Il gioco dell’ascensore

di AngelWing99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Da giorni non facevo altro che fare avanti e indietro da casa all’hotel senza concludere nulla, tutto per uno stupido gioco che avevo trovato su internet. Ero curiosa di provarlo, ma ogni volta che arrivavo lì davanti mi bloccavo e non riuscivo ad andare avanti. Sapevo benissimo che quel gioco era tutto una finzione e che non poteva accadere nulla, ma la curiosità mi stava divorando lentamente ogni giorno che passava, ma non ci riuscivo a farlo. 

Il gioco consisteva nell’entrare nell’ascensore di quel hotel immenso da dieci piani, fare su e giù per i vari piani, sperare che non entrasse nessuno per ritrovarmi poi in una specie di Altromondo, dopodiché dovevo tornarmene a casa come se niente fosse mai accaduto. Sapevo benissimo l’unica cosa che sarebbe successa era il nulla assoluto, ma la paura e l’ansia che sarebbe potuto accadere davvero mi bloccava e mi rispediva a casa. Ogni giorno mi ripetevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei provato, ma ogni mattina mi svegliavo e le gambe mi portavano davanti al hotel di loro spontanea volontà per poi riportarmi a casa tremanti di paura. 

Tra poco mi sarei laureata in medicina e invece di stare a ripassare la tesi pensavo a quelle stupidaggini, non riuscivo a mettermi sui libri che la mente viaggia verso l’ascensore e il gioco, così quando mi svegliai quella mattina decisi che non sarei tornata a casa prima di aver fatto quel gioco, nulla mi avrebbe fermato, ero definitivamente decisa a farlo. Mi vestii velocemente con una gonna a vita alta nera e rossa, una maglietta nera con una scritta bianca che diceva “Non sono una principessa, ma una patata”, calze con motivi floreali neri e stivaletti neri. Sistemai i lunghi capelli neri corvini in una coda alta e truccai leggermente: gli occhi bicolori uno rosso e l’altro verde; le labbra rosse scarlatte e la pelle bianca candida. Presi lo zaino che avevo preparato per qualsiasi emergenza e corsi fuori casa, dovevo sbrigarmi ad andare all’hotel prima che cambiassi idea e ritornare a casa senza aver concluso nulla per ennesima volta.

 

Mentre camminavo velocemente ripensavo a come avevo scoperto il gioco, un semplice post su Instagram lo citava ed ero andata a vedere su internet se esisteva veramente. Non era nulla di pericoloso, un gioco del tutto innocente che non metteva a rischio nessuno, se rispettavi le regole ovviamente. Dovevi entrare in un edificio dotato di ascensore che aveva dieci piani, seguendo un ordine particolare di piani dovevi arrivare nell’aldilà; se uscivi dall’ascensore non succedeva nulla, potevi farti un giro in quel luogo senza che accadesse nulla per poi tornare nell’ascensore da cui eri uscita e tornare a casa tranquillamente seguendo la sequenza di piani al contrario, non dovevi assolutamente sbagliare ascensore altrimenti non saresti più tornato a casa. Arrivati ad un certo piano entrava una donna a cui non dovevi prestare la neanche minima attenzione, non la dovevi guardare e non le dovevi parlare, altrimenti... non c’erano testimoni su quello che ti sarebbe potuto succedere. Ovviamente durante il gioco non poteva entrare nessuno nell’ascensore, se qualcuno entrava dovevi ripetere il gioco da capo, inoltre dovevi stare da sola, nessuno ti poteva accompagnare.

Tutto sommato era un ottimo modo per perdere tempo durante le vacanze di Natale in cui non avevo nulla da fare e non pensare alla laurea che si avvicinava ogni giorno di più. 

 

Arrivai davanti all’unico hotel di dieci piani nella mia città. Con un respiro profondo entrai dentro, superai velocemente la hall, le ragazze che stavano dietro il bancone passavano il tempo a sparlare di altre ragazze o dei loro problemi con i rispettivi ragazzi, a me non ci badavano mai, il che mi dava il via libera senza nessun ostacolo. 

Entrai nell’ascensore, il cuore stava esplodendo nel petto, l’unica cosa che sentivo era il rumore del mio cuore che batteva, il sangue che fluiva veloce nelle orecchie, le mani sempre fredde iniziarono a sudare e la gola si chiuse dalla morsa della paura. Non ci badai, non potevo tirarmi indietro ora che ero entrata dentro, dovevo farlo, solo per curiosità, per testare che tutto quello che avevo letto erano solo le fantasie di qualcuno, era impossibile che succedesse qualcosa. Premetti per andare al primo della piano della sequenza.

 

Dovetti ripetere la sequenza per due volte visto che prima del quinto piano, dove la donna misteriosa doveva entrare, un gruppo di stranieri, che avevano deciso di passare le vacanze in quel luogo sperduto del mio paese, presero il mio ascensore.

Quando finalmente arrivai al quinto piano vide che qualcuno effettivamente entrava nel ascensore, era una donna; il quel momento sentii il cuore perderse svariati battiti, la pressione scendere drasticamente e il viso sbiancare. Per un attimo pensai di andarmene, correre via e far finta che nulla fosse mai successo. Lo stavo per fare quando mi ricordai che non potevo uscire dall’ascensore, se lo facevo chissà che cosa sarebbe accaduto. Forse era solo una coincidenza, se lasciavo decidere a lei a quale piano andare magari avrei scoperto che era solo una coincidenza, e così feci, non mi mossi. La donna premette il per andare al primo piano, ma l’ascensore invece di scendere iniziò a salire. Le gambe diventarono come gelatina e iniziai a tremare come una foglia, l’ascensore si bloccò momentaneamente e la donna provò in tutti i modi a farmi parlare, a spaventarmi, ma mi tappai la bocca con le mani, chiusi forte gli occhi e mi accovacciai a terra per paura. Perché mi ero messa a fare quello stupido gioco? Ora chissà cosa mi sarebbe successo, come minimo sarei morta se non per colpa della donna per colpa dell’infarto che stava per venirmi. Non mi accorsi nemmeno che l’ascensore aveva ripreso a risalire, me ne accorsi solo perché le porte si aprirono e riuscii a guardare fuori con gli occhi sgranati. Tutti le luci erano spente. Non so come, ma le gambe mi portarono fuori, dalle finestre l’unica cosa che vedevo era una croce rossa. Era tutto vero quindi tutto quello che avevo letto era realtà e non finzione, la sorpresa mi seccò la gola in un secondo. Feci giusto un passo quando sentì l’ascensore chiudersi dietro di me, il panico iniziò a scorrermi nelle vene, come potevo essere stata così stupida da aver dato retta da un gioco. Corsi verso l’ascensore ed entrai velocemente dentro premendo ossessivamente il primo dei piani per correre a casa, nascondermi sotto le coperte e non pensarci mai più.

Il ritorno fu abbastanza tranquillo, per mia fortuna quando premetti il pulsante per andare al primo piano l’ascensore cominciò a scendere sul serio, sospirai di sollievo accasciandomi a terra, non avrei mai più fatto un gioco simile per il resto della mia vita, non importava quanto interessante potesse essere, questo bastava e avanza per togliermi dieci anni di vita. L’unico problema fu che quando le porte si aprirono non c’era la solita hall con il pavimento di marmo blu lucido, le piante da appartamento che incorniciavano l’uscita dall’hotel. Quello che vidi fu un sentiero nel bosco con degli uomini a cavallo che mi guardavano come se fossi un alieno. Il panico ritornò a farsi sentire più prepotente di prima, scattai in piedi e il braccio si alzò in automatico a preme tutti i pulsanti presenti anche quello della chiamare di emergenza, mentre una serie di imprecazioni iniziarono ad uscire dalla mia bocca. Mi bloccai solo quando uno scossone fece tremare l’ascensore e caddi a terra, alzai d’istinto lo sguardo e il mio cervello registrò solo una cosa: l’ascensore si stava rimpicciolendo ed io ero ancora dentro. Restai a guardare imbambolata il soffitto non capendo perché stesse succedendo tutto quello, fino a quando qualcuno non mi strattonò fuori appena prima che rimanessi incastrata lì dentro e dopo un secondo lo vedi scomparire davanti ai miei occhi.

 

Rimasi ad osservare il punto dove stava l’ascensore per minuti interi, non riuscivo a capire cosa era successo, stavo dentro l’ascensore a fare uno stupido gioco, ora perché mi trovato in mezzo ad un bosco? Ero uscita, ora cosa sarebbe successo? Sarei morta all’istante o avrei sofferto pene infinite? Non sarei più tornata a casa ero Bloccata... il mio cervello fece rimbombare quel pensiero come un eco. Ero bloccata. Non potevo tornare a casa. Ero bloccata. Bloccata. Bloccata. Il cervello e il cuore non ressero più tutte le emozioni e i pensieri così tutto divenne nero.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quando mi svegliai la prima cosa che vidi fu il cielo stellato con i rami degli alberi che oscurano di tanto in tanto qualche stella e costellazioni a me sconosciute. Che ci facevo nel bosco? Perché non ero a casa mia sotto le coperte? Come ci ero arrivata lì? Ci impiegai vari minuti a capire che tutto quello che era successo non era un sogno, ma che era stato tutto vero.

<< La ragazzina si è svegliata >> disse una voce maschile alla mia destra, girai solo la testa per vedere tre uomini ed un ragazzo che stavano mangiando intorno al fuoco, vidi immediatamente che erano armati con spade e pugnali, l’ansia e il panico tornarono a farsi sentire facendomi chiudere la gola con un groppone. Magari avevano quegli attrezzi solo per la caccia, a me non avrebbero fatto nulla, ma  per essere persone che stavano in bosco a caccia era strano non vedere neanche una tenda o un sacco a pelo. Mi alzai a sedere e mi girò leggermente a testa

<< Cinque monete che sviene una seconda volta >> disse uno che aveva i capelli neri e gli occhi scuri, ghignando divertito

<< Cinque che rimane sveglia >> disse un’altro biondo che mi dava le spalle

<< Dieci che tenta di scappare >> disse il ragazzo sorridendo divertito, aveva i capelli neri e occhi rossi che sembrano rubini

<< In quel caso non credo che i lupi gradiranno molto lo stuzzicadenti >> disse l’uomo con i capelli castani e anche lui con gli occhi rossi, ma più scuri rispetto al ragazzo e con due cicatrici che gli sfiguravano il volto che partivano dall’angolo degli occhi fino ad arrivare agli angoli della bocca. Mi guardai intorno ancora confusa, non sapevo se scalpitare e farmi prendere dal panico o rimanere razionale e capire cosa stesse succedendo. Il cervello era più incline a dare di matto, ma cercai in tutti i modi di mantenere l’equilibrio mentale per non urlare e iniziare a correre nel bosco per finire col perdermi. 

<< Dove siamo? >> dissi con voce leggermente rauca, chiusi le mani a lungo per non far notare troppo che stavano tremando, vicino a casa mia ci stava un bosco, magari l’ascensore si era rotto e mi aveva lasciato leggermente più distante dal hotel...

<< Nella Foresta degli elfi >> dissi il ragazzo biondo sorridendo dolcemente, il nome risuonò nella mia testa come un eco... mi stava semplicemente prendendo in giro, si stavano semplicemente divertendo a mie spese per vedere dare di matto, si era così. Doveva essere così.

<< Dai si capisce che mi stai prendendo in giro, su dimmi dove siamo così chiamo mio padre e mi viene a prendere >> sbuffai cercando di sorridere divertita, i quattro si guardarono tra loro confusi

<< Drey qui è l’unico che non ti prenderebbe in giro ragazzina... tranne se si tratta di scopare, lì potrebbe farlo >> disse l’uomo con gli occhi e capelli scuri, il mondo mi crollò addosso facendomi girare la testa... dovevo essere finita in un altro mondo, oppure stavano continuando a prendermi in giro, ma sembravano tutti così seri... forse era vero... mi guardai intorno, la foresta era normale, non conoscevo molto le piante quindi mi soffermai a guardare il cielo era lo stesso, nero e pieno di stelle, ma la luna... ci stavano due lune in cielo una azzurra molto chiara, come se stata disegnata da un pastello, la seconda più grande, che si nascondeva dietro la prima, violetta... stavo davvero in un altro mondo

<< Fantastico >> borbottai passandomi una mano fra i capelli

<< Allora patata svieni o no? >> chiese lo stesso uomo

<< Penso di no >> sospirai esasperata

<< Scappi? >> chiesi l’uomo che aveva scommesso che sarei rimasta sveglia

<< Per andare dove? In mezzo ai lupi? Una morte troppo lenta e dolorosa, preferisco una cosa rapida. Già la vita è sofferenza, almeno la morte fammela fare senza dolore >> sbuffai

<< Non esiste la morte che vuoi tu >> disse il ragazzo fissandomi e io evitai il suo sguardo

<< Esiste. Basta prendere tanti sonniferi da andare in coma, mettersi comodi in una vasca e aspettare; ti addormenti e muori affogato nel sonno >> dissi scrollando le spalle. Calò il silenzio fra gli uomini per svariati minuti

<< Cosa era quella scatola in cui stavi? >> chiese l’uomo sfigurato

<< Un’ascensore >> sospirai appoggiandomi con la schiena contro l’albero che mi stava dietro, come facevamo a non saperlo? Forse era insolito vederlo in una foresta, ma addirittura chiedermi cosa fosse mi sembrò assurdo. Se trovavo un altro ascensore magari potevo tornare a casa

<< E cos’è? >> chiese il ragazzo

<< Non avete ascensori qui? >> chiesi sorpresa e il mio sguardo cadde sul ragazzo che alzò un sopracciglio come se avessi detto una cosa assurda, scoppiai in una risata nervosa, se non c’erano non avrei mai potuto fare ritorno a casa, sarei rimasta lì a vita, non avevo speranze, ero bloccata

