSTOP GraveSTOP Torni presto a casa STOP

Questo lo scarno comunicato che avvertiva l'uomo, pronto a solcare mari e oceani per dimenticare le sue pene, ricevette mentre la sua nave era sulle coste delle Hawai. Non era un tragitto molto distante, ma fu ugualmente il viaggio più lungo della sua vita: forse il figlio era morto e non avevano voluto turbarlo con quella notizia prima del tempo. Non avrebbe sopportato un simile dolore, dopo la scomparsa della moglie.

Iriza, intanto, fantasticava su un futuro assieme ad Anthony: si era sbarazzata di Candy, Archie e Stear incurante del dolore provocato loro, con l'annuncio di una morte immaginaria. Si sarebbero sposati un giorno e sarebbero andati a viveve lontani e la zia Elroy le sarebbe sempre stata riconoscente per averle tolto dai piedi quell'orfanella che tanto aveva sconvolto le loro vite.

In realtà la zia aveva dimostrato i primi segni di cedimento già dopo pochi giorni, quando aveva visto Candy difendere con tanta foga le rose di Anthony; sarebbe voluta correre in giardino per dirle:

"Va bambina, corri a salvare il mio Anthony!"

Forse ci sarebbe riuscita.

Sicuramente l'avrebbe fatto se nella sua formazione l'avessero educata a seguire il cuore anzichè gli interessi.

Aveva mandato i ragazzi a studiare a Londra, vedendosi obbligata ad accogliere la richiesta di William di mandare con loro anche Candy, e ciò la rendeva più tranquilla.

Quando il signor Brown arrivò a Lakewood, diverdi giorni dopo, decise di consultare un tale Dottor Martin che gli diede il beneplacito perchè portasse Anthony con lui: gli avevano riferito di poche possibilità di sopravvivenza e ancora più rare quelle di una completa guarigione.Non gli importava: seppure i giorni da trascorrere assieme erano contati non vi avrebbe più rinunciato.

Nella caduta Anthony aveva riportato una frattura scomposta della gamba sinistra in tre parti, sicuramente se si sarebbe ripreso, avrebbe dovuto fare uso per sempre delle stampelle.

Era ancora in stato di coma, ma il fatto che respirasse autonomamente seppur flebilmente era colto come un segnale positivo; si temeva invece per possibili difficoltà intellettive.

Quando il signor Brown lo portò via con sè, nella villa di campagna, Iriza diede in escandescenza innanzi ai genitori e a Neal che, per la prima volta, considerò ridicola la sorella. Per distrarla dai suoi eccessi d'ira e per confondere le apparenze anche i rampolli dei Legan furono mandati a studiare alla Saint Poul.

La zia Elroy intanto era sempre più attanagliata dai sensi di colpa, si era recata una volta a Londra, facendo violenza alla sua volontà, per tacere tutto ai nipoti e si recava di frequente da Anthony.

Il signor Brown non negava quelle visite, sapeva che il figlio aveva un posto particolare negli affetti della vecchia matriarca degli Andrew, e anche lui si sforzava di essere un padre migliore...anzi si sforzava di essere padre poichè non lo era mai stato.

Il dottor Martin, o chi per lui, venivano quotidianamente a controllare i progressi del ragazzo ma era l'uomo, appeso al chiodo il cappello da comandante, a vegliare il giovane con costanza, rimuginando sui suoi errori e pregando affinchè al ragazzo venisse risparmiata la stessa sorte della madre.

"Dirò la verità ai ragazzi quando aprirai gli occhi, Anthony!"

Aveva promesso la zia Elroy: nè William, nè il signor Brown erano ancora a conoscenza delle menzogne raccontate ai giovani in Inghilterra: l'uno sapeva che l'aria inglese li avrebbe distratti, l'altro che erano lì per completare gli studi.

Anthony sembrava dolce e delicato invece nascondeva una forza e una voglia di lottare inimmaginabili. Suo padre ne ebbe prova una mattina di maggio: mentre nel roseto degli Andrew i primi boccioli di "dolce Candy" aromatizzavano l'aria, colui che le aveva coltivate con tanta cura, vedendole sbocciare per la prima volta, posò le iridi cobaldo sul volto stanco di quel padre che, per troppo tempo, era stato uno sconosciuto.

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Capitolo 4
*** Perchè ricominciare è possibile! ***


Sono felice di mantenere acceso l'interesse di Andy Grimm e Tetide...spero di proseguire secondo le attese!

Capitolo 4 " Perchè ricominciare è possibile!"

Ti avevo cantato una canzone

tu tacevi. La tua destra tendeva

con dita stanche una grande

rossa, matura rosa purpurea.

E sopra di noi, con estraneo fulgore,

si alzò la mite notte d'estate

aperta nel suo meraviglioso splendore.

La prima notte che noi godemmo,

salì e piegò il braccio oscuro

intorno a noi ed era così calma e calda

e dal tuo grembo, silenziosa, scrollasti

i petali di una rosa purpurea.

(Herman Hesse)

Era bella la Scozia con le sue verdi colline scoscese, gli sconfinati spazi della brughiera brulicanti di rossastri ciuffi di erica e di brugo. I suoi oltre 3 mila castelli e la leggenda di "Nessie", nel Loch Ness delle Highlands, contribuivano a conferire al paesaggio un accento di mistero e di fascino.

La Scozia con la sua allegra estate in musica, con il suono delle cornamusa e i variopinti tartan con cui erano stati intessuti i diversi Kilt richiamava sicuramente nei pensieri di Candy il lontano ricordo del suo bellissimo "Principe della collina".

Edimburgo, poi, lasciava senza fiato: alla prima visita, si capiva subito perchè la capitale si fosse guadagnata la denominazione di "Atene del Nord". Il lago in sua prossimità era un luogo d'incanto e di pace, ideale per rilassarsi e ritrovare l'armonia con sè stessi; era stata una delle decisioni più felici della Saint Poul School far soggiornare in quel posto i propri studenti per le vacanze estive.

In verità non era stata posta nessuna condizione d'obbligo, ma si era fatto intendere esplicitamente che la partecipazione degli studenti era ben accolta, costituendo inoltre punti di profitto anche per i giovani.

I rampolli della famiglia Andrew, in realtà, sarebbero dovuti trovarsi su un piroscafo che li riportasse nella madre Patria, se la lettera della zia Elroy fosse stata recapitata nelle giuste mani. L'anziana donna, tenendo fede alla sua promessa, nel maggio aveva spedito una missiva al collegio londinese che, sciaguratemente, Suor Gray aveva fatto pervenire alla signorina Iriza, conoscendo la parentela tra i Legan e gli Andrew. Inutile sottolineare le diaboliche intenzioni che attraversano una mente malvagia quando si dispone di mezzi utili! Iriza non fece parola dell'episodio con i cugini, disintegrando in mille coriandoli il foglio da lettera ,dopo esserne venuta a conoscenza del contenuto, e mosse mari e monti perchè fossero lei e Neal a potersi imbarare presto per l'America.

Ma, non ottenendo lettere di risposte affermative dai Legan, visti i tempi corti che separavano dall'estate, si ritrovò assieme agli altri in Scozia. Lei e la zia Elroy, essendo a conoscenza della verità, non potevano neppure immaginare il dolore che la loro menzogna aveva arrecato agli altri giovani, costretti a crescere troppo in fretta e ad affrontare un processo naturale della vita, che però coglie sempre impreparati, come la morte.

Con quell'inganno molti rapporti erano, irrimediabilmente, mutati per sempre.

Così, mentre la zia Elroy doveva affrontare l'ira di William ( venuto a conoscenza della verità) e i black-out nei ricordi di Anthony, Iriza iniziava ad interrogarsi sui suoi veri sentimenti per il ragazzo; visto che nell'ultimo anno aveva cercato di contendere all'odiata Candy il bel tenebroso Terence.Seppur le sue mire verso il biondo cugino fossero scemate, l'astio verso Candy l'avrebbe portata ugualmente a sottacere la verità.

Intanto era dal giorno della "Festa di Maggio" che qualcosa nell'animo della simpatica " Tarzan tutta lentiggini", come l'aveva ribattezzata il suo nuovo amico, era mutato: pareva che un enorme macigno che l'aveva intorpidita e appesentito il cuore in quei mesi invernali fosse stato sollevato e, ora, si sentisse leggera e libera di essere allegra e solare, con la primavera alle porte, senza sentirsi in colpa per ciò.

Benchè cercasse di negarlo a sè stessa, sapeva che la forte e coraggiosa mano che aveva sollevato quella pietra apparteneva a Terence. Lei gli aveva regalato un'armonica un giorno, lui l'aveva invitata a ballare un valzer in disparte, mentre gli altri partecipavano alla festa. C'era una sola cosa in Candy capace di far perdere il controllo al figlio del duca di Granchester mandandolo in bestia ed era il continuo paragone con il "suo Anthony".

Fosse stato in carne ed ossa avrebbe volentieri fatto a pugni con lui per contendersi l'amore della ragazza, come già si era esercitato con Archie, ma competere con un morto...anzi con un ricordo, gli risultava impossibile.

Gli stava antipatico quell'Anthony: nobile, gentile, amante delle rose...agli occhi di Candy sembrava la perfezione impersonificata!

Le origini nobili le aveva anche lui, di gentile poteva tranquillamente ed orgogliosamente sostenere di essere il contrario e considerava "un debole" un uomo dedito al giardinaggio. Ma ad accecarlo di gelosia era il fatto che quel ragazzo avrebbe sempre occupato un posto importante nel cuore della sua Giulietta e, se mai fosse riuscito a farla innamorare di sè, avrebbe dovuto sempre dividere quel sentimento con quello sconosciuto.

L'amava quella bionda ragazza del Colorado, con i ricci divisi da nastrini variopinti e fantasiosi a conferirle un'aria innocente da bambina, amava i suoi limpidi occhi verdi, talvolta velati da un velo di malinconia, a presentargliela come una donna, i suoi sorrisi luminosi e contagiosi, amava la sua gioia di vivere, il suo spirito e la sua iniziative nel sapersi sempre districare nelle difficoltà e nelle punizioni inflitte dalle rigide suore.

Non l'avrebe più divisa con nessuno e avrebbe fatto di tutto per farle dimenticare quell'Anthony.

Il fatto che la ragazza, con la sua solarità e le sue parole, lo avesse convinto ad ascoltare e guardare con occhi diversi sua madre, la famosa Eleanor Beckett, non faceva che alimentare il suo amore e convincerlo, di controbalzo, a ricambiare il favore.

"Ora spetta a me fare qualcosa per te!"

Aveva esordito pochi minuti prima e ora si trovavano in sella ad un cavallo che correva all'impazzata, lui lo spronava ad accelerare ancora il passo ma una parte del suo cuore,era pietrificata: avvertiva il tremore che scuoteva il minuto corpo di Candy, avvertiva le manine delicate serrargli la vita come se avesse paura di cadere o di perderlo.

Stava pensando an Anthony, lo sapeva bene!

Lo sguardo, carico di terrore della fanciulla, dopo lo schoch iniziale si perse nel vuoto e la mente vagò a quel lontano ottobre: gli occhi della mente fotografavano solo la bianca zampa di Pegaso impigliata in una tagliola, nelle orecchie le parole di Terence, che la spronavano a reagire, si confondevano con l'urlo disperato di Anthony al suo contatto con la dura pietra su cui aveva sbattuto la testa. Il resto appariva confuso, proprio come quel giorno.

"Chiamalo pure Candy...chiama il tuo Anthony...lui non tornerà!"

Pareva ci prendesse gusto nel provocarle dolore, nel rigirare il coltello nella piaga e, in cuor suo, un briciolo di piacere lo avvertiva rendendosi conto che la giovane iniziava a prendere coscienza con la realtà.

Qualche minuto dopo era dolce e premuroso come non mai, cercando di fasciare la ferita che Candy si era procurata quando il suo braccio era strisciato contro un arbusto secco; non c'era più traccia dell'astio e dell'ira che avevano guidato la sua voce durante la cavalcata e, quella drammatica passeggiata a cavallo non venne più menzionata nei giorni a venire.

La compagnia di Terence era piacevole per la briosa Candy e anche Archie, Stear, Patty ed Annie iniziavano a tollerare e, talvolta, trovare piacevole la compagnia del giovane così sfuggente ed introverso che a loro era stato necessario impiegare il doppio del tempo, per scoprirne le qualità nascoste che Candy aveva sviscerato fin dai loro primi incontri. Trovava piacevole quando lui suonava l'armonica e si sentiva importante per averlo aiutato in molte situazioni difficili.

Mancavano pochi giorni al rientro a Londra quando si ritrovarono da soli sul lago, d'improvviso sentì labbra morbide e calde spingere delicatamente contro le sue: non era così che aveva immaginato il suo primo bacio! No, il suo primo bacio sarebbe stato in un atmosfera di attesa e piacevole impazienza, forse in un luogo meraviglioso come quello o in un giardino con il forte profumo delle rose, poi avrebbe chiuso gli occhi per prolungare ancora quel momento e aumentare il mistero...come sarebbe stato il resto non se lo era mai chiesta!

Fu tale la sorpresa che un manrovescio partì quasi involontario e la stampa della manata andò ad imporporare una guancia di Terence, Candy scappò via piacevolmente confusa e con il cuore in tumulto.

Era tanto che non provava sensazioni simili, anzi alcune erano uniche, allora capì che era ora di lasciarsi il passato alle spalle; di rescindere quelle rose che tanto aveva amato ma che tanto le avevano fatto male con le loro spine, e di guardare avanti, di orientarsi al futuro. E il futuro era Terence!

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Capitolo 5
*** A volte ritornano ***


Ringrazio Tetide per il suo continuo interesse a questa storia e Zucchero Filato e Tonksis per esservisi interessate ( io ancora, tempo permettendo, mi devo rimettere in riga con gli ultimi aggiornamenti dei vostri bellissimi lavori!)

Ed ecco, finalmente, un nuovo capitolo!

CAPITOLO 5 "A volte ritornano"

Delle generazioni delle rose

che nel fondo del tempo si son perdute

voglio che una si salvi dall'oblio,

una senza marchioi o segno tra le cose

che furono. Il destino mi concede

questo dono: di nominare per la prima volta

quel fiore silenzioso,l'ultima

Rosa che Milton avvicinò al suo viso

senza vederla. O tu vermiglia o gialla

o bianca rosa di un giardino cancellato,

lascia magicamente il tuo passato

Immemorabile e in questi versi brilla

oro,sangue o avorio o tenebrosa

come nelle sue mani, invisibile rosa.

(Jorge Louise Borges)

Era trascorso un anno!

La natura aveva rinnovato il suo corso con ritmo cadente e perpetuo: maggio, baciato dalle rose, faceva nuovamente capolineo sul calendario, recando un anno in più accanto, ma sempre accompagnato dal fascino di eterna giovinezza e bellezza; con la rugiada mattutina ad imperlare i primi boccioli, il tiepido sole a riscaldare dai rigidi sentori dell'inverno, il tripudio e il cinguettio delle rondini inno alla gioia dell'anima. Maggio non aveva perso il suo immutato fascino ma veniva accolto da sentimenti contrastanti dai membri della famiglia Andrew.

Quell'anno di permanenza sul suolo inglese aveva recato profondi cambiamenti nei loro destini, mutandone anche i sentimenti.

La bealtà primaverile di maggio passava quasi inosservata innanzi alle preoccupazioni di una guerra che stava insanguinando l'Europa e che minacciava di coinvolgere anche loro, anche gli americani. La zia Elroy, molto in pena per i suoi nipoti, non esitò un attimo nel dettare precisi ordini a George, l'uomo di fiducia della famiglia: doveva recarsi in Inghilterra e riportarle i ragazzi sani e salvi a casa!

In lei prevaleva ancora quell'istinto materno e protettivo che sempre aveva cercato di reprimere dietro una maschera di austerità e rigore: non aveva avuto figli propri ma aveva cresciuto Anthony, Archibald ed Alistear come se fossero nati dal suo ventre ed era stata attanagliata dai sensi di colpa per il segreto taciuto tanto a lungo.

Quei mesi ne avevano addolcito il carattere, l'avevano spinta a cercare di essere più comprensiva e permissiva: una qualche forma di simpatia e di affetto nel suo cuore era nata anche per Candy!

La sua nipote adottiva l'avrebbe mai perdonata per l'ignobile sofferenza cui l'aveva costretta?

Era un quesito che si era posta spesso in quell'attesa: ignorava che,a causa dell'ennesima diavoleria di Iriza, la ragazza aveva abbandonato da tempo il collegio andando alla ricerca di se stessa, della sua vera identità, proiettandosi in una vita radicalmente nuova!

Attraversare l'Oceano fu particolarmente penoso per Stear: erano fuggiti dall'America per dimenticare Anthony ed ora vi ritornava con il cuore oppresso dal pensiero di Patty. Era inquieto per aver dovuto lasciare la ragazza nel tumulto del conflitto, vane si erano dimostrate le sue preghiere affinchè anche lei si imbarcasse: la dolce giovane preferiva restare accanto alla famiglia, alla nonna in particolare; tuttavia per rassicurare Stear aveva promesso che sarebbe partita al più presto anche lei.

Di umore opposto al fratello era invece Archie: estasiato nella visione della sua Annie rivolgeva alla ragazza uno sguardo sognante e un sorriso innamorato.

"Sembri un idiota!" Lo reguardiva Stear cogliendolo in tale atteggiamento, in parte invidioso e geloso per la maggiore fortuna del fratello. Anche i Brighton, infatti, avevano rivoluto a casa la loro Annie!

Un unico pensiero frenava il loro entusiasmo dal ritornare a casa: Candy!

Si sentivano traditi dal comportamento della ragazza, verso la quale avevano sviluppato un amore fraterno, dopo che lei se ne era sparita di punto in bianco senza lasciare loro nessuna spiegazione, nessun indirizzo su dove poterla rintracciare, senza neppure un saluto! Se ne era andata come una fuggiasca, uscendo dalle loro vite in punta di piedi: si chiedevano se a Lakewood avrebbero accolto la notizia con sollievo o se avrebbero mostrato un minimo di rammarico, in particolare erano curiosi e timorosi della rezione della zia Elroy.

Quando giunsero al Cancello delle rose un ombra e un sorriso malinconico incorniciò i giovani volti.

"Le rose di Anthony sono sempre più belle!"

Aveva mormorato Stear, raccogliendo il consenso dell'altro: era come ripiombare nell'incubo di lutto e dolore da cui mani preoccupate li aveano strappati precocemente, senza dar loro il tempo di elaborare il tutto. Si erano spesso chiesti, in quei mesi, se avessero pianto abbastanza la scomparsa di Anthony, che per loro più che un cugino aveva rappresentato un terzo fratello.

Quella che trovarono ad accoglierli della zia Elroy conservava solo l'aspetto elegante e posato e il volto rugoso che, però, pareva ever perso i tratti duri ed inflessibili di un tempo ed appariva ora disteso e raggiante, quasi bello. Dimentica, forse per la prima volta in vita sua, dell'etichetta si fece incontro ai giovani cingendoli in un abbraccio e attirandosi il loro stupore: in quasi diciassette anni non avevano mai avuto un gesto d'affetto tanto palese da quella donna.

"Dov'è Candy?"

Chiese quindi in tono dolce, quasi materno, con voce mai udita nella grande casa. Quando i fratelli Cromwell, a malincuore, confessarono tutto, l'ira e la collera scesero sulla remissiva Elroy riportandola ai gesti e alle convinzioni antiche.

"Che disonore che è stata per la nostra famiglia quella ragazzina!"

Riuscì solo a mormorare a denti stretti, viola per la collera: in fondo ci aveva visto giusto, un'orfanella non sarebbe mai diventata una signora! E i sensi di colpa si fecero sempre più lievi fino a scomparire del tutto.

Era una tiepida serata stellata quando Archie e Stear tornarono a Lakewood, perciò stremati dal viaggio, dopo l'incontro quasi formale con la zia si ritirarono nelle loro camere.

La mattina successiva, la zia propose loro una passeggiata in calesse: la vecchia donna sapeva di non poter aspettare oltre, la verità doveva venire a galla il prima possibile, pur temendo le reazioni e l'odio che forse si sarebbe attirata dai nipoti.

"Allora alla Saint Poul School erano a corto di penne?"

Esordì la zia, con aria di rimprovero, i ragazzi le volsero uno sguardo interrogativo, non capendo quell'allusione.

"Avreste almeno potuto rispondere ad una delle mie missive!"

Ma al sorpreso "Di quale lettere parlate zia?", un dubbio balenò nella mente della donnna: Iriza forse aveva manomesso la sua corrispondenza e la cosa non le piacque affatto! Il resto del viaggio continuò con i ragazzi che raccontavano qualche anedotto della loro vita a Londra e la mente della zia a vagare verso altri pensieri.

"Ma questa è la tenuta di campagna dove trascorrevamo le estati da bambini!"

Entusiasta, Archie riconobbe la cascina ricoperta di edera rampicante, seminascosta tra gli alberi da frutto e le prime spighe biondeggianti.

Un nodo serrò la gola della vecchia Elroy: il momento tanto atteso e temuto era arrivato!

Scesero eccitati, esplorando ogni centimentro di terra: da dietro un cespuglio s'udiva un rumore di cesoie e vennero accolti dal sorriso cordiale del signor Withman, un tempo giardiniere dei Legan.

"Archie, Stear finalmente siete tornati!"

Un distinto signore di mezza età sopraggiunse alle loro spalle, allargando le braccia per salutarli a dovere: benchè non fosse mai stato un vero padre, li sentiva un pò anche come figli suoi.

"Salve zio James!"

I fratelli ricambiarono l'affetto del signor Brown: provavano pena per quel poveraccio perchè pareva che la morte bussasse sovente alla porta della sua famiglia, ma lo ammiravano anche perchè dimostrava sempre contegno e non si lasciava piegare da un dolore tanto grande ed inconsolabile.

"Zio ci dispiace di non esserle stati vicini!"

Cercarono di giustificare la loro lontananza: dare del lei ai parenti era una forma di educazione pretesa dalla zia, per qualche tempo si erano rivolti con tale formula anche ai genitori, più per ferirli che per cortesia, finche la loro madre, nelle rare volte in cui si vedevano, aveva quasi dato in escandescenza!

Ma anche il comportamento del signor Brown li lasciava interdetti: il velo di tristezza e malinconia che ne aveva invecchiato il viso, dopo la morte della loro zia Rose Marie , pareva scomparso e l'uomo si presentava addirittura felice: una contraddizione bella e buona per chi ha da pochi mesi perduto un figlio!

"Finalmente siete qui!"

Ripetè James Brown, ignorando le scuse dei nipoti.

"Su entrate!"

Li spinse all'interno dell'edificio:dovettero riconoscere che, benchè affidata alle cure di un uomo solo e depresso, la casa era linda, curata ed accogliente proprio come nei loro ricordi di infanzia.

Presero posto sul sofa.

La zia ebbe paura: era meglio metterli al corrente di tutto in fretta, prima che il signor Brown ignaro delle sue trame e in preda all'enfasi, rivelasse il segreto tanto ben taciuto in maniera impropria?

Non ebbe però il tempo di elaborare la cosa migliore da farsi.

L'attenzione generale fu attratta da alcuni rumori provenienti dal corridoio: dapprima parve uno scricchiolio sul pavimento, poi l'ipotesi di uno squittio di topi, e infine il nitido tonfo di un bastone che batteva sulla pietra, accompagnando passi pesanti e sempre più vicini, a testimoniare una nuova presenza nella casa. Archie e Stear guardarono, interrogativi, la zia sbiancata in viso.

"E loro chi sono?"

Una voce maschile alle loro spalle, li fece sobbalzare sul divano.

"Tesoro non sforzare così la tua gamba!"

Il signor Brown si precipitò verso il nuovo entrato, offrendogli un appiglio sicuro cui sorreggersi.

Archie e Stear erano scattati in piedi, distanziandosi di qualche passo, avvicinandosi lentamente ai grandi finestroni, come se avessero paura del nuovo arrivato: quegli occhi blu seminascosti dai folti capelli biondi erano riconoscibili anche su quel viso smunto e provato dalla sofferenza, che conservava tuttavia i tratti di una bellezza delicata e aristocratica.

"Anthony!"

Mormorarono all'unisono, timorosi di trovarsi innanzi ad uno spettro.

La zia Elroy sedeva impassibile, come se lei sapesse.

"Sapete il mio nome! Allora ci conosciamo?"

Chiese ingenuo e speranzoso di ritrovare ricordi il giovane.

"Si Anthony...loro sono i tuoi cugini Archie e Stear!"

Intervenne suo padre.

Il resto venne da se: una domanda fu la conseguenza di un'altra e l'intero tranello venne svelato.

Profondamente feriti Archie e Stear avevano promesso di non rivolgere mai più, a vita, la parola alla zia Elroy e nutrivano istinti omicidi verso Iriza che, per sua fortuna, non si fece viva per un pò.

La zia, per affari di famiglia, fu costretta a trasferirsi per un periodo a Chicago: la lontananza forse era la migliore medicina per risanare i rapporti con i nipoti.

Questi intanto non passava giorno che non trascorressero con Anthony, la cosa pareva avere effetti benefici su tutti e tre e, in alcuni frangenti, si ricreava l'atmosfera di un tempo sebbene molte cose fossero mutate: non sapevano se raccontare tutto al ragazzo avesse recato vantaggi alla sua salute e in particolare erano resti nel parlargli di Candy: lei infondo ora amava Terence,per suo amore li aveva abbandonati senza spiegazioni.

"Se almeno lei sapesse!"

Aveva commentato però un giorno Stear.

Era stato un anno difficile per Anthony: dal giorno del suo risveglio la sua vita era ruotata attorno alla figura di James Brown, era diventato il suo punto di riferimento, il suo sostegno, il suo confidente, la sua fonte di informazione e di amore, era diventato suo padre; quel padre che, secondo l'uomo, non aveva mai avuto.

La zia Elroy gli stava simpatica, seppur avvolte pareva eccessivamente invadente e soffocante e il signor Witman era colui che lo faceva sentire maggiormente a suo agio, perciò quando fu in grado di alzarsi, trascorse molto tempo in giardino assieme a lui.

Qualche tempo dopo la sua gamba era andata migliorando, permettendogli di muovere i primi, incerti passi per poi claudicare per casa con l'ausilio delle stampelle.

Degli stessi progressi non aveva beneficiato la sua memoria: a volte emicranie molto forti lo costringevano a starsene disteso sul letto, ma era in quei momenti che riaffiorava un profumo, un suono, una voce, un rumore o un semplice oggetto che sapeva di conoscere, di aver rappresentato qualcosa nella sua vita, ma non riusciva ad associare a nulla. Allora era assalito dallo sconforto totale.

Da quando si era ripreso non aveva mai abbandonato la cascina di campagnia, erano i pochi intimi a recarsi da lui: secondo gli altri era ancora troppo debole per andarsene in giro e lui, dal canto suo, non insisteva e non provava desiderio di abbandonare quel guscio protettivo dove potersi sentire al sicuro nel pieno della sua vulnerabilità.

Il giardino era il suo luogo prediletto, passava ore e ore ad aiutare il signor Witman come meglio non avrebbe potuto a causa del suo hendicap: si era fatto costruire uno sgabello sul quale siedeva mentre liberava le piante dai ramoscelli rinsecchiti, potava, piantava e annaffiava quando la gamba o la testa non gli procuravano eccessivo dolore.

Lui e la terra parevano una cosa sola.

"Sa signor Withman pare che curare pianticelle e coltivare orti sia l'unica cosa che mi riesca bene!"

Aveva commentato un giorno Anthony, con aria di compassione. Il suo amico giardiniere si era però arrabbiato: se un miracolo aveva risparmiato quella giovane vita, ora aveva il dovere a provare ad essere felice.

"Non siete un incapace...siete un tipo in gamba signorino Anthony e presto ve ne accorgerete!"

Lo aveva quindi contraddetto. Anthony zoppicò tra i vari cespugli ammirando la bellissima rarità che erano le Dolci Candy: era stato il signor Withman a trapiantarle anche li.

Ne annusò il profumo, con aria esperta, quindi le carezzo delicatamente.

"Questi boccioli sono meravigliosi!"

"Osservò!"

"E sono nati per merito vostro!"

Confidò il giardiniere: un uomo senza peli sulla lingua, pronto a disobbedire ai divieti e agli ordini che non riteneva equi e giusti.

"Incrociavate diversi semi...quante ore di lavoro, quanti esperimenti falliti! Finchè un giorno ecco sbocciare dalle viscere dell'umida terra questa rarità di bellezza, di un bianco perfetto in contrasto con il nero suolo che la ospitava...la chiamaste Dolce Candy!"

"Dolce Candy!"

Ripetè assorto Anthony

"Sicuramente le avrò dato questo nome per il suo candido colore!"

Ma l'uomo scosse la testa.

"No la dedicaste alla bellezza di una ragazza!"

Confidò commosso, con le mani tremanti sulla zappa, al ricordo di quel ragazzino sveglio e vitale che era cresciuto accanto a lui e che ora aveva lasciato il posto ad un giovane uomo confuso.

Anthony arrossì: chi era quella ragazza? L'aveva amata? Dove si trovava ora?

Non fece in tempo a chiedere ulteriori delucidazioni: un enorme cagnolone, sbucato chissa da dove, quasi lo travolse come una furia cieca impaurito da qualcosa.

"Signorino sta bene?"

Si rassicurò il signor Withman.

"Stupido cane!"

Aggiuse poi con aria minacciosa, agitando i pugni in direzione dell'animale che, intanto, si era accucciato, porgendo una zampa, Anthony genuflesse la gamba sana per giocare con lui.

"Guardi ha un collare!"

Si accorse poi e fece per leggerne il nome.

"Mina...Mina dove sei?"

Una voce, percettibile ancora in lontananza, ma che si faceva sempre più nitida, distinta e vicina procurò nel ragazzo le stesse sensazioni delle sue emicranie: sapeva di conoscerla, di averla uditra altre volte...ma dove, nei sogni nella realtà, e quando?

Guidato dalla melodiosa voce femminile si trascinò fino al cancello: credette di trovarsi innanzi una dea con i capelli colore del sole e la luminosità calorosa dell'astro; benchè ansimasse per la corsa e alcune ciocche ribelli le si erano appiccicate alla fronte sudaticcia la trovò di una bellezza disarmante nel suo semplice tailleur rosso, con le comprensive e dolci iridi color della ribelle erba d'estate.

"Cerca qualcosa signorina?"

Ebbe la forza di chiedere, suscitando una reazione inaspettata. La sconosciuta lanciò un gridolino e si coprì, terrorizzata e confusa, la bocca con le mani, lasciando cadere con fragore la sua valigetta da viaggio: quelle iridi cobalto così intense e profonde parvero accecarla.

"Signorina...signorina sta male?"

Preoccupato da quella reazione, Anthony cercò di afferrarla,provando una strana sensazione di piacere al contatto con quel minuto corpo: lo sforzo però era quasi disumano per lui e ruzzolò a terra trascinato dal corpo esanime della giovane, tra vestiti e oggettini che aveva rivelato l'interno della valigia: era svenuta.

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Capitolo 6
*** Anthony ***


CAPITOLO 6: "Anthony!"

La Rosa

l'immarcescibile rosa che non canto,

quella che è peso e fragranza,

quella del nero giardino nell'alta notte,

quella di qualsiasi giardino e qualsiasi sera.

La Rosa che risorge dalle tenue

ceneri per l'arte dell'alchimia.

La Rosa dei Persiani e di Ariosto,

quella che sempre sta sola,

quella che sempre è la rosa delle rose.

Il giovane fiore platonico

l'ardente e cieca rosa che non canto,

la rosa irraggiungibile.

(Jorge Louis Borges)

Quando Candy rinvenne ,credette di trovarsi innanzi al premio per i patimenti subiti nell'ultimo anno della sua vita. Si trattasse di un sogno, un'allucinazione o qualsivoglia fenomeno trascendentale, l'unica sua certezza era di non volersi ridestare ancora per molto tempo.

Erano stati mesi difficili per la ragazza: giorni duri che avevano richiesto decisioni importanti e avevano trasformato una bambina in donna.

Candy aveva scoperto il sentimento più alto dell'umanità e per causa sua aveva molto sofferto, per lui aveva lottato ma ne era rimasta delusa!

Quell'Amore, con la A maiuscola, non era però stato destinato ad Anthony, ormai dolce, egoistico e sovente assopito ricordo, bensì a Terence.

Il duca di Granchester era riuscito nell'ardua impresa di trasformare il platonico sentimento che l'aveva legata al principe delle rose in un ricordo non più doloroso e ,quindi, incapace di ferire.

L'Amore aveva bussato al suo cuore in Inghilterra e proprio oltre Manica le aveva trafitto il cuore, con le sue insidiose e crudeli spine: lì dove Terence l'aveva abbandonata senza un saluto, senza una spiegazione, dopo che lei lo aveva imparato ad amare ed era pronta a concederle tutta se stessa. Si accorse di quando angosciante possa essere quella sofferenza mentre la pioggia londinese scrosciava contro i vetri della Saint-Paul School e lei, inebetita, rileggeva per l'ennesima volta la lettera di commiato del suo tormentato Romeo; l'inchiostro che ricamava le parole che andava a confondersi con le sue lacrime.

Anche Terence l'amava: per lei si era fatto espellere dal collegio, proponendosi come capro espiatorio dell'ennesimo, ignobile, tranello ordito da Iriza. La perfida ragazza aveva teso una trappola ai due ignari innamorati, facendoli sorprendere in piena notte nelle stalle del collegio da Suor Gray. Benchè la religiosa venne presto a capo delle verità, non tornò mai sui suopi passi, limitandosi ad un ammonimento per la signorina Legan.

Per Candy fu l'ennesima delusione riservatale dal destino: ma stavolta vi si sarebbe ribellata, si sarebbe imbarcata di nuovo per l'America, sarebbe andata fino in capo al mondo per ritrovare Terence e dare alla loro storia un epilogo felice, molto diverso da quello tragico di Romeo e Giulietta.

Restare in Inghilterra non aveva senso: lei non si era mai sentita una Andrew e mai sarebbe appartenuta all'alta società. Era grata alla famiglia Andrew per ciò che aveva tentato di fare per lei ma non si era mai sentita accettata ed amata da quella gente se non da Anthony, Archie e Stear. Avrebbe deluso i fratelli Cornwell con la sua decisione, ma era sicura che con il tempo l'avrebbero accettata e rispettata. A Lakewood era stata un'intrusa, aveva conosciuto ulteriori dolori e umiliazioni, a parte una brevissima parentesi felice.

Le immense e verdeggianti colline intorno alla Casa di Pony, brulicanti di fiorellini selvatici, di erbe aromatizzanti, contornate dal profumo della libertà e dalle allegre voci spensierate dei bambini: questo era il suo mondo, il limbo sicuro dove sempre sarebbe stata protetta e dove era tornata, dopo numerose peripezie, con l'intenzione di non abbandonare mai più il suo accogliente nido.

Ma queste prospettive erano calzanti per un piccolo ospite dell'orfanotrofio, di certo non per una giovane che aveva conosciuto le insidie nascoste nel mondo adulto. La casa di Pony stava stretta a Candy; lì sarebbe sempre stata viziata,coccolata e protetta: ciò non l'avrebbe di certo aiutata ad inseguire e realizzare le sue aspirazioni!

Fin da ragazzina aveva avuto cura dei bambini più piccoli e si era sempre prodigata per aiutare il prossimo, chiare spie della sua indole altruistica e solidale; perciò nessuno rimase sorpreso della sua scelta di volere studiare per conseguire il diploma di infermiera.

Di Terence non aveva più avuto notizie; ciò però non l'aveva demoralizzata perchè aveva dalla sua ancora la speranza. Proprio quella speranza che l'aveva abbandonata dopo la morte di Anthony ma che, ora, era tornata a farsi sentire più forte che mai e le infondeva fiducia per continuare a credere in un futuro roseo assieme all'amato.

Talvolta, in un bizzarro gioco, fantasticava su come sarebbe potuta essere la sua vita senza quel tragico incidente a cavallo. Si sarebbe mai imbarcata per l'Inghilterra? Avrebbe mai degnato Terence di uno sguardo?

Difficile dire se la sua infatuazione per Anthony si sarebbe trasformata in un sentimento più solido. Di certo sarebbero cresciuti insieme, ma lei lo avrebbe considerato un semplice amico, un fratello quasi come Archie e Stear, o erano destinati a condividere qualcosa di più importante?

Ma soprattutto, come sarebbe stato il suo Anthony da adulto?

Sicuramente avrebbe avuto un temperamento diverso, se non dire opposto, al figlio del duca di Granchester, ma chissà se avrebbe perso il fascino della sua aria ingenua e sognatrice che ne facevano un eroe romantico!

Candy sapeva che questi interrogativi non avrebbero mai trovato risposta e che la vita non è fatta di sè e ma, bensì concretezza. Così si era ritrovata sul treno per Chicago: non l'aveva spaventata la grande città, non l'aveva intimorita l'austera caposala Mary-Jane e non l'aveva scoraggiata il rigore di Flanny, la sua compagna di stanza. Si era gettata nella nuova avventura con passione ed entusiasmo.

La "Signorina Sbadatella" si era presto conquistata le simpatie e le preferenze di molti pazienti.

Il primo, vero, banco di prova per la novella infermiera fu rappresentato dal ricovero di un misterioso uomo dal nome evocativo. Il Signor William fece correre le fantasie di una ragazza sognatrice che presto si convinse di poter, finalmente, conoscere il suo benefattore; fu una cocente delusione constatare di aver preso un abbaglio, tuttavia Candy si dedicò alla cura dell'anziano signore proprio come avrebbe fatto con un vero zio.

Cerco di assecondarne le richieste, perfino quelle più assurde, e arrivò perfino a ritrovargli Mina. Scoperto che si trattava di un'enorme cagnolona la portò ugualemte al capezzale del padrone: così almeno il pover uomo potè chiudere gli occhi per sempre, con il sorriso sulle labbra.

La morte del signor MCGregor era stato un colpo durissimo per Candy, l'aveva costretta a riaprire il cuore a fantasmi ormai assopiti. I giorni di congedo che le furono concessi si rivelarono un toccasana per il suo spirito ; la ragazza ne avrebbe approfittato per consegnare Mina alle cure e all'affetto dei bambini della casa di Pony.

