Cinque appuntamenti per farla innamorare

di lenemckinnon
(/viewuser.php?uid=442878)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ecco una cosa che ci mette d'accordo entrambi ***
Capitolo 2: *** Come ti spacco la famiglia ***
Capitolo 3: *** Di spille che pungono e di nuove conoscenze ***
Capitolo 4: *** Che cos'è la vita senza un po' di rischio? ***
Capitolo 5: *** È questo che fanno gli innamorati ***



Capitolo 1
*** Ecco una cosa che ci mette d'accordo entrambi ***


Ecco una cosa che ci mette d'accordo entrambi

27 Marzo 1976, Castello di Hogwarts 
 
Amos Diggory rappresentava per Marlene McKinnon una scocciatura non indifferente: prima prefetto e poi diligente caposcuola Tassorosso, il ragazzo era la perfetta incarnazione delle regole di buon comportamento tanto decantate dal guardiano Gazza quanto detestate da Marlene. 
 
Per immensa sfortuna della sopracitata, il puntiglioso Diggory era completamente e perdutamente innamorato di Marlene fin dall'alba dei tempi, mentre lei lo considerava un misto di superbia e servilismo, di boria e di bassa umiltà.
 
Quando gli veniva domandato il perché di una tale sconclusionata attrazione, Amos rispondeva semplicemente che Marlene assomigliava a una fata e, insomma, chi mai avrebbe potuto resistere a tanto fascino?
Certo, questa incresciosa situazione aveva procurato alla ragazza numerosi vantaggi in termini di punizioni evitate, ma c'erano momenti in cui le circostanze diventavano davvero insopportabili. 
 
Quel bel pomeriggio del Marzo 1976, una Marlene McKinnon in incognito si affrettava a scendere lungo le scale che conducevano dall'aula di Trasfigurazione alla Sala Grande. Durante le ore della McGranitt aveva sentito Alice riferirle che Amos era pronto a portare il suo ridicolo corteggiamento al livello superiore e dichiararsi di fronte a tutta la scuola. Tuttavia, era lungi da lei permettergli di compiere un gesto che sarebbe stato certamente tramandato dalle cronache rosa della scuola come il momento più imbarazzante di tutta Storia di Hogwarts da quando Hesper Starkey nel 1896 aveva somministrato un filtro d’amore a un canarino nel corridoio del quinto piano.
 
Il suo piano per evitare Amos Diggory prevedeva una semplice quanto veloce abbuffata al tavolo della sua Casa (per nulla al mondo avrebbe mai rinunciato a un banchetto in Sala Grande), un intenso pomeriggio di allenamenti di Quidditch e scatenati festeggiamenti per il compleanno di James.
Si accomodò di fianco a Mary e Emmeline, che stavano degustando compostamente il loro pasticcio di rognone, ma il suo delizioso pranzo venne interrotto da un austero gufo che planó con grazia accanto al suo succo di zucca, con una missiva legata alla zampa destra. 
 
"Oh per l’amor del cielo!" sbottò Marlene non appena ebbe individuato il mittente. 
"Seriamente Marls, dovresti dargli una possibilità!" ridacchiò Mary prendendo in giro l'amica. 
Marlene si alzò di scatto e uscì furiosa dalla Sala Grande. "Questa storia deve finire una volta per tutte, Mary. Ora gliele canto!" 
 
Trovò Amos Diggory in un corridoio affollato, impegnato a sottrarre punti a un paio di Serpeverde del secondo anno. Era vivacemente nel suo elemento mentre decantava a gran voce i numeri esatti delle regole che gli sventurati ragazzi si erano dati da fare per infrangere.
 
"Diggory, ora la devi piantare!" urlò Marlene incurante della folla che la circondava. 
Amos, sentendosi chiamato in causa, si voltò verso di lei con espressione innocente. 
"Che é successo, gattina?" 
Marlene alzò gli occhi al cielo. Poi, all'improvviso, vide svoltare l'angolo la cosa, o meglio, la persona, che l'avrebbe aiutata a sbarazzarsi definitivamente di quel belloccio di Diggory.  
 
"Devi fartene una ragione, Amos! Non ho alcuna intenzione di stare con te, e non posso neanche farlo, dal momento che sono fidanzata con Black!
 
Sirius, che stava allegramente ricordando con Remus la partita a Spara Schiocco svoltasi la sera precedente nella Sala Comune di Grifondoro e che aveva lasciato metà degli studenti del sesto anno inceneriti fino alle mutande, ebbe solo pochi secondi di anticipo per rendersi conto di quello che sarebbe successo da lì a poco. Prima che potesse pensare a un modo per sottrarsi a quello stupido giochetto, si ritrovò le labbra di Marlene McKinnon premute contro le proprie. 
 
"Ecco una cosa che ci mette d'accordo entrambi", pensò Sirius affondando un pochino la mano nei biondi capelli della ragazza e assaporando la morbidezza delle sue labbra. Certo, se avesse saputo che per zittirla una volta per tutte sarebbe bastato ricorrere a un espediente così semplice e piacevole…di certo l’avrebbe applicato molti anni prima.
 
Da parte sua, Marlene credette di udire la chiassosa risata di James in sottofondo, ma dopotutto non le importava. Sentì che qualcosa al centro del petto le stava esplodendo dentro, ed era una sensazione magnifica. Inizialmente aveva temuto che Sirius potesse esitare (o peggio, protestare), invece aveva iniziato a rispondere al bacio con trasporto crescente. 
 
Quando si separarono per prendere aria, Marlene era boccheggiante e Sirius ghignava senza ritegno. 
"Potresti spiegarmi per che cos'era quello, McKitten?" chiese Sirius senza smettere di sogghignare. 
"Uhm...c'è ancora Diggory nei paraggi?" 
"No, Marls, se l'è svignata non appena ti ha vista con Sirius" rispose James. "Perché?" 
 
"Grazie, Black, problema risolto" dichiarò Marlene lisciandosi alcune inesistenti pieghe sulla gonna della divisa. 
"Ah, e la prossima volta che mi salti addosso, tieni le tue sudice manacce lontano dai miei capelli" concluse con un sorriso vincente e avviandosi verso la lezione seguente. 
 
Sirius Black di certo non si scompose e, anzi, con aria strafottente replicò che certo, nessun problema, se mai ci fosse stato bisogno di una mano in futuro per risolvere altre questioni di quel tipo avrebbe potuto senza esitazione contare su di lui. 
 
NOTE
 
Ehm…ciao! Qualcuno si ricorda di me? Stasera, complice un vecchio film e la noia della quarantena, ho riscoperto questa piccola bozza che giaceva inascoltata nella cartella Blackinnon e mi sono sentita in dovere di pubblicarla. L’idea è di farla diventare una raccolta di 5 one shot e vi prometto che nei prossimi giorni ci lavorerò alacremente.
 
ALTRE NOTE
 
Hesper Starkey è esistita davvero, almeno sulle figurine delle Cioccorane. E la descrizione di Amos Diggory gentilmente fornitaci da Marlene è tratta da come Elizabeth descrive Mr. Collins in Orgoglio e Pregiudizio (un clichè, lo so, però il personaggio di Amos è così pedante che le due figure si sono praticamente sovrapposte nella mia testa!)

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni. Farai felice milioni di scrittori. (Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) © elyxyz

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Come ti spacco la famiglia ***


Come ti spacco la famiglia

18 luglio 1976, Casa di James
 
L’estate era arrivata presto quell’anno e il luglio del 1976 si preannunciava come uno dei mesi più caldi del decennio. Un potente anticiclone si era instaurato su buona parte del Vecchio Continente e la grande calura aveva ingiallito i prati della Francia e di buona parte delle Isole Britanniche. Fu un evento storico per gli inglesi, che a memoria d'uomo non ricordavano niente di simile, ma quell’anomala ondata di calore sarebbe stata ricordata con notevole dovizia di particolari negli anni a venire anche dall’allegra brigata dei Malandrini.
 
In quelle giornate di afosa sofferenza la signora Betsy, vicina di casa dei Potter, era solita percorrere il vialetto di ritorno dalla spesa con una calma logorante, contribuendo a radicare negli abitanti del quartiere l’esasperante lentezza dello scorrere del tempo.
 
Il calore insopportabile si infiltrava in tutte le fessure di Villa Potter. Non c’era un alito di vento in grado di smuovere i ramoscelli che timidamente si affacciavano flosci sulle finestre della stanza di James, le foglie quasi gialle che stuzzicavano le tende di lino bianco che Dorea aveva confezionato anni prima.
 
James Potter, allungato mollemente sul suo letto e intento a sfogliare pigramente una copia consunta de “Il Quidditch attraverso i secoli”, cercava invano conforto dal calore opprimente pescando ogni tanto dei cubetti di ghiaccio da un calderone di peltro e facendoli scorrere sugli avambracci e sulle tempie. I bagagli di Sirius, giunto qualche giorno prima a trascorrere le ultime settimane delle vacanze estive a casa dei Potter, erano sparsi per tutta la stanza: il baule di Hogwarts giaceva in un angolo, la divisa scolastica era appoggiata sopra la scopa di James e diversi libri erano sparpagliati sul pavimento. Il loro giovane proprietario se ne stava comodamente acciambellato a torso nudo sulla poltrona preferita di Charlus, che era stata temporaneamente trasferita in camera del figlio, con le gambe che ciondolavano al ritmo di rock proveniente da un vecchio walkman scovato nel cesto delle occasioni di un negozio dell’usato babbano.
 
Il loro ozio venne improvvisamente interrotto da un leggero picchiettare sul vetro della stanza, provocato dalla civetta bruna di James, Tyche, la cui zampa presentava in bella mostra una busta di spessa pergamena avvolta con cura da un nastro rosso e oro. James si affrettò a soccorrere la civetta, che sembrava sul punto di afflosciarsi dopo aver affrontato la calura esterna, e un lampo di eccitazione gli attraversò il volto sudato.
“É di Marley!” disse, strappando con impazienza la busta e posando Tyche su un trespolo. La lettera era breve e lasciava trasparire un tono entusiasta.
 
Caro James e caro Black, se anche tu sei lì,
Spero che il trasferimento di Sirius sia andato tutto liscio e che non abbiate fatto nulla di illegale per portarlo da voi. Zia Dorea non ve lo perdonerebbe mai!
Questo caldo insopportabile mi toglie tutte le energie, anche se naturalmente continuo ad allenarmi a Quidditch tutti i giorni (“Ma come fa?” esclamò Sirius in preda all’orrore. “Siamo nel mezzo di un’emergenza climatica!”) e Max dice che sto diventando così brava che mi comprerà una nuova mazza da battitore con il suo primo stipendio.
Ieri ho sentito la mamma dire a papà che sarebbero venuti a trovare gli zii oggi pomeriggio per un te (mi auguro freddo) e ho pensato di unirmi anche io. Fammi sapere se vi va bene (magari usando un altro gufo, perché forse un’altra consegna sarebbe fatale a quello che avete ora), ma anche se non foste d’accordo verrò comunque.
Baci
Tua Marley

 
“Beh, nel caso cercassi una dimostrazione del fatto che tua cugina sia completamente pazza eccotene una prova su pergamena da presentare al Wizengamot” sogghignò Sirius, scherzando solo in parte.
 
“Oh cerca di essere serio, lo sai benissimo anche tu che se verrà Marlene la mamma ci permetterà finalmente di uscire di casa e forse persino andare al lago! La mamma non rifiuta niente a lei…anzi, ora che ci penso con il suo aiuto potremo convincerla a revocarci la punizione!”
 
“Questa reclusione in casa mi sta facendo sudare in punti del corpo che non pensavo nemmeno di possedere” replicò Sirius con aria afflitta.
 
“Forse avremmo dovuto evitare di rovesciare quello strano portaombrelli a forma di gamba di troll, ci avrebbe sicuramente risparmiato qualche insulto da parte di tua madre e mio padre sarebbe riuscito a portarci via più facilmente…ma insomma, chi riceve come regalo di nozze un oggetto del genere?” chiese James perplesso.
 
“Lascia perdere. Quando si tratta della famiglia Black è meglio non farsi domande. Piuttosto andiamo di sotto a sondare il terreno con tua mamma” rispose Sirius accigliato.
 
“Dimentichi che anche lei è una componente della famiglia Black. Mi domando quali assurde faccende domestiche stia architettando ora per tenerci impegnati” sospirò James, scarabocchiando velocemente una risposta per Marlene sul retro di pergamena.
 
Sgattaiolando furtivi dalle scale che conducevano al piano di sotto, trovarono Dorea in sala da pranzo, affaccendata a potare un esemplare di geranio zannuto che tendeva spaventosamente a un colore giallo canarino. Come sempre quando era necessario affrontare l’ira della mamma di James, dopo averla osservata ben nascosti dietro alla porta della sala, fecero silenziosamente a carta, forbici e sasso per decidere chi dei due avrebbe dovuto esporsi per primo alla sua furia.
 
“Carta avvolge sasso, Sirius, questa volta tocca a te! Oh finalmente un po’ di giustizia, per Merlino” esclamò James con sollievo.
 
Sirius stava proprio per avvicinarsi a Dorea, quando venne investito da un fascio di luce blu proveniente dal camino del salotto e in un attimo si ritrovò scaraventato per terra e coperto di fuliggine azzurra. Tossendo e cercando di scrollarsi il più possibile la cenere dal petto, Sirius mise a fuoco la scena: dal camino di pietra dei Potter stavano uscendo perfettamente composti i McKinnon.
 
Cassiopea Black in McKinnon era una strega alta e dal portamento austero, i lunghi capelli corvini raccolti in una crocchia alta e lucente e le mani letteralmente ricoperte da spessi anelli d’oro; Maxwell McKinnon era tutto ciò che ci si potesse aspettare da un attempato mago scozzese: imponenti baffi a tricheco che un tempo dovevano essere stati rossicci, una vistosa veste di tartan e un’immancabile pancia cresciuta sotto l’impulso di frequenti Burrobirre.
Ma l’attenzione di Sirius venne del tutto catturata dall’ultima componente del terzetto. Marlene era cresciuta di almeno dieci centimentri rispetto all’ultima volta che si era trovato in sua compagnia e il suo viso, solitamente rotondo e pieno, era ora appuntito e affilato come una lama. Gli occhi erano come sempre di un impressionante blu oltremare, ma riflettevano qualcosa di profondo, una nuova consapevolezza o…era forse un misto di eccitazione e divertimento ciò che li faceva accendere in quel modo?
 