<< Secondo me ci siamo presi una matta >> disse l’uomo con i capelli neri << già da come veste si dovrebbe capire, neanche le puttane si vestono così >> continuò borbottando

<< Hey non sono una puttana >> dissi offesa smettendo di ridere

<< Su quella specie di maglietta sta scritto che sei una patata >> disse il ragazzo sorridendo divertito, si alzò in piedi ed iniziò ad avvicinarsi

<< Veramente dai retta a quello che sta scritto su una maglietta? >> chiesi alzando un sopracciglio, più si avvicinava più le fibre del mio corpo si irrigidivano e la paura la sentivo crescere sempre di più. Quando fu abbastanza vicino mi prese per le guance così da evitarmi qualsiasi via di fuga dal suo sguardo e iniziò a stringere leggermente

<< Inizia a parlare >> disse con una calma che non presagiva nulla di buono, cercai di liberarmi dalla sua mano, ma strinse di più la presa, alzai gli occhi al cielo e sospirai << parla >> sospirai ancora ed iniziai spiegandogli come funzionava l’ascensore, dopodiché gli raccontai del gioco. Appena finii di parlare sentii la mano del ragazzo lasciarmi mentre mi guardava, non capivo la sua espressione, l’unica cosa che esprimeva il suo stato d’animo era la mascella serrata

<< L’ho detto io che è matta >> disse l’uomo che aveva iniziato le scommesse dopo minuti interi di silenzio

<< Non stai mentendo >> un affermazione non una domanda che mi stupì, lo vidi sorridere divertito << ma per stare sicuri... bloccatela >> disse andando verso il fuoco mentre gli altri si alzavano in piedi, una paura simile a quella che avevo provato nell’ascensore mi assalì, tentai di scappare, ma mi bloccarono per le braccia prima che potessi fare qualsiasi cosa

<< Lasciatemi >> mi lamentai agitandomi in tutti i modi per liberarmi, vidi il ragazzo tornare verso di me con una piccola ciotola in mano e un pennello nell’altra. Quando fu abbastanza vicino provai a dargli un calcio, ma lui lo schivò facilmente e si lasciò cadere a sedere sopra la mia pancia togliendomi il fiato

<< Pesi, levati >> sbraitai cercando ancora di liberarmi, ma oramai tutti i miei tentativi di movimento erano bloccati, così iniziai a tremare

<< Stai calma sarà questione di un attimo >> disse il ragazzo ghignando divertito, con un movimento veloce mi strappò mezza maglietta lasciando scoperto il petto, lo vidi intingere il pennello nella ciotola per poi avvicinarlo a me, provai un’ultima volta a liberarmi, ma non ci riuscii. Il ragazzo disegnò un cerchio con dentro un triangolo e dalla metà di ogni lato uscivano delle linee che si intrecciavano tra loro.

<< E ora il tocco finale >> disse divertito, lo vidi prendere un pugnale che aveva nella cintura, farsi un piccolo taglio su un dito e portare la mano verso il mio petto, appena mi toccò sentii un dolore lancinante partire dal petto e scendere per tutto il corpo. Nelle vene mi sembrava che avesse iniziato a scorrere fuoco anziché sangue, il cuore prese a battere più velocemente e il dolore prese il sopravvento sui pensieri. Iniziai ad urlare per il dolore e mi agitai ancora di più, volevo solo che finisse tutto al più presto.

Dopo quella che a me era sembrata un eternità il dolore passò lentamente, avevo il cuore che batteva ancora velocemente, il fiato corto e il corpo che tremava visibilmente

<< Che mi hai fatto? >> chiesi con voce tremante, gli uomini mi avevano lasciato le braccia, ma il ragazzo continuava a starmi seduto sopra. Lo vidi ghignare divertito e scivolare una mano intorno al mio collo, stringerlo leggermente e piegarsi verso il mio orecchio sinistro

<< Ti ho resa mia. Ora sei la schiava. Non potrai più mentirmi, disobbedire ad un mio ordine e non potrai tradirmi >> sussurrò per scoppiare a ridere divertito subito dopo, intanto io non potevo credere a quello che mi aveva detto

<< Non è vero >> dissi tremando, mi stava prendendo in giro, tutto quello che stava succedendo era pure fantasia, un sogno. Ecco era un sogno, stavo sognando tutto, nulla era reale

<< Invece si che è vero, principessa. Ora sei mia >> e ritornò subito dopo a ridere divertito. Ero rimasta senza parole, non sapevo neanche più come mi sentivo, ansia, paura e sorpresa si erano unite in un unica emozione che non sapevo come definirla. Il ragazzo smise di ridere e tornò a guardarmi

<< Ora torniamo al discorso di prima, mi hai mentito? >> chiese stringendo la presa sul mio collo, volevo rispondergli, ma il groppo si era formato in gola non mi faceva parlare << rispondi >> disse stringendo ancora, d’istinto misi le mani intorno al suo polso cercando di allontanarlo inutilmente 

<< No >> riuscii a dire con fatica

<< Quindi l’ascensore ti ha portata qui da dove? >> chiese allentando la presa sul collo, scrollai le spalle senza rispondere, non volevo rispondergli e subito dopo senti una scossa elettrica che mi attraversò tutto il corpo << ogni volta che disobbedisci avrai questa punizione. E ora rispondi >> disse stringendo più forte il collo, esitai e sentii un’altra scossa, per essere un sogno era tutto fin troppo reale, volevo svegliarmi. Ora. Non sopportava più nulla. L’ennesima scossa più forte della prima mi convinse a parlare

<< Forse da un’altra dimensione, dal passato, non lo so >> dissi con gli occhi che iniziavano a pizzicare per le lacrime che premevano per uscire

<< Come fai a non saperlo >> ringhiò stringendo

<< Quello stupido gioco doveva solo portarmi in un Altromondo e poi portarmi a casa, non doveva succedere nulla di simile. Penso che a nessuno sia mai successo una cosa del genere. Non so cosa sia successo >> piagnucolai senza più riuscire a controllarmi. Il ragazzo continuò a guardarmi mentre le lacrime continuavano a scendere senza freni, così dopo un minuti ritornò a piegarsi verso il mio orecchio

<< Non mi piace la gente che piange, quindi vedi di smetterla o potrei anche decidere di ucciderti >> mi lasciò il collo, si alzò in piedi e tornò al posto di prima, volevo rispondergli male, ma scossa mi fermò prima che potessi dire qualsiasi cosa, così gli alzai il dito medio, almeno con quello non mi accadde nulla. Mi alzai a sedere e mi misi a guardai verso la foresta

<< Che c’è ragazzina? >> chiese l’uomo biondo con un leggere accenno di barba, scrollai le spalle

<< Non sono mai stata in una foresta >> borbottai portandomi le ginocchia al petto, gli altri scrollarono le spalle e iniziarono a parlare del più e del meno, come se quello che era successo cinque minuti prima non fosse mai accaduto, probabilmente per quel mondo era normale rendere schiava la prima persona che capitava a tiro. Cosa stavo dicendo? Era tutto un sogno, un brutto sogno da cui mi sarei svegliata... prima o poi.

Non aveva senso pensare che era tutto vero, il gioco lo avevo fatto tutto secondo le regole, ero andata ai piani giusti, non avevo parlato con la ragazza, non l’avevo guardata, niente; ero anche arrivata nell’Altromondo dopo aver rischiato almeno una decina di volta un’infarto. Al ritorno avevo seguito la sequenza giusta, ne ero sicura, l’unico motivo che mi venne in mente per cui non sono stata riportata a casa era che l’ascensore si era rotto a metà percorso e quindi mi ero ritrovata lì. D’altronde quando ero arrivata l’ascensore stava implodendo con me dentro. No dovevo smetterla di pensare che ero finita in un altro mondo, era tutto uno stupido sogno, ero svenuta in ascensore e ora stavo sognando, si doveva essere andata così 

<< È inutile che ti arrovelli tanto oramai stai qui, rassegnati >> disse il ragazzo mettendosi seduto accanto a me, gli alzai di nuovo il dito medio e lui in risposta sorrise divertito, mi prese la mano quasi delicatamente e l’avvicinò a lui << te la spezzo il dito se continui >> disse sorridendo divertito

<< Che cosa romantica da dire ad una ragazza, mi hai stupito >> dissi sarcastica, mi liberai della sua stretta e mi misi a guardare dall’altra parte e lui scoppiò a ridere divertito

<< Comunque, come avresti fatto a chiamare tuo padre in mezzo alla foresta? >> chiese tornando serio

<< Col cellulare, come se no? >> chiesi alzando aggrottando la fronte, posso che li non avevano neanche quello?

<< E cosa sarebbe? >> chiese leggermente innervosito

<< Si può dire che serve a contattare persone distanti, ascoltare musica e altre cose >> dissi dopo averci pensato a lungo

<< Come funziona? >> chiese incuriosito

<< È tanto difficile da spiegare... ti prego non farmelo fare >> dissi sospirando, ma lui si mise comodo con le braccia incrociate ad aspettare una risposta più soddisfacente << dammi almeno lo zaino che te lo faccio vedere >> dissi esasperata, annuii e andò a prenderlo vicino ai cavalli tutti rigorosamente neri, come i loro vestiti. Appena presi il cellulare buttai un occhio per vedere se c’era campo per chiamare, ma non prendeva nulla. Non feci in tempo a vedere altro che il ragazzo me lo strappò dalle mani e lo esaminò 

<< Una cosa del genere ce l’hanno anche dei ribelli... stai con loro? >> chiese facendo dondolare l’apparecchio davanti a me, ma abbastanza lontano da impedirmi di prenderlo

<< Mi sembra ovvio che se sto qui non posso stare con loro >> sbuffai guardandolo male. Non gli piacque per niente la risposta, mi prese se il collo e mi alzò da terra stringendolo pronto a soffocarmi e la paura prese il sopravvento sulla mia mente

<< Allora stupida ragazzina mettiamo in chiaro un paio di cose, tu non ti puoi permettere di dire e fare tutte le cose che vuoi. Tu stai sotto i miei ordini, io dico tu obbedisci senza fare storie. Quindi per l’ultima volta, conosci qualche ribelle? >> chiese stringendo ancora di più la presa, scossi la testa incapace di parlare per la paura << e come fai ad avere un loro stesso oggetto? >> chiese stringendo ancora 

<< Non... non lo... >> 

<< Non provare neanche a dire che non lo sai perché farò diventare realtà i tuoi peggiori incubi >> disse sorridendo divertito, tremai e le lacrime tornarono a scendere lungo le guance e il ragazzo strinse ancora di più la presa lasciandomi a boccheggiare alla ricerca disperata di aria che non arrivava ai polmoni. Alla fine mi lasciò ed io caddi a terra tossendo

<< Sei completamente inutile. Mettiti a dormire domani sarà una lunga giornata >> disse andandosene, volevo mandarlo a quel paese così iniziai ad alzargli il dito, ma mi bloccai vedendolo girare la testa verso di me << alzalo e domani non lo avrai più >> abbassai lo sguardo a terra e ci rinunciai. Era tutto un incubo vero e proprio. Dovevo svegliarmi, dovevo farlo e ora, mi misi sdraiata dando le spalle a tutti e dopo svariati minuti mi addormentai. Così forse mi sarei svegliata da quel sogno senza fine.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La mattina mi svegliai con la schiena che mi lanciava fitte per qualsiasi movimento facessi. La prima cosa che vidi fu la mano, l’avevo stretta così tanto che le unghie avevano fatto uscire un po’ di sangue dal palmo, probabilmente durante la notte avevo avuto qualche incubo. Mi ricordai dell’incubo in cui finivo nelle mani di strani uomini, si era stato tutto un brutto sogno, non dovevo preoccuparmi, però quello che non riuscivo a spiegarmi era: perché il mio letto come così duro? Me lo ricordavo più morbido e caldo. E perché intorno a me c’era tutto quel rumore di foglie che scricchiolavano? Aprii meglio gli occhi guardandomi intorno, stavo in mezzo alla foresta e la prima cosa che vidi furono gli occhi del ragazzo. In un attimo capii che quello non era stato un sogno ed inoltre successe qualcosa di strano: tutto svanì, stavamo ancora nel bosco, ma mi ritrovai a camminare accanto a lui, che intanto stava cavalcando, sentivo che stavo per dargli l’ennesima risposta sarcastica quando un luccichio in mezzo la foresta mi bloccò, d’istinto lo presi per il braccio e lo tirai verso di me appena prima che un freccia lo colpisse. Il peso del suo corpo mi riportò alla realtà

<< Cosa era? >> chiese il ragazzo avvicinandosi a passa veloce, la paura oramai stava diventando l’emozione costante delle mie giornate

<< Non lo so >> dissi spaventa alzandomi a sedere, non avevo avuto neanche il tempo di capire che tutto quello che era successo il giorno prima era vero e non un semplice incubo, che lui iniziava ad urlandomi contro

<< Possibile che tu non sappia mai nulla >> ringhiò prendendomi per il collo per costringermi ad alzandomi in piedi

<< Sai com’è non sono esattamente di qui >> dissi sarcastica afferrandogli con entrambe le mani il polso della mano che mi teneva il collo, quasi mi stavo abituando anche a quella presenza e non sapevo se era un bene o un male

<< Cosa facevi prima che ti trovassi? >> chiese continuando a ringhiare, era arrabbiato lo capivo dai muscoli tesi di tutto il corpo e dagli occhi che sembravano lanciare fiamme

<< Niente, studiavo medicina, non avevo alcun tipo di potere se è quello che stai pensando... e non ne ho tutt’ora >> se lui era arrabbiato io lo ero ancora di più, ed ero anche molto spaventata. Dopo qualche secondo mi lasciò andare con una spinta che mi fece cadere a terra

<< Vattene, non ti voglio vedere >> ringhiò ed io non me lo feci ripetere due volte, forse finalmente ero libera da tutto.

