Everything Has Changed

di PhantomLady22
(/viewuser.php?uid=1056173)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Time to Leave ***
Capitolo 3: *** 2. I’m Back ***
Capitolo 4: *** 3. I won’t get away ***
Capitolo 5: *** 4. The Truth ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Football Frontier International, Zona giapponese 

 

Il silenzio armonioso della camera era stato interrotto da un bussare alla porta. La ragazza, ancora avvolta nella sua coperta, si destò dal suo sonno e appena aprì gli occhi si accorse dei timidi raggi del primo sole che illuminavano in maniera fioca la sua camera. La verde guardò dunque la sveglia: segnava appena le 6.04 .

 

Chi diavolo poteva avere bisogno di lei a quell'ora si chiese. Rassegnata dal continuo bussare, si alzò e si recò ad aprire la porta, noncurante del fatto che fosse ancora in pigiama. Sfessurò la porta e intravide dalla fessura il suo amico Mark parecchio imbarazzato che continuava a fissare il pavimento torturando una lettera che teneva nella mano sinistra.

 

-Mark, sono le 6 di mattina come mai sei già sveglio? Avevi bisogno? - azzardò la verde, cercando di comprendere l'atteggiamento del ragazzo. Il moro decise dunque di alzare lo sguardo e si rivolse a lei.

 

-Scusa Silvia, io mi sveglio sempre a quest'ora per allenarmi...comunque, mentre stavo uscendo ho trovato questa indirizza a te fuori dalla porta della residenza. – rispose lui, porgendo alla ragazza la busta incriminata. 

 

Silvia se la rigirò tra le mani e poi constatò – Non è firmata –

 

-Prova ad aprirla, magari farai chiarezza. Ora io vado al campo, se hai bisogno sai dove trovarmi. - detto questo il ragazzo scomparve giù per le scale che portavano all'ingresso.

 

La ragazza chiuse dietro di sé la porta, continuando a fissare la lettera con un brutto presentimento che le attanagliava il cuore. Poggiatasi sul letto, con mani tremanti aprì la busta e la prima cosa che percepì fu il profumo che quell'ultima emanava. Doveva essere stata scritta di recente. Poi, un attimo, un frammento di secondo, e lei riconobbe quell'aroma che tanto le piaceva. Per cercare conferme la ragazza guardò il termine della lettera dove era presente una firma obliqua, grazie alla quale Silvia potè dare conferma ai suoi dubbi. Animata da quel presentimento, la ragazza iniziò a leggere la lettera. Ogni parola che passava caricava sul cuore della verde un peso sempre maggiore.

 

"Ciao Silvia,

 

 volevo dirti che per un po' non potremo più vederci. Parto questa mattina, con il primo volo diretto a New York, così potrò recarmi all'ospedale per i primi controlli in vista dell' intervento. Mi dispiace tanto non averti avvertita prima, ma sapevo che probabilmente non avrei sopportato di vederti all'aeroporto prima della mia partenza. Sono certo che  tutto il coraggio che ho raccolto in questo ultimo periodo sarebbe stato perso. Sicuramente mi odierai, e non posso che non comprenderti: quello che sto facendo è da codardi. Ma la decisione era già stata presa nel momento stesso in cui ho visto la paura nei tuoi occhi dopo l'annuncio dell'operazione. Rimani con Mark e con gli altri, sostienili e non abbatterti per me, io starò bene. Appena potrò inizierò la riabilitazione e quando sarò finalmente in forma potremo rivederci. Sii forte Silvia, se non vuoi farlo per te, fallo per me. Devo essere sicuro che tu sia felice. 

 

Ricordati che ti voglio bene, Erik."

 

Al termine della lettura Silvia era in preda alle lacrime, la tristezza era mescolata ad una rabbia che non credeva di poter mai provare nei confronti del ragazzo. Era scappato da lei, non le aveva permesso di stargli vicino in un momento così delicato, insinuando che fosse più importante un torneo della sua vita. Tra i singhiozzi, la ragazza comprese che in quel momento non avrebbe mai potuto allontanarsi dalla squadra e partire per l'America ma si promise che Erik avrebbe pagato per il dolore straziante che le aveva inferto con quella semplice lettera.