Volle il caso che la casa del defunto William McGregor si trovasse sul suo tragitto; Mina, accortasi di presenze estranee intorno a quella che era stata la sua dimora, aveva preso a grugnire e aggredire gli addetti al trasloco dei mobili, ormai inutilizzati. Era stato necessario sparare dei colpi di fucile in aria per disperdere l'animale; Candy aveva tentato,invano, di raggiungerla vedendola, infine, sfrecciare oltre un cancello.

Era un cancello che apriva l'ingresso ad una carina villetta di campagna e ad un bellissimo giardino abbellito da rare rose.

"Chi può conoscere le dolce Candy"

Si era chiesta e un misto di assurda speranza, di illusione,di paura di sapere ed essere delusa si mescolarono in lei. Finchè incontrò quegli occhi blu, quel sorriso gentile e cordiale che parevano essere stati strappati dalla sua foto in bianco e nero per essere dipinti su quello sconosciuto.

No, non era uno sconosciuto: era Anthony...il suo Anthony!

La consapevolezza raggiunta in brevi istanti lasciò spazio ad un'incredulità e ad un'emozione tale da farle perdere i sensi.

Quando riaprì gli occhi, si sforzò a mettere a fuoco l'ambiente circostante distinguendo gli occhi cobalto, ora preoccupati per lei.

Non aveva sognato dunque, quel sosia, quel ragazzo non era un fantasma...era Anthony quello seduto lì, accanto a lei, sul letto?

Si tirò lentamente a sedere, tremante e con il cuore in gola, notando che il giovane esitava a parlare.

"Sei vero o sei fatto della materia dei sogni?"

Sussurrò, quasi timorosa che l'incanto potesse rompersi.

Ed ecco rieccheggiare una risata cristallina, un riso che pareve infantile ma mai offensivo, quella risata che un tempo le aveva catturato il cuore.

"Non so molte cose di me, ma di una sono certo: non sono un fantasma, ma sono fatto di carne ed ossa!"

Asserì, porgendole una mano affinchè potesse stringerla: era una mano tiepida, dalla presa solida; una mano in cui pulsava sangue, in cui pulsava vita.

Candy,dimentica di tutto,fu sopraffatta dalla gioia.

"Anthony!"

Urlò tra le lacrime: aveva uno strano effetto ripetere quel nome a voce così alta dopo molto tempo. Lo attirò a se e lo cinse in un lungo abbraccio; voleva piangere contro il suo petto, sentire il suo cuore battere, non vedere altro mondo oltre le spalle del ragazzo.

Anthony, interdetto da quella reazione, assecondò quella ragazza sconosciuta carezzandole i soffici capelli: non le sembrava un'estranea, la sua presenza non lo metteva a disagio anzi, era molto piacevole.

"Sa signorina...ho l'impressione che lei abbia sempre fatto parte della mia vita!"

Le confessò, vincendo l'imbarazzo, ma restio a staccarsi dall'abbraccio per non palesarle il rossore del volto.Fu Candy a staccarsi, sorpresa da quella esternazione.

Perchè il suo Anthony non l'aveva riconosciuta? Perchè addirittura le dava del lei?

"Anthony non mi riconosci più? Sono io...sono Candy!"

Candy, dolce Candy! Proprio come le sue rose! Quindi era lei la ragazza che aveva amato? Della cui bellezza era rimasto tanto ammaliato da credere di poterla decantare dedicandole la regina dei fiori ?

Si alzò a fatica dal letto e si trascinò fino alla vicina finestra, scutando l'esterno: aveva paura nell'incrociare le iridi verdi di Candy.

"Purtroppo ho perso la memoria in seguito ad una brutta caduta..."

"Da cavallo!"

Concluse con impeto la sua interlocutrice. Improvvisamente le erano chiare molte cose: ecco perchè il ragazzo non l'aveva riconosciuta e si muoveva con andatura claudicante.

Ma come era possibile quella situazione paradossale? Lei lo aveva visto morire, aveva painto contro il suo corpo esamine, lo aveva scrollato non ottenendo segni di vita...A meno che...non avesse creduto e non le avessero lasciato credere tutto! In fondo era poco più di una bambina e poco sapeva delle differenze tra perdere coscienza, entrare in coma e morire!

"E lei come fa a saperlo?"

S'incuriosì il ragazzo.

"Oh Anthony lei, voi, noi...smettila! Io ero lì con te, sei caduto da quel maledetto cavallo senza che io potessi impedirlo!"

Piangeva ora: erano lacrime di rimpianto, di impotenza, di rabbbia ma anche di liberazione e piacere come se si potessero provare tanti sentimenti contrastanti assieme!

"Non era un maledetto cavallo...era il mio Pegasus!"

S'inververò il giovane, contraddicendo la fanciulla.

Quella reazione lasciò entrambi basiti: Candy per l'attacco verbale che il vecchio Anthony non le avrebbe mai rivolto e il ragazzo per quel ricordo improvviso e quasi miracoloso.

Forse i due giovani,che un tempo si erano teneramente piaciuti, dovevano ora riscoprire le nuove persone che albergavano nei loro corpi cresciuti.

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Capitolo 7
*** Tra passato e presente ***


CAPITOLO 7: "Tra passato e presente"

Mi piacciono soprattutto le rose antiche. Disordinare, arruffate, semplici,pofumatissime, spinose. Una gradevole compagnia in una sonnolenta giornata estiva.

(Marion Garretty)

Lo aveva chiamato Pegasus, come il cavallo alato di Bellerofronte, come l'unicorno incarnatore di sogni e quel magnifico equino dal candido manto era stato la realizzazione di una sua fantasia.

Pegasus era nato nelle scuderie degli Andrew, partorito dalla cavalla di Rosemary , la mamma di Anthony. Quando la malattia aveva impedito alla donna di destreggiarsi come abile fantina, aveva tuttavia continuato a prendersi cura di quegli equini che adorava.

Alla morte della donna, Pegasus era diventato il principale filo conduttore tra Anthony e il ricordo di sua madre.

"Purtroppo è stato abattutto...la sua gamba non sarebbe mai più guarita!"

Rivelò mestamente quello che era stato il suo giovane padroncino.Candy ascoltava, attenta e rapita, sedendo accanto al ragazzo su una panchina in legno, laccata di vernice verde, in giardino. Superato lo shock iniziale, la fanciulla aveva manifestato il suo bisogno di aria fresca e, il suo ritrovato cavaliere era stato ben lieto di mostrarle le sue piccole creature.

Le dispiacque per la morte dell'animale, pur se lo aveva odiato per anni, ma nulla poteva intaccare la sensazione pacifica che si era impossessata di lei.

Il ronzio delle api, i raggi obliqui del sole meridiano, l'allegro gracidare delle rane in qualche stagno poco lontano, la calda brezza che carezzava lievemente ogni forma della natura era la perfetta cornice per un quadretto di un qualsiasi pomeriggio estivo.

Che bizzarre coincidenze aveva celato il destino del cavallo di Anthony con quello della figura mitologica che ne aveva ispirato il nome: entrambi avevano disarcionato i loro fantini, Bellerofronte era certamente stato meno fortunato; poi il cavallo alato aveva spiccato il volo verso l'Olimpo degli Dei per dare poi il nome a diverse costellazioni. Chissà forse anche il cavallo degli Andrew era trapassato in un mondo fantastico!

"Non capisco perchè ucciderlo! Anche io mi sono rotto una gamba ma sono sopravvissuto!"

Continuò nelle sue meditazioni il giovane, ora che il ricordo del suo destriero era più nitido.

Chissà se era stato solo un gesto di pietà o anche l'odio e il rancore a spingere la mano assassina contro l'animale!

Candy voleva in fretta archiviare quei dolorosi ricordi e cambiò argomento.

"Anthony...posso chiederti una cosa?"

Ne richiamò l'attenzione. Gli occhi cobalto che la guardavano curiosi e interrogativi le provocarono un tuffo al cuore.

"Quanto tempo sei rimasto in stato di incoscienza dopo la caduta?"

Le parole vennero fuori velocemente, forse in maniera troppo diretta e schietta. Lesse il disagio nei bei occhi fiabeschi, riluttanti a far trasparire emozioni su quel delicato argomento e si pentì di aver posto la domanda forse con poca delicatezza, ma...aveva bisogno di sapere. Lui sorrise amaro.

"Sono entrato in coma per diversi mesi...quando mi sono risvegliato gli uccelli erano già di ritorno dalla loro migrazione invernale e l'effluvio dei fiori, appena sbocciati, è stato il primo profumo che mi ha stuzzicato le narici!"

Anthony si convinse ad aprire il suo cuore alla graziosa sconosciuta. Lei aveva affermato di essere presente al momento dell'incidente, perchè poi lo aveva creduto morto?

La delicata mano dell'infermiera tremò innanzi alle rosee labbra, increspate in un'espressione di incredulo stupore; l'altra invece si intreccio in quella di Anthony, affusolata e screpolata dai lavori di giardinaggio.

Avrebbe voluto abbracciarlo, poggiare il suo capo contro il petto del ragazzo per ritrovare la sicurezza che un tempo Anthony era in grado di trasmetterle. Si astenne però dal compiere un simile gesto che le appariva ancora prematuro.

Quale mente mentecatta era stata tanto abietta da tessere un così crudele disegno sulla vita umana?

"Anthony dove sei finito?"

Una voce spazientita, dal timbro maschile, richiamò l'attenzione dei ragazzi.

"Mio padre mi cerca...sarò felice di presentartelo beh...se tu...!"

Esitò Anthony nel timore che quella dea potesse scomparire misteriosamente, così come era apparsa. Lei sorrise, comprendendo i suoi timori.

"Vai tranquillo, aspetterò qui il tuo ritorno!"

Lo rassicurò aiutandolo a rimettersi in piedi, a causa del suo handicap: non lo abbandonò con lo sguardo finchè, lentamente, scivolò oltre il roseto sorreggendosi alle stampelle.

Alla fine una gamba malandata era un piccolo, o grande, sacrificio da pagare pur di aver ancora un cuore pulsante battiti di vita!

Convenne con sè stessa Candy, prima di richiudere gli occhi per memorizzare profumi e sensazioni di quel giorno particolare, il giorno di una resurrezione.

"Non ci posso credere!...è davvero lei, signorina Candy?"

Un nuovo timbro vocale, un pò rude ma compensato dal tono caldo con cui sapeva porsi, richiamò l'attenzione della ragazza.

"Signor Withman!"

Ricambiò l'esclamazione di sorpresa ed entusiasmo, alla vista dei gentili occhi marroni celati da spesse lenti e del sorriso seminascosto nella folta barba bianca. Le si abbandonò tra le braccia forti, tante volte consolatrici durante le angherie patite dai Legan. Candy non avrebbe avuto remore ad inserire l'uomo nella sua strana gerarchia familiare, magari catalogandolo come il nonno che non aveva mai conosciuto.

"Oh Signorina si faccia guardare...è diventata così bella!"

Mormorò, facendola arrossire per il complimento cui non era abituata.

"Avevamo perso tutte le speranze di poterla rintracciare ma è proprio vero...la speranza è l'ultima a morire! Questo è un miracolo per noi tutti e per il signorino Anthony in particolare!"

Asserì l'uomo sedendo accando alla ragazza, con cui un tempo aveva diviso lo stesso ruolo di personale alle dipendenza di una famiglia perbene.

"Ecco appunto di Anthony voglio parlarvi! Signor Withman perchè siete stati così crudeli da farmi credere che fosse passato a miglio vita? Perchè mi avete spezzato il cuore?"

Copiose lacrime irrigarono il delicato e fresco visino, accompagnando gli interrogativi che esigevano una risposta immediata.

"Ah Signorina è una storia così lunga e complicata che non basterebbe l'intero giorno per spiegarla tutta...cercherò di semplificarvela nei punti di massima!"

Così gli intrighi e i sottorefugi che avevano come vittima princiaple proprio Candy le vennero finalmente svelati, il diabolico segreto, tanto tenacemente nascosto, della zia Elroy e di Iriza venne smontato, tassello dopo l'altro da quell'uomo dal cuore d'oro.

"Dunque era un mistero per tanti e una verità di pochi!"

Urlò la povera fanciulla; mai un ombra tanto collerica aveva oscurato il suo proverbiale ottimismo.

"Quando siamo venuti a conoscenza del tranello, i fratelli Cornwell hanno cercato di rintracciarla in ogni modo possibile e anche ricorrendo alle fantasiose idee del signorino Stear, ma lei pareva essersi dissolta nel nulla!"

"Oh signor Withman anche la mia storia avrebbe bisogno molto tempo per essere narrata!"

Riflettè.Era tutto così dissimile e assurdo per poter apparire irreale. I pensieri presero a correre in mille direzioni diverse, si intersecavano con opinioni e giudizi in una danza di incredulità e, talvolta, cozzavano tra di essi.

"E tu cosa diavolo ci fai qua?"

La voce brusca e scortese non aveva bisogno di presentazioni.

"Iriza!"

Ringhiò la sua rivale, serrando i pugni per evitare gesti eclatanti.

"Guarda, guarda...la pecorella smarrita ha, purtroppo, ritrovato la via di casa!"

La canzonò con la sua tipica ironia tagliente e offensiva. Candy la trovava ancor più villana, maligna e scortese di quanto ricordasse. Non fu più in grado di trattenere la mano bramosa di colpire, l'istinto prevalse sulla ragione e il manrovescio che ricevette stordì Iriza Legan a tal punto da farle perdere l'equilibrio.

"Oh Dio mio che disonore sapere che porti il cognome degli Andrew, Candy!"

La zia Elroy, in compagnia di Iriza, manifestò la sua intolleranza verso quel comportamento, nascondendosi il volto tra le mani rugose, come a dimostrare la sua umiliazione. Candy aveva astio e parole dure da spendere anche nei confronti della vecchia matriarca.

"No, il disonore è mio a sapere di averla considerata come una vera zia per tutto questo tempo!"

Le sferrò l'affronto verbale, con aria di sfida.

"Piccola selvaggia ti pare questo il modo di trattare con un membro delle più rinomate e rispettate famiglie americane!"

La zia Elroy l'afferrò per un braccio, cercando di storcerglielo.

"D'altronde cosa si può pretendere da una sudicia orfanella!"

La discussione stava degenerando, la verità era che Candy era sempre restata al proprio posto e mai aveva alzato la voce, ora che aveva innescato la miccia la situazione le stava sfuggendo di mano.

"Ora basta, non permetto simili ingiurie tra i miei ospiti. Zia Elroy, Iriza non avete il diritto di rivolgere questi squallidi epiteti alla mia amica Candy!"

Il padrone di casa intervenne a placare gli animi focosi delle tre donne, con l'autorità e la fermezza di un vero comandante che non avrebbe ammesso repliche di alcun tipo.

Finalmente Candy riconobbe il vecchio Anthony, il suo Anthony...quello di cui si era irrimediabilmente infatuata e che ora aveva ritrovato; il ragazzo pronto a ribellarsi all'etichetta e alle imposizioni pur di rivendicare i propri ideali.

"La tua amica Candy?! Questa lurida approfittatrice e arrampicatrice sociale che ti ha quasi ucciso!"

Iriza, imperterrita, continuò nell'opera di demolizione della figura della ragazza.

"Non è vero!"

Si difese debolmente Candy.

"Ho detto basta offese...altrimenti non ti resta che oltrepassare il cancello del giardino, Iriza!"

La stava davvero mandando via! Era estrefatta: quale magica alchimia esisteva tra suo cugiono e l'insignificante orfanella? Possibile fosse così forte da resistere alla lontananza, all'amnesia e ai cambiamenti?

Girò i tacchi e fece pochi passi, seguita devotamente dalla zia, che registrava come un'onta personale ogni offesa arrecata alla sua nipote preferita.

-Ora inginocchiati e chiedi scusa a Candy; sì proprio come la costringete a fare con voi!

-Non è stata lei a rubare i vostri gioielli?

Queste due frasi riecheggiarono improvvisamente nella mente di Anthony: era la sua voce, l'ordine e la domanda rivolti ad un ragazzo bruno, simile ad un mulatto e molto somigliante ad Iriza, forse Neal Legan, il fratello... La voce continuava a ridondare nella mente del giovane, gli martoriava le tempie e quando, inutilmente, cercava di scavare più a fondo in quel ricordo, l'emicrania aumentava d'intensità.

"Ahia!"

Gemette alla fine, richiamando l'attenzione di tutti i presenti.

"Anthony che ti succede?"

Apprensiva, Candy lo sostenne ma lui non accennò a staccare le braccia dalla testa, la doveva sostenere quasi fosse un peso troppo gravoso per restare attaccata sul collo. Anche Iriza tornò sui suoi passi, più per approfittare della situazione che per accertarsi della salute del cugino.

"Hai visto Candy, combini sempre guai!" La reguardi infatti, quindi battè le mani per impartire ordini.

"Su giardiniere Withman lo porti in camera sua e lo adagi sul letto, io verrò più tardi a dargli un'occhiata!"

Si espresse con tono diviso tra l'annoiato e l'aristocratico. Vedendo che l'uomo, mortificato per essere trattato come uno schiavo, esitava a muoversi si spazientì.

"Non resti lì impalato!"

Lo reguardì.

"Lasci fare a me signor Withman, sono un'infermiera!"

Rivelò Candy, scioccando tutti, la zia Elroy in primis: la sua espresdsione non sarebbe stata meno delusa e mortificata se la ragazza avesse rivelato di essere una concubina.

"Infermiera! Sei sempre più un disonore per la mia famiglia, Candy!"

Quelle discussioni farcite di frecciatine velenose avevano abbondantemente oltrepassato il limite.

"Ora piantatela tutte e due!"

Le zittì Anthony, ora che la fase acuta del suo attacco era scemata.

"Si, perdoancci cugino caro...ora il giardiniere si darà una mossa e ti porterà in camera tua e io sarò lieta di allietarti con la mia presenza."

Anthony la fulminò con uno sguardo spazientito, poi sbuffò.

"Grazie della gentile offerta Iriza, ma Candy è più qualificata di te nell'alleviare le sofferenze altrui, inoltre il signor Withman può tranquillamente tornare al suo lavoro...in camera mia ci arrivo da solo anche con una gamba e mezza!"

Candy non potè esimersi dal sorridere sorniona.

Un tempo sarebbe stata imbarazzata nel trovarsi nella stanza di un ragazzo, ma il tirocinio infermieristico le aveva fatto vincere pregiudizi e luoghi comuni sul rapporto tra i due sessi.

La stanza di Anthony, irrorata di luce, nonostante fosse già il tramonto, era confortevole e accogliente, con il suo semplice arredamento.

"Qui ho trascorso i mesi successivi all'incidente! Mio padre desiderava che fossi baciato dal sole e carezzato dalla luce al mattino!"

Spiegò il ragazzo, pogiandosi sui cuscini. Il riposo era richiesto maggiormente dalla gamba che dalla testa che, ormai non doleva più. La presenza di Candy si rivelava una docle compagnia.

"A proposito di tuo padre...non è in casa?"

Indagò Candy, inquieta. Il ragazzo scosse la testa, sorridendo affabilmente.

"No, prima mi ha avvisato che si sarebbe inoltrato nel bosco qui intorno, alla ricerca di more selvatiche!"

"Tu ne vai matto!"

Lo sorprese quella che fino a poche ore prima era una sconosciuta. Che straordinaria sinfonia si era creata a primo acchito con quella bella donzella: sinceramente non sarebbe stato a più agio se la ragazza avesse trascorso assieme a lui tutti i giorni della sua esistenza.

Decise di esternarle le sue sensazioni.

"Sai Candy sono davvero felice che stamattina mi sei ruzzolata tra le braccia!"

"Anche io!"

Sorrise lei. Ma era già il tramonto: quella giornata era scivolata via così velocemente essendo la più sorprendente, bella, irreale e fugace della sua vita. Ora che le sue idee si stavano stabilizzando, i doveri che gravavano sulla sua vita tornavano ad interverire nell'idillio che era stata la giornata perfetta.

"Purtroppo ora dovrò lasciarti di nuovo! Dovrò portare Mina alla Casa di Pony e dopodomani dovrò riprendere servizio in ospedale!"

Rivelò, lasciandolo basito.

Stupido! Davvero credevi che sarebbe rimasta per sempre con te? Come tutte le visioni celestiali si è fatta conoscere, si è fatta amare risvegliando in te sentimenti sconosciuti e ora se ne andrà lasciandoti in balia dei tormenti e della brama di rivederla.

Pensieri diversi fluttuavano nell'animo di Anthony, non più le voci udite in quelle specie di pseudoallucinazioni.

"Certo capisco, ma stanotte resta a dormire qua...non sarei tranquillo a saperti girovagare di notte per raggiungere la casa...!"

"La casa di Pony!"

Completò lei.

-Hai troppi ricordi laggiù inizio ad esserne geloso!

Ecco di nuovo quelle voci prepotenti e asfissianti.

"Anthony!"

Lo chiamò, vedendolo estraniato.

"Niente...è solo un capogirò!"

Mentì mentre lei adempì tutti quei compiti normale routine per un'infermiera.

Quando il signor Brawn rincasò, fu felice di far la conoscenza della ragazza. La serata trascorse allegramente e la notte tranquilla. Il mattino fu il momento dei saluti e la promessa degli arrivederci.

Quindi Candy si incamminò verso il suo vecchio e caro orfanotrofio, ma prima di giungere a destinazione fu bloccata dal postino, suo vecchi amico. La lettera che le consegnò aveva come mittente Terence Granchester!

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Capitolo 8
*** Un'amore diviso ***


CAPITOLO 8: "Un amore diviso"

Narrano i greci che la rosa nasce con Afrodite, che usciva dalle onde grondante d'acqua. Una goccia, attaccata alla pelle nuda della Dea, cadde a terra facendo nascere la prima rosa. I fiori furono tutti bianchi, ma un giorno Venere, accorrendo a soccorrere Aron si punse e il fiore s'imporporò del sangue della Dea.

***************

Rigirò la carta da lettera tra le mani tante di quelle volte da rischiare di sgualcirla prima di averne letto il contenuto. Fino all'altro ieri, nel riconoscere quella calligrafia non avrebbe avuto remore a strappare la busta ed esplorare ogni contorno delle parole a lei indirizzate. Ora era tutto diverso...

Quanto sa essere crudele e beffardo il destino! Per mesi la felicità era stata latitante con lei e ora le ripresentava entrambi i motivi della sua passata sofferenza, costringendola ad un ultimatum.

Davvero era chiamata a scegliere tra Terence ed Anthony?

Il suo cuore era così confuso che prestargli ascolto appariva un'impresa proibitiva.

Non aveva nessuna fretta, il fato se l'era presa comoda quando l'aveva posta innanzi a ripetuti banchi di prova e ora si sarebbe presa i suoi momenti di riflessione.

Mina, scodinzolando allegramente, sospinse il musetto macchiato e indagatore contro la missiva, quasi volesse esortare la ragazza a leggere. Bloccata dal postino, la ragazza aveva temporeggiato nel raggiungere la sua destinazione e ora se ne stava seduta su uno steccato in legno.

"Sei una cagnolina curiosa!"

Rimproverò la bestiola con tono divertito.

"Sei impaziente che legga? Beh...tanto prima o poi!"

Si convinse, strappando con decisione la busta bianca. Mina si accucciò ai suoi piedi,ora annoiata.

"Mia Carissima Tarzan tutta lentiggini,

probabilmente ti arrabbierai per questo esordio un pò canzonatorio"

Candy non potè fare a meno di sorridere al ricordo della sua ira passata innanzi a quel nomignolo, poi proseguì nella lettura.

"Mille pensieri mi ronzano nella testa ma faticano a trovare un nesso su questo foglio di carta bianco. Potrei rinvangarti i bei momenti trascorsi insieme, ma tu già li conosci allora ti parlerò di quanto siano stati duri questi mesi senza di te! Ho abbandonato il collegio per proteggerti ma ho saputo di essermi "sacrificato" invano, in quanto tu non sei rimasta in quella prigione! Ne sono davvero contento...! Sono tornato in America con il cuore a pezzi, maledicendomi per non averti portata con me, ma non volevo infrangere i tuoi sogni! In quanto ai miei posso dire di essere riuscito a realizzarli grazie a te, Candy! In questa busta troverai un biglietto per assistere alla prima rappresentazione di Romeo e Giulietta...spero di vederti in prima fila e sapere ,in tal modo, che non mi riservi astio per il mio improvviso abbandono."

Dunque Terence era diventato un attore di teatro e avrebbe recitato a Brodway! Candy capì che anche il ragazzo aveva trovato la sua strada.

"Ah dimenticavo! Tornato in America sono andato a cercarti nei luogni della tua infanzia, inizialmente forse in modo stupido, poi vi sono ritornato e ho scoperto che anche tu sei tornata in patria! Rivederci non è più un'utopia...

Ti abbraccio forte, tuo Terence"

Ora aveva bisogno di rileggere quelle poche righe che erano diventate come l'acqua per un assetato; più leggeva più le sembrava di schiarirsi le idee ma quando arrivava al fondo dell'ultima riga la confusione regnava nuovamente sovrana. Improvvisamente arrivare alla casa di Pony le paeve la priorità maggiore: in quel guazzabuglio di sentimenti occorrevano i suggerimenti delle sue due mamme!

"Andiamo Mina!"

Esortò il cane a tenere il suo passo e si mise a correre. Nonostante tutto era felice per aver ritrovato sia Terence che Anthony e lasciò che la calda brezza primaverile le solleticasse il viso.

La cara, vecchia, casa di Pony sarebbe sempre stato il porto sicuro ove trovare rifugio dopo tutte le tempeste della sua vita. Miss Pony e suor Maria sarebbero state sempre le apprensive consigliere piene di suggerimenti giusti.

Candy sedeva innanzi alle due religiose, ripresesi dallu stupore iniziale per quell'improvvisata, innanzi ad una tazza di cioccolata fumante. Nonostante il caldo, Miss Pony non rinunciava ad aggraziarsi gli ospiti con la sua specialità culinarea.

"Allora come proseguono i tuoi studi, Candy?"

S'informò.

"Bene, bene!"

Fu l'evasiva risposta. Candy aveva poco tempo per dilagarsi in minuziose descrizioni, innanzi tutto voleva consigli su altre faccende più importanti.

"Per caso è venuto qualcuno a chiedere di me?"

Chiese a bruciapelo, rammentando la frase di Terence "sono stato nei luogni della tua infanzia..."

Suor Maria prese la parola.

"Sì è venuto due tre volte un ragazzo...si è fermato poco e non ci ha detto nemmeno il suo nome! Un bel giovane, comunque!"

Sospirò l'ultima frase.

"Suor Maria!"

La riprese Miss Pony, facendola arrossire. Candy fu divertita nel vedere le due spose del Signore alle prese con le tentazioni umane. Calò il silenzio benchè vi fossero molti argomenti da esporre , dubbi da dissipare e curiosità da chiarire.

"Ho rivisto Anthony!"

Improvvisò ancora la ragazza.

Impossibile aver scordato il nome del ragazzo che, con la sua prematura scomparsa, aveva provocato quasi una crisi d'identità alla loro figlioccia.

"Quell'Anthony? Il nipote degli Andrew?"

Chiese incredula Miss Pony, quasi in preda ad una crisi mistica. L'altra suora si fece ripetutamente il segno della croce.

"Oh Gesù, misericordia!"

"Non è morto, lui...lui è vivo!"

Si commosse Candy, sorprendendosi lei stessa nel poter pronunciare quella frase miracolosa. Quindi narrò, brevemente, tutto l'intrigo.

"Ma nel tuo cuore c'è anche un posto importante per Terence, vero Candy? Ti sono brillati gli occhi quando hai pronunziato quel nome !"

Indagò Miss Pony alla fine. La giovane sprofondò una mano tra i riccioli dorati, all'altezza delle tempie.

"Sono così confusa!"

Ammise, sperando in un pò di comprensione. Le sue madrine furono schiette.

"Ascolta piccola noi non possaimo dispensare molti consigli in fatto di uomini!"

Stavolta Suor Maria era più disinibita ma estremamente materna.

"Tuttavia possiamo dirti che l'amore bussa alla porta di ciascuno di noi, almeno una volta nella vita...la difficoltà sta nel riconoscerlo e non sbarrargli la porta del nostro cuore!"

Candy aveva seguito, ammirata quel discorso.

"Sono sicura che lo riconoscerai, quando sarà tempo!"

La incoraggiò Miss Pony.

Ora sapeva che non sarebbe stato un reato ma un privilegio prendersi il tempo necessario per pensare e sarebbe andata anche a teatro. Sarebbe andata per rivedere Terence e per ascoltare e capire il suo cuore.

****************

"Si ride delle cicatrici altrui che non ebbe a soffrir giammai ferita..."

Una vampata di calore gli attraversò lo stomaco durante quell'impaziente attesa. Per un attimo sperò di vedersi affacciare al balcone una fanciulla dai morbidi riccioli biondi e con il viso pieno di lentiggini. A riportarlo alla realtà fu l'alta figura di un'altra giovane dalla lunga chioma bionda e dagli occhi limpidi.

"Romeo,Romeo perchè sei tu Romeo! Rinnega tuo padre, rinnega il tuo casato!"

Susanna Marlow si lasciò trasportare dall'enfasi nel recitare la famosa scena.

"Che faccio resto zitto ad ascoltare o le rispondo?"

Meditava Romeo. Terence Granchester si era perfettamente calato nei panni dell'innamorato disperato. Lui e il teatro parevano fondersi in una sola cosa: non sarebbe potuto essere più a suo agio se dietro ad una tenda rossa vi fosse nato. In verità quella passione doveva essere radicata nei cromosomi ereditati dalla madre. Recitava in maniera talmente realistica che era impossibile non commuoversi. Come poteva capire quel Romeo!

Terence era giovane,era bello, possedeva il fascino dell'eroe dannato, era richiesto...Non avrebbe potuto pretendere altro, ma l'amore lontano gli faceva apparire quisquilie tutti i suoi successi.

Pensò alla lettera: chissà se Candy l'aveva ricevuta! Chissà se sarebbe andata a teatro la sera della prima rappresentazione...forse erano più vicini di quanto sperasse e la loro felicità non era più una caduca chimera. Ciò che ignorava era l'esistenza di un possibile rivale in carne ed ossa.

************

James Brown si sentiva un uomo rinato da quando Madre Natura, o chi per lei, gli avevano restituito il figlio: Anthony lo rendeva il padre più felice del mondo. Non scorgeva più un ragazzino disorientato ed estraniato dal mondo, ma dopo l'incontro con Candy, vedeva un giovane speranzoso e pieno di progetti.

Anthony aveva alacremente lavorato per tutto il giorno.

"Forse sto riacquistando la memoria!"

Aveva confessato, un pò imbarazzato, un pò timoroso al padre quella mattina, accennando al malore del giorno precedente. Il genitore, pur interpretandolo come un segnale ben augurante preferì non concedersi facili entusiasmi. Osservava il figlio assorto tra i suoi fiori ed era come rivedere la moglie defunta. Quel pomeriggio, poi, lo smascherò.

"Ma si può sapere cosa stai confabulando tutto il giorno? Non me la racconti proprio giusta..."

Lo canzonò, riscoprendo una complicità maschile che mancava da tempo o che, forse, non avevano mai avuto. Anthony arrossì, titubante nel renderlo partecipe della sua composizione floreale.

"Ho confezionato dei fiori secchi...sono un regalo per una persona!"

Tagliò corto, rivelando il suo lavoro. Il padre però, dall'altro della sua maturità,non impiegò molto a comprendere a chi fossero destinati.

"Ah è proprio vero! Le donne riescono a farci perdere la testa!"

Filosofeggiò entusiasta il signor Brown: persa Rose Mary per sempre mai avrebbe pensato che l'amore tornasse a bussare alla porta della sua casa.

Un ultimo tocco e l'originale confezione, tripudio di colori e profumi delicati, fu completa. Anthony si terse la fronte con una manica della camicia, non tanto per il lavoro quanto per la calura e scorse una figura oltre il cancello d'ingresso.

"Candy!"

Chiamò, dimenando le braccia per farsi scorgere.

La ragazza non voleva partire prima di averlo visto un'altra volta, ormai era presa da una tale ingordigia da voler recuperato tutto il tempo in cui erano stati separati: non potendo rinunciare alla sua vita, aveva però deciso di salutarlo, di assicurarsi che fosse realmente lì, prima di raggiungere la stazione ferroviaria.

"Ti ho portato un amico!"

Esordì con aria misteriosa, presentandogli un buffo animaletto.

"Ti presento Klin!"

Annunciò formalmente, ma il ragazzo scoppiò a ridere. Avesse potuto lo avrebbe pregato di ridere ancora e ancora perchè quel suono le catturava il cuore.

"Che animale è?"

Chiese curioso.

"Klin è un procione!"

Specificò Candy, scoppiando a ridere a sua volta nell'osservare le buffe mosse dell'animaletto non venendo riconosciuto.

"Sai finora è stato alla casa di Pony ma con l'arrivo di Mina non gli va più tanto a genio di condividere con lei le attenzioni dei bambini; avevo bisogno di una persona fidata che si prendesse cura di lui...sono sicura che andrete daccordo!"

Lui parve apprezzare quel nuovo,strano compagno. Qualcos'altro a cui dedicarsi oltre al giardino, un nuovo amico oltre a suo padre a al signor Withman.

"Certo che andremo d'accordo, vero Klin?"

Il procione gli saltò in braccio.

"Sai ho l'impressione di conoscerti già!"

Rivelò, perchè c'erano sensazioni che non poteva ignorare.

"Lo credo bene, durante la mia infanzia io e Klin siamo sempre stati in simbiosi!"

A Candy venne in mente il viaggio nell'arido West, quando finalmente era tornata al cancello delle rose,tra le braccia del suo Anthony: avrebbe voluto raccontargli tutto, ma desistette. Non voleva forzare la mano, voleva studiare ancora e trovare il modo più appropriato per aiutare Anthony.

"Anche io ho un regalo per te!"

La sorprese il ragazzo, balbettando la frase poichè non era più abituato a trattare con ragazze molto diverse da Iriza. Le consegnò la confezione di fiori sechi; lei rimase estasiata come quando in un lontano giorno di maggio, al galoppo di Pegasus, la portò alla scoperta della Dolce Candy.

"Grazie!"

Sussurrò soltanto, stampandogli un bacio di ringraziamento su una guancia, fu Anthony però a sorprenderla; le cinse la vita attirandola a se.

"Non lasciarmi di nuovo, Candy!"

La implorò.

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Capitolo 9
*** La sera della prima ***


CAPITOLO 9: "La sera della prima"

Piccola rosa, rosa piccina,

a volte minuta e nuda

sembra che tu mi stia in una mano

che possa rinchiuderti in essa

e portarti alla bocca.

Ma d'improvviso

i miei piedi toccano i tuoi piedi

e la mia bocca le tue labbra.

Sei cresciuta!

Le tue spalle salgono come due colline

i tuoi seni si muovono sul mio petto

il mio braccio riesce appena a circondare

la sottile linea di luna nuova

che ha la tua cintura.

Nell'amore come acqua di mare ti sei scatenata

misuro appena gli occhi più ampi del cielo

e mi chino sulla tua bocca per baciare la terra.

(Pablo Neruda)

.............

Candy si diresse per l'ennesima volta verso il suo spogliatoio, nella saletta degli infermieri. Ormai aveva adempiuto a tutte le sue mansioni e, accertatasi che nella corsia regnava il sonno, non restava molto da fare. Eppure era inchiodata al suo lavoro, proprio quella sera...la sera della prima di "Romeo e Giulieta"!

Presa dall'euforia di quel momento, lo aveva pianificato nei minimi particolari senza calcolare i suoi incombenti doveri; dimenticando perciò che quel giorno le era stato assegnato il turno notturno. Nessuna delle colleghe a cui aveva rivolto la richiesta di un cambio si era dimostrata disponibile a venirle incontro: chi aveva addotto improbabili scuse, chi era stata schietta...A Flanny, poi, era meglio rinunciare chiedere a priori una simile cortesia ,perchè se ne sarebbe uscita con le sue prediche sulla serietà e il rigore.

Sospirò, pogiandosi all'anta metallica del suo armadietto, maldestramente rovesciò sul pavimento un sacchetto profumato: conteneva i fiori secchi. Alla fine non aveva potuto esaudire la richiesta di Anthony. Per la verità non aveva nemmeno dovuto esporre le sue ragioni perchè il ragazzo, resosi conto dell'improbabile riuscita del suo desiderio, si era prontamente scusato. Aveva ammesso un momento di fragilità, pentendosi e giudicandosi egoista nel voler trattenere Candy tutta per sè.

Risistemò il sacchetto nell'armadietto: aveva scelto quella collocazione in modo da ricordarsi di Anthony e del miracolo che lo riguardava, ogni volta che le sarebbe capitato un caso analogo a quello del Signor William.

Guarò l'orologio sulla parete e chiuse gli occhi immaginando di essere in tutt' altro posto: gli occhi della fantasia riuscivano a fotografare le figure che facevano il loro ingresso in scena e lì, tra loro, a ricevere scroscianti applausi Terence, la nuova stella di Brodway.

Fu pervasa da una rabbia incontrollabile.

"Accidenti!"

Imprecò, senza accoegersi della nuova ombra che si allungava dietro di lei. Flanny si diresse verso lo stipetto dei medicinali per conservare alcuni flaconi. Schiva e riservata come al solito, tentò di ignorare i tumulti interiori della sua collega: nonostante sembrasse un muro invalicabile, Candy era riuscita ad aprire uno spiraglio di umanità in quel cuore.

"Candy!"

La richiamò

"Non m'importa il motivo per il quale aneli tanto la serata libera, ma voglio che tu rispondi sinceramente alla mia domanda!"

Era misurata come sempre e, probabilmente, la predica non l'avrebbe scampata ugualmente.

" È molto importante per te questo motivo vero?"

Lo sguardo impassibile, vitreo come le lenti che lo riflettevano. Candy confermò con un cenno della testa.

"Così importante che saresti disposta a stare alla mia mercè per i prossimi turni, quando sarò io a chiederti un cambio?"

Flanny le stava venendo incontro. Felice e sorpresa da quell'inaspettata mano protesa verso di lei, di slancio l'abbracciò. Flanny s'irrigidì.