Camminai fino a quando non arrivai ad un piccolo ruscello, mi misi seduta accanto ad un albero e mi portai le ginocchia al petto. Chissà se avrei più rivisto nessuno, mio padre, i miei adorati gatti, i miei amici... chissà dove ero finita, nel passato o in un’altra dimensione? I vestiti di quegli uomini non mi diceva nulla, e anche le loro armi non avevano nulla di particolare. Considerando quello che mi avevano fatto era più probabile che ero finita in un’altra dimensione, nel passato della storia che io conoscevo era impossibile una cosa del genere, la magia non esisteva e soprattutto era impossibile avere visioni. Iniziai a piangere, dovunque era capitata ero da sola, nessuno avrebbe mai saputo cosa mi fosse in quel maledetto ascensore. In più ci si metteva il fatto che il gruppo in cui ero incappata mi aveva resa schiava senza motivo, era passata solo una notte e già non mi sentivo più libera. Guardai verso il petto, all’interno del triangolo c’era scritta la lettera E in rosso sangue, probabilmente era quello che mi aveva fatto male. 

<< Cosa succede piccola? >> chiese una voce dolce, alzai di scatto il viso e trovai davanti a me un uomo dalla pelle candida, gli occhi grigi come a ricalcare il colore dei suoi capelli lunghi e argentei da cui spuntavano due orecchie a punta che mi fecero capire che doveva essere un elfo. Quell’essere mi diede la conferma che ero finita in un’altra dimensione, non c’erano altre spiegazioni, nel passato non esistevano elfi 

<< Come mai piangi? >> chiese iniziando ad accarezzarmi i capelli, ero come incantata da lui e soprattutto sorpresa di vedere un elfo

<< Niente di particolare >> riuscii a dire dopo vari minuti di silenzio, mentii distogliendo lo sguardo e puntandolo a terra, almeno a lui potevo mentire

<< Non vuoi proprio dirmelo? Magari ti posso aiutare >> disse dolcemente e quelle parole mi fecero scoppiare a ridere

<< Nessuno mi può aiutare >> dissi divertita tornando a guardarlo

<< Nulla è impossibile >> disse spostando la mano e iniziando ad accarezzarmi una guancia per togliere le lacrime che continuavano a scendere, aveva una mano morbida con unghie lunghe ed affilate

<< Allora riusciresti a portarmi a casa? >> chiesi già sapendo la sua risposta

<< Certamente, se mi dici dove si trova ti ci accompagno >> disse gentilmente stavo per rispondergli quando vidi una spada mettersi sotto il mento dell’elfo

<< Stalle lontano. Lei è mia >> disse una voce che fin troppo bene conoscevo, l’elfo si alzò in piedi con calma

<< Mio principe, che piacere vedervi >> disse allontanandosi dalla spada

<< Non posso dire lo stesso >> disse lui irritato

<< Stavo solo aiutando la ragazza... >>

<< Lei non ha bisogno di aiuto. E adesso vattene >> ringhiò 

<< La ragazza ha chiesto il mio aiuto... >> provò a dire l’elfo

<< Mi contradici? Con questo potrei avere un motivo in più per dichiarare guerra >> disse lui interrompendolo, l’elfo lo guardò in silenzio a lungo e alla fine si arrese

<< Come volete >> piegò leggermente il busto per poi scomparire nel nulla

<< Non ti hanno mai insegnato a non parlare con gli sconosciuti? >> disse girandosi verso di me, era ancora arrabbiato, non risposi e così la scossa mi percorse tutto corpo << quindi te ne volevi andare >> continuò lui ghignando divertito

<< Chi non lo vorrebbe? >> chiesi sospirando stringendomi le gambe al petto, ero in un’altra dimensione e non potevo tornare a casa, non potevo fare nulla

<< Tu sei mia, non andrai da nessuna parte. Rimarrai qui, fine della storia... E poi non ti fidare degli elfi, loro non sono come sembrano >> disse guardandomi serio

<< Capirai in alternativa dovrei fidarmi di te, gran bel volta pagina >> borbottai involontariamente e subito dopo la scossa fu più forte di quella di prima

<< Loro ti avrebbero già mangiata, quindi si hai bel volta pagina >> disse sorridendo divertito, scrollai le spalle, sarei morta comunque o per colpa sua o per colpa di altri. Rimase a guardami in silenzio e alla fine sospirò << ti avevo detto che non sopporto la gente che piange >> disse piegandosi verso di me, inclinando la testa di lato

<< No tu avevi detto che non sopporti vederela gente piangere, quindi se non lo faccio davanti a te non è un problema >> dissi sorridendo divertita e anche lui sorrise

<< Lavati il viso e sistemati quel nido per uccelli>> disse facendo un cenno verso i miei capelli, dopodiché si alzò e se ne andò verso il bosco. Feci come mi aveva detto, dal riflesso del ruscello vidi che effettivamente i miei capelli neri corvini stavano messi molto male, definirli nido per uccelli era un complimento. Provai in tutti i modi di bagnarli per sciogliere più facilmente i nodi con le mani, così mi tolsi la maglietta per evitare di bagnarla troppo, sentii un fischio alle mie spalle

<< Però, carino il tatuaggio >> disse la voce irritante del ragazzo, feci finta di nulla e continuai a tentare di sciogliere i nodi, nel frattempo lui si avvicinò

<< Cosa c’è? Non eri andato dagli altri? >> chiesi girandomi per guardarlo

<< Non me ne sono mai andato >> disse alzando un sopracciglio << elfo potrebbe tornare, sono esseri molto pazienti e ora che gli hai detto il tuo desiderio sarà difficile levarselo di torno >> continuò scrollando le spalle << solo io mi posso divertire a tormentarti >> sorrise divertito, prese una ciocca di capelli e iniziò a giocarci << come mai il tatuaggio? >> chiese curioso, mi morsi il labbro inferiore, non risposi, non volevo raccontargli perché me lo ero fatto. Dopo un minuto iniziò la scarica elettrica, ma feci finta nulla, non glielo avrei detto per nulla al mondo. Il dolore aumentò, non mi interessava, per quanto potesse far male, non avrei mai detto nulla

<< Girati ci penso io ai nodi >> disse sospirando e la scossa smise, tirai un sospiro di sollievo e mi girai. 

Passò una buona ora prima che la maggior parte dei nodi fu sciolta

<< Ora che ci penso... non mi hai detto come ti chiamai >> dissi mentre aspettavo che finisse di farmi la treccia che aveva iniziato a fare senza che gli chiedessi nulla

<< Mi puoi chiamare Padrone o se vuoi Mio signore, appellativi del genere insomma >> disse e lo immaginai ghignare divertito

<< Mai! Dai dimmi il tuo nome >> dissi sbuffando

<< Prima dimmi il tuo >>

<< Mi puoi chiamare Regina >> risposi facendogli il verso e lui scoppiò a ridere divertito, sentii il cuore scaldarsi e incondizionatamente sorrisi felice << dai mi chiamo Alexandra. Ora dimmi il tuo >>

<< Ethan, contenta? Comunque continuerò a chiamarti schiava >> disse sorridendo divertito

<< Guai a te se lo fai >> dissi guardandolo storto << e comunque si sono contenta che mi hai detto il tuo nome >> dissi sorridendo

<< Finito, forza andiamo >> disse e avviandosi e io gli corsi dietro divertita.

 

Arrivati al campo tutti erano già pronti per partire col proprio cavallo, recuperai il mio zaino abbandonato vicino ad un albero e presi una delle poche barrette energetiche che ci avevo messo dentro per ogni evenienza

<< Che hai nello zaino? >> chiese l’uomo con le cicatrici sulle guancia

<< Qualche barretta e... tante medicine >> dissi mangiando

<< Perché le medicine? >> chiese l’uomo biondo

<< Perché sono un genio incompreso che pensa prima alle malattie e poi al cibo >> dissi scrollando le spalle

<< Che medicine? >> chiese Ethan sul proprio cavallo confuso

<< Garze, bende, antibiotici, robe per raffreddori, mal di gola, ago, filo, siringhe, disinfettanti, bisturi, forbici e tanti altri attrezzi >> dissi alzando gli occhi al cielo pensierosa

<< Va bene andiamo, abbiamo già perso troppo tempo >> disse Ethan pronto a partire

<< Aspetta... il mio cellulare? >> provai a chiedere mordendomi il labbro inferiore, avevo un brutto presentimento al riguardo

<< Lì in mezzo >> disse il ragazzo sorridendo divertito facendo un cenno dove stavano le ceneri del fuoco. Il mondo vacillò, non avevo più modo di contattare nessuno, se mai ne avessi avuto la possibilità di farlo... << forza >> continuò partendo col cavallo, tutti lo seguirono ed io dietro di loro a piedi, mentre cercavo di non affogare nella disperazione.

 

Non so come mi ritrovai a stare accanto ad Ethan e quasi subito iniziammo a battibeccare, per colpa sua ovviamente. Ci ritrovammo come quella mattina, la mia battuta sarcastica, lo strano luccichio su un albero, sopra un ramo, la paura prese il sopravvento, non sapevo cosa era ma per istinto presi Ethan per il braccio e tirai verso di me e lui mi cadde addosso con tutto il suo peso. Rimasi senza fiato per vari secondi, lo sentii imprecare, si spostò quasi subito con la spada già sguainata. In un attimo il tranquillo sentiero di bosco si trasformò in un caos di rumori: persone che combattevano tra loro; spade che cozzano e urla da tutte le parti.

Per tutto il tempo rimasi vicino al cavallo non sapendo cosa fare, vedevo gli altri combattere e mettere a terra l’avversario in poco tempo, ad Ethan bastava un colpo solo per ucciderne uno e passare subito al quello dopo. Sembrava che non finissero più, se ne toglieva di mezzo uno e ne comparivano due. Dovevo andare a curare i feriti, sapevo di doverlo fare, ma le gambe non si decidevano a muoversi, tutte quelle urla mi immobilizzavano. Durante il tirocinio avevo operato varie volte, ma nessuno urlava come loro

<< Ragazzina non dovresti stare qui >> disse una voce dietro me, sobbalzai dallo spavento e mi strinsi al cavallo di Ethan girandomi verso chi aveva parlato << vieni ti porto al sicuro >> disse provando a prendermi per il braccio, ma io mi scansai scuotendo la testa

<< No, non voglio >> dissi tremando, non sapevo neanche tirare un pugno, sicuramente se lui avesse voluto prendermi lo avrebbe fatto senza molti sforzi

<< Avanti non ho tempo da perdere >> disse perdendo la pazienza, allungò di nuovo la mano, chiusi gli occhi spaventata e strinse le briglie del cavallo, ma la sua mano non mi raggiunse, sentii solo l’urlo dell’uomo. Quando aprii gli occhi videi l’uomo dai capelli biondi, doveva chiamarsi Drey, girato verso di me che sorrideva

<< Tranquilla principessa, finiranno tra poco >> disse facendomi l’occhiolino

<< Sono tanti >> borbottai facendo finta di non vedere l’uomo steso a terra che non respirava più e mi girai a guardare il collo del cavallo, potevo ancora salvarlo, ma le gambe si rifiutavano di collaborare

<< Tieni per il prossimo >> disse passandomi il suo pugnale

<< Non sarà molto utile... non lo so usare >> mentii guardandolo con la coda dell’occhio, infondo non doveva essere tanto diverso dal usare un bisturi, ma mi rifiutavo di farlo 

<< È semplice, colpisci con la punta >> disse facendomi l’ennesimo occhiolino, presi il pugnale sospirando con la mano che tremava leggermente. Non mi girai mai a guardare il cadavere non ne avevo il coraggio, probabilmente quell’uomo voleva davvero solo aiutarmi e per questo era morto. Qualcuno mi diede un colpetto sulla fronte che mi fece distrarre dai miei pensieri e mi allontanai leggermente dal cavallo

<< Schiava avevi detto che di aver studiato medicina no? >> chiese Ethan accanto a me leggermente seccato

<< Non chiamarmi schiava >> dissi guardandolo male, lo vidi prendersi la maglietta e alzarla sul fianco rivelando un taglio non troppo profondo sul fianco

<< Cura >> ordinò mentre io osservavo il fisico perfettamente scolpito, potevo studiarci anatomia lì sopra, probabilmente avrei anche trovato muscoli sconosciuti all’umanità, ricetti un altro colpetto sulla fronte e tornai a guardarlo male << so perfettamente di essere stupendo >> disse ghignando divertito

<< Siediti >> squittì sentendo le guance andare a fuoco, si avvicinò e si abbassò verso il mio orecchio 

<< Così puoi toccare meglio? >> sussurrò, strabuzzai gli occhi e la voce si alzò di in ottava

<< Cosa vai dicendo razza di stupido idiota >> dissi imbarazzata e rossa finì alle orecchie, così iniziai a dargli leggeri schiaffi sul petto e sulle braccia << mettiti seduto e zitto >> continuai e lui scoppiò a ridere divertito, ma andò a sedersi contro un albero. Lo seguii borbottando una serie di imprecazioni e leggere scosse. Lo curai velocemente era un taglio leggermente più profondo di quanto non credessi, gli misi qualche punto e controllai anche gli altri, ma non si erano fatti nulla di grave per fortuna. Un uomo era ancora vivo potevo salvarlo, feci per andare da lui, ma una mano mi prese per i capelli e mi tirò indietro

<< Andiamo, stupida >> disse Ethan portandomi verso il cavallo tirando i capelli

<< Ma... >> provai a dire portando le mani intorno al suo polso nella speranza che mi lasciasse

<< Stai zitta, andiamo via, fine >> salì sul cavallo ed iniziò a cavalcare tenendomi per i capelli, visto che era molto più alto dovetti saltellare per lungo tempo prima che mi lasciasse dopo varie preghiere, suppliche e scosse.