Non ebbe molto tempo per ammirare questi cambiamenti, in quanto la ragazza si era precipitosamente buttata tra le braccia del cugino e insieme avevano iniziato i consueti schiamazzi privi di compostezza.
Sirius alzò gli occhi al cielo.
 
Marlene parve accorgersi della sua presenza solo in un secondo momento, quando il ragazzo si era rialzato un po’ intontito e stava maldestramente cercando di ripulirsi dalla polvere.
 
“Oh ciao Black, non sapevo avessi deciso di trasformarti in una fenice durante l’estate!” ridacchiò Marlene avvicinandosi poi per spazzargli un po’ di cenere dalla spalla. Le sue dita sottili si trovarono a contatto con la pelle di Sirius, che sembrava essere diventata incandescente sotto il suo tocco.
“Lieto anche io di rivederti, Lène” sussurrò Sirius in uno strano tono formale, un po’ intimorito dalla presenza dei genitori di lei.
 
Prima che Marlene potesse ribattere stupita per quei convenevoli, Cassiopea esordì a gran voce: “Oh eccoti qui Sirius, come sei cresciuto! È incredibile quanto tempo sia trascorso dall’ultima volta in cui ci siamo visti…mi pare fosse al matrimonio di tua cugina Bellatrix con Rodolphus e tu eri un delizioso soldo di cacio infilato in un vestito troppo stretto e con il naso che colava in continuazione”
“Come va, ragazzo?” aggiunse Maxwell dandogli una sonora pacca sulla spalla.
 
Sirius sorrise remissivo e rispose educato ai saluti, lanciando occhiate di fuoco a Marlene e James che nascosti in un angolo erano piegati in due dalle risate per la menzione del moccio al naso.
 
I signori Potter invitarono i McKinnon ad accomodarsi nella sala da pranzo; non c’era nulla di formale, tra loro, nessun gesto cerimonioso o un particolare riguardo verso le convenzioni. Sirius non era abituato a quel genere di affettuosa confidenza priva di secondi fini e si ritrovò senza accorgersene a osservare quello strano rituale con un senso di infinita tristezza. In casa sua le uniche occasioni di ritrovo con i parenti non erano certamente gradevoli e scanzonate e, per quanto cercasse di mascherarlo in tutti i modi, la mancanza di legami familiari capaci di suscitare in lui piacevoli ricordi lo seccava terribilmente.
 
“Gradite bere qualcosa anche voi ragazzi?”
La voce di Dorea lo riportò bruscamente alla realtà, ma, prima che potesse rispondere alcunché, Marlene si fece avanti a occhi bassi e, con un tono compito che decisamente non le apparteneva, chiese: “No grazie, zia, ci piacerebbe tuttavia percorrere il sentiero per il lago, dicono che al tramonto si riflettano sulla superficie dei colori spettacolari!”
 
Doveva darle credito di essere un’attrice spettacolare, rifletté Sirius mentre si voltava a guardare spaesato James che, per tutta risposta, gli stava facendo un occhiolino mostrandogli senza ritegno i pollici in su. L’affetto di Dorea per la sua unica nipote era stato il loro lasciapassare per la fuga all’aperto, ma d’altronde, chi mai avrebbe potuto rifiutare qualunque cosa a quegli occhi blu?
 
I ragazzi si precipitarono su per le scale diretti in camera di James per preparare gli zaini. Era fuori discussione portare con loro le bacchette, visto il Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i minorenni, ma la mappa stellare sarebbe sicuramente stata di aiuto, insieme allo spioscopio di James e al walkman di Sirius.
 
“Non capisco perché ti ostini a utilizzare quello strano oggetto babbano” disse Marlene chiudendo il cancelletto di Villa Potter.
“Scherzi? Questo aggeggio è geniale! Ti permette di sentire le tue canzoni preferite intorno a te in qualsiasi momento” rispose Sirius con tono sognante.
“D’accordo, ma ammetterai anche tu che averlo utilizzato durante la lezione di Rüf sulle rivolte dei goblin del diciottesimo secolo non sia stata un’idea particolarmente brillante” sentenziò lei con una scrollata di spalle.
“I tuoi commenti superficiali non ti faranno ottenere i GUFO che desideri in Storia della Magia” ribattè Sirius piccato.
 
Il sentiero procedeva ripido e in salita lungo una collina bruciacchiata dal sole e i tre ragazzi, sebbene fossero partiti con un buon passo, si ritrovarono presto senza fiato.
 
“Fa troppo caldo” boccheggiò Marlene non appena giunse su una collinetta rialzata.
“Maledizione Lène non posso controllare il tempo!” si spazientì Sirius, non senza un mezzo sorriso stampato in volto.
“Se non fossi così lento a camminare saremmo arrivati al lago un’ora fa!” ribattè lei stizzita, bevendo lunghe sorsate di acqua dalla borraccia.
“Non ricordavo di essere tanto lento, almeno non lo ero quando sono riuscito a farti saltare tutti i bottoni della camicia al secondo anno, dopo che avevi architettato lo scherzo dei fuochi forsennati nel gabinetto dei maschi” obiettò lui. Marlene emise un gemito a metà tra il disperato e l’irritato.
 
“Ehi McKinnon…guarda! Ci siamo quasi, si intravede il lago da qui” esclamò Sirius dopo quella che era sembrata a tutti una faticosa maratona sotto il sole cocente.
“Quando la smetterai di chiamarmi McKinnon?”
“Quando diventerai una Black” rispose Sirius, prima di rendersi conto delle parole che gli erano uscite precipitosamente dalla bocca.
Marlene si inchiodò davanti a Sirius, senza girarsi. Parve esitare un secondo, ma poi scosse la testa e proseguì decisa verso la discesa che conduceva al lago.
 
James, spazientito da quei costanti battibecchi, li raggiunse di corsa e cercò di spostare la conversazione su un argomento a lui più caro. “Marley, hai avuto notizie di Lily quest’estate?”
Marlene alzò gli occhi al cielo: “Si, Jamie, e prima che tu possa chiedermelo posso confermarti che è ancora arrabbiata per quello che è successo l’anno scorso durante i GUFO.”
“Insomma, non è stata colpa mia! Quante volte ancora dovrò chiederle scusa? Quanti mesi dovrò aspettare perché si renda conto che ho solo cercato di difenderla dagli insulti di Mocciosus?”
 
James Potter che aspetta da mesi una ragazza, ci sarebbe stato da ridere se la situazione non fosse così seria. James Potter profondamente pentito, che si profonde in scuse sussurrate durante le lezioni di Pozioni nel buio seminterrato di Lumacorno, di fronte al ritratto della Signora Grassa, al termine della Finale di Quidditch. E ancora scuse, recitate a mezza voce nel dormitorio maschile del quinto anno, in una sorta di prova per un discorso mai pronunciato, o immaginate nella calura estiva della sua stanza con una piuma d’oca in mano, di fronte a una pergamena immacolata. Lettere mai scritte e mai inviate.
 
Marlene sospirò, addolcita dallo sguardo pentito di James. “Dalle tempo, Jamie, abbi un po’ di pazienza per aspettare che metabolizzi quello che è accaduto. Non posso prometterti che cambierà idea e ti perdonerà, ma di una cosa sono sicura: Lily ha un’intelligenza molto spiccata e dopo un po’ di tempo capirà che in fondo eri in buona fede”
“Forse avrei dovuto ascoltare prima i tuoi consigli, invece che quelli del cagnaccio pulcioso qui presente”
“Io non sono un cane pulcioso. Io sono la mente geniale del gruppo, Potter”
“E’ strano, Lily mi dice sempre che dovrei trattarvi come se aveste dieci anni, ma in realtà più sto con voi più mi convinco che ne abbiate cinque” concluse Marlene scoccando a entrambi uno sguardo esasperato.
 
Arrivarono sulla riva del lago esausti, ma rinfrancati dalla camminata all’aria aperta. Senza perdere tempo James si tolse rapidamente la maglietta e si gettò in acqua senza troppe cerimonie, ridendo sguaiatamente.
Da parte sua, Marlene si attardò solo per estrarre dallo zaino un telo da mare giallo, ma presto iniziò anche lei a sfilarsi i vestiti in maniera scomposta, rischiando di inciampare nei suoi stessi pantaloncini.
 
Sirius si fermò folgorato; non aveva più tanta fretta di buttarsi nel lago, ora, e si prese il tempo necessario per studiare attentamente il fisico della ragazza. Di una cosa era certo: non aveva mai visto gambe così lunghe. Non aveva mai avuto quelle curve. O forse le aveva avute e non aveva mai pensato di metterle in mostra. E cosa dire dei suoi capelli biondi? Sembrava che riuscissero a catturare tutte le particelle di luce emanate dal sole.
Scosse la testa confuso. Il caldo gli stava proprio dando alla testa.
 
“Mi fa male la testa” disse Sirius ad alta voce, sedendosi sulla riva del lago.  
“Deve essere il tuo cervello che cerca di capire la tua stupidità” replicò Marlene con un sorriso leggero.
Lui le rispose con uno sguardo vacuo, come se non riuscisse bene a mettere a fuoco la scena che si presentava di fronte ai suoi occhi.
 
Un momento dopo si accorsero di James che usciva dal lago, diverse goccioline brillanti sul suo petto illuminato dal sole e le braccia agitate in aria in un chiaro invito a raggiungerlo in acqua.
 
Alzandosi, Sirius si liberò in fretta dei vestiti, pronto a tuffarsi. Diede uno sguardo fugace alla figura di Marlene che trotterellava allegra dentro il lago, gridando, mentre James si dava da fare per schizzarla con quelle che parevano bombe d’acqua. Delle forme come quelle non le avrebbe dimenticate tanto presto, e Sirius Black aveva quella che amava definire una memoria fotografica per i lati B.
Scosse la testa, ancora stupito dalla direzione che avevano preso i suoi pensieri: sicuramente un bagno ghiacciato gli avrebbe permesso di riacquistare alcune delle sue facoltà mentali.
 
Marlene si tuffò con la testa sott’acqua, cercando di rimettere in ordine i suoi pensieri. Come era potuto succedere che le mancassero la compagnia e le battutine irriverenti di Sirius Black? Per le mutande di Merlino, tra tutti non proprio Sirius Black! Era un personaggio incredibilmente frustrante, con il suo chiassoso modo di fare e quell’aria sicura con cui andava in giro, come se non avesse paura di niente e ci tenesse a farlo sapere al mondo. Per non parlare del sorriso affascinante che indossava ogni qual volta incrociava nei corridoi lo sguardo timido di qualche studentessa del quarto anno, davvero insopportabile! Doveva essere una caratteristica di famiglia.
 
“Ehi Marley, a cosa stai pensando? Sembra che tu abbia appena visto un vermicolo!” la interrogò James nuotando spensierato accanto a lei.
Alle galline senza cervello che sono solite rincorrere Sirius nei corridoi” non andava certamente bene come risposta. Proprio no. E allora per quale motivo lo aveva appena pronunciato ad alta voce?
 
Le risate di James furono coperte da numerosi colpi di tosse provenienti da Sirius, il quale aveva ingerito una spropositata dose di acqua che tentava ora di sputacchiare per non rimanere soffocato.
 
Marlene McKinnon era sempre stata sicura che nella vita la miglior difesa fosse l’attacco, ma per la prima volta nella sua entusiasmante esistenza si ritrovò a comportarsi da codarda affrettandosi a nascondere la testa sott’acqua, in un patetico tentativo di cancellare quegli ultimi secondi.
 
Quando riemerse, James si era allontanato parecchio verso la riva del lago, ma Black era ancora lì, un ghigno privo di ritegno a disegnargli il volto. Marlene gli scoccò uno sguardo pieno di disappunto, ma lui si era ormai deciso ad avvicinarsi a lei pericolosamente.
 
“Lène…cosa succederebbe se ti baciassi?” Sirius Black era il figlio del demonio, tentatore e dannoso, letale, se fatto avvicinare troppo.
“Non inserirmi nelle tue fantasie, Sirius. Non mi piace nemmeno far parte della tua vita reale.” Il sussurro di lei era debole, e per nulla convincente.
Per tutta risposta, il ragazzo ridacchiò senza rinunciare ad avvicinarsi di un paio di centimetri. Marlene poteva ora contare le goccioline che dispettosamente scendevano sul suo collo.
“Black?” lo richiamò, quando le labbra erano ormai quasi sulle sue.
 
Ne ha di coraggio, la ragazza, per interrompermi in un momento simile, pensò Sirius, beandosi del contatto tra le sue dita e lo zigomo appuntito di Marlene.
“Si, McKinnon?”
“Non ci conosciamo da troppi anni per permettere che le cose sfuggano al nostro controllo?”
“Per quanto mi riguarda, è un periodo di tempo assolutamente insufficiente” rispose lui, deciso a porre fine a quella conversazione durata anche troppo per i suoi gusti.
 
Con due dita le aveva sollevato il mento e aveva appoggiato le labbra sulle sue. Il movimento era lento e controllato, come se stesse cercando di studiare la sua reazione. Marlene non si fidava a lasciarsi andare, lo aveva capito subito. Ma a Sirius non importava. Sembrava non gli importasse più di niente dal momento in cui aveva posato la sua bocca su quella di Marlene, incapace di interrompere il contatto, incapace di staccarsi da quella che gli sembrava l’unica fonte di aria pura, incapace di non abbandonarsi a quella incredibile sensazione di completezza che gli stava riempiendo una zona indefinita tra il petto e il bacino.
 