"Si, si Flanny sarei disposta a fare anche tutti i tuoi turni di notte!"

Vaneggiò, non sapendo proprio come sdebitarsi. L'infermiera Himilton non pretendeva poi tanto, ma con quella provocazione si era resa conto che per Candy doveva essere qualcosa d'importante e voleva dimostrarsi buona anche lei, perchè se era infelice non vedeva il motivo per il quale almeno gli altri non potessero sfuggire a questa condanna.

"Allora spicciati...spero farai in tempo!"


*** ***

Terence, fasciato nei suoi abiti di scena, spiava continuamente la composizione della sala: non l'avrebbe mai scorta tra tutta quella gente!

"Nervoso?"

Chiese Susanna Marlow, sollevando con le mani l'orlo della lunga gonna, perchè non vi inciampasse. Ogni volta che avevano provato, nella scena del primo incontro tra Romeo e la giovane Capuleti immaginava di perdersi negli occhi verdi di una Giulietta ben diversa da Susanna. Rigettò un'occhiata nella sala ma nelle prime file scorgeva volti sconosciuti, finchè non venne richiamato perchè lo spettacolo stava per iniziare. Un crampo di nervosismo gli serrò lo stomaco.

**** *****

Mentre Candy correva tra le strade deserte di Chicago, nel teatro della città stavano prendendo posto due inaspettati spettatori. Iriza Legan, sicura che l'odiata Candy non si sarebbe persa per nulla al mondo il debutto del suo Terence, aveva pensato bene di trascinare con se il cugino.

Anthony, in verità, era restio ad accettare quell'invito perchè equivaleva ad esporsi al mondo, uscire dal suo sicuro nascondiglio nella foresta e afrontare le sue paure. Iriza però aveva prontamente giocato il suo asso, convincendolo che anche Candy sarebbe andata ad assistere allo spettacolo e allora aveva convinto il padre a lasciarlo andare e George li aveva condotti in auto fin lì.

Al ragazzo faceva uno stano effetto essere tortano nel mondo reale, mescolandosi tra tanta gente: era come se appena svegliato nelle sua tranquilla casetta fosse stato catapultato nel bel mezzo di una festa.

Iriza invece pregustava la piena riuscita del suo ennesimo, diabolico, piano: doveva solo far in modo che Anthony vedesse Candy e Terence assieme e avrebbe sicuramente cambiato opinione sull'orfanella.

................

Candyce White non era mai stata così bella, pareva dovesse brillare ancor più delle stelle che, alte in cielo accompagnavano la sua corsa. Il suo corpo di donna era fasciato in un lungo abito da sera, scollato sulla schiena, color cremisi, i capelli morbidi erano fermati con tante forcine sul capo in un improvvisato chignon, mentre piccole ciocche ribelli le nascondevano la front. Gli orecchini e la collana di finta perla impreziosivano il tutto: il risultato non sarebbe stato migliore se Candy avesse speso ore alla ricerca di elaborate mise. Restava la ragazze semplice che tutti conoscevano, ma la sua ingenuità era ora camuffata dall'eleganza e dalla classe.

Non ebbe però molto tempo per rimirare l'opera compiuta: inciampò più volte sulle ballerine rosse, ripetutamente scostò dalle spalle lo scialle bianco che avrebbe dovuto proteggerla dalla brezza serale, nella sua disperata corsa contro il tempo.

Finalmente giunse innanzi al teatro.

"Dove va signorina?"

La fermò una guardia sbarrandole l'ingresso.

"Ho il biglietto!"

Precisò lei, sprovveduta, estraendo il pezzo di carta dalla piccola pochette. L'uomo scoppiò a ridere sguaiatamente perchè era evidente che quella fanciulla non appartenesse all'alta società e agli eventi mondani. <_P> "Mi spiace signorina ma è in ritardo di almeno mezz'ora!"

La sala si stava svuotando, come poteva notare lei stessa dalla calca di gente che presto le si fece intorno.

"E gli attori?"

Chiese speranzosa.

"Bah staranno cambiandosi dagli abiti di scena!"

Quindi Terence era ancora dentro il suo camerino! Forse non tutto era perduto.

"La prego mi lasci parlare con Terence Granchester!"

L'uomo però la prese in giro

"Ah è un debuttante il nostro Romeo ma è gia un gran rubacuori!"

Poi aggiunse duro

"Spiacente ma gli attori, e men che meno il signor Granchester, non vogliono più essere infastiditi dai fans, dalle ammiratrici in particolare!"

E la mise alla porta senza neppure darle il tempo di spiegare.

Era tutto perso. L'ansia accumulata la fece esplodere in singhiozzi. Prese posto su uno scalino lì distante, incurante di poter rovinare l'abito, sicuramente non vi sarebbero state altre occasioni per reindossarlo.

"Candy?"

La voce sorpresa la colse alla sprovvista. Lì innanzi a lei stava Terence, con ancora gli abiti di scena addosso.

Stordito dall'inaspettato succeso che aveva riscosso quella sera, il ragazzo aveva preferito prendere una boccata d'aria per meglio rendersi conto di quanto stava accadento, così aveva scorto quella figura solitaria, intenta a piangere. Dovette sfregarsi gli occhi per riconoscere la sua piccola Tarzan tutta lentiggini in quel perfetto corpo di donna.

Ora voleva toccarla, stringerla contro il suo petto, baciarla.

"Mi dispiace di aver perso il tuo debutto!"

Mormorò lei, frenando le lacrime. Terence le carezzò una guancia.

"L'importante è che sei qui ora!"

Le assicurò, venendo attratto come una calamità dagli occhi lucidi che imploravano perdono. Allora cercò smaniosamente le sue labbra e venne corrisposto. Fu ancor più bello della prima volta, questo fu il loro, primo, vero bacio.


............

Iriza masticava amaro dirigendosi verso la vettura per tortane a casa: l'ennesimo piano sfumato. Quella Candy a combinare guai era brava ma era altrettanto brava a sfuggirli quando lei glieli voleva procurare!

"Lo spettacolo era davvero bello! un peccato però che Candy se lo sia perso!"

Osservò Anthony. Iriza stava per replicare, quando notò due figure appartate intente in effusioni amorose, riconobbe gli abiti di scena di Romeo.

"Non arrenderti sosì presto caro Anthony...La tua Candy è proprio lì!"

Lui guardo curioso verso la direzione indicata dalla cugina, voleva salutare Candy ma fu imbarazzato nel violare la privacy di quei due innamorati.

"Ma Iriza che vai blaterando? Sono due fidanzati...pur se lei pare una fata!"

Mormorò, essendo ammaliato dalla fanciulla.

"Ma che fata, quella è una strega! Guarda meglio, non ti pare di conoscerla?"

Insistette, allora lui fu vinto dalla curiosità e gettò una nuova occhiata, ma gli si gelò il sangue nelle vene riconoscendo Candy nella ragazza impegnata, con tanta enfasi in quel bacio.

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Capitolo 10
*** Il fantasma di Lakewood ***


E con questo capitolo Wirda e Tetide avranno conferma della sfortuna di Anthony e della cattiveria di Iriza ( mah riusciremo a farla crescere?) Chissà se come dice Andy Grim ne vedremo della belle e se regaleremo altri momenti piacevoli a Terryfirslove...Per ora vi ringrazio per le vostre recensiono, sperando che continuerete a seguire la storia...

CAPITOLO 10: "Il fantasma di Lakewood"

Rosa tu sei malata,

Quell'insetto invisibile

che la notte vola

nell'urlo della tempesta

ha scoperto il tuo letto di gioia color porpora

e il suo amore, oscuro e segreto,

la tua vita consuma e distrugge.

(William Blake)

Fu difficile dire nuovamente addio a Terence. Quel loro breve incontro, così intenso ed inatteso, le lasciava ora l'amaro in bocca: lei e Terence si erano costruiti due vite parallelamente opposte e per ricercare una felicità da condividere assieme avrebbero dovuto operare dei sacrifici. Candy, ormai, si era ambientata nell'ospedale di Chicago trovando una stabilità che le mancava da tempo e non avrebbe voluto rinunciare a quella tranquilla sedentarietà e al suo lavoro. Terence invece era un attore itinerante, un nomade sempre in giro di città in città: il mondo lo reclamava e restare nei soliti posti non gli bastava più.

Forse la lontananza era destinata ad essere una costante nel loro rapporto tormentato!

Concluse sconsolata, rincasando nel suo piccolo appartamento; non le interessava se per la società bigotta fosse sconveniente che una giovane ragazza vivesse da sola e poco le importava, in quel momento, la morale.

Ripensò a quel bacio, quasi sentendo ancora una lieve pressione sulle sue labbra, avvertendo l'inebriante piacere che lo aveva accompagnato: era stato un'incanto, un sortilegio che presto era stato interrotto.

"Ah Terence sei qui...spicciati tra poco dobbiamo partire!"

Lo aveva sorpreso Susanna. Non avrebbe voluto presentare a quel modo la sua compagna di scena alla Musa che lo aveva ispirato, ma già sapeva che avrebbe accondisceso a quella innocente richiesta. I tempi dei colpi di testa erano lontani e lui non avrebbe fatto una pazzia, non avrebbe gattato alle ortiche la carriera per inseguire il suo amore. Quei mesi lo avevano aiutato a crescere ma, forse, lo avevano reso anche un pò egoista.

Aveva sfiorato la guancia di Candy in una carezza di congedo, abbozzando un sorriso.

"Purtroppo dobbiamo ripartire per New York!"

Aveva cercato la sua comprensione.

"Capisco!"

Il mormorio dietro il quale la ragazza aveva celato la delusione. Non lo aveva implorato di restare assieme, non si era concessa fragilità come era capitato ad Anthony con lei, non voleva essere un intralcio alla realizzazione dei sogni di Terence.

"Ora che ti ho ritrovata però non ti abbandonerò di nuovo!"

Terence le stava dando una speranza o un ultimatum? Voleva forse che fosse lei a seguirlo?

Non era preparata ad avallare una simile ipotesi: neppure lei voleva rinunciare a sè stessa per vivere di solo amore. In quei mesi lei era diventata forte e pure lei un pò più concentrata su sè stessa.

"Tornerò a Chicago, troverò il tuo recapito per scriverti assiduamente, un telefono per sentire ogni giorno la tua voce...!"

Era una dichiarazione d'amore in puro stile e forse quell'innovativo strumento di comunicazione avrebbe reso più sopportabile una nuova separazione.

"Arrivederci Candy!"

L'aveva congedata con un casto bacio sulla fronte.

Alla fine si erano detti tanto con i loro giochi di sguardi, con i loro sussurri e le loro promesse ma era come se non si fossero detti niente: nessuno sapeva cosa era accaduto all'altro nei mesi di lontananza.

I giorni successivi Candy li visse come sospesa in un'altra dimensione, costantemente il pensiero tornava a quella sera e doveva sforzarsi per mantenere la lucidità necessaria sul lavoro.

Una sorpresa gradita le giunse da Archie e Stear: trovandosi a Chicago i ragazzi avevano deciso di farle un'improvvisata in ospedale, approfittando della sua ora di pausa. I fratelli Cromwell erano un pezzetto della sua famiglia, li considerava al pari di Tom, Annie e degli altri bambini con cui era cresciuta in orfanotrofio.

I ragazzi avevano un'aria distesa e sembravano felici, osservò Candy scrutandoli, seduti di fronte a sè nel giardino del nosocomio. Suppose che la strana resurrezione di Anthony avesse avuto effetti benefici sul loro spirito, ora ritemprato. Nell'euforia di ritrovarsi si persero in chiacchere di circostanza, cercando le parole adatte per mettersi al corrente delle loro storie.

"Sapete ragazzi qualche settimana fa ritornando alla casa di Pony ho intrapreso una scorciatoia...!"

Iniziò a narrare Candy.

"Finchè sono giunta ad una cascina in campagna circondata da un grande giardino ben curato!"

"Ah ma quella è la villa di campagna degli Andrew!"

Rivelò Stear senza rifletterci sopra, il fratello gli arrivo un pugno in testa.

"Era colma di tante rose...Dolce Candy vero?!

Cercò conferme Archie. Lei confermò.

"Lo hai visto?"

Chiese con maggiore curiosità il nobile ragazzo. Si accorse che a Candy erano spuntate le lacrime mentre faceva segno di assenso con il capo: per lei sarebbe rimasto sempre un miracolo questa storia.

"Non perdoneremo mai la zia Elroy per il male che ci ha fatto!"

Concordarono all'unisono i due fratelli.

"Candy sai che Patty è tornata in America?"

Deviò il discorso Stear per evitare situazioni imbarazzanti e per cercare di assopire i suoi racconti.

"Purtroppo questa maledetta guarra sta dilaniando l'Europa...speriamo non giunga mai in America!"

Riflettè Archie. Un'ombra di preoccupazione velò le iridi verdi dell'infermiera: era felice per Patty ma in apprensione per Albert, il fidato amico e consolatore in tante sventure, che aveva lasciato a lavorare in uno zoo londinese.

"Sai per festeggiare il suo ritorno abbiamo organizzato un pic nick per domenica, ci sarà anche Annie e...ci farebbe piacere averti con noi!"

Le formularono quell'invito che lei era entusiasta di accettare, pur essendo frenata da una remora che, inconsapevolmente, Stear chiarì.

"Abbiamo provato a coinvolgere anche Anthony ma lui ha declinato l'invito...dice di avere ancora bisogno di tempo prima di conoscere nuove persone!"

Rivelò, un pò preoccupato della fragilità emotiva del cugino. Candy si vergognò nell'essere sollevata dall'udire quelle parole: forse era meglio non frequentarlo assiduamente per un pò di tempo.

***********

La scena a cui aveva assistito fuori dal teatro aveva trasformato il giovane Brown in un essere furioso, irascibile e scontroso. In una prima reazione rabiosa aveva perfino cercato di riservare la sua frustrazione sulle sue piccole e delicate creazioni; ma impugnato un cespuglio di rose per sradicarlo dal terreno, le spine aculee gli avevano fatto riacquistare la razionalità: non era giusto prendersela con i fiori, loro non erano causa dei suoi tormenti.

Non riservava rancore a Candy e non riusciva nè poteva odiarla, condannava solo la sua fantasia che aveva lasciato galoppare freneticamente senza porre limiti. In fondo se quella ragazza non fosse apparsa dal nulla, svenendo tra le sue braccia, sarebbe rimasta una qualsiasi sconosciuta; da allora era divantata una conoscente, un labile legame con il suo confuso passato ma non sapeva niente della ragazza. Nei loro pochi incontri avevano parlato sempre di lui, per puro caso era venuto a conoscenza del fatto che lavorasse come infermiera ma non sapeva nullaltro. Sapeva se era felice? Se aveva sofferto? Se era legata o innamorata di qualcuno?

Nulla di tutto ciò e si considerava uno stupido ad aver lasciato tante domande in sospeso...Ora forse era troppo tardi per recuperare, troppo tardi per riportare nel suo piccolo mondo quella meravigliosa farfalla, non poteva regredirla allo stato di crisalide, dove ancora lui era rimasto.

Qualche giorno dopo era impegnato nella lettura di un libro quando Iriza venne a turbare la sua pace.

"Devo parlarti!"

Esordì, senza giri di parole.

Lui chiuse il libro, guardandola con aria annoiata.

"Spero ti sia ripreso dallo spettacolo extra dell'altra sera!"

Anthony ignorò la provocazione.

"Allora cosa vuoi?"

Chiese sperando di togliersela presto dai piedi.

"Sono venuta a proporti un'accordo conveniente per entrambi sul quale i miei genitori e la zia Elroy hanno gà dato il loro benestare!"

Il ragazzò si allarmò, non prevedendo nulla di buono. Iriza si controllò le unghie con indifferenza.

"Cosa pensi se ci fidanzassimo?"

Buttò lì, con lo stesso tono in cui avrebbe chiesto se la minestra era saporita. Anthony sbuffò a ridere, covando il desiderio di pungere Iriza con la sua stessa arma.

"Fidanzarmi con te?"

Ripetè per accertarsi di aver compreso bene. La cugina non si scompose.

"Ovviamente! Riflettici solo io potrei ridarti un pò di calore umano...ma guardati a soli 18 anni ridotto come un eremita fuori dal mondo!"

Lo apostrofò dandogli, nonostante la cattiveria, anche importanti spunti di riflessione. Inutile sottolineare che la trovata di Iriza nascondeva un doppio fine: trovandosi la sua famiglia con diversi debiti aveva pensato bene ad un matrimonio di interesse.

Anthony però era incurante della gentilezza e delle buone maniere, così non gli importò di poter apparire sgorbutico.

"Ho perso la memoria non il cervello!"

Chiarì infatti.

"Pensi non sia al corrente del male che avete provocato tu e la tua cara zietta con i vostri stupidi sottorefuggi?"

La zittì mettendola alla porta. Mai un'onta del genere aveva offeso la dignità di Iriza Legan.

"Me ne vado ma non finisce qui Anthony...me la pagherai!"

Sbraitò battendo i piedi. Il cugino non diede molto peso alle minacce ma aveva sottovalutato Iriza.

************

"Mamma ho urgente bisogno dell'indirizzo di quel tuo amico editore!" >P> Neppure il tempo di arrivare a casa e una dibolica idea le era balenata in testa.Alla signora Legan bastava leggere quella determinazione nello sgardo della figlia per assecondarla, senza chedere troppe spiegazioni.

"Salve parlo con il Signor Richard Cameron?"

Attese la risposta dall'altro capo, dopo aver roteato i tasti del telefono. Avendo risposta positiva continuò.

"Ho un'esclusiva che farà riempire le testate del suo giornale!"

Comunicò con enfasi, l'altro parve non darle molto credito: sperò non si prendesse gioco di lui, visto che non era un bel periodo per il suo giornale.

"Si tratta di un ritorno dal regno dei morti nella famiglia degli Andrew!"

Anticipò. Al nome della rinomata stirpe di Lakewood il signor Cameron drizzò le orecchie.

"Vuol farmi intendere che esiste un fantasma di Lakewood?"

A Iriza piace quella denominazione e soddisfatta programmo un loro incontro faccia a faccia, entro breve.

**************

Terence era uscito alla frescura della sera per fumare una sigaretta e concedersi uno spazio per sè e i suoi pensieri ora che la giornata volgeva a termine. Non recitava quella sera, perciò si mise ad osservare i movimenti della città: era tutto così tranquillo e paradossalmente lontano dall'apocalisse scoppiata nel Vecchio Continente, sperava ancora che la madre rinunciasse alla tournèè in Inghilterra: non era il periodo adatto e lui non voleva lasciarla partire da sola.

"Fantasma a Lakewood...fantasma a Lakewood!"

Lo strillone ripeteva la notizia per invogliare la compera dei giornali. Il centro dove la sua Candy era cresciuta fu per lui un richiamo, scese in strada per poi rincasare con una copia del giornale in cambio di qualche spicciolo. Spagimò tranquillamente e cominciò a leggere.

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Capitolo 11
*** Il profumo del passato ***


Ecco finalmente accontentata Wirda: ti ringrazio per l'entusiasmo con cui segui la mia storia! Per rispondere alle tue perplessità e a quelle di Tetide diciamo che ho immaginato una Candy confusa e un Anthony in crescita; soprattutto per quest ultimo la difficoltà sta nel trovare le sfaccettature di un personaggio che,nel manga, non ci è stato fatto conoscere appieno, allora credo che sia probabile e umano che anche lui si infuri!

Comunque mi fa piacere se esprimete le vostre opinioni!

"Meglio fuori dal mondo che dentro di...!" Ma Andy Grim sei un genio, vorrei fossi tu a scrivere le battute per questi personaggi...

Come sempre, grazie di cuore a voi tutti.

CAPITOLO 11 ( parte 1): "Il profumo del passato"

Si ritorna a queste rose vecchio stile, come alla poesia e alla musica di una volta.

Un giardino richiede vecchie associazioni, antiche fragranze ,come una casa, ha bisogno di cose antiche che hanno vissuto insieme con lei.

(da The Rose Giornal)

Candy si perse nella contemplazione del lago Michigan: nelle limpide acque che lo componevano poteva vedere riflessi tanti eventi della sua vita. Il più grande lago degli Stati Uniti si estendeva in un'ampio bacino che permetteva alla ragazza di immaginare che le acque si diramassero per una metratura ancor più profonda di quella reale, per trovare sbocco nel centro del suo universo infantile: Lakewood!

Annie e Patty si lasciavano carezzare dalla leggera brezza del vento mentre i fratelli Cromwell, sporto anch'essi il busto oltre il ponte di pietre, affidavano i loro pensieri al flusso delle acque.

"Archie!"

Candy richiamò l'attenzione del cugino dandy.

"Ricordi il nostro primo incontro?"

Quelle acque glielo avevano rievocato.

Annie si sporse verso di loro per ascoltare, benchè volesse molto bene alla sua amica d'infanzia la sua presenza la rendeva insicura, ben consapevole dell'ammirazione che Archie aveva sempre dimostrato per la ragazza.

"Sbucai da quella porta seminascosta nella cascata!"

Concluse per lei, con un mezzo sorriso: come apparivano lontani quei tempi. Fu preso dal magone.

"E di me ti ricordi Candy?"

S'intromise Stear

"Ti diedi un passaggio su questo vecchio macinino!"

Rammentò orgoglioso, dando un colpetto al parafango dell'automobile, mentre gli altri facevano gli scongiuri affinchè non si staccasse qualche pezzo di lamiera. Era la prima, vera, invenzione ben riuscita a Stear come testimoniava il fatto che fosse ancora intatta, dopo molti anni.

Scoppiarono tutti a ridere perchè Stear, con i suoi gesti genuini e spontanei, era l'allegria e il buon umore impersonificati.

"Devo riconoscere che i nostri primi incontri furono davvero buffi!"

Si vide costretta ad ammettere Candy, sorridente.

"Dovevate essere un trio divertente!"

S'intromise Patty, in parte gelosa per non essere stata parte di quei momenti spensierati.

"Diciamo che io ed Archie eravamo un pò il contorno!"

Il ragazzo si risistemò gli occhiali, senza perdere la sua leggerezza, per punzecchiare Candy.

"Ma Stear...!"

Si oppose lei, risentita.

"Ma non c'è la siamo mica presa, Candy ,quando ci hai preferito il principe delle rose!"

Gesticolò con le mani cercando di giustificarla mentre la ragazza arrossì violentemente e fu costretta a voltarsi, per nascondele l'imbarazzo.

Patty gongolava: per una sognatrice come lei dove c'era un principe c'era una favola.

"Un principe in carne ed ossa?>

Chiese, prendendo sotto braccio l'amica.

"Perchè non me ne hai mai parlato!"

"Perchè...è una storia molto lunga!"

Cercò di deviare il discorso Candy ma Pstty non si dava per vinta facilmente.

"Allora abbiamo tutto il tempo...sempre che tu sia dei nostri!"

Candy non aveva ben compreso quell'ultima affermazione. Archie tirò un calcio ad un sassolino, con le mani nelle tasche.

"Avevamo proposto alle ragazze di far conoscere loro Lakewood ma...se tu hai particolari obbblighi verso l'ospedale possiamo rimandare, l'importante oggi è stare tutti assieme!"

Era ancora mattina presto e, pur se il viaggio si sarebbe rivelato abbastanza lungo, Candy avrebbe avuto anche il giorno successivo di congedo; decise quindi di partecipare alla folle gita.

"Mi piacerebbe tornare a casa!"

Si stupì anch'essa delle sue parole; in fondo alla villa degli Andrew aveva incontrato la sua seconda famiglia, dopo i bambini della Casa di Pony.Abbassò lo sguardo.

Però non vorrei ritrovarmi faccia a faccia con la zia Elroy!"

Stear si rallegrò.

"Oh ma lei è qui a Chicago! Nessuno abita più a Lakewood da quando...da quando..."

Rinvangare il passato era difficile anche per un tipo come lui. Candy gli posò una mano sulla spalla.

"Non dobbiamo più essere tristi quando parliamo di Anthony!"

Lo incoraggiò.

***************

La chevrolet scura si addentrò lungo un viale alberato, sul sedile posteriore Anthony sedeva accigliato con accanto a se una copia di giornale arrotolato; un'ulteriore occhiata e i suoi nervi sarebbero esplosi. Si sentiva oltraggiato,calunniato e oggeso dalle parole che capeggiavano dalle colonne della testata giornalistica.

George gli rivolse un'occhioata preoccupata dallo specchietto retrovisore. La cascina di campagna, fino a poche ore prima tranquilla oasi, si era trasformata nella preda di curiosi assetati di notizie: chi aveva ordito quella tremenda menzogna aveva curato a puntino il suo piano. Anthony non dovette faticare molto a intuire chi gli avesse giocato quel tiro mancino.

Iriza era riuscita a fuorviare la personalità del cugino,m dipingendolo come un'essere avaro e opportunista, calcando sulle sue sfortune fisiche. L'articolo parlava del giovane rampollo degli Andrew definendo un ragazzo menomato che pretendeva di essere creduto morto dal mondo, inclusi i parenti, per estromettere i cugini dall'eredità della zia gravemente ammalata. Il furbo calcolatore, una volta impugnato il testamento dove restava l'unico erede degli Andrew, non avrebbe più avuto remore a farsi vedere, nuovamente in giro. Fino a quel momento aveva latitato in una sperduta zona di campagna per agire indisturbato.

Era una storia assurda e grottesca, ricca di contraddizioni, la cui unica vittima era Anthony: Jamrs Brown sapeva che le ingiurie e le offese, che sarebbero piovute da persone ignoranti, erano una minaccia per la stabilità emotiva del figlio, così lo aveva mandato temporaneamente a Lakewood.

Quando la vettura oltrepassò il cancello delle rose ad Anthony venne spontaneo un sorriso: quel posto aveva il potere di calmarlo. Per un improvviso contrattempo, George non potè trattenersi: al pari del signor Withman, il fidato autista e amico dello zio William era molto affezionato al ragazzo.

Fu strano trovarsi da solo, dopo tanto tempo, in un posto cos' grande che aveva bisogno di vita; Anthony non aveva paura a confrontarsi con la solitudine tuttavia quel silenzio gli infondeva una profonda tristezza. Dopo qualche tempo sopraggiunse il tedio, così appena si pogiò su un divano al piano terra, si addormentò.

Furono dei rumori e delle voci allegre provenienti dal piano superiore a ridestarlo: prontamente riconobbe quelle dei cugini e fu tentato di portarsi fino al vano delle scale per attirare la loro attenzione. Desistette però quando udì distintamente la voce di Candy: non voleva essere fonte di disagio per nessuno e all'improvviso si sentì un'intruso. Sperò che non si fermassero a lungo ma, mentre faceva questi pensieri, urtò un tavolino che si rovesciò.

***************

I ragazzi sussultarono a quell'improvviso rumore.

"Spe...spero non siano ladri!"

Balbettò Annie stringendosi al braccio di Archie. Il ragazzo e il fratello pregarono le fanciulle di non muoversi mentre loro sarebbero andati a dare un'occhiata. Cercarono di paventare la loro paura e scesero,cauti, giù per gli scalini. Quando intravidero una testa aurea, però, regnò la sorpresa.

"Anthony!"

Gli andarono incontro. L'altro era mortificato.

"Mi dispiace ragazzi...se avessi saputo dei vostri piani non li avrei intralciati facendomi trovare qui!"

"Ma non dire stupidaggini...questa è casa tua!"

Una delle cose belle quando si cresce insieme è che si è sempre solidali uni con gli altri, accorgendosi prontamente dello stato d'animo dell'altro; perciò ai cugini non passò inosservata l'aria sconvolta e inquieta di Anthony.

"Ma cosa ti è successo?" "Ma chi può odiarti a tal punto?"

Indagò Stear.

"Iriza!" Lo illuminò Archie.

Le mani di Anthony tremarono sulla stampella

"Mi capitasse tra le mani le schiaccerei la testa sotto questo bastone...proprio come conviene ad una vipera del suo calibro!"

"Il fantasma di Lakewood!"

Ripetè Stear, cercando di trovare una punta di ironia in quel nomignolo.

"Chi è il fantasma di Lakewood?"

Cinguattò Patty, pensando a qualche improbabile e spiritoso remake della famoda opera di Oscar Wild " Il fantasma di Canterville". Candy era rimasta immobile distro di lei, alla vista di Anthony era stata pervasa dalle stesse sensazioni provate quella mattina sul lago.

Anthony si fece largo tra i cugini, per andarle incontro.

"Sono io, signorina!"

Proferi, presentandosi con un baciamano. Cercava di apparire spavaldo e di gettarsi alle spalle quella storia, eppure ne soffriva terribilmente. Quei profondi occhi magnetici attiravano le persone come calamite, sempravano bellissime ragnatele nelle quali era facile farsi catturare.

"Pa...Patricia!"

Trovò la forza di restare ancorata alla realtà: non aveva mai incontrato ragazzi più belli e affabili.

"Non è vero! Lui è il principe delle rose...il mio principe!"

Candy corse al centro della sala sorprendendo tutti per quella reazione.

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*Poichè il capitolo è un pò lungo ho deciso di dividerlo in due parti per non appesantirlo troppo...spero di riuscire a postare il seguito domani!

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Capitolo 12
*** Il profumo del passato(parte 2) ***


Ringrazio voi tutti per le recensioni...(tra poco mi sa che lo inizierò a chiamare anche io Tony!)

CAPITOLO 11(parte 2):"Il profumo del passato"

L'allegra comitiva sistemò sul prato, tra lillà selvatici, papaveri e fiordalisi, diverse coperte e cestini che emanavano un gradevole profumo. Per stemperare le emozioni di qualche tempo prima, avevano deciso di improvisare un pick-nick all'aria aperta.

Candy si sentiva sotto osservazione: per quanto si sforzasse di trovare un nesso logico al suo comportamnento, non riusciva a scoprirvi nulla di razionale. Guardò furtivamente Anthony, sistemato tra i cugini, sentendosi ancora penetrata dal calore con cui gli occhi cobalto avevano accolto le sue esternazioni. Per un effimero istante si era ritrovata catapultata in una dimensione fabiesca, nella quale aveva cercato di trascinare anche Anthony; incontrando però resistenza nella strana tensione che percepiva nel ragazzo.

"Non si puo dire che non hai gusto in fatto di ragazzi, Candy!"

Le bisbigliò Patty, che nella sua mente era già ricorsa ad un ipotetico confronto tra il bel principe e Terence. Annie,troppo vicina perchè l'osservazione le sfugisse, le assestò uno spintone, immaginando i dissidi interiori dell'amica.

"Anthony è diventato ancor più bello!"

Non potè però esimersi dall'osservare. Candy non replicò, attenendosi ad ascoltatrice non troppo disinteressata.

Grazie a Stear, che possedeva innata l'arte dell'intrattenimento, riuscirono a divertirsi tutti, ridendo di cuore quando il distratto inventore narrava dei suoi miseri fallimenti. Anthony ora si sentiva parte del gruppo, soprattutto quando i cugini lo coinvolgevano nei loro racconti d'infanzia.

Il pomeriggio scorse idilliaco, finchè la conversazione, inevitabhilmente, toccò i loro trascorsi a Londra.

"Rammenti il nostro pick-nick a mezzanotte, Candy?"

Annie si annodò il cappellino bianco sotto il mento.

"E della mia povera tartaruga che dire? Se non fosse stato per Candy chissà che fine le avrebbe fatto fare quella malvagia di Suor Gray!"

Rivelò risentita Patty, rivolgendosi ad Anthony. Al ragazzo pareva difficile immaginare una religiosa cattiva e pensò ad una mente di Iriza trapiantata nel corpo della zia Elroy; rabbrividì al pensiero e ringraziò il cielo di non essere finito in quel collegio.

"La nostra Candy è un pozzo di sorprese!"

Controbattè, rivolgendo alla diretta interessata uno sguardo che l'allarmò: le parve di leggere un duplice significato in quella frase.

"Puoi ben dirlo! Quando Suor Gray la mise in punizione riusci ad evadere, partecipando alla Festa di Maggio travestita da maschio!"

Aggiunse impulsivo Stear. Era proprio da quel giorno che qualcosa nell'animo di Candy era mutato e temette che l'amico avesse messo il piede in un terreno spinoso.

"Le ragazze avranno fatto a gara per contendersi un simile cavgaliere!"

La prese in giro, con tono che però non le parve per nulla scherzoso. Fu colto da un sentimento di impotenza e dispiacere: non avrebbe potuto cancellare quegli attimi che, sicuramente, Candy aveva condiviso con quel ragazzo.

"Per caso lì con voi studiava Terence Granchester?"

La mina era stata tirata e non ritrasse la mano, anzi la usò per sorseggiare la sua aranciata e cercare di nascondere la sua inquietudinbe.

"Quello più che compagno di studi lo è stato di guai!"

Osservò Stear, ignorando il monito di rimprovero del fratello, poiche il nobile inglese non gli aveva mai fatto molta simpatia.

"Ehi ma tu come fai a conoscerlo?"

Si sorprese in un secondo momento.

A Candy si pietrificò il cuore: fu in quel momento che,finalmente, fu consapevole di dover operare una scelta improrogabile: avrebbe causato nuove sofferenze ma avrebbe evitato ulteriori malintesi.

"Suvvia Stear, vivrò anche fuori dal mondo ma so tenermi aggiornato! Vuoi che non conosca la più grande promessa del teatro americano? Pensa che anche quella carta straccia gli ha dedicato un articolo!"

Lo sorprese, alludendo alla testata giornalistica che tanto aveva movimentato quella giornata.

"Non si può dire che Terence non sia una bella fonte di notizie!"

Stear incrociò le gambe,accertandosi di avere l'attenzione del cugino: ormai era diventata una conversazione tra loro due.

"Magari c'è le racconterai un'altra volta!"

Lo reguardì Archie.

"Si è fatto molto tardi e dobbiamo ripartire!"

Almeno per il momento, aveva evitato che la lingua lunga del fratello cagionasse altri guai.

Si podigarono per riporre le vettovaglie, così nessuno di loro fece caso a Candy che andò a sedere accanto ad Anthony, lasciando che i piccoli steli d'erba le solleticassero le caviglie.

"Anthony!"

Ne attirò l'attenzione: non sapeva che parole usare, tantomeno se giudicare opportuno il momento per chiarirsi. Fu allora che accadde la seconda amgia della giornata: lui fu in grado di indovinare i suoi pensieri e leggere le sue paure, proprio come ai vecchi tempi.

"Non voglio sapere nulla Candy...non oggi!"

La respinse dolcemente,rimettendosi in piedi; perchè, sebbene il tarlo della gelosia lo logorasse, aveva deciso di fidarsi di lei.

*********************

All'imbrunire la Chevrolet guidata da George imboccò nuovamente il sentiero della villa: avvertiti da Anthony, i ragazzi credettero che l'uomo fosse tornato per monitorare la situazione. Fu perciò comprensibile la loro espressione di tormentato stupore quando, con aria regale, dai sedili posteriori scese l'austera zia Elroy; aiutata dall'autista che aveva assunto l'aria mortificata di chi deve attenersi agli ordini superiori.

"Salve zia Elroy!"

Salutarono i fratelli Cromwell per un gesto di cortesia. La matriarca ricambio il saluto verbale, ferita dall'astio dei nipoti: probabilmente un'altra donna avrebbe già invocato il loro perdono.

Scorto Anthony, allungò le mani sulle spalle rigide cercando di indovinarne la reazione; non parlò per timore di aver perso anche l'affetto del nipote prediletto: rivolgendosi contro di lui, Iriza si era macchiata di una bassezza tanto infima che la donna avrebbe punito a dovere.

"Non badate a me ragazzi, sono solo passata a salutare Anthony e a prendere dei documenti!"

Li rassicurò, senza risparmiare un'occhiata torva alla povera Candy, ormai ben consapevole di non rientrare nelle simpatie della signora.

Aveva distanziato di pochi passi il gruppetto quando fu colta da un malore: il probabile scandalo che avrebbe travolto la sua rispettabile famiglia, il rancore dei nipoti e gli interrogativi sulle sue azioni, ultimamente,erano state fonti di ansia e stess. Le vertigini la costrinsero a cercare un appoggio per non perdere l'equilibrio, così mandò in frantumi un vaso posto all'ingresso.

"Signora Elroy sta bene?"

Annie cercò di aiutarla e di convincersi delle sue rassicurazioni.

"Candy potresti darle un'occhiata?"

Chiese categorico Archie che sarebbe stato più tranquillo dopo un parere professionale.

La ragazza era rimasta imbambolata, in ginocchio a raccogliere i cocci di ceramica.

"Non so se vostra zia me lo permetterà!"

Si cautelò timidamente. La vecchia l'aveva udita e si rese conto di trovarsi con le spalle al muro: cercare di sopportare Candy, senza abbandonarsi a scene eclatanti, poteva rivelarsi un punto a favore nella ricdonquista dei nipoti.

"Non credo sia necessatio...ma se è per la tranquillità dei ragazzi!"

Cedette, lasciando che la graziosa infermiera l'accompagnasse in quella che restava la camera più bella della casa.

**************

Dopo circa un quarto d'ora tornò dagli amici per rassicurarli: qualche ora di riposo sarebbe stata la migliore medicina. Per loro, per Annie e Patty in particolare, era ora di ripartite per Chicago.

"Io prenderò il treno domani...voglio restare a controllre vostra zia!"

Li sorprese Candy.

-Bugiarda!

Fu la parola che formulò il suo cuore, ben consapevole che si trattava di un preteso per restare da sola con Anthony.

"Ti accompagnetà George!"

Propose il ragazzo, raccogliendo l'approvazione di tutti.

Si ritrovarono seduti, uno dinnanzi all'altra nel salone silenzioso, le loro menti intersecavano mille pensieri che nessuno dei due riusciva ad esprimere a parole. Non era però un silenzio carico di tensione, perchè anche i respiri avevano un particolare significato per l'altro.

"Credi che la zia si riprenderà?"

Buttò lì Anthony.

"Credo di si...ha un cuore forte!"

Lo rassicurò la ragazza.

"Sai che il biancospino è l'amico del cuore?"

La informò: cercando un punto d'incontro tra la sua passione e la vocazione di Candy aveva rispolverato un vecchio libro appartenuto a sua madre, scoprendo una nuova scienza: la fitoterapia, ovvero come curarsi con i fiori.