 

<< Ethan... >> dissi appena ci fermammo

<< Mi sembra di averti detto di chiamarmi in altri modi >> disse guardandomi male, feci finta di nulla, non mi andava di battibeccare

<< Quello che abbiamo visto stamattina è successo davvero >> dissi nervosa

<< Si me ne sono accorto e quindi? >> 

<< Dici che è stato solo una coincidenza? >> chiesi curiosa

<< Vedremo cosa succederà domani >> disse e se ne andò, sospirai stanca, guardandomi intorno notai Drey e ne approfittai per ridargli il pugnale

<< Grazie >> borbottai passandoglielo

<< Di niente, ti avevo detto che non ne mancavano molti >> disse facendomi l’occhiolino

<< Per fortuna >> borbottai, fece l’ennesimo occhiolino e andò via anche lui lasciandomi sola al campo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


<< Drey mi racconti qualcosa di questo mondo? >> chiesi camminando accanto a lui. Quella mattina mi ero svegliata con più dolori del giorno prima, sopratutto alle gambe; non ero niente abituata a camminare per così tanto tempo e in quel momento le sentivo che stavo bruciando, ma se mi fossi fermata un attimo la scossa si sarebbe fatta sentire e avrebbe continuato fino a quando non avessi ripreso aumentando il dolore sempre di più 

<< Che vuoi sapere? >> chiese girandosi verso di me

<< Un po’ in generale, la storia in grandi linee insomma >>

<< Vediamo, il mondo è diviso in cinque nazioni: terra, acqua, fuoco, aria ed ombra. Queste si sono fatte la guerra per lungo tempo per via di territori e roba varia fino a quando il capo della nazione dell’aria non iniziò a negoziare la pace con i vari territori, proponendo scambi di mercato con tutte le nazioni. Propose la stessa cosa anche fra le altre nazioni e piano piano tutti accettarono la pace. Quindi per ora sono in pace tra di loro >> 

<< Come mai proprio aria, terra eccetera? >> 

<< I capi sanno usare il poteri del fuoco, acqua, terra eccetera, mentre il popolo sono vari. Sai immigrando da un paese all’altro uno si mischia >>

<< Ci stanno persone senza poteri? >> 

<< Penso di no >>

<< Quindi l’unica sfigata senza poteri ne niente in questo mondo sarò io. Fantastico >> dissi sospirando passandomi una mano tra i capelli

<< Non ti preoccupare, non ti succederà nulla, ci siamo noi >> disse facendomi l’occhino

<< Voi che poteri usate? >> chiesi sorridendo

<< Noi tutti controlliamo le ombre, il nostro principe... ti fa vivere i tuoi peggiori incubi >> disse serio, mi morsi l’interno della guancia, probabilmente se avessi rivissuto il mio peggior incubo sarai morta all’istante

<< Dove stiamo andando? >> chiesi scuotendo la testa, per cacciare i ricordi che iniziavano a risalire

<< Stiamo tornando a casa >> disse sorridendo felice << per la nostra patria manca ancora molto, ma manca solo un giorno e finalmente potrò poltrire tra le braccia di una bella donna >>

<< Sei fidanzato? >> chiesi sorridendo divertita

<< Per carità no, troppo impegno e poi non ci potrei scopare per bene >> 

<< Perché no? Se lo volete entrambi sti cazzi fattela, l’importante sono le precauzioni >> dissi alzando un scrollando le spalle, Drey mi guardò confuso

<< Cioè da voi quando volete scopate? >> chiese stupito

<< Basta che non lo fai in pubblico e che tutti e due siano acconsenzienti. Qui no? >> chiesi confusa

<< Certo che no. Se prendi una ragazza prima del matrimonio la condanni a vita a puttana >>

<< Oh Dio mio, quanto siete retrogradi, solo perché una scopa non vuol dire che è per forza una puttana. Semplicemente crede che a quello a cui la sta dando sia quello giusto. Poi se si rivela per quello che è, uno stronzo, bastardo, un verme ha più dignità di lui, ammazzarlo una volta è pure poco, metterlo all’ultimo girone dell’inferno sarebbe pure una pena leggera rispetto a tutto quello che ha fatto, non è mica è colpa di lei >> dissi incrociando le braccia e guardando per terra

<< E tutto questo disprezzo per chi è? >> chiese Ethan comparendo accanto a me

<< Non sono affari tuoi >> borbottai non guardandolo e la solita scosse mi percorse facendomi inciampare e per poco cadere a terra

<< Rispondi invece di girarci attorno, così magari eviti di soffrire >> disse guardandomi male

<< Non mi importa, non te lo dirò mai >> dissi guardandolo a mia volta male

<< C’entra con le cicatrici? >> chiese sorridendo divertito

<< Non sono affari tuoi >> continuai scandendo bene le parole, la scossa tornò più forte di prima, mi tolse il fiato per un attimo, ma per lo meno non caddi a terra

<< Te le ha fatte lui allora, uno con cui eri fidanzata? >> chiese continuando a sorridere divertito

<< Non eravamo fidanzati >> sussurrai abbassando lo sguardo a terra, sentivo le lacrime che premevano per uscire, anche solo parlarne mi faceva male, i ricordi si affollavano nella testa e il vuoto che mi avevano lasciato dentro si fece più largo di quando non pensassi

<< Quindi ti sei scopata uno con cui non stavi insieme, qui saresti una puttana di prima categoria sai >> continuò Ethan, ma io non lo stavo più a sentire, non mi interessava, lui poteva pensare quello che voleva, non mi avrebbe mai fatto male tanto quanto i ricordi di quella maledetta sera. La scossa mi distolse dai miei pensieri, era così forte che caddi a terra urlando, non smise subito come le altre volte continuò per quello che mi sembrò un eternità. Non avevo più fiato nei polmoni e continuai a tremare per un altro po’ anche se la scossa era finita. Alzai lo sguardo per guardare male Ethan, era andato leggermente più avanti, ma si era fermato ad aspettarmi con gli altri 

<< Colpa tua che non rispondi >> disse semplicemente scrollando le spalle, lo mandai mentalmente a quel paese, mi alzai in piedi con le gambe ancora un po’ molle, ma ressero abbastanza bene. Sospirai e ripresi a camminare da sola e in silenzio, bastava ancora così poco per farmi tornare a quella sera e far tornare il dolore a galla.

 

Camminai per tutto il giorno, si fermarono solo per far bere i cavalli, mangiare qualcosa in fretta per poi partire subito dopo. Era quasi tramonto quando arrivammo a vedere una città da una collina in alto, come minimo avrei dovuto camminare ancora per un bel po’ 

<< Questa è Nart ultima cittadina a confine tra il Regno delle Ombre e quello del Fuoco >> disse Drey accanto a me

<< È grande >> dissi pensierosa, per essere l’ultima cittadina era più grande di quanto non pensassi

<< Neanche tanto, rispetto ad altre è piccola. Al centro ci sta una fontana molto bella, è enorme e una volta al giorno i getti suonano una melodia. In fondo è carina >> stavo per rispondergli che vicino da me ci sta a una villa con una fontana del genere quando Set, l’uomo con i capelli neri mi fermò 

<< Secondo voi quante donne urleranno nel vedere la ragazzina? >> disse  avevo scoperto che aveva il vizio del gioco, scommetteva su tutto e ogni volta perdeva

<< La Ragazzina ha un nome e lo sai. Sei pregato di usarlo >> dissi guardandolo male

<< Altrimenti? >> disse sorridendo divertito

<< Ti stacco le palle e te le faccio ingoiare >> dissi continuando a guardarlo male e tutti quanti scoppiarono a ridere divertiti

<< Andiamo Ragazzina, sei un coniglietto impaurito della sua stessa ombra, riusciresti davvero a staccarmi le palle? >> disse divertito

<< Ovvio e non sono un coglietto impaurito della sua stessa ombra >> borbottai guardando verso la città

<< Staremo a vedere, coniglietta >> disse ancora più divertito, lo avrei ucciso con piacere una sera di quelle, passava troppo tempo a prendermi in giro o farmi battute sconce, a cui ovviamente rispondevo per le rime e per cui tutti scoppiavano a ridere.

Ci fermammo un ultima notte nella foresta, il passatempo della serata fui io che battibeccavo sia con Set che con Ethan, provavano in tutti i modi ad offendermi, ma mi sapevo difendere bene. Solo l’uomo con le cicatrici non diceva nulla, mi osservava e basta come se fossi un qualche animale strano a cui non bisogna mai dare le spalle. Per puro caso avevo scoperto che si chiamava Valentine, ma niente di più.

 

Arrivammo in città in mattinata. Dai cancelli vedevo che la strada principale era piena di gente che si fermava davanti alle bancarelle alla ricerca delle offerte migliori. Arricciai il naso vedendo tutte quelle persone

<< Che c’è non ti piace più? >> chiese Ethan ghignando divertito

<< Ci sono troppe persone. Io odio le persone >> dissi grattandomi distrattamente il braccio

<< Beh facci l’abitudine. Ci vediamo alla fontana che suona stasera, noi andiamo >> disse lanciandomi un sacchetto suonante << comprati qualche vestito decente. E attenta ai ladri >> continuò fece per andarsene, ma io lo fermai

<< Dove andate? >> chiesi confusa, era la prima che mi lasciava completamente da sola, di solito mi seguiva dappertutto, anche quando andavo a fare i miei bisogni

<< In un bordello a divertirci, sono settimane che non vediamo una donna >> disse facendomi l’occhiolino

<< Io che sono scusa? >> chiesi alzando un sopracciglio

<< Tu non conti... schiava >> disse ghignando divertito, sentii la rabbia ribollirmi nelle vene per l’ultimo appellativo, ma la trattenni con non poco sforzo

<< Divertitevi >> dissi acida e mi incamminai in mezzo alla folla, lo odiavo quando mi chiamava con quell’appellativo e lui lo sapeva bene. Avrei ucciso anche lui se non fosse stato per quello stupido simbolo sul petto, e probabilmente lo avrei fatto già dalla sera prima per tutte le battute sconce che mi aveva rivolto.

La rabbia mi ribolliva ancora quando entrai nel primo negozio di abiti che non sembrava eccessivamente lussuoso; avevo notato che tutte le donne portavano abiti lunghi fino a terra, poche avevano i pantaloni e tutte quante avevano il corpetto che lascava scoperto leggermente il petto ed infine pochissime avevano magliette o camicette. Tutte troppo coperte per i miei gusti

<< Mio Dio come stai messa male >> disse una voce femminile distogliendomi dai miei pensieri << ti hanno fatto del male mentre andavi in giro? Dovresti andare subito dai soldati a denunciare sai >> continuò la donna venendomi incontro, era alta, leggermente in carne, i capelli castani lunghi fino alle spalle, i viso tondo contratta da un velo di vera preoccupazione, dovevo apparire veramente male se lei si stava agitando così tanto

<< È una lunga storia... vorrei dei pantaloni >> conclusi senza troppe cerimonie

<< Sei sicura di stare bene >> disse prendendomi il viso tra le mani

<< Si sono sicura, non si preoccupi >> dissi sorridendo dolcemente, nessuno si era mai preoccupato così tanto per me

<< Dammi tu, non sono poi così vecchia. Vieni ora la zia Agata ti sistema per bene >> disse prendendomi per mano << scelgo io la roba per te, fidati ti starà tutto quanto da Dio. Zia Agata non sbaglia mai >> disse facendomi l’occhiolino portandomi in quello che doveva essere il retro bottega  << aspetta qui ti porto tutto >> disse correndo in negozio, mi guardai intorno, un enorme specchio si ergeva davanti a delle piccole scalette che rialzavano di poco da terra, un tavolo lungo da lavoro era posizionato contro l’unica parete libera da scaffali pieni di stoffe e vestiti. La donna tornò con le braccia piene di abiti

<< Ecco qui piccola, prova subito questo abito >> disse passandomi un abito rosso scarlatto che probabilmente avrebbe risaltato i miei capelli neri

<< Io preferirei dei pantaloni >> dissi mordendomi il labbro inferiore

<< Una donna deve sempre avere un abito. Ora niente storie provalo >> disse appoggiando la roba su tavolo, sospirai e obbedì ai suoi ordini. Mi spogliai rimanendo in intimo, appena vide il marchio sul petto sbiancò completamente

<< Piccola mia come mi dispiace, ora capisco >> disse con un leggero velo di lacrime negli occhi << che cose terribili devono averti fatto >> singhiozzò

<< No tranquilla, non mi fanno niente di particolare >> provai a calmarla avvicinandomi a lei

<< Sei sicura che al tuo padrone sta bene che compri degli abiti nuovi? >> chiese accarezzandomi le viso, repressi il fastidio nel sentire la parola padrone e sfoggia un sorriso dolce

<< Certo me l’ha detto lui di comprarmi nuovi vestiti >> dissi mentre maledicevo Ethan per quel maledetto marchio

<< Va bene, allora dai fammi vedere come ti sta il vestito >> disse asciugandosi gli occhi, continuai a sorridere mentre mi aiutava a mettere il vestito. Per lo meno per l’intimo non aveva detto nulla, questo significava che era normale avere un reggiseno e dei perizomi oppure non disse nulla per il fatto che ero una schiava e quindi non chiedeva. 