Il cuore di Marlene stava mancando diversi battiti. Non aveva mai pensato che baciare Sirius si sarebbe rivelato così semplice. Nella vita reale, i loro battibecchi erano sempre stati appuntiti e veloci. Ora le sembrava che le loro bocche fossero state create per incastrarsi perfettamente ed era così facile galleggiare insieme a lui in quel lago sospeso dalle responsabilità. Per Merlino, tra tutti non proprio Sirius Black. Non poteva permettersi di abbandonarsi a una qualcosa che le facesse perdere il controllo in quel modo, che la rendesse completamente dimentica del significato di concetti basilari come il tempo e lo spazio. Sentì le mani di Sirius indugiare sui suoi capelli, in una carezza che le avvolgeva il viso. É maledettamente bravo, pensò Marlene spostando la sua attenzione sul labbro superiore di lui. Ed era maledettamente ingiusto che quella magnifica sensazione fosse del tutto inopportuna e destinata a rimanere chiusa per sempre in un cassetto della memoria. Doveva interrompere il contatto, prima che il suo corpo si sciogliesse per autocombustione.
 
“Sirius…non puoi. Non possiamo. Quest’estate i miei hanno firmato le carte. Hanno combinato il mio fidanzamento, capisci?”
“Che cosa?” Sirius pareva avesse appena ricevuto un bolide in testa. “Con chi?” chiese incredulo.
“Con tuo fratello” sussurrò lei, le guance pallide che si tingevano di un rossore insolito.
“Con James? Ma…ma se siete cugin…”
“No, non con James” lo interruppe Marlene con un sorriso triste. “Con tuo fratello. Con Regulus.”
 
NOTE
 
Boom! Che dite, vi è piaciuto, questo finale un po’ a effetto? Non potevo rendere le cose semplici, tra loro non c’è mai nulla di semplice. Credo dovremo soffrire insieme ancora un po’ per vederli pronti ad abbandonarsi ai sentimenti. Tuttavia mi piacerebbe molto conoscere il vostro parere. Per favore. *.*
 
Questo capitolo è stato un parto. Non volevo finisse così, non volevo nemmeno dare tutto questo spazio al punto di vista di Sirius, ma considero già un miracolo averlo portato a compimento.
 
Alcune NOTE alle NOTE
 
1. Allora l’anticiclone del 76 è vero. E’ stata davvero una delle estati più calde del secolo.
 
2. Tyche (la civetta di James) prende il nome dalla dea della fortuna.
 
3. La famiglia McKinnon è scozzese, purosangue e sterminata (Max è il fratello più grande di Marlene e forse nei prossimi capitoli incontrerete forse i gemelli Mark e Matt). Non chiedetemi dell’incontro con i genitori, per dirla come gli inglesi “I don’t know how that happened”.
 
4. Inoltre, la signora Dorea Black in Potter e Cassiopea Black in McKinnon sono sorelle, almeno nell’albero genealogico della famiglia Black pubblicato dalla Rowling. O meglio, viene menzionata Cassiopea, sorella di una Dorea Black sposata con Charlus Potter che tutti noi ritenevamo essere la madre di James, fino alle incresciose dichiarazioni della Rowling su Fleamont ed Euphemia Potter.
 
5. Infine, se le descrizioni del lago vi sono sembrate un po’ pallide, volevo dirvi che è stato più difficile del previsto immaginare un lago visto che siamo chiusi in casa.
 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni. Farai felice milioni di scrittori. (Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) © elyxyz
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Di spille che pungono e di nuove conoscenze ***


A Francy_remus,
perché condivide con me l’ostilità
 per gli autori che lasciano le storie incomplete
 
A nique_j,
perché Sirius come lo descrive lei
nessuno al mondo è capace di farlo
 
A Alligator7
perché una recensione il 2 maggio
mi ha aiutata a entusiasmarmi per scrivere questo capitolo
 
 
Di spille che pungono e di nuove conoscenze
 
22 dicembre 1976, Castello di Hogwarts
 
Era quasi mezzanotte e la sala dei trofei luccicava sotto il bagliore della luna, riflettendo lo splendore delle coppe disposte ordinatamente dentro alle teche di vetro. Sirius Black, armato di una notevole dose di olio di gomito, stava pazientemente lucidando una sezione particolarmente ampia dedicata ai premi per i campionati di Gobbiglie.
Gazza con gli anni stava diventando sempre più accanito nei confronti di chi allagava il corridoio del bagno delle ragazze di proposito, pensò Sirius, alzandosi per intingere ancora una volta il panno nel Solvente di Nonna Acetonella per Ogni Tipo di Sporcizia. Lo strizzò alla bell’e meglio incurante delle gocce che cadevano sul pavimento, cercando di tornare velocemente al trofeo di Gobbiglie del 1958 che mostrava ancora impietosamente una macchia marrone, sicuramente residuo di qualche scherzo del passato.
 
Passando di fianco alla sezione dedicata ai trofei di Quidditch, lo sguardo gli ricadde improvvisamente su una spilla più brillante delle altre. Doveva essere recente.
Si chinò per guardarla meglio e sentì una pungente fitta allo stomaco.
 
Regulus Arcturus Black
Cercatore
1975
 
Eccolo lì, lucidato a dovere, il segno che suo fratello era quello giusto, quello puro, sempre pronto a recare onori al buon nome della famiglia. Il ricordo di ciò che era avvenuto qualche settimana prima tornò a bruciargli nel petto.
 
Flashback
 
4 dicembre 1976, Corridoio del terzo piano
 
Regulus Black era appoggiato al muro di pietra del corridoio del terzo piano, il volto seminascosto e una mano affondata nei capelli della ragazza che stava stringendo a sé piuttosto rigidamente. Sirius gli era passato davanti con indifferenza, ma quando aveva messo a fuoco Marlene McKinnon non ci aveva visto più: lo aveva afferrato per la camicia, strattonandolo dalla parte opposta del muro, e gli avrebbe sferrato un pugno in pieno stomaco, se James e Peter non lo avessero allontanato con forza.
 
“Quindi state insieme ufficialmente, adesso?” le aveva chiesto qualche ora dopo, quando l’aveva incrociata di fronte al buco del ritratto che conduceva alla Sala Comune di Grifondoro.
“Si” aveva sussurrato Marlene.
“Le mie condoglianze a entrambi” aveva concluso Sirius in tono asciutto.
“Sirius, io…”
“Non capisco, Marlene” disse, tornando a chiamarla per nome con una punta di astio nella voce. “Davvero non capisco. Voglio dire, perché hai scelto lui al mio posto? Io possiedo tutte le tre qualità che le ragazze ricercano nei ragazzi: sono affascinante e intelligente”
“Queste sono solo due qualità, idiota” ribattè Marlene, spiazzata da quel ragionamento.
“No sono tre. Affascinante vale per due” concluse lui con una punta di sarcasmo nella voce.
“Queste psicoboiate funzionano davvero con le altre?” rispose Marlene, lasciandosi andare a una risata cristallina e liberatoria.
 
Questa ragazza è tutta un contrasto, pensò Sirius osservandola. Un attimo prima mi fa la predica e poi si abbandona a una risata a pieni polmoni. Deve essere completamente pazza.
 
Insomma, aveva sentito parecchie ragazze ridere prima di allora. Le sue cugine, ad esempio. Bella rideva di una risata folle che metteva i brividi; Andromeda rideva dolcemente, come se fosse intenta a dare una carezza; Cissy rideva con un’eleganza e una semplicità uniche, anche se lo faceva troppo raramente.
Anche Lily di solito sorrideva lieve irradiando felicità, Alice invece rideva in continuazione; la risata di Mary Macdonald era quanto ci fosse al mondo di più scomposto e sguaiato, mentre Emmeline Vance riusciva ad apparire nobile anche nei rari momenti in cui si abbandonava a una risata disinvolta. 
 
Eppure, la risata di Marlene era diversa da tutte le altre e in quel momento Sirius capì che aveva appena ascoltato il suono che lo avrebbe perseguitato per tutta la vita.
 
Fine flashback
 
Marlene controllò per l’ennesima volta l’orologio d’oro appartenuto a sua zia Dorea. Segnava quasi mezzanotte e ciò significava che si trovava fuori dalla Sala Comune di Grifondoro da quasi un’ora ormai. Il tempo scorreva mortalmente lento, mentre cercava in tutti i modi di ricordare la parola d’ordine per entrare dal buco del ritratto. Accidenti, pensò la ragazza scrutando con lo sguardo il corridoio buio per l’ennesima volta, in cerca di qualcuno che fosse un suo compagno di Casa. Proprio oggi doveva rimanere bloccata in biblioteca fino a tardi per terminare la ricerca di Erbologia? Non avrebbe potuto semplicemente supplicare Lily ed Emmeline fino a perdere quel briciolo di dignità che le restava affinché rimanessero con lei? Ma no, invece, chiaramente le due secchione avevano insistito ad abbandonarla in modo che capisse quanto fosse essenziale organizzarsi per finirla per tempo, invece che allenarsi a Quidditch con Mary sotto la pioggia fino a tarda notte tre sere a settimana. Patetico. Qualche volte la loro integrità morale le dava proprio sui nervi.
 
Si trovò a reprimere un brivido di gelo e si allontanò ancora di più dalla finestra da cui fuoriuscivano spifferi ghiacciati. Aprì la borsa con impazienza, cercando a tentoni qualcosa che potesse scaldarla. Si sorprese a recuperare da una tasca interna un paio di soffici guanti. Oh no. Sapeva benissimo chi fosse il loro proprietario e per nessuna ragione al mondo avrebbe permesso al suo cervello di deviare in zona Regulus Black.
 
Troppo tardi.
 
Lo aveva aspettato per mezz’ora, qualche settimana prima, desiderando intensamente che avesse deciso di darle buca senza alcun riguardo. Quanto fosse deliziata alla prospettiva di un appuntamento con lui era difficile a dirsi, dal momento che non aveva smesso di incrociare le dita sperando fino all’ultimo che non si presentasse e mettesse la parola fine a quel penoso tentativo di costruire un qualsiasi rapporto. Non poteva evitare di maledirsi ogni minuto che passava per aver anche solo pensato che organizzare quegli incontri fosse stata una buona idea. Eppure, da quando aveva ricevuto la lettera dei suoi genitori contenente le disposizioni per il suo fidanzamento, si era decisa a fare uno sforzo per tentare di venire incontro alla loro volontà e si era ripromessa di cercare di conoscere Regulus un po’ meglio.
Contro ogni pronostico, lui si era presentato, alla fine, porgendo delle scuse a mezza voce e invitandola a uscire dal castello con un sorriso imbarazzato.
 
Regulus Black è una serpe in piena regola, si era ritrovata a pensare durante la loro passeggiata verso Hogsmeade. Era un ragazzo timido e schivo, certamente affascinante, ma piuttosto modesto. La loro conversazione era stata abbastanza vivace e la sua compagnia si era rivelata inaspettatamente piacevole. Forse avrebbero potuto davvero diventare amici, anche se la riservatezza di lui e la vitalità di lei rendevano i loro caratteri diametralmente opposti. Si era persino offerto con galanteria di imprestarle i suoi guanti per il tragitto, notando che le mani della ragazza erano diventate pallide per il freddo pungente.
 
Una cosa era certa, però. Non assomigliava per niente a quell’idiota del fratello. Laddove Sirius ostentava carisma, spina dorsale ed esuberanza, Regulus mostrava in tutto e per tutto la serpe che era, strisciando dietro alla sua famiglia, dietro agli studenti più brillanti, dietro ai professori, alla continua ricerca di piccoli riconoscimenti e cenni di approvazione.
 
E poi, di colpo, in uno slancio di coraggio che certamente non gli apparteneva, l’aveva baciata. Era stato un bacio alquanto modesto, un leggero sfiorarsi di labbra insieme a una carezza un po’ impacciata tra i capelli. Dopo qualche secondo, Marlene aveva sentito che Regulus si era irrigidito, soffermandosi sulla sua bocca come per chiedere il permesso di approfondire il contatto, ma lei era rimasta come pietrificata. Tutto quello che riusciva a sentire era ghiaccio, un ghiaccio limpido e puro, ma comunque freddo e distante. Lei, invece, aveva un bisogno impellente di fuoco. Aveva appena preso la decisione di staccarsi, quando Regulus era stato scaraventato lontano da lei da una furia che indossava una cravatta rossa e oro.
 
Quell’idiota, si ritrovò a pensare mentre assisteva impotente alla scena che si presentata davanti ai suoi occhi. Con quale pretesto si era attribuito il diritto di interromperli? Aveva cercato di ricomporsi in fretta, evitando con cura le occhiate degli altri studenti che si affollavano nel corridoio. Mi domando come sia vivere una vita lontana dai pettegolezzi, si era chiesta esasperata. Prima che potesse reagire, Regulus l’aveva presa per mano e trascinata lontano dalla folla, esibendo una compostezza invidiabile anche in momenti come quello.
 
Gli occhi che la fissavano erano verdi e limpidi, quando lei avrebbe voluto che fossero grigi e beffardi.
 
Non aveva più parlato con Sirius da quel breve scambio di battute avvenuto qualche ora dopo l’accaduto, tranne quando l’aveva incrociata brevemente quel pomeriggio fuori da Storia della Magia dicendole che la parola d’ordine era cambiata.
 
Un rumore di passi la riscosse dai suoi pensieri. Cercò di recuperare un po’ di autocontrollo e trattenne a stento un sospiro di sollievo. “Remus! Per Morgana, sei qui! Sarei morta congelata a breve se non fossi arrivato!”
“Ciao Marley, come mai sei rimasta fuori? Aspettavi…ehm, qualcuno?” le chiese Remus con lo sguardo di chi è perfettamente al corrente della situazione, ma è troppo beneducato per fare domande esplicite.
 
Remus Lupin era un osservatore fin troppo acuto, pensò Marlene. Silenzioso e intelligente sicuramente più della media, non capiva come potesse essere tanto amico con persone del calibro di James, Sirius e Peter.
A meno di non essere molto abile nel nascondere sotto un’apparenza calma e posata un’autentica e geniale furbizia malandrina.
 