"Potremmo testarne gli effetti su tua zia!"

Scherzò Candy, venendo però presa sul serio.

**************

Le piccole creature che abellivano le aiuole a Lakewood si inchinavano come tremule macchie scure all'oscurità Quel posto, con la sua vegetazione, aveva aspettato pazientemente nuovi cenni di vita e ora le voci allegre dei due ragazzi portavano una ventata di freschezza all'antico posto, che aveva visto la generazione degli Andrew perpetuarsi per generazioni.

Il biancospino si presentava come un grande arbusto dai rami spinosi, appartenendo alla famiglia delle rosacee ad Anthony non fu difficile riconoscerlo.

"Calma la tensione e concilia il sonno! La fioritura però e di breve durata!"

Spiegò, richiamando alla mente di Candy la frase che sovente lui le rammentava

"I fiori quando sono in fiore vengono amati da tutti...ma quando appassiscono restano solo nel cuore di chi li ha amati veramente!"

Si commosse,pronunciando quelle parole. Lui non capì.

"é una frase bellissima!"

Continuò rapita nuovamente in un altro mondo.

"Sai cosa si dice di questi fiori? Che rappresentano la Vergine, mentre gli stami rossi le gocce di sangue di Gesù e le spine furono usate per la sua corona!"

"Dovrò raccontarlo a Miss Pony!"

Sorrise la ragazza, ammirata da quelle conoscenza. Lui rise, un riso amaro.

"Non è paradossale...ricordare queste cose e non sapere niente di me!"

Lei aveva tanta voglia di aiutarlo.

Rincasarono con piccoli mazzetti profumati e si ritrovarono al centro del salone dove era avvenuto il loro primo ballo: decise di iniziare da lì.

"Sai qui è accaduta una cosa bellissima!"

Liberò le mani di Anthony, portandone una sul suo fianco sottile. Lui arrossì.

"Ma Candy...!"

"Se hai paura di cadere...sorreggiti a me!"

Non erano movenze aggraziate le loro ma poco importava se quasi si trascinavano per la stanza.Poi la voce di Anthony accennò le note di quel famoso valzer: una nuova speranza. Candy si fermò per abbracciarlo, ma persero l'equilibrio e si ritrovarono a ridere sul pavimento. Non voleva più che il viso di Anthony si sovrapponesse a quello di Terence.

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Capitolo 13
*** Restare o partire? ***


CAPITOLO 12

Chi vuole avere rose belle nel suo giardino deve avere rose belle anche nel suo cuore. Deve amarle tanto e sempre. Non soltanto deve avere per le sue rose ardente ammirazione,entusiasmo e passione ma anche la tenerezza, la sollecitudine, la riverenza e l'accortezza dell'amore.

Egli è sempre devoto e leale, nella tempesta come nelle giornate di sole: non solo pronto a correre ad ammirarne le grazie splendenti,nelle mattine d'estate, ma anche a proteggerle contro il gelo crudele quando cadono le foglie e i venti soffiano freddi.

(Sir Reynold Hole)

Quando il campanile della piccola cappella, adiacente all'ospedale, batteva dodici rintocchi per annunziare il mezzogiorno, anche il personale del Saint Joseph godeva di una piccola tregua. Non c'era ora restante del giorno, infatti, in cui nelle corsie regnasse un pò di pace: c'era sempre qualche lamento da consolare,un dolore da alleviare o un caso urgente da affrontare; così,già di buon mattino, le infermiere si dipingevano un cordiale sorriso sulle labbra e correvano, indaffarate, da un capezzale all'altro.

Candy lisciò la gonna della sua linda divisa, attirando al ventre il "carillion della felicità" che Stear le aveva regalato il giorno prima, presentandosi in maniera improvvisa ed enigmatica sul suo posto di lavoro.

"Ti vorrò sempre bene Candy! Spero che capirai!"

Erano state le sue parole di commiato, parole che avevano l'amaro sapore di un addio. Non aveva avuto il tempo di chiedere spiegazioni e di capire a fondo quella frase: Stear era diventato un uomo riflessivo e deciso.

Erano trascorsi pochi giorni dall'allegra scampagnata a Lakewood eppure le immagini di quegli istanti spensierati apparivano già labili ricordi.

Quei pochi giorni avevano profondamente scosso l'equilibrio emotivo della dolce infermiera!

Quella mattina, assiema a Flanny, aveva ricevuto una convocazione nell'ufficio di Miss MaryJane: ora era chiamata ad una decisione che le avrebbe potuto stravolgere la vita.

La Nazione era sconcertata dalla dichiarazione di guerra del presidente Wilson; dunque le belligeranze in Europa non sarebbero cessate con il ritiro della Russia, ma con l'ingresso degli USA il conflitto assumeva reali proporzioni mondiali.

La Croce Rossa si era mobilitata per inviare aiuti umanitari e personale qualificato: al Saint Joseph, Miss MaryJane aveva pensato ad un ballottaggio tra Candy e Flanny, due tra le sue migliori allieve, lasciando alle ragazze la possibilità di decidere chi si sarebbe imbarcata.

Candy quindi era chiamata ad una difficile scelta, le sue questioni di cuore passavano in secondo piano eppure la decisione era inscindibile da Anthony e da Terence; era impossibile non coinvolgere anche i due ragazzi.

La probabilità di dover partire l'aveva gettata nel panico: era pronta a mollare tutto per andare a vedere l'orrore?

L'opinabile scelta richiedeva tanto coraggio: sarebbe partita lei ciò significava recidere ancora una volta i ponti con il passato, dare un'improvvisa sferzata all'esame di coscienza intrapreso dopo la breve parentesi a Lakewood.

Da quando aveva reincontrato Anthony molti sentimenti si erano mescolati ed erano mutati nel suo cuore: doveva avere l'onestà necessaria per comprendere se l'incanto che si creava quando si trovava con il ragazzo fosse solo frutto della sua riconoscenza verso il fato. Doveva interrogarsi e capire se Anthony sarebbe sempre rimasto il suo amore idealizzato, simile a quello fanciullesco che aveva accarezzato per il Principe della collina.

Era inutile negare che con Terence aveva vissuto un amore più maturo, aveva conosciuto i primi sospiri e i primi,veri,baci. Con Terence aveva scoperto che "l'amore non è bello se non è litigherello"o ancora che " gli opposti si attraggono".

Ma era stato anche il passionale Granchester ad insegnarle che amare significa soffrire e lei aveva penato molto dopo la loro separazione in Inghilterra.

Lo aveva reincontrato in maniera talmente furtiva e fugace, giusto il tempo per accorgersi quanto le loro vite fossero ormai diverse, che non sapeva più cosa pretendere da lui.

L'infatuazione per il tenebroso Terence si era già esaurita o c'erano ulteriori capitoli da aggiungere alla loro travagliata storia?

Ed Anthony?

Beh lui era stato il tepore del timido raggio di sole che aveva illuminato la tempesta della sua vita; credere di averlo perduto l'aveva catapultata in un tornado di disperazione.

Ma se ora ripensava razionalmente al loro rapporto: cos'erano stati l'uno per l'altra? Soltanto il riflesso di due figure mitiche ed idealizzate come un Principe ed una madre scomparsa troppo presto?

In verità della storia con Anthony aveva appena fatto in tempo a ricamare una copertina dorata, lasciando in bianco le pagine di un libro che forse avrebbe potuto narrare tanti altri eventi inaspettati.

Forse stare lontana dai due ragazzi l'avrebbe aiutata a capire: ma se un nuovo distacco da Terence era sopportabile, se non addirittura una boccata d'ossigeno; ad Anthony, nel quale ormai riponeva gran parte delle sue certezze, non avrebbe saputo come rinunciare.

Il dovere le imponeva di tornare in Europa eppure le sue convinzioni di crocerossina erano così fragili: prima di decidere se reimbarcarsi per l'Inghilterra, culla delle sue insicurezze, sarebbe tornata in quel piccolo centro lungo il lago Michgan per recuperare le sue certezze.

************


Una cappa cinerea e lugubre avvolgeva la villa degli Andrew: quel luogo continuava ad essere infestato dalle tragedie e la vecchia Elroy rammentava perchè fosse rimasto disabitato per tanto tempo.

Nel cimitero attiguo riposavano in pace tutti gli avi della famiglia, in quell'angolo di paradiso Rose Mary si era ammalata fino ad essere accolta anch'ella nella nuda terra e, solo un miracolo, aveva impedito che al suo adorato Anthony toccasse uguale sorte.

Ora nella grande casa pregavano per non dover aggiungere una nuova croce nel Camposanto.

La zia Elroy si era chiusa in un tacito mutismo, sprofondata nella sua poltrona a fissare un punto indefinito e la mente incapace di elaborare pensieri positivi.

Nel primo pomeriggio di quel soleggiato giorno, inattesi, i coniugi Cromwell tornarono dall'Arabia: il cuore sconvolto e l'espressione listata a lutto.

Avvertiti della folle decisione del figlio speravano che non fosse tardi per dissuaderlo. Compreso che Stear era partito, lasciando solo una scarna lettera in cui chiedeva di capirlo e perdonarlo, si erano ritirati nel loro dolore e negli errori di due genitori troppo spesso assenti.

Archie li aveva circondati con il suo sostegno, lasciando che riversassero su di lui i baci e le carezze che avrebbe volentieri spartito col fratello.

Aveva capito che non era il momento adatto per condannarli e incolparli e mentre la mamma lo cullava dolcemente tutti i suoi pensieri erano rivolti alla povera Patty.

La disperazione e la malinconia che aleggiavano su Lakewood avevano rattristato anche Anthony: sebbene ormai il polverone sollevato da Iriza si fosse dissolto , non era più tornato a vivere in campagna complice anche un importante viaggio del padre.

Non sapendo come essere di consolazione nella grande casa si era rifugiato in giardino per nascondere il suo dolore.

Stear gli era molto simpatico e non condivideva la sua scelta: era una piacevole compagnia, un ragazzo allegro ed estroverso che non avrebbe meritato un destino tragico...

Cercò di scartare una simile possibilità perchè non voleva neppure immaginare che il cugino lasciasse un vuoto abissale, impossibile da colmare.

Fu sopraffatto da una profonda solitudine, sedendo nel gazebo dove Rose Mary era solita passare molte ore assieme a lui ancora in fasce. Non sapeva però che quello era stato il luogo prediletto della sua mamma.

**************

Candy oltrepassò il cancello delle rose, rammentando la prima volta che vi era giunta per caso, dopo l'ennesima umiliazione patita dai Legan. Quel misterioso ragazzo capace di far tornare il sorriso sul visino rigato dalle lacrime era così impenetrabile e al contempo così familiare da provocarle un tuffo al cuore.

Erano passati anni da quel giorno ma le emozioni erano ancora vive e pressocchè uguali.

"Klin dove sei?"

La voce di Anthony le parve una dolce melodia lontana, chiuse gli occhi per meglio interiorizzare l'eco di richiamo che seguì per il furbo procione. L'animaletto, accortosi di Candy, le era andato incontro arrampicandosi su una spalla per farle festa.

"Buon giornato Candy!"

Le iridi cobalto prima trisi e spente, avevano ora una nuova luce e parevano ridenti. Anthony si trovava a pochi centimetri da lei: in una mano impugnava la stampella e nell'altra recava un cesto colmo di erbe aromatiche. Raccoglierle era stato un utile diversivo per distrarlo in quelle ore di incertezza; cercò di nasconderli in preda all'imbarazzo, perchè dopo la lunga convalescente era particolarmente suscettibile alle critiche degli altri.

"Ciao Anthony!"

Salutò Candy sorridendo e accorgendosi di quanto lo avesse amato. Poi arrossì scorgendo sotto il cappello di paglia, utile a proteggerlo dalla calura, il viso di un giovane uomo rischiartato dai limpidi occhi color dell'estate: l'antitesi delle brutture con cui si sarebbe dovuta confrontare.

"Cosa fate di bello?"

Indagò, mentre Klin corse a rifuggiarsi nel cesto, in quel morbido letto di erbe. Anthony divenne serio.

"Cercavamo un passatempo che scacciasse i funesti pensieri e così abbiamo raccolto camomilla, melissa, valeriana...insomma non solo la zia avrà bisogno di tisane d'ora in poi!"

La ragazza credette che anche gli Andrew fossero preoccupati per la guerra, perchè una possibile crisi finanziaria avrebbe avuto ripercussioni anche sulle famiglie più facoltose; non immaginava ci fosse dell'altro.

Sperò che Anthony non cambiasse mai, che non diventasse uno di quei cinici e noiosi nobili "privi di spina dorsale", come li aveva definiti lui una volta. Sperò che continuasse a credere nei sogni e che sopravvivesse quello spirito fanciullesco che lo animava e gli dava un grande spirito d'iniziativa.

Sicuramente era consapevole che la vita gli aveva dato un'altra possibilità e non voleva sprecarla: voleva essere qualcuno, non solo il fantasma di Lakewood.

Tornarono a sedere nel gazebo: aveva piovuto la notte precedente e il terriccio umido rievocava in Candy il profumo del viscido muschio che si arrampica sulle cortecce degli alberi secolari, radicandosi sul ruvido legno. Doveva capire se lei era il muschio ed Anthony l'albero.

"Siamo così fortunati qui...non riesco ad immaginare come sarebbe se una tragedia ingiusta come la guerra ci obbligasse a combattere per sopravvivere!"

Meditò Anthony ripensando a Stear. Candy si sentì chiamata in causa, attendeva il momento propizio per fare la sua scottante rivelazione.

"Forse il reale valore delle cose belle si apprezza solo quando si rischia di perderle!"

La fissò con le iridi penetranti, impossibili da sostenere. La frase celava un accenno ai sentimenti che nutriva verso Candy, mentre alla ragazza tornarono in mente i momenti successivi all'incidente : era allora che aveva capito l'enorme importanza di Anthony per la sua vita.

Si accoccolò di fronte a lui, stringendo le caldi mani tra le sue.

"Anthony cosa penseresti se dovessi assentarmi per qualche tempo?"

Lui fu sopraffatto da un pensiero egoistico: anche un solo mese senza di lei gli sarebbe parso un'eternità.

"Credo che avresti le tue buone ragioni e non sarei io a farti desistere! Ma perchè questa domanda?"

Sperava che quelle parole l'avrebbero aiutata a prendere la decisione più difficile, eppure ne era delusa. Aveva, inconsciamente, sperato che lui la convincesse a restare: se stavolta l'avrebbe implorata di restare forse lo avrebbe ascoltato.

"Dovrò tornare in Inghilterra!"

La rivelazione lo stordì.

"Ma...ma laggiù c'è la guerra!"

Era sconvolto: sarebbe stato insopportabile saperla a rischiare la vita ogni istante, attendere invano sue notizie e pregare che tornasse sana e salva come già doveva fare per Stear.

"Partitò per curare i molti feriti che questa maledetta guerra sta causando!"

L'aiutò a risedersi accanto a lui.

-Non andare!

L'implorazione scottava sulla lingua ma non trovava nessun suono gutturale.

"Sono sicuro che salverai molte vite!"

No, non erano queste le parole da usare, lacrime di impotenza gli pizzicavano gli occhi e di slancio l'attirò a se, tenendola tra le braccia stretta stretta come a voler impedire che il mondo gliela rubasse.

"Ma Anthony...che ti succede?"

Era interdetta da quella reazione, ma il ragazzo non fece neppure in tempo ad accorgersi di quanto impulsivo fosse stato perchè passi precipitosi, accompagnati da singhiozzi disperati, si dirigevano verso di loro.

"Oh Candy!"

Patty si gettò contro le gambe dell'amica per farsi consolare.

"Il mio Stera è partito...in guerra...come volontrio!"

Le accarezzò i capelli, sconvolta anche lei: Anthony non aveva avuto ancora il tempo di metterla al corrente.

Il cuore del ragazzo, innanzi alla straziante scena, fu avvolto dal gelo: nel cuore di Patty vedeva scolpita la funebre Signora in Nero. Ma se per Stear non restava che affidarsi alle preghiere, restava un'unica carta per dissuadere Candy: Terence Granchester!

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Capitolo 14
*** Prima che sia troppo tardi ***


CAPITOLO 13: "Prima che sia troppo tardi!"

L'attività teatrale proseguiva a ritmo incessante: in quei giorni di incertezza, che avevano sconvolto il mondo, ci si aggrappava alla speranza e alle frammentarie e convulse notizie che giungevano dall'Europa.

La gente riempiva le sale per concedersi qualche ora di evasione dalle brutture della realtà e diversi giovani, avendo ricevuto la lettera di richiamo al fronte, destinavano a quei luoghi il loro ultimo ricordo d'amore, suggellandovi la promessa di un ritorno sperato ed augurato.

Tra i tanti dubbi che serpeggiavano nelle menti statunitensi vi era anche la nefasta ipotesi che pure in America presto sarebbe potuto scattare il coprifuoco, stravolgendo la normale routine e privando i cittadini delle piccole abitudini quotidiane.

Per il momento si andava a combattere in terra nemica, sperando che nessuna granata minacciasse mai il suolo patriottico.

Terence Granchester già di buon mattino si trovava a calcare il palco, con un nuovo copione in mano. Ormai era un affermato attore, pronto a ricevere tutte le sere gli applausi scroscianti del pubblico,le recensioni favorevoli della critica e gli omaggi delle ammiratrici.

Ogni calo di sipario era per lui una vittoria: riusciva a dare tutto sè stesso ad ogni personaggio in cui era chiamato ad immedesimarsi; ma quando i riflettori si spegnevano sulla stella di Brodway non riuscivano più ad oscurare i tormenti di un cuore che sa il suo amore essere in pericolo.

Il nome letto in una sera come un'altra su un articolo di giornale, credendolo una semplice curiosità, rappresentava il principale cancro alla sua felicità.

Dunque Anthony esisteva, era reale e non più un ricordo che, raramente, sarebbe riaffiorato dall'oblio del passato: pensare di poterlo e doverlo incontrare gli metteva addosso uno strano tormento.

Sicuramente Candy sapeva, forse lo aveva già rivisto ed era maggiormente deluso, se doveva abbracciare questa probabile ipotesi, che la ragazza non ne avesse fatto verbo con lui.

Forse senza che nessuno dei due fosse in grado di contrapporsi, il destino aveva già interrotto le loro strade fin da quella notte in cui Suor Gray li aveva sorpresi nella stalla della Saint Paul School. Forse il bacio con cui l'aveva accolta la sera del suo debutto in teatro era stato un pegno d'addio.

Non voleva rinunciare a Candy, alla tormentata passione delo loro rapporto, non voleva perdere la bussola che aveva orientato la sua vita sulla giusta via,evitando che la deviazione sul binario del risentimento gli impedisse di riavvicinarsi a sua madre...Non voleva eppure sentiva di aver già permesso alla ragazza di allontanarsi da lui.

Anthony non faceva altro che fomentare i suoi timori: era il male che avrebbe voluto debellare, il fantasma del passato che avrebbe voluto scacciare dal cuore della sua Giulietta, il rivale che avrebbe voluto prendere a pugni intimandogli di sparire...

Ora che la compagnia era tornata per recitare al teatro di Chicago forse questi pensieri si sarebbero tramutati in qualcosa in più di semplici fantasticherie, anche perchè, presto o tardi, sarebbe giunto, inevitabile, il momento dei chiarimenti anche con Candy.

"Terence, c'è un ragazzo che chiede di te!"

Un altro attore interruppe quel flusso di meditazioni.

"Uno scocciatore di primo mattino!"

Sbottò infastidito il bel Granchester, non essendo dell'umore adatto per concedersi nè a giornalisti, nè a fans. Lasciò cadere il copione e spinse leggermente la tenda rossa per spiare la sala vuota: tra tutti quei posti vacanti intravide un giovane, che poteva avere pressapoco la sua età, guardarsi con circospezione intorno.

******************

Per Anthony non era stato difficile allontanarsi da Lakewood: da quando Stear aveva gelato la famiglia con la sua audace decisione, la zia Elroy aveva allontanato il controllo su tutti e su tutto, perciò gli era bastato informarla che desiderava raggiungere il padre a Chicago.

Solo George, che nutriva per il ragazzo lo stesso affetto che lo legava al signor William, era al corrente delle sue reali intenzioni, senza contraddirlo aveva deciso di appoggiarlo e di accompagnarlo, perchè ricordava bene la gioia e la serenità che quella dolce fanciulla, ancora bambina, aveva portato nella vita monotona dei più giovani degli Andrew.

Quel luogo non rievocava in Anthony piacevoli ricordi: qualche settimana prima prorpio vicino al portone che si accingeva a varcare, aveva assistito al bacio tra Candy e Terence. Tra poco lo avrebbe conosciuto e forse aqvrebbe compreso l'ascendente che il tenebroso attore esercitava sulla sua Candy.

Era nervoso mentre si affacciava a chiedere informazioni, con George che attendeva in auto, e la gamba iniziò a dolergli: forse perchè bistrattata durante il viaggio o forse perchè risentiva di tutta quell'agitazione.

Altri flash-back frammentati si intersecarono nei suoi ricordi: vedeva i visi complici e furbi dei cugini accanto a lui, lì seduti tra quelle poltroncine del teatro, felici per aver eluso ad un ordine della zia Elroy; erano andati di nascosro a teatro ad assistere ad una rappresentazione.

"Nanà!" forse era il titolo dell'opera e lei, l'attrice così bella e raffinata, che piaceva tanto ai cugini era divina...ma come si chiamava? Forse Eleanor...sì Eleanor...e poi?

******************

"Cosa vuoi da me?"

La voce metallica lo fece sussultare e incontrò due iridi profonde ed aggressive: la stella di Brodway che avanzava spedita verso di lui; in quello sguardo gli parve di scorgere lo stesso mistero mostrato da quell'attrice enigmatica quel giorno lontano.

"Sa chi sono io?"

Chiese di rimando con sufficenza Anthony, pogiandosi con le mani sugli schienali dell'ultima fila senza farsi intimorire da quello sguardo di fuoco, sostenendolo fieramente.

Terence si accese una sigaretta, accettando l'aria di sfida: erano rimasti soli quindi poteva anche concedersi qualche trasgressione e la nicotina era utile a calmargli i nervi.

Anthony fece leva sulla gamba sana per restare all'altezza del rivale, Terence lo metteva a disagio: dava l'impressione di un uomo vissuto, sicuro di sè. forgiato dalle esperienze; d' altronde aveva il mondo ai suoi piedi e l'impeccabile fascino dell'eroe romantico e dannato.

"Se ti conosco? Chi non conosce ormai il fantasma di Lakewood!"

lo beffeggiò, aspirando dall'involucro tra le labbra semichiuse: era proprio come se lo immaginava, un rampollo viziatello dal portamento nobile e dai lineamenti belli ma delicati; non riusciva proprio a capire come Candy avesse una volta riscontrato qualche somiglianza tra lui e quello lì.

"Nonm sono un fantasma...sono fatto di carne ed ossa!"

Controbattè contrariato, perchè quella storia iniziava a stancarlo.

"Già...purtroppo!"

Mormorò Terence, tra sè e sè, sicuro di non essere udito.

"Eh sì...purtroppo per lei!"

Lo mise a disagio, penetrandolo con le iridi cobalto che lanciavano saette.

La verità era che, fin dal primo istante in cui avevano posato gli occhi sull'altro, erano stati accecati da un odio viscerale e dal timore che l'altro fosse migliore per Candy: fossero stati due ragazzi di strada sarebbero presto venuti alle mani; ma tale degenerazione era impedita dai principi dell'uno e dai timori dell'altro.

Al pensiero di Candy, Anthony rammentò il vero scopo di quel viaggio e decise di ignorare le successiva provocazioni.

Terence buttò la cicca scoppiando in un riso ironico.

"Nessuno mi ha mai dato del lei...ha dei modi da vero gentlman signor fantasma!"

Terence calcava sull'ultima parola, per rammentare all'altro che per molto tempo era stato solo uno spirito per Candy e Anthony pareva reagire alla provocazione. Si era rivolto a lui in forma informale senza neppure badarci,perchè era sempre stata la forma di educazione pretesa dalla zia. Gli venne voglia di speronare la sua stampella negli stinchi di quell'attore di poco buon senso.

"Il mio nome è Anthony Brown! Sarò pure zoppo e smemorato, ma sono vivo!"

Stavolta fu lui a chiarire la sua posizione, guadagnando un punto a suo favore. Terence lo squadrò poco convinto.

"Allora sei venuto a cercare la mia pietà Anthony Brown? Vuoi che mi faccia da parte perchè Candy si prenda cura di te?"

Lo aggredì mentre il giovane Andrew scuoteva la testa nel vedere così travisate le sue reali intenzioni.

"Sei una persona squallida! Architettare un piano così contorto per interessi, ignorando gli affetti e le persone care..!"

Gli rovesciò infine addosso le infamie lette sull'articolo di giornale, sulla base delle quali forse lo aveva giudicato troppo frettolosamente.

"Non sai niente di me, Terence Granchester Stella di Brodway!"

Rispose risentito.

"Non voglio nè la tua pietà, nè i tuoi insulti gratuiti!"

Aggiunse sprezzante, paonazzo in viso. In fondo quel duro confronto poteva essere un'esperienza di vita per lui: era costretto a difendersi e a difendere il sentimento più bello che si era insediato nel suo cuore dopo il coma. In realtà dopo l'incidente era stato protetto da tutti, circondato da infinito affetto ed amore: se ciò da un lato aveva prodotto una guarigione miracolosa, dall'altro gli aveva impedito di esprimere tutto sè stesso.

"Non avrei mai voluto far soffrire nè Candy, nè nessun altro...se solo mi fossi ricordato della loro esistenza!"

Svelò, mettendo a nudo la sua fragilità. Terence però non si fece commuovere, ancora preda della gelosia.

"E ora che ti è tornato il sale in zucca cosa vuoi da me?"

Anthony si stava davvero spazientendo e lo guardò di sottecchi, perchè il ragazzo gli pareva davvero ottuso.

"Non ricordo quasi nulla ma una cosa la so: voglio bene a Candy e sono venuto a chiedere il tuo aiuto prima che commetta una sciocchezza!"

Terence parve disposto ad ascoltarlo.

"Parla!"

Lo esortò infatti.

"Candy vuole partire come volontaria in Europa...fermala, prima che sia troppo tardi!"

Quasi lo implorò.

Terence sbiancò al solo pensiero di poter sapere la vulcanica "Tarzan tutte lentiggini" a rischiare la propria vita tra feriti e sofferenza. Tuttavia il tarlo della gelosia gli fece pronunciare una nuova battuta poco felice: perchè in fondo Candy aveva preferito confidarsi con Anthony, lo aveva escluso da una decisione tanto importante e forse sarebbe partita senza neppure dirglielo.

"E perchè non l'hai implorata tu di restare?"

Si rivolse nuovamente ad un incredulo Anthony:Terence era proprio tonto.

"Perchè Candy ama te...anche se non ti merita!"

Fu costretto ad ammettere, senza esimersi dal puntualizzare la sua impressione.

"Già merita un insignificante damerino dedito al giardinaggio, che ancora frigna attaccato alle sottane della mamma!"

Stavolta aveva esagerato, perfino lui se ne ravvide: ma la rabbia gli faceva esternare tutti quei giudizi negativi. Per Anthony era il colmo: la mamma, della quale pure conservava sbiadite immagini, era l'unico punto debole in grado di scatenare in lui reazioni impreviste ed inaspettate; era l'icona sacra che mai nessuno avrebbe dovuto osare profanare nella sua perfezione.

"Questo è troppo!"

Colse di sorpresa Terence, sferrandogli un pugno in pieno volto: la forza e la sorpresa lo fecero finire in terra mentre un rivoletto di sangue macchiava la camicia. Terence si strofinò il labbro con una mano e, dimentico dell'handicap del rivale, lo trascinò con sè in terra: era una rissa in piena regola, volavano colpi alla rinfusa tra i due contendenti indomiti, ma nessuno voleva riconoscere il sopravvento dell'altro.

"Terence...Anthony, smettetela!"

Tuonò una voce al di sopra di loro: ansimando porsero i loro visi graffiati e tumefatti ad una sconcertata ed incredula Candy.

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Capitolo 15
*** La decisione di Candy ***


CAPITOLO 14

La rosa bianca,sola in una coppa

di vetro, nel silenzio si disfoglia

e non sa di morire e che io la guardo morire

Un dopo l'altro si distaccano i petali;

ma intatti, immacolati,

un presso l'altro con un tocco lieve

Posano e stanno: attenti se un prodigio

li risollevi o li ridoni ancora

vividi, candidi ancora, al gambo spoglie

tal mi sento cadere sul cuore i giorni

del mio tempo fugace: intatti, e il cuore

vorrebbe ma non può comporli

in una rosa novella su più alto stelo.

(Alda Negri)

Candy sedeva,rigida e imbarazzata, sul sedile posteriore dell'auto della famiglia Andrew distanziando,in tal modo, i due contendenti. I due ragazzi non erano meno a disagio di lei, mentre George lanciava occhiate paterne, dallo specchietto retrovisore, a quel quadretto di giovani.

La ragazza non aveva preteso immediate spiegazioni, piuttosto, si era premurata di cercare di medicarli, giungendo addirittura ad una richiesta forse esagerata, ma categorica: sarebbero immediatamente andati con lei in ospedale per farsi sanare le ferite.

Una flebile iniziativa di protesta da parte di Terence era stata stroncata sul nascere, dal canto suo Anthony, non aveva neppure tentato di opporsi. A guardare le tumefazioni e le escoriazioni che deturpavano quei visi giovani e belli si erano ben conciati entrambi!

Anthony tenevalo sguardo fisso verso il basso, timoroso nel poter incontrare le limpide iridi verdi, ora cupe come la notte; Terence, dall'altro lato, scrutava il paesaggio che scorreva innanzi ai suoi occhi malinconici, ma la sua mente era avvolta da altri pensieri. Non riusciva a capacitarsi per essere stato tanto impulsivo, per aver reagito con veemenza alle provocazioni di quello sconosciuto. Lo aveva giudicato frettolosamente, accecato dalla gelosia e dalla convinzione di dover sempre dividere con lui l'amore di Candy: lo credeva un bellimbusto, invece il ragazzo aveva stoffa! Chissà, forse in altre circostanze lo avrebbe anche potuto ammirare ma non ora, ora che era un vero rivale per lui e che aveva dimostrato di provare neo confronti della sua amata Giulietta sentimenti molto forti.

Il suo cuore sperava, palpitava, affinchè Candy trovasse il coraggio di opporsi a quel violento colpo di fiamma; ma la ragione lo costringeva a non costruirsi fallaci illusioni: bastava osservarla accanto al suo Anthony per accorgersi di quanto quell'unione fosse inossidabile, un osmosi perfetta che neppure gli eventi della vita avevano saputo scalfire.

Candy era ignara di quanto i suoi sentimenti fossero palesi, in effetti quella strana situazione che la costringeva a confrontarsi con entrambi la convinceva sempre di più delle sue ragioni e i dubbi, che l'avevano attanagliata negli ultimi mesi, si andavano dipanando rivelando la verità che aveva sempre albergato nel suo cuore.

Guardando Terence, assorto e impenetrabile, la prima parola che le veniva in mente era: passione.

Con passione l'aveva stretta a sè in Scozia e l'aveva costretta ad affrontare i suoi fantasmi.

Passione racchiudeva la prima volta che l'aveva baciata in riva al lago e l'ultima sotto il cielo stellato.

La passione lo aveva portato a sacrificarsi, a farsi espellere al posto suo dal collegio, perchè la passione è amore, sacrificando forse la felicità di entrambi.

Passione però deriva dal latino patior, patire e quel rapporto aveva portato anche tanta sofferenza; ormai si era trasformato in una relazione tormentata e ora doveva trovare il coraggio di scivolarne fuori, pur se ciò avrebbe significato dire addio a Terence.

Chissà, forse senza quell'evento miracoloso, avrebbe continuato a rincorrere con audacia quella chimera di serenità che non aveva mai assaporato accanto a Terry!

Ma il sentimento risbocciato nel suo cuore era troppo forte per poterlo ignorare: le sue madrine l'avevano messa in guardia quel giorno all'orfanotrofio e ora sapeva riconoscere il vero amore.

Sorrise nel guardare Anthony e la prima parola che dipinse la sua testa fu: incanto.

Magici ed incantevoli erano stati gli idilliaci e fugaci momenti trascorsi assieme; un misto di fascino e meraviglia aveva avvolto il suo cuore di bambina quando il ragazzo le aveva regalato la "Dolce Candy"; un miracolo era stato ritrovarlo per nutrirsi di nuove speranze.

Anthony non sarebbe più stato una dolce illusione, lei non lo avrebbe permesso, non avrebbe permesso che la loro felicità durasse solo il tempo di un sogno perchè il suo sentimento era immortale.

Anticipandola sul tempo, Flanny si era imbarcata al suo posto per l'Europa: era stata pronta a mollare tutto per andare laggiù a riflettere ma ora, egoisticamente, si sentiva sollevata per non dover adempiere a quel dovere.

Ora voleva solo sicurezza e riscoprire quel sentimento risbocciato come, ad ogni primavera accadeva alle rose sue omonime, nei giardini di Lakewood.

Aveva cercato di dimenticarlo Anthony e il dolore annesso alla sua prematura perdita, ma se la sofferenza dello spirito era stata lenita dal tempo, il ricordo si era semrpe fatto sentire; si era semplicemente rassegnata e aveva cercato di tirare avanti per dare un senso alla sua vita.

Terence le aveva insegnato ad amare in maniera adulta donandole emozioni di ogni genere, tuttavia ormai lo avvertiva irrimediabilmete lontano da sè.

Ad Anthony erano legati i momenti più belli e speciali di una strana alchimia; fugaci intermezzi nei dolori della sua giovane vita, ai quali era determinata a dare un seguito: avrebbe tanto desiderato che Anthony condividesse con lei quei ricordi perchè, nonostante i cambiamenti di quegli anni, lei riusciva ancora a vedere nel ragazzo le qualità che l'avevano stregata anni prima.

Terence avrebbe sempre conservato un posto speciale nel suo cuore ma non avrebbe mai potuto darsi completamente a lui, lo sapevano bene entrambi.

"Ma si può sapere cosa vi è preso?"

Esplose all'improvviso, rompendo il silenzio. Incresciose e scottanti confessionio furono evitate dall'edificio ospedaliero che si eresse innanzi alle loro visuali.

****************** L'"infermiera sbadatella" si muoveva sicura e disinvolta in reparto, circondata dall'affetto e dal rispetto dei pazienti; un'improvvisa convocazione di Miss Mary Jane l'aveva costretta, con suo sollievo, ad affidare i ragazzi alle cure delle sue colleghe.

Quando fu di ritorno, scorse Terence semisdraiato sul lettino dell'infermeria e decise di affrontarlo.

"Nathalie puoi lasciarci da soli?"

Invitò l'altra ragazza ad uscire e prese un profondo respiro.

Terence si alzò avvicinandosi alla finestra.

"Chi avrebbe detto che al giornoi d'oggi i morti resuscitano!"

Commentò ironico, attirandosi un'occhiata di rimprovero da Candy che lo costrinse a farsi serio.

"Perchè non mi hai detto di lui? Perchè non mi hai detto che era tornato nella tua vita?"

Lei si morse il labbro inferiore.

"Mi dispiace di averti ingannato...ma ci siamo visti così di rado ed è accaduto tutto così in fretta!"

Cercò di giustificarsi. Lui la scosse dalle spalle, costringendola a perdersi in quello sguardo ferito.

"Dimmi la vetità Candy, dovrei sempre dividerti con lui!"

Lei si liberò e il suo silenzio fu più eloquente di mille parole. Si avvicinò ad un vaso di giacinti rossi e blu.

"Guarda questi fiori Terence...i loro petali si possono anche sgualcire, sicuramente cadranno a terra ma...il bulbo che sottoterra da luogo alla pianta permetterà loro di rifiorire!"

Lui capì quel paragone.

"Lo stesso è accaduto a te quando hai rincontrato il tuo Anthony!"

Lacrime di dispiacere e consapevolezza di star ferendo il cuore della stella di Brodway le pizzicarono gli occhi.

"Mi dispiace Terry...vedi questi giacinti: il rosso è simbolo di dolore e il blu di coerenza ed è quanto io sto mettendo in questa conversazione! Per te ho provato una forte attrazione...ma ciò che mi lega ad Anthony non ha paragoni!"

Terence Granchester cercò di farsi coraggio, di non rendere ancora più struggente quell'addio.

"Io voglio la tua felicità Candy!"

La sorprese, con la voce rotta dall'emozione.

"Oh Terence credo di poter essere felice ora ma...vorrei che restassimo buoni amici!"

Lui sorrise amaro, non sapeva se il tempo sarebbe stato un complice nel far scemare il suo sentimento e nel dare anche a lui una cagione per essere felice senza Candy.

"Certo...solo un ultima cosa mia adorata Tarzan tutte lentiggini!"

Candy scoppiò in lacrime nel sentirsi rivolgersi l'affettuoso e canzonatorio soprannome che tante volte l'aveva irritata.

"Posso salutarti con un abbraccio?"

E li tra le braccia del ragazzo, ormai estraneo alla sua vita, capì di dover iniziare nuovamente daccapo.

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Capitolo 16
*** Ritorno da te ***


Prima di lasciarvi alla lettura del nuovo capitolo, un doveroso ringraziamento a tutti i recensori:

Wirda: grazie del tuo entusiasmo( beh Anrhony era anche uno dei miei personaggi preferiti...c'è ne fossero nella realtà come lui!)

Terryfirstlove: ok, nemmeno Terence era niente male mah...che dirti preferisco Candy assieme al suo primo amore! Comunque spero che troverai presto il coraggio di regalarci la tua, ne sono certa, bella storia!

AndyGrim: speriamo che "la fortuna premi gli audaci!" e...mi auguro di leggere presto il proseguio delle gesta del tuo temerario Andy.

Tetide: hai ragione...ora non sarà tutto rose e fiori...con due vite da ricostruire! Bene vedremo come andrà a finire!

CAPITOLO 15: "Ritorno da te!"

Non t'amo come fossi rosa di sale, topazio

o freccia di garofano che propaga il fuoco.