Il vestito era stupendo, lo scollo era a cuore che faceva vedere in tutto e per tutto il marchio, le maniche erano velate, scendeva morbido mettendo in risalto le forme, dietro la schiena era completamente trasparente e faceva vedere tutto il tatuaggio. Mi lasciò senza fiato, se non fosse stato che metteva troppo in risalto quello stupido marchio lo avrei messo per uscire da lì

<< Donna mettilo da parte, questo mi piace >> disse una irritante voce maschile

<< Non eri andato in un bordello? >> chiesi girandomi verso Ethan, stava appoggiato contro lo stipite della porta con le braccia incrociate

<< Ci posso andare stasera. Voglio vedere quanto sei imbranata a metterti un vestito >> disse sorridendo divertito

<< Sono bravissima a vestirmi da sola >> dissi guardandolo male

<< Mio signore >> disse la donna inchinandosi, Ethan neanche ci presto attenzione e continuò a guardarmi

<< Pensavo che avresti scelto un negozio più lussuoso per comprare i vestiti, anziché questa bettola di quart’ordine >> disse guardandosi intorno

<< Vado dove mi pare a comprarmi i vestiti >> dissi girandomi verso lo specchio, il vestito mi stava veramente bene

<< Forza cambiati voglio vedere il prossimo >> disse ghignando divertito

<< Vai di là >> provai a cacciarlo

<< Rimango qui, sto tanto bene >> disse continuando a sorridere, sbuffai e borbottai delle imprecazioni.

Metà della mattina lo passammo in quel negozio, Ethan ignorava completamente la donna che mi aiutava con i vestiti. Alla fine presi tre paia di pantaloni, il vestito rosso e quattro corpetti e due camicette per andare in giro per le città, mi avrebbero coperto il marchio e nessuno mi avrebbe guardato con pietà

<< Bene schiava ora vado al bordello, ricordati la fontana >> disse facendomi l’occhiolino

<< E io che pensavo che volevi passare un po’ di tempo con me, e invece volevi solo degli spogliarelli >> dissi asciugandomi una finta lacrima e portandomi una mano sul cuore

<< Ovvio >> disse divertito

<< Potevi chiederli alla puttana che ti farai >> ripresi acida, senza preavviso mi prese il braccio e mi portò in un vicolo lì vicino, mi mise contro il muro e iniziò a baciarmi il collo

<< Con la puttana è meno divertente >> sussurrò vicino al mio orecchio, provai a parlare, ma lui mi tappò la bocca con la mano << la puttana cerca di essere sensuale ed è senza alcun pudore, tu invece... piccola, timida, impacciata e con pudore >> continuò baciandomi il collo, la mascella ed infine mi baciò schiacciandomi contro il muro, senza accorgermene ricambiai immediatamente il bacio, ero così confusa che il cervello ci mise molti secondi prima di capire cosa stava succedendo. Quando capii per istinto lo allontanai e gli diedi uno schiaffo sul viso

<< Non lo fare... mai più >> dissi con le lacrime che premevano per uscire e le trattenni come meglio potei, cosa mi era preso non lo sapevo. Ethan dopo l’attimo di confusione tornò a guardarmi e in un secondo mi ritrovai la sua mano sul collo e mi sollevò da terra

<< TU... non ci provare mai più... mai più >> disse stringendo la presa sempre di più << sei la mia schiava, decido io cosa farci con te. Prova a colpirmi di nuovo e non sarò così tanto clemente >> disse continuando a stringere, non respiravo quasi più, i polmoni iniziavano a bruciare per la mancanza di ossigeno

<< Ethan... ti prego... >> dissi quasi senza aria, mi lasciò ed io caddi a terra tossendo

<< Non ti azzardare ancora >> disse prendendomi il braccio, mi strattonò per mettermi in piedi << hai capito? >> disse schiacciandomi di nuovo contro il muro

<< Si >> sussurrai senza guardarlo, con la coda dell’occhio lo vidi indugiare indeciso su qualcosa a me ignoto

<< Alla fontana, mi raccomando >> disse freddamente e se ne andò, tirai un sospiro di sollievo se ne era andato, ero salva da altre aggressioni da parte sua.

Andai in giro senza una meta persa tra i miei pensieri che principalmente riguardavano il bacio che mi era maledettamente piaciuto. Sentivo ancora la pressione delle sue labbra morbide contro le mie, lo stomaco che mi era andato momentaneamente in subbuglio, il cervello era andato in tilt e aveva più capito nulla. Dovevo cacciare quei pensieri, non ci dovevo pensare lui non poteva far parte della mia vita, prima o poi sarei tornata a casa, ne ero sicura. L’unica cosa che dovevo fare era cercare informazione su quel mondo, se tutti potevano usare un particolare tipo di magia ci sarebbe stato sicuramente uno che mi poteva riportare a casa.

L’occhio mi cadde all’improvviso in un armeria, in particolare in barile pieno di spade di ogni tipo, grandi e piccole. Ne presi una con la custodia tutta nera, il manico era quello di una katana, un filo rosso era annodato sul manico nero; la presi e la estrassi leggermente anche la lama era nera con venatura rosse che si intrecciavano tra loro. La portai dentro il negozio, la volevo prendere, non mi importava il prezzo, Ethan mi aveva dato i soldi e la signora del negozio dei vestiti non mi aveva fatto pagare nulla. Non la sapevo usare era vero, ma mi piaceva, avrei chiesto a Drey di insegnarmi ad usarla, avrebbe sicuramente accettato. Lui era l’unico di tutto il gruppo che mi trattava come una persone e non come un oggetto. Entrai dentro, c’erano delle armature appese al muro, sotto di esse asce, pugnali, spade grande e piccola, a due mani ed una mano, insomma c’era tutto quello che volevi, l’unico che non c’era era il proprietario. Aspettai qualche secondo dopo di che mi schiarii la voce

<< C’è qualcuno? >> dissi ad alta voce

<< Arrivo >> disse una voce bassa, mi guardai ancora intorno, adocchiai un pugnale simile a quello che mi aveva dato Drey, mi avvicinai e lo presi in mano << cosa posso fare per te? >> chiese la voce di prima, mi girai e trovai un uomo con addosso un semplice grembiule, una benda sull’occhio destro e un braccio più muscoloso rispetto all’altro

<< Vorrei prendere questa spada, l’ho trovata nel barile fuori >> dissi mostrandogli la katana

<< Quelle dentro al barile sono gratis, sono spade venute male o nel caso di quella sono maledette e nessuno le vuole >> disse incrociando le braccia al petto

<< Perché maledetta? >> chiesi confusa avvicinandomi 

<< Si dice che quando taglia qualcuno lo uccide, anche senza che ci sia un veleno sopra... è avvelenata di suo... sicura che vuoi prenderla? Non è esattamente un bel regalo da fare. Il pugnale invece sono nove monete d’argento >> disse serio, guardai la katana, mi piaceva, la volevo, non mi importava cosa dicevano gli altri

<< Li prendo e non sono un regalo >> dissi decisa

<< Come vuoi tu ragazza >> disse alzando le mani al cielo << se mi paghi non discuto di certo le tue decisioni >> continuò scoppiando a ridere, presi il sacchetto di Ethan sorridendo divertita, lo aprii e presi una moneta d’oro, non che avessi amplia scelta, c’erano solo cinque monete d’oro. Per ragionamento una moneta d’oro contava di più rispetto ad una d’argento, infatti l’uomo mi diede una moneta d’argento di resto

<< Ti serve altro ragazza? >> chiese osservandomi, mi guardai un po’ intorno, non c’era niente che mi saltava all’occhio, solo un arco bianco, sarebbe stato bene sulla schiena di Drey << quello per te credo che sia troppo >> disse l’uomo che continuava a guardarmi fisso, probabilmente avrebbe messo paura a qualsiasi ragazza, ma io non mi facevo intimorire facilmente

<< Quello sarebbe un regalo, ma non credo che gli potrebbe piacere... credo... >> dissi mordendomi il labbro inferiore

<< Beh quello è un arco molto duro, è fatto di osso di chimera, il filo è tela di ragno delle grotte di Willon. Se non è un uomo dalla muscolare possente non riuscirebbe a tenderlo neanche per un secondo >> avvertì, annuii decisamente Drey non sarebbe riuscito a tenderlo

<< Va bene grazie, buona giornata >> dissi andandomene

<< Anche a te >> disse ritornando nel retro bottega.

 

L’intera giornata passò ed io dopo essere uscita dall’armeria mi ero incamminata verso la fontana, nel mentre mi ero comprata qualcosa da mangiare, il nome era troppo difficile da ricordare e gli ingredienti avevano nomi diversi da quelli che conoscevo, quindi comprai le cose che sembravano commestibili.

La fonata era splendida, grande ed amplia quanto quella del mio mondo, addossato contro una valle. Stare vicino a quella per un attimo mi riportò a casa, con i miei amici e la mia famiglia. Ci ero stata con degli amici lì, era stato un giorno così felice che sorrisi al solo ricordo. La nostalgia prese il sopravvento e dovetti lottare per non piangere.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Li stavo aspettando già da un po’, si era fatto buio ed io ero rimasta da sola nella piazza. Mi ero messa seduta su una panchina stanca di camminare, i muscoli delle gambe avevano iniziato a farmi male, avevo camminato praticamente per tutto il giorno senza fermarmi un momento. Per un attimo pensai che Ethan mi aveva detto di andare lì per tenermi lontano e per farmi passare la notte fuori come un cane, mentre loro stavano dentro qualche locanda al caldo. La cosa non mi sembrò tanto irreale visto quanto era arrabbiato quella mattina. Mi sdraiai sulla panchina sospirando sempre più stanca e sconfitta all’idea di non poter dormire in un letto o di non potermi fare un bagno caldo. L’unica mia fortuna era stata essere previdente e di aver fatto cena prima che tutti i mercanti scomparissero dalla circolazione.

<< Ehy principessa >> disse la voce che riconobbi subito

<< Drey >> dissi scattando in piedi e correndo verso di lui << stavo iniziando a pensare che mi volevate abbandonare qui >> borbottai incrociando le braccia al petto

<< L’idea era quella... il capo è molto arrabbiato con te... neanche scopare lo ha calmato >> disse leggermente divertito << cosa gli hai fatto? >> 

<< Niente >> dissi scrollando le spalle, lo sentii scoppiare a ridere 

<< Forza andiamo >> disse tornando indietro da dove era venuto.

 

Arrivammo ad una locanda tutta buia

<< Il capo ha mandato tutti a dormire, nessuno potrà prepararti da mangiare... mi dispiace >> disse grattandosi la nuca

<< Tranquillo ho già mangiato >> disse sorridendo

<< Fantastico >> disse scompigliandomi i capelli << dammi la mano dentro non si vede nulla, ti guido verso le camere >> continuò porgendomi la mano, la presi sorridendo e lui mi portò dentro. Guidata da lui non inciampai su nulla, salimmo di un piano e poi continuò lungo un corridoio buio

<< La schiava sta con me Drey >> disse una voce irritante che ci fermò 

<< Ma... >> provò a dire l’uomo 

<< Niente ma >> disse Ethan prendendomi per il braccio e iniziando a strattonarmi via da Drey, mentre mi lasciavo strascinare confusa.

Il ragazzo aprii una porta poco distante dalle scale e mi buttò dentro come si butta un sacco di patate

<< Muoviti, voglio dormire >> disse buttandosi sul letto, le finestre della camera erano aperte, il chiaro di luna illuminava la piccola stanza con un letto singolo

<< Non c’è bisogno di trattarmi così male >> dissi alzandomi in piedi

<< Ti tratto come mi pare, sei la mia schiava. Fine della questione >>

<< Smettila di chiamarmi così >> dissi incrociando le braccia al petto

<< È quello che sei >> 

<< Sono una persona >>

<< Non lo sei più da quando ti ho fatto mia. Ora zitta e vieni a dormire >> disse seccato, provai a dire qualcosa, ma la scossa mi fermò, così sospirando stanca lasciai a terra le mie cose e mi sdraiai accanto a lui cercando di prendere minor spazio possibile nel letto e di stargli lontano, ma con un braccio mi circondò i fianchi e mi costrinse ad avere la schiena contro il suo petto

<< Sei calda >> sussurrò vicino al mio orecchio 

<< Lo sono sempre di notte >> borbottai guardando a terra, non potevo fare nulla, se mi muovevo si sarebbe arrabbiato e mi avrebbe preso per il collo stringendolo fino a non farmi respirare più. Chiusi gli occhi sospirando e mi addormentai subito troppo stanca per tutta la giornata.

 

La mattina mi svegliai che ero da sola nella camera, mi stropicciai gli occhi per togliere gli ultimi rimasugli di sonno e mi stiracchiai. Ci misi qualche secondo per ricordarmi che quella non era camera mia, ma la stanza di una locanda di un’altra dimensione. La parte dove aveva dormito Ethan era ancora calda, quindi non si era svegliato da tanto. Mi alzai sospirando e cercai dei vestiti per cambiarmi; trovai solo il corsetto nero merlettato che metteva in risalto il petto e la gonna che avevo dal primo giorno. Immaginai che Ethan mi avesse lasciato quella roba per farmi un dispetto, per essere additata in strada e farmi sentire a disagio, ma a me non importava cosa pensassero le altre persone, potevano dire e fare qualsiasi cosa, non mi importava più già da tempo la loro opinione. Presi il pugnale e me lo misi sul fianco, mentre la katana la lasciai in camera.