 

 

 

 

 

 

~~~

Angolo autrice:

So che questa storia non avrà il minimo riscontro ma avevo troppa voglia di scrivere per evadere un po' dalla realtà asfissiante del pensiero della maturità ...

 

Piccola precisazione: parte degli avvenimenti verrano cambiati per necessità narrative e altri verranno aggiunti (come per questo prologo).

 

Bye bye

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. Time to Leave ***


Aeroporto di Tokyo, 10 agosto

-il volo in partenza per l'aeroporto JFK-New York delle 14.30 partirà tra 45 minuti, si pregano i gentili viaggiatori di recarsi al gate G14 per l'imbarco-

La voce metallica dell'altoparlante rimbombò all'interno dell'intero edificio facendo capire alla verde che era arrivato effettivamente il momento di lasciare il suo amato Giappone.Tornare in America la spaventava, ma allo stesso modo sentiva che era la cosa più giusta da fare. Non era a Tokyo dove avrebbe trovato le risposte che cercava. 

Si volse verso la vetrata che si stagliava sulla pista di partenza, in quello stesso momento un aereo diretto verso qualche parte del mondo aveva appena preso il volo. Ancora assorta nei suoi pensieri, la ragazza sussultò quando qualcuno le appoggiò una mano sulla spalla.

-Beh allora è arrivato il momento! Fai buon viaggio Silvia e ricordati di non abbandonare il calcio!- la ragazza rise e poi si voltò verso il suo amico. Mark era l'unico del quintetto che appariva sorridente ed energico. 

Celia cercava di trattenere le lacrime, cosa che invece Cammy evidentemente non riuscì ad evitare constatò la verde, accorgendosi dell'amica violetta con i lacrimoni che scendevano dalle sue guance arrossate. La conosceva da meno rispetto le altre ragazze, ma l'esperienza del FFI e dell'estate passata insieme a Tokyo avevano garantito che si instaurasse un rapporto di profondo affetto tra le due ragazze. Al pensiero di quel passato insieme Silvia sorrise per poi guardare l'ultima ragazza del gruppo: Nelly. Era sempre stata la più autorevole, ma ora quella sicurezza stava vacillando, la verde riusciva a notarlo dai suoi occhi oscurati. Mark era davvero l'unica persona in grado di salvare quel momento, così Silvia, seguendo l'umore di Mark lasciò dietro di se i vecchi ricordi e rivolse un gran sorriso a tutto il gruppo. D'altra parte, non si trattava di un addio ma solo di un "arrivederci".

-Puoi contarci Mark! Appena sarò in America cercherò la squadra della mia high school e mi offrirò come manager... e se non esistesse una squadra di calcio la formerei da zero puoi starne certo!- la verde rispose al moro con grande entusiasmo facendo sorridere tutte le amiche che solo in quel momento avevano capito che quello che Silvia aveva realmente bisogno non erano lacrime bensì dei sorrisi rassicuranti.

Lo speaker riannunciò la partenza del suo volo dunque la ragazza verde si decise che fosse ora di andare. Li abbraccio a uno a uno, scambiando poche parole di saluto: non le erano mai piaciuti gli arrivederci. Da quando lui era tornato in America, lei non li aveva più sopportati, il dolore che aveva provato quella volta ancora le straziava il cuore. 

-Bene ragazze allora io vado, non dimenticatevi di me!- Silvia esclamò iniziando ad avviarsi verso il suo bagaglio a mano abbandonato poco lontano da loro.

- NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO! - asserì Celia, che parve quasi offesa dall'affermazione dell'americana. 

-C-Celia credo che Silvia scherzasse... comunque lo sai che sarai sempre nei nostri pensieri!- cercò di giustificarla Cammy ancora agitata dai singhiozzi dovuti dal pianto. 

-Tu piuttosto, non pensare di scomparire, appena arrivi devi mandarci un messaggio o chiamarci! Niente scuse!- Nelly si inserì con il suo solito modo di fare autorevole finché Mark non intervenne.

-Nelly dai lasciala un po' tranquilla, sa cavarsela da sola!- cercò di dire Mark, calmando un po' la rossa, si rivolse poi alla ragazza in partenza -Ma seriamente, ricordati di farti sentire. E devi salutarceli!-

Silvia rincuorata dall'affetto dimostratole dai suoi più cari amici trovò il coraggio che le serviva e concluse: -Certo Mark! Ragazze non vi preoccupate, ho 16 anni, posso cavarmela. Ora credo sia proprio ora che io vada. Grazie a tutti davvero, salutatemi ancora tutta la squadra e... vi voglio bene. Ricordatevi: è solo un arrivederci!- 