“No…ecco, pare che la parola d’ordine sia cambiata oggi pomeriggio mentre io e Mary ci allenavamo a Quiddicth” rispose Marlene con un lieve imbarazzo nella voce.
 
“Te l’ha detto Sirius” affermò lui come se fosse un dato di fatto. “Lascia che ti sveli la prima regola per avere una vita tranquilla e serena. Mai dare per scontato che individui come Sirius Black ti stiano dicendo la verità. E nel tuo caso, perdonami, ma la menzogna era evidente” scherzò.
 
Marlene cercò di reprimere un verso di disappunto e riuscì a stento a limitare gli insulti diretti al ragazzo che aveva architettato quello scherzo: “Quell’idiota di Black, io…io la prossima volta…”
“Sai non è conveniente parlare del proprio fidanzato in questi termini” ridacchiò Remus alle sue spalle.
 
Remus Lupin è un farabutto travestito da prefetto, pensò Marlene e gli lanciò uno sguardo di pura ostilità.
“Sai benissimo che non intendevo Regulus” gli disse con tono piatto, affrettandosi a seguirlo dentro al buco del ritratto non appena lui ebbe pronunciato Acromantula.
 
Una volta entrati in Sala Comune, Remus si avviò su per le scale che conducevano al dormitorio maschile, mentre Marlene si diresse verso la sua poltrona preferita, quella accanto al fuoco. Non aveva voglia di andare a dormire, non sarebbe riuscita in nessun modo a prender sonno con tutti quei pensieri che le vorticavano in testa.
 
Un improvviso fracasso proveniente dal buco del ritratto la costrinse a voltarsi, interrompendo per un attimo il flusso dei suoi pensieri. Sirius Black riusciva sempre a interromperla. La cravatta slacciata di Grifondoro gli dava un’aria totalmente trasandata. Aveva la camicia sgualcita che usciva dalla cintura dei pantaloni, la scarpa destra slacciata e i capelli lunghi portati scomposti dietro alle orecchie. Se ci avesse provato chiunque altro, ad allentare il nodo della cravatta in quel modo e a girare per i corridoi di Hogwarts con quell’aria dimessa, sarebbe sembrato semplicemente ridicolo. Ma lui era Sirius Black e, al contrario, sembrava nato per indossare la divisa in quel modo disordinato e anticonformista. Un motivo in più per detestarlo. Marlene provò forte il desiderio di prendere a pugni ogni centimetro del suo corpo.
 
“Chi ha sganciato le stelle dal cielo senza il mio permesso per appenderle sul lampadario?” disse lui a mo’ di saluto.
“Sono le stelle filanti che abbiamo lanciato in aria per il compleanno di Peter, Sirius” gli rispose Marlene, alzando gli occhi al cielo.
“Sono contento che tu mi rivolga di nuovo la parola” ribatté lui a bruciapelo, cogliendola del tutto impreparata.
“Dopo quel ridicolo siparietto in corridoio era il minimo che potessi fare. E comunque, per la cronaca, stamattina ho pure ascoltato il tuo stupido avvertimento sulla parola d’ordine e sono rimasta per un’ora a ghiacciare di fronte alla Signora Grassa” replicò la ragazza senza celare una punta di fastidio nella voce, incrociando le mani al petto.
“Ah sì, il vecchio scherzo della parola d’ordine. Sul serio, Lène, pensavo mi conoscessi meglio ormai”
 
Era irritante la disinvoltura con cui riusciva ad affrontare l’argomento. Voleva parlarne? Benissimo, poteva accomodarsi. Tuttavia era sicura che qualunque cosa avesse da dirle non avrebbe potuto farle cambiare idea. Dopotutto, aveva abbandonato già da un po’ l’illusione che lui avrebbe compreso la situazione e l’avrebbe accettata. Ma se almeno avesse smesso di trattarla come un oggetto di sua proprietà, forse avrebbero potuto tornare almeno a essere amici. Lei non apparteneva a nessuno, figuriamoci a Sirius Black.
 
“Mi piace pensare che nello spazio non ci sia nulla di giusto o di sbagliato…sai, non ci sono problemi, o incomprensioni, non ci sono sentimenti, nello spazio.”
Sirius aveva parlato senza nemmeno accorgersene. Stava ancora fissando il lampadario con uno sguardo assente attratto dalle stelline luminose che scintillavano baldanzose sopra le loro teste.
 
“Ho una proposta per te. Ricominciamo da capo.” le disse poi con una voce grave che non le lasciava scampo.
“Ciao, sono Sirius Orion Black” aggiunse, porgendole la mano per presentarsi.
Marlene rimase di stucco. Che cosa diavolo si poteva rispondere a un’espressione del genere?
“Salve, sono Marlene Danae McKinnon” reagì lei, accennando un sorriso un po’ impacciato.
 
Il ghigno di Sirius riusciva sempre a esasperarla, ma come sempre era riuscito a tirarla su di morale, anche se in un modo del tutto peculiare. Decise di essere sincera con lui.
 
“Non posso deludere i miei genitori, Sirius. Sono la mia famiglia e sono sicura che le loro intenzioni siano irreprensibili. Regulus…è coinvolto in questa storia suo malgrado tanto quanto me. Se solo ci fosse un modo per districarsi da questa situazione senza far male a nessuno di loro…”
 
Sirius si era istintivamente avvicinato a lei e l’aveva avvolta in un abbraccio protettivo e confortevole.
“Ti aiuterò, Lène” mormorò, tuffando il naso nei capelli di Marlene. “Certo, non potrai avercela con me se nel frattempo cercherò di tirare acqua al mio mulino”
“Che cosa significa?” gli chiese lei guardandolo stupita. Non era mai stata particolarmente brava a destreggiarsi tra i proverbi babbani.
“Esattamente quello che ho detto” le rispose Sirius, mortalmente serio. “In guerra e in amore tutto è lecito. Ora scusami, devo andare a svegliare Remus, fa sempre le facce migliori quando viene sorpreso nel sonno. Buon Natale, Lène” sospirò.
“Buon Natale, Black” rispose la ragazza con un sussurro.
 
Sirius si soffermò a scrutarle il viso e Marlene parve cogliere un lampo di indecisione nei suoi occhi grigi. Avrebbe potuto stare a fissarlo per tutta la notte. Ogni fibra del suo corpo era attratta dal desiderio che lui la prendesse nuovamente tra le braccia e la baciasse fino a toglierle il respiro, facendole nuovamente sentire quel fuoco che bramava da troppo tempo contro la sua volontà. Che stupida, la sua volontà.
Sirius si chinò lentamente verso di lei e gli occhi di Marlene si spalancarono per l’attesa. Parve esitare fino all’ultimo, ma si decise infine per darle un innocente bacio sulla sua guancia, un po’ più prolungato di quello che sarebbe stato un semplice saluto tra amici.
 
Marlene lo guardò allontanarsi, la mano ancora premuta nel punto in cui lui l’aveva baciata come a voler imprimere più a lungo quella sensazione di calore. Era ancora stupefatta dal tono lieve con cui aveva pronunciato l’ultima frase.
 
Sirius Black che parla d’amore?
 
 
 
NOTE perché non posso farne a meno

Avevo finito questo capitolo ieri (non è vero, chi voglio prendere in giro, ma per esigenze narrative fingiamo tutti sia così), ma poi mi sono ricordata che era il 2 maggio, anniversario della Battaglia di Hogwarts, e non volevo togliere spazio alle ff che sarebbero state pubblicate per rendere onore ai caduti.
In questo capitolo desideravo introdurre meglio le dinamiche tra Marlene e Regulus, riportando però naturalmente l’attenzione sul rapporto che la lega a Sirius. Non so quanto sia stata in grado di riuscirci, ma ecco a voi il mio migliore tentativo! Inutile dire come ogni parere sia assolutamente gradito.
 
A chiunque recensisca regalerò un biscottino!
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Che cos'è la vita senza un po' di rischio? ***


Note iniziali
 
In questo capitolo si fa riferimento a un momento della mia ff Some kind of loving, approfondito nel capitolo 6 e intitolato “Ultime lacrime”. Potete leggerlo qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3443114, oppure potete rimanerci secchi con lo spoiler iniziale.
A voi la scelta.
 
P.S. É legale autocitarsi? Io credo di no.
 
Questo capitolo è dedicato a Morgana85,
perché vorrei che fosse degno delle sue parole gentili
                                                                                                                                             
Che cos’è la vita senza un po’ di rischio?
 
6 maggio 1977, Ufficio del Preside
 
Il Patronus entrò sfrecciando nell'Ufficio di Silente così velocemente che l'anziano Preside si trovò a sobbalzare sulla propria sedia. Non ebbe tempo di stupirsi a lungo, poiché la capra argentea parlò con il tono burbero di Aberforth: "È successo quello che temevamo. Non abbiamo potuto fare niente per impedirlo…i McKinnon sono stati assassinati."
 
6 giugno 1977, Dormitorio femminile di Grifondoro
 
Marlene si alzò a sedere di scatto sul suo letto a baldacchino. Gettando uno sguardo sconfortato alle sue lenzuola ammucchiate in un groviglio disordinato, si voltò verso il comodino per versarsi un po’ d’acqua dalla brocca. Nel silenzio della notte, sospirò. Eccolo lì, il vuoto. Dietro l’angolo, pronto a sorprenderla nei momenti più inaspettati e capace di sopraffarla facendole provare una disperazione tale da mozzarle il fiato. Non era umano, provare tutto quel dolore. Le mancavano come l’aria, ma il tempo del negazionismo e della commiserazione era passato.
 
Strinse i denti con rabbia. Non avrebbe permesso che quei bastardi rimanessero impuniti a lungo. Sarebbe andata a cercarli e avrebbe vendicato i suoi genitori. Non le importava che i suoi fratelli la ritenessero troppo piccola, troppo impulsiva, troppo poco allenata a combattere. Era tempo di riflettere seriamente sulla proposta ricevuta qualche giorno prima, che ora le sembrava il primo passo concreto per affrontare il futuro. Era meraviglioso avere qualcosa da fare, un progetto a cui applicarsi con tutta sé stessa.
L’alba fece capolino dalla finestra accanto al letto di Alice illuminando le colline che delimitavano i confini di Hogwarts. Marlene ricadde pesantemente sul cuscino, pensando che con questo obiettivo in mente avrebbe potuto concedersi ancora un paio d’ore di sonno indisturbato.
 
Il mattino seguente, Marlene scese a colazione rinnovata energia. Lily, Emmeline e Alice, che nel mese passato non avevano smesso un attimo di lanciarle occhiate furtive dense di preoccupazione, parevano piacevolmente stupite dal suo comportamento e si scambiavano cenni di approvazione tra di loro.
Con la solita dose di entusiasmo, irraggiungibile per chiunque a quell’ora del mattino, Mary Macdonald si accomodò senza troppe cerimonie al tavolo dei Grifondoro tra Marlene e Alice. Tolse di mano il cucchiaino a Alice, che stava per addentare una morigerata fetta di torta alla melassa, e lo tuffò nella zuppiera ricolma di crema pasticcera.
 
Ignorando le proteste dell’amica, si rivolse a Marlene masticando a bocca aperta: “Lène, sono scivolata per l’ennesima volta su una delle tue cinquanta sciarpe stamattina!”
Lily gemette e Emmeline le lanciò uno sguardo di gelido disappunto da sopra il suo succo di zucca mattutino.
“Che c’è?” chiese Mary con aria sbigottita. “Lo sappiamo tutte che continua a comprare sciarpe dai colori improponibili e poi indossa sempre solo quella di Grifondoro, lasciando tutte le altre sparse per la stanza. Non ci siamo mica conosciute ieri” proseguì con tono ovvio, continuando a versarsi un’enorme dose di marmellata sul pane tostato. Alice fissò Mary con più insistenza, come per farle intendere che, visto il terribile periodo che stava attraversando l’amica, forse non era il caso di rivolgerle inutili rimproveri.
Marlene appoggiò la forchetta sul piatto con studiata lentezza. Guardò le amiche attorno a lei, che sfoggiavano identiche espressioni ansiose dipinte in viso, e rivolse la sua attenzione a Mary, il cui sguardo era tutto concentrato sul toast nel suo piattino, in un vago tentativo di mostrare imbarazzo per le parole pronunciate con troppa leggerezza.
“Sai, Mac, pensavo proprio di andare da James e raccontargli per bene tutto quello che stai ingurgitando a colazione. Sbaglio, o ti aveva vietato di riempirti di panini al burro prima degli allenamenti?” disse Marlene accennando un sorrisetto sbarazzino.
 
Le ragazze scoppiarono in una fragorosa risata e Mary, dimentica di ogni riguardo, iniziò a protestare ad alta voce. “Non oseresti!” le disse, minacciandola con i rebbi della forchetta, ma sorrideva anche lei. Sorridevano tutte, brindando alla ritrovata serenità di Marlene.
 
“Detesto il martedì. É solo il secondo giorno della settimana, e ci becchiamo pozioni doppie con i Serpeverde. Cosa potrebbe esserci di peggio?” si lamentò Mary prendendo sottobraccio Marlene, mentre uscivano dalla Sala Grande.
“Incontrare uno di loro” rispose piano Marlene, scorgendo Regulus che scendeva silenziosamente lo scalone centrale.
 