Quel giorno mi ero svegliata particolarmente bene, non avevo fatto brutti sogni, mi sentivo allegra niente mi avrebbe rovinato quella giornata. Scesi di sotto e trovai gli altri che stavano facendo colazione con la solita carne, come facevano a sopportare l’odore di carne arrostita di prima mattina per me era un mistero

<< Buongiorno >> dissi mettendomi appoggiata al tavolo acconto al loro

<< Oggi sei allegra >> disse Set sorridendo divertito

<< Si, ho dormito tanto bene, finalmente in un letto >> dissi stiracchiandomi << quindi oggi è una bella giornata, non provate a rovina... >>

<< Exa... >> disse una voce che mi fece raggelare le vene, non pensavo che l’avrei mai più sentita nella mia vita << ... sei tu? >> continuò, sentii la paura iniziare a farsi spazio, mi girai lentamente... non era cambiato per niente, i soliti capelli castani tagliati corti, i rassicuranti occhi nocciola, la leggera barba morbida che nascondevano i lineamenti delicati. Agii d’istinto senza pensarci, scattai verso di lui prendendo il pugnale dal fianco, lo spinsi contro un tavolo e lo bloccai lì sopra con il pugnale alla gola

<< Una possibilità, ti dò solo una possibilità e poi ti taglio la gola >> dissi guardandolo negli occhi, avevo sentito vagamente gli altri che si al alzavano, ma non si misero in mezzo, almeno per il momento

<< Non posso dire nulla... mi dispiace per... >> il braccio mi scattò e con l’elsa del pugnale lo colpì sulla tempia e riportai il pugnale alla gola

<< Ficcatele in culo le scuse >> dissi premendo ancora di più il pugnale e un filo di sangue iniziò ad uscirgli dalla gola

<< Fai quello che vuoi, me lo merito >> disse guardandomi, era sincero e questo mi diede più fastidio di ogni altra cosa, tutto avevo immaginato tranne ricevere delle scuse << se vuoi uccidermi fallo, hai tutte le ragioni per farlo >> continuò e di nuovo senza pensarci lo pugnalai alla spalla, lo sentii imprecare, provò a toccarsi la spalla ma lo tenni fermò contro il tavolo

<< Ci sono anche gli altri? >> chiesi riportando il pugnale sotto la sua gola

<< Si, ma non so dove sono >> disse a fatica, ebbe un tic all’occhio, lo aveva sempre quando mentiva, così lo colpii al fianco

<< Ti conosco meglio delle mie tasche Ste, non mentirmi >> disse rigirando lentamente il pugnale << dimmi dove sono >> continuai togliendo lentamente il pugnale dal suo fianco

<< Non lo so, lo giuro. L’ultima volta l’ho sentiti un anno fa, stavano a Tarik >> disse quasi urlando di dolore

<< Come avete fatto ad arrivare qui? >> chiesi riportando il pugnale alla gola, non rispose così lo colpii alla gamba, urlò di nuovo di dolore, provò nuovamente a raggiungere il punto colpito, ma io lo tenevo fermo al tavolo

<< Stavamo in un ascensore, quando siamo usciti stavamo qui >> disse gemendo quasi in lacrime, mi fermai, cosa stavo facendo? Lo stavo torturando, ora che avevo finito le domande che dovevo fare? Lo dovevo uccidere? Ne sarei stata davvero capace? Di notte avevo ancora gli incubi a causa loro e delle volte la schiena mi tirava ancora delle stilettate di dolore che facevo fatica ad ignorare. Per colpa loro avevo passato mesi e mesi di dolore, non potevo muovermi, non potevo fare nulla... qualcuno mi mise una mano sul pugnale, sopra la mia

<< Se sicura di riuscirci a farlo? Se mi dici di sì te lo lascerò fare >> sussurrò Ethan vicino al mio orecchio << ma tieni conto che poi non potrai più tornare indietro >> continuò accarezzandomi il fianco << non sarà più la stessa cosa dopo, ricordatelo. Sarai come loro, niente di più e niente di meno >> mi voltai verso di lui, era la prima volta che mi parlava in questo modo, era quasi dolce, preoccupato per la decisione che avrei preso. Guardai Stefano, stavano soffrendo, ero stata io a provocargli quel dolore, come loro avevano fatto a me. Ethan aveva ragione, non sarei stata migliore di loro e se lo uccidevo sarei stata anche peggio. Tolsi lentamente il pugnale dalla sua gola e mi spostai da lui che cadde a terra gemendo, mi sembrò di sentire Ethan sospirare sollevato

<< Vai in camera, ci penso io qui >> disse spingendomi leggermente verso le scale, annuii e andai. 

 

Stavo in camera già da un po’, appena entrata avevo buttato il pugnale a terra, non potevo credere a cosa avevo fatto, avevo torturato una persona... nel mio mondo studiavo per salvare le vite umane, per evitare che qualcuno soffrisse più del dovuto, per stare accanto alle persone che stavano male, per curarle al meglio, per non fargli passare i dolori che avevo sofferto io, nessuno avrebbe mai dovuto patire ciò che loro mi avevano fatto. E ora qui ero andata contro qualsiasi cosa in cui credevo, non sapevo cosa mi ero preso, la paura si era trasformato in rabbia e il rancore, avevo preso il controllo, avevo fatto una cosa  che non sapevo di poter fare tanto facilmente. 

Ethan mi aveva salvato, non lo avevo ucciso solo perché lui mi aveva fermato, mi aveva riportato alla realtà. Se non ci fosse stato lui probabilmente me ne sarei pentita a vita, si sarebbe rotto qualcosa in me, ne ero sicura, non sarei più stata la stessa e il suo volto sofferente mi si sarebbe aggiunto agli incubi che già mi perseguitavano. A distrarmi dai miei pensieri fu Ethan che entrò in stanza, ma rimase appoggiato alla porta a guardarmi senza dire nulla, così, dopo qualche minuto di silenzio, mi alzai e andai verso di lui e lo abbraccia di getto

<< Grazie >> sussurrai e gli diedi un bacio sulla guancia, rimase immobile per qualche minuto, forse sorpreso da quella dimostrazione d’affetto, dopodiché ricambiò l’abbraccio e mi strinse a se

<< Sei pentita? >> chiese d’un tratto. No non ero per niente pentita, non sentivo rimorso per quello che avevo fatto, se lo meritava. Qualcosa era già cambiato e non me ne ero accorta, erano bastato tre semplici pugnalate per cambiarmi e non farmi sentire in colpa. Scossi la testa e nascosi il viso nell’incavo del collo e della spalla. Per la prima volta sentii protetta tra le sue braccia, nulla mi poteva accadere se stavo così con lui

<< Exa... carino come soprannome >> disse divertito dopo qualche minuto rovinando il momento

<< Ti prego non mi chiamare così >> dissi rassegnata e lo guardai sorridendo divertita, se non avesse rovinato quel momento così dolce non sarebbe stato lui 

<< Preferisci schiava? >> chiese alzando il sopracciglio divertito

<< Devo dire che se la battono >> dissi ridendo

<< È stato eccitante vederti torturare quello >> disse iniziando a spingermi verso il letto

<< Ethan no, non voglio, dai >> dissi cercando di liberarmi capendo quali erano le sue intenzioni

<< Per essere un coniglietto non sei stata affatto male >> disse senza lasciarmi

<< Avevo un professore molto sadico che per insegnarci la roba ci diceva come torturare un uomo senza farlo morire e provocargli maggior dolore possibile >> dissi scrollando le spalle, le gambe colpirono il letto, ma Ethan non si fermò e ci cademmo sopra

<< Molto interessante >> disse prendendo a baciarmi il collo

<< Ethan, ti prego >> lo supplicai cercando di allontanarlo, ma lui non si muoveva, salì e mi baciò con passione. Mi ritrovai a ricambiarlo senza fare più storie, mi piaceva come mi baciava e come mi toccava tutto il corpo, le gambe, l’addome, il petto; non mi faceva pensare a nulla ed io non volevo pensare a nulla.

<< Ehy capo >> disse Drey entrando nella camera senza far caso nulla, la sua voce mi riportò alla realtà, scansai Ethan, mi misi seduta sul letto allontanandomi leggermente da lui e sistemandomi il corpetto che mi aveva spostato << oh scusate, torno più tardi >> disse facendo marcia indietro, sentii il ragazzo fare un basso ringhio, ma non ci feci caso così mi alzai di scatto finendo di sistemarmi

<< Vado a fare colazione >> squittì correndo fuori prima che lui potesse dirmi qualsiasi cosa.

 

Stavo facendo colazione in tranquillità, una donna molto bella mi aveva portato una tazza di tea con i biscotti, io non avevo chiesto nulla, ma accettai più che volentieri. Non sapevo che fine avessero fatto gli altri, ma mi godetti quel momento di tranquillità.

Ethan scese quando ebbi quasi finito di fare colazione, si buttò sul tavolo davanti a me ed io non lo guardai facendo finta che i biscotti fossero più interessanti di lui

<< Perché hai comprato una spada se non vuoi uccidere nessuno? >> chiese prendendo anche lui un biscotto

<< Mi piaceva >> dissi soltanto scrollando le spalle

<< Beh visto che non riusciresti ad uccidere nessuno la tengo io >> disse sorridendo divertito

<< Ma è mia >> dissi guardandolo con gli occhi sgranati

<< Che te ne fai se non la sai usare? >> chiese scrollando le spalle

<< Posso imparare ad usarla >> borbottai

<< Vero. Finché non la saprei usare la terrò io >>

<< Ammettilo ti piace >> dissi ghignando divertita

<< È particolare, lo ammetto >> disse sorridendo divertito

<< Exa >> Stefano si mise appoggiato al tavolo accanto al mio, zoppicava leggermente e per un momento mi sentii leggermente in colpa, ma passò subito e tornai ad essere del tutto indifferente

<< Cosa ci fai qui? >> chiese Ethan guardandolo male

<< Exa... non dirò agli altri che sei qui... se lo sapessero... loro sono arrabbiati con te... non gli è piaciuto andare in prigione... >> 

<< E a me non è piaciuto ciò che mi avete fatto >> lo interruppi guardandolo male

<< Non dovevi ricordare >>

<< Non dovevo ricordare? E cosa mi avreste detto la mattina dopo? Che ero scivolata ed ero caduta per terra? >> dissi alzandomi in piedi, la rabbia mi ribolliva nella vene, lui non rispose ed abbasso lo sguardo

<< Loro non si sentono in colpa per quello che hanno fatto... sono convinti che quello che hanno fatto sia giusto >>

<< Tu no? >> chiese Ethan

<< Me ne pento ogni giorno >> disse guardandomi negli occhi, era serio come mai lo era stato

<< Potevi non farlo >> dissi andandomene fuori, dovevo prendere aria, allentarmi da lui e da tutto ciò che mi ricordava.

 

<< Immagino che hai ampliamento capito cosa mi hanno fatto >> dissi dopo qualche minuto che camminavo verso un qualsiasi posto, ero certa che Ethan mi stesse seguendo, lo faceva sempre

<< Quanti erano? >> chiese mettendosi accanto a me

<< Quattro >> dissi guardando in avanti, probabilmente se lo avessi guardato sarei crollata in mille pezzi, non chiese nulla di più e mi lasciò nel mo silenzio.

Entrammo in una erboristeria, volevo prendere del tea, almeno avrei potuto fare colazione la mattina e magari qualche erba medica, avevo la vaga sensazione che ci sarebbero stati utili

<< Buongiorno >> disse una ragazza dai capelli biondi dietro un bancone di legno, il locale era piccolo, ma accogliente, ai lati c’erano file di erbe di ogni tipo, ma non ne conoscevo neanche una << cosa posso fare per voi? >> chiese dolcemente

<< Vorrei delle foglie per il tea e delle erbe mediche >> dissi guardandomi intorno, la ragazza annuii e andò nel retro bottega tornando con delle buste

<< Qui abbiamo frutti di bosco, pera e cioccolato... >> ed iniziò ad elencare tutti i tea che avevano, dopodiché passò ad elencare le erbe medicinali, presi lo stretto indispensabile ed uscii

<< Non me le ricorderò mai >> mi lamentali passandomi le mani fra i capelli lunghi fino ai fianchi

<< Allora perché l’hai prese? >> chiese Ethan seccato

<< Perché la mia roba non basta, se dovesse succedervi qualcosa voglio essere pronta >> dissi scrollando le spalle << forse un libro sulle erbe mediche sarebbe intelligente da comprare >> continuai soprappensiero

<< Già questa roba pesa, non ti permetto di portare altro. E poi ci sappiamo difendere, cosa potrà mai succedere? >> disse sospirando

<< Mai! Mai dirlo pazzo. È proprio quando dici che non succederà niente che crollerà il mondo >> dissi fingendomi sconvolta, sospirò rassegnato e mi sorpassò e lo seguii sorridendo divertita.

Stavamo passeggiando e io lo stuzzicavo con battute che sapevo perfettamente che gli davano fastidio. Stavo lì da soli tre giorni eppure mi sembrava di esserci da un eternità e di conoscere Ethan da una vita. In molti al suo passaggio si spostavano o si inchinavano, nessuno si azzardava ad avvicinarsi o dirci qualsiasi cosa.

Sentii delle urla, mi girai a vedere cosa stava succedendo, una ragazza stava a terra contro un muro mentre un uomo grasso la sovrastava e la picchiava, cercai di andare verso di loro. Tutti facevano finta di nulla, ma io non riuscivo ad ignorarla

<< Ferma >> disse Ethan prendendomi per il braccio, mi girai a guardarlo male << non puoi fare nulla. Guarda sul petto >> continuò facendomi cenno con la testa, guardai, aveva lo stesso simbolo che avevo io, solo con una lettera diversa al centro << è la sua schiava, può farle ciò che vuole >> 

<< Ma... >> non feci in tempo a finire la frase che prese a strattonarmi via da lì

<< Andiamo, gli altri ci stanno aspettando >> disse camminando velocemente

<< Ethan rallenta, non riesco a stare al tuo passo >> dissi cercando di stargli dietro senza cadere, ma lui era veloce ed io in confronto ero un bradipo. Capivo che mi voleva portare via perché così evitava che intervenissi o mi facessi qualsiasi altra cosa, ma era troppo veloce. Infatti alla fine inciampai e caddi a terra sbucciandomi entrambe le ginocchia, si girò per un istante e io lo guardai male

<< Puoi anche lasciarmi... ti seguo, non scappo >> borbottai distogliendo lo sguardo, con la coda dell’occhio lo vidi annuire così mi lasciò, mi diede giusto il tempo di riprendere la roba che mi era caduta e riprese a camminare velocemente.