La ragazza, dopo aver scroto gli ultimi sorrisi rivoltogli dai suoi compagni, si diresse verso il gate annunciato, forte della decisione presa. Era giunto il momento di andare verso il suo futuro. L'America... e lui.

^^^

Silvia Woods si era sempre definita una ragazza nella media. Ambiziosa, estroversa e sempre pronta ad affiancare gli altri nel momento del bisogno. Aveva degli hobby, primo sopra tutti il calcio, che le regalava emozioni che nessun'altra attività era in grado di eguagliare. 

O almeno aveva pensato che questa definizione le calzasse finché non si era resa conto che la sua vita aveva bisogno di una svolta. 

Al termine del FFI, Silvia con tutta la Raimon era tornata a casa per ricevere il diploma delle medie, per poi prepararsi al suo nuovo percorso di studi in una nuova scuola. Durante il tragitto di ritorno, la verde era però ossessionata da una richiesta che le era stata posta durante il torneo, in una giornata di pioggia.

"Verresti con me in America, Silvia?" La richiesta era stata poi ritirata, facendola passare con una banale bugia "scusa non intendevo quello" ma alla luce dei nuovi fatti Silvia continuava a domandarsi se quella richiesta non rappresentasse veramente un invito a tornare nella sua vecchia terra, per sostenere un amico che si sentiva solo e bisognoso di qualcuno accanto in quel momento difficile. 

La ragazza si torturò la mente con mille pensieri, finché non prese la decisione definitiva il giorno successivo il suo diploma. Il Giappone era stata la sua casa per 5 anni, ma ora sentiva di dover tornare in America da sua sorella, e li avrebbe ricominciato una nuova vita, magari cercando di dare delle risposte alle sue infinite domande. Voleva cambiare aria, aveva bisogno di ritrovare sé stessa, e per farlo doveva partire. 

Fu difficile convincere i suoi genitori a lasciarla partire, ma per amore della figlia acconsentirono questo cambiamento radicale. La sorella accettò volentieri di condividere il suo appartamento con la sorellina minore dopo tanto tempo. Spencer era tornata in America da due anni ormai e anche lei era partita all'età di 18 anni per andare a studiare in una prestigiosa università, lasciando così i genitori e la sorellina in Giappone. 

L'ostacolo più duro che Silvia dovette affrontare fu però l'annuncio ai suoi amici. Il primo fu Mark, la ragazza sapeva che era la scelta migliore partire da lui, ed effettivamente così fu.

Mentre vedeva la terra allontanarsi dal suo finestrino Silvia ripensò a quel giorno, quando il suo amico moro riuscì a darle la forza di dire a tutti della sua scelta senza paura.

Ripensò alle sue parole e le venne da sorridere.

"Allora te ne torni in America? Mi dispiacerà non averti più a bordo campo per tutte le partite ma se credi che questa sia la tua strada non devi avere paura di percorrerla. Anche se sarai lontana chilometri e chilometri saremo sempre amici, non ti dimenticherò mai. Poi ci rivedremo per qualche partita! Ricorda che tra tre anni si terranno i mondiali under 21, voglio vederti fare il tifo!"

Con quelle parole Mark riuscì ad infondere alla verde una nuova forza e sull'onda dell'entusiasmo si diresse quello stesso giorno al campo di allenamento e annunciò a tutti della sua partenza. Neanche a dirlo le reazioni furono differenti, tra quelli che piansero (Cammy e Celia prime tra tutti), tra chi cercava di trattenere le lacrime (Todd e Jack) e chi si congratulava con lei (Jude e Darren, lodati siano quei ragazzi) Silvia non venne lasciata in pace fino a sera inoltrata. 

Quella sera Mark si propose di accompagnarla a casa giustificandosi di dover passare per quella via perché doveva fare delle compere. In realtà lo fece solo per assicurarsi che Silvia stesse bene ma questo mai glielo disse, ma la verde avendo intuito il vero scopo del moro da sé (Mark non aveva mai il portafoglio, inoltre su quella strada non si trovavano negozi) gliene fu ugualmente grata.

Al pensiero degli ultimi giorni passati con la squadra e la festa a sorpresa che le avevano organizzato il giorno prima della partenza, Silvia si lasciò cullare dalla musica delle sue cuffiette e attese l'atterraggio dell'aereo con una calma piacevole.