Le cose tra loro non erano troppo ben definite. Anzi, non lo erano affatto. Negli ultimi sei mesi Regulus aveva continuato a trattarla con cortesia e aveva persino cercato più di un’occasione per scambiare qualche convenevole con lei, ma nulla le aveva impedito di percepirlo come estremamente distante. Le prime volte che erano usciti insieme, Marlene aveva notato come il ragazzo avesse cercato di vincere la timidezza e di farla sentire a suo agio, lasciandosi andare addirittura a qualche battuta scherzosa, troppo debole per farla davvero ridere, certo, ma probabilmente solo per mancanza di esercizio. Con l’arrivo della primavera, però, i loro appuntamenti erano diventati più radi e ogni volta che si parlavano Regulus diventava sempre più sfuggente, sempre più restio ad aprirsi e chiuso in qualche angolo della sua mente a cui lei non aveva accesso. Si era mostrato moderatamente turbato alla notizia dell’assassinio dei genitori di lei e non aveva fatto nulla per consolarla nelle settimane successive. Aveva ricevuto molto più conforto da Sirius, il che era tutto dire, visto che possedeva la sensibilità di un cactus particolarmente spinoso. Alt. I suoi pensieri stavano prendendo una direzione altamente indesiderata.
 
Era così assorta nelle sue riflessioni che si ritrovò davanti a Regulus prima ancora di poter pensare a come comportarsi. Fu lui a toglierla dall’imbarazzo, facendole segno di avvicinarsi con un cenno discreto. Era sempre così composto, equilibrato e riservato che ogni tanto Marlene avrebbe voluto scuoterlo per suscitare in lui una qualsiasi reazione.
“Come stai, Marlene? Sono stato parecchio occupato con Piton e Mulciber, ultimamente, ci sono delle ricerche…particolari…a cui ci stiamo dedicando.” La sua voce era poco più di un sussurro, ma trasudava una nota di orgoglio.
“Non capisco come tu possa andare dietro a personaggi simili, Reg, sai benissimo di essere più intelligente e meno viscido di loro” replicò Marlene incrociando le braccia al petto.
“Severus è estremamente intelligente e oltretutto proprio i suoi contributi si stanno rivelando di fondamentale importanza per il nostro progetto” le rispose lui, stizzito.
 
Ci fu una breve pausa di silenzio ostile, ma poi Marlene lo interruppe: “Regulus…posso chiederti di rispondermi sinceramente a una domanda?”
Lui annuì.
“Perché hai deciso di accettare il nostro fidanzamento? Voglio dire, i tuoi amici di certo non nascondono il loro disprezzo per le persone come me” domandò lei a bruciapelo, certa di coglierlo impreparato.
Per l’appunto.
Regulus strabuzzò gli occhi, visibilmente confuso. “Beh, immagino che anche a te abbiano inviato la lettera per…”
“Sai benissimo che non è questo che intendo” lo bloccò prima che potesse aggiungere altre ovvietà.
“Mia madre era convinta che l’unione di due antiche famiglie…”
“I motivi da parte della tua famiglia li conosco già. Volevo sapere perché tu avessi accettato. Voglio dire, sei un bel ragazzo, sei quasi al sesto anno, hai ancora molto tempo per scegliere il tuo destino.”
 
Marlene si accorse solo in seguito di averlo definito bello. Regulus aveva un portamento nobile e altero, certo non possedeva i lineamenti e la grazia di Sirius, né la sua eleganza innata, ma certamente era da considerarsi un ragazzo estremamente attraente.
 
“Stai pensando a Sirius, vero?” Regulus la guardò scettico.
“Cosa? Come hai…?”
“Hai una strana espressione, a volte, quando mi guardi. È come se cercassi di mettere a fuoco due volti contemporaneamente. Ma lascia che ti sveli un segreto, Marley. Io ho raccolto i cocci di ciò che lui ha lasciato dietro di sé, delle sue scelte sconsiderate e ribelli. Ho dovuto prendere il suo posto come primogenito e cercare di mettere a tacere l’onta e il disonore che aveva gettato sulla nostra famiglia. E non mi interessano tutte le vostre chiacchiere da Grifondoro, Marlene. La verità è che, quando ti ci ritrovi invischiato, combattere non serve.”
Lo sguardo di Regulus era cupo, ma determinato.
 
Marlene sentì un’improvvisa ondata di indignazione risalirle per tutto il corpo. “Le nostre…chiacchiere da Grifondoro? Là fuori le persone muoiono, Reg! Ci sono stati nove attentati alla vita di famiglie babbane nelle ultime settimane, ti sembra…nobile, tutto questo? Ti sembra onorevole, uccidere la gente? Stiamo per entrare in una fottuta guerra ed è ora di capire da che parte stare!” Alzare la voce in quel modo le aveva fatto mancare il fiato e imporporare le guance. Marlene McKinnon arrabbiata era paragonabile a uno spettacolo di fuochi d’artificio e Regulus pensò che non era mai stata così desiderabile.
Ma non era sua. Non lo sarebbe mai stata, lo aveva capito fin da subito.
 
“Combattere serve, sempre.” La voce nitida e più calma di Marlene lo riportò alla realtà.
 
Regulus sospirò. “Morire per un ideale non è utile a nessuno. Non fanno alcuna differenza nel mondo, le tue convinzioni, una volta che sei morto. Le nostre vite sono tracciate davanti a noi, non dobbiamo fare altro che percorrerle. Non ci sono altre scelte disponibili.”
 
Marlene si avvicinò al ragazzo, guardandolo con un velo di tristezza. “Reg, non è mai troppo tardi per scegliere da che parte stare.”
Regulus si irrigidì, come se stesse trattenendo il respiro. La ragazza, in un tentativo di conforto, serrò le dita con delicatezza intorno al suo polso sinistro, disegnando piccoli cerchi con il polpastrello lieve. Regulus interruppe bruscamente il contatto, nascondendo il polso dietro la schiena.
Marlene gli rivolse uno sguardo interrogativo e poi spalancò gli occhi, allarmata.
 
“Sono in ritardo per la lezione di Aritmanzia” la liquidò con un cenno del capo e prima che lei potesse cercare di carpirgli una spiegazione si era già allontanato in fretta verso la Torre Ovest, confondendosi con la massa brulicante di studenti indaffarati in attesa dell’inizio delle lezioni.
 
Alle cinque del pomeriggio, dopo aver trascorso gran parte delle ore di lezione di quella giornata a riflettere sulla conversazione avuta con Regulus, Marlene si avvicinò a Mary per uscire insieme dalla lezione di Incantesimi. “Vengo con voi” le disse, con tono sicuro. L’amica le scoccò un’occhiata indagatrice, ma, dopo aver verificato l’assenza di indecisione nella sua espressione, le rivolse un sorriso sinceramente felice.
 
La riunione nell’ufficio del Preside era fissata per le 17.30 precise. Nessuna delle ragazze era sicura di cosa aspettarsi, ma l’intuito suggeriva loro che il fatto che Silente le avesse convocate tutte insieme volesse significare che qualcosa di importante stava per succedere.
“Magari vuole istituire una nuova rivista femminista per Hogwarts e ha pensato che fossimo noi le candidate ideali” incominciò Mary.
“Certo, Mac, e scommetto anche che vuole farsi dare qualche consiglio sul lavoro a maglia” le rispose scettica Emmeline.
Le proteste di Mary vennero messe a tacere nel momento in cui le ragazze svoltarono l’angolo per trovarsi di fronte al gargoyle di pietra che permetteva l’accesso all’ufficio del Preside. Con grande disappunto di Lily, James Potter completo di ciuffo svolazzante e scintillante spilla da caposcuola comparve alla loro vista, insieme all’intero gruppetto dei suoi fidi compari.
 
“Potter! Cosa ci fate voi qui?” chiese Lily con tono autoritario.
James scoppiò a ridere. “Siamo dei prodi cavalieri Grifondoro, Lils, è chiaro che siamo stati convocati per l’Ordine della Fenice”
“La fenice…che cosa?” domandò Lily confusa, dimenticandosi per un attimo di trattarlo con sospetto.
“Lo vedrai” le sussurrò James con fare criptico avvicinandosi pericolosamente a lei.
 
Lily osservò i suoi caldi occhi color nocciola e li trovò rassicuranti. Stare a poco più di un palmo da James ultimamente le faceva provare sensazioni contrastanti. Era così occupata a ritenerlo responsabile per la fine della sua amicizia con Sev che non si era accorta di quanto fosse cambiato. Non era più il ragazzino presuntuoso che tanto le dava sui nervi; la sua spavalderia si era trasformata in determinazione e coraggio nel difendere i più deboli, la sua arroganza si era affievolita e aveva fatto trasparire una grande generosità e il suo continuo vantarsi per i successi ottenuti a Quidditch era stato il motore capace di rinsaldare lo spirito e l’entusiasmo della squadra nei momenti più densi di tensione.
Lily inspirò bruscamente cercando di darsi un contegno, mentre lui le sorrideva gioviale.
 
“La parola d’ordine è Topoghiacci, e Merlino solo sa quanto mi piacciano” li interruppe Peter con tono sognante.
“Ma noi non…oh beh, molto bene. Non voglio arrivare in ritardo” concluse Lily ancora un po’ intontita per quella strana vicinanza con James, arrampicandosi poi su per la scala di pietra, seguita da Alice e Emmeline. Mentre Mary si avvicinava al suo Capitano per cercare di carpirgli qualche informazione in più (aveva abbandonato con rammarico l’idea del settimanale femminista), Marlene scoccò a Lily uno sguardo di pura soddisfazione. Stava appunto per gustarsi appieno quel momento di pace tra Lily e James, volando parecchio di fantasia, quando tutt’a un tratto venne affiancata da Sirius, stranamente silenzioso. Si sentì finalmente libera e con il cuore leggero, mentre lui la aiutava a salire i ripidi gradini della scala a chiocciola, sfiorandole il gomito con apparente fare distratto.
 
Di norma non avrebbe permesso a nessuno di aiutarla in quel modo, non era mica una bambina petulante, ma la delicatezza dei suoi gesti riusciva sempre a donarle un po’ di conforto. Fermandosi, mise un po’ di distanza tra sé e Remus, che saliva di fronte a lei, e si voltò verso Sirius con l’accenno di un sorriso soddisfatto a dipingerle le labbra. Lui si frenò di colpo, incerto se sorpassarla, ma all’improvviso il suo volto si distese in un ghigno estremamente impertinente.
Oh no. Pensò Marlene allarmata. Stava di nuovo facendo quella cosa con la mandibola.
 
La cosa con la mandibola era il suo peggiore incubo dalla fine del loro quarto anno, quando aveva capito che Sirius Black era certamente un idiota, ma crescendo era diventato un idiota attraente. L’infinita varietà di espressioni facciali che era in grado di produrre era stata oggetto di studio approfondito nelle molteplici ore di lezione a cui avevano partecipato insieme negli anni precedenti. Dal punto di vista di Marlene, la lezione migliore per studiarlo era Storia della Magia, quando il ragazzo si sedeva vicino alla grande finestra e il suo sguardo vacuo si illuminava di tanto in tanto con espressioni trionfanti, divertite, di rimorso o di concentrazione. Marlene la considerava al pari di un’attività ricreativa, cercare di indovinare quali pensieri gli passassero per la testa di volta in volta, ma questa abitudine malsana l’aveva portata a conoscere le sue reazioni meglio di quanto avrebbe voluto.
 
“Sei a corto di fiato, McKinnon? Devo suggerire a James di metterti sotto con gli allenamenti?”
La voce di Sirius la costrinse a distogliere lo sguardo dalla sua mandibola contratta.
 
Di certo non aveva perso il suo orrendo senso dell’umorismo. 
 
Il Preside li attendeva sulla soglia del suo studio, invitando gentilmente i ragazzi a entrare e accomodarsi. Marlene, rimasta per ultima, notò che Silente aveva posato con circospezione il suo sguardo azzurro su di lei. Si raddrizzò istintivamente, nel tentativo di sembrare più consapevole e matura, salda nelle sue decisioni. Silente le sorrise. “Sono lieto di vederla, Signorina McKinnon. Temevo che i suoi…impegni potessero distoglierla da questa riunione. Vede, volevo comunicarle tutta la mia vicinanza e il mio cordoglio per la perdita dei suoi genitori: ho avuto il piacere di conoscerli e di collaborare con loro e le considero come persone di eccezionale bontà e talento.”
 
Alla ragazza non era sfuggito il fatto che Silente avesse usato il tempo presente per riferirsi ai suoi genitori ed era contenta che qualcun altro al mondo li ricordasse come se non fossero mai andati via. Le dava un lieve conforto sapere che il loro passaggio nel mondo non era stato vano e che avevano combattuto per quegli ideali di giustizia e libertà che avevano sempre cercato di insegnarle fin da piccola. Gli rivolse un sorriso leggero e fece per entrare anche lei nello studio, ma Silente la interruppe con un velo di malizia nella voce.
“E mi dica, invece, ho notato che ultimamente trascorre molto tempo con il Signor Black…”
 
Marlene gli dedicò uno sguardo sorpreso. Forse Mary aveva ragione a ritenerlo il più grande pettegolo di tutta Hogwarts. Che cosa voleva, un’intervista per il Settimanale delle Streghe sui dettagli peraltro poco emozionanti della sua vita sentimentale? Si trattenne per poco dall’alzare gli occhi al cielo.
“Sirius e io siamo solo amici” lo interruppe con tono perentorio.
“Infatti mi riferivo a Regulus Black” le rispose Silente con tono divertito.
 
Per le mutande più colorate di Merlino! Per caso lui e Remus si scambiavano le battute?
 
Marlene non potè fare a meno di arrossire velocemente e serrò le labbra con disappunto, in un malcelato tentativo di non rispondere per le rime.
“Ah, come può l’amore spingerci tra spine così feroci?” chiese Silente retorico, ammiccando nella sua direzione. “Marlene, oggi vi ho convocati per proporvi di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Tuttavia, per nessuna ragione al mondo vorrei che le vostre scelte turbassero il fragile equilibrio di un amore nascente…soprattutto nel caso in cui il diretto interessato sia schierato dalla parte opposta. Chissà, forse potrebbe essere l’inizio di un qualche tipo di redenzione…” concluse Silente enigmatico.
 
Marlene aveva abbandonato ogni titubanza.
“Le possibilità di salvare chi non vuole essere salvato sono piuttosto esigue, Professore. E per quanto io abbia un discreto talento con le cause perse…” si interruppe per un attimo, con lo sguardo che saettava su Sirius, comodamente acciambellato su una sedia di legno dentro alla stanza, intento a convincere Peter a toccare uno strano oggetto di vetro dall’aria molto fragile e costosa.
“So riconoscerne una persa in partenza” concluse con tono deciso.
“D’accordo, allora. Entriamo” la invitò Silente garbatamente.
 