T'amo come si amano certe cose oscure

segretamente tra l'ombra e l'anima

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca

dentro di sè, nascosta, la luce di quei fiori

grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo

il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, nè da quando, nè da dove

T'amo direttamente,senza problemi nè orgoglio,

così t'amo perchè non so amare altrimenti

che così in questo modo in cui non sono e non sei;

così vicino che la tua mano sul mio petto è mia

così vicino che si chiudono i miei occhi con il tuo sonno.

(Pablo Neruda) "Non tollero che un membro degli Andrew si lasci andare a tali deplorevoli comportamenti!"

Tuonò la zia Elroy, per nulla disposta a mostrarsi indulgente con il nipote prediletto.

William Albert Andrew non si scompose alla puntualizzazione dell'austera donna, sprofondando nella poltroncina della sua scrivania e meditando su un importante scelta: forse era giunto il momento di prendere in mano le redini della famiglia.

"Cosa hai in mente zia?"

Chiese preoccupato che la donna stesse tramando ulteriori intrighi.

"Vi ho viziato troppo, questa è la verità!"

Riflettè sconsolata, portandosi una mano alla fronte rugosa.

"E questi sono i risultati: per anni tu sei stato in giro per il mondo come un perfetto vagabondo, Alistear è così incosciente da rischiare la vita per diventare un eroe ed Anthony...va a fare a botte come un ragazzaccio di strada!"

Una luce sinistra balenò nelle iridi cerulee.

"Ma se con voi due non mi sono potuta oppore...so come raddrizzare Anthony! Siamo stati tutti premurosi e accomodanti con lui dopo l'incidente...ma ora dovrà imparare ad assumersi le responsabilità che comporta il nostro rango: lo manderò a studiare a Yale!"

William si inalberò, ben indovinando il duplice scopo che nascondeva quella decisione, le iridi turchine si ridussero a due fessure.

"E James Brown cosa pensa di questa tua iniziativa?"

La vecchia Elroy tacque perchè non ammetteva che chicchesia avesse l'ultima parola con lei.

"Si sincera zia...tu vuoi nuovamente allontanare Anthony da Candy!"

La smascherò.

"Quella ragazza è stata una disgrazia per questa famiglia!"

Non potè infatti esimersi dal commentare: ancora la considerava responsabile dell'incidente del nipote e sebbene, per qualche tempo aveva ammorbidito i suoi duri giudizi, non riusciva a perdonarle il modo e il motivo per cui aveva abbandonato il prestigioso collegio londinese, gettando ulteriore scandalo sugli Andrew quando poi era ricomparsa nelle loro vite.

"I guai in questa famiglia arrivano sempre accompagnati da Candy!"

Sembrava di sentire Iriza snocciolare una disamina sull'odiata rivale.

"Ora basta zia! Non mi pare che tu abbia adottato un comportamento encomiabile inducendo tutti a credere che Antrhony fosse morto... il ragazzo non si muoverà da qui e se è per i suoi studi, vedrò di trovargli un precettore! In quanto a Candy: lei ha insegnato a tutti noi a vivere, cioè a dare un significato alle nostre esistenze, perciò non oltraggiarla mai più! Ma cosa più importate..lascia in pace quei due ragazzi!"

William, in verità aveva il cuore diviso, voleva bene sia alla figlia adottiva che al nipote, che ai suoi occhi restava un fratellino minore da proteggere: desiderava la felicità di entrambi ma ignorava se il destino avesse ormai preso per loro strade differenti.

Decise di parlare con Anthony, di cercare di comprendere il perchè di quella reazione: negli anni trascorsi a Londra aveva imparato a conoscere e ad apprezzare anche Terence, e sapeva del profondo sentimento che era stato capace di far sbocciare nel cuore di Candy.

-"Ah zia, quanta sofferenza hanno causato le tue menzogne!"

************************

Il cuore di Anthony era avvolto in un turbine di inquietudine e di pentimento per essersi lasciato trasportare dal sentimento, troppo forte ed incontrollabile, che nutriva nei confronti di Candy: come aveva potuto arrogarsi il diritto di giudicare Terence Granchester e di rispondere violentemente alle sue provocazioni?

Era andato a cercarlo spinto dall'istinto di protezione verso Candy e aveva finito per mostrare alla ragazza l'aspetto peggiore del suo carattere.

Si tormentava con tali critiche, quando un giovane uomo annunciò la sua presenza con un deciso colpo di tosse: era stato avvisato del rientro del tanto rinomato zio William e le sensazioni, alle quali si affidava dopo aver perso i suoi ricordi, gli suggerivano di trovarselo innanzi.

"Come stai Anthony?"

Cercò di rompere il muro di imbarazzo e di vincere il magone che in un nodo gli serrava la gola: il ragazzo era il ritratto vivente della sua amata e compianta sorella. Gli parve di tornare indietro nel tempo, quando ancora bambini, si contendevano le attenzioni della dolce Rosemary. "Sto bene...zio William!"

Rispose, sperando che le sue intuizioni si rivelassero esatte. L'uomo sorrise comprensivo e complice: lo aveva visto solo una volta da quando la zia Elroy lo aveva messo a corrente delle sue fandonie; non si era ancora risvegliato dal coma e il timore di poter riassaporare la sofferenza che aveva accompagnato l'agonia della sorella lo avevano fatto desistere da ulteriori visite.

"Tua madre preferiva chiamarmi Albet!"

Gli svelò con voce melanconica, per poi tornare al presente.

"La zia Elroy è alquanto preoccupata per il tuo gesto!"

Anthony impugnò la stampella rimettendosi in piedi, con qualche difficoltà, quasi che volesse sfuggire da quel confronto.

"Lo so...siete tutti amareggiati e delusi dal mio comportamento e mi dispiace di aver gettato un ulteriore scandalo sulla nostra famiglia!"

Teneva lo sguardo chino ma la voce era quella decisa di chi non è pentito di aver difeso la propri dignità: ad Albert quel temperamento piacque, convincendolo che il ragazzo fosse più forte di quanto tutti loro credessero.

"Non m'importa nulla dei pettegolezzi, Anthony! A me sta a cuore la tua felicità!"

Gli occhi cobalto incrociarono quelli turchini che illuminavano un viso più maturo.

"E ora dimmi: è per Candy che è successo tutto ciò?"

Anthony era in imbarazzo, non essendo molto bravo a nascondere le sue emozioni.

Riprese posto sul sofà, con Albert che gli si accomodava accanto.

"Non so cosa mi leghi a quella ragazza...ma quando l'ho accanto a me tutto pare semplice e meravigioso:riesco a convincermi che tutto è possibile! Vedi zio..io non sono rinato in quel giorno in cui ho riapero gli occhi ma in quella mattina in cui lei mi è ruzzolata, all'improvviso, tra le braccia! Fino ad allora avevo trascinato avanti le mie giornate...ma Candy aveva ridato un significato alla mia vita! E come se ci fossimo appartenuti da sempre...!"

"Ne sei ancora innamorato?"

"Non lo so..."

Il ragazzo rispose, timoroso ad ammettere anche a sè stesso la realtà. Albert si avvicinò ad un vaso di rose autunnali.

" Questi fiori sono particolari per te vero? Vedi Anthony ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva il suo profumo!"

E allora fu costretto a mettere a nudo la sua anima.

"Si la amo...la amo più della mia stessa vita, perchè ormai è lei la mia vita...e per amore ho deciso di rinunciare a lei, di rispettare le sue scelte, perchè voglio la sua felicità!"

Troncò la conversazione, ma tuttavia da quelle parole traspariva tutta la sua sofferenza.

**************

L'autunno iniziava a dipingere nuovi scenari per la natura: con fili d'oro e spolverate di ocre colorava le brune foglie sugli alberi ormai rinsecchiti, e il fruscio sul tappeto steso al suolo da quelle staccatesi dai rami, preannunziavano la presenza di animaletti indaffarati a prepararsi per il lungo letargo invernale. C'era un'aria di impazienza e di attesa, ma la lieve brezza fredda portava anche una ventata di malinconia al ricordo dell'estate ormai assopita nei ricordi.

Anthony, aiutandosi con una vanga, allargò una buca nel fertile terriccio di un largo vaso: pesanti nuvoloni avevano rabbuiato il cielo ma lui aveva bisogno di respirare l'aria del suo giardino, di far volare via il suo amore per Candy.

"Anthony perchè sei sparito dall'ospedale senza avvisarmi?"

La voce lo fece sussultare e il manico dell'arnese da giardinaggio gli finì sulle dita: lì dietro a lui, in tutta la sua bellezza, stava Candy. Cercò di nascondere la stupore, benchè fosse felice che lei fosse andata lì a cercarlo.

"Non volevo crearti ulterioro guai!"

Taglio cortò, e una vampata di calore gli serrò lo stomaco. La ragazza si chinò alla sua altezza, prendendo tra le sue, una mano sporca di terra.

"Che fiori stai piantando?"

"Sono i nontiscordardimè: narra una leggenda che due giovani stavano per scambiarsi l'eterna promessa quando lui cadde nell'acqua di un fiume...mentre la corrente lo trascinava via urlò all'amata la famosa frase, gettando al suo indirizzo un mazzo di questi fiori!"

Le lacrime pizzicarono gli occhi verdi di Candy, capendo l'allusione al suo comportamento: finalmente era felice e pronta a riscattarsi con il destino, l'autunno che un tempo le aveva tolto ogni cosa, ora era tornato per restituirle il suo amore.

"Io non ti ho mai dimenticato Anthony...tu sei la cosa più importante della mia vita...è per questo che sono ritornata da te!"

Uno spiffero più deciso disperse nelle campagne circostanti il suo cappello di paglia, ma lei non se ne avvide; un boato risuonò nell'aria e un lampo squarciò il cielo: quasi come un fuoco d'artificio a quell'annuncio. Un annunciato temporale rinfrescò l'aria, inzuppando gli abiti dei due ragazzi, seduti sulla ghiaia. I capelli di Candy erano grondanti d'acqua e minuscole goccioline di acqua piovana si confondevano con le sue lacrime: agli occhi di Anthony era più bella che mai, quasi fosse una dea appena uscita dai mari della mitologia.

L'attesa si fece più intensa, Candy iniziò a tremare per l'emozione, finchè l'inevitabile esplose tra di loro. Fu allora che le loro anime si incontrarono davvero e i loro cuori batterono all'unisono: le loro labbra si cercarono, impazieni ed insaziabili, per unirsi nel bacio più dolce ed indimenticabile che avessero mai dato.

Nemmeno stavolta era come Candy aveva sempre sognato, era ancora più bello e magicamente passionale.

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Capitolo 17
*** L'alba del giorno prima ***


Prima di lasciarvi al nuovo capitolo vorrei spendere qualche parola per le vostre bellissime recensioni: innanzitutto mi fanno molto piacere i vostri complimenti perchè solo quando una storia piace si è spinti a continuare a scrivere! Andando nello specifico:

a Tetide: Chissà che la zia Elroy non si ricreda...

Andy Grim:hai fatto bene a proporci i tuoi chiarimenti! Nemmeno a me piace questo modo sbrigativo e brutale che certi autori hanno nel "liquidare il terzo incomodo" e,forse, è per questo che anche io ho sempre preferito Anthony.

Wirda: grazie per l'affetto con cui mi segui!

Terryfirstlove: la tua recensione mi ha inorgoglito! Perchè credo che la cosa più difficile sia emozionare qualcuno che ha opinioni, o preferenze, diverse dalle tue.

Vi lascio al nuovo capitolo.

CAPITOLO 16 "L'alba del giorno prima"

Il mio amore è una rosa rossa

sbocciata in giugno, da poco

Il mio amore è una canzone

dal dolce, dolce sogno.

Tu sei bella mia bella

ed io così innamorato che ti amerò sempre

finchè seccherenna i mari

finchè i mari seccheranno

e le rocce si scioglieranno al sole.

Ti amerò sempre cara

finchè scorrono le sabbie della vita

E addio,addio mio unico amore

Addio per un momento

io tornerò,sai amore

anche da lontano

cento e cento mila miglia.

(Robert Burns) I raggi obliqui del sole al tramonto filtrarono dalla finestra, sollevando un sottile pulviscolo, creando un baluginio di luce sulle pagine di un libro di medicina.

Candy però non riusciva a concentrarsi, ancora proiettata a quegli attimi di piacevole follia, nei quali aveva intrecciato la sua anima e il suo cuore a quelli di Anthony, in una sincronia perfetta.

Abrebbe bramato prolungare nell'eternità quelle sensazioni, tuttavia era cosciente che nell'euforia di quei giorni non si sarebbe potuta cullare in eterno ma affrontare la vita non la spaventava, perchè d'ora innanzi avrebbero combattuto in due, perchè Anthony le aveva fatto la solenne promessa che non l'avrebbe più lasciata e lei voleva credergli. Dovevano superare un piccolo, ma insommortabile, ostacolo per convincersi di essersi ritrovati veramente: avrebbe letto, avrebbe studiato per trovare il modo che avrebbe permesso al ragazzo di guarire dalla sua amnesia.

Nelle orecchie rieccheggiavano i suoni del temporale confusi con quella voce che, tante volte nei giorni di disperazione, aveva implorato di riudire.

"Stai tremando Candy...vieni, meglio indossare qualcosa di asciutto!"

La voce tenera e premurosa era stata una polla di calore per il suo cuore innamorato.

Una mano umida, involontariamente, l'aveva sporcata di fango in una carezza che tentava di tergere le lacrime che rigavano le rosee gote.

Erano lacrime di felicità e di sfogo alla tensione accumulata in quei giorni.

Le iridi ammalianti l'avevano ipnotizzata, come era accaduto ai marinai di Ulisse nell'udire il canto delle sirene, ed Anthony, sostenendosi allo steccato, si era rialzato invitandola, con fare cavalleresco, a fare altrettanto. Così mano nella mano si erano incamminati verso la cascina ricoperta d'edera, verso un domani migliore e diverso; così leggeri da convincersi di poter arrivare veramente fin sulla luna.

Non erano state necessarie parole superflue, il tempo delle spiegazioni sarebbe giunto quando gli eventi sarebbero stati maturi: per quel giorno si sarebbero accontentqati di saziarsi con i loro sguardi estasiati.

Al calar della sera,Candy era tornata alla Casa di Pony, luogo di riflessione e condivisione anche per gli eventi più belli ed inaspettati e lì aveva iniziato a meditare.

Miss Pony e Suor Maria non riuscivano a capacitarsi dello stato di grazie calato sulla solare fanciulla.

"Forse,finalmente, la ruota della vita inizia a girare per il verso giusto anche per la nostra Candy!"

Aveva osservato la direttrice dell'orfanotrofio,felice per lei.

Il mattino seguente, Candy fu destata dalle voci infantili e allegre dei bambini che attorniavano le due religiose.

"Candy vieni a vedere chi è venuto a trovarci!"

Fu esortata da una voce eccitata e impaziente.

Con grande meraviglia e gioia si gettò tra le braccia di Tom, il suo amico d'infanzia, il fratello adottivo che aveva sempre rappresentato l'equivalente maschile di Annie nei suoi affetti. Ormai anche lui aveva trovato la sua strada nella vita, diventando un giovane ragazzo bello e forte. Non fecero in tempo ad andare oltre i soliti saluti di circostanza, Tom andava di fredda e il lavoro al ranch lo assorbiva per gran parte della girnata. Prima di andarsene,però, strappò a Candy la promessa di una visita alla fattoria del signor Steve.

*********************

Anche in una cascina nascosta dall'edera rampicante,tra le campagne che attorniavano la cittadina di Lakewood,si respirava un'aria festosa, anche perchè il ritorno del signor Brown era ormai imminente. Anche il signor Withman si era dovuto assentare per qualche giorno e ora accoglieva,con paterna approvazione, i cambiamenti avvenuti nel signorino Anthony, che lavorava alacremente assieme a lui.

"Deve esservi accaduto qualcosa di davvero prodigioso in questi giorni, signorino!"

Alla fine non potè fare a meno di osservare.

"Un miracolo?"

Chiese Anthony sorpreso, appogiandosi al manico della vanga.

"Ha detto bene signor Withman...un miracolo!"

Sorrise, un'espressione che rifletteva la sua felicità: Terence ormai gli appariva una lontana nuvoletta all'orizzonte di un limpido cielo d'estate e il futuro, in quanto vago ed incerto, non lo spaventava più sebbene fosse tutto da ricostruire.

Per ora si accontentava di vivere il presente, per quanto effimero, per imparare ad esplorare e ad imparare da quelle sensazioni che per lui erano nuove e sulle quali avrebbe voluto gettare le fondamenta del domani.

"Anthony...Anthony..."

Il richiamo gli bloccò il cuore in gola: il suo nome non gli era mai sembrato tanto bello.

Candy correva verso di lui,agitando la mano. Il signor Withman, comprendendo che era lei l'artefice di tutti quei cambiamenti straordinari, preferì defilarsi in silenzio e lasciare da soli i due ragazzi.

Anthony la salutò, istintivamente, con un casto bacio sulla fronte.

"Ho aspettato questo momento fin da quando te ne sei andata, ieri sera!"

Confessò.

"Anche io ho pensato solo a te,Anthony!"

Cercò quindi di stemperare l'imbarazzo venutosi a creare cambiando discorso.

"Un mio amico mi ha invitato a visitare il suo ranch...è lì che sto andando!"

Il ragazzo cercò di nascondere la sua egoistica delusione:dunque non avrebbero trascorso il resto della giornata insieme e lui sapeva che quei momenti erano preziosi perchè Candy non si sarebbe potuta sottrarre,ancora per molto, ai suoi doveri di infermiera.

"Ti andrebbe di accompagnarmi?"

Lo sorprese invece.

***************

Tom si stava allenando per prendere parte al prossimo rodeo,ormai imminente. Aiutandosi con le briglie,aveva tolto dalla stalla Furia,un cavallo selvatico americano, che aveva la pretesa di riuscire ad addestrare, sellandolo, per garegiare con lui nelle competizioni agonistiche. Le luminose iridi olivastre scorsero i neogiunti.

"Ben arrivata Candy!Ciao Anthony!"

Strinse la mano al ragazzo,preferendo non aggiungere altro: i pettegolezzi in paese correvano veloci così era impossibile ignorare l'incredibile storia che aveva coinvolto il giovane Andrew; perciò decise di rapportarsi a lui con cautela ma anche con disinvoltura, per non metterlo a disagio.

"Sarò presto da voi!"

Chiarì, continuando nelle sue mansioni.

"Ora prendete posto laggiù e ammirate le mie doti di cowboy."

Desiderava la loro approvazione per gratificarsi del lavoro svolto con l'animale.

Candy sbiancò: il contesto avrebbe potuti riaprire ferite arcaiche, dolori che voleva seppellire nell'oblio.

"Non so se è una buona idea!"

Si oppose debolmente, non volendo ferire l'amico, sminuendone l'entusiasmo. I suoi timori però non vennero compresi.

"Tra pochi giorni inizia il rodeo...voglio arrivarci preparato!"

Le strizzò l'occhio allontanandosi verso l'equino.

"Mi piacerebbe essere così forte e coraggioso come Tom!"

Osservò Anthony, ammirato dalla vorza virile dell'altro ragazzo: a lui pareva riuscire bene solo la cura dei fiori.

Candy prese posto accanto a lui, su un ceppo di legno.

"Oh ma anche tu sei stato tanto ardito!"

Rivelò dolcemente nostalgica. Gli occhi oltremare la fissarono stupiti, invitandola a proseguire.

"Abbiamo partecipato assieme ad un rodeo, tanti anni fa, vincendo le resistenze della zia Elroy!E tu...ti sei anche aggiudicato il primo premio!"

Avrebbe avuto ancora mille cose da chiederle, un'infinità di storie avrebbe pazientemente ascoltato per recuperare antefatti della sua vita: perchè i racconti di Candy non gli davano l'impressione che riguadassero terzi, ma avevano il potere di fargli compiere importanti passi verso la sua personale rinascita.

Il piede di Tom che posò sulla staffa per montare in sella a Furia fece sussultare Candy, catapultandola in un lontano e drammatico giorno d'ottobre.

Dopo pochi minuti però si ravvide da quei ricordi e riportata alla realtà fu sconcertata e sconvolta dalla reazione di Anthony.

Sembrava che un quadro simile a quello in cui il giovane aveva perduto i suoi ricordi, risvegliasse in lui sensazioni assopite.

Si rivedeva vicino al lago ad abbeverare Pegasus e ancora in sella al suo destriero bianco affiancato da Candy,al galoppo di un cavallo striato.

Quell'immagine doveva appartenere ad un giorno di festa,distingueva nitidamente gli abiti adatti ad una battuta di caccia e riconosceva le voci.

"Andremo insieme sulla collina di Pony!"

Una promessa da mantenere.

"Quel ragazzo mi somigliava molto,vero Candy? Ho capito adesso chi era..."

Un segreto che il destino aveva suggellato per sempre, impedendo che venisse svelato.

"Attenta!"

L'ultimo, estemo gesto per proteggere la cosa più preziosa del mondo.

Un eco dal remoto che tornava prepotente.

Il nitrito spaventato di Pegasus e l'urlo disperato di Candy si intersecarono nella sua mente, trafiggendola.

Erano frammenti di passato, simili a quelli recuperati durante i suoi attacchi di emicrania, ma il dolore era ancora più intenso e fitte strazianti lo martoriavano.

Non fu in grado di opporsi, anzi la sofferenza era tanto intensa da costringerlo,infine,ad accasciarsi.

"Anthony...per l'amor di Dio...che ti prende?"

Candy era in preda al panico: lo scuoteva, lo sosteneva cercando di farlo rinvenire, ma ad un tratto il corpo floscio si accasciò tra le sue braccia,terrorizzandola prorpio come quel giorno.

***************

Tom allarmato dalla scena, le fu tosto di fianco. Trasferirono Anthony nella camera del ragazzo che lo adagiò sul suo lettino, quindi si propose di correre alla ricerca del Dottor Leonard.

Anthony non aveva perso i sensi ma il forte shock lo aveva proiettato in uno stato confusionale, catapultandolo in una dimensione parallela,tra sogno e veglia, dove in uno strano intermezzo vedeva scorrere il film della sua vita.

Erano immagini note e che aveva sempre avuto la consapevolezza di conoscere, ora però alle sensaziono si sostituivano le emozioni e tutto si ricopriva di significati.

Candy era rimasta ad accudirlo,con infinita premura, bagnandogli la fronte con un traliccio umido, avendo rivelato qualche linea di febbre improvvisa che scuoteva il corpo di Anthony.

Per qualche istante socchiuse gli occhi stanchi, quando li riaprì le sue labbra increspate si distesero in una espressione di sollievo che le illuminò tutto il volto.

"L'ho sempre saputo..."

Sussurrò Anthony, cercando di vincere il cerchio alla testa.

"Cosa?"

Chiese lei curiose ed ingenua.

"Che sei più bella quando sorridi!"

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Capitolo 18
*** Le parole che non ti ho detto ***


Chiedo scusa ai lettori per il ritardo nell'aggiornamento e spero che la vostra curiosità sia ancora intatta...perciò. bando alle ciance, vi lascio al nuovo capitolo!

Capitolo 17: "Le parole che non ti ho detto"

Rosa di macchia

che dall'irta rama

ridi non vista a quella montanina,

che stornellando passa e che ti chiama

rosa canina.

Se sottil mano i fiori tuoi non coglie

non ti dolere della tua fortuna:

le invidiate rose centofoglie

colgano ad una ad una.

Al freddo sibilar del vento

che l'arse foglie ad una ad una stacca

irto il rosaio dondolerà lento, senza una bacca;

ma tu di bacche brillerai nel lutto

del grigio inverno; al rifiorir dell'anno

i fiori nuovi qualche vizzo frutto

sorrideranno

e te,col tempo,stupirai cresciuta

quella che all'alba svoltò già leggiera

col suo stornello e risalirà muta

forse una sera.

(G.Pascoli)

La valigia ormai ultimata,riposta su un lettino alla casa di Pony,ricordava insistentemente a Candy il ritorno, ormai imminente, a Chicago e il magone della separazione le serrava la gola.

Non voleva essere costretta a scegliere tra gli affetti più cari e la posizione che, faticosamente, si era costruita nella società, tuttavia era cosciente di non poter protrarre ancora per molto quell'andirivieni che nell'ultimo periodo aveva costernato la sua vita. Fare la spola tra Chicago e Lakewood richiedeva un considerevole dispendio di energie e rischiava di compromettere lo zelo e l'attenzione che la sua professione richiedeva.

Sicuramente era una questione che andava affrontata ma non in quelle ore: avrebbe approfittato dello scorcio di giornata che restava da trascorrere nel Colorado senza lasciarsi pervadere dalla melanconia che,sicuramente,l'avrebbe accompagnata al suo ritorno nell'Illinois. Inutile ignorare che causa del suo scoramento sarebbe stata la lontananza da Anthony, del quale ormai aveva bisogno come l'acqua nel deserto.

Tuttavia nel loro rapporto c'era ancora qualcosa di troppo vago e indefinito: fin dal giorno in cui si erano fortunosamente rincontrati erano stati frenati dal timore di esporre senza remore e completamente i loro immutati sentimenti.

Una parte del muro d'imbarazzo si era sgretolata sotto la magia e la passione del loro primo bacio; ma un velo d'imbarazzo celava ancora i loro occhi innocenti nella consapevolezza di dover esplorare un sentimento ancor più profondo e maturo di quello che li aveve fatti infatuare anni prima l'uno dell'altra.

Candy non aveva ormai alcuna perplessità sull'amore per Anthony, sentimento che il tempo aveva cercato di trasformare, di occultare ma che mai era riuscito a cancellare. Le sue titubanze giravano intorno alla reazione di Anthony qualora fosse venuto a conoscenza fino in fondo del rapporto che l'aveva legata a Terence.

"Secondo lei si deve essere onesti e sinceri fino in fondo con la persona che si ama?"

Aveva chiesto consiglio a Miss Pony.

"Se una persona ci ama veramente sa comprendere le nostre debolezze e perdonarle!"

La risposta della religiosa rieccheggiava nella sua mente mentre si avvicinava alla cascina di campagna; stringendo nella mano destra la valigia bianca a scacchi rossi, sua compagna in mille avventure e ora simbolico fardello per la sua felicità.

************************

Anche Anthony ora che si era riappropriato della sua identità,scoprendo quanto fosse appagante ricordare,voleva essere degno di Candy: ora le sue emozioni nel pensare alla ragazza si miscelavano ai tumulti interiori che lo avevano accompagnato quando,ancora ragazzini, le aveva regalato la "Dolce Candy", facendo nascere nel suo cuore un nuovo sentimento.

Ormai aveva 17 anni e voleva capire quale fosse il suo posto nel mondo, voleva intraprendere la propria strada senza aver più bisogno che gli Andrew lo proteggessero con il loro nome e con le loro premure; voleva provare a spiccare il volo con le sue ali e sperava di trovare nel padre un alleato anzichè un ostacolo.

Erano passati pochi giorni dal malore che gli aveva restituito il suo passato e non aveva avuto intenzione di osservare ulteriore riposo,sgattaiolando presto all'aperto nonostante l'autunno ormai inoltrato.

Il ragazzo tirò la sciarpa sul mento per rispettare le raccomandazioni del genitore e fece volare la mente alle lezioni che, presto, avrebbe iniziato nella Grande Casa sotto la guida di un precettore.

"Non dovresti essere a letto tu?"

Lo rimproverò Candy, sopraggiungendo. Anthony non si scompose e le sorrise.

"Ho gia trascorso abbastanza tempo a letto nei mesi scorsi e poi...mi sento bene!"

La ragazza gli si parò innanzi.

"Certo anche questo vento è molto salutare!"

Non capiva perchè fosse così dura e materna allo stesso tempo con lui.

"Beh se prenderò il raffreddore non mi spiacerà farmi curare da questa bella infermiera!"

La stuzzicò, attirandola a sè e sorprendendola con un bacio a fior di labbra che palesavano l'intraporendeza acquistata da Anthony.

L'emozione e il tumulto fu uguale alla prima volta ma improvvisamente si staccò da lui e iniziò a piangere, sentendosi sciocca.

"Che ti prende Candy?"

Anthony era confuso e preoccupato.

"Non voglio vivere nella paura di poterti perdere di nuovo...stavolta non riuscirei a sopravvivere ad un simile dolore!"

Lui le sollevò il mento con due dita e le mostrò lo sguardo più rassicurante di cui era dotato.

"Non mi succederà più niente...te lo prometto! Anzi d'ora in poi voglio essere io a proteggerti dal mondo!"

Aggiunse, pur essendo consapevole che ormai il mondo a Candy non faceva più paura: il loro unico nemico poteva essere il destino e il ragazzo, in cuor suo, sperò che d'ora innanzi il fato sarebbe stato clemente con loro. Abbracciò la ragazza e desiderò proteggerla dalle sofferenze futrure.

**************

"Il vento si è attenuato, ti va di fare un giro?"

Si ricompose Candy dopo il suo scatto di nervi e meno apprensiva. Anthony parve imbarazzato nell'avanzarle una proposta pericolosa.

"Vorrei tornare nel luogo dove tutto si è interrottto per chiudere definitivamente al passato e costruire il futuro!"

Nonostante fosse spiazzata dalla richiesta,Candy decise di accompagnarlo. Dovettero camminare per un bel pezzo,ma grazie alle continue soste la gamba di Anthony non risentì eccessivamente del tragitto.

Nell'immenso spiazzale verde rieccheggiavano solo i suoni silenziosi della natura e l'accorato canto d'addio degli uccelli in migrazione verso i lidi soleggiati.

"Mi ricordo tutto...è esattamente come quel giorno!"

Mormorò Anthony, mentre Candy riviveva il suo trauma interiormente.Il ragazzo la prese per mano.

"Riiniziamo da qui Candy, suggelliamo la nostra unione che ha resistito ai colpi del destino!"

Si era infervorato nell'esternare le sue emozioni e ciò aveva dato alle sue gote un bel colorito roseo.Candy non ricordava di averlo mai visto tanto determinato.

"Si Anthony hai ragione, dobbiamo guardare al futuro ma...non posso chiudere al passato!"

"Perchè?"

Lei sedette sulle foglie secche, raccogliendo le ginocchia al petto,cercando le parole più giuste per esprimersi.

"Vedi..devo sapere se sei ancora il ragazzo che ho perso qui! In fondo ci conosciamo così poco nonostante ci amiamo cosi tanto che credo che..dovremmo parlare un pò di noi!"

Anthony capì perchè quei timori erano anche i suoi, perciò sedette vicino a lei, pogiando il busto al tronco di un albero e ne ricercò la vicinanza fisica, invitandola a sdraiarsi sul suo petto in modo da poterla tenere abbracciata.

"Hai ragione...in questi anni siamo cambiati molto entrambi e ora abbiamo bisogno di ritrovarci!"

Concordò e godetterò quell'attimo in silenzio perchè nessuno dei due osava chiedere.

"Come è stato quando ti sei risvegliato dal coma?"

Chiese Candy e lui sorrise amaro: era la prima volta che qualcuno lo spronava a parlare delle sue emozioni in quel particolare momento della sua vita.

"Non so spiegarti bene...è come se ti ridestassi dopo aver dormito per troppo tempo e il riposo anzichè rigenerarti ti abbia stordito! Ero confuso e indolenzito...dipendevo dagli altri in tutti e per tutto e la vicinanza di mio padre è stata determinate. Innanzi a me avevo il nulla assoluto: non sapevo chi fossi e non potevo muovermi in modo autonomo...nei momenti di sconforto più nero avrei voluto davvero chiudere per sempre gli occhi!"

Candy si strinse a lui, scongiurandolo di non osare neppure immaginarla una cosa simile.

"Sono stato sopraffatto dall'abulia e ho trascinato avanti giornate vuote ed insignificanti...fino a quella mattina in cui sei tornata tu, Candy!"

"Mi dispiace di non esserti stata accanto in quei momenti difficili!"

"Ma tu hai fatto molto di più per me Candy...se i dottori mi hanno ridato la vita tu lei hai dato un significato!"

Lei sorrise sentendosi importante e si strinse al ragazzo.

"Posso chiederti io una cosa adesso? Ma non vorrei essere troppo diretto!"

Esitò, ma Candy lo spronò a continuare.

"Perchè ti sei innamorata di Terence Granchester?"

Il momento,inevitabile, era ora giunto e si sforzò di restare tranquilla.

"La prima volta che l'ho incontrato sul parapetto della nave che ci portava in Inghilterra l'ho scambiato per te!"

"Candy ma come...come hai potuto confonderci?"

Era risentito e sorpreso.

"Era sera e c'era la nebbia inoltre avevo il cuore avvolto dalla disperazione per la tua recente perdita!"

"Piccola quanto devi aver sofferto!"

Era la prima volta che la chiamava con un aggettivo.

"Poi mi sono accorta di quanto eravate diversi e all'inizio mal lo sopportavo: sembrava arrogante ed insisciplinato!"

"E poi cosa è cambiato?"

"Mi sono accorta di quanto soffrisse e del passato difficile che aveva alle spalle...così piano piano siamo diventati amici!"

"Lui si è innamorato di te e ti ama ancora!"

Anthony era consapevole del fatto.

"Lo so ma non potevo ingannarlo! A Londra le prime volte gli parlavo sempre di te...ogni situazione mi riportava alla mente un tuo ricordo, finchè non siamo andati in vacanza in Scozia!"

"Cosa è successo ad Edimburgo?"

Candy tentennò.

"Terence mi ha costretta a salire in sella ad un cavallo con lui...è stato tremendo ma necessario per farmi capire di dover andare avanti senza i fantasmi del passato.

"Ma purtroppo i fantasmi del passato sono tornati!"

Anthony era geloso perchè percepiva ancora un certo affetto che sarebbe perdurato per sempre tra Candy e Terence.

"Perdonami...è che penso che lui ha avuto la tua adolescenza, momenti importanti da condividere con te...e ha avuto il tuo primo bacio!"

Lei si sentì pugnalata dal fato.

"E tu come fai a saperlo?"

"Vi ho visti la sera del suo esordio in teatro!"

Fu costretto ad ammettere.

"Ascolta Anthony...Terence ha condiviso emozioni importanti con me, ma si è trattato solo di attimi mentre tu mi avrai per la vita intera...perchè è te che voglio, hai capito?"

Si mise ginocchioni e lo convinse a fidarsi.

"Va bene non parliamo più di lui! Ormai è ora di tornare se non vorrai perdere il treno stasera!"

Maledetto tempo fuggente che sminuiva sempre le cose importanti.

Tuttavia era cosciente che sarebbero ritornati sull'argomento. ******************** Il giorno successivo Anthony era di pessimo umore, dopo la separazione da Candy, perciò non era molto entusiasta di recarsi nella Grande Casa per seguire le sue lezioni.

Nell'attesa del precettore, scorse la figura di Iriza aggirarsi per il soggiorno.

"Salve caro cugino!"

Lo salutò, attirandosi un'occhiataccia.

"I fantasmi non possono rispondere e i Brown non possono perdonare le tue diffamazioni!"

Lei ignorò le minacce e gli sedette accanto.

"Ho capito...sei di pessimo umore perchè la tua crocerossina se ne è tornata in città...magari tra le braqccia di un attore di nostra conoscenza!"

"Non ti permettere di infangare mai più la reputazione di Candy...con la quale d'altronde ci siamo ampliamente chiariti!"

"Ah quindi Santa Candy da Pony non ha scheletri nell'armadio! Scommetto che ti ha anche spiegato il motivo per il quale è scappata come una fuggiasca dalla Saint Paul school!"

Scrutò di sottecchi la reazione del cugino e la curiosità e l'ignoranza che regnava nei suoi occhi la spronarono ad agire.

"Ops...la povera Candy non ti ha spiegato cosa faceva a mezzanotte nella stalla sola soletta con Terence Granchester?"

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Capitolo 19
*** Iris ***


Vorrei rinnovare i ringraziamenti per le loro puntuali recensioni a Tetide,Andy Grim e Wirda: è vero forse i dubbi di Anthony e Candy sono infondati ma mi sembrava troppo fiabesco un improvviso "e vissero tutti felici e contenti". Ho pensato fosse più umano far trasparire un pò della loro paura che, magari, li aiuterà a crescere e consolidare il loro rapporto! In quanto ad Iriza...non si smentisce mai!

CAPITOLO 18: "Iris"

"Cogli i boccioli di rosa appena puoi il tempo vola e vola, e il fiore stesso che oggi sorride,domani morirà"

(Robert Hnreik)

In quei lunghi mesi invernali, quando le acque del lago Michigan si trasformano in una spessa lastra gelida e la natura si addormenta sotto la coltre delle nevi, vige un'atmosfera di malinconica attesa del risbocciare della vita.

Questa sensazione aveva accompagnato anche Anthony durante la sua convalescenza.

Il ragazzo,dal sedile posteriore della chevrolet degli Andrew, osservava una piccola e accogliente struttura, situata in cima ad una brulla collina, e si lasciava avvolgere dalla sensazione di sicurezza che l'orfanotrofio trasmetteva.

Ora era impaziente di incontrare la direttrice.

Dopo il colloquio al vetriolo con Iriza aveva pensato che solo una visita alla "Casa di Pony" avrebbe potuto restituirgli le sue certezze e un pò di conforto e comprensione.

Mentre George svoltava l'ultima curva, il cuore di Anthony dipingeva un diabolico quadro della personalità della cugina: Iriza era una forza distruttrice, un perfido cancro, era un potente veleno capace di prosciugare anche i terreni più fertili di buoni sentimenti; aveva il potere di imbruttire le persone ed ebbe la sensazione che vi stesse riuscendo col lui.

Poi pensò a Neal, o meglio alle ragioni che lo avevano spinto a schierarsi a difesa di Candy.

Il giovane Legan, che aveva ascoltato di nascosto la conversazione tra la sorella e il cugino, all'ennesima menzogna di Iriza era uscito allo scoperto, quasi volendosi scagliare contro di lei, rivelando il macchiavellico tranello di cui Candy era stata vittima alla Sain Paul School.

Come aveva potuto Iriza farla passare per una ragazza dai facili costumi, umiliandola innanzi a tutti?

E lui aveva mai dubitato, pur per una frazione di secondo, dell'innocenza e della fedeltà di Candy? A questa domanda aveva timore a trovare una risposta.

Infine si chiese: possibile che Neal fosse diverso dalla sorella?