~~~
Ecco il primo capitolo, spero vi incuriosisca un minimo... se avete voglia lasciare un commento 😘

Bye bye

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2. I’m Back ***


Precisazioni iniziali:

 

1. In questa storia, Erik non è mai tornato in Giappone dopo il FFI, per disputare quella famosa partita Raimon originale vs Raimon. Dunque Silvia non lo ha più visto dopo la partita Unicorno vs Inazuma Japan.

 

2. Questa è una piccola nota per ricordare che Silvia ha origini americane. 

 

 

 

~~~~

 

JFK Aeroport

 

-Silvia! Silvia! I'm here! Silvia!- 

 

La verde riconobbe la voce dell'amico d'infanzia e un sorriso le si stampò sul viso non appena fece ingresso nella zona principale dell'immenso aeroporto di NY. 

 

La gente si affollava all'entrata, milioni di valige intasavano l'uscita e lo speaker annunciava alcune informazioni di servizio. Già dall'aeroporto la sua amata NY mostrava la sua ambientazione caotica peculiare. Tra la folla, con non poca fatica, riuscì a scorgere la stanga dai capelli blu che era il suo amico, che si stava sbracciando poco più a destra rispetto dove si trovava lei.

 

Silvia con il sorriso in volto raggiunse il suo amico e lo abbracciò con il timore che fosse solo un sogno. Ma la stretta che le venne ricambiata le fece capire che era la realtà. Era tornata.

 

-Wow Silvia! Ma questi capelli? Come mai questo cambio di look?- la domanda era lecita ma la verde si trovò comunque ad arrossire per le attenzioni ricevute.

 

-Niente di che... avevo solo voglia di cambiare un po' allora li ho lasciati crescere... perché non sto bene?- chiese lei mentre si lisciava i capelli verdi che ormai le arrivavano sotto le spalle.

 

-Ma no assolutamente, solo che...non me lo aspettavo tutto qui. Stai molto bene piccola Silvia- rispose il blu calcando sulla parola "piccola" con ironia.

 

-Per tua informazione non è carino prendere in giro le persone per la loro statura! Comunque sei tu quello fuori dal normale!- cercò di difendersi la neo arrivata.

 

-Se per questo non è nemmeno carino omettere ad uno dei tuoi migliori amici che saresti tornata...- l'accusò Bobby. All'affermazione la verde si ammutolì, quasi non trovando le parole per ribattere.

 

-Non sapevo come dirglielo...- provò.

 

-Non è una giustificazione. Aveva il diritto di sapere, io, come mi hai chiesto, non gli ho riferito nulla ma sai che non potrai più girarci intorno.- 

 

-Si lo so...domani andrò da lui e gli spiegherò tutto...ora Bobby per favore portami a casa...- chiese l'amica torturandosi le mani e fissando il pavimento. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo sull'amico. Sapeva che la stava guardando con il suo sguardo accusatorio, lo percepiva sulla sua nuca. Sentì l'amico sbuffare, in segno di rassegnazione e poi con il suo modo gentile le prese lo zaino dalla spalla e il bagaglio più pesante, invitandola a seguirlo verso la sua macchina. (*) 

 

Salita in auto Silvia guardò l'orario: il volo era durato 14 ore, ma contando le 13 ore di fuso orario, in quel momento l'orologio segnava solo le 16 quando a Tokyo sarebbero state le 5 di notte. Sarebbe stata dura ambientarsi al nuovo orario, pensò la ragazza. Tant'è che in quel momento, quando finalmente si era fermata dopo ore di agitazione, la verde iniziò a sentire il contraccolpo del fuso orario. Talmente stremata, non si accorse nemmeno conto di essere scivolata in un sonno profondo mentre Bobby sfrecciava per le strade trafficate di Manhattan. 

 

^^^

 

-Silvia sveglia siamo arrivati.- il tocco leggero di Bobby fece tornare Silvia alla realtà, la quale per comprendere bene dove fosse ci mise un po' a causa della vista offuscata. Quando riuscì a mettere bene a fuoco comprese una cosa fondamentale: non potevano essere realmente arrivati, quella villetta non era sicuramente l'appartamento di sua sorella. Comprese che si trovavano a Brooklyn poiché riusciva a vedere l'Empire State Building in lontananza,  dunque il quartiere era giusto ma quella non era sicuramente la sua nuova casa. La villetta aveva un aspetto moderno, molto suggestivo e Silvia non poté nascondere lo stupore, trovandosi davanti a quella meraviglia di casa. Dopo l'abbagliamento iniziale dovuto alla sorpresa Silvia rinsavì. 

 

-Bobby, so di non essere venuta in America di recente, ma so di per certo che casa di mia sorella sia un appartamento. Dunque non siamo arrivati.- asserì la verde continuando a fissare la casa dal finestrino.

 

- Tu seguimi.-  detto questo il ragazzo uscì dalla macchina senza accenni di ripensamenti. Incuriosita dalla determinazione dall'amico, la ragazza uscì rassegnata dall'auto seguendolo. Dopo aver superato il cancelletto che era stato lasciato aperto, Bobby si diresse sul retro della casa dove si sviluppava una piccola prosecuzione della struttura, con le pareti interamente di vetro. All'interno poté scorgere una palestra ben attrezzata ma ciò che realmente catturò l'attenzione della verde fu una figura volta di spalle, intenta a svolgere alcuni esercizi con i pesi. I capelli mori erano scompigliati e la maglietta bianca aderiva perfettamente alla figura esile, sul collo erano visibili delle piccole gocce di sudore. Silvia perse un battito. In quel momento tutto si fermò e lei comprese a chi appartenesse quella casa e cosa Bobby aveva avuto intenzione di fare sin dall'inizio.

 

-Bobby come hai potuto!?- sussurrò la ragazza, terrorizzata che il ragazzo di schiena potesse udire la sua voce, incurante della parete di vetro che li divideva.

 

-Non mi interessa se ce l'avrai con me, ma aveva il diritto di sapere. Non ti ha fatto nulla, e ci tiene a te. Gli farà solo piacere vederti qua.- rispose il blu con la sua solita calma che alla ragazza infastidì non poco.

 

-Non mi ha fatto niente dici? A parte non dirmi che sarebbe stato operato? A parte avvertirmi della sua partenza con una lettera lasciata fuori dalla mia porta alla residenza Giapponese del FFI?- chiese lei stizzita. 

 

Di torti ne aveva subiti, e quelli che le aveva inferto il ragazzo moro di spalle erano stati i più dolorosi. Non era nemmeno riuscita a salutarlo prima dell'intervento, nessuna parola, e poi solo una lettera recapitatagli il giorno stesso della finale dei mondiali con su scritto semplicemente: "E' andato tutto bene". 

 

Bobby non rispose ed entrò dalla porta nera che segnava l'ingresso della palestra.

 

-Oh! Bobby finalmente sei tornato! Mi hai preso quello che ti ho chiesto?- chiese il ragazzo continuando i suoi esercizi di spalle. All'udire il suono di quella voce Silvia senti il peso che aveva sul cuore da quando era arrivata affievolirsi all'istante. Quella voce squillante ma allo stesso modo calda, aveva il potere di tranquillizzarla.

 

-No Erik, ma ti ho portato una sorpresa- disse Bobby esortando Silvia ad avanzare. La ragazza si rassegnò, ormai non poteva più scappare.

 

-Ah si? Una sorpresa di che ti- - non concluse la frase poiché nel momento in cui si voltò, incrociò subito lo sguardo di silvia. Le iridi verdi della ragazza si inumidirono nel momento stesso in cui vide quelle nero pece del ragazzo, che era rimasto immobile alla vista della ragazza.

 

Poi senza alcun preavviso, il ragazzo le circondò la vita con le sue braccia rese toniche dall'allenamento e a quel contatto tutte le barriere della ragazza cedettero. Il risentimento che aveva provato per tutto quel tempo svanì come in un soffio di vento e lei rispose all'abbraccio, nascondendo il viso ormai bagnato dalle lacrime nell'incavo del collo del ragazzo.

 

-Silvia, sei tornata?- fu come un sussurro.

 

-Sì Erik, sono tornata a casa.- detto questo, la ragazza si lasciò cullare dal dolce profumo che il ragazzo emanava.

 

 

 

 

(*) In America è possibile conseguire la patente già a 16 anni, dunque sia Bobby che Erik possono già guidare.

 

 