Il discorso che venne pronunciato nell’ora seguente aveva assorbito tutta l’attenzione di Marlene. Era stata concentrata a non lasciarsi scappare nemmeno una parola del Preside, che si era dilungato a spiegare l’esistenza e le modalità con cui operava l’Ordine della Fenice, il cui primario obiettivo era contrastare Lord Voldemort e i suoi seguaci. Lei, come James, aveva già sentito parlare dell’Ordine più volte da parte dei suoi genitori, ma aveva colto sgomento e preoccupazione negli occhi dei suoi amici. Avrebbe potuto giurare di sentire le rotelle del cervello di Lily ronzare lì accanto; d’altronde era una Nata Babbana, il primo bersaglio dei seguaci di Lord Voldemort che si facevano chiamare Mangiamorte. Marlene stava giusto per prenderla per mano, per provare a trasmetterle un po’ di conforto, ma vide che James l’aveva preceduta.
 
Perfetto. Era diventata il terzo incomodo, ora.
 
Ciò che Silente stava chiedendo loro era semplicemente di tenere gli occhi aperti su quello che accadeva a Hogwarts. Il Preside si trovò costretto a ricordare l’attacco che aveva subito Mary solo qualche mese prima, i cui colpevoli rispondevano al nome di Avery e Mulciber, non senza che quest’ultima si irrigidisse accanto a Alice.
 
“Perché Lord Voldemort vorrebbe ricercare seguaci tra le mura di Hogwart?” domandò Remus con aria interessata, mentre Peter sussultava nella sedia accanto a lui.
“Vede, Signor Lupin, un uomo simile è magari capace di disprezzare il potere da giovane, ma poi si attacca tanto più avidamente quanto più invecchia, ricercando continuamente conferme nei suoi sostenitori, perché, in fondo, ha l’animo corrotto di un affarista e gli atteggiamenti virtuosi in lui sono sempre fasulli, dal momento che è assolutamente privo della salvaguardia più importante” rispose Silente criptico.
 
“E qual è questa salvaguardia?” chiese ancora Remus.
 
“Ragione e cultura, fuse insieme in piena maturità, unica ancora di salvezza nel corso della vita” rispose Silente con tono solenne. “Ed è esattamente il motivo per cui tutti voi vi trovate qui oggi. Le vostre capacità intellettuali e il vostro buon cuore mi hanno indotto a convocarvi per osare sperare nel vostro interesse per la causa. Scoprirete con il tempo che in linea di principio la difficoltà non è scegliere da che parte stare, quanto piuttosto convivere con la vostra scelta per il resto del tempo” aggiunse l’anziano Preside.
 
Marlene sembrava estremamente pensierosa. Se non avesse impiegato gli ultimi sei mesi a studiarla come un’ossessione, quale poi era di fatto diventata, Sirius avrebbe potuto cascarci. Ma ormai, dopo averla guardata tanto, a distanza, da vicino, dopo averla vista in preda a un’immensa varietà di emozioni – dolore, sconforto, rabbia, tiepida gioia, felicità – non poteva più ingannarlo. Sapeva bene che dietro a quella simulata esitazione si celava in realtà una forza fuori dalla natura, alimentata dal fuoco del riscatto.
 
“Io sono pronto. Voglio entrare nell’Ordine” annunciò James trionfante.
Tipico di James esibire teatralmente spavalderia e coraggio, cogliendo al volo ogni occasione per buttarsi nella mischia, pensò Sirius con un sorrisetto orgoglioso.
 
“Non vi chiedo di scegliere oggi, naturalmente. Non siete ancora tutti maggiorenni e i pericoli a cui sarete esposti una volta entrati nell’Ordine non dovranno essere in alcun modo sottovalutati” replicò Silente con gentilezza. “Però, se siete dalla nostra parte, vorrei che nei prossimi mesi mi riferiste ciò che vedete capitare attorno a voi e che vi sembra strano…più del normale, insomma, considerando che siamo pur sempre in una Scuola di Magia” concluse con il solito tono ironico che decretava la fine del discorso.
 
“Regulus si farà marchiare.” La voce di Marlene, nitida e priva di esitazione, riecheggiò nello studio del Preside come una lama affilata.
“Come prego?” le chiese con un filo di sgomento Silente.
“Regulus si farà marchiare” ripetè Marlene con più forza, senza indecisione.
“Regulus vuole farsi marchiare” ribattè Sirius, cercando di non perdere la calma e guardandola negli occhi.
 
Era essenziale che lo capisse. Stava tutta lì, la differenza. La volontà di Regulus di seguire il lato oscuro non era semplicemente un tiepido desiderio nato dai frequenti lavaggi di cervello di sua madre, era una decisione ferrea, presa sull’onda dell’ammirazione crescente che provava nel vedere il trionfo del Signore Oscuro. Sirius detestava tutte le chiacchiere sulla superiorità del loro stato di sangue, ma Regulus le aveva sempre abbracciate in modo convinto.
 
“Ne sei sicura, Marlene? Ciò che affermi è molto grave” disse Silente calmo, scrutandola con interesse.
“Ho avuto l’impressione che tenesse particolarmente al suo polso sinistro e, diciamolo, non è che sia un grande giocatore di tennis” rispose Marlene con tono asciutto.
 
Mary scoppiò a ridere, seguita da James, e i ragazzi iniziarono ad avviarsi verso la porta decretando la fine della riunione. Le loro chiacchiere eccitate risuonavano per i gradini di pietra e Sirius era sicuro che quell’argomento li avrebbe tenuti tutti in piedi fino a tarda notte a discutere. Si voltò verso Marlene, aspettandola per uscire, come era diventata più o meno un’abitudine in quegli ultimi mesi. I suoi occhi blu lo inchiodarono sul posto, come se volesse leggergli dentro le sue ultime riflessioni.
 
“Signor Black, vuole andare?” gli chiese Silente, e, dal tono di voce, Sirius pensò che non fosse la prima volta che gli rivolgeva quell’invito. Si era incantato come un perfetto idiota di fronte agli occhi di Marlene McKinnon, per l’ennesima volta.
 
“Come prego?” gli chiese Sirius in cerca di delucidazioni, dal momento che non aveva ascoltato una sola parola di quello che aveva detto il Preside. Silente gli rivolse un’occhiata divertita, indicandogli con un cenno la porta sulla quale si era soffermata Marlene.
“Black, sturati le orecchie”, commentò quest’ultima, gentile come sempre.
 
Sirius si affrettò a raggiungerla verso la scala a chiocciola. Senza pensarci, la prese per mano, stringendola appena più del necessario.
 
Non era del tutto stupita, pensò Marlene, scendendo le scale con passo svelto. Nei mesi passati Sirius era stato semplicemente eccezionale e il suo comportamento era stato ineccepibile sotto tutti i punti di vista. Le sere trascorse in Sala Comune a parlare con lui davanti al caminetto, cercando di trovare una ragione per non impazzire nel pensiero dei suoi genitori, erano ancora molto vivide nella sua memoria.
Non solo era stato costantemente attento a non turbare il fragile equilibrio che si era instaurato tra loro, cercando di non sfiorarla più del necessario con le sue mani affusolate, ma riusciva con la semplice forza di uno sguardo a trasmetterle un affetto che non si sarebbe mai aspettata di ricevere da un individuo come Sirius Black, capace di mostrare attaccamento solamente alla sua stupida moto volante. Era molto di più che un semplice rapporto di amicizia, quello che stava andando a crearsi tra loro; in fondo, amici lo erano sempre stati, in una maniera tutta particolare che andava bene solo per loro, in un eterno gioco fatto di scherzi e battute sagaci, di momenti di alleanza e guerre dichiarate in pompa magna.
 
Che cos’era Sirius Black? Il giorno, o la notte?
D’istinto, strinse più forte la sua mano in quella grande e protettiva di Sirius.
 
Per le più consunte mutande di Merlino! Pensò Sirius. Non credeva che potesse esistere, la ragazza capace di fargli provare l’ebrezza di volare nello spazio semplicemente con il tocco della mano. Ma era più forte di lui, l’attrazione che provava verso Marlene era impossibile da concepire. Non riusciva a capacitarsi di come in poco tempo gli fosse entrata sotto la pelle, insinuandosi nei suoi pensieri sempre più spesso, avvertendo sempre di più quel dannato desiderio di avvicinarsi a lei in ogni momento. La necessità di baciarla era impellente. Continuava a fissare la sua bocca come se fosse l’unica cosa in grado di tenerlo in vita. Ciò che lo sconvolgeva più di tutto, in quel preciso istante, era la determinazione che aveva negli occhi. Non aveva mai visto nessuno con quello sguardo e sapeva perfettamente che non si sarebbe fermata, quando se li sarebbe trovati davanti. Inconsciamente aveva paura, paura che lei potesse infilarsi nel pericolo nel suo solito modo da scavezzacollo Grifondoro, andando a cercarli e facendo pagare loro salato il conto della sua vendetta.
 
“La vendetta è un piatto avvelenato, Lène” le disse senza riflettere, dando voce ai suoi pensieri.
Lei si fermò in mezzo alle scale, voltandosi verso di lui e guardando le loro mani intrecciate.
Che cos’è la vita senza un po’ di rischio, Sirius?” ribattè lei con una nota spavalda nella voce.
 
Lui smise di colpo di riflettere, di pensare a quello che avrebbe potuto avvenire nel futuro. Non era uno sciocco, sapeva che c’era una guerra, là fuori, e che prima o poi si sarebbero trovati invischiati fino al collo, ma ciò che contava era che loro erano vivi, lì e ora, tutto il resto avrebbe potuto tranquillamente aspettare.
 
La inchiodò al muro di pietra e prese a baciarla con foga, come se volesse assaporare ogni istante in cui le loro bocche collimavano perfettamente, dopo essersi a lungo rincorse nei mesi passati. C’erano un sacco di promesse, in quel bacio, insieme a tutti i suoi desideri più puri di proteggerla dalle avversità che offriva loro il mondo esterno. Il desiderio di averla tra le braccia, di stringerla e di affondare la mano nei suoi capelli fino a rimanere stordito e inebriato dal loro profumo, sovrastava ogni cosa; il resto doveva aspettare.
 
Marlene si sentì libera, e viva, per la prima volta dopo quei lunghi mesi trascorsi a riflettere su come liberarsi dall’imposizione di un fidanzamento che non avrebbe mai potuto procurarle nemmeno un decimo della felicità che la stava sconquassando ora da dentro. Stare abbracciata a Sirius, in un modo un po’ scomodo e per nulla composto contro un muro di pietra, senza alcun riguardo per le convenzioni o per il fatto che avrebbero potuto essere sorpresi da Silente in qualunque momento, era come tornare a respirare dopo un lungo periodo sott’acqua. La brama con cui lui la stava baciando le toglieva ogni pensiero coerente dal cervello, ma questa volta poteva permettersi di lasciarsi andare, di donarsi completamente al fuoco che le lambiva il volto e di navigare insieme a lui tutte le stelle dello spazio.
 
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno. Essi sono altrove, molto più lontano della notte, molto più in alto del giorno, nell’abbagliante splendore del loro primo amore.
 
NOTE DI CHIUSURA
 
Questo capitolo è estremamente lungo, dovevo farmi perdonare per non aver aggiornato in fretta. Probabilmente saranno presenti alcuni orrori grammaticali.
Un po’ di note, perché, dove pensavate di fuggire?
 
1. I sentimenti di Marlene riguardo alla perdita dei genitori sono più reali che mai. Il vuoto e la mancanza opprimente li ho sperimentati in prima persona parecchie volte dopo aver perso mio papà per la solita, orrenda, implacabile malattia.
2. Nella mia testa il personaggio di Regulus si ricrederà sul fatto che “Morire per un ideale non è utile a nessuno” (quanto lo amo)
3. Ho inserito un po’ di James e Lily, sperando di aver fatto un lavoro decente. Non so, lavorare con loro mi sembra risulti un po’ meccanico ed estremamente difficile, dal momento che su di loro è già stato scritto praticamente tutto
4. Il discorso di Silente sul potere è tratto dalla “Repubblica, o Sulla Giustizia” di Platone
5. La frase finale è una poesia di Prévert che incommensurabile cliché
 
Sapete già quanto mi faccia piacere ricevere i vostri pareri ♥
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** È questo che fanno gli innamorati ***


È questo che fanno gli innamorati
 
20 Marzo 1978, Castello di Hogwarts
 
“È incredibile” sussurrò scandalizzato Sirius nell’orecchio di Marlene.
“Non avrei mai pensato di darti ragione, Black, ma questa volta sono completamente d’accordo con te” rispose lei accomodandosi meglio sulle sue gambe.
“Le sta mangiando la faccia” aggiunse lui con convinzione, come a voler sottolineare ancora lo scandalo, mentre le accarezzava distrattamente i capelli.
“E le sue guance sono così rosse che non sono sicura torneranno mai del loro colore naturale ed in questo modo sarà davvero difficile distinguerle dai suoi capelli” replicò Marlene sovrappensiero, intrecciando le dita con quelle del ragazzo.

“In ogni caso, so che avrei preferito vederla di nuovo baciare il suo gatto come al quinto anno, durante la festa di Halloween in Sala Grande” ricominciò Sirius, sistemandosi meglio nella poltrona della Sala Comune e portando le gambe di Marlene più vicine al suo petto.
“Dovrebbero installare il sistema autofrenante delle scope sulle mani di James, sono dappertutto” disse la ragazza con tono sconsolato, lasciandosi andare a un sospiro involontario mentre Sirius le sfiorava con le dita una zona del collo particolarmente sensibile.
“Probabilmente deve affinare ancora la tecnica”, ribattè lei ridacchiando e rivolgendo al ragazzo uno sguardo furbo.
“Non credo, sai, James si è dato molto da fare in questi anni…non come il sottoscritto, naturalmente, ma vanta comunque una discreta lista di conquist…ahia!”
 