Ormai era giunto alla sua destinazione: sperò di trovare in Miss Pony una donna pronta ad ascoltare, perchè ora aveva bisogno di chiarezza.

Sperò che i segreti tra lui e Candy fossero finiti per sempre e che la ragazza non gli avrebbe più omesso nulla: non voleva giudicarla ma voleva accertarsi che Candy riponesse il lui la stessa fiducia perchè era il pilastro per solidificare il loro amore.

Se non c'era fiducia non poteva esservi nemmeno amore.

*********************

Quel pomeriggio era grigio ed era accompagnato da gelide raffiche di vento, perciò i bambini della "Casa di Pony" erano stati costretti ad inventare i loro giochi al chiuso, mentre alcuni di loro si erano recati nella piccola chiesetta adiacente.

I più grandicelli, presenti anche quando quella lussuosa auto era venuta a strappar loro la "nostra Candy" per portarla in Inghilterra, riconoscendola pensarono ad un improvviso ritorno della ragazza.

"Miss Pony, Miss Pony è tornata la nostra Candy!"

Saltellarono festosi, circondando la religiosa, accompagnandola a gruppetto a ricevere il nuovo ospite.

Il loro entusiasmo però si smorzò quando riconobbero una figura estranea, con la schiena ritta e pogiata alla portiera del veicolo.

Anthony non aveva mai interagito con dei bambini così piccoli perciò dapprima se ne restò impalato, non sapendo che essere semplicemente se stessi era il miglior metodo per rompere il ghiaccio.

Le bambine non avevano mai visto un ragazzo più bello, uno specchio e un mistero allo stesso tempo. Una di loro si avvicinò di qualche passo.

"Sei un principe?"

Chiese candidamente, facendolo arrossire d'imbarazzo, mentre George reprimeva un sogghigno innanzi a tanta innocenza.

"Io? Oh no...no! Io...io mi chiamo Anthony Brown!"

Si presentò farfugliando.

"Ecco volevo conoscere Miss Pony!"

E allora le iridi cobalto parvero disintegrare le lenti che nascondevano gli occhi amorevoli e protettivi di una donna di mezza età che aveva dedicato tutta sè stessa ai figli degli altri, ai figli di genitori sfortunati o incapaci, ai figli di Dio.

Il cuore di Miss Pony fu invaso da una sensazione di amorevole calore e le parve di tornare indietro nel tempo, di ritrovarsi di fronte Rosemary Andrew.

L'aveva conosciuta durante il suo noviziato: era una ragazza bella e spigliata, in grado di portare la primavera in qualsiasi luogo con la sua sola presenza. L'aveva aiutata a mettere in piedi quel posto, finanziandolo anche economicamente, le piaceva stare tra la gente comune,ascoltare i diseredati e aiutare i sofferenti. Rosemary non era adatta alle rigide etichette nobiliari, non era nata per far la statua di cera nel palazzo di Lakewood, non voleva essere una "principessa nel castello ma una principessa tra la gente!" ripeteva sempre sorridendo.

Era stata così sognatrice ed allegra finchè la malattia non ne aveva preteso la vita.

Miss Pony asciugò con un lembo del grambiule gli occhi umidi e riposizionò le lenti per accogliere l'ospite.

Anthony si fece porgere la stampella da George e claudicò verso la donna.

"Desideravo conoscerla da molto tempo Miss Pony...mi dispiace di essermi presentato qui all'improvviso...ma..."

La religiosa raccolse quell'appello di aiuto che risuonava in una voce ancora fanciulla e decise di ascoltarlo.

"Entra figliolo...qui sei il benvenuto!"

*******************

La prima parola che ad Anthony era venuta in mente quando Miss Pony gli aveva cinto le spalle per accoglierlo era : materno.

Ora capiva perchè Candy fosse tanto legata a quel posto e considerasse speciali le persone che l'avevano cresciuta.

Eppure un senso di vuoto, una mancanza incolmabile, aleggiava ora in lui: c'erano dei momenti in cui la mancanza di una mamma nella sua vita si faceva sentire come un peso schiacciante e questo era uno di quelli.

Ormai i bambini si erano dileguati: qalcuni avevano ottenuto il permesso di far un giro su quel misterioso mezzo di trasporto che solo una volta avevano visto in vita loro, con il beneplacito di George che si diveriva con i bambini; altri, in attesa del loro turno, avevano deciso di ripulire la piccola cappella, dopo avr tratto un sospiro di sollievo sapendo che il "Principe" non avrebbe portato via nessuno di loro.

"Sapevo che prima o poi saresti passato a trovarci!"

Miss Pony cercò di rompere il silenzio che si era venuto a creare.

"Candy mi ha parlato così tanto di questo posto che in un cero senso è come se vi conoscessi da una vita!"

La donna sorrise e gli fece strada all'interno dell'edificio.

"Vieni vorrei farti conoscere Suor Maria!"

La giovane suora era china su una cesta in vimini posizionata vicino al focolare, intenta a calmare gli infantili vagiti che si distinguevano in quel fagottino di coperte.

Accortasi della nuove presenze, Suor Maria si mise in piedi, prendendo tra le braccia il neonato.

Anche sul suo viso fu leggibile una punta di stupore: le donne avevano imparato a conoscere Anthony attraverso i racconti di Candy, lo avevano immaginato, si erano dispiaciute per la sua presunta morte ed erano state felici nell'apprendere che quella giovane vita aveva la possibilità di essere vissuta. Ora però trovarselo di fronte, in carne ed ossa, faceva una strana sensazione ad entrambe: Anthony era bello, molto bello; la sua però era una beltà che non si limitava al solo aspetto fisico ma che sconfinata nella bontà d'animo, nell'onesta, nella bellezza dello spirito.

Somigliava molto a Rosemary però il suo sguardo era velato da uno strato di nostalgia e tristezza, eredità forse di quei mesi difficili. Anthony non era allegro e leggiadro come sua madre, non lo era mai stato, perchè aveva ereditato la riflessività dei Brown.

"Piacere di conoscerla sorella!"

Si presentò il ragazzo, scrutando il bambino.

"L'hanno abbandonata sull'uscio stanotte!"

Spiegò Suor Maria, specificando che si trattava di una bimba.

I tre sedettero sul vecchio divano, logorato dai giochi dei bimbi che li dentro erano diventati uomini.

Esordi Miss Pony, notando il disorientamento e il turbamento di Anthony.

"Cosa c'è che non va?"

Aggiunse allarmata e il ragazzo capì di potersi fidare, di poter esternare le sue paure senza essere giudicato.

"Ho paura che Candy si senta semplicemente in debito con il destino per la mia inaspettata resurrezione!"

Sbottò, mentre l'immagine di Terence, dannato e famoso, gli si affacciava alla mente.

"Cany ha molto sofferto per te...dopo la disgrazia si è rifugiata qui: era spenta,svuotata di energie,accecata dal dolore...non trovava più una ragione di vita!"

Gli era insopportabile immaginare il lutto che aveva dovuto affrontare la sua amata, pensò agli occhi vivi e pieni d'allegria allora tristi e cupì e se la somigliò simile a sua madre negli ultimi giorni di malattia.

"Io amo molto Candy, mi ha dato così tanto! Ma ho paura che lei amerà sempre di più Terence Granchester!"

Lo disse d'un fiato sperando di non sembrare ridicolo nelle sue elucubrazioni. Stranamente le due religiose sembravano comprenderlo e ascoltare pazientemente.

"é vero Candy inizialmente era confusa...ma Candy non ha mai smesso di amarti e ti amerà per sempre, questo lo ha capito da sola...con i suoi errori!"

Sorrise Suor Maria, sperando in un lieto fine per i due ragazzi.

"Suor Maria ha ragione...Candy ti avrebbe amato sempre, forse in maniera diversa, pur se il buon Dio non ti avesse restituito a lei...tu sei il suo amore eterno!"

L'ultima affermazione fu come un brivido che gli attraversò la schiena e gli rese tutto palese: era uno sciocco a farsi tante domande inutili, lui doveva agire, doveva comportarsi finalmente da uomo e dimostrare a Candy quanto fosse preziosa: lui non aveva dubbi era con lei che voleva trascorrere il resto della vita.

"Anthony posso darti un consiglio?"

Lui la fissò

"Non sprecate più il vostro tempo! Tu e Candy confrontatevi e capite cosa realmente volete dal vostro rapporto; godete ogni attimo condiviso assieme e non sprecatevi nell'attesa; non lasciatevi trasportare dalla convinzione che il meglio debba ancora venire, come capita a tutti i giovani; altrimenti vi sveglierete un giorno accorgendovi che il meglio è gia passato!"

Aveva ascoltato parola per parola e dentro di lui cresceva il desiderio di correre da Candy, nonostante la sua gamba malandata, di fare una follia, di chiederle di essere la compagna di una vita: gli stava accadendo come ai giovani innamorati che si sentono capaci di azioni eroiche.

"Siete giovani ed innamorati: e all'amore e alla giovinezza nulla è impossibile!"

Aggiunse Suor Maria, quasi leggendo nei suoi pensieri. La neonata emise un gridolino contento, palesando la sua presenza.

"Posso tenerla in braccio?"

Chiese Anthony sciogliendosi innanzi al corpicino minuto, contemplando il mistero e la meraviglia della natura.

"Non le abbiamo ancora trovato un nome!"

Spiegò con voce ancorata Miss Pony, era sempre triste quando un bambino doveva rinunciare all'amore di una famiglia.

"Nella tragedia è stata fortunata a trovare due mamme speciali come voi!"

Ammise Anthony,grato per le parole che lo avevano aiutato a decidere. Ora voleva ricambiare.

Pensò ai gigli del suo giardino,con le foglie sottili a formare un ventaglio e dal fiore simmetrico. Si ricordò quindi di Iride, la messaggera degli dei che solcava il cielo sull'arcobaleno per comunicare con la terra.

"Si chiamerà Iris!"

Propose, trovando approvazione: quella bambina era stata la sua buona novella, gli aveva aperto gli occhi, aveva fatto nascere in lui il desiderio di avere una creatrura propria e di crescerla insiema alla sua Candy.

Alcuni dei bambini, entrarono con il viso rosso dal gelo e dalla corsa.

"Signor principe vieni a giocare con noi sulla collina?"

La Collina di Pony: no, non vi sarebbe andato quel giorno ma al ritorno di Candy, vi sarebbero andati insieme per iniziare,finalmente, una vita insieme senza più spettri del passato.

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Capitolo 20
*** In cima al campanile ***


Capitolo 19 : "In cima al campanile"

Allora la Vecchia mi disse:

"Guarda questa rosa secca

che un giorno fu incantata dallo sfarzo della sua stagione

il tempo che sbriciola anche altissime mura

non priverà questo libro della sua saggezza.

In questi petali secchi c'è più filosofia

di quella che può darti la tua saggia biblioteca

essa sulle mie labbra pone la magica armonia

con cui sul fuso incarno i sogni della mia rocca"

"Sei una fata" le dissi

"Sono una fata" mi disse

e celebrò l'esultanza della primavera

donando vita e volo a queste foglie di rosa.

Si trasformò in una principessa profumata

e nell'aria sottile,dalle dita della fata

volò la rosa secca,come una farfalla. (Rubèn Dario)

Le prime settimane di Dicembre, antecedenti il Natale del 1917,non erano accompagnate da alcun principio di festa ma solo dalla speranza che presto venisse suggellato un Trattato di pace che portasse un armistizio e la cessazione delle belligeranze. Si pregava molto in quell'anno orribile, una preghiera per i propri cari al fronte,affinchè tornassero presto a casa o perchè Dio avesse in gloria la loro sorte e ne preservasse la vita.

Ormai chi fossero stati i vinti o i vincitori era irrilevante: quel conflitto scoppiato come guerra-lampo per presto trasformarsi in estenuante guerra di logoramento nelle trincee stava mettendo a dura prova i sentimenti di soldati e civili nei quali,ormai, era ardente il solo desiderio di cessare quelle barbarie disumane.

- La guerra non porta vittorie ma solo odio e morte!

Meditò Candy scrutando il cielo plumbeo oltre un finestrone dell'ospedale; il rigido clima invernale sembrava riflettere il grigiore del suo stato d'animo.

Paragonò quel cielo desolato a quelli d'Europa, inpotenti spettatori delle efferatezze che venivano compiute sotto di essi. Una calda lacrima silenziosa le imperlò una gota e il pensiero corse veloce ad Evelyn,la giovane crocerossina partita come volontaria per il fronte francese assieme a Flanny.

Proprio in mattinata era giunta la funesta notizia della tragica morte della ragazza,scomparsa nel fiore dei suoi anni a causa delle ferite riportate mentre adempiva a ciò a cui aveva immolato la sua vita. Fino all'ultimo respiro si era dedicata a lenire le sofferenze del prossimo,senza distinzione di Nazionalità o di Carte d'Identità.

Candy non aveva mai avuto occasione di approfondire la conoscenza di Evelyn,ma quel rapporto superficiale non era un ostacolo sufficiente ad impedire alla pietà e alla commozione di accompagnare quella notizia e agli interrogativi sull'inutilità di quelle stagi di innocenti di prevalere.

Candy si ritrovò a pregare affinchè Flanny e Stear facessero presto ritorno in America.

"Candy dove sei?"

La piccola Sophie si sporse dal suo lettino riportando la giovane infermiera alla realtà e all'onere del suo mestiere.

"Ma sono qui...con voi bambine!"

Cercò di rispondere con un sorriso fiducioso e rassicurante ben sapendo a cosa in realtà quella domanda alludesse: era stata lei ad insegnare alle giovani malate a viaggiare con la mente,ad estraniarsi dalla dura quotidianità della degenza in ospedale per rifuggiarsi in posti meravigliosi e fantastici.

Quando era arrivata dagli Andrew, per un breve periodo, aveva creduto che quelle isole felici forse non erano solo utopie partorite dai sogni e si potessero ricercare anche nel concreto: forse lei era approdata,finalmente, sulla sua. L'illusione era però stata di breve durata e presto la realtà,cinica e cruda,l'aveva ricatapultata nel mondo di capricci e di ingiustizie nel quale vagava fin da quando era venuta al mondo.

"Candy è vero che dopo Natale non tornerai più?"

La domanda si Shelly era velata da un implorazione a restare.

La ragazza era spiazzata e sorpresa di come le notizie corressero veloci tra le corsie.

Aveva pensato molto in quel mese e mezzo di lontanaza da Lakewood,era stata consumata da una struggente attesa in giorni sempre più lunghi e vuoti e aveva capito: lei ed Anthony erano i complementari di uno stesso insieme e finalmnente dovevano trovare il coraggio di fondere le loro vite per completarsi.

La fugacità della vita umana,che in quei giorni di inimicizia mondiale, tornava prepotente nei suoi pensieri le aveva fatto prendere coscienza di non volere sprecare più le occasioni per provare ad essere felice,voleva abbandonare la distanza e la separazione che erano state spesso sue compagne di viaggio.

Se ne era andata da Lakewood per non restare schiava della sua infanzia,ora era tempo di tornare per completarsi come donna.

Ne aveva parlato com Miss Mary Jane: non voleva rinunciare al suo lavoro, a ciò che con innumerevoli sacrifici e con tanta dedizione era diventata; come Rosemary Andrew non era nata per essere una preziosa bambola di porcellana da manovrare a piacimento dalle regole e dall'etichetta dell'aristocrazia. Ma,come estrema soluzione, avrebbe rassegnato a malincuore le sue dimissioni.

Tempo prima aveva rinunciato al cognome degli Andrew per non restare soggiocata dalle imposizioni,per non rischiare di lasciarsi soffocare da una vita che non le apparteneva: ora che aveva trovato la sua stada nella vita era però decisa a coltivare il germoglio dell'amore.

"Forse non tornero...Ma nemmeno voi sarete più qui dopo Natale!"

Cercò di rincuorarle,per rendere meno amara la notizia di un addio già annunciato: allora narrò loro del posto dove sarebbe andata, raccontò della Casa di Pony e dei suoi giochi di bambina e capì che non esisteva posto più incantevole di Lakewood per costruire il futuro.

*****************

Archie era silenzioso al posto di guida, ma se il suo mutismo poteva essere giustificato dalla concentrazione sulla guida, neppuire Annie che sedeva al suo fianco ed Anthony,sul sedile posteriore, erano grandi esempi di loquacità.

Si erano recati in città su richiesta della zia Elroy: la donna aveva pensato fosse un utile diversivo affinchè i ragazzi svagassero le loro menti e non si lasciassero avvolgere dall'aria lugubre e timorosa che si respirava nella Grande Casa.

Gli Andrew avevano deciso di rispettare i rituali della Natività,seppur nessuno di loro avesse molta voglia di festeggiare e il pensiero di Stear aleggiava sempre nei loro cuori: così i tre ragazzi erano andati per negozi alla ricerca di cose utili da regalare e di cibi tradizionali da preparare durante la Veglia della Vigilia.

All'improvviso Archie inchiodò con una brusca frenata,tanto che il cugino per poco non si ritrovò davanti, incastrato tra i due sedili anteriori.

"Archie ma che ti prende?"

Annie lo guardò preoccupata: il suo fidanzato aveva un aspetto cereo e tremava vistosamente, quasi avesse visto un fantasma.

"Stear!"

Sibillò solamente, additando il marciapiede, ora deserto, sulla loro destra.

****************

Anche Candy,prima di raggiungere i suoi affetti, aveva deciso di passare qualche ora in città ,al suo ritorno da Chicago,per portare un pensierino ai bambini dell'orfanotrofio. Pensò all'ultima volta che vi era stata assieme ad Anthony quando erano alla disperata ricerca di un acquirente per il vitellino che il ragazzo aveva vinto al rodeo.Sorrise al ricordo di quel giorno che ancora, a distanza di anni, restava uno dei più belli della sua vita.

Rimembrò il loro gioco in quel giorno lontano: spendere i soldi della vendita senza comprare niente!

Un brivido le percosse la schiena quando,gironzolando senza meta, capitò innanzi all'insegna che tanto tempo prima aveva gettato un'ombra sulla sua felicità: fu presa dal desiderio di entrare e sbeffeggiare quella cartomante, di urlarle che aveva sbagliato a leggere le carte quel giorno e,stranamente, fu felice dell'errore della donna.

Stava per proseguire per la sua stada,quando una giovane donna uscendo dalla tenda ne richiamò l'attenzione.

"Sei qui per farti leggere le carte?"

Chiese annoiata. Candy era indecisa sul da farsi.

"O no...e che conoscevo la maga che operava qui qualche anno fa ed ero curiosa di sapere se ancora leggeva le carte!"

Nella spiegazione c'era un fondo di verità.

"Era mia madre...è morta quest'estate! Io ho rilevato la sua attività!"

Spiegò l'altra donna. Candy fu pervasa da un moto di curiosità

"Posso chiederle una cosa?"

La figlia della maga le rivolse uno sguardo inquisitore e la invitò a parlare.

"Lo scheletro armato di falce è sempre sinonimo di morte?"

L'altra lesse la paura negli occhi smeraldo e sorrise.

"Non sempre...Può anche essere una carta positiva e può indicare trasformazione. Può significare che un periodo della vita è concluso ma...ne inizierà uno nuovo!"

Candy era raggiante: ora non aveva più paura del futuro e delle premonizioni e corse via felice, rifiutando l'invito a farsi leggere le carte.

La vecchia maga le aveva detto che sarebe stata felice e forse in quell'affermazione c'era un fondo di verità. *****************

Neppure il bicchiere d'acqua che Annie gli aveva prontamente porto era servito a calmare Archie che restava convinto nella sua visione: in un giovane uomo dall'aria dimessa e umilmente abbigliato aveva riconosciuto suo fratello.Ai dubbi che gli altri due avevano cercato di suscitare aveva risposto con le sue convinzioni.

"Ma quella è Candy!"

Additò la sua migliore amica in direzione di una panchina, Archie propose di raggiungerla ma la ragazza lo bloccò.

"Per ora è meglio che solo Anthony le vada incontro!"

L'euforia di Candy si era smussata e ora si sentiva egoista per le piacevoli sensazioni che si era permessa il lusso di assaporare: si sentiva in colpa e ripensò ad Evelyn.

"Un sorriso farebbe apparire più angelico questo visino triste!"

Ogni volta per lei Anthony era un'apparizione, un incarnazione di sogni.

"Sono un po triste!"

Replicò lei, rannicchiandosi contro il suo torace: il ragazzo infatti aveva preso posto accanto a lei sulla panchina, cingendole le spalle. Non si palesarono il fatto di quanto quei mesi fossero stati duri, ma parlarono come se si fossero lasciati solo qualche ora prima.

"In questo caso so cosa ti farà tornare il buon umore!"

*********

Il campanile della Chiesa era il posto più alto della città, il giovane Brown ricordava le confidenze di Candy, l'abitudine della ragazza a salire sull'albero in collina per permettere al vento di portarsi via i cattivi pensieri.

Varcarono la torre scalare,situata sopra la navata della chiesa e furtivamente iniziarono a salire i gradini: Candy era molto agile mentre Anthony arrancava per stare al suo passo. Alla ragazza il posto sembrò familiare e ricordò il famoso giorno in cui su quel campanile si erano scambiati le ultime monete rimanenti per suggellare la meraviglia di quelle ore trascorse assieme.

Quando furnono in cima al campanile a Candy parve fondersi con l'infinito.

"Anthony voglio essere felice!"

Annunciò entusiasta, mentre i rintocchi che annunciavano l'ora canonica del vespro le fecero perdere l'equilibrio, proiettandola contro il petto del ragazzo.

"Anche io Candy,voglio esserlo con te! Facciamolo insieme!"

L'ultima parte della frase fu frastagliata dai rintocchi sempre più insistenti, mentre dall'interno dell'edificio sacri la voce dei fedeli preannunciava l'inizio della salmodia.

************* Un ringraziamento dovuto a Tetide e ad Andy Grim per le recensioni.

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Capitolo 21
*** Bacio sotto il vischio ***


CAPITOLO 20: "Bacio sotto il vischio" Vai a rivedere le rose,capirai che la tua è unica al mondo.Quando tornerai a dirmi addio,ti regalerò un segreto...Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.

-Voi non siete per nulla simili alla mia rosa,voi non siete ancora niente!Nessuno vi ha addomesticate e voi non avete addomesticato nessuno.Voi siete come era la mia volpe, non era che una volpe uguale a cento mila altre, ma ne ho fatto il mio amico e ora è per me unica al mondo.

-Voi siete bellissime, ma siete vuote.Non si può morire per voi!Certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi: perchè è lei che ho innaffiato,perchè è lei che ho messo sotto la campana di vetro,perchè è lei che ho riparato col paravento...Perchè è la mia rosa.

(Da "Il piccolo principe)

Neal Legan rotolò con un calcio, annoiato e insofferente,un minuscolo sassolino tra il pietrisco che formava il macadam del vialetto che conduceva alla graziosa villetta ove era cresciuto. Sprofondò le mani nelle tasche della cinerea giacca in flanella, utile a ripararlo dai sentori del freddo dicembrino, e si lasciò rapire la mente dai consueti, contorti pensieri che non gli davano più pace da quando Iriza gli aveva mosso quella pesante accusa. "Ti sei innamorato di Candy!"

Lo aveva redarguito,stupefatta e indispettita, quella mattina di diverse settimane prima, quando il secondogenito dei Legan aveva preso le difese della graziosa orfanella.

Quella di sua sorella non era stata una domanda,non un'ipotesi o una scaltra osservazione bensì una verità.Una verità innanzi alla quale sarebbe stato impossibile negare o trovare stupide menzogne per aggirarla.

Candy non lo avrebbe mai corrisposto, questo ben lo sapeva, eppure stavolta non sarebbe ricorso alle sue usuete tirannie per importunarla e non avrebbe angustiato con scherzi infantili e beoti la povera disgraziata..

Candy era felice adesso e si sarebbe contentato di vederla mantenere quella gioia per sentirsi appagato.

Possibile che il vecchio Neal, molesto e dispotico, stesse lasciando il posto ad una nuova persona capace di scoprire sentimenti nuovi come l'altruismo e la solidarieta?

E per chi stava mutando carattere poi?! Per una sciocca ragazza di campagna che non avrebbe mai apprezzato le sue attenzioni!

"Neal,Neal!"

Un richiamo insistente, un brusio tra le frache nude dei larici e del melo. Non fu affatto entusiasta di constatare chi ne reclamasse l'attenzione.

"Che vuoi Anthony?"

Riprese sgarbatamente il cugino.L'altro ragazzo lo avvicinò: tra le mani reggeva diversi rametti di vischio,che gli sarebbero tornati utili per simboleggiare lo spirito natalizio in quella casa romita, in attesa di buone nove,speranza accresciuta dalle misteriose e mistiche "visioni" di Archie.

Il cenone della vigilia natalizia si sarebbe probabilmente svolto con l'allegria di un veglione funebre: per fortuna avrebbe avuto Candy accanto a se!

"Cosa va tramando Iriza?"

Cercò di informarsi, ma Neal si spolverò con noncuranza le spalline della giacca, rispondendo con un ghigno maligno.

Quell'acredine nel rapporto con il giovane parente non poteva essere limata, anzi era accresciuta dalla consapevolezza che Anthony fosse stato l'unico uomo a rapire il cuore della gioviale infermiera e non lo avrebbe diviso con nessuno. Quello sciocco di Terence Granchester ne aveva goduto di una semplice annusata:era Anthony ad aver catturato la vera essenza dell'amore.

Inoltre il giovane Brown gli stava antipatico e gli riservava antichi rancori: non avrebbe mai perdonato il pugno con cui Anthony aveva ripagato la sua omertà permettendo che Candy, ancora bambina,fosse esposta ai pericoli del selvaggio West per un capriccio di Iriza.

Anthony mantenne la sua aria serafica per non lasciarsi inghiottire dalla tattica di Neal che cercava di innervosirlo.

"Se tua sorella vuole ancora far del male a Candy hai il dovere di dirmelo!"

Neal abbassò lo sguardo fissando apparentemente il terriccio bruno, in realtà non vedendo che un punto sfuocato ed indefinito: le sue passioni tornavano a chiedere conto. Il cugino lo afferrò per un braccio e incalzò.

"Neal le persone possono cambiare!Io ne sono un esempio: ero un ingenuo sognatore e mi crogiolavo nel ricordo di mia madre e nella passione per le mie rose...finchè è arrivata Candy ad animare un pò le mie giornate...poi è successo tutto il resto e io...insomma, sono cresciuto e meno sprovveduto!"

Gli occhi, splendenti come due zaffiri,lanciarono saette.

"Tu sei diverso dagli altri Legan, renditene conto e permetti alla tua parte umana di prevalere sulla sbagliata e bigotta educazione che ti è stata impartita!Tu puoi cambiare...lo so!"

Anthony non era il massimo della simpatia, ma almeno era sincero e gli stava decantando una gran verità.Il giovane fece per avviarsi verso casa.

"Iriza vuol portare un pò di sue amiche snob, tra cui Louise, alla cena della zia Elroy!"

"Tutto qui?"

"Spera di far ingelosire la tua bella e che, magari, tu faccia un pò il galante con quelle oche!E ora non mi scocciare più...non voglio perdere altro tempo!" Lo liquidò

****************

Il vento si levò con soffio sempre più insistente e presto la burrasca esplose prepotente e fragorosa,con i suoi sono malinconici ed inquietanti.La pioggia, con rumore metallico, scandiva una cadenza irritante ma con qualcosa di misteriosamente musicale.

Candy lisciò la gonna di lana color panna e diede un'occhiata alla figura che le rimandava lo specchio. Una mano invisibile le serrò lo stomaco e si irrigidì.

Lo zio William era lì, nella stessa casa, nascosto in qualcuna di quelle stanze e tra poco lo avrebb finalmente conosciuto. Cercava di immaginarne l'aspetto,studiava le parole che avrebbe usato per farsi conoscere e per spiegare i motivi delle sue azioni...ma ogni tentativo le appariva inappropriato e inproduttivo.

Cercò di calmarsi e usci da quella che, quando era la figlia adottiva degli Andrew,era stata la sua camera.

"Guarda,guarda com'è messa in tiro oggi la nostra orfanella di Pony!"

Berciò Iriza dal piano inferiore.Candy avrebbe volentieri rinunciato a quell'incontro.

"Buon pomerigio anche a te,Iriza! Qual buon vento ti porta? Sai,credevo non fossi più ben accetta da queste parti dopo tutti i casini che hai combinato!"

Candy scese l'ultimo gradino delle scale, mentre l'interlocutrice si preoccupava di risitemare un castano boccolo spettinato.

"I parenti non si possono scegliere o scacciare!"

La fissò con i suoi occhi sanguigni.

"E purtroppo temo di dover presto annoverare anche te tra i miei legami parentali!"

Candy,confusa,la guardò stranita. Iriza celò con una mano sottile quella sciocca risata che la sua antica dama di compagnia riconosceva come monito a qualche trappola ben architettata.

"Quel demente di Neal si è preso una sbandata per te!"

Gli occhi verdi dell'altra quasi schizzarono dalle orbite.

"Già anche io sono rimasta sconvolta da questo suo interesse!Tuttavia, poichè ci tengo alla felicità di mio fratello, ho chiesto alla mamma di intercedere presso lo zio William che, non essendo stata avviata alcuna pratica legale,è ancora tuo padre affichè acconsenta al vostro matrimonio!"

"Al nostro cosa?"

Si incantò Candy incapace di realizzare quell'assurdità nella realtà. Ci volle un bel pò perchè realizzasse la più grave malefatta della signorina Legan nei suoi riguardi.

"Non è possibile!" Mormorò.

"Invece è tutto vero!" Si beò l'aristocratica.

"Non posso acconsentire...perchè io non amo Neal!"

Di nuovo quella risatina irriverente.

"E quanto credi che contino i tuoi sentimenti? Sei la solita sprovveduta Candy: nei matrimoni tra i nobili non c'è bisogno d'amore conta che vengano tutelati gli interessi!"

"Io non sono una nobile e tanto meno un trofeo! La mia volontà conterà pur qualcosa!"

Si inalberò Candy, con i vitrei occhi luccicanti dalle lacrime, come cocci di bottiglie rotte.

"Forse, ma non più del consenso del tuo tutore!"

No! Lo zio William non poteva essere plasmato della stessa pasta dei Legan, non poteva essere così avaro da immolare la felicità della figlia adottiva per il vile denaro!

Il mondo le crollò addosso.

Doveva cercarlo, doveva conoscerlo e capire. Si mise a correre per i lunghi corridoi,battendo i pugni contro ogni porta che le capitasse a tiro: l'avesse vista la zia Elroy sicuramente l'avrebbe stigmatizzata come una piccola selvaggia senza ritegno, l'avesse trovata Anthony l'avrebbe confortata tra le sue braccia sicure.

Ma era sola! Con la sua disperazione e la sua voglia di verità. A metà della sua ricerca si calmò un pò e cercò di agire con maggior razionalità. Stavolta bussò delicatamente contro il legno screziato dell'ennessima porta che le capitava a tiro. Sorprendentemente dall'altro lato udì una voce,stranamente familiare, che la invitava ad entrare.

Quella che le si dipanò innanzi era una spaziosa stanza arredata con gusto: un enorme scrivania in mogano campeggiava vicino ad un ampio balcone dal quale filtrava una tenue luce,che si andava ad infilare tra le spesse tende di velluto amaranto.

Candy trattenne il fiato notando una figura che le dava le spalle,roteando il corpo sulla poltroncina rossa.

"Zio William?" Sussurrò,ma l'uomo non rispose.

"Oh zio come può farmi questo!" Continuò di nuovo preda della sua smania di sapere.

"Ha ragione non sarò stata una figlia modello e pretenderà da me molte spiegazioni...ma costringermi a maritarmi con Neal Legan...è troppo!" Sbottò.

William Albert Andrew inarcò un sopracciglio,contrariato.Roteò la poltroncina in direzione di Candy,pronto a rivelarsi a lei. Un lampo illuminò la stanza di una luce sinistra e il tuono che seguì si confuse con lo stupore di Candy: il momento della verità era finalmente giunto.

************

"Albert ma cosa ci fai qui? Presto...devi nasconderti!"

Lo credette un fuggiasco che chissà da quali pericoli cercasse di proteggersi: con Albert in fondo non si poteva mai stare tranquilli e lei era da molto tempo che non ne riceveva notizie.

L'uomo rispose con un sorriso rassicurante e tranquillo.

"No Candy qui non corro alcun pericolo! C'è però una cosa che devi sapere di me: il mio nome per esteso è William Albert Andrew!"

CAndy crollò a sedere su un divano là di fronte.

"Sei tu lo zio William?"

Cercò certezze intontita ma sempre più contenta.

Albert le porse un bicchiere d'acqua apprestandosi a spiegarle tutto. Le rivelò delle lettere con cui Archie,Stear e soprattutto Anthony l'avessero convinto ad accoglierla tra gli Andrew. Svelò di essere lo zio del ragazzo da lei tanto amato,in quanto fratello della compianta Rosemary.Confrontò la somiglianza tra la figlia adottiva e la sorella defunta e confessò come il dolore per la prematura scomparsa della cara congiunta l'avesse portato a girovagare per il mondo.

"Sapevi anche tu di Anthony?"

Chiese all'improvviso Candy. Ma anche Albert era caduto vittima dei raggiri di Iriza e della zia Elroy.

"Quando sono venuto a conoscenza della verità ho cercato di rintracciarti assieme ai fratelli Cromwell...ma tu ormai avevi una tua vita: prima c'era stato Terence e poi ti eri trasferita a Chicago!"

Candy abbassò gli occhi,estraniandosi per qualche secondo al ricordo dell'attore, poi si riprese da quell'attimo di smarrimento.

"Non sei arrabbiato con me per come ho lasciato la Saint Poul Scholl e per la mia scelta di studiare da infermiera?"

Albert sorrise ancora: si somigliavano troppo perchè potesse biasimarla o rimproverarla. Erano nati spiriti liberi e nessun protocollo aristocratico sarebbe stato in grado di domarli.Scosse il capo.

"Anche io sono un disonore per la povera zia!" Rise.

"Vedi finora ho sempre preferito la libertà e i miei animali ai doveri che comporta la mia posizione! Doveri che ormai,come capofamiglia degli Andrew,non posso più ignorare! Ma tu Candy...tu sei l'effige della libertà e spero non ti lascerai mai imbavaglaire perchè una vita priva di scelta è una vita che non merita di essere vissuta!"

Albert carezzò un'agendina sotto le mani.

"Solo una cosa desidero da te Candy: vorrei non rinunciassi alla nostra famiglia! Ormai sei indispensabile perchè hai insegnato e regalato qualcosa a tutti noi!".

Candy arrossì lievemente pronta a pensare a quella richiesta, poi il motivo della visita riaffiorò.

"Perchè vuoi che sposi Neal? Sai benissimo che amo Anthony!"

Sta volta fu Albert a stupirsi.

"CHe storia è mai questa?"

Allora quella di Iriza era stata una frottola: probabilmente i Legan non conoscevano di persona il fantomatico zio Willaim e,quella sera, avrebbero ricevuto una sgradevole sorpresa.

*********

A differenza degli altri anni la tavola non era molto imbandita, tuttavia non mancavano il tacchino ripieno di castagne e la torta di zucca,come nel rispetto della miglior tradizione statunitense.

Anthony stava sitemando il vischio sul portone d'entrata quando giunsero le amiche di Iriza,sghignazzanti e tutte in ghingheri.Fissarono Anthony come un'attrazione: il ragazzo sorrise e,come buona norma imponeva, tese loro la mano per presentarsi.

"Buona sera ragazze e ben arrivate a Lakewood! Dovete essere le amiche di Iriza"

Louise cercò di palesare la sua disinvoltura.

"E tu chi sei? Un romantico cavaliere d'altri tempi?"

Le altre risero.

"No!Sono semplicemente il fantasma di Lakewood!"

Le zittì tranquillamente, lasciando che andassero a sfogare le loro lamentele alla cugina.

Louise e le altre erano belle ragazze ma occupavano la mente da cose futili e prive di valore. Gli vennero in mente i vanitosi narcisi o le sue rose che sembravano simili tra di loro ma non reggevano il confronto con la "Dolce Candy".

Tutti i fiori erano belli ma la Dolce Candy era una preziosa rarità, un'ostrica che racchiudeva una meravigliosa perla nella sua cavità. Così era Candy ripsetto a quelle ragazze viziate.

"Non è saggio star a pensare a questo gelo!"

Candy gli si avvicinò rigugiandosi contro le sue spalle: era bellissima nel suo vestito di taffetas chinè rosa e bianco: tutti i colori ne risaltavano l'incarnato e le irradiavano il viso di luce.Probabilmente sarebbe stata elegante ed aggraziata anche con una coperta addosso.

"Mi sei mancata!" L'accolse poichè doveva vederla da quella mattina. Candy aveva un'aria distesa.

"Ho conosciuto lo zio William!"

"Mi fa piacere!Sai odio avere segreti con te!"

Quindi unirono le labbra in un bacio pieno di trasporto.

"Un bacio sotto il vischio!"

Osservò Anthony, per poi spiegare che nella mitologia scandinava il vischio era la pianta sacra a Frigg la dea dell'amore.

"Che scenetta romantica!"

Irruppe Iriza,accompagnata dalla schiera d'amiche. Quindi si avvicinò a Candy che si era staccata da Anthony e le rovesciò sul bel vestito il suo bicchiere di eggnog.

"Ops che sbadata! Mi dispiace tanto...non sta bene che la signorina Andrew si presentì con il vestito rovinato a cena!"

Cercò di non lasciar trasparire la sua soddisfazione.

"Sei una iena!" La insultò Anthon. "Vieni a cambiarti Candy!"

La giovane però non poteva frenare le lacrime non tanto per l'ennessima umiliazione ma perchè non aveva un abito altrettanto adatto all'occasione.

Anthony però sorrise, promettendole di risolvere il problema.

Dopo qualche minuto la invitò ad entrare in una camera da letto che sembrava quella di una principessa.

"Era la camera di mia madre da nubile!"

Spiegò Anthony. La fissò con gli occhi ciano e spalancò l'armadio.

"Avanti Candy: scegli il vestito che vuoi!"

"Davvero posso?"

Chiese titubante.

********

C'era già una certa impazienza nell'ampio salone e si attendevano gli ultimi ritardatari per iniziare la cena. Iriza divenne verde dal livore quando vide l'acerrima nemica incedere tra gli ospiti, al braccio di Anthony.