~~~~

 

Salve a tutti! e questo è il secondo capitolo... finalmente il nostro Erik si è fatto vivo!

Chissà che succederà ora... 

Alla prossima,

Bye Bye

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3. I won’t get away ***


-Dunque sei tornata per iniziare un nuovo anno scolastico qui?- chiese Erik mentre beveva dalla sua borraccia. Erano ancora in palestra e si erano poggiati tutti e tre alla parete di vetro. Il ragazzo moro ancora non poteva crederci che la sua amica d'infanzia fosse tornata, per questo continuava di soppiatto a lanciarle sguardi confusi. Questo atteggiamento non sfuggì all'occhio attento di Silvia che ogni volta si ritrovava ad arrossire. 

 

- Si frequenterò la Millennium High School, devo recuperare alcune materie ma dato che qua in America non avete un equivalente delle scuole medie giapponesi, quando ho chiamato mi hanno detto che dovrò sostenere solo dei test riguardo delle nuove materie...- spiegò Silvia mentre cercava di ignorare lo sguardo indagatorio di Erik.

 

-Allora verrai nella nostra scuola!- esclamò poi Bobby, mostrando un sorriso a trentadue denti.

-Già non ci avevo pensato...ma tu sapevi che andavamo entrambi in quella scuola?- chiese il moro ancora alla ricerca di risposte.

 

Silvia cercò di non incrociare lo sguardo di Erik. Ovvio che sapeva che i suoi due migliori amici frequentavano quella scuola, non avrebbe potuto scegliere altrimenti. Ma animata dal suo orgoglio fece finta di nulla, sviando la domanda con un semplice "no, sarà stato il destino".