Il pugno di Marlene era scattato veloce e preciso per colpirgli con violenza una spalla, mettendo fine a quella inutile digressione. Mentre James e Lily continuavano indisturbati il loro scambio di effusioni decisamente non verbale dall’altro lato della sala, Sirius le rivolse uno sguardo fintamente offeso, ma si decise poi per protendersi verso di lei e darle un leggero bacio sulle labbra. Era poco più che uno sfiorarsi, il loro, un tocco leggero e giocoso capace di riportare un po’ di serenità in mezzo alle loro turbolenze quotidiane.
 
Da quando Sirius le aveva chiesto di uscire ufficialmente allo scoperto, come le aveva detto con tutta la galanteria e la nobiltà che era riuscito a racimolare in un angusto ripostiglio per le scope qualche istante prima di essere scoperti in flagrante da Gazza, Marlene era rimasta piacevolmente stupita da come le cose tra loro non fossero affatto cambiate. Semplicemente, era come avere a che fare con il solito, insopportabile, irritante Sirius Black, con la piccola e piacevole differenza che ora poteva baciarlo quando voleva e tenerlo per mano nel corridoio. Stava diventando peggio di Alice in quanto a romanticismo.
 
Si sentì sfiorare la punta del naso dalle labbra di Sirius e represse il sorrisetto che inconsapevolmente stava andando a formarsi sul suo viso.
“Non pensare nemmeno lontanamente che potrai averla vinta così facilmente tutte le volte che aprirai bocca e darai voce a uno qualsiasi dei tuoi pensieri idioti. Questo” – e aveva indicato le loro sagome avvinghiate sulla poltrona – “è possibile solo perché sono stata sufficientemente sprovvista di senno da permettermi di farmi incantare dal tuo terribile senso dell’umorismo. Ma un passo falso e potrei rinsavire…”
Per tutta risposta, il ragazzo le aveva stampato un bacio sulle labbra, ancora incredulo di poterla stringere tra le braccia per tutto il tempo che gli sarebbe sembrato opportuno.
“Farò molti passi falsi, e lo sai anche tu” le disse, come se fosse un dato di fatto. “Ma sappiamo entrambi che non riuscirai a resistere ai modi assolutamente sleali con cui tenterò di farmi perdonare”.
 
Rincitrulliti, aveva pensato Mary Macdonald passando di fronte alle due coppie di innamorati che tubavano nelle aree più in disparte della Sala Comune, riparate da sguardi indiscreti. Erano tutti rincitrulliti.
Come fosse possibile che due tra le sue migliori amiche si fossero trasformate in tali controfigure di sé stesse, stordite completamente dagli effetti dell’amore e pronte a cedere alle più smielate moine, era un mistero a cui non riusciva in alcun modo a trovare risposta.
 
Poteva soprassedere su Lily, d’altronde erano anni che cercava senza successo di reprimere i sentimenti per James che agitavano inconsapevolmente il suo cuore (e, di conseguenza, tutto il dormitorio femminile), ma Marlene! La sua migliore amica era l’unica che approvasse senza riserve la sua politica di uscire sregolatamente con molti più ragazzi di quanto fosse rispettabile ammettere, l’unica che condividesse il suo spirito libero e la sua indipendenza da qualunque rapporto serio ed esclusivo.
Per anni avevano scherzato ai danni delle povere Alice ed Emmeline, così disperatamente ancorate alle tradizioni, sul fatto che se uscire con più ragazzi durante la stessa settimana fosse considerata un’irrimediabile mancanza di senso del decoro, allora loro due avrebbero dovuto essere giudicate senza alcuna pietà delle donne scarlatte in piena regola.
 
Doveva averle dato di volta il cervello, per essersi decisa finalmente ad avere un ragazzo fisso e se ci si fermava a riflettere sul fatto che quel ragazzo fosse proprio Sirius Black non si poteva fare a meno di pensare a un enorme malinteso. Sì, doveva esserci un errore.
Si voltò ancora una volta verso Marlene e Sirius, rintanati in un angolo piuttosto buio lontano dalle finestre, e non potè fare a meno di notare che avevano ripreso a baciarsi con rinnovato entusiasmo.
Era ridicolo che si lasciassero andare ad accorate critiche su Lily e James, credendo di essere più riservati nelle loro pubbliche manifestazioni di affetto, quando in realtà erano rannicchiati sulla poltrona perfettamente nella stessa posizione e si mangiavano la faccia con la stessa esuberanza.
 
Il fato doveva avere un senso dell’umorismo davvero strano, quando aveva deciso di metterli insieme.
Mary storse la bocca in una smorfia rassegnata: non le restava altro da fare se non essere felice per lei.
Beh, quello, e iniziare a uscire dalla settimana seguente con la buona dose di ragazzi che di solito sarebbe stata riservata a Marlene.


 
 
Per anni a venire Mary Macdonald sostenne con orgoglio che tutto era incominciato quando lei aveva estratto il bastoncino più corto quel venerdì sera nella Sala Comune di Grifondoro. Il motivo per cui si fosse scatenata all’improvviso una festa inaspettata non era noto alla maggior parte dei presenti, ma Mary poteva affermare con assoluta certezza che tutto era iniziato nel preciso momento in cui Sirius e Peter avevano varcato il buco del ritratto sommersi da una montagna di pasticcini cremosi provenienti dalle cucine.
 
“Per il sinistro più floscio di Agrippa, dove avete recuperato tutte queste delizie?” chiese Frank Paciock, visibilmente attratto dall’enorme quantità di dolci che gli si prospettava davanti agli occhi.
Alice, accanto a lui, soffocò una risatina al pensiero di quella volta che aveva quasi rovinato il loro primo appuntamento perché si era ingozzato di Mosche al Caramello da Mielandia.
“Quello che posso rivelarti, Frankie, è che ce le hanno imprestate degli amici fidati” disse Sirius teatralmente.
“Imprestate? Come a dire, rubate? Non so quali misteri nascondiate, voi quattro, ma finchè tornate stracolmi di dolci posso anche adattarmi ai vostri segreti” rispose Frank tranquillo.
 
In un rapido susseguirsi di eventi, si erano trovati a scegliere chi avrebbe dovuto inaugurare la sfida degli incantesimi di ingozzamento e per farlo avevano deciso di affidarsi alla tecnica del bastoncino più corto.
“La fortuna aiuta gli audaci!” esclamò Mary a gran voce, facendosi spazio tra la folla e sollevando solennemente in alto un piccolo fiammifero malconcio. “Bè, questo naturalmente non è vero per la povera Mandy di Tassorosso” aggiunse poi con un leggero ghigno dipinto sul volto.
“Mandy di Tassorosso? Vuoi dire Miss Antiche Rune?” chiese Marlene, con un guizzo di divertimento nella voce. “Cosa le è capitato?”

“L’altro giorno, dopo la lezione di Pozioni, eravamo al quinto pianto diretti ad Astronomia e a un certo punto è si è fermata in mezzo al corridoio ed è diventata tutta rossa.”
Mary parlava veloce, concitata nel raccontare con grande dovizia di particolari un avvenimento che a suo parere entrava di diritto al primo posto dei momenti più imbarazzanti accaduti a Hogwarts in quei sette anni.
“Pensavamo stesse per esplodere come un tacchino, sapete, con piume e tutto il resto, ma poi ha semplicemente gridato così, in mezzo al corridoio, qualcosa di incomprensibile, sembrava un incantesimo…”
Pendevano tutti dalle sue labbra. La capacità di Mary di tenere banco era direttamente proporzionale al suo saper rendere un evento apparentemente privo di significato estremamente divertente.
“Ci siamo fermati tutti un po’ spaventati, ma poi abbiamo sentito distintamente qualcosa che suonava terribilmente come Sirius Black, vuoi venire a Hogsmeade con me?” concluse Mary, rotolandosi dalle risate.
 
Marlene assunse l’espressione di chi è appena stato colpito da un bolide, mentre Sirius, dal lato opposto della stanza, le lanciò un’occhiata nervosa.
Mary, appena rinvenne dal suo attacco di risatine incontrollate, sollevò lo sguardo verso l’amica e osservando il cipiglio alterato di Marlene seppe che cosa sarebbe accaduto da lì a poco.
Oh no. La sua maledetta linguaccia. Avrebbe dovuto tenerla a bada più spesso.
 
“Non ci posso credere che tu abbia chiesto a Mandy di Tassorosso di uscire insieme a te!” gridò Marlene senza preavviso, facendo sussultare un paio di piccolissimi ragazzini del secondo anno intenti a terminare i loro saggi di Trasfigurazione.
“Non fare la drammatica, Lène, non le ho di certo chiesto io di uscire!”
“Ah no? Eppure perché non mi sembra affatto che tu abbia rifiutato in grande stile?”
“Insomma, Lène, ragiona! La poveretta era in mezzo al corridoio e aveva appena vissuto il momento che probabilmente la perseguiterà per tutto il resto della vita per quanto è stato imbarazzante, non potevo declinare la sua proposta così, su due piedi!”
 
Remus Lupin, placidamente allungato sul divano accanto alla finestra e totalmente ignaro della confusione che era andata formandosi nell’ultimo quarto d’ora, alzò a malapena la testa dal suo cruciverba. Con cipiglio infastidito per il baccano che si stava diffondendo in Sala Comune individuò rapidamente la fonte dalla quale sembrava provenire tutto quel rumore.
Un’altra scenata, pensò sconsolato. Aveva perso il conto, ormai, per quel mese. Notò che gli occhi di Marlene stavano ora lampeggiando pericolosamente. Era maledettamente facile per la ragazza essere arrabbiata con Sirius a ogni ora del giorno e della notte, quando lui le forniva deliberatamente così tante occasioni che avrebbero potuto bastare per una vita intera.
 
“Insomma lei era lì e io ero lì…” stava dicendo Sirius in evidente difficoltà e gesticolando con le mani.
“Ho capito, eravate lì” lo interruppe Marlene sbrigativa, “ma non mi interessa la vostra collocazione geotemporale, Black! Voglio che Mandy di Tassorosso sparisca dai confini di Hogwarts e, se questo non è possibile, almeno che Mandy di Tassorosso stia lontano dalla tua vista per tutto il resto dell’anno!” ribattè infuriata.
“Smettila di dire Mandy di Tassorosso così tante volte in una frase, mi confondi!”
“Avresti dovuto pensarci prima di chiedere a Mandy di Tassorosso di uscire con te!”
 
Remus scosse la testa sconsolato. Dal suo punto di osservazione, ben riparato dal centro della scena, poteva chiaramente intuire che ci fosse qualcosa di latente tra di loro, qualcosa che andava ben oltre Mandy di Tassorosso.
Li studiò con maggiore attenzione. Era strano il modo in cui in tutti quegli anni non avevano mai smesso di girarsi attorno. Insomma, le persone che non si sopportano normalmente puntano a stare il più lontano possibile l’una dall’altra, non a fare di tutto per continuare a orbitare attorno allo stesso centro gravitazionale.
Forse, il pianeta di Sirius Black era Marlene McKinnon, si trovò a concludere Remus, pensieroso.
 
Aveva fatto giusto in tempo a formulare quel pensiero che sentì di nuovo la voce di Sirius rivolgersi a Marlene con un tono che da lì a poco non gli avrebbe procurato null’altro se non grossi guai.
“Sei troppo gelosa” affermò perentorio.
“Non sono gelosa per niente” ribattè lei decisa.
“Gelosa e irruenta” continuò Sirius, come se non l’avesse sentita.
Marlene decise di mettere fine a quel rapido scambio di battute tirandogli un pugno sul braccio.
Remus si trovò a constatare che ormai Sirius avrebbe dovuto avere un livido, nel punto in cui lei si ostinava a colpirlo ogni volta.
 
“E manesca, soprattutto manesca” proseguì il Sirius, un enorme ghigno che si stava allargando sul volto. La prese per un braccio e senza tante cerimonie la tirò verso di sé, facendo aderire perfettamente le loro labbra.
Remus sussultò impercettibilmente sul divano. Fino a quando avrebbe dovuto contare prima che lei gli rifilasse un ceffone in nome della sua sconsiderata sfacciataggine?
 
Ma lo schiaffo non venne. Anzi, Marlene iniziò a rispondere al bacio con energia e permise a Sirius di affondare la mano nei suoi capelli e a reclinarla leggermente verso il pavimento.
 
Remus si trovò costretto a sbattere le palpebre un paio di volte: non era sicuro di essere capitato nella giusta dimensione temporale. Forse era stato lanciato in un’altra galassia senza accorgersene e in questo mondo le cose giravano al contrario?
Poi, all’improvviso, si rese conto di un particolare che si andava palesandosi sempre di più di fronte ai suoi occhi: non era la prima volta che si baciavano, non c’era incertezza né esitazione nei loro movimenti.
Era un concetto difficile da spiegare, poco più di un’intuizione, ma c’era qualcosa, nel loro modo di accarezzarsi reciprocamente, che gli faceva pensare che dovesse essere successo già altre volte. Quante, per l’esattezza, era un indovinello davvero troppo arduo persino per la giovane e brillante mente del prefetto Lupin.
Di una cosà, però, Remus era assolutamente certo: quei due si conoscevano.
 
In breve tempo tornò assorto alle sue parole crociate; ricercare la corretta risposta alla 22 verticale lo avrebbe impegnato per un po’ e forse sarebbe riuscito a non essere interrotto da ulteriori avvenimenti alquanto improbabili.
 
“La 22 verticale è sciarada
La voce squillante di Marlene lo distolse per l’ennesima volta dall’enigmistica. Represse a malapena un sospiro infastidito e, con una punta di acidità nella voce, le chiese: “Vedo che oltre a dilettarti con le mie parole crociate sei riuscita anche a risolvere i tuoi dilemmi di cuore”
“Simpatico, Remus, davvero sagace. Sei di carattere notoriamente paziente, di solito, visto che sopporti di buona lena i continui sproloqui di James e Sirius, ma ti trovo in gran forma quando sei da solo” replicò Marlene scavalcando con un salto il divanetto e occupando il posto accanto a lui.
“Prego, siediti pure” la invitò Remus con tono ironico.
 