 

Raggiungemmo la locanda, gli altri stavano preparando le ultime cose ed i cavalli erano già sellati anche se c’è n’era uno in più, bianco con delle chiazze nere

<< Sai andare a cavallo? >> chiese Ethan girandosi leggermente verso di me

<< Ci sono andata una volta quando avevo sette anni... ma era un pony... storie triste >> dissi sventolando una mano in aria come per cacciare una mosca

<< Quindi? >> chiese alzando un sopracciglio

<< No >> mi morsi il labbro inferiore

<< Sei proprio inutile >> disse sospirando, gli alzai il dito medio offesa e lui con uno scatto mi prese la mano e la torse fino a quando non fu vicino a romperla << ti avevo detto che se lo alzavi di nuovo lo rompevo >> ringhiò

<< Non lo faccio più?! >> squittì per il dolore

<< Sarà meglio per te >> disse lasciandomi, presi immediatamente il suo polso e iniziai a massaggiarlo

<< Cattivo >> borbottai a bassai voce guardandolo male, sorrise divertito e si avvicinò 

<< Non puoi immaginare quanto >> sussurrò << avanti ti aiuto a salire, se continui la strada a piedi ci rallenterai solo >> disse strattonandomi per il braccio e portandomi vicino al cavallo. Mi aiutò a salirci dopodiché salì sul proprio cavallo, prese le redini del mio e partì seguito dagli altri

 

<< Allora qual è questa storia triste? >> chiese Ethan una volta che ci eravamo lasciati la città alle spalle

<< Non è esattamente triste, è che quando ho scoperto che era un pony ci sono rimasta male >> dissi passandomi una mano tra i capelli

<< Racconta sono curioso >> disse sorridendo divertito

<< Avevo sette anni, un amico voleva fare la festa di compleanno in un maneggio, perché a lui piaceva andare a cavallo e voleva che anche noi provassimo questa esperienza. I proprietari acconsentirono e quando arrivammo lì ci dissero che portavano fuori due cavalli. Portarono fuori il primo, mi sembrava così grande, giuro pensavo davvero che fosse un cavallo, chiesero chi volesse andare per primo, nessuno si faceva avanti così ci sono andata io. Ero così contenta, pensavo che finalmente ero andata a cavallo, è vero che non facevo nulla, stavo semplicemente lì seduta e le redine le portava un altro. Niente poi quando sono scesa hanno portato fuori l’altro cavallo e lì cappi che non ero andata a cavallo, ma su un semplice pony >> conclusi scrollando le spalla, Ethan scoppiò a ridere ed io inconsciamente sorrisi a vederlo così

<< C’è ne vuole a scambiare un pony per un cavallo >> disse continuando a ridere

<< Ero piccola e il pony mi sembrava gigante. Ci sono rimasta così male quando l’ho capito >> provai a difendermi

<< Se ci eri rimasta così male potevi andare anche sul cavallo >>

<< Non mi ci hanno fatto salire, potevi salire solo una volta >> borbottai incrociando le braccia al petto, ma il sorriso di averlo visto felice per una volta non riuscivo a toglierlo dal viso

<< Ora dove sei su un cavallo o su un pony? >> chiese divertito

<< Così mi metti in crisi però >> dissi sorridendo divertita e lui scoppiò di nuovo a ridere. Quella storia non l’avevo mai raccontata a nessuno, neanche i miei vecchi amici lo sapevano, lui era il primo a cui la raccontavo...

<< Cosa ci sta di tanto divertente? >> chiese Drey mettendosi acconto a me distogliendomi dai miei pensieri

<< Ride dei miei traumi fatantili >> risposi sorridendo divertita

<< Non sa qual è la differenza tra un cavallo e un pony >> disse Ethan continuando a ridere.

Continuarono per tutto il giorno a prendermi in giro ed io continuavano senza alcun problema di raccontare tutte le storie divertenti del mio passato. Lo facevo senza pensarci, le parole uscivano dalla mia bocca prima avessi il tempo di fermarle. Ogni volta che Ethan rideva sentivo il cuore riscaldarsi leggermente, i suoi occhi rossi brillavano ed io ero felice di vederlo così.

 

Passarono due giorni tranquilli, io ed Ethan non avemmo più visioni quindi feci cadere quel pensiero nell’obblio della mia mente, probabilmente era stato solo un caso. Tutte le sere le passavo con lui che mi insegnava ad usare la scherma, o almeno così doveva essere, alla fine mi ritrovavo sempre per terra con nuovi lidivi e suoi insulti. La mattina del terzo giorno svegliai Ethan toccandogli come al solito la spalla, avevano iniziato a fare i turni per la guardia ed io ero ultima, quindi preparavo la colazione e svegliavo gli altri. Quando ci guardammo tutto sparì. Stavo su un ponte mezzo rotto, un vento leggero lo faceva dondolare, davanti a me gli altri senza cavalli che aspettavano che attraversassi il ponte. Un dolore lancinante mi percuoteva il corpo che partiva dalla gamba, ma non avevo il coraggio di guardare. Stavo a metà strada quando sentii il ponte dondolare più del solito, mi voltai e vidi qualcuno che stava tagliando le corde. Qualcuno gridò qualcosa, ma il panico mi fece rimanere immobile e così caddi nel vuoto.

Ritornammo alla realtà ed Ethan mi prese per il collo e ribaltò la situazione mettendomi sdraiata terra sotto di lui

<< Prega di morire su quel dannato ponte, perché se ti trovo ancora viva ti farò pentire di non esserti mossa. Capito? >> sussurrò vicino al mio orecchio

<< Wow ti si che sai tranquillizzare le persone che hanno appena visto come moriranno >> dissi alzando un sopracciglio e lui ghignò divertito

<< Io non tranquillizzo nessuno, io terrorizzo solo >> disse spostandosi per andare con gli altri al fiume che stavo poco distante. Borbottai una serie di imprecazioni mentre finivo di preparare la colazione, latte, tea e pancake.

<< Bu >> disse qualcuno dietro di me dandomi dei pizzicotti sui fianchi; per lo spavento saltai facendo volare il coltello che avevo in mano e allo stesso urlai. Sentii Ethan scoppiare a ridere divertito

<< Razza di idiota, mi hai fatto prendere un infarto >> dissi iniziando a dargli dei leggeri schiaffi sulle braccia e sul petto mentre lui continuava a prendermi in giro e alla fine me ne andai borbottando a farmi un bagno nel fiume. Prima di spogliarmi controllai mille volte che nessuno mi avessi seguito. Mi immersi fino si fianchi e poi mi fermai per godermi la sensazione di freddo nelle ossa

<< Sapevo che ne sarebbe valsa la pena >> disse Ethan dietro di me e per istinto mi abbassai fino a far arrivare l’acqua al collo

<< Ma sei fissato con me, perché non resti con gli altri una volta tanto? >> sbuffai guardandolo male

<< Gli altri non mi divertono come te >> disse sorridendo divertito e si appoggiò con una spalla ad un albero << ed ora? Come uscirai? >> chiese col sorriso che si allargava di più 

<< Semplice non esco, rimango qui per sempre >> dissi scrollando le spalle

<< Posso sempre entrare io e farti uscire... ma non ti piacerebbe molto >>

<< Ma che hai oggi? Sei più petulante del solito. Mi potresti lasciare sola per almeno cinque minuti? >> chiesi esasperata

<< Ci sei stata prima >> 

<< E dai Ethan, cinque minuti. Fammi fare il bagno in pace, se non lo faccio poi puzzo >> dissi esasperata

<< Cinque minuti, poi ti vengo a prendere per i capelli >> disse dopo averci pensato per qualche minuto, poi si girò e se ne andò. Sospirai sollevata e andai sott’acqua, per un po’ sarei stata tranquilla e sola, finalmente.

 

Rimasi sotto acqua per tutto il tempo. Quando uscii mi misi solo i pantaloni, volevo intrecciarmi i capelli prima di mettermi il corsetto, almeno i capelli si sarebbe un po’ asciugati e non avrei più di tanto inzuppato i vestiti

<< Ma che bella sorpresa >> disse una voce che mi fece raggelare il sangue nelle vene, l’acciaio freddo si posò sulla base del collo << stai ferma e non parlare, se no potrei tagliarti la gola >> sussurrò vicino all’orecchio, tremai, ma feci come aveva detto, non parlai e non mi mossi, lui non scherzava mai << mi sei mancata sai. In quelle quattro mura... sei mancata a tutti sai? >> continuò e una mano iniziò ad accarezzarmi la pancia << ci hai fatto passare un inferno >> ringhiò premendo il coltello sul collo, tanto da iniziare a farmi uscire il sangue

<< Ed io te lo faccio rivivere >> dissi Ethan e per la prima volta la sua voce non mi diede nessun fastidio, anzi sospirai di sollievo, si mise davanti a me, tolse il pugnale dalla mia gola ed io mi sbilanciai verso di lui mettendogli le braccia intorno collo. Come al solito rimase sorpreso per qualche istante, poi mise un braccio intorno alla vita, ci alzammo in piedi ed io mi nascosi dietro di lui

<< Sparisci prima che cambi idea >> disse Ethan

<< Chissà perché non sono sorpreso di vederti con lui >> disse David, mio peggior incubo, il suo aspetto mi fece contorcere lo stomaco:, i capelli rossi fuoco erano diventati più scuri; i caldi occhi verdi erano freddi; sulla guancia aveva una cicatrice profonda che lo sfigurava ed era diventato più muscoloso

<< Vattene >> ruggì con la mano sulla spada e mi strinsi a lui cercando di non tremare

<< Vostra maestà, stavamo solo facendo una dolce rimpatriata, no? >> disse sorridendo divertito guardandomi e di riflesso mi nascosi di più dietro di Ethan

<< Ora che l’avete fatta puoi anche sparire >> ringhiò sfoderando la spada

<< Veramente... >> sparì e dopo un attimo qualcuno mi strattonò lontano da Ethan << dobbiamo ancora finire >> disse David vicino a me, ebbi solo il tempo di chiamarlo che il bosco sparì.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Mi ritrovai in una stanza di legno... non ebbi il tempo di vedere altro che un conato di vomito mi fece piegare in due. Davanti comparì un secchio e ci riversai tutto quello che avevo nello stomaco.

<< Togli tutto... Ricky non l’ha fatto ed è stato male per tre giorni >> avvertì David mettendomi una mano sulla schiena << bello il tatuaggio >> sussurrò così piano che quasi non lo sentii

<< Lo so >> sospirai una volta finito tutto, mi coprii con la mano la bocca e David mi passò un fazzoletto

<< Ehy guarda che è colpa tua, l’hai fatto all’improvviso ed io non ho avuto modo di prepararmi >> disse la voce inconfondibile di Ricky

<< Ti posso capire, David fa sempre così >> sospirò esasperato Henrik. Mi ripresi ed iniziai ad indietreggiare, stavano tutti lì, la stanza era piccola con una scrivania, sedie imbottite, un divanetto con davanti un tavolo da caffè. Ero in trappola, nessuno mi avrebbe salvato questa volta, non potevo contare su Ethan e gli altri questa volta. Anche se mi avevano dato qualche lezione su come difendermi di certo non sarei stata in grado di uscire viva da lì

<< Su Exa non fare la spaventata, vogliamo solo parlare... per il momento ovvio >> disse David sorridendo divertito, non avevo con me neanche un pugnale, avevo lasciato tutto al fiume

<< Come ci siamo arrivati qui? >> domandai incrociando le braccia al petto, non avevo nulla addosso, almeno così sperai di coprirmi un minimo

<< Io so teletrasportarmi >> disse David divertito, Ricky si alzò e prese una giacca abbandonata su una sedia

<< Io leggo nel pensiero >> disse porgendomi la giacca e facendomi l’occhiolino, la misi subito senza staccare gli occhi dagli altri

<< Io sono forte >> disse Henrik sorridendo felice

<< Ste convince gli animali a fare ciò che vuole... ma ci ha abbandonati... divergenze ideologiche... sai com’è fatto >> disse David scrollando le spalle << Ora che sai di noi, dicci di te, che potere hai? >> chiese appoggiandosi alla scrivania

<< Non ho nessun potere >> dissi guardandolo negli occhi, lo stomaco si contorse, mi faceva ancora un certo effetto nonostante tutto quello che mi aveva fatto

<< Da quanto stai qui? >>

<< Una settimana circa >>

<< Ed una settimana ti è bastata per decidere di fare il cagnolino del principe? >> disse alzando un sopracciglio 

<< Non sono il suo cagnolino >> dissi guardandolo male

<< Hai deciso di diventare sua no? >> disse indicandomi il petto con un cenno della testa

<< Non esattamente >>

<< Ti ha costretto? Tipico del principe >> sospirò Ricky

<< Tu non sai come funziona qui, scommetto che lui non te l’ha mai detto >> disse David iniziando ad avvicinarsi << ti racconterò come funziona, ma tu prima devi dirmi che non gli hai detto che vieni da un’altro mondo >> arrivò davanti a me, non avevo nessuna via di fuga

<< Non gliel’ho detto >> mentii senza guardarlo, non c’è la facevo a guardarlo senza ricordare quella maledette notte e senza ricordare i giorni felice che avevamo passata ancora prima

<< Menti... maledizione Exa >> disse dando un pugno sul muro acconto a me spaventandomi << sai in che pericolo hai messo tutti quanti ora? >> urlò fuori di se, iniziai a sentirmi a disagio e mi sentii piccola davanti a lui

<< Non posso esattamente mentirgli sai >> dissi spingendolo lontano, non gli avrei permesso di rifarmi del male, mi sarei difesa come mi avevano insegnato... per modo per dire