Detto questo calò un silenzio imbarazzato, quasi glaciale. Silvia sentiva come se stesse trattenendo dentro sè come una forza pronta ad esplodere ma non era in grado di capire a cosa fosse dovuta. Allo stesso modo Erik sapeva che doveva delle spiegazioni a Silvia, ma la reazione della ragazza lo intimoriva. Di una cosa era però certo: aveva bisogno di stare solo con la verde almeno per un po'. Il ragazzo si alzò deciso e si rivolse al blu, che già da se aveva compreso di essere di troppo in quella situazione.

-Erik ci pensi tu a portare a casa Silvia? Io passo per di la, intanto lascio a Spencer i bagagli.- detto questo il blu si alzò, posò una mano sulla spalla del moro che interpretò il gesto come un "non fare cazzate" e si diresse alla porta, senza lasciare il tempo a nessuno degli altri due di contestare.

 

 

Una volta che la porta si fosse chiusa Erik sospirò e si volse verso la ragazza porgendole una mano per alzarsi. Ella accetto volentieri ancora sovrappensiero finché il moro non interruppe il flusso dei suoi pensieri.

-So quante cosa vorresti urlarmi e so anche che cerchi risposte. Prima però lasciami fare una doccia. Dopo ti prometto che non scapperò più.-

Dopo un debole segno di assenso da parte di Silvia, Erik condusse la ragazza nella propria stanza, con la promessa che sarebbe tornato il prima possibile. 

 

^^^

 

 

La verde si lasciò cadere sul morbido letto a due piazze di Erik. La casa era grande e moderna, ma quella stanza sapeva di lui. Sui mobiletti erano poggiati trofei e medaglie di tutte le competizioni vinte dal ragazzo, vicino alla finestra era posto un pallone sgualcito risalente alla prima tripletta segnata dal giovane Eagle a soli 7 anni nella squadra della scuola. Ancora Silvia al ricordo dell'ultimo gol che Erik le dedicò sorrideva con orgoglio. Sparsi sulle pareti erano appesi poster di squadre di calcio provenienti da tutto il mondo e sulla libreria erano posti alcuni porta foto, il quale contenuto era sconosciuto alla verde essendo troppo lontana per vederlo. Dopo aver osservato in maniera panoramica la stanza, la ragazza si girò sul morbido letto e una foto sul comodino del moro attirò la sua attenzione. Silvia si alzò e si sedette sul bordo del letto, prendendo in mano la piccola cornice argentata. All'interno veniva esposta una foto vecchia, ritraente due bambini in divisa da calcio, entrambi sorridenti che abbracciavano la figura più minuta al centro di una ragazzina dai capelli verdi. Silvia si ritrovò a percorrere con la mente i momenti passati,

quando ancora ingenui e innocenti giocavano a calcio a Central Park. Quella foto era stata scattata la partita che aveva sancito come capolista del campionato under 10 la squadra della loro scuola. Silvia aveva preteso una foto appena conclusa la partita per ricordare quel momento felice che rappresentava solo l'inizio per il cammino dei due amici.

 

 Silvia talmente assorta nei suoi pensieri nemmeno si rese conto che Erik aveva fatto il suo ingresso in camera, rigorosamente a torso nudo. 

 

Nel momento in cui la ragazza si accorse di lui, avvampò ma si ritrovò ad indugiare con lo sguardo sui muscoli definiti delle spalle e della schiena del ragazzo che stava cercando qualcosa nella cassettiera vicino alla porta. Quando il ragazzo si volse, Silvia decise che fosse ora di distogliere lo sguardo.

-Erik santo cielo potevi avvertire!- lo canzonò lei.

-Partendo dal fatto che questa è camera mia, ho bussato ma non mi hai risposto. Avevo dimenticato di prendere una maglia di cambio, niente di scandaloso.- rispose lui, nascondendo gli ultimi addominali che la verde intravide solo di sfuggita con una maglia blu e bianca. 

-Scusa stavo guardando la foto...-

-Bei tempi quelli, era tutto così facile...- si espresse lui mentre si sedeva sul letto, affiancando la verde.

-Già, e tu ancora non mi nascondevi nulla.- e con quella frase la bomba venne sganciata.

 