Ora indossava un abito in due pezzi,corpino e gonna in crespo di seta color vinaccia,ricamato da una rete in tulle nero.

La zia Elroy si alzò di scatto dalla sedia e si avvicinò alla ragazza con espressione indecifrabile.

Gli avrebbe strappato il vestito di dosso o l'avrebbe insultata?

*************

*L'eggnog è una bevanda alcolica simile allo zabaione.

Due parole di ringraziameto per Tetide: al prossimo capitolo la famosa cena e forse qualche rivelazione su Stear!

Andy Gream: Anthony però era meglio di Lowell...anche se in verità dei maschietti che ronzavano attorno a Georgie era Arthur il mio preferito!

Grazie dell'affetto con cui seguite la storia! A presto

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Capitolo 22
*** Tu sei la mia famiglia ***


Capitolo 21: "Tu sei la mia famiglia"

Quando nelle mani irrigidite

terrò serrato il crocifisso

e gli occhi fra le palpebre avvizzite

immobili, staranno ad un punto fisso

e il sudor freddo di mia membra smorte

t'annunzierà che sono vicino a morte

In quell'ora tristissima e suprema

deponimi sul funebre lenzuolo

di vaga rosa un fiore, come

l'emblema d'amor che vince la sventura e il duolo.

E pria che mi si meni al camposanto

bacia la rosa e aspergila di pianto.

Non voglio nè la Tea nè la Bankisana

ma quella che rammenta il nostro amore...

Poi quando la campana della sera

coi tocchi lenti per melancolia

ti chiamerà sulle labbra la preghiera

Ribacia ancora la Rosellina mia

e vedrai col pensiero a te lato

aleggiare il mio spirito innamorato.

Vedrai il mio spirito trarre in cielo quel fiore

come il ricordo di un eterno amore.

(Pietro Gori)

Candy trattenne il respiro e serrò forte i pugni, fin quasi a conficcarsi le unghie nel palmo della mano: era il suo modo di darsi coraggio e di non far trasparire l'ansia nell'attesa del colpo basso che, certamente, la zia le avrebbe sferrato.

Dietro a lei, Anthony, pronto a far valere le ragioni del suo agire, le teneva saldamente le mani sulle spalle scoperte, per palesarle la sua vicinanza.

I cerulei occhi della vecchia zia penetrarono come un laser ogni centimetro di quella giovane e nivea pelle , esposta all'esame di un esigente metro di giudizio; eppure la ragazza restava fiera e audace a tenerle testa finchè, sorprendentemente, Elroy sorpassò il quadretto di giovani per avvicinarsi ad un baule presso il porta cappotti situato all'ingresso della sala.

Afferrò tra le mani rugose un delizioso scialle turchese lavorato a forcella e un enigmatico sorriso, strappato dai ricordi del passato, le si dipiinse sul volto regalandole una luminosità che i più giovani non avevano mai notato trasparire su quell'austero viso.

Tornò sui suoi passi e con quel pezzo della sua gioventù cinse le spalle della nipote adottiva, lasciandola estraniata e inaspettatamente sorpresa.

"Fa molto freddo stasera! Non voglio qualcuno si ammali alla cena di famiglia, inoltre...un pò di colore rallegra quell'abito!" Spiegò soltanto, prima di tornare al suo posto ad un'estremità del banchetto; l'altro posto di capotavola sarebbe stato occupato da William Andrew.

"Grazie!" >P> Biascicò confusa e priva di altre parole Candy, mentre il suo cavaliere le spostava la sedia per permetterle di prendere posto tra i commensali e Iriza sprofondava nell'invidia e nel disonore innanzi alle sue amiche.

Non restava che attendere il cruciale ingresso dell'imperscrutabile capofamiglia.

"Quel ragazzo mi farà perdere la testa!"

Bofonchiò la zia Elroy. Seguì il silenzio spazientito e carico di curiosità dei presenti.

"Allo zio William piace farsi attendere!"

L'aria fu attraversata dalla tagliente osservazione di Iriza, nel cui animo l'invidia era stata sostituita dalla noia. Nessuno le prestò particolare attenzione: Archie, ancora scosso dalla convinzione di aver ravvisato in uno sconosciuto i lineamenti del fratello, le lanciò un'occhiata ammonitrice, mentre Candy ed Anthony si sorrisero complici.

L'attesa, in principio quasi paicevole e festosa, con percezioni di spirito natalizio, si faceva sempre più greve all'aumentare dei minuti trascorsi nell'incertezza.

Finchè una domestica, con lo sguardo chino verso il basso, quasi mortificata di trovarsi lì, si avvicinò con passo svelto alla matriarca degli Andrew.

"Suo nipote William desidera parlarle...con una certa urgenza!"

Annunziò quasi in un sussurro, facendo la riverenza ancora in segno di scuse.

*******************

La vecchia Elroy si ritrovò a percorrere i tetri e freddi corridoi che conosceva talmente bene, avendovi speso tutta la sua vita, da non necessitare del supporto di candele per orientarsi nel breve tragitto in quei meandri. Giunta alla sua destinazione, si fece annunciare da due colpi precisi che vibrarono sul legno screziato della porta.

William l'attendeva fissando l'ignoto oltre la finesta, le mani giunte dietro la schiena e l'animo in subbuglio, specchio della maretta che presto si sarebbe scatenata nell'atmosfera interna ed esterna alla villa.

Una strana agitazione si impossessò della neo giunta e nessuno dei due interlocutori osò proferire parola per chiedere o per spiegare.

Albert si avvicinò alla sua scrivania, estraendone un plico di fogli dal primo cassetto.

"Prima di raggiungervi per la cena avevo pensato di spendere un pò di tempo a riordinare la mia corrispondenza, così mi sono imbattuto nelle missive giunte negli ultimi giorni!"

Esordì, porgendogliene una. "Questa è di Stear!" Spiegò con voce spezzata, mentre la zia prendeva la lettera tra le mani e iniziava a leggere.

"Cara famiglia, cara Patty

sto affrontando la più dura porva che la vita possa riservare ad un uomo:qui non c'è nulla che possa richiamare la civiltà o la pietà. Abbiamo perso il nostro orgoglio e il nostro onore. Si ha paura perfino del fruscio di una foglia. Patiamo la fame, il freddo...abbiamo cucita addosso la paura che in ogni attimo possa giungere la fine. Combatto i miei fantasmi invisibili e intanto i soldati accanto a me muoiono come mosche. Di ragazzi con cui l'attimo prima si scambiava una parola per infondersi reciproco coraggio, un attimo dopo non resta che un elmetto su una poltiglia insanguinata. Le uniche munizioni inesauribili qui sono gli uomini. Anche se ormai chiamarci uomini è un elogio che non meritiamo, siamo diventate marionette, foglie anche noi, in balia del destino e del nemico. Il nemico! Ragazzi come noi, con i loro sogni...le loro famiglie e qualcuno pronto a piangerli...!Mi chiedo sempre più spesso se sia giusto ciò che sto facendo...Soltanto la speranza che gli errori che si commettono oggi siano un monito per il futuro e la costante volontà di riabbracciare voi tutti mi spinge a lottare ancora per sopravvivere.

Non preoccupatevi per me...la stanchezza e la paura possono sfiancarmi ma non mi arrenderò! Vi abbraccio immensamente

Vostro Stear"

Ripiegò la lettera più volte e cercò il suo fazzoletto di pizzo per tergere i lucciconi che prepotenti erano saliti agli occhi.

"C'è dell'altro! Oggi è arrivata una nuova cartolina dal fronte francese!"

Esitò a continuare William, chiedendosi se fosse giusto dividere il peso di quanto essa conteneva con un'anziana già molto provata.

*****************

Dorothy tornò nella sala da pranzo, dove tra i ragazzi serpeggiavano le ipotesi più svariate a giustificazione dell'improvviso allontanamento della zia.

"La signora Andrew prega di servire in tavola! Purtroppo un increscioso inconveniente ne nega la presenza tra i suoi cari stasera...Augura comunque a voi tutti di trascorrere una lieta vigilia di Natale!"

Recitò formalmente la cameriera, dopo essersi schiarita la voce controllandone l'intonazione perchè non trasparissero le sue incertezze.

"E brava la nostra Dorothy!Hai imparato per benino la tua filastrocca di Natale! Dobbiamo iniziare a preoccuparci...gira più cultura tra i locali della servitù che ad Oxford!" Ghignò Iriza, contagiando solo le sue amiche.

A Dorothy non era permesso replicare se voleva mantenere il suo posto di lavoro, perciò si morse il labbro inferiore per non crollare a piangere a causa dell'umiliazione.

"Con permesso!"

Si ritirò quindi in cucina.

"Certo che l'insensibilità è la tua più grande qualità!"

La aggredì Candy, lasciando sbigottiti gli altri.

"Oh è ammirevole la foga con cui ci si sostiene tra pari rango! Se la memoria non mi inganna Candy...tu e Dorothy eravate compagne nelle scuderie della mia famiglia!"

Un "oh" incredulo fu il coro con cui le ragazze dell'alta società di Lakewood accompagnarono quella rivelazione.

"Vedi cara Iriza, ci sono cose che la ricchezza non potrà mai comprare! Ti assicuro che tu sei più misera di me e di Dorothy...perchè noi siamo in grado di cercare e trovare la nostra vera felicità!"

"Non mi faccio insultare da te !"

Saltò su la signorina Legan, che stava per aggiungere altro.

"Ora basta!"

La zittì definitivamente Archie, desideroso di allontanarsi da lì e preoccupato in quanto un sesto senso gli suggeriva un sinistro presagio a giustificare l'allontanamento della zia.

"Io e Annie raggiungiamo i Brighton!"

Congedò sia sè, sia la fidanzata, con un ultimo sguardo alla cugina.

Nessuno aveva più fame e Candy mostrava i primi sintomi di un raffreddore. Con gli occhi lucidi, il naso arrossato e i brividi che ne percuotevano il corpo, si accoccolò innanzi allo scoppiettante camino, avvolgendosi nello sciallo che emanava un calore diverso...quasi afettuoso nel gesto della zia che glielo aveva donato.

"L'hai ben sistemata quella iena!"

Le bisbiglio nell'orecchio Antony, raggiungendola.

"Purtroppo qualche malaugurio gettato contro di me da tua cugina pare aver funzionato!"

Azzardò senza aver mai dato eccessiva credenza al malocchio. Anthony parve prenderla sul serio. Le mise una mano sulla fronte, con fare serio che strappò un sorriso all'amata.

"Devi avere qualche linea di febbre!"

Ipotizzò, invitandola ad andare a riposare.

"Qua si gioca al dottore e all'infermiera!"

Si prese gioco di loro Iriza, avvicinandoli.

"Anthony...potevi avere tutto dalla vita e ti sei accontentano del nulla!"

Osservò sprezzante.

"Se per nulla intendi Candy, sai già di sbaglairti di grosso, perchè lei per me è tutto...E poi dovrebbe esimersi dall'esprimere le sue considerazioni chi la mia vita ha cercato di distruggerla!"

La reguardì, avendo ancora una volta l'ultima parola con lei. Neal assisteva compiaciuto alla debacle della sorella.

"Questa cena si è trasformata in una veglia funebre e in un quadretto sdolcinato di scarsa qualità...su ragazzi torniamocene a casa! Esporrò personalmente le mie lamentele alla zia Elroy circa il trattamento riservato alla nostra famiglia!"

Così la signora Legan accomiatò gli ultimi coinvitati.

*******************

Restati soli, Candy ed Anthony chiesero di vedere il signor William o la zia Elroy, ma venne loro risposto che il primo non era ancora rincasato e che la donna si era ritirata nelle sue stanze da letto e non voleva essere disturbata.

"Credi che Albert e la zia nascondano qualcosa?"

Chiese Candy, rannicchiandosi contro la spalla del ragazzo, seduti sul pavimento e coperti da un soffice piumino. Anthony le accarezzo la testa pensieroso.

"Spero solo non siano brutte notizie che riguardano Stear!"

Candy si raddrizzò allarmata per cogliere i sospetti nelle iridi blu.

"Sono mesi che non abbiamo sue notizie!"

Proseguì lui.

"Avrei tanto desiderato che Patty ci raggiungesse...purtroppo è stata trattenuta dalla nonna in Florida! Chissà...magari Stear ha spedito qualche lettera a lei!"

Candy cercò di infondere nuova speranza ad entrambi.

"Noi non possiamo fare molto...soltanto pregare! Candy?"

Più lo fissava più si sentiva a casa, protetta e sicura.

"Ti va se diciamo una preghiera perchè Stear e gli altri soldati come lui tornino sani e salvi a casa?"

Si persero in attimi di meditazione, poi alla ragazza sembrò doveroso ringraziarlo per qualcosa.

"Sai Anthony...finchè non è giunta Dorothy a chiamare la zia è stato...il più bel Natale della mia vita!"

"Anche se Iriza ha rovinato il tuo vestito?"

"Certo! Prima il bacio sotto il vischio con te..."

Arrossì come molti anni prima.

"E poi il gesto inaspettato della zia Elroy!"

Devo dire che ha sorpreso anche me!"

Ammise il giovane.

"Per la prima volta non mi sono sentita un' intrusa tra gli Andrew! E ora sono qui...con la mia famiglia!"

Anthony si guardò perplesso intorno, notando soltanto la mobilia inanimata.

"Ma se siamo soli io e te?"

Candy gli regalò il sorriso più tenero e misterioso di cui fosse capace. Quegli smeraldi innamorati gli provocarono un brivido di piacere lungo la schiena.

"Che ci importa degli altri?...Sei tu...tu sei la mia famiglia!"

Quasi si commosse nella sua convinzione. Aveva paura che qualche dio maligno potesse presto strapparle quell'attimo di perfezione. Spiazzato ma felice di quell'esternezaione, Anthony la cinse a se, cullandola tra le braccia quasi fosse una bambina da proteggere.

"Hai ragione! Lo hai ben detto prima...noi sappiamo essere felici perchè ci bastiamo a vicenda!"

Attesero lo scoccare della mezzanotte, restando così a coccolarsi ingenuamente e quando le famiglie nelle loro case e i soldati nelle trincee rinnovavano il ricordo della nascita del Salvatore; in quel remoto angolo del Colorado il giovane Brown brindò con l'unica persona capace di dare un senso alla sua esistenza.

"Questo è il primo Natale che passiamo insieme!"

Analizzò all'improvviso, augurandosi che fosse il preludio di molti altri giorni felici assieme.

********************

L'eco lontano di un carillon si intersecò tra i sogni di Candy, avviluppato da sfumature oniriche. Stear glielo porgeva con un sorriso gentile. Era proiettata in un limbo, in una dimensione astratta e sconosciuta e riusciva a percepire solo quella melodia melanconica e struggente.

"Stear, finalmente sei tornato!"

Lo accolse sollevata, cercando di raggiungerlo per salutarlo. Più cercava di avvicinarlo, più l'immagine dell'amico si allontanava.

"Sii felice Candy!"

Le prime parole pronunciate da quella bocca ridente. L'immagine prima così reale e nitida si affievoliva sempre più, fino a scomparire come risucchiata da un buco nero.

Il triste suono fu sostituito da un'intensa fragranza di fiori...Si rivoltò e scorse un bimbetto intento a curare un roseto. Un cappello di paglia gli celava i capelli di grano e due grandi occhi cobalto, impreziositi da lunghe ciglia nere, la fissavano incuriositi.

"Anthony?"

Chiese curiosa. Il bimbo scosse il capo e il cappello volò via, le si avvicinò porgendole un fascio di rose bianche.

"No mamma...sono il parto delle tue paure!"

La terrorizzò. Una voce profonda e melodiosa scandì un nome per la creatura che Candy non comprese.

Un giovane con gli stessi lineamenti e colori del bimbo lo avvicinò.

"Sei tutto sporco!"

Lo rimproverò poco convinto, scrollando il terriccio dalla salopette celeste. Questa volta si trattava realmente di Anthony. "Su andiamo a giocare!"

In un impeto di euforia la misteriosa creatura lasciò cadere le rose, i boccioli si spezzarono tingendosi di rosso. Porse una mano ad Anthony e protese l'altra verso l'oscurità da cui riapparve Stear.

"Aspettate...non lasciatemi qui!"

Implorava Candy, ma nessuno le dava ascolto.

Le tre immagini si allontanavano sempre più correndo su viottoli di luce e fiumi incantati.

"Torneremo presto mamma...Addio, addio!"

Salutava quel bambino, lasciando la spettatrice in una landa di desolazione.

"Anthony!"

Si riderstò urlando il nome tanto amato e tirandosi sul letto si accorse che era già mattina. Un'irrazionale timore si impossessò di lei e sensazioni di costernazioni che l'avevano dominata nei giorni successivi a quello dell'incidente di Anthony, parvero riacutizzarsi e fondersi con la burrasca che stava per esplodere in cielo.

Un infondato terrore che gli ultimi mesi fossero stati partoriti dalla sua fantasia la portò a dubitare del presente e la catapultò nell'incertezza e nello spaesamento più completi.

"Anthony!"

Chiamo più risoluta, tra le lacrime succube delle sue paure.

La porta della sua camera si aprì e il giovane Brown trascinandosi sulla gamba sana le fu tosto di fianco. Sedette sul copriletto accanto a lei, pronto a consolarla. Un aria pumblea e pensierosa incupiva il gentile volto.

"Grazie a Dio sei qui!"

Proferì tra i singhiozzi, tastando ogni centimetro di pelle per cercare conferme come nella mattina in cui l'aveva ritrovato.

"Sttt...hai solo fatto un brutto sogno!"

Cercò di rincuorarla.

"Un incubo...un incubo orribile! Un angelo veniva a portar via te e Stear...e io ero lì ad osservare impotente e non potevo far nulla per trattenervi!"

Anthony la allontanò e le sollevo il mento con due dita.

"Candy non devi più vivere nella paura di perdermi! Anche se un giorno il destino ci allontanerà di nuovo sai che il mio spirito veglierà sempre su di te!"

Ma Candy non voleva che il discorso assumesse quella piega.

"Promettimi che non mi lascerai più...Dovesse succederti qualcosa, stavolta morirei insieme a te!"

Anthony compunto ma risoluto, cercò di tranquillizzarla con flemma.

"Candy ti ho promesso che d'ora in poi affronteremo le difficoltà insieme...ti giuro che farò il possibile per invecchiare al tuo fianco ed essere degno di te!"

Era la più bella dichiarazione d'amore che avesse mai ascoltato.

"Ma purtroppo questo Natale ci da una prova durissima da affrontare!"

A lui toccava l'ingrato compito di ferirla.

"Ster?"

Deglutì a fatica, sperando che i suoi sospetti venissero smontati.

"Si Candy...purtroppo Stera...è morto!"

**************

Ringrazio i miei cari lettori se hanno atteso fino ad ora il proseguio della storia. Spero mi perdoneranno per questa prolungata attesa...purtroppo sono stati mesi difficili e frenetici e non sapevo se sarei riuscita a portare avanti questa storia!

Questo capitolo è stato modificato più volte dalla mia mente e a seconda di come si sarebbe sviluppato avrebbe significato una diversa evoluzione per la storia! Promettendovi di impegnarvi ad essere più presente negli aggiornamenti, vorrei ringraziarvi uno per uno:

Janthomas: Benvenuto nella lettura di questa mia piccola storia! Mi fanno piacere i tuoi complimenti e le tue osservazioni! Beh credo che il dilemma Anthony-Terence ce lo siamo posti un pò tutti...questa è stata la mia personale scelta! Ho iniziato a scrivere questa ff, perchè non ne circolavano molte sulla coppi Candy-Anthony cosi ho deciso di scrivermela da me e di condividerla con voi! Se un giorno vorrai inserire nel sito la tua storia sarò ben felice di leggerla!

Carissima WIRDA, grazie per spronarmi a continuare: so che tu sei la più impaziente nel leggere e sperò di riuscire a farmi perdonare per l'enorme ritardo!

Andy Grim: sono felice delle tue considerazioni sulla mia storia! Purtroppo sono stata un pezzo assente dal sito e devo rifarmi con l'ultimo capitolo delle avventure del nostro aviatore Andy! Ci risentiamo presto.

Tetide: Beh la cena è andata un pò diversamente da come ci si aspettava! Grazie anche a te per le continue recensioni!

Spero non prenderete male la dipartita del simpatico _Stear: in un primo momento l'idea era di farlo tornare sano e salvo...poi ho pensato fosse troppo favoloso e irreale e in guerra succedono più tragedie che miracoli!

A presto (Mi auguro)

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Capitolo 23
*** Ali d'amore ***


Rosa che rosa non sei

Rosa che spine non hai

Rosa che spine non temi, che piangi e che temi

che vivi e che sai

Rosa che non mi appartieni

che sfiori che vieni

che vieni e che vai

Rosa che rosa non vuoi, rosa che sonno non hai

Rosa che tutta la notte non basrterà mai.

Rosa che non mi convieni, che prendi e che tieni

che prendi e che dai

Rosa che dormi al mattino

e venirti vicino non oso.

Rosa che insegni il cammino allo sposo e alla sposa

Rosa d'amore padrona, punisci e perdona non chiuderti mai.

Rosa d'amore signora, digiuna e divora, non perderti mai. (Rosa rosae. F DE GRegori)

Per celebrare i funerali di Stear la famiglia Cromwell decise di attendere il ritorno in patria della salma.

Nel secondo giorno di lutto che seguiva la tragica missiva, ciascuno elaborava a modo proprio il dolore. Imitando la zia Elroy, Candy si era trincerata nel suo mondo di ricordi, rifiutando perfino la consolazione di Anthony, pronto a condividerne le pene. Ne rifuggiva la compagnia, sentendosi colpevole nei confronti di Patty: conosceva bene l'enorme vuoto che da li innanzi sarebbe albergato nel cuore dell'amica, ma se a lei il fato aveva restituito ciò che credeva perso, stessa clemenza non avrebbe riservato alla povera Patty!

Persa nei suoi pensieri, si era fusa con l'ambiente circostante, incurante del clima algido dell'ampia camerata che un piccolo braciere non riusciva a stemperare. Solo quando le sue mani vennero a contatto con qualcosa di vivo che cervava di riscaldarle, si accorse di essere intirizzita nel resto del corpo.

"Da quanto sei qui?"

Chiese mortificata, levando lo sguardo dalle mani di Anthony ai suoi occhi blu preoccupati.

Lui si strinse nelle spalle, come a volerle sottolineare che non aveva importanza: voleva starle vicino in modo discreto, con un contatto fisico quasi fraterno.

Si diede dell'egoista: anche Anthony stava soffrendo per la perdita del cugino ed era costretto a rivangare fantasmi del passato legati a sua madre.

"Non è giusto conoscere la pace eterna così giovani!"

Protestò debolmente la bella infermiera.

"Purtroppo non esiste un'età adatta per morire o ...per amare!"

Controribattè il ragazzo. Lei abbozzò un sorriso, addolcita al ricordo di qualcosa.

"Ricordi quando tenni il mio discorso di presentazione alla famiglia il giorno..."

S'interruppe di colpo, deglutì non riuscendo a proseguire.

"Della caccia alla volpe!"

Le venne in soccorso l'altro che conservave istantanee non ancora vivide di quel giorno.

"Prima di montare a cavallo, Stear di finse estrefatto dalla mia volontà di sposarti...da grandi!"

"Non lo dicesti veramente!"

La rassicurò con una punta di delusione.

"No, ma lo pensai!"

Arrossì come la prima volta che credeva di aver ritrovato il suo principe della collina al cancello delle rose.

"Stear aveva capito prima di me!"

Disorientato da quelle rivelazioni, alla mente di Anthony si affacciò il suo sogno fanciullesco di Candy in abito da sposa. Le sfiorò le labbra rosee con un dito, pronto a baciarle, ma nuovamente Candy si insabbiò nella sua corazza di dolore.

"Scusami ma vorrei restare da sola!"

O meglio lontano da me! Pensò Anthony.

"Andrò a porgere le mie condoglianze dai Cromwell e poi cercherò di portar conforto a Patty...sai è ospite di Annie!"

Biascicò usando quel pretesto per sfuggire a quella compagnia tanto anelata e desiderata da risultare un privilegio da non meritarsi.

*****************

Basito dal comportamento della fidanzata,Anthony si accorse di essere solo in casa, incapace di gestire le nuove sensazioni che ne stavano cambiando l'umore. Riamse lì, in collera con sè stesso per non esser riuscito ad ispirare a Candy la fiducia della spalla ideale su cui piangere, affranto al rimembrare dei trascorsi fanciulleschi assieme ai cugini.

William giunse trafelato a interromperne i pensieri.

"Ah Anthony...allora è rimasta una parvenza di vita in questa casa!"

Commentò giustificandosi nel credere d'essere solo.

"Credevo lo stesso anch'io! Ma se preferisci zio...mi ritirerò in camera mia!"

Il nipote fece per alzarsi,ma l'uomo lo trattenne sedendogli accanto.

"Credo abbiamo entrambi bisogno di compagnia! Ma...non ti senti bene?"

Gli occhi di una tonalità più chiara dei suoi lo scrutarono, invitandolo alla sincerità.

"Non saprei ben dire come mi sento! Vorrei piangere, vorrei essere d'aiuto alle persone care, ricordare assieme a loro Stear...vorrei, vorrei...e l'unica cosa che mi riesce è restrare qui immobile a fissare il pavimento!"

Trovò il coraggio di sfogarsi.

"Sii meno severo con te stesso! Questa è una situazione estranea finora alla tua vita, la morte di Rose Mary non fa testo perchè eri poco più che un frugoletto al tempo, e le cose nuove spaventano sempre!"

Si passò una mano sugli occhi stanchi e arrossati.

"Zio Albert posso farti una domanda che esige coerenze?"

Osò Anthony, smanioso di frugare i suoi dubbi.

"Credi che un anno di coma mi abbia confinato per sempre nel limbo dell'infanzia?"

"Cosa intendi dire Anthony?"

Lui parve impacciato.

"Vedi, non fraintendermi, io sono felice delle attenzioni che tutti cercate di offrirmi ma forse...proteggendomi mi impedite di crescere!"

Vuotò il sacco. Albert sorrise debolmente, intenerito forse da quelle paure.

"Oh Anthony non aver tanta fretta di incontrare le decisioni difficili! Guarda io per quanto tempo sono fuggito dai miei obblighi...finchè loro non sono venuti a scovarmi e a riportarmi all'età adulta!"

Gli narrò allora delle usanze di alcune tribù africane che aveva avuto modo di osservare durante il suo girovagare per il mondo: l'addio all'infanzia accompagnato talvolta da riti macabri e incomprensibili, altre da balli e feste che accompagnano l'adolescente nella pubertà.

Anthony aveva ascoltato rapito dalle conoscenze dello zio.

"In qaunto a decisioni importanti te ne toccherà una molto ardua!"

Albert riportò il discorso sui binari del presente.

"Non volevamo che la notizia della morte di Stear comparisse sui giornali ma la voce si è sparsa ugualmente!"

Estrasse un foglio da lettera e glielo mostrò.

" Questo è un telegramma con cui Terence Granchester chiede di poter prendere parte alle esequie!"

Un lampo squarciò il plumbeo cielo, illuminando di una luce sinistra l'angelico volto di Anthony, che non ebbe il tempo di replicare perchè i due uomini vennero attratti dalle grida del Signor Withman che richiedeva aiuto.

***************

Quando al calar della sera, Candy riprese la strada di casa fu distratta dalla flebile luce di una lanterna ad olio e dal nitrito di un cavallo, appena percettibile, proveniente dal maneggio dislocato in un territorio ancora un poco isolato dalla villa degli Andrew. Dapprima pensò fosse tutto frutto della sua fantasia, poi incuriosita si avvicino sempre più allo steccato fino a ritrovarsi a sospingere la porta d'ingresso.

Il panico aleggiò nei fondi di bottiglia che parevano i suoi occhi: su un giaciglio di paglia un piccolo puledro si lasciava curare da mani sapienti, chinata sopra di esso una folta capigliatura di grano.

"Allontanati da li, Anthony!"

Ordinò, anzi implorò con voce stridula.

Lui si meraviglio di quella reazione e si limitò a rispondere con un sorriso.

"Ah sei già di ritorno! Lo ha trovato il signor Witman vicino a un albero squarciato da un lampo che...gli ha ucciso la mamma!"

Spiegò riferendosi al cavallino: Candy non era interessata alla storia di quello che era diventata la sua più grande fobia.

"Giacchè sei qui potresti aiutarmi a sistemare un pò di pula di riso per rendere più accogliente la stalla! Domani cercherò di farlo adottare da una giumenta delle nostre stalle!"

Finalmente le lacrime di collera che fino ad allora non erano arrivate, scorgarono come un fiume in piena.

"Perchè non capisci quanto ti amo e quanto ho paura di perderti di nuovo!"

Gli gridò dietro, cercando di allontanarsi di corsa, sentendosi stupida per quelle paure forse ingiustificate.

Il temporale fuori infuriava con maggiore ferocia, le infiltrazioni d'acqua nel terreno, dopo giorni di pioggia incessante, avevano reso instabili i pilastri di quel posto: CAndy si trovava sotto una trave di legno che si spezzò in due, in un microsecondo un piccolo terremoto che sarebbe potuto trasformarsi in tragedia. Il colpo le fu evitato e una forza sovraumana la spinse di lato facendola finire con le ginocchia nella fanghiglia: all'ultimo secondo Anthony era riuscito ad avvistare il pericolo e ora la teneva rannicchiata contro il suo petto, timoroso che le fosse successo qualcosa.

"Stai bene?"

Sussurrò alzandole il mento: in quegli occhi verdi lesse una luce nuova, la luce di una donna. Non seppe mai spiegarsi cosa accadde in lui: una paura incondizionata di poterla perdere, di doverla cedere nuovamente a Terece, di non averla mai più solo per lui lo portarono a baciarla con veemenza.

Candy si lasciò trasportare dall'impeto: l'innocenza e la dolcezza del loro primo bacio un ricordo affievolito innanzi alla passione che li stava guidando in quel frangente.

Gli sfiorò la giacca piena di fango e con l'altra mano carezzò i calzoni fradici; Anthony passava ritmicamente le sue mani tra i biondi ricci bagnati, quasi a volerli pettianre, e intanto le loro labbra non si staccavano, unendosi in un bacio sempre più irruento e sconosciuto.

Stremata, Candy si adagiò su un giagiglio vuoto, tremando leggermente.

"Ho paura!"

Si fermò Anthony.

"Di cosa?"

Ansimò lei.

"Di mettere le spine alla mia rosa!"

Ammise, sapendo che con quel gesto avrebbero mutato per semrpe il loro rapporto. Significava diventare adulti.

Significava abbandonarsi agli istinti e alle pulsioni.

Significava emulare i riti di iniziazione narrati dallo zio.

Significava intrecciare i loro corpi nella danza dell'amore.

Candy lo sfiorò ripetutamente, poi lo afferrò per il bavero del foulard e lo attirò su di se.

"Siamo sempre stati una sola cosa io e te ...anche quando ti credevo morto! Da stanotte lo saremo per sempre...!"

SEntenzio, riprendendo a lambirne le labbra.

Era lì tutta per lui...la donna della sua vita, la donna con la quale avrebbe costruito la sua famiglia e il suo futuro.

Era lì perchè dovevano diventare adulti insieme.

La mattina dopo forse l'avrebbe guardata con occhi diversi, con la colpa di aver rubato per sempre qualcosa alla sua innocenza, ma in quel momento si sentiva divorare dall'impeto e dalla passione.

Quella notte non gli sarebbe bastata per amare completamenre, ma la magia che l'avvolse e le ali d'amore che rapirono i due amanti, per sospingerli alle porte del paradiso, furono uniche e irripetibili.

************** Grazie a quanti continuano a seguire la storia

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Capitolo 24
*** "Sulla tomba della mamma" ***


“Sulla tomba della mamma” Dammi o rosa la porpora

Onde sulla tua spina

Tinge i tuoi mille petali

La rorida mattina

Dammi o bel fiore la morbida

Testura di tue foglie

Dammi la molle ambrosia che nel tuo sen s’accoglie

I doni onde si prodiga

La man di Dio ti veste

Bastano appena a piangere la tua beltà celeste

… Bella così, bella d’amore

Anche ai miei sguardi incognita pareva

Ma non al core.

Tal non apparve al tenero riso materno un giorno

Non quando il lieve e placido sonno, talor sopita

Sognò presaga il gaudio della seconda vita.

Sol così bella un occhio mortale la vide il mio

E la vedranno gli angeli nel dì che torni a Dio

… (“Rosa Gallica” Francesco D’Onario”

Un formicolio che, solleticando la mano destra, si era protratto su tutto il braccio destò Candy.

Ci mise un bel po’ per familiarizzare con la nuova condizione che le aveva regalato quella notte: ricordando le paure di Anthony si chiese se avesse davvero messo le spine, poi convenne che una rosa senza spine è un fiore a metà.

Strinse i lembi della rozza coperta in Juta sotto la quale si erano amati e cercò l’amante per riscaldarsi al contatto del corpo con il quale era diventata un tutt’uno.

Un brivido gelido le fece accorgere di essere sola nella fredda stalla: Anthony sembrava essersi dileguato nelle sfumature incantate che avevano tinto quella notte.

Scacciò il disorientamento e il senso di vuoto che la solitudine comportava e recuperò i vestiti: meglio essere lesti a rindossarli per non dare occasione ad Iriza di alimentare le leggende sui trascorsi dell’odiata cugina nelle stalle.

Ricoprendosi, Candy ispezionava ogni lembo di pelle per capire quanto fosse cambiata: sorrise nel sentirsi diversa ma contenta in un corpo che le aveva permesso di concretizzare i suoi sogni d’amore.

Quella notte aveva conosciuto un grande mistero al quale non sapeva ancora dare un nome.

Scossa e troppo felice per poter tornare alla vita di sempre con indifferenza, decise di concedersi una passeggiata.

Il cimitero di famiglia sorgeva su un digradante declivio: croci in legno, ornate di ghirlande di fiori, omaggiavano la memoria degli avi degli Andrew.

Anthony depose un mazzetto di ibischi sulla pietra commemorativa di Rose Mary e si estraniò in preghiera.

Ogni atto di concentrazione era però inutile: nella sua immaginazione, davanti ai suoi occhi, compariva solo la visione di quel corpo minuto e perfetto che da lui si era fatto amare e che apparteneva alla donna che le sarebbe rimasta accanto per tutta la vita.

Aveva osservato a lungo Candy addormentata, quella mattina, si era convinto che non esistesse creatura più bella di lei: aveva amato i lunghi riccioli biondi sparsi sul fieno a formarle un’aurea intorno al capo, desiderava ancora le sottili labbra dischiuse in un sorriso di bambina che aveva bramato insaziabile tutta la notte, si era premurato di coprire quel corpo delizioso che da lui si era lasciato scoprire. Sotto quel corpo si era ripresentata la sua infanzia per dirgli addio e lasciarli la spina di un’immensa felicità.

Lì in quella stalla, nel giro di una notte, era cambiato anche lui: non si sentiva più un invalido in cerca di protezione o una pedina che le rigide etichette dell’aristocrazia avrebbero potuto muovere secondo le loro regole. Si sentiva libero di essere sé stesso, come tanto tempo prima quando aveva fatto a pugni con Tom meritandosi una severa punizione da parte della zia Elroy.

Allora si era giustificato accorgendosi di essersi finalmente svegliato dal torpore in cui si sentono in diritto di crogiolarsi gli aristocratici; ora invece era pronto a stendere i suoi occhi sul mondo: ancora una volta Candy, inconsapevolmente, gli aveva chiarito quale fosse la strada per la felicità.

“Perdonami! Sono stato davvero maleducato ad abbandonare una così bella creatura da sola al freddo di una stalla!”

Candy sussultò nel sapere che la sua discreta presenza non era più un mistero e arrossì, come la prima volta che lo aveva incontrato al cancello delle rose.

Anthony, dopo aver fatto il segno della croce, recuperò la stampella e si avvicinò a lei per abbracciarla.

“Ma avevo bisogno di venire qui! Sono venuto a dire addio a mia madre!”

“Addio?”

Candy non capiva quella necessità ma Anthony sembrava tranquillo mentre continuavano a fissare la croce di Rose Mary.

“Sì, perché tu sei Candy e ti voglio amare per la splendida persona che sei, non ho più bisogno di ricercare in te mia madre!”

Candy si abbandonò sulla sua spalla, lasciandosi stringere più forte: la confessione di Anthony le fece pensare al Principe della Collina che non aveva più incontrato.

Illusioni e sogni dell’adolescenza che scivolavano via e perdevano valore innanzi alla loro unione.

“Ho recuperato il mio passato, non ho paura del presente e voglio costruire il futuro accanto a te , Candy!”

Una luce nuova dava una sfumatura più intensa alle iridi blu: la belle infermiera fu presa dall’impeto di farsi coinvolgere da quell’euforia, dimenticando anche le difficoltà che avrebbero incontrato.

“Verro con te a Chicago Candy! Ormai non sopporterei di starti lontano neppure per un giorno: dovunque tu andrai , io ti seguirò!”

Il sorriso scomparve dal viso di Candy e, tenendolo per mano, lo fece sedere accanto a lei: l’incanto era sparito ed era giunto il momento della sincerità e della chiarezza.

“Ti sacrificheresti per me, in questo modo! Io non voglio che rinunci al tuo futuro!”

“Ma sei tu il mio futuro, Candy! Troverò qualcosa da fare, rinuncerò anche io al sostegno degli Andrew se necessario ma d’ora in poi voglio essere solo Anthony Brown e solo con te accanto posso essere me stesso!”

Parlava con ardore e con una punta di timore per non sapere ancora con chiarezza quale strada prendere.

Candy sorrise.

“Anthony ricordi quando la zia Elroy ti spedì nella foresta e non ci vedemmo per settimane?”

Lui annuì.

“Nelle nostre lettere promettemmo che avremmo cambiato gli Andrew, che lo avremmo fatto per la nostra felicità! Io ho vissuto fino ad ora da fuggiasca, in Inghilterra e a Chicago, ora voglio tornare per tener fede alla promessa! Tu mi aiuterai?”

Si era messa ginocchioni, stringendo le mani del ragazzo.