Marlene lo scrutò con sguardo indeciso e gli porse un bicchiere di succo di zucca. “Sai, in teoria avevamo deciso di aspettare prima di farlo sapere agli altri, non abbiamo nemmeno definito bene le cose tra di noi, per quanto mi riguarda. Ma Sirius è sempre così dannatamente ribelle, sempre pronto a parlare a sproposito…” disse la ragazza, rivolta più a sé stessa che al suo interlocutore.
“Sai, Marley, nei lunghi anni di obbligata frequentazione degli stessi spazi del nostro dormitorio ho imparato alcune cosette su di lui. Innanzitutto, Sirius parla per il semplice piacere di ascoltare la propria voce; e poi, tieni bene in mente anche un’altra cosa, è molto importante: vigilanza costante.”
 
Marlene sghignazzò in una maniera scomposta e bevve un sorso del suo succo di zucca.
“Sirius dice che più volte sei finito in punizione perché cercavi di fermarlo e ti facevi beccare insieme a lui.”
Remus si concesse un attimo per bere un sorso di succo di zucca a sua volta.
“Sono stato probabilmente uno dei peggiori prefetti sui quali Hogwarts potesse contare”
“Più che peggior prefetto mi sembra una cosa da stupido prefetto. Ma Sirius dice che la tua reputazione da bravo ragazzo è salva”
 
Remus sospirò. La velocità con cui Marlene rispondeva alle battute avrebbe destabilizzato chiunque. Era impossibile tenere il ritmo con lei, non sapeva come potesse riuscirci Sirius tanto facilmente. Anzi, forse l’unica persona al mondo in grado di tenerle testa avrebbe potuto essere proprio Sirius Black.
“Sirius dice sta diventando il tuo nuovo mantra?”
“Sirius dice la verità? ”
“Sono cresciuto con Sirius Black e James Potter: l'unica reputazione che mi hanno lasciato è una reputazione cattiva, fidati”
“Grazie Remus”
“Per cosa?” la interrogò lui, colto di sorpresa.
“Per non giudicare mai le scelte degli altri. E per essere il peggior prefetto che Hogwarts abbia mai avuto”
 
Sirius salì in fretta le scale che portavano al dormitorio maschile. Baciare Marlene assomigliava ogni volta a una feroce battaglia persa in partenza, ma perdere non era mai stato così gradevole. Non si sentiva affatto sfinito, dopo l’ennesima dichiarazione di guerra conclusasi con un tacito patto di non belligeranza, ma, al contrario, era rinvigorito e pieno di energie. Assomigliava un po’ all’amore, quel senso di benessere che si spargeva come linfa in tutto il suo corpo e gli annebbiava piacevolmente il cervello.
Pff. L’amore era per gente come James.
 
A proposito di James…
Entrando nelle stanza del dormitorio lo trovò sdraiato sul suo letto a baldacchino con un’espressione ebete dipinta in volto e intento a far roteare una margherita un po’ sciupata tra le dita. Sirius gli scoccò uno sguardo di puro scetticismo, ma decise di soprassedere.
James parve riemergere dai suoi pensieri, ma il sorriso ebete rimase a illuminargli il viso.
“Ho preso una decisione stasera, Felpato, vecchio mio”
“Di che cosa si tratta? Se stai pensando a come riparare il passaggio segreto che porta al Platano Picchiatore non ti preoccupare, basterà semplicemente un Incanto Supersensor…”
Sirius non riuscì a finire la frase. James lo interruppe senza preavviso e gli disse: “Lily mi ha detto che mi ama”.
 
Per Godric, fu l’unico pensiero coerente che Sirius riuscì a mettere insieme, mentre il sorriso di James si allargava sempre di più. Era imbarazzante, ora, lo faceva assomigliare a uno strano e deforme Avvicino.
“Sei sicuro di aver sentito bene?” gli chiese Sirius, incapace di trattenersi dal fare battute anche in quel momento.
“Certo che sì. E infatti ho deciso che le chiederò di sposarmi”
Se gli avessero rovesciato addosso un catino di acqua ghiacciata a febbraio inoltrato, Sirius probabilmente si sarebbe sentito meno gelato. Aveva capito bene?
 
“Cosa? Sei serio?” domandò lanciando un’occhiata sconvolta in direzione dell’amico, per essere del tutto certo di non aver frainteso le sue parole.
“Sirius? Pronto? Ci conosciamo? Amo Lily da metà della mia vita e siamo nel pieno di una guerra, è ovvio che le chiederò di sposarmi!” rispose James con tono tranquillo, come se stesse parlando del tempo.
 
Non poteva dire di essere del tutto sorpreso, riflettè Sirius, ma certamente era stato preso in contropiede. Era il modo in cui Lily e James dovevano costantemente sfiorarsi ed essere sicuri della presenza l’uno dell’altra, quasi ne andasse della loro vita, che annunciava al mondo intero che quei due erano destinati a stare insieme e per nulla al mondo avrebbero potuto sopravvivere distanti l’uno dall’altra. Tuttavia, il matrimonio era qualcosa che si addiceva ad Alice e Frank, una romanticheria d’altri tempi, una bizzarra consuetudine…chi mai avrebbe sopportato di stare tutta la vita con la stessa persona? Però, se avesse avuto la possibilità di stare tutta la vita con Marlene…di certo non avrebbe voluto vederla accanto a nessun altro: il solo pensiero che lei potesse essere promessa a Regulus lo aveva fatto impazzire.
 
“So a cosa stai pensando”. La voce di James interruppe il filo dei suoi pensieri.
“Qualunque cosa tu stia pensando, è la cosa sbagliata” lo troncò Sirius sul nascere della conversazione.
“Come fai a sapere a cosa mi stessi riferendo?”
Sirius gli rivolse uno sguardo eloquente, come a voler fargli intendere che lo conosceva da abbastanza tempo per saper interpretare tutti gli astrusi giri dei suoi pensieri.
“Oh, va bene, hai ragione, ma non è sbagliata”
“Certo che lo è” ribattè Sirius, ben deciso a non dargliela vinta.
“Bugiardo. Sei innamorato di Marlene McKinnon”
“Io non…come ti permetti…innamorato…”
Sirius aveva iniziato a balbettare parole sconnesse e a perdere un po’ quell’innato autocontrollo che pareva accompagnarlo ovunque andasse. James rise forte alla vista dell’amico in evidente difficoltà, e riprese: “Innamorato e geloso, per giunta. Dovevi vederti poco fa, quando hai riflettuto sull’idea che lei potesse mai capitolare tra le braccia di un mascalzone qualsiasi!”
 
Le volte che Sirius Black era rimasto senza parole James poteva contarle sulle dita di una mano, ma questa le superava tutte di gran lunga.
“Ma ti capisco, Sirius, voglio dire anche io mi sento strano quando Lumacorno fa i complimenti a Lily per la sua bravura in Pozioni. E se non fosse Lumacorno, cioè bavoso e unticcio, sarei geloso anche io” concluse James con una risata sguaiata.
 
Sirius si lasciò cadere pesantemente sul letto accanto a James, fissando un punto non meglio identificato del pavimento. Stava lentamente dando un senso a quella sensazione di avere qualcosa di perennemente svolazzante all’altezza dello stomaco. Ma non era possibile, non per lui.
Certo, stare con Marlene era divertente ed estremamente intrigante, si era dato parecchio da fare per conquistarla e per fare in modo che lei dimenticasse quell’idiota codardo di Regulus, ma lui era uno spirito libero poco incline ai legami duraturi. Essere dipendente dalle persone gli creava una discreta dose di ansia e i legami affettivi non erano mai stati il suo forte.
Un conto era l’amicizia nata con James, Remus e Peter – per loro sarebbe morto senza esitazione, tanto era forte il legame che li univa – ma pensare di poter creare qualcosa di lontanamente simile con una ragazza era fuori discussione.
 
Eppure, disse una vocina nella sua testa, non siete forse stati prima di tutto amici e compagni di scherzi, in tutti questi anni? Non vi siete forse sempre trovati a combattere per gli stessi valori, opposti a quelli con i quali siete stati cresciuti? Non vi siete forse confessati segreti che non eravate pronti nemmeno a condividere con voi stessi, tanto erano intimi? Non è stato incredibilmente facile e naturale aprirsi con lei più volte, durante lunghe conversazioni capitate quasi per caso che terminavano sempre con un’inguaribile voglia di baciarla e di non lasciarla andare mai più?
 
Si voltò verso James con uno sguardo terrorizzato e trovò il suo sorriso sornione e incoraggiante pronto a rispondergli di rimando.
Oh no. Era innamorato cotto di Marlene McKinnon.
 
La trovò che era ancora intenta a sorseggiare succo di zucca insieme a Remus, chino sul suo settimanale di enigmistica. Gli parve più bella e irraggiungibile che mai, ma James aveva ragione. Era il momento di tirare fuori quel briciolo di coraggio che il Cappello Parlante aveva ritenuto sufficiente per smistarlo in Grifondoro e vincere i suoi limiti. Si avviò verso di lei con passo risoluto.
 
“Le dispiace se le rubo la dama, Messer Lunastorta?”
Remus sollevò appena lo sguardo dalla rivista per guardarlo in tralice. Marlene, dal canto suo, lo scrutò con un’occhiata indagatrice capace di perforargli il corpo, densa di curiosità.
 
La prese per mano e la condusse lontano dalla folla, in un angolino appartato che era diventato il loro posto abituale durante le sere in cui aspettavano che gli ultimi studenti assonnati si decidessero ad andare a dormire lasciando loro finalmente il tempo di trascorrere qualche mezz’ora particolarmente gloriosa.
 
“Ho appena realizzato una cosa, Lène. C’è una guerra là fuori e noi ci siamo dentro fino al collo. Te la senti di rischiare?”
Era essenziale, capire quanto fosse convinta di buttarsi nella mischia. Se avesse mostrato anche solo un filo di indecisione, Sirius non avrebbe esitato a proteggerla a tutti i costi.
Ma Marlene McKinnon era nata per combattere e gli avvenimenti recenti non aveva fatto altro che trasmetterle una determinazione e una convinzione ancora più ferrate. La ragazza strinse i pugni con forza prima di rispondere.
“Certo che me la sento di rischiare. Non ho altra scelta. Cosa mi dici di te, Sir?”
“Chi non rischia per una vita migliore non ha il diritto di lamentarsi del mondo in cui vive e, sai una cosa? Io adoro lamentarmi. È uno dei miei passatemi preferiti” le rispose Sirius sorridendo.
 
Marlene ricambiò il sorriso e lo prese sotto braccio con fare cospiratore.
Sai una cosa, Sirius? Ho appena deciso che prima di finire a gambe all’aria nel combattere contro qualche Mago Oscuro mi piacerebbe provare una nuova esperienza”
“Che genere di esperienza?” le chiese lui, sorpreso.
“Voglio un appuntamento” ribattè lei senza ombra di esitazione nella voce.
“Un appuntamento, McKinnon? Mi stai davvero chiedendo un appuntamento?” le chiese Sirius senza poter fare alcunchè per impedire al ghigno che si stava formando sulla sua faccia di allargarsi a sproposito.
“Un appuntamento. Non è questo che fanno gli innamorati?” replicò Marlene strizzandogli l’occhio.
 
Sirius sospirò. Era incredibile, ancora una volta era arrivata prima di lui a intuire qualcosa. Sarebbe sempre stata avanti a lui di qualche passo, ma andava bene così. Per quanto lo riguardava, avrebbe volentieri trascorso tutta la vita a rincorrerla.
 
“Avrai il tuo appuntamento, Lène” disse Sirius, posandole un leggero bacio sopra i capelli biondi.
 
NOTE ORDINATE IN ORDINE SPARSO
 
Accio recensioni!

1. Per il capitolo conclusivo (sigh) di questa storia ho inserito svariati punti di vista di personaggi diversi, di contorno, quali Mary e Remus perché semplicemente adoro scrivere di loro.
Fatemi sapere se la scelta è stata azzeccata oppure un totale disastro.
 
1 bis. Ho ancora immense insicurezze per quanto riguarda i dialoghi. Sono realistici? Sono scritti in maniera scorrevole? Riuscite a districarvi in mezzo alle mille mila virgole?
 
2. James è l’amico che tutti vorremmo avere. Leale, sincero, coraggioso, per nulla intimorito di esternare i propri sentimenti. Lo amo.
 
3. La frase che Remus usa per descrivere il bacio tra Sirius e Lène, quella sul “conoscersi”, è tratta da questa inarrivabile citazione del Barone Rampante: “Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”.
La prima volta che l’ho letta avevo all’incirca dieci anni e pur non potendo coglierne appieno il significato, avevo intuito che ci fosse qualcosa di molto profondo in quel verbo, conoscersi. Mi ha sempre lasciato di stucco la perfezione di questa descrizione e così ho deciso di rendere omaggio a uno scrittore ineguagliabile quale è Italo Calvino.
 
4. L’accenno al rapporto tra Sirius e il resto dei Malandrini richiama un po’ la conversazione nel Prigioniero di Azkaban quando Sirius rinfaccia a Minus che loro sarebbero morti per lui. Mi ha sempre straziato quella parte, perché per quanto si cerchi di fare finta che Peter fosse il debole e il maltrattato del gruppo, in realtà era al pari di tutti loro.
 
5. Mi piacerebbe molto avere ancora una volta il vostro parere, per me è ha un valore ineguagliabile!! E vorrei ringraziare tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e quelle che hanno affezionatamente recensito ogni capitolo!
Vi è piaciuta questa storia? Per il momento non ho in programma di scrivere altro su di loro (mi hanno mentalmente sfinita), ma ogni prompt o suggerimento è sempre ben accetto!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3902972