 

~~~

Avanti tutta !

Ho pronti altri capitoli e non vedo l'ora di pubblicarli!

Mi piacerebbe sapere la vostra opinione..  magari con una recensione se vi va...

Alla prossima!!

Bye Bye

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4. The Truth ***


-Silvia senti io...- cercò di intervenire il ragazzo ma Silvia aveva aspettato fin troppo quel momento.

 

- "Silvia io" NULLA! Ora mi stai ad ascoltare, dato che io una risposta a quella dannata lettera non ho mai potuto dartela poichè non hai lasciato un mezzo indirizzo e oltre tutto hai pure disattivato il tuo numero! Erik ma ti rendi minimamente conto del dolore che ho provato? "ora stai con Mark e gli altri"? Ma ci sei o ci fai? Come se il torneo fosse più importante della tua vita! Senza contare che nemmeno mi volevi dire dell'operazione! Poi con che coraggio sei venuto a dirmi che non volevi vedermi prima della partenza! Come se non ti importasse nulla di me! – iniziò lei, lasciando esplodere quella forza che sentiva prima in palestra. Comprese fosse il risentimento, il dolore e la rabbia accumulata in quattro mesi di silenzio e lontananza. Finalmente aveva la possibilità di trovare risposte.

 

-Silvia ti prego calmati...- provò ad inserirsi lui, ma questo intervento non fece altro che infervorare ancora di più la ragazza che alzò il tono della sua voce di un'ottava.

 

-No, ora non mi interrompi! Avevi detto che mi avresti capita se ti avessi odiato, bene ora ne paghi le conseguenze! Neanche puoi immaginare le ore passate a pensare a te, a come stessi e ti sentissi, ma non potevo nulla! Mi hai completamente tagliata fuori dalla tua vita! E tutto questo dopo quel famoso "Silvia, verresti con me in America?". A sto punto devo interpretarlo come una vera e propria richiesta, che però tu, genio, hai pensato bene di ritirare. Sei un codardo, e uno stronzo Erik Eagle. Egoista aggiungerei. Non hai nemmeno pensato a come potessi sentirmi io. Già una volta sono stata tagliata fuori, ma in quel caso eri completamente sparito anche dalla vita di Bobby. Ma dopo la partita contro l'Inazuma tu hai deciso di tagliare fuori ME. Non hai scuse per quello che hai fatto Erik... se non fosse stato per Mark probabilmente ora non sarei qui, sarei ancora in Giappone, ad odiarti e ad accettare passivamente la tua dannata decisione di rimanere esclusa dalla tua vita.- così dicendo la ragazza terminò il discorso, accorgendosi solo in quel momento delle lacrime che le bagnavano le guance arrossate. Fissava il ragazzo di fianco a lei, che la guardava a sua volta. Sul volto l'espressione di chi si è accorto di aver combinato un casino, la tristezza che risplendeva nei suoi occhi umidi. Non riuscendo più a sostenere lo sguardo del moro la ragazza si voltò per incrociare ancora una volta i sorrisi allegri dei tre bambini nella foto.

 

-Non ho scuse come dici tu- iniziò il ragazzo con un tono sconsolato – ma posso darti delle risposte, sempre che tu le voglia.- 

 

La verde continuò ad ignorarlo, ed Erik continuò.

 

-Partendo dal principio, dunque dall'operazione, sì sono stato un codardo. Quel giorno, sotto la pioggia, nel momento in cui ti chiesi se saresti venuta con me in America, volevo davvero dirti dell'intervento. Quello non era un invito, era una richiesta di aiuto; da solo sapevo che non avrei mai superato l'operazione. Ma non ho avuto il coraggio... mi sono chiesto "chi sono io per rubarle questi momenti di felicità con i suoi amici"-

 

-Erik sei il mio migliore amico, poi non era ruba- - si inserì Silvia sempre rivolta verso la cornicetta ma venne interrotta subito.

 

- Ora Silvia lascia finire me. Non volevo privanti di quella gioia allora ti ho nascosto la verità momentaneamente, ti avrei detto tutto a fine partita, ma come potevo prevedere, ti sei accorta subito che stessi mentendo. Nel momento in cui hai sentito me e Bobby parlare, poco prima di entrare in campo, e hai preteso che lui ti desse spiegazioni riguardo quel mio intervento ho visto i tuoi occhi oscurarsi. I tuoi bellissimi occhi verdi avevano perso tutta la vitalità e la gioia di cui sono sempre intrisi. Spariti entrambi nel giro di pochi secondi. Ho sentito una fitta al cuore, e mi sono ripromesso che mai più ti avrei voluta vedere in quello stato a causa mia. E così prima di partire per l'aeroporto ho lasciato quella lettera a Mark, chiedendogli di non dirti che fossi stato io a dargliela, probabilmente lo avresti tartassato di domande a cui lui non poteva fornirti risposte. Sono stato un codardo, come lo sono stato quando ti ho inviato quella misera lettera che ti è stata recapitata al termine della finale. Ma non ho rimpianti, e sai perché? Sono stato