“No se questo significa rinunciare a quanto hai costruito con sacrificio!”

“Non rinuncerò al mio lavoro se è questo che intendi! Ho chiesto di essere trasferita a Lakewood: potrei lavorare nella clinica del Dottor Leonard!”

Ad entrambi sembrava di star costruendo il futuro troppo in fretta, in fondo avevano tutta la vita d’avanti e trovavano sciocco rovinare quella giornata trascorrendola a discutere.

“Valuteremo tutto a tempo debito Candy! Io voglio stare con te e rispetterò la tua scelta: qualunque essa si! Ora però sono io a doverti informare di una cosa.”

Lei lo guardò preoccupata.

“Terence Granchester ha chiesto di prendere parte alle esequie funebri di Stear! Aspetta una risposta!”

Candy vacillò e poi si accucciò contro il torace di Anthony: ormai era pronta per rivedere anche Terence.

“Non ha ancora avuto una risposta?”

“No! Credo la decisione non spetti a me o allo zio Albert, ma solo a te Candy!”

Anthony ripensava alle parole delle suore della casa di Pony, all’affermazione che quello tra lui e Candy era amore eterno e cercava di non farsi intimorire dalla minaccia che Terence avrebbe potuto costituire per la loro unione.

“Allora mandate a dire al signor Terence Granchester che apprezzeremo la sua vicinanza in un momento così drammatico per la famiglia Andrew!”

Dettò precise disposizioni la signorina Andrew.

“Anthony i fantasmi del passato non ci perseguiteranno più!”

Fissarono nuovamente la tomba di Rose Mary: lì accanto a lei stavano interrompendo la ricerca di una mamma scomparsa troppo presto e di un principe dipinto dalla fantasia fanciullesca. Stavano seppellendo idee accarezzate per troppo tempo e amori mai concretizzati.

Era ora di lasciare al passato non solo Rose Mary ma anche Terence.

Finalmente il nuovo capitolo!!!! Lo so: ho fatto scivolare altri mesi nel silenzio ma trovavo irrispettoso nei confronti di quanti seguono la storia buttar giù qualcosa per il semplice piacere di aggiornare! Quando la scrittura non fila o l’idea non mi convince, preferisco farvi attendere un (bel) po’ di più e poi regalarvi qualcosa di decente da leggere!

Finito lo sfogo, passo ai ringraziamenti per quanti aspettano pazientemente gli aggiornamenti: Tetide, Zapotec e Roxy 70 in particolare! Sono felice che la storia vi piaccia…

Alla prossima forse rivedremo Terence!!!

Non vi prometto nulla sull’aggiornamento, ma mi impegnerò per essere più celere. Infine non dubitate, prima o poi, porto a termine le mie storie, perché non mi piacciono le cose lasciate a metà.

Buona Lettura.

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Capitolo 25
*** Fuochi incrociati ***


“Fuochi incrociati”

Si può ricordare l’amore? È come evocare un profumo di rose in una cantina. Puoi richiamare l’immagine di una rosa ma non il suo profumo.

(Arthur Miller)

I rintocchi del campanile di Lakewood, cupi e mesti, battevano l’ora della morte e chiamavano la cittadina a dare l’estremo saluto al suo eroe di guerra.

I Cornwell e gli Andrew seguivano, nel loro pianto disperato e silenzioso, il feretro di Stear, nel cammino della morte.

Le donne, composte nel loro doloroso compianto, celavano i rivoli azzurri che solcavano le gote e sparivano sotto i foulard neri di seta.

Candy strinse forte la mano di Anthony e proseguirono insieme nel corteo che accompagnava la bara, avvolta in una bandiera a stelle e strisce, a giacere per l’eternità accanto agli altri Andrew strappati alla vita.

Prima che la cassa venisse calata nella fossa, Patty prese coraggio e, con mani tremanti, spiegazzò una carta da lettera che in quei giorni aveva accolto i suoi sfoghi e i suoi rimpianti.

Era un estratto delle diverse lettere che Stear le aveva spedito dal fronte: era pronta a leggerla innanzi alla folla affranta perché le parole del giovane inventore dessero forza a quanti lo avevano amato e consapevolezza della spregiudicatezza della guerra.

Si schiarì la voce per essere sicura che le parole di Stear arrivassero al cuore di tutti.

“Il freddo di quelle montagne, lungo le trincee, rimbomba anche nell’anima. Non cola solo sudore sulle tempie., Sono gocce di paura, tremenda inquietudine, mentre i tuoi occhi cercano altri occhi. Una ingiallita foto nella mano e una pesante lacrima che scende a fatica. In quei posti, sotto la pioggia di piombo, la pace si compra con la guerra.

Fronte francese: 28 agosto 1917” *

Estrasse un altro fogliettino annunciando con voce spezzata che era l’ultima lettera inviata da Stear, scritta prima di pilotare l’aereo su cui sarebbe stato ucciso.

“Tutto intorno a me va avanti come sempre, mentre io sto andando a combattere contro il nemico: mi chiedo se quello che faccio abbia un senso. Mi sento così freddo e indifferente… Patty non vorrei mai vederti piangere! Perdonami se ti ho fatto soffrire!”*

La lettera era datata 4 dicembre 1917.

La giovane prese un fiore d’asfodelo e lo gettò sulla bara, quindi si ritirò e si lasciò consolare nelle braccia di Annie.

La seconda a voler onorare il triste commiato dall’esuberante nipote fu la glaciale Elroy Andrew: nessuno l’aveva vista versare neppure una lacrima, quasi fosse convinta che la dipartita del più gioviale degli Andrew fosse un tremenda punizione che gli dei le avevano mandato in conto, per farle espiare le bugie con cui, per tanto tempo, aveva procrastinato il futuro del nipote prediletto.

Fece il segno della croce e gettò il suo rosario sulla cassa. Notò Anthony e Candy farsi forza a vicenda e capì che era tempo di far cessare le accuse verso la nipote adottiva, rivedendosi dalla convinzione di additarla come fautrice delle disgrazie della sua famiglia: Rose Mary non c’era più e lei ormai era vecchia e presto, lo intuiva, la fine avrebbe falciato anche il suo trono nella potente famiglia americana. Candy sarebbe stata la degna erede di grazia di Rose Mary coniugata alla fermezza e alla testardaggine indispensabili per tirare avanti le generazioni future.

William Albert Andrew seguiva da lontano il mesto rito: aveva preferito evitare ulteriori sorprese alla famiglia, rimandando l’annuncio del suo ritorno a tempi più tranquilli. Solo il fidato George udiva i suoi sospiri affranti.

Archie tendeva una mano verso sua madre e l’altra verso la futura moglie: presto avrebbe chiesto Annie in sposa alla famiglia Brighton ma, nel giorno del dolore, riusciva solo a concentrarsi sul vuoto che il fratello avrebbe lasciato per sempre nel suo cuore. La famiglia Cronwell aveva innanzi agli occhi il corpo straziato dalla guerra di un figlio che avevano stentato a riconoscere.

Candy invece era sorretta da ricordi più felici e divertenti: ripensava al giorno in cui Stear le aveva offerto un passaggio sulla sua auto senza sapere che presto sarebbero stati una stessa famiglia, agli imprevisti del regalo con cui aveva omaggiato il suo diploma di infermiera, al carillon che le aveva regalato quando era andato a trovarla a Chicago.

Stear le aveva assicurato il suo affetto eterno e, come aveva fatto con gli altri, aveva chiesto anche a lei che il suo eroismo patriottico venisse perdonato.

E prima che il sacerdote invitasse a pregare per il “caro fratello Alistair Cronwell” e la terra umida e gelata di dicembre coprisse per sempre quella vita, Candy ed Anthony compirono assieme il luttuoso rituale. L’infermiera gettò un altro asfodelo, il fiore dei morti, sul coperchio e il ragazzo sporcò di terra la bara del cugino.

Si tennero per mano e restarono alcuni secondi in preghiera, quindi si allontanarono insieme. Uno spiffero sollevò l’orlo del velo sotto cui Candy stava proteggendo il suo dolore esponendo il suo volto affranto agli altri partecipanti alla cerimonia. Fu allora che nella folla, in attesa di esprimere il proprio cordoglio alle famiglie colpite dall’ennesima sventura, scorse Terence.

Ammiccò in direzione della sua passione mai definito e, istintivamente, cercò protezione nell’incanto del suo vero amore.

Anthony, insospettito dalla ragazza che gli si era stretta contro, fu portato ad indagare sul motivo del suo disagio: allora scorse anche lui il rivale, notando che non era da solo.

Accanto al bello e dannato Granchester stava, con portamento regale ed indubbia grazia, un’elegante donna bionda che, in altre circostante, avrebbe sicuramente catturato l’attenzione di molti.

Riemergendo dal suo dolore, Anthony si sforzò di sorridere a Candy per convincerla che avrebbero chiuso insieme i ponti con il passato.

Dopo la cerimonia, i giovani Andrew accompagnarono Patty fino alla stazione: aveva deciso di tornare in Florida e non indugiare oltre sui ricordi dolorosi lì nel Colorado. L’amica della Saint Paul le regalò il carillon della felicità, nella speranza che l’ultima invenzione di Stear la facesse sentire meno sola.

Un vuoto profondo si impossessò di Candy mentre tornavano alla villa per il breve e parco rinfresco: riviveva l’angosciante sensazione che le aveva lasciato il sogno premonitore di qualche mattina prima, si sforzava di capire se quel bambino fosse davvero il parto delle sue paure o l’angelo della morte che sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento, per falciare la felicità sua e di Anthony. E inevitabilmente il pensiero corse veloce al giorno funesto della caccia alla volpe.

“Vuoi che sia con te quando Terence Granchester vorrà salutarti o preferisci che ti lasci da sola?”

Fu proprio il giovane Brown, ostentando fiducia e fermezza, a porla innanzi all’inevitabile incontro.

“Chiudiamo insieme al passato! Noi due siamo il futuro!”

Replicò decisa la fidanzata.

**********

Notando che Candy era tornata, l’attore scozzese richiamò l’attenzione della donna che lo accompagnava e si avvicinò con lei verso i due ragazzi.

“Ciao Candy! Anthony!”

Era ancora vivida l’onta del disonore che il suo orgoglio non era riuscito a cancellare per non essere stato capace di debellare quel male che aveva visto in Anthony e che aveva infettato il cuore della sua Giulietta. Ma quel male si chiamava amore, lo sapeva bene, e non si poteva curare ma soltanto arrendersi a lui.

“Vi ringrazio per avermi permesso di salutare un ultima volta Stear! Lei è mia madre Eleanor Beker: le ho raccontato che Stear era un suo grande fan e ha avuto piacere ad omaggiare la sua memoria accompagnandomi!”

“Le mie più sentite condoglianze, ragazzi!”

Porse loro la mano Eleanor, incantandoli con la sua sola presenza: Anthony, rinvangando l’ammirazione che nutrivano per l’attrice assieme ai cugini, restò un attimo impacciato innanzi a lei. Le donne di tale grazia e maestosità lo portavano sempre ad interrogarsi su come sarebbe potuta diventare Rose Mary se il destino fosse stato più clemente con lei da concederle di veder crescere suo figlio.

“Anche io partecipo al vostro dolore!”

Fece eco Terence, sorprendendo se stesso e gli altri nel porre direttamente le sue condoglianze ad Anthony: il gesto sicuramente non avrebbe inabissato i loro dissapori, non avrebbe curato un cuore ferito e umiliato e non gli avrebbe restituito Candy ma anche Terence era deciso a voltare pagina, a cancellare le macchie del passato e cercare una felicità diversa da quella immaginata.

Anthony accettò le condoglianze e sussurrò qualche parole all’orecchio di Candy, quasi che ne cercasse l’approvazione per compiere qualcosa.

“Signora Beker venga…le presento il resto della famiglia!”

Utilizzò quell’espediente per permettere all’amata di salutare la stella di Brodway nel modo che riteneva più appropriato, senza che si sentisse vittima di soggezioni.

“Come stai Candy?”

Si rivolse a lei in maniera più spontanea Terence.

Candy si rese conto che in quei mesi si era trovata tra due fuochi: potevano diventare pericolosi e mortali per la felicità di molti come la pioggia di piombo lo era nelle trincee nella poesia che Patty aveva letto al cimitero. Ma lei aveva saputo spegnerli in tempo ed impedire che l’odio e il rancore avvelenassero il futuro.

“Bene direi…date le circostanze!”

“ Sei felice con il fantasma di Lakewood! Non volevo ammetterlo a me stesso ma vedendovi assieme mi sono dovuto arrendere all’evidenza!”

Si era spostato vicino ad un terrazzo per accendersi una sigaretta.

Lei avrebbe voluto sottolineare quanto le desse fastidio quell’appellativo desueto che aveva infamato Anthony e di quanto i fantasmi negli ultimi tempi fossero ridondanti.

“Quel giorno in ospedale ti avevo detto che i petali possono anche sgualcirsi ma il bulbo rimane e la pianta rinasce!”

Gli rammentò flemmatica lei.

“Ricordo i giacinti di quel giorno Candy! Rossi e blu! Dolore e coerenza dicesti! Li ho odiati fino all’altro ieri quei fiori ma ora non voglio più farmi del male pensando che ti ho persa per sempre!”

Riusciva ancora a farla sentire in colpa ma non era più come prima: qualcosa tra loro si era rotto, avevano posto delle distanze e osservavano i loro sentimenti da una prospettiva più distaccata.

“Quando non si è più accecati dalla rabbia e dalla delusione si riesce ad analizzare meglio la propria vita!”

“Io non rimpiangerò mai il fatto di averti incontrato Terence e non c’è nessuno che meriti di trovare la sua strada e la sua felicità più di te!”

Augurò accorata Candy.

La stella di Brodway gettò il mozzicone e sorrise enigmatico.

“Parto con mia madre: starò qualche tempo con lei in Scozia! Quando questa schifosa guerra finirà forse tornerò in America: il palcoscenico è la mia vita e magari un giorno verrò acclamato in tutti i teatri americani!”

“O in quelli di tutto il mondo!”

Si asciugò una lacrima Candy, consapevole che quello era il secondo addio della giornata.

“Chissà forse in una sala di New York o di Chicago ad applaudirmi ci sarai anche tu Tarzan tutte lentiggini con il tuo fantasma…con il tuo Anthony!”

Terence immaginava che l’epilogo scontato di quella decisione presa a Chicago: la prossima volta che si sarebbero rivisti avrebbe avuto innanzi la signora Candice Andrew Brown.

Candy sbuffò tra le lacrime a quella battuta e capì quanto Terence ed Anthony l’avessero aiutata a crescere e a capire, grazie a loro aveva conosciuto la passione, l’amore, i sentimenti ed era diventata donna.

Si allontanò da tutti perché preferiva essere sola: doveva piangere un nome su una bara e un nome nelle sue fantasie, un nome che il tempo e l’edera avrebbero fatto scomparire.

Un nome oggi coperto di pianto e domani di polvere.

**********

• I contenuti delle lettere che legge Patty non sono farina del mio sacco: la prima è una poesia dell’alpino Alberto Chiaretto, “Fuochi incrociati” e la seconda sono proprio le parole che Stear pronuncia nell’anime prima che il suo aereo venga abbattuto.

- La donna che doveva accompagnare Terence in un primo momento doveva essere Susanna, ma per evitare di attirarmi il vostro odio perenne ho deciso questa piccola deviazione!

Ora passiamo ai ringraziamenti:

Zapotec: grazie per seguire la storia! Spero che il capitolo sia all’altezza degli altri!

Tetide: grazie anche a te per la costanza con cui segui i molto sporadici aggiornamenti! Dici bene: Anthony e Candy chiudono i ponti con il passato e lei, in una prova difficile, si “libera” definitivamente di Terence.

Roxy 70: Allora la nostra è stata telepatia? Felice di averti letto nel pensiero e aver sviluppato questa storia che premia le tue fantasie^^ Tranquilla non morirà più nessuno ( anche perché con Terence sono stata parecchio crudele! Per Iriza: magari in una prossima ff!). Colpi di scena magari c’è ne saranno ancora ma credo che ci avviamo verso una degna conclusione!

E dulcis in fundo Andy Grim: grazie per il bentornato e la recensione! Già ci avviamo verso la fine, come dici non lieta per tutti ma ho preferito non assegnare una felicità definitiva a Terence, lasciando immaginare la più degna ai lettori.

Grazie a tutti voi! Buona lettura.

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Capitolo 26
*** "Una lettera da Flanny" ***


Cap 24 “ Una lettera da Flanny”

Rose, rose, rose,

Inusitato stupore

Corolle a fior di labbra

Baci, baci, carezze

Profumo di fragranza

Felice amore

Ineffabile analogia

Forza misteriosa

Pace, vita, afflatto di vita

Respiro di incanto

Soave tenerezza

Trasognante bellezza

Musica idilliaca

Tale inno alla vita

Enta nell’animo

Corrobora i sensi

Come gli angeli creano

Lusso, avvento

Linguaggio di gloria

Sul mio viso scorrono

Perline di pianto di felicità

Carme di vita, tranquilla estasi

Scorge fulgida poesia delle rose

(Ciro Prussiani)

Sul tavolino in vimini, nel gazebo da cui era ben visibile il cancello delle rose, un’ ape aveva preso a ronzare fastidiosamente sulla copia del New York Times che vi era stata appena posata.

Sembrava che anche l’insetto cercasse il modo di mostrare la sua attenzione alle notizie che il quotidiano americano portava stampate quella mattina. Ma probabilmente l’ape non capiva e mai avrebbe capito cosa spingesse gli uomini a farsi la guerra e, disinteressandosi delle vicende umane, riprese il volo alla ricerca del nettare con cui saziarsi nella ghiotta dispensa che rappresentavano i profumati e bellissimi fiori del giardino.

Candy ne seguì i movimenti e poi rimuginò, con sconosciuto ottimismo dopo gli ultimi mesi, sulle notizie che arrivavano dal fronte europeo: lo schieramento dell’esercito tedesco era stato sfondato ad Amiens e, qualche giorno dopo, il Kaiser Guglielmo II aveva proposto un armistizio che era stato rifiutato.

Le forze dell’Intesa disponevano di maggiori mezzi: carri armati e aerei per la ricognizione.

L’inverno era passato nell’incertezza per le sorti del mondo e del futuro non solo di quei giovani che al fronte rischiavano di perdere il loro avvenire.

L’Agosto del 1918 aveva riportato i soliti colori vivaci e i delicati ed indimenticabili suoni del risbocciare della natura e della vita a Lakewood: anche la natura, come l’ape, si rinnovava e riprendeva il suo ciclo impreziosito da bellezze gratuite e mai apprezzate ignara dei dolori e degli odi che scuotevano gli animi degli uomini di tutto il mondo da ormai tre anni.

Le ultime notizie che giungevano dall’Europa portavano ad un cauto ottimismo che la fine della guerra, finalmente, fosse vicina.

Il Signor Marsh, con la sua divisa blu e la sua grande borsa rossa, irruppe nella pigra giornata estiva che beava la casa nella foresta. Accortasi del postino, Candy le corse incontro con la stessa impazienza di quando era bambina e , all’orfanotrofio, aspettava una lettera di Annie appena adottata.

Allora si spingeva ad afferrare la grande borsa rossa e a cercare da sé una lettera dell’amica andata via da poco e ancora ricordava di quella volta in cui, con l’aiuto degli altri bambini, aveva messo in disordine le missive e causato dei problemi al signor Marsh che, dopo trent’anni di servizio, aveva visto delle capre ridurre in straccetti di carta le lettere che avrebbe dovuto consegnare.

Gli avevano procurano dei grattacapi all’ora i bambini della Casa di Pony ma la pace con Candy era arrivata con la frase: “La corrispondenza è sacra!”

Da allora la bambina aveva sempre aspettato pazientemente che fosse il postino a consegnarle la posta e non aveva più preso iniziative affrettate.

Ricordava ancora la gioia nel ricevere la prima lettera di Annie, il leggerla al buio della sera perché così ci avrebbe messo più tempo di quanto avesse fatto alla luce della lampada e le sarebbe sembrato di avere ancora Annie con sé.

Teneva quella lettera in mano quando, sulla collina, aveva incontrato per la prima volta il suo principe.

“Signor Marsh c’è posta per me?”

Chiese composta, ormai graziosa signorina quella bambina vivace che, tanti anni prima, accoglieva l’arrivo del postino come un uragano.

“Certo Candy…pare che arrivi dall’Europa!”

Le anticipò portandola a strappargli, con un po’ dell’antica foga, la lettera dalle mani.

“Faccia vedere!”

Si accertò contenta, procurando un sorriso all’uomo.

La lettera era di Flanny, contenta che la collega ed ex compagna della scuola Mary Jane le avesse scritto a conferma che la guerra non né aveva messo in pericolo la vita.

Ritornò nel gazebo e iniziò a leggere con impazienza.

“Mia cara amica Candy,”

La lettera iniziava con quell’intestazione affettuosa e l’infermiera sbadatella fu orgogliosa e felice che la flemmatica Flanny la considerasse sua amica, nonostante avesse faticato molto a conquistare la fiducia di quella algida ragazza dal passato difficile.

“Questa guerra di trincea è una guerra d’alta quota, una guerra uomo contro uomo, uomo contro nauta. Noi crocerossine non siamo qui in gita premio e ci troviamo ad improvvisare punti di soccorsi, ospedali di fortuna, nelle retrovie dei combattimenti e nei vagoni dei treni abbandonati. Quello che ci viene chiesto è abnegazione e istinto materno per rendere meno crudele il volto di questa guerra non la nostra presenza. Qui sto scoprendo molto di me: siamo anche noi combattenti. Anche noi perdiamo le nostre unità e proprio l’altro giorno una nostra compagna è stata raggiunta dal fuoco nemico mentre cercava di bendare, alla meno peggio , la terribile ferita di un ufficiale, poggiato ad un albero per sostegno. I soldati della Terza Armata hanno voluto seppellirla con i loro morti.

Qui si respira solo morte…prego Dio che questo orrore abbia presto fine e che potremmo tornare ad apprezzare le cose belle. Ti abbraccio. Tua Flanny”

Candy ripiegò la lettera e la conservò per custodirla gelosamente: le parole di Flanny avevano reso più forte il suo desiderio di pace e di rivedere tornare l’amica a casa.

Anthony alzò gli occhi dalla siepe che stava curando e, notando che la ragazza aveva lo sguardo su di lui, le sorrise e agitò una mano per richiamarne l’attenzione. Lei ricambiò il gesto d’amore e il giovane Brown si riconcentrò sul suo lavoro.

Quell’inverno la vita dei due giovani era cambiata, la loro unione si era rafforzata, i loro tormenti e le loro incomprensioni apparivano solo ricordi sfuocati. Il dolore per la perdita di Stear si era assopito e avevano trovato il coraggio di provare a costruire un futuro da trascorrere insieme.

Candy aveva deciso di non tornare più a Chicago e aveva iniziato ad aiutare il Dottor Leonard nel suo studio.

Anthony proseguiva i suoi studi, cercava di non venir meno agli obblighi che la sua famiglia di appartenenza imponeva ma non aveva rinunciato alle sue passioni e ai suoi fiori: sperimentava ancora la creazione di nuove specie floreali e, a volte, alcune delle famiglie più importanti di Lakewood si erano rivolte a lui per portare a nuovo splendore i loro giardini.

Il giardino che circondava la casa nella foresta, quel giorno, sembrava un paradiso terrestre: si respirava il profumo della terra, gli aliti delicati di un vento caldo frusciavano tra gli alti alberi, i campi si stendevano colorati e pieni di sole e le rose, che si erano dischiuse in tutta la loro bellezza, profumavano tutta l’aria.

Le Dolci Candy in quella stagione erano meravigliose, quasi che se ne avrebbe avuto dispiacere a strapparne lo stelo per abbellirne la casa.

Candy ed Anthony avevano giurato un tempo di provare a cambiare gli Andrew per la loro felicità e ora era il momento opportuno per tener fede a quella vecchia promessa.

Se immaginava il suo futuro, la bambina cresciuta senza nome e senza genitori, vedeva la sua famiglia nascere e crescere a Lakewood: dopo gli anni a peregrinare per l’America e in Inghilterra Candy aveva finalmente trovato la sua casa.

Immaginava i suoi figli: bambine belle con fili d’oro tra i capelli e occhi grandi e blu come quelli che tanto aveva amato e amava ancora, figli liberi di sporcarsi e di arrampicarsi sugli alberi con la contagiosa gioia di vivere ereditata dalla madre.

Si chiese come sarebbe stato essere madre e trovò buffo pensarsi in quella insolita veste.

Si vedeva lì in quel bel giardino, tra qualche anno, circondata da piccole testoline curiose e lambita da fresche vesti di trina e merletti estive pronte a correre appresso a Klin. Udiva le voci accaldate dei bambini dopo sfrenate corse, le gote rosee e i sorrisi larghi ad accogliere cumuli neri di farfalle e ad aspettare che le sere d’estate venissero illuminate dalle lucciole e musicate dai grilli.

Mentre i moscerini danzavano al sole e il cascinale rosseggiava tra le piante, un tuffo nel cielo d’estate proiettò Candy al futuro: tra i fiori pieni di sole aveva ritrovato la gioia perduta e, per qualche secondo, aveva visto i suoi bambini correre e giocare in quell’Eden che sarebbe stata la sua casa.

La zia Elroy, con il suo portamento fiero e grazioso, giunse ad interrompere il quieto pomeriggio dei due ragazzi: recava un cesto in cui aveva portato loro la merenda.

Anthony, preso dal suo lavoro, non si era accorto dell’arrivo della zia, così la vecchia donna raggiunse Candy e le si sedette accanto.

“Ho pensato che poteva venirvi fame e quando si hanno due uomini per casa è difficile che esca fuori qualche ghiottoneria!”

Spiegò con un’ironia che era nuova per lei. James Brown, in realtà, era ripartito per curare i suoi affari mentre il signor Withman era così discreto e sapeva stare sulle sue che quasi non ci si accorgeva che ci fosse, se non nelle evenienze e quando si aveva bisogno di lui.

Dalla sera di Natale in cui le aveva regalato il suo scialle, la signora Elroy vedeva Candy sotto una nuova luce: non l’additava più come causa dei mali della sua famiglia e non ne condannava il comportamento e le scelte, aveva imparato a rispettarla e aveva dato la sua benedizione all’unione che la legava ad Anthony.

La perdita di Stear aveva addolcito il suo vecchio cuore.

A Candy tornò in mente quando la zia aveva preparato una torta per lei ma lei, poco più che bambina, si era rifiutata di assaggiarla per paura che, se non avesse fatto delle rinunce, un terribile incubo sarebbe potuto essere premonitore e qualcosa di brutto sarebbe potuta accadere ad Anthony.

Da quando la famiglia Legan aveva lasciato il Colorado tra gli Andrew sembrava essere ritornati la tranquillità e l’amore che dominavano quando ancora Rose Mary era in vita.

Per Iriza e la sua famiglia scoprire la vera identità dello zio William era stato uno shock e finalmente i lunghi anni di angherie, soprusi e tranelli di cui la viziata Iriza si era resa responsabile avevano trovato una giusta punizione.

“Così domani darete una festa alla casa di Pony per Annie e Archie?”

Cercò di intavolare una conversazione la vecchia donna.

“Certo zia! Tra poco saranno marito e moglie e ci sembra una bella idea: spero tanto che vorrà venire anche lei a festeggiare i futuri sposi con noi!”

Elroy rispose con un sorriso indecifrabile e roteò l’ombrellino con cui si riparava dal sole.

“Perché no? È da molto tempo che non salgo più su quella collina: sai una volta ci andavano i giovani fidanzati e le fanciulle poi venivano chiamate gonne verdi perché si ricoprivano le gonne di chiazze d’erba! Ma è stato molto, molto tempo fa: ancora l’orfanotrofio non era neppure stato costruito!”

A Candy piaceva scoprire storie nuove e si chiese se anche la zia Elroy fosse stata a suo tempo una gonna verde, ma esitò dal chiederglielo.

Un po’ in imbarazzo la zia lasciò cadere quella confessione tirando fuori la merenda per sistemarla, Candy si spicciò per aiutarla.

“Sai Candy credevo che la nostra famiglia non avrebbe più conosciuto feste e invece tra qualche giorno celebreremo un matrimonio! Spero proprio che presto ne seguirà un altro!”

Questa volta fu Candy ad arrossire e a non replicare anche se il cuor suo aveva la risposta.

Anthony la guardò di nuovo e sorrise prima di raggiungere le due donne.

Forse un giorno avrebbe creato nuove specie di rose che avrebbero portato i nomi dei loro figli. C’erano molti padri che facevano un simile gesto di amore: ufficiali di marina che battezzavano le loro navi con i nomi dei figli e soldati che li scrivevano sui loro aerei.

Anthony vi avrebbe battezzato le sue profumate e delicate creature.

Per un attimo accanto a lui Candy aveva visto una bambina con le lunghe trecce bionde e una cesoia in mano a perfezionare i fiori.

**** ********** **********

Il prossimo sarà l’ultimo capitolo e perciò cercherò di postarlo il più rapidamente possibile: finalmente! Ringrazio Tetide e Stellinasra09 per le recensioni!

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Capitolo 27
*** Sulla collina di Pony ***


La rosa profuma di tutta la storia:

Incorona gli amanti,

È sparsa davanti alle spose e agli eroi,

Brilla alla fiaccola di mille feste,

Cade in una pioggia di mille cavalcate,

Sta a mazzi nelle braccia dei Santi,

È simboli di amore e di eternità,

Simbolo di amori terreni e della Regina dei Cieli.

Protegge chi muore con una coltre gentile.

Porta speranza al cuore infranto.

Parla per il taciturno:

È messaggio d’amore e di desiderio.

È passione, trionfo, gioia.

È il dono di un cuore ad un altro

(Pam Brown)

Il Michigan, il lago delle grandi acque, si stagliava con le sue tonalità azzurrognole e scure e i suoi suoni placidi ad abbracciare le colline limitrofe di Lakewood.

Candy correva felice per raggiungere la sommità di una di quelle, la collina dove era cresciuta e dove avrebbe continuato la sua vita.

Di tanto in tanto una spruzzata di piccoli fiori gialli di tormentilla le stuzzicava le gambe nude e piccole chiazze verdi si frapponevano sul rosa del suo sobrio vestito.

Le tornarono in mente le “gonne verdi” di cui aveva parlato qualche giorno prima la zia Elroy e si ritrovò ad arrossire: non voleva dare adito a scherni e a battute bonarie che l’avrebbero avuta come vittima prescelta dagli amici.

I raggi obliqui del sole meridiano catturavano un pomeriggio senza tempo nella ridente località americana e tutto sembrava perfetto per rendere indimenticabile il giorno che avrebbe celebrato Annie ed Archie.

“Avanti Klin, corri!”

Spronò il procione, il suo più grande amico di sempre, affrettando il passo per arrivare prima possibile all’orfanotrofio.

I latrati di Mina e il suo scodinzolare allegro accoglievano quanti arrivavano alla festa: la grossa cagnolona, in preda all’euforia per essere circondata da tante attenzioni, si divideva tra i giochi e i richiami dei bambini, il porgere una zampa affettuosamente a chi la richiamava e il tenere sotto controllo i lavori di allestimento del buffet.

Miss Pony e Suor Maria si prodigavano per tenere tutto sotto controllo: avevano orecchie per ascoltare e mani per accogliere tutti.

Accanto a loro la zia Elroy, sia pur con un certo disagio, cercava di essere di aiuto e cercava di sistemare la tavolata.

All’improvviso Mina sbucò di soppiatto e le poggiò le zampe al petto facendola cadere in terra.

I bambini dapprima risero a quella scena, poi leggendo rimprovero negli occhi di Suor Maria limitarono altre reazioni che potevano apparire offensive verso la vecchia signora.

Avendo assistito alla scena, Candy affrettò il passo per accertarsi che la zia non si fosse fatta male.

Quando fu quasi giunta fu bloccata dalla risata allegra di Elroy.

“Erano secoli che non mi divertivo così tanto!”

Ammise accarezzando Mina.

L’affermazione sconcertò William Albert Andrew a pochi metri di distanza da lei.

“Visto che dai dei soldini a Miss Pony e a Suor Maria per aiutarle a farci crescere sei il nostro benefattore…o anche il nostro quasi papà?”

Gli stava chiedendo una bambina sui quattro anni.

“Noi non abbiamo un papà!”

L’apostrofò Jimmy, masticando un filo d’erba e carezzando la puzzola di Albert.

Il nuovo patriarca degli Andrew aveva ripreso l’abitudine di “raccattare animali feriti nel bosco”, come soleva dire la zia Elroy, per poi risanarli e tenerli con sé.

“Non posso essere il vostro papà ma vostro amico sì! Un grande amico!”

Propose Albert trovandoli tutti concordi.

Candy stava per raggiungere Annie, raggiante e bellissima quel pomeriggio, quando venne immobilizzata da una corda tirata al lazzo.

“L’allievo supera il maestro!”

Esultò Tom, in sella a Furia: contento di essere, sia pur con qualche inganno, riuscito a battere il “Capo” imbattibile quando da ragazzini giocavano a rodeo.

“Si usando modi meschini e ingannevoli!”

Si finse risentita Candy per poi scoppiare a ridere con lui e con Annie.

Suor Maria e Miss Pony guardavano con amore materno quel terzetto di ragazzi: era stato difficile lascarli andare ed ora era ancora più bello rivederli uniti.

La casa di Pony sarebbe sempre stata la loro casa: sulle verdeggianti colline circostanti avevano imparato le loro prime parole e i loro primi giochi, con le soffici coltri di neve d’America avevano costruito i loro pupazzi di neve e fatto i loro giochi con gli slittini, sulle siepi dei recinti avevano sbucciato le loro ginocchia e le stelle di Lakewood erano tornate ogni sera a raccogliere le lor risate e le lacrime di chi conosce la vita, iniziando a crescere.

Erano giovani e, come le religiose avevano detto un giorno ad Anthony, la giovinezza e l’amore rendono tutto possibile purché non si sprechino.

“Candy ho una sorpresa per te!”

Le andò incontrò la signorina Brighton, seguita dal suo quasi marito.

“Domani al mio matrimonio ci sarà una persona speciale!”

Aveva pronunciato la frase a voce più alta, quasi fosse l’imput per richiamare qualcuno.

Voltando l’angolo, Patty raggiunse il gruppetto con la piccola Iris tra le braccia.

“Ciao Candy!”

Le due amiche si abbracciarono senza bisogno di parole. Patty era stata sulla tomba di Stear prima di andare alla festa e aveva parlato a lungo con lui.

Era stato un po’ come rivederlo e questo aveva lenito il dolore degli ultimi mesi e dato nuove speranze per il futuro.

“Dov’è Anthony?”

Nella confusione dei saluti, la giovane infermiera non si era accorta dell’assenza della persona più importante per lei.

“Ha giocato a fare castelli e case degli indiani con noi, con cumuli di terra e poi ha detto che ti avrebbe aspettato accanto a Papà Albero!”

L’avvisarono i bambini.

“Torno subito!”

Avvisò Candy prendendo a correre verso la sua collina.

“Non correre a quel modo Candy!”

Venne accompagnata dalla raccomandazione che Miss Pony le rivolgeva sempre quando era bambina.

Il grande abete sovrastava, alto e maestoso, lo spazio circostante e faceva ombra all’erba sotto i suoi aghi verdi.

Avvicinandosi Candy fu sopraffatta da un senso di malinconia e di tristi pensieri: l’ultima volta che si era rivolta a papà albero era stato poco prima di partire per la Saint Paul School.

Credeva di aver perso Anthony allora e aveva sempre affidato le sue domande all’abete, sicura che avrebbe potuto trovare le risposte per lei.

Le gironzolarono, come in quei tristi giorni, le parole che Anthony le aveva detto pochi giorni prima della caccia alla volpe per tranquillizzarla.

“Le rose ad ogni inverno appassiscono per risbocciare più belle l’estate successiva! Ma anche se non rifioriscono continuano a vivere e a restare per sempre belle nel cuore di chi le ha amate!”

“Anthony…Anthony dove sei?”

Iniziò a chiamarlo, avendo scorto la sua stampella abbandonata sull’erba.

“Aspetta non avvicinarti!”

La fermò il ragazzo, che stava con la schiena contro il tronco di papà albero.

“Voglio venire io da te!”

Si staccò dal sostegno e, prima che Candy potesse obiettare, claudicò verso di lei con passi incerti.

Quel piccolo progresso rese felici entrambi.

“Ti stavo aspettando! Devi mostrarmi un posto che voglio conoscere da tanto tempo!”

“Si andiamo sulla mia amata collina di Pony!”

Acconsentì Candy prendendolo per mano e mostrandogli ogni angolo della terra della sua infanzia: ogni lembo di terra custodiva un aneddoto, un fiore, un piccolo pezzo custodiva anche la Dolce Candy che Candy vi aveva piantato nei tempi difficili, vinta dal dolore.

Quando ogni angolo fu esplorato si lasciarono cadere in terra, senza preoccuparsi del tempo che volevano tutto per loro.

“Stavo pensando ad una nuova rosa! Ho già i bulbi da seminare…quando sboccerà te la regalerò!”

Rivelò all’improvviso Anthony.

“E se non sarà il mio compleanno?”

Rise la bella figlia adottiva degli Andrew, girandosi sulla pancia e portando le mani sotto il mento per fissarlo negli occhi.

“La darò alla stessa ragazza a cui ho dato la Dolce Candy ma stavolta per…chiederla in sposa!”

A quella dichiarazione Candy trasalì, lo bacio con trasporto, ridendo , piangendo e poi facendo entrambe le cose contemporaneamente.

“Ne sono sempre più sicuro: sei più carina quando ridi!”

La prese in giro Anthony, poi entrambi sentirono un suono di cornamuse nelle vicinanze.

“Hai sentito anche tu?”

Sussurrò Anthony.

“Sembra uno strisciare di lumache!”

Commentò Candy, come aveva detto la prima volta che lo aveva udito al suo principe della collina.

Poi il suono della cornamusa si fece sempre più distante e scomparve nelle acque del lago Michigan.

Albert avendo scorto i giovani nipoti a coccolarsi e a farsi promesse d’amore, aveva preferito fare la strada lunga e costeggiare le rive del lago: dopotutto Candy aveva già trovato il suo principe.

Fine

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