<< Exa... >> David provò a venire verso di me, ma Ricky si mise in mezzo

<< Calmati, avevamo detto solo una chiacchierata >>

<< Non mi importa, hai sentito in che guai ci ha messo ora? >> era veramente tanto arrabbiato, ma la cosa strana era che non mi importava più di tanto, volevo solo scappare. In passato non mi era mai capitato di voler scappare via da loro, anche quando erano arrabbiati con me, anzi volevo rimanere per risolvere

<< Non può mentirgli, lo sai... Exa stai ferma, ora David esce e parliamo, con calma >> disse girandosi leggermente verso di me, David sbuffò ed uscì sbattendo la porta

<< Allora dicci... come sei arrivata qui? >> chiese Ricky buttandosi sul divano, dopo qualche minuto di silenzio, non risposi, perché dovevano farmi l’interrogatorio? << per il semplice fatto che oltre a noi nessuno è mai arrivato qui. O meglio, hai presente gli anime giapponesi in cui degli eroi vengono evocati da dee o roba simile? Ecco a noi è successa più o meno la stessa cosa. L’unica differenza è che nessuno ci ha evocati, ci siamo capitati fine... si ti puoi sedere se vuoi >> mi leggeva veramente nel pensiero e il fatto che rispondeva ancora prima che potessi chiedere mi confondeva

<< Perché avete dei poteri? >> chiesi avvicinandomi alla sedia

<< C’è lì hai anche tu, lo devi solo scoprire. Noi li abbiamo scoperti dopo un anno circa che stavamo qui. È normale che tu ancora non lo sai >> disse Henrik versandosi da bere << whisky? >> scossi velocemente la testa, non avrei mai e poi mai bevuto ancora insieme a loro, me l’ero promesso molto tempo fa

<< Non vogliamo farti nulla questa volta >> sbuffò Ricky << è acqua passata oramai >> disse scrollando le spalle, prendendo il bicchiere che gli porgeva Henrik

<< Non lo voglio comunque... perché mi avete presa? >>

<< Ci è giunta voce che una certa ragazza stava viaggiando con il principino... volevamo salvarla, non pensavamo che fossi tu >>

<< Da quando salvate ragazze indifese? >> chiesi alzando un sopracciglio, Henrik mi stava per rispondere quando un ragazzo spalancò la porta

<< Miei signori scusate l’intrusione... la Regina è qui >> disse col fiato corto, non poteva avere più di quindici anni, ne ero sicura

<< Va bene, porta la ragazza in una stanza e metti due guardie alla porta, portale dei vestiti e qualcuno che le tolga il marchio dal petto... dobbiamo ancora finire di parlare Exa, non scappare. Con lui non saprai mai la verità su questo mondo >> disse Ricky andandosene con Henrik e così rimanemmo io ed il ragazzo a guardarci per qualche secondo

<< Da questa parte >> disse facendomi segno di uscire, lo seguii solo perché non avevo molto scelta.

Molto probabilmente stavamo dentro una montagna, il ragazzo mi stava facendo perdere l’orientamento passando da un tunnel all’altro e per poco non ci riuscii. Mi portò in una stanza piccola senza finestre, un letto e un piccolo armadio

<< Torno subito >> disse chiudendo la porta, feci appena un piccolo giro della camera che il ragazzo tornò con in mano dei nuovi vestiti e con lui c’era una donna coperta da testa a piede da un abito e un velo rosa, il ragazzo lasciò le cose sul letto e poi se ne andò

<< Togli la giacca, non ti farà male, te lo assicuro >> aveva una voce dolce, rassicurante che mi ispirò subito fiducia, così feci come mi aveva detto << mettiti sul letto, starai più comoda >> obbedì e lei si avvicinò << non ti farà male, non sentirai nulla >> continuò posizionando una mano sopra il marchio, ispirò a fondo, disse qualche parola che non riuscii a capire e tolse la mano << fatto >> disse allontanandosi, abbassai lo sguardo e il marchio non c’era più, provai un leggero fastidio e dispiacere a non vedere più quel simbolo... non provai niente altro, nessuna gioia a sentirmi libera, niente di niente, solo dispiacere e fastidio, ma sorrisi comunque alla donna che con un leggero inchino se ne andò.

Mi vestii velocemente, il ragazzo mi aveva portato dei pantaloni neri e una camicetta leggera azzurra; provai ad uscire dalla stanza, ma la porta era chiusa a chiave, così mi buttai sul letto ad aspettare che accadesse qualcosa.

Altro che stanza, quella era una cella con l’unico confort di un armadio, non avevo neanche un gabinetto, quando sarebbero venuti glielo avrei fatto sicuramente notare. 

Il primo che venne fu David... completamente ubriaco

<< Allora Exa, che ne dici se riprendiamo da dove ci eravamo fermati >> disse leggermente impacciato, scattai in piedi già immaginando a cosa si stesse riferendo

<< David sarebbe meglio se torni più tardi, neanche ti reggi in piedi >> dissi sulla difensiva iniziando, per istinto, ad allontanarmi dal letto per mettermi nell’angolo. Quando me ne accorsi imprecai mentalmente, Ethan mi strillava sempre per questo, ogni volta mi mettevo nell’angolo da sola rendendo la mia sconfitta inevitabile. Se ci fosse stato lui al posto di David quasi sicuramente sarei stata già a terra a contorcermi dal dolore con lui che mi dava della stupida. David avanzò ed io aspettai, ci avevo provato una volta l’ultima volta con Ethan, ho aspettato che si avvicinasse convinto della vittoria, ma all’ultimo lo avevo colpito io con un pugno allo stomaco e poi ero scattata di lato per dargli il bastone, che usavamo come spada, sulla tempia per farlo svenire. Mi ero fermata all’ultimo, lui si era rimesso in piedi e mi ha fatto pentire della mia scelta di non averlo fatto svenire. Con David feci la stessa cosa, ma al posto del bastone usai il mio gomito, lui cadde e andò a sbattere contro il pomello del letto svenendo. Lo guardai qualche secondo, mi abbassai, mi assicurai che fosse ancora vivo; quando sentii il battito gli presi il pugnale e scappai. Non potevo restare lì con il rischio che mi avrebbero rifatto ancora quello che mi avevano fatto tempo addietro, d’altronde me lo avevano detto, nessuno mi avrebbe fatto qualcosa per il momento.

Iniziai a correre a caso per i corridoi stando attenta che nessuno mi vedesse, appena sentivo qualcuno arrivare mi nascondevo dietro o sotto ogni cosa che mi poteva nascondere. Dopo ore ed ore di ricerca finalmente la trovai, la mia via di uscita, ma ovviamente era sorvegliata da una decina di soldati, probabilmente David si era risvegliato e aveva iniziato a perlustrare dappertutto, strano che non mi avesse trovato. Fuori era buio, quindi era passato un giorno da quando David mi aveva preso e rinchiusa lì dentro.

Rimasi a guardare le guardie cercando di escogitare un modo di aggirarle, fino a quando non mi venne un idea, folle, ma pur sempre meglio di nulla.

Sospirai ed uscì lentamente dal mio nascondiglio

<< Hey mi stavate cercando? >> chiesi sforzandomi a sorridere divertita, le guardie mi videro e senza dire una parola iniziarono a correre verso di me, scattai quasi allo stesso tempo e ritornai indietro. Qualche corridoio più in là proprio dietro ad un’angolo c’erano un tavolino coperto da telo che arrivava fino a terra, mi misi lì sotto appena prima che mi vedessero, aspettai che passassero e attesi ancora qualche secondo, dopo di che uscii e corsi verso l’uscita.

Appena uscii non mi fermai neanche per un istante, dovevo mettere quanta più strada possibile tra me e loro, prima che capissero che ero scappata. Non vedevo nulla oltre il mio naso, c’era la luna nuova e le stelle non bastavano ad illuminare il bosco, così inciampai continuamente su radici, cespugli e andai a sbattere contro molti alberi. Non dovevo far caso al dolore, se mi fermavo ero perduta, i polmoni avevano iniziato a bruciare insieme alle gambe, il cuore batteva furiosamente nel petto, ma non dovevo farci caso.

L’alba arrivò ed io mi fermai buttandomi davanti ad un ruscello ed iniziai a bere. Riposai per qualche minuto, avevo fame era da un giorno intero che non mangiavo e il mio stomaco aveva iniziato a brontolare, da quando stavo lì ero dimagrata, anche se con gli altri mangiavo tanto. Tutti i giorni i ragazzi andavano a caccia, li catturavano e poi li facevano uccidere a me, perché, come diceva Ethan “ dovevo abituarmi all’idea di uccidere” e quindi mi faceva uccidere tutti quei poveri animali. Almeno avevo imparato ad uccidere in fretta senza farli soffrire troppo a lungo. Probabilmente lo stress di stare lì, di dover stare a combattere tutti i giorni con il principe e il suo gruppo, non sapere cosa stava succedendo a casa mi stava facendo consumare più energie di quanto non pensassi. 

Vidi un cespuglio di fragole selvatiche mi fiondai e iniziai a mangiarle non facendo caso al loro gusto amaro. Quando finirono le fragole avevo ancora fame, ma almeno era un po’ passato il brontolio. Mi alzai e seguii il corso del ruscello, un ruscello sfociava sempre in un fiume e vicino al fiume c’era sicuramente un villaggio o una città. Persi tempo a controllare le ferite che mi ero procurata: le ginocchia erano di nuovo sbucciate, avevo graffi sulle gambe e sulle braccia, sul lato della testa era uscito un bernoccolo e profonde occhiaie circondavano gli occhi. Sospirai se prima non mi consideravano neanche un pochino carina ora mi sembrava di essere un mostro. Ripresi a camminai per allontanarmi dal mio riflesso e non vedere più la mia orribile immagine.

Non trovai più nessun cespuglio di frutta e i funghi che trovavo li lascio perdere per paura che fossero velenosi, però incrociai un cervo che stava bevendo dal ruscello, mi avvicinai lentamente da dietro, stavo per saltargli addosso quando all’ultimo si accorse della mia presenza e scappò via. La stessa cosa successe con tutti gli altri animali che incrociai.

Passai tutto il giorno a camminare e a tentare di cacciare senza nessun risultato. Il giorno dopo a metà del pomeriggio in lontananza vidi Stefano, forse era solo un illusione dettata dalla stanchezza, ma quando lo vidi girarsi verso di me il terrore prese il sopravvento e scappai lontano dal fiume. Corsi più veloce che potei per salite e discese e alla fine mi ritrovai davanti ad un ponte. Mi bloccai, dall’altra parte c’era Ethan e gli altri... proprio come l’ultima visione, sentii le lacrime iniziare a scendere lungo le guancia, non li vedevo da due giorni, ma mi sembrava essere passata un eternità. Provai a correre verso di loro, ma qualcuno mi prese per i capelli e li tirò indietro fermandomi

<< Dove vai? >> chiese una voce sconosciuta vicino al mio orecchio

<< Lasciami >> disse provando a liberarmi, ma lui tirò di più i capelli verso l’alto, guardai Ethan, voleva venire da me, ma Valentin lo teneva fermo

<< Neanche per idea >> disse scoppiando a ridere, mi morsi forte il labbro inferiore per trattene un gemito di dolore. L’unica mia opzione era quella di prendere il pugnale che avevo rubato e mi tagliarmi i capelli. A malincuore lo feci, ci tenevo così tanto ai miei capelli lunghi e morbidi, anche se si erano un po’ rovinati da quando stavo lì. Libera dalle sua stretta lo pugnalai sulla coscia e scappai verso il ponte. Fin dall’inizio capii che quel ponte probabilmente si sarebbe rotto prima che fossi arrivata da Ethan, ma non importava, tutto sarebbe stato meglio che ritornare con David e gli altri. Neanche ero arrivata a metà strada che una trave si ruppe sotto di me, le schegge di legno affondarono nella mia coscia facendomi urlare di dolore e al col tempo credetti di precipitare nel vuoto e il panico mi assalì per qualche istante, ma per fortuna le mani e il ginocchio andarono a sbattere contro la trave successiva che mi sorresse. Qualcosa dietro all mia schiena premette per uscire, ma mi opposi a quella sensazione così mi girai indietro per vedere se la guardia mi stava seguendo, ma stava ancora a terra con i miei capelli in mano che mi guardava serio, estrasse il pugnale che gli avevo lasciato nella coscia e cominciò a tagliare le funi. Mi rialzai lentamente in piedi e mi girai verso Ethan

<< Sbrigati idiota >> urlò tentando di raggiungermi, ma sia Set che Valentin lo tenevano fermo, feci qualche passò verso di loro, ma sia la coscia che la gamba mandavano continue fitte, non abbassai lo sguardo, se lo avessi fatto mi sarei fermata sicuramente. La prima fune si ruppe e il panico torno a bussare alla porta. Stavo a metà strada quando il ponte crollò completamente ed io con lui. Vidi Ethan provare a raggiungermi nell’obblio, ma si mise anche Drey a fermarlo, lo sentii urlare e il mio stomaco si contorse, non potevo lasciarlo, non ora che lo avevo ritrovato. Di nuovo qualcosa spinse sulla schiena e questa volta invece che oppormi a quella sensazione mi lasciai andare, qualsiasi cosa fosse non aveva molta importanza visto che stavo per morire. Sentii la camicia strapparsi e le mie ali tatuate dietro sulla schiena comparirono accanto a me. Rimasi a bocca aperta, avevo delle ali, potevo usarle per salvarmi e ricongiungermi con Ethan. L’unico problema era che non sapevo usarle, mi girai verso il vuoto che scoprii non essere vuoto, ma un torrente  mi stava aspettando. Provai a muovere le ali per fermarmi, ma le correnti mi portavano tutte verso il fiume ed io non riuscivo ad oppormi, più sbattevo le ali più velocemente mi avvicinavo al torrente. Mi feci prendere dal panico e così presi una corrente che mi portò a sbarrette contro la parete e caddi in acqua perdendo i sensi.

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