operato due giorni prima della finale e sono stati due giorni d'inferno. I medici non potevano darmi certezze sulle mie condizioni fisiche e Bobby non è riuscito in alcun modo a tirarmi su di morale nonostante non abbia rinunciato un attimo. Il giorno della finale, lui ha insistito che guardassi la partita, io mi rifiutavo di guardare quello sport che tanto ho amato ma che in quel momento ero sicuro non avrei mai più potuto giocare. Lui, contrariamente, riteneva che potesse solo farmi bene vedere l'entusiasmo di Mark e di tutti gli altri. Aveva ragione, ma solo in parte. Certo, vedere l'Inazuma non arrendersi e continuare a giocare mi ha fatto ritrovare un po' la volontà di continuare a combattere, ma l'elemento fondamentale che mi ha permesso di uscire da quell'inferno è stato il tuo sorriso al termine della partita. Ti hanno inquadrata per poco, ma mi è bastato: avevi un sorriso raggiante Silvia, i tuoi occhi brillavano di una felicità mai vista. Vederti così contenta con gli altri mi ha dato la forza per riprendermi, volevo vederti, ma non nello stato in cui ero. Dovevo recuperare al più presto, per poter rivedere dal vivo quel tuo sorriso. Probabilmente al tempo non avevo ancora realizzato gli errori che avevo commesso con te, ma almeno ero sicuro di aver fatto una cosa buona: scappando, ho permesso a te di vivere quella gioia immensa, e so che se mai ti avessi privato di quella felicità, obbligandoti a venire con me, sono sicuro che mi sarei odiato a vita. Ma mai, e poi mai mi sono dimenticato di te. Non ho mai voluto escluderti dalla mia vita, dovevo darmi tempo per riprendermi e sarei tornato da te più forte di prima.- dicendo questo il ragazzo si accorse che la verde era tornato a guardarlo, mentre lui le teneva la mano morbida nella sua.

 

-Sei bravo con le parole...- iniziò lei, con la voce un po' roca, dovuta all'alto tono usato prima e al pianto. – ma non te la caverai con così poco. Sparire così mi ha fatta stare male ugualmente, per giorni. Quindi il tuo proposito di non ferirmi più a causa tua non è stato mantenuto.- 

 

-Lo so, sono stato egoista e non lo nego... ma potrai mai perdonarmi?- chiese lui, con il tono di chi è seriamente pentito di quanto fatto.

 

-Sì, potrò, ma devi darmi un po' di tempo. Ma devi ringraziare Mark se ti sto dando questa seconda possibilità- 

 

-Che c'entra Mark in tutto questo?-

 

-Dopo aver letto la lettera non ho avuto il coraggio di uscire dalla camera per tutto il giorno. Dicevo di sentirmi poco bene, che sarei rimasta a riposare. Mark vedendomi sempre agitata e pensierosa nei due giorni seguenti si è preoccupato e mi ha obbligato a parlare. Gli ho detto tutto, e sai cosa mi ha detto? "Lo avrà fatto sicuramente per te." Mi ha detto di non prendermela troppo, e che senza prove non potevo incolparti di cose che magari non pensavi. Mi ha detto inoltre che non avresti mai voluto vedermi in quelle condizioni e che avrei avuto modo di trovare risposte solo se ti avessi dato una seconda possibilità...- finì la ragazza continuando a guardare Erik.

 

- Mi sa che dovrò proprio ringraziarlo Evans.- disse lui con un mezzo sorriso. Le strine ancora un po' la mano, per poi far incrociare le loro dita. Silvia a quel contatto arrossì. 

 

-Allora possiamo dire che non mi odi- chiese infine lui.

 

Dopo un po' di esitazione la ragazza rispose -si possiamo dire così, ma non montarti la testa. Non sei ancora del tutto perdonato- 

 

-Bene! Ma perdonami la domanda... sei tornata in America solo per me?- 

 

Silvia alla domanda divenne ancora più rossa, e con un gesto agitato della mano affermò -Ma ti pare! No no! Sentivo il bisogno di cambiare aria per mettere a posto le idee e l'America era il luogo adatto. -

 

Il ragazzo alla vista della reazione imbarazzata dell'amica rise, e Silvia si tranquillizzò alla vista di quel viso felice.

 

Diamine quanto le era mancato. Senza nemmeno accorgersene lo stava di nuovo abbracciando. Il ragazzo, che in un primo momento rimase immobile per la sorpresa, rispose poi all'abbraccio accarezzando i lunghi capelli della ragazza.

 

-Sai Silvia che mi piaci molto anche con i capelli lunghi? Ti donano.-

 

 

 

~~~

Ma salve a tutti!

Finalmente Erik spiega due o tre cosetta Silvia... io vi giuro che me lo immaginavo così, altrimenti non mi spiego perché abbia ritritato il “Vieni con me in America?”

Eh niente...

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate... se mi lasciate una piccola recensione mi farebbe davvero piacere, insomma per capire se sta storia fa proprio cagare😂

Va beh vado a studiare storia...

Bye byeee

